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* Ringrazio in modo particolare Giuseppe Ruggieri per la lettura del mio lavoro ancora
manoscritto e per i suggerimenti e le correzioni che mi ha offerto. Limiti, errori o incompletezze
sono da imputarsi solo a chi scrive. Il mio intervento si muove sulla scia del progetto di G. Al-
berigo, Sinodo come liturgia?, « Cristianesimo nella storia », 28/1 (2007), p. 1-40. In esso, lo storico
proponeva di leggere l’insieme degli eventi conciliari come celebrazioni liturgiche. Per ragione
di spazio, le citazioni bibliografiche sono state ridotte al minimo, ma per il contesto generale e i
diversi passaggi della storia conciliare cfr. Storia del concilio Vaticano II, diretta da G. Alberigo, ed.
italiana a cura di A. Melloni, Leuven-Bologna 2012-2015.
436 Maria Teresa Fattori
1
Per un confronto tra le fonti diaristi sulla cerimonia di apertura cfr. A. Melloni, Intro-
duction, a M.-D. Chenu, Notes quotidiennes au Concile. Journal de Vatican II, 1962-1963, Paris 1995. Y.
Congar, Mon Journal du Concile, tome I: 1961-1963; tome II: 1964-1966, Presenté et annoté par
E. Mahieu, Paris 2002, p. 196: testimonia che per Lukas Vischer la messa « chaque matin » lo fa
stare « très en crispation ».
2
Per una rassegna sui diari conciliari cfr. N. Egenter, Cinquante ans de Vatican II (Ière partie),
« Irenikon », 2010, p. 41-91. Ho potuto consultare l’archivio del Concilio Vaticano II in Archivio
Segreto Vaticano (d’ora in poi ASV), mentre non mi è stato concesso l’accesso ai documenti con-
servati nell’Archivio storico della congregazione per il Culto divino e la disciplina dei sacramenti
e nell’Archivio Storico dell’Ufficio delle Celebrazioni Liturgiche del Sommo Pontefice. Questi
archivi custodiscono parti diverse del sedimento archivistico dei maestri delle cerimonie.
Liturgie e gesti simbolici nel Concilio Vaticano II. 437
3
Dom H. Camara, Vaticano II. Correspondencia Conciliar, Circulares a familia do Sao Joaquim
1962-1964, introducao e notas L. C. Luz Marques, Recife, Instituto Dom Helder Camara-Ed.
Universitaria UFPE 2004: Circulares Conciliares, org. L. C. Luz Marques e R. De Araujo Faria, t. I,
Recife, CEPE-Instituto Dom Helder Camara 2009: Roma 30.9.1963, 1a Circular, p. 161: « Discur-
so de Abertura. Maria Luiza poderá traduzir o Discurso do Santo Padre (a tradução portuguesa
daqui está incrível). Seria interessante receber depois comentários de vocês. Mandarei o que vou
dizer à TV dos USA ».
4
Il particolare che Paolo VI, uscendo alla fine della cerimonia di chiusura, ha dato la mano
a Boegner e ai fratelli di Taizé è un « détail que j’ai appris ce matin », non dalla TV. Cfr. F. Ruozzi,
Il concilio in diretta. Il Vaticano II e la televisione tra partecipazione e informazione, Bologna 2007.
5
Cfr. ASV, Conc. Vat. II, b. 559, Segreteria generale, Iniziative-preghiere per il Concilio
Vaticano II, 1959-1962.
6
Martedì 26 novembre 1963, Congar, Journal, I, p. 573; Fondazione per le scienze religiose
Giovanni XXIII, Archivio del concilio Vaticano II (d’ora in poi FSCIRE, ACVII), NeophytosE-
delby, Souvernirs, in copia, primo ottobre, p. 111-112: Lercaro che presiede, comunica ai padri che
un vescovo di Sicilia è sul letto di morte e ha detto di volere offrire le sue atroci sofferenze per il
successo del concilio. L’assemblea reagisce con un silenzio emozionato.
438 Maria Teresa Fattori
Il cerimoniale deciso prima dell’arrivo dei padri è stato frutto di una stra-
tificazione di scelte. Da un lato la tradizione cerimoniale romana, incarnata
dal Collegio dei Maestri delle cerimonie pontificie, che guarda al passato e
dal passato attinge gesti e simboli che difficilmente si accetta di cambiare.
Dall’altra, in modo talvolta dialettico, stava la volontà del papa e in seguito
anche quelle dei Padri e dei periti.
Il 10 novembre 1960 veniva comunicato al card. Eugenio Tisserant che
era stato scelto dal Santo Padre in qualità di prefetto della commissione ce-
rimoniale preparatoria, formata dai consultori individuati tra i maestri delle
cerimonie pontificie: Beniamino Nardone, segretario e Giuseppe Calderani,
sottosegretario; Savatore Capoferri; Adone Terzariol; Orazio Cocchetti; il
benedettino Ildefonso Tassi, professore di Liturgia alla Pontificia Università
Lateranense, e p. Roger Le Deault della congregazione dello Spirito santo,
professore di Liturgia al Seminario Francese.7
7
Cfr. ASV, Conc. Vat. II, b. 390, fasc. 1, lettera del 10 novembre 1960 f. 1; i nomi dei
consultori nella lettera del 13 marzo 1961; Mons. Nardone segretario della commissione, scrive
l’8 marzo 1961 a P. Felici indicando i nomi dei consultori individuati nella riunione della com-
missione cerimoniale del 23 febbraio. Oltre ai detti, sono menzionati l’uditore di Rota Enrico
Ewers e Gioacchino Nabuco, consultore della S. C. dei riti; nella busta un biglietto da visita indica
Capoferri canonico di S. Maria ad Martyres – Pantheon. Cfr. anche ibidem, fasc. 1/I, n. 1, lettera
Liturgie e gesti simbolici nel Concilio Vaticano II. 439
di Pericle Felici a Eugenio Tisserant, vescovo di Ostia e Porto e S. Rufina, del 23 febbraio 1961
per una precisazione del mandato della commissione.
8
Methodus ab Eminentissimis et Reverendissimis DD. Cardinalibus et a Reverendissimis Patribus Con-
cilii Vaticani servanda in sacris functionibus majoris hebdomadae, Romae 1869.
9
La commissione si riunì nei giorni 24 febbraio, 14 aprile, 28 aprile, 18 maggio 1962, ASV,
Conc. Vat. II, b. 390, fasc. 2/1, 18 maggio 1962, n. 3467; queste date anche nel documento a
stampa Per uno schema di protocollo circa il cerimoniale che dovrà eseguirsi dall’inizio alla fine del concilio ecume-
nico Vaticano II, T.P.V. 1962, ibidem. Nella lettera di Nardone a Felici, si attesta che mons. Attilio
Maria Percacciante, impiegato presso la S. Congregazione del Cerimoniale, oltre a svolgere la sua
attività nella congregazione, fu incaricato di curare la segreteria della commissione cerimoniale del
concilio dal card. Prefetto, ASV, Conc. Vat. II, b. 390, fasc. 2/3. Dagli scambi epistolari successivi,
si evince che la commissione nel maggio 1962 comunicò ai vescovi le decisioni relative agli abiti
e confermò le proprie proposte come decisioni definitive, cfr. ibidem, fasc. 2/4 lettera del 23 mag-
gio 1962, Felici a Nardone, 2/5, risposta di Nardone del 18 maggio; lettera del 29 maggio 1962.
440 Maria Teresa Fattori
razione del solo papa con i cardinali; terzo, considerando la lunghezza delle
liturgie, si decide che fare seguire alla funzione di apertura l’inaugurazione
della sessione, rinviandola al giorno 12 ottobre, successivo. L’inaugurazione
prevedeva la processione, il canto delle litanie, la messa solenne, la profes-
sione di fede, la vestizione del papa, il discorso di apertura e il canto del Te
Deum; quarto, viene ritenuto « del tutto superfluo, nella cerimonia di apertu-
ra, il discorso del Vescovo, dal momento che è previsto che il Papa aprirà i
lavori rivolgendo la sua parola a tutta l’assemblea »; quinto, « Bisogna tenere
presente nelle varie funzioni liturgiche gli altri riti e nella stessa cerimonia
di apertura fare cantare il vangelo della messa – de Spiritu sancto – anche in
greco, dopo il canto in latino »; sesto, durante le ricorrenze che sarebbero
cadute durante il concilio, come l’anniversario dell’incoronazione del papa,
la festa di Cristo re, si suggeriva di tenere, al posto della sessione, cappella
papale. Infine, per stabilire l’ordine delle precedenze era richiamato quanto
stabilito dai canoni 223, 280 e 106 del Codice di diritto canonico.10 L’elenco
dei vescovi fu predisposto dalla commissione centrale preparatoria e la com-
missione del cerimoniale stabilì l’ordine della gerarchia. Data l’importanza
in curia dei segretari di Congregazione, la commissione propose che alle
sessioni partecipassero anche i segretari non vescovi.
Oltre alla decisioni relative al cerimoniale, la commissione fu incaricata
anche di proporre la “preparazione remota” per clero e fedeli, al fine di favo-
rire la celebrazione conciliare. La commissione fece nuovamente riferimento
alla tradizione e al Vaticano I, per verificare quali potessero essere i modi e
tempi adatti a questo scopo. L’approssimarsi della festa di Pentecoste sem-
brò l’occasione più propizia per « bandire una vera crociata [rivolta ai fedeli]
di preghiere allo Spirito santo, invocandone l’assistenza divina sui lavori del
concilio », al fine di unire la Chiesa, “cor unum et anima una”. Essa avrebbe
potuto suscitare un « effetto particolare ed una favorevole impressione anche
sui non cattolici ». Si pensò opportuno procedere sul piano della preghiera,
su quello della liturgia pentecostale, infine su quello dell’informazione e ap-
profondimento. Infatti, da un lato la commissione propose la redazione di
un documento pontificio diretto a vescovi e fedeli, invitando a celebrare con
solennità la novena dello Spirito santo nelle chiese cattedrali e parrocchiali;
10
Il Canone 223 del CIC prevedeva il seguente ordine: cardinali, patriarchi, primati, arci-
vescovi, vescovi residenziali anche se non consacrati, abati e prelati nullius, abati primati, abati
superiori di congregazioni monastiche, superiori generali di religioni di chierici regolari e di altre
religioni esenti, titolari tra i residenziali ordine promotionis, dopo i vescovi abati nullius e abati primari
e superiori di congregazioni monastiche che abbiano l’uso della mitra; infine i religiosi, secondo
questo ordine: canonici regolari, monaci, altri regolari, congregazioni religiose, segretari delle con-
gregazioni, dopo i vescovi.
Liturgie e gesti simbolici nel Concilio Vaticano II. 441
11
ASV, Conc. Vat. II, b. 390, fasc. 2/I, nr. 2, lettera da Città del Vaticano, 22 marzo 1961,
Nardone a Felici, n 3343: non si ritenne opportuno l’indizione di un giubileo essendo stati cele-
brati nel 1950 e ’54. Con l’apertura del concilio si sarebbe concessa una particolare indulgenza,
con la recita della preghiera del concilio e della preghiera per l’unione dei fratelli separati.
12
Ibidem, fasc. 2/I, nr. 3, lettera a Felici di mons. nunzio Vagnozzi, arciv. Tito di Mira e
delegato apostolico a Washington, trasmessa da Dell’Acqua. Nella successiva lettera (ibidem, prot.
1720 COM/62, 22 maggio 1962) Felici commenta con Nardone: « mi permetto di far rilevare che
al Concilio Vaticano I, i pochissimi Nunzi e Delegati Apostolici che vi presero parte, sedettero tra
gli altri Arcivescovi e Vescovi secondo l’ordine di anzianità di promozione ».
13
ASV, Conc. Vat. II, b. 559 Segreteria generale, Iniziative-preghiere per il Concilio Vati-
cano II 1959-1962; b. 597 Segreteria generale, Petizioni di Vescovi, Madonna Perpetuo soccorso
Protettrice Concilio Vaticano II 1959-1960.
14
Cfr. il testo a stampa Per uno schema di protocollo circa il cerimoniale che dovrà eseguirsi dall’inizio
alla fine del concilio ecumenico Vaticano II, T.P.V. 1962, da me consultato in ASV, Conc. Vat. II, b. 390.
Sono menzionate in apertura del documento le riunioni del 24 febbraio, 14 e 28 aprile.
15
Il documento citava De Synodo dioecesana, libro III, cap. IX “Ut sacerdotalis concessus
maiestatis splendidior foret, suique venerationem omnibus ingereret”. Cfr. ora M. T. Fattori, Be-
nedetto XIV e Trento. Tradurre il concilio nel Settecento, Stuttgart 2015, al quale mi permetto di rinviare.
442 Maria Teresa Fattori
temente, anche liturgico, fino ad arrivare alle soglie del Vaticano II. Lo sche-
ma del cerimoniale, proposto dalla commissione, chiedeva di manifestare
l’universalità della chiesa, attraverso il corteo papale la cui ala doveva essere
il clero secolare, regolare e orientale dell’Urbe; la gerarchia della Chiesa era
rappresentata attraverso gli abiti che rinviavano alla funzione sacerdotale.16 Il
corteo papale seguiva la forma della Cappella.17 Dopo la visita al Santissimo,
il papa e i cardinali avrebbero cantato Ave maris Stella, seguiti poi dal canto
della Cappella e con l’accompagnamento dei bronzi. Il papa doveva genu-
flettersi al faldistorio, innanzi all’altare e pronunciare la preghiera Protector
noster. Il segretario del concilio avrebbe portato il Vantelo e letto la profes-
sione di fede all’ambone, ratificata dai padri. Di fronte al papa, che avrebbe
indossato gli abiti pontificali compreso il pallio, si presentavano per il rito
dell’obbedienza tutti i cardinali, due patriarchi, due metropoliti, due arcives-
covi, due vescovi, due abati, mentre la Cappella cantava l’antifona Exaudi nos
Domine. Il Vangelo letto davanti all’assemblea sarebbe stato il passo di Luca
9, 1-7. Dopo l’allocuzione del papa, sarebbe stato pronunciato Exeant omnes
locum non habentes in Concilio e infine l’Inno Veni Creator Spiritus.
Lo spazio del saggio non consente di soffermarsi sui dettagli delle de-
cisioni della commissione del cerimoniale, relative alla prima sessione.18
Attraverso i vota dei consultori cogliamo comunque il clima generale e le
specificità, che sono il frutto di una cultura liturgica radicata nella tradizione
tridentina, nella quale si innestarono attenzioni e suggestioni di una pietà
ottocentesca. Si faranno alcuni esempi. Il consultore Terzariol suggerì di
consacrare il genere umano al Sacro Cuore di Gesù; Cocchetti propose che
nel rito dell’obbedienza fossero scelti, dopo i cardinali, venti rappresentan-
16
Secondo Per uno schema di protocollo avrebbero aperto la processione i patriarchi, seguiti da
metropoliti, arcivescovi e vescovi, abati nullius e abati generali con l’uso della mitra, in abito sacro
e mitra, di colore rosso se de spiritu sancto e bianco se de beata, i padri in abito corale e la cappella
papale in vesti corali.
17
Gli inni scelti da cantare durante la supplicatio furono Ave Maris stella di s. Bernardo di
Chiaravalle, Exsultate iuxti in Dominio (Sl 66); Deus misereatur nostri (Sl 83); Nisi Dominus aedificaverit
domum (Sl. 126), Fundamenta eius (Sl 86); Ecce quam bonum (Sl 132). La cappella papale era aperta
dal cardinale diacono con il camice, la stola traversa per il vangelo; due uditori di Rota, il Croci-
fero suddiacono per il canto del Vangelo, tre prelati votanti di segnatura, dal turiferario e, infine,
chiuso da due accoliti.
18
Fu prescritto l’uso degli abiti corali per i padri, patriarca, metropoliti, arcivescovi, vescovi
abati sarebbero stati dispensati dall’indossare la cappa, ma solo la sottana prelatizia, il rocchetto
e la mantelletta. Il papa si presentava con il manto, la mitra semplice d’oro. La I sessione sareb-
be stata introdotta dal papa, dopo la visita del Santissimo, che entrava con il corteo, ascendeva
al faldistorio per una breve orazione, poi ascendeva in trono. La messa era letta alternando riti
« occidentali e orientali ».
Liturgie e gesti simbolici nel Concilio Vaticano II. 443
19
Missale Romanum. Ex decreto Sacrosancti Concilii Tridentini restitutum Summorum Pontificum cura
recognitum. Editio prima iuxta typicam, Romae-Turonibus-Parisiis 1962; le scelte dei canti graduali,
con la notazione musicale fu effettuata sulla base del libro graduale predisposto durante il pontifi-
cato di Pio X, Graduale Sacrosanctae Romanae Ecclesiae de tempore et de sanctis SS. D. N. Pii X. Pontificis
Maximi jussu restitutum et editum…, Parisiis-Tornaci-Romae 1924. Entrambi sono consultabili in
ASV, Conc. Vat. II, b. 645 Segreteria generale, Messale e graduale usati in concilio.
20
Methodus Servanda et preces recitandae in Concilio Oecumenico Vaticano II iussu Sanctissimi D.N.
Ioannis PP. XXIII Catholica Ecclesiae Episcopi, T.P.V. 1962, p. 38; Cerimoniale per la Santa Messa che si
celebra all’inizio delle Congregazioni Generali del Concilio, fotocopia s.l.d., f. 4; Ritus Servandus in Missae
concelebratione ante Congregationes Generale, s.l.d., ff. 3; Preces ante Congregationem dicendae, ASV, Conc.
Vat. II, b. 646 Segreteria generale, Congregazioni generali Preces recitandae. Inoltre, ibidem, b. 648,
sono conservate le bozze della Methodus Servanda in sessionibus Sacri Concilii Oecumenici Vaticani II
quod in Patriarchali Basilica S. Petri in Vaticano celebrabitur, T.P.V. 1962, p. 38.
21
ASV, Conc. Vat. II, b. 647 Segreteria generale, Supplicatio orientalis 11 ottobre 1962, T.P.V.
1962. Il testo di questa Eckténia, stabilito a Roma nel più puro stile bizantino, è stato tradotto
« en arabe » a Aïn Traz. Welykyj; secondo Edelby il papa ha espresso il desiderio di presiedere lui
stesso « au petit office oriental », FSCIRE, ACVII, Diario Edelby, Souvernirs du deuxième Concile
oecuménique du Vatican (11 Octobre 1962-8 décembre 1965), in copia, lunedì 8 ottobre, p. 9-10.
444 Maria Teresa Fattori
linguaggio dei “gesti”. Le scelte del papa furono affidate alle omelie o alle
prolusioni.
Innegabile che la liturgia nel corso stesso della I sessione conciliare
non rimase statica e ripetitiva. Dom Helder osserva la diversità tra la messa
conclusiva della I sessione e
« las Missas que abriram as sessões plenárias (Missas que se tornaram sempre
mais comunitárias: que diferença, por exemplo, entre a de hoje e a de aber-
tura!... Missas de todos os ritos, inclusive uma de tipo Missa Luba em plena
Basílica de S. Pedro) ».22
trasmettono agli astanti il senso delle scelte, le modalità, gli obiettivi finali.
Le scelte cerimoniali furono giudicate barocche, rinascimentali o secondo
lo stile di sovrani restaurati e da molte parti è testimoniata la percezione di
un’irruzione cerimoniale dal passato nel tempo presente. È nota la querelle
provocata dal « concilio come grande atto liturgico » proposto dalla lettera
dell’episcopato olandese del 24 dicembre 1960.24 Ma è certo che anche in
curia il cerimoniale non fu deciso in modo pacifico: sappiamo, ad esempio,
che Sebastian Tromp era preoccupato per l’impossibilità di mantenere per
2500 padri la « magnitude of the Council ». Tromp accusava il “Committee
on arrangements” di « stare cercando la pompa – bisognava semplificare
data la moltitudine ».25
Diversamente dal predecessore, Paolo VI predilesse i gesti. Essi pre-
supponevano una teologia professata dal papa, ma i simboli rituali implica-
vano anche, da parte degli astanti, la capacità di leggere, offrendo il destro
a interpretazioni non univoche e favorendo un condizionamento collettivo
in cui i media avrebbero avuto un peso interpretativo. Paolo VI appare, nel
confronto con Giovanni XXIII, più influenzabile ovvero disposto ad acco-
gliere alcuni gesti che erano suggeriti da varie parti. I gesti fatti propri da
Montini aprono squarci e risultano alla fine più aperti rispetto agli interventi
in aula o alle decisioni. La III sessione conciliare è quella in cui si sono
concentrati i maggiori sforzi gestuali di Paolo VI, sebbene essi rimangano
più simili a squarci e intuizioni privi di ricadute nella liturgia quotidiana del
concilio.26
Propongo alcuni esempi per esplicitare l’interazione tra linguaggio sim-
bolico, clima conciliare e interpretazione dei gesti.
Il 29 settembre 1963, Edelby nota che nel corso della solenne apertura
della II sessione conciliare, Paolo VI discende dalla sedia gestatoria e per-
corre a piedi la navata, gesto di semplicità e rispetto per i padri, che induce
molti vescovi ad applaudire. All’altezza dei patriarchi il papa si ferma per
« adresser des gestes particulièrement chaleurex ».27
Altro caso, il 23 settembre 1964, per la cerimonia di venerazione delle
reliquie dell’apostolo Andrea, Paolo VI entra in S. Pietro portando la testa di
24
Cfr. Alberigo, Sinodo come liturgia?, p. 19-20 e n. 47.
25
FSCIRE, ACVII, Diario Griffiths, in copia, p. 4.
26
Congar, Journal, t. I, p. 182: nel IV anniversario della propria incoronazione, la messa
pontificale fu celebrata in onore di s. Carlo, in rito ambrosiano. Il papa ha fatto una buona omelia.
Ha cominciato in latino, poi è passato all’italiano. Ha vantato il carattere pastorale di s. Carlo, ha
esaltato la varietà dei riti. Alcuni vedono in questo delle indicazioni discrete per il concilio, « C’est
possible ».
27
Edelby, Souvernirs, 29 settembre 1963, p. 108.
446 Maria Teresa Fattori
28
Ibidem, 23 settembre 1964, p. 193-194.
29
Congar, Journal, t. II, p. 242-243.
30
Ibidem, p. 263.
31
Ibidem, p. 269.
Liturgie e gesti simbolici nel Concilio Vaticano II. 447
in un secondo tempo, aggiunge che non solo manca una teologia dei gesti
ma il papa fa una teologia contraria ai gesti.32
Di fronte alle dure considerazioni di Congar, all’inizio della IV sessione,
p. Duprey osservava che più che costringere il papa a teologizzare i suoi
gesti, bisognava lasciare che il papa a Roma facesse gesti e inviasse messaggi
anche se non sostenuti da un pensiero di pari livello poiché esso un giorno
sarebbe seguito. Se si formulasse un pensiero sui gesti oggi, è probabile che
Roma indietreggerebbe. « Les gestes créeront une accoutumance au terme
de laquelle, un jour, les formules pourront être acceptées ». In questo il pa-
dre vedeva una convergenza tra Roma e gli Ortodossi, le cui teologie era-
no in ritardo rispetto alla congiuntura ecumenica reale. « Chez eux [scil. gli
ortodossi] aussi, une période d’accoutumance à partir de faits concrets est
souhaitable ».33
32
Ibidem, p. 278, giovedì 19 novembre 1964.
33
Ibidem, p. 387-389.
34
Camara, Circular, I, p. 1 e p. 4.
35
Mercoledì 10 ottobre, Edelby, Souvernirs, p. 11.
448 Maria Teresa Fattori
36
FSCIRE, ACVII, Diario Tucci (Appunti presi in aula, I sessione 16 ottobre-7 dicembre
1962), in copia, p. 3: testimonia un quarto d’ora di riflessione e silenzio nella 2° cg; dopo la distri-
buzione del messaggio al mondo, i vescovi « leggono e pregano ».
37
Congar, Journal, t. I, p. 164; FSCIRE, ACVII, Diario di Luigi Carlo Borromeo, vescovo
di Pesaro, in copia, 9 novembre: mentre girava per S. Pietro si accorge che dal lato della cappella
del Santissimo c’è il bar con i vescovi che chiacchierano, mangiano e si danno pacche sulle spal-
le; sul lato opposto, del coro, davanti all’altare di s. Pio V, vi erano duecento vescovi raccolti in
preghiera; pure nel braccio sinistro della Basilica per chi guarda la confessione, vi era una « folla »
di vescovi in preghiera, inginocchiati umilmente sul nudo pavimento: essi offrivano uno « Spet-
tacolo edificante ».
Liturgie e gesti simbolici nel Concilio Vaticano II. 449
dagli anziani, oppure dai teologi. La passività a cui era condannata l’assem-
blea ha indotto a sviluppare questa forma elementare di partecipazione, che
calò mano a mano che cresceva la partecipazione liturgica, a partire dal III
periodo. Gli applausi, interdetti ai padri e percepiti da alcuni con fastidio,
esprimevano gioia e consenso, costituendo un indubbio elemento di frattu-
ra nella solennità delle celebrazioni, ma un’assemblea così vasta quale altro
sistema avrebbe potuto adottare per esprimere collettivamente il proprio
sentire?
Una certa aridità della messa conciliare emerge per contrasto rispetto alle
messe celebrate in contesti numericamente contenuti e più omogenei, nei
sabati, nelle domeniche o nei giorni festivi che inframmezzavano le sessioni
generali: i vescovi melchiti celebravano, per esempio, le messe per alcune
comunità di suore (le piccole suore di Gesù) o per la comunità arabo-mel-
chita emigrata a Roma; il vescovo Borromeo diceva messa ai bambini di un
orfanotrofio romano e si ristorava nel sentire le voci infantili che animavano,
con i loro canti, la celebrazione. Quelle liturgie erano un ristoro.
38
FSCIRE, ACVII, Giuseppe Siri, Diario, in copia, 12 ottobre, p. 520, dice di avere « fatti »
con gli altri la professione.
450 Maria Teresa Fattori
39
Edelby distingue nel rito di obbedienza i diversi baci. Cfr. Chenu, Journal, p. 33-34. Storia,
vol. II, p. 32, descrive il rito come il semplice inginocchiarsi e sottolinea che il testo della Professio
fidei fosse l’antica formula niceno-costantinopolitana e non la formula nuova, di sintesi delle con-
danne del magistero del Novecento che il S. Ufficio aveva preparato e era rimasta negli schemi
preparatori.
Liturgie e gesti simbolici nel Concilio Vaticano II. 451
40
ASV, Conc. Vat. II, b. 648 Segreteria generale, Liturgie primo periodo: cfr. i libretti La
Divina Liturgia di S. Giovanni Crisostomo, Badia di Grottaferrata 1958, p. 73; La Santa Messa. Rito am-
brosiano, Milano [1962]; In IV anniversario coronationis Ioannis XXIII Pont. Max. Missa Ritu Ambrosiano
in festivi tate S. Caroli, Milano 1962, p. n. ma 44; Ordo Missae Antiochenae Maronitarum … celebratae,
Roma [1962], p. 5; Ordo Misse Almae Bracarensis Ecclesiae (in Lusitania – Portugal) … celebratae (10-
XI-1962); Rimski Misal Slovênskim Jezikom Prêsv. G. N. Urbana Papi VIII Provelênjem Izdan, Missale
Romanum slavonico idiomatae ex decreto Sacrosancti Concilii Tridentini restitutum S. Pii V Pontificis Maximi
iussu editum a Pio X reformatum et SS.mi D. N. Pii X auctoritate vulgatum, Romae 1927, p. 4; Ordo Sacrae
Liturgiae ritus Armeni celebrantae … die 16 novembris 1962, s.l.d., p. 4; La Santa Liturgia di San Giovanni
Crisostomo, Roma 1958; Liturgia Aethiopica … praesentibus die 28 novembris anni 1962 celebrata, Roma
[1962] p. 4; Ordo Missae Ecclesiae Malabarensis (in India) … celebratae, s.l.d., p. 6; Ordo Missae Chaldaeae
… celebratae (7-XII-1962), s.l.d., p. n. ma 8; Messa votiva pro Unitate Ecclesiae, Roma [1962]; Ritus
Ecclesiarum Orientalium in Aula Conciliari celebrati in 1° periodo Concilii (Opuscola distribuita Patribus).
Exemplaria Photostatica s.l.d. [f. 88].
41
Borromeo, Diario, 24 ottobre: definì « gradita » la sorpresa di una messa celebrata da un
arcivescovo di rito greco con due superiori di ordini religiosi come « concelebranti »; osservava
che « tutti vantano la liturgia greca, ma a me non piace » e trova più sobrio e sacro il gregoriano
« che non conosce le facezie e le mezze voci degli orecchianti ».
42
Ibidem, 5 novembre: « mi è piaciuta molto di più di quella di rito greco. Un po’ lunghetta,
ma seria e bella. Il canto del coro, eseguito magistralmente, è stato commuovente nella consape-
volezza e sobrietà delle sue melodie », vicino al « nostro gregoriano » rispetto alle « agresti cantilene
dei greci ».
43
Tucci, Diario, p. 57, sub data; Edelby, Souvernirs 16 novembre, p. 68: « admirablement
bien chantée par mgr. Layek d’Aleppo e dal coro del Collegio armeno di Roma. […] Profone
impression dans l’assistance ».
44
Borromeo, Diario, 28 novembre: per vedere meglio si sposta nella tribuna degli arci-
vescovi di fronte ai cardinali: il rito gli piace, sebbene diversa dalla nostra, ma non capisce cosa
significa l’uso di una campana di legno ricoperta di velluto con un piccolo campanello. « Bello il
rito ma non i canti, intronizzazione del vangelo dal celebrante, il coro si fa più forte e vivace con
timpani e tamburi, ma musica che sembra più profana che sacra mentre quella durante la messa
piuttosto monotona e grave ».
452 Maria Teresa Fattori
i vescovi latini mostrando che non diminuisce il senso del sacro, non svilisce
i dogmi, rappresenta una forma efficace di adattamento liturgico.45 Padre
Tucci si domanda quale effetto potesse avere ascoltare la messa in lingue
sconosciute sulle scelte dei padri relative allo schema sulla liturgia, in quanto
i vescovi si trovano, in queste occasioni, negli “stessi panni” del popolo che
assisteva senza capire. La messa in rito romano e lingua paleoslava, celebrata
il 12 novembre, induce l’arcivescovo di Acerenza, Corrado Ursi a dichiarare
che questo è « rite romain 100% célébré 100% dans une langue autre que le
latin »: il messale paleoslavo stampato dalla Santa Sede non rompe l’unità
della Chiesa né mette in pericolo i dogmi. « Quello che si fa in paleoslavo
non si potrebbe fare in italiano in modo che il popolo possa comprendere
qualche cosa? La gente ci prende in giro quando ci sente fare discorsi seri
per sapere se si autorizza la lettura delle lettere e del vangelo in una lingua
diversa dal latino ».46 La bellezza del celebrante Bukatko e la sua voce mera-
vigliosa aumenta la bellezza del rito bizantino ucraino,47 celebrato nella festa
dell’entrata della Théotokos al tempio. Erano state disporre davanti all’altare
due icone del Salvatore della Santa Madre di Dio, figurando così da iconos-
tasi. Era un regalo per le orecchie e l’assemblea era piena di ammirazione.
Non mi soffermo sull’effetto, già osservato da Alberigo, della ricaduta
delle liturgie orientali sui dibattiti conciliari, mentre l’aula si stava dividendo
nella valutazione degli effetti di concelebrazioni sacerdotali, uso di lingue
45
Congar, Journal, t. I, p. 182.
46
Borromeo, Diario, 12 novembre: messa conciliare celebrata in rito romano, ma in lingua
paleoslava i vescovo recitano Confiteor, Gloria, Suscipiat, Sanctus, Pater noster in latino. Anche
l’intronizzazione in rito paleoslavico, canto incomprensibile, « quanto alle parole s’intende, perché
la musica era bellissima ». Edelby, Souvernirs, 12 novembre, p. 59: « Agréable surprise », messa
celebrata in rito romano ma in lingua paleoslava glagolitica, secondo l’uso secolare ancora man-
tenuto in 7 diocesi croate in Yugoslavia. Canti del collegio russo di Roma. Impressione tra i padri
« enorme », mostra ai fanatici del latino lingua liturgica che si può adottare il rito romano in lingua
viva senza minare l’unità della chiesa cattolica e mettere in crisi i dogmi.
47
Edelby, Souvernirs, 21 novembre, p. 74, il celebrante era mons. Bukatko, coadiutore di
Belgrado con diritto di successione. Giovanni XXIII lo ha scelto come vescovo perché abbia
giurisdizione anche sui fedeli latini che sono lì. Bukatko è un bell’uomo, ha un viso d’angelo
e una bella barba bianca e ha una voce splendida: « il a sidéré ce matin toute l’assistance. Les
meilleurs solistes de la Chapelle Sixtine pourraient aller prendere des leçons de chant chez lui ».
Con lui celebravano due preti e un diacono, nel rito melchita il conduttore della preghiera era in
evidenza dal fatto che era a metà della navata e cantava mirabilmente bene anche lui. Il coro del
collegio ucraino ha superato se steso e tutta la cerimonia era commentata in latino. I padri hanno
potuto seguire la messa e comprenderla. Era un regalo per le orecchie e l’assemblea era piena
di ammirazione: commento di Edelby al mons. italiano sul fatto che alcuni dei vostri vogliono
latinizzare l’Oriente. Ma il vescovo italiano dice: « Vandali! Dovremmo noi invece prendere il rito
bizantino! ».
Liturgie e gesti simbolici nel Concilio Vaticano II. 453
diverse dal latino e vive, comunione sotto le due specie per i laici. Di contro,
si può rilevare anche un effetto di forte assuefazione nel ripetersi senza va-
riazioni del rito latino e i padri si soffermano sulla liturgia quotidiana solo in
presenza di scostamenti e variazioni minimali rispetto al ‘solito’.48
Non solo i riti si sono alternati ma anche i celebranti, con un criterio
geografico-continentale che non smise mai, fino alla fine della prima ses-
sione, di stupire gli europei: era per essi impressionante vedere celebrare in
latino vescovi di colore o dai tratti somatici asiatici. Alcuni vescovi dome-
nicani e francescani, nelle feste del santo patrono, celebrarono secondo le
particolarità rituali del proprio ordine. Spesso il celebrante festeggiava un
giubileo di ordinazione sacerdotale o di consacrazione episcopale.
Il rito latino seguì le letture dell’anno liturgico romano e le messe furono
celebrate nella forma bassa de Spiritu Sancto; i vescovi erano vestiti in mantel-
letta viola, tranne quelli appartenenti agli ordini religiosi, vestiti con i colori
propri dell’ordine, bianchi, neri, grigi e colorati.49 La messa, a parte quella
della solenne apertura del concilio, era in forma dialogata, ma la risposta di
2500 petti è « précipitée et tumultueuse », difficile da seguire.
Dal 20 ottobre, 5° cg, « On constate aujourd’hui plus de recueillement.
Les clercs de service restent en place. On ne distribue plus, au cours de
la messe, des texte de schema », segno che la nota inviata dall’episcopato
francese al segretariato del concilio, attirando l’attenzione sulle chiacchiere e
il va e vieni, era stata accolta: « on voi que l’on en a tenu compte. Bon signe ».50
Dal 22 ottobre, una corale cantò qualche mottetto nel corso della messa così
« Le Messe est rendu ansi un peu moins basse ». Inoltre, il trono del Vangelo
(che si intronizzava all’inizio di ogni sessione) fu girato verso l’assemblea,
mentre fino a quel momento era stato girato verso l’altare. Comincia quel
giorno e continua fino alla fine del concilio la preghiera per i vescovi che
muoiono nel corso dello svolgimento e l’assemblea recita insieme il De pro-
fundis.51 In seguito, secondo quando previsto dall’Ordo, ogni sessione previde
una cerimonia funebre dedicata ai padri defunti nel corso del concilio o
nell’anno, in prossimità della festa di Ognissanti.
Il 24 ottobre, l’intronizzazione fu resa più solenne da un piccolo corteo
che non sbuca dal braccio del Santissimo, ma conduce una processione da
circa metà della navata principale mentre l’assemblea canta mottetti, con
accompagnamento d’organo, « all’unisono perfetto, come fosse una sola po-
48
Cfr. Alberigo, Sinodo come liturgia?, p. 18-19.
49
Congar, Journal, t. I, p. 113, 13 ottobre.
50
Edelby, Souvernirs, 20 ottobre, p. 30.
51
Ibidem, 22 ottobre, p. 33-34.
454 Maria Teresa Fattori
52
Borromeo, Diario, 23 ottobre 1963. Per la recita da parte dell’assemblea, Congar, Journal,
I, p. 158, commenta che il vescovo di Nagasaki dice la messa « très mal dite, trés rapide »; « L’Ad-
sumus est récité, non plus par le seul président, mais par toute l’assemblée ».
53
Congar, Journal, t. I, p. 209.
54
Chenu, Diario, p. 93, 4 novembre 1962.
55
Congar, Journal, t. I, p. 201.
56
Ibidem, p. 207, giudica negativamente l’intervento del papa e registra lo scontento dei
vescovi francesi mentre gli osservatori sono « atterrés ». Il grave è la decisione d’autorità papale
Liturgie e gesti simbolici nel Concilio Vaticano II. 455
mentre il concilio sta discutendo di liturgia. Borromeo, Diario, 13 novembre, registra il grande
applauso alla notizia data dal card. segretario di stato. Edelby, Souvernirs, 13 novembre, p. 62-63,
i melchiti si rallegrano di questa decisione.
57
Tucci, Diario, p. 40.
58
Edelby, Souvernirs, 29 settembre 1963, p. 108. Da confrontare con Congar, Journal, t. I,
p. 401.
456 Maria Teresa Fattori
2. La quotidianità
rythme ». Ancora peggio con il card. Tisserant che recita l’Adsumus: « c’est
pitoyable ».61
La messa quotidiana è impostata in modo simile a quella della I sessione.
Sono ancora presenti i riti orientali, vissuti con meno sorpresa dell’anno
prima e maggiore fastidio per la durata.62 L’8 ottobre 1963 il cardinale Top-
pouni celebra in rito siro-antiocheno;63 il 15 in rito mozarabico; il giorno
successivo in rito copto; il 21 in rito bizantino in lingua rumena: dura una
« buona ora », troppo, e resta poco tempo per la discussione sul capitolo de
populo Dei; i melchiti osservano al riguardo « Bella chorale, mais célébration
tronquée et malhereusement latinisée ».64 Il 29 la celebrazione in rito bizan-
tino-ucraino provaca questo commento di Congar:
« J’aime bien les Orientaux, mais on exagère en nous mettant tout le temps des
Messes qui durent plus d’une heure alors que le travail presse. Le temps utile du
travail est réduit à très peu de chose. Et c’est très fatigant. Beaucoup sont levés
depuis 5 heures du matin et ont dit leur messe, puis servi une autre… C’est
absurde. Mais, à Rome, on ne sait pas ce que c’est que le travail ».65
61
Congar, Journal, t. I, p. 405, lunedì 30 settembre, 37° cg.
62
ASV, Conc. Vat. II, b. 649 Segreteria generale, Liturgie secondo periodo: Divina Liturgia
juxta Ritum Ecclesiae Syro-Antiochenae …ab Em.mo ac Rev.mo Domino Ignatio Gabriele Cardinali Tappouni
Patriarca Antiochiae Syrorum celebrata, s.l. 1963; Ordo Missae Ritu Mozarabico peragendae, Toledo 1963,
p. 35; Ordo Missae juxta Ritum Copticum Alexandrinum …, s.l. 1963, p. n.n ma 8; Sacra Liturgia iuxta
Ritum Byzantinum – Romenum …celebrata ab Exc.mo Episcopo Basilio Cristea, s.l.d. p. n.n ma 8; Divina
Liturgia iuxta Ritum Byzantinum-Ucrainum … ab Ecc.mp ac Rev.mo Domino Joseph Slipyj Archiepiscopo
Leopolitano in Ucraina ac Metroplitas Halycensi celebrata, s.l. 1963; Ordo Missae Chaldaeae a S.B. Paulo II
Cheikho Patriarcha Babylonensi Chaldaeorum celebratae, s.l. 1963; Ordo Divina Liturgiae Divi Patris nostri
Ioannis Chrysostomi … in festo Sancti I. Chrysostomi die 13 mensis Novembris 1963 concelebrantes S.E.R.
Andreas Katkoff, ep. Tit. Naupliensis Reverendique Patres Pontificii Collegi Russici, Assistentes et Cantores
Alumni Pontificii Collegi Russici, s.l.d. p. 11; Divina Liturgia iuxta Ritum Ecclesiae Malankarensis, s.l.
1963; Divina liturgia iuxta ritum romanum in liturgia paleoslavica seu glacoliticum … a S.E.R. Andrea
G. Grutka Episcopo Garyensi, Indiana USA, celebrata, s.l.d., p. n.n. ma 4; Divina Liturgia iuxta Ritum
Ecclesiae Antiochenae Maronitarum … ab Exc.mo D. Joseph Khoury Archiepiscopo M-Tyrensis et a RR.mi
PP. Abbatibus Joseph Torbey O.L.M. et Maroum Harica O.A.M., Roma [1963]; Ordo divina liturgiae …
iuxta ritumByzantinum Graecum coram Venerabilibus… celebratae ab Ecc.mp D.no Hyacintho Gad Ep. Tit.
Gratianopoleos Exarcha Apostolico pro catholicis ritus byzantini in Graecia, Assistenes et Cantores Alumni
Pontificii Collegii Graecorum de Urbe, s.l.d. p. 10; Ordo Missae Ecclesiae Malabarensis in India; Ritus Eccle-
siarum Orientalium in Aula Conciliari celebrati in II periodo Concilii Opuscola distribuita Patribus Exemplaria
Photostatica, s.l.d. [109 ff.].
63
Congar, Journal, t. I, p. 442: “Messe syriaque: Tappouni. Plutôt pénible et trop longue”;
neutro Edelby, Souvernirs, 8 ottobre, p. 119.
64
Edelby, Souvernirs, 21 ottobre, p. 140.
65
Congar, Journal, t. I, p. 506.
458 Maria Teresa Fattori
66
Ibidem, p. 524.
67
Edelby, Souvernirs, 5 novembre, p. 154, nella messa caldea il Vangelo è trasferito con
incenso. Il 7 Congar registra la messa slava, Journal, t. I, p. 530; Edelby, Souvernirs 13 novembre: il
celebrante era mons. Katkoff e i canti meravigliosi del Collegio Russicum. La benedizione finale
è data dal patriarca Maximos.
68
Ibidem, 19 novembre, p. 171: celebra in rito malaukar Mar Gregorios.
69
Congar, Journal, t. I, p. 556, durante la messa cantarono all’unisono voci virili, accom-
pagnate dall’organo. Questi canti hanno qualche cosa di grave e nostalgico. Assomigliano alle
corali tedesche e la sintesi tra « slavisme et romanisme s’est doublée d’une synthèse entre cela
même et le sens germanique du chant choral ». Molto balcanico e molto Europa centrale. « Que
l’homme est profond et intéressant partout!! Comme il est un et divers. Il veut être lui-même,
tout simplement, être tel qu’il se conçoit lui-même »; anche Edelby, Souvernirs, 21 novembre, p.
173-174, senza commenti.
70
Edelby, Souvernirs, 29 novembre, p. 178,
71
Congar, Journal, t. I, p. 538.
Liturgie e gesti simbolici nel Concilio Vaticano II. 459
503).
Edelby, Souvernirs, 20 novembre, p. 172-173: Bacci protestò perché i moderatori gli ave-
73
vano negato la parola nella precedente congregazione, poi lasciò l’aula indignato; i moderatori
spiegarono che voleva riferirsi al voto del 30 ottobre per correggere « ius primaziale » con « ius
primatus », mentre il primo si trova anche negli atti del Vaticano I. Bacci era noto per il suo
conservatorismo, attaccamento al latino. Da notare che l’11 novembre, durante l’udienza per il
patriarca e sei 14 vescovi melchiti, Paolo VI aveva chiuso l’udienza chiedendo di recitare insieme
il padre nostro; i melchiti cercano di dirlo in latino e il papa li interrompe chiedendo che ciascu-
no lo dica nella sua lingua « ce sera comme une musique harmonieuse » e i melchiti lo dicono in
arabo, Edelby, Souvernirs, 11 novembre, p. 164-166. In precedenza Bacci, il latinista della curia,
aveva preteso la traduzione dell’intervento francese di Maximos per favorire la comprensione dei
padri, cfr. Edelby, Souvernirs, 3 ottobre, p. 114 e 118. Cfr. F. Waquet, Le latin ou l’empire d’un signe
XVIe-XXe siècle, Paris 1998.
74
Congar, Journal, t. I, p. 459: la messa che apre la 46 cg: « communion des laïcs “audi-
tores”. Ansi il y a communion à cette messe. Il foudra qu’on arrive à ce qu’on lise un passage
d’Évangile après son intronisation! ». Alberigo, Sinodo come liturgia?, p. 20, osserva che i padri si
comunicano da quella data, ma questo non risulta dalle fonti da me consultate: a partire da quella
data si comunicano solo gli uditori laici; le uditrici dalla III sessione.
460 Maria Teresa Fattori
75
Congar, Journal, t. I, p. 458-459. Edelby, Souvernirs, 10 ottobre, p. 123-130.
76
Ibidem, 14 ottobre, p. 132-133, non affrontato rimane il problema del patriarca latino di
Gerusalemme.
77
Ibidem, 11 ottobre, p. 130.
78
Ibidem, 23 novembre, p. 175.
79
Congar, Journal, t. I, p. 577, primo dicembre.
80
Ibidem, p. 583-586, per l’incontro con Dossetti e Alberigo: il papa sarebbe stato preso
d’assalto dai conservatori, impressionato dal discorso di Carli che ha evocato il sinodo di Pistoia.
Si discute anche sulla formula di approvazione dei documenti conciliari.
Liturgie e gesti simbolici nel Concilio Vaticano II. 461
81
Su questo vd. G. Alberigo, Una cum patribus. La formula conclusiva delle decisioni del Vatica-
no II, « Transizione epocale. Studi sul Concilio Vaticano II », Bologna 2009, p. 271-305.
82
ASV, Conc. Vat. II, b. 650 Segreteria generale, le liturgie del terzo periodo sono descritte
nei libretti delle messe singole o nella pubblicazione Ritus Ecclesiarum Orientalium in Aula Conciliari
celebrati in III Concilii periodo Opuscola distribuita Patribus Exemplaria Photostatica s.l.d. [229 ff.]. cfr.
per le date e il nome dei celebranti: 1. Ritus concelebrationis Praesidet Summus Pontifex 14
settembre 1964; 2. liturgia Syro-Antiochena 25 settembre 1964: Divina lituriga juxta Ritum Ecclesiae
Syro Antiochenae … rev.mo Mar Cyrillo Emmanuele Benni Archiepiscopo Mausiliensi celebrata, s..d., p. n.n
ma 8; 3. Liturgia Chaldea 9 ottobre 1964, Divina lituriga iuxta ritum Chaldaeum Mar Zaya Dachtou
462 Maria Teresa Fattori
caristia consacrata nel corso della messa. Infine, alcuni curati romani, il 13
ottobre 1964, parteciparono alle liturgie e il 28 prima dodici parroci conce-
lebrarono con mons. Felici e poi essi ed altri parroci assistettero al dibattito
sullo schema dei sacerdoti.83
In modo più forte che nelle precedenti sessioni, l’aula si aprì fisicamente,
nel momento liturgico, facendo prevalere esigenze di comunione e parteci-
pazione all’affermazione della disciplina dell’arcano.84 Furono, infatti, am-
messi non solo i curati e i laici invitati come gli uditori ma uditrici donne e
varie persone che ne facevano richiesta, in numero notevole. Il 16 settembre
furono comunicate in S. Pietro le donne uditrici.85
Alla fine della messa, Paolo VI parla in francese. Il papa sembra al padre
Congar triste, i suoi gesti appaiono ristretti, la voce villana. Commento di
p. Martelet « à la fois Paul hors les murs et Pierre aux liens. Le Pape projette
son coeur vers les hommes, mais lui-même reste noué [legato]. Le est très
présent et il n’a pas de “présence” ». Congar nota che invita a fare della teo-
logia dell’episcopato. Ma parla dall’alto in basso, non parte dal popolo di Dio
e le sue categorie non sono pienamente rinnovate. I laici esistono per lui ma
come un ordo particolare della Chiesa che come popolo di credenti nel quale
si pongono le strutture del servizio-presidenza.86
Una nota stonata è colta anche da Edelby, che giudica la concelebrazione
del papa con ventidue vescovi, di cui due cardinali e due preti, un « bel effort
de restauration liturgique ». Salta agli occhi però l’assenza di un diacono,
un certa « manque d’aisance e de naturel dans les gestes, trop de textes lus
par tous les concélébrants à la fois, manque d’encensement, communion au
précieux sang avec la cuiller [cucchiaio] et non à même calice, trop de mo-
mentes vides dans la célébration et, naturellement, l’usage exclusif du latin
(qui s’explique, bien sûr, par la nature de l’assemblée). A part cela, c’était très
beau ».87
La cg del 18 novembre, cade nel 50° anniversario del massacro turco
contro gli armeni. Il patriarca armeno Vasken I ha chiesto al papa di potere
celebrare e Paolo VI assiste.88
86
Ibidem, p. 132-133.
87
Edelby, Souvernirs, 14 settembre, p. 185-186.
88
Congar, Journal, t. II, p. 277-278; Edelby, Souvernirs, 18 novembre, p. 235.
89
Congar, Journal, t. II, p. 134: inizio in ritardo a S. Pietro. I padri chiacchierano, cercano
il loro posto, familiarità. Mons. Villot a un bel da chiedere di rispondere alla messa « choraliter »
o « una voce, lente, graviter », ma perché questo invito fosse efficace occorrerebbe un celebrante
omogeneo e un « meneur du jeu ». Questo manca « le résultat est pénible. Mon Dieu! ».
464 Maria Teresa Fattori
volta non riesce a rispondere choraliter. Il discorsetto rivolto ai padri dal car-
dinale Tisserant, più che un invito a convertirsi al Cristo, è un « Appel à la
prière et pénitence » intesa come mortificazione.90 Inoltre, il patriarca latino
di Goa si siede al tavolo riservato ai patriarchi orientali, suscitando l’imme-
diata reazione di Maximos IV, che chiede a Felici di allontanare il patriarca.
Il 24 settembre, la cg successiva alla cerimonia di venerazione delle re-
liquie di s. Andrea, nell’udire una corale che canta il saluto al Santissimo,
Congar sottolinea
« On n’est pas foutu d’avair une messe qui soit une messe! La Constitution
liturgique est encore lettre morte pour beaucoup! Et l’on s’entête cette année à
remplacer, pour l’intronisation de l’Évangile, le Christus vincit, viril et chantant,
par l’hymne des Rameaux, Pueri hebraeorum, qu’on prend trop haut et que le
Pères ne savent pas bien ».91
90
Edelby, Souvernirs, 15 settembre, p. 187-188.
91
Congar, Journal, t. II, p. 157.
92
FSCIRE, ACVII, Dom Adelmo Machado, vescovo di Manio-Alagoas, Brasile, Diario, in
copia, 13 ottobre 1964, s.n.
93
Congar, Journal, t. II, p. 247.
94
Dom Machado, Diario, 15 ottobre, s.n.: il vangelo, presentato in evangeliario che al bra-
siliano pare medievale, è circondato da candelabri accessi: esso presiede come evocazione della
fonte degli studi sulla parola di Dio.
95
Edelby, Souvernirs, 29 ottobre, p. 220.
Liturgie e gesti simbolici nel Concilio Vaticano II. 465
moment, c’est une leçon de choses. L’Orient parle par l’acte liturgique ».96
Edelby commenta la messa per i padri e alla fine, con effetto sorpresa, mons.
Hakim recita qualche ecphonères in inglese e francese. I melchiti stavano
sostenendo pubblicamente lo schema, intervenendo contro la latinizzazione
rituale e a favore della libertà di concelebrare; gli interventi letti dai vari ves-
covi e preparati in gruppo, avevano chiesto ai padri di votare a favore dello
schema e l’atto liturgico, ben preparato, sposta secondo Edelby la bilan-
cia a favore del placet. La liturgia mostrava quello che gli interventi melchiti
avevano dichiarato, confermando la loro posizione non tanto di difesa dei
privilegi rituali, ma dell’identità dell’Oriente in funzione della Chiesa univer-
sale. Messa e propaganda, liturgia celebrata e idee sostenute negli interventi
in aula si uniscono e richiamano a vicenda. Siamo di fronte ad un episodio
di sinodo come liturgia o all’uso della liturgia per sostenere le posizioni af-
fermate nei dibattiti?
96
Congar, Journal, t. II, p. 206; Edelby, Souvernirs, 16 ottobre, p. 210.
97
Congar, Journal, t. II, p. 208: Congar non va perché è contro queste cerimonie piene di
ostentazione della gloria “humaine”. Dom Machado, Diario, 10 novembre, s.n.; Edelby, Souver-
nirs, 18 ottobre, p. 211.
98
Edelby, Souvernirs, 6 novembre, p. 224-225; Congar, Journal, t. II, p. 240-243.
99
Edelby, Souvernirs, 13 novembre, p. 230-232, le prove si erano svolte il 9 novembre,
ibidem, p. 227.
100
Ibidem, 13 novembre, p. 230-232: concelebrano un arcivescovo ucraino del Canada Ha-
ermancuk, 2 vescovi melchiti Tawil e Achkan, l’arcivescovo di Belgrado Bukatko, il vescovo
466 Maria Teresa Fattori
russo Katkoff, il vescovo ruteno Elko, il vescovo della Russia bianca Sipovic, il vescovo rumeno
Cristea, il vescovo greco Gad, il vescovo italo-albanese Perniciaro, il vescovo ucraino di Toronto
Rusnack, l’archimandrita di Grottaferrata Minisci, il proto-archimandrita dei Basiliani ucraini p.
Atanase Welykyj, p. Dominique Caloyeras d’Istambul. Questa messa è stata registrata per essere
proposta ai fedeli in Libano con le diapositive. Congar, Journal, t. II, p. 263.
101
Essa valeva 13 mila dollari, ma se ne prevedeva l’acquisto da parte di un collezionista o
da un gruppo di fedeli che la pagherà molto di più del suo valore. « Et maintenant le mouvement
est donné. Il ne s’arrêtra plus ».
102
Congar, Journal, t. II, p. 288-290.
Liturgie e gesti simbolici nel Concilio Vaticano II. 467
tutti i vescovi applaudono appoggiati dai porta insegne e dalla corte ponti-
ficia.
La messa era concelebrata dal papa con 32 cardinali e vescovi degli orga-
nismi che dirigono il concilio.104 Per Congar era positivo che non si usasse la
sedia gestatoria, benché preparata e prevista dal cerimoniale. Edelby notava
l’assenza della tiara, la semplicità degli oggetti e della messa stessa. Vista
103
Congar, Journal, t. II, p. 387-389; Edelby, Souvernirs, 14 settembre, p. 242.
104
Per il nome dei concelebranti, cfr. ASV, Conc. Vat. II, b. 652 Segreteria generale: del 14
settembre 1964; del 21 novembre 1964; del 14 settembre 1965; del 28 ottobre 1965; del 18 no-
vembre 1965; del 7 dicembre 1965. Ibidem, b. 656 Segreteria generale, Ordo concelebrationis, T.P.V.
1964; b. 657 Segreteria generale, Ordo concelebrationis, T.P.V. 1965; b. 658 Segreteria generale, Ordo
concelebrationis et methodus servanda in concludendo Concilio Oecumenico Vaticano II. Die 8 decembris 1965,
T.P.V. 1965, p. 51.
468 Maria Teresa Fattori
positivamente anche l’assenza della cerimonia del bacio del piede: d’ora in
poi si baceranno solo le mani del papa, indipendentemente dalla qualità per-
sonarum. Evitato anche il defilé dei cardinali al saluto al papa. Il canto grego-
riano è eseguito da tutta l’assemblea, appena due mottetti in polifonia. La
messa dura appena un’ora. Si sa che si è avuta una volontà molto netta di
evitare l’apparato, di semplificare le cerimonie, « d’aller à l’essentiel ». Il papa
intronizza personalmente il Vangelo, secondo un suggerimento dato da
Congar a Colombo durante la III sessione. Nel discorso successivo egli parla
della carità come anima del concilio e annuncia la creazione di un sinodo
attorno al papa di vescovi eletti per la maggior parte dalle conferenze episco-
pali. Anche gli osservatori non cattolici espressero un giudizio globalmente
positivo tanto per la semplificazione dell’apparato liturgico, quanto per la
centralità della Parola. Molti notarono lo spostamento dell’intronizzazione
della Scrittura al centro della messa e non più al suo termine: si trattava di un
chiaro segno della ricezione delle istanze della riforma liturgica. Si trattava di
una scelta dello stesso papa, già sperimentata durante la celebrazione della
Pasqua 1965.105
Nel pomeriggio, alle 17.00, i padri sono invitati alla processione di pe-
nitenza alla chiesa della S. Croce di Gerusalemme al Laterano. La cerimonia
finisce alle 21. Tutti dicono che è stato bello, molto popolo, ma troppo lun-
go e faticoso. Il discorso all’insegna della « grande pénitence » è svolto dal
cardinale Luigi Traglia.106
Le messe quotidiane presentano alcune novità, stabili per tutta la durata
dell’ultimo periodo: il celebrante della messa entra, durante il salmo di in-
gresso, portando lui stesso il Vangelo che al termine della messa si introniz-
za. La pericope del giorno è letta dallo stesso libro del Vangelo intronizzato.
Dal 15 settembre, prima cg (in cui si pubblica il motu proprio Apostolica
sollicitudo che istituisce il sinodo dei vescovi), sono proclamati in forma conti-
nuata durante la messa, al posto del Messale Romano, il libro degli Atti degli
Apostoli, che sostituisce l’epistola, e gli ultimi capitoli del Vangelo secondo
Giovanni. Paolo VI è presente il 15, come lo sarà spesso nel corso della
sessione, accompagnato da due segretari, assistendo alla messa. Quando il
papa è presente il celebrante non si genuflette più davanti a lui, ma compie
una semplice riverenza.107
105
Cfr. M. Velati, Separati ma fratelli. Gli osservatori non cattolici al Vaticano II (1962-1965),
Bologna 2014, cap. V, Il quarto periodo, la maturità.
106
Congar, Journal, t. II, p. 390, che lo chiama “Taglia”.
107
Ibidem, p. 390 e 393, il Card. Tisserant nell’allocuzione del 15 parla della pace; Edelby,
Souvernirs, 15 settembre, p. 243.
Liturgie e gesti simbolici nel Concilio Vaticano II. 469
108
Ibidem, p. 269: il papa è senza sedia gestatoria, flabello, guardia; entra a piedi in proces-
sione, preceduto dai cardinali, Maximos per l’età non partecipa alla processione ma lo attende al
suo posto. Il papa concelebra con 24 vescovi provenienti da paesi in cui la libertà religiosa e la
pace sono in pericolo.
109
ASV, Conc. Vat. II, b. 651 Segreteria generale, le liturgie del quarto periodo sono te-
stimoniate dai libretti delle messe: il rito siro antiocheno fu celebrato il primo ottobre 1965,
da Mar Athanasio Ioanne Bakose arcivescovo Babyloneni Syrum; il rito copto-alessandrino l’8
ottobre; il rito maronita il 15 ottobre, da D. Francisco Ayoubt arciv. e Mar. Aleppenisis (Syria);
la liturgia armena il 29 ottobre, da Nerses Tayroyan, arcivescovo Baylonensi Armenorum; il rito
bizantino-melchita il 9 novembre, presieduto da Eftimio Youakim, vescovo Mariamnensi Melki-
tarum, benedice Maximos IV, assistono i Cantores alumni pont. Collegii Graecorum de Urbe; il
rito bizantino-ucaino il 12 novembre, nella festa di s. Giacomo maggiore dal metropolita Kie-
vo-Halicensis, con l’assistenza dei Cantores alumni pont. Collegii Graecorum de Urbe; il rito
bizantino-ungarico il 19 novembre, dal vescovo Hajdudorogensi, Nicolao Dudàs; il rito antio-
cheno-maronita il 30 novembre, presente il papa, celebrato da Paulo Petro cardinale Meouchi e
patriarca Antiochiae Maronitarum; il rito bizantino-biellorusso il 5 dicembre, da Ceslao Sipovic,
M.I.C. vescovo titolare Mariammitano, Visitatore pro Bielarussis, Superiore Generale della con-
gregazione dei sacerdoti celebranti biellorussi (il Vangelo fu intronizzato da Boleslaus Sloskans
470 Maria Teresa Fattori
111
Cfr. Velati, Separati ma fratelli, cap. V, § 8 Pregare insieme.
112
Angelina Nicora Alberigo, Diario, p. 55, 13 dicembre 1965: commenta che della cerimo-
nia di chiusura la cosa più bella era Maritain « vestito nella sua povertà vera e profonda se neanche
il protocollo pontificio è riuscito a fargli mettere l’abito scuro, lui l’ex ambasciatore ufficiale ». I
testi biblici, secondo Nicora, sono stati scelti da Pippo su richiesta di P. Lanne che ha preparato
tutte le preghiere.
113
Congar, Journal, t. II, p. 506, registra le critiche « La cérémonie de samedi soir (à laquelle
étaient présents seulement 41 cardinaux) a suscité des critiques. Plusieurs les ont exprimées même
au Pape, en particulier Mgr Vagnozzi (?) », che era delegato apostolico a Washington, uomo molto
stretto e i cardinali Roberti e Siri, cfr. FSCIRE, ACVII, Giuseppe Siri, Diario, p. 522. « Par contre
– continua Congar – les FAITS oecuméniques continuent ».
472 Maria Teresa Fattori
turale questa cerimonia, impensabile anche solo cinque anni prima. Egli,
emozionato prega sulla tomba di S. Paolo, prega per Lutero e con Lutero,
coglie nella scelta di S. Paolo fuori le mura la circolarità e in un certo senso la
chiusura del concilio con questa preghiera: « Jean XXIII a annoncé le concile
à Saint-Paul, au terme de la Semaine d’universelle prière pour l’unité. Le
Concile finit au même lieu. Jean XXIII doit être satisfait ».114
L’osservatore riformato H. Roux coglie nelle parole di Paolo VI un
eccesso di ottimismo che non tiene conto de « toutes les exigences d’un
dialogue dur! », come se l’unità fosse fatta.115 Vincente Zazpe, vescovo ar-
gentino di Rafaela, dopo che « El papa hablò estupendamente de la unidad
cristiana » conclude la serata guardando alla televisione uno spettacolo con
Rita Pavone, Fabrizi e Gina Lolobrigida: « Es una expresiòn de los tiem-
pos ».116 Congar sa che i cardinali Siri e Roberti non hanno apprezzato la
cerimonia e lo hanno comunicato al papa.117
« Par contre les FAITS oecuméniques continuent », la levata delle
scomuniche avviene il 7 dicembre: la basilica « ruisselle de lumière, une lu-
mière excessive de TV » che fa male agli occhi.118 La bellezza della cerimonia
non toglie che essa è « trop de théâtre, de gestes spectaculaires, de vêtements
étranges et somptueux, de chants ornés ». Il Veni Creator cantato in polifo-
nia, la lunghezza della cerimonia, il rito di comunione eccessivamente lungo.
La lettura della levate delle scomuniche è condotta da Jan Willebrands in
francese e da Melitone di Heliopolis, capo della delegazione del patriarcato
di Costantinopoli; Agostino Bea ricostruisce in latino gli avvenimenti del
1054; segue l’abbraccio da parte del papa e degli assistenti papali mentre
l’assemblea fa tuonare un applauso ‘a scena aperta’. Il papa pronuncia un
discorso di accettazione dell’uomo moderno e del primato dell’antropologia.
114
Congar, Journal, t. II, p. 501-503: « Je trouve presque naturelle cette cérémonie. Et pour-
tant, qui eût pensé, il y a cinq ans, qu’elle fût possible? Voici qu’au plus haut sommet, et comme
le premier acte de la conclusion du concile, presque une concélébration de la Parole se déroule
devant le Pape, a v e c lui, qui prononce les collectes et introduit le Pater. En quittant la basilique,
serrant des mains (le P. Villain est là, bouleversé), je m’arrête à genoux sur la tombe de S. Paul: car
il est là. Je lui parle. Je lui parle de Luther, qui a voulu réaffirmer “l’Evangile” pour lequel Paul a
lutté. Je lui demande, je lui intime presque comme une obligation et, pour moi, une chose assurée,
d’intervenir dans cette nouvelle étape; de guider le Pape et n o u s t o u s ! ».
115
Ibidem.
116
FSCIRE, ACVII, Vincente Zazpe, Diario conciliare, in copia, 4 dicembre 1965, s.n.
117
Congar, Journal, t. II, p. 506: « La cérémonie de samedi soir (à laquelle étaient présents
seulement 41 cardinaux) a suscité des critiques. Plusieurs les ont exprimées même au Pape, en
particulier Mgr Vagnozzi (?) », Edidio Vagnozzi, delegato apostolico a Washington, era legati ai
cardinali Roberti e Siri.
118
Ibidem, p. 508-510.
Liturgie e gesti simbolici nel Concilio Vaticano II. 473
119
Edelby, Souvernirs, 7 novembre, p. 273.
120
Ibidem, 30 novembre, p. 283 e 284.
121
Ibidem, 18 novembre, p. 278-279.
122
Ibidem, 19 novembre, p. 279: per attenuare l’attesa i padri ascoltano la corale di Subia-
co. La messa era stata celebrata dal vescovo ungherese di Hajdudorog, in rito bizantino « très
spècial », un rito che agli occhi del melchita appare corrotto dall’eccessiva esposizione al rito latino
della minoranza ungherese bizantina.
123
Congar, Journal, t. II, p. 514-517: « Je comprends l’intention de la cérémonie d’au-
jourd’hui par rapport à celle d’hier. Les deux répondent au schéma: l’Eglise en elle-même, l’Eglise
dans le monde et pour les hommes. On a eu hier la clôture en quelque sorte interne du concile.
Aujourd’hui, l’Eglise est envoyée au monde, ad gentes, ad populos. Incipiendo, non a Ierosolyma
sed a Roma. Le concile va éclater dans le monde. Il réalise aujourd’hui son moment de Pentecôte
dont avait parlé Jean XXIII ».
474 Maria Teresa Fattori
della tradizione cattolica con il papa, entrato sulla sedia gestatoria, che cele-
brava da solo. A notare questo carattere un poco anacronistico erano non
solo alcuni degli osservatori, come W. Dietzfelbinger, ma anche esponenti
del mondo cattolico, quali il perito J. Dupont e il liturgista francese Marti-
mort che aveva parlato di una cerimonia “anteconciliare”.124
Alla fine della messa sono letti dal cardinale i sette messaggi agli uomi-
ni divisi per categorie. La scelta era stata tutta di papa Montini e l’idea dei
messaggi al mondo quale atto conclusivo del concilio era avanzata dall’allora
cardinale di Milano nel 1962. La preparazione dei testi fu però affidata alla
segreteria di stato senza un coinvolgimento dell’episcopato conciliare. Un
cardinale, accompagnato da altri due cardinali e da alcuni laici, legge i testi,
preparati dalla Segreteria di stato: i messaggi sono ricevuti da alcuni rappre-
sentanti della categoria: i diplomatici come rappresentanti dei governanti;
Maritain e Guitton per gli intellettuali; poi gli artisti; le donne; i lavoratori; i
poveri e i malati (un cieco con il suo cane); i giovani. Retorica dei discorsi e
aspetto teatrale si mescolano nella scena che si svolge in francese, assunta a
lingua della cattolicità.125 Felici conclude leggendo la breve dichiarazione di
chiusura del concilio e il coro intona alcune “Laudes” in stile carolingio, che
124
Cfr. Velati, Separati ma fratelli, cap. V § 10 La conclusione del concilio. Ibidem, n. 245, per il
sogno di Dom Helder su una concelebrazione finale con rappresentanti di tutti i continenti e per
un festoso ballo sul tema della « tunica senza cuciture », e l’accoglienza sulla piazza del “Grande
Rabbino” per un momento penitenziale sulla richiesta di perdono per i peccati dei cristiani nei
confronti del popolo ebraico. Proprio il papa avrebbe dovuto recitare questa preghiera. Interval-
lato dall’esecuzione di una sinfonia, si sarebbe quindi svolto il terzo momento con l’ingresso dei
rappresentanti musulmani, induisti, buddisti e shintoisti.
125
Congar, Journal, t. II, p. 516: « De fait, sept messages se succèdent. On a fait en sorte
qu’ils soient, à la fois, du concile, du pape et du peuple chrétien. Chaque message est lu [sic!] par
un cardinal entouré de deux autres cardinaux (concile) et de quelques laïcs (peuple chrétien):
après la lecture, ce groupe va vers le pape, qui accueille chacun (cela fait un peu distribution des
prix). Se succèdent ainsi: Cardinal Liénart, Alfrink, Colombo, et quelques diplomates: message
aux gouvernants des peuples; Cardinal Léger, avec Maritain (que le pape entretient un moment)
et Guitton: aux intellectuels; Cardinal Suenens: aux artistes (!!); Cardinal Duval, aux femmes;
Cardinal Zoungrana, aux travailleurs; Cardinal Meouchi aux pauvres et aux malades. Des malades
montent ensuite vers le Saint-Père; un aveugle avec son chien, lequel reçoit un ruban à son col-
lier. Cardinal Agagianian, aux jeunes: des jeunes garçons, l’un en petites culottes, viennent près
du pape. Mais pourquoi ne leur a-t-on pas joint quelques petites filles? ». Poco oltre: « A vrai dire,
le schéma XIII est un immense Message au Monde. Mais il restait une place pour quelque chose
de plus bref et surtout plublicitaire. Le sens du geste est évident et il est beau. Je ne suis pas sûr
qu’on ait toujours trouvé le ton. Il y avait un relent de captatio: l’Eglise maintenant que le monde
s’éloigne d’elle, lui dit sur tous les tons: Mais je suis avec toi, tu n’a pas de meilleure amie que
moi!! J’ai trouvé que l’Eglise se p e n c h ait trop a v e c s olli citu d e s u r … Je n’ai pas aimé le
Message aux travailleurs où “l’Eglise” disait s’intéresser à eux, comme s’ils n’étaient pas l’Eglise…
Pro quo supponit “Ecclesia”? ».
Liturgie e gesti simbolici nel Concilio Vaticano II. 475
7. Conclusioni
126
Congar, Journal, t. I, p. 216: alla fine del dibattito sul De fontibus, si propone ai vescovi
di votare 3 canonizzazioni (Congar è stupefatto), cfr. Acta Synodalia Sacrosancti Concilii Oecumenici
Vaticani II, vol. I/III, T.P.V. 1971, p. 59-62; Chenu, Diario, p. 108, 15 novembre 1962: incontra
Maximos « diatriba contro le funzioni in concistoro di questa mattina per tre canonizzazioni; non
ci è andato (neppure mons. Rolland, in esplicito rifiuto di queste cerimonie prive di qualsivoglia
verità di contenuto) ».
476 Maria Teresa Fattori