Sei sulla pagina 1di 355

GESÙ

IL SIGNORE
CHE LIBERA E SALVA

Il* I
I'lf I

I'll I

Manuali di
Panteno
T E O L O G I A
"Gesù il Signore che libera e salva". Mistero che la
Chiesa confessa, annuncia, celebra e vive. Mistero che
l'anno liturgico contempla attraverso un itinerario che
comprende il tempo di avvento
(promessa, attesa e speranza), il tempo di natale
(compimento, contemplazione e gioia), il tempo di
quaresima (annuncio del regno, accoglienza e rifiuto),
il tempo di pasqua (liberazione del peccato e
riconciliazione con Dio) e il tempo ordinario
(approfondimento, celebrazione, testimonianza, attesa
e compimento della beata speranza).
"Gesù il Signore che libera e salva".
Itinerario che ripercorre l'evento Cristo dalla
preparazione veterotestamentaria (tempo di avvento),
all'incarnazione nella pienezza del tempo (tempo
di natale), dal ministero pubblico per le strade della
Palestina (tempo di quaresima), alla passione, morte,
risurrezione, ascensione e pentecoste (tempo di
pasqua), dalla pasqua alla testimonianza di fede della
chiesa tra il "già" e il "non ancora" (tempo ordinario).
La lettura di un dipinto, di un mosaico o di una icona
introduce le tappe fondamentali dell'itinerario.
Brani di Padri della Chiesa le concludono.
L'itinerario finisce con la ripresa e l'approfondimento
teologico del mistero di Cristo. E il momento della
sintesi. Introdotto dalla lettura e dalla contemplazione
dell'/cono della Trinità di Andrej Rublèv (XIV-XVsec.).

PIETRO ALIQUÒ insegna Cristologia


presso l'Istituto Teologico "S. Tommaso" e l'Istituto di
Scienze Religiose "S. Maria della Lettera" di Messina.
Già Insegnante di Religione Cattolica presso il Liceo
classico "G. La Farina" di Messina, già direttore
dell'Ufficio Catechistico Diocesano di Messina e Direttore
del Settimanale Diocesano "La Scintilla".
Autore di testi e sussidi. Tra i più recenti:
La bella notizia del Regno. Commento al Vangelo di Marco,
Paoline, Milano 2005; Mistero d'amore (proposta di un
itinerario umano, spirituale, dottrinale e pastorale per
educatori cristiani), Messina 2006; Discepola e Madre
(contemplazione del Mistero di Maria alla luce dell'anno
liturgico), Messina 2007; Al soffio dello Spirito. Per essere
testimoni (itinerario di formazione per catechisti, elementi
di spiritualità), Messina 2008.

ISBN 17A-Sfl-01-0>l7a3-7

€ 28,00
PIETRO ALIQUÒ

GESÙ IL SIGNORE
CHE LIBERA E SALVA
Collana "Manuali di Panteno - Teologia"
1. Paolo TERRANA, Lineamenti di storia della Chiesa antica.

2. Nunzio CONTE, Il pane della vita e il calice della salvezza. Teologia e pastorale
dell'Eucaristia.
3. Giovanni Russo, Evangelium amoris. Corso di morale familiare e sessuale.
4. Nunzio CONTE, La preghiera della fede e l'olio della consolazione. Il sacramento
dell'unzione e la cura pastorale degli infermi.
5 . Raimondo FRMTALLONE, Il dono del perdono. Prospettiva pastorale celebrativa.

6. Pietro ALIQUÒ, Gesù il Signore che libera e salva.

Aliquò, Pietro <1942->

Gesù il Signore che libera e salva / Pietro Aliquò. -


Messina : ITST ; Torino : Elledici, 2011.
(Manuali di Panteno. Teologia ; 6)
ISBN 978-88-01-04783-7
1. Gesù Cristo.
232 CDD-22 SBN Pal0232499

CIP - Biblioteca centrale della Regione siciliana "Alberto Bombace"

Realizzato con il contributo della Regione Siciliana


Assessorato Regionale Beni Culturali ed Ambientali
e Pubblica Istruzione

In copertina: Il Salvatore, particolare del mosaico dell'abside centrale della Cattedrale


di Messina.

© 2011 Editrice Coop.S.Tom. a r.l.


Via del Pozzo 43 - Cas. Post. 28 - 98121 Messina
Tel 090.3691111 - fax 090.3691103 - e-mail coopstom@itst.it
Sito www.itst.it

Editrice Elledici - 10096 Leumann (Torino)


Internet: www.elledici.org
E-mail: mail@elledici.org

Tipolitografia Antonino Trischitta - Messina Tel.090.345082

ISBN 978-88-01-04783-7
«Anch 'io, fratelli, quando venni tra voi,
non mi presentai ad annunciarvi il mistero di Dio
con l'eccellenza della parola o della sapienza.
Io ritenni infatti di non sapere altro in mezzo a voi
se non Gesù Cristo, e Cristo crocifisso»
{¡Cor 2,1-2).

«Chi ci separerà dall'amore di Cristo?


Forse la tribolazione, l'angoscia, la persecuzione, la fame,
la nudità, il pericolo, la spada? Come sta scritto:
Per causa tua siamo messi a morte tutto il giorno,
siamo considerati come pecore da macello.
Ma in tutte queste cose noi siamo più che vincitori
grazie a colui che ci ha amati, lo sono infatti persuaso
che né morte né vita, né angeli né principati, né presente
né avvenire, né potenze, né altezza né profondità, né
alcun 'altra creatura potrà mai separarci dall'amore
di Dio, che è in Cristo Gesù, nostro Signore»
(Rm 8,35-39).

«Per me infatti il vivere è Cristo»


{FU 1,21).

«Vieni, Signore Gesù»


(Ap 22,20).
ABBREVIAZIONI E SIGLE

CONCILIO VATICANO II, Ad gentes. Decreto sull'attività missionaria del-


la Chiesa, 7 dicembre 1965, in: EV, 1, nn. 1087-1242.
Conferenza Episcopale Italiana.
Corpus Christìanorum, series Latina.
CONCILIO VATICANO II, Dignitatis humanae. Dichiarazione sulla libertà
religiosa, 7 dicembre 1965, in: EV, 1, nn. 1042-1086.
CONCILIO VATICANO II, Dei verbum. Costituzione dogmatica sulla divi-
na rivelazione, 18 novembre 1965, in: EV, 1, nn. 872-911.
Enchiridion Vaticanum. Documenti ufficiali della Santa Sede, Edizio-
ni Dehoniane, Bologna 1966ss.
Die Griechischen Christlichen Schriftsteller der ersten Jahrhunderte,
Akademie Verlag, Leipzig-Berlin 1897ss.
CONCILIO VATICANO I I , Gaudium et spes. Costituzione pastorale sul-
la Chiesa nel mondo contemporaneo, 7 dicembrel965, in: EV, 1, nn.
1319-1644.
CONCILIO VATICANO II, Lumen gentium. Costituzione dogmatica sulla
Chiesa, 21 novembre 1964, in: EV, 1, nn. 284-445.
CONCILIO VATICANO II, Nostra aetate. Dichiarazione sulle relazioni del-
la Chiesa con le religioni non cristiane, 28 ottobre 1965, in: EV, 1, nn.
853-871.
Nuova Biblioteca Agostiniana. Opere di sant'Agostino, Città Nuova,
Roma 1965ss.
CONCILIO VATICANO II, Optatam Totius. Decreto sulla formazione sa-
cerdotale, 2 8 ottobre 1 9 6 5 , in: E V , 1 , nn. 7 7 1 - 7 1 8 .
J.-P. M I G N E (ed.), Patrologiae cursus completus. Series Greca, 1 - 1 6 1 ,
Parigi 1 8 5 7 - 1 8 8 6 .
J.-P. M I G N E (ed.), Patrologiae cursus completus. Series Latina, 1 - 1 2 2 ,
Parigi 1844-1864.
CONCILIO VATICANO II, Sacrosanctum concilium. Costituzione sulla sa-
cra liturgia, 4 dicembre 1963, in: EV, 1, nn.1-244.
Società Editrice Internazionale.
PRESENTAZIONE

Gesù il Signore che libera e salva 1 . Annuncio programmatico di Nazaret.

«Venne a Nazaret, dove era cresciuto, e secondo il suo solito, di sabato, entrò
nella sinagoga e si alzò a leggere. Gli fu dato il rotolo del profeta Isaia; aprì il
rotolo e trovò il passo dove era scritto:
Lo Spìrito del Signore è sopra di me;
per questo mi ha consacrato con l'unzione
e mi ha mandato a portare ai poveri il lieto annuncio,
a proclamare ai prigionieri la liberazione
e ai ciechi la vista;
a rimettere in libertà gli oppressi, a proclamare l'anno di grazia del Signore.
Riavvolse il rotolo, lo riconsegnò all'inserviente e sedette. Nella sinagoga, gli
occhi di tutti erano fissi su di lui. Allora cominciò a dire loro: "Oggi si è com-
piuta questa Scrittura che voi avete ascoltato"» (Le 4,16-21).

Gesù il Signore che libera e salva. Fede della Chiesa.

«La Chiesa crede che Cristo, per tutti morto e risorto, dà sempre all'uomo, me-
diante il suo Spirito, luce e forza per rispondere alla sua altissima vocazione;
né è dato in terra un altro nome agli uomini, mediante il quale possono essere
salvati. Essa crede anche di trovare nel suo Signore e Maestro la chiave, il cen-
tro e il fine di tutta la storia umana. Inoltre la Chiesa afferma che al di là di tutto
ciò che muta stanno realtà immutabili; esse trovano il loro ultimo fondamento
in Cristo, che è sempre lo stesso: ieri, oggi e nei secoli» (GS 10).

Gesù il Signore che libera e salva. Confessione testimonianza di Giovanni


Paolo II.

«La Chiesa non cessa di ascoltare le sue parole, le rilegge di continuo, ricostruisce
con la massima devozione ogni particolare della sua vita. Queste parole sono
ascoltate anche dai non cristiani. La vita di Cristo parla, in pari tempo, a tanti
uomini che non sono ancora in grado di ripetere con Pietro: "Tu sei il Cristo,
il Figlio del Dio vivente". Egli, Figlio del Dio vivente, parla agli uomini anche
come Uomo: è la sua vita stessa che parla, la sua umanità, la sua fedeltà alla ve-
rità, il suo amore che abbraccia tutti. Parla, inoltre, la sua morte in croce, cioè
l'imperscrutabile profondità della sua sofferenza e dell'abbandono. La Chiesa

1
Sul tema della liberazione cfr. J.T. F I T Z G E R A L D , Liberazione/Libertà, in: R . P E N N A -
(edd.), Temi teologici della Bibbia, San Paolo, Cinisello Balsamo ( M I )
G . P E R E G O - G . RAVASI
2010,752-760.
1ÌL__P^SENW10NE

non cessa mai di riviverne la morte in croce e la risurrezione, che costituiscono


il contenuto della sua vita quotidiana. Difatti, è per mandato di Cristo stesso,
suo Maestro, che la Chiesa celebra incessantemente l'eucaristia, trovando in
essa "la sorgente della vita e della santità", il segno efficace della grazia e della
riconciliazione con Dio, il pegno della vita eterna. La Chiesa vive il suo miste-
ro, vi attinge senza stancarsi mai e ricerca continuamente le vie per avvicinare
questo mistero del suo Maestro e Signore al genere umano: ai popoli, alle
nazioni, alle generazioni che si susseguono, ad ogni uomo in particolare, come
se ripetesse sempre secondo l'esempio dell'apostolo: "Io ritenni, infatti, di non
sapere altro in mezzo a voi se non Gesù Cristo, e questi crocifisso". La Chiesa
rimane nella sfera del mistero della Redenzione, che è appunto diventato il
principio fondamentale della sua vita e della sua missione»2.

Gesù il Signore che libera e salva. Mistero che la Chiesa celebra nel corso
dell'anno.

«Ogni settimana, nel giorno a cui ha dato il nome di domenica, fa memoria


della risurrezione del Signore, che essa celebra anche una volta all'anno, uni-
tamente alla sua beata passione, con la grande solennità di Pasqua. Nel corso
dell'anno poi, distribuisce tutto il mistero di Cristo dall'incarnazione e dalla
natività fino all'ascensione, al giorno di pentecoste e all'attesa della beata spe-
ranza e del ritorno del Signore» (SC 102).

Gesù il Signore che libera e salva. Identità e missione del Figlio di Dio che,
nella pienezza del tempo, si fa uomo per rivelare il mistero di Dio e dare agli
uomini il «potere di diventare figli di Dio» (Gv 1,12). Mistero che la Chiesa
confessa, annuncia, celebra e vive. Nell'attesa che si compia la beata speran-
za. Venga «un cielo nuovo e una terra nuova» (Ap 21,1). E «Dio sia tutto in
tutti» (ICor 15,28).
Gesù il Signore che libera e salva è una confessione di fede. Fare cristologia
significa riflettere sul suo mistero, sul suo contenuto e sulle sue conseguenze
nella vita di uomini e donne che accettano e vivonoil mistero evento di Gesù:
Cristo, Signore, Salvatore 3 .

2
GIOVANNI PAOLO lì,Redemptor hominis, 4 . 3 . 1 9 7 9 , n. 7 , in: E V , 9 , n. 1 1 8 9 .
3
«Nella cristologia odierna si adoperano vari approcci e varie terminologie riguardo alla
cristologia. A seconda della prospettiva si possono fare diverse distinzioni. Con riferimento al
tempo, si distingue tra una cristologia prepasquale e una cristologia postpasquale. Con riferi-
mento al grado di manifestazione (espressione, chiarezza ecc.), si distingue tra una cristologia
implicita e una cristologia esplicita. Con riferimento al grado d'obbligo di adesione, si distingue
tra una cristologia dogmatica e una cristologia speculativa. E con riferimento all'approccio, si
distingue tra una cristologia dall'alto e una cristologia dal basso» ( D . HERCSIK, Il Signore Gesù.
Saggio di cristologìa e soteriologia, Edizioni Dehoniane, Bologna 2 0 1 0 , 1 0 - 1 1 ) .

AASAEASS®®?®?®?ESSEHISSSASRCAS-S'AASSSS,
PRESENTAZIONE

La riflessione su Gesù il Signore che libera e salva si ispira all'Anno Li-


turgico, itinerario di fede che comprende il tempo di Avvento (il tempo della
promessa, dell'attesa e della speranza), il tempo di Natale (il tempo del com-
pimento, della contemplazione e della gioia), il tempo di Quaresima (il tempo
dell'annnunzio del regno, dell'accoglienza e del rifiuto), il tempo di Pasqua (il
tempo della liberazione dal peccato e della riconciliazione con Dio) e il tempo
Ordinario (il tempo dell'approfondimento, della celebrazione, della testimo-
nianza, dell'attesa e del compimento della beata speranza).
L'itinerario ripercorre l'evento Cristo dalla preparazione veterotestamen-
taria (tempo di Avvento) all'incarnazione nella pienezza del tempo (tempo di
Natale), dal ministero pubblico per le strade della Palestina (tempo di Qua-
resima) alla passione, morte, risurrezione, ascensione e pentecoste (tempo di
Pasqua), dalla Pasqua alla testimonianza di fede della Chiesa tra il «già» e il
«non ancora» (tempo Ordinario).

La lettura di un dipinto, di un mosaico o di una icona, L'Annunciazione del


Beato Angelico (XV sec.), La Natività di Jacopo Torriti (XIII sec.), Battesimo
di Cristo di Andrea Cione, detto il Verrocchio (XV sec.), e di Leonardo da
Vinci (XV-XVI sec.), Resurrezione di Piero della Francesca (XV sec.), Ico-
na di Cristo di Teofane di Creta (XVI sec.), introduce le tappe fondamentali
dell'itinerario. Brani di padri della Chiesa le concludono.

La riflessione finisce con la ripresa e l'approfondimento teologico del


mistero di Cristo. È il momento della sintesi. Momento introdotto dalla let-
tura e dalla contemplazione dell 'Icona della Trinità di Andrej Rublèv (XIV-
XV sec.).

Lo Spirito Santo, lo «Spirito della verità» (Gv 15,26), guidi ed accompagni


il cammino di ascolto, di riflessione, di interiorizzazione, di annuncio e di
testimonianza 4 . «Finché arriviamo tutti all'unità della fede e della conoscenza
del Figlio di Dio, fino all'uomo perfetto, fino a raggiungere la misura della
pienezza di Cristo» (Ef 4,13). «A gloria e lode di Dio» (FU 1,11).

4
Per una visione d'insieme della cristologia cfr. M. BORDONI, Cristologia, in: G. BARBA-
GLIO-S. DIANICH (edd.), Nuovo Dizionario di Teologia, Edizioni Paoline, Alba 1 9 7 7 , 222-262;
G . B O F , Cristologìa, in: G . B A R B A G L I O - G . B O F - S . DIANICH (edd.), Teologia, San Paolo, Cinisello
Balsamo (MI) 20032, 354-385.
Parte prima

Gesù il Signore
che libera e salva
CAPITOLO PRIMO

LA FEDE DELLA CHIESA

La legge della preghiera è legge della fede:


lex orandi - lex crederxdi.
Assioma attribuito a Prospero di Aquitania.

Lassioma intende precisare il rapporto esistente tra fede e liturgia.


Dal retto modo di pregare deriva un retto modo di credere.
Il fatto che da sempre nelle varie Chiese si sia pregato in un certo modo
e con certi contenuti, significa che quei contenuti possono entrare
con sicurezza nel deposito della fede della Chiesa.
Non è possibile infatti che il medesimo Spirito che assiste la Chiesa
in preghiera e il Magistero, parli in due maniere diverse.
Tra liturgia e fede esiste questo ulteriore rapporto: la liturgia
presuppone, esprime, esplicita, fa vivere, fortifica la fede nei credenti;
a volte precede l'esplicitazione della fede come è avvenuto
sia per il dogma dell'Immacolata Concezione,
sia per quello dell'Assunzione1.

1
«La Chiesa e i Santi Padri, quando si discuteva di una verità controversa o messa in
dubbio, non hanno mancato di chiedere luce anche ai riti venerabili trasmessi dall'antichità.
Così si ha la nota e veneranda sentenza: "La legge della preghiera stabilisca la legge della fede"
(.Legem credendì lex statuat supplicandi). La Liturgia, dunque, non determina né costituisce il
senso assoluto e per virtù propria la fede cattolica, ma piuttosto, essendo anche una professio-
ne delle celesti verità, professione sottoposta al Supremo Magistero della Chiesa, può fornire
argomenti e testimonianze di non poco valore per chiarire un punto particolare della dottrina
cristiana. Che se vogliamo distinguere e determinare in modo generale ed assoluto le relazioni
che intercorrono tra fede e Liturgia, si può affermare con ragione che "la legge della fede deve
stabilire la legge della preghiera"» (Pio XII, Mediator Dei, 20.11.1947, n. 47).

®s bss essa* [gssassMsagggarogaggssssssBgs^^


16 CAPÌTOLO 1 - L A FEDE DELLA CHIESA ..

La fede che la Chiesa professa (confessioni di fede), celebra (anno


liturgico) 2 e vive (testimonianza della carità) è il punto di partenza della

2
«L'anno liturgico non è un'idea, ma una persona, Gesù Cristo e il suo mistero attuato
nel tempo e che oggi la Chiesa celebra sacramentalmente come "memoria", "presenza", "pro-
fezia"» ( A . BERGAMINI, Anno liturgico, in: D . SARTORE-A. T R I A C C A - C . CIBIEN (edd.), Liturgia,
San Paolo, Cinisello Balsamo (MI) 2001, 82. «La salvezza da lui realizzata "specialmente per
mezzo del mistero pasquale della sua beata passione, risurrezione da morte e gloriosa ascensio-
ne" (SC 5), viene offerta e comunicata nelle diverse azioni sacramentali che caratterizzano il
dinamismo del calendario cristiano. La storia della salvezza che continua nell'oggi della Chiesa
costituisce... l'elemento portante dell'anno liturgico» (M. A U G É , Liturgia. Storia, celebrazione,
teologia, spiritualità, Edizioni Paoline, Cinisello Balsamo (MI) 1992, 252.
16 CAPÌTOLO 1 - L A FEDE DELLA CHIESA ..

nostra riflessione sul mistero di Gesù il Signore che, con la sua pasqua
di morte e di risurrezione, libera e salva 3 . La lettura dell'icona dei Nuo-
vi martiri del XX secolo introduce la nostra riflessione.

1. LETTURA DELL'ICONA DEI NUOVI MARTIRI DEL XX SECOLO

L'icona può essere divisa in quattro parti. In alto la deesis 4 , al centro i


martiri del XX secolo, a destra dell'icona è rappresentato il martirio di singoli
santi, a sinistra invece il martirio di gruppi di santi.

Al centro della Deesis c'è Cristo, seduto in trono. Ha una tunica rossa, sim-
bolo di regalità, e un manto azzurro, simbolo di umanità (allusione al mistero
di Gesù vero Dio e vero uomo). La mano sinistra, sostanzialmente coperta dal
manto, porge il vangelo aperto sulle parole: «Io sono la luce del mondo» (Gv
8,12). La mano destra, invece, è rivolta verso Pietro e Andrea. L'insieme dice
ricerca, attenzione, incontro, accoglienza, invito. Atteggiamenti propri di chi
prende l'iniziativa e chiama.
L'immagine di Cristo sta al vertice della linea che parte dai martiri della
famiglia reale e passa attraverso l'altare, la croce e la cupola del tempio. Quasi
a dire che si arriva a Cristo attraverso la via della croce. Nella Deesis dopo gli
apostoli Pietro e Paolo seguono alcuni santi della chiesa russa dal X al XIX

3
Alcuni partono dal mistero del Verbo che si fa uomo ( K . BARTH, L'epistola ai Romani,
Feltrinelli, Milano 1962; J. GALOT, Alla ricerca di una nuova cristologia, Cittadella Editrice,
Assisi 1971); altri dall'uomo Gesù ( D . WIEDERKER, Linee di cristologia sistematica, in: J . FEI-
N E R - M . LOHRER (edd,),Mysterium salutis, 5 , Queriniana, Brescia 1971; H . KONG, Incarnazione
di Dio. Introduzione al pensiero teologico di Hegel, prolegomeni ad una futura cristologia,
Queriniana, Brescia 1972; C. PORRO, Cristologia in crisi?, Edizioni Paoline, Alba 1975; K.
RAHNER, Corso fondamentale sulla fede. Introduzione al concetto di cristianesimo, Edizioni
Paoline, Alba 1977; L. BOUYER,11 Figlio eterno. Teologia della Parola di Dio e cristologia, Edi-
zioni Paoline, Alba 1977); altri ancora dal movimento suscitato da Gesù di Nazaret (E. SCHE.-
LEBEECKX, L'approccio a Gesù dì Nazaret. Lìnee medologiche, Queriniana, Brescia 1972); altri
dalle molteplici aspirazioni dell'uomo di oggi ( K . RAHNER-W. THUSING, Cristologia. Prospettiva
sistematica ed esegetica, Morcelliana, Brescia 1974); altri infine dalla fede della Chiesa (M.
FLICK-Z. ALSZEGHY, Come si fa la teologia, Edizioni Paoline, Alba 1974; W . KASPER, Gesù il
Cristo, Queriniana, Brescia 1975; B. SESBOUÉ, Gesù Cristo nella tradizione della Chiesa, Edi-
zioni Paoline, Cinisello Balsamo (MI) 1987, 228-233).
4
La deesis, dal greco Séi]Ois, «supplica», «intercessione», è un tema iconografico cristia-
no di matrice culturale bizantina, molto diffuso nel mondo ortodosso. Nella rappresentazione
archetipica, in genere, si vede Cristo benedicente tra la Madonna e san Giovanni Battista in atto
di preghiera e supplica per i peccatori.
16 CAPÌTOLO 1 - L A FEDE DELLA CHIESA ..

secolo. Dopo gli arcangeli Michele e Gabriele e i due apostoli, ci sono l'apo-
stolo Andrea ed il principe Vladimir. Seguono alcuni santi.

La parte centrale dell'icona contiene elementi di grande importanza: la


chiesa di Cristo Salvatore, la croce, l'altare, santi e sante. La chiesa di Cristo
Salvatore si trova a Mosca ed è stata scelta perché simbolo della sofferenza
passata e della rinascita della Chiesa russa dei nostri tempi. Davanti alla chiesa
si trova l'altare coperto da una tovaglia rossa (il rosso è il colore della Pasqua).
La tovaglia è simbolo dell'eterna gioia pasquale, della vittoria sull'inferno e
sulla morte, dell'esultanza di gioia nel regno celeste dove si trovano tutti i
martiri. La Chiesa del Salvatore è anche simbolo della Chiesa universale e del
Regno dei cieli. L'unione simbolica tra la chiesa e l'altare si manifesta nella
Bibbia aperta sulle parole: «Non temete quelli che uccidono il corpo, ma non
possono uccidere l'anima». La Bibbia sta sull'altare.
La grande croce indica il martirio di tutti coloro che sono rappresentati
nell'icona e la vittoria della chiesa sul peccato attraverso la croce di Cristo.
La croce è il simbolo principale dell'icona. Essa abbraccia tutte le persone
orizzontalmente e verticalmente. La parte verticale presenta i martiri della fa-
miglia reale con il re Nicola II al centro. La famiglia è vestita con i tradizionali
vestiti reali, secondo lo stile bizantino, il che rappresenta la stretta unione tra
la Russia e Bisanzio.

I martiri reali si trovano sotto l'autorità gerarchica della chiesa, attraverso


la quale essi ricevono la benedizione di Dio e l'autorizzazione per guidare il
popolo. A capo della gerarchia stanno il patriarca Tichon e S. Pietro Polanskiy.
Il patriarca Tichon sta alla sinistra e non alla destra perché nell'icona non
conta la visione di chi guarda, ma la prospettiva va vista a partire dal centro
spirituale di essa, cioè dall'altare. Sotto i capi della gerarchia della chiesa si
trovano tutti gli altri: i santi martiri sacerdoti, monaci e laici, che, insieme,
rappresentano l'unità e la complementarità di tutta la chiesa.

2. A L C E N T R O D E L L A F E D E D E L L A C H I E S A

Il mistero di Cristo, vero Dio e vero uomo, crocifisso e risuscitato, salvato-


re degli uomini e del mondo degli uomini, è al centro della fede della Chiesa.
Tante le testimonianze. Ne citiamo alcune.
CAPITOLO I - L A FEDE DELLA CHIESA 19

1. La professione di fede

La prima testimonianza è la professione di fede che la comunità cristiana


fa durante la celebrazione del mistero dell'eucaristia.

«Credo in un solo Dio, Padre onnipotente,


creatore del cielo e della terra,
di tutte le cose visibili e invisibili.
Credo in un solo Signore, Gesù Cristo,
unigenito Figlio di Dio,
nato dal Padre prima di tutti i secoli:
Dio da Dio, Luce da Luce, Dio vero da Dio vero,
generato, non creato, della stessa sostanza del Padre;
per mezzo di lui tutte le cose sono state create.
Per noi uomini e per la nostra salvezza discese dal cielo,
e per opera dello Spirito Santo
si è incarnato nel seno della Vergine Maria
e si è fatto uomo.
Fu crocifisso per noi sotto Ponzio Pilato, morì e fu sepolto.
Il terzo giorno è risuscitato, secondo le Scritture,
è salito al cielo, siede alla destra del Padre.
E di nuovo verrà, nella gloria, per giudicare i vivi e i morti,
e il suo regno non avrà fine.
Credo nello Spirito Santo, che è Signore e dà la vita,
e procede dal Padre e dal Figlio.
Con il Padre e il Figlio è adorato e glorificato,
e ha parlato per mezzo dei profeti.. ,»5.

2. Cristo libera e salva

La seconda testimonianza traccia, a grandi linee, le tappe della storia della


salvezza. Storia che Dio, per mezzo di Gesù nella potenza dello Spirito Santo,
ha realizzato e continua a realizzare. Per la sua glorificazione. Per il bene
dell'uomo. Di ogni uomo.

«Noi ti lodiamo, Padre santo,


per la tua grandezza:
tu hai fatto ogni cosa con sapienza e amore.
A tua immagine hai formato l'uomo,

5
CEI, Messale Romano, Professione di fede, Libreria Editrice Vaticana, Città del Vatica-
no 19832.
CAPITOLO I - L A FEDE DELLA CHIESA^;

alle sue mani operose hai affidato l'universo


perché nell'obbedienza a te, suo creatore,
esercitasse il dominio su tutto il creato.
E quando, per la sua disobbedienza,
l'uomo perse la tua amicizia,
tu non l'hai abbandonato in potere della morte,
ma nella tua misericordia a tutti sei venuto incontro,
perché coloro che ti cercano ti possano trovare.
Molte volte hai offerto agli uomini
la tua alleanza,
e per mezzo dei profeti
hai insegnato a sperare nella salvezza.
Padre santo, hai tanto amato il mondo
da mandare a noi, nella pienezza dei tempi,
il tuo unico Figlio come salvatore.
Egli si è fatto uomo per opera dello Spirito Santo
ed è nato dalla Vergine Maria;
ha condiviso in tutto, eccetto il peccato,
la nostra condizione umana.
Ai poveri annunziò il vangelo di salvezza,
la libertà ai prigionieri,
agli afflitti la gioia.
Per attuare il tuo disegno di redenzione
si consegnò volontariamente alla morte,
e risorgendo distrusse la morte e rinnovò la vita.
E perché non viviamo più per noi stessi
ma per lui che è morto e risorto per noi,
ha mandato, o Padre, lo Spirito Santo,
primo dono ai credenti,
a perfezionare la sua opera nel mondo
e compiere ogni santificazione»6.

3. Cristo l'uomo nuovo

La terza testimonianza presenta Cristo come chiave, centro e fine di tutta


la storia umana; come il Figlio di Dio che «con l'incarnazione... si è unito in
certo modo ad ogni uomo, ha pensato con intelligenza d'uomo, ha agito con
volontà d'uomo, ha amato con cuore d'uomo» (GS 22).

«La Chiesa crede che Cristo, per tutti morto e risorto, dà sempre all'uomo, me-
diante il suo Spirito luce e forza per rispondere alla sua altissima vocazione; né

6
Ibidem, Preghiera eucaristica IV.
CAPITOLO I - L A FEDE DELLA CHIESA^;

è dato in terra altro nome agli uomini, mediante il quale possono essere salvati.
Essa crede anche di trovare nel suo Signore e Maestro la chiave, il centro e il
fine di tutta la storia umana. Inoltre la Chiesa afferma che al di là di tutto ciò
che muta stanno realtà immutabili; esse trovano il loro ultimo fondamento in
Cristo, che è sempre lo stesso: ieri, oggi e nei secoli» (GS 10).

«In realtà solamente nel mistero del Verbo incarnato trova vera luce il mistero
dell ' uomo. Adamo, infatti, il primo uomo, era figura di quello futuro (Rm 5,14)
e cioè di Cristo Signore. Cristo, che è il nuovo Adamo, proprio rivelando il
mistero del Padre e del suo amore svela anche pienamente l'uomo a se stesso
e gli manifesta la sua altissima vocazione... Egli è "l'immagine dell'invisi-
bile Iddio" (Col 1,15), è l'uomo perfetto che ha restituito ai figli di Adamo la
somiglianza con Dio, resa deforme già subito agli inizi a causa del peccato.
Poiché in lui la natura umana è stata assunta, senza per questo venire annien-
tata, per ciò stesso essa è stata anche in noi innalzata a una dignità sublime.
Con l'incarnazione il Figlio di Dio si è unito in certo modo ad ogni uomo,
ha pensato con intelligenza d'uomo, ha agito con volontà d'uomo, ha amato
con cuore d'uomo. Nascendo da Maria Vergine, egli si è fatto veramente uno
di noi, in tutto simile a noi fuorché nel peccato. Agnello innocente, col suo
sangue sparso liberamente ci ha meritato la vita; in lui Dio ci ha riconciliati
con se stesso e tra noi e ci ha strappati dalla schiavitù del diavolo e del peccato;
così che ognuno di noi può dire con l'Apostolo: il Figlio di Dio "mi ha amato
e ha sacrificato se stesso per me" (Gal 2,20). Soffrendo per noi non ci ha dato
semplicemente l'esempio perché seguiamo le sue orme, ma ci ha anche aperto
la strada: se la seguiamo, la vita e la morte vengono santificate e acquistano
nuovo significato» (GS 22).

4. Il credo del popolo di Dìo

La quarta testimonianza appartiene alla solenne professione di fede con la


quale Paolo VI, nel 1968, concluse l'anno della fede 7 . Anno voluto per cele-
brare il XIX centenario del martirio dei santi apostoli Pietro e Paolo.

«Noi crediamo in nostro signore Gesù Cristo, Figlio di Dio. Egli è il Verbo
eterno, nato dal Padre prima di tutti i secoli, e al Padre consustanziale,

7
«In questo giorno, scelto per la conclusione dell'anno della fede, in questa festa dei beati
apostoli Pietro e Paolo, noi abbiamo voluto offrire al Dio vivente l'omaggio di una professione
di fede. E come una volta a Cesarea di Filippo l'apostolo Pietro prese la parola a nome dei
dodici per confessare veramente, al di là delle umane opinioni, Cristo Figlio di Dio vivente,
così oggi il suo umile successore, pastore della Chiesa universale, eleva la sua voce per rende-
re, in nome di tutto il popolo di Dio, una ferma testimonianza alla verità divina, affidata alla
Chiesa, perché essa ne dia l'annunzio a tutte le genti» (PAOLO VI, Solenne professione di fede,
30.6.1968, n. 7).
homoousios to Patri; e per mezzo di lui tutto è stato fatto.
Egli si è incarnato per opera dello Spirito Santo nel seno della Vergine Maria,
e si è fatto uomo: eguale pertanto al Padre secondo la divinità, e inferiore al
Padre secondo l'umanità, ed egli stesso uno, non per una qualche impossibile
confusione delle nature, ma per l'unità della persona.
Egli ha dimorato in mezzo a noi, pieno di grazia e di verità. Egli ha annunciato
e instaurato il Regno di Dio, e in sé ci ha fatto conoscere il Padre.
Egli ci ha dato il suo comandamento nuovo, di amarci gli uni gli altri com'egli
ci ha amato. Ci ha insegnato la via delle Beatitudini del Vangelo: povertà in
spirito, mitezza, dolore sopportato nella pazienza, sete della giustizia, mi-
sericordia, purezza di cuore, volontà di pace, persecuzione sofferta per la
giustizia.
Egli ha patito sotto Ponzio Pilato, Agnello di Dio che porta sopra di sé i peccati
del mondo, ed è morto per noi sulla Croce, salvandoci col suo sangue reden-
tore. Egli è stato sepolto e, per suo proprio potere, è risorto nel terzo giorno,
elevandoci con la sua Risurrezione alla partecipazione della vita divina, che è
la vita della grazia.
Egli è salito al cielo, e verrà nuovamente, nella gloria, per giudicare i vivi e i
morti, ciascuno secondo i propri meriti; sicché andranno alla vita eterna coloro
che hanno risposto all'Amore e alla Misericordia di Dio, e andranno nel fuoco
inestinguibile coloro che fino all'ultimo vi hanno opposto il loro rifiuto. E il
suo Regno non avrà fine»8.

5. L'evento Cristo

La quinta testimonianza è uno straordinario inno cristologico di Paolo VI.

«Gesù è il Cristo, Figlio del Dio vivo.


Egli è il rivelatore di Dio invisibile.
È il primogenito di ogni creatura.
E il fondamento di ogni cosa.
Egli è il maestro dell'umanità, è il redentore.
Egli è nato, è morto, è risorto per noi.
Egli è il centro della storia e del mondo.
Egli è colui che ci conosce e ci ama.
Egli è il compagno e l'amico della nostra vita.
Egli è l'uomo del dolore e della speranza.
E colui che deve venire
e che deve essere un giorno il nostro giudice;
e, noi speriamo, la pienezza eterna
della nostra esistenza,

8
Ibidem, nn. 11-12.
CAPITOLO I - LA FEDE DELLA CHIESA ^;

della nostra felicità...


Egli è la luce, è la verità,
anzi egli è la via, la verità, la vita.
Egli è il pane, la fonte d'acqua viva
per la nostra fame e per la nostra sete.
Egli è il pastore, la nostra guida,
il nostro esempio,
il nostro conforto, il nostro fratello.
Come noi, e più di noi,
egli è stato piccolo,
povero, umiliato, lavoratore,
disgraziato e paziente.
Per noi egli ha parlato,
ha compiuto miracoli,
ha fondato un regno nuovo,
dove i poveri sono beati,
dove la pace è principio di convivenza,
dove i puri di cuore e i piangenti
sono esaltati e consolati,
dove quelli che aspirano alla giustizia
sono rivendicati;
dove i peccatori possono essere perdonati;
dove tutti sono fratelli...
Gesù Cristo è il principio e la fine,
l'alfa e l'omega.
Egli è il re del nuovo mondo.
Egli è il segreto della storia.
Egli è la chiave dei nostri destini.
Egli è il mediatore,
il ponte fra la terra e il cielo.
Egli è per antonomasia il Figlio dell'uomo,
perché è il Figlio di Dio,
eterno, infinito;
è il Figlio di Maria,
la benedetta fra tutte le donne
sua madre nella carne
e madre nostra nella partecipazione.
Cristo è il nostro Salvatore,
Cristo è il nostro supremo benefattore,
Cristo è il nostro liberatore»9.

9
IDEM, Allocuzione a Manila, 29.11.1970.

® esss oMM f'SssssKaoassasse^SKSSF^^e«^


CAPITOLO SECONDO

L A S T O R I C I T À DI G E S Ù

«Poiché molti hanno cercato di raccontare con ordine


gli avvenimenti che si sono compiuti in mezzo a noi,
come ce li hanno trasmessi
coloro che ne furono testimoni oculari
fin da principio e divennero ministri della Parola,
così anch'io ho deciso di fare ricerche accurate
su ogni circostanza fin dagli inizi,
e di scriverne un resoconto ordinato per te, illustre Teòfilo,
in modo che tu possa renderti conto della solidità
degli insegnamenti che hai ricevuto»
(Le 1,1-4).

«Gesù Cristo, che è l'oggetto della fede della Chiesa,


non è né un mito né una qualsivoglia idea astratta.
Egli è un uomo che ha vissuto in un contesto storico,
che è morto dopo aver condotto la propria esistenza
nell'evoluzione della storia. Una ricerca storica su di lui
è quindi un'esigenza della stessa fede cristiana.
Del resto, questa ricerca non manca di difficoltà,
come appare dai problemi che essa ha conosciuto
nel corso dei tempi»1.

1
COMMISSIONE TEOLOGICA INTERNAZIONALE, Questioni di cristologia, 20.10.1980,1, 1, in:
EV, 7, n. 635.
CAPITOLO II - L A STORICITÀ DI GESÙ 27

Il Cristo che la Chiesa professa, celebra e vive è Gesù 2 . Il figlio di Maria. Il


nazareno. Il profeta del vangelo del regno. L'amico di pubblicani e peccatori.
Il consolatore di poveri e di emarginati. Il samaritano buono che si prende cura
del malcapitato di strada. L'uomo del calvario. L'uomo della croce. La lettura
della cartina della Palestina al tempo di Gesù introduce la nostra riflessione
sulla sua storicità.

2
Gli autori sono pressoché d'accordo nel ritenere che Gesù sia nato tra il 6-5 a.C., al tem-
po dell'imperatore Augusto (63 a.C. - 14 d.C.), e sia morto nel 30 d.C. al tempo del procuratore
Ponzio Pilato (26-36 d.C.). Cfr. A. Puio TARRECH, Gesù Cristo, in: R. P E N N A - G . P E R E G O - G .
RAVASI (edd.), Temi teologici della Bibbia, cit., 543-544.
CAPITOLO II - L A STORICITÀ DI GESÙ 27

1 . L E T T U R A D E L L A C A R T I N A D E L L A PALESTINA AL TEMPO
DI GESÙ

La lettura della cartina della Palestina richiama alla nostra attenzione uo-
mini, istituzioni, situazioni ed esperienze che permettono di situare nel tempo
e nello spazio la vicenda umana di Gesù 3 .

Sul piano territoriale sono tre le regioni della Palestina. In alto la Galilea
con Cafarnao, Cana, Magdala, Nain, Nazaret, Tiberiade, il monte Tabor e il
lago di Genesaret. Regione di confine abitata da popoli diversi. Galilea delle
genti (Is 8,23). Al centro la Samaria con Sicar, Sichem e il monte Garizim.
Regione abitata da uomini e donne che i Giudei considerano scismatici. In
basso la Giudea con Arimatea, Betania, Betlemme, Efraim, Emmaus, Gerico,
Gerusalemme e il mar Morto. La Galilea, la Samaria e la Giudea sono il ter-
ritorio di Gesù.

Sul piano politico la Palestina è provincia romana dal 63 a.C., anno della
conquista di Gerusalemme da parte di Pompeo. Esperienza e sapienza politica
suggeriscono a Roma di permettere la sopravvivenza del culto del tempio,
l'autorità del sinedrio e del sommo sacerdote. Il tempio è il luogo nel quale si
svolge il culto.

«Il sinedrio è insieme un consiglio di governo e l'alta corte di giustizia per


tutti gli ebrei di Palestina o all'estero. Regola la giustizia secondo le leggi
ebraiche che sono riconosciute leggi dell'impero per tutti gli ebrei di un
paese dipendente da Roma. Le sue decisioni hanno forza di legge che i romani
fanno rispettare e applicare. La sua competenza si estende a tutte le questioni
religiose e a tutto ciò che deriva dalla legge ebraica. Non ha il diritto di con-
dannare a morte»4.

Il sommo sacerdote

«è il capo degli ebrei di Palestina e dell'estero. Anche quando Roma e poi


Erode gli prendono il potere politico, rimane il capo del culto nazionale, capo
dei sacerdoti, responsabile del tempio, gestore dei beni del tempio e presidente
del sinedrio»5.

3
Sull'ambiente sociale, politico e religioso in cui è nato e vissuto Gesù, cfr. R. FABRIS,
Gesù di Nazareth. Storia e interpretazione, Cittadella Editrice, Assisi 1983, 64-85.
4
A. R O U E T , Uomini e cose del Nuovo Testamento, Edizioni Paoline, Roma 1981,95-96.
5
Ibidem, 100.
28 CAPITO» N H - L A STORICITÀ P I . G Ì S Ù .

Sul piano sociale la Palestina degli anni '30 è terra di forti contrasti. Al
vertice della struttura piramidale i ricchi, al centro i lavoratori autonomi e in
basso i poveri. Particolare la situazione delle donne, dei bambini e dei pecca-
tori.
Le donne vengono considerate inferiori all'uomo. Nel tempio possono ac-
cedere fino al sagrato delle donne. Nella sinagoga non possono fare la lettura
e la preghiera. Se non hanno figli, vengono disprezzate. Se vanno fuori casa
devono portare il capo coperto e non possono essere guardate. Nessuno può
rivolgere loro la parola 6 .
I bambini si trovano in una situazione analoga. Otto giorni dopo la nascita
vengono circoncisi dal padre o da un anziano della sinagoga e ricevono il
nome. Se primogeniti, appartengono a Dio e devono essere riscattati con un
sacrificio.
I peccatori vivono ai margini della società. Per gli esseni di Qumran, sono
peccatori coloro che non appartengono alla loro categoria. Per gli zeloti, sono
i pagani e i pubblicani. Per i farisei, coloro che ignorano o trasgrediscono la
Legge.

Sul piano religioso, la vita della gente è impregnata di profonda religiosità.


Si può dire che il tempo è scandito dal ritmo della preghiera.
La giornata comincia e finisce con la recita dello shemah (ascolta) e cioè
con una professione di fede che comprende Dt 6,4-9; 11,13-21 e Nm 15,36-41.
Ci sono preghiere di benedizione per i pasti del mattino e del pomeriggio, per
l'inizio di un lavoro o di un viaggio.
La settimana è scandita dal sabato, giorno di festa, di preghiera e di medi-
tazione della Scrittura. Le sue origini sono legate al ricordo della liberazione
dall'Egitto (Di 5,15), del riposo di Dio dopo la creazione (Es 20,11) e del dono
dell'alleanza (Es 31,14-17).
L'anno viene ritmato dalle feste di pellegrinaggio al tempio: la pasqua, la
pentecoste e le tende. La pasqua si celebra alla luna nuova di primavera (13-
! 4 nisan), ricorda la liberazione dall'Egitto, la creazione e l'esodo (Es 12-13).
La pentecoste si celebra sette settimane dopo la pasqua. Nel tardo giudaismo
viene collegata al ricordo dell'alleanza e cioè al dono della legge. La festa
delle tende segna la fine dei raccolti e ricorda la marcia di Israele nel deserto
(Lv 23,41-43).

6
Cfr. M . ADINOLFI, Donna, in: P. R O S S A N O - G . RAVASI-A. GHIRLANDA (edd.), Nuovo Dizio-
nario di Teologia Biblica, Edizioni Paoline, Cinisello Balsamo (MI) 1988,418-419.
CAPITOLO II - L A STORICITÀ DI GESÙ 27

Sul piano dei gruppi e dei movimenti particolare attenzione meritano sad-
ducei, farisei, esseni e zeloti 7 .
I sadducei appartengono in genere a famiglie sacerdotali. Sul piano religio-
so accettano solo i libri del Pentateuco, professano stretta fedeltà alle parole
della Scrittura, rifiutano la dottrina della risurrezione della carne, dell'immor-
talità dell'anima e della retribuzione nell'oltre tomba. Sul piano politico sono
arrendevoli di fronte ai soprusi del potere romano. Dopo la distruzione del
secondo tempio (anno 70 d.C.) scompaiono dalla scena 8 .
I farisei (i separati) sono il partito del popolo. Sul piano religioso osserva-
no scrupolosamente la legge, danno grande importanza alla tradizione come
complemento necessario della legge, mantengono una condotta rigorosa, cre-
dono nella risurrezione di tutti gli uomini, seguono una angelologia molto
precisa e sviluppata, praticano una religiosità piuttosto plateale. Sul piano
politico interpretano perfettamente l'aspirazione della gente all'indipendenza
nazionale e alla ricostruzione dello Stato teocratico 9 .
Gli esseni (i puri?) sono uomini e donne che vivono in comune un'intensa
vita spirituale, per lo più nel deserto, lontani dagli altri per non contaminarsi.
Si distinguono per l'obbedienza alla legge e per il rispetto assoluto del saba-
to: giorno nel quale non è consentita neppure la più piccola attività. Coltivano
la purezza attraverso pratiche ascetiche. Rinunciano al matrimonio, anche se
esistono esserli sposati. Mettono in comune i loro beni. Tra gli esseni meritano
di essere ricordati, in modo particolare, i monaci di Qumran: sacerdoti, leviti,
membri laici e candidati che vivono sotto la guida del "maestro di giustizia"10.
Gli zeloti11 (zelanti o fanatici della Legge) vogliono ad ogni costo l'in-
staurazione della teocrazia, predicano l'odio verso gli stranieri, spingono alla
violenza. Sono il partito del nazionalismo armato. Non accettano di pagare i
tributi a Roma. Nel 66 d.C. scatenano una rivolta contro i romani che nel 70

7
Cfr. L . M O R A L D I , Giudaismo, in: P . R O S S A N O - G . RAVASI-A. GHIRLANDA (edd.), Dizionario
di Teologia Biblica, cit., 698-706; M . GRONCHI, Trattato su Gesù Cristo Figlio di Dio salvatore,
Queriniana, Brescia 2008, 99-110.
8
G. Flavio scrive che i sadducei «guadagnano alla loro causa solo i benestanti; non hanno
il popolo dalla loro parte» ( G . FLAVIO, Antiquitates judaicae 1 3 , 2 9 8 ) .
9
Due gli orientamenti di pensiero tra i farisei: la scuola di Hillel da una parte e la scuola
di Shammai dall'altra. La prima si accontenta del minimo, la seconda aspira al massimo. Le
due scuole concordano nel sostenere che la lettera della legge deve essere osservata puntiglio-
samente
10
«La giornata degli esseni era regolata con severità: preghiera, lavoro nei campi, a mez-
zodì lavacri e pasto comune, poi ancora lavoro, e nuovo pasto comune alla sera. Tra loro lascia-
vano regnare il silenzio» (H. K U N G , Essere cristiani, Mondadori, Milano 1976, 216).
II
Cfr. M . HENGEL, Gli zeloti. Ricerche sul movimento di liberazione giudaico dai tempi dì
Erode I al 70 d.C., Paideia, Brescia 1996.
C A P I T O L O . ! I L A STORICITÀ DI G E S Ù —

porta alla distruzione di Gerusalemme. Uno dei discepoli di Gesù, Simone


detto il "cananeo" (Le 6,15; Ai 1,13) era stato tra gli zeloti12.

2. L E F O N T I E L A L O R O A T T E N D I B I L I T À S T O R I C A

La Palestina è la terra di Gesù. Terra che ama e vive. Terra che attraversa
per annunciare il vangelo del regno. Da Nazaret a Gerusalemme. Ma la vicen-
da di Gesù pone domande. Domande a ripetizione ieri. Domande a ripetizione
oggi. Riguardano le fonti e la loro attendibilità storica. Riguardano il rapporto
tra il Cristo dei cristiani e il Gesù della storia. Alcune delle fonti sono cristiane,
altre pagane. Alle fonti cristiane appartengono i vangeli. Alle fonti pagane ap-
partengono testimonianze, più o meno chiare, di Tacito, Plinio il Giovane, Sve-
tonio... Particolare la testimonianza dello storico giudeo Giuseppe Flavio.

1. I Vangeli

Le domande riguardano la loro origine, la loro attendibilità storica e il loro


"ritratto" di Gesù13.

12
Cfr. G. JOSSA, Gesù e i movimenti di liberazione della Palestina, Paideia, Brescia 1980.
13
Cfr. H. ZAHRNT, Cominciò con Gesù di Nazareth. Il problema del Gesù storico, Queri-
niana, Brescia 1975; V. MESSORI, Ipotesi su Gesù, SEI, Torino 1976; F. LAMBIASI, L'autenticità
storica dei Vangeli: studio di criteriologia, Edizioni Dehoniane, Bologna 1976; IDEM, Gesù di
Nazaret. Una verifica storica, Marietti, Casale Monferrato 1984; J . DUPONT, A che punto è la
ricerca sul Gesù storico?, in: G . BARBAGLIO-P. C. B O R I - J . D U P O N T - R . H A L E - M . PESCE, Conoscen-
za storica di Gesù, Paideia, Brescial978, 7-31; J. C A B A , Dai vangeli al Gesù storico, Edizioni
Paoline, Roma 1979; R. LATOURELLE, A Gesù attraverso i vangeli, Cittadella Editrice, Assisi
1979; G . BORNKAMM, Gesù di Nazareth. I risultati di quaranta anni di ricerca sul "Gesù della
storia", Claudiana, Torino 1981; R. FABRIS, Gesù di Nazareth. Storia e interpretazione, cit.,
35-63; F. LAMBIASI, Gesù di Nazaret. Una verifica storica, Marietti, Casale Monferrato 1984; J .
CABA, Storicità dei Vangeli (Dei Verbum 19): Genesi e frutto del testo conciliare, in: AA. Vv.,
Vaticano II: bilancio e prospettive I, Cittadella Editrice, Assisi 1987,270-288; AAMV.,11 Gesù
"storico". Problema della modernità, Piemme, Casale Monferrato 1988; P. GRELOT, L'origine
dei Vangeli, Libreria Editrice Vaticana, Città del Vaticano 1989; C. DOTOLO, Gesù di Nazaret. Il
problema storico e la fede cristiana, Edizioni Dehoniane, Bologna 1990; H . STAUDINGER, Credi-
bilità storica dei Vangeli, Edizioni Dehoniane, Bologna 1991; P. THIEDE CARSTEN, Gesù, storia
o leggenda?, Edizioni Dehoniane, Bologna 1992; E.P. SANDERS, Gesù. La verità storica, Mon-
dadori, Milano 1995; G . THEISSEN-A. M E R Z , Il Gesù storico. Un manuale, Queriniana, Brescia
1999; G . BARBAGLIO, Gesù ebreo di Galilea. Indagine storica, Edizioni Dehoniane, Bologna
2002; J.P. M E I E R , Un ebreo marginale. Ripensare il Gesù storico, 1. Le radici del problema e
della persona, Queriniana, Brescia 2001; J . D . G . D U N N , Gli albori del cristianesimo, voi. I. La
memoria di Gesù, t. 1. Fede e Gesù storico, Paideia, Brescia 2006; t. 2. La missione di Gesù,
3J

¿z^ I vangeli sono di orìgine apostolica


«A nessuno sfugge che tra tutte le Scritture, anche quelle del Nuovo Testamen-
to, i Vangeli possiedono una superiorità meritata, in quanto costituiscono la
principale testimonianza relativa alla vita e alla dottrina del Verbo incarnato,
nostro Salvatore. La Chiesa ha sempre e in ogni luogo ritenuto e ritiene che
i quattro Vangeli sono di origine apostolica. Infatti, ciò che gli apostoli per
mandato di Cristo predicarono, in seguito, per ispirazione dello Spirito Santo,
fu dagli stessi e da uomini della loro cerchia tramandato in scritti che sono il
fondamento della fede, cioè l'Evangelo quadriforme secondo Matteo, Marco,
Luca e Giovanni» (DV 18).

b) Carattere storico
«La santa madre Chiesa ha ritenuto e ritiene con fermezza e con la più grande
costanza che i quattro suindicati Vangeli, di cui afferma senza esitazione la
storicità, trasmettono fedelmente quanto Gesù Figlio di Dio, durante la sua
vita tra gli uomini, effettivamente operò e insegnò per la loro eterna salvezza,
fino al giorno in cui fu assunto in cielo (cfr. At 1,1-2). Gli apostoli poi, dopo
l'Ascensione del Signore, trasmisero ai loro ascoltatori ciò che egli aveva detto
e fatto, con quella più completa intelligenza delle cose, di cui essi, ammaestrati
dagli eventi gloriosi di Cristo e illuminati dallo Spirito di verità, godevano. E
gli autori sacri scrissero i quattro Vangeli, scegliendo alcune cose tra le molte
che erano tramandate a voce o già per iscritto, redigendo un riassunto di altre,
o spiegandole con riguardo alla situazione delle Chiese, conservando infine il
carattere di predicazione, sempre però in modo tale da riferire su Gesù cose
vere e sincere. Essi infatti, attingendo sia ai propri ricordi sia alla testimonian-
za di coloro i quali "fin dal principio furono testimoni oculari e ministri della
parola", scrissero con l'intenzione di farci conoscere la "verità" (cfr. Le 1,2-4)
degli insegnamenti che abbiamo ricevuto» (DV 19).

c) Criteri di storicità
Tre sostanzialmente i criteri che diversi autori seguono per affermare l'at-
tendibilità storica dei vangeli. Viene considerato storicamente attendibile una
situazione, una sentenza, un fatto attribuito dai vangeli a Gesù e attestato da
fonti indipendenti tra di loro (criterio della molteplice attestazione)-, una situa-
zione, una sentenza, un fatto attribuito a Gesù e in perfetta discontinuità con

Paideia, Brescia 2 0 0 6 ; t. 3 .L'acme della missione di Gesù, Paideia, Brescia 2 0 0 7 ; G . SEGALLA,


Sulle tracce di Gesù. La 'Terza ricerca', Cittadella Editrice, Assisi 2 0 0 6 ; C. A U G I A S - M . PESCE,
Inchiesta su Gesù. Chi era l'uomo che ha cambiato il mondo, Mondadori, Milano 2 0 0 6 ; G .
SAVAGNONE, Processo a Gesù. È ancora ragionevole credere nella divinità di Gesù?, Elledici,
Leumann ( T O ) 2 0 0 7 ; A . PUIG TARRECH, Gesù Cristo, in: R . P E N N A - G . P E R E G O - G . RAVASI (edd.),
Temi teologici della Bibbia, cit., 5 4 1 - 5 4 3 ; R . Fabris, Vangelo/Vangeli, in: Ibidem, 1 4 7 9 - 1 4 8 8 .
3X QAFIIQLQ.ILUJIGRJGI^LQESII

la tradizione biblica e con l'ambiente contemporaneo (criterio della discon-


tinuità o della difformità); una situazione, una sentenza, un fatto attribuito a
Gesù e in perfetta continuità con l'ambiente e il processo storico in cui Gesù
vive ed opera (criterio della continuità o della conformità).

d) Il "ritratto" di Gesù
Marco Matteo Luca e Giovanni narrano e testimoniano l'evento mistero
di Gesù mettendo in evidenza, tra l'altro, chi un aspetto chi un altro. Tutti e
quattro dicono l'umanità di Gesù. Tutti e quattro dicono la sua divinità. Vero
uomo, Gesù. Vero Dio.
La cristologia di Marco ruota intorno ad alcuni titoli. Cristo: «Inizio
del vangelo di Gesù, Cristo, Figlio di Dio» (Me 1,1); «Ed egli domandava
loro: "Ma voi, chi dite che io sia?". Pietro gli rispose: "Tu sei il Cristo"»
(Me 8,29). Figlio di Dio: «Venne una voce dal cielo: "Tu sei il Figlio mio,
l'amato: in te ho posto il mio compiacimento"» (Me 1,11); «Gli spiriti im-
puri, quando lo vedevano, cadevano ai suoi piedi e gridavano: "Tu sei il
Figlio di Dio!"» (Me 3,11); «Venne una nube che li coprì con la sua ombra
e dalla nube uscì una voce: "Questi è il Figlio mio, l'amato: ascoltatelo!"»
(Me 9,7); «Il centurione, che si trovava di fronte a lui, avendolo visto spi-
rare in quel modo, disse: "Davvero quest'uomo era Figlio di Dio!"» (Me
15,39). Figlio dell'uomo:

«Che cosa è più facile: dire al paralitico "Ti sono perdonati i peccati", oppure
dire "Alzati, prendi la tua barella e cammina"? Ora, perché sappiate che il
Figlio dell'uomo ha il potere di perdonare i peccati sulla terra, dico a te - disse
al paralitico - : àlzati, prendi la tua barella e va' a casa tua» (Me 2,9-11).

«Chi si vergognerà di me e delle mie parole davanti a questa generazione adul-


tera e peccatrice, anche il Figlio dell'uomo si vergognerà di lui, quando verrà
nella gloria del Padre suo con gli angeli santi» (Me 8,38).

Gesù è il Figlio dell'uomo che «non è venuto per farsi servire, ma per ser-
vire e dare la propria vita in riscatto per molti» (Me 10,45), che deve soffrire
molto e che un giorno gli uomini vedranno seduto alla destra di Dio e venire
sulle nubi del cielo.
La cristologia di Marco è la cristologia del segreto messianico:

«Ed egli domandava loro: "Ma voi, chi dite che io sia?". Pietro gli rispose:
"Tu sei il Cristo". E ordinò loro severamente di non parlare di lui ad alcuno.
E cominciò a insegnare loro che il Figlio dell'uomo doveva soffrire molto ed
CAPITOLO II - L A STORICITÀ DI GESÙ 27

essere rifiutato dagli anziani, dai capi dei sacerdoti e dagli scribi, venire ucciso
e, dopo tre giorni, risorgere» (Me 8,29-31).

Con sapiente gradualità Gesù introduce i suoi discepoli nella conoscenza


e nella comprensione della sua messianicità. Messianicità che egli stesso con-
fessa apertamente davanti al sommo sacerdote:

«Di nuovo il sommo sacerdote lo interrogò dicendogli: "Sei tu il Cristo, il


Figlio del Benedetto?". Gesù rispose: "Io lo sono!
E vedrete il Figlio dell'uomo
seduto alla destra della Potenza
e venire con le nubi del cielo"» {Me 14,61-62).

Il segreto messianico viene rivelato pienamente dopo la morte e la risurre-


zione di Gesù, «centro finale di attrazione di tutto il vangelo» 14 .
La cristologia di Matteo presenta Gesù come il discendente di Abramo e di
Davide (Mt 1,2-17), il nuovo legislatore (Mt 5,17-47), il maestro (Mi 5,1-7,29),
il Figlio diletto del Padre: «Ed ecco una voce dal cielo che diceva: "Questi è il
Figlio mio, l'amato: in lui ho posto il mio compiacimento"» (Mt 3,17; cfr. Mt
12,18; 13,35; 17,5), il Figlio che ha un rapporto unico con il Padre:

«Ti rendo lode, Padre, Signore del cielo e della terra, perché hai nascosto que-
ste cose ai sapienti e ai dotti e le hai rivelate ai piccoli. Sì, o Padre, perché
così hai deciso nella tua benevolenza. Tutto è stato dato a me dal Padre mio;
nessuno conosce il Figlio se non il Padre, e nessuno conosce il Padre se non il
Figlio e colui al quale il Figlio vorrà rivelarlo» (Mt 11,25-27),

il messia che è più grande del tempio (Mt 12,6), il Figlio dell'uomo che non
ha dove posare il capo (Mt 8,20); il Signore (Mt 7,21-23; 8,2.6.21.25; 9,28;
14,28.30; 15,22.25.27), il Signore presente nella comunità sino alla fine dei
tempi (Mi 28,16-20).
La cristologia di Matteo presenta Gesù come compimento delle Scritture:

«Tutto questo è avvenuto perché si compisse ciò che era stato detto dal Signore
per mezzo del profeta: Ecco, la vergine concepirà e darà alla luce un figlio: a
lui sarà dato il nome di Emmanuele, che significa Dio con noi» (Mt 1,22-23).

Dio con noi, Gesù. Messia e Signore. Figlio diletto del Padre. M a anche
uomo. Pienamente uomo. Si può dire, in sintesi, così:

14
G . SEGALLA, Cristologia del Nuovo Testamento, Paideia, Brescia 1985,106.
CAPITOLO II - LA STORICITÀ DI GESÙ 27

«Matteo evidenzia i seguenti titoli espressivi della persona di Gesù: egli è


il rivelatore dell'ultima parola di Dio all'umanità, e come tale trascende la
figura di Mosè; incarna le attese dell'AT polarizzate sul figlio di Davide; ha
percorso il cammino del servo sofferente di Dio liberando gli uomini dal male
e soffrendo nella sua carne; figlio di Dio e Signore glorioso, è presente alla
sua chiesa; come giudice ultimo sarà avvolto dalla gloria propria del figlio
dell'uomo»15.

La cristologia di Luca presenta Gesù nell'ambito della storia della salvez-


za16. «Tutta la storia salvifica si spiega a partire dalla risurrezione gloriosa
di Gesù: solo l'incontro con il Risorto chiarisce il senso delle Scritture (Le
25,45) e dà avvio alla missione» 17 . Luca presenta Gesù come Figlio di Dio
(Le 1,35; 4,9.41; 8,28; 22,70), Figlio dell'Altissimo (Le 1,32;8,28), Cristo (Le
2,11; 3,15; 4,41; 9,20), Signore (Le 2,11), Salvatore (Le 2,11), Figlio dell'uo-
mo (Le 5,24).
Due, in particolare, i modelli che egli usa per dire la persona e il ruolo
storico di Gesù: il modello del profeta (Le 4,18-21) e il modello del salvatore
(Le 2,11).

«La parola di Gesù profeta è la "parola di Dio" per eccellenza, che suona
come "lieto annuncio", o parola di salvezza promessa per gli ultimi tempi
(Le 20,1; 4,43; 7,22; 8,1; 16,16). Nella scena della trasfigurazione il profilo
di Gesù come profeta autorevole e definitivo viene precisato mediante il con-
fronto con Elia e Mosè... L'intera costruzione del vangelo lucano sulla base
delle parole e delle azioni di Gesù, pone in primo piano l'aspetto salvifico e
liberante della sua missione... La salvezza che Dio offre per mezzo di Gesù
è diversa da quella propagandata nel culto dell'imperatore o ricercata nelle
esperienze misteriche. La salvezza del culto imperiale fa parte dell'ideologia
a sostegno del potere di Roma. Quella promessa nella iniziazione misterica è
un rifugio di fronte alle angosce della morte e alle paure della fatalità. La sal-
vezza proclamata da Gesù, come quella dei profeti, riguarda tutti gli uomini,
senza distinzioni sociali, etniche, culturali e religiose. La salvezza di Dio per
mezzo di Gesù raggiunge gli uomini nella loro situazione storica e culturale
concreta»18.

15
G . BARBAGLIO, Il vangelo di Matteo, in: G . BARBAGLIO-R. F A B R I S - B . MAGGIONI (edd.),
I Vangeli, Cittadella Editrice, Assisi 2008, 91.
16
Cfr. H. CONZELMANN, Il centro del tempo. La teologia di Luca, Piemme, Casale Monfer-
rato 1996.
17
C. PORRO, Gesù il Salvatore. Iniziazione alla cristologia, Edizioni Dehoniane, Bologna
1991,42.
18
R . F A B R I S , / / Vangelo dì Luca, in: G. B A R B A G L I O - R . F A B R I S - B . MAGGIONI (edd.), / Vangeli,
cit., 1030-1032.
CAPITOLO II - L A STORICITÀ DI GESÙ 27

La cristologia di Luca celebra la misericordia di Dio e di Gesù. Appare


in modo particolare dalle parabole della misericordia: la pecora smarrita, la
dramma perduta, il Padre misericordioso (Le 15,1-32). Luca ama raccontare
scene di perdono (Le 7,36-50; 19,1-19; 23,34.39-43). Ama descrivere atteg-
giamenti e gesti di tenerezza di Gesù nei confronti dei poveri e degli umili
(Le 1,52-55; 6,20-23; 14,7-11; 18,9-14). Presenta Gesù come icona del Padre:
Padre infinitamente buono, tenero, misericordioso.
La cristologia di Giovanni è la cristologia del Verbo che si fa carne per
rivelare il mistero di Dio e la vocazione altissima dell'uomo:

«In principio era il Verbo,


e il Verbo era presso Dio
e il Verbo era Dio...
Venne fra i suoi,
e i suoi non lo hanno accolto.
A quanti però lo hanno accolto
ha dato potere di diventare figli di Dio:
a quelli che credono nel suo nome...
E il Verbo si fece carne
e venne ad abitare in mezzo a noi...
Dio, nessuno lo ha mai visto:
il Figlio unigenito, che è Dio
ed è nel seno del Padre,
è lui che lo ha rivelato» (Gv 1,1.11-12.14.18).

La cristologia di Giovanni è la cristologia dell'Io Sono:

«Vi ho detto che morirete nei vostri peccati; se infatti non credete che Io Sono,
morirete nei vostri peccati» (Gv 8,24).

«Quando avrete innalzato il Figlio dell'uomo, allora conoscerete che Io Sono


e che non faccio nulla da me stesso, ma parlo come il Padre mi ha insegnato»
(Gv 8,28).

«In verità, in verità io vi dico: prima che Abramo fosse, Io Sono» (Gv 8,58).

Giovanni presenta Gesù come il Cristo, il Figlio di Dio:

«Gesù, in presenza dei suoi discepoli, fece molti altri segni che non sono stati
scritti in questo libro. Ma questi sono stati scritti perché crediate che Gesù è il
Cristo, il Figlio di Dio, e perché, credendo, abbiate la vita nel suo nome» (Gv
20,30-31).
JCAPITOLOH-JLA STOR!C]TÀJDI^ESÙ___^^

Giovanni sottolinea i rapporti esistenti tra Gesù e il Padre: sono rapporti di


totale reciproca intimità, di profonda piena comunione e di perfetta assoluta
unità.
«Se non compio le opere del Padre mio, non credetemi; ma se le compio, anche
se non credete a me, credete alle opere, perché sappiate e conosciate che il
Padre è in me, e io nel Padre» (Gv 10,37-38).

«Io prego per loro; non prego per il mondo, ma per coloro che tu mi hai dato,
perché sono tuoi. Tutte le cose mie sono tue, e le tue sono mie, e io sono glori-
ficato in loro» (Gv 17,9-10).

«Io e il Padre siamo una cosa sola» (Gv 10,30).

Il Serenthà scrive che

«dal punto di vista cristologico si può dire che il fine del quarto Vangelo è
quello di "testimoniare" che Colui nel quale si compiono tutte le promesse e
le attese antico testamentarie (il Cristo), Colui dal quale solo può dipendere la
salvezza del mondo, perché Figlio inviato dal Padre, è precisamente Gesù. La
sottolineatura di Giovanni va cioè globalmente nel senso di evidenziare "che
non esiste iato tra Gesù di Nazaret che ha vissuto e predicato in Galilea e in
Giudea e il Cristo della fede presente nella Chiesa e che continua a santificare
le anime mediante i sacramenti"»19.

2. Rapporto tra il Cristo della fede e il Gesù della storia

Quale rapporto tra il Cristo che la Chiesa professa, celebra e vive e il Gesù
de] la storia? Tra il Cristo della fede e il Gesù della storia?

R. Bultmann sostiene che

«noi non possiamo sapere più nulla della vita e della personalità di Gesù, poi-
ché le fonti cristiane non si sono interessate al riguardo se non in modo molto
frammentario e con taglio leggendario, e perché non esistono altre fonti su
Gesù. Ciò che è stato scritto da circa un secolo e mezzo sulla vita di Gesù,
sulla sua personalità e sulla sua evoluzione interiore ecc., è frutto di fantasia e
materiale da romanzo in quanto non sono ricerche critiche»20.

19
M . SERENTHÀ, Gesù Cristo ieri oggi e sempre. Saggio di cristologia, Elledici, Leumann
(TO) 2005,131.
20
R . BULTMANN, Gesù, Queriniana, Brescia 1972, 103.
CAPITOLO II - L A STORICITÀ DI GESÙ 27

La vicenda umana di Gesù non va esaminata nel suo fondamento storico


ma in ciò che Dio per mezzo di essa ha voluto dirci 21 . Quel che conta in Gesù
è la sua dottrina, il suo messaggio e l'appello all'uomo perché prenda una
decisione. Le affermazioni, per esempio, sulla preesistenza divina di Gesù o
sul parto della Vergine intendono sottolineare l'importanza che la persona di
Gesù riveste per coloro che credono in lui 22 .
H. Schilson e W. Kasper sintetizzano così il pensiero di Bultmann:

«1. Solo il kerigma salvifico di Gesù Cristo può avere significato per la fede,
non la sua personalità storica; questa viene in primo piano solo nel contesto
di un pensiero alienante, di tipo storico-soggettivo che è incompatibile con la
fede. 2. Le espressioni mitologiche della cristologia contenute nel kerigma (ad
es. discesa del Figlio di Dio dal cielo sulla terra, risurrezione, ascensione al
cielo) devono essere spiegate di nuovo in base ad una interpretazione esisten-
ziale ed intese nel loro valore concreto. 3. La verità di Gesù Cristo può essere
colta solo nell'atto della fede stessa. Ogni altra via non fa che passare di fianco
a Gesù»23.

E. Kàsemann, invece, dichiara;

«Vorrei innanzitutto affermare, con tutta la chiarezza possibile, che lo scettici-


smo storico non ci è più permesso, a noi, dico, in quanto studiosi di storia... E
semplicemente falso che Paolo e Giovanni non sapevano nulla o non volevano
sapere nulla del Gesù terrestre... La critica deve dire senza tentennamenti ciò
che noi non sappiamo o ciò su cui abbiamo dei dubbi. Essa perde la sua cre-
dibilità quando emette dei giudizi globali e si abbandona ad uno scetticismo
di principio. In favore di opinioni preconcette si trovano sempre delle ragioni,
anche presso i teologi purtroppo... Il NT contiene effettivamente dei dati sto-
rici, e la nascita del kerigma cristiano rappresenta un processo storico. Ma la
fede stessa, da parte sua, noti può fare a meno di garantirsi intorno alle parole,
agli atti, al destino del Gesù terrestre»24.

Tra il Cristo della fede e il Gesù della storia c'è un rapporto di identità, di
continuità e di discontinuità. Il Cristo della fede altri non è che il Gesù della
storia, l'uomo della croce. M a in condizione nuova: quella della risurrezione
e della glorificazione.

21
Cfr. IDEM, NUOVO Testamento e mitologia, Queriniana, Brescia 1970,160.
22
Cfr. Ibidem, 158-160.
23
A . SCHILSON-W. KASPER, Cristologie oggi. Analisi critica di nuove teologie, Paideia,
Brescia 1979, 36-37.
24
E . KÄSEMANN, in: C . GHIDELLI, Alle sorgenti della tradizione evangelica: Gesù di Naza-
ret, in: "La Rivista del clero italiano" 58 (1977), 945-946.
•|G C A P I T O L O . 1 . 1 . - L A . S T O R I C I T À DI. G E S Ù

J Jeremias, nel libro sulle parabole di Gesù, sostiene che è possibile stabi-
lire un contatto con il Gesù della storia.

«Ognuna delle parabole fu pronunciata in un determinato momento della vita


di Gesù, in circostanze che non si sono presentate se non una volta sola... Che
voleva dire Gesù in quella determinata occasione? Che effetto si riprometteva
di ottenere con le sue parole in quelli che l'ascoltavano? Queste sono doman-
de che è necessario porsi per scoprire, quanto è possibile, il senso originale
delle parabole di Gesù ed udire la voce stessa del maestro (la sua "ipsissima
vox")»25.

G. Bornkamm afferma che

«i vangeli non giustificano né rassegnazione né scetticismo. Essi ci rivelano


invece con immediata potenza la figura storica di Gesù, sia pure in maniera
diversa dalle cronache e dalle descrizioni storiche... Ciò che i vangeli ci ri-
portano del messaggio di Gesù, delle sue opere e della sua storia, è ancora
sempre contrassegnato da un'autenticità, una freschezza e una originalità per
nulla offuscate dalla fede pasquale della Chiesa, tratti questi che ci riconduco-
no direttamente alla figura terrena di Gesù»26.

Quale rapporto, allora, tra il Cristo che la Chiesa professa, celebra e vive e
il Gesù della storia? Tra il Cristo della fede e il Gesù della storia?
Ecco una sintesi.

«I quattro vangeli hanno valore storico, in quanto riferiscono fedelmente le


opere e le parole di Gesù, ripensate alla luce degli eventi pasquali sotto l'in-
flusso dello Spirito Santo. Essi sono espressione della fede degli evangelisti e
della prima comunità cristiana; ma questo non impedisce di considerarli fonte
sicura di informazione, perché la fede cristiana si caratterizza proprio per il
suo radicarsi nella storia. La fede cristiana incontra Dio in un uomo in carne ed
ossa, visto con gli occhi, udito con gli orecchi e toccato con le mani; suppone
la conoscenza diretta o almeno la parola di testimoni attendibili; è consapevole
che, senza avvenimenti garantiti da solide testimonianze, sarebbe vuota illu-
sione. Al credente interessa non solo la perenne attualità salvifica, ma anche la
memoria fedele. Di fatto i vangeli, sebbene non intendano offrire una biografia
completa, raccolgono una selezione di fatti e detti di Gesù, ritenuti importanti
per il loro significato salvifico e sufficienti ad assicurare una base alla fede nel
Figlio di Dio e alla comprensione globale del disegno divino»27.

25
Le parabole di Gesù, Paideia, Brescia 1973, 22-23.
J . JEREMIAS,
26
G . BORNKAMM,Gesù di Nazaret, Claudiana, Torino 1 9 6 8 , 2 1
2i
CEI, La verità vi farà liberi. Catechismo degli adulti, Libreria Editrice Vaticana, Città
del Vaticano 1995, n. 76.
CAPITOLO II - LA STORICITÀ DI GESÙ 27

3. Le fonti pagane

Tacito, Plinio il Giovane, Svetonio ed altri, dando notizie sulla vita dei
cristiani degli inizi del II secolo, parlano di Cristo.

a) Publio Cornelio Tacito


Il primo storico che menziona Gesù è Tacito. Lo fa negli Annates (115-117
d.C.).
«Perciò, per far cessare tale diceria, Nerone si inventò dei colpevoli e sotto-
mise a pene raffinatissime coloro che la plebaglia, detestandoli a causa delle
loro nefandezze, denominava cristiani. Origine di questo nome era Cristo, il
quale sotto l'impero di Tiberio era stato condannato al supplizio dal procura-
tore Ponzio Pilato; e, momentaneamente sopita, questa esiziale superstizione
di nuovo si diffondeva, non solo per la Giudea, focolare di quel morbo, ma
anche a Roma, dove da ogni parte confluisce e viene tenuto in onore tutto ciò
che vi è di turpe e di vergognoso. Perciò, da principio vennero arrestati coloro
che confessavano, quindi, dietro denuncia di questi, fu condannata una ingente
moltitudine, non tanto per l'accusa dell'incendio, quanto per odio del genere
umano. Inoltre, a quelli che andavano a morire si aggiungevano beffe: coperti
di pelli ferine, perivano dilaniati dai cani, o venivano crocifissi oppure arsi vivi
in guisa di torce, per servire da illuminazione notturna al calare della notte.
Nerone aveva offerto i suoi giardini e celebrava giochi circensi, mescolato alla
plebe in veste d'auriga o ritto sul cocchio. Perciò, benché si trattasse di rei,
meritevoli di pene severissime, nasceva un senso di pietà, in quanto venivano
uccisi non per il bene comune, ma per la ferocia di un solo uomo»28.

b) Gaio Plinio il Giovane


In una lettera indirizzata all'imperatore Traiano (110 circa) Plinio il Gio-
vane scrive:
«È per me un dovere, o signore, deferire a te tutte le questioni in merito alle
quali sono incerto. Chi infatti può meglio dirigere la mia titubanza o istruire la
mia incompetenza? Non ho mai preso parte ad istruttorie a carico dei Cristiani;
pertanto, non so che cosa e fino a qual punto si sia soliti punire o inquisire. Ho
anche assai dubitato se si debba tener conto di qualche differenza di anni; se
anche i fanciulli della più tenera età vadano trattati diversamente dagli uomini
nel pieno del vigore; se si conceda grazia in seguito al pentimento, o se a colui
che sia stato comunque cristiano non giovi affatto l'aver cessato di esserlo; se
vada punito il nome di per se stesso, pur se esente da colpe, oppure le colpe

28
TACITO , Annales XV, 44.
CAPITOLO II - L A STORICITÀ DLGESÙ.

connesse al nome. Nel frattempo, con coloro che mi venivano deferiti qua-
li Cristiani, ho seguito questa procedura: chiedevo loro se fossero Cristiani.
Se confessavano, li interrogavo una seconda e una terza volta, minacciandoli
di pena capitale; quelli che perseveravano, li ho mandati a morte. Infatti non
dubitavo che, qualunque cosa confessassero, dovesse essere punita la loro per-
tinacia e la loro cocciuta ostinazione. Ve ne furono altri affetti dalla medesima
follia, i quali, poiché erano cittadini romani, ordinai che fossero rimandati a
Roma. Ben presto, poiché si accrebbero le imputazioni, come avviene di solito
per il fatto stesso di trattare tali questioni, mi capitarono innanzi diversi casi.
Venne messo in circolazione un libello anonimo che conteneva molti nomi.
Coloro che negavano di essere cristiani, o di esserlo stati, ritenni di doverli ri-
mettere in libertà, quando, dopo aver ripetuto quanto io formulavo, invocavano
gli dei e veneravano la tua immagine, che a questo scopo avevo fatto portare
assieme ai simulacri dei numi, e quando imprecavano contro Cristo, cosa che
si dice sia impossibile ad ottenersi da coloro che siano veramente Cristiani.
Altri, denunciati da un delatore, dissero di essere cristiani, ma subito dopo lo
negarono; lo erano stati, ma avevano cessato di esserlo, chi da tre anni, chi
da molti anni prima, alcuni persino da vent'anni. Anche tutti costoro vene-
rarono la tua immagine e i simulacri degli dei, e imprecarono contro Cristo.
Affermavano inoltre che tutta la loro colpa o errore consisteva nell'esser soliti
riunirsi prima dell'alba e intonare a cori alterni un inno a Cristo come se fosse
un dio, e obbligarsi con giuramento non a perpetrare qualche delitto, ma a non
commettere né furti, né frodi, né adulteri, a non mancare alla parola data e a
non rifiutare la restituzione di un deposito, qualora ne fossero richiesti. Fatto
ciò, avevano la consuetudine di ritirarsi e riunirsi poi nuovamente per prendere
un cibo, ad ogni modo comune e innocente, cosa che cessarono di fare dopo il
mio editto nel quale, secondo le tue disposizioni, avevo proibito l'esistenza di
sodalizi. Per questo, ancor più ritenni necessario l'interrogare due ancelle, che
erano dette ministre, per sapere quale sfondo di verità ci fosse, ricorrendo pure
alla tortura. Non ho trovato null'altro al di fuori di una superstizione balorda
e smodata. Perciò, differita l'istruttoria, mi sono affrettato a richiedere il tuo
parere. Mi parve infatti cosa degna di consultazione, soprattutto per il numero
di coloro che sono coinvolti in questo pericolo; molte persone di ogni età, ceto
sociale e di entrambi i sessi, vengono trascinati, e ancora lo saranno, in questo
pericolo. Né soltanto la città, ma anche i borghi e le campagne sono pervase
dal contagio di questa superstizione; credo però che possa esser ancora fermata
e riportata nella norma»29.

Questa la risposta di Traiano:

«Mio caro Plinio, nell'istruttoria dei processi di coloro che ti sono stati de-
nunciati come Cristiani, hai seguito la procedura alla quale dovevi attenerti.
Non può essere stabilita infatti una regola generale che abbia, per così dire, un

29
PLINIO IL GIOVANE, Epìstula X, 96,1-9.
CAPITOLO II - L A STORICITÀ DI GESÙ 27

carattere rigido. Non li si deve ricercare; qualora vengano denunciati e ricono-


sciuti colpevoli, li si deve punire, ma in modo tale che colui che avrà negato
di essere cristiano e lo avrà dimostrato con i fatti, cioè rivolgendo suppliche ai
nostri dei, quantunque abbia suscitato sospetti in passato, ottenga il perdono
per il suo ravvedimento. Quanto ai libelli anonimi messi in circolazione, non
devono godere di considerazione in alcun processo; infatti è prassi di pessimo
esempio, indegna dei nostri tempi»30.

c) Gaio Svetonio Tranquillo

Nella Vita dei dodici Cesari, raccolta di dodici biografie degli imperatori
da Cesare a Domiziano, scritta intorno al 120, Svetonio accenna ai cristiani. Il
primo accenno lo fa nella vita di Claudio: «Espulse da Roma i Giudei che per
istigazione di Cresto erano continua causa di disordine» 31 . Il secondo accenno
10 fa nella vita di Nerone. Svetonio condivide le accuse rivolte ai cristiani
di essere superstitio nova ac malefica: «Sottopose a supplizi i Cristiani, una
razza di uomini di una superstizione nuova e malefica» 32 .

d) Giuseppe Flavio

Un caso a parte rappresenta lo storico giudeo Giuseppe Flavio, nato verso


11 37-38 d.C. In Antiquitates judaicae scrive:

«Verso questo tempo capita Gesù, un uomo saggio (se in realtà si può chiamare
uomo). Poiché egli era operatore di fatti straordinari e maestro degli uomini
che accolgono con gioia la verità (cose strane), che si trascinò dietro molti
giudei e molti greci. Egli era considerato (chiamato il) messia. Sebbene Pilato,
su accusa dei nostri capi, lo condannasse alla croce, non cessarono, quelli che
fin dall'inizio lo avevano amato, (di proclamare che), passato il terzo giorno,
apparve ad essi di nuovo vivo; i profeti di Dio avevano detto queste cose e
altre innumerevoli meraviglie su di lui. E ancora fino al presente la stirpe dei
cristiani, così chiamata in rapporto a lui, non ha cessato di esistere»33.

30
Ibidem, X, 91.
31
T. SVETONIO, Vita Claudii XXIII, 4. La notizia di Svetonio concorda perfettamente con
quanto è riportato negli Atti degli Apostoli riguardo all'arrivo di Paolo a Corinto: «Dopo di ciò,
partito da Atene [Paolo] andò a Corinto. E trovato un giudeo di nome Aquila, pontico di nascita,
da poco giunto dall'Italia, e la moglie sua Priscilla, per il fatto che Claudio aveva ordinato che
tutti i Giudei partissero da Roma, andò da loro» (Ai 18,1-2).
32
T . SVETONIO, Vita Neronis X V I , 2 .
33
G. FLAVIO, Antiquitates judaicae XVIII 3, 3.
CAP ITOLO 11 - LA sTORicjjÀpi GESÙ

4. Gli apocrifi cristiani

Alle fonti di origine cristiana e di origine pagana si possono aggiungere


scritti apocrifi, composti tra il II e il VI secolo dopo Cristo e non inseriti
nell'elenco ufficiale dei libri che compongono la Bibbia 34 . Si dividono in Van-
geli (di Pietro, di Giacomo, dei Dodici Apostoli...), Atti (di Paolo, di Gio-
vanni, di Andrea...), Lettere (degli Apostoli, di Paolo ai Laodicesi, di Paolo a
Seneca...), Apocalissi (di Pietro, di Paolo...).
Gli scritti apocrifi

«rispondono a due interessi e intenti: uno di carattere biografico popolare, cioè


integrare le notizie e il quadro storico fornito dai vangeli canonici; l'altro di
indirizzo apologetico nei confronti delle accuse e dicerie dell'ambiente giu-
daico-pagano, oppure ideologico come espressione degli orientamenti dottri-
nali del gruppo dissidente ed ereticale: ebionita, doceta o gnostico. A giudizio
degli studiosi di questi scritti, chiamati "apocrifi", segreti o non-canonici, il
valore storico diretto, generalmente parlando è assai tenue e il più delle volte
nullo»35.

I criteri usati dalla Chiesa per considerare un testo canonico sono stati: la
sua paternità apostolica, il testo cioè può essere attribuito all'insegnamento
o alla diretta scrittura degli apostoli o dei loro più stretti collaboratori; il suo
uso liturgico, il testo cioè è letto pubblicamente nei riti liturgici delle prime
comunità cristiane; la sua ortodossia, il testo cioè rispetta le verità dogmatiche
di fede (unità e trinità di Dio, Gesù Cristo vero Dio e vero uomo...).

5. Sintesi

a) «Il Nuovo Testamento non ha lo scopo di presentare un ' informazione puramen-


te storica su Gesù. Esso intende innanzitutto trasmettere la testimonianza della
fede ecclesiale su Gesù e presentarlo nel suo pieno significato di "Cristo" e di
"Kyrios". Questa testimonianza è l'espressione di una fede e cerca di suscitare
una fede. Una "biografia" di Gesù, nel senso moderno del termine, intesa cioè
come un racconto preciso e dettagliato, non può quindi essere composta. Ma
la stessa cosa vale per numerosi personaggi dell'antichità e del medioevo. Da
ciò non bisognerebbe tuttavia trarre conclusioni improntate ad un pessimismo

34
Sulla letteratura apocrifa, cfr. L . MORALDI (ed.), Apocrifi del Nuovo Testamento. Ipiù
antichi testi cristiani, TEA, Milano 1989; M. STAROWIEYSKI, Apocrifa, Letteratura, in: A. Di
B E R A R D I N O - G . F E D A L T O - M . SIMONETTI (edd.), Letteratura patristica, San Paolo, Cinisello Balsa-
mo (MI) 2007,111-117; C. GIANOTTO, Apocrifi (NT), in: R . P E N N A - G . P E R E G O - G . RAVASI (edd.),
Temi teologici della Bibbia, cit., 79-85.
35
R. FABRIS, Gesù di Nazareth. Storia e interpretazione, cit., 54.
CAPITOLO II - L A STORICITÀ DI GESÙ 27

esagerato circa la possibilità di conoscere la vita storica di Gestì. L'esegesi


odierna lo mostra chiaramente»36.

b) «Nel corso degli ultimi secoli, la ricerca storica su Gesù è stata più volte diretta
contro il dogma cristologico. Tuttavia, quest'atteggiamento antidogmatico, in
sé, non è un postulato necessario per il buon uso del metodo storico-critico.
Nei limiti della ricerca esegetica, è certamente legittimo ricostruire un'imma-
gine puramente storica di Gesù o - per dirla in modo più realistico — mettere
in evidenza e verificare fatti che concernono l'esistenza storica di Gesù. Al
contrario, alcuni hanno voluto presentare delle immagini di Gesù scartando le
testimonianze delle comunità primitive. Così facendo, essi hanno creduto di
attenersi ad una visione storica completa e rigorosa. Ma, in modo esplicito o
implicito, questi ricercatori si basano su dei pregiudizi filosofici, più o meno
diffusi, a proposito di ciò che i tempi moderni si attendono dall'uomo ideale.
Altri sono guidati da supposizioni psicologiche concernenti la coscienza di
Gesù»37.

c) «Le moderne cristologie devono evitare di cadere in questi errori. Il pericolo è


particolarmente grande per le "cristologie dal basso", nella misura in cui esse
vogliono appoggiarsi su ricerche puramente storiche. Certo, è legittimo tener
conto delle più recenti ricerche esegetiche, ma bisogna stare altresì attenti a
non ricadere in quei pregiudizi dei quali abbiamo appena parlato»38.

3. C O N I P A D R I D E L L A C H I E S A

Il tema della storicità di Gesù è presente nella riflessione di padri della


Chiesa. Alcune testimonianze.

1. Vangeli canonici

«Per quanto riguarda il Nuovo Testamento, molti hanno tentato (cf 2Pt 2,1)
di scrivere dei vangeli, ma non tutti sono stati accolti. Dovresti sapere che
non sono stati scritti solo quattro vangeli, ma moltissimi. I vangeli che ab-
biamo sono stati scelti tra questi vangeli e trasmessi poi alle Chiese. Sap-
piamo questo dallo stesso prologo di Luca che comincia così: Poiché molti
hanno tentato di scrìvere un resoconto. Le parole hanno tentato implicano
un'accusa contro coloro che si sono gettati a scrivere vangeli senza la grazia
dello Spirito Santo. Matteo, Marco, Giovanni e Luca non hanno tentato di

36
COMMISSIONE TEOLOGICA INTERNAZIONALE, Questioni di cristologia, cit., 1,1.1, in: EV, 7,
n. 636.
37
Ibidem,!, 1.2,n.637.
38
Ibidem, I, 1. 3, n. 638.
44 CAPITOLO 11 - L A S ^ I C I I À D L G E S Ù

scrivere; hanno scritto i loro vangeli quando furono riempiti dallo Spirito
Santo. Per questo, molti hanno tentato di scrivere un resoconto degli eventi
che sono chiaramente conosciuti fra voi... Le nostre dottrine sulla persona
del nostro Signore e Salvatore dovrebbero essere ricavate da questi vangeli
approvati. Io conosco un vangelo chiamato secondo Tommaso e un altro
secondo Mattia; ne abbiamo letti anche molti altri, in modo da non apparire
ignoranti in niente, a causa di quelle persone che pensano di sapere qualcosa
se hanno esaminato questi vangeli. Ma in tutte queste questioni noi non
approviamo niente tranne quello che la Chiesa approva e quindi solo quattro
vangeli canonici... Luca indica la sua intenzione con la parola che usa, cioè
che ci è stato chiaramente mostrato, un concetto che la lingua latina non
può esprimere con una sola parola. Questo significa che Luca sapeva per
la sua ferma fede e attenta considerazione e non aveva alcuna incertezza se
dovesse essere in modo o in un altro»39.

2. Tramandare le tradizioni

«Quello che gli apostoli hanno ricevuto, lo hanno trasmesso senza cambiamen-
ti, così che la dottrina sui sacramenti e su Cristo rimanesse corretta. Il Verbo
divino, il Figlio di Dio, vuole che siamo suoi discepoli. È giusto che loro siano
i nostri maestri ed è necessario che noi ci sottomettiamo solo al loro insegna-
mento. Solo da loro e da coloro che hanno fedelmente insegnato la loro dottrina
noi otteniamo, come scrive Paolo, parole fedeli, degne di essere pienamente
accettate (lTm 1,15). Con loro noi risaliamo alla fonte originaria, perché non
sono diventati discepoli in conseguenza di quello che hanno sentito dagli altri,
ma sono stati piuttosto testimoni oculari e servi del Dio Verbo e ci hanno tra-
mandato quello che hanno sentito direttamente da lui»40.

3. Per coloro che amano Dio

«Questo vangelo è stato scritto per Teofilo, cioè per colui che Dio ama. Se
ami Iddio, è stato scritto anche per te, prendi il regalo che l'evangelista ti fa.
Conserva con cura il pegno dell'amico nel segreto del cuore, custodisci il buon
deposito con l'aiuto dello Spirito Santo che ci è stato dato (2Tm 1,14), studialo
frequentemente, interrogalo spesso. A un tal pegno devi serbarti anzitutto fede-
le, alla fedeltà deve seguire la diligenza, perché tignola e ruggine (ciMt 6,19)
non distruggano i pegni a te affidati»41.

39
O R I G E N E , Omelie sul Vangelo di Luca 1, 1-3, in: A.A. JVST h., Luca. La Bibbia commen-
tata dai padri. Nuovo Testamento, voi. 3, Città Nuova, Roma 2006, 26-27.
40
ATANASIO, Lettera festale 2,1, in: Ibidem, 27.
41
AMBROGIO DI M I L A N O , Esposizione del vangelo secondo Luca 1,12, in: Ibidem, 27-28.
Parte seconda

Il mistero di Cristo
nella preparazione veterotestamentaria
CAPITOLO TERZO

TEMPO DI AVVENTO
Il tempo della promessa, dell'attesa
e della speranza

«Disse loro: "Stolti e lenti di cuore a credere in tutto ciò


che hanno detto i profeti! Non bisognava che il Cristo
patisse queste sofferenze per entrare nella sua gloria?".
E, cominciando da Mose e da tutti i profeti, spiegò loro
in tutte le Scritture ciò che si riferiva a lui»
(Le 24,25-27).

«Egli fu annunziato da tutti ¿profeti»'.

«Dio, dunque, il quale ha ispirato i libri dell'uno


e dell'altro Testamento e ne è l'autore, ha sapientemente
disposto che il Nuovo fosse nascosto nel Vecchio
e il Vecchio fosse svelato nel Nuovo»
(DV 16).

CEI, Messale Romano, prefazio dell'avvento II, cit.


.;! g CAPITOLO. ! 1 1 T F M P O DI A V V E N T O ..

Il Cristo che la Chiesa professa, celebra e vive è il Cristo promesso ed


atteso dall'antico popolo di Israele. Promessa ed attesa che attraversa le
pagine dell'Antico Testamento. Promessa ed attesa che la Chiesa rivive con
forza nel tempo liturgico di avvento. Al centro della promessa e dell'attesa
c'è la straordinaria figura di un messia che ha i tratti ora del re, ora del
servo sofferente, ora del sacerdote ed ora di uno simile a figlio dell'uomo.
La contemplazione della tavola L'Annunciazione del Beato Angelico intro-
duce la nostra riflessione sulle promesse messianiche veterotestamentarie.
Promesse che hanno il loro compimento nell'annuncio a Maria e nel suo
eccomi.
CAPITOLO IH - T E M P O DI A V V E N T O 53

1. L E T T U R A DELLA TAVOLA L'ANNUNCIAZIONE D E L BEATO


ANGELICO

La tavola può essere divisa in due zone. In alto, a sinistra, un angelo


caccia Adamo ed Eva dal giardino dell'Eden dopo l'esperienza del peccato
e la promessa della salvezza (Gn 3,1-24). Al centro, in primo piano, l'angelo
Gabriele appare a Maria e le annuncia la bella notizia che Dio la chiama ad
essere madre. La madre del Figlio dell'Altissimo. La tavola accosta luoghi
ed eventi della storia della salvezza: il peccato delle origini e l'incarnazione
del Figlio di Dio. Due donne si ritrovano idealmente sulla stessa linea: Eva
e Maria.

Il giardino dell'Eden, con i suoi alberi, i suoi fiori e il suo verde, richiama la
condizione originale di Adamo ed Eva, creature pensate e volute da Dio a sua
immagine e somiglianza (Gn 1,26-27). Creature felici chiamate a realizzare se
stesse in comunione con Dio e tra di loro. Creature che l'angelo caccia fuori
del giardino perché hanno ceduto alla tentazione del serpente: «Non morirete
a/fatto! Anzi, Dio sa che quando voi ne mangiaste, si aprirebbero i vostri occhi
e diventereste come Dio, conoscendo il bene e il male» (Gn 3,4-5). Secondo
il racconto biblico non è un angelo che caccia fuori Adamo ed Eva, ma Dio
stesso: «Il Signore Dio lo scacciò dal giardino di Eden, perché lavorasse il
suolo da dove era stato tratto» (Gn 3,23).

L'angelo e Maria sono collocati dentro un portico inserito in un giardino


che un recinto separa da quello dell'Eden. Sullo sfondo del portico si intra-
vede la "stanza nuziale". Maria è la "sposa" che per opera dello Spirito Santo
concepisce e dà alla luce un figlio che chiamerà Gesù (Le 1,31). Una colon-
nina divide l'angelo da Maria. Sopra la colonnina c'è la figura di un anziano,
comunemente identificato con Isaia, il profeta che nell'8° secolo a.C. scrive:
«Ecco: la vergine concepirà e partorirà un figlio, che chiamerà Emmanuele»
(Is 7,14).

L'angelo indossa una veste di colore rosso tenue, identico a quello del cal-
zare. Ha le ali spiegate e variopinte (messaggero che viene dal cielo); il capo
circondato da un nimbo dorato (simbolo di dignità sovrana); tra i capelli una
fiammella (espressione dell'amore ardente e del fulgore di gloria di cui godo-
no gli angeli: Sai 104,4; Eh 1,7).
m CAPITOLO^ULT^,OD.AMNTQ

«È inchinato e proteso verso Maria. La sua mano destra, atteggiata nel segno
del parlare, è orientata verso il seno di Maria, il "luogo" dove prenderà forma
umana il Figlio di Dio; la mano sinistra, anch'essa atteggiata nel segno del
parlare, è orientata verso l'orecchio»2.

Maria

«è seduta su uno scanno-trono finemente tappezzato. Il suo capo è circondato


dal nimbo dorato ed è avvolto da un tenue velo, così come si addice a una
sposa. Indossa una veste rossa, il colore regale, e un manto azzurro, simbolo
della contemplazione. Ha le mani incrociate e ripiegate sul petto nel segno
dell'accettazione al volere di Dio... Sulle ginocchia ha un libro aperto, il libro
della Parola che in lei si fa carne... Sul capo... si vede la colomba simbolo
dello Spirito Santo inviato dal Padre: "Lo Spirito Santo scenderà su di te, su te
stenderà la sua ombra la potenza dell'Altissimo" (Le 1,35)»3.

Frasi in latino sintetizzano il dialogo dell'angelo e di Maria.

«Nella prima frase che parte dall'arcangelo verso l'orecchio di Maria si legge:
Spiritus Sanctus superveniet in te... Nella seconda che parte da Maria verso
l'arcangelo Gabriele si legge: Ecce ancilla Domìni verbum tuum... Nella terza,
diretta verso Maria, si legge: Et virtus Altissimi obumbrabit tibi»A.

La lettura e la contemplazione della tavola aiutano a mettere a fuoco il


tema delle promesse messianiche, il tempo dell'attesa e della speranza 5 .

2
M . F . TRICARICO, L'Annunciazione, in: M . L . M A Z Z A R E L L O - M . F . TRICARICO, Il mistero
dell'incarnazione. Orientamenti per l'azione didattica, Il capitello-Elledici, Leumann (TO)
2002,22.
3
Ibidem, 23.
4
Ibidem.
5
Cfr. M. CIMOSA, Messianismo, in: P. R O S S A N O - G . RAVASI-A. GHIRLANDA (edd.), Nuovo Di-
zionario di Teologia Biblica, cit., 9 3 7 - 9 5 3 ; G . JOSSA, Messianismo, in: R . P E N N A - G . P E R E G O - G .
RAVASI (edd.), Temi teologici della Bibbia, cit., 8 3 6 - 8 4 8 . «Le delusioni provenienti dall'espe-
rienza storica, la coscienza della profonda infedeltà del popolo, la convinzione più e più volte
sperimentata della incrollabile fedeltà di Iahvè alla sua alleanza indirizzano sempre di più la
speranza di Israele verso l'attesa di un'era finale, escatologica, dove l'intervento di Dio sarà de-
finitivo, dove egli realizzerà pienamente le sue promesse: è quello che si chiama il messianismo
biblico, "spina dorsale" della rivelazione antico testamentaria, cioè la tensione verso un'epoca
di salvezza non più parziale ma compiuta» (M. SERENTHÀ, Gesù Cristo, ieri, oggi e sempre.
Saggio di cristologia, cit., 72.
CAPITOLO IH - T E M P O DI A V V E N T O 53

2. L'ATTESA D E L M E S S I A

Dopo l'esperienza del deserto, con gli episodi, tra l'altro, della man-
na (Es 16,1-36), dell'acqua (Es 17,1-7), dell'alleanza (Es 19-24) e del
serpente di bronzo (Nm 21,4-9), Israele entra nella terra promessa. Non
vi trova, però, la pace, la giustizia, la libertà e quegli altri beni che aveva
sognato di avere.

1. Il messia re

Tra i re, c'è chi osserva le clausole dell'alleanza e c'è chi le trasgredisce.
Nasce così il desiderio di avere un messia re giusto, capace di essere il segno
della presenza di Dio in mezzo al suo popolo. Desiderio, promessa, attesa,
speranza 6 . Tante le testimonianze: 2Sam 7,8-16; Salmi 2; 18; 20; 21; 45; 72;
78; 89; 101; 110; 132; 144; Is 7,14; 9,1-6; 11,1-9; Mi 5,1-4; Ger 23,5; Ez
8,6.10-11; 34,23-24; 37,21-24; Zc 9-14.
Leggiamo la profezia di Natan sul regno di Davide.

«Ora dunque dirai al mio servo Davide: Così dice il Signore degli eserciti:
"Io ti ho preso dal pascolo, mentre seguivi il gregge, perché tu fossi capo del
mio popolo Israele. Sono stato con te dovunque sei andato, ho distrutto tutti i
tuoi nemici davanti a te e renderò il tuo nome grande come quello dei grandi
che sono sulla terra. Fisserò un luogo per Israele, mio popolo, e ve lo pianterò
perché vi abiti e non tremi più e i malfattori non lo opprimano come in passato
e come dal giorno in cui avevo stabilito dei giudici sul mio popolo Israele. Ti
darò riposo da tutti i tuoi nemici. Il Signore ti annuncia che farà a te una casa.
Quando i tuoi giorni saranno compiuti e tu dormirai con i tuoi padri, io susci-

6
Cfr. ASSOCIAZIONE BIBLICA ITALIANA, Messianismo, Atti della X V I I I Settimana Biblica,
Paideia, Brescia 1966; N. FUGLISTER, Fondamenti veterotestamentari della cristologia del Nuo-
vo Testamento, in: J. F E I N E R - M . LÒHRER, Mysterium salutis, 5, cit., 139-174; G . SEGALLA, La
preistoria della cristologia, in: G . S E G A L L A - R . CANTALAMESSA-G. M O I O L I , Il problema cristo-
logico oggi, Cittadella Editrice, Assisi 1973, 20-53; R. D E V A U X , Le istituzioni dell'Antico Te-
stamento, Marietti, Torino 19773; H. CAZELLES, Il Messia della Bibbia. Cristologia dell'Antico
Testamento, Boria, Roma 1981; G . BARBAGLIO-S. DIANICH, Regno di Dio, in: G . BARBAGLIO-S.
DIANICH (edd.), Nuovo Dizionario di Teologia, cit., 1235-1250; M. CIMOSA, Messianismo, in:
P. R O S S A N O - G . R A V A S I - A . GHIRLANDA (edd.), Nuovo Dizionario di Teologia Biblica, cit., 941-
947; S.A. PANIMOLLE, Regno di Dio, in: Ibidem, 1296-1322; M. CIMOSA, Isaia, l'evangelista
dell'Emmanuele, Edizioni Dehoniane, Roma 1988; R. SCHNACKENBURG, Signoria e regno di
Dio. Uno studio dì teologia biblica, Edizioni Dehoniane, Bologna 1990; R. F A B R I S , Regno di
Dio, in: G . B A R B A G L I O - G . B O F - S . DIANICH (edd.) Teologia, cit., 1229-1243; C. MARINELLI, Dio
garante del futuro della discendenza davidica. Analisi dì 2 Sam 7,1-17, in "Lateranum" 2/73
(2007), 405-435.
I CAPITOLO JJI „ - T E M P O D J A Y ^ N T O .

terò un tuo discendente dopo di te, uscito dalle tue viscere, e renderò stabile il
suo regno. Egli edificherà una casa al mio nome e io renderò stabile il trono del
suo regno per sempre. Io sarò per lui padre ed egli sarà per me figlio. Se farà
il male, lo colpirò con verga d'uomo e con percosse di figli d'uomo, ma non
ritirerò da lui il mio amore, come l'ho ritirato da Saul, che ho rimosso di fronte
a te. La tua casa e il tuo regno saranno saldi per sempre davanti a te, il tuo trono
sarà reso stabile per sempre"» (2Sam 7,8-16).

Non sarà Davide a costruire una casa (un tempio) a Dio. Sarà Dio a fargli
una casa: «Il Signore ti annuncia che farà a te una casa». Casa regale e stabile:
«La tua casa e il tuo regno saranno saldi per sempre davanti a te, il tuo trono
sarà reso stabile per sempre» 7 .

2. Il messia servo sofferente

La distruzione di Gerusalemme da parte dei babilonesi nel 587 e l'esilio


con i suoi drammatici interrogativi sul senso della vita e della morte, dell'isti-
tuzione monarchica e della promessa fatta a Davide, costituiscono un'ottima
occasione perché Israele riveda lo schema dell'attesa del messia regale e co-
minci a sperare in un messia profeta che in Isaia ha i tratti del servo sofferente.
Messia che salva non con la potenza, ma con la parola e il sacrificio della vita 8 .
Messia annunciato in D i 18,15-18 e descritto nei quattro carmi del servo sof-
ferente: Is 42,1-9 (primo carme del servo sofferente); 49,1-6 (secondo carme);
50,4-11 (terzo carme); 52,13-53,12 (quarto canto).
Leggiamo il quarto.

7
Cfr. Le 1,30-33.
8
«Il Messia non ha più nulla dei tratti regali in senso politico-nazionalistico: l'annuncio
inerme della parola, e non l'esercizio di un potere regale in senso politico, porterà sulla terra il
diritto e la verità di Iahvè ( 4 2 , 1 - 4 ) ; la pazienza e l'umiltà, la mansuetudine, la disposizione a
portare su di sé i peccati del popolo faranno sì che il Servo ottenga prerogative regali ( 4 2 , 1 . 4 ;
49,5s; 5 2 , 1 3 ; 5 3 , 1 2 ) , che la regalità stessa di Dio si stabilisca sulle nazioni» (M. SERENTHÀ,
Gesù Cristo, ieri, oggi e sempre. Saggio di cristologìa, cit., 73). Sul Messia servo sofferente cfr.
G . BOURBONNAIS, Cristo Servo di Jahvè. Saggio di una lettura teologica della Bibbia, Elle Di Ci,
Leumann ( T O ) 1 9 7 0 ; N . FUGLISTER, Fondamenti veterotestamentari della cristologia del Nuovo
Testamento, in: J. F E I N E R - M . LÒHRER (edd.), Mysterium salutis, 5 , cit., 1 9 0 - 2 2 6 ; H. CAZELLES,
Il Messia della Bibbia. Cristologia dell'Antico Testamento, cit.; P. GRELOT, I canti del Servo
del Signore, Edizioni Dehoniane, Bologna 1 9 8 3 ; E. FRANCO, «La morte del Servo sofferente
in Zs 53», in Gesù e la sua morte, Atti della XXVII Settimana Biblica dell'ABI, Paideia, Bre-
scia 1 9 8 4 , 2 1 9 - 2 3 6 ; M. CIMOSA, Messianismo, in: P. ROSSANO-G. RAVASI-A. GHIRLANDA (edd.),
Nuovo Dizionario di Teologìa Bìblica, cit., 9 4 7 - 9 4 9 ; H. SIMIAN-YOFRE, Servo del Signore, in: R .
P E N N A - G . PEREGO-G. RAVASI (edd.), Temi teologici della Bibbia, cit., 1 2 9 6 - 1 3 0 2 .
CAPITOLO IH - TEMPO DI A V V E N T O 53

«Ecco, il mio servo avrà successo,


sarà onorato, esaltato e innalzato grandemente.
Come molti si stupirono di lui
- tanto era sfigurato per essere d'uomo il suo aspetto
e diversa la sua forma da quella dei figli dell'uomo - ,
così si meraviglieranno di lui molte nazioni;
i re davanti a lui si chiuderanno la bocca,
poiché vedranno un fatto mai a essi raccontato
e comprenderanno ciò che mai avevano udito.
Chi avrebbe creduto al nostro annuncio?
A chi sarebbe stato manifestato il braccio del Signore?
È cresciuto come un virgulto davanti a lui
e come una radice in terra arida.
Non ha apparenza né bellezza
per attirare i nostri sguardi,
non splendore per poterci piacere.
Disprezzato e reietto dagli uomini,
uomo dei dolori che ben conosce il patire,
come uno davanti al quale ci si copre la faccia;
era disprezzato e non ne avevamo alcuna stima.
Eppure egli si è caricato delle nostre sofferenze,
si è addossato i nostri dolori;
e noi lo giudicavamo castigato,
percosso da Dio e umiliato.
Egli è stato trafitto per le nostre colpe,
schiacciato per le nostre iniquità.
Il castigo che ci dà salvezza si è abbattuto su di lui;
per le sue piaghe noi siamo stati guariti.
Noi tutti eravamo sperduti come un gregge,
ognuno di noi seguiva la sua strada;
il Signore fece ricadere su di lui
l'iniquità di noi tutti.
Maltrattato, si lasciò umiliare
e non aprì la sua bocca;
era come agnello condotto al macello,
come pecora muta di fronte ai suoi tosatori,
e non aprì la sua bocca.
Con oppressione e ingiusta sentenza fu tolto di mezzo;
chi si affligge per la sua posterità?
Sì, fu eliminato dalla terra dei viventi,
per la colpa del mio popolo fu percosso a morte.
Gli si diede sepoltura con gli empi,
con il ricco fu il suo tumulo,
sebbene non avesse commesso violenza
né vi fosse inganno nella sua bocca.
rAPi-rni n III - T E M P O DI A V V E N T O

Ma al Signore è piaciuto prostrarlo con dolori.


Quando offrirà se stesso in sacrificio di riparazione,
vedrà una discendenza, vivrà a lungo,
si compirà per mezzo suo la volontà del Signore.
Dopo il suo intimo tormento vedrà la luce
e si sazierà della sua conoscenza;
il giusto mio servo giustificherà molti,
egli si addosserà le loro iniquità.
Perciò io gli darò in premio le moltitudini,
dei potenti egli farà bottino,
perché ha spogliato se stesso fino alla morte
ed è stato annoverato fra gli empi,
mentre egli portava il peccato di molti
e intercedeva per i colpevoli» (Is 52,13-53,12).

Dio annuncia che il servo sarà esaltato, anche se le sue sofferenze provoca-
no stupore e scandalo (vv. 13-15). La comunità prende atto dell'aspetto umile
e misero del servo (v. 2); descrive la sua condizione di sofferenza e di abban-
dono (vv. 2-3); riconosce che il servo si è addossato il peccato degli altri (vv.
4-5); proclama che il servo è innocente (vv. 4-8); scruta i suoi atteggiamenti
davanti al dolore (v. 7); confessa che la sua sofferenza è causa di salvezza (v.
5); annuncia infine l'intervento liberatore di Dio (vv. 10-12). Chi è il servo?
Alcuni pensano che sia il popolo di Israele (Is 49,3) o una parte di Israele
(41,8; 42,19; 44,1; 45,5). Altri pensano che sia un personaggio storico come
Mosè, Isaia, Geremia. Ozia, Giosia, Zorobabele, Ciro 9 .

3. Il messia sacerdote

Nella storia, nella vita e nella riflessione di Israele c'è anche la figura del
messia sacerdote 10 . Per capire la sua natura e le sue funzioni può essere utile

9
«Il servo di questi canti è una persona cui è stata affidata una missione profetica univer-
sale... Tutto quel che è detto in essi trascende i limiti della biografia e delle possibilità della
storia e del presente. L'immagine del servo di Dio, della sua missione riguardo a Israele e al
mondo e della sua sofferenza espiatrice ha valore di profezia. Rientra, perciò, in tutto quello
che il Deuteroisaia predice, nel novero di quei miracoli estremi che Jahvé ha riservato a sé»
(G . VON RAD, Teologìa dell'Antico Testamento, 2. Teologia delle tradizioni storiche d'Israele,
Paideia, Brescia 1972, 304).
10
Cfr. Cfr. N. FUGLISTER, Fondamenti veterotestamentari della cristologia del Nuovo Te-
stamento, in: J. F E I N E R - M . LÒHRER (edd.), Mysterium salutis, 5, cit., 175-190; A. V A N H O Y E , Sa-
cerdozio, in: P . R O S S A N O - G . R A V A S I - A . GHIRLANDA (edd.), NUOVO Dizionario di Teologìa Biblica,
cit., 1387-1398.
CAPITOLO IH - TEMPO DI A V V E N T O 53

tracciare a grandi linee la storia del sacerdozio veterotestamentario 11 ed accen-


nare alle feste principali e ad alcuni tipi di sacrificio.

a) Il sacerdozio veterotestamentario

Al tempo dei patriarchi e di Mosè i sacerdoti svolgono la loro attività pres-


so i santuari costruiti nei luoghi in cui si era manifestato il Signore (Gn 12,7-8;
26,24-25). Hanno il compito di comunicare gli oracoli (Gdc 18,5-6), di inse-
gnare e di servire all'altare (Dt 33,8-10).
Al tempo della monarchia i re svolgono attività regali e sacerdotali. Così
Davide (2Sam 6,12-23; 24,18-25). Così Salomone (IRe 3,4.15; 8,1-66). Di
solito, però, delegano alcuni sacerdoti che in suo nome e per suo incarico
esercitano il culto. Il vero sacerdote di Israele è il re davidico, anche se il titolo
di sacerdote gli viene riferito solo una volta: «Il Signore ha giurato e non si
pente: "Tu sei sacerdote per sempre - al modo di Melchisedek"» (Sai 110,4).
Il re da una parte è il rappresentante di Dio in mezzo al popolo, dall'altra offre
sacrifici ed intercede in favore del popolo. Si può dire che svolge un ruolo
di mediazione tra Dio e il popolo come re e come sacerdote. I due ruoli sono
svolti dalla stessa persona.
Dopo l'esilio, con la scomparsa della monarchia, il monte Sion e il tempio
diventano il centro dal quale dipende la salvezza, perché luogo della presenza
di Dio. Il sacerdozio acquista così una importanza destinata a crescere sempre
più nel corso dei secoli fino a diventare la vera autorità di Israele.
Verso il 573, Ezechiele, nei cc. 40-48 del suo libro, parla di un tempio esca-
tologico, dimora della gloria di Dio e luogo nel quale il principe e i sacerdoti
servono il Signore. Egli afferma di trovarsi in visione nella terra di Israele su
un monte altissimo sul quale sorge una città; descrive il nuovo tempio con
il suo muro esterno, le sue porte, i suoi cortili e le sue suppellettili (cc. 40-
41). Contempla l'arrivo della gloria del Signore, segno che il Signore abita
in mezzo ai suoi e con la sua presenza esclude tutte le abominazioni (c. 43).
Presenta la figura e le mansioni del principe, di colui cioè che deve essere
considerato come il responsabile del culto sacrificale e deve provvedere alle
offerte sacrificate per lui e per il popolo (cc. 44-46). Vede uscire sotto la soglia
del tempio un'acqua che diventa fiume e sulla sponda del fiume «una gran-
dissima quantità di alberi da una parte e dall'altra» (47,7). Il fiume risana e
dà la vita: segno che nella terra nuova del popolo nuovo stanno per ripetersi i

11
Sul sacerdozio veterotestamentario cfr. F. SERAFINI Sacerdozio, in: R. P E N N A - G . PEREGO-
G . RAVASI (edd.), Temi teologici della Bibbia, cit., 1 2 0 0 - 1 2 0 3 .
miracoli dell'esodo (c. 47). Delimita la terra del nuovo popolo e la distribui-
sce fra le tribù; sceglie il luogo nel quale dovrà sorgere il nuovo santuario ed
indica il nome della città: «La città si chiamerà da quel giorno in poi: "Là è il
Signore"» (48,35).
Ezechiele, in un periodo di sofferenza per il popolo di Israele, proclama la
santità di Dio, la sua presenza, l'arrivo di un'era nuova che ha il suo centro
sul monte Sion e nel tempio dove il principe e i sacerdoti saranno al servizio
del Signore. Ezechiele vede una nuova città, un nuovo tempio, una nuova
liturgia, un fiume d'acqua che rinnova e la possibilità per tutti di accedere al
Signore 12 .

b) Le feste
Nel contesto della riflessione sul sacerdozio veterotestamentario e sulla
figura del Messia sacerdote può essere utile accennare ad alcune feste 13 .

«Pasqua era una delle feste annuali più importanti e veniva celebrata la vigilia
del 14 di Nisan. Quella sera ogni famiglia sacrificava un agnello per ricorda-
re il sacrificio offerto quando Dio aveva liberato gli israeliti dall'Egitto. In
quell'occasione Dio "era passato oltre" (= Pasqua) le case israelitiche, che
avevano gli stipiti della porta e l'architrave segnati col sangue dell'agnello,
e aveva risparmiato la vita dei primogeniti degli Ebrei. La celebrazione, ori-
ginariamente pastorale e nomadica (evocava la partenza alla ricerca di nuovi
pascoli), si trasformò in festa-memoria della libertà. Durante la cena pasquale
e tutta la settimana seguente si mangiava pane fatto in fretta e non lievitato
(pane azzimo) per ricordare i frettolosi preparativi compiuti quando il faraone
aveva finalmente concesso agli Israeliti di lasciare l'Egitto (Es 12; 34,25; Lv
23,5-14; Nm 28,16-25; Dt 16,1-8; Gs 5,10-12)»14.

La festa delle Settimane (Pentecoste)


«si celebrava cinquanta giorni (o sette settimane più un giorno) dopo la Pa-
squa; più tardi le fu dato il nome di Pentecoste, dal termine greco che signi-
fica "cinquantesimo (giorno)". Alla fine della mietitura del grano il sacerdote
offriva due pani, fatti di farina nuova, insieme a sacrifici di animali. Era una

12
Cfr. N . FÜGLISTER, Fondamenti veterotestamentari della cristologia del Nuovo Testa-
mento, in: J. F E I N E R - M . LÖHRER (edd.), Mysterium salutis, 5, cit., 175-190. L . M O R A L D I , Eze-
chiele, in: P . R O S S A N O - G . RAVASI-A. GHIRLANDA (edd.), Nuovo Dizionario di Teologia Biblica,
cit., 530-535.
13
Cfr. A . SACCHI, Cibo, in: Ibidem, 273; B. MAGGIONI, Liturgia e culto, in: Ibidem, 839-
841.
14
La Bibbia. Via verità e vita, San Paolo, Cinisello Balsamo (Milano) 2009, 2657-2658.
; CAPITOLO III - T E M P O DI A V V E N T O

festa caratterizzata da grande gioia e gratitudine per i doni concessi da Dio con
la mietitura. Siccome gli Azzimi celebravano l'inizio della mietitura, la festa
delle Settimane si può anche considerare la festa che concludeva il periodo
di gioia e celebrazioni iniziato con la Pasqua-Azzimi. Secondo la cronologia
biblica, la manifestazione di Dio al Sinai avvenne il terzo mese (Es 19,1),
quello cioè in cui si celebrava la festa delle Settimane. Per questa ragione si
cominciò a collegare la festa al dono della Legge a Mosè, dandole un significa-
to storico-religioso, che probabilmente è presupposto dal racconto della prima
Pentecoste cristiana nel Nuovo Testamento (£5 23,16; 34,22; Lv 23,15-21 ; Nm
28,26-31; Dt 16,9-12)»15.

La festa del Raccolto o delle Capanne (Tabernacoli, Tende)

«era la festa più popolare e allegra di tutte, ed era celebrata in autunno al termi-
ne del raccolto e della vendemmia. Le celebrazioni includevano un campeggio
all'aperto in giardini o sui tetti, in capanne fatte con rami d'albero. L'origine di
tale uso è probabilmente legato al carattere agricolo della festa, ma alcuni passi
biblici lo interpretano come un ricordo del tempo in cui Israele era vissuto sot-
to le tende nel deserto (Es 34,22; Lv 23,33-43; Nm 29,12-38; Dt 16,13-16)»16.

La festa del Giorno dell'espiazione o del perdono si celebrava il decimo


giorno del settimo mese.

«Tutta la comunità d'Israele confessava il proprio peccato e chiedeva a Dio il


perdono e la purificazione. Il sommo sacerdote, vestito di lini bianchi, offriva
prima un sacrificio per il proprio peccato e per quelli dei sacerdoti, poi un
secondo per il peccato del popolo. Questo era l'unico giorno dell'anno in cui
egli entrava nel santo dei Santi, cioè nella parte più interna e sacra del tempio.
Là aspergeva parte del sangue offerto in sacrificio. Quindi, prendeva un capro,
noto col nome di capro espiatorio, e, dopo aver posato la mano sul suo capo, lo
cacciava nel deserto come segno che i peccati del popolo erano stati cancellati
(cf Lv 16; 23,26-32)»17.

c) I sacrifici

Diversi i tipi di sacrificio 18 . Ne ricordiamo alcuni.


Il sacrificio di alleanza (Es 24,3-11): tende a stabilire un "vincolo di san-
gue", un patto di amicizia e di fedeltà tra Dio e il suo popolo. In forza del

15
Ibidem, 2658.
16
Ibidem, 2658-2659.
17
Ibidem, 2658.
18
Sul sacrificio nell'Antico Testamento cfr. P . GARUTI, Sacrificio, in: R . P E N N A - G . PEREGO-
G. RAVASI (edd.), Temi teologici della Bibbia, cit., 1207-1212.
CAPITOLO.IibJ^J^iyA^I^

patto, Dio è il Dio di Israele ed Israele è il popolo di Dio: «Stabilirò la mia


dimora in mezzo a voi e non vi respingerò. Camminerò in mezzo a voi, sarò
vostro Dio e voi sarete mio popolo» (Lv 26,11-12).
«Il sangue è versato, come di consueto, attorno all'altare; le parti grasse della
vittima vengono bruciate come parte spettante a Dio (cf. ISam 2,16). Alcune
parti sono riservate al sacerdote (Lv 7,28-36; 10,14-15). L'offerente e la sua
famiglia, infine, mangiano il resto con sentimenti di gratitudine e di amicizia
verso Dio. Il simbolismo di questo convito sacrificale è la partecipazione agli
stessi beni, come avviene nei rapporti di ospitalità: il Signore ha ricevuto e
gradito una parte della vittima; i partecipanti, banchettando presso il luogo
sacro col rimanente dell'offerta, si considerano i convitati di Dio, assisi simbo-
licamente alla stessa mensa»19.

«Il sangue delle vittime viene diviso in due parti: una metà viene versata
sull'altare, cioè attribuita a Dio; l'altra viene spruzzata sulle steli e sul popolo.
È dunque lo stesso sangue che lega i due contraenti: Dio accoglie Israele nella
sua amicizia, rappresentata come una parentela di sangue. Così viene stipulata
l'alleanza»20.

Il sacrificio di espiazione (Lv 16,11-33): tende alla purificazione dai pec-


cati e alla riabilitazione a rendere culto a Dio. Particolare attenzione meritano
i riti della festa annuale dell'espiazione. Riti che

«volevano riparare i peccati per i quali, durante l'anno, non era stato offerto
alcun sacrificio, e le colpe gravi rimaste impunite nella comunità. Queste colpe
non espiate, oltre che costituire una minaccia costante sul capo dei colpevoli,
erano ritenute una continua causa di profanazione della terra santa, della comu-
nità consacrata a Dio e dello stesso santuario, che era solidale con la comunità.
I riti del giorno dell'espiazione dovevano togliere questa profanazione e questa
minaccia sul popolo colpevole. Le vittime non venivano consumate: al posto
del convito sacrificale vi erano digiuno e penitenza, poiché non vi può essere
perdono dei peccati senza pentimento»21.

19
R . TUFARIELLO-G. BARBAGLIO, Sacrificio, in: G . BARBAGLIO (ed.), Schede Bibliche pa-
storali, voi. 7, Edizioni Dehoniane, Bologna 1 9 8 6 , 3 4 2 2 - 3 4 2 3 . Cfr. A . BONORA, Alleanza, in:
R R O S S A N O - G . RAVASI-A. GHIRLANDA (edd.), Nuovo Dizionario di Teologia Biblica, cit., 2 2 - 2 9 ;
A . W É N I N , Alleanza, in: R . P E N N A - G . P E R E G O - G . RAVASI (edd.), Temi teologici della Bibbia, cit.,
23-31.
20
R. TUFARIELLO-G. BARBAGLIO, Sacrificio, in: G . BARBAGLIO (ed.), Schede Bibliche pasto-
rali, voi. 7, cit.,3423-3424.
21
Ibidem, 3 4 2 5 . Cfr. L . MORALDI, Levitico, in: P . R O S S A N O - G . RAVASI-A. GHIRLANDA (edd.),
Nuovo Dizionario dì Teologia Biblica, cit., 8 1 8 - 8 2 3 ; G . PULCINELLI, Espiazione, in: R . P E N N A - G .
P E R E G O - G . RAVASI (edd.), Temi teologici della Bibbia, cit., 4 4 5 - 4 4 9 .
CAPITOLO IH - T E M P O DI A V V E N T O 53

L'olocausto consiste nella «combustione totale della vittima: nulla ne è


attribuito all'offerente o al sacerdote (Gn 8,20; Gdc 6,9-16; 11,31; 13,15-16;
ISam 6,15; 7,9; Lv l)» 22 .

«Si richiede una vittima di sesso maschile, perché nel maschio si vedeva il
rappresentante della forza e della bellezza. Doveva essere un maschio perfetto
(senza difetti), qualità che comportava anche un bell'aspetto e che è messa
in risalto per ogni sacrificio di animali, mentre negli altri sacrifici e offerte la
perfezione richiesta è la totalità dell'offerta nel senso di libera da compromessi
e riserve (cf Gn 17,1; Gb 12,4; Sai 37,18)»23.

Significa «la volontà dell'offerente di trasferire la propria offerta nel mon-


do invisibile del divino, di donarla pienamente e totalmente... a Dio, facendo-
la salire in fumo verso il cielo» 24 .

Qualunque sia il tipo del sacrificio (alleanza, espiazione, olocausto)

«una cosa che deve essere chiaramente sottolineata, pena il travisamento di ele-
menti centrali di tutta la rivelazione biblica, è che il senso fondamentale del sa-
crificio, nelle sue diverse espressioni, non è quello di un rito magico diretto a far
cambiare idea a Dio, ma quello di esprimere esteriormente la volontà di entrare e di
stare in comunione con lui, ringraziandolo, chiedendogli perdono, lodandolo»25.

4. Il messia celeste

C ' è infine l'attesa di un messia celeste. Messia che non viene dalla terra
come il re, il servo sofferente e il sacerdote, ma dal cielo. Ha caratteristiche
straordinarie e svolge un ruolo di primo piano nell'opera della salvezza. Isra-
ele aspetta un intervento dall'alto, capace di cambiare un presente segnato da
contraddizioni e di preparare un futuro migliore. Esprime la sua fede e la sua
speranza riflettendo in modo particolare su tre realtà: l'angelo del Signore, la
Sapienza e il Figlio dell'uomo.

22
R . TUFARIELLO-G. BARBAGLIO, Sacrificio, in: G . BARBAGLIO (ed.), Schede Bibliche pasto-
rali, vo\. 7 ,cit„ 3421.
23
L . M O R A L D I , Levitico, in: P . R O S S A N O - G . R A V A S I - A . GHIRLANDA (edd.), Nuovo Dizionario
di Teologia Biblica, cit., 819.
24
M. SERENTHÀ, Gesù Cristo. Ieri oggi e sempre. Saggio di cristologia, cit., 355. Sul culto
veterotestamentario cfr. R . D E Z A N , Culto, in: R . P E N N A - G . P E R E G O - G . RAVASI (edd.), Temi teo-
logici della Bibbia, cit., 268-275.
25
M . SERENTHÀ, Gesù Cristo. Ieri oggi e sempre. Saggio di cristologia, cit., 3 5 5 .
; CAPITOLO III - T E M P O DI A V V E N T O

a) L'angelo del Signore

Ci sono testi nei quali l'angelo del Signore si identifica in pratica con Dio
stesso {Gn 16,9.13; 22,15-18; 31,11-13; 48,15-16; Es 3,2-6; Nm 22,22-35). Ci
sono testi nei quali si distingue dal Signore ed appare come suo intermediario.
Protegge, ad esempio, Israele che esce dall'Egitto (Es 14,19) e lo guida nel
cammino verso la terra promessa (Es 23,20-21). Appare a Gedeone per comu-
nicargli la missione di liberare le tribù oppresse (Gdc 6,11-24) e alla madre di
Sansone per annunciarle la nascita del figlio (Gdc 3,1-7). Salva Gerusalemme
dall'assedio di Sennacherib (2Re 19,35-36). Intercede in favore di Gerusalem-
me e delle città di Giuda (Zc 1,12). Si oppone alle trame di satana che vuole
accusare il sommo sacerdote Giosuè (Zc 3,2).
Dopo l'esilio, l'angelo del Signore diventa oggetto di attesa messianica.
Malachia verso il 470 scrive:

«Ecco, io manderò un mio messaggero a preparare la via davanti a me e subito


entrerà nel suo tempio il Signore che voi cercate; e l'angelo dell'alleanza, che
voi sospirate, eccolo venire, dice il Signore degli eserciti. Chi sopporterà il
giorno della sua venuta? Chi resisterà al suo apparire? Egli è come il fuoco del
fonditore e come la lisciva dei lavandai» (MI 3,1-2).

Un passo aggiunto posteriormente al libro di Malachia vede nel messagge-


ro Elia (MI 3,23). La tradizione cristiana vede in Giovanni Battista il compi-
mento della promessa (Mt 11,7.9-10) 26 .

b) La sapienza

La Sapienza, presentata come persona, può essere considerata segno e stru-


mento della presenza di Dio che agisce e salva 27 .
Ci sono testi nei quali le vengono attribuiti titoli regali. Come il re, anche
la Sapienza è "generata" da Dio (Pr 8,24-25). Come il re, anche la Sapienza
viene "costituita" e cioè unta (Pr 8,23). Come il re, anche la Sapienza ha i doni
dello Spirito (Pr 8,14).
Ci sono testi nei quali le viene attribuito il compito del profeta.

26
Cfr. A . AMATO, Gesù il Signore. Saggio di cristologia, Edizioni Dehoniane, Bologna
2008,137-138.
27
Cfr. G . RAVASI, Sapienza (Libro), in: R R O S S A N O - G . RAVASI-A. GHIRLANDA (edd.), Nuo-
vo Dizionario dì Teologia Bìblica, cit., 1427-1447; M. GILBERT, Sapienza (Libro), in: Ibidem,
1437-1440.
; CAPITOLO III - TEMPO DI AVVENTO

Come il profeta,

«La sapienza grida per le strade,


nelle piazze fa udire la voce;
nei clamori della città essa chiama,
pronuncia i suoi detti alle porte della città» (Pr 1,20-21).

Come il profeta, chiama alla conversione ma non viene ascoltata (Pr 1,23-
25). A differenza del profeta, però, annuncia un messaggio proprio (Pr 1,26-
27) e garantisce la salvezza (Pr 1,32).
Ci sono testi che le attribuiscono un ruolo sacerdotale:

«La sapienza si è costruita la sua casa,


ha intagliato le sue sette colonne.
Ha ucciso il suo bestiame, ha preparato il suo vino
e ha imbandito la sua tavola.
Ha mandato le sue ancelle a proclamare
sui punti più alti della città:
"Chi è inesperto venga qui!".
A chi è privo di senno ella dice:
"Venite, mangiate il mio pane,
bevete il vino che io ho preparato.
Abbandonate l'inesperienza e vivrete,
andate diritti per la via dell'intelligenza"» (Pr 9,1-6).

Il banchetto che la Sapienza prepara e al quale invita gli uomini ricorda il


banchetto escatologico del quale parla Isaia:

«Preparerà il Signore degli eserciti


per tutti i popoli, su questo monte,
un banchetto di grasse vivande,
un banchetto di vini eccellenti,
di cibi succulenti, di vini raffinati» (Is 25,6).

Ci sono testi infine nei quali la Sapienza svolge un ruolo di mediazione


nell'opera della creazione: «Il Signore ha fondato la terra con sapienza, - ha
consolidato i cieli con intelligenza» (Pr 3,19). «Io sono uscita dalla bocca
dell'Altissimo - e ho ricoperto come nube la terra» (Sir 24,3). Se la Sapienza
svolge un ruolo di mediazione nell'opera della creazione, vuol dire che essa
esiste prima di ogni altra esistenza creata.
È la Sapienza stessa a rivelare la sua origine:
; CAPITOLO III - TEMPO DI AVVENTO

«Il Signore mi ha creato come inizio della sua attività,


prima di ogni sua opera, all'origine.
Dall'eternità sono stata formata,
fin dal principio, dagli inizi della terra.
Quando non esistevano gli abissi, io fui generata,
quando ancora non vi erano le sorgenti cariche d'acqua;
prima che fossero fissate le basi dei monti,
prima delle colline, io fui generata,
quando ancora non aveva fatto la terra e i campi
né le prime zolle del mondo.
Quando egli fissava i cieli, io ero là;
quando tracciava un cerchio sull'abisso,
quando condensava le nubi in alto,
quando fissava le sorgenti dell'abisso,
quando stabiliva al mare i suoi limiti,
così che le acque non ne oltrepassassero i confini,
quando disponeva le fondamenta della terra,
io ero con lui come artefice
ed ero la sua delizia ogni giorno:
giocavo davanti a lui in ogni istante,
giocavo sul globo terrestre,
ponendo le mie delizie tra i figli dell'uomo» (Pr 8,22-31)28.

c) Il Figlio dell'uomo

Quando nel II secolo a.C. scoppia la rivolta dei Maccabei contro Antioco
IV Epifane che vuole "ellenizzare" la vita e la religione degli ebrei e fa in-
nalzare «sull'altare l'abominio della desolazione» ( I M a c 1,54) si leva alta la
voce di Daniele per consolare e sostenere i suoi connazionali nel momento
della prova. Convinto che Dio è il Signore che guida la storia e che tutti gli
avvenimenti sopraggiunti dopo l'esilio entrano nel piano di Dio, Daniele sup-
pone di essere vissuto nel passato e immagina di contemplare l'avvenire del
quale in realtà egli è contemporaneo. Con un linguaggio cifrato, ermetico, in-
tessuto di simboli e di immagini fantastiche, Daniele annuncia che Dio salverà
il suo popolo, accogliendo nel suo seno i "santi dell'Altissimo". In una delle
sue visioni, Daniele vede «uno simile a un figlio d'uomo» 2 9 .

28
Gesù fa capire di essere lui la Sapienza: «Nel giorno del giudizio, la regina del Sud si
alzerà contro questa generazione e la condannerà, perché ella venne dagli estremi confini della
terra per ascoltare la sapienza di Salomone. Ed ecco, qui vi è uno più grande di Salomone» (Le
12,42).
29
Cfr. N. FUGLISTER, Fondamenti veterotestamentari della cristologia del Nuovo Testa-
mento, in: J. F E I N E R - M . LÒHRER (edd.), Mysterium salutis, 5, cit., 226-248. M . CIMOSA, Messia-
CAPITOLO IH - T E M P O DI A V V E N T O 53

«Guardando ancora nelle visioni notturne,


ecco venire con le nubi del cielo
uno simile a un figlio d'uomo;
giunse fino al vegliardo e fu presentato a lui.
Gli furono dati potere, gloria e regno;
tutti i popoli, nazioni e lingue lo servivano:
il suo potere è un potere eterno,
che non finirà mai,
e il suo regno non sarà mai distrutto» (Dn 7,13-14)30.

Il messia regale, il messia sofferente e il messia sacerdotale vengono dalla


terra. L'uno simile a un figlio d'uomo viene dal cielo. Ottiene l'investitura e
riceve «un potere eterno, che non finirà mai». Sul piano linguistico, l'espres-
sione "figlio d'uomo" significa "uomo". Su quello simbolico indica una figura
rappresentativa che si oppone alle bestie emergenti dal caos marino 31 .

3. C O N I P A D R I D E L L A C H I E S A

1. La Scrittura parla di Gesù

«Bisogna ascoltare attentamente quanto si legge nelle Sacre Scritture a nostra


istruzione e salvezza... Avete sentito poco fa come i due discepoli che il Signo-
re incontrò sulla strada non riuscivano a riconoscerlo. Egli li sorprese sfiduciati
riguardo a quella redenzione che era nel Cristo, persuasi invece che il Cristo
aveva sofferto ed era morto come uomo, non credendo essi che, come Figlio
di Dio, egli sempre vive... Rivelò ad essi il senso nascosto delle Scritture e
mostrò che il Cristo doveva soffrire, e che le cose predette su di lui nella Legge

nismo, in: P . R O S S A N O - G . RAVASI-A. GHIRLANDA (edd.), Nuovo Dizionario di Teologia Biblica,


cit., 9 4 9 - 9 5 1 ; B . MARCONCINI,£>ARA'E/E, in: R . P E N N A - G . P E R E G O - G . RAVASI (edd.), Temi teologici
della Bibbia, cit., 2 9 5 - 3 0 0 .
30
«È indubbio che il figlio dell'uomo di Dan 7,13 è inteso innanzitutto come una figura
messianica in senso lato. Il problema dell'origine di questa immagine non è stato ancora chiari-
to. Di sicuro, comunque, possiamo dire che la visione parla di un essere individuale che provie-
ne dal mondo celeste e che Dio autorizza ad assumere "potere, onore e regno" su tutti i popoli
della terra... Questa visione onirica presenta un contenuto molto più ampio di qualunque altra
visione profetica giacché essa abbraccia il lungo arco degli eventi che vanno dalla creazione del
mondo alla venuta del regno di Dio» (G. VON RAD, Teologia dell'Antico Testamento, 2. Teologia
delle tradizioni storiche d'Israele, cit., 378).
31
L'espressione Figlio dell'uomo è frequente nei vangeli e la usa Gesù per parlare di
se stesso. Cfr., ad esempio, Mt 8,20; 9,6; 10,23; 11,19; 12,8.32.40; 13,37.41; 16,13.27-28;
17,9.12.22; 19,28; 20,18.28; 24,27.30.37.39.44; 25,31; 26,2.24.45.64.
64 CAPITOLO I H ^ M P O W A V V E N T O

di Mosè, nei Profeti e nei Salmi dovevano avverarsi. Nessuno dei testi delle an-
tiche Scritture parla di Cristo; purché ci siano orecchi ad ascoltare. Egli allora
svelò il senso delle Scritture, così che quei discepoli le comprendessero. Dob-
biamo anche noi pregare perché ci riveli lui stesso il senso delle Scritture»32.

2. Gesù interpreta l'Antico Testamento

«In questo discorso il Signore mostra che la Legge era necessaria per prepa-
rare la strada e che il compito dei profeti era necessario per disporre il popolo
alla fede in questa azione meravigliosa, così che, quando ebbe davvero luogo
la risurrezione, coloro che erano turbati dinanzi alla sua grandezza poterono
ricordarsi dell'antica predizione ed essere indotti a credere. Egli porta quali
testimoni, perciò, Mosè e i profeti, interpretando il loro significato nascosto e
rendendo chiaro ai degni ciò che agli indegni era oscuro. In questo modo fissa
in loro l'antica fede che avevano ereditato, insegnata loro dai sacri libri
che possedevano. E infatti niente di quanto viene da Dio è privo di una sua
utilità, ma ogni singola cosa ha un proprio posto e un uso suo proprio. I servi
erano stati mandati al loro posto per preparare tutto per la venuta del Maestro.
Essi hanno portato in anticipo la profezia quale necessario preparativo per
la fede, così che, come un tesoro regale, al momento opportuno ciò che era
stato preannunciato fosse portato fuori dall'occultamento della sua precedente
oscurità, svelato e reso evidente dalla chiarezza dell'interpretazione»33.

3. Cristo apre le Scritture

«Egli allora cominciò a spiegar loro le Scritture, in modo che imparassero a


riconoscere Cristo proprio dal punto dove si erano allontanati da Cristo. Ave-
vano perso la speranza in Cristo perché lo avevano visto morto. Egli al con-
trario spiega loro le Scritture argomentando in modo che si persuadessero che,
se non fosse morto, non sarebbe potuto essere Cristo. Da Mosè, dalle Scritture
successive e dai profeti trasse l'insegnamento di quel che aveva loro detto, che
era necessario che il Cristo morisse e così entrasse nella sua gloria. Udendo
godevano e sospiravano: e, come essi stessi confessano, ardevano; ma non
riconoscevano la luce lì presente»34.

32
AGOSTINO D'IPPONA, Commento alla Prima Lettera di san Giovanni, Omelia 2,1, in: A.A.
JUST, Luca. La Bibbia commentata dai padri. Nuovo Testamento, cit., 533.
33
CIRILLO DI ALESSANDRIA, Commento a Luca, in: Ibidem.
34
AGOSTINO D'IPPONA, Discorso 236, 2, in: Ibidem.
Parte terza
II mistero di Cristo
nella pienezza del tempo
CAPITOLO QUARTO

TEMPO DI NATALE
Il tempo del compimento, della contemplazione
e della gioia

«Ma quando venne la pienezza del tempo,


Dio mandò il suo Figlio, nato da donna, nato sotto la Legge,
per riscattare quelli che erano sotto la Legge,
perché ricevessimo l'adozione a figli»
(Gal 4,4-5).

«In principio era il Verbo,


e il Verbo era presso Dio
e il Verbo era Dio.
Egli era, in principio, presso Dio:
tutto è stato fatto per mezzo di lui
e senza di lui nulla è stato fatto di ciò che esiste...
E il Verbo si fece carne
e venne ad abitare in mezzo a noi;
e noi abbiamo contemplato la sua gloria,
gloria come del Figlio unigenito
che viene dal Padre,
pieno di grazia e di verità»
(Gv 1,1-3.14).

«Nel mistero adorabile del Natale, egli, Verbo invisibile,


apparve visibilmente nella nostra carne, per assumere in sé
tutto il creato e sollevarlo dalla sua caduta.
Generato prima dei secoli, cominciò ad esistere nel tempo, per
reintegrare l'universo nel tuo disegno, o Padre,
e ricondurre a te l'umanità dispersa»1.

1
GEI, Messale romano, prefazio di Natale 2, cit.
il Cristo che la Chiesa professa, celebra e vive è il Verbo, il Figlio unige-
nito di Dio, che nella pienezza del tempo si fa uomo per rivelare il mistero
della Trinità e dare agli uomini, segnati dal peccato, il "potere di diventa-
re figli di Dio" (Gv 1,12). L'Emmanuele, il Dio con noi, Gesù, colui che
salva. Compimento delle promesse fatte da Dio nel corso dei secoli al po-
polo dcll'antica alleanza, quella del Sinai (Es 19-24). Rivelazione gioiosa
dell'amore fedele e misericordioso di Dio. La nascita e l'infanzia di Gesù
sono raccontate dal vangelo secondo Matteo (1-2) e dal vangelo secondo
Luca (1-2). Sono i cosiddetti "vangeli dell'infanzia". Vangeli che introdu-
ciamo con la contemplazione e la lettura del mosaico La Natività di Jacopo
Torriti (XIII sec., Basilica di S. Maria Maggiore, Roma).
CAPITOLO I V - T E M P O DI NATALE 69

1. LETTURA DEL MOSAICO LA NATIVITÀ DI J. TORRITI

Il mosaico può essere diviso sostanzialmente in tre parti. In basso, in primo


piano, Giuseppe, i pastori e le pecore. Al centro, Maria, Gesù, il bue e l'asino.
In alto, angeli a sinistra e a destra. Una montagna spaccata e luminosa racchiu-
de l'evento della nascita di Gesù e una stella scende sulla grotta.

Giuseppe

«ha il volto di un anziano... E avvolto in un manto color rosso e ha il capo


circondato da un'aureola dorata: sono elementi che ne indicano la dignità.
Ha la testa volta all'indietro: guarda verso il "mistero" e il suo sguardo è
pensoso. Si nota ancora un altro particolare interessante: ha la mano sinistra
in prossimità dell'orecchio, è il gesto dell'ascolto. Tutti questi elementi sono
una modalità per suggerire visivamente e in maniera sintetica quanto S. Giu-
seppe ha vissuto: il tormento interiore del dubbio, il suo aprirsi all'ascolto
del messaggio dell'angelo, la sua risposta nella fede alle parole dell'angelo,
la sua partecipazione al mistero del concepimento e della nascita di Gesù (cf
Mt l,18-24)» 2 .

I pastori si stagliano nell'oro-luce del mosaico e guardano verso l'alto.


Incrociano gli occhi dell'angelo, ascoltano le sue parole, ricevono la bella
notizia che a Betlemme è nato il Salvatore. Gioia e stupore. Accoglienza e
cammino.

Maria

«è disposta in leggera diagonale ascendente verso destra... È adagiata per terra


su un drappo a strisce ricamate... E completamente avvolta nel maphorìon
(ampio mantello) color porpora viola bordato d'oro che lascia intravedere la
veste rossa. Solo il volto e la mano destra con cui sorregge il Bambino in un
gesto che è quasi quello della presentazione alle genti, sono scoperti. Dietro la
sua testa c'è una grande aureola d'oro. Sulle spalle e sulla testa si vedono tre
stelle»3.

Gesù ha il volto di bambino-adulto; il suo capo è circondato da un nimbo


dorato cruciforme; è avvolto in fasce bianche quasi fosse un morto; giace in

2
M . F . TRICARICO, La natività, in: M . L . M A Z Z A R E L L O - M . F . TRICARICO, Il mistero dell'Incar-
nazione. Orientamenti per l'azione didattica, cit., 31.
3
Ibidem, 30.
ÇAPITOLOJV-TEMJ^PINMATG.

una mangiatoia che ha la forma di una cassa rettangolare 4 . Dietro di lui c'è la
grotta. E la grotta richiama «la caverna che si trova nelle Icone della Crocifis-
sione o in quelle della Risurrezione» 5 .

Il bue e l'asino, che guardano Gesù, alludono all'atteggiamento di Israele


nei confronti di Dio: «Il bue conosce il proprietario e l'asino la greppia del
padrone, ma Israele non conosce e il mio popolo non comprende» (Is 1,3).
Nella metafora dell'asino (figura dei pagani) e del bue (il popolo della legge
ebraica) S. Ambrogio indica l'umanità che Cristo è venuto a salvare 6 .

Straordinari i colori delle vesti degli angeli, significativo il movimento del-


le ali, rivelatrici le aureole che circondano la loro testa.

«L'angelo situato a destra è inchinato, e la mano destra è atteggiata nel gesto


locutorio dell'annuncio espresso anche nel cartiglio che sorregge con la mano
sinistra. Nell'insieme, la sua postura è dinamica: è l'angelo messaggero che si
rivolge ai pastori»7.

La scena della Natività

«è situata al centro di una montagna luminosa: il monte Sion dove Dio ha preso
dimora (cf Sai 74,2). Il profeta Isaia dice: "Il monte del tempio del Signore
sarà eretto sulle cime dei monti e sarà più alto dei colli; ad esso affluiranno
tutte le genti. Verranno molti popoli e diranno: Venite, saliamo sul monte del
Signore, al tempio del Dio di Giacobbe, perché ci indichi le sue vie e possiamo
camminare per i suoi sentieri. Poiché da Sion uscirà la legge e da Gerusalemme
la parola del Signore" (Is 2,2-3)»s.

4
S. Ambrogio afferma: «La Scrittura quando parla della nascita del Cristo dice: "Lo avvol-
se in fasce" (Le 2,7)... Quando la madre diede alla luce il salvatore egli fu offerto in sacrificio»
(AMBROGIO DI M I L A N O , Lettere adEpìtteto 5-9: PG 26,1058). Romano il Melode scrive: «Sono
avvolto in fasce a causa di coloro che un tempo hanno rivestito tuniche di pelle, e una caverna
è il luogo delle mie delizie, a causa di coloro che hanno detestato le gioie del paradiso, e che
hanno amato la corruzione. Ed essi hanno infranto il mio comandamento di vita; io sono sceso
sulla terra perché essi abbiano la vita. Ma se tu vuoi sapere anche l'altra azione che devo
compiere per loro, tu, piena di grazia condividerai il turbamento di tutti gli elementi» (Hymnes
II. Nouveau Testament [IX-XX]) = Sources Chrétiennes 110, Paris, Les Editions du Cerf 1965,
105 , n. 14). Ambrogio e Romano il Melode alludono alla passione, morte e risurrezione che
portano a compimento l'incarnazione.
5
M . F . TRICARICO, La natività, in: M . L . M A Z Z A R E L L O - M . F . TRICARICO, Il mistero dell'Incar-
nazione. Orientamenti per l'azione didattica, cit., 30.
6
Cfr. AMBROGIO DI M I L A N O , Esposizione del vangelo secondo Luca 2 , 7 : PL 1 5 , 1 6 4 9 -
1650.
' M . F . TRICARICO, La natività, in: M . L . M A Z Z A R E L L O - M . F . TRICARICO, Il mistero dell'Incar-
nazione. Orientamenti per l'azione didattica, cit., 31.
8
Ibidem, 28.
; CAPITOLO III - T E M P O di AvvenTo

La stella a otto punte, che scende sulla grotta fino a toccare la testa del
bambino, indica che Gesù è la luce, la vera luce, la luce "che illumina ogni
uomo" (Gv 1,9).

La contemplazione del mosaico introduce la nostra riflessione sull'evento


mistero dell'incarnazione di Gesù.

2. IL G E N E R E L E T T E R A R I O DEI V A N G E L I D E L L ' I N F A N Z I A

I vangeli dell'infanzia non sono di facile lettura. Elaborati sul piano ar-
tistico, ricchi di riferimenti sul piano storico e densi di contenuto sul piano
teologico, hanno bisogno di essere letti e interpretati in modo da conoscere le
reali intenzioni di Matteo e di Luca. Per raggiungere questo obiettivo si deve
individuare il loro genere letterario. E il genere letterario è il genere storico
midrashico. Storico,perché i fatti narrati sono sostanzialmente veri. Midrashi-
co, perché i fatti narrati sono commentati alla luce dell'Antico Testamento
e di tradizioni orali per rendere attuale e significativo l'evento Gesù: la sua
persona, la sua esperienza di vita, il suo messaggio. Matteo si ispira, in modo
particolare, a fatti che riguardano Mosè (Es 2,1-10). Luca a fatti che riguarda-
no ora Anna ( I S a m 2,1-10), ora Samuele ( I S a m 3,1-21). Matteo racconta la
nascita e l'infanzia di Gesù dal punto di vista di Giuseppe. Luca dal punto di
vista di Maria. In Matteo Maria tace. In Luca tace Giuseppe.

3. IL M E S S A G G I O CRISTOLOGICO

I vangeli dell'infanzia possono essere considerati come introduzione alla


vicenda pubblica di Gesù di Nazaret e come sintesi della fede che la comunità
cristiana delle origini professa, celebra e vive. Queste le domande. Chi è Gesù?
Qual è la sua missione? Come viene accolto dai suoi contemporanei? 9 .

9
Cfr. O . DA SPINETOLI, Introduzione ai vangeli dell'infanzia, Paideia, Brescia 1 9 6 7 ; J . D A -
NIELOU, I vangeli dell'infanzia, Morcelliana, Brescia 1 9 6 8 ; R. SCHULTE, I misteri della "preisto-
ria dì Gesù", in: J . F E I N E R - M . LÒHRER (edd.), Mysterium salutis, 6 , Queriniana, Brescia 1 9 7 1 ,
3 6 - 7 9 ; G. LEONARDI, L'infanzia di Gesà nei vangeli di Matteo e Luca, Messaggero, Padova
1 9 7 5 ; C. P E R R O T , I racconti dell'infanzia di Gesù, Gribaudi, Torino 1 9 7 7 ; R.E. B R O W N ,
La nascita del Messia secondo Matto e Luca, Cittadella Editrice, Assisi 1 9 8 1 ; A. P A U L , Il
vangelo dell'infanzia secondo san Matteo, Boria, Roma 1 9 8 6 ; G. SEGALLA, Una storia annun-
ciata. I racconti dell'infanzia in Matteo, Morcelliana, Brescia 1 9 8 7 ; R. LAURENTIN, I vangeli
dell'infanzia di Cristo. La verità del Natale al dì là dei miti. Esegesi e semiotica. Storicità e
teologia, San Paolo, Cinisello Balsamo (MI) 1 9 8 9 ; J . GNILKA, Il vangelo di Matteo I, Paideia,
Brescia 1990.
CAPITOLO I V - T E M P O DI NATALE

1. L'identità di Gesù

Matteo rivela l'identità di Gesù con la genealogia (Mt 1,1-17) e l'annuncio


dell'angelo a Giuseppe {Mt 1,18-25).
La genealogia lo presenta come figlio di Davide, che a sua volta è figlio
di Abramo. Discendente di Davide e membro del popolo di Abramo. Erede
di Davide ed ebreo: «Genealogia di Gesù Cristo figlio di Davide, figlio di
Abramo» {Mt 1,1).
L'annuncio dell'angelo rivela l'origine divina e umana di Gesù: «sua ma-
dre Maria, essendo promessa sposa di Giuseppe, prima che andassero a vivere
insieme si trovò incinta per opera dello Spirito Santo" {Mt 1,18); «Giuseppe,
figlio di Davide, non temere di prendere con te Maria, tua sposa. Infatti il
bambino che è generato in lei viene dallo Spirito Santo» {Mt 1,20); «Quando
si destò dal sonno, Giuseppe fece come gli aveva ordinato l'angelo del Signo-
re e prese con sé la sua sposa; senza che egli la conoscesse, ella diede alla luce
un figlio ed egli lo chiamò Gesù» {Mt 1,24-25)10.
Luca rivela l'identità di Gesù con l'annuncio dell'angelo a Maria {Le 1,26-
38), con l'apparizione ai pastori {Le 2,8-20) e con l'episodio del ritrovamento
di Gesù nel tempio di Gerusalemme (Le 2,41-50).
L'annuncio rivela l'origine divina e umana di Gesù:

«L'angelo le disse: "Non temere, Maria, perché hai trovato grazia presso Dio.
Ed ecco, concepirai un figlio, lo darai alla luce e lo chiamerai Gesù. Sarà gran-
de e verrà chiamato Figlio dell'Altissimo; il Signore Dio gli darà il trono di
Davide suo padre e regnerà per sempre sulla casa di Giacobbe e il suo regno
non avrà fine". Allora Maria disse all'angelo: "Come avverrà questo, poiché
non conosco uomo?". Le rispose l'angelo: "Lo Spirito Santo scenderà su di te e
la potenza dell'Altissimo ti coprirà con la sua ombra. Perciò colui che nascerà
sarà santo e sarà chiamato Figlio di Dio. Ed ecco, Elisabetta, tua parente, nella
sua vecchiaia ha concepito anch'essa un figlio e questo è il sesto mese per lei,
che era detta sterile: nulla è impossibile a Dio". Allora Maria disse: "Ecco la
serva del Signore: avvenga per me secondo la tua parola". E l'angelo si allon-
tanò da lei» (Le 1,30-38).

10
«Celebriamo dunque il Natale del Signore con il dovuto concorso e solennità. Si ralle-
grino gli uomini, si rallegrino le donne; Cristo è nato uomo, da una donna è nato, ed entrambi i
sessi sono stati onorati... Rallegratevi voi giusti: è il Natale di colui che giustifica. Rallegratevi
voi deboli e malati: è il Natale del Salvatore. Rallegretavi voi prigionieri: è il Natale del Reden-
tore. Rallegratevi voi schiavi: è il Natale del dominatore. Rallegratevi voi liberi: è il Natale del
liberatore. Rallegratevi voi cristiani tutti: è il Natale di Cristo» (AGOSTINO D'IPPONA, Discorso
184, in: L. PADOVESE, Sermoni per i tempi liturgici, Edizioni Paoline, Milano 1994, 107-108).
CAPITOLO I V - TEMPO DI NATALE 66

Il racconto dell'apparizione ai pastori rivela l'identità di Gesù:

«Un angelo del Signore si presentò a loro e la gloria del Signore li avvolse di
luce. Essi furono presi da grande timore, ma l'angelo disse loro: Non temete:
ecco, vi annuncio una grande gioia, che sarà di tutto il popolo oggi, nella città
di Davide [Betlemme], è nato per voi un Salvatore, che è Cristo [MessiaJ Si-
gnore. Questo per voi il segno: troverete un bambino avvolto in fasce, adagiato
in una mangiatoia. E subito apparve con l'angelo una moltitudine dell'esercito
celeste, che lodava Dio e diceva:
Gloria a Dio
nel più alto dei cieli
e sulla terra pace [shalom]
agli uomini, che egli ama» (Le 2,9-14).

Tre titoli meritano di essere sottolineati: Gesù è il Salvatore, Gesù è il


Cristo, Gesù è il Signore. Confessione di fede della comunità cristiana delle
origini.
Il racconto del ritrovamento di Gesù nel tempio rivela la sua identità divina
ed umana. Appare con chiarezza dalla risposta che dà a Maria:

«Al vederlo restarono stupiti, e sua madre gli disse: "Figlio, perché ci hai fatto
questo? Ecco, tuo padre e io, angosciati, ti cercavamo". Ed egli rispose loro:
"Perché mi cercavate? Non sapevate che io devo occuparmi delle cose del
Padre mio?". Ma essi non compresero ciò che aveva detto loro» (Le 2,48-50).

Gesù è il Figlio che deve fare la volontà del Padre. Questa la sua identità.
Questa la sua missione.

2. La missione di Gesù

La missione di Gesù è missione di salvezza. Appare dal nome che riceve:


«ella (Maria) darà alla luce un figlio e tu lo chiamerai Gesù: egli infatti salverà
il suo popolo dai suoi peccati» (Mt 1,21); «L'angelo le disse: "Non temere,
Maria, perché hai trovato grazia presso Dio. Ed ecco, concepirai un figlio, lo
darai alla luce e lo chiamerai Gesù"» (Le 1,30-31); dall'episodio della visita
dei Magi (pagani e non ebrei)11:

11
«Oggi in Cristo luce del mondo tu hai rivelato ai popoli il mistero della salvezza, e in lui
apparso nella nostra carne mortale ci hai rinnovati con la gloria dell'immortalità divina» (CEI,
Messale Romano, Epifania del Signore, prefazio, cit.).
CAPITOLO. _1YJ-_TE M J^TAIJ.

«Nato Gesù a Betlemme di Giudea, al tempo del re Erode, ecco, alcuni Magi
vennero da oriente a Gerusalemme e dicevano: "Dov'è colui che è nato, il re
dei Giudei? Abbiamo visto spuntare la sua stella e siamo venuti ad adorarlo"»
(Mt 2,1-2);

dall'annuncio ai pastori:

«Non temete: ecco, vi annuncio una grande gioia, che sarà di tutto il popolo:
oggi, nella città di Davide [Betlemme], è nato per voi un Salvatore, che è Cri-
sto [Messia] Signore» (Le 2,10-11);

dalla preghiera e dalla profezia di Simeone:

«Zaccaria, suo padre, fu colmato di Spirito Santo e profetò dicendo:


"Benedetto il Signore, Dio d'Israele,
perché ha visitato e redento il suo popolo,
e ha suscitato per noi un Salvatore potente
nella casa di Davide, suo servo,
come aveva detto
per bocca dei suoi santi profeti d'un tempo:
salvezza dai nostri nemici,
e dalle mani di quanti ci odiano"» (Le 1,67-71).

3. L'atteggiamento dell'uomo davanti a Gesù

Matteo registra la reazione di Giuseppe, di Erode e dei Magi.


Giuseppe è uomo giusto. Non capisce le ragioni della maternità di Maria.
Ascolta l'angelo e si fida di Dio. E dice il suo eccomi: «Quando si destò dal
sonno, Giuseppe fece come gli aveva ordinato l'angelo del Signore e prese
con sé la sua sposa» (Mt 1,24).
Erode è uomo di potere e reagisce con paura alla domanda dei Magi:
«Dov'è colui che è nato, il re dei Giudei? Abbiamo visto spuntare la sua stella
e siamo venuti ad adorarlo. All'udire questo, il re Erode restò turbato e con
lui tutta Gerusalemme» (Mt 2,2-3). La paura diventa ricerca interessata, acco-
glienza sospetta e crudeltà spietata.
I magi vengono da lontano, sono pagani, cercano, trovano, adorano: «En-
trati nella casa, videro il bambino con Maria sua madre, si prostrarono e lo
adorarono. Poi aprirono i loro scrigni e gli offrirono in dono oro, incenso e
mirra» (Mi 2,11).
Luca registra la reazione di Maria, dei pastori, di Simeone e di Anna.
Maria è ragazza che vive a Nazaret ed è promessa sposa di Giuseppe. Non
comprende appieno le parole dell'annuncio dell'angelo, chiede spiegazioni
sulle modalità della loro realizzazione, mette la sua vita nelle mani di Dio:
«Ecco la serva del Signore: avvenga per me secondo la tua parola» (Le 1,38).
CAPITOLO I V - T E M P O DI NATALE 68

L'eccomi a Dio la apre alle necessità del prossimo: «In quei giorni Maria si alzò
e andò in fretta verso la regione montuosa, in una città di Giuda» (Le 1,39).
I pastori sono uomini semplici e poveri. Vivono ai margini della società. I
benpensanti li disprezzano e li tengono lontani. Dio invece li cerca e li rende
destinatari di bella notizia:

«l'angelo disse loro: Non temete: ecco, vi annuncio una grande gioia, che sarà
di tutto il popolo: oggi, nella città di Davide [Betlemme], è nato per voi un
Salvatore, che è Cristo [Messia] Signore. Questo per voi il segno: troverete un
bambino avvolto in fasce, adagiato in una mangiatoia» (Le 2,10-12).

La bella notizia li mette in cammino e li porta all'incontro con Gesù. Dopo


Maria e Giuseppe, diventano i primi "credenti" che lodano Dio: «I pastori se
ne tornarono, glorificando e lodando Dio per tutto quello che avevano udito e
visto, com'era stato detto loro» (Le 2,20).
Simeone ed Anna ricevono il dono di vedere il messia e di celebrare l'ini-
zio della salvezza non solo per Israele ma per il mondo intero.

4. C O N I P A D R I D E L L A C H I E S A

1. L'annuncio a Giuseppe

«Il beato Matteo, dopo aver enumerato le generazioni che preludono alla spe-
ranza della nostra salvezza, così prosegue: La nascita di Cristo avvenne in que-
sto modo: sua madre Maria, essendo promessa sposa di Giuseppe, prima che
andassero a vivere insieme, si trovò incinta per opera di Spirito Santo. E questo
dunque il celeste mistero, questo il sacramento nascosto ed arcano dai secoli,
che cioè la Vergine concepì per opera dello Spirito Santo. La successione degli
avvenimenti dell'incarnazione del Signore è più distesamente narrata da Luca.
È questi infatti che racconta come l'angelo sia venuto da Maria, come l'abbia
salutata con le parole: Rallegrati, o piena di grazia (e con le altre espressioni di
saluto che seguono). E poiché Maria voleva sapere come ciò sarebbe accaduto,
dato che lei mai aveva conosciuto uomo, l'angelo le rispose: Lo Spirito Santo
scenderà su di te, su di te stenderà la sua ombra la potenza dell'Altissimo. Colui
che nascerà da te sarà dunque santo, chiamato figlio di Dio. Era ben giusto che
Maria, santa, che avrebbe generato nel suo seno il Signore della gloria, e che
sarebbe stata perciò inondata dallo Spirito Santo e resa radiosa dalla potenza
dell'Altissimo, era ben giusto che ella accogliesse, nel suo seno santificato, il
creatore del mondo. Sia Matteo che Luca cominciano a narrare la generazione
del Signore dalla sua nascita corporale; Giovanni, invece, prende l'avvio con il
narrare la nascita eterna del Verbo, quando scrive: In principio era il Verbo, e il
Verbo era presso Dio, e il Verbo era Dio. Egli era in principio presso Dio. Tutto
è stato fatto per mezzo di lui, e senza di lui niente è stato fatto. Troviamo scritto
così perché era stabilito che gli evangelisti ci potessero trasmettere - mediante
CAPITOIO I V - TEMPOPÌNATALE

un duplice mistero e in qualche modo attraverso una duplice narrazione - sia la


generazione eterna che quella corporea del Signore. Non si trovano parole uma-
namente adeguate tali che possano esprimere in modo esauriente l'una e l'altra
generazione del Signore. Più difficile è parlare della generazione eterna del
Verbo che procede dal Padre; tale fatto supera qualsiasi capacità di esposizione
umana e trascende qualsiasi possibilità di narrazione, dato che l'evento sorpassa
infinitamente le capacità di comprensione della nostra attonita meraviglia. La
nascita corporea del Cristo avviene nel tempo; quella divina, prima dei tempi;
quella corporea avviene nel nostro secolo; quella divina prima dei secoli; la na-
scita corporea avviene da una madre che è vergine; quella divina da Dio Padre.
Testimoni della nascita terrena poterono essere sia gli uomini che gli angeli; del-
la nascita divina del Signore unici testimoni furono il Padre e il Figlio, perché
prima del Padre e del Figlio non vi era niente. Ma poiché il Verbo di Dio non
avrebbe potuto essere visto da nessuno nella gloria della sua divinità, assunse
una carne visibile, al fine di rendere visibile l'invisibile sua divinità. Da noi ha
preso ciò che è nostro, allo scopo di farci dono di ciò che è proprio lui»12.

2. María vergine e madre

«Un fuoco mite lo genera,


non la carne, non il sangue di un padre,
non un desiderio impuro.
La potenza di Dìo rende sposa
una vergine non toccata dal talamo,
attraverso il suo grembo casto,
con il suo puro soffio.
Il mistero di questa nascita
ordina che si creda
che Cristo, nato così, sia Dio.
Una vergine non sposata è sposa
dello Spirito e non sente la macchia dell'amore;
la sua innocenza rimane sigillata;
gravida dentro, intatta fuori,
splendente per la sua pudica fecondità,
madre anche se vergine,
madre che non ha conosciuto uomo.
Perché, incredulo, scuoti la tua stupida testa?
Un angelo lo ha annunciato con le sue sante labbra.
Non vuoi credere e prestare ascolto
alle parole di un angelo?
La vergine benedetta al messaggio

12
CROMAZIO DI AQUILEIA, Commento al vangelo dì Matteo 2,1, in: M. SIMONETTI, Matteo
1-13. La Bibbia commentata dai padri 1/1, Città Nuova, 2004,46-47.
CAPITOLO I V - T E M P O DI NATALE 77

del messo luminoso ha creduto


e perciò, fiduciosa, ha concepito Cristo.
Cristo viene agli uomini di fede
e il cuore che esita
con fede irrisoluta lo disprezza,
rifiutandogli questo onore.
La verginità con la fede immediata
assorbe Cristo nel profondo del cuore
e lo ha tenuto nel suo grembo intatto
per partorirlo»13.

3. La fede dei Magi

«Ma forse qualcuno si meraviglierà e si domanderà come possano i magi aver


riconosciuto la nascita del Salvatore solo per il segno di una stella. In primo
luogo va detto che è stato un dono della divina condiscendenza. In secondo
luogo si legge nei libri di Mosè che, in qualche modo, Balaam fu quasi un
profeta dei pagani; egli per parte sua per quanto ne fosse capace profetizzò
la venuta di Cristo e l'incarnazione ad opera di una vergine. Profetizzò difatti
(lo abbiamo ricordato poco sopra) nelle formule della sua profezia, tra le altre
espressioni, anche in questi termini: Sorgerà una stella da Giacobbe e da Israe-
le si alzerà un uomo. E per questo che sembra che i Magi, di cui si parla, trag-
gano la loro discendenza dal profeta Balaam; essi che videro la nuova stella,
essi credettero subito, perché avevano compreso che erano stati chiamati a dar
compimento alla profezia del loro antenato, dimostrando in pratica non solo di
essere discendenti di Balaam, ma pure eredi della sua fede. Il profeta Balaam
vide in ispirito quella stella che costoro poterono scorgere con gli occhi, e
così pervennero alla fede. Colui profetizzò che Cristo sarebbe venuto; costoro,
già venuto, lo scorsero con gli occhi della fede. Appena vista la stella, dice
l'evangelista, essi andarono da Erode chiedendo: "Dov'è il re dei giudei che è
nato? Abbiamo visto sorgere la sua stella e siamo venuti ad adorarlo". Essi cer-
carono il re dei giudei, il nato Cristo Signore, presso coloro dai quali sarebbe
nato, come essi avevano sentito dal loro profeta Balaam, ma proprio qui sta la
condanna dei giudei: sta nella fede dei Magi. Costoro prestarono fede all'unico
profeta che ebbero; i giudei non credettero nemmeno a un grandissimo numero
di profeti. I Magi intuirono che con la venuta di Cristo sarebbero finiti i compi-
ti delle arti magiche; i giudei non vollero capire i divini misteri della Legge. I
Magi confessano un uomo che non conoscono; i giudei nemmeno riconoscono
chi loro appartiene strettamente. Leggiamo difatti che egli è venuto nella sua
proprietà, ma i suoi non l'hanno accolto. È vero, sì, che la stella era scorta da
tutti; ma non tutti ne compresero il senso. Allo stesso modo il Signore e Sal-
vatore nostro è nato per tutti, ma non tutti lo hanno accolto, non tutti lo hanno

13
PRUDENZIO, La dottrina di Dio 566-584, in: A.A. JUST Jr, Luca. La Bibbia commentata dai
padri, cit., 42-43.
R . A .FJJI )L ILIV ' T E M P O DI NATALE

capito. Fu capito dai gentili, non lo fu dai giudei. Venne riconosciuto dalla
Chiesa, non venne riconosciuto dalla sinagoga»14.

4. Il mistero di Cristo

«Il mistero di Cristo è stato preparato anche prima della stessa fondazione del
mondo, ma si manifestò negli ultimi tempi. Divenne una luce per quelli che
nelle tenebre e nell'errore erano caduti nelle mani del diavolo. Erano coloro
che servono le creature invece del Creatore (Rm 1,25), venerando per di più il
drago, l'autore del male, e l'impura folla dei demoni, ai quali rendono l'onore
dovuto a Dio. Eppure Dio Padre li ha chiamati a riconoscere il Figlio, che è la
vera luce... Cristo dunque divenne la luce dei gentili, ma anche per la gloria
di Israele. Infatti, pur ammettendo che alcuni di loro si dimostrarono insolenti
e non obbedienti e con menti che non comprendevano, vi resta comunque una
parte salvata e ammessa alla gloria attraverso Cristo. La primizia di questi
furono i divini discepoli, lo splendore della fama dei quali illumina tutto il
mondo. In un altro senso, Cristo la gloria di Israele, perché egli è venuto da
Israele secondo la carne, anche se è Dio al di sopra di tutto e benedetto per
sempre. Amen»15.

5. Segno di contraddizione

«Tutto quello che la narrazione presenta del Salvatore è segno di contraddizio-


ne. La Vergine è madre, questo è un segno di contraddizione: i marcioniti con-
traddicono questo segno e insistono che non è nato da una donna; gli ebioniti
contraddicono questo segno e dicono che è nato da un uomo e da una donna
nello stesso modo in cui noi siamo nati. Egli ha avuto un corpo umano, questo è
ancora un altro segno di contraddizione. Alcuni dicono che è disceso dal cielo,
altri dicono che aveva un corpo come il nostro, così che potesse redimere an-
che i nostri corpi dal peccato tramite la somiglianza del suo corpo con il nostro
e donarci la speranza della risurrezione. È risuscitato dai morti e anche questo
è un segno di contraddizione. Come è risorto? Era proprio come quando morì
o è risorto in un corpo di sostanza migliore?... Io credo che anche il fatto che la
bocca dei profeti lo abbia preannunciato sia un segno di contraddizione... non
perché quelli che credono in lui contraddicano questi segni - noi certo sappia-
mo che tutto quello che dice la Scrittura è vero - ma perché per i non credenti
tutto quello che è stato scritto su di lui è un segno di contraddizione»16.

14
CROMAZIO DI AQUILEIA, Commento al Vangelo di Matteo 4 , 1 - 2 , in: M . SIMONETTI, Matteo
1-13. La Bibbia commentata dai padri 1 / 1 , cit., 4 6 - 4 7 .
15
CIRILLO DI ALESSANDRIA, Commento a Luca, omelia 4, in: A . A . JUST Jr, Luca. La Bibbia
commentata dai padri, cit., 87-88.
16
ORIGENE, Omelie sul Vangelo di Luca 17, 4-5, in: Ibidem, 88.
CAPITOLO QUINTO

TEMPO DI QUARESIMA
Il tempo dell'annuncio del regno,
dell'accoglienza e del rifiuto

«Dopo che Giovanni fu arrestato, Gesù andò nella Galilea,


proclamando il vangelo di Dio, e diceva: "Il tempo è compiuto
e il regno di Dio e vicino;
convertitevi e credete nel Vangelo"»
' (Afe i;i4-15).

«Ogni anno tu doni ai tuoi fedeli di prepararsi con gioia, purificati


nello spirito, alla celebrazione della Pasqua, perché, assidui nella
preghiera e nella carità operosa, attingano ai misteri della redenzione,
la pienezza della vita nuova in Cristo tuo Figlio, nostro salvatore»'.

«Tu riapri alla Chiesa la strada dell'esodo attraverso il deserto


quaresimale, perché ai piedi della santa montagna, con il cuore
contrito e umiliato, prenda coscienza della sua vocazione di popolo
dell'alleanza, convocato per la tua lode nell'ascolto della tua parola,
e nell'esperienza gioiosa dei tuoi prodigi»2.

1
CEI, Messale Romano, Prefazio di quaresima
2
Ibidem, Prefazio di quaresima 5, cit.
CAPITOLO QUINTO

T E M P O DI QUARESIMA
Il t e m p o dell'annuncio del regno,
dell'accoglienza e del rifiuto

«Dopo che Giovanni fu arrestato, Gesù andò nella Galilea,


proclamando il vangelo di Dio, e diceva: "Il tempo è compiuto
e il regno di Dio è vicino;
convertitevi e credete nel Vangelo "»
; (Me 1 ; 14-15).

«Ogni anno tu doni ai tuoi fedeli di prepararsi con gioia, purificati


nello spirito, alla celebrazione della Pasqua, perché, assidui nella
preghiera e nella carità operosa, attingano ai misteri della redenzione,
la pienezza della vita nuova in Cristo tuo Figlio, nostro salvatore»1.

«Tu riapri alla Chiesa la strada dell'esodo attraverso il deserto


quaresimale, perché ai-piedi della santa montagna, con il cuore
contrito e umiliato, prenda coscienza della sua vocazione di popolo
dell'alleanza, convocato perla tua lode nejl'ascolto della tua parola,
e nell'esperienza gioiosa dei tuoi prodigi»2.

1
GEI, Messale Romano, Prefazio di quaresima 1, cit.
2
Ibidem, Prefazio di quaresima 5, cit.
Il Cristo che la Chiesa professa, celebra e vive è Gesù di Nazaret, «uomo
accreditato da Dio... per mezzo di miracoli, prodigi e segni» (At 1,22). Questi
i "misteri" della sua vicenda pubblica: il battesimo al fiume Giordano (.Mt
3,13 -17), le tentazioni nel deserto (Mt 4,1 -11 ), l'annuncio del regno (Mt 4,12-
17), i gesti miracolosi, gli atteggiamenti e i comportamenti. Tutto è mistero.

«I Vangeli sono scritti da uomini che sono stati tra i primi a credere e che
vogliono condividere con altri la loro fede. Avendo conosciuto, nella fede, chi
è Gesù, hanno potuto scorgere e far scorgere in tutta la sua vita terrena le
CAPITOLO V - T E M P O DI QUARESIMA1fi1

tracce del suo Mistero. Dalle fasce della sua nascita, fino all'aceto della sua
passione e al sudario della Risurrezione, tutto nella vita di Gesù è segno del
suo Mistero»3.

La lettura del dipinto del Battesimo di Cristo, opera di Andrea di Cione,


detto il Verrocchio, e Leonardo da Vinci, introduce la nostra riflessione sul
tema del ministero pubblico di Gesù.

1. L E T T U R A D E L D I P I N T O D E L BATTESIMO DI CRISTO
DEL VERROCCHIO

Il dipinto è opera del Verrocchio. Leonardo disegna il volto dell'angelo di


profilo e alcuni riccioli dell'altro angelo. In primo piano, sulla destra, Giovan-
ni Battista. Solleva la mano destra. Tiene una ciotola e versa acqua sulla testa
di Gesù. Nella sinistra ha un bastone con la scritta "Ecce agnus Dei". La testa
è segnata dall'aureola. Vestiti sobri ed essenziali coprono il suo corpo. Ed
alludono alla sua missione di predicatore forte e severo. In primo piano anche
Gesù. Con i piedi nell'acqua. Con le mani giunte, in preghiera. Con l'aureola
cruciforme sulla testa. In atteggiamento di disponibilità e di accoglienza. Ai
piedi di Giovanni Battista e di Gesù il fiume Giordano. A sinistra, su un piano
arretrato, due angeli seduti assistono al battesimo. Sulla testa di Cristo appare
una colomba che emana raggi di luce. In alto, sulla colomba, due mani. Le
mani del Padre. Nel paesaggio circostante appare una palma e delle rocce, con
il cielo in fase di tramonto.

Le aureole di Giovanni Battista, di Gesù e degli angeli dicono mistero e


sacralità. La colomba, simbolo dello Spirito Santo, rimanda al vangelo: «Ap-
pena battezzato, Gesù uscì dall'acqua: ed ecco, si aprirono per lui i cieli ed
egli vide lo Spirito di Dio discendere come una colomba e venire sopra di lui»
(Mi 3,16). I raggi di luce ricordano i doni dello Spirito Santo. Le mani in alto
rivelano la presenza del Padre. L'evento del battesimo di Gesù è evento trini-
tario. Opera del Padre, del Figlio e dello Spirito Santo. La palma che compare
a sinistra rappresenta l'ascesa e la vittoria.

La linea definisce bene le forme e ne delinea il volume attraverso le vesti e


i tratti dei muscoli. I colori sono naturali, ad eccezione dell'oro delle aureole,
ma comunque scuri. La luce, che tramonta dietro le montagne, è quasi assente,

3
Catechismo della Chiesa Cattolica, Libreria Editrice Vaticana, Città del Vaticano 2002,
n. 515).
V T e m p o
12 ° - P'-Q-^MESIMA..

anche se illumina i due angeli e tratti dei corpi di S. Giovanni e di Cristo. Lo


spazio è prospettico con Cristo e S. Giovanni posati sullo stesso piano. Gli
angeli invece sono su un piano inferiore. Si intravede un paesaggio del tutto
naturale, con monti e piante.

La contemplazione del dipinto mette a fuoco l'incontro di due uomini,


Giovanni Battista e Gesù. Segna la fine dell'Antico Testamento e l'inizio del
Nuovo. Apre l'itinerario che porta Gesù prima nel deserto e poi per le strade
della gente. Per annunciare: «Il tempo è compiuto e il regno di Dio è vicino;
convertitevi e credete nel Vangelo» {Me 1,15).

2. I L B A T T E S I M O D I G E S Ù

Secondo la testimonianza concorde degli evangelisti (Mi 3,13-17; Me 1,9-


11; Le 3,21-22; Gv 1,31-34), Gesù, dopo anni di silenzio e di lavoro vissuti
a Nazaret, lascia il suo paese, la sua casa, la sua famiglia, la sua attività e
va «al Giordano da Giovanni, per farsi battezzare da lui» {Mt 3,13) 4 . Entra
nell'acqua, non confessa peccato alcuno, a differenza di coloro che da «tutta
la Giudea e tutta la zona lungo il Giordano accorrevano a lui e si facevano
battezzare da lui nel fiume Giordano, confessando i loro peccati» {Mt 3,5-6)
e viene battezzato 5 .

4
«Il fatto che Gesù sia andato incontro a Giovanni, sulle rive del Giordano, per ricevere il ^
suo battesimo..., in primo luogo, significa che egli riconobbe l'opera di Giovanni; un ricono-
scimento pubblico che venne ulteriormente esplicitato, per affermare la sua superiorità rispetto
a tutti i profeti (cfr. Mt l l , 7 b - l l ) . Tuttavia, al di là dell'ipotesi di un eventuale discepolato di
Gesù alla sequela del Battista, tale episodio, soprattutto, fa ragionevolmente supporre un'ini-
ziale condivisione della prospettiva penitenziale e di conversione sigillata da quel rito. Ciò non
significa che Gesù abbia considerato se stesso bisognoso di purificazione quanto, invece, che ì
abbia riconosciuto Giovanni come un profeta escatologico del quale raccogliere l'annuncio, e
così "adempiere ogni giustizia" (cfr. Mt 3,15), nel segno di un'obbedienza incondizionata "f
alla volontà del Dio d'Israele» (M. GRONCHI, Trattato su Gesù Cristo Figlio dì Dio salvatore,
cit., 121-122). Sul battesimo di Gesù cfr. Ch. S C H U T Z , Il battesimo di Gesù, in: J. F E I N E R - M .
LOHRER (e,dd.), Mysterium salutis, 6, cit., 80-101; A . P O P P I , L'inizio del Vangelo. Predicazio- ?
ne del Battista, battesimo e tentazione di Gesù, Messaggero, Padova 1976; A A . V V . , I misteri
della vita di Cristo, in: "Credereoggi" 2 (1986) 32, Messaggero, Padova; J. RATZINGER -
BENEDETTO XVI, Gesù di Nazaret, Rizzoli, Milano 2007, 29-45.
5
«Gesù venne da Giovanni e ricevette da lui il battesimo. O fatto che riempie di stupo-
re! Il fiume infinito, che rallegra la città di Dio, viene bagnato da poche gocce d'acqua. La
sorgente incontenibile, da cui sgorga la vita per tutti gli uomini ed è perenne, si immerge in
un filo d'acqua scarsa e fugace. Colui che è dappertutto e non manca in nessun luogo, colui
Quattro particolari spiegano il battesimo di Gesù: l'uscita dall'acqua (Mt
3,16), l'apertura dei cieli (Mt 3,16), la manifestazione dello Spirito Santo (Mt
3,16) e la voce del cielo (Mi 3,17). L'uscita dall'acqua rimanda all'evento del
passaggio del Mar Rosso (Es 14,15-31): Gesù è il nuovo Israele. L'apertura
dei cieli da una parte esprime l'irruzione del divino nella sfera dell'umano,
dall'altra rivela l'identità dell'uomo che è uscito dall'acqua (Is 63,19): Gesù è
il messia. La manifestazione dello Spirito Santo consacra ed abilita Gesù alla
missione che gli è stata affidata ed indica che i tempi messianici sono arrivati
(Gl 3,1-3). La voce del cielo rivela l'identità e la missione di Gesù: è il Figlio
amato del Padre, il Messia servo sofferente (Is 42,2; 53,4-6) 6 . «Gesù si fa
battezzare da Giovanni Battista per affermare la sua solidarietà con i peccatori
e assumere la missione di Messia-Servo» 7 .

«Alla luce dei successivi avvenimenti della Pasqua, l'immersione nel fiume
Giordano appare quasi un preludio del supremo "battesimo" nelle acque della
morte per i nostri peccati, mentre la prima pubblica presentazione come messia
preannuncia l'intronizzazione nella gloria della risurrezione»8

che gli angeli non possono comprendere e gli uomini non possono vedere, si accosta a ricevere
il battesimo di spontanea volontà» (IPPOLITO DI ROMA, Omelìa sulla Santa Teofania, 2 , GCS 1 / 2 ) .
«Gesù santificò il battesimo quando egli pure fu battezzato. Se il Figlio di Dio fu battezzato,
chi potrà dirsi pio e disprezzare il battesimo? Non fu battezzato per ricevere la remissione
dei peccati (perché egli era senza peccato); benché innocente fu battezzato per procurare una
grazia e una dignità divina ai battezzati. Come infatti, "poiché i figli avevano una natura fatta di
sangue e di carne, egli pure l'ha presa", affinché, essendo partecipi della sua natura corporea, lo
divenissimo pure della sua grazia divina, così Gesù fu battezzato perché noi pure, per mezzo del
battesimo, fossimo fatti degni di essere salvi in virtù della nostra comunione con lui... Scendi
nell'acqua portando con te i peccati, ma la invocazione della grazia pone un sigillo sull'anima e
non permette che tu sia assorbito di nuovo dallo spaventoso drago. Scendi morto per i peccati e
sali vivificato nella giustizia» (CIRILLO DI GERUSALEMME, L E catechesi, 3 , 1 1 - 1 2 , in: E. BARBISAN,
Le catechesi, Edizioni Paoline, Alba 1 9 6 6 , 7 2 - 7 3 ) .
6
«Cristo nel battesimo si fa luce, entriamo anche noi nel suo splendore; Cristo riceve il
battesimo, inabissiamoci con lui per poter con lui salire alla gloria... Gesù sale dalle acque e
porta con sé in alto tutto intero il cosmo. Vede scindersi e aprirsi i cieli, quei cieli che Adamo
aveva chiuso per sé e per tutta la sua discendenza, quei cieli preclusi e sbarrati come il paradiso
lo era per la spada fiammeggiante. E lo Spirito testimonia la divinità del Cristo: si presenta
simbolicamente sopra colui che gli è del tutto uguale. Una voce proviene dalle profondità dei
cieli, da quelle stesse profondità dalle quali proveniva chi in quel momento riceveva la testi-
monianza. Lo Spirito appare visibilmente come colomba e, in questo modo, onora anche il
corpo divinizzato e quindi Dio. Non va dimenticato che molto tempo prima era stata pure una
colomba quella che aveva annunziato la fine del diluvio» (GREGORIO DI NAZIANZO, Discorso 39,
14-16.20, in: A A . V V . , L'ora di lettura commentata dai padri, 3, Edizioni Dehoniane, Bologna
2003, 18-19).
7
CEI, La verità vi farà lìberi. Catechismo degli adulti, cit., n. 185.
8
Ibidem, n. 180.
R.APiTOLO V - T E M P O DI QUARESIMA

3. L E T E N T A Z I O N I

Dopo il battesimo, Gesù, condotto dallo Spirito Santo, va nel deserto per
fare un'esperienza che i teologi considerano come uno dei principali misteri
della vita di Gesù: l'esperienza della tentazione. Ne parlano Mt 4,1-11; Me
1,12-13; Le 4,1-13 9 .
Nel racconto evangelico si possono individuare questi elementi: la pre-
senza e l'azione dello Spirito Santo (la vita di Gesù si svolge sempre sotto il
segno della presenza dello Spirito Santo, dal concepimento alla morte in cro-
ce); il deserto (tempo e spazio di prova, ma anche tempo e spazio di intimità
con Dio); il diavolo (creatura angelica nemica di Dio e degli uomini); il tempo
della permanenza nel deserto (quaranta giorni e quaranta notti); le tentazioni:

«Se tu sei Figlio di Dio, di' che queste pietre diventino pane» {Mt 4,3).

«Se tu sei Figlio di Dio, gèttati giù; sta scritto infatti:


Ai suoi angeli darà ordini a tuo riguardo
ed essi ti porteranno sulle loro mani
perché il tuo piede non inciampi in una pietra» (Mt 4,6).

«Tutte queste cose io ti darò se, gettandoti ai miei piedi, mi adorerai» (Mt
4,9).

Il diavolo, il tenebroso «principe di questo mondo» (Gv 12,31) prospetta


a Gesù

«una strategia trionfalistica, un falso messianismo fatto di miracoli clamorosi,


come trasformare le pietre in pane, gettarsi dall'alto del tempio con la certezza
di essere salvato, conquistare il dominio politico di tutte le nazioni»10.

«Gesù respinge la tentazione: no alla facile prosperità materiale, perché si deve


cercare "prima il regno di Dio e la sua giustizia" (Mt 6,33); no all'ambigua po-
polarità ottenuta con il miracolo spettacolare, perché non si deve strumentaliz-
zare Dio ai propri bisogni di sicurezza; no all'ambizione del potere temporale,

9
Cfr. J . DUPONT, Le tentazioni dì Gesù nel deserto, Paideia, Brescia 1970; C H . SCHÜTZ, La
tentazione di Gesù, in: J . F E I N E R - M . LÖHRER (edd.), Mysterium salutis, 6, cit., 102-120; M . B O R -
DONI, Deserto e tentazioni di Gesù, in: Gesù di Nazaret Signore e Cristo. Saggio di Cristologia
sistematica. 2. Gesù al fondamento della Cristologia, Herder/Università Lateranense, 1985,
69-75; B. R E Y , Le tentazioni e la scelta di Gesù, Elledici, Leumann (TO) 1988; J . RATZINGER -
BENEDETTO XVI, Gesù dì Nazaret, cit., 47-68; G . STROLA, Deserto, in: R . P E N N A - G . P E R E G O - G .
RAVASI (edd.), Temi teologici della Bibbia, cit., 318-326; R . PISTONE, Tentazione, in: Ibidem,
1376-1383.
10
CEI, La verità vi farà lìberi. Catechismo degli adulti, cit., n. 181.
CAPITOLO V - TEMPO DI QUARESIMA1fi1

perché la vera liberazione dell'uomo nasce dal cuore. Il suo essere Figlio di
Dio si manifesta non nel possesso, nell'esibizione di potenza e nel dominio, ma
nell'umile servizio, nel dono di sé, nella croce»11.

Gesù «respingendo la triplice tentazione della ricchezza, del successo e del


dominio sugli altri, conferma la scelta di un messianismo basato sul servizio
e sul dono di sé»12.

4 L'ANNUNCIO DEL REGNO

Dopo l'esperienza del battesimo nel Giordano e della tentazione nel deser-
to, Gesù comincia a predicare il vangelo del regno: «Il tempo è compiuto e il
regno di Dio è vicino; convertitevi e credete nel Vangelo» (Me 1,15). L'annun-
cio del regno di Dio (o, meglio, della "signoria di Dio") è il perché della sua
vita e della sua missione:

«Lo Spirito del Signore è sopra di me; - per questo mi ha consacrato con l'un-
zione - e mi ha mandato a portare ai poveri il lieto annuncio, - a proclamare
ai prigionieri la liberazione - e ai ciechi la vista; - a rimettere in libertà gli
oppressi, - a proclamare l'anno di grazia del Signore» (Le 4,18-19).

«Giovanni fu informato dai suoi discepoli di tutte queste cose. Chiamati quindi
due di loro, Giovanni li mandò a dire al Signore: "Sei tu colui che deve venire o
dobbiamo aspettare un altro?". Venuti da lui, quegli uomini dissero: "Giovanni
il Battista ci ha mandati da te per domandarti: "Sei tu colui che deve venire o
dobbiamo aspettare un altro?". In quello stesso momento Gesù guarì molti da
malattie, da infermità, da spiriti cattivi e donò la vista a molti ciechi. Poi diede
loro questa risposta: "Andate e riferite a Giovanni ciò che avete visto e udito:
i ciechi riacquistano la vista, gli zoppi camminano, i lebbrosi sono purificati,
i sordi odono, i morti risuscitano, ai poveri è annunciata la buona notizia. E
beato è colui che non trova in me motivo di scandalo!"» (Le 7,18-23).

«Proclamare di città in città, soprattutto ai più poveri, spesso più disposti, il


gioioso annuncio del compimento delle promesse e dell'Alleanza proposta da

11
Ibidem. «Se Gesù non si sottrae alla fame, non si getta dal pinnacolo del tempio, rifiuta
il potere mondano, ciò significa che egli intende condividere radicalmente i limiti dell'umanità,
anzi, si dispone a scendere nell'abisso ancora più profondo della condizione umana, quello
della morte; perciò, coerentemente, rifiuterà anche di scendere dalla croce (cfr. Me 15,29). Nel
vortice dell'esistenza umana, pienamente condivisa, egli non tenta Dio, per sottrarsi al suo
limite: il solo motivo per uscirvi sarà l'abbandono al Padre, dal cui abbraccio Gesù si troverà
accolto» (M. GRONCHI, Trattato su Gesù Cristo Figlio di Dio salvatore, cit., 139).
12
CEI, La verità vi farà lìberi. Catechismo degli adulti, cit., n. 185.
Dio: tale è la missione per la quale Gesù si dichiara inviato dal Padre. E tutti gli
aspetti del suo ministero, la stessa incarnazione, i miracoli, l'insegnamento, la
chiamata dei discepoli, l'invio dei Dodici, la croce e la risurrezione, la perma-
nenza della sua presenza in mezzo ai suoi, sono componenti della sua attività
evangelizzatrice»13.

1. Nel solco della tradizione

Annunciando il regno, si pone, per certi aspetti, nel solco della tradizione
profetica. Come i profeti, Gesù sa di essere stato mandato per rendere testi-
monianza con le parole e le opere alla potenza salvifica di Dio. Può ritrovarsi
in lui il dramma personale di Osea di fronte all'infedeltà del suo popolo (Os
1-2), la disponibilità generosa di Isaia (Is 6,8), la testimonianza coraggiosa di
Geremia (Ger 1,18), l'eco del grido di Ezechiele che annuncia la risurrezione
della carne (Ez 37,5-6).
Il suo annuncio, tuttavia, ha caratteristiche che lo rendono assolutamente
originale ed unico. I profeti sono i servi di Dio. Gesù è il Figlio unigenito
(Mi 3,17; 11,27; Me 1,11; 9,2-8). I profeti annunciano la parola di Dio. Gesù
è la Parola di Dio (Gv 1,1.18; Me 1,1). I profeti si appellano all'autorità di
Dio. Gesù parla a titolo personale (Mt 5,21-22.27-48; Me 1,22). I profeti
si inseriscono nella linea di una rivelazione che Dio fa progressivamente
secondo la legge dell'accondiscendenza. Gesù è il compimento della rivela-
zione (Mt 5,17; Le 2,6).
Il nucleo essenziale dell'annuncio di Gesù è il mistero del regno: «Il tempo
è compiuto e il regno di Dio è vicino; convertitevi e credete nel Vangelo» (Me
1,15). Annunciando il regno si pone nel solco della tradizione biblica. Il Penta-
teuco sottolinea la regalità di Dio che si manifesta con l'esodo dalla schiavitù
d'Egitto e con la conquista della terra promessa. I profeti annunciano che Dio
regnerà sul monte Sion (Mi 4,6-7; Is 52,7). Anche i Salmi cantano la regalità
di Dio che ha creato il mondo ed ha salvato il suo popolo. Più volte appare
l'acclamazione: «Yahweh malak, il Signore regna!» (Sai 47; 93; 96; 98; 99).
Ma è nel futuro che la regalità di Dio avrà la sua espressione più ampia quando

13
PAOLO VI, L'evangelizzazione nel mondo contemporaneo, 8.12.1975, n. 6. Cfr. G . B A R -
BAGLIO-S. DIANICH, Regno di Dio, in: G . BARBAGLIO-S. DIANICH (edd.), Nuovo Dizionario di
Teologia, cit., 1235-1250; S . A . P A N I M O L L E , R e g n o di Dio, in: P. ROSSANO-G. RAVASI-A. GHIRLAN-
DA (edd.), Nuovo Dizionario di Teologia Biblica, cit., 1296-1322; A . AMATO, Gesù il Signore.
Saggio di cristologia, cit., 162-167; J . RATZINGER - BENEDETTO XVI, Gesù di Nazaret, cit., 69-86;
M . GRONCHI, Trattato su Gesù Cristo Figlio di Dio salvatore, cit., 138-147; J . SCHLOSSER, Regno
di Dìo, in: R . P E N N A - G . P E R E G O - G . RAVASI (edd.), Temi teologici della Bibbia, cit., 1133-1138.
CAPITOLO V - TEMPO DI QUARESIMA1fi1

tutti i popoli lo riconosceranno e gli tributeranno gloria acclamandolo re (Sai


96,7-10). Dio instaurerà la giustizia nel mondo (Sai 96,13), condannerà gli
idolatri e salverà i suoi fedeli (Sai 97,7.10-11).

2. L'evento del regno

Nel corso della sua predicazione Gesù non dà mai una definizione di re-
gno. Preferisce presentarlo ed illustrarlo con il suo stile di vita e con alcune
parabole 14 . Sono le parabole del regno: il seminatore, la zizzania, il granellino
di senape, il lievito, il tesoro nascosto e la perla preziosa, la rete gettata in
mare, i vignaioli omicidi, il padre misericordioso (Mt 13,1-52; 21,33-46; Me
4,1-34; Le 8,4-15; 13,18-30; 15,ll-32) 15 .
Il regno che Gesù annuncia non è un regno politico e non si esaurisce nella
storia degli uomini. È un evento che lascia tracce profonde e che può essere
colto dai semplici e dagli umili. È un mistero che trova "corpo" ed "epifania"
in Gesù: nel suo stile di vita e nelle sue scelte. Di fronte ad esso l'uomo non
può e non deve rimanere indifferente.
Il regno che Gesù annuncia è un evento di grazia che sta per accadere: «Il
tempo è compiuto e il regno di Dio è vicino; convertitevi e credete nel Van-

14
«Le parabole fanno appello all'esperienza umana più semplice e profonda. Sono desun-
te dal mondo della natura, dell'agricoltura e dell'allevamento, dall'attività professionale, dal
denaro, dalla guerra e dalla pace, ma anche dalle realtà domestiche e dalle relazioni familiari.
Si basano su un fondo di saggezza comune; ma, ogni volta, conferiscono all'aneddoto una pro-
fondità insospettata, invitando a cogliere una posta in gioco decisiva in una situazione banale.
Entrare a fondo nel gioco della parabola significa gettare sulla propria esistenza la luce cruda
della verità, significa impegnarsi a fare questa verità dentro di sé, cioè a convertirsi al Regno»
(B. SESBOUÉ, Gesù Cristo nella tradizione della Chiesa, cit., 249).
15
Cfr. C.H. D O D D , Le parabole del regno, Paideia, Brescia 1 9 7 0 ; J . JEREMIAS, Le parabole
di Gesù, cit.; J . DUPONT,11 metodo parabolico di G E I « , Paideia, Brescia 1 9 7 8 ; K . G U T B R O D , G W -
da alle parabole di Gesù, Paideia, Brescia 1 9 8 0 ; J . LAMBRECHT, Le parabole di Gesù, Edizioni
Dehoniane, Bologna 1 9 8 2 ; E. LINNERMANN, Le parabole di Gesù, Queriniana, Brescia 1 9 8 2 ; F.
Fusco, Oltre la parabola. Introduzione alle parabole di Gesù, Boria, Roma 1 9 8 3 ; IDEM, Para-
bola/Parabole, in: P. ROSSANO-G. RAVASI-A. GHIRLANDA (edd.), Nuovo Dizionario di Teologia
Biblica, cit., 1 0 8 1 - 1 0 9 7 ; A . KEMMER, Le parabole di Gesù. Come leggerle, come comprenderle,
Paideia, Brescia 1 9 9 1 ; H . WEDER, Metafore del Regno. Le parabole di Gesù. Ricostruzione
ed interpretazione, Paideia, Brescia 1 9 9 1 ; B. MAGGIONI, Le parabole evangeliche, Ed. Vita
e Pensiero, Milano 1 9 9 5 ; R. GUARDINI, Parabole, Morcelliana, Brescia 1 9 9 6 ; O . BATTAGLIA,
Le parabole del Regno. Ricerca esegetica e pastorale sulle sette parabole del capitolo 13 di
Matteo, Cittadella Editrice, Assisi 1 9 9 9 2 ; A J . HULTGREN, Le parabole di Gesù, Paideia, Brescia
2 0 0 4 ; R . MEYNET, Parabola, in: R. P E N N A - G . P E R E G O - G . RAVASI (edd.), Temi teologici della
Bibbia, cit., 9 4 4 - 9 4 9 .
CAPITOLO V - TEMPO^LQUARESIMA

gelo» (Me 1,15); un evento presente: «Ma, se io scaccio i demòni per mezzo
dello Spirito di Dio, allora è giunto a voi il regno di Dio» (Mt 12,28);

«I farisei gli domandarono: "Quando verrà il regno di Dio?". Egli rispose loro:
"Il regno di Dio non viene in modo da attirare l'attenzione, e nessuno dirà:
"Eccolo qui", oppure: "Eccolo là". Perché, ecco, il regno di Dio è in mezzo a
voi!» (Le 17,20-21);

un evento escatologico:

«Ora, mentre mangiavano, Gesù prese il pane, recitò la benedizione, lo spezzò e,


mentre lo dava ai discepoli, disse: "Prendete, mangiate: questo è il mio corpo".
Poi prese il calice, rese grazie e lo diede loro, dicendo: "Bevetene tutti, perché
questo è il mio sangue dell'alleanza, che è versato per molti per il perdono dei
peccati. Io vi dico che d'ora in poi non berrò di questo frutto della vite fino al
giorno in cui lo berrò nuovo con voi, nel regno del Padre mio"» (Mt 26,26-29).

«Il regno di Dio è presente e futuro, umile e nascosto; non sconvolge, ma


valorizza la realtà quotidiana; sviluppa la sua efficacia silenziosamente, come
un piccolo seme o un pugno di lievito; esige da noi il coraggio della fede e una
paziente cooperazione»16.

Il regno che Gesù annuncia e rende presente ha come destinatari privi-


legiati i poveri (Mt 5,3; Le 4,18; 6,30), i piccoli (Me 10,13-16), i peccatori
(Mt 9,12-13; Me 2,17; Le 5,31-32), i pagani (Mt 8,11-12; 15,21-28; Me
7,24-30) 17 .

5. IL M E S S A G G I O D I G E S Ù

Alla luce del vangelo del regno si può comprendere il messaggio di


Gesù. Messaggio che può avere sintesi espressiva nel discorso della mon-
tagna (Mt 5,1-7,29). La montagna richiama quella del Sinai (Es 19-24). Il
discorso richiama le "dieci parole" che Dio consegna a Mosè (Es 20,1-17).

16
CEI, La verità vi farà liberi. Catechismo degli adulti, cit., n. 126.
17
«Gli atti taumaturgici, segno delle "beatitudini" promesse ai piccoli nel regno di Dio,
ma anche i gesti più semplici della vita quotidiana (come mangiare e bere con i peccatori e i
pubblicani) sono segni dell'apertura del regno di Dio a tutte le categorie di persone, a conferma
del rovesciamento dei criteri che vi danno accesso. In quanto tali, essi sono attualizzazione della
venuta del regno di Dio nella persona stessa di Gesù» ( M . GRONCHI, Trattato su Gesù Cristo
Figlio di Dio salvatore, cit., 145-146).
CAPITOLO V - TEMPO DI QUARESIMA1fi1

Gesù non toglie nulla alla legge di Mosè, ma va alla radice dei comporta-
menti umani. Il discorso propone una concezione di vita esigente e gioiosa.

1. Le beatitudini

Le beatitudini 18 possono essere considerate come il "manifesto" di Gesù.


«Rappresentano la carta del Regno: illustrano i paradossi del mondo nuovo
che Gesù crea» 19 . Sono al centro della sua predicazione. «La loro proclama-
zione riprende le promesse fatte al popolo eletto a partire da Abramo» 20 .

«L'orizzonte in cui prendono posto i vari "macarismi" è la signoria di Dio - la


costruzione passiva attesta il fatto che è Dio a donare consolazione, sazietà e
perdono - , per cui l'uomo peccatore, malato e oppresso può pregustare fin da
ora la felicità del regno futuro, in quanto la logica teocentrica inaugurata da
Gesù dischiude un nuovo modo di valutare ogni cosa»21

«Vedendo le folle, Gesù salì sul monte: si pose a sedere e si avvicinarono a lui
i suoi discepoli. Si mise a parlare e insegnava loro dicendo:
"Beati i poveri in spirito,
perché di essi è il regno dei cieli.
Beati quelli che sono nel pianto,
perché saranno consolati.
Beati i miti,
perché avranno in eredità la terra.
Beati quelli che hanno fame e sete della giustizia,
perché saranno saziati.
Beati i misericordiosi,
perché troveranno misericordia.

18
Cfr. J . DUPONT, Beatitudine/Beatitudini, in: P . R O S S A N O - G . RAVASI-A. GHIRLANDA (edd.),
Nuovo Dizionario dì Teologia Bìblica, cit., 1 5 5 - 1 6 1 ; G . SALDARINI, Le beatitudini evangeliche,
O. R . , Milano 1 9 8 9 ; L. SERENTHÀ, Il Regno dì Dìo è qui. Il discorso della montagna, Ancora,
Milano 1 9 8 9 ; M. RUSSOTTO, Le beatitudini evangeliche, Libreria Editrice Vaticana, Città del
Vaticano 1 9 9 1 ; A A . V V . , Il paradosso delle Beatitudini, O. R . , Milano 1 9 9 5 ; C. GHIDELLI, Bea-
titudini evangeliche e spiritualità laicale, Queriniana, Brescia 1 9 9 6 ; J . RATZINGER - BENEDETTO
XVI, Gesù di Nazaret, cit., 8 7 - 1 2 5 ; M. DUMAIS, Beatitudini, in: R . P E N N A - G . P E R E G O - G . RAVASI
(edd.), Temi teologici della Bibbia, cit., 1 2 2 - 1 2 7 .
19
B. SESBOUÉ, Gesù Cristo nella tradizione della Chiesa, cit., 246.
20
Catechismo della Chiesa Cattolica, cit., n. 1716.
21
M . GRONCHI, Trattato su Gesù Cristo Figlio di Dio salvatore, cit., 1 6 5 . Le beatitudini
riguardano il presente dell'uomo: «Qui e ora Gesù il profeta escatologico è presente tra i poveri
e porta loro adesso il messaggio di gioia. Non si tratta di un aldilà, ma della sovranità di Dio
che con l'apparizione di Gesù comincia a realizzarsi: la svolta escatologica sta per avvenire
ora... Ora avviene, vale a dire, ora si compie quest'attesa desiderosa del Dio soccorritore; la
realizzazione della promessa e dell'attesa è imminente. Con Gesù sopraggiunge... il regno di
Dio» ( E . SCHILLEBEECKX, Gesù la storia di un vivente, Queriniana, Brescia 1 9 7 6 , 1 7 4 . 1 7 7 ) .
il CAPJTOLOV^XEMPO^UAMSÌMA

Beati i puri di cuore,


perché vedranno Dio.
Beati gli operatori di pace,
perché saranno chiamati figli di Dio.
Beati i perseguitati per la giustizia,
perché di essi è il regno dei cieli.
Beati voi quando vi insulteranno, vi perseguiteranno e, mentendo, diranno
ogni sorta di male contro di voi per causa mia. Rallegratevi ed esultate, perché
grande è la vostra ricompensa nei cieli. Così infatti perseguitarono i profeti che
furono prima di voi"» (Mt 5,1-11).

«Le prime tre beatitudini ci fanno volgere verso Dio: ci invitano ad aprirci a
lui per essere appagati. La quarta fa il passaggio dall'apertura a Dio all'aper-
tura agli altri, poiché la sete della volontà di Dio contiene l'una e l'altra. Le
beatitudini dei misericordiosi, dei puri di cuore e degli operatori di pace ci
propongono il giusto comportamento da avere nei confronti dei nostri fratelli e
sorelle in comunità. Così dunque l'etica cristiana proposta nelle beatitudini si
radica nella spiritualità»22.

«Beati i poveri perché Dio li ama, si impegna a liberarli dalla sofferenza e fin
d'ora conferisce loro la dignità di suoi figli, che nessuna circostanza esteriore
può compromettere. Chi vive consapevolmente la comunione filiale con Dio fa
esperienza di gioia anche in mezzo alle tribolazioni, come Gesù. E necessario
però condividere l'atteggiamento del Maestro, "mite ed umile di cuore" (Mt
11,29) e vivere secondo lo spirito delle beatitudini. Confidare nella ricchezza,
gloriarsi della propria giustizia, considerarsi autosufficienti: ecco ciò che im-
pedisce di accogliere il regno di Dio, che è dono gratuito»23.

2. Il precetto dell'amore

Il precetto dell'amore è il cuore del messaggio di Gesù.

«Avete inteso che fu detto: Amerai il tuo prossimo e odierai il tuo nemico.
Ma io vi dico: amate i vostri nemici e pregate per quelli che vi perseguitano,
affinché siate figli del Padre vostro che è nei cieli; egli fa sorgere il suo sole sui

22
M . DUMAIS, Beatitudini, in: R . P E N N A - G . P E R E G O - G . RAVASI (edd.), Temi teologici della
Bibbia, cit., 126.
23
GEI, La verità vi farà liberi. Catechismo degli adulti, cit., n. 135. «Il messaggio di Gesù
non è una somma di comandamenti. Seguire il suo esempio non significa dare esecuzione a
un certo numero di prescrizioni. Non per nulla al vertice del discorso della montagna stanno
promesse di beatitudine per gli infelici. Il dono, l'elargizione, la grazia precedono la norma, il
precetto, la direttiva: tutti sono chiamati, a tutti è offerta la salvezza, senza privilegi di sorta.
Le direttive stesse, poi, non sono che conseguenze del messaggio sul regno di Dio» ( H . K U N G ,
Essere cristiani, cit., 269).
CAPITOLO V - T E M P O DI QUARESIMA 1 Fi 1

cattivi e sui buoni, e fa piovere sui giusti e sugli ingiusti. Infatti, se amate quelli
che vi amano, quale ricompensa ne avete? Non fanno così anche i pubblicani?
E se date il saluto soltanto ai vostri fratelli, che cosa fate di straordinario? Non
fanno così anche i pagani? Voi, dunque, siate perfetti come è perfetto il Padre
vostro celeste» (Mt 5,43-48)24.

L'amore verso il prossimo non è disgiunto dall'amore verso Dio.

«Allora i farisei, avendo udito che egli aveva chiuso la bocca ai sadducei, si
riunirono insieme e uno di loro, un dottore della Legge, lo interrogò per met-
terlo alla prova: "Maestro, nella Legge, qual è il grande comandamento?".
Gli rispose: "Amerai il Signore tuo Dio con tutto il tuo cuore, con tutta la tua
anima e con tutta la tua mente. Questo è il grande e primo comandamento. Il
secondo poi è simile a quello: Amerai il tuo prossimo come te stesso. Da questi
due comandamenti dipendono tutta la Legge e i Profeti"» (Mt 22,34-40)25.

Amore verso Dio e verso il prossimo. Amore fraterno. Appare chiaramente


da Giovanni:

«Questo è il mio comandamento: che vi amiate gli uni gli altri come io ho ama-
to voi. Nessuno ha un amore più grande di questo: dare la sua vita per i propri
amici. Voi siete miei amici, se fate ciò che io vi comando. Non vi chiamo più
servi, perché il servo non sa quello che fa il suo padrone; ma vi ho chiamato
amici, perché tutto ciò che ho udito dal Padre mio l'ho fatto conoscere a voi.
Non voi avete scelto me, ma io ho scelto voi e vi ho costituiti perché andiate e
portiate frutto e il vostro frutto rimanga; perché tutto quello che chiederete al
Padre nel mio nome, ve lo conceda. Questo vi comando: che vi amiate gli uni
gli altri» (Gv 15,12-17).

«Neppure tra i seguaci di Gesù mancano egoismi e tensioni, ma la legge che


regola i rapporti è quella della carità. Chi decide di seguirlo, sa che deve im-

24
«L'amore per il prossimo non ha nulla a che vedere con il sentimentalismo, con il "cuore
tenero", con un atteggiamento - epicureo o piccolo borghese - che si situa passivamente fuori
degli eventi della storia. In Gesù l'amore per il prossimo è frutto del tempo, di una vita dura,
non è "compassione" nel senso di Schopenhauer, non è simpatia per la debolezza degli altri: in
Gesù l'amore per il prossimo è una "esigenza severa e senza compromessi nei confronti di se
stessi", è l'impegno di darsi totalmente agli altri e, nell'ambito di questa dedizione, di soffrire
la violenza e l'ingiustizia piuttosto che provocarla» ( M . MACHOVEC, Gesù per gli atei, Cittadella
Editrice, Assisi 1973,119).
25
«L'amore per Dio è il grande e fondamentale precetto di Gesù, che si collega all'amore
per il prossimo, in modo da costituire un unico supremo comandamento... L'amore di Dio
predicato da Gesù riveste la fondamentale caratteristica di passione ardente» (M. GRONCHI,
Trattato su Gesù Cristo Figlio dì Dio salvatore, cit., 367.368). «Portando alle estreme conse-
guenze l'amore del prossimo e rifiutando ogni interpretazione legalistica, Gesù è andato oltre il
giudaismo del suo tempo» ( R . SCHNACKENBURG, Il messaggio morale del Nuovo Testamento, l,
Da Gesù alla chiesa primitiva, Paideia, Brescia 1989,113). Cfr. BENEDETTO XVI, Deus charitas
est, 25.12.2005, nn. 1.16-18.
CAPITOLO V - TEMPO D J Q U M G S J M A ,

pegnarsi seriamente per una forma di vita, che prevede servizio scambievole,
correzione fraterna, perdono, riconciliazione, attenzione ai più deboli. Questo
atteggiamento deve valere verso tutti, anche verso gli estranei: lo insegna con
mirabile efficacia la parabola del samaritano»26.

3. Il Padre nostro

«Il discorso della montagna è dottrina di vita, l'Orazione domenicale è pre-


ghiera, ma nell'uno e nell'altra lo Spirito del Signore dà nuova forma ai nostri
pensieri... Gesù ci insegna la vita nuova con le sue parole e ci educa a chie-
derla mediante la preghiera. Dalla rettitudine della nostra preghiera dipenderà
quella della nostra vita in lui»27.

«L'Orazione domenicale è veramente la sintesi di tutto il Vangelo»28. «Se passi


in rassegna tutte le parole delle preghiere contenute nella Sacra Scrittura, per
quanto io penso, non ne troverai una che non sia contenuta e compendiata in
questa preghiera insegnataci dal Signore»29.

«Voi dunque pregate così:


Padre nostro che sei nei cieli,
sia santificato il tuo nome,
venga il tuo regno,
sia fatta la tua volontà,
come in cielo così in terra.
Dacci oggi il nostro pane quotidiano,
e rimetti a noi i nostri debiti
come anche noi li rimettiamo ai nostri debitori,
e non abbandonarci alla tentazione,
ma liberaci dal male» (Mt 6,9-13).

26
C E I , La verità vi farà liberi. Catechismo degli adulti, cit., nn. 1 6 1 - 1 6 2 . «Amore vuol
dire perdono... E caratteristica di Gesù una disponibilità al perdono che non conosce limiti:
non sette volte, ma settantasette volte, e cioè di continuo, all'infinito. E a chiunque, senza
eccezioni... Amore vuol dire servizio... È caratteristico di Gesù un servizio altruistico che non
conosce rapporti gerarchici... Amore vuol dire rinuncia... È caratteristica di Gesù la rinuncia
volontaria senza contropartita, concretizzabile come: rinuncia a determinati diritti in favore
dell'altro: percorrere due miglia con chi mi ha costretto ad accompagnarlo per un miglio. Ri-
nuncia al potere a proprie spese: cedere anche il mantello a chi mi ha tolto la tunica. Rinuncia
alla violenza in risposta alla violenza: porgere la guancia sinistra a chi mi ha percosso la destra»
( H . K O N G , Essere cristiani, cit., 2 8 9 . 2 9 0 . 2 9 1 ) .
27
Catechismo della Chiesa Cattolica, cit., n. 2764.
28
TERTULLIANO, De oratione, 1 , 6 , C C L 1 , 2 5 8 .
29
AGOSTINO D'IPPONA, Epistula 1 3 0 , 1 2 , 2 2 : P L 3 3 , 5 0 2 .
CAPITOLO V - T E M P O DI QUARESIMA1fi1

«La preghiera del pater noster è perfettissima... Nella preghiera del Signore
non solo vengono domandate tutte le cose che possiamo desiderare, ma anche
nell'ordine in cui devono essere desiderate: cosicché questa preghiera non solo
insegna a chiedere, ma plasma anche tutti i nostri affetti»30.

4. La casa costruita sulla roccia

L'ascolto della Parola e la sua osservanza sono propri di chi vuole essere
discepolo.

«"Perciò chiunque ascolta queste mie parole e le mette in pratica, sarà simile
a un uomo saggio, che ha costruito la sua casa sulla roccia. Cadde la pioggia,
strariparono i fiumi, soffiarono i venti e si abbatterono su quella casa, ma essa
non cadde, perché era fondata sulla roccia. Chiunque ascolta queste mie parole
e non le mette in pratica, sarà simile a un uomo stolto, che ha costruito la sua
casa sulla sabbia. Cadde la pioggia, strariparono i fiumi, soffiarono i venti e si
abbatterono su quella casa, ed essa cadde e la sua rovina fu grande". Quando
Gesù ebbe terminato questi discorsi, le folle erano stupite del suo insegna-
mento: egli infatti insegnava loro come uno che ha autorità, e non come i loro
scribi» (Mt 7,24-27).

«Colui che conosce la Legge, interpretata secondo lo spirito, ma non la mette


in pratica, viene assimilato ad una casa costruita sulla sabbia, che nel tempo
della prova crolla e viene travolta dal soffio dei venti della malvagità, men-
tre la sconvolgono le acque che arrivano fino all'anima, e il torrente torbido
dell'empietà le apporta il pericolo estremo. Gesù ha detto giustamente, a pro-
posito dell'uomo saggio, lo assomiglierò, e invece, riguardo allo stolto, sarà
assomigliato. Infatti colui che pratica la virtù certamente è forte in Cristo che
lo rafforza, presso il quale è ogni buon esito per gli uomini; presso di lui sono
sapienza, senno e assimilazione col bene. L'uomo cattivo non ha Dio come
causa della sua malvagità e stoltezza, ma egli stesso si è fatto simile allo stolto
essendosi allontanato dalla vita secondo natura ed essendosi comportato contro
natura»31.

30
TOMMASO D ' A Q U I N O , Summa theologiae II-II, 8 3 , 9 . Cfr. R. FABRIS, Padre nostro, pre-
ghiera dentro la vita, Boria, Roma 1 9 8 4 ; P. STEFANI, Il Padre nostro, Marietti, Torino 1 9 9 1 ; H.
SCHURMANN, Padre nostro, la preghiera del Signore, Jaca Book, Milano 1 9 9 4 ; C. Dì SANTE, Il
Padre nostro. L'esperienza di Dio nella tradizione ebraico-cristiana, Cittadella Editrice, Assisi
1 9 9 5 ; B. MAGGIONI, Padre nostro, Vita e Pensiero, Milano 1 9 9 5 ; J . RATZINGER - BENEDETTO XVI,
Gesù di Nazaret, cit., 1 5 7 - 2 0 1 .
31
CIRILLO DI ALESSANDRIA, Frammento 8 9 , in: M . SIMONETTI, Matteo 1-13. La Bibbia com-
mentata dai padri, 1/1, cit., 259.
5. La croce

Gesù è chiaro. Andargli dietro non è facile. La sequela comporta ascolto


sincero, adesione vera, scelta motivata, esperienza di vita coerente, testimo-
nianza solare. In contesto di rinuncia, di sacrificio. In situazione di croce e di
croce quotidiana. Nessuno sconto per il discepolo.

«Chi ama padre o madre più di me, non è degno di me; chi ama figlio o figlia
più di me, non è degno di me; chi non prende la propria croce e non mi segue,
non è degno di me. Chi avrà tenuto per sé la propria vita, la perderà, e chi avrà
perduto la propria vita per causa mia, la troverà» (Mt 10,37-39).

«Allora Gesù disse ai suoi discepoli: "Se qualcuno vuole venire dietro a me,
rinneghi se stesso, prenda la sua croce e mi segua. Perché chi vuole salvare la
propria vita, la perderà; ma chi perderà la propria vita per causa mia, la troverà.
Infatti quale vantaggio avrà un uomo se guadagnerà il mondo intero, ma perde-
rà la propria vita? O che cosa un uomo potrà dare in cambio della propria vita?
Perché il Figlio dell'uomo sta per venire nella gloria del Padre suo, con i suoi
angeli, e allora renderà a ciascuno secondo le sue azioni"» (Mt 16,24-27).

«Una folla numerosa andava con lui. Egli si voltò e disse loro: "Se uno viene
a me e non mi ama più di quanto ami suo padre, la madre, la moglie, i figli, i
fratelli, le sorelle e perfino la propria vita, non può essere mio discepolo. Colui
che non porta la propria croce e non viene dietro a me, non può essere mio
discepolo"» (Le 14,25-27).

6. Gesù il profeta

«Gesù, giunto nella regione di Cesarèa di Filippo, domandò ai suoi discepoli:


"La gente, chi dice che sia il Figlio dell'uomo?". Risposero: "Alcuni dico-
no Giovanni il Battista, altri Elia, altri Geremia o qualcuno dei profeti"» (Mt
16,13-14).

Uno dei profeti. Questa l'opinione della gente. Opinione, certo, legittima,
ma insufficiente. Gesù più che un profeta, è il profeta, il profeta escatologico
che manifesta e porta a compimento i disegni concepiti da Dio per la salvezza
dell'uomo.

«La personalità di Gesù, soprattutto l'autorità inaudita e il totale dono di sé,


lasciano trasparire un profondo mistero. Viene spontaneo domandarsi se egli
non abbia provato a definire la sua identità con qualche titolo o in riferimento a
qualche figura dell'Antico Testamento. Gesù si pone senz'altro al di sopra dei
CAPITOLO V - T E M P O DI QUARESIMA1fi1

profeti e dei sapienti: "ecco, ora qui c'è più di Giona!... c'è più di Salomone!"
(Mt 12,41-42)... Tuttavia Gesù si situa nella linea dei profeti e non respinge la
qualifica di "profeta", con cui viene designato in ambienti popolari. Solo che,
a differenza della gente, non mette l'accento sul potere di taumaturgo, ma sul
destino di profeta rifiutato, perseguitato e martire, perché fedele a Dio e alla
missione ricevuta: "Non è possibile che un profeta muoia fuori di Gerusalem-
me. Gerusalemme, Gerusalemme, che uccidi i profeti e lapidi coloro che sono
mandati a te, quante volte ho voluto raccogliere i tuoi figli come una gallina la
sua covata sotto le ali e voi non avete voluto!" (Le 13,33-34)»32.

Alla luce della testimonianza dei vangeli si possono sottolineare tratti si-
gnificativi dell'attività profetica, evangelizzatrice, di Gesù.
Gesù annuncia con la parola.

«Il suo modo di insegnare è profano, popolare, diretto: se occorre, un argomen-


tare tagliente, spesso consapevolmente grottesco e ironico, sempre pregnante,
concreto e plastico... Gesù non dipende da formule e dogmi. Non sviluppa una
profonda speculazione o una dotta casistica intorno alla legge. Parla per sen-
tenze, similitudini, brevi racconti, universalmente comprensibili e accessibili,
desunti da una vita quotidiana disadorna, di cui ognuno ha esperienza. Molte
delle sue caratteristiche espressioni sono divenute proverbi dei popoli»33.

Gesù annuncia con i suoi atteggiamenti e i suoi comportamenti: nei con-


fronti dei suoi familiari, dei discepoli, dei peccatori, dei poveri, dei bambini,
delle donne, degli emarginati, degli stranieri, dei responsabili delle istituzioni,
della legge, del tempio. Con la sua parola, con il suo atteggiamento e il suo
comportamento Gesù relativizza la legge e il tempio. Legge e tempio non sono
inizio e fine di tutte le strade di Dio.

«Quattro sono i grandi temi su cui si concentra l'annuncio profetico di Gesù


Cristo: 1) l'identità della sua persona: egli sa di essere il Figlio di Dio e si
proclama come tale... ; 2) il mistero della Trinità, rivelato implicitamente, me-
diante la costante professione di obbedienza filiale al Padre e con la promessa
dell'invio dello Spirito Paracleto; 3) la creazione della Chiesa, il popolo della
nuova alleanza, unica arca di salvezza per tutti gli uomini, primizia del regno
di Dio in questo mondo, nonché le condizioni e i mezzi per farne parte: i sacra-
menti e l'osservanza del nuovo comandamento dell'amore; 4) lo scontro fron-
tale che continuerà fino alla fine del mondo con le potenze del Maligno»34.

32
CEI, La verità vi farà liberi. Catechismo degli adulti, cit., n. 218.
33
H . KUNG, Essere cristiani, cit., 1 9 3 - 1 9 4 .
34
B. M O N D I N , Gesù Cristo salvatore dell'uomo. Cristologia storica e sistematica, Edizioni
Stadio Domenicano, Bologna 1 9 9 3 , 3 4 0 - 3 4 1 .
CAPITOLO V - T E M P O DI QUARESIMA1fi1

Gesù, in pratica, annuncia la bella notizia che Dio, fedele alle sue promes-
, è un Dio che libera e salva. La salvezza che egli dona

«non solo è liberazione da tutto ciò che opprime l'uomo, ma è soprattutto li-
berazione dal peccato e dal maligno, nella gioia di conoscere Dio e di essere
conosciuti da lui, di vederlo, di abbandonarsi a lui. Tutto ciò comincia durante
la vita del Cristo, è definitivamente acquisito mediante la sua morte e la sua
risurrezione, ma deve essere pazientemente condotto nel corso della storia, per
essere pienamente realizzato nel giorno della venuta definitiva del Cristo, che
nessuno sa quando avrà luogo, eccetto il Padre»35.

6. I M I R A C O L I

Il vangelo del regno è insieme parola e gesto. La parola annuncia l'amore


misericordioso di Dio che in Gesù si rende presente, libera e salva. Il gesto
rende visibile la salvezza che Dio dona. La parola illustra il mistero di Gesù e
della sua prassi. Il gesto manifesta e rafforza ciò che Gesù dice. Entrambi sono
al servizio del progetto di comunione salvifica che Dio intende realizzare.
Uno dei segni della presenza del regno di Dio in mezzo agli uomini sono
i miracoli 36 . Alcuni termini evangelici esprimono il loro significato: "teras" 37
(fatto eccezionale), "seméion" 38 (segno rivelatore di una realtà che lo trascen-
de), "dunamis" 39 (potenza divina). I miracoli sono fatti straordinari e inspiega-
bili, opere potenti che manifestano la potenza creatrice di Dio; segni che nel

35
PAOLO VI, L'evangelizzazione nel mondo contemporaneo, cit., n. 9.
36
Cfr. F . MUSSNER, I miracoli di Gesù. Poblemipreliminari, Queriniana, Brescia 1 9 6 9 ; R .
LATOURELLE, Miracolo, in: G. BARBAGLIO-S. DIANICH (edd.), Nuovo Dizionario di Teologia, cit.,
9 3 1 - 9 4 5 ; E. CHARPENTIER,/miracoli del Vangelo, Gribaudi, Torino 1 9 7 8 ; B. CORSANI, /miracoli
di Gesù nel quarto vangelo. L'ipotesi della fonte dei segni, Paideia, Brescia 1 9 8 3 ; R . LATOUREL-
LE, Miracoli dì Gesù e teologia del miracolo, Cittadella Editrice, Assisi 1 9 8 7 ; IDEM, Miracoli
di Gesù e Teologia del miracolo, Cittadella Editrice, Assisi 1 9 8 7 ; F . URICCHIO, Miracolo, in: P.
R O S S A N O - G . RAVASI-A. GHIRLANDA (edd.), Nuovo Dizionario di Teologìa Biblica, cit., 9 5 5 - 9 7 8 ;
K . STOCK, Le azioni potenti di Gesù nella restimonianza dei vangeli sinottici, in "Communio"
1 0 7 ( 1 9 8 9 ) , 1 0 - 2 3 ; S . L E O N E , I miracoli di guarigione nel Vangelo, Orizzonte Medico, Roma
1 9 9 1 ; A . W E I S E R , I miracoli di Gesù. Saggio sul miracolo come "segno" per coloro che credo-
no, Paideia, Brescia 1 9 9 1 ; R . FISICHELLA,Miracolo, in: G. B A R B A G L I O - G . B O F - S . DIANICH (edd.),
Teologia, cit., 9 9 8 - 1 0 0 9 ; A . AMATO, Gesù il Signore. Saggio di cristologia, cit., 1 7 9 - 1 8 3 ; M.
GRONCHI, Trattato su Gesù Cristo Figlio di Dio salvatore, cit., 1 4 7 - 1 5 4 ; A. BORRELL, Miracolo,
in: R . P E N N A - G . P E R E G O - G . RAVASI (edd.), Temi teologici della Bibbia, cit., 8 5 1 - 8 5 7 ; D . HERCSIK,
Il Signore Gesù. Saggio di cristologia e soteriologia, cit., 1 3 3 - 1 4 0 .
37
Nel NT, il termine téras ricorre 16 volte, di cui 9 in Atti, e soltanto 3 nei vangeli.
38
II termine seméion ricorre 77 volte, di cui 17 in Giovanni.
39
II termine dunamis ricorre 119 volte. Mai in Giovanni.
CAPITOLO V - T E M P O DI QUARESIMA1fi1

contesto della predicazione evangelica trasmettono un preciso significato, la


venuta del regno 40 .

«I miracoli sono gesti con cui Dio ci parla: si rivolgono sempre alle persone,
o perché le riguardano direttamente, come le guarigioni di malati, o almeno
perché recano loro qualche beneficio materiale e spirituale, come accade nella
moltiplicazione dei pani e in altre trasformazioni della natura. E per costituire
il regno, non conta solo il fatto straordinario, ma anche il modo e il contesto in
cui avviene. Gesù di Nazaret mostra il suo stile inconfondibile anche nel fare
miracoli. Coerente con la sua missione di Messia-Servo nel respingere le tenta-
zioni della ricchezza, del successo e del dominio, non si serve mai del miracolo
per il proprio interesse personale, ad esempio per alleviare la propria fame,
sete, stanchezza... Gesù come insegna con autorità, così compie i miracoli con
autorità, a nome proprio: "Io ti dico" (Me 5,41); "Ti ordino" (Me 2,11). Agisce
con naturalezza, senza sforzo e senza alcuna preparazione; gli basta una sem-
plice parola. Il risultato è istantaneo, sebbene i casi sono diversissimi»41.

Il significato dei miracoli è semplice.

«La tradizione sui miracoli di Gesù, così fortemente attestata dalle fonti più
antiche, li presenta come segni della sua identità profonda e del suo rapporto
unico con il Dio che opera nella creazione e nella storia. Essi mostrano la pre-
senza in Gesù del Dio che ha la capacità e la volontà di vincere il male in tutte
le sue manifestazioni, e guida la storia umana verso la pienezza e la felicità. I
miracoli costituiscono un invito ad approfondire la fede in Gesù, che annuncia
e realizza il regno di Dio con potenza»42.

«Non v'è dubbio che molti dei racconti di miracolo abbiano un certo interesse
apologetico, in quanto vogliono affermare la potenza e la missione straordi-

40
«Nel vangelo di Marco, i miracoli vengono presentati come segni di una lotta che Gesù
sostiene contro satana e le forze del male. In Matteo, prevale la parola di Gesù, a cominciare
dal sermone della montagna; i miracoli sono ordinati e sottomessi alla parola; secondo l'evan-
gelista: "Gesù andava attorno per tutta la Galilea, insegnando nelle loro sinagoghe e predicando
la buona novella del regno e curando ogni sorta di malattie e di infermità nel popolo" (Mt
4,13; cfr. anche 9,35). Luca presenta Gesù, attraverso i miracoli, come il grande benefattore
e profeta degli ultimi tempi: "il quale passò beneficando e risanando tutti coloro che stavano
sotto il potere del diavolo, perché Dio era con lui (At 10,38). Per il quarto evangelista, invece,
i miracoli di Gesù sono dei "segni" da riconoscere nella fede, che permettono di cogliere Gesù
come rivelazione di Dio. In tal senso, si comprende il rimprovero di Gesù "se non vedete segni
e prodigi, voi non credete (Gv 4,48); infatti, "voi mi cercate non perché avete visto dei segni,
ma perché avete mangiato di quei pani e vi siete saziati" (Gv 6,26)» (M. GRONCHI, Trattato su
Gesù Cristo Figlio di Dio salvatore, cit., 147-148).
41
CEI, La verità vi farà liberi. Catechismo degli adulti, cit., nn. 189-190.
42
A. BORRELL, Miracolo, in: R . P E N N A - G . P E R E G O - G . RAVASI (edd.), Temi teologici della
Bibbia, cit., 857.
CAPITOLO V - TEMPO Dl QyARESlMA

narie di Gesù. Ma i miracoli di Gesù non erano solo o principalmente una


conferma esterna del suo messaggio; piuttosto, il miracolo era il veicolo del
messaggio. Essi sono "storie di rivelazione". L'una accanto all'altra - la parola
e l'azione miracolosa - esprimevano l'avvento del potere salvifico di Dio»43.

«Dio si è fatto vicino in modo nuovo, per vincere il peccato, la malattia, la


morte e ogni forma di male, per dare all'uomo la salvezza integrale, spirituale,
corporea, sociale e cosmica, ora come in un anticipo e poi alla fine della storia
in pienezza, facendo "nuove tutte le cose" (Ap 21,5). Gesù è il Messia, "colui
che deve venire" (Mt 11,3). Il popolo davanti a questi gesti divini è chiamato
a credere e convertirsi»44.

«I miracoli, in quanto eventi straordinari, scientificamente inspiegabili, e si-


tuati in un contesto cristiano, sono segni della presenza salvifica di Dio nella
storia, parte integrante della missione di Cristo e poi di quella della Chiesa»45.

7. GLI ATTEGGIAMENTI DI GESÙ

Con i suoi atteggiamenti nei confronti dei peccatori, dei poveri, delle donne,
dei bambini (accoglienza, difesa, promozione, modello), della Legge e del tem-
pio Gesù rende visibile, vicino, a portata di mano, il mistero-evento del regno.

I. Peccatori e poveri

Ricerca, incontro, accoglienza, ascolto, misericordia, perdono, liberazio-


ne: questo l'atteggiamento di Gesù nei confronti dei peccatori 46 . «Il Figlio
dell'uomo è venuto a cercare e a salvare ciò che era perduto» (Le 19,10);
«Ecco un mangione e un beone, amico dei pubblicani e dei peccatori» (Mt
II,19). Gesù sa di essere in totale sintonia con la misericordia del Padre. Dio
ama per primo, appassionatamente; va a cercare i peccatori e, quando si con-
vertono, fa grande festa (Le 15,1-32).

43
Il Signore Gesù. Saggio di cristologia e soteriologia, cit., 140.
D . HERCSIK,
44
CEI, La verità vi farà liberi. Catechismo degli adulti, cit., n. 191.
45
Ibidem, n. 108.
46
Cfr. A . SISTI, Misericordia, in: R ROSSANO-G. RAVASI-A. GHIRLANDA (edd.), Nuovo Dizio-
nario di Teologia Biblica, cit., 981-984; A . AMATO, Gesù il Signore. Saggio di cristologìa, cit.,
169-171. «Non si può... negare che Gesù si sia trovato "in cattiva compagnia". Nei Vangeli
vengono continuamente alla ribalta figure ambigue, colpevoli, dalle quali la gente perbene si
tiene a prudente distanza. Contraddicendo quelle che erano le aspettative dei suoi contempora-
nei intorno al predicatore del regno di Dio, Gesù non accettò di recitare la parte del pio asceta
che evita i banchetti e soprattutto determinate persone» (H. KUNG, Essere cristiani, cit., 301).
CAPITOLO V - TEMPO DI QUARESIMA1fi1

Attenzione, incontro, rispetto, promozione: questo l'atteggiamento nei


confronti dei poveri 47 .

«Rendendo visibile con il suo comportamento l'agire stesso di Dio, il Maestro va


incontro a ogni miseria spirituale e materiale. Nutre con la parola e con il pane
le folle stanche e senza guida, disprezzate dai gruppi religiosi osservanti. Si
commuove di fronte ai malati, che gli si accalcano intorno, e li guarisce... Ten-
de la mano a chiunque è umiliato dal peccato, dalla sofferenza, dal disprezzo
altrui... Proclama beati gli ultimi della società, perché sono i primi destinatari
del Regno. Proprio perché sono poveri e bisognosi, Dio nel suo amore gratuito
e misericordioso va loro incontro e li chiama ad essere suoi figli, conferendo
loro una dignità che nessuna circostanza esteriore può annullare o diminuire:
né l'indigenza, né l'emarginazione, né la malattia, né l'insuccesso, né l'umilia-
zione, né la persecuzione, né alcun'altra avversità»48.

2. Donne e bambini

Attenzione, accoglienza, ascolto, amicizia: questo l'atteggiamento nei


confronti delle donne 49 . Gesù conosce la loro vita, spesso difficile; non esita a
farle protagoniste di alcune parabole (Mt 13,13; 25,1-13; Le 15,8; 18,2); libera
dalla malattia la suocera di Pietro (Mt 8, 14-15); risuscita la figlia di Giai-
ro (Me 5,35-43); restituisce la salute alla donna che soffre di emorragia (Me
5,25-34)... Accoglie e perdona la peccatrice (Le 7,36-50). Chiede da bere ad
una donna di Samaria (Gv 4,1-45). Vive un rapporto di profonda amicizia con
Marta e Maria, sorelle di Lazzaro (Gv 11,1-44). Prende le difese dell'adultera
(Gv 8,1-11).

47
Cfr. ASSOCIAZIONE BIBLICA ITALIANA, Evangelizare pauperibus, Atti della X V m Settimana
Biblica, Paideia, Brescia 1966; S.A. PANIMOLLE, Povertà, in: P. ROSSANO-G. RAVASI-A. GHIRLANDA
(edd.), Nuovo Dizionario di Teologìa Biblica, cit., 1202-1216; R . RODRIGUES D A SILVA, Povertà, in:
R . P E N N A - G . PEREGO-G. RAVASI (edd.), Temi teologici della Bibbia, cit., 1061-1068.
48
CEI, La verità vi farà liberi. Catechismo degli adulti, cit., nn. 130-131. La beatitudine
dei poveri «dev'essere intesa come una promessa: una promessa che si avvera per chi, invece,
di ascoltarla impassibilmente, la fa fiduciosamente propria. Già irrompe, nella vita di costui,
il futuro di Dio, con sé portando subito consolazione, eredità, appagamento. Dovunque egli
vada, Dio lo precede, Dio è là. Nella fiducia in questo Dio precedente si trasforma già ora la
sua situazione: già ora può vivere diversamente, diventa capace di una nuova prassi, capace di
un'illimitata disponibilità all'aiuto, senz'ansia di prestigio e senza invidia per chi ha di più» (H.
K O N G , Essere cristiani, cit., 297-298).
49
Cfr. M. ADINOLFI, Donna, in: P . R O S S A N O - G . RAVASI-A. GHIRLANDA (edd.), Nuovo Dizio-
nario di Teologia Biblica, cit., 416-428; A . AMATO, Gesù Cristo liberatore della donna, in:
M . Toso, Essere donna, Elle Di Ci, Leumann (TO) 1989,102-112; E. MOLTMANN-WENDEL, Le
donne che Gesù incontrò, Queriniana, Brescia 1989; F. MOLONEY, La donna prima fra i creden-
ti, SEI, Torino 1989; M. GARZONIO, Gesù e le donne, Rizzoli, Milano 1990. K. B E R G E R , Gesù,
Queriniana, Brescia 2006, 221-240.
Accoglienza, difesa, promozione: questo l'atteggiamento nei confronti dei
bambini50.

«Gli presentavano dei bambini perché li toccasse, ma i discepoli li rimprove-


rarono. Gesù, al vedere questo, s'indignò e disse loro: "Lasciate che i bambini
vengano a me, non glielo impedite: a chi è come loro infatti appartiene il regno
di Dio. In verità io vi dico: chi non accoglie il regno di Dio come lo accoglie
un bambino, non entrerà in esso". E, prendendoli tra le braccia, li benediceva,
imponendo le mani su di loro» (Me 10,13-16).

«Lasciate che i bambini vengano a me, perché di questi è il regno dei cieli»
(Mi 19,14).

«Chi accoglie anche uno solo di questi bambini in nome mio, accoglie me»
(Mi 18,5).

«Chi scandalizza anche uno solo di questi piccoli che credono in me, sarebbe
meglio per lui che gli fosse appesa al collo una macina girata da asino e fosse
gettato negli abissi del mare» (Mi 18,6).

3. Legge e tempio

Rispetto, difesa e libertà nei confronti della Legge51.

«Non crediate che io sia venuto ad abolire la Legge o i Profeti; non sono ve-
nuto ad abolire, ma a dare pieno compimento. In verità io vi dico: finché non
siano passati il cielo e la terra, non passerà un solo iota o un solo trattino della
Legge, senza che tutto sia avvenuto. Chi dunque trasgredirà uno solo di questi
minimi precetti e insegnerà agli altri a fare altrettanto, sarà considerato mini-
mo nel regno dei cieli. Chi invece li osserverà e li insegnerà, sarà considerato
grande nel regno dei cieli» (Mi 5,17-19).

50
Cfr. H . R . W E B E R , Gesù e i bambini, Edizioni Paoline, Alba 1 9 8 1 ; R . CAVEDO, Bambino,
in: P. R O S S A N O - G . RAVASI-A. GHIRLANDA (edd.),Nuovo Dizionario di Teologia Biblica, cit., 1 3 8 -
145. «Il bambino come esempio e modello: ecco qualcosa di veramente nuovo nei confronti
della storia delle religioni e anche della storia della cultura. Prima di Gesù nessuno aveva par-
lato dell'infanzia come di un valore umano, nessuno aveva posto l'infanzia come esempio
dell'umanità... L'esaltazione dell'infanzia come valore, del bambino come uomo, rappresenta
un aspetto importante della storia dell'umanesimo, storia di non alienazione, ma di ritrovamen-
to dell'uomo» ( M . MACHOVEC, Gesù per gli atei, cit., 1 0 8 . 1 1 2 )
51
Cfr. V. Fusco, «Gesù e la legge», in "Rassegna di teologia" 30 (1989), 528-538; A. AMA-
TO, Gesù il Signore. Saggio di cristologia, cit., 167-168; J . RATZINGER - BENEDETTO XVI, Gesù di
Nazaret, cit., 125-156; E J. SCHNABEL, Legge/Diritto, in: R . P E N N A - G . P E R E G O - G . RAVASI (edd.),
Temi teologici della Bibbia, cit., 725-734.
CAPITOLO V - T E M P O DI QUARESIMA 1 fi 1

Pur non opponendosi alla Legge, Gesù non esita a trascurare alcune pre-
scrizioni, come, ad esempio, il sabato (Me 2,28), il digiuno {Me 2,18-20),
l'impurità nel mangiare {Me 7,1-8). Concentra tutta la Legge nei due coman-
damenti dell'amore di Dio e del prossimo, tra loro intimamente congiunti:
«Allora i farisei, avendo udito che egli aveva chiuso la bocca ai sadducei,
si riunirono insieme e uno di loro, un dottore della Legge, lo interrogò per
metterlo alla prova: "Maestro, nella Legge, qual è il grande comandamen-
to?". Gli rispose: "Amerai il Signore tuo Dio con tutto il tuo cuore, con tutta
la tua anima e con tutta la tua mente. Questo è il grande e primo coman-
damento. Il secondo poi è simile a quello: Amerai il tuo prossimo come te
stesso. Da questi due comandamenti dipendono tutta la Legge e i Profeti"»
(Mt 22,34-40).

«Gesù non abolisce la Legge, ma la perfeziona, riconducendola alle esi-


genze della carità, supremo principio ispiratore. Subordina all'autentico
bene dell'uomo le regole della convivenza civile e contesta il formalismo
religioso»52.

Rispetto, difesa e libertà nei confronti del Tempio53. Gesù, da una parte,
insegna nel tempio {Me 11,27; 12,35; 14,49), che considera casa di Dio {Le
6,4; Mt 23,16-21) e casa di preghiera (Le 19,45-48), dall'altra ne annuncia la
rovina e la fine:

«Mentre usciva dal tempio, uno dei suoi discepoli gli disse: "Maestro, guarda
che pietre e che costruzioni!". Gesù gli rispose: "Vedi queste grandi costru-
zioni? Non sarà lasciata qui pietra su pietra che non venga distrutta"» (Me
13,L-2)54.

52
CEI, La verità vi farà liberi. Catechismo degli adulti, cit., n. 160. «Gesù relativizza la
Legge, vale a dire l'intero ordinamento religioso-politico-economico, l'intero sistema sociale:
anche la Legge non è inizio e fine di tutte le strade di Dio. Anche la Legge non è fine a se stessa,
non è l'ultima istanza. La tradizionale devozione alla Legge è dunque un capitolo chiuso. Il
possesso della Legge e la sua corretta osservanza non garantiscono la salvezza» (H. K O N G ,
Essere cristiani, cit., 278).
53
Cfr. A . CASALEGNO, Gesù e il Tempio. Studio redazionale su Luca-Atti, Morcelliana,
Brescia 1984; G . BIGUZZI, "IO distruggerò questo tempio". Il tempio e il giudaismo nel Van-
gelo di Marco, Pontificia Università Urbaniana, Roma 1987; M. BORDONI, Gesù Cristo, in: P.
R O S S A N O - G . RAVASI-A. GHIRLANDA (edd.), Nuovo Dizionario di Teologia Biblica, cit., 543-545;
A . AMATO, Gesù il Signore. Saggio di cristologia, cit., 169; G . BIGUZZI, Tempio, in: R. P E N N A - G .
P E R E G O - G . RAVASI (edd.), Temi teologici della Bibbia, cit., 1355-1362.
54
«Gesù relativizza il Tempio, vale a dire l'ordine del culto, la liturgia, il servizio divino
nel senso stretto del termine: anche il Tempio non è inizio e fine di tutte le strade di Dio. Anche
il Tempio avrà una fine, neppur esso è eterno. La tradizionale devozione per il Tempio è dunque
un capitolo chiuso. Il possesso del Tempio e la corretta pratica del culto non garantiscono la
salvezza» ( H . K U N G , Essere cristiani, cit., 2 7 8 - 2 7 9 ) .
CAPITOLO V J ^ W O D I J2UÀRESIMA_

I TITOLI

Figlio dell'uomo, Figlio di Dio, Messia: questi i titoli che Gesù attribuisce
a se stesso. Vediamoli da vicino.

1. Figlio dell'uomo

Per parlare di se stesso, Gesù preferisce «usare il titolo di Figlio dell'uomo:


lo si può arguire dal fatto che esso ricorre nei vangeli ben ottantadue volte e
sempre sulla sua bocca, come autodesignazione» 55 .
Il titolo si trova in testi che parlano della condizione umana e dell'attività
taumaturgica di Gesù (Mi 8,18-20; Me 2,1-12.27-28); in testi che parlano della
sua passione, della sua morte e della sua risurrezione (Me 8,31-33; 9,30-32;
10,32-34); in testi che riguardano la sua venuta alla fine dei tempi (Me 8,38;
13,24-27; 25,31).
"Figlio dell'uomo" sul piano letterale significa "uomo", "pienamente
uomo"; sul piano teologico allude al «personaggio celeste del libro di Danie-
le, che appare "sulle nubi del cielo", riceve da Dio "potere, gloria e regno" su
"tutti i popoli, nazioni e lingue", "un potere eterno, che non tramonta mai"
(Dn 7,13-14)» 56 .

«L'espressione è la cifra per il mistero della presenza e missione di Gesù. Il


termine rimanda a ciò che gli uditori possono vedere e sperimentare; essi in- i-*

55
GEI, La verità vi farà liberi. Catechismo degli adulti, cit., n. 2 2 1 . Cfr. M. BORDONI, ~OJ
Gesù Cristo, in: BARBAGLIO-S. DIANICH (edd.),Nuovo Dizionario di Teologia, cit., 5 4 8 - 5 5 2 ; R . ¡^
FABRIS, Gesù di Nazareth. Storia e interpretazione, cit., 2 3 0 - 2 4 0 ; B . LINDARS, Credi tu nel Figlio
dell'uomo? I testi evangelici su Gesù Figlio dell'Uomo alla luce delle ultime ricerche, Edizioni *»!
Paoline, CiniselloBalsamo 1 9 8 7 ; R . F A B R I S , Gesù Cristo,in: P. ROSSANO-G. RAVASI-A. GHIRLAN- [•
DA (edd.), Nuovo Dizionario di Teologia Biblica, cit., 6 1 6 - 6 1 7 ; J . RATZINGER - BENEDETTO X V I ,
Gesù di Nazaret, cit., 378-384; F . ARDUSSO, Gesù Cristo, in: G . BARBAGLIO-G. B O F - S . DIANICH
(edd.), Teologia, cit., 667-717; M. GRONCHI, Trattato su Gesù Cristo Figlio di Dio salvatore, |
cit., 180-184. <
56
GEI, La verità vi farà liberi. Catechismo degli adulti, cit., n. 221. «L'interpretazione
dell'espressione "Figlio dell'uomo" sulle labbra di Gesù oscilla tra due poli: al minimo, attesta
la sua autocoscienza carica di novità rispetto alle attese giudaiche, vale a dire l'inaudita prospet-
tiva di un destino messianico doloroso-glorioso; al massimo, una sorprendente connessione tra
il titolo e alcune sue attribuzioni verbali, che potrebbe illuminare una vera e propria autocom-
prensione trascendente, dal momento che perdonare i peccati (cfr. Me 2,10) e venire a giudicare
(cfr. Me 8,38) sono azioni di prerogativa esclusivamente divina» (M. GRONCHI, Trattato su Gesù
Cristo Figlio di Dio salvatore, cit., 184).
%-Ì
CAPITOLO V - TEMPO DI QUARESIMA1fi1

contrano un vero uomo, completamente sottomesso alle circostanze della con-


dizione umana. Ma le affermazioni su questo Figlio dell'uomo rivelano anche
qual è la sua singolare missione: quest'uomo, vero membro del genere umano,
vive in completa unione con Dio, conosce alla perfezione la volontà di Dio e
ne interpreta i comandamenti, riconcilia i peccatori con lui e dà la valutazione
conclusiva di ogni esistenza umana. Un uomo debole e mortale, che può essere
maltrattato e rifiutato, che chiama e interpella, è in realtà il salvatore e il giudi-
ce del genere umano. Ogni affermazione sul Figlio dell'uomo non si impone da
sé, è piuttosto una sfida per la fede. Ma è Dio stesso che sceglie di non imporsi
né costringerci con forza schiacciante, preferendo interpellarci in maniera mite
e filantropica mediante il Figlio dell'uomo»57.

2. Figlio dì Dìo

Nell'Antico Testamento "Figlio di Dio" viene usato per il popolo di Israe-


le, il re (Es 4,22; Sai 2,7), il profeta, il giusto, il Messia. Indica semplicemente
un popolo o un uomo che ha una speciale vocazione di elezione e di adozione
da parte di Dio, del quale diventa figlio prediletto 58 .
A differenza del popolo o del re... che sono figli adottivi di Dio, Gesù è
il "Figlio di Dio" per eccellenza 59 . "Figlio di Dio" in senso unico, originale,
irripetibile. Appare dall'uso del termine "abbà" (papà) per chiamare Dio (Me
14,36)60, dal rapporto unico di sottomissione, di perfetta intimità e reciprocità

57
K. STOCK, Figlio dell'uomo, in: R . P E N N A - G . P E R E G O - G . RAVASI (edd.), Temi teologici
della Bibbia, cit., 488.
58
Cfr. Ibidem, 495.
59
Cfr. M. BORDONI, Gesù Cristo, in: BARBAGLIO-S. DIANICH (edd.), Nuovo Dizionario di
Teologia, cit., 5 5 4 - 5 5 9 ; R . FABRIS, Gesù di Nazareth. Storia e interpretazione, cit., 2 2 4 - 2 3 0 ;
B . SESBOUÉ, Gesù nella tradizione della Chiesa, cit., 2 6 4 - 2 7 8 ; R . FABRIS, Gesù Cristo, in: P.
R O S S A N O - G . RAVASI-A. GHIRLANDA (edd.), Nuovo Dizionario di Teologia Bìblica, cit., 6 1 5 - 6 1 6 ;
F . AKDUSSO, Gesù Cristo, in: G . B A R B A G L I O - G . B O F - S . DIANICH (edd.), Teologia, cit., 6 6 7 - 7 1 7 ;
M . GRONCHI, Trattato su Gesù Cristo Figlio di Dio salvatore, cit., 1 8 5 - 1 9 0 ; K . STOCK, Figlio di
Dìo, in: R . P E N N A - G . P E R E G O - G . RAVASI (edd.), Temi teologici della Bibbia, cit., 4 9 5 - 5 0 2 .
60
«Le espressioni "il Figlio dell'uomo" e "ego eimi" erano prese dalla Scrittura. Senza
dubbio Gesù dava loro un significato nuovo, ma si serviva nondimeno di termini già utilizzati
nel linguaggio religioso della Bibbia. Abba al contrario non apparteneva a questo linguaggio
religioso. E un termine dell'esperienza umana profana, che prende una colorazione inaudita per
il fatto che è applicata a Dio. Attraverso ad esso si rivela tutta l'originalità della coscienza di
Gesù. Si potrebbe parlare, a questo proposito, di un fatto fondamentale. E esso che è il più atto a
indicare come si è formata in Gesù la coscienza della filiazione divina. Noi avevamo notato che
l'ego eimi non è usato da Gesù che nella prospettiva di un riferimento fondamentale al Padre;
così la chiave del significato di questo ego eimi si trova nel termine Abba. Allo stesso modo, le
dichiarazioni sul Figlio dell'uomo implicano in Gesù una filiazione misteriosa di origine cele-
ste; il valore di questo titolo non può rivelarsi che in riferimento al termine Abba. L'appellativo
CAPITOLO V -.TEMPO PI QUARESIMA

con il Padre (Mt ll,25-27) 61 , dalla puntuale distinzione tra "Padre mio e Pa-
dre tuo" (Mi 6,1-18) 62 , dal racconto della parabola dei vignaioli omicidi (Mi
21 33-41); dalla rivendicazione per se stesso del nome di Dio (Es 3,14):

«Vi ho detto che morirete nei vostri peccati; se infatti non credete che Io Sono,
morirete nei vostri peccati» (Gv 8,24).

«Disse allora Gesù: "Quando avrete innalzato il Figlio dell'uomo, allora cono-
scerete che Io Sono e che non faccio nulla da me stesso, ma parlo come il Padre
mi ha insegnato"» (Gv 8,28).

«Allora i Giudei gli dissero: "Non hai ancora cinquant'anni e hai visto Abra-
mo?". Rispose loro Gesù: "In verità, in verità io vi dico: prima che Abramo
fosse, Io Sono". Allora raccolsero delle pietre per gettarle contro di lui; ma
Gesù si nascose e uscì dal tempio» (Gv 8,57-59).

«Per designare se stesso, Gesù si serve di un'espressione scritturistica dell'An-


tico Testamento... Come il titolo di Figlio dell'uomo e più profondamente
ancora, la formula ego eimi riveste una portata enigmatica. Chiamandosi Fi-
glio dell'uomo, Gesù rifiuta di applicare a se stesso i titoli apparentemente

Abba possiede dunque un valore primordiale, che illumina tutte le espressioni della coscienza
di Gesù. Nessun altro vocabolo sarebbe potuto essere più significativo per attestare a qual
punto la coscienza della filiazione divina sia in Gesù una coscienza perfettamente umana. Abba
è il termine usato da qualcuno che ha una coscienza simile a quella degli altri figli, con questa
differenza che qui il padre non è un padre umano, ma Dio» (J. G A L O T , La coscienza di Gesù,
Cittadella Editrice, Assisi 1 9 7 1 , 8 2 - 8 3 ) . Cfr. J . JEREMIAS, Abbà, Paideia, Brescia 1 9 6 8 ; IDEM,
Gesù e il suo annuncio, Paideia, Brescia 1 9 9 3 . R. A R O N , Così pregava l'ebreo Gesù, Marietti,
Casale Monferrato 1982.
61
Gesù è consapevole di ricevere tutto dal Padre. «Il Padre ama il Figlio e gli ha dato in
mano ogni cosa. Chi crede nel Figlio ha la vita eterna; chi non obbedisce al Figlio non vedrà la
vita, ma l'ira di Dio rimane su di lui» (Gv 3,35-36). Il Figlio vive totalmente per la gloria del
Padre: «Il mio cibo è fare la volontà di colui che mi ha mandato e compiere la sua opera» (Gv
4,34). Di fronte alla passione l'obbedienza di Gesù arriva alla suprema dedizione: «Bisogna che
il mondo sappia che io amo il Padre, e come il Padre mi ha comandato, così io agisco. Alzatevi,
andiamo via di qui» (Gv 14,31). Gesù è il Figlio unigenito di Dio fatto uomo, che ci introduce
nell'intimità del Padre, perché «nessuno conosce il Figlio se non il Padre, e nessuno conosce
il Padre se non il Figlio e colui al quale il Figlio lo voglia rivelare» (Mt 11,27). «In Mt 11,27
abbiamo una affermazione centrale sulla missione di Gesù. Il Padre gli ha donato la rivelazione
di se stesso in modo così completo, che solo un padre può fare altrettanto col suo figlio. Perciò
solo lui, Gesù, può dischiudere agli altri la vera conoscenza di Dio» ( J . JEREMIAS, Teologia del
Nuovo Testamento, I, La predicazione di Gesù, Paideia, Brescia 1972, 75-76).
62
Cfr. R.E. B R O W N , Gesù Dio e uomo, Cittadella Editrice, Assisi 1970; J . G A L O T , La co-
scienza dì Gesù, cit.; F . DREYFUS, Gesù sapeva d'essere Dìo?, Edizioni Paoline, Cinisello Bal-
samo (MI) 1985; G . FERRARO, Mio-tuo. Teologia del possesso reciproco del Padre e del Figlio
nel Vangelo dì Giovanni, Libreria Editrice Vaticana, Città del Vaticano 1994; J . RATZINGER -
BENEDETTO XVI, Gesù di Nazaret, cit., 384-405.
CAPITOLO V - TEMPO DI QUARESIMA1fi1

più comprensibili di Figlio di David e di Figlio di Dio, e si serve di un titolo


messianico abbastanza eccezionale, pieno di mistero. Dicendo ego elmi, egli
ha scelto un'autodesignazione di Dio poco frequente, limitata ad alcuni testi
dell'Antico Testamento e suscettibile di nascondere molte oscurità... Il carat-
tere enigmatico dell'ego eimi non implica alcun dubbio, alcuna esitazione, da
parte di Gesù, sulla sua identità. Egli intende semplicemente rivelare questa
identità secondo il suo aspetto misterioso. Si deve riconoscere che, lungi dal
far supporre in lui qualche imbarazzo, l'uso della formula implica un'audacia
notevole, una tranquilla sicurezza che corrisponde al senso stesso di ego eimi e
di cui la riposta al sommo sacerdote è la spiegazione maggiore»63.

Dire che Gesù è Figlio di Dio è dire che tra lui e Dio c'è una speciale
unione. Figlio di Dio dice

«da una parte la premura e l'impegno di Dio per lui, dall'altra la sua fedeltà
a Dio. La natura di questo rapporto non può essere dedotta dalla stessa deno-
minazione; dipende piuttosto dai contesti. In alcuni scritti si manifesta chiara-
mente la parità tra Gesù, il Figlio, e Dio, il Padre: è il caso di Giovanni (cfr.
Gv 1,1: "In principio era il Verbo e il Verbo era presso Dio e Dio era il Verbo";
10,30: "Io e il Padre siamo uno")... Esclusiva, reciproca e uguale è la cono-
scenza che si afferma per il Padre e il Figlio in Mt 11,27 e Le 10,22: essa è al
contempo la condizione per il compito esclusivo di Gesù di rivelare il Padre
(Mt 11,27 e par.; cfr. però anche Gv 1,18; 14,6; 1 Gv 5,20). Ma anche nella
chiamata alla sequela (Me 8,34-35 e par.) e all'ascolto incondizionati (Me 9,7
e par.) si chiede un atteggiamento nei confronti di Gesù che è uguale a quello
che chiede il primo comandamento nei confronti di Dio (Me 12,29-30 e par.).
Significativa è anche l'accusa portata a Gesù dai suoi avversari, secondo la
quale egli sarebbe un bestemmiatore (Me 2,7 e par.) e si farebbe uguale a Dio
(Gv 5,18; 10,33; 19,7). La parità del Figlio con il Padre è la base del signi-
ficato di Gesù per la salvezza degli uomini: in quanto Figlio, conosce Dio e
può rivelarlo come Padre; può riconciliare l'umanità peccatrice con Dio (Gv
3,16; Rm 5,10; 8,32) e trasformarla in figli adottivi di Dio (Gal 4,4-7; cfr. Gv
1,12; 11,52)»64.

63
I. G A L O T , La coscienza di Gesù, cit., 6 6 - 6 7 . « È in Gesù che l'Io sono dell'AT trova la sua
massima realizzazione, in Lui la presenza stessa del Dio fedele e salvatore si realizza in maniera
assoluta e definitiva. Applicando a sé la formula, Gesù rivendica una dignità inaudita a orecchie
giudee: Egli fa proprio il nome e le prerogative stesse di Iahvè. Questo perché egli non è se non
la trasparenza del Padre, una cosa sola con lui: "Conoscerete che Io sono e che nulla faccio da
me, ma come il Padre mi ha insegnato" (8,28)» (M. SERENTHÀ, Gesù Cristo ieri, oggi e sempre.
Saggio di cristologia, cit., 136). L'espressione "Io Sono" con una qualifica si trova in Gv 6,35
(il pane della vita); 8,12 (la luce); 10,11 (il buon pastore); 11,25 (la risurrezione e la vita ); 14,6
(la via la verità); 15,1 (la vera vite).
64
K. STOCK, Figlio di Dìo, in: R . P E N N A - G . P E R E G O - G . RAVASI, Temi teologici della Bibbia,
cit., 501-502.
CAPITOLO V - T E M P O DI QUARESIMA1fi1

3. Messia

Al tempo di Gesù gli zeloti attendono un messia capo rivoluzionario, i


farisei un messia maestro della legge, gli esseni un messia sacerdote. La gente
un messia che ha i tratti di un liberatore politico, della casa di Davide.
Per questa ragione, Gesù non usa mai il termine messia per indicare se
stesso. Sa di essere messia 65 , ma messia secondo lo stile del servo sofferente
(Me 8,31). Sa di essere messia e lo riconosce e lo accetta quando altri lo dico-
no di lui. È il caso della samaritana (Gv 4,25), di Pietro (Me 8,29), del sommo
sacerdote (Me 14,61.62)66.
Per non essere frainteso, Gesù, al posto del termine messia, usa frequen-
temente l'espressione "Figlio dell'uomo". La comunità cristiana delle origini
confessa apertamente che Gesù è il messia, il Cristo (At 2,32-36; ICor 1,22-
24; 15,3; Rm 3,22-26; 6,4.8-11; Gal 2,15-17; 5,2-6).

«I primi credenti dell'ambiente palestinese professano che Gesù è il Cristo, il


Messia glorificato, consacrato con l'unzione di Spirito Santo, intronizzato alla
destra del Padre. Quel titolo, che durante la vita terrena del maestro poteva far
pensare a una sovranità in senso politico nazionale, adesso si libera di ogni
ambiguità. Gesà è Messia-re di un regno che riguarda tutti i popoli e la loro
storia, ma soprattutto va al di là della storia. Davvero Dio ha glorificato il suo
Servo obbediente!»67.

9. C O N I P A D R I D E L L A C H I E S A

1. Il battesimo di Gesù

«Abbiamo dunque la Trinità in certo qual modo distinta: il Padre nella voce, il
Figlio nell'uomo e lo Spirito Santo nella colomba. Veramente queste cose era
necessario solo ricordarle, poiché è assai facile comprenderle. Questa Trinità
infatti ci è presentata in modo assai chiaro e senz'ombra alcuna di dubbio, dal
momento che Cristo Signore, andando da Giovanni nella natura di servo, è pre-

65
Cfr. A . VÒGTLE, Messia e figlio di Dio, Paideia, Brescia 1 9 7 6 ; M . BORDONI, Gesù Cristo,
in: G . BARBAGLIO-S. DIANICH (edd.), Nuovo Dizionario di Teologia, cit., 5 5 4 - 5 5 9 ; R . FABRIS,
Gesù di Nazareth. Storia e interpretazione, cit., 2 1 7 - 2 2 4 ; F . ARDUSSO, Gesù Cristo, in: G . B A R -
BAGLIO-G. B O F - S . DIANICH (edd.), Teologia, cit., 6 6 7 - 7 1 7 ; M . GRONCHI, Trattato su Gesù Cristo
Figlio di Dio salvatore, cit., 1 7 7 - 1 8 0 .
66
Cfr. G . JOSSA, Messianismo, in: R . P E N N A - G . P E R E G O - G . RAVASI, Temi teologici della Bib-
bia, cit., 8 4 0 - 8 4 2 .
67
CEI, La verità vi farà lìberi. Catechismo degli adulti, cit., n. 287.
C A P I T O L O V ^ T E M P O DIQUARESIMA JJJX,

cisamente il Figlio; poiché non si può dire che sia il Padre o che sia lo Spirito
Santo: Andò, è detto, Gesù\ proprio il Figlio di Dio. Quanto alla colomba, chi
potrebbe dubitare? Oppure chi potrebbe dire: "Che cosa significa la colom-
ba?", dato che lo stesso vangelo esterna con estrema chiarezza: Discese su di
lui lo Spirito santo sotto le sembianze di colombai A proposito poi della voce
non vi è parimenti alcun dubbio che sia quella del Padre, poiché è detto: Tu sei
mio Figlio. Abbiamo la Trinità distinta. Se però consideriamo i luoghi, oso dire
(sebbene lo dica con rispettoso timore, tuttavia oso dirlo) che la Trinità è sotto
un certo aspetto separabile, poiché Gesù si recò al fiume, la colomba dal cielo
discese in terra, da un luogo in un altro e la stessa voce del Padre non risuonò
né dalla terra né dall'acqua, ma dal cielo. Queste tre realtà sono, per così dire,
separate a causa dei luoghi, delle funzioni, delle azioni. Qualcuno potrebbe
dirmi: "Dimostrami la Trinità inseparabile. Ricordati che tu parli da cattolico e
a dei cattolici". Ebbene, questo insegna la nostra fede, cioè la fede vera, la fede
retta, la fede cattolica risultante non da congetture o da idee preconcette, ma
dai testi della Sacra Scrittura, e non malsicura per la temerità degli eretici, ma
fondata sulla verità insegnata dagli Apostoli. Questo sappiamo, questo credia-
mo; questo, anche se non lo vediamo con gli occhi e ancora neppure col cuore
fin quando ci purifichiamo con la fede, questo tuttavia noi riteniamo grazie
alla stessa fede in maniera assolutamente giusta e salda, che cioè il Padre, il
Figlio e lo Spirito Santo sono l'inseparabile Trinità; un solo Dio, non tre dèi; un
solo Dio, tuttavia, in modo che il Figlio non è il Padre, il Padre non è il Figlio,
lo Spirito Santo non è né il Padre né il Figlio, ma è lo Spirito del Padre e del
Figlio. Questa divinità ineffabile immanente in se stessa che tutto rinnova, che
crea, ricrea, che invia e richiama, giudica e libera ogni essere, questa Trinità
ineffabile sappiamo che è nello stesso tempo inseparabile»68.

2. Le tentazioni

«Se analizziamo il succedersi delle tentazioni in lui, ci rendiamo conto dell'im-


mensa generosità con cui siamo liberati dalle nostre. L'antico avversario aggredì
il primo uomo, nostro progenitore, con tre tentazioni, avendolo messo alla prova
nella gola, nella vanagloria e nell'avarizia; e lo piegò nella sconfitta, perché lo
sottomise a sé ottenendone il consenso. Lo tentò nella gola, mostrandogli il cibo
dell'albero proibito e spingendolo a gustarne. Così avvenne per la vanagloria,
dicendo: Sarete come dèi (Gn 3,5). Lo tentò anche accennando a profitti d'ava-
rizia, con queste parole: Conoscerete il bene e il male. L'avarizia non riguarda
solo la bramosia del denaro, ma anche del prestigio, e si ricorre con proprietà a
questo linguaggio quando l'ambizione mira a eccessivi traguardi. Se invece l'ap-
propriazione di onori non riguardasse l'avarizia, l'apostolo Paolo non avrebbe
scritto dell'Unigenito Figlio di Dio: Non reputò una rapina essere uguale a Dio
fc;

:. 68
AGOSTINO D'IPPONA, Discorso 2, 1-2, in: M . SIMONETTI, Matteo 1-13. La Bibbia commen-
tata dai padri 1/1, cit., 104.
IFLFT C A P I T O L N V - T E M P O DI QUARESIMA

(FU 2,6). Il demonio trascinò il nostro progenitore nella superbia spingendolo


a questa forma di avarizia verso i più alti onori. Cristo fu vittorioso proprio in
questi tre ambiti. Attraverso le arti con cui sconfisse il primo uomo, il diavolo
fu, però, piegato dal secondo, quando si presentò per tentarlo. Cominciò con la
gola, quando disse: Comanda a queste pietre di trasformarsi in pane. Poi con
la vanagloria: Se sei Figlio dì Dio, buttati giù. E anche con quell'avarizia che
è bramosa di prestigio, mostrando tutti i regni del mondo e dicendo: Ti darò
tutte queste cose se, prostrandoti, mi adorerai. Satana viene però sconfitto dal
secondo Uomo proprio laddove si gloriava di aver riportato vittoria sul primo,
e questo significa che egli deve uscire sconfitto dai nostri cuori, percorrendo
la stessa via attraverso la quale, una volta entrato, ci soggiogava. Un altro
dato dobbiamo considerare, fratelli carissimi, riguardo a questa tentazione del
Signore; che cioè alle proposte del diavolo egli oppone i precetti della Scrit-
tura, e, pur potendo con la sua parola - per essere egli il Verbo - , sprofondare
nell'abisso il tentatore, non mostrò la grandezza della sua potenza, ma fece
ricorso solo ai divini precetti, per dare un esempio di pazienza e renderci ca-
paci di ricorrere alla verità e non alla vendetta quando subiamo oltraggio dai
malvagi. Riflettiamo alla straordinaria pazienza di Dio, e all'impazienza no-
stra. Se siamo provocati da ingiurie o da qualche offesa, travolti dall'ira, o ci
vendichiamo direttamente, se possiamo, o minacciamo di farlo, se ci mancano
le possibilità. Il Signore tollerò l'affronto di Satana e non gli oppose che parole
di mansuetudine, sopportò, pur potendo punire; e crescono, così, i motivi di
rendergli lode, avendo egli sconfitto il nemico non annientandolo ma mediante
la virtù della pazienza»69.

3. Cristo è il regno di Dio

«Chiediamo che anche il regno di Dio sia realizzato per noi. Così come do-
mandiamo che il suo nome sia santificato in noi. Quand'è infatti che Dio non
regna o che presso di lui abbia inizio ciò che è sempre stato e che non cessa
di essere? Domandiamo che giunga il nostro regno che Dio ci ha promesso,
richiesto dal sangue e dalla passione di Cristo, affinché noi che prima nel
mondo siamo stati servi, in seguito regniamo sotto il dominio di Cristo, così
come egli stesso ci promette dicendo: Venite, benedetti dal Padre mio, riceve-
te il regno che fin dall 'origine del mondo è stato preparato per voi (Mt 25,34).
Amatissimi fratelli, può in verità rappresentare il regno di Dio Cristo stesso
che desideriamo venga ogni giorno, la cui venuta desideriamo che per noi si
compia presto. Rappresentando egli la resurrezione, poiché in lui risorgiamo,
può essere considerato anche regno di Dio, poiché in lui siamo destinati a
regnare»70.

69
GREGORIO MAGNO, Omelie sui Vangeli 1 6 , 2 - 3 , in: Ibidem, 116.
70
CIPRIANO, Il Padre nostro 13, in: Ibidem, 206.
CAPITOLO V - TEMPO DI QUARESIMA 1fi1

4. Come granello di senapa

«Simile a un grano di senapa, come dice, è il regno di Dio, che ci è recato


dal cielo mediante la parola, è accolto con l'ascolto, è seminato con la fede,
mette radici con la volontà di credere, cresce con la speranza, si diffonde con
la professione di fede, con la virtù si protende e si dilata nei rami. Ad essi
invia gli uccelli, cioè i sentimenti spirituali, e li accoglie su di essi in tranquilla
dimora»71.

5. L'amore evangelico

«Il Signore ci fa capire che non possiamo pretendere di conseguire il merito


degno di un amore perfetto, se amiamo solo coloro da cui siamo sicuri di ot-
tenere il ricambio con uguale amore, dal momento che non è un segreto che
un amore simile è pur possibile ritrovare anche tra i pagani e tra i peccatori.
Perciò il Signore vuole che siamo in grado di superare la legge dell'amore
umano mediante la legge dell'amore evangelico: occorre che prediligiamo non
solo quelli che ci stanno attorno, ma anche nemici e quelli che ci odiano; ciò
dev'essere anche ben visibile; così imiteremo veramente l'esempio di bontà e
di pietà che ci viene dal Padre»72.

6. Il padre accoglie il figlio prodigo

«Allora egli si alzerà, andrà da suo padre e gli confesserà: Ho peccato


contro il Cielo e contro di te. Non sono più degno di essere chiamato tuo
figlio. Trattami come uno dei tuoi garzoni. Egli, quando si sarà confessato
così, sarà considerato degno di più di ciò per cui ha pregato. Suo padre non
lo accoglie come uno dei suoi garzoni né lo tratta come un estraneo. Oh,
no, egli lo bacia come un figlio. Lo accetta come un uomo che era morto
e che ora torna alla vita. Lo ritiene degno della festa divina e gli dà i pre-
ziosi indumenti che un tempo vestiva. Ora ci sono canto e festa nella casa
del Signore. Quanto è accaduto è il risultato della grazia e dell'amorevole
misericordia del Padre. Egli non solo riporta suo figlio indietro dalla morte,
ma attraverso lo Spirito mostra chiaramente la sua grazia. Per rimpiazzare
la corruzione, lo veste con una tunica incorruttibile. Per soddisfare la fame,
uccide il vitello grasso. Il Padre procura scarpe per i suoi piedi, così che
non viaggi più lontano. E, cosa più meravigliosa di tutte, gli mette un anel-

71
PIETRO CRISOLOGO, Discorso 98, 4, in: A . A . JUST JR, Luca. La Bibbia commentata dai
Padri, 3, cit., 326.
72
CROMAZIO DI AQUILEIA, Commento al vangelo di Matteo 26, 2, in: M . SIMONETTI, Matteo
1-13. La Bibbia commentata dai padri, 1/1, cit., 189.
CAPITOLO V - LEMPG^JJQYAGESIIW

lo al dito quale sigillo divino. Con tutte queste cose, lo rigenera e rinnova
nell'immagine della gloria di Cristo»73.

7. Il pubblicano riceve l'assoluzione

«Si dice che il pubblicano, fermatosi a distanza, non si arrischiasse neppure ad


alzare gli occhi. Lo vedete astenersi da ogni audacia di discorsi. Sembra privo
del diritto di parlare e abbattuto dal disprezzo della coscienza. Era timoroso
del fatto che Dio l'avrebbe visto, dal momento che era stato trascurato nel
seguire le sue leggi e aveva condotto una vita licenziosa e sfrenata. Vedete
anche che accusa la propria depravazione in modo manifesto. Lo stolto fariseo
si è posto lì, audace e volgare, alza gli occhi senza alcuno scrupolo, si porta
quale testimone di se stesso e pieno di vanto. L'altro prova vergogna per la
propria condotta. Teme il proprio giudice. Si batte il petto. Riconosce le pro-
prie colpe. Mostra la propria malattia come ad un medico, e prega che questi
abbia misericordia. Qual è il risultato? Ascoltiamo quanto dice il giudice. Dice:
Quest'uomo tornò a casa sua giustificato, a differenza dell'altro»14.

8. La semplicità dei bambini

«Allora perché afferma che i bambini sono fatti per il regno dei cieli (cf Mt
19,14)? Forse perché non conoscono la malvagità, non sanno ingannare, non
osano restituire colpo su colpo (cf IPt 2,22-23), ignorano la ricerca ansiosa
delle ricchezze, non desiderano l'onore, l'ambizione;... quindi qui viene desi-
gnata non l'età puerile, bensì quella rettitudine che va a gara con la semplicità
dei fanciulli (cf ICor 4,20). In realtà la virtù non consiste nel non potere, ma
nel non voler peccare, e nel mantenere una tale perseveranza della volontà da
far sì che l'intenzione imiti l'infanzia, si segua la natura»75.

9. La benedizione dei fanciulli

«Quando comanda che i piccoli gli vengano vicino (cf Le 18,16), per benedirli
sia col tesserne l'elogio sia con l'imporre loro le mani (cf Mt 19,13; Me 10,16),
egli li chiama fanciulli; quando però comanda di non scandalizzarli, li chiama
piccini (cf Me 9,42); infatti non si scandalizzano coloro che sono toccati da
Cristo, non cadono coloro che si avvicinano a Cristo, ma cadono quanti ha
reso meschini non l'esiguità dell'età, bensì la piccolezza della virtù. Al tempo

73
ATANASIO, Lettera festale 7, in : A . A . JUST Jr, Luca. La Bibbia commentata dai padri, 3,
cit., 3 5 9 - 3 6 0 .
74
CIRILLO DI ALESSANDRIA, Commento a Luca, omelia 120, in: Ibidem, 399.
75
AMBROGIO DI M I L A N O , Esposizione del vangelo secondo Luca 8 , 5 7 , in: Ibidem, 402.
CAPITOLO V - T E M P O DI QUARESIMA1fi1

stesso insegna che non bisogna esporre a tentazione i deboli, per evitare che
le loro mancanze ricadano sopra di noi, dal momento che le loro preghiere,
sebbene deboli quanto ai meriti delle virtù, sono portate in alto, fino al Signore,
con l'aiuto degli angeli»76.

](). Ciascuno è responsabile della dispensazione dei beni

«Avete sentito parlare nel vangelo del premio dato ai servi solerti e del castigo
dato a quelli infingardi. Ora, tutta la colpa di quel servo riprovato e severamen-
te condannato fu questa: che non volle far fruttare il denaro ricevuto. Conservò
intatta la somma ricevuta, ma il suo padrone voleva gli interessi. Dio è avaro
per quanto riguarda la nostra salvezza. Se così è condannato colui che non ha
fatto fruttare il denaro per gli altri, che cosa devono aspettarsi coloro che lo dis-
sipano? Noi dunque siamo i dispensatori, noi distribuiamo, voi ricevete. Noi
andiamo in cerca di guadagni: vivete rettamente. Poiché i guadagni del nostro
lavoro di dispensatori sono proprio questi. Voi però non dovete pensare che
anche voi non abbiate il dovere di dare. Non potete dispensare la parola di Dio
da questo luogo più elevato, ma potete farlo dovunque vi troviate. Dove Cristo
è offeso, difendetelo; controbattete le critiche, rimproverate i bestemmiatori,
tenetevi lontano dalla loro compagnia. In tal modo voi sarete dispensatori se
guadagnerete qualcuno»77.

16
Ibidem,?,, 6 3 , in: T H . C . O D E N - A . H A L L , Marco. La Bibbia commentata dai padri, 2, Città
Nuova, Roma 2 0 0 3 , 2 0 1 .
17
AGOSTINO D ' I P P O N A , Discorso 9 4 , in: A . A . JUST Jr, Luca. La Bibbia commentata dai pa-
dri,3,cit.,4ì9-420.
CAPITOLO SESTO

TEMPO DI PASQUA
Il tempo della liberazione dal peccato
e della riconciliazione con Dio

«Perché cercate tra i morti colui che è vivo?


Non e qui, è risorto»
(Le 24,5-6).

«A voi infatti ho trasmesso, anzitutto,


quello che anch'io ho ricevuto, cioè che
Cristo morì per i nostri peccati secondo le Scritture
e che fu sepolto
e che è risorto il terzo giorno secondo le Scritture
e che apparve a Cefa e quindi ai Dodici»
(ICor 15,3-5).

«Egli, che era senza peccato, accettò la passione per noi peccatori e,
consegnandosi a un 'ingiusta condanna,
portò il peso dei nostri peccati.
Con la sua morte lavò le nostre colpe e con la sua risurrezione
ci acquistò la salvezza»1.

«E lui il vero Agnello che ha tolto i peccati del mondo, è lui che
morendo ha distrutto la morte e risorgendo ha ridato a noi la vita»2.

«Per mezzo di lui rinascono a vita nuova i figli della luce,


e si aprono ai credenti le porte del regno dei cieli.
In lui morto è redenta la nostra morte,
in lui risorto tutta la vita risorge»3.

1
CEI, Messale Romano, prefazio della domenica della passione, cit.
2
Ibidem, prefazio pasquale 1.
3
Ibidem, prefazio pasquale 2.
CAPITOLOVI-TEMPODIPASQUA

Il Cristo che la Chiesa professa, celebra e vive è il Cristo che soffre e muo-
re per il peccato dell'uomo; il Cristo che viene risuscitato e glorificato dalla
potenza amorosa e fedele del Padre; il Cristo che appare ai suoi discepoli ed
effonde lo Spirito Santo. Perché tutti siano liberati dal peccato, riconciliati con
Dio, con se stessi, con il mondo ed abbiano la vita. In abbondanza. La lettura
della Resurrezione di Piero della Francesca introduce la riflessione sul tema
della pasqua di morte e di risurrezione di Gesù.
CAPITOLO V I - TEMPO DI PASQUA 1f 5

1. L E T T U R A D E L L A RESURREZIONE DIPIERO DELLA FRANCESCA

Al centro del dipinto il Cristo che vince la morte.

«Il tipo di rappresentazione a cui fa riferimento Piero della Francesca si pone


nell'ambito tematico di Cristo risorgente dal sepolcro che, soprattutto dal XIV
secolo, trova maggior espressione. Ciò che si evidenzia fin dal primo esame
del dipinto è la forte contrapposizione tra l'atteggiamento pieno di vita di Cri-
sto e i corpi delle guardie che giacciono a terra inanimate. Contrapposizione
evidenziata non solo dalla figura eretta di Cristo, dal piede sollevato e posto
sul bordo della tomba, ma soprattutto dal linguaggio degli occhi: aperti nel
Risorto, chiusi nelle guardie. La disposizione dei personaggi all'interno della
scena, è volutamente impostata in modo da formare una piramide ideale, di cui
il volto del Risorto costituisce il vertice. Cristo è il fulcro della scena»4.

Tre le aree specifiche del dipinto. In basso, le guardie che dormono e sor-
vegliano il sepolcro. Al centro la maestosa, solenne figura di Gesù risuscitato
che esce dal sepolcro. Ai lati e nello sfondo alberi spogli, alberi verdeggianti
e la collina che potrebbe alludere al Calvario.

Le guardie indossano divise del tempo di Piero della Francesca.

«Si tratta di un modo per esprimere simbolicamente che il mistero della Ri-
surrezione non è unicamente un avvenimento storico attestato dai discepoli
che hanno visto il Cristo risorto, ma un avvenimento che riveste di attualità la
salvezza da lui portata agli uomini di tutti i tempi e di tutti i luoghi»5.

«Ciò che... si evidenzia dalla lettura dell'opera di Piero della Francesca è l'at-
teggiamento di resa che traspare dall'abbandono fisico dei soldati. Le guardie
che credevano di avere Gesù in loro potere, giacciono a terra inanimate, a
nulla sono servite le loro armi, la loro forza guerriera, contro la potenza del
Cristo risorto. Atteggiamento evidenziato anche dalla lancia tenuta dal soldato
raffigurato a destra del dipinto che risulta inclinata, in una posizione quindi del
tutto inoffensiva: l'arma che in altri momenti ha recato dolore e morte è ormai
resa innocua dalla vittoria di Cristo»6.

4
R . DAVICO, Risurrezione di Cristo di Piero della Francesca, in "L'Ora di religione",
9 (2006) 33, LDC, Leumann (TO).
5
M . F . TRICARICO, La risurrezione di Cristo, in: M . L . MAZZARELLO - M . F . TRICARICO (edd.),
Il mistero della Pasqua. Orientamenti per l'azione didattica, Il Capitello-Elledici, 2004, 54.
6
R . DAVICO, Risurrezione di Cristo di Piero della Francesca, in "L'Ora di religione",
cit., 33.
CAP[TOLOyi..-lEMPO.D

[ ,d SC ena centrale è dominata dalla figura di Cristo risuscitato. Ci sono


particolari che meritano di essere evidenziati.

In basso, tra le guardie e Gesù, si intravede il bordo superiore del sepolcro.


Particolare che da una parte dice riferimento al paese natale di Piero della
Francesca (ha il sepolcro nel nome e nello stemma), dall'altra rimanda alla
passione, alla morte e alla sepoltura di Gesù. Passione, morte, sepoltura sem-
brano dire la parola fine alla vicenda di un uomo che, con il suo stile di vita
e il suo messaggio, è stato segno di contraddizione. Alcuni lo hanno amato e
seguito, altri lo hanno rifiutato e condannato.
Sul bordo del sepolcro poggia sicuro il piede sinistro di Gesù. Il particolare
da una parte sembra sottolineare il momento decisivo dell'uscita dal sepolcro,
dall'altra la vittoria definitiva sulla morte. Per dirla con Paolo: «L'ultimo ne-
mico ad essere annientato sarà la morte, perché ogni cosa ha posto sotto i suoi
piedi» (ICor 15,26-27). Le ferite dei chiodi e del colpo di lancia dicono che
il risuscitato è l'uomo della croce. Gesù, il crocifisso, è stato risuscitato, ha
vinto la morte.

Il colore del mantello che avvolge il corpo di Cristo non è rosso vivo ma
rosa. Non è il colore del sangue e della passione ma il colore della gioia. Gesù,
infatti, è stato risuscitato. Gesù è in piedi, dritto, solenne. Con gli occhi aperti
(quelli delle guardie sono chiusi), con lo stendardo della vittoria nella mano
destra. Sullo stendardo è raffigurata una croce su sfondo bianco. La bocca
sembra leggermente aperta: richiamo all'alito con il quale dona lo Spirito San-
to. Sulla testa c'è il nimbo della regalità.
La solenne figura del Cristo risuscitato ha dietro le spalle uno scenario
d'incanto. Due le stagioni: l'inverno e la primavera. Il primo sembra raffigu-
rato dalla vegetazione brulla e senza vita. La seconda da alberi verdeggianti e
rigogliosi. Così anche il paesaggio allude alla vittoria di Gesù sulla morte.

La contemplazione del dipinto introduce la nostra riflessione sull'evento


mistero della pasqua di morte e di risurrezione di Gesù.

2. L ' A N N U N C I O D E L L A P A S S I O N E E D E L L A M O R T E

Con la predicazione del vangelo del regno e con il suo stile di vita che
privilegia pubblicani, prostitute, peccatori e poveri, Gesù diviene segno di
contraddizione. Intorno a lui stupore ed entusiasmo, ma anche diffidenza ed
opposizione.
CAPITOLO V I - TEMPO DI PASQUA 1 f 5

«Il progetto del regno, che si attua nella conversione incondizionata a Dio
e all'uomo, appariva poco concreto alle folle: non rispondeva alle attese di
riscatto nazionale e di benessere materiale. Dopo gli entusiasmi iniziali, esse
cominciarono a diradarsi»7.

1. Annuncio

Gesù se ne accorge e comincia a parlare della sua passione e della sua


morte 8 . Prima implicitamente (Me 2,19-20; Le 4,24) e poi esplicitamente:

«E cominciò a insegnare loro che il Figlio dell'uomo doveva soffrire molto ed


essere rifiutato dagli anziani, dai capi dei sacerdoti e dagli scribi, venire ucciso
e, dopo tre giorni, risorgere» (Me 8,31).

«Insegnava infatti ai suoi discepoli e diceva loro: "Il Figlio dell'uomo viene
consegnato nelle mani degli uomini e lo uccideranno; ma, una volta ucciso,
dopo tre giorni risorgerà"» (Me 9,31).

«Mentre erano sulla strada per salire a Gerusalemme, Gesù camminava davanti
a loro ed essi erano sgomenti; coloro che lo seguivano erano impauriti. Presi di
nuovo in disparte i Dodici, si mise a dire loro quello che stava per accadergli:
"Ecco, noi saliamo a Gerusalemme e il Figlio dell'uomo sarà consegnato ai
capi dei sacerdoti e agli scribi; lo condanneranno a morte e lo consegneranno
ai pagani, lo derideranno, gli sputeranno addosso, lo flagelleranno e lo uccide-
ranno, e dopo tre giorni risorgerà"» (Me 10,32-34)'.

2. Chiave di lettura

Gesù da una parte annuncia la sua passione e la sua morte, dall'altra sugge-
risce la chiave di lettura per capirne il significato. Si serve di immagini di ma-

7
CEI, La verità vi farà liberi. Catechismo degli adulti, cit., n. 225.
8
Cfr. J . JEREMIAS, Gesù predice la sua passione, morte e resurrezione, in "Parole di Vita"
( 1 9 7 9 ) 8 1 - 9 3 ; R . FABRIS, Gesù di Nazareth. Storia e interpretazione, cit., 2 4 6 - 2 5 1 ; A . BONORA,
Morte, in: P. R O S S A N O - G . RAVASI-A. GHIRLANDA (edd.), Nuovo Dizionario di Teologia Biblica,
cit., 1 0 1 9 - 1 0 2 4 ; S . L E N T I N I , Passione e morte dì Gesù Cristo. Figure,profezie e Vangelo, Centro
Editoriale Cattolico Carroccio, Vigoderzere 1 9 9 5 ; M . GRONCHI, Trattato su Gesù Cristo Figlio
di Dio salvatore, cit., 2 1 5 - 2 2 0 .
9
«Non si può assolutamente dubitare che Gesù abbia aspettato e predetto la sua passione
e morte. Continuamente minacciato, egli dovette aspettarsi di subire la sorte dei profeti. Certo
è che le tre cosiddette profezie della passione, nella loro attuale struttura, sono formulate ex
eventir, ma esse risalgono ad un antico masal aramaico. Gli altri numerosissimi annunci della
passione in gran parte si possono riconoscere come prepasquali» (J. JEREMIAS, Teologia del
Nuovo Testamento, I, La predicazione di Gesù, cit., 326).
trice biblica. Sono quelle dello sposo (Me 2,18-22; cfr. Os 2,18-22; Is 54,4-6;
62 4-5), del profeta rifiutato e perseguitato (Me 12,1-9), del giusto sofferente
(Me 10,43-45), del pastore che dà la vita (Gv 10,1-30), del chicco di grano
che «se non muore, rimane solo; se invece muore, produce molto frutto» (Gv
12,24). Ma è attraverso la cena d'addio che rivela, in modo particolare, il
significato profondo della sua passione e della sua morte 10 .
I .Sinottici e Paolo sono sostanzialmente concordi nel dire che Gesù,
mentre è a tavola con i discepoli per mangiare la pasqua, prende il pane,
lo benedice, lo spezza e lo dà dicendo:
«Quando venne l'ora, prese posto a tavola e gli apostoli con lui, e disse loro: "Ho
tanto desiderato mangiare questa Pasqua con voi, prima della mia passione, per-
ché io vi dico: non la mangerò più, finché essa non si compia nel regno di Dio".
E, ricevuto un calice, rese grazie e disse: "Prendetelo e fatelo passare tra voi,
perché io vi dico: da questo momento non berrò più del frutto della vite, finché
non verrà il regno di Dio". Poi prese il pane, rese grazie, lo spezzò e lo diede loro
dicendo: "Questo è il mio corpo, che è dato per voi; fate questo in memoria di
me". E, dopo aver cenato, fece lo stesso con il calice dicendo: "Questo calice è la
nuova alleanza nel mio sangue, che è versato per voi"» (Le 22,14-20).

«Io, infatti, ho ricevuto dal Signore quello che a mia volta vi ho trasmesso: il
Signore Gesù, nella notte in cui veniva tradito, prese del pane e, dopo aver reso
grazie, lo spezzò e disse: "Questo è il mio corpo, che è per voi; fate questo in
memoria di me". Allo stesso modo, dopo aver cenato, prese anche il calice,
dicendo: "Questo calice è la nuova alleanza nel mio sangue; fate questo, ogni
volta che ne bevete, in memoria di me"» (ICor 11,23-25).

II pane che Gesù dà è il suo stesso corpo. Nel linguaggio semitico corpo
non significa la sua dimensione corporale e materiale, ma la totalità della sua
persona. Gesù dona se stesso, quello che egli è. Il calice del vino è il suo
sangue. Il sangue dell'alleanza nuova. Come un giorno, attraverso il sangue
versato sull'altare e sul popolo, Dio sigla l'alleanza con il popolo che ha li-
berato dalla schiavitù di Egitto (Es 24,3-8), così attraverso il sangue di Gesù
viene siglata l'ultima alleanza. Le espressioni "dato per voi", "versato per voi"
e "che è per voi" richiamano la figura del servo sofferente che prende su di

10
Cfr. R . CANTALAMESSA, La Pasqua della nostra salvezza. Le tradizioni pasquali della
Bibbia e della primitiva Chiesa, Marietti, Torino 1971; J . JEREMIAS, Le parole dell'ultima cena,
Paideia, Brescia 1973; R . FABRIS, Gesù di Nazareth. Storia e interpretazione, cit., 251-261; B.
R O N Z E , L'ultima cena, SEI, Torino 1995; M. GRONCHI, Trattato su Gesù Cristo Figlio di Dìo
salvatore, cit., 211-215; R . FABRIS, Pasqua, in: R . P E N N A - G . P E R E G O - G . RAVASI (edd.), Temi
teologici della Bibbia, cit., 962-974.
CAPITOLO V I - T E M P O DI PASQUA 1f5

sé il destino degli uomini (Is 53,11-12) e dicono il significato della passione


e della morte di Gesù. Sacrificio di comunione, di espiazione ed olocausto.
Sacrificio che libera e salva11.

3. IL P R O C E S S O , LA CONDANNA E LA M O R T E

Dopo la cena d'addio, Gesù va in un podere chiamato Getsemani e là viene


arrestato (Me 14,32-52; Mt 26,36-56; Le 22,40-53; Gv 18,2-11). Due i motivi
dell'arresto: la situazione di conflittualità esistente tra Gesù e i responsabili
delle istituzioni giudaiche (cfr. Me 2,5.23-28; 7,14-23; 12,6; 13,2) e la situa-
zione di instabile equilibrio politico tra l'autorità giudaica e quella romana
(Gv 11,49-50).

i. Il processo e la condanna

Dopo l'arresto, Gesù viene processato dal Sinedrio e dal governatore Pon-
zio Pilato12. Due i motivi di accusa e di condanna: uno di ordine religioso (la

11
«Il pane e il vino, che Gesù prende e dona ai discepoli, perché ne partecipino, sono "il
corpo dato per voi e il sangue versato per tutti", offerti in "sacrificio", nel quale si attua la
comunione piena con il Padre in Cristo e nello Spirito. Il sangue di Cristo versato al Calvario
sulla croce è il sacrificio perfetto che sigilla la "nuova ed eterna alleanza" (PE, cfr. Ger 31,33;
Eb 8,6-9,28); l'offerta di Cristo, inoltre, si aggancia al sacrificio dell'agnello pasquale "nella
misura in cui il giudaismo del tempo lo considerava pure un sacrificio". Infine, parlando del
sangue "sparso per molti" in vista di una "nuova alleanza", Gesù si richiama alla figura del
servo di Dio, la cui vita è stata versata, che ha portato i peccati di molti (cfr. Is 53,12), e che Dio
ha designato come "alleanza del popolo e luce delle nazioni" (Is 42,6; cfr 49,8). Già prima egli
si era attribuita la funzione del servo (cfr. Le 4,17-21) ed aveva rivendicato la missione di dare,
al pari di quello, la propria vita "in riscatto per molti" (Me 10,45; cfr. Is 53)» (N. CONTE, Il pane
della vita e il calice della salvezza. Teologia e pastorale dell'eucaristia, Editrice Coop.S.Tom.,
Messina-Elledici, Leumann (TO), 2006, 57-58.
12
Cfr. H . U . VON BALTHASAR, Mysterium paschale, in: J . F E I N E R - M . LÓHRER (edd.), Myste-
rium salutis, 6, cit., 259-265; F. BROWN, Gli ultimi giorni di Gesù, Morcelliana, Brescia 1976; J .
BUNZLER, Il processo di Gesù, Paideia, Brescia 1966; H. Cousnv, Il profeta assassinato. Storia dei
testi evangelici nella Passione, Boria, Roma 1977; K . A . SPEIDEL, Il processo a Gesù, Edizioni
Dehoniane, Bologna 1981; R. FABRIS, Gesù di Nazareth. Storia e interpretazione, cit., 270-301;
J . IMBERT, Il processo a Gesù, Morcelliana, Brescia 1984; R. FABRIS, «Chi ha condannato a morte
Gesù?», in "La Rivista del Clero Italiano" 71 (1990) 763-773; G. CASTELLO, L'interrogatorio dì
Gesù davanti al sinedrio. Contributo esegetico-storico alla cristologia neotestamentaria, Deho-
niane, Roma 1992; R. PESCH, Il processo a Gesù continua, Queriniana, Brescia 1993; B. PRETE,
La passione e la morte di Gesù nel racconto di Luca. Voi. 1.1 racconti della passione. L'arresto,
Paideia, Brescia 1996; G. JOSSA, Il processo di Gesù, Paideia, Brescia 2002; A . AMATO, Gesù il
Signore. Saggio di cristologia, cit., 513-520; M. GRONCHI, Trattato su Gesù Cristo Figlio di Dio
salvatore, cit., 220-229; D. ROMANO, Il processo di Gesù, Palomar, Bari 2008.
CAPITOLO V I - TEMPO DI PASQUA1f5

pretesa di avere il potere di perdonare i peccati, di essere signore del sabato, di


essere Figlio di Dio)13 ed uno di ordine politico (sobillatore del popolo, re)14.
Dal processo emerge la sua identità e la sua missione. Gesù è Cristo (Me
14,61-62; Mt 26,63; Le 22,67), Figlio di Dio (Me 14,61; Mt 26,63; Le 22,70);
re (Me 15,2; Le 23,3; Gv 18,33.36-37), giusto sofferente (Me 15,16-20; Mt
27,27-31.39-44; Le 23,11.35-38).

«L'ostilità contro Gesù f u alimentata da quanti, senza comprenderne le opere


e l'insegnamento, lo considerarono un sovvertitore della religione e un perico-
loso agitatore di folle. Gesù era consapevole della morte che lo attendeva, m a
andò incontro ad essa con coraggio, per essere fedele a Dio» 1 5 .

2. La morte

Dopo la condanna a morte, perché maestro di falsità, profeta di menzogna,


bestemmiatore di Dio, seduttore del popolo e nemico della Legge, Gesù si
incammina verso il Calvario dove viene crocifisso 16 .

13
«Il processo giudaico... viene presentato come una scena di confessione, con cui Gesù
dichiara la sua dignità messianica e di Figlio di Dio dinanzi alle autorità sinedrite. Inoltre, nel
contesto dell'interrogatorio giudaico, merita un'attenzione particolare la menzione del detto
sul tempio, che sembra rappresentare un serio capo d'accusa (cfr. Me 14,58 par.). Non è diffi-
cile comprendere la reazione della potente classe sacerdotale e della nobiltà sadducea, vistasi
attentata nei propri forti interessi finanziari che ruotavano intorno al tempio, oltre al presunto
traviamento religioso nei confronti del popolo, provocato dal comportamento di Gesù» (M.
GRONCHI, Trattato su Gesù Cristo Figlio di Dio salvatore, cit., 225).
14
«Dal titulum crucis... appare chiaramente che la sentenza fu emessa per ragioni politi-
che e non religiose, in quanto Gesù venne considerato un rivoluzionario politico e un preten-
dente regale... Ma Gesù ebbe veramente questa finalità rivoluzionaria basata su una pretesa
regale? Per quale motivo egli fu ritenuto così pericoloso? Da una rapida valutazione del suo
comportamento, possiamo escludere che egli avesse dato motivo di temere un'azione politica
sovversiva... Se teniamo presente la figura di Gesù che emerge complessivamente dai vangeli,
egli dev'essere stato considerato piuttosto un operatore di miracoli, un predicatore itinerante,
guaritore ed esorcista, che mostrava particolare predilezione nei confronti di persone ritenute
discutibili dalle autorità religiose. Ma l'accusa di pretendente regale e di rivoluzionario politico
appare effettivamente sproporzionata» (Ibidem, 227).
15
CEI, La verità vi farà liberi. Catechismo degli adidti, cit., n. 227.
16
Cfr. H . U . VON BALTHASAR, Mysterium paschale, in: J . F E I N E R - M . LOHRER (edd.), Myste-
rium salutis, 6 , cit., 2 6 5 - 2 7 6 ; J . GUILLET, Gesù di fronte alla sua vita e alla sua morte, Citta-
della Editrice, Assisi 1 9 7 2 ; J . M O L T M A N N - J . B . M E T Z , Storia della Passione. Due meditazioni su
Marco 8,31-38, Queriniana, Brescia 1 9 7 4 ; A. PIOPPI, Le parole di Gesù in croce, Messaggero,
Padova 1 9 7 4 ; E. LOHSE, La storia della passione e morte di Gesù Cristo, Paideia, Brescia
1 9 7 5 ; M. F L I C K - Z . ALSZEGHY, Il mistero della croce. Saggio di teologia sistematica, Queriniana,
Brescia 1 9 7 8 ; M. GOURGUES, Gesù davanti alla sua passione e alla sua morte, Gribaudi, Torino
1 9 8 1 ; X . L É O N - D U F O U R , Di fronte alla morte. Gesù e Paolo, Elle Di Ci, Leumann (TO) 1 9 8 2 ;
G. LOHFINK, La Passione di Gesù. Gli avvenimenti dell'ultimo giorno, Morcelliana, Brescia
CAPITOLO V I - TEMPO DI PASQUA 1f5

La sua morte17 è preceduta da un gesto di perdono, da una preghiera e dalla


duplice consegna di Giovanni a Maria e di Maria a Giovanni. Il gesto di perdono
riguarda il buon ladrone: «In verità io ti dico: oggi con me sarai nel paradiso»
(Le 23,43) e coloro che più o meno consapevolmente si sono resi responsabili
della sua morte: «Padre, perdona loro perché non sanno quello che fanno» (Le
23,34). La preghiera accompagna e sostiene anche l'ultimo istante della vita di
Gesù: «Dio mio, Dio mio, perché mi hai abbandonato?» (Me 15,34; Mt 27,46;
cfr. Sai 22); «Padre, nelle tue mani consegno il mio spirito» (Le 23,46); «È
compiuto!» (Gv 19,30). La duplice consegna di Giovanni a Maria e di Maria
a Giovanni è dono che nasce dal cuore, esprime amore ed esige amore. «Gesù
allora, vedendo la madre e accanto a lei il discepolo che egli amava, disse alla
madre: "Donna, ecco tuo figlio!". Poi disse al discepolo: "Ecco tua madre!". E
da quell'ora il discepolo l'accolse con sé» (Gv 19,26-27).
La morte di Gesù è seguita e spiegata da alcuni fenomeni: lo squarcio del
velo del tempio, il terremoto, l'apertura dei sepolcri e la professione di fede
del centurione romano. Lo squarcio del velo del tempio (Me 15,38; Mi 27,51;
Le 23,45) significa che con la morte di Gesù finisce il santuario ebraico con il
suo sacerdozio e il suo culto; si conclude l'esistenza di Israele come popolo;
comincia il tempo in cui tutti, anche i pagani, possono accedere a Dio. Gesù è
il nuovo santuario e il nuovo sacerdote (cfr. Eb 8-10). Il terremoto (Mt 27,51)
appartiene ad uno schema letterario che indica il cambiamento radicale della
realtà umana che, secondo i profeti, Dio avrebbe operato nell'ultimo giorno:

1 9 8 2 ; H . SCHURMANN, Gesù dì fronte alla propria morte. Riflessioni esegetiche e prospettiva,


Morcelliana, Brescia 1 9 8 3 ; E. ZOFFOLI, La Passione mistero di salvezza, PP. Passionisti, Scala
Santa, Roma 1 9 8 3 ; R. FABRIS, Gesù di Nazareth. Storia e interpretazione, cit., 3 0 1 - 3 1 6 ; A S -
SOCIAZIONE BIBLICA ITALIANA, Gesù e la sua morte, Atti della X V I I Settimana Biblica, Paideia,
Brescia 1 9 8 4 ; A. BONORA, Morte, in: J . F E I N E R - M . LOHRER (edd.), Nuovo Dizionario di Teologia
Biblica, cit., 1 0 1 2 - 1 0 2 5 ; I . DE LA POTTERIE, La passione di Gesù secondo il Vangelo di Giovanni.
Testo e spirito, Edizioni Paoline, Cinisello Balsamo ( M I ) 1 9 8 8 ; V . MESSORI, Patì sotto Ponzio
Pilato? Un'indagine sulla passione e morte di Gesù, SEI, Torino 1 9 9 2 ; F . EPHRAIM, Le sette
parole dell'amore crocifisso, Libreria Editrice Vaticana, Città del Vaticano 1 9 9 4 ; G . R O S S E , Il
grido di Gesù in croce. Una panoramica esegetica e teologica, Città Nuova, Roma 1996; R.E.
BROWN, La morte del Messia. Un commentario ai racconti della passione nei quattro vangeli,
Queriniana, Brescia 1 9 9 9 ; A. AMATO, Gesù il Signore. Saggio di cristologia, cit., 5 1 4 - 5 1 6 ; G .
SCAGLIONI, E la terra tremò. Iprodigi alla morte di Gesù in Matteo 27,51b-53, Cittadella Edi-
trice, Assisi 2 0 0 6 ; M . GRONCHI, Trattato su Gesù Cristo Figlio di Dio salvatore, cit., 2 3 0 - 2 3 5 ;
M . GOURGUES, Croce, in: R . P E N N A - G . P E R E G O - G . RAVASI (edd.), Temi teologici della Bibbia, cit.,
254-262.
17
«La data più probabile della morte è quella del 7 aprile dell'anno 30 dell'era cristiana.
Gli evangelisti concordano nel testimoniare che Gesù fu giustiziato alla vigilia del sabato, e
cioè il venerdì della settimana di pasqua» ( A . AMATO, Gesù il Signore. Saggio di cristologia,
cit., 516).
«Allora farò tremare i cieli
e la terra si scuoterà dalle fondamenta
per lo sdegno del Signore degli eserciti,
nel giorno della sua ira ardente» (Is 13,13)18.

L'apertura dei sepolcri (Mt 27,52-53) e la risurrezione di molti santi posso-


no essere considerate come compimento di una profezia di Ezechiele:

«Così dice il Signore Dio: "Ecco, io apro i vostri sepolcri, vi faccio uscire dalle
vostre tombe, o popolo mio, e vi riconduco nella terra d'Israele. Riconoscerete
che io sono il Signore, quando aprirò le vostre tombe e vi farò uscire dai vostri
sepolcri, o popolo mio. Farò entrare in voi il mio spirito e rivivrete; vi farò
riposare nella vostra terra. Saprete che io sono il Signore. L'ho detto e lo farò"»
(Ez 37,12-14)19.

La professione di fede del centurione romano (Me 15,39; Mt 27,54; Le


23,47) rivela che la morte di Gesù è la suprema manifestazione della sua di-
gnità di Figlio di Dio. Marco, Matteo e Luca presentano la morte di Gesù
come evento di salvezza per tutti: per gli ebrei e per i pagani.

3. Gesù sommo sacerdote

L'istituzione dell'eucaristia, la passione e la morte in croce sono espressio-


ne particolare del sacerdozio di Gesù20. Gesù è sacerdote. Sacerdote secondo
l'ordine di Melchìsedek. Sacerdote sommo, unico ed eterno. Lo è dal momen-
to dell'incarnazione nel grembo verginale di Maria. Lo è in quanto uomo 21 . Lo
è nel corso della sua vita terrena. E lo è per sempre. L'autore della Lettera agli
Ebrei ne illustra il mistero.
Il sacerdote ha il compito di offrire doni e sacrifici per i peccati.

«Ogni sommo sacerdote, infatti, è scelto fra gli uomini e per gli uomini viene
costituito tale nelle cose che riguardano Dio, per offrire doni e sacrifici per
i peccati. Egli è in grado di sentire giusta compassione per quelli che sono

18
Anche Amos (8,8-9) e Gioele (2,10) presentano in termini apocalittici la novità che Dio
un giorno avrebbe compiuto.
19
Cfr. Is 26,19; Dn 12,2.
20
Sul sacerdozio di Gesù cfr. P . GARUTI, Sacerdozio, in: R . P E N N A - G . P E R B G O - G . RAVASI,
Temi teologici della Bibbia, cit., 1203-1205.
21
«Il ruolo di sacerdote non compete a Gesù Cristo in quanto Dio (perché in quanto Dio
non poteva fungere da mediatore), ma in quanto uomo, e tuttavia la sua azione sacerdotale
acquista valore infinito in quanto ha come soggetto (persona) il Verbo, ossia Dio stesso» (B.
M O N D I N , Gesù Cristo salvatore dell'uomo. Cristologia storica e sistematica, cit., 344).
CAPITOLO V I - T E M P O DI PASQUA1f5

nell'ignoranza e nell'errore, essendo anche lui rivestito dì debolezza. A causa


di questa egli deve offrire sacrifici per i peccati anche per se stesso, come fa
per il popolo» (Eb 5,1-3).

Gesù è sommo sacerdote per volontà di Dio.

«Nessuno attribuisce a se stesso questo onore, se non chi è chiamato da Dio,


come Aronne. Nello stesso modo Cristo non attribuì a se stesso la gloria di som-
mo sacerdote, ma colui che gli disse: Tu sei mio figlio, oggi ti ho generato, gliela
conferì come è detto in un altro passo: Tu sei sacerdote per sempre» (Eb 5,4-6).

Gesù, sommo sacerdote, comprende ed offre preghiere e suppliche.

«Dunque, poiché abbiamo un sommo sacerdote grande, che è passato attraverso i


cieli, Gesù il Figlio di Dio, manteniamo ferma la professione della fede. Infatti non
abbiamo un sommo sacerdote che non sappia prendere parte alle nostre debolezze:
egli stesso è stato messo alla prova in ogni cosa come noi, escluso il peccato» (Eb
4,14-15).

«Nei giorni della sua vita terrena egli offrì preghiere e suppliche, con forti gri-
da e lacrime, a Dio che poteva salvarlo da morte e, per il suo pieno abbandono
a lui, venne esaudito. Pur essendo Figlio, imparò l'obbedienza da ciò che patì
e, reso perfetto, divenne causa di salvezza eterna per tutti coloro che gli obbe-
discono, essendo stato proclamato da Dio sommo sacerdote secondo l'ordine
di Melchìsedek» (Eb 5,7-10).

Il sacerdozio di Gesù non tramonta mai.

«Egli invece, poiché resta per sempre, possiede un sacerdozio che non tramon-
ta. Perciò può salvare perfettamente quelli che per mezzo di lui si avvicinano
a Dio: egli infatti è sempre vivo per intercedere a loro favore. Questo era il
sommo sacerdote che ci occorreva: santo, innocente, senza macchia, separato
dai peccatori ed elevato sopra i cieli. Egli non ha bisogno, come i sommi sacer-
doti, di offrire sacrifici ogni giorno, prima per i propri peccati e poi per quelli
del popolo: lo ha fatto una volta per tutte, offrendo se stesso. La Legge infatti
costituisce sommi sacerdoti uomini soggetti a debolezza; ma la parola del giu-
ramento, posteriore alla Legge, costituisce sacerdote il Figlio, reso perfetto per
sempre» (Eb 7,24-28).

L'intercessione di Gesù non può essere spiegata

«come attività intesa a cambiare l'atteggiamento di Dio nei nostri confronti, da


irato a benevolo, per il semplice fatto che Dio Padre già è benevolente verso
noi tutti, addirittura essendo lui a donarci il suo Figlio, a consegnarlo al mon-
do perché lui il Figlio si possa consegnare liberamente fino all'estremo limite
124 C A P I T O L O V L - J E M P O DI PASQUA

delle possibilità umane. La "verità" limitata di questa figura è soltanto quella di


evidenziare la mediazione personale di Gesù, il quale, dopo aver portato Dio a
noi con la sua parola e la sua opera, nella sua stessa persona si pone ora come
colui che ci porta a Dio perché non temiamo di accostarci con fiducia al trono
della grazia. Questo è il suo sacerdozio celeste proclamato dalla lettera agli Ebrei
e dall' Apocalisse. Questa è la sua mediazione unica e definitiva (Gal 3,19-20;
ITm 2,5; Eb 8,6; 9,15; 12,24: mediatore dell'alleanza, della nuova alleanza)»22.
Mediatore di una alleanza nuova.

«Cristo, invece, è venuto come sommo sacerdote dei beni futuri, attraverso una
tenda più grande e più perfetta, non costruita da mano d'uomo, cioè non apparte-
nente a questa creazione. Egli entrò una volta per sempre nel santuario, non me-
diante il sangue di capri e di vitelli, ma in virtù del proprio sangue, ottenendo così
una redenzione eterna. Infatti, se il sangue dei capri e dei vitelli e la cenere di una
giovenca, sparsa su quelli che sono contaminati, li santificano purificandoli nella
carne, quanto più il sangue di Cristo - il quale, mosso dallo Spirito eterno, offrì se
stesso senza macchia a Dio - purificherà la nostra coscienza dalle opere di morte,
perché serviamo al Dio vivente? Per questo egli è mediatore di un'alleanza nuova,
perché, essendo intervenuta la sua morte in riscatto delle trasgressioni commesse
sotto la prima alleanza, coloro che sono stati chiamati ricevano l'eredità eterna
che era stata promessa. Ora, dove c'è un testamento, è necessario che la morte del
testatore sia dichiarata» (Eb 9,11-16).

4. Gesù servo sofferente, re e signore dell'universo

Morendo in croce, Gesù rivela la sua identità divina. «Quando avrete innal-
zato il Figlio dell'uomo, allora conoscerete che Io Sono e che non faccio nulla
da me stesso, ma parlo come il Padre mi ha insegnato» (Gv 8,28).
Morendo in croce, Gesù rivela ancora una volta la sua identità di servo
sofferente. Identità che segna sin dall'inizio la sua vita, che viene manife-
stata nel momento del battesimo nell'acqua del Giordano (Mt 3,17) e della
trasfigurazione sul monte (Mt 17,5) e che Gesù stesso afferma di avere: «il
Figlio dell'uomo infatti non è venuto per farsi servire, ma per servire e dare la
propria vita in riscatto per molti» (Me 10,45)23.

22
V . C R O C E , Gesù il Figlio e il mistero della croce. Cristologia e soteriologia, Elledici,
Leumann (TO) 2010, 332-333.
23
«Un chiaro riferimento al quarto carme del Servo di Dio, anche se appare citato solo in fili-
grana, si ha in Mt nella risposta di Gesù alla richiesta dei primi posti da parte dei figli di Zebedeo:
modello dei discepoli è Gesù stesso, "Figlio dell'uomo venuto non per farsi servire ma per servire
e dare la sua vita in riscatto per molti" (20,28). È la frase che più chiaramente di tutte sigla sulla
bocca di Gesù il senso della passione verso la quale sta camminando» (Ibidem, 336).
Morendo in croce, Gesù manifesta in pienezza la sua regalità. Gesù è re. Re
dell'universo e signore della storia. Lo dice lui stesso davanti a Pilato:

«Pilato... fece chiamare Gesù e gli disse: "Sei tu il re dei Giudei?". Gesù
rispose: "Dici questo da te, oppure altri ti hanno parlato di me?". Pilato disse:
"Sono forse io Giudeo? La tua gente e i capi dei sacerdoti ti hanno consegna-
to a me. Che cosa hai fatto?". Rispose Gesù: "Il mio regno non è di questo
mondo; se il mio regno fosse di questo mondo, i miei servitori avrebbero
combattuto perché non fossi consegnato ai Giudei; ma il mio regno non è di
quaggiù". Allora Pilato gli disse: "Dunque tu sei re?". Rispose Gesù: "Tu lo
dici: io sono re. Per questo io sono nato e per questo sono venuto nel mondo:
per dare testimonianza alla verità. Chiunque è dalla verità, ascolta la mia
voce» (Gv 18,33-37).

Re dell'universo e signore della storia, quando a Betlemme Maria dà «alla


luce il suo figlio primogenito, lo avvolse in fasce e lo pose in una mangiatoia,
perché per loro non c'era posto nell'alloggio» (Le 2,7).
Re dell'universo e signore della storia, quando l'angelo dice ai pastori:

«Non temete: ecco, vi annuncio una grande gioia, che sarà di tutto il popolo:
oggi, nella città di Davide, è nato per voi un Salvatore, che è Cristo Signore.
Questo per voi il segno: troverete un bambino avvolto in fasce, adagiato in
una mangiatoia. E subito apparve con l'angelo una moltitudine dell'esercito
celeste, che lodava Dio e diceva:
Gloria a Dio
nel più alto dei cieli
e sulla terra pace
agli uomini, che egli ama (Le 2,10-14).

Re dell'universo e signore della storia, quando da Nazaret a Gerusalem-


me, incontra ed accoglie poveri, peccatori, malati, donne, bambini ed altri.
Incontro di amore e di misericordia. Incontro che libera e salva. Epifania
del regno. Epifania della presenza gioiosa di Dio nella vita feriale della
gente.
Re dell'universo e signore della storia, quando nel cenacolo

«sapendo che il Padre gli aveva dato tutto nelle mani e che era venuto da Dio
e a Dio ritornava, si alzò da tavola, depose le vesti, prese un asciugamano e se
lo cinse attorno alla vita. Poi versò dell'acqua nel catino e cominciò a lavare i
piedi dei discepoli e ad asciugarli con l'asciugamano di cui si era cinto» (Gv
13,3-5).

La Chiesa riconosce e confessa la regalità di Gesù e, stupita, rende lode a Dio:


CAPITOLO V I - T E M P O D I P ASQUA

«Dio onnipotente ed eterno, che hai voluto rinnovare tutte le cose in Cristo
tuo Figlio, Re dell'universo, fa' che ogni creatura, libera dalla schiavitù del
peccato, ti serva e ti lodi senza fine. Per il nostro Signore...»24.

«È veramente cosa buona e giusta,


nostro dovere e fonte di salvezza,
rendere grazie sempre e in ogni luogo
a te, Signore, Padre santo, Dio onnipotente ed eterno.
Tu con olio di esultanza
hai consacrato Sacerdote eterno
e Re dell'universo il tuo unico Figlio,
Gesù Cristo nostro Signore.
Egli, sacrificando se stesso
immacolata vittima di pace sull'altare della Croce,
operò il mistero dell'umana redenzione;
assoggettate al suo potere tutte le creature,
offrì alla tua maestà infinita il regno eterno e universale:
regno di verità e di vita, regno di santità e di grazia,
regno di giustizia, di amore e di pace»25.

4. L A D I S C E S A A G L I I N F E R I

Gesù muore e discende agli inferi 26 . Lo dice Pietro:


«Cristo è morto una volta per sempre per i peccati, giusto per gli ingiusti, per
ricondurvi a Dio; messo a morte nel corpo, ma reso vivo nello spirito. E nello
spirito andò a portare l'annuncio anche alle anime prigioniere, che un tempo
avevano rifiutato di credere, quando Dio, nella sua magnanimità, pazientava
nei giorni di Noè, mentre si fabbricava l'arca, nella quale poche persone, otto
in tutto, furono salvate per mezzo dell'acqua» (lPt 3,18-20).

«Infatti anche ai morti è stata annunciata la buona novella, affinché siano


condannati, come tutti gli uomini, nel corpo, ma vivano secondo Dio nello
Spirito» (lPtAfif1.

24
CEI, Messale Romano, Solennità di Cristo Re, colletta, cit.
25
Ibidem, Prefazio.
26
Cfr. A . AMATO, Gesù il Signore. Saggio di cristologia, cit., 530-536. «Il mondo sotterra-
neo è generalmente connesso con la morte. Infatti la morte era pensata, perlomeno in vari passi
dell'AT, come un passaggio dalla terra - luogo dei viventi - allo se 'ol, soggiorno dei morti. Lo
se'ol è la 'terra' dell'oblio, delle tenebre e del silenzio, delle ombre. Là non c'è vita, come nel
deserto. Lo se'ol è nel più profondo della terra (Dt 32,22), al di là dell'abisso sotterraneo (Gb
26,5; 38,16-17)» ( A . BONORA, Cosmo, in: P. R O S S A N O - G . R A V A S I - A . GHIRLANDA (edd.), Nuovo
Dizionario di Teologia Biblica, cit., 325).
27
Allusioni alla discesa agli inferi si trovano in At 2,27-31; .E/4,8-10; Fil 2,5-10; Col 1,18;
Eb 13,20; Ap 1,18.
CAPITOLO V I - T E M P O DI PASQUA

Lo dice il Simbolo Apostolico: «Patì sotto Ponzio Pilato, fu crocifisso, morì


e fu sepolto; discese agli inferi» 28 . La discesa agli inferi da una parte intende
sottolineare «la realtà della morte di Cristo: egli è veramente morto, ha fatto
fino in fondo l'esperienza della morte» 29 , dall'altra vuole

«evidenziare le dimensioni salvifiche della morte di croce... la Pasqua di Cristo è


principio di salvezza per tutte le generazioni umane che si sono succedute dall'inizio
della storia, fin dai primordi dell'umanità. Non ci sono zone o realtà del cosmo che
siano sottratte a questo influsso: tutta l'umanità nella sua interezza (quindi anche i
morti prima della venuta di Cristo), e tutto l'universo fin dalle sue profondità più
recondite, vengono toccati da questa salvezza»30.

Un'antica omelia sul sabato santo riflette sul mistero evento della discesa
di Gesù agli inferi.

«Che cosa è avvenuto? Oggi sulla terra c'è grande silenzio, grande silenzio e solitu-
dine. Grande silenzio perché il Re dorme: la terra è rimasta sbigottita e tace perché il
Dio fatto carne si è addormentato e ha svegliato coloro che da secoli dormivano. Dio
è morto nella carne ed è sceso a scuotere il regno degli inferi. Certo egli va a cercare
il primo padre, come la pecorella smarrita. Egli vuole scendere a visitare quelli che
siedono nelle tenebre e nell'ombra di morte. Dio e il Figlio suo vanno a liberare dalle
sofferenze Adamo ed Eva che si trovano in prigione. Il Signore entrò da loro portan-
do le armi vittoriose della croce. Appena Adamo, il progenitore, lo vide, percuoten-
dosi il petto per la meraviglia, gridò a tutti e disse: "Sia con tutti il mio Signore". E
Cristorispondendodisse ad Adamo: "E con il tuo spirito". E, presolo per mano, lo
scosse, dicendo: "Svegliati, tu che dormi, e risorgi dai morti, e Cristo ti illuminerà.
Io sono il tuo Dio, che per te sono diventato tuo figlio; che per te e per questi, che
da te hanno avuto origine, ora parlo e nella mia potenza ordino a coloro che erano
in carcere: Uscite! A coloro che erano nelle tenebre: Siate illuminati! A coloro che
erano morti: Risorgete! A te comando: Svegliati, tu che dormi. Infatti non ti ho creato
perché rimanessi prigioniero nell'inferno. Risorgi dai morti. Io sono la vita dei morti.
Risorgi, opera delle mie mani! Risorgi mia effige, fatta a mia immagine! Risorgi,
usciamo di qui. Tu in me e io in te siamo infatti un'unica e indivisa natura»31.

Il Vangelo di Nicodemo raffigura la vittoria del crocifisso nelle regioni


infernali:

«Sull'istante l'Ade gridò: "Siamo stati vinti. Guai a noi! Ma chi sei tu che hai tale
potere e forza? Tu che sembri piccolo, ma operi meraviglie; sei umile e elevato,

28
«Anche se assente nel simbolo niceno-costantinopolitano, il descensus è testimoniato nei
simboli di fede già a partire dal quarto secolo» (A. AMATO, Gesù il Signore. Saggio di cristolo-
gia, cit., 531).
29
M. SERENTHÀ, Gesù Cristo ieri oggi e sempre. Saggio di cristologia, cit., 370.
30
Ibidem, 365.
31
Omelia sul Sabato santo, PG 43,439. 451.
servo e signore, soldato e re, che hai potere sui vivi e sui morti? Sei stato inchiodato
in croce e posto nel sepolcro e ora sei divenuto libero, distruggendo ogni nostra
potenza. Sei forse tu il Gesù, di cui il grande satrapo Satana ci parlava? Tu difatti
stai per ereditare il mondo intero con la croce e la morte! Allora il re della gloria,
prendendo per la testa il grande satrapo e consegnandolo agli angeli, disse: "Lega-
tegli con catene di ferro le mani, i piedi, il collo e la bocca". Quindi, consegnandolo
all'Ade, disse: "Prendilo e custodiscilo bene fino alla mia seconda venuta"»32.

5. L A R I S U R R E Z I O N E

«E, chinato il capo, consegnò lo spirito» (Gv 19,30). Parole semplici, la-
pidarie, conclusive, liberatorie. Conclusione tragica di una esistenza insieme
straordinaria e sfortunata. Respiro di sollievo per scribi e farisei. Fine di incu-
bo per uomini di potere. Delusione amara per discepoli ed amici. «Consegnò
lo spirito». Per sempre. Così sembrava. Ed invece, nel giro di poche ore, di-
scepoli affermano che egli, Gesù, è vivo. Lo hanno visto. Lo hanno incontrato.
Si sono lasciati incontrare. A due passi dal sepolcro (Me 16,1-11; Mt 28,1-7;
Le 24,1-12; Gv 20,11-18). Nel cenacolo di Gerusalemme (Gv 20,19-29). Lun-
go la strada di Emmaus (Le 24,13-35). Sul mare di Tiberiade (Gv 21,1-23). In
Galilea (Mt 28,16-20).
Lo hanno visto vivo perché risuscitato da morte 33 . Questa la ragione della

32
Vangelo di Nicodemo (Atti di Pilato), parte II: Discesa di Cristo agli inferi II, 6,1-2
33
Cfr. P . BENOIT, Passione e Resurrezione del Signore. Il Mistero pasquale nei quattro
Evangeli, Piero Gribaudo, Torino 1967; F . X . DURRWELL, La risurrezione di Gesù mistero dì
salvezza. Teologia biblica della risurrezione, Edizioni Paoline, Roma 1969; W. M A R X E N , La
risurrezione di Gesù di Nazareth, Edizioni Dehoniane, Bologna 1970; J. PONTHOT, La Risur-
rezione di Cristo. Avvenimento - Mistero - Catechesi, Edizioni Dehoniane, Bologna 1970;
H . U . VON BALTHASAR, Mysteriumpaschale, in: J. F E I N E R - M . LÔHRER (edd.), Mysterium salutis,
6, cit., 325-404; G. GIAVINI, La risurrezione di Gesù, Ed. Daverio, Milano 1973; F . X . D U R R -
WELL, La risurrezione di Gesù e messaggio pasquale, Edizioni Paoline, Cinisello Balsamo (MI)
1973; A A . V V . , La risurrezione, Paideia, Brescia 1974; C. PORRO, La risurrezione di Cristo oggi.
Orientamenti teologico-pastorali, Messaggero, Padova 1976; B. RIGAUX, Dio l'ha risuscitato.
Esegesi e teologia biblica, Edizioni Paoline, Cinisello Balsamo (MI) 1976; Ph. FERLAY, Gesù
nostra Pasqua. Teologia del mistero pasquale, Edizioni Dehoniane, Bologna 1978; E. C H A R -
PENTIER, Cristo è risorto, Gribaudi, Torino 1979; G. GHIBERTI, La risurrezione di Gesù, Paideia,
Brescia 1982; C.M. MARTINI,Risurrezione di Cristo, in: G. BARBAGLIO-S. DIANICH (edd.), Nuovo
Dizionario di Teologia, cit., 1307-1320; G. GHIBERTI, La risurrezione di Gesù, cit.; R. FABRIS,
Gesù di Nazareth. Storia interpretazione, cit., 317-352; M. BORDONI, Gesù di Nazaret. Signore e
Cristo, 2. Gesù al fondamento della cristologia, cit., 519-606; J. PERRET, Gesù è davvero risor-
to? Una ricerca storica, SEI, Torino 1988; R . FABRIS, Risurrezione, in: P. R O S S A N O - G . RAVASI-A.
GHIRLANDA (edd.), Nuovo Dizionario dì Teologìa Bìblica, cit., 1342-1360; G. O ' C O L L I N S , Gesù
Risorto. Un'indagine biblica, storica e teologica sulla risurrezione di Cristo, Queriniana, Bre-
scia 1989; S. PALUMBERI, Cristo risorto leva della storia, SEI, Torino 1996; F.G. BRAMBILLA,
CAPITOLO V I - TEMPO DI PASQUA 1 f 5

loro conversione di cuore e di mente. Questa la ragione della loro vita. Questo
il contenuto della loro testimonianza. Questo il loro messaggio. Gesù di Naza-
ret, il crocifisso, è stato risuscitato:

«Uomini d'Israele, ascoltate queste parole: Gesù di Nàzaret - uomo accreditato


da Dio presso di voi per mezzo di miracoli, prodigi e segni, che Dio stesso fece tra
voi per opera sua, come voi sapete bene - , consegnato a voi secondo il prestabilito
disegno e la prescienza di Dio, voi, per mano di pagani, l'avete crocifisso e l'avete
ucciso. Ora Dio lo ha risuscitato, liberandolo dai dolori della morte, perché non
era possibile che questa lo tenesse in suo potere» (At 2,22-24).

La comunità cristiana delle origini confessa, celebra, annuncia e narra l'even-


to della risurrezione di Gesù attraverso confessioni di fede, inni di derivazione
liturgica, predicazione missionaria (kerigma) e narrazioni evangeliche.

1. Confessioni di fede

Sono tante le confessioni di fede (o omologhie) 34 . Alcune brevi, altre lun-


ghe. Vediamone una. Antica e bene articolata.

«Vi proclamo poi, fratelli, il Vangelo che vi ho annunciato e che voi avete
ricevuto, nel quale restate saldi e dal quale siete salvati, se lo mantenete come
ve l'ho annunciato. A meno che non abbiate creduto invano! A voi infatti ho
trasmesso, anzitutto, quello che anch'io ho ricevuto, cioè che Cristo morì per i
nostri peccati secondo le Scritture e che fu sepolto e che è risorto il terzo giorno
secondo le Scritture e che apparve a Cefa e quindi ai Dodici» (ICor 15,l-5)35.

Il crocifisso risorto. Risurrezione di Gesù e fede dei discepoli, Queriniana, Brescia 1998; H.
KESSLLER, La risurrezione di Gesù Cristo. Uno studio biblico, teologico-fondamentale e siste-
matico, Queriniana, Brescia 1999; V. MESSORI, Dicono che è risorto. Un'indagine sul Sepolcro
vuoto, SEI, Torino 2000; B. MAGGIONI, I racconti evangelici della Risurrezione, Cittadella Edi-
trice, Assisi 2001; A . AMATO, Gesù il Signore. Saggio di cristologia, cit., 186-205; M . GRONCHI,
Trattato su Gesù Cristo Figlio di Dio salvatore, cit., 235-250; B. MAGGIONI, Risurrezione, in: R .
P E N N A - G . P E R E G O - G . RAVASI (edd.), Temi teologici della Bibbia, cit., 1169-1174.
34
«La sintesi originale e primitiva del Gesù terrestre e del Cristo risuscitato si trova in diver-
se "formule di confessione di fede" e "omologie" che parlano nello stesso tempo e con speciale
insistenza della morte e della risurrezione (Rm 1 , 3 ss.; ICor 1 5 , 3 - 4 ) . Questi testi realizzano una
connessione autentica tra una storia individuale e il significato di Gesù Cristo che resterà per
l'eternità. Essi presentano in sintesi "la storia dell'essenza" di Gesù Cristo. Tale sintesi resta un
esempio e un modello per ogni cristologia autentica» (COMMISSIONE TEOLOGICA INTERNAZIONALE,
Questioni dì cristologia, cit., I , 2 . 4 , in: EV, 7 , n. 6 4 3 ) . Sulle confessioni di fede cfr. R . FABRIS,
Confessione dì fede, in: R . P E N N A - G . PEREGO-G. RAVASI (edd.), Temi teologici della Bibbia, cit.,
2 0 2 - 2 0 8 ; D . HERCSDC, Il Signore Gesù. Saggio di cristologìa e soteriologia, cit., 4 2 - 6 6 .
35
Altre confessioni di fede si trovano in Ai 2,32; 3,15; 5,21 ; 10,40; lTs 1,10; 4,14; Rm 8,34;
10,9.
. . O f t . CAPITOLO V I - TEMPO DI.PASQUA

La confessione di fede contiene quattro fatti.


«Cristo morì per i nostri peccati secondo le Scritture»: l'uomo della croce,
Gesù, è il Cristo; la sua morte rientra nel disegno misterioso di Dio ("secondo
le Scritture"); è causata dal peccato degli uomini (egli è giusto e santo); libera
gli uomini dal peccato.
«Fu sepolto»: questo particolare sottolinea la realtà della morte di Gesù ed
allude, in qualche modo, alla tradizione evangelica del sepolcro vuoto.
«È risorto il terzo giorno secondo le Scritture»; la risurrezione di Gesù non
è rianimazione, ma trasformazione spirituale del suo corpo. Quella di Lazzaro
è rianimazione (Gv 11,1-44). Quella di Gesù invece è spiritualizzazione.

«Il terzo giorno» è particolare teologico più che cronologico ed indica che
la risurrezione di Gesù è opera straordinaria del Padre. Appare dal confron-
to con Gn 22,4 (sacrificio di Isacco) ed Os 6,1-2 ("e il terzo giorno ci farà
rialzare")36.

La risurrezione, come la morte, rientra nel disegno del Padre rivelato attra-
verso le Scritture.

2. Inni

Gli inni (FU 2,6-11; Ef2,14-16.15-20; Col 1,15-20; lTm 3,16)

«non parlano direttamente della risurrezione di Gesù, ma proclamano che Gesù


è il Signore glorificato da Dio dopo i giorni della sua umiliazione. L'attenzio-
ne si rivolge non tanto all'avvenimento della risurrezione, quanto al fatto che
Gesù risorto è vivente e Signore»37.

36
«Neil'AT "il terzo giorno" era spesso considerato come il giorno della liberazione, della
salvezza, della vittoria sulla morte e su ogni forma di schiavitù, dopo un intervallo di smarri-
mento, di crisi, di "prova"... Dire che Gesù è risuscitato "il terzo giorno" significa alludere a
un evento decisivo di salvezza, di liberazione: Dio interviene a salvare chi si è affidato alla sua
volontà fino a dare la vita, non lascia il giusto nella tribolazione e nella morte, ma lo fa risor-
gere, lo richiama alla vita, inaugurando così il tempo della salvezza definitiva» (M. SERENTHÀ,
Gesù Cristo ieri, oggi e sempre. Saggio di cristologìa, cit., 28-29).
37
F. ARDUSSO, Gesù di Nazaret è Figlio di Dio?, Marietti Editori, Torino 1980, 110. «Gli
inni non sono numerosi come le omologhie, ma sono più vari e drammatici; vogliono celebrare
il dramma divino del redentore, che discende dal Cielo per redimere gli uomini e dopo l'umi-
liazione viene esaltato, redime gli uomini e vince le potenze cosmiche nemiche» (G. SEGALLA,
Cristologia del Nuovo Testamento, in: G . S E G A L L A - R . CANTALAMESSA-G. M O I O L I , Il problema
cristologico oggi, cit., 69-70).
Vediamo l'inno cristologico della Lettera ai Filippesi 38 .

«Egli (Gesù Cristo), pur essendo nella condizione di Dio,


non ritenne un privilegio
l'essere come Dio,
ma svuotò se stesso
assumendo una condizione di servo,
diventando simile agli uomini.
Dall'aspetto riconosciuto come uomo,
umiliò se stesso
facendosi obbediente fino alla morte
e a una morte di croce.
Per questo Dio lo esaltò
e gli donò il nome
che è al di sopra di ogni nome,
perché nel nome di Gesù
ogni ginocchio si pieghi
nei cieli, sulla terra e sotto terra,
e ogni lingua proclami:
"Gesù Cristo è Signore!",
a gloria di Dio Padre» (FU 2,6-11).

L'inno celebra la preesistenza e lo svuotamento di Cristo («pur essen-


do nella condizione di Dio», «svuotò se stesso»), la sua condizione umana
(«riconosciuto come uomo») e la sua obbedienza assoluta («obbediente fino
alla morte e a una morte di croce») 39 , la sua esaltazione («Dio lo esaltò»),
il titolo regale e divino di Signore («gli donò il nome - che è al di sopra di
ogni nome» e il suo trionfo sull'universo («ogni ginocchio si pieghi», «ogni

38
Cfr. A . MANGIAPANE, FU 2,6 nella moderna ricerca esegetica, Theses ad Doctoratum in
S. Theologia, Pontificia Universitas Lateranensis, Roma 1978; R. FABRIS, Lettera ai Filippesi.
Struttura, commento e attualizzazione, Edizioni Dehoniane, Bologna 1983; U. V A N N I , Filippesi
(Lettera ai), in: P. R O S S A N O - G . R A V A S I - A . GHIRLANDA (edd.), Nuovo Dizionario di Teologia Bi-
blica, cit., 554-560; G. BARBAGLIO, Le lettere di Paolo. Traduzione e commento, voi. I I , Boria
19902, 531-650; N. CAPIZZI, L'uso di FU 2,6-11 nella cristologia contemporanea (1965-1993),
Editrice Pontificia Università Gregoriana, Roma 1997; R. PENNA, Lettera ai Filippesi - Lettera
a Filemone. Nuovo Testamento. Commento esegetico e spirituale, Città Nuova, Roma 2002;
R . FABRIS, Lettera ai Filippesi - Lettera a Filemone. Introduzione, versione, commento, Scritti
delle origini cristiane 11, Edizioni Dehoniane, Bologna 2000, 9-272; G. C O S T A - M . VIVIANO,
Una cittadinanza eristica per una gioia piena, in: G. COSTA (ed.), Lettera ai Filippesi. Il cuore
libero dì Paolo in catene, Coop. S. Tom., Messina - Elledici, Leumann (TO) 2009, 63-118; S.
ROMANELLO, Filippesi, Lettera ai, in: R . P E N N A - G . P E R E G O - G . RAVASI (edd.), Temi teologici della
Bibbia, cit., 502-507.
39
Sull'obbedienza di Gesù cfr. I. GARGANO, Obbedienza, in: Ibidem, 917-919.
lingua proclami»). «Gesù Cristo è Signore!» 40 : questa la fede della comunità
cristiana delle origini.

«L'inno può essere considerato come una testimonianza antichissima di cristolo-


gia completa, dal momento che fa riferimento alle tre condizioni di Cristo, pri-
ma, durante e dopo l'incarnazione. Esso fu alla base della dottrina patristica dello
scambio: Il Figlio di Dio, senza perdere le sue prerogative divine, divenne ciò che
noi siamo, perché noi potessimo divenire ciò che egli è»41.

3. Predicazione missionaria

Gli Atti degli apostoli "riportano" il contenuto essenziale della predicazio-


ne missionaria di Pietro prima {At 2,14-39; 3,12-26; 4,8-12; 5,29-32; 10,34-
43) e di Paolo dopo {At 13,17-41)42. Bastano due testimonianze.

«Allora Pietro con gli Undici si alzò in piedi e a voce alta parlò a loro così:
"Uomini di Giudea, e voi tutti abitanti di Gerusalemme, vi sia noto questo e
fate attenzione alle mie parole. Questi uomini non sono ubriachi, come voi
supponete: sono infatti le nove del mattino; accade invece quello che fu det-
to per mezzo del profeta Gioele... Uomini d'Israele, ascoltate queste parole:
Gesù di Nàzaret - uomo accreditato da Dio presso di voi per mezzo di mi-
racoli, prodigi e segni, che Dio stesso fece tra voi per opera sua, come voi
sapete bene - , consegnato a voi secondo il prestabilito disegno e la prescienza
di Dio, voi, per mano di pagani, l'avete crocifisso e l'avete ucciso. Ora Dio
lo ha risuscitato, liberandolo dai dolori della morte, perché non era possibile
che questa lo tenesse in suo potere... Fratelli, mi sia lecito dirvi francamente,
riguardo al patriarca Davide, che egli morì e fu sepolto e il suo sepolcro è ancora
oggi fra noi. Ma poiché era profeta e sapeva che Dio gli aveva giurato solenne-
mente di far sedere sul suo trono un suo discendente, previde la risurrezione di

40
«In questo inno il titolo "Kyrios" appare nella sua piena risonanza... Con ciò Gesù rag-
giunge dignità uguale a Dio e gli spetta la venerazione cultuale - invocazione e adorazione
- da parte della sua comunità... Inoltre l'espressione paolina predominante "nostro Signore"
fa trasparire l'autocoscienza della comunità cristiana in un ambiente ricco di culti e di associa-
zioni cultuali; i credenti in Cristo si sanno obbligati soltanto al loro Kyrios il quale però non
è un Signore accanto ad altre divinità cultuali, bensì è il Kyrios esclusivo che sta sopra tutti i
cosiddetti signori e sopra tutte le potenze cosmiche» (R. SCHNACKENBURG, Cristologia del Nuo-
vo Testamento, in: J . F E I N E R - M . LOHRER (edd.), Mysterium Salutis, 5 , cit., 4 0 3 - 4 0 4 ) . Sul titolo
Signore cfr. A . BARBI, Signore, in: R. P E N N A - G . P E R E G O - G . RAVASI (edd.), Temi teologici della
Bibbia, cit., 1 3 0 5 - 1 3 1 3 .
41
A . AMATO, Gesù il Signore. Saggio di cristologia, cit., 201.
42
Cfr. C.H. D O D D , La predicazione apostolica e il suo sviluppo, Paideia, Brescia 1 9 7 3 ,
1 9 - 2 0 ; 1 1 2 - 1 1 3 ; V . Fusco, Atti degli Apostoli, in: P. R O S S A N O - G . RAVASI-A. GHIRLANDA (edd.),
Nuovo Dizionario di Teologia Biblica, cit., 1 2 8 - 1 3 6 ; R . FABRIS, Risurrezione, in: Ibidem, 1 3 5 4 -
1355.
CAPITOLO V I - T E M P O di PASQUA1f5

Cristo e ne parlò: questi non fu abbandonato negli inferi, né la sua carne subì
la corruzione. Questo Gesù, Dio lo ha risuscitato e noi tutti ne siamo testimoni.
Innalzato dunque alla destra di Dio e dopo aver ricevuto dal Padre lo Spirito
Santo promesso, lo ha effuso, come voi stessi potete vedere e udire... Sappia
dunque con certezza tutta la casa d'Israele che Dio ha costituito Signore e
Cristo quel Gesù che voi avete crocifisso". All'udire queste cose si sentirono
trafiggere il cuore e dissero a Pietro e agli altri apostoli: "Che cosa dobbiamo
fare, fratelli?". E Pietro disse loro: "Convertitevi e ciascuno di voi si faccia
battezzare nel nome di Gesù Cristo, per il perdono dei vostri peccati, e riceve-
rete il dono dello Spirito Santo. Per voi infatti è la promessa e per i vostri figli
e per tutti quelli che sono lontani, quanti ne chiamerà il Signore Dio nostro"»
(At 2,14-16.22-24.29-33.36-39)43.

«Pietro allora prese la parola e disse: "In verità sto rendendomi conto che Dio
non fa preferenza di persone, ma accoglie chi lo teme e pratica la giustizia, a
qualunque nazione appartenga. Questa è la Parola che egli ha inviato ai figli
d'Israele, annunciando la pace per mezzo di Gesù Cristo: questi è il Signore
di tutti. Voi sapete ciò che è accaduto in tutta la Giudea, cominciando dalla
Galilea, dopo il battesimo predicato da Giovanni; cioè come Dio consacrò in
Spirito Santo e potenza Gesù di Nazaret, il quale passò beneficando e risanan-
do tutti coloro che stavano sotto il potere del diavolo, perché Dio era Con lui.
E noi siamo testimoni di tutte le cose da lui compiute nella regione dei Giudei
e in Gerusalemme. Essi lo uccisero appendendolo a una croce, ma Dio lo ha
risuscitato al terzo giorno e volle che si manifestasse, non a tutto il popolo, ma
a testimoni prescelti da Dio, a noi che abbiamo mangiato e bevuto con lui dopo
la sua risurrezione dai morti. E ci ha ordinato di annunciare al popolo e di testi-
moniare che egli è il giudice dei vivi e dei morti, costituito da Dio. A lui tutti i
profeti danno questa testimonianza: chiunque crede in lui riceve il perdono dei
peccati per mezzo del suo nome» (At 10,34-43).

Al centro della predicazione missionaria c'è Gesù («uomo accreditato da


Dio presso di voi per mezzo di miracoli, prodigi e segni»), la sua morte («voi,
per mano di pagani, l'avete crocifisso e l'avete ucciso»), la sua risurrezione
(«Ora Dio lo ha risuscitato, liberandolo dai dolori della morte»), la sua esalta-
zione («Innalzato dunque alla destra di Dio»), l'effusione dello Spirito Santo
(«dopo aver ricevuto dal Padre lo Spirito Santo promesso, lo ha effuso»), la
testimonianza degli apostoli («noi tutti ne siamo testimoni»), l'appello alla
conversione («Convertitevi e ciascuno di voi si faccia battezzare nel nome di
Gesù Cristo»)44.

43
Questa la struttura del discorso missionario: l'aggancio alla situazione (Ai 2,14-21); il
kerigma (At 2,22-36); l'invito alla conversione (At 2,37-40).
44
«La comunità primitiva pone un evento al centro della propria fede (il Cristo): questo
evento è inserito (come culmine) in una storia (AT): la storia della salvezza (AT e Cristo) si fa
presente nella comunità, nella storia della Chiesa. Si rivela che il centro dell'annuncio è Gesù.
4. Narrazioni evangeliche

Ampie e distese le narrazioni evangeliche (Me 16,1-18; Mt 28,1-20; Le 24,1-


49- Gv 20,1-21,23)45. Pur essendoci divergenze su alcuni particolari (persone
coinvolte, numero e luoghi delle apparizioni, indicazioni di tempo), le narrazioni
«concordano nell'affermare che Gesù, dopo la morte, è apparso a certi discepoli,
ha dimostrato di essere ancora vivo, ed è stato annunciato come risorto dai morti.
Questo è il centro e il fulcro attorno ai quali ruotano tutte queste tradizioni»46.

Le narrazioni si sviluppano intorno al ritrovamento del sepolcro vuoto e


alle apparizioni.
Il sepolcro vuoto pone domande in attesa di risposte che possono essere
tante: teoria della frode o dell'inganno (S. Reimaras), della sottrazione, della
morte apparente (G. Paulus), dell'evoluzione, delle visioni. Il sepolcro vuoto,
quindi, non può essere considerato come prova della risurrezione di Gesù 47 .
Le apparizioni sono reali ed oggettive. Davvero Gesù si è fatto vedere. Davve-
ro gli apostoli hanno visto Gesù. Incontro di grazia che ha la seguente dinamica:
Gesù prende l'iniziativa di manifestarsi; gli apostoli (vincendo esitazioni) rico-
noscono Gesù; Gesù li invia in missione. L'incontro di grazia si ripete più volte
per permettere agli apostoli di fare un autentico cammino di fede. Passare gra-
dualmente dall' incredulità: «Quelle parole parvero a loro come un vaneggiamento
e non credevano ad esse» (Le 24,11), al dubbio: «Perché siete turbati, e perché
sorgono dubbi nel vostro cuore? Guardate le mie mani e i miei piedi: sono proprio
io! Toccatemi e guardate; un fantasma non ha carne e ossa, come vedete che io

Tutta l'attenzione della comunità delle origini è concentrata nell'evento fondamentale: Gesù
di Nazaret, il Crocifisso, è stato risuscitato ed è assiso alla destra di Dio, divenuto salvezza
per noi» ( B . M A G G I O N I , NUOVO Testamento, in: F . F E S T O R A Z Z I - B . M A G G I O N I , Il messaggio della
salvezza. Introduzione alla storia della salvezza, Elle Di Ci, Leumann (TO) 1978,222.
45
Cfr. C . M . M A R T I N I , Risurrezione, in: G . B A R B A G L I O - S . DIANICH (edd.), Nuovo Dizionario
di Teologia, cit., 1307-1319; B. FORTE, Gesù di Nazaret, storia di Dio, Dio della storia. Saggio
di una cristologìa come storia, San Paolo, Cinisello Balsamo ( M I ) 2007, 88-103; R . F A B R I S ,
Risurrezione, in: P . R O S S A N O - G . R A V A S I - A . GHIRLANDA (edd.), Nuovo Dizionario di Teologia
Bìblica, cit., 1345-1354; R . SCHNACKENBURG, La persona di Gesù nei quattro vangeli, Paideia,
Brescia 1995.
46
W. K A S P E R , Gesù il Cristo, cit., 176.
47
«Appare significativo il fatto che la tomba vuota non sia stata immediatamente colta
come segno della risurrezione, dato lo spavento delle donne (cfr. Me 16,8; Mt 28,8), il disorien-
tamento della Maddalena (cfr. Gv 20,2.13.15), le perplessità degli apostoli (cfr. Le 24,11; Gv
20,9). Persino l'autopresentazione di Gesù suscitò dubbi (cfr. Mi 28,17; Le 24,41; Gv 20,25,27).
In effetti, il sepolcro vuoto in quanto tale non fu sufficiente ad indurre la convinzione della
risurrezione, tanto che si sospettò il trafugamento del cadavere da parte dell'autorità giudaica
(cfr. Mt 27,64; 28,13; anche la Maddalena ne temeva la scomparsa, cfr. Gv 20,2)» (M. G R O N C H I ,
Trattato su Gesù Cristo Figlio di Dio salvatore, cit., 237).
CAPITOLO V I - T E M P O DI PASQUA 1 f 5

ho» (Le 24,38-39), alla fede: «Gli rispose Tommaso: "Mio Signore e mio Dio!".
Gesù gli disse: "Perché mi hai veduto, tu hai creduto; beati quelli che non hanno
visto e hanno creduto!"» (Gv 20,28-29)48.

«Con la risurrezione, Gesù non è tornato alla vita mortale di prima, come Lazza-
ro, la figlia di Giairo o il figlio della vedova di Nain; è entrato in una dimensione
superiore, ha raggiunto in Dio la condizione perfetta e definitiva di esistenza.
Non è tornato indietro, ma è andato avanti e adesso non muore più»49.

«Gesù, con la risurrezione giunge alla perfezione della sua umanità e assume
in pienezza la funzione di Messia e Salvatore, comunicando agli uomini lo
Spirito Santo, per santificarli e ricondurli al Padre»50.

6. L'ASCENSIONE

«Egli si mostrò a essi vivo, dopo la sua passione, con molte prove, durante
quaranta giorni, apparendo loro e parlando delle cose riguardanti il regno di
Dio... Detto questo, mentre lo guardavano, fu elevato in alto e una nube lo
sottrasse ai loro occhi. Essi stavano fissando il cielo mentre egli se ne andava,
quand'ecco due uomini in bianche vesti si presentarono a loro e dissero: "Uo-
mini di Galilea, perché state a guardare il cielo? Questo Gesù, che di mezzo a
voi è stato assunto in cielo, verrà allo stesso modo in cui l'avete visto andare
in cielo"» (At 1,3.9-11)51.

48
«Varie apparizioni hanno una sola menzione (a Cleopa e al compagno di viaggio; ai cin-
quecento fratelli, a Giacomo e a tutti gli apostoli); a parte qualche coincidenza marginale (a Ma-
ria e alle donne presso la tomba, agli undici in Galilea), le tradizioni più consistenti sembrano
quelle riguardanti il resto dei dodici a Gerusalemme. Ora, pur tenendo conto delle discordanze,
si possono ricavare almeno quattro elementi comuni, tra i quali, in primo luogo, l'attestazione
del "fatto visivo" relativo a Gesù (vedere/essere visto), per cui non si potrà essere riconosciuti
apostoli senza aver "visto" il Risorto (cfr. At 1,22; ICor 9,1). In secondo luogo, è frequente
il "mancato riconoscimento" di Gesù (cfr. Gv 20,14-15; Le 24,16; Gv 21,4), cui corrisponde
l'incertezza sulla sua identità (sia a Gerusalemme che in Galilea, cfr. Le 24,41; Gv 20,24-29; Mt
28,17). Terzo motivo comune è quello dell'incarico, ovvero di un "mandato esplicito" ricevuto
dal Risorto (cfr. Mt 28,10IGv 20,17; Le 24,31-35; Mt 28,19-20; Gv 21,15-19), per il quale si è
anche costituiti apostoli (cfr. ICor 15,7). Quarto elemento è "il primo giorno della settimana",
che sta a fondamento della tradizione successiva del "giorno del Signore, in cui si celebrerà la
risurrezione (cfr. At 20,7; ICor 16,2; Ap 1,10). A questa tradizione potrà ricondursi anche la
traccia del "pasto comune" presente in alcuni racconti di apparizione (cfr. Le 24,30-31.35.41-
43; Gv 21,12-13; Me 16,14)» (Ibidem, 240-241).
49
CEI, La verità vi farà liberi. Catechismo degli adulti, cit., n. 269.
50
Ibidem, n. 143.
51
Marco e Luca accennano all'ascensione di Gesù: «Il Signore Gesù, dopo aver parlato con
loro, fu elevato in cielo e sedette alla destra di Dio. Allora essi partirono e predicarono dappertutto,
mentre il Signore agiva insieme con loro e confermava la Parola con i segni che la accompagnava-
no» (Me 16,19-20). «Poi li condusse fuori verso Betània e, alzate le mani, li benedisse. Mentre li
CAPITOLO V I - T E M P O DI PASQUA

Alcune considerazioni aiutano a comprendere più a pieno il contenuto e il


significato del racconto lucano dell'ascensione di Gesù. Evento che si pone
nel giorno stesso della sua risurrezione, dal momento che l'ascensione altro
non è che la sua glorificazione, il suo ritorno al Padre. «L'ascensione visibile
è segno della invisibile intronizzazione messianica del Risorto» 52 .
La comunità cristiana delle origini per dire il mistero evento di Gesù dopo
la sua morte si serve di schemi letterari: quello della risurrezione, quello
dell'esaltazione e quello del vivente. Qui, nel racconto dell'ascensione, Luca
scrive: «si mostrò a essi vivo».
Il particolare "quaranta giorni" richiama Es 16,35 (gli israeliti mangiano
la manna per 40 anni); 24,18 (Mosè rimane sul monte 40 giorni e 40 notti);
34,28 (Mosè rimane con il Signore 40 giorni e 40 notti); Nm 14,34 (espiazione
dei peccati per 40 anni); Dt 9,9-18 (Mosè rimane sul monte 40 giorni e 40
notti); IRe 19,8 (Elia cammina 40 giorni e 40 notti fino al monte di Dio). Il
particolare "quaranta giorni" indica un tempo forte di grazia, un'esperienza
particolare di Dio53.
La nube è elemento delle manifestazioni di Dio (Es 13,21-22) e del Figlio
dell'uomo (Dn 7,13)54. Il cielo non è un luogo fisico sopra la terra o al di là
delle stelle. L'ascensione non è un viaggio spaziale né un evento mitico. Il
cielo dell'ascensione è la vita stessa, personale e realissima della comunione
trinitaria.

benediceva, si staccò da loro e veniva portato su, in cielo. Ed essi si prostrarono davanti a lui; poi
tornarono a Gerusalemme con grande gioia e stavano sempre nel tempio lodando Dio» (LE 24,50-
53). Sul mistero dell'ascensione cfr. G. LOHFINK, L'ascensione di Gesù. Invenzione o esperienza?,
Queriniana, Brescia 1976; H. SCHLIER, Riflessioni sul Nuovo Testamento, Paideia, Brescia 1976,
295-312; P. TOINET, "L'ascensione di Cristo promozione dell'uomo", in "Communio" 69 (1983)
19-29; M . BORDONI, Gesù di Nazareth. Signore e Cristo, 2, Gesù al fondamento della cristologia,
cit., 578-580; A . AMATO, Gesù il Signore. Saggio di cristologia, cit., 556-562.
52
CEI, La verità vi farà liberi. Catechismo degli adulti, cit., n. 272.
53
«Nell'insegnamento rabbinico il numero quaranta ha un valore simbolico per indicare
un tirocinio completo e normativo. In altre parole gli apostoli a contatto con il Signore risorto
ricevono quella formazione autorevole e completa che li abilita a continuare la sua opera sto-
rica» (R. FABRIS, Atti degli Apostoli, Boria, Roma 1 9 8 4 , 6 9 ) . «Oggi celebriamo solennemente
l'ascensione del Signore al cielo. Infatti il Signore Salvatore nostro, deposto il corpo e ripreso
il corpo dopo che risorse dai morti, ai discepoli si mostrò vivente dopo che avevano disperato
vedendolo morente. In seguito si offrì per essere visto dagli occhi, toccato dalle mani, edifican-
do la fede, mostrando la verità. Invero, per l'umana fragilità e per la debole ansietà, risultava
poco mostrare un miracolo così grande in un solo giorno e poi scomparire. Si intrattenne con
loro sulla terra... per quaranta giorni, entrando e uscendo, mangiando e bevendo al fine di
mostrare la verità, non perché avesse necessità. Pertanto, nello stesso quarantesimo giorno che
oggi celebriamo, mentre essi vedevano e vedendo lo accompagnavano, salì al cielo» (AGOSTINO
D'IPPONA, Discorso 2 6 5 , in: L. PADOVESE, Sermoni per i tempi liturgici, cit., 4 2 9 - 4 3 0 ) .
54
Cfr. Le 9,34; 21,27; Me 14,62.
CAPITOLO VI - T E M P O DI PASQUA 1f5

Si può dire che l'ascensione è l'ultima apparizione di Gesù risuscitato.


E il suo ritorno definitivo nella dimensione escatologica in cui è già entra-
to con la sua risurrezione. Gesù viene dal Padre, ritorna definitivamente
al Padre. D'ora in poi è presente attraverso la sua comunità: «riceverete la
forza dallo Spirito Santo che scenderà su di voi, e di me sarete testimoni a
Gerusalemme, in tutta la Giudea e la Samaria e fino ai confini della terra»
(At 1,8)55.

«Mediatore tra Dio e gli uomini, giudice del mondo e Signore dell'universo, non si
è separato dalla nostra condizione umana, ma ci ha preceduti nella dimora eterna,
per darci la serena fiducia che dove è lui, capo e primogenito, saremo anche noi,
sue membra, uniti nella stessa gloria»56.

L'ascensione «esprime il ritorno definitivo del Risorto al Padre. Ormai


Gesù "siede alla destra di Dio" con la sua umanità. Con l'incarnazione, Dio
è venuto tra noi; con l'ascensione, la nostra umanità è stata glorificata presso
Dio» 57 .

7. LA P E N T E C O S T E

«Mentre stava compiendosi il giorno della Pentecoste, si trovavano tutti in-


sieme nello stesso luogo. Venne all'improvviso dal cielo un fragore, quasi un
vento che si abbatte impetuoso, e riempì tutta la casa dove stavano. Apparvero
loro lingue come di fuoco, che si dividevano, e si posarono su ciascuno di loro,

55
«L'ascensione chiude il ciclo delle apparizioni di Gesù e rappresenta quindi la linea di
demarcazione tra il tempo di Gesù e la vita della Chiesa. È il termine della vita fisica di Gesù,
l'annuncio profetico della sua seconda venuta, e l'inizio del tempo della Chiesa, che appare
quindi caratterizzato dall'assenza storica di Gesù e dalla presenza viva della testimonianza de-
gli apostoli, i quali, nella speranza, devono dinamicamente orientare la Chiesa verso la parusia
del Signore. Il colloquio di quaranta giorni tra il Risorto e gli apostoli è sicura garanzia che essi
hanno tutte le carte in regola per guidare con successo la comunità dei credenti» (B. PAPA, La
cristologia dei Sinottici e degli Atti degli Apostoli, Ecumenica Editrice, Bari 1972, 103). «Il
Corpo di Cristo è stato glorificato fin dall'istante della sua risurrezione... Ma durante i quaranta
giorni, nei quali egli mangia e beve familiarmente con i suoi discepoli e li istruisce sul Regno,
la sua gloria resta ancora velata sotto i tratti di una umanità ordinaria. L'ultima apparizione di
Gesù termina con l'entrata irreversibile della sua umanità nella gloria divina simbolizzata dalla
nube e dal cielo, ove egli siede ormai alla destra di Dio» (Catechismo della Chiesa Cattolica,
cit.,n. 629).
56
CEI, Messale Romano, Prefazio dell'ascensione del Signore 1, cit.
57
CONFERENZA EPISCOPALE FRANCESE, L'alleanza di Dìo con gli uomini. Catechismo degli
adulti, Edizioni Dehoniane, Bologna 1992,118.
CAPITOLO V I - TEMPO DI PASQUA1f5

e tutti furono colmati di Spirito Santo e cominciarono a parlare in altre lingue,


nel modo in cui lo Spirito dava loro il potere di esprimersi» (At 2,l-4)58.

Breve ed essenziale il racconto del dono dello Spirito sul finire del giorno
di Pentecoste 59 . Ma ricco di particolari che meritano di essere sottolineati.
Il luogo in cui si trovano i discepoli è il cenacolo:

«Entrati in città, salirono nella stanza al piano superiore, dove erano soliti riu-
nirsi: vi erano Pietro e Giovanni, Giacomo e Andrea, Filippo e Tommaso, Bar-
tolomeo e Matteo, Giacomo figlio di Alfeo, Simone lo Zelota e Giuda figlio di
Giacomo. Tutti questi erano perseveranti e concordi nella preghiera, insieme
ad alcune donne e a Maria, la madre di Gesù, e ai fratelli di lui» (At 1,13-14).

Il giorno è quello di Pentecoste (50° giorno), festa della mietitura (Es


23,14) in un primo tempo, festa della rinnovazione dell'alleanza in un se-
condo tempo (2Cr 5,10-13). Il "fragore, quasi un vento" richiama la teofania

58
«Nel racconto di Luca (la Pentecoste) raffigura una teofania, ossia una manifestazione
divina, simile a quella del Sinai, accompagnata da vento e fuoco, cioè da tempesta e folgori,
segni della trascendenza di Dio. La grande effusione dello Spirito Santo è quasi la consacrazio-
ne dei discepoli ad essere missionari del Vangelo in ogni punto della terra. L'evento si verifica
"mentre stava compiendosi il giorno della Pentecoste" (v. 1): il compimento (e non solo la
conclusione) di una festa così importante coincide con il compiersi delle promesse profetiche
circa il dono dello Spirito di Dio» (La Bibbia. Via verità e vita, cit., 2274).
59
Sull'evento mistero di Pentecoste cfr. Y . - M . CONGAR, Credo nello Spirito Santo I : Rive-
lazione ed esperienza dello Spirito, Queriniana, Brescia 1 9 8 1 ; M . BORDONI, Gesù di Nazareth.
Signore e Cristo, 2 , Gesù al fondamento della cristologia, cit., 5 9 8 - 6 0 5 ; F . LAMBIASI, LO Spirito
Santo: mistero e presenza. Per una sintesi di pneumatologia, Edizioni Dehoniane, Bologna
1 9 8 7 ; R . PENNA, Spirito Santo, in: P . R O S S A N O - G . R A V A S I - A . GHIRLANDA (edd.), Nuovo Dizio-
nario di Teologia Biblica, cit., 1 4 9 8 - 1 5 1 7 ; G . CALABRESE, Il Signore che dà la vita. Identità
e missione dello Spirito Santo, Edizioni Paoline, Cinisello Balsamo ( M I ) 1 9 8 8 ; R . PESCH, Gli
Atti degli Apostoli, Cittadella Editrice, Assisi 1 9 9 2 ; J . MOLTMANN, LO Spirito della vita. Per una
pneumatologia integrale, Queriniana, Brescia 1 9 9 4 ; A. DALBESIO, LO Spirito Santo nel Nuovo
Testamento, nella Chiesa, nella vita del cristiano, Edizioni Paoline, Cinisello Balsamo (MI)
1 9 9 4 ; M . W E L K E R , LO Spirito di Dio. Teologia dello Spirito Santo, Queriniana, Brescia 1 9 9 5 ; G .
TALERCIO, Credo nello Spirito Santo, Udine 1 9 9 7 ; R . LAVATORI, Il dono di Dìo. Persona e mis-
sione dello Spìrito Santo, Bologna 1 9 9 7 2 ; A. FAVALE, LO Spirito Santo. Chi È? Cosa opera nella
Chiesa e nei cristiani?, Elledici, Leumann (TO) 1 9 9 7 ; B. SESBOUÉ, La personalità dello Spìrito
Santo nella testimonianza biblica, nella teologìa trinitaria recente e nell'esperienza storica
della Chiesa e degli uomini, in: A A . V V . , La personalità dello Spirito Santo, Edizioni Paoline,
Cinisello Balsamo ( M I ) 1 9 9 8 , 2 1 - 6 0 ; R . SCIBONA, La Rivelazione dello Spirito Santo nel Gesù
storico e nel Nuovo Testamento, in: Ibidem, 8 9 - 1 0 9 ; C. NICOLOSI, Luce d'eterna sapienza. Sve-
laci il grande mistero di Dio Padre e del Figlio uniti in un solo amore. Meditazioni sullo Spirito
Santo, Libreria Editrice Vaticana, Città del Vaticano 2 0 0 0 ; A . AMATO, Gesù il Signore. Saggio
di cristologia, cit., 5 6 2 - 5 6 7 ; R . CANTALAMESSA, Spirito Santo, in: R . P E N N A - G . P E R E G O - G . RAVASI
(edd.), Temi teologici della Bibbia, cit., 1 3 3 3 - 1 3 4 5 .
CAPITOLO V I - TEMPO DI PASQUA1f5

del Sinai (Es 19,16-25). Le "lingue come di fuoco" richiamano la colonna di


fuoco che di notte guida Israele nel deserto (Es 13,21-22). Il dono delle lingue
non ha riscontro nell'Antico Testamento60.
Il dono dello Spirito porta a compimento la profezia di Gioele (Gl 3,1-5);
richiama la presenza dello Spirito nella vita di Gesù (incarnazione: Mt 1,18-
21; Le 1,34-35; battesimo: Mt 3,16; sosta nel deserto: Mt 4,1; sinagoga di
Nazaret: Le 4,18) e il suo compito nella vita della Chiesa (consolatore: Gv
14.16.26; 15,26; 16,7; Spirito di verità: Gv 14,17; 15,26; 16,13; maestro: Gv
14,26; 16,13; testimone: Gv 15,26). Il dono dello Spirito permette ai discepoli
di "parlare in altre lingue". Si tratta forse di un linguaggio estatico:

«E disse loro: "Andate in tutto il mondo e proclamate il Vangelo a ogni creatu-


ra. Chi crederà e sarà battezzato sarà salvato, ma chi non crederà sarà condan-
nato. Questi saranno i segni che accompagneranno quelli che credono: nel mio
nome scacceranno demòni, parleranno lingue nuove"» (Me 16,15-17)61.

Il dono dello Spirito nel giorno di Pentecoste rimanda al dono che Gesù fa
il primo giorno dopo il sabato, il giorno della sua risurrezione:

«La sera di quel giorno, il primo della settimana, mentre erano chiuse le porte del
luogo dove si trovavano i discepoli per timore dei Giudei, venne Gesù, stette in
mezzo e disse loro: "Pace a voi!". Detto questo, mostrò loro le mani e il fianco. E
i discepoli gioirono al vedere il Signore. Gesù disse loro di nuovo: "Pace a voi!
Come il Padre ha mandato me, anche io mando voi". Detto questo, soffiò e disse

60
«Vi sono tradizioni rabbiniche sulla divisione della voce divina al Sinai in 70 lingue, ma
ignoriamo se questa tradizione esistesse già al tempo di Luca. Comunque la menzione delle
lingue prepara a comprendere il dono profetico dato agli apostoli (v. 4). La narrazione sembra
usare liberamente degli elementi delle teofanie, specialmente di Es 19, ma senza dipendenza
precisa da un determinato contesto. Essa vuol esprimere il verificarsi di uno straordinario inter-
vento divino, sulla linea dei grandi interventi descritti nel V. T., destinato a segnare una tappa
importante nella storia della salvezza» ( C . M . MARTINI, Atti degli Apostoli, Edizioni Paoline,
Roma 1977,68-69).
61
Cfr. ICor 14,2-23. «Che altro, infatti, lo Spirito Santo preannunciava nelle lingue di tutte
le genti che donava ad essi i quali conoscevano soltanto l'unica lingua del proprio popolo...
se non che tutte le genti avrebbero creduto nel Vangelo? E come all'inizio ciascuno dei fedeli
parlava nelle lingue di tutti, in seguito, poi, la stessa unità della Chiesa le parlava. Cosa rispon-
dono al riguardo coloro che non vogliono essere incorporati e congiunti alla società cristiana
che fruttifica e cresce tra tutte le genti? Possono forse negare che anche ora lo Spirito Santo
viene sui cristiani? Perché dunque, al presente, né presso di noi né presso di loro nessuno parla
nelle lingue di tutti i popoli - il che, allora, era espressione della sua venuta - se non perché ora
si realizza quanto allora era preannunziato? Allora, infatti, persino il singolo fedele parlava in
tutte le lingue; così anche adesso l'unità dei fedeli parla in tutte le lingue, perché siamo membra
del corpo in cui esse sono» (AGOSTINO D'IPPONA, Discorso 269, in: L. PADOVESE, Sermoni per i
tempi liturgici, cit., 452-453).
4FT CAPITOLO V I - T E M P O DI PASQUA

loro: "Ricevete lo Spirito Santo. A chi perdonerete i peccati, saranno perdonati; a


chi non perdonerete, non saranno perdonati"» (Gv 20,19-23).

Nel giorno di Pentecoste la Chiesa prega così:

«Oggi hai portato a compimento il mistero pasquale e su coloro che hai reso
figli di adozione in Cristo tuo Figlio hai effuso lo Spirito Santo, che agli albori
della Chiesa nascente ha rivelato a tutti i popoli il mistero nascosto nei seco-
li, e ha riunito i linguaggi della famiglia umana nella professione dell'unica
fede»62.
«La Chiesa vive per il dono dello Spirito Santo, accolto con umiltà e fede dai
seguaci di Gesù Cristo»63.

«Quel che... è l'anima per il corpo dell'uomo, questo è lo Spirito Santo per il
corpo di Cristo che è la Chiesa. Lo Spirito Santo in tutta la Chiesa fa ciò che
l'anima fa in tutte le membra dell'unico corpo. Ma badate da cosa guardarvi,
badate da cosa star in guardia, badate cosa temere. Avviene che nel corpo uma-
no, anzi, dal corpo sia reciso un qualche membro: mano, dito, piede. L'anima
segue forse il destino del membro reciso? Quando questo era il corpo, viveva;
reciso dal corpo, perde la vita. Cosè anche l'uomo è cristiano cattolico finché
vive nel corpo; reciso, è divenuto eretico. Lo Spirito non segue un membro
amputato. Se pertanto volete vivere dello Spirito Santo, conservate la carità,
amate la verità, desiderate l'unità così da pervenire all'eternità»64.

8. LA PARUSIA

«E veramente giusto benedirti eringraziarti,Padre santo, sorgente della verità e


della vita, perché in questo giorno di festa ci hai convocato nella tua casa. Oggi
la tua famiglia, riunita nell'ascolto della parola e nella comunione dell'unico
pane spezzatola memoria del Signore risorto nell'attesa della domenica senza
tramonto, quando l'umanità intera entrerà nel tuo riposo. Allora noi vedremo il
tuo volto e loderemo senza fine la tua misericordia»65.

Straordinaria preghiera di lode della comunità cristiana convocata, nel


giorno del Signore, per celebrare la pasqua settimanale. Tra il "già" delle me-
raviglie di amore che Dio ha compiuto e il "non ancora" di quelle che compirà
nell'attesa della parusia di Cristo66. «E di nuovo verrà, nella gloria, per giudi-

62
CEI, Messale Romano, Prefazio della domenica di Pentecoste, cit.
63
IDEM, La verità vi farà lìberi. Catechismo degli adulti, cit., n. 4 2 0 .
64
AGOSTINO D'IPPONA, Discorso 2 6 7 , in: L . PADOVESE, Sermoni per i tempi liturgici, cit., 4 5 1 .
65
CEI, Messale Romano, Prefazio delle domeniche del tempo ordinario 10, cit.
66
Cfr. J. MOLTMANN, Teologia della speranza, Queriniana, Brescia 1 9 7 1 3 , 1 9 5 - 2 0 2 . 2 2 9 -
CAPITOLO V I - TEMPO DI PASQUA 1f5

care i vivi e i morti, e il suo regno non avrà fine» 67 .


Parusia che lo stesso Gesù annuncia: «Quando il Figlio dell'uomo verrà
nella sua gloria, e tutti gli angeli con lui, siederà sul trono della sua gloria»
(Mi 25,31); «Bevetene tutti, perché questo è il mio sangue dell'alleanza, che
è versato per molti per il perdono dei peccati. Io vi dico che d'ora in poi non
berrò di questo frutto della vite fino al giorno in cui lo berrò nuovo con voi,
nel regno del Padre mio» (Mt 26,27-29).
La comunità cristiana vive «nell'attesa della domenica senza tramonto».

«La Chiesa delle origini crede che il Signore Gesù, morto e risorto, ha aperto
una storia di salvezza universale, cosmica. Il regno di Dio è impersonato in lui.
Attendere il Regno significa attendere la parusia del Signore. Con questa paro-
la, usata comunemente per indicare la visita ufficiale di un sovrano in qualche
città, i credenti designano la venuta pubblica e manifesta del Cristo glorioso.
Non si tratta di un ritorno, quasi che adesso sia assente, ma del compimento e
della manifestazione suprema di quella presenza che ha avuto inizio con la sua
umile vicenda terrena e che continua oggi nascosta nel mistero dell'eucaristia,
della Chiesa, della carità e dei poveri. La parusia è la meta della storia. Porterà
la perfezione totale dell'uomo e del mondo. Dio infatti ha voluto "ricapitolare
in Cristo tutte le cose" (Ef 1,10)»68.

234; K . B E R G E R - K . RAHNER, Parusia, in: K . RAHNER (ed.), Sacramentun mundi. Enciclopedia


Teologica, 6, Morcelliana, Brescia 1976, 147-158; G . GHIBERTI, Parusia, in: G . BARBAGLIO-
S . DIANICH (edd.), Nuovo Dizionario di Teologia, cit., 1121-1130; A . GIUDICI, Escatologia,
in: Ibidem, 395-400; K.E. SCHELKLE, Escatologia neotestamentaria, in: J. F E I N E R - M . LÒHRER
(edd.), Mysterium salutis, 11, Queriniana, Brescia 1978, 237-240.254-259.268-269.273-277;
M. SERENTHÀ, Gesù Cristo ieri oggi e sempre. Saggio di cristologia, cit., 379-381; B. MONDIN,
Gesù Cristo salvatore dell'uomo. Cristologia storica e sistematica, cit., 408-412; S. MOSSO,
Speranza, in: G . BARBAGLIO-G. B O F - S . DIANICH (edd.), Teologia, cit., 1531-1541.
67
CEI, Messale Romano, Professione di fede, cit.
68
IDEM, La verità vi farà liberi. Catechismo degli adulti, cit., n. 1 1 7 5 . «Quando dunque
sarà venuto il Signore nostro Gesù Cristo, e, come dice anche l'apostolo Paolo, avrà messo
in luce i segreti delle tenebre, sicché ciascuno si avrà da parte di Dio la sua lode (cf. ICor
4,5), allora, giunto quel giorno, non saranno più necessarie le lucerne; non ascolteremo più il
profeta, non apriremo più il libro dell'apostolo, non andremo più a cercare la testimonianza di
Giovanni, non avremo più bisogno neppure del Vangelo; allora scompariranno tutte le Scritture
che si sono accese per noi come lucerne nella notte di questo mondo, perché non rimanessimo
al buio. Venute meno tutte queste cose, della cui luce non avremo più bisogno; venuti meno
anche gli uomini di Dio che ne sono stati i ministri, che insieme con noi contempleranno la luce
della verità in tutta la sua chiarezza; venuti meno tutti questi aiuti, che cosa vedremo? come
si pascerà la nostra mente? come si allieterà il nostro sguardo? donde verrà a noi quel gaudio
che né occhio vide, né orecchio udì, né in cuor d'uomo salì (ICor 2,9)1 Che cosa vedremo?
Vi scongiuro, o fratelli, amate con me, correte credendo con me; desideriamo insieme la patria
celeste, sospiriamo verso la patria celeste, sentiamoci pellegrini quaggiù» (AGOSTINO D'IPPONA,
Commento al Vangelo di Giovanni. Omelia 3 5 , 9 in: E . GANDOLFO, Commento al Vangelo di
Giovanni, Città Nuova, Roma 2 0 0 5 , 6 1 1 ) .
.142 C A P I T O L O V I - T E M P O DI PASQUA

«Il Signore è il fine della storia umana, il punto focale dei desideri della storia
e della civiltà, il centro del genere umano, la gioia di tutti i cuori, la pienezza
delle aspirazioni. Egli è colui che il Padre ha risuscitato da morte, ha esaltato
e collocato alla sua destra, costituendolo giudice dei vivi e dei morti. Nel suo
Spirito vivificati e coadunati, noi andiamo pellegrini incontro alla finale perfe-
zione della storia umana» (GS 45).

Nell'attesa della «domenica senza tramonto» la comunità cristiana attende


e prega: «Vieni, Signore Gesù» (Ap 22,20).

9. C O N I P A D R I D E L L A C H I E S A

1. Annuncio della passione

«Per preparare le menti dei discepoli, il Salvatore di tutti dice loro che soffrirà
la passione sulla croce e la morte nella carne non appena sarà arrivato a Geru-
salemme. Ha anche aggiunto che sarebbe risorto distruggendo la sofferenza e
cancellando la vergogna della passione attraverso la grandiosità del miracolo.
Era cosa gloriosa e degna di Dio essere in grado di rompere i vincoli della
morte e tornare indietro alla vita. Secondo l'espressione del santo Paolo, la
risurrezione dalla morte testimonia che egli è Dio e il Figlio di Dio (cf Rrn
1,4)»69.

2. Gesù agnello pasquale

«Per mezzo delle sue ombre, la Legge ha prefigurato sin dall'antichità il miste-
ro di Cristo. Egli stesso ne è il testimone quando ha detto ai giudei: Se aveste
creduto a Mose, avreste creduto anche a me; perché di me egli ha scritto (Gv
5,46). Cristo è presentato ovunque con esempi e immagini, in entrambi i casi:
in quanto morto per noi, come l'agnello innocente e vero, e in quanto intento
a santificarci con il suo sangue che dà vita. Vediamo che le parole dei santi
profeti sono in completo accordo con quelle dell'assai saggio Mosè. Paolo
dice: Quando fu giunta la pienezza del tempo, l'unigenito Verbo di Dio ha
accettato di svuotarsi di se stesso, con la nascita nella carne di una donna, e
con l'assoggettamento alla legge in accordo alla misura consona alla natura
umana. Si è anche sacrificato per noi, come l'agnello vero e innocente nel
quattordicesimo giorno del primo mese. Questo giorno festivo è stato chiamato
"Pascha", parola che appartiene al linguaggio ebraico e che significa "passare

69
CIRILLO DI ALESSANDRIA, Commento a Luca, omelia 125, in: A . A . JUST Jr, Luca. La Bibbia
commentata dai padri, 3, cit. 407.
al di là"... Il nome della festa in cui Emmanuel ha sopportato per noi la croce
salvifica era la Pasqua»70.

3. Il mistero del pane

«Questo pane, che la parola di Dio confessa che sia il suo Corpo, è la Parola
che nutre le anime, è la parola che procede dalla parola di Dio e pane che
procede dal Pane celeste, che fu posto sulla mensa della quale è scritto: "da-
vanti a me tu prepari una mensa sotto gli occhi dei miei nemici" (Sai 22,5). E
questa bevanda, che la parola di Dio dice essere il suo Sangue, è la Parola che
rinfresca e ridona gioia nei cuori di coloro che bevono... Questa bevanda è il
frutto della vera vite che dice: "Io sono la vera vite" (Gv 15,1), ed è il sangue
di quell'uva che, posta nella pressa della passione, diede questa bevanda; così
come il pane è la Parola di Cristo fatto di quel grano che "cadendo in terra...
diede molto frutto" (cf Mt 13,8; Me 4,8; Le 8,8). La Parola di Dio non chia-
mava Corpo suo quel pane visibile che teneva fra le mani, ma la Parola nel cui
mistero quel pane doveva essere diviso. E non chiamava suo Sangue quella
bevanda visibile, ma la Parola nel cui mistero quella bevanda doveva essere
offerta. Infatti il Corpo e il Sangue della Parola di Dio, che altro può essere se
non la Parola che nutre e la Parola che riempie di gioia il cuore? Perché non
disse: "Questo è il Pane della Nuova Alleanza", così come disse "Questo è il
Sangue della Nuova Alleanza" (Mt 26,28; Me 14,24; Le 22,20; ICor 11,25)?
Perché il Pane è la Parola della giustizia, della quale si nutrono le anime, men-
tre la Bevanda è la Parola della conoscenza di Cristo secondo il mistero della
sua nascita e della sua passione»71.

4. La mia anima è triste fino alla morte

«Non riusciamo a comprendere come Cristo possa essere stato turbato per la
sua morte, come egli stesso confessa dicendo: "La mia anima è triste fino alla
morte" (Mt 26,38; Me 14,34); e come da ultimo sia stato condotto alla morte
che gli uomini giudicano la più indegna; comunque risorse dopo il terzo giorno
(cf Mt 28,6; Me 16,6; Le 24,5; ICor 15,4). Poiché abbiamo visto in lui alcuni
tratti così umani, che sembra non differire in nulla dalla fragilità comune agli
uomini, e allo stesso tempo tratti così divini, che a nessun altro convengono
se non a quella prima e ineffabile natura della divinità, l'umano intelletto è
preso da angoscia e da tale ammirato stupore, che ignora dove andare e a cosa
affidarsi»72.

70
Ibidem, omelia 1 4 1 , in: Ibidem, 4 6 3 - 4 6 4 .
71
ORIGENE, Serie di Commenti al vangelo di Matteo 8 5 , in: M . SIMONETTI, Matteo 14-28. La
Bibbia commentata dai padri, 1 / 2 , cit., 2 8 7 - 2 8 8 .
72
IDEM, I Principi 2 , 6 , 2 , in: T H . C . O D E N - C H . A . H A L L , Marco. La Bibbia commentata dai
padri, 2, cit., 290.
CAPITOLO V I - T E M P O DI PASQUA1f5

5. Allontana da me questo calice!


«Cristo sapeva bene quello che diceva a suo Padre e sapeva che era possibi-
le allontanare da lui quel calice, ma lo doveva bere per tutti, per sciogliere,
mediante questo calice, il debito che i profeti e i martiri con la loro morte
non avevano potuto pagare... Poiché assunse carne umana, e si rivestì della
debolezza, mangiò per fame, si stancò lavorando, fu reso debole dal sonno,
quando giunse il tempo della sua morte, ogni cosa dovette compiersi secondo
la necessità della carne fino al momento della morte; infatti soggiacque alla
peggiore morte, perché si manifestasse la sua natura di figlio di Adamo, sulla
quale "regna la morte" (cf Rm 5,14.17), secondo le parole dell'apostolo... E
allora, in quest'ora della sua morte corporale, lasciò libera ogni necessità del
corpo, perché tutti i suoi dolori manifestassero la realtà del suo corpo, perché
apparisse reale agli eretici e agli scismatici. Forse il corpo, che tutti videro,
non apparve uguale ad essi? Ebbe fame e sete, fu affaticato ed ebbe sonno,
e allo stesso modo provò anche paura. Pronunciò anche questa frase perché
nessuno nel mondo potesse dire: "Pagò i nostri debiti senza sofferenza e senza
impegno"; oppure per insegnare ai suoi discepoli ad affidare la propria vita e
la propria morte a Dio. Se infatti colui che è saggio della stessa saggezza di
Dio chiese aiuto al Signore, allora ancor più indispensabile è che gli ignoranti
affidino la propria volontà a colui che tutto conosce... Se infatti colui che non
conosce la paura, ebbe timore e chiese di essere liberato, pur sapendo che ciò
non era possibile, ancor di più sarà opportuno che gli uomini perseverino nella
preghiera di fronte alla tentazione, affinché da essa siano liberati»73.

6. Dio mio, Dio mio perché mi hai abbandonato?

«Col linguaggio dunque della nostra infermità, che il nostro Capo aveva fatta
sua, egli esclama in questo punto del salmo: "Dio mio, Dio mio, perché mi hai
abbandonato?" (Sai 22,2). Poiché uno è abbandonato per il fatto che non è esau-
dito, come credeva essere stato abbandonato Paolo, non essendo stato esaudito
riguardo a quanto chiedeva; ma con la stessa voce della nostra infermità sentì
dirsi dal Signore: "Ti basta la mia grazia, poiché la forza si perfeziona nella
debolezza". Egli infatti nell'elevare la sua preghiera è abbandonato in quanto
non è esaudito. Gesù fece sua questa voce, che è la voce cioè della sua Chiesa
che doveva essere trasformata dall'uomo antico in quello nuovo, la voce cioè
della sua debolezza umana, in cui dovevano essere negati i beni dell'Antica
Alleanza, perché imparasse ormai a desiderare e a sperare i beni della Nuova
Alleanza. Fra i beni dell'Antica Alleanza che riguardano l'uomo antico, vi è
quello per cui si desidera soprattutto il prolungamento di questa vita temporale,
per conservarla un po' più a lungo, giacché non è possibile vivere per sempre.
Ecco perché tutti sanno piuttosto che arriverà il giorno della morte, ma tutti o

73
EFREM IL SIRO, Commento al Diatessaron di Taziano 20, 2.4.6.7, in: Ibidem, 291-292.
CAPITOLO V I

quasi tutti cercano di differirlo, anche coloro i quali credono che vivranno una
vita più felice dopo la morte: tanta è la forza che esercita la dolce unione del
corpo con l'anima! (cf Ef5,29)»74.

7. Cristo è risorto

«La tomba ben custodita parla di un morto, la terra scossa dal terremoto, parla
di Dio. In effetti, il corpo parla di un uomo; il prodigio, di un Dio: la sepol-
tura lo dichiara morto (vale a dire uomo); la risurrezione, Dio; il pianto delle
donne parla di un morto; le parole degli angeli, di un Dio. Come a un morto
Giuseppe (d'Arimatea) ha reso i doveri funebri; ma colui che ne fu l'oggetto
come uomo, ha vinto come Dio la morte. Come morto, i soldati gli hanno fatto
buona guardia; come Dio, le porte degli inferi l'hanno visto con stupore. Tu
comprendi che si tratta della stessa persona l'uno e l'altro, che non sono uno
e un altro, né uno in un altro, né uno per un altro, perché il Verbo fatto carne
è uno, ha riunito le due nature (divina e umana) in un solo essere, secondo la
sua volontà, in modo ineffabile: ha consegnato la carne per la passione, e si
è servito della divinità per compiere segni e prodigi; ma, come ripugna che il
verbo sia separato dal corpo, così è necessario che le sofferenze siano unite
ai prodigi. Colui infatti che è disceso agli inferi come morto, come Dio ha
liberato i morti. Non a caso gli angeli che stanno al sepolcro si mostrano alle
donne vestiti di bianco, come ci si veste per accompagnare lo sposo, e dicono a
esse: "Voi cercate Gesù di Nazaret, il crocifisso. Egli non è qui: è risorto, come
aveva annunziato. Il suo posto è nei cieli, dirigete lì i vostri profumi. Egli è
risorto, non siamo stati noi a risuscitarlo. È per noi stessi che abbiamo rotolato
la pietra: prima infatti che scendessimo qui, il sepolcro era già vuoto. Egli è
risorto, come aveva annunziato"»75.

8. La morte della morte

«Mori ma uccise la morte: con la sua vittoria sterminò colei che temevamo.
L'assunse in sé e la uccise: da cacciatore di impareggiabile abilità agguantò il
leone e lo ammazzò (cf ISam 17,34-36). Dov'è ora la morte? Se la cerchi in
Cristo, in lui non c'è più. C'è stata una volta, ma ora è morta in lui. O vita che
hai dato morte alla morte! Ma state tranquilli! Essa morrà anche in noi. Ciò
che è avvenuto in anticipo nel capo si realizzerà anche nelle membra: la morte
morirà anche in noi. Ma quando? Alla fine del mondo, quando, come crediamo
senza dubbio alcuno, avverrà la risurrezione dei morti»76.

74
Lettera a Onorato 1 4 0 , 6 , 1 5 - 1 6 , in: Ibidem, 3 1 9 - 3 2 0 .
AGOSTINO D ' I P P O N A ,
75
ESICHIO DI GERUSALEMME,Omelia per la pasqua, 2 .
76
AGOSTINO D'IPPONA, Discorso 2 3 3 , 3 , 4 - 4 , 5 , in: T H . C . O D E N - C H . A . H A L L , Marco. La
Bibbia commentata dai padri, 2, cit., 331.
9. La natura umana è glorificata

«Se la risurrezione del Signore fu per noi motivo di gloria nella solennità pa-
squale, la sua ascensione nei cieli è causa della letizia presente: noi infatti
ricordiamo e veneriamo degnamente quel giorno in cui l'umiltà della nostra
natura fu innalzata in Cristo sopra tutti gli ordini degli angeli, sopra tutta la
milizia del cielo, oltre i seggi di tutte le potestà fino a sedere in un unico trono
con il Padre eterno. Secondo questa economia delle opere divine, sono state
gettate le nostre fondamenta, noi siano stati edificati. Così ancor più mera-
vigliosa è apparsa la grazia di Dio quando, privati gli occhi degli uomini di
tali opere, che di per se stesse imponevano un giusto sentimento di rispetto,
non venne meno la fede, non vacillò la speranza, non si indebolì la carità...
Perché fossimo capaci di tale virtù, dilettissimi, il nostro Signore Gesù Cristo,
dopo aver compiuto tutto ciò che conveniva alla predicazione del vangelo e ai
misteri del Nuovo Testamento, quaranta giorni dopo la risurrezione, si elevò al
cielo sotto lo sguardo dei suoi discepoli, e pose fine alla sua esistenza corporale
per restare alla destra del Padre fino al termine dei tempi divinamente stabiliti,
quando si moltiplicheranno i figli della Chiesa ed egli verrà a giudicare i vivi
e i morti in quella stessa carne nella quale salì al cielo. Quel che era visibile
del nostro redentore passò sotto i segni sacramentali. E perché la fede fosse più
eccellente e più forte, la dottrina prese il posto della visione, perché i cuori dei
credenti, illuminati da suprema luce, ne seguissero l'autorità»77.

10. Il trionfo di Cristo

«Il Signore, avendo rivestito l'uomo,


avendo sofferto per colui che soffriva,
ed essendo stato legato
per colui che era prigioniero,
e giudicato per il colpevole,
e sepolto per chi era sepolto,
risuscitò dai morti e gridò questa parola:
"Chi mi accusa?
Si avvicini a me!
Io ho liberato il condannato.
Io ho vivificato chi era morto.
Io ho risuscitato chi era sepolto.

Chi è il mio contraddittore?


Io - dice - sono il Cristo,
sono io che ho distrutto la morte,

77
LEONE I , Discorso 7 4 , 1 - 2 , in: T H . C . O D E N - C H . A . H A L L , Marco. La Bibbia commentata
dai padri, 2 , cit., 3 4 2 . Cfr. P L 5 4 , 3 9 8 A .
CAPITOLO V I - T E M P O DI PASQUA 1f5

che ho vinto il nemico,


che ho calpestato l'Ade,
che ho legato il forte,
e ho elevato l'uomo
alle sublimità del cielo,
io - dice - sono il Cristo".

"Venite dunque, voi tutte stirpi umane,


immerse nei peccati, e ricevete la remissione dei peccati.
Io sono, infatti, la vostra remissione,
io la Pasqua della salvezza,
io l'agnello immolato per voi,
io il vostro riscatto,
io la vostra vita,
io la vostra risurrezione,
io la vostra luce,
io la vostra salvezza,
io il vostro re.
Io vi conduco alle sommità dei cieli.
Io vi mostrerò l'eterno Padre.
10 vi risusciterò con la mia destra".

Questi è colui che ha fatto il cielo e la terra


e che all'inizio plasmò l'uomo,
che fu annunziato dalla Legge e dai Profeti,
che s'incarnò in una vergine,
che fu inchiodato su un legno,
che fu sepolto nella terra,
che fu risuscitato dai morti,
che ascese nell'alto dei cieli,
che siede alla destra del Padre,
che ha il potere di giudicare
e salvare tutte le cose,
lui, per mezzo del quale
11 Padre operò sempre
dal principio e per tutti i secoli.

Egli è "l'Alfa e l'Omega".


Egli è "il principio e la fine",
- principio inesplicabile - .
"Egli è il Cristo".
Egli è il Re.
Egli è Gesù,
egli lo Stratega,
egli il Signore,
egli colui che risuscitò dai morti,
CAPITOLO V I - TEMPO DI PASQUA1f5

egli colui che è assiso alla destra del Padre.


Egli porta il Padre ed è portato dal Padre:
"a lui la gloria e la potenza nei secoli.
Amen"»78.

11. Cristo è nostra pasqua

« O re dei re, Agnello di Dio,


grande leone di Giuda,
morte del peccato,
per la potenza della croce,
vita della giustizia
che doni ormai il frutto dell'albero della vita
in luogo dell'aver gustato all'albero della scienza,
medicina di grazia
che ripari la rapina della gloria.

Quando il tuo sangue


ha spezzato il diritto
della spada di fiamma,
hai aperto il giardino del paradiso,
radice di obbedienza,
medicina di grazia.
Questo è il giorno solenne del Signore;
è pace in terra,
folgore per l'inferno,
luce per i cieli,
è il giorno del duplice battesimo,
della legge e del vangelo.

Il Cristo è pasqua per l'uomo:


mentre passa la vecchiezza
sorge la novità.
Questo è il giorno del Signore,
gioisci o anima che non conosci il fermento,
ripiena di pane azzimo.
I nemici sono stati sommersi,
le soglie hanno ricevuto il segno,
mangia ora,

78
MELITONE DI SARDI, La Pasqua, in: N. Nocini, Omelie pasquali dell'antichità cristiana,
Messaggero, Padova 1985,100-102.
con le lattughe selvatiche,
la Pasqua passata al fuoco,
di notte, nell'unica casa.

Con i fianchi cinti,


i piedi calzati,
affrettati con il bastone,
e divora il capo
con gli intestini e i piedi.
Lavaci in questo giorno, o Cristo,
purificaci con l'issopo,
rendici degni di questo mistero:
asciugando il mare, trapassando la mascella del Leviatan con l'amo uncinato.

Inebriaci con il calice,


fa' dormire, risveglia;
tu che per via bevi al torrente
le nostre sventure;
tu pontefice, ostia,
tu che premi il torchio, tu uva.

O fiore fragrante della verga verginale,


piena della rugiada dei sette doni,
all'aspetto colorito di rosa,
candore di giglio, per quale consiglio d'immensa bontà
ti sei abbassato
in aiuto del piccolo mondo,
affinché, facendo parte dei miseri,
ne fossi redentore,
senza macchia di peccato,
portando la forma del peccato?

O Signore,
consanguineo allo schiavo,
speranza della risurrezione prima e ultima,
per il giuramento al seme di Abramo
conferma anche noi,
convivificando nel tuo corpo
noi morti insieme nell'antico padre Adamo;
tu congiungendo le membra dei deboli
1 SO CAPITOLO V I - T E M P O DI PASQUA

alle forti
dona i pascoli
della vita eterna
tu Pasqua. Amen»79.

12. Presente sulla terra

«Poiché il Dio uomo è stato assunto in cielo quanto all'umanità che aveva
ricevuto dalla terra, egli resta coi santi sulla terra quanto alla divinità con cui
parimenti riempie il cielo e la terra, e resta tutti i giorni fino alla fine del mon-
do. Dal che si comprende che fino alla fine non mancherà nel mondo chi è
degno di vivere nella dimora celeste, né dobbiamo dubitare che dopo le lotte
di questo mondo vivano con Cristo nel regno quanti, combattendo in questo
mondo, hanno meritato di ospitare Cristo nella dimora del loro cuore. Va co-
munque rilevato che la divina maestà, pur presente dappertutto, in un modo è
presente agli eletti, in un altro ai reprobi. È vicino ai reprobi con la potenza
della sua natura incomprensibile, per cui conosce tutte le cose, le recenti e le
antiche, comprende da lontano i pensieri e prevede tutti i comportamenti di
ognuno (cf. Sai 138,2-4). E vicino agli eletti con la grazia della divina prote-
zione, per cui con i doni e i flagelli della vita presente, come un padre i figli, li
educa in modo particolare, e istruendoli li fa avanzare verso il possesso della
futura eredità»80.

13. La missione dello Spirito Santo

«Quando dava ai suoi discepoli il potere di far rinascere in Dio, diceva loro:
Andate e ammaestrate tutte le nazioni, battezzandole nel nome del Padre e
del Figlio e dello Spirito Santo. Egli aveva infatti promesso, per mezzo dei
profeti, di effondere questo Spirito negli ultimi tempi sui suoi servi e sulle
sue serve, affinché profetizzassero. Ed è per questo motivo che questo Spirito
è disceso sul Figlio di Dio divenuto Figlio dell'uomo: là, insieme con lui, si
accomodò ad abitare nel genere umano, a riposare sugli uomini, a risiedere
nell'opera modellata da Dio, operando in costoro la volontà del Padre e rin-
novandoli, facendo passare loro, che erano legati alle cose vecchie, alle cose
nuove del Cristo... Si tratta di quello Spirito che, come ci dice Luca, discese
sui discepoli dopo l'ascensione del Signore, il giorno della Pentecoste; Spirito
che ha il potere su tutte le nazioni per introdurre nella vita e aprire loro il

79
Cantico medievale delle Chiese di Germania, in: A A . V V . , L'ora di lettura commentata
dai padri della Chiesa, 2, Edizioni Dehoniane, Bologna 2004, 355-357.
80
B E D A , Omelie sui Vangeli 2, 8, in: T H . C . O D E N - C H . A . H A L L , Marco. La Bibbia commen-
tata dai Padri, 2, cit., 343.
CAPITOLO V I - T E M P O DI PASQUA 1 f 5

Nuovo Testamento. Perciò in tutte le lingue, animati dal medesimo sentimento,


i discepoli pronunziavano un inno a Dio, mentre lo Spirito riportava all'unità
le tribù separate e offriva al Padre le primizie di tutte le nazioni. Per questo il
Signore aveva promesso di mandarci il Paraclito, che ci riconciliava con Dio.
Perché, come con la farina secca non si può, senz'acqua, fare una sola pasta
e un solo pane, così noi, che siamo una moltitudine, non possiamo divenire
uno in Cristo Gesù senza l'acqua che scende dal cielo. E come la terra arida,
se non riceve l'acqua, non fruttifica, così anche noi, che siamo in origine un
legno secco, non potremo mai portare frutto di vita senza la pioggia che spon-
taneamente cade dall'alto. Perché i nostri corpi, per mezzo del lavacro del
battesimo, hanno ricevuto l'unione all'incorruttibilità, mentre le nostre anime
l'hanno ricevuta per mezzo dello Spirito... Proprio questo Spirito è disceso sul
Signore, spirito di sapienza e di intelligenza, spirito di consiglio e di fortezza,
spirito di conoscenza e di pietà, spirito di timore del Signore. Ed è questo Spi-
rito che di nuovo ha dato alla Chiesa, inviando dai cieli il Paraclito su tutta la
terra, là dove il diavolo era stato precipitato come la folgore, secondo la parola
del Signore. Perciò questa rugiada di Dio ci è indispensabile, perché non ci
consumiamo bruciando e perché, dove abbiamo un accusatore, abbiamo anche
un difensore. Perché il Signore ha affidato allo Spirito Santo l'uomo che gli
appartiene, l'uomo che era caduto tra le mani dei briganti; di quest'uomo ha
avuto compassione, gli ha bendato le ferite, dando due denari regali perché,
dopo aver ricevuto per mezzo dello Spirito l'immagine e l'iscrizione del Padre
e del Figlio, noi facciamo fruttificare il denaro che ci è stato affidato, e lo
restituiamo al Signore moltiplicato»81.

81
IRENEO DI LIONE, Contro le eresie, 111, 17,1-3, in: A. COSENTINO, L E eresie, 2, Città Nuova,
Roma 2009,97-99.
Parte quarta
Il mistero di Cristo
nella vita della Chiesa
-d mi wi

Ili..

CAPITOLO SETTIMO

TEMPO ORDINARIO
Il tempo dell'approfondimento, della celebrazione,
della testimonianza, dell'attesa e del compimento

«Gesù si avvicinò e disse loro: "A me è stato dato ogni potere in


cielo e sulla terra. Andate dunque e fate discepoli tutti i popoli,
battezzandoli nel nome del Padre e del Figlio e dello Spirito Santo,
insegnando loro a osservare tutto ciò che vi ho comandato.
Ed ecco, io sono con voi tutti i giorni, fino alla fine del mondo "»
, (Mi 28,18-20).

«Riceverete la forza dallo Spirito Santo che scenderà su di voi,


e di me sarete testimoni a Gerusalemme,
in tutta la Giudea e la Samaria e fino ai confini della terra»
(At 1,8).

«Non abbiamo quaggiù una città stabile,


ma andiamo in cerca di quella futura»
(Eb 13,14).

«Mirabile è l'opera da lui compiuta nel mistero pasquale: egli ci ha


fatti passare dalla schiavitù del peccato e della morte alla gloria di
proclamarci stirpe eletta, regale sacerdozio, gente santa, popolo di sua
conquista, per annunciare al mondo la tua potenza, o Padre,
che dalle tenebre ci hai chiamati allo splendore della tua luce»K

«Ogni giorno del nostro pellegrinaggio sulla terra è un dono sempre


nuovo del tuo amore per noi, e un pegno della vita immortale, poiché
possediamo fin da ora le primizie del tuo Spirito, nel quale hai
risuscitato Gesù Cristo dai morti, e viviamo nell'attesa che si compia
la beata speranza nella Pasqua eterna del tuo regno»2.

1
CEI, Messale Romano, Prefazio delle domeniche del tempo ordinario 1, cit.
2
Ibidem, Prefazio delle domeniche del tempo ordinario 6.
CAPITOLO V I I - T E M P O

Il Cristo che la Chiesa professa, celebra e vive è il Signore del tempo e


della storia, il re dell'universo, «il principio e la fine, - l'alfa e l'omega. - Egli
è il re del nuovo mondo. - Egli è il segreto della storia. - Egli è la chiave dei
nostri destini. - Egli è il mediatore, - il ponte fra la terra e il cielo. - Egli è per
antonomasia il Figlio dell'uomo,-perché è il Figlio di Dio, - eterno, infinito» 3 ;

3
PAOLO VI, Allocuzione a Manila, cit.
CAPITOLO V I I - T E M P O ORDINARIO 157

«la chiave, il centro e il fine di tutta la storia umana» (GS 10). La Chiesa
lo sa. Lo vive. Lo annuncia. Esiste per questo. «Evangelizzare, infatti, è
la grazia e la vocazione propria della Chiesa, la sua identità più profonda.
Essa esiste per evangelizzare» 4 . Annuncio non facile. Tra coraggiose testi-
monianze di fede e pericolose eresie. Al centro la domanda di Gesù e la
risposta di Pietro:

«Giunto nella regione di Cesarèa di Filippo, domandò ai suoi discepoli: "La


gente, chi dice che sia il Figlio dell'uomo?". Risposero: "Alcuni dicono Gio-
vanni il Battista, altri Elia, altri Geremia o qualcuno dei profeti". Disse loro:
"Ma voi, chi dite che io sia?". Rispose Simon Pietro: "Tu sei il Cristo, il Figlio
del Dio vivente"» (Mt 16,13-17).

Chi è Gesù? Qual è la sua costituzione ontologica? Qual è la sua missione?


Queste le domande che attraversano i secoli. Queste le domande che impegna-
no padri della Chiesa, teologi, scrittori, semplici fedeli. Queste le domande del
tempo ordinario, il tempo della Chiesa che cammina nel tempo e nello spazio
degli uomini «nell'attesa che si compia la beata speranza e venga il nostro
salvatore Gesù Cristo» 5 . La contemplazione dell 'Icona di Cristo di Teofane
di Creta introduce la nostra riflessione sul mistero di Gesù, vero Dio e vero
uomo. Il Signore che libera e salva.

1. L E T T U R A D E L L ' ICONA DI CRISTO DI TEOFANE DI CRETA

L'icona è opera di Teofane di Creta. Si trova nel monastero Stavronikita


del Monte Athos. Rappresenta Cristo nella sua dignità di Signore della terra,
ma insieme come araldo del Vangelo, che porta in mano. «Io sono colui che
sono», questo misterioso nome di Dio proposto nell'Antica Alleanza, è ripor-
tato lì come suo nome proprio: tutto ciò che esiste viene da lui, egli è la fonte
originaria di ogni essere. E perché è unico, è anche sempre presente, è sempre
vicino a noi e allo stesso tempo sempre ci precede: come indicatore sulla via
della nostra vita, anzi essendo egli stesso la via.

L'introduzione al Compendio del Catechismo della Chiesa cattolica la


commenta così.

4
IDEM,L'evangelizzazione nel mondo contemporaneo, n. 14.
5
CEI Messale Romano, Riti di comunione, cit.
CAPITOLO V I I - TEMPO ORDINARIO 149

«L'icona di Cristo Pantocrator (colui che tutto regge), di rara bellezza ar-
tistica, riporta alla mente le parole del Salmista: "Tu sei il più bello tra i
figli dell'uomo, sulle tue labbra è diffusa la grazia" (Sai 45,3). San Giovanni
Crisostomo, applicando la lode al Signore Gesù, scriveva: "Il Cristo era nel
fiore dell'età, nel vigore dello Spirito e in lui splendeva una duplice bellezza,
quella dell'anima e del corpo" (PG 52, 479). Col suo linguaggio figurativo,
questa icona costituisce la sintesi dei primi concili ecumenici, riuscendo a
rappresentare sia lo splendore dell'umanità, sia il fulgore della divinità di
Gesù. Il Cristo è rivestito di una tunica rossa, coperta da un mantello blu
scuro. I due colori ricordano la sua duplice natura, mentre i riflessi dorati
rimandano alla persona divina del Verbo. Dalla spalla destra scende una stola
dorata, simbolo del suo sacerdozio eterno. Il volto, maestoso e sereno, incor-
niciato da una folta chioma di capelli e circondato da un'aureola crocifera,
reca il trigramma "O Ì2 N" {"Colui che è"), che ripropone la rivelazione del
nome di Dio in Es 3,14. In alto, ai lati dell'icona, ci sono i due digrammi:
"IC - XC" ("Iesus" - "Christus"), che costituiscono il titolo dell'immagine
stessa. La mano destra, con pollice e anulare ricurvi fino a toccarsi (a indi-
care la duplice natura di Cristo nell'unità della persona), è nel tipico gesto
della benedizione. La mano sinistra, invece, stringe il libro del Vangelo, or-
nato da tre fermagli e da perle e pietre preziose. Il Vangelo, simbolo e sintesi
della Parola di Dio, ha anche un significato liturgico, dal momento che nella
celebrazione eucaristica si fa lettura di un suo brano e si recitano le parole
stesse di Gesù alla consacrazione. L'immagine, sintesi sublime di dati natu-
ralistici e simbolici, è un invito alla contemplazione e alla sequela. Ancora
oggi Gesù, attraverso la Chiesa, sua sposa e suo corpo mistico, continua a
benedire l'umanità e a illuminarla con il suo Vangelo, l'autentico libro della
verità, della felicità e della salvezza dell'uomo» 6 .

La contemplazione dell'icona apre il cammino di ricerca e di riflessione


che la Chiesa ha fatto per comprendere, celebrare, vivere e testimoniare il mi-
stero di Cristo, Alfa ed Omega, Primo e Ultimo, Principio e Fine (Ap 22,13).
Cammino cristologico a tappe. Essenziale, semplice, formativo. Va dalla cri-
stologia patristica 7 (sec. I-VIII) alla cristologia scolastica (sec. X-XIV), dalla
cristologia moderna (sec. XVI) alla cristologia contemporanea.

6
Catechismo della Chiesa Cattolica. Compendio, Libreria Editrice Vaticana-San Paolo,
Città del Vaticano-Cinisello Balsamo (MI) 2005,4.
7
Con l'espressione "cristologia patristica" facciamo riferimento alla riflessione che scrit-
tori ecclesiastici, orientali ed occidentali, hanno fatto tra la fine del I secolo e la fine dell'VIII
secolo. Scrittori testimoni sollecitati dalla necessità di "dire" il vangelo di Gesù, di dialogare
con la cultura del tempo, di difendere il messaggio cristiano da eresie trinitarie e cristologiche,
dalla ricerca delle scuole teologiche di Alessandria, Cesarea ed Antiochia. Scrittori considerati
"padri della Chiesa" per la santità della loro vita, l'ortodossia della loro dottrina e l'appartenen-
za ai primi otto secoli della storia della Chiesa.
CAPITOLO V I I - TEMPO ORDINARIO 150

2. IL IIE IL III SECOLO

1. Ignazio di Antiochia (muore tra il 109 e il 117)

Secondo vescovo di Antiochia (70 - 107), figura di incomparabile valore,


condannato alle belve sotto il regno di Traiano ( 9 8 - 1 1 7 ) , autore di lettere alle
comunità cristiane di Efeso, Magnesia, Traili, Filadelfia, Smirne e Roma. Una
è destinata al vescovo di Smirne san Policarpo 8 .
Chiara la sua cristologia.

a) Cristo è il compimento delle promesse veterotestamentarie:

«Dunque, quelli che erano per le antiche cose sono arrivati alla nuova speranza
e non osservano più il sabato, ma vivono secondo la domenica, in cui è sorta
la nostra vita per mezzo di Lui e della sua morte che alcuni negano. Mistero
dal quale, invece, abbiamo avuto la fede e nel quale perseveriamo per essere
discepoli di Gesù Cristo il solo nostro maestro. Come noi possiamo vivere
senza di Lui se anche i profeti quali discepoli nello spirito lo aspettavano come
maestro? Per questo, quello che attendevamo giustamente, venendo li risuscitò
dai morti»9.

b) Contro i doceti che negano la vera umanità di Gesù, Ignazio scrive:

«Siate sordi se qualcuno vi parla senza Gesù Cristo, della stirpe di David,
figlio di Maria, che realmente nacque, mangiò e bevve. Egli realmente fu per-
seguitato sotto Ponzio, realmente fu crocifisso e mori alla presenza del cielo,
della terra e degli inferi. Egli realmente risuscitò dai morti poiché lo risuscitò
il Padre suo e similmente il Padre suo risusciterà in Gesù Cristo anche noi che
crediamo in Lui, e senza di Lui non abbiamo la vera vita»10.

c) Confessa l'umanità e la divinità di Gesù:

«Gloria a Gesù Cristo Dio che vi ha resi così saggi. Ho constatato che siete
perfetti nella fede che non muta, come inchiodati nel corpo e nell'anima alla
croce di Gesù Cristo e confermati nella carità del Suo sangue. Siete pienamen-

8
Cfr. A . GRILLMEER, Gesù il Cristo nella fede della Chiesa. Dall'età apostolica al conci-
lio di Calcedonia (451), voi. I , tomo I , cit., 2 6 1 - 2 6 6 ; J.N.D. KELLY, Il pensiero cristiano delle
origini, Edizioni Dehoniane, Bologna 1 9 8 4 , 1 1 5 - 1 1 7 ; J . J . A Y Á N , Ignazio di Antiochia, in: A . Di
BERARDINO-G. FEDALTO-M. SIMONETTI (edd.), Letteratura patristica, cit., 7 1 4 - 7 1 8 .
9
IGNAZIO DI ANTIOCHIA , Ai Magnesii I X , 1 -2, in: A . QuACQUARELLI (ed.), I Padri apostolici,
Città Nuova, Roma 1976,112.
10
IDEM, Ai Tralliani I X , 1 - 2 , in: Ibidem, 1 1 8 .
te convinti del Signore nostro, che è veramente della stirpe di David secondo
la carne, Figlio di Dio secondo la volontà e la potenza di Dio, nato realmente
dalla vergine, battezzato da Giovanni, perché ogni giustizia fosse compiuta
da lui. Egli, sotto Ponzio Pilato e il tetrarca Erode, per noi fu veramente in-
chiodato nella carne, e dal frutto di ciò e dalla sua divina e beata passione noi
"siamo nati" per innalzare per sempre, con la sua resurrezione, uno stendardo
sui suoi santi e i suoi fedeli, giudei e pagani, nell'unico corpo della sua Chiesa.
Il Signore soffri realmente e risuscitò realmente»11.

«Tutto questo soffrì il Signore perché fossimo salvi. E soffrì realmente come
realmente risuscitò se stesso, non come dicono alcuni infedeli, essi che sono
apparenza, che soffrì in apparenza. Come pensano, avverrà loro di essere in-
corporei e simili ai demoni»12.

d) Afferma che Cristo è atemporale ed invisibile:

«Non ti abbattano coloro che sembrano degni di fede e insegnano l'errore. Sta'
fermo come l'incudine sotto i colpi. E proprio del grande atleta incassare i col-
pi e vincere. Dobbiamo sopportare ogni cosa per amore di Dio, perché anche
lui ci sopporti. Sii più zelante di quello che sei. Discerni i tempi. Aspetta chi è
al di sopra del tempo, atemporale, invisibile, per noi (fattosi) visibile, impalpa-
bile, impassibile, per noi (divenuto) passibile, e sopportò ogni cosa»13.

e) Presenta Gesù Cristo come generato e ingenerato:

«Vi sono alcuni che portano il nome, ma compiono azioni indegne di Dio.
Bisogna scansarli come bestie feroci. Sono cani idrofobi che mordono furti-
vamente. Occorre guardarsene perché sono incurabili. Non c'è che un solo
medico, materiale e spirituale, generato e ingenerato, fatto Dio in carne, vita
vera nella morte, nato da Maria e da Dio, prima passibile poi impassibile, Gesù
Cristo nostro Signore»14.

f) Ignazio afferma che in Cristo umanità e divinità costituiscono una unità


misteriosa. Il principio base che porta all'affermazione della perfetta umanità
e divinità di Gesù è soteriologico: non c'è salvezza se Cristo non è Dio e non
è solidale con l'uomo.

11
IDEM, Agli Smirnesi I , 1, in: Ibidem, 133-134.
12
Ibidem II, in: Ibidem, 134.
13
IDEM, A Policarpo, I I I , 1-2, in: Ibidem, 140.
14
IDEM, Agli Efesini V I I , 2, in: Ibidem, 102.
CAPIjgLOyiI-TEfvlPoORDINARIO

2. Policarpo di Smirne (muore tra il 156 e il 177)

«Secondo un'antica e autorevole tradizione, raccolta da Ireneo, Policarpo


sarebbe stato discepolo di Giovanni e da lui nominato vescovo di Smirne...
Sappiamo che nel 155 è a Roma per discutere con papa Aniceto sulla data della
celebrazione della Pasqua: al suo ritorno subisce il martirio»15.

Policarpo è autore di una lettera ai Filippesi scritta nel 108.

a) Esalta la fede della comunità cristiana di Filippi:

«(Mi sono anche rallegrato) perché la salda radice della vostra fede, famosa
fin dai primi tempi, rimane ancora e reca frutto nel Signore nostro Gesù Cristo
che per i nostri peccati ha accettato di andare a morte e che "Dio ha risuscitato,
liberandolo dai dolori dell'inferno"»16.

b) Confessa il mistero dell'incarnazione:

«Chi non confessa che Gesù Cristo è venuto nella carne è un anticristo... Chi
torce le parole del Signore per le sue brame e dice che non vi è né risurrezione
né giudizio è il primogenito di Satana»17.

c) Confessa la divinità di Gesù:

«Perciò, cinti i vostri lombi, servite Dio nel timore e nella verità, lasciando da
parte i vani discorsi e gli errori del volgo e credendo in colui che risuscitò da
morte il Signore nostro Gesù Cristo e gh diede gloria e un trono alla sua destra.
A lui è soggetta ogni cosa nel cielo e sulla terra, a lui serve ogni spirito; egli
verrà a giudicare i vivi e i morti; del suo sangue Dio chiederà conto a coloro
che non credono in lui»18.

d) Difende la testimonianza della croce e la santità di Gesù:

«Chi non confessa la testimonianza della croce è dalla parte del diavolo»19.

«Senza interruzione perseveriamo nella speranza e nel pegno della nostra giu-
stizia, Cristo Gesù che portò i nostri peccati sul suo corpo sul legno della croce.

15
L . LONGOBARDO, Apostolica (Letteratura), in: A. Di B E R A R D I N O - G . F E D A L T O - M . SIMONETTI
(edd.), Letteratura patrìstica, cit., 143.
16
POLICARPO, Lettera ai Filippesi, 1 , 2 , in: A. QUACQUARELLI, IPadri apostolici, cit., 1 5 3 .
17
Ibidem VII, 1, in: Ibidem, 157.
18
Ibidem II, 1, in: Ibidem, 154.
19
IbidemNll,\, in: Ibidem, 157.
JJ2 CAPITOLOyiI.-XEMPgORDlNAmp

Egli "che non commise peccato né sulla sua bocca vi fu inganno" sopportò
ogni cosa per noi, perché vivessimo in lui»20.

3. Ireneo di Lione (135 - 202 ca)

Discepolo di Policarpo e vescovo di Lione, Ireneo21 combatte l'eresia degli


gnostici secondo i quali Gesù è un semplice uomo; uomo sul quale il Cristo
scende nel battesimo e lo lascia prima della passione 22 . La cristologia è il nu-
cleo centrale della sua riflessione teologica. Questi i punti salienti.

a) Ireneo afferma la indicibilità della relazione Figlio-Padre:


«Se dunque qualcuno ci domanda: come il Figlio è stato emesso dal Padre?
Noi risponderemo che questa emissione, o generazione, o enunciazione. O
manifestazione. O qualunque altro nome con cui si voglia chiamare questa
ineffabile generazione non la conosce nessuno... ma solamente il Padre che
ha generato il Figlio che è nato. Poiché dunque la sua generazione è indicibile,
chiunque tenti di esplicare le generazioni e le emissioni non è sano di mente,
perché promette di dire ciò che è indicibile»23.

20
Ibidem Vili, 1, in: Ibidem.
21
Cfr. A . GRILLMEIER, Gesù il Cristo nella fede della Chiesa. Dall'età apostolica al con-
cilio di Calcedonia (451), voi. I , tomo I , cit., 2 7 8 - 2 8 7 ; A . CONTRI, Gesù Cristo Figlio di Dio e
Salvatore. Saggio di cristologia patristico-storica e teologico-sistematica, Elledici, Leumann
( T O ) 1 9 8 5 , 2 9 - 3 0 ; J J . A Y Á N , Ireneo di Lione, in: A . D I B E R A R D I N O - G . F E D A L T O - M . SIMONETTI
(edd.), Letteratura patrìstica, cit., 7 6 9 - 7 7 5 ; M . GRONCHI, Trattato su Gesù Cristo Figlio di Dio
Salvatore, cit., 3 5 8 - 3 6 2 .
22
«Lo gnosticismo è un movimento sviluppatosi fra II e HI secolo, fondato sulla teoria o
sull'esperienza della conoscenza come fonte di salvezza... Comprende gruppi e testi che, per un
verso, sono molto diversificati tra di loro, ma, per l'altro verso, condividono alcune tematiche di
fondo: valutazione negativa della creazione, considerata come il luogo in cui sono prigioniere
le particelle di luce provenienti da un dio sconosciuto e infinitamente lontano; il responsabile di
questa creazione, il Demiurgo, è un dio inferiore, malvagio o semplicemente ignorante o invidioso
dell'uomo, identificato con il Dio dell'AT, che pertanto viene respinto» (A. MONACI CASTAGNO,
Eterodossa ed eresiologica, Letteratura, in: A. Di BERARDINO-G. FEDALTO-M. SIMONETTI (edd.),
Letteratura patristica, cit., 522). La maggior parte dei sistemi gnostici sono caratterizzati dal
ruolo centrale di un mito di caduta e di redenzione e da un dualismo molto spinto che porta da una
parte a disprezzare la materia e dall'altra a dividere gli uomini in categorie diverse per essenza.
Gli spirituali: uomini privilegiati (pochi) che hanno in sé il seme divino, lo spirito, che è destinato
alla presa di coscienza (gnosi) del suo vero essere e perciò alla redenzione e al ritorno nel mondo
divino da cui proviene. Gli psichici: uomini che albergano un elemento divino di secondo ordine
(l'anima) destinato a una salvezza inferiore. Gli ilici: uomini privi della particella di luce e perciò
destinati alla dissoluzione. Sullo gnosticismo cfr. A. M A G R I S , Gnosi/Gnosticismo, in: R . P E N N A - G .
P E R E G O - G . RAVASI (edd.), Temi teologici della Bibbia, cit., 645-651.
23
IRENEO DI LIONE, Contro le eresie, I I , 2 8 , 6 , in: A. COSENTINO, Contro le eresie 1 , Città
Nuova, Roma 2 0 0 9 , 2 8 7 - 2 8 8 .
CAPITOLO V I I - TEMPO ORDINARIO 154

b) Confessa la realtà dell'evento mistero dell'incarnazione:

«Dunque, coloro che dicono che egli si è mostrato in apparenza, che non è
nato nella carne e non si è fatto veramente uomo, sono ancora sotto l'antica
condanna, facendosi avvocati del peccato, perché, secondo loro, non è stata
vinta la morte... Bisogna dunque che colui che doveva uccidere il peccato e
riscattare l'uomo degno di morte rendesse se stesso ciò che era quello, cioè
uomo che era stato ridotto in schiavitù dal peccato, che era davvero trattenuto
sotto il potere della morte»24.

c) Afferma che il Verbo di Dio si fa uomo perché l'uomo diventi figlio di


Dio:

«Per questa ragione il Verbo di Dio si è fatto uomo, e il Figlio di Dio si è fatto
Figlio dell'uomo: affinché l'uomo, mescolandosi al Verbo di Dio e ricevendo
l'adozione filiale, divenga figlio di Dio. Perché noi non avremmo potuto aver
parte all'incorruttibilità e all'immortalità in modo diverso, se non fossimo sta-
ti uniti all'incorruttibilità e all'immortalità. Ma come potremmo essere unti
all'incorruttibilità e all'immortalità, se prima l'incorruttibilità e l'immortalità
non si fossero fatte ciò che noi siamo, affinché ciò che era corruttibile fosse
assorbito dall'incorruttibilità e ciò che era mortale dall'immortalità, perché ri-
cevessimo l'adozione a figli?»25.

d) Sostiene la teoria della ricapitolazione di tutte le cose in Cristo:

«Dunque c'è un solo Dio, il Padre... e un solo Cristo Gesù nostro Signore, che
è venuto attraverso ogni economia e che ha ricapitolato in sé tutte le cose. In
questo "tutte le cose" è anche compreso l'uomo, creatura modellata da Dio;
egli ha dunque ricapitolato anche l'uomo, rendendo l'invisibile visibile, ren-
dendo l'incomprensibile comprensibile, l'impassibile passibile, il Verbo uomo:
Ricapitolando in sé tutte le cose, affinché, come il Verbo di Dio ha il primato
sugli esseri sopracelesti, spirituali e invisibili, abbia anche il potere sugli esseri
visibili e corporali; e assumendo in sé questo primato e ponendo se stesso
come testa della Chiesa, attragga tutto a sé al momento opportuno»26.

24
Ibidem, III, 18, 7, in: IDEM, Contro le eresie 2, cit., 107.108. Cfr. K.-H. O H L I G (ed.),
Cristologia I. Dagli inizi al periodo tardo-antico, Queriniana, Brescia 1993, n. 61.
25
Ibidem, IH, 19,1, in: Ibidem.
26
Ibidem, n i , 16, 6, in: Ibidem, n. 93. «Il vocabolo "ricapitolazione" funge da termine
ponte tra "creazione" e "redenzione". Cristo che ricapitola in se stesso la prima creazione re-
stituisce per via della sua obbedienza all'uomo tutto ciò che il primo uomo aveva perduto per
la sua disobbedienza. Il peccato di Adamo fece perdere all'umanità la sua somiglianza con Dio
e il diritto di accedere alla sua comunione. Tuttavia, anche al tempo della sua caduta, Adamo
non è mai caduto dalle mani del suo creatore, e nel Cristo l'umanità intera ha ritrovato la sua
condizione originale» (D. HERCSHC, Il Signore Gesù. Saggio di cristologia e soteriologia, cit.,
169).
1.64 CAPITOLO V I I - T E M P O Q R D I N A R I O

4. Tertulliano (160 - 220)

Scrittore versatile, forte, polemico contro doceti, monarchiani e modali-


sti . Prima cattolico, poi montanista e infine fondatore di una propria setta28.
27

Coniuga la formula «una persona in due sostanze». Formula che con Agostino
diviene in Occidente la quintessenza dell'ortodossia cristologica. Ecco alcune
testimonianze.

a) Contro il docetismo di Marcione, di Apelle e di Valentino, Tertulliano


stabilisce una evidente connessione
«tra la realtà dell'incarnazione e la nostra salvezza: la verità della carne è infat-
ti il fondamento della verità della morte e della risurrezione del Salvatore, nelle
quali si realizza la nostra redenzione»29.
«Ma Cristo, mandato per morire, dovette di necessità anche nascere, per po-
ter anche morire. Ché, di solito, muore solamente quello che nasce: esiste un
obbligo reciproco tra la nascita e la morte: norma della morte è la causa che
produce la nascita»30.
«E ora che risulta essere menzogna Cristo in quanto carne, ne consegue che
tutte quelle cose che sono avvenute per mezzo della carne di Cristo siano state
fatte per mezzo della menzogna, i suoi incontri, i suoi contatti, il suo vivere con
gli altri, i suoi stessi miracoli... Così, neppure la passione di Cristo meriterà
fede. Non ha patito niente chi non ha patito nella realtà, e patire nella realtà non

27
I monarchiani affermano che Dio è unico, un'unica persona e che Padre e Figlio sono
nomi correlativi di Dio. Negano che Gesù abbia una personalità distinta da quella del Padre.
Attribuiscono al Padre le azioni di Gesù, anche la passione e la morte. I modalisti (da modus =
modo, maniera) affermano che Dio è in se stesso indivisibilmente uno e solo. Secondo il suo
modo di agire all'esterno si distingue trinitariamente, come Padre nella creazione, come Figlio
nell'incarnazione, come Spirito Santo nella santificazione dell'uomo e del mondo. Verso la fine
del II secolo Ippolito scrive: «Vedete, fratelli, quanto è presuntuosa e temeraria la dottrina che
hanno introdotto i noeziani dicendo sfrontatamente: "Il Padre stesso è Cristo; egli è il Figlio;
egli è stato generato, ha sofferto; egli ha risuscitato se stesso"» (IPPOLITO DI ROMA, Contro Noeto
3. 2, in: A. O R B E - M . SIMONETTI, Il Cristo, voi. 1 . Testi teologici e spirituali dal I al IV secolo,
Fondazione Lorenzo Valla/Arnoldo Mondadori, 1, Milano 2009, 347). Sul monarchianesimo
cfr. M. GRONCHI, Trattato su Gesù Cristo Figlio di Dio Salvatore, cit., 3 6 7 - 3 7 1 ; D . HERCSIK,
Gesù il Signore. Saggio di cristologia e soteriologia, cit., 218-220.
28
Cfr. A. GRILLMEIER, Gesù il Cristo nella fede della Chiesa. Dall'età apostolica al con-
cìlio di Calcedonia (4SI), voi. I , tomo I , cit., 312-332; J . N . D . KELLY, Il pensiero cristiano
delle orìgini, cit., 1 3 8 - 1 4 4 ; J. LEAL, Tertulliano, in: A. D I BERARDINO-G. FEDALTO-M. SIMONETTI
(edd.), Letteratura patristica, cit., 1156-1162; M . GRONCHI, Trattato su Gesù Cristo Figlio di
Dio Salvatore, cit., 380-386.
29
M . SERENTHÀ, Gesù Cristo. Ieri, oggi e sempre. Saggio di cristologia, cit., 175.
30
TERTULLIANO, La carne di Cristo 6,1-3, in: A. O R B E - M . SIMONETTI, Il Cristo, voi. 1. Testi
teologici e spirituali dalIalIVsecolo, cit., 229.
CAPITOLO V I I - T E M P O ORDINARIO 165

lo poteva un fantasma. Distrutta è, dunque, tutta l'opera di Dio. Viene cancel-


lato tutto il significato e il frutto del nome cristiano, cioè la morte di Cristo.
Negata però la morte, in quanto si nega la carne, neppure la risurrezione sarà
certa... Inoltre, posta in dubbio la risurrezione, anche la nostra perisce... E
così vana è la nostra fede... E siamo ancora nel peccato, e quelli che si sono
addormentati in Cristo sono perduti, destinati certamente alla risurrezione, ma
forse in fantasma, come già Cristo»31.

b) Tertulliano afferma le due nature nell'unica persona di Cristo presentato

«come Figlio di Dio e figlio dell'uomo, senza dubbio Dio e uomo secondo l'una
e l'altra sostanza distinte nelle loro proprietà, poiché il Verbo non è altro che Dio
e la carne non è altro che l'uomo... Noi osserviamo una duplice condizione (di
essere), non confusa ma congiunta in una sola persona, (il) Dio e l'uomo Gesù...
A tal punto rimane inalterata la peculiarità di ciascuna delle due sostanze, che lo
Spirito compì in lui (Cristo) le azioni a lui proprie, cioè miracoli, opere e segni,
mentre la carne potè essere soggetta alle sue sofferenze, la fame con il demonio,
la sete con la samaritana, le lacrime per Lazzaro, l'angoscia di morte e infine la
morte... Impara quindi con Nicodemo che "ciò che è nato dalla carne è carne e
ciò che (è nato) dallo Spirito è Spirito" (Gv 3,6). Né la carne diventa Spirito né
lo Spirito carne. Certo essi possono trovarsi (solamente) in uno solo. Di queste
(sostanze) è costituito Gesù, di carne come uomo, di Spirito come Dio»32.

c) Tertulliano afferma che Gesù è Dio e uomo, spirito e carne. Spirito e


carne indicano le due nature chiamate spesso "sostanze" e qualche volte "sta-
ti". Le due nature sono distinte benché strettamente unite. Ognuna conserva le
proprie caratteristiche. Ognuna appartiene all'unica persona di Gesù.

5. Clemente di Alessandria (1401150 ca - prima del 215)

Uomo di fede, filosofo e teologo, Clemente 33 appartiene alla scuola te-


ologica di Alessandria. Scuola che segue l'indirizzo cristologico del tipo
"Logos - sarx", "il Verbo si fa carne" e sottolinea l'unità e la divinità di Gesù.

31
IDEM, Adversus Marcìonem I I I , 8 , 4 - 7 , in: G . Bosio-E. D A L C O V O L O - M . MARITANO, Intro-
duzione ai padri della Chiesa. Secoli II e III, S E I , Torino 1 9 9 4 , 1 3 6 - 1 3 7 .
32
IDEM, Contro Prassea 27, 10-11, in: K.-H. OHLIG (ed.), Cristologia I . Dagli inizi al
periodo tardo-antico, cit., n. 66.
33
Cfr. A. GRILLMEIER, Gesù il Cristo nella fede della Chiesa. Dall'età apostolica al con-
cilio di Calcedonia (451), voi. I , tomo I , cit., 336-343; J . N . D . KELLY, Il pensiero cristiano
delle origini, cit., 158-165; P . DESCOURTIEUX, Clemente Alessandrino, in: A. D Ì B E R A R D I N O - G .
FEDALTO-M. SIMONETTI (edd.), Letteratura patristica, cit., 296-299; M . GRONCHI, Trattato su
Gesù Cristo Figlio dì Dio Salvatore, cit., 401-406.
1 6 6 _ C A P I T O L O V I I - T E M P O ORDINARIO

a) Clemente presenta Gesù come Pedagogo e Maestro:

«Il nostro Pedagogo, o fanciulli, è simile al suo Padre Iddio, di cui è Figlio:
impeccabile, irreprensibile, senza passioni nell'anima, Dio puro in figura d'uo-
mo, esecutore del volere paterno, il Logos Dio, colui che è nel Padre, colui
che è alla destra del Padre, Dio anche con la forma umana. Questo per noi
l'esemplare senza macchie, a lui con tutte le forze dobbiamo tentare di rendere
simile l'anima»34.

b) Gesù è Pedagogo e Maestro perché è il Logos creatore che si fa uomo:


«Dopo che il Logos era proceduto, divenne artefice della creazione; generò poi
se stesso allorché "il Logos si fece carne", per poter essere visibile»35.

«Per questo il Figlio è detto volto del "Padre", poiché egli, il Verbo, che rivela i ca-
ratteri propri del Padre, rivestì la carne rendendosi percepibile ai cinque sensi»36.

c) Gesù, Dio e uomo, Pedagogo e Maestro, rende possibile l'accesso alla


vita divina:
«Mettiamo dunque fine, mettiamo fine all'oblio della verità; liberiamoci
dall'ignoranza e dalle tenebre che ci impediscono come nebbia la vista, con-
templiamo colui che è veramente Dio, inneggiando a lui prima con queste
parole: "Salve, luce". Una luce brillò dal cielo su noi, che eravamo seppelliti
nelle tenebre, e chiusi nell'ombra della morte, una luce più pura del sole più
dolce della vita di quaggiù. Quella luce è vita eterna, e quante cose partecipano
di essa, vivono; ma la notte teme la luce e nascondendosi per la paura lascia il
posto al giorno del Signore: l'universo è diventato luce insonne, e l'occidente
si è trasformato in oriente. Questo è ciò che ha voluto dire la nuova creatura,
giacché il sole di giustizia che cavalca l'universo, percorre in modo uguale
tutto il genere umano, imitando il Padre suo che fa sorgere il suo sole su tutti
gli uomini e sparge su di essi la rugiada della verità. Egli trasformò l'occidente
in oriente e crocifisse la morte in vita e, avendo strappato l'uomo dalla rovina,
lo elevò al cielo, tramutando la corruzione in incorruttibilità e trasformando
la terra in cielo, egli, l'agricoltore divino, che mostra i presagi favorevoli e
desta i popoli al lavoro, che è buono, richiamandoci alla memoria la vita vera
e largendoci l'eredità del Padre, eredità grande veramente e divina e che non
può essere tolta. Per mezzo del celeste insegnamento egli fa dell'uomo un dio,
dando leggi alla loro mente e scrivendole nel loro cuore»37.

34
CLEMENTE D'ALESSANDRIA, Pedagogo 1 , 2 . 4 , 1 , in: G . Bosio-E. D A L C O V O L O - M . MARITANO
(edd.), Introduzione ai padri della Chiesa. Secolo II e III, cit., 263.
IDEM, Stromati V, 16,5, in: K.-H. OHLIG (ed.), Cristologia I. Dagli inizi al periodo tardo-
antico, cit., n. 78.
36
Ibidem, V, 34, I.
37
IDEM,Protreptico XI, 114, l,in: A. PIERI,Protreptico, Edizioni Paoline,Alba 1966,277-
278.
CAPITOLO V I I - T E M P O ORDINARIO 167

6. Origene (185 ca - 253/254)

Uno dei più importanti scrittori della Chiesa antica38. Maestro di spiritualità
per i suoi discepoli. Segno di contraddizione «per l'arditezza del suo pensiero
e l'incomprensione del suo metodo: trattandosi di una teologia "in ricerca",
egli preferiva discutere piuttosto che definire, formulare ipotesi diverse piut-
tosto che sistematizzare una sola tesi»39.
La cristologia di Origene
«si compone essenzialmente di due livelli: quello del Logos eterno, che dà
forma al mondo noetico nella prima creazione, e quello della storia, ovvero del
cosmo sensibile, ove il Figlio di Dio incarnato porta a compimento la salvezza
delle creature»40.

La sua cristologia può essere così sintetizzata.

a) «Per prima cosa, uno è Dio che ha creato e ha ordinato tutte le cose, che dal
nulla ha fatto esistere l'universo... Questo Dio negli ultimi giorni, come prima
aveva promesso per mezzo dei suoi profeti, ha mandato il Signore Gesù Cri-
sto... Egli che è venuto, è nato dal Padre prima di ogni creatura. Egli, dopo
aver cooperato come ministro del Padre alla creazione dell'universo - per
mezzo suo, infatti, sono state create tutte le cose (Gv 1,3) - negli ultimi giorni,
annientandosi si è fatto uomo, si è incarnato (Fil 2,7), pur essendo Dio; e, fatto
uomo, è restato ciò che era, Dio. Ha assunto un corpo simile al nostro corpo,
diverso solo perché nato dalla Vergine e mediante lo Spirito Santo. Gesù Cristo
è nato ed ha patito realmente, non in apparenza; morto realmente della morte
comune a tutti: e realmente è risorto dai morti; dopo la sua risurrezione, dopo
essersi intrattenuto con i discepoli, è stato assunto»41.

b) Origene sottolinea la kénosi (spoliazione) del Logos avvenuta con l'in-


carnazione:
«Ma di tutti i suoi grandi miracoli uno colma di ammirazione la mente umana
al di là di ogni capacità, e la fragilità dell'intelletto mortale non riesce a com-
prendere come tanta potenza della divina maestà, la stessa parola e sapienza di

38
Cfr. A . GRILLMEIER, Gesù il Cristo nella fede della Chiesa. Dall'età apostolica al concilio
di Calcedonia (451), voi. I , tomo I, cit., 3 4 3 - 3 6 0 ; J . N . D . KELLY, Il pensiero cristiano delle origi-
ni, cit., 1 5 8 - 1 6 9 ; A . MONACI CASTAGNO, Origene, in: A . D I BERARDINO-G. FEDALTO-M. SIMONETTI
(edd.), Letteratura patristica, cit., 9 2 0 - 9 3 2 ; IDEM, Eterodossa ed eresiologica, Letteratura, in:
Ibidem, 5 2 7 - 5 2 9 ; M . GRONCHI, Trattato su Gesù Cristo Figlio di Dio Salvatore, cit., 4 0 6 - 4 1 2 .
39
G. Bosio-E. D A L C O V O L O - M . MARITANO (edd.), Introduzione ai Padri della Chiesa. Seco-
lo II e III, cit., 290.
40
M. GRONCHI, Trattato su Gesù Cristo Figlio di Dio Salvatore, cit., 406.
41
ORIGENE,1 Principi I, Prologo 4, PG 11,117.
ILAL CAPIIOLOVII-TEMPOORDINARIO

Dio Padre, nella quale sono state create tutte le cose visibili ed invisibili (cf Col
1,16), si sia delimitata nell'uomo che è apparso in Giudea e la Sapienza di Dio
sia entrata nel grembo di una Vergine e ne sia nato come bambino ed abbia
emesso vagiti a somiglianza di tutti i neonati; è stato inoltre assalito dall'an-
goscia in occasione della morte, come è narrato ed egli stesso ha confessato,
asserendo: "La mia anima è turbata fino alla morte" (Mt 26,38); infine, ha
subito una morte, che è la più ignominiosa fra gli uomini, benché sia poi risorto
il terzo giorno»42.

c) Origene afferma la presenza di due nature distinte in Gesù Cristo:

«Innanzi tutto dobbiamo sapere che è altra è in Cristo la natura della sua divi-
nità, in quanto egli è l'unigenito Figlio del Padre, e altra la natura umana che
ha assunto negli ultimi tempi per l'economia della redenzione»43.

d) Le due nature si uniscono realmente in un solo soggetto: «Queste cose


noi le affermiamo, non per separare il Figlio di Dio da Gesù, poiché dopo
l'incarnazione l'anima e il corpo di Gesù sono divenute assolutamente una
cosa sola con il Verbo di Dio» 44 . Pertanto è possibile in Cristo l'interscambio
di attributi umani e divini ("communicatio idiomatum"):

«Poiché essa (l'anima di Cristo) è tutta nel Figlio di Dio e accoglie in sé tutto il
Figlio di Dio, a ragione anche lei con la carne che ha assunto è chiamata Figlio
dì Dio, virtù di Dio, Cristo, Sapienza di Dio. E reciprocamente il Figlio di Dio
per mezzo del quale sono state create tutte le cose (cf Col 1,16), è chiamato
Gesù Cristo e Figlio dell'uomo. Diciamo infatti che il Figlio di Dio è morto
in virtù di quella natura che poteva accogliere la morte, e chiamiamo Figlio
dell'uomo egli che verrà con gli angeli nella gloria di Dio Padre (cf Mt 16,27).
Per tale motivo in tutta la Scrittura, la natura divina è designata (in Cristo) con
appellativi umani, e la natura umana è fatta oggetto dell'onore di appellativi
divini»45.

e) Origene, infine, afferma che la natura umana di Cristo è vera e reale: «Il
corpo di Gesù, nato dalla Vergine, era fatto di materia umana, capace di subire
le ferite e la morte inflitte agli uomini» 46 .

42
Ibidem, II, 6,2, PG 11, 210.
43
Ibidem, 1,2, 1, PG 11, 130.
44
IDEM, Contro Celsum I I , 9 , P G 1 1 , 8 0 9 - 8 1 0 .
45
IDEM, IPrincipi, I I , 6 , 3 , P G 1 1 , 2 1 2 .
46
IDEM, Contro Celsum, I I I , 2 5 , P G 1 1 , 9 5 1 - 9 5 2 .
CAPITOLO V I I - T E M P O ORDÌ

3. I L I V S E C O L O

Due i problemi cristologici che attraversano il IV secolo: la negazione della


divinità di Gesù da parte di Ario47 e la negazione dell'integrità della sua natura
umana da parte di Apollinare il Giovane, vescovo di Laodicea.

1. Ario (260 ca - 336) e il concilio di Nicea

Parroco di Baukalis ad Alessandria d'Egitto 48 . Autore di discorsi, di lettere


e di un componimento ritmico, la Thalìa ("banchetto"). Di lui rimangono tre
lettere e alcuni frammenti della Thalìa.

a) Ario intende salvaguardare l'unicità e la trascendenza di Dio, sorgente


non originata di tutta la realtà:

«Sappiamo che esiste un unico Dio, solo ingenerato, solo eterno, solo senza
principio, solo vero, solo che possiede l'immortalità, solo sapiente, solo buono,
solo potente, che giudica regge e governa ogni cosa, immutabile e inalterabile,
giusto e b u o n o , Dio della Legge, dei profeti e del N u o v o Testamento» 4 9 .

«Poiché è unico, trascendente ed indivisibile, l'essere o essenza ( c u o i a ) della


Divinità non può essere diviso con altri o comunicato. Se Dio trasmettesse la
sua sostanza a qualche altro essere, per quanto elevato, significherebbe che
egli è divisibile (SiaÌQetog) e sottoposto a cambiamento (Toejrxóg); questo è

47
«Era particolarmente difficile per i filosofi greci accettare l'idea di una incarnazione divi-
na. I platonici la ritenevano impensabile a motivo della loro dottrina sulla divinità; gli stoici non
potevano farla coincidere con il loro insegnamento sul cosmo. Per rispondere a queste difficoltà
molti teologi cristiani hanno preso a prestito più o meno apertamente dall'ellenismo l'idea di
"deuteros theos" (un Dio secondario o intermediario, oppure un demiurgo). Evidentemente si
apriva cosi la porta al pericolo del subordinazionismo. Questo era latente presso alcuni apologeti
e presso Origene. Ario ne fece una eresia formale; egli insegnò che il Figlio occupa un posto
intermedio tra il Padre e le creature. L'eresia ariana mostra bene come si presenterebbe il dogma
della divinità di Cristo se esso fosse dovuto veramente all'ellenismo filosofico e non alla rivela-
zione divina» (COMMISSIONE TEOLOGICA INTERNAZIONALE, Questioni di cristologia, cit., II, 1 . 2 , in:
EV, 7, nn. 647-648).
48
Cfr. A . GRILLMEIER, Gesù il Cristo nella fede della Chiesa. Dall'età apostolica al conci-
lio di Calcedonio (451), voi. I , tomo I , cit., 457-526; J . N . D . KELLY, Il pensiero cristiano delle
origini, cit., 275-307; A . CONTRI, Gesù Cristo Figlio di Dio e Salvatore. Saggio di cristologia
patristico-storica e teologico-sistematica, cit., 41-49; A . CAMPLANI, Ario, in: A . D I BERARDINO-
G . F E D A L T O - M . SIMONETTI (edd.), Letteratura patristica, cit., 173-181; M . GRONCHI, Trattato su
Gesù Cristo Figlio di Dio Salvatore, cit., 423-430.
49
A R I O , Lettera ad Alessandro 2, in: M. SIMONETTI (ed.), Il Cristo, IL Testi teologici e
spirituali in lingua greca dal IV al VII secolo, Fondazione Lorenzo Valla/Arnoldo Mondadori,
Milano 1986, 76.
inammissibile. Inoltre, se un altro essere partecipasse in qualsiasi misura alla
natura divina ne risulterebbe una dualità di esseri divini, mentre la Divinità è
una per definizione. Quindi, tutto ciò che esiste è venuto all'esistenza non per
mezzo di una comunicazione dell'essere di Dio, ma per mezzo di un atto di
creazione da parte sua; cioè, è stato chiamato all'esistenza dal nulla»50.

b) «Il Figlio non è ingenerato né in alcun modo è parte dell'ingenerato, né deri-


va da un sostrato; ma per volere e decisione del Padre è venuto all'esistenza
prima dei tempi e dei secoli, pienamente Dio, unigenito, inalterabile. E prima
di essere stato sia generato sia creato sia definito sia fondato (Pr 8,22-25),
non esisteva. Infatti non era ingenerato. Veniamo perseguitati perché abbiamo
detto: "Il Figlio ha principio, mentre Dio è senza principio". Per questo siamo
perseguitati, e perché abbiamo detto: "Deriva dal nulla". Così abbiamo detto,
in quanto non è né parte di Dio, né deriva da Dio»51.

c) Ario afferma che Gesù è "pienamente Dio". Ma in realtà non è così. Per
Ario Gesù non è Dio, ma un "dio minore", una creatura di Dio: la creatura per
eccellenza, la creatura per mezzo della quale Dio crea tutte le cose. «Il vero
Dio assolutamente unico è Dio Padre. All'infuori di lui non può esserci altro
Dio nel senso vero del termine» 52 . Ario fonda il suo pensiero su brani biblici
che legge e intende in senso subordinazionista: Pr 8,22; Me 10,18; 13,32; Gv
11,33.39; 14,28; 17,3; Ai 2,36; Col 1,15; Eb 1,4; 3,1.

«Trascendenza del Dio supremo, immaterialità delle relazioni intertrinitarie,


profonda distinzione tra le persone, subordinazione totale del Logos e sua in-
feriore divinità nei confronti del vero Dio trascendente, suo legame con Dio
mediante una relazione di creazione più che di generazione sono i tratti quali-
ficanti della dottrina di Ario»53.

d) Per dirimere la controversia, l'imperatore del tempo, Costantino, con-


voca un concilio a Nicea 54 . È l'anno 325. Vi partecipano più di 250 vescovi
con presbiteri e diaconi. Questa la definizione del concilio:

«Crediamo in un solo Dio Padre onnipotente, creatore di tutte le cose visibili


e invisibili.

50
D. HERCSIK,Gesù il Signore. Saggio di cristologia e soteriologia, cit., 232.
51
ARIO, Lettera a Eusebio di Nicomedia, in: M . SIMONETTI (ed.), Il Cristo, I I . Testi teologici
e spirituali in lingua greca dal IV al VII secolo, cit., 73.
52
A. AMATO, Gesù il Signore. Saggio di cristologia, cit., 230.
53
A. CAMPLANI, Ario, in: A. Di B E R A R D I N O - G . F E D A L T O - M . SIMONETTI (edd.), Letteratura
patristica, cit., 178.
M
Cfr. B. SESBOUÉ, Gesù Cristo nella tradizione della Chiesa, cit., 89-106; M. GRONCHI,
Trattato su Gesù Cristo Figlio di Dio Salvatore, cit., 430-436.
CAPITOLO V I I - T E M P O ORDINARIO 162

E in un solo Signore Gesù Cristo, il Figlio di Dio, generato unigenito dal Padre,
cioè dalla sostanza del Padre, Dio da Dio, luce da luce, Dio vero da Dìo vero,
generato non creato, consustanziale ("homooùsios") al Padre, per mezzo del
quale sono state create tutte le cose in cielo e in terra. Egli per noi uomini e
per la nostra salvezza è disceso dal cielo e si è incarnato, si è fatto uomo, ha
patito ed è risorto il terzo giorno, è risalito al cielo e verrà a giudicare i vivi e
i morti.

Crediamo nello Spirito Santo.

Quelli che dicono: "C'è stato un tempo in cui non esisteva" o "Non esisteva
prima di essere generato" o "È stato creato dal nulla", o affermano che egli
deriva da altra ipostasi o sostanza o che il Figlio di Dio è o creato o mutevole o
alterabile, tutti costoro condanna la Chiesa cattolica e apostolica»55.

e) La definizione di fede ha due parti. La prima contiene il credo vero e


proprio. La seconda gli anatematismi contro Ario e i suoi seguaci. Il credo
vero e proprio riguarda il Padre, il Figlio e lo Spirito Santo. Di Gesù il credo
confessa la preesistenza, l'uguaglianza con il Padre e il ruolo nella creazione:
«generato unigenito dal Padre, cioè dalla sostanza del Padre, Dio da Dio, luce
da luce, Dio vero da Dio vero, generato non creato, consustanziale ("homo-
oùsios") al Padre, per mezzo del quale sono state create tutte le cose in cie-
lo e in terra». Di Gesù dice anche la incarnazione, la morte, la risurrezione,
l'ascensione al cielo e il ritorno come giudice dei vivi e dei morti: «Egli per
noi uomini e per la nostra salvezza è disceso dal cielo e si è incarnato, si è fatto
uomo, ha patito ed è risorto il terzo giorno, è risalito al cielo e verrà a giudicare
i vivi e i morti».

f) «Nel concilio di Nicea la Chiesa ha definito che il Figlio è "consustanziale"


("homooùsios") al Padre. Essa ha cosi rigettato il compromesso ariano con
l'ellenismo, modificando allo stesso tempo profondamente lo schema metafi-
sico greco, soprattutto quello dei platonici e dei neoplatonici. Di fatto, in certo
senso, la Chiesa ha demitizzato l'ellenismo e ne ha operato una purificazione
cristiana, riconoscendo soltanto due modi di essere: quello dell'essere increato
("non fatto") e quello dell'essere creato; veniva infatti bandita l'idea d'un esse-
re intermedio. Certo, il termine "homooùsios" utilizzato dal concilio di Nicea
è filosofico e non biblico. Tuttavia appare chiaro che l'intenzione ultima dei
padri del concilio è stata soltanto di esprimere il senso autentico delle affer-
mazioni del Nuovo Testamento sul Cristo, in maniera univoca e senza alcuna
ambiguità. Definendo in tal modo la divinità del Cristo, la Chiesa si è appog-

55
H . DENZINGER, Enchiridion symbolorum, definitionum et declarationum de rebus fldei et
morum, edizione bilingue, P . HUNERMANN (ed.), Edizioni Dehoniane, Bologna 1 9 9 5 , 1 2 5 - 1 2 6 .
giata anche sulla esperienza della salvezza e sulla divinizzazione dell'uomo
nel Cristo. E d'altra parte, la definizione dogmatica ha determinato ed ha se-
gnato l'esperienza della salvezza. Perciò si può riconoscere che c'è stata una
interazione profonda tra l'esperienza vitale ed il processo della chiarificazione
teologica»56.

2. Atanasio (295 - 373)

Vescovo di Alessandria nel 328, strenuo difensore della fede contro gli
ariani e più volte mandato in esilio57.

«Le sue opere principali sono tutte volte all'esposizione della dottrina cattolica
sulla Trinità, sull'unità essenziale del Figlio col Padre, sulla divinità dello Spirito
Santo, sul ruolo salvifico di Gesù Cristo, unico mediatore tra Dio e gli uomini»58.

La sua cristologia può essere così sintetizzata.

a) Il Logos eterno si fa veramente uomo.

«Se dunque il Figlio, prima che il mondo venisse all'esistenza, possedeva la


gloria e discese dal cielo ed è sempre degno di adorazione, con la sua discesa
non divenne migliore, ma contribuì a migliorare quanto era bisognoso di mi-
glioramento. E se egli è disceso per migliorare, non gli venne partecipata come
premio la designazione di Figlio e di Dio, ma rese noi piuttosto figli del Padre
e divinizzò, divenuto egli stesso uomo, gli uomini»59.
«In quanto uomo, non è divenuto Dio più tardi, ma, essendo Dio, si è fatto
uomo più tardi per renderci divini»60.
«La verità mostra che il Logos non appartiene alle cose create ed è, piuttosto, il loro

56
COMMISSIONE TEOLOGICA INTERNAZIONALE, Questioni di cristologia, cit., I I , 2, in: E V , 7,
n. 648. «Il significato del termine ópoouaiog,... assente nella Scrittura, passato dal mondo
gnostico a quello teologico cristiano, specialmente alessandrino... vuol significare semplice-
mente contro la riduzione ariana che "il Figlio sta sul grado di essere del Dio trascendente"» (B.
FORTE, Gesù di Nazaret storia di Dio Dio della storia. Saggio di una cristologia come storia,
cit., 1 4 0 ) .
57
Cfr. A . GRILLMEIER, Gesù il Cristo nella fede della Chiesa. Dall'età apostolica al conci-
lio di Calcedonia (451), voi. I , tomo I , cit., 5 8 3 - 6 0 6 ; J . N . D . KELLY, Il pensiero cristiano delle
origini, cit., 2 9 4 - 3 0 3 ; A . CAMPLANI, Atanasio di Alessandria, in: A . D I B E R A R D I N O - G . FEDALTO-
M . SIMONETTI (edd.), Letteratura patristica, cit., 1 9 4 - 2 0 2 ; M . GRONCHI, Trattato su Gesù Cristo
Figlio di Dio Salvatore, cit., 4 4 0 - 4 5 0 .
58
B . MONDIN, Gesù Cristo salvatore dell'uomo. Cristologia storica e sistematica, cit., 138.
59
ATANASIO, Orationes contra Arianos 1 , 3 8 , in: K . - H . OHLIG (ed.), Cristologia I . Dagli
inizi al periodo tardo-antico, cit., n. 99.
60
Ibidem 1,39, in: Ibidem.
CAPITOLO V I I - T E M P O

creatore. Egli, infatti, ha assunto il corpo creato e umano per rinnovarlo, essendone
il creatore, divinizzarlo in se stesso e introdurre tutti noi, simili a lui, nel regno dei
cieli. Unendosi a una creatura, però, l'uomo non sarebbe stato divinizzato, qualora
il Figlio non fosse vero Dio. Neppure l'uomo sarebbe passato dalla parte del Padre,
se colui che rivestì il corpo non fosse il suo Verbo naturale e vero»61.

Il Logos è Dio, uguale al Padre.

b) Il Logos si fa uomo perché l'uomo sia divinizzato.

«(Chi vede Gesù Cristo e le opere del suo corpo deve rendersi conto che) nell'in-
carnazione del Logos si rese visibile la provvidenza universale e il suo artefice e
creatore, il Logos di Dio. Egli stesso, infatti, si è fatto uomo, perché noi fossimo
divinizzati. Egli stesso si è reso visibile nel corpo, affinché noi giungessimo alla
conoscenza del Padre invisibile; egli stesso soffrì la violenza degli uomini, sì che
noi ereditassimo l'immortalità. Non patì nella sua persona alcun danno, poiché era
impassibile, incorruttibile, il Logos vero e Dio. Nella sua impassibilità ha conser-
vato e salvato l'umanità sofferente, a causa della quale prese su di sé la sofferenza.
Per questo il Verbo di Dio incorporeo, incorruttibile e immateriale viene nella no-
stra patria, sebbene anche prima non fosse lontano da noi»62.

c) Gesù Cristo ha un'anima umana.


«La Parola stessa si è fatta carne... e per noi è nata nella carne come uomo... Il
Redentore non aveva un corpo senza anima, senza sentimenti o senza ragione
(anoetós). Infatti, siccome si è fatto uomo per noi, è impossibile che il suo
corpo sia stato privo di intelletto; e nel Verbo è avvenuta la redenzione non solo
del corpo ma anche dell'anima. Ed egli, che è veramente Figlio di Dio, divenne
anche figlio dell'uomo...: perciò non si può dire che c'è uno che in quanto
Figlio di Dio era prima di Abramo e un altro che è dopo di Abramo»63.

3. Apollinare (310 ca - 390 ca) e il concilio di Costantinopoli I

Vescovo di Laodicea in Siria64. Strenuo difensore del "consustanziale" di


Nicea. Intende salvaguardare la vera unità in Cristo e la sua santità ontologica

61
Ibidem 2, 70, in: Ibidem.
62
IDEM, L'incarnazione del Verbo 54, 8, in: Ibidem, n. 98.
63
IDEM, Tomo agli Antiocheni, 7, in: Ibidem, n. 100.
64
Cfr. A . G R I L L M E E R , Gesù il Cristo nella fede della Chiesa. Dall'età apostolica al conci-
lio di Calcedonia (451), voi. I , tomo I , cit., 607-629; J.N.D. KELLY, Il pensiero cristiano delle
origini, cit., 354-360; A . CONTRI, Gesù Cristo Figlio di Dio e Salvatore. Saggio di cristologia
patristico-storica e teologico-sistematica, cit., 61-65; E. CATTANEO, Apollinare di Laodicea,
in: A . Di B E R A R D I N O - G . F E D A L T O - M . SIMONETTI (edd.), Letteratura patristica, cit., 118-121; M .
GRONCHI, Trattato su Gesù Cristo Figlio di Dio Salvatore, cit., 451-455.
ITOLO V I I - T E M P O ORDINARIO

e morale.
a) Secondo Apollinare Gesù è Logos - sarx. In Gesù il Logos prende il
posto dell'anima. «Il Verbo è divenuto carne ma senza assumere un nus uma-
no, sottoposto a mutamento e a sordidi ragionamenti; è invece un nus divino,
immutabile e celeste»65.

«Quando (Giovanni) dice: "Il Logos si è fatto carne" (Gv 1,14), non ha aggiun-
to "e anima". È infatti impossibile che due principi intellettivi e volitivi coe-
sistano insieme, così che uno non si opponga all'altro con la propria volontà
ed energia. Perciò il Logos non ha assunto anima umana ma soltanto il seme
di Abramo. Infatti il tempio del corpo di Gesù lo ha prefigurato il tempio di
Salomone, che era senza anima, senza intelletto, senza volontà»66.

Gesù non ha un'anima umana, perché se l'avesse in lui ci sarebbero due


principi perfetti, il Logos e l'anima, che potrebbero entrare in contrapposizio-
ne tra di loro. A scapito dell'unità in Cristo. Gesù non ha un'anima umana,
perché se l'avesse potrebbe peccare. E ciò sarebbe a scapito della sua santità.

b) Apollinare viene condannato dal sinodo di Alessandria del 362 per mo-
tivi di ordine soteriologico («ciò che non è stato assunto da Dio, non è stato
salvato») e da papa Damaso I (366-384) che in una lettera ai vescovi orientali
scrive:

«Quelli (gli ariani) dicono imperfetta la divinità nel Figlio di Dio, questi (gli
apollinaristi) asseriscono falsamente un'umanità imperfetta nel Figlio dell'uo-
mo. Che se in ogni caso è stato assunto un uomo imperfetto, è imperfetto il
dono di Dio, poiché non viene salvato l'uomo intero... Noi invece che ci sap-
piamo salvati perfettamente e integralmente, professiamo secondo la fede della
Chiesa cattolica che Dio perfetto abbia assunto un'umanità perfetta»67.

c) Apollinare rivede la sua cristologia ed elabora un nuovo schema. Gesù


è Logos - anima - sarx. In Gesù il Logos prende il posto dell'intelletto.

«(Vogliono) incidere la pietra con il dito quanti insegnano due intelletti in Cri-
sto, uno umano e uno divino. Infatti, se ogni intelletto è autonomo ed è mosso
secondo natura dal proprio volere, è impossibile che in unico e medesimo sog-

65
APOLLINARE DI LAODICEA, Ai vescovi riuniti in Diocesarea, 2, in: K . - O . OHLIG (ed.), Cri-
stologia I. Dagli inizi al periodo tardo-antico, cit., n. 97.
66
IDEM, L'unione, in: M . SIMONETTI (ed.), Il Cristo, voi. I I , Testi teologici e spirituali in
lingua greca dal IVal VII secolo, cit., 319.
67
H . DENZINGER, Enchiridion symbolorum, definitionum et declarationum de rebus fidei et
morum, cit., 146.
CAPITOLO V I I - T E M P O ORDINARIO 166

getto (sostanza) esistano due volontà in contrasto tra loro, perché in tal caso
ciascuna delle due opererebbe di proprio impulso ciò che vuole, secondo la sua
inclinazione»68.

Gesù non ha un intelletto umano, perché se l'avesse in lui ci sarebbero due


principi perfetti, il Logos e l'intelletto, che potrebbero entrare in contrapposi-
zione tra di loro. A scapito dell'unità. Gesù non ha un intelletto umano, perché
se l'avesse potrebbe peccare. E ciò sarebbe a scapito della sua santità.

d) Apollinare viene condannato dal primo concilio di Costantinopoli del


381 che conferma la fede di Nicea e condanna ariani, semiariani e apollina-
risti.

«Non accettiamo una incarnazione senza anima, senza intelligenza, imperfetta,


ben sapendo che il Verbo di Dio, assolutamente perfetto prima dei secoli, è
divenuto perfetto uomo negli ultimi tempi per la nostra salvezza»69.

Costantinopoli I di per sé non elabora un nuovo simbolo di fede. Quello


che comunemente chiamiamo simbolo niceno-costantinopolitano in realtà è
«il simbolo battesimale che il vescovo Epifanio di Salamina aveva raccolto
nel suo libro Anchoratuse che probabilmente proveniva da Gerusalemme» 70 .

Questo il simbolo niceno-costantinopolitano.

«Crediamo in un solo Dio Padre onnipotente, creatore del cielo e della terra,
di tutti gli esseri visibili e invisibili.

E in un solo Signore Gesù Cristo, il Figlio unigenito di Dio, generato dal Padre
prima di tutti i tempi, luce da luce, Dio vero da Dio vero, generato non creato,
consustanziale al Padre, per mezzo del quale sono state create tutte le cose. Per
noi uomini e per la nostra salvezza è disceso dal cielo, si è incarnato dallo Spi-
rito Santo e da Maria vergine e si è fatto uomo. È stato crocifisso per noi sotto
Ponzio Pilato, ha patito, è stato seppellito, è risorto il terzo giorno secondo
le Scritture, è risalito al cielo, siede alla destra del Padre, verrà di nuovo con
gloria a giudicare i vivi e i morti, e del suo regno non ci sarà fine.

Crediamo nello Spirito Santo, che è Signore e dà la vita, procede dal Padre,

68
APOLLINARE D I LAODICEA, A Giuliano, in: K . - O . OHLIG (ed.), Cristologìa I . Dagli inizi al
periodo tardo-antico, cit., n. 97.
69
G. ALBERIGO et A L H (edd.), Conciliorun oecumenicorum decreta, Edizioni Dehoniane,
Bologna 1991,28.
70
B . MONDIN, Gesù Cristo salvatore dell'uomo. Cristologia storica e sistematica, cit., 1 6 3 .
176 CAPITOLO V I I - TEMPO ORDINARIO

è adorato e glorificato insieme con il Padre e il Figlio, ha parlato per mezzo


dei profeti.

Crediamo in una sola Chiesa, santa, cattolica, apostolica.

Confessiamo un solo battesimo in remissione dei peccati, attendiamo la risur-


rezione dei morti e la vita del tempo futuro. Amen»11.

Le espressioni in corsivo sono proprie del concilio di Costantinopoli. Lo


Spirito Santo «è Signore e dà la vita, procede dal Padre, è adorato e glorificato
insieme con il Padre e il Figlio, ha parlato per mezzo dei profeti». Queste
espressioni sono dette contro coloro che negano la divinità dello Spirito Santo:
eunomiani, pneumatomachi, sabelliani ed altri ancora.

4. IL V S E C O L O

Agostino, Nestorio, Cirillo, Eutiche e papa Leone sono le voci più signifi-
cative del V secolo72. Il nestorianesimo e il monofisismo le eresie. Efeso (431)
e Calcedonia (451) i concili.

1. Agostino (354-430)

Vescovo di Ippona, Agostino 73


«è il massimo genio della cristianità occidentale... Egli ripensa tutto il ma-
teriale della tradizione teologica greca e latina, lo rifonde e lo rimodella, uti-
lizzando gli schemi e il linguaggio della filosofia platonica, mettendo a buon
frutto tutto il suo lungo travaglio spirituale (dal manicheismo, allo scetticismo,
alla conversione), la sua personale esperienza della potenza del peccato, della
infinita misericordia di Dio, dell'efficacia dell'azione di Cristo, della soavità
della grazia, cercando analogie e formule nuove per conferire maggiore intel-
ligibilità ai misteri cristiani»74.

71
H . DENZINGER. Enchiridion symbolorum, definitionum et declarationum de rebus fidei et
morum, cit., 150.
72
Sulla cristologia nel V secolo cfr. T . HAINTHALER, Cristologia, in: A . D I B E R A R D I N O - G .
F E D A L T O - M . SIMONETTI (edd.), Letteratura patristica, cit., 3 5 2 - 3 5 7 .
73
Cfr. A . GRILLMEIER, Gesù il Cristo nella fede della Chiesa. Dall'età apostolica al conci-
lio di Calcedonia (451 ), voi. I , tomo I I , cit., 766-778; J . N . D . KELLY, Il pensiero cristiano delle
origini, cit., 479-485; N . CIPRIANI, Agostino, in: A . D I B E R A R D I N O - G . F E D A L T O - M . SIMONETTI
(edd.), Letteratura patristica, cit., 38-50.
74
B. MONDIN, Gesù Cristo salvatore dell'uomo. Cristologia storica e sistematica, cit., 142.
CAPITOLO V I I - TEMPO ORDINARIO 168

a) «Agostino definisce la piena realtà teandrica del Cristo, mantenendo la perfetta


distinzione delle due nature, nella unità della persona: non due esseri sussistenti
e uniti accidentalmente, ma un unico essere, una sola persona, l'uomo-Dio»75.

«Gesù Cristo, Figlio dì Dio, è Dio e uomo... Era entrambe le cose pur essendo
uno solo, come abbiamo detto: ma era una cosa a causa del Verbo e un'altra a
causa dell'uomo: a causa del Verbo era uguale al Padre, a causa dell'uomo gli
era inferiore. Il Figlio di Dio è una persona sola e nello stesso tempo è figlio
dell'uomo; il figlio dell'uomo è una persona sola ma nello stesso tempo è
Figlio di Dio: non ci sono due figli di Dio, uno Dio e uno uomo, ma un solo
Figlio di Dio; Dio senza principio, uomo a partire da un principio preciso, ecc.
il nostro Signore Gesù Cristo»76.

b) Agostino insiste sull'umanità di Gesù. Gesù condivide le condizioni del


povero, dell'affamato, dell'assetato, del perseguitato, del prigioniero. Speri-
menta il dolore e la morte. E questo perché ciò che egli non ha assunto non è
stato salvato.

«Bisognava che fosse mortale e, d'altra parte, che non rimanesse mortale. Si
è realmente fatto mortale, non perdendo qualcosa della sua divinità, ma assu-
mendo le debolezze della carne; e non è rimasto mortale nella carne perché
è risuscitato dai morti; il frutto della sua mediazione è infatti che quelli che
doveva liberare non rimanessero eternamente nella morte della carne. Fu dun-
que necessario che il mediatore tra noi e Dio unisse una mortalità transitoria
a una beatitudine permanente, per essere conforme, in ciò che è transitorio,
agli uomini destinati alla morte e trasferire questi stessi da in mezzo ai morti
a ciò che non ha fine... Il Dio beato e beatificante, divenuto partecipe della
nostra umanità, ci diede il mezzo più rapido per partecipare alla sua divinità.
Infatti, liberandoci dalla mortalità e dalla miseria, non solo Dio ci eleva fino
agli angeli immortali e beati, affinché mediante il loro consorzio diventiamo
noi pure immortali e beati, ma ci innalza fino alla Trinità, la cui partecipazione
rende beati gli angeli stessi»77.

c) «Grazie alla sua realtà teandrica Gesù Cristo è nella condizione ideale di svol-
gere la sua funzione di mediatore e quindi di redentore... Come Dio, egli può
trattare alla pari con lui e come uomo, può trattare a nome di tutta l'umanità e
pagare per essa quella soddisfazione che deve a Dio a causa del gravissimo atto
di insubordinazione compiuto nell'Eden. Data la necessità della riparazione e

75
Ibidem, 143.
76
AGOSTINO D'IPPONA, Enchiridion 1 0 . 3 5 .
77
IDEM, La città di Dio, I X , 1 5 , 1 . 2 , in: G . BORGOGNO, La città di Dio, Edizioni Paoline,
Roma 1979,501.503.
- 178 CAPITOLO VIL - TEMPO ORDINARIO

della soddisfazione, Agostino lega insistentemente l'attuazione della media-


zione di Cristo alla sua passione e morte»78.

d) Appunto perché mediatore, Gesù può svolgere la funzione di salvatore.


La svolge con tutta la sua vita. Ma, in particolare, con la sua incarnazione libe-
ra dal peccato. Con la sua passione libera dalla legge. Con la sua risurrezione
libera dalla morte. Agostino afferma che la passione di Gesù in rapporto a Dio
è oblazione e sacrificio; in rapporto all'uomo è sostituzione, rappresentanza e
modello; in rapporto al demonio è riscatto e vittoria.

«Proprio lì, sul campo concesso alle sue imprese, il diavolo fu battuto comple-
tamente, perché fu proprio nel ricevere il potere esteriore di uccidere il corpo
mortale del Signore che il suo potere interiore con cui ci teneva schiavi fu
abbattuto. Infatti è accaduto che le catene tra innumerevoli peccati ed innu-
merevoli morti sono state spezzate con la morte di uno solo, assolutamente
libero dal peccato. Il Signore soffrì per noi tale morte indebita, affinché non
nuocesse a noi la morte a noi dovuta... Ed ecco il risultato di tutto questo:
l'innocente Signore ucciso dal maligno che agiva contro di noi in forza di un
diritto giustamente concesso, trionfò del diavolo con pienissima giustizia, fece
propria schiava la schiavitù prodotta dal peccato, liberò noi dalla servitù che
giustamente ci aspettava per il peccato, distrusse la condanna di morte con il
suo sangue giusto ingiustamente versato dal diavolo e redense i peccatori, che
avevano bisogno di essere giustificati»79.

e) Appunto perché mediatore, Gesù può svolgere la funzione di maestro e


di modello. Maestro e modello di umiltà. "Deus humilis".

«Il Cristo è maestro di umiltà a parole e in opere: a parole, perché fin dall'ini-
zio della creazione mai tralasciò di insegnare all'uomo l'umiltà per mezzo
degli angeli e dei profeti; poi si degnò di insegnarla anche con il suo esempio.
Il nostro creatore venne umile creatura in mezzo a noi, lui che ci ha fatti e si
è fatto per noi; Dio prima dei tempi, uomo nel tempo per liberare l'uomo dal
tempo. Lui, il grande medico, venne a guarire il nostro orgoglio... Arrossisci o
uomo di essere ancora superbo: per te Dio si è umiliato. Sarebbe già stata una
grande umiliazione per Dio se si fosse limitato a nascere per te: si degnò anche
di morire per te»80.

78
B . MONDIN, Gesù Cristo salvatore dell'uomo. Cristologia storica e sistematica, cit., 1 4 4 - 1 4 5 .
79
AGOSTINO D'IPPONA, La Trinità I V , 1 3 , 1 7 , in: G . BESCHIN, La Trinità, Città Nuova, Roma
2006,157.158.
80
IDEM, Discorso 340, 5, in: NBA, Discorsi V, voi. XXXIII, Città Nuova, Roma 1986,
1009.
2. Nestorio (381 ca - 451)

Monaco e presbitero di Antiochia, patriarca di Costantinopoli nel 428 81 . Di


formazione antiochena.

«Si mostrò intollerante non solo con gli eretici (ariani, macedoniani, apollina-
risti, novaziani, eunomiani, valentiniani, montanisti, manichei...), premendo
sull'imperatore per far demolire le loro chiese e confiscarne i beni, ma an-
che con il clero, i monaci, il popolo, sopprimendo feste, giochi, teatri, danze,
canti»82.

Non è facile conoscere il suo pensiero cristologico. Pochi gli scritti che ci
sono pervenuti. E divergenti le interpretazioni.

a) Maria è theotókos (genitrice di Dio) o anthropotókos (genitrice dell'uo-


mo Gesù)? Questa la domanda. Questa la controversia. Questo il motivo
di divisione all'interno della Chiesa di Costantinopoli. Pensando che fosse
questione prettamente terminologica, Nestorio suggerisce di chiamare Maria
Christotókos (genitrice di Cristo).

«Dovunque nelle sacre Scritture, quando si ricorda l'economia del Signore, ci


viene tramandata nascita e passione non della divinità ma dell'umanità di Cri-
sto, così che secondo una più precisa denominazione la santa Vergine dovrebbe
essere chiamata Madre di Cristo, non madre di Dio»83.

«Ha dunque Dio una madre? Allora sono da scusare i pagani, quando attri-
buiscono delle madri agli dei... Ebbene, no, mio caro, Maria non generò
Dio - quanto è nato dalla carne è carne - la creatura non generò colui che
non può essere creato, ma partorì l'uomo, l'organo della divinità. Lo Spirito
Santo non creò (in Maria) il Dio Logos - poiché quanto è nato da lui è dallo
Spirito Santo - , ma ha fabbricato un tempio al Dio Logos, perché lo abitasse;
esso (il tempio) è dalla Vergine. E non è morto Dio che si è incarnato, ma (al
contrario) ha risuscitato colui nel quale si è incarnato»84.

81
Cfr. A . GRILLMEIER, Gesù il Cristo nella fede della Chiesa. Dall'età apostolica al conci-
lio di Calcedonia (451), voi. I, tomo II, cit., 8 2 3 - 8 5 9 ; J . N . D . KELLY, Il pensiero cristiano delle
origini, cit., 3 7 9 - 3 8 8 ; A . MONACI CASTAGNO, Eterodossa ed eresiologia, Letteratura, in: A . D Ì
B E R A R D I N O - G . F E D A L T O - M . SIMONETTI (edd.), Letteratura patristica, cit., 5 3 1 - 5 3 3 ; M . GRONCHI,
Trattato su Gesù Cristo Figlio di Dio Salvatore, cit., 4 8 5 - 4 8 9 .
82
A . AMATO, Gesù il Signore. Saggio di cristologia, cit., 2 6 9 .
83
Acta conciliorum oecumenicorum, E . SCHWARTZ - J. STRAUB (ed.), Berlin 1914ss., 1,1/1,
30,33-31,3.
84
NESTORIO, Omelìa contro il titolo Theotókos, in: K . - H . OHLIG (ed.), Cristologia I . Dagli
inizi al periodo tardo-antico, cit., n. 124.
b) L'affermazione che

«la santa Vergine dovrebbe essere chiamata Madre di Cristo, non madre
di Dio» porta alla domanda sull'identità di Gesù. Chi è Gesù? Non è facile
dire il pensiero di Nestorio. Secondo i suoi avversari, Cirillo di Alessandria in
particolare,

«la cristologia di Nestorio conterrebbe le seguenti tesi: a) affermazione di "due


figli" in Cristo, il Logos divino e l'uomo Gesù; b) riproposizione dell'adozio-
nismo di Paolo di Samosata, con la considerazione di Gesù "semplice uomo" e
tempio della divinità; c) presentazione dell'unione del Logos con l'uomo Gesù
come puramente estrinseca, morale, per grazia»85.
c) «Nestorio negò sempre e recisamente la fondatezza di queste accuse. Egli era,
invece, preoccupato - e la critica contemporanea sembra confermare le sue
affermazioni — di salvaguardare Vintegrità della natura umana, compromessa
dall'apollinarismo, e di rivendicarne la pienezza, contro gli alessandrini che
la riducevano a un mero strumento passivo del Logos. In secondo luogo egli
ribadì sia la distinzione delle proprietà delle due nature, sia la loro unità, rifiu-
tando l'accusa di predicare due Cristi. Presentò, poi, l'unità delle due nature
non con il termine hénosis ma con quello di synàpheia ("congiunzione"), per
evitare il pericolo della "mescolanza". Parlando anche di "unione per compia-
cenza" (kat'eudokìan), non intendeva essere "adozionista", bensì sottolineare
la volontarietà dell'unione del Logos con la sua natura umana. Per esprimere,
infine, la distinzione e allo stesso tempo l'unità della divinità e dell'umanità
nel Cristo, egli adoperò il linguaggio tipico della scuola antiochena: uomo
assunto dal Logos, che vi abita come in un tempio»86.

3. Cirillo di Alessandria (tra il 370 e il 380 - 444) e il concilio di Efeso

Di formazione alessandrina 87 . Vescovo di Alessandria. Appassionato av-


versario di Nestorio. Per ragioni di ordine politico e di ordine teologico. Tre
lettere di Cirillo a Nestorio manifestano chiaramente la sua cristologia.

a) La prima lettera (428) invita Nestorio ad usare il termine tradizionale di


Theotokós:

85
A. AMATO, Gesù il Signore. Saggio di cristologia, cit., 272.
86
Ibidem, 272-273.
87
Cfr. A. GRILLMEIER, Gesù il Cristo nella fede della Chiesa. Dall'età apostolica al concì-
lio di Calcedonio (451 ), voi. I , tomo I I , cit., 860-875; J . N . D . KELLY, Il pensiero cristiano delle
origini, cit., 379-388; J . A. MCGUCKIN, Cirillo di Alessandria, in: A. D I B E R A R D I N O - G . FEDALTO-
M . SIMONETTI (edd.), Letteratura patristica, cit., 287-292; M . GRONCHI, Trattato su Gesù Cristo
Figlio di Dio Salvatore, cit., 490-500.
CAPITOLO V I I - T E M P O ORDINARIO 172

«Poiché la santa Vergine mise al mondo secondo la carne Dio unito in persona
alla carne, noi la diciamo "Madre di Dio" (Theotókos). Non che la natura del
Verbo abbia tratto origine dalla carne, giacché egli era "in principio", e "il
Verbo era Dio, e il Verbo era con Dio", ed egli è l'autore del mondo, coeterno
con il Padre, e il creatore dell'universo, ma come abbiamo detto in precedenza,
perché ha unito a sé personalmente la natura dell'uomo, e si è degnato di na-
scere nella carne, dal suo seno»88.

Cirillo ottiene da Nestorio una risposta interlocutoria.

b) La seconda lettera (430) commenta la definizione del concilio di Nicea.


Cirillo invita Nestorio a dare la sua adesione. M a Nestorio non accetta.

«Il santo e grande concilio dichiara che il Figlio unigenito generato per natura
da Dio Padre, vero Dio dal vero Dio, luce da luce, mediante il quale il Padre ha
creato ogni cosa, proprio questi è disceso, si è fatto carne e uomo, ha sofferto,
è risorto il terzo giorno ed è asceso al cielo. A queste parole e dottrine noi pure
dobbiamo attenerci e considerare cosa significhi che il Logos, nato da Dio, si è
incarnato e fatto uomo. Non affermiamo che la natura del Logos si sia trasfor-
mata per assumere la carne, nemmeno che si sia mutata in tutto l'uomo costituito
di anima e corpo; piuttosto diciamo che il Logos, unita a sé secondo l'ipostasi
(kath'ipóstasin) in modo indicibile e incomprensibile la carne umana animata di
anima razionale, si è fatto uomo e ha ricevuto il titolo di figlio dell'uomo, ma in
nessun modo per solo volere e beneplacito del Logos e neppure per l'assunzione
di un prósopon, - piuttosto sono conservate le differenze di entrambe le nature
(physeìs) riunite in un'unione vera e da entrambe è risultato un solo Cristo e
Figlio. Senza che le qualità delle nature siano rimosse a causa dell'unione, co-
stituiscono per noi nella divinità e umanità riunite in unità in modo indicibile e
ineffabile l'unico Signore e Cristo e Figlio... Professiamo un solo Signore. Non
adoriamo un uomo insieme al Logos, per non insinuare l'idea di una separazione
col dire "con" e "insieme". Adoriamo piuttosto un solo e medesimo Cristo...
L'unico Signore Gesù Cristo, di conseguenza, non può essere diviso in due figli.
Alla corretta dottrina della fede non può affatto giovare l'idea, auspicata da alcu-
ni, di parlare di un'unione delle due persone (prósópà)»m.

c) La terza lettera (430) è spedita dal sinodo di Alessandria ed è accompa-


gnata da dodici anatematismi. Ne riportiamo alcuni.

«Se uno non confessa che l'Emmanuele è realmente Dio e la santa Vergine, di
conseguenza, genitrice di Dio (theotókos), poiché ha generato secondo la carne
il Logos nato da Dio, sia anatema» (I).

88
CIRILLO DI ALESSANDRIA ,Epistola 1 7 , 1 1 .
89
Seconda Lettera a Nestorio, in: K . - O .
IDEM, OHLIG (ed.), Cristologia I. Dagli inizi al
periodo tardo-antico, cit., n. 128.
- 182 CAPITOLO VIL - T E M P O ORDINARIO

«Se uno non confessa che il Logos nato da Dio Padre è unito alla carne secon-
do l'ipostasi (kath'ypóstasìn) e Cristo è uno solo con la propria carne, cioè lo
stesso è Dio e uomo, sia anatema» (II).
«Se uno dopo l'unione divide le ipostasi dell "unico Cristo e le unisce solamen-
te mediante una congiunzione di dignità meramente esteriore - cioè secondo
maestà e potenza - e non piuttosto mediante un congiungimento nel senso di
unione naturale (kath'hénosinphysikérì), sia anatema» (III).
«Se uno divide tra due persone (prósopa) o ipostasi le affermazioni dei vangeli
o degli scritti apostolici oppure ciò che i santi affermano in riferimento a Cristo
o che egli dice di se stesso, e le attribuisce alcune all'uomo, il quale è ritenuto
come stante accanto al Logos nato da Dio e da lui separato, le altre, invece, in
quanto degne di Dio, soltanto al Logos nato da Dio Padre, sia anatema» (IV).
«Se uno osa dire che il Logos, nato da Dio Padre è Dio o Signore o Signore di
Cristo e non professa piuttosto che il medesimo è insieme Dio e uomo, poiché
il Logos si è fatto carne secondo la Scrittura, sia anatema» (VI)90.

d) Cirillo afferma l'integrità della natura umana di Cristo, ma dà «assoluta


precedenza al Logos divino, l'unico vero centro di azione in Cristo. Nonostan-
te la sua completezza, la natura umana, infatti, resta uno strumento passivo» 91 .
Insegna anche la «communicatio idiomatum»: la possibilità cioè di riferire
caratteristiche proprie dell'umanità alla divinità e viceversa.

e) Per comporre i contrasti insorti tra Nestorio (e gli antiocheni) e Cirillo (e


gli alessandrini), l'imperatore Teodosio II convoca un concilio ad Efeso per il 7
giugno 431 92 . Interviene Cirillo con quaranta vescovi del suo patriarcato, nume-
rosi monaci e presbiteri. È presente anche Nestorio con alcuni vescovi. Manca
la maggioranza degli antiocheni e soprattutto il patriarca Giovanni che arrivano
in ritardo. Il 21 giugno Cirillo, nonostante le proteste di numerosi vescovi e del
rappresentante imperiale, apre il concilio. Nestorio non vi partecipa.

f) Questo lo svolgimento del concilio. Viene letto il simbolo di Nicea,


considerato punto di riferimento per stabilire ciò che appartiene alla vera fede
e ciò che non vi appartiene. Viene letta la seconda lettera di Cirillo a Nestorio
e viene trovata conforme al simbolo di Nicea. Viene letta la risposta di Nesto-

90
Ibidem, 129.
91
A . AMATO, Gesù il Signore. Saggio di cristologia, cit., 2 7 4 .
92
Cfr. A . GRILLMEIER, Gesù il Cristo nella fede della Chiesa. Dall'età apostolica al conci-
lio di Calcedonia (451), voi. I , tomo I I , cit., 8 7 6 - 8 8 1 ; J . N . D . KELLY, Il pensiero cristiano delle
origini, cit., 3 9 5 - 4 0 3 ; A . CONTRI, Gesù Cristo Figlio di Dio e Salvatore. Saggio di cristologia
patristico-storica e teologico-sistematica, cit., 7 3 - 7 6 ; B . SESBOOÉ, Gesù Cristo nella tradizione
della Chiesa, cit., 1 0 7 - 1 3 1 ; B . LUISELLI, Dogma, Sviluppo del, in: A . D I B E R A R D I N O - G . FEDALTO-
M . SIMONETTI (edd.), Letteratura patristica, cit., 4 4 1 - 4 4 4 .
CAPITOLO V I I - TEMPO ORDINARIO 174

rio a Cirillo e viene considerata estranea alla fede. Vengono portate altre testi-
monianze. E infine viene pronunciata la sentenza di deposizione di Nestorio
dalla dignità episcopale, sottoscritta da più di duecento vescovi. Il 26 giugno
arrivano il patriarca Giovanni e il suo gruppo. Si rifiutano di partecipare al
concilio aperto da Cirillo; aprono un nuovo concilio; redigono un simbolo mo-
derato; condannano e depongono Cirillo. Ai primi di luglio arrivano i delegati
del vescovo di Roma e confermano la condanna di Nestorio.

g) Il concilio di Efeso non elabora una definizione di fede. Fa propria la


seconda lettera di Cirillo a Nestorio.

«Il santo e grande concilio dichiara che il Figlio unigenito generato per natura
da Dio Padre, vero Dio dal vero Dio, luce da luce, mediante il quale il Padre
ha creato ogni cosa, proprio questi è disceso, si è fatto carne e uomo, ha sof-
ferto, è risorto il terzo giorno ed è asceso al cielo. A queste parole e dottrine
noi pure dobbiamo attenerci e considerare cosa significhi che il Logos, nato
da Dio, si è incarnato e fatto uomo. Non affermiamo che la natura del Logos
si sia trasformata per assumere la carne, nemmeno che si sia mutata in tutto
l'uomo costituito di anima e corpo; piuttosto diciamo che il Logos, unita a sé
secondo l'ipostasi (kath'ipóstasin) in modo indicibile e incomprensibile la car-
ne umana animata di anima razionale, si è fatto uomo e ha ricevuto il titolo di
figlio dell'uomo, ma in nessun modo per solo volere e beneplacito del Logos e
neppure per l'assunzione di unprósopon, - piuttosto sono conservate le diffe-
renze di entrambe le nature (physeis) riunite in un'unione vera e da entrambe è
risultato un solo Cristo e Figlio. Senza che le qualità delle nature siano rimosse
a causa dell'unione, costituiscono per noi nella divinità e umanità riunite in
unità in modo indicibile e ineffabile l'unico Signore e Cristo e Figlio... Così
riteniamo che il Logos ha anche patito ed è risuscitato: non che il Logos divino
abbia sofferto nella sua propria natura e abbia preso le percosse, la trafittura
con i chiodi e le altre ferite. La natura divina è impassibile, poiché incorporea.
Ma giacché il corpo, divenuto suo proprio, ha sofferto, si può asserire che egli
stesso ha sofferto per noi. L'impassibile, infatti, era in un corpo passibile. Allo
stesso modo pensiamo anche del suo morire. Il Logos divino è per sua natura
immortale e incorruttibile, è vita e datore di vita. Ma poiché il suo corpo "per
grazia di Dio", come afferma Paolo, "ha gustato la morte a motivo di tutti" (Eb
2,9), si dice che il Logos stesso ha patito la morte. Non che abbia sperimentato
la morte per quanto attiene alla sua natura - asserire o pensare ciò sarebbe
follia - , ma perché la sua carne, nel modo appena detto, ha gustato la morte.
E dato che la sua carne è stata ridestata, parliamo della sua risurrezione: non
nel senso che il Logos sia incorso nella corruzione - non sia mai! - , ma perché
il suo corpo è stato risuscitato. Perciò professiamo un solo Signore. Non ado-
riamo un uomo insieme al Logos, per non insinuare l'idea di una separazione
col dire "con" e "insieme". Adoriamo piuttosto un solo e medesimo Cristo...
L'unico Signore Gesù Cristo, di conseguenza, non può essere diviso in due
figli. Alla corretta dottrina della fede non può affatto giovare l'idea, auspicata
da alcuni, di parlare di un'unione delle due persone (prósopa)...
1.M CAPITOLO V I I - T E M P O ORDINARIO

Ovunque tutto questo rappresenta la dottrina della vera fede; la stessa dottrina
troveremo anche presso i santi padri. Così essi hanno designato, senza esi-
tazione, la santa Vergine genitrice di Dio (theotókos) - non che la natura del
Logos o la sua divinità abbia ricevuto inizio dalla santa Vergine, ma perché da
lei è stato generato quel corpo santo, animato e razionale, al quale si è unito il
Logos secondo l'ipostasi (kat'hypóstasin), sì che si può affermare che egli è
stato generato secondo la carne»93.

h) Due anni dopo (433), Giovanni di Antiochia e Cirillo di Alessandria,


pressati dall'opinione pubblica e dall'imperatore, trovano un accordo. È la
cosiddetta formula di unione.

«Confessiamo dunque il Signore nostro Gesù Cristo, Figlio unigenito di Dio,


perfetto Dio e perfetto uomo, (composto) di anima razionale e di corpo, gene-
rato dal Padre prima dei secoli secondo la divinità, nato, per noi e per la nostra
salvezza, alla fine dei tempi dalla vergine Maria secondo l'umanità, consostan-
ziale al Padre secondo la divinità, e consostanziale a noi secondo l'umanità.
Avvenne infatti l'unione (hénosis) delle due nature e perciò noi confessiamo
un solo Cristo, un solo Figlio, un solo Signore.
Secondo questo concetto di unione inconfusa, noi confessiamo la Vergine san-
ta Madre di Dio (theotókos), essendosi il Verbo di Dio incarnato e fatto uomo,
ed avendo unito a sé fin dallo stesso concepimento il tempio assunto da essa.
Quanto alle affermazioni evangeliche ed apostoliche che riguardano il Signore,
sappiamo che i teologi alcune le hanno considerate comuni a un'unica persona,
altre le hanno distinte come riferite alle due nature; quelle degne di Dio alla
divinità del Cristo, quelle più umili alla sua umanità»94.

4. Eutiche (378 ca - dopo il 454) e il concilio di Calcedonia

Archimandrita di un grande monastero nei pressi di Costantinopoli 95 . Ami-


co di Cirillo di Alessandria. Avversario del nestorianesimo. Senza una solida
cultura teologica. Non è facile conoscere il suo pensiero perché nulla ci è
pervenuto dei suoi scritti.

93
CIRILLO DI ALESSANDRIA, Seconda Lettera a Nestorio, in: K . - O . OHLIG (ed.), Cristologia I .
Dagli inizi al periodo tardo-antico, cit., n. 128.
94
H . DENZINGER, Enchiridion symbolorum, definitionum et declarationum de rebus fidei et
morum, cit., 2 7 2 - 2 7 3 .
95
Cfr. A . GRILLMEIER, Gesù il Cristo nella fede della Chiesa. Dall'età apostolica al conci-
lio di Calcedonia (451), voi. I , tomo I I , cit., 9 2 9 - 9 5 2 ; J . N . D . KELLY, Il pensiero cristiano delle
origini, cit., 4 0 3 - 4 1 8 ; A . CONTRI, Gesù Cristo Figlio di Dio e Salvatore. Saggio di cristologia
patristico-storica e teologico-sistematica, cit., 7 6 - 8 3 ; M . GRONCHI, Trattato su Gesù Cristo Fi-
glio di Dio Salvatore, cit., 5 0 1 - 5 1 1 .
CAPITOLO V I I - TEMPO ORDINARIO 176

a) Alla domanda «Assenti o dissenti che il nostro Signore, nato dalla Vergi-
ne, è consostanziale a noi ed è di due nature dopo l'incarnazione?», Eutiche ri-
sponde: «Confesso che nostro Signore è di due nature prima dell'unione; dopo
l'unione, invece, professo (solamente) un'unica natura (mianphysin)»96.

b) Flaviano, patriarca di Costantinopoli, prepara una formula: «Noi con-


fessiamo che Cristo è da due nature dopo l'incarnazione, un solo Cristo, un
solo Figlio, un solo Signore, in una sola ipostasi e una sola persona». Eutiche
non l'accetta. Condannato dal sinodo di Costantinopoli del 448, si appella a
papa Leone e ad altri importanti vescovi dell'oriente e dell'occidente.

c) Papa Leone, il 13 giugno del 449, risponde con una lettera al patriar-
ca Flaviano (Tomus ad Flavianum). Giudica «molto imprudente e troppo
inesperto» 97 Eutiche. Richiama la

«comune e unanime confessione, mediante la quale la totalità dei fedeli pro-


fessa di credere in Dio Padre onnipotente e in Gesù Cristo, suo unico Figlio
nostro Signore, nato dallo Spirito Santo e da Maria vergine. Con queste tre
affermazioni vengono distrutti gli artifici di quasi tutti gli eretici. Credendo,
infatti, che Dio è onnipotente e Padre, si dimostra che il Figlio gli è coeterno,
in nulla diverso dal Padre, giacché è Dio da Dio, onnipotente da onnipotente,
è nato coeterno dall'eterno, non posteriore per tempo, non inferiore per poten-
za, non dissimile per la maestà, non diviso per essenza. Lo stesso Unigenito
eterno dell'eterno Padre, poi, è nato dallo Spirito Santo e da Maria vergine;
questa nascita nel tempo non ha sminuito in nulla né ha apportato nulla a quella
natività divina ed eterna, ma ha mirato tutta a restaurare l'uomo che era stato
ingannato...
Le proprietà di entrambe le nature rimasero integre e, convergendo in una sola
persona, dalla maestà fu assunta l'umiltà, dalla potenza la debolezza, dall'eter-
nità la condizione mortale. E per pagare il debito della nostra condizione (uma-
na), la natura inviolabile si è unita a quella passibile, affinché, conforme al
nostro risanamento, l'unico e medesimo mediatore tra Dio e gli uomini, l'uo-
mo Gesù Cristo (lTrn 2,5), in virtù di una natura potesse morire e non potesse
morire in virtù dell'altra. Perciò nell'integra e perfetta natura di un vero uomo
è nato il vero Dio, completo nelle sue proprietà e completo nelle nostre...
Pertanto chi, rimanendo nella forma di Dio, ha creato l'uomo, lo stesso si è
fatto uomo nella forma di servo. L'una e l'altra natura, infatti, conserva senza
difetto la sua proprietà; e come la forma di Dio non sopprime quella di servo,
così la forma di servo non sminuisce la forma di Dio...

96
Protocollo della sessione del sinodo permanente del 448, in: in K . - O . OHLIG (ed.), Cri-
stologia I. Dagli inizi al periodo tardo-antico, cit., n. 135.
97
LEONE I , Lettera dogmatica a Flaviano di Costantinopoli, in: Ibidem, cit., n. 32.
- 186 CAPITOLO VIL - T E M P O ORDINARIO

Come la divinità non viene mutata dalla misericordia, così l'uomo non è annul-
lato dalla dignità (divina). Ciascuna forma, infatti, opera ciò che (le) è proprio
in comunione con l'altra: il Verbo opera quanto è proprio del Verbo e la carne
compie quel che è proprio della carne. Una di queste (due) risplende di mira-
colo, l'altra soccombe alle ingiurie»98.

d) L'imperatore Teodosio II convoca un concilio ad Efeso" (agosto del


449), impedisce la lettura della lettera di papa Leone a Flaviano, riabilita Eu-
tiche e depone Flaviano. Teodosio II muore il 28 luglio del 450. Gli succede
Marciano che, su richiesta di papa Leone, convoca un concilio prima ad Efeso
e poi a Calcedonia 100 . È l'anno 451.
Calcedonia elabora una definizione di fede «che rappresenta una pietra
miliare nella storia della cristologia»101.

«Seguendo i santi padri, all'unanimità noi insegniamo a confessare un solo e


medesimo Figlio, il Signore nostro Gesù Cristo, perfetto nella sua divinità e
perfetto nella sua umanità, vero Dio e vero uomo, (composto) di anima razio-
nale e di corpo, consostanziale al Padre per la divinità, e consostanziale a noi
per l'umanità, simile in tutto a noi, fuorché nel peccato (cf. Eb 4,15), generato
dal Padre prima dei secoli secondo la divinità, e in questi ultimi tempi per noi
e per la nostra salvezza da Maria vergine e madre di Dio secondo l'umanità,
uno e medesimo Cristo Signore unigenito, da riconoscersi in due nature, sen-
za confusione, immutabili, indivise, inseparabili, non essendo venuta meno la
differenza delle nature a causa della loro unione, e concorrendo a formare una
sola persona e ipostasi; egli non è diviso o separato in due persone, ma è un
unico e medesimo figlio, unigenito, Dio, Verbo e Signore Gesù Cristo, come
un tempo hanno in segnato i profeti e poi lo stesso Gesù Cristo, e infine come
ci ha trasmesso il simbolo dei padri»102.

e) Calcedonia insegna l'unità di soggetto in Cristo: «l'unico e identico Fi-


glio il Signore nostro Gesù Cristo», «l'unico e identico Cristo, Figlio, Signore,

98
Ibidem.
99
E il cosiddetto "latrocinium ephesinum". "Latrocinio" per gli episodi di violenza e di
sopraffazione che lo caratterizzano.
100
Cfr. A . GRILLMEIER, Gesù il Cristo nella fede della Chiesa. Dall'età apostolica al conci-
lio di Calcedonia (451), voi. I , tomo I I , cit., 9 5 3 - 9 6 8 ; B . SESBOUÉ, Gesù Cristo nella tradizione
della Chiesa, cit., 1 3 2 - 1 5 6 ; B . LUISELLI, Dogma, Sviluppo del, in: A . D I B E R A R D I N O - G . FEDALTO-
M . SIMONETTI (edd.), Letteratura patristica, cit., 4 4 4 - 4 4 7 ; M . GRONCHI, Trattato su Gesù Cristo
Figlio di Dio Salvatore, cit., 5 1 1 - 5 1 7 .
101
B . M O N D I N , Gesù Cristo salvatore dell'uomo. Cristologia storica e sistematica, cit.,
172.
102
H . DENZINGER, Enchiridion symbolorum, definitionum et declarationum de rebus fidei et
morum, cit., 301-302.
CAPITOLO V I I - TEMPO ORDINARIO 178

Unigenito», «unico e identico egli è Figlio e Unigenito, Dio Verbo e Signore


Gesù Cristo». L'unico e identico è Dio perfetto e uomo perfetto; Dio vero e
uomo vero; consostanziale al Padre perché Dio, consostanziale a noi perché
uomo; generato da sempre perché Dio, generato nel tempo da Maria la vergine
madre di Dio perché uomo.

f) Calcedonia insegna che l'unico e identico Cristo, Figlio, Signore, Uni-


genito è un'unica persona, un'unica ipostasi in due nature.

«Finalmente si mette a punto una formula che precisa in poche parole in che
modo Cristo è "uno" e in che modo è "due". E la soluzione data dalla distin-
zione di significato che Calcedonia dà ai concetti physis e hypóstasis... La
formula afferma che in Cristo l'unità del soggetto è da ricondurre all'unica
hypóstasis e all'unicoprósopon, mentre la duplicità delle sue perfezioni divine
e umane alle sue due physeis»103.

g) Calcedonia insegna che le due nature sono senza confusione e muta-


mento (contro Eutiche), senza divisione e separazione (contro Nestorio). Le
nature mantengono integre le loro perfezioni e proprietà e confluiscono «in
un'unica persona e in un'unica ipostasi».

«Durante le controversie tra la scuola d'Antiochia e quella di Alessandria, non


si vedeva come conciliare la trascendenza, cioè la distinzione delle nature,
con l'immanenza, cioè l'unione ipostatica. Il concilio di Calcedonia... ha vo-
luto mostrare come era possibile una sintesi dei due punti di vista ricorrendo
simultaneamente a due espressioni: "senza confusione" (asygkytos), "senza
divisione" (adiairetos): qui si può vedere l'equivalente apofatico della formula
che afferma "le due nature e l'unica ipostasi" del Cristo. "Senza confusione"
si riferisce evidentemente alle due nature ed afferma l'autentica umanità del
Cristo. Nello stesso tempo, la formula rende testimonianza alla trascendenza di
Dio secondo il desiderio degli antiariani, poiché viene affermato che Dio resta
Dio, mentre l'uomo resta uomo. Questa formula esclude qualsiasi stadio in-
termedio tra la divinità e l'umanità. "Senza divisione" proclama l'unione pro-
fondissima ed irreversibile di Dio e dell'uomo nella persona del Verbo. Nello
stesso tempo viene affermata la piena immanenza di Dio nel mondo: è essa che
fonda la salvezza cristiana e la divinizzazione dell'uomo. Con queste afferma-
zioni i padri conciliari hanno raggiunto un livello nuovo nella percezione della
trascendenza. Questa non è soltanto "teologica", ma anche "cristologica". Non
si tratta più soltanto di affermare la trascendenza infinita di Dio rispetto all'uo-
mo. Questa volta si tratta della trascendenza infinita del Cristo, Dio e uomo,
rispetto alla universalità degli uomini e della storia. Secondo i padri conciliari,

103
A . AMATO, Gesù il Signore. Saggio di cristologia, cit., 297-298.
,' 188 CAPITOLO V I I - T E M P O ORDINARIO

il carattere assoluto della fede cristiana risiede in questo secondo aspetto della
trascendenza, che è nello stesso tempo escatologico ed ontologico»104.
[
h) «Che cosa rappresenta dunque il concilio di Calcedonia nella storia della cri-
stologia? La definizione dogmatica di Calcedonia non pretende di dare una
risposta esaustiva alla questione: "Come, nel Cristo, possono coesistere Dio
e uomo?". Il mistero dell'incarnazione sta infatti esattamente qui. Nessuna
definizione ne può esaurire le ricchezze per mezzo di formule affermative.
Conviene piuttosto procedere per via negativa e tracciare uno spazio da cui
non ci si può allontanare. All'interno di questo spazio di verità, il concilio ha
posto "l'uno" e "l'altro" che sembravano escludersi: la trascendenza e l'imma-
nenza, Dio e l'uomo. I due aspetti devono essere affermati senza restrizione,
ma escludendo tutto ciò che è giustapposizione o mescolanza. Così, nel Cristo,
la trascendenza e l'immanenza sono perfettamente unite. Se si considerano
le categorie mentali ed i metodi utilizzati, si può pensare ad una certa elle-
nizzazione della fede del Nuovo Testamento. Ma, d'altra parte, sotto un altro
aspetto, la definizione di Calcedonia trascende radicalmente il pensiero greco.
Infatti, essa fa coesistere due punti di vista che la filosofia greca aveva sempre
ritenuto inconciliabili: la trascendenza divina, che è l'anima stessa del sistema
dei platonici, e l'immanenza divina, che è lo spirito della teoria stoica»105.

5. IL VI S E C O L O

Come interpretare la definizione del concilio di Calcedonia? Questa la do-


manda che attraversa la riflessione cristologica del VI secolo106. Questi gli
orientamenti più significativi: il monofisismo, il calcedonismo e il neo-calce-
donismo. Importante il concilio di Costantinopoli II del 553.

1. Orientamento monofisita

L'orientamento monofisita respinge il concilio di Calcedonia, la lettera di


papa Leone al patriarca Flaviano e si dichiara fedele alle espressioni "una na-
tura" e "unione di natura" di Cirillo. Il rappresentante più autorevole è Severo

104
COMMISSIONE TEOLOGICA INTERNAZIONALE, Questioni di cristologia, cit., II, 5, in EV, 7, n.
651.
105
Ibidem, II, 6, in: Ibidem, 652.
106
Sulla cristologia nel V I secolo cfr. A . CONTRI, Gesù Cristo Figlio di Dio e Salvatore.
Saggio dì cristologia patrìstico-storica e teologico-sistematica, cit., 9 6 - 9 8 ; G . FEDALTO, Co-
stantinopoli, in: A . D Ì B E R A R D I N O - G . F E D A L T O - M . SIMONETTI (edd.), Letteratura patristica, cit.,
3 2 7 - 3 3 2 ; T . HAINTHALBR, Cristologia, in: Ibidem, 3 5 7 - 3 6 3 .
CAPITOLO V I I - T E M P O ORDINARIO 189

di Antiochia (465 ca - 538) 107 . Secondo lui Cristo non è "in due nature", ma
"in una sola" anche se conserva integre e senza confusione le proprietà della
divinità e le proprietà dell'umanità.

«Noi secondo il salutare e veramente divino simbolo dei 318 padri crediamo
e professiamo che il Figlio unigenito di Dio, consustanziale al Padre... si è
incarnato e si è fatto uomo, cioè si è unito ad una carne dotata di anima razio-
nale e intelligente, secondo l'unione vera e ipostatica, dallo Spirito Santo e da
Maria sempre vergine Madre di Dio, e una è la sua natura anche quando il Lo-
gos si è incarnato, come ci hanno insegnato i dottori della Chiesa divinamente
ispirati... Infatti poiché da due nature perfette, cioè dalla divinità e dall'uma-
nità, crediamo essere l'Emmanuele e il medesimo Dio Logos, incarnato, noi
conosciamo un solo Figlio, un solo Cristo, un solo Signore. Non diciamo che
egli è conosciuto in due nature, come ha sentenziato il concilio di Calcedonia,
che ha aggiunto il termine "senza divisione" quasi per difesa»108.

2. Orientamento calcedonese

L'orientamento calcedonese rimane fedele alla terminologia e alle prospet-


tive del concilio di Calcedonia. Il rappresentante più autorevole è Leonzio di
Bisanzio (480/90 - 543 ca) 109 .

a) Rivolgendosi ai monofisiti, chiede:

«Che dite voi? Affermate semplicemente una natura? "No" rispondono, "ma
una sola incarnata". Nulla lo impedisce e ci è gradito unirci a voi, e presa
l'unica natura del Logos, che affermate, tenerla da parte vostra. Invece la di-
scussione sarà sull'altra natura. A voi piace chiamare carne quella che noi di-
ciamo altra natura oltre quella del Logos. Ma che dite riguardo a questa carne?
Possiede una natura o una sostanza o parte di una natura?... La carne è senza
sostanza e priva di natura?... Se infatti non esiste carne priva di sostanza, cioè
che non abbia natura, e non c'è natura priva di ipostasi, allora non ci sarà carne
priva di ipostasi. Perciò è tempo che voi eliminiate completamente la natura
dalla carne ovvero attribuiate due ipostasi al Signore, secondo la vostra norma
che dice: "Non c'è natura priva di ipostasi"»110.

107
Cfr. P. A L L E N , Severo di Antiochia, in: Ibidem, 1086-1089.
108
SEVERO DI ANTIOCHIA, Discorsi contro Nefalio, in: M . SIMONETTI (ed.), Il Cristo, I I / Testi
teologici e spirituali in lingua greca dal TV al VII secolo, cit., 473.
109
Cfr. C. D E L L ' O S S O , Leonzio di Bisanzio, in: A. D Ì B E R A R D I N O - G . F E D A L T O - M . SIMONETTI
(edd.), Letteratura patristica, cit., 825-828.
110
LEONZIO DI BISANZIO, Libri tres contra Nestorianos et Eutichianos, in: M. SIMONETTI (ed.),
Il Cristo, II: Testi teologici e spirituali in lingua greca dal IVal VII secolo, cit., 497.
{90 CAPITOLO V I I - T E M P O ORDINARIO

b) «Per Leonzio... il fatto che Cristo abbia una natura umana non significa affatto
che egli abbia anche un'ipostasi umana. Per questo egli introduce la distinzione
tra enypóstaton e hypóstasis, sì che a ogni ipostasi corrisponde una natura, ma
non sempre viceversa: "Non è la stessa cosa ipostasi e enipostatico, come son
cose diverse la sostanza e ciò che è nella sostanza. Infatti l'ipostasi indica una
persona con le proprietà caratterizzanti; invece enipostatico indica che l'acciden-
te non esiste di per sé ma ha l'essere in un altro e non viene considerato di per
sé... Perciò una natura, cioè una sostanza, non può mai essere priva di ipostasi;
ma non per questo la natura è ipostasi, perché il concetto non è reversibile, infatti
l'ipostasi è anche natura, ma la natura non è anche ipostasi"»111.

3. Orientamento neo-calcedonese

L'orientamento neo-calcedonese 112 cerca un punto di incontro tra la dot-


trina di Calcedonia e le formule di Cirillo. Il rappresentante più autorevole
è Leonzio di Gerusalemme. Egli afferma che in Cristo l'unica hypóstasis è
quella preesistente del Logos:

«Non abbiamo detto che l'umanità individuale del Signore è preesistita in con-
fronto ali 'hypóstasis (del Logos), ma al contrario: sorgere o sussistere è per essa
un'unica e identica cosa. Ma essa non sussisteva in una hypóstasis propria a lei
esclusivamente, bensì nella hypóstasis a lei preesistente del Logos»113.

«Leonzio... identifica V hypóstasis d'unione con ¥ hypóstasis preesistente del Lo-


gos. Di conseguenza, egli afferma che il Logos, nel suo rivestirsi della "carne",
ipostatizza la natura umana nella sua ipostasi divina. Per questo la natura umana di
Cristo, pur essendo perfetta e individuale, non possiede un'hypóstasis propria»114.

4. Giustiniano e il concilio di Costantinopoli II

Per trovare un accordo con i monofisti, nel 553, l'imperatore Giustiniano 115
convoca a Costantinopoli un concilio: il II concilio di Costantinopoli 116 . Vi
partecipano centosessantotto vescovi. Solo undici vengono dall'occidente.

111
A . AMATO,Gesù il Signore. Saggio di cristologia, cit., 316.
112
Cfr. Trattato su Gesù Cristo Figlio di Dio Salvatore, cit., 5 2 1 - 5 3 4 .
M . GRONCHI,
113
LEONZIO DI GERUSALEMME, Contra Nestorianos, N , 7 .
114
A . AMATO, Gesù il Signore. Saggio di cristologia, cit., 3 1 7 .
115
II concilio di Costantinopoli II è stato preceduto dalla condanna postuma di Teodoro
di Mopsuestia (morto nel 428), Teodoreto di Ciro (morto nel 466) e Ibas di Edessa (morto nel
457): i cosiddetti Tre Capitoli, le tre condanne. Teodoro di Mopsuestia, Teodoreto di Ciro e Ibas
di Edessa erano noti per le loro posizioni cristologiche divisiste.
116
Cfr. B . SESBOUÉ, Gesù Cristo nella tradizione della Chiesa, cit., 1 5 7 - 1 6 9 .
CAPITOLO V I I - TEMPO ORDINARIO 191

a) Il concilio riprende l'insegnamento di Calcedonia e afferma l'unità del


Logos:
«Se qualcuno... non confessa, invece, un solo e medesimo Signore nostro
Gesù Cristo, Verbo di Dio incarnato e fatto uomo, al quale appartengono sia i
miracoli che le sofferenze che volontariamente ha sopportato nella sua carne,
costui sia anatema»117.

b) Il concilio afferma Vhénosis kath'hypóstasin:

«Infatti, l'unità è concepita in molti modi: gli uni, seguendo l'empietà di


Apollinare e di Eutiche, e ammettendo l'annullamento degli elementi che
formano l'unità, parlano di un'unione per confusione; gli altri, seguendo le
idee di Teodoro e di Nestorio, sono favorevoli alla separazione e parlano di
una unione di relazione. La santa Chiesa di Dio, rigettando l'empietà dell'una
e dell'altra eresia, confessa l'unione di Dio Verbo con la carne secondo la com-
posizione, ossia secondo l'ipostasi. Questa unione per composizione non solo
conserva nel mistero di Cristo senza confusione gli elementi che concorrono
all'unità, ma non ammette la loro divisione»118.

c) L'unione secondo l'ipostasi garantisce il mistero dell'unità in Cristo:

«Se qualcuno intende l'unica persona del Signore nostro Gesù Cristo come
se prendesse su di sé più ipostasi, e con ciò tenta di introdurre nel mistero di
Cristo due ipostasi o due persone, e, dopo aver introdotto due persone, par-
la di una sola persona quanto alla dignità, all'onore e alla adorazione, come
hanno scritto nella loro pazzia Teodoro e Nestorio; e se costui accusa il santo
concilio di Calcedonia, sostenendo che esso ha usato l'espressione "una sola
sussistenza" in questo empio significato, e non confessa piuttosto che il Verbo
di Dio si è unito nella carne secondo l'ipostasi e che, quindi, egli ha una sola
ipostasi, cioè una sola persona e che è in questo senso che il santo concilio di
Calcedonia ha confessato una sola ipostasi del Signore nostro Gesù Cristo, co-
stui sia anatema. La santa Trinità, infatti, non ha ricevuto aggiunta di persona
o di ipostasi in seguito all'incarnazione di Dio Verbo, una delle persone della
santa Trinità»119.

d) Il concilio reinterpreta la formula calcedonese "in due nature". Significa


«la diversità delle nature, nella quale si è realizzata l'ineffabile unità senza
confusioni, senza che il Verbo passasse nella natura della carne e senza che

117
H . DENZINGER, Enchiridion symbolorum, definitionum et declaratìonum de rebus fidei et
morum, cit., 423.
118
Ibidem, 425.
119
Ibidem, 426.
112 CAPITOrnVII-TEMP

la carne si trasformasse nella natura del Verbo (l'una e l'altra, infatti, riman-
gono ciò che sono per natura, anche dopo che si è realizzata l'unione secondo
l'ipostasi)»120.

e) Il concilio interpreta in modo autentico la formula di Cirillo «mia phy-


sis toü theoü logoü sesarkomene»:

«Se uno confessa che è avvenuta l'unione delle due nature, divina e umana,
o parla di una sola natura incarnata del Verbo di Dio, ma non intende queste
espressioni secondo il senso dell'insegnamento dei santi padri, cioè che, av-
venuta l'unione secondo l'ipostasi della natura divina e della natura umana,
ne è risultato un solo Cristo; e anzi con questa espressione tenta introdurre
una sola natura o sostanza della divinità e della carne di Cristo, costui sia
anatema»121.

6. IL V I I S E C O L O

Una o due volontà in Gesù Cristo? Questa la domanda che accompagna la


riflessione cristologica nel settimo secolo 122 . Protagoniti Sergio patriarca di
Costantinopoli, papa Onorio I, l'imperatore Eraclio e Massimo il Confessore.

1. Sergio

a) Patriarca di Costantinopoli dal 610 al 638. Intende riaprire il dialogo


con i monofisiti. Nonostante l'insegnamento del concilio di Calcedonia se-
condo il quale Cristo è «una persona in due nature» che hanno caratteristiche
proprie, Sergio afferma «che in Cristo esiste un'unica fonte umano-divina di
attività, un unico principio di operazione (enérgheia - mono-energismo): que-
sto perché unico è il Signore Gesù Cristo, o "unica la natura incarnata del Dio
Verbo"» 123 .

b) Questo il ragionamento che Sergio fa in una lettera inviata a papa Ono-


rio (psèphos = voto del 633).

120
Ibidem, 428.
121
Ibidem, 429.
122
Sulla cristologia nel V I I secolo cfr. A. CONTRI, Gesù Cristo Figlio di Dio e Salvatore.
Saggio di cristologia patristico-storica e teologico-sistematica, cit., 9 8 - 1 0 0 ; G . FEDALTO, Co-
stantinopoli, in: A. Dì B E R A R D I N O - G . F E D A L T O - M . SIMONETTI (edd.), Letteratura patristica, cit.,
3 3 2 - 3 3 5 ; T . HAINTHALER, Cristologia, in: Ibidem, 3 6 3 - 3 6 5 ; M . GRONCHI, Trattato su Gesù Cristo
Figlio di Dio Salvatore, cit., 5 3 4 - 5 4 9 .
123
M . SERANTHÀ, Gesù Cristo Ieri Oggi e Sempre, saggio di cristologia, cit., 2 4 0 .
CAPITOLO V I I - T E M P O ORDINARIO 193

«Analogamente l'espressione "due operazioni" scandalizza molti, in quanto


non è stata pronunciata da neppure uno dei santi ed eletti maestri della Chiesa.
Ne deriverebbe infatti l'affermazione di due volontà che si oppongono l'una
all'altra, quasi che il Dio Logos voglia realizzare la passione redentrice e in-
vece la sua umanità ostacoli e contrasti la sua volontà, sì che di qui sarebbero
introdotti in lui due che vogliono cose contrastanti, il che è empio, infatti è
impossibile che in un unico e medesimo soggetto sussistano allo stesso tempo
l'una accanto all'altra. La dottrina salutare dei santi padri insegna apertamente
che in nessuna occasione la sua carne razionalmente animata ha fatto sentire
la sua inclinazione naturale separatamente e per proprio impulso in contrasto
con la decisione del Dio Logos unito a lei secondo l'ipostasi, ma solo quando
come e quanto ha voluto il Dio Logos. Per esprimerlo più chiaramente: come
il nostro corpo è guidato, ornato e determinato dalla nostra anima intellettiva
e razionale, così anche nel Cristo Signore, tutta la sua componente umana,
sempre e in tutto condotta dalla divinità del Logos stesso, era mossa da Dio,
come afferma Gregorio di Nissa»124.

2. Papa Onorio I e Vimperatore Eraclio

a) «Alla tesi di Sergio, il papa Onorio reagisce in modo incerto, anzitutto


spostando i termini: dall'energia alla volontà»125, dalla enérgheia al thélema.
Nella lettera Scripta fraternitatis, indirizzata a Sergio nel 634, Onorio tra l'al-
tro scrive:

«Professiamo anche una sola volontà del Signore nostro Gesù Cristo, poiché
in realtà dalla divinità è stata assunta la nostra natura, non la (nostra) colpa,
quella (natura) in effetti che è stata creata prima della caduta nel peccato, non
quella viziata dopo la caduta. Cristo infatti..., concepito senza peccato dallo
Spirito Santo, è stato partorito anche senza peccato dalla santa e immacolata
Vergine, genitrice di Dio, senza aver sperimentato un qualche contagio con la
natura viziata... Infatti nelle sue membra non ci fu altra legge e anche nessun
volere diverso o contrario al Salvatore, poiché egli nacque al di sopra della
legge della condizione umana... Che il Signore Gesù Cristo, Figlio e Verbo
di Dio "attraverso il quale tutto è stato fatto" (Gv 1,3), sia egli stesso l'uni-
co operatore della divinità e dell'umanità, lo dimostrano chiaramente tutte le
sacre Scritture. Se invece per via delle opere della divinità e dell'umanità si
debba parlare o pensare di una sola o di due attività derivate, non deve essere
per noi importante; lasciamo la questione ai maestri di grammatica, che son
soliti vendere ai bambini i concetti acquisiti mediante derivazione. Noi infatti

124
SERGIO DI COSTANTINOPOLI Lettera a papa Onorio I , in: G . CANOBBIO (ed.), I documenti
dottrinali del Magistero, Queriniana, Brescia 1996,438-439.
125
M . GRONCHI, Trattato su Gesù Cristo Figlio di Dio salvatore, cit., 538.
194 CAPITOLO V I I - T E M P O ORDINARIO

dalle sacre Scritture non abbiamo imparato che il Signore Gesù Cristo e il suo
Santo Spirito (ha) una sola o due attività, ma abbiamo riconosciuto che egli ha
operato in modo multiforme»126.

b) «La professione di un unico thélema ("volere") in Cristo deve essere vista non
tanto come la negazione della sua volontà umana, bensì come la constatazione
che in Cristo non c'è opposizione nel volere tra la sua umanità e la sua divinità,
per cui in pratica si dà un unico volere. Il papa cioè scarta l'ipotesi di un volere
umano del Cristo che sia opposto al volere divino: per questo gli attribuisce
una sola volontà. Ma questa unità è da intendersi come "conformità". Essendo
la natura umana del Figlio di Dio una natura sana, di conseguenza si è avuto in
Cristo un unico volere pratico, risultante dalla convergente concordia delle due
volontà»127.

c) Nel 638, con la pubblicazione di ékthesis ("esposizione" della fede),


l'imperatore Eraclio impone praticamente la dottrina dell'unica volontà in
Cristo ("mono-telismo"):

«Come è possibile, professando la retta fede, glorificare l'unico Figlio, il no-


stro Signore Gesù Cristo, il vero Dio e (nel contempo) accettare in lui due vo-
lontà contrapposte? Perciò noi seguiamo i santi padri in tutto e pure su questo
punto e professiamo una sola volontà del nostro Signore Gesù Cristo, il vero
Dio, poiché in nessun momento la carne razionalmente animata, separata (dal
Logos), ha fatto sentire la sua inclinazione naturale di sua propria iniziativa e
in opposizione al Verbo divino unito ipostaticamente a essa, ma solo quando,
come e quanto ha voluto il Dio Logos»128.

3. Massimo il Confessore (580 ca - 662) e il concilio lateranense 1

Massimo il Confessore può essere considerato come il più grande teologo


del VII secolo129. Monaco, autore di testi ascetici e mistici, protagonista della
disputa contro il monotelismo, arrestato ed esiliato sulle coste orientali del
Mar Nero. Questo in sintesi il suo insegnamento.

126
H . DENZINGER, Enchiridion symbolorum, definitìonum et declarationum de rebus fidei et
morum, cit., 487.
127
A . AMATO, Gesù il Signore. Saggio di cristologia, cit., 3 2 9 .
128
ERACLIO, Esposizione della fede, in: K . - O . OHLIG (ed.), Cristologia I . Dagli inizi al pe-
riodo tardo-antico, cit., n. 36.
129
Cfr. B . D E ANGELIS, Massimo il confessore, in: A . D I B E R A R D I N O - G . F E D A L T O - M . SIMONET-
TI (edd.), Letteratura patrìstica, cit., 853-857.
CAPITOLO V I I - T E M P O ORDINARIO 186

a) In Cristo ci sono due volontà.

«Il Cristo, che è per natura ciascuna delle due (nature) - lo stesso è per natura
Dio e uomo - possiede per natura ciò che è proprio a ciascuna natura: la vo-
lontà e l'operazione divine come la volontà e l'operazione umane, e non una
sola con l'esclusione di due operazioni naturali, né un'altra in più delle due che
esistono per natura, ciò che farebbe tre operazioni e tre volontà»130.

b) Cristo, con la sua volontà divina, che ha in comune con il Padre e con
lo Spirito Santo, e con la sua volontà umana, che gli è propria, mediante la
passione, vuole la salvezza dell'uomo. Tra volontà divina e volontà umana c'è
perfetto accordo.

«Per s. Massimo l'opera della salvezza non proviene solo dalla volontà divina,
ma anche da quella umana del Cristo. Il primo tempo della kénosi e dell'in-
carnazione procede dalla volontà divina, comune alle tre persone divine. Il
secondo tempo dell'obbedienza e della morte procede dalla volontà umana
propria del Figlio. Per cui l'obbedienza al Padre significa l'accordo delle due
volontà in Cristo non tanto tra se stesse e in se stesse, ma in relazione al Padre.
Anche in quanto uomo il Figlio obbedisce al Padre. L'obbedienza umana di
Cristo al Padre non è altro che il risvolto esistenziale umano del suo essere
divino, ontologicamente sempre rivolto al Padre in un sì eterno»131.

c) Indetto da papa Martino I, nel 649, per condannare i monoteliti, il con-


cilio lateranense I afferma che in Cristo sono due volontà e due operazioni.

«E come di questi (Cristo) professiamo due nature unite inconfusamente e


inseparabilmente, così due volontà secondo le nature, la divina e l'umana, e
due attività naturali, la divina e l'umana, per confermare pienamente e senza
omissione il fatto che lo stesso e unico Signore nostro e Dio Gesù Cristo è ve-
racemente Dio perfetto per natura, eccetto il solo peccato, volendo e operando
insieme divinamente e umanamente la nostra salvezza»132.

Due canoni dicono con chiarezza la fede della Chiesa.

«Se qualcuno secondo i santi padri non professa in senso proprio e secondo ve-
rità due volontà coerentemente unite nell'uno e medesimo Cristo, nostro Dio,
una divina e una umana, per il motivo che egli stesso vuole la nostra salvezza

130
MASSIMO IL CONFESSORE, A Dcatholicosper Siciliani constituios: P G 9 1 , col. 1 1 7 C D .
131
Gesù il Signore. Saggio di cristologia, cit., 3 3 3 .
A . AMATO,
132
H . DENZINGER, Enchiridion symbolorum, definitionum et declarationum de rebus fidei et
morum, cit., 500.
CAPITOLOVII-TE

mediante ognuna delle sue due nature in modo naturale, sia condannato»133.

«Se qualcuno secondo i santi padri non professa in senso proprio e secondo
verità due attività, unite senza interruzione, dell'unico e medesimo Cristo Dio
nostro, una divina e una umana, per il motivo che egli stesso mediante am-
bedue le sue nature è l'operatore in modo naturale della nostra salvezza, sia
condannato»134.

4. Il concilio di Costantinopoli III135

a) Convocato da Costantino IV, il concilio il 16 settembre del 681 promul-


ga la definizione dommatica sulle due volontà.

«Proclamiamo in lui, secondo l'insegnamento dei santi padri, due volontà


naturali e due operazioni naturali, senza divisione, senza mutamenti, senza
separazione o confusione. Le due volontà naturali non sono in contrasto fra
loro (non sia mai detto!), come affermano gli empi eretici, ma la sua volontà
umana segue, senza opposizione o riluttanza, o meglio, è sottoposta alla sua
volontà divina e onnipotente. Era necessario, infatti, che la volontà della carne
fosse guidata e sottomessa al volere divino, secondo il sapientissimo Atanasio.
Come, infatti, la sua carne è detta la carne del Verbo di Dio, e lo è realmente,
così la volontà naturale della sua carne è detta ed è volontà propria del Verbo
di Dio, secondo quanto egli stesso afferma: "Sono disceso dal cielo non per
fare la mia volontà, ma la volontà di colui che mi ha mandato" (Gv 6,38). Egli
afferma essere sua la volontà della sua carne, poiché anche la carne è diventata
sua. Come, infatti, la sua carne tutta santa, immacolata e animata, sebbene
deificata, non è stata cancellata, ma è rimasta nel proprio stato e nel proprio
modo di essere, così la sua volontà umana, anche se deificata, non fu annullata,
ma piuttosto salvata»136.

b) Il concilio afferma che in Cristo ci sono due operazioni.

«Noi riconosciamo nello stesso Signore nostro Gesù Cristo, nostro vero Dio,
due attività naturali, senza divisioni di sorta, senza mutazioni, separazioni o
confusioni; cioè un'operazione divina e un'operazione umana, secondo quanto
afferma molto chiaramente Leone, l'ispirato da Dio: "Ciascuna natura agisce
in comunione con l'altra secondo ciò che le è proprio; il Verbo opera ciò che

133
Ibidem, 510.
134
Ibidem, 511.
135
Cfr. B . SESBOUÉ, Gesù Cristo nella tradizione della Chiesa, cit., 1 7 0 - 1 8 4 .
136
H . DENZINGER, Enchiridion symbolorum, definitionum et declarationum de rebus fidei et
morum, cit., 556.
CAPITOLO V I I - T E M P O ORDINARIO 197

è proprio del Verbo, il corpo opera ciò che è proprio del corpo"... In questo
modo, noi proclamiamo anche due volontà e attività naturali, che concorrono
insieme alla salvezza del genere umano»137.

7. L'VIII S E C O L O

Legittimo o no il culto delle icone? Questo il problema dell'ottavo seco-


lo138. Questa la controversia che coinvolge scrittori ecclesiastici, Leone III
l'Isaurico e Giovanni Damasceno.

1. Scrittori ecclesiastici

a) Prima del concilio di Nicea (325), sulla base di testi biblici, quali Es
20,4; Dt 4,15-20; 5,8; Sap 14,12-31 e Ap 13,15, alcuni scrittori ecclesiasti-
ci dichiarano di essere contrari alle icone e al loro culto idolatrico. Così, ad
esempio, Eusebio dì Cesarea (265 - 339), in una lettera a Costanza, sorella
dell'imperatore Costantino, che gli chiede una icona di Cristo. A suo giudizio,
non si può rappresentare né la divinità di Cristo, perché spirituale, né la sua
umanità, perché con la risurrezione essa è stata assorbita nella gloria della
divinità. La vera icona di Cristo è l'Eucaristia. L'umanità di Cristo non deve
attirare la nostra attenzione, perché l'essenziale è il Logos che vi abita.

b) Anche il canone 36 del sinodo di Elvira (303 - 306) proibisce il culto


delle icone: «Ci è sembrato bene che nelle chiese non ci devono essere pitture,
in modo che non sia dipinto sui muri ciò che è onorato e adorato»139. Ma

«nonostante il divieto del sinodo di Elvira e l'opposizione degli scrittori ec-


clesiastici, la prassi cristiana, e non solo l'arte funeraria, a partire dal terzo
secolo, - e forse anche prima - ricorre più frequentemente a rappresentazioni
di ogni tipo (pitture, statue, bassorilievi). Tertulliano (160 - 220), montañi-
sta, ci informa che i cristiani adoperavano dei calici con la figura del buon
Pastore»140.

137
Ibidem, 5 5 7 . 5 5 8 .
138
Sulla cristologia d e l l ' V I I I secolo cfr. A . CONTRI, Gesù Cristo Figlio di Dio e Salvatore.
Saggio di cristologiapatristico-storica e teologico-sistematica, cit., 1 0 0 - 1 0 1 ; G . FEDALTO, Co-
stantinopoli, in: A . D I B E R A R D I N O - G . F E D A L T O - M . SIMONETTI (edd.), Letteratura patrìstica, cit.,
3 3 6 - 3 3 9 ; M . GRONCHI, Trattato su Gesù Cristo Figlio di Dio Salvatore, cit., 5 4 9 - 5 7 3 .
139
J . D . M A N S I (ed.), Sacrorum Concìliorum nova et amplissima collectio (ristampa anasta-
tica, Graz 1 9 6 0 - 1 9 6 2 ) I I , col. 1 1 D .
140
A . AMATO, Gesù il Signore. Saggio di cristologia, cit., 3 4 2 - 3 4 3 .
CAPITOLO V I I - T E M P O ORDINARIO 198

2. Leone III l'Isaurìco

a) La lotta contro le icone (iconoclastia) scoppia all'inizio del 727 quando


l'imperatore Leone III l'Isaurico (717 - 741) ordina di distruggere l'Icona di
Cristo che è sulla porta di bronzo del palazzo imperiale di Costantinopoli e la
fa sostituire con la Croce. Nel 730 lo stesso imperatore proibisce il culto delle
Icone e ordina la distruzione di tutte le immagini sacre. Queste le ragioni:
esplicito divieto di Es 20,4 («Non ti farai idolo né immagine alcuna di quanto
è lassù nel cielo né di quanto è quaggiù sulla terra, né di ciò che è nelle acque
sotto la terra»); abusi dei fedeli sul piano della devozione; contrapposizione
tra materia e spirito (il culto delle icone contrasta il culto in spirito e verità);
consustanzialità dell'icona con il suo prototipo (le icone di legno e a colori
non sono consustanziali con il loro prototipo e quindi sono idoli); presenza
dell'originale nel prototipo (solo l'eucaristia può essere considerata vera icona
di Cristo).

b) L'iconoclastia viene avversata da papa Gregorio II che in una lettera


all'imperatore, fra l'altro, scrive:

«E dici che noi adoriamo le pietre, le pareti e le tavole di legno. Non è affatto
come tu dici, o imperatore; ma affinché la nostra memoria sia aiutata e la no-
stra fedeltà e la nostra mente inesperta e debole sia guidata ed elevata verso
l'alto mediante coloro che questi nomi e queste invocazioni e queste immagini
riproducono; e non come se fossero dèi; questo è ben lontano da noi! Infatti
non riponiamo la nostra speranza in essi»141.

c) Il 10 febbraio del 754, nel palazzo imperiale di Hieria (città situata tra
Crisopoli e Calcedonia), si tiene un "concilio" convocato da Costantino V e
presieduto da Teodoro di Efeso. Presenti 338 vescovi. Non vi prendono parte
il Papa, i patriarchi orientali e lo stesso patriarca di Costantinopoli, Anastasio,
morto nel gennaio del 754. Il concilio condanna espressamente il culto delle
immagini raffiguranti Cristo, Maria e i santi:

«Noi possiamo inoltre dimostrare il nostro sentimento per mezzo delle sante
Scritture e dei padri. Infatti si legge nella Scrittura: "Iddio è spirito; e quelli che
l'adorano, bisogna che l'adorino in ispirito e verità"; e: "Non ti fare scultura
alcuna né immagine alcuna delle cose che sono lassù nei cieli o quaggiù sulla
terra"; anche Dio ha parlato agli Israeliti dal mezzo del fuoco e dalla cima

141
H . DENZINGER, Enchirìdìon symbolorum, definitìonum et declarationum de rebus fidei et
morum, cit., 581.
CAPITOLO V I I - T E M P O ORDINARIO 199

della montagna e non gli ha mostrato nessuna immagine; in un altro passaggio:


"Hanno mutato la gloria dell'incorruttibile Iddio in immagini simili a quelle
dell'uomo corruttibile, e hanno adorato e servito la creatura invece del Creato-
re".. . Noi dunque appoggiandoci sulla santa Scrittura e sui Padri, dichiariamo
unanimemente, in nome della santa Trinità, che noi condanniamo, rigettiamo
ed allontaniamo con tutte le nostre forze dalla Chiesa cristiana qualsiasi imma-
gine di qualsiasi maniera che sia fatta con l'arte della pittura»142.

3. Giovanni Damasceno (675 ca -749) e il concilio di Nicea II

Monaco nel monastero di San Saba a Gerusalemme 143 . Uomo di pietà e di


studio. Ultimo grande teologo della Chiesa greca. Dichiarato "dottore della
Chiesa" da Leone XIII nel 1890. Grande il suo contributo per un'autentica
teologia dell'icona.

a) Nell'uomo vi è l'immagine di Dio.

«Siccome alcuni ci biasimano perché adoriamo e onoriamo le immagini del


Salvatore, della nostra Signora e degli altri Santi e servi di Cristo, io vorrei
che essi comprendessero che Dio, al principio, creò l'uomo a sua immagine.
Perché noi ci veneriamo l'un con l'altro, se non perché siamo stati fatti ad
immagine di Dio? Infatti, come dice il beato Basilio, così versato nelle cose
divine, l'onore reso all'immagine ricade sul prototipo. Il primo esemplare è
colui che è rappresentato dall'immagine, e del quale si ritrae la figura»144.

b) Dio si è fatto uomo. Ecco la novità!

«Inoltre chi potrebbe rappresentare in figura Dio invisibile, incorporeo, che


non può essere né conosciuto né raffigurato? Sarebbe il colmo della pazzia e
dell'empietà il pretendere di rappresentare con una figura la divinità. Per que-
sto motivo nell'Antico Testamento non erano in uso le immagini. Ma Dio, per
la sua infinita misericordia, si è fatto veramente uomo per la nostra salvezza,
e non soltanto è apparso in aspetto umano, come ad Abramo e ai profeti, ma
si è fatto davvero uomo sostanzialmente, ed ha abitato sulla terra e conversato
con gli uomini, ha compiuto miracoli, ha sofferto, fu crocifisso, risorse e salì al
cielo. Tutte queste cose accaddero realmente e gli uomini le videro e le scris-
sero, a ricordo e ammaestramento di coloro che non erano stati presenti. E così

142
Sacrorum Conciliorum nova et amplissima collectio, cit., X I I I .
J . D . MANSI,
143
Cfr. A. L O U T H , Giovanni Damasceno, in: A. D I B E R A R D I N O - G . F E D A L T O - M . SIMONETTI
(edd.), Letteratura patrìstica, cit., 595-600.
144
GIOVANNI DAMASCENO, De fide orthodoxa, I V , 1 6 .
L I M L Q A P ' I Q L Q Y IT-

aliche noi, che non abbiamo visto il Signore, ne sentiamo parlare e crediamo
e siamo partecipi delle sue benedizioni. Ma siccome non tutti sanno leggere,
oppure hanno il tempo di fare delle letture, i padri pensarono di riprodurre i
fatti più importanti in immagini, come in ricordo sintetico»145.

c) L'evento dell'incarnazione giustifica le icone.

«È chiaro che, quando tu abbia visto che colui che è incorporeo è diventa-
to uomo a causa tua, allora farai l'immagine della sua forma umana; quando
l'invisibile sia diventato visibile per la carne, allora raffigurerai l'immagine di
lui che è stato visto; quando colui che nella sovrabbondanza della sua natura
è senza corpo e senza figura, incommensurabile ed intemporale, quando colui
che è immenso e sussistente nella forma di Dio, si sia invece ristretto alla
misura e alla grandezza, dopo aver preso la forma di schiavo, e si sia cinto
della figura del corpo, allora riproduci la sua forma su di un quadro, ed esponi
alla vista colui che ha accettato di essere visto. Di lui riproduci l'inesprimibile
condiscendenza, la nascita dalla Vergine, il battesimo nel Giordano, la trasfi-
gurazione sul Tabor, le sofferenze generatrici di immortalità, i miracoli-segni
della sua divina natura che furono compiuti con virtù divina attraverso la virtù
del corpo, la croce salvatrice, la sepoltura, la risurrezione, l'ascesa al cielo.
Tutte queste cose descrivi con la parola e con i colori»146.

d) Convocato dall'imperatrice Irene, si svolge a Nicea nel 787 nella chie-


sa di Santa Sofia, sotto la presidenza del patriarca Tarasio di Costantinopoli,
il concilio di Nicea II. Vi partecipano duecentocinquanta vescovi circa, due
delegati di papa Adriano I (771 - 795) e molti monaci. Otto le sessioni. La
settima approva la definizione conciliare riguardante il culto delle immagini.
Definizione che può essere divisa in quattro parti.

La prima parte è dedicata agli iconoclasti.

«Vi sono alcuni uomini che, incuranti di questo dono, stregati dagli inganni del
nemico, hanno deviato dalla retta ragione e nella loro ribellione alla tradizio-
ne della Chiesa cattolica non hanno più raggiunto la conoscenza della verità.
Come dice il proverbio, sono andati errando per i viottoli del proprio campo
e hanno riempito le loro mani di sterilità perché hanno tentato di screditare le
sacre immagini convenienti al culto di Dio. Essi pretendono di essere sacerdoti
ma non lo sono, come dice il Signore per bocca del profeta: Molti pastori
hanno devastato la mia vigna, hanno calpestato il mio campo. Al seguito di
uomini che ascoltano solo le proprie passioni, hanno accusato la santa Chiesa,

145
Ibidem.
146
IDEM,Oratio I, 8.
CAPITOLO V I I - TEMPO ORDINARIO 192

sposa del Cristo nostro Dio e non hanno distinto tra il sacro e il profano,
mettendo sullo stesso piano le immagini di Dio e dei suoi santi e le statue degli
idoli diabolici»147.

La seconda dichiara le intenzioni del concilio.

«Per questo il Signore Dio, non potendo più sopportare che i suoi fedeli ve-
nissero contagiati da una tale peste, ha convocato da ogni parte secondo la sua
divina volontà noi vescovi mediante lo zelo fervente e l'invito di Costantino
e di Irene, nostri fedelissimi imperatori, allo scopo di rafforzare con un voto
comune la divina tradizione della Chiesa cattolica. Dopo ricerche e discussioni
approfondite, con l'unico scopo di seguire la verità, noi né togliamo né aggiun-
giamo alcunché, ma conserviamo intatto il patrimonio dottrinale della Chiesa
cattolica, nel solco dei sei santi concili ecumenici, e specialmente di quello
riunito nella splendida sede metropolitana di Nicea e dell'altro celebrato più
tardi nella città imperiale, che Dio protegge»148.

La terza difende il culto delle immagini.

«Seguendo la dottrina divinamente ispirata dei nostri santi padri e la tradizione


della Chiesa cattolica - riconosciamo, infatti, che lo Spirito Santo abita in essa
- noi definiamo con ogni vigore e cura che, a somiglianza della raffigurazione
della croce preziosa e vivificante, così le venerande e sante immagini, sia di-
pinte che in mosaico o in qualsiasi altro materiale adatto, debbono essere espo-
ste nelle sante chiese di Dio, sulle sacre suppellettili, sui sacri paramenti, sulle
pareti e sulle tavole, nelle case e nelle vie; siano esse l'immagine del signore
Dio e salvatore nostro Gesù Cristo, o quella dell'immacolata signora nostra, la
santa Madre di Dio, dei santi angeli, di tutti i santi e giusti. Infatti, quanto più
frequentemente queste immagini vengono contemplate, tanto più quelli che le
contemplano sono portati al ricordo e al desiderio dei modelli originali e a tri-
butare loro, baciandole, rispetto e venerazione. Non si tratta, certo, di una vera
adorazione (latria), riservata dalla nostra fede solo alla natura divina, ma di un
culto simile a quello che si rende all'immagine della croce preziosa e vivifican-
te, ai santi evangeli e agli altri oggetti sacri, onorandoli con l'offerta di incenso
e lumi secondo il pio uso degli antichi. L'onore reso all'immagine, in realtà,
appartiene a colui che vi è rappresentato e chi venera l'immagine, venera la
realtà di chi in essa è riprodotto... Chi oserà pensare o insegnare diversamente,
o, seguendo gli eretici empi, violerà le tradizioni della Chiesa o inventerà delle
novità o rifiuterà qualche cosa di ciò che è stato affidato alla Chiesa, come il
Vangelo, la raffigurazione della croce, immagini dipinte o le sante reliquie dei
martiri; chi immaginerà con astuti raggiri di sovvertire qualcuna delle legittime
tradizioni della Chiesa universale; o chi userà per scopi profani i vasi sacri o i

147
G . ALBERIGO et ALII (edd.), Conciliorum Oecumenicorum Decreta, cit., 133.
148
Ibidem, 134.
CAPITOLO V I I - T E M P O ORDINARIO 202

venerandi monasteri, noi decretiamo che, se vescovo o chierico, sia deposto, se


monaco o laico venga escluso dalla comunione»149.

La quarta parte contiene degli anatemi.

«Se qualcuno non ammette che Cristo, nostro Dio, è limitato secondo l'uma-
nità, sia anatema. Se qualcuno non ammette che i racconti evangelici siano
tradotti in immagini, sia anatema. Se qualcuno non onora queste immagini,
(fatte) nel nome del Signore e dei suoi santi, sia anatema. Se qualcuno rigetta
ogni tradizione ecclesiastica, scritta o non scritta, sia anatema»150.

8. D A L L ' X I A L X I V S E C O L O

«La teologia scolastica copre un lungo arco di tempo che va, grosso modo,
dalla fondazione del sacro romano impero da parte di Carlo Magno (sec. IX)
fino alla riforma protestante (sec. XVI). Essa coincide quasi interamente col
medioevo e di questa lunga epoca storica condivide sia le fortune sia le disgra-
zie. Inizia nell'oscurità del tenebroso medioevo nei secoli IX-X; raggiunge
vertici di altissimo splendore nei secoli XII e XIII e poi va, come il medioevo,
verso la dissoluzione e l'estinzione nei secoli XV e XVI»151.

«La cristologia... si sviluppa in un contesto socio-politico-culturale che è pro-


fondamente, totalmente diverso da quello in cui avevano operato i padri della
Chiesa. Il contesto politico-culturale non è più quello dell'impero romano, un
potere che era quasi sempre stato nemico della Chiesa e del cristianesimo; ben-
sì del sacro romano impero, un potere fondato sull'autorità di Dio e regolato
dalle leggi del Vangelo. Analogamente il contesto culturale non è più quello
del paganesimo ma quello del cristianesimo: cristiani e non più pagani sono
i costumi e i valori che informano il tessuto sociale... La teologia scolastica
(e di conseguenza anche la cristologia) fa registrare un progressivo allontana-
mento dalla patristica sia nella metodologia, che diviene sempre più rigorosa
applicando la tecnica della logica aristotelica, sia nel linguaggio che un po' alla
volta diviene meno biblico e più filosofico, sia nella trattazione che diviene
sempre più sistematica. Un altro elemento che contribuisce a differenziare pro-
fondamente la scolastica dalla patristica è, nel secolo XIII, l'ingresso di Aristo-
tele accanto oppure al posto di Platone nella esplicitazione e nella espressione
delle verità cristiane»152.

149
Ibidem, 135-136. 137.
150
Ibidem, 137-138. Il 4 dicembre 1987, Giovanni Paolo II pubblica una lettera apostolica
per il XII centenario del concilio di Nicea II: la Duodecimum saeculum.
151
B. MONDIN, Gesù Cristo salvatore dell'uomo. Cristologia storica e sistematica, cit., 183.
152
Ibidem, 1 8 3 - 1 8 4 . Cfr. M . GRONCHI, Trattato su Gesù Cristo Figlio di Dio Salvatore, cit.,
577-579.
CAPITOLO V I I - T E M P O ORDINARIO 203

In cristologia sono tre i temi che vengono approfonditi in modo partico-


lare: «la dottrina della redenzione, quella della conoscenza umana di Gesù e
del motivo dell'incarnazione» 153 . Quattro i teologi che ricordiamo: Anselmo
d'Aosta, Bonaventura di Bagnoregio, Tommaso d'Aquino e Duns Scoto.

1. Anselmo d'Aosta (1033 -1109)

Vescovo di Canterbury 154 . Cerca di sostenere la visione della fede con ar-
gomentazioni razionali: "fides quaerens intellectum".

«Dopo aver affrontato l'esistenza, la natura e l'identità delle persone divine


nei trattati Monologion e Proslogion... egli si propose di indagare le ragioni
dell'incarnazione del Figlio di Dio, decisamente orientata alla morte di croce,
con il trattato Cur Deus homo - l'unica opera cristologica altomedievale - , in
cui prese forma la cosiddetta "dottrina della soddisfazione"»155.

Questa, in sintesi, la riflessione che Anselmo fa nel Cur Deus homo.

a) Il punto di partenza è il peccato dell'uomo. L'uomo sin dalle origini ha


peccato. Ha tolto a Dio l'onore che gli è dovuto:

«Peccare non è altro che non dare a Dio quello che gli è dovuto. E qual è il
debito che dobbiamo rendere a Dio? Tutta la volontà della creatura ragionevole
deve essere sottomessa alla volontà di Dio... Questo è il debito che l'angelo e
l'uomo devono a Dio; se lo soddisfano non peccano, altrimenti peccano... Chi
non dà a Dio questo onore dovutogli, gli toglie ciò che è suo e disonora Dio:
e questo è peccare»156.

b) Nonostante il peccato dell'uomo, Dio non può non portare a compi-


mento il suo progetto. Non può non volere la salvezza dell'uomo.
«Dio porterà a compimento circa la natura umana l'opera incominciata oppure
avrà invano creato una natura così elevata al fine di un bene tanto grande. Ma
se Dio - come è noto - non ha creato niente di più prezioso della natura razio-
nale al fine di godere di sé medesimo, gli è completamente estraneo permettere
che una o l'altra creatura razionale muoia del tutto»157.

153
C. PORRO, Gesù il salvatore. Iniziazione alla cristologia, cit., 85.
154
Cfr. A. CONTRI, Gesù Cristo Figlio di Dio e Salvatore. Saggio di cristologia patristico-
storica e teologico-sistematica, cit., 104-105; M. GRONCHI, Trattato su Gesù Cristo Figlio di
Dio Salvatore, cit., 588-598.
155
Ibidem, 589.
156
ANSELMO D ' A O S T A , Cur Deus homo, I, 11, in: K . - O . OHLIG (ed.), Cristologia II. Dal
medioevo ai nostri giorni, Queriniana, Brescia n. 169.
157
Ibidem, II, 14.
CAPITOLO VII - T E M P O ORDINARIO 2(17

c) La salvezza è possibile se l'uomo restituisce a Dio l'onore che gli ha


sottratto con il peccato e dà a Dio la debita "soddisfazione": «Chiunque pecca
deve rendere a Dio l'onore che gli ha tolto: questa è la soddisfazione di cui
ogni peccatore è in debito con Dio»158. Ma questo non basta.

«Non basta restituire quanto fu tolto, ma, in compenso dell'ingiuria fatta, il


ladro deve restituire di più di quello che ha rubato. Come colui che rovina la
salute di un altro non dà a sufficienza, ridonando la salute, se non aggiunge
anche qualcosa per il dolore ingiustamente procurato; così chi lede l'onore al-
trui non ripaga a sufficienza rendendo l'onore, se non dà anche una riparazione
gradita al disonorato, per il dolore recato disonorandolo»159.

La soddisfazione deve essere adeguata.

d) Ma l'uomo, appunto perché uomo, non può dare a Dio adeguata soddi-
sfazione. L'offesa che gli ha recato, infatti, è infinita. Solo un Dio uomo può
dare a Dio adeguata soddisfazione.

«Se quindi, come è evidente, la città superna deve necessariamente essere


completata con degli uomini e questo non può accadere se prima non avviene
la soddisfazione anzidetta, che può essere compiuta soltanto da Dio e che sol-
tanto l'uomo è tenuto a dare, è necessario che la faccia un Dio-uomo»160.

«Perché dunque sia l'uomo-Dio a compiere quest'opera, è necessario che colui


che la deve compiere sia ugualmente in se stesso perfetto Dio e perfetto uomo:
non la può fare che un vero Dio e non la deve fare che un vero uomo. Come
dunque è necessario trovare, salvaguardando l'integrità delle nature, un Dio-
uomo, così non è meno necessario trovare che queste due nature si congiunga-
no in unità di persona - come l'anima ragionevole e il corpo si congiungono
nello stesso uomo - perché altrimenti non può essere che lo stesso individuo
sia perfetto Dio e perfetto uomo»161.

Ecco perché l'evento dell'incarnazione. Ecco perché Gesù Cristo. Solo un


Dio-uomo può dare a Dio adeguata soddisfazione.

e) Ma perché Gesù, Dio-uomo, muore? Perché, essendo giusto, non può


morire. La morte, libera, è quel di più che egli dà a Dio per riparare l'offesa
che l'uomo gli ha recato.

158
Ibidem,1, 11, n. 169.
159
Ibidem.
160
Ibidem.
161
Ibidem.
CAPITOLO V I I - TEMPO ORDINARIO 196

«L'uomo non può sopportare per l'onore di Dio nulla di più doloroso o difficile
che la morte in modo spontaneo e gratuito; e l'uomo non può dare se stesso a
Dio più totalmente che abbassandosi alla morte per la sua gloria»162.

f) «L'intrinseco valore di questa morte "è maggiore di infiniti mondi", supera


cioè immensamente la grandezza del peccato perché è la morte dell'uomo che
si identifica personalmente con Dio. Nella morte di Cristo abbiamo così la
redenzione e la concretizzazione di tutte le condizioni richieste dalla soddisfa-
zione perfetta: vi è la libertà, assicurata dalla libera volontà di Cristo; vi è l'im-
mensità del valore derivante dal valore della persona che agisce; vi è la gratuità
perché quella persona non è tenuta a morire. La morte di Cristo ripara i peccati
anche i più gravi, il deicidio stesso. Essa fa sentire il suo benefico influsso in
ogni tempo, anche in quello che ne precede la realizzazione storica»163.

2. Bonaventura di Bagnoregio (1217 -1274)

Ministro generale dell'ordine francescano e cardinale164. Con la sua teolo-


gia si propone di far crescere spiritualmente le anime, intensificando in esse
la carità: l'amore verso Dio, verso Cristo, verso il prossimo. Bonaventura pre-
senta Gesù Cristo come Verbo (verbum) di Dio, modello (exemplum) e centro
(medium).

a) Cristo è il Verbo (verbum) di Dio. Cristo è la parola con la quale il Padre


rivela se stesso e con la quale chiama gli esseri all'esistenza. È la parola in-
teriore che parla all'anima e le fa conoscere la verità: «Questo dunque, come
principale maestro, è principalmente da onorare, da ascoltare e da interro-
gare... Occorre interrogare questo maestro intorno alle cose che riguardano
la scienza, la disciplina e la bontà»165. Cristo è la parola di Dio che si è fatto
carne, che è diventato parola umile, ma potente, parola salvifica, che toglie
l'uomo dalle tenebre del peccato e lo conduce alla luce della grazia e alla
speranza della vita eterna, e che porta all'ultimo compimento l'opera che Dio
aveva iniziato con la creazione del mondo.

«E così, quando la nostra mente contempla Cristo, Figlio di Dio, che è per
natura l'immagine di Dio invisibile, la nostra umanità tanto mirabilmente esal-
tata, tanto ineffabilmente unita, vedendo riuniti, in una sola persona, il primo

162
Ibidem.
163
B. MONDIN, Gesù Cristo salvatore dell'uomo. Cristologia storica e sistematica, cit., 189.
164
Cfr. M . GRONCHI, Trattato su Gesù Cristo Figlio di Dio Salvatore, cit., 624-631.
165
BONAVENTURA D I BAGNOREGIO, Sermo I V , 20ss.
CAPITOLO V I I - T E M P O ORDINARIO 206

e l'ultimo, il sommo e l'infimo, il centro e la circonferenza, l'alfa e l'omega,


la causa e l'effetto, il Creatore e la creatura, il libro scritto dentro e fuori, è ar-
rivata già ad un certo stato di perfezione, affinché con Dio raggiunga nel sesto
grado, come nel sesto giorno, il compimento delle sue illuminazioni, né le resta
altro che il giorno del riposo, in cui, per via dell'estasi mentale, l'acume della
nostra mente si acquieta, libera da ogni fatica compiuta»166.

b) Cristo è sommo modello (exemplum) nell'ordine dell'essere. Tutte le cose


derivano da lui. In lui si trovano scritte le immagini ideali di tutte le cose.

«Il Verbo, dunque, esprime il Padre e le cose che sono state fatte attraverso di
lui, e principalmente ci riconduce all'unità con il Padre. Pertanto egli è il legno
della vita, poiché attraverso questo medio ritorniamo e siamo vivificati nella
fonte della vita... (Cristo) è il medio che permette il conoscere, cioè egli è la
verità ed essa è il legno della vita... Questo è il medio metafisico che riconduce
(a Dio) e questa è tutta la nostra metafisica: l'emanazione, l'esemplarità, la
consumazione, cioè venire illuminati dai raggi spirituali ed essere ricondotti
al sommo»167.

Cristo è sommo modello anche nell'ordine dell'agire. La sua passione e la


sua risurrezione hanno valore esemplare.

«La passione ci eccita all'amore ed inoltre ci suggerisce come dobbiamo mo-


rire al peccato; così essa funge da esempio che ci stimola e da modello che ci
guida168... Analogamente la risurrezione svolge la funzione di esempio che
stimola e da modello che guida: ci stimola alla giustizia, per acquistare quella
gloria che noi sappiamo che Cristo possiede già in virtù della sua risurrezione,
vale a dire quel tipo di corporeità che egli manifestava (agli apostoli) dopo la
sua risurrezione. E ci guida, in quanto ci fa camminare secondo il suo modello,
in conformità ad una vita nuova, come dice san Paolo ai Romani (6,4)»169.

166
IDEM, Itinerarium mentis in Deum, V I , 7 , in: ORLANDO TODISCO, Opere di san Bonaven-
tura. Opuscoli teologici 1, Città Nuova, Roma 1993,563.
167
IDEM, Collazioni sull'Exameron 1, 17, in: P. MARANESI, Opere di san Bonaventura. Ser-
moni teologici 1, Città Nuova, Roma 1994, 57-58.
168
Alla passione Bonaventura dedica pagine intense e forti. Rivolgendosi all'anima fedele,
dice: «Entra interamente per la porta del costato fino al cuore dello stesso Gesù; lì trasformata
in Cristo da amore ardentissimo verso il Crocifisso, confitta dai chiodi del timore divino, trafitta
dalla lancia di una cordialissima devozione, trapassata dalla spada di intima compassione, non
cercare altro, non domandare nessun'altra consolazione, se non di morire in croce con Cristo.
Ora esclama con le parole di Paolo apostolo: Sono stato crocifisso con Cristo; non sono più io
che vivo, ma Cristo vive in me» (IDEM, La vita perfetta V I , 2, in: A . CALUFETTI, Opere di san
Bonaventura. Opuscoli spirituali, Città Nuova, Roma 1992,359).
169
IDEM, Commento alle Sentenze d. 19, a. 1, q. 1. «Bonaventura focalizza la propria at-
tenzione sull'immagine del Cristo crocifisso, limitandosi ad attribuire un valore esemplare alla
CAPITOLO V I I - T E M P O ORDINARIO 2(17

c) Cristo è il centro.

«Chiamando Cristo centrum Bonaventura intende affermare la sua posizione


centrale rispetto a tutto l'universo, fisico, spirituale e storico. Egli è in posi-
zione centrale rispetto a tutte le creature e a tutti gli eventi. La parola centrum
applicata a Cristo riassume da sola tutto ciò che Bonaventura vuol dire circa
i rapporti di Cristo con l'universo creato e con l'universo di Dio, e quindi
vuol significare che egli è il punto medio, la misura, il centro di significa-
to, il legame che tutto abbraccia e tutto conserva, quell'unità che mantiene
la molteplicità, la unifica pur lasciandola molteplice e le conferisce un senso
profondamente unitario»170.

3. Tommaso d'Aquino (1225 -1274)

Discepolo di Alberto Magno, frate domenicano, dottore della Chiesa171.

«Tommaso è anzitutto e soprattutto un cristologo. La sua meditazione è essen-


zialmente cristocentrica: Cristo è il mediatore tra Dio e l'uomo; egli è la via, la
verità, la vita, che Dio ha mandato all'uomo affinché l'uomo potesse diventare
Dio»172.

Tommaso espone la sua cristologia nella Summa theologiae (III, qq.


1-59).

«Anzitutto l'attenzione si porta sulla figura del Salvatore: sull'unione iposta-


tica (q. 2), sulla persona del Verbo (q. 3) e, specialmente, sui tratti principali
della natura umana (q. 4-15). Successivamente vengono studiate le conseguen-
ze di questa unione misteriosa, prima quelle riguardanti Cristo stesso, il suo
essere, il suo volere e operare (q. 16-19), e il suo rapporto con il Padre (q. 20-
24); poi le conseguenze per la nostra salvezza, vale a dire tutti i misteri della
vita di Cristo, dalla nascita alla passione e morte (q. 27-52), dalla risurrezione
alla parusia (q. 53-59)»173.

risurrezione, non adeguatamente apprezzata nella sua dimensione soteriologica» ( M . GRONCHI,


Trattato su Gesù Cristo Figlio di Dio salvatore, cit., 629).
170
B . M O N D I N , Gesù Cristo, salvatore dell'uomo. Cristologia storica e sistematica, cit.,
193.
171
Cfr. A. CONTRI, Gesù Cristo Figlio di Dio e Salvatore. Saggio di cristologia patristico-
storica e teologico-sistematica, cit., 1 0 6 - 1 0 8 ; M . GRONCHI, Trattato su Gesù Cristo Figlio di
Dio Salvatore, cit., 6 3 1 - 6 4 9 .
172
B . M O N D I N , Gesù Cristo, salvatore dell'uomo. Cristologia storica e sistematica, cit.,
196.
173
C. PORRO, Gesù il Salvatore. Iniziazione alla cristologia, cit., 89.
JMjCAPlTQtoVH^^

Due misteri, in particolare, sono al centro della riflessione di Tommaso:


l'incarnazione (il perché e il come) e la passione di Gesù (chi ha patito? e
perché ha patito?).

a) Il perché dell'incarnazione. Solo ragioni di convenienza, e non di ne-


cessità, spiegano l'incarnazione del Figlio di Dio. Tra le ragioni c ' è quella
della riparazione del peccato.

«Alcuni dicono che il Figlio di Dio si sarebbe incarnato, anche se l'uomo non
avesse peccato. Altri invece affermano il contrario. Quest'ultima opinione pare
che sia da preferirsi. Le cose infatti che dipendono dalla sola volontà di Dio, al
di sopra di tutto ciò che è dovuto alle creature, non possono esserci note se non
attraverso la Sacra Scrittura, nella quale la volontà divina viene manifestata.
Perciò, siccome nella Sacra Scrittura il motivo dell'incarnazione viene sempre
desunto dal peccato del primo uomo, è meglio dire che l'opera dell'incarna-
zione è stata disposta da Dio a rimedio del peccato, di modo che, non esistendo
il peccato, non ci sarebbe stata l'incarnazione. La potenza di Dio però non è
coartata entro questi termini: Dio infatti avrebbe potuto incarnarsi, anche se
non ci fosse stato il peccato»174.

b) Il come dell'incarnazione,

«i rapporti cioè tra il Verbum e il caro, ossia tra la seconda persona della Trinità
e l'umanità assunta dal seno della vergine Maria. Fedele alla definizione calce-
donese Tommaso spiega i rapporti con i termini dell'unica persona, quella del
Verbo, e le due nature integre ed inconfuse, e tuttavia sostanzialmente unite, la
natura divina e la natura umana»175.

Tommaso prima presenta

«Cristo come un tutto sintetico e indiviso, poi passa all'analisi delle diverse
componenti (qq. 3-15). Da questo punto di vista si può parlare di una obiettiva
vicinanza del discorso dell'Aquinate a prospettive di tipo alessandrino nella
lettura globale del Verbo incarnato: l'accento è messo sull'unità del Logos dive-
nuto carne, sul profondo legame esistente tra le diverse dimensioni del mistero
del Figlio di Dio fatto uomo. L'osservazione è confermata da quella concezione
tipicamente tomista, che vede l'umanità di Cristo come "instrumentum" (orga-
non) della divinità: il Verbo di Dio opera onnipotentemente ed efficacemente la
nostra salvezza mediante V instrumentum coniunctum costituito dalla dimensio-
ne umana dell'uomo Gesù, dalla realtà della sua natura umana»176.

174
Summa theologiae, I I I , q. L,a.3.
TOMMASO D ' A Q U I N O ,
175
B. MONDIN, Gesù Cristo salvatore dell'uomo. Cristologia sistematica e storica, cit., 198.
176
M. SERENTHÀ, Gesù Cristo Ieri Oggi e sempre. Saggio di cristologia, cit., 272.
CAPITOLO V I I - T E M P O ORDINARIO 209

Gesù, unica persona in due nature, ha la scienza beatifica:


«ciò che è in potenza, passa all'atto per mezzo di ciò che è in atto: bisogna che
sia caldo ciò che scalda le altre cose. Ora, l'uomo è in potenza alla scienza dei
beati che consiste nella visione di Dio ed è destinato ad essa come a suo fine,
essendo la creatura razionale, fatta com'è a immagine di Dio, capace di quel-
la conoscenza beata. Ma gli uomini giungono a questo fine della felicità per
mezzo dell'umanità di Cristo, secondo il testo paolino: "Era giusto che colui
per il quale e dal quale sono state create tutte le cose, avendo condotto alla
gloria molti figli, elevasse alla perfezione con le sofferenze l'autore della loro
salvezza" (Eb 2,10). Perciò era necessario che la conoscenza consistente nella
visione di Dio fosse in Cristo nella maniera più eccellente, perché la causa
deve sempre superare l'effetto»177.

Gesù ha la scienza infusa:


«bisogna ammettere in Cristo una scienza infusa, avendo il Verbo di Dio co-
municato all'anima umana di Cristo unita a sé ipostaticamente tutte le spe-
cie intelligibili a cui l'intelletto possibile è in potenza, così come agli inizi
della creazione, secondo la spiegazione di S. Agostino, il Verbo di Dio im-
presse negli angeli le specie intelligibili. Perciò, come negli angeli, per usare
le espressioni del Santo, si ammette una duplice scienza, quella "mattutina",
con la quale conoscono le cose nel Verbo, e quella "vespertina", con la quale
conoscono le cose nella loro natura per mezzo di specie infuse, così oltre la
scienza divina increata, c'è nell'anima di Cristo la scienza beata, con la quale
conosce il Verbo e le cose nel Verbo, e la scienza infusa con la quale conosce
le cose nella loro natura per mezzo di specie intelligibili proporzionate alla
mente umana»178.

Gesù ha la scienza sperimentale-acquisita:


«Perciò, sebbene altrove io abbia scritto diversamente, bisogna riconoscere in
Cristo la scienza acquisita. Essa è una scienza commisurata esattamente all'uo-
mo, non solo per parte del soggetto ricevente, ma anche per parte della causa
efficiente, ponendosi tale scienza in Cristo per il lume dell'intelletto agente,
che è connaturale alla natura umana. Invece la scienza infusa c'è nell'anima
umana per un lume calato dall'alto, ed è un modo di conoscere proprio della
natura angelica. La scienza beatifica poi, che consente la visione della stessa
essenza divina, è propria e connaturale a Dio soltanto»179.

«L'incarnazione "miracolo di tutti i miracoli" comporta per il Cristo uno stato


di perfezione singolarissimo: non solo perché la sua natura è esente da ogni

TOMMASO d'AQUINO, Summa theologiae, III, q. 9, a. 2.


Ibidem, III, q. 9, a. 3.
Ibidem, III, q. 9, a. 4.
2 1 <1 CAPITOLO V I I - T E M P O ORDINARIO

macchia di peccato, ma anche e soprattutto perché è quella che ha ricevu-


to la più grande delle grazie ipotizzabili, la grazia dell'unione ipostatica con
la divinità (di cui diviene strumento congiunto); perciò in Gesù Cristo ci fu
la pienezza della grazia. Innanzi tutto perché fin dal primo istante della sua
esistenza egli era vicinissimo a Dio, principio della grazia, essendo a Dio ipo-
staticamente unito, poi, perché doveva essere principio della grazia per tutti
noi, infine perché la sua grazia si estende a tutti gli effetti della grazia, quali i
doni, le virtù, i carismi. Inoltre, la pienezza della grazia è propria ed esclusiva
di Gesù Cristo, perché egli la ebbe nella massima eccellenza e nella massima
estensione degli effetti che le spettano»180.

g) Il secondo mistero che Tommaso prende in considerazione, in modo


particolare, è la passione di Gesù. "Chi ha patito?". Questa la prima domanda.
E questa la risposta:
«Come abbiamo già visto, l'unione delle due nature, umana e divina, è av-
venuta nella persona, ossia nell'ipostasi o supposito, restando la distinzione
delle nature: cosicché pur restando salve le proprietà delle nature, identica è
la persona, o ipostasi, della natura umana e di quella divina. Ecco perché, se-
condo le spiegazioni date sopra, si deve attribuire la passione a un supposito
di natura divina, non in forza della divinità, la quale è impassibile, ma della
natura umana. Di qui le parole di S. Cirillo: "Se uno si rifiuta di confessare che
il Verbo di Dio ha sofferto ed è stato crocifisso nella carne, sia scomunicato".
Perciò la passione di Cristo va attribuita al supposito di natura divina, ma in
forza della passibile natura umana che assunse, non già in forza della natura
divina impassibile»181.

h) "Perché ha patito?". Questa la seconda domanda. E questa la risposta:


per riparare le nostre colpe e per dare un buon esempio agli uomini, soprattut-
to a coloro che soffrono.
«La redenzione dell'uomo mediante la passione di Cristo era consona sia alla
misericordia che alla giustizia di Dio. Alla giustizia, perché Cristo con la sua
passione riparò il peccato del genere umano: e quindi l'uomo fu liberato dal-
la giustizia di Cristo. Alla misericordia, perché non essendo l'uomo, di per
sé, in grado di soddisfare per il peccato di tutta la natura umana, come sopra
abbiamo visto, Dio gli concesse quale riparatore il proprio Figlio... E ciò fu
un atto di maggiore misericordia che il condono dei peccati senza nessuna
soddisfazione»182.

180
B . MONDIN, Gesù Cristo salvatore dell'uomo. Cristologia storica e sistematica, cit.,
199-200. Cfr. TOMMASO D ' A Q U I N O , Summa theologiae, I I I , q. 7 , aa. 9 - 1 2 .
181
Ibidem, III, q. 46, a. 12.
182
Ibidem, III, q. 46, 1 ad 3
CAPITOLO.VII - T E M P O ORDINARIO 211

«Ora, la passione di Cristo, oltre a redimere l'uomo dal peccato, ha procurato


molti vantaggi per la salvezza dell'umanità. Primo, perché da essa l'uomo vie-
ne a conoscere quanto Dio lo ami, e viene indotto a riamarlo: e in tale amore
consiste la perfezione dell'umana salvezza... Secondo, perché con la passione
Cristo ci ha dato l'esempio di obbedienza, di umiltà, di costanza, di giustizia
e di tutte le altre virtù, che sono indispensabili per la nostra salvezza... Terzo,
perché Cristo con la sua passione non solo ha redento l'uomo dal peccato, ma
gli ha meritato la grazia giustificante e la gloria della beatitudine... Quarto,
perché mediante la passione è derivata all'uomo un'esigenza più forte di con-
servarsi immune dal peccato... Quinto, perché con essa fu meglio rispettata la
dignità dell'uomo: in modo cioè che, come era stato l'uomo ad essere inganna-
to dal demonio, così fosse un uomo a vincerlo; e come un uomo aveva meritato
la morte, così fosse un uomo a vincere la morte col subirla»183.

i) «La passione... è il momento salvifico per eccellenza, in cui Cristo, per amore
verso il Padre e verso di noi, ci redime. In realtà, diversamente da quanto pen-
seremmo, la morte - intesa come il momento del passaggio all'altra riva - e
la risurrezione nella IIF Pars non occupano un posto così centrale, e questo
perché, secondo Tommaso, non sono causa meritoria della salvezza»184.

4. Giovanni Duns Scoto (1265 ca -1308)

Francescano scozzese, maestro all'università di Parigi185. Chiamato "Dot-


tore dell'Ordine", "Dottore Sottile" e "Dottore Mariano". Maestro e guida
della Scuola Francescana, luce ed esempio a tutto il popolo cristiano.

a) Giovanni Duns Scoto, come Anselmo d'Aosta e come Tommaso


d'Aquino, si interroga sul perché dell'incarnazione.

«Duns Scoto non esita a sostenere che Cristo si sarebbe incarnato anche se
Adamo non avesse peccato. Il suo ragionamento... assume radicalmente la
prospettiva della libertà divina rispetto ad ogni condizione posta dall'esterno.
In contrapposizione alla tesi del "sacrificio infinito" di Cristo, necessario se-
condo Anselmo di Canterbury, come pure al motivo primario dell'incarnazione

183
Ibidem, III, q. 46,3.
184
C. PORRO, Gesù il Salvatore. Iniziazione alla cristologia, cit., 91-92. Tommaso dedica la
q. 56, a. 1-2 alla risurrezione di Cristo e la presenta come causa efficiente ed esemplare della
risurrezione e della glorificazione di ogni uomo.
185
Cfr. A. CONTRI, Gesù Cristo Figlio di Dio e Salvatore. Saggio di cristologia patristico-
storica e teologico-sistematica, cit., 1 0 8 - 1 0 9 ; M . GRONCHI, Trattato su Gesù Cristo Figlio di Dio
Salvatore, cit., 6 3 7 - 6 4 2 ; BENEDETTO X V I , Lettera apostolica al Congresso Internazionale di Co-
lonia in occasione del VII centenario della morte del beato Giovanni Duns Scoto, 2 8 . 1 0 . 2 0 0 8 .
di Bonaventura e di Tommaso circa la riparazione del peccato, Giovanni Duns
Scoto pensa alla creazione di Dio in Cristo, nel cui progetto originario affonda
l'eterna ed incondizionata predestinazione del Figlio a farsi uomo. Solo la sof-
ferenza della passione e della morte di Cristo sono conseguenza del peccato,
non la sua venuta nella carne. La ragione è soltanto una: l'amore libero ed
assoluto di Dio - anzitutto per se stesso, e dunque capace di orientare a sé tutte
le cose - , che non lega la sua somma opera a qualcosa di esterno a sé, come il
peccato dell'umanità. Infatti, scrive Scoto: "Se il peccato fosse la causa della
predestinazione di Cristo, si dovrebbe concludere che la più grande opera sa-
rebbe dipesa da un'occasione contingente"»186.

b) «L'essere di Cristo Verbo incarnato non dipende dal peccato del mondo e nep-
pure dalla perfezione dell'umanità in quanto creazione di Dio. Scoto arriva a
dire che Gesù Cristo come opera di Dio "ad extra" ci sarebbe stato anche se
non fosse stata chiamata all'esistenza alcuna creatura. Nel suo pensiero tutto
ruota intorno al "Primo" e al "Perno", per il quale e nel quale nel disegno di
Dio tutto il resto esiste, è redento, e ha un motivo di speranza eterna»187.

9. D A L X V A L X I X S E C O L O

La cristologia moderna copre un lungo arco di tempo che va dal XV al XIX


secolo. È il tempo dei riformatori (M. Lutero, G. Calvino ed altri), del concilio
di Trento e della secolarizzazione della cristologia. I temi che impegnano la
riflessione cristologica moderna sono quelli della giustificazione e della se-
colarizzazione: «un atteggiamento intellettuale ed un comportamento vissuto
che esclude (metodologicamente) qualsiasi riferimento a Dio (etsi Deus non
daretur), alla Chiesa, alla fede, al Vangelo»188.

1. Martin Lutero (1483 -1546)

Monaco agostiniano di profonda religiosità189. Il suo pensiero e la sua ope-


ra costituiscono «l'inizio di una vera e propria rivoluzione religiosa, politica
e culturale nel mondo occidentale moderno» 190 . Rivoluzione che investe e tra-

186
M. GRONCHI,Trattato su Gesù Cristo Figlio di Dio Salvatore, cit., 638.
187
G . IAMMARRONE, Gesù di Nazaret messìa del regno e Figlio di Dio. Lineamenti di cristo-
logia, Messaggero, Padova 1 9 9 5 , 1 9 6 .
188
B . MONDIN, Gesù Cristo salvatore dell'uomo. Cristologia storica e sistematica, cit., 2 2 4 .
189
Cfr. A. CONTRI, Gesù Cristo Figlio di Dio e Salvatore. Saggio di cristologiapatristico-
storica e teologico-sistematica, cit., 1 1 0 - 1 1 2 ; M . GRONCHI, Trattato su Gesù Cristo Figlio di
Dio Salvatore, cit., 674-686.
190
Ibidem, 61 A.
CAPITOLO V I 1 - TEMPO ORDINARIO 2 ì 3.

volge uomini ed istituzioni; introduce un nuovo modo di pensare Dio, l'uomo,


la Chiesa, il mondo e segna una svolta nella teologia. Per Lutero tutto ruota in-
torno al principio della giustificazione. Alla «teologia della gloria» che inten-
de penetrare nelle perfezioni invisibili di Dio attraverso i segni di esse presenti
nella creazione, egli contrappone la «teologia della croce»191: il vero volto di
Dio si mostra nella croce di Cristo. Questa in sintesi la sua cristologia.

a) Lutero sottolinea ciò che Cristo ha fatto "per me".

«Io credo che Gesù Cristo il vero Figlio di Dio è diventato mio Signore. Ma
cosa significa diventare un Signore? Significa che egli mi ha redento dal pec-
cato, dal demonio, dalla morte e da ogni sventura. Poiché prima io non ho avu-
to alcun signore né alcun re ma sono stato prigioniero della forza del demonio,
condannato alla morte, irretito nel peccato e nella cecità... Venne il demonio e
ci portò alla disobbedienza, al peccato, alla morte e a ogni infelicità cosicché
noi giacevamo nella sua ira e disgrazia condannati alla dannazione eterna come
avevamo meritato. Non c'era nessun rimedio, nessun aiuto né consolazione
fino a che quest'unico ed eterno Figlio di Dio si impietosì a motivo della sua
insondabile bontà del nostro lamento e della nostra miseria e venne dal cielo
in nostro aiuto. Quindi ora quei tiranni e aguzzini sono stati cacciati e al loro
posto è subentrato Gesù Cristo, un Signore della vita, della giustizia, di ogni
bene e felicità e ha strappato, vinto, liberato noi poveri uomini perduti dalla
lucida vendetta e ci ha riportati nella misericordia e nella grazia del Padre e
ci ha presi come sua proprietà sotto la sua protezione cosicché egli ci governa
attraverso la sua giustizia, sapienza, forza, vita e sangue. Questa sia dunque la
summa di questo articolo che la parolina Signore semplicissimamente signifi-
chi tanto quanto un redentore il quale cioè ci ha portato dal diavolo a Dio, dalla
morte alla vita, dal peccato alla giustizia e ci mantiene in essa. Le parti che
succedono una dopo l'altra in questo articolo non fanno altro che chiarire tale
redenzione e esprimere come e in che modo essa è avvenuta, cioè che cosa gli è
costata e quanto ha impiegato e che cosa ha osato per conquistarci, trasportarci,
nella sua signoria. E cioè che egli è diventato uomo dallo Spirito Santo e dalla
Vergine, concepito senza alcun peccato e generato affinché operasse per me la
soddisfazione e pagasse il debito che io avevo contratto non con argento o oro
ma con il suo proprio sangue prezioso. E tutto ciò affinché egli divenisse mio
Signore. Poiché egli non ha fatto nulla né ha avuto bisogno di nulla per sé»192.

b) «Tu devi credere che il Cristo con tutti i suoi beni, la sua giustizia, pietà, san-
tità, ecc., è tuo. E devi ritenerlo come colui che ha preso su di sé i tuoi peccati

191
Cfr. J. MOLTMANN, Il Dio crocifisso, Queriniana, Brescia 1973, 229-322; M. F L I C K - Z .
ALSZEGHY, Il mistero della croce, cit., 158-162.
192
M . LUTERO, Il Grande Catechismo, in: K . - O . OHLIG (ed.), Cristologia I I . Dal medioevo
ai nostri giorni, cit., n. 194.
|4 CAPI J O L O V ! ! - T E M PO ORDINARIO

e li ha distrutti e ti ha riconciliato con il Padre e si prende cura in tutto di te.


Perciò in nessun modo tu devi osare di presentarti davanti a Dio con le tue
forze o con le tue opere, poiché tra Dio e l'uomo non vi nient'altro che ira e
inimicizia. Perciò tu devi avere un mediatore, sul quale Dio ha posto la sua
giustizia e la sua misericordia: su lui tu devi gettare i tuoi peccati, cosicché i
peccati vengano inghiottiti dalla giustizia. Questo mediatore è il Cristo, e se
non viene egli stesso a prendere su di sé i nostri peccati, non saremo giammai
giustificati, poiché Dio vuole che i suoi comandi siano da noi adempiuti e
osservati, e non si tralasci neppure quello della misura della larghezza di un
capello, ma nessuno riesce ad adempiere questa legge: lo può però Cristo in cui
egli crede»193.

c) Lutero confessa la sua fede nella certezza della salvezza a motivo della
soddisfazione realizzata sulla croce.

«Così ora abbiamo detto a sufficienza che le nostre opere non sono nulla per
Dio, e poiché non siamo capaci di adempiere nemmeno il più piccolo coman-
damento in un'azione, tanto meno possiamo soddisfare alla sua giustizia, così
da diventare degni della sua grazia. Inoltre, anche se noi fossimo già così forti
da sostenere tutti i suoi oltraggi e di soddisfare in ogni modo la sua giustizia,
non saremmo ancora perciò degni della sua grazia e santità, ed egli non sa-
rebbe obbligato a darcele, ma potrebbe esigere tutto ciò come servizio dovuto
da parte della sua creatura, che è obbligata a servirlo. Ma ciò che egli dà in
sovrappiù è pura grazia e misericordia... Perciò Dio ci ha dato anzitutto un
uomo che per noi tutti soddisfa la giustizia divina in tutto... Nel suo sangue ha
operato la soddisfazione della nostra persona e per noi è diventato un trono di
grazia, presso il quale noi riceviamo entrambe, perdono e grazia, senza prezzo
né fatica da parte nostra, ma non senza prezzo e fatica da parte di Cristo. Perciò
dobbiamo rifugiarci sotto queste ali di chioccia e non scappar via nell'arro-
ganza della propria fede, altrimenti il nibbio ci divorerà in un baleno. Non
è possibile che la nostra beatitudine si fondi sulla nostra giustizia ma, come
spesso ho detto, sulla giustizia propria di Cristo che si stende su di noi come
una tenda e come delle ali. Poiché la nostra fede e tutto ciò che noi possiamo
avere da Dio non è sufficiente, anzi è depravato, mettiti dunque sotto le ali di
questa chioccia e credi fermamente che non noi ma Cristo può soddisfare e ha
soddisfatto per noi la giustizia di Dio, e non a motivo della nostra fede ma a
motivo di Cristo ci viene data la grazia e la beatitudine, cosicché si riconosca in
ogni luogo che ogni grazia di Dio ci è promessa, conquistata e donata in Cristo
e per mezzo di Cristo»194.

d) Lutero sottolinea la necessità di conoscere Cristo e Cristo crocifisso.

193
IDEM, Prediche su Giovanni, n. 25, in: Ibidem, cit., n. 199.
194
IDEM, Sull'epistola della prima messa di Natale, Tit 3,4-7, in: Ibidem, n. 195.
CAPITOLO V I I - T E M P O ORDINARIO 215

«Dunque, mio caro fratello, impara a conoscere Cristo e (cioè) a conoscerlo


come il crocifisso; impara a lodarlo e a parlargli (così) quando sei preso in
te stesso dal dubbio: Tu, Signore Gesù, sei la mia giustizia, io invece sono
il tuo peccato; tu hai preso ciò che è mio e mi hai dato ciò che è tuo; tu hai
preso ciò che non eri, e mi hai dato ciò che io non ero. Per questo egli sceso
dal cielo, dove egli abita tra i giusti, affinché egli d'ora in poi abiti in (noi)
peccatori»195.

e) Lutero afferma che Gesù è una sola persona.

«Questo Cristo, quindi, Figlio di Dio e figlio della Vergine Maria, è una sola
persona, la quale assunse su di sé i nostri peccati, attirò su di sé l'ira di Dio
causata dai nostri peccati, intercedette presso il Padre suo, e per mezzo del qua-
le il Padre ci perdona i peccati e ci dona la vita eterna. Presso di lui poniamo
dunque il nostro rifugio»196.

f) «La cristologia di Lutero è eminentemente staurocentrica; lo era già anche


quella di Tommaso; ma in Lutero lo diviene in modo ancora più perentorio ed
esclusivo. Infatti la concentrazione sul mistero della croce è così accentuata
che porta Lutero a trascurare tutti gli altri misteri della persona e della vita di
Cristo, e tende ad interpretare la stessa creazione in funzione della redenzione:
solo nella croce infatti è storicamente rivelato ciò che Dio ha stabilito dalla
eternità per gli eletti. E dunque sempre e solo a partire dalla croce storica di
Cristo che si pone attenzione anche alla questione del Cristo preesistente e
creatore; anzi proprio la storia di Gesù Cristo, che muore una volta per sempre
sulla croce, consente a Lutero di spingere il suo sguardo fino a contemplare il
mistero eterno di Cristo, che, agli occhi del Padre, è in croce dall'eternità»197.

2. Giovanni Calvino (1509-1564)

«Riformatore franco-svizzero... che, ispirato alla testimonianza biblica su Cri-


sto, si impegna a dimostrarne le conseguenti necessità storico-salvifiche, e la
cui azione si traduce in una vera e propria organizzazione politico-religiosa
della città di Ginevra»198.

Autore di Instìtutiones religionis christìanae, esposizione articolata e com-


pleta di tutta la dottrina cristiana. Questa, in sintesi, la sua cristologia 199 .

195
IDEM, Lettera a Giorgio Spenlein, in: Ibidem, n. 200.
196
IDEM, Enarratio LUI capitis Isaiae, in: Ibidem, n. 203.
197
B. M O N D I N , Gesù Cristo salvatore dell'uomo. Cristologia storica e sistematica, cit., 218-
219.
198
M. GRONCHI, Trattato su Gesù Cristo Figlio di Dio Salvatore, cit., 689.
199
Cfr. Ibidem, 689-692.
21 <1 CAPITOLO V I I - T E M P O ORDINARIO

a) Punto fondamentale della sua riflessione è il principio della giustifica-


zione, intesa come predestinazione:

«Chiamiamo predestinazione l'eterno decreto di Dio, per mezzo del quale egli
ha in se stesso deciso ciò che vuole che accada per ogni uomo. Cioè non tutti
vengono creati nelle stesse condizioni, ma uno viene predestinato per la vita
eterna, un altro per la dannazione eterna... Noi affermiamo ciò che la Scrittura
mostra chiaramente: nella sua eterna e immutabile decisione Dio ha stabilito
una volta per sempre chi egli vuole destinare ad essere accolto nella salvezza
e chi, invece, alla perdizione. Questa decisione riguardante gli eletti - sot-
tolineiamo noi - è fondata sulla misericordia accordata gratuitamente, senza
riguardo al fatto che l'uomo ne sia degno; coloro, invece, che egli destina alla
dannazione, a costoro è interdetto l'accesso alla vita attraverso - diciamo così
- il suo giudizio, certamente giusto e integro, ma incomprensibile»200.

b) Presupposta la insondabile predestinazione da parte di Dio, il ruolo di


Cristo viene descritto come soddisfazione per noi sulla croce.

«Da dove può dunque provenire la grazia se non dal fatto che Dio guarda noi e
le nostre opere per riguardo a Cristo? In questo modo anche noi stessi, quando
siamo stati innestati in Cristo, sembriamo come giusti davanti a Dio per il fatto
che per mezzo della sua (di Cristo) innocenza i nostri peccati vengono rico-
perti; così anche le nostre opere sono giuste e vengono ritenute (come giuste),
poiché, attraverso la purezza di Cristo, ciò che in esse è sbagliato viene coperto
e non viene imputato. Perciò possiamo a ragione affermare: non solo noi, ma
anche le nostre opere vengono giustificate attraverso la sola fede (sola fide non
tantum nos sed opera etìam nostra iustificari)»201.

«La soddisfazione redentiva di Cristo, operata in perfetta obbedienza a Dio,


consiste sostanzialmente nell'atto giuridico della non imputazione della col-
pa all'uomo peccatore, le cui stesse opere vengono giustificate per la sola
fede»202.

c) Calvino presenta Cristo come unico rivelatore del Padre:


«Infatti la maestà di Dio è troppo alta, per ammettere che gli uomini mortali
possano giungervi, visto che essi strisciano sulla terra come vermi. Per questo
faccio mio il detto comune, secondo cui Dio è l'oggetto della fede, purché si
aggiunga questa correzione ("per il tramite di Gesù Cristo"); poiché non è
per nulla che Gesù Cristo è chiamato immagine del Dio invisibile (Col 1,15).

200
G. CALVINO, Instìtutiones religionìs christianae, III, 21, 5. 7, in: K . - O . OHLIG (ed.), Cri-
stologia II. Dal medioevo ai nostri giorni, cit., n. 206, 683.686.
201
Ibidem, III, 17,10, in: Ibidem, n. 207,597.
202
M. GRONCHI, Trattato su Gesù Cristo Figlio di Dio Salvatore, cit., 690.
CAPITOLO V I I - T E M P O

Mediante questo titolo siamo avvertiti che se il Padre non si presenta a noi per
mezzo del Figlio, egli non può essere conosciuto in modo salutare»203.

d) Calvino si occupa della necessità di Cristo come salvatore e mediatore.


L'unica ragione dell'incarnazione è la redenzione dell'uomo: «è cosa nota
perché egli è stato promesso sin dall'inizio: vale a dire per restaurare il mondo
che era caduto in rovina e per soccorrere gli uomini che vi erano perduti»204.

«Se noi pensiamo all'importanza dell'ufficio di mediatore: ossia di restituirci


talmente in grazia di Dio da diventare suoi figli ed eredi del suo regno, anzi-
ché restare nella linea maledetta di Adamo e destinati all'inferno, dobbiamo
domandarci: Chi avrebbe potuto fare questo, se il Figlio stesso di Dio non si
fosse fatto uomo e non avesse preso talmente del nostro e allo stesso tempo
comunicato ciò che è suo, facendo nostro per grazia ciò che è suo per natura?...
In breve, se (Gesù) fosse solo divino, non avrebbe potuto subire la morte, men-
tre se fosse solo uomo non avrebbe potuto vincerla; egli unì la natura umana
con quella divina di modo che per espiare il peccato egli potesse sottoporre la
debolezza dell'una alla morte; mentre lottando contro la morte con il potere
dell'altra, conseguisse la vittoria per noi»205.

e) Sul titolo di mediatore, Calvino fonda il domma dell'unicità della per-


sona divina di Cristo nella dualità delle nature.

«Colui che era Figlio di Dio è diventato figlio dell'uomo, non mediante con-
fusione di sostanza ma mediante l'unità della natura; vale a dire ha unito la
sua divinità con l'umanità che ha assunto, in tal modo che ciascuna natura ha
conservato le sue proprietà. E tuttavia Gesù Cristo non ha due persone distinte
ma una sola»206.

Cristo è mediatore soprattutto con la sua passione, morte, risurrezione, di-


scesa agli inferi e risurrezione:

«Nella sua morte abbiamo il compimento perfetto della salvezza, perché attra-
verso di essa noi veniamo riconciliati con Dio, viene soddisfatto il suo giusto
giudizio, rimossa la maledizione e la pena viene completamente espiata. Tutta-
via, di noi si dice che "siamo stati generati... per una viva speranza" (lPt 1,3).
Infatti, come lui, risorgendo, uscì vittorioso dalla morte, così la vittoria della
nostra fede sulla morte sta soltanto nella sua risurrezione»207.

203
G . CALVINO, Institutiones religionis christianae, II, 6 , 4 .
204
Ibidem, II, 12,4.
205
Ibidem.
206
Ibidem, II, 14, 1.
207
Ibidem, I I , 1 6 , 1 3 .
CAPITOLO VII - T E M P O ORDINARIO 2(17

f) In forza della sua mirabile opera di sommo sacerdote, di profeta e di re,


Cristo "diviene nostro", ci unisce a sé, ci rende partecipi dei suoi doni e quindi
della giustizia imputata.

«Io confesso che noi rendiamo superfluo un simile bene incomparabile (l'eter-
na giustizia di Dio), finché Cristo non diviene nostro (donec Chrìstus noster
fiat). Questa unione, dunque, del capo e delle membra, l'inabitazione di Cristo
nei nostri cuori, l'unione mistica (mystica unìo), infine, viene da noi collocata
al più alto livello, affinché Cristo, quando è divenuto nostro, ci faccia partecipi
dei doni con i quali egli è stato ricolmato. Pertanto noi, affinché la sua giustizia
ci venga imputata, non guardiamo verso di lui come fuori di noi e da lontano;
bensì, poiché ci siamo rivestiti di lui, siamo anche innestati nel suo corpo ed
egli, infine, ci ha resi degni di diventare una cosa sola con lui; perciò ci gloria-
mo di partecipare insieme alla sua giustizia»208.

3. Il concilio di Trento

Per contrastare la "rivoluzione" dei riformatori, Paolo III, nel 1544, con la
bolla Laetare Jerusalem, convoca un concilio che viene solennemente aperto a
Trento il 13 dicembre 1545. Lo conclude Pio IV il 4 dicembre 1563. Nell'am-
bito della nostra riflessione, particolare attenzione merita il Decreto sulla giu-
stificazione, emanato dal concilio nella VI sessione il 13 gennaio 1547209.

a) «Il Padre celeste, "padre misericordioso e Dio di ogni consolazione" (2Cor


1,3), quando giunse la beata "pienezza dei tempi" (¿f 1,10; Gal 4,4), mandò
agli uomini Gesù Cristo (can. I), suo figlio, annunciato e promesso, sia pri-
ma della legge, sia durante il tempo della legge, da molti santi padri (cf Gn
49,10.18), affinché riscattasse i giudei "che erano sotto la legge" (Gal 4,5),
e "i pagani che non ricercavano la giustizia, raggiungessero la giustizia" (Rm
9,30); e tutti "ricevessero l'adozione di figli" (Gal 4,5). Questo Dio "ha pre-
stabilito a servire come strumento di espiazione per mezzo della fede nel suo
sangue" (Rm 3,25), "per i nostri peccati; non soltanto per i nostri, ma anche per
quelli di tutto il mondo (lGv 2,2)"»210.

b) «Ma benché egli "sia morto per tutti" (2Cor 5,15), tuttavia non tutti ricevono il
beneficio della sua morte, ma solo quelli cui viene comunicato il merito della
sua passione. Come infatti gli uomini, in realtà, se non nascessero dalla discen-

208
Ibidem, III, 11, 10, in: K . - H . OHLIG (ed.), Cristologia II. Dal medioevo ai nostri giorni,
cit., n. 209.
209
Cfr. M . GRONCHI, Trattato su Gesù Cristo Figlio di Dio Salvatore, cit., 6 9 2 - 6 9 6 .
210
H . DENZINGER, Enchiridion symbolorum, definitionum et declarationum de rebus fidei et
morum, cit., 1522.
CAPITOLO V I I - T E M P O ORDINARIO 219

denza del seme di Adamo, non nascerebbero ingiusti, proprio perché a causa
di questa discendenza, al momento di essere concepiti, contraggono da lui la
propria ingiustizia: così se essi non rinascessero nel Cristo, non potrebbero mai
essere giustificati (cann. 2 e 10), proprio perché con quella rinascita viene ac-
cordata loro, per il merito della sua passione, la grazia che li rende giusti»211.

c) «La giustificazione del peccatore è il passaggio dallo stato in cui l'uomo nasce
figlio del primo Adamo, allo stato di grazia e "di adozione dei figli di Dio" (Rm
8,15), per mezzo del secondo Adamo, Gesù Cristo, nostro Salvatore»212.

d) «Il concilio dichiara che negli adulti l'inizio della stessa giustificazione deve
prendere le mosse dalla grazia preveniente di Dio (can. 3), per mezzo di Gesù
Cristo, cioè della sua chiamata, che essi ricevono senza alcun merito da parte
loro, di modo che quelli che si erano allontanati da Dio a causa dei peccati, si
dispongano per la sua grazia, che sollecita e aiuta, a volgersi alla propria giu-
stificazione, liberamente consentendo e cooperando alla stessa grazia (cann. 4
e 5). Così Dio tocca il cuore dell'uomo con l'illuminazione dello Spirito Santo,
in modo tale che né l'uomo stesso resterà assolutamente inerte subendo questa
ispirazione, che certo può anche respingere, né senza la grazia divina, con la
libera volontà (can. 3), potrà prepararsi alla giustizia dinanzi a Dio»213.

e) La giustificazione...

«non è una semplice remissione dei peccati (can. 11), ma anche santificazio-
ne e rinnovamento dell'uomo interiore, mediante la libera accettazione della
grazia e dei doni che l'accompagnano, per cui da ingiusto diviene giusto e da
nemico amico, così da essere "erede secondo la speranza della vita eterna" (Tt
3,7). Cause di questa giustificazione sono: causa finale, la gloria di Dio e del
Cristo e la vita eterna; causa efficiente la misericordia di Dio, che gratuitamen-
te ci purifica e ci santifica (cf. ICor 6,11)...; causa meritoria è il suo dilettis-
simo unigenito e Signore nostro Gesù Cristo, il quale, pur "essendo noi suoi
nemici" (Km 5,10), "per il grande amore con il quale ci ha amati" (£/2,4),ci ha
meritato la giustificazione con la sua santissima passione sul legno della croce
(can. 10) e ha soddisfatto per noi Dio Padre; .. .Infine unica causa formale è la
giustizia di Dio, non certo quella per cui egli stesso è giusto, ma quella per cui
ci rende giusti (cann. 10 e 11); infatti, ricolmi del suo dono, veniamo rinnovati
nello spirito della nostra mente (cf £/'4,23), e non solo veniamo considerati
giusti, ma siamo chiamati tali e lo siamo realmente (cf IGv 3,1), ricevendo in
noi ciascuno la propria giustizia, nella misura in cui lo Spirito Santo la distri-
buisce ai singoli come vuole (cf. ICor 12,11) e secondo la disposizione e la
cooperazione propria di ciascuno. Quantunque nessuno possa essere giusto, se

2,1
Ibidem, 1523.
212
Ibidem, 1524.
213
Ibidem, 1525.
2211 , CAPITOLO V I I - T E M P O ORDINARIO

non per la comunicazione dei meriti della passione del Signore nostro Gesù
Cristo, tuttavia la giustificazione del peccatore si produce quando, per merito
della stessa santissima passione, l'amore di Dio viene diffuso mediante lo Spi-
rito Santo nei cuori (cf. Rm 5,5) di coloro che sono giustificati e inerisce loro
(can. 11). Ne consegue che nella stessa giustificazione l'uomo, insieme alla
remissione dei peccati, riceve per mezzo di Gesù Cristo nel quale è innestato,
tutti questi doni infusi: fede, speranza e carità»214.

4. La secolarizzazione della cristologia

«Con la sua netta separazione delle due sfere della fede e della ragione, la Ri-
forma trasferisce a quest'ultima tutto ciò che riguarda la scienza, la filosofia,
la politica, l'economia, il diritto, la morale, la cultura. Tutte le attività umane,
speculative e pratiche, acquistano la loro autonomia: l'uomo diviene "adulto",
"maturo". Senonché la ragione, respinta dalla fede, ben presto finisce per ripaga-
re la fede con la stessa moneta, escludendola da tutto l'ambito del secolare. Ciò
avviene già nel secolo XVIII, nell'epoca dell'illuminismo. Allora alcuni teolo-
gi, ossequienti al principio della secolarizzazione, nello studio del cristianesimo
sostituiscono il criterio luterano e calvinista della sola fides con quello della sola
ratio. Anche alla figura di Cristo ci si accosta lasciando cadere la luce della fede,
per affidarsi esclusivamente alla luce della ragione. I risultati di questa opera-
zione saranno catastrofici: la cristologia si trasformerà ben presto in gesuologia.
Dalla confessione del Cristo Figlio del Dio vivente si passerà ad un'indagine
meramente razionale intorno alla figura storica di Gesù di Nazaret»215.

a) Per Hermann S. Reimarus (1694 - 1768) la figura di Gesù, quale viene


presentata dai vangeli, è una invenzione dei discepoli. Gesù, infatti, non ha
altro obiettivo che quello di liberare la sua gente dal potere dei romani. Il
suo fallimento spinge i discepoli, che non si sentono di ritornare alla vita di
prima, a rubarne il cadavere, ad inventare il messaggio della risurrezione e ad
annunciare il suo ritorno escatologico. «Gesù non è affatto risorto ma è morto
disperato, visto l'insuccesso della sua predicazione circa l'avvento del regno
dei cieli» 216 . Con Reimarus comincia la dissociazione tra il Gesù della storia e
il Cristo della fede, tra l'intenzione di Gesù e quella dei discepoli.

b) G. Paulus (1761 - 1851) pensa che i vangeli siano oggettivi, ma i fat-


ti raccontati non abbiano nulla di soprannaturale. Possono essere spiegati in
modo naturale. La moltiplicazione dei pani, ad esempio, può essere spiegata

214
Ibidem, 1528-1530.
213
B . MONDIN, Gesù Cristo salvatore dell'uomo. Cristologia storica e sistematica, cit., 224-225.
216
Ibidem, 225.
CAPITOLO V I I - TEMPO ORDINARIO 221

come vera distribuzione di pane. La risurrezione di Lazzaro e la risurrezione


di Gesù possono essere spiegate con il fatto che né Lazzaro né Gesù erano
veramente morti. Lo erano solo in apparenza. Nulla di straordinario quindi.

c) Ferdinand C. Baur (1792 - 1860), teologo protestante, fondatore della


scuola teologica di Tubinga,

«considera 1' incarnazione un fatto storico tutt'altro che unico perché se Dio
può divenire uomo nel tempo, ciò è possibile perché egli è uomo da tutta l'eter-
nità e il Cristo storico rappresenta in tal senso la presa di coscienza da parte
dell'umanità dell'unità immanente ed eterna di natura divina e natura umana.
Il merito di Cristo è di aver rivelato e intuito questa verità eterna»217.

d) David Friedrich Strauss (1808 - 1874), con la pubblicazione nel 1835


della Leben Jesu, sostiene che non è necessario ricorrere al soprannaturale o
alla fede o alla spiegazione naturalista perché la vita di Gesù è un mito, una
leggenda, un'immagine fantastica creata alla luce di testi veterotestamentari.
Strauss non nega, tuttavia, che ci sia un nucleo storico.

«Anzi egli ritiene "inconfutabile" che Gesù sia stato convinto di essere il Mes-
sia e che abbia pure manifestato un simile convincimento. Egli distingue però
fra nucleo storico e interpretazione mitica che ad esso si ricollega, fra il Cristo
della fede e il Gesù della storia. Per Strauss questa distinzione coincide con
quella tra "il Cristo storico e il prototipo ideale, cioè presente nella ragione
umana, dell'uomo, come questi deve essere". Ciò però significa che "la reli-
gione di Cristo continua nella religione dell'umanità", mentre all'interrogativo
"siamo ancora cristiani?", si deve onestamente rispondere negativamente»218.

10. I L X X S E C O L O

Tempo drammatico il XX secolo. Sul piano sociale, politico e culturale.


Tempo di passaggio «dall'epoca della modernità a quella della post-mo-
dernità: dalla fase della secolarizzazione dominata dal pensiero "forte" (la
dea ragione) ad una nuova fase della secolarizzazione segnata dal pensiero
"debole"» 219 . Tempo di risveglio sul piano biblico, patristico, liturgico, ecu-
menico. Tempo di rinnovamento conciliare. Tante le sfide provenienti dal se-

217
F . FRANCO, Ferdinand Christian Baur, in: L . P A C O M I O - G . OCCHIPINTI (edd.), Lexicon.
Dizionario dei teologi. Dal primo secolo ad oggi, Piemme, Casale Monferrato 1998, 168.
218
W . KASPER, Gesù il Cristo, cit., 32.
219
B. MONDIN, Gesù Cristo salvatore dell'uomo. Cristologia storica e sistematica, cit., 229.
C A P I T O L O V I | - T E M P O ORDINARIO

colarismo, dal relativismo dottrinale, dall'indifferenza religiosa, dalla menta-


lità consumistica... Ma tante anche le prospettive di crescita spirituale. I temi
che impegnano la riflessione cristologica contemporanea sono, in particolare,
quelli della cristologia nella teologia, dell'unità tra cristologia e soteriologia,
del cristocentrismo, dei misteri della vita di Gesù220, della sua coscienza e
scienza, dell'unione ipostatica.. ,221. Temi che favoriscono la ricerca. Che dan-
no vita ad orientamenti cristologici diversi222. Gesù interessa autori marxisti223
ed atei come K. Kautsky 224 , V. Gardavsky 225 , E. Bloch 226 , M. Machovec 227 , F.
Belo228. Gesù interessa, e non può non essere così, autori cristiani protestanti
e cattolici come R. Bultmann, D. Bonhoeffer, K. Barth, R Schoonenberg, E.
Schillebeeckx, H. Kùng ed altri. Vediamone alcuni. Marxisti prima, cristiani
protestanti e cattolici dopo.

1. E. Bloch (1885-1977)

Ebreo, marxista, ateo. Uno dei pochi pensatori marxisti che si è occupato
del problema della religione per tutta la vita. Ispiratore della cosiddetta "Teo-
logia della speranza" 229 . Quale Gesù appare dalle pagine del Nuovo Testamen-
to? Questa la domanda.

220
«Nel XX secolo è stato soprattutto K. Rahner a esigere la riassunzione di una cristologia
concreta nel trattato cristologico diventato sempre più astratto; insieme a tanti altri, egli pro-
poneva l'inserzione dei mysteria Chrìsti, un locus theologicus della sistematica teologica dei
primi tempi» (D. HERCSIK, Il Signore Gesù. Saggio di cristologia e soteriologia, cit., 124).
221
CFR. R . LACHENSCHMID, Cristologia e soteriologia, in: E . VANDER G U C H T - H . VORGRIMLER
(edd.), Bilancio della teologia del XX secolo, voi. Ili, Città Nuova Editrice, Roma 1972, 89-
123.
222
Sulle cristologie contemporanee cfr. J. G A L O T , Alla ricerca di una nuova cristologia,
Cittadella Editrice, Assisi 1 9 7 1 ; C. PORRO, Cristologia in crisi?, cit.; A. S C H I L S O N - W . K A S P E R ,
Cristologie oggi. Analisi critica di nuove teologie, cit.; B. M O N D I N , Le cristologie moderne,
Edizioni Paoline, Alba 1 9 7 9 ; B. FORTE, Cristologie del Novecento, Queriniana, Brescia 1 9 8 3 .
223
Cfr. I . F E T S C H E R - M . MACHOVEC (edd.), Marxisti di fronte a Gesù, Queriniana, Brescia
1 9 7 6 ; J . M I L I C LOCHMAN, Cristo o Prometeo?, Cittadella Editrice, Assisi 1 9 7 5 .
224
K . KAUTSKY, L'origine del cristianesimo, La Nuova Sinistra, Roma 1970. La prima edi-
zione è del 1908.
225
V . GARDAVSKY, Dio non è morto del tutto, 1 9 6 8 .
226
E. B L O C H , Ateismo nel cristianesimo. Chi vede me, vede il Padre, Feltrinelli, Milano
1976.
227
M . MACHOVEC, Gesù per gli atei, cit.
228
F. B E L O , Una lettura polìtica del Vangelo, Claudiana, Torino 1975.
229
La sua opera principale è Das Prinzip hojfnung (Il Principio Speranza), edito per la
prima volta nel 1954 a Berlino Est, poi nel 1959 a Francoforte.
CAPITOLO V I I - TEMPO ORDINARIO 214

a) Bloch polemizza con la cristologia liberale, la giudica fondamental-


mente falsa ed afferma che Gesù non è un uomo moralmente ideale, fondatore
di una religione ideale. Non è neppure il mite agnello che le grandi confessioni
cristiane hanno presentato come l'ideale della pazienza e della croce.

«Vi sono agnelli nati che si fanno piccoli piccoli spesso e volentieri. Ciò è
insito nella loro specie e Gesù non ha predicato per essi con violenza, come
si dice nella Scrittura. Tanto meno egli ci compare di fronte in un aspetto così
mitigato, come intende la brava gente, meno che mai come i lupi lo hanno
adattato ad uso delle pecore, affinché esse possano conservare doppiamente la
loro natura. Il loro ben noto pastore viene presentato così succube, così illimi-
tatamente paziente, come se egli non fosse null'altro che questo»230.

b) Gesù è diverso. Diverso nella vita: non è privo, infatti, di passioni; co-
nosce la lotta; si schiera dalla parte dei poveri e dei sofferenti; prende la frusta
contro i cambiavaluta che nel tempio fanno affari d'oro; si rivolge contro co-
loro che detengono il potere. E i potenti complottano contro di lui. Sacerdoti
giudei e politici romani si mettono d'accordo per potersi liberare di lui231.

c) Gesù è diverso non solo nella vita, ma anche nel messaggio. Messaggio
che ha la sua sintesi nel discorso della montagna e che ha precise connotazioni
socio-politiche. I ciechi, infatti, riacquistano la vista, gli zoppi camminano, i
lebbrosi sono mondati, i sordi sentono, i morti risorgono, ai poveri viene an-
nunciata la buona novella. Gesù, quindi, non può essere pensato e presentato
né come mite agnello,

«né come un conservatore in lotta né come un romantico restauratore di un


semplice regno di Davide con il suo dio da signori. No, egli si impose assoluta-
mente come qualcosa di affatto nuovo, cioè quale esodo che escatologicamente
tutto rovescia dall'inizio alla fine: egli si pose in Dio come uomo»232.

d) L'immagine che si addice a Gesù è quella del serpente, segno simbolico


ed espressivo della contestazione dell'uomo, della sua liberazione dall'op-
pressione e dalla schiavitù. L'immagine del serpente, «come filo rosso rivela-
tore, percorre tutta la vera Bibbia, sotterranea e rivoluzionaria» 233 e collega tra
loro alcuni fatti. Adamo ed Eva, per esempio, cercano di trascendere se stessi

230
E. B L O C H , Ateismo nel Cristianesimo, cit., 166.
231
Cfr .Ibidem, 167-178.
232
Ibidem, 177-178.
233
G . GIACHI, Gesù e gli atei. Credenti e non credenti di fronte al Vangelo, Queriniana,
Brescia 1979,41-42.
CAPITOLO V I I - T E M P O ORDINARIO 224

accogliendo la proposta del serpente: «sarete come Dio» (Gn 3,5). Caino «si
ribella perché Dio gradisce solo i sacrifici sanguinosi di Abele e non i suoi
frutti (cf Gn 4,44)» 234 . La torre di Babele rappresenta la sfida dell'uomo al
Dio tirannico e trascendente (Gn 11,4). Mosè leva il serpente di bronzo nel
deserto di Edom come emblema di rivolta 235 . Giobbe, poi, è il vero Prometeo
ebraico, colui che dice: «Se Dio esiste, perché il male? ». I profeti denunciano
e combattono le ingiustizie. Gesù è il ribelle per amore, il figlio dell'uomo,
il vero serpente innalzato per la salvezza, il Prometeo redivivo, il simbolo
dell'umanità emancipata, colui che realizza in sé il «sarete come Dio», colui
che alimenta i «misteri del desiderio»: la risurrezione, l'ascensione e il ritorno
escatologico 236 . Gesù è l'uomo che diviene Dio, il vero Dio che si ribella a
quello falso, contestandolo e mettendosi al suo posto.

e) Simbolo dell'umanità emancipata, Gesù, ma non Dio, non Cristo, non


Signore.
«Gesù è solo simbolo del "futurum", liberatore dell'"humanum", uomo che
diventa Dio: "Chi vede me, vede il Padre" (Gv 14,9). Gesù - per Bloch - non è
affatto né Kyrios, né Christòs, né agnello; è solo il serpente che salva senza san-
guinosi sacrifici espiatori, proponendo un regno solo umano-escatologico»237.

2. M. Machovec (1925 - 2003)

Filosofo ceco. Negli anni '60 insieme ad Erich Fromm ed Ernst Bloch ha
avviato intenso dialogo tra cristiani e marxisti.
«Il risultato di quegli incontri non è qualcosa che possiamo consegnare, come
un prodotto compiuto, passato, che non ci tocca più: con i primi discepoli di
Gesù, potremmo dire anche noi: "Non era ardente il nostro cuore, mentre egli
ci parlava per via?" (Le 24,32)»238.

Questa, in sintesi, la sua riflessione.


a) Machovec considera anzitutto il messaggio di Gesù. Ritiene che in esso
sia fondamentale l'idea della prossimità, dell'attualità e dell'assoluta esigen-

234
Ibidem, 42.
235
Cfr. E. BLOCH, Ateismo nel Cristianesimo, cit., 2 2 0 - 2 2 6 .
236
Cfr. Ibidem, 2 1 6 - 2 2 0 .
231
G . GIACHI, Gesù e gli atei. Credenti e non credenti di fronte al Vangelo, cit., 46.
238
M . MACHOVEC, Gesù per gli atei, cit., 57.
C A P I T O L O . V I I-TEMPOORDINARIO 225

za del cosiddetto "regno di Dio" e cioè della futura condizione dell'umanità.


Condizione che Gesù non descrive nei particolari e che presenta come qualco-
sa che interpella. Il futuro è "affare tuo".

«Il futuro non è qualcosa che "viene", che arriva da lontano, dal di fuori, indi-
pendentemente da noi, un po' come un cambiamento atmosferico; il futuro è un
affare nostro, in ogni istante il futuro è una esigenza del presente, una sfida alle
capacità umane, che dobbiamo mobilitare al massimo in ogni istante»239.

Il messaggio fondamentale di Gesù può essere così sintetizzato:

«Vivete in modo impegnato: l'umanità perfetta è "vicina": cioè la si può af-


ferrare, si può essere moralmente migliori, più puri, più uomini, esattamente
attraverso la propria azione e il proprio impegno. In altri termini nessuno ti
costringe a vivere una vita banale, convenzionale, egoista, codarda, oggi di-
remmo oggettivata»240.

b) Machovec prende in considerazione in modo particolare i temi della


povertà, della ricchezza, dell'infanzia, dell'amore, della non violenza, del fa-
riseismo. Per quanto riguarda la povertà e la ricchezza, Gesù dichiara beati
i poveri, i sofferenti, gli oppressi, gli infelici. Ma non esalta la povertà o la
sofferenza. Così come non condanna la ricchezza per se stessa. Gesù tende
alla trasformazione totale e radicale dell'uomo in prospettiva escatologica 241 .
Per quanto riguarda l'infanzia

«il bambino come esempio e modello: ecco qualcosa di veramente nuovo nei
confronti della storia delle religioni e anche della storia della cultura. Prima di
Gesù nessuno aveva parlato dell'infanzia come di un valore umano, nessuno
aveva posto l'infanzia come esempio dell'umanità»242.

Per quanto riguarda l'amore, Machovec fa notare che il precetto dell'amo-


re verso il prossimo, pur non essendo esclusivo del cristianesimo, assume in
esso una tensione che gli è tipica: «Di nuovo, di specifico in materia vi è la
radicalizzazione, cioè l'esigenza di amare "anche il nemico"» 243 .
Per quanto riguarda la non violenza, Gesù si è sempre e dovunque opposto
al male:

239
Ibidem, 96.
240
Ibidem, 96-97.
241
dr. Ibidem, 104-108.
242
Ibidem, 108.
243
Ibidem, 117.
- TEMPO_ORD]NARig

«Il contrasto fra Gesù e i combattenti della resistenza - come anche fra Gesù e
la maggior parte dei giudici del suo tempo - non verteva sul dovere o meno di
resistere al male: questo dovere era riconosciuto da tutti senza distinzione. La
divergenza verteva sulla "maniera" più opportuna di combattere il male»244.

Per quanto riguarda il fariseismo, secondo Machovec l'atteggiamento di


Gesù è "provocatoriamente magnanimo" verso le prostitute e i pubblicani; è
invece duro nei confronti dei farisei nei quali vede «non soltanto una posizio-
ne opposta alla sua, ma una specie di canzonatura, di caricatura della propria
posizione» 245 .

c) Messia o no Gesù?

«Molto presto, probabilmente durante la vita stessa di Gesù, cominciò a farsi


strada nell'ambiente a lui più vicino che Gesù era più di una semplice figura
profetica, più di un semplice predicatore: cominciò a prendere forma l'idea che
Gesù aveva una specifica e misteriosa missione nell'evento escatologico che
andava annunciando, che era una figura messianica... La diffusione dell'idea
della messianicità di Gesù si deve soprattutto all'opera del principale fra i suoi
discepoli, cioè all'opera di Pietro»246.

E Gesù? Si riteneva o no il messia?247 È proprio vero che è Pietro a far sor-


gere in Gesù la coscienza messianica? 248 . Per Machovec queste domande sono
poste male. «Per Gesù, per Pietro e per i discepoli non poteva avere senso
l'essere messia: aveva senso soltanto il divenire messia, cioè il portare avanti
il fatto messianico, sia pure attraverso la sofferenza» 249 . Quando Pietro dice:
«Tu sei il Messia» (Me 8,29) vuol dire: «Tu sei chiamato a realizzare il com-
pito messianico» 250 . Gesù è chiamato a realizzare le speranze messianiche, a
provocare il capovolgimento messianico, a instaurare l'evento escatologico.

d) Dopo la morte di Gesù i discepoli affermano che «avevano riveduto Gesù


vivo, vittorioso, glorioso» 251 . Come è potuto accadere? Secondo Machovec,
«Pietro fu il primo a superare in se stesso la tragedia e l'assurdo di un Golgo-

244
Ibidem.
245
Ibidem, 124.
246
Ibidem, 137.
247
Cfr. Ibidem, 158.
248
Cfr. Ibidem, 138-140.
249
Ibidem, 159.
250
Ibidem, 160.
251
Ibidem, 173.
tha senza parusia e senza lieto fine; fu il primo a interpretare la crocifissione
di Gesù»252. Si deve a Pietro, al suo prestigio, alla sua convinzione, la presa
di coscienza del tutto soggettiva e la diffusione dell'idea della risurrezione di
Gesù253. Chi, poi, crea il messaggio cristiano per il mondo ellenistico è Paolo.
A Paolo non interessa soprattutto Gesù di Nazaret, «ma il Cristo, fondamento
della fede, redentore, annunciatore, il Cristo oggetto della fede e modello del
comportamento morale del credente» 254 .

3. F. Belo (1933-)

Storico marxista. Tenta di applicare le categorie politico-sociali dell'ese-


gesi marxista della storia alla vita di Gesù. Due le opere che esprimono il suo
pensiero: Lecture matérialiste de l'évangile de Marc. Recit-Pratique-Idéolo-
gie e Una lettura politica del Vangelo.

a) «La nota dominante del Vangelo di Marco, come anche degli altri vangeli,
a mio avviso, appartiene più alla sfera che noi oggi chiamiamo politica che
a quella che riconosciamo come religiosa. Uno dei paradossi da mettere in
risalto è che il vangelo è un racconto fondamentalmente politico, anche se è
stato letto ed interpretato per molti secoli come un racconto fondamentalmente
religioso»255.

«I Vangeli e gli altri testi del Nuovo Testamento furono scritti in un conte-
sto di classi oppresse... Useremo quindi un'analisi di tipo marxista, o meglio
un'analisi fatta con i parametri del materialismo storico, il quale fornisce un
sistema di concetti che permettono di analizzare le società classiste esistite nel
corso della storia in termini di opposizione di interessi e di lotta tra le classi. Il
nostro presupposto è che un'analisi materialista dei vangeli ci farà scoprire in
questi testi elementi che non sono stati messi in chiaro, e che la visione del cri-
stianesimo che ne risulterà potrà essere molto diversa da quella corrente»256.

b) Secondo Belo il Vangelo non è una dottrina. È invece un racconto. Il


racconto della prassi di Gesù. E Gesù è un sovversivo: «La prassi di Gesù dà
adito alla lotta ideologica... Appare agli occhi degli uomini del sistema come
una sovversione di quello che oggi chiameremmo l'ordine stabilito e i suoi

252
Ibidem, 176-177.
253
Cfr. Ibidem, 178.
254
Ibidem, 188.
255
F. B E L O , Una lettura politica del Vangelo, cit., 40.
256
Ibidem, 38-39.
21 <1 CAPITOLO V I I - T E M P O ORDINARIO

valori»257. Quale la sua strategia?

«Una delle mie tesi, che qui presento come novità, consiste proprio nell'affer-
mare che il vangelo ha il valore di un racconto offerto, tra gli altri, alla nostra
lettura (e non come una rivelazione fatta una volta per sempre); che il racconto
di Gesù, secondo Marco, ha proprio questa funzione, ossia che Gesù si trova
nella nostra stessa condizione di ignoranza di fronte all'intreccio delle prassi
che affronta; e, infine, che la chiave di lettura che egli propone tiene conto
della posizione di classe dei suoi ascoltatori»258.

c) Più che cercare il potere, come gli zeloti, Gesù cerca la trasformazione
dei rapporti sociali in vista di una società senza classi. Società che si può
realizzare con il dono e la condivisione di ciò che si possiede (è la prassi delle
mani), con la capacità di superare l'oppressione con l'insurrezione e lo svilup-
po della speranza contro il potere politico e religioso (è la prassi dei piedi)259.
Il suo tentativo lo porta alla morte. Viene ucciso per ragioni politiche.

«Il Vangelo dice chiaramente che fu per il modo come occupò il Tempio, con
l'appoggio della folla insorta; da quel momento si definì la strategia dei suoi
nemici per eliminarlo. Egli fu liquidato dai detentori del potere di stato, i quali
lo consegnarono al potere imperialista romano, che era l'unico autorizzato a
emettere condanne capitali di carattere politico»260.

La sua morte, allora, non è un sacrificio, ma un assassinio politico. Gesù


non muore perché "doveva" morire "secondo le Scritture". La sua morte non
ha valore religioso e salvifico. La sua risurrezione, infine, è il risultato di una
rielaborazione teologica. I discepoli attendono il ritorno di Gesù. Il suo man-
cato ritorno dà origine ai racconti delle apparizioni 261 .

4. R. Bultmann (1884 -1976)

Teologo evangelico tedesco. Teologo del Dio non oggettivabile. Autore


del manifesto della demitizzazione del messaggio evangelico. Questa la sua
riflessione.

257
Ibidem, 89-90.
258
Ibidem, 95-96.
259
Cfr. Ibidem, 105-109; 121-126.
260
Ibidem, 135.
261
Cfr. Ibidem, 143-146; 171-182.
CAPITOLO V I I - TEMPO ORDINARIO 2 2 9

a) Secondo Bultmann «la raffigurazione neotestamentaria dell'universo


è mitica» 262 . «Mito è il racconto di un fatto o di un evento in cui intervengo-
no forze o persone soprannaturali, sovrumane» 263 . «Il mito parla di potenze
dell'aldilà, di demoni e di dei come di potenze da cui l'uomo si sa dipen-
dente, delle quali non dispone, dei cui favori ha bisogno, della cui collera
ha paura» 264 . «Il mito oggettivizza l'aldilà nell'aldiqua e quindi anche nel
disponibile» 265 . Secondo Bultmann il discorso neotestamentario è tutto mi-
tologico. E come tale, non è credibile. Nessuno può pretendere che l'uomo
del nostro tempo accetti come vera la visione mitica del mondo. Sarebbe
semplicemente assurdo e impossibile 266 . Se si vuole che il Nuovo Testamento
conservi la sua validità, deve essere demitizzato.

b) «La demitizzazione vuol mettere in risalto l'autentica intenzione del mito, cioè
quella di parlare dell'esistenza umana, del suo essere fondata e limitata da una
potenza dell'aldilà non mondana, una potenza che non è percepibile dal pen-
siero oggettivante. In senso negativo, quindi, la demitizzazione è una critica
dell'immagine del mondo propria del mito, nella misura in cui essa nasconde
la vera intenzione del mito stesso. In senso positivo è un'interpretazione esi-
stenziale, con cui si vuol chiarire l'intenzione del mito, che è precisamente
quella di parlare dell'esistenza dell'uomo»267.

c) Secondo Bultmann, il Nuovo Testamento presenta l'evento Cristo


come un evento mitico. Gesù Cristo, come Figlio di Dio, come entità divi-
na preesistente, è una figura mitica, e nel contempo è un preciso individuo
storico, Gesù di Nazaret. In Gesù mito e storia sono intrecciati in modo
particolare. Le affermazioni sulla sua preesistenza, ad esempio, o sul parto
della Vergine sono mitiche. Intendono solo significare l'importanza che la
persona di Gesù riveste per i credenti 268 . Di Gesù, poi, non possiamo sapere
niente.

«Noi non possiamo sapere più nulla della vita e della personalità di Gesù,
poiché le fonti cristiane non si sono interessate al riguardo se non in modo
molto frammentario e con taglio leggendario, e perché non esistono altre fonti

262
Testamento e Mitologìa, cit., 1 8 0 . Sul mito cfr. C . G E F F R É , Mito, in:
R . B U L T M A N N , NUOVO
(edd.), Temi teologici della Bibbia, cit., 8 7 6 - 8 8 1 .
R . P E N N A - G . P E R E G O - G . RAVASI
263
R . BULTMANN, Nuovo Testamento e Mitologia, cit., 1 8 0 .
264
Ibidem, 186.
265
Ibidem, 187.
266
Cfr. Ibidem, 106-116.
267
Ibidem, 188.
268
Cfr. Ibidem, 158-160.
su Gesù. Ciò che è stato scritto da circa un secolo e mezzo sulla vita di Gesù,
sulla sua personalità e sulla sua evoluzione interiore ecc., è frutto di fantasia e
materiale da romanzo in quanto non sono ricerche critiche»269.

La vicenda di Gesù non va esaminata nel suo fondamento storico. Ciò che
conta è il suo significato. Ciò che Dio ha voluto dire per mezzo di essa.

«Secondo Rudolf Bultmann la cristologia deve superare tutte le affermazioni


dottrinali e che suppongono un oggetto e far sì che il significato esistenziale
di Gesù Cristo diventi un fatto sempre nuovo. La confessione di Cristo non
può essere colta e fissata semplicemente in parole e frasi, ma raggiunge la sua
piena verità e profondità solo in ciò che l'annuncio esige e nella realizzazione
personale della fede»270.

d) Bultmann si sofferma sulla croce. La presenta come evento mitico, per-


ché viene crocifisso il preesistente, il Figlio di Dio che si fa uomo, il Figlio
di Dio che con il suo sangue espia i peccati dell'uomo; come evento storico,
elevato a dimensioni cosmiche, perché vuol mettere in evidenza la sua impor-
tanza che è quella di un evento di portata storica, conforme ad una peculiare
mentalità per cui un fatto storico, un contesto storico vengono presentati come
cosmici; come evento escatologico, perché non è evento del passato; visto
alla luce della fede, è evento presente in ogni tempo; presente nei sacramenti;
presente nel concreto svolgimento della vita dei credenti271.

e) Bultmann si sofferma anche sulla risurrezione di Gesù. Secondo lui cro-


ce e risurrezione costituiscono insieme un solo evento cosmico, formano una
unità. La risurrezione non è altro che la fede nella croce come avvenimento
di salvezza.

«La croce è vinta solo attraverso la risurrezione che non deve essere concepita
come avvenimento storico, ma come la significanza della croce per la fede.
Per la risurrezione la croce risulta come azione salvifica di Dio e paradossale
rafforzamento dell'appello di Gesù. Dichiararsi per lui, quindi, significa anzi-
tutto " - all'annuncio del Messia crocifisso - tornare a comprendere se stesso
alla luce di questa azione di Dio". La croce è di conseguenza momento chiave
e nuovo inizio: è momento chiave dell'appello escatologico del Gesù storico
(nella croce) e sua definitività (vista come risurrezione) nello sviluppo cristo-
logico del kerigma, che custodisce questo fatto del Gesù storico e lo esprime in

269
IDEM, Gesù, Queriniana, Brescia 1 9 7 2 , 1 0 3 .
270
A. SCHILSON-W. KASPER, Cristologìe, oggi. Analisi critica di nuove teologìe, cit., 33.
271
Cfr. R . BULTMANN, Nuovo Testamento e Mitologia, cit., 1 6 0 - 1 6 3 .
CAPITOLO V I I - T E M P O ORDINARIO 231

forma sempre nuova come evento escatologico»272,

f) In sintesi, si può dire così:

«1. Solo il kerigma salvifico di Gesù Cristo può avere significato per la fede,
non la sua personalità storica; questa viene in primo piano solo nel contesto di
un pensiero alienante, di tipo storico-oggettivo che è incompatibile con la le
fede. 2. Le espressioni mitologiche della cristologia contenute nel kerigma (es.
discesa del Figlio di Dio dal cielo sulla terra, risurrezione, ascensione al cielo)
devono essere spiegate di nuovo in base ad un interpretazione esistenziale ed
intese nel loro valore concreto. 3. La verità di Gesù Cristo può essere colta
solo nell'atto della fede stessa - ogni altra via non fa che passare di fianco a
Gesù»273.

5. D.Bonhoeffer (1906 -1945)

Pastore luterano tedesco 274 . Teologo insigne. Esponente di spicco della


Chiesa confessante, la minoranza di evangelici che si dissociò dalla Chiesa
evangelica ufficiale che aveva riconosciuto l'autorità del regime nazista. Bon-
hoeffer non ha lasciato studi sistematici di cristologia. Questa, in sintesi, la
sua riflessione.

a) Secondo Bonhoeffer la questione cristologica deve essere

«orientata verso il Cristo nella sua totalità. Questo Cristo intero è il Cristo
storico, il quale non deve in nessun modo essere separato dalla sua opera. Egli
è interrogato e risponde come qualcuno che si identifica con la propria opera.
Peraltro l'oggetto della cristologia è la struttura ontologica personale del Cristo
storico tutt'intero»275.

Se si considera il Cristo nella sua totalità,

«nell'incarnazione scorgiamo l'amore di Dio per la sua creatura, nella croci-


fissione vediamo il giudizio di Dio su ogni carne, e nella risurrezione ricono-
sciamo la volontà di Dio di creare un mondo nuovo. Non c'è errore maggiore
che quello di separare questi tre elementi: ciascuno di essi infatti contiene tutto

272
A. S C H I L S O N - W . KASPER, Cristologie, oggi. Analisi critica di nuove teologie, cit., 3 9 - 4 0 .
273
Ibidem, 3 6 - 3 7 .
274
Cfr. D. BONHOEFFER, Cristologia, Queriniana, Brescia 1984.
275
IDEM, Wer ist und wer war Jesus Christus? Seine Geschichte und Sein Geheimnis, (Chi
è e chi fu Gesù Cristo? La sua storia e il suo mistero), Amburgo 1962,26.
21 <1 CAPITOLO V I I - T E M P O ORDINARIO

l'insieme. Il tentativo di contrappore una teologia dell'incarnazione, una teolo-


gia della croce e una teologia della risurrezione, assolutizzando erroneamente
una di esse, è contrario alla realtà dei fatti, ed è altrettanto sbagliato adottare un
atteggiamento consimile nei riguardi della riflessione etica»276.

b) Con l'incarnazione

«Dio entra nella realtà creata... Tuttavia l'umanità di Gesù Cristo non costi-
tuisce semplicemente una convalida del mondo e dell'uomo così come sono.
Gesù era l'uomo "senza peccato" (.Eb 4,15): questo è il fatto decisivo. Egli
visse in mezzo agli uomini nella massima povertà, non si sposò e morì come un
malfattore. L'umanità di Gesù contiene quindi una duplice condanna dell'uo-
mo: la condanna assoluta del peccato e la condanna relativa dell'ordine costi-
tuito tra gli uomini. Ma anche con questa condanna Gesù è veramente uomo
e vuole che noi siamo uomini. Egli non rende autonoma la natura umana né
la distrugge, ma la lascia sussistere come una realtà penultima; una realtà pe-
nultima che a modo suo va presa sul serio, ma non troppo sul serio; una realtà
penultima che è diventata involucro delle realtà ultime»277.

c) La crocifissione

«significa che Dio pronuncia il suo giudizio definitivo sulla creazione caduta
nel peccato. Con la reiezione di Cristo avvenuta sulla croce, Dio rigetta l'intero
genere umano, senza eccezione. La croce di Gesù costituisce la condanna a
morte del mondo. L'uomo non può più vantarsi della propria umanità né il
mondo gloriarsi dell'ordinamento che ha ricevuto da Dio. La gloria dell'uomo
finisce miseramente sul volto malconcio, sanguinante e sputacchiato del croci-
fisso. Tuttavia la croce di Gesù non significa semplicemente l'annientamento
della creazione; gli uomini devono invece continuare a vivere sotto questo
segno dì morte che è la croce, segno di condanna per chi la disprezza, e di
salvezza per chi l'accetta. Nella croce le realtà ultime sono diventate attuali po-
nendosi come un giudizio di condanna delle realtà penultime, ma anche come
una grazia a loro favore, se esse ne accettano il giudizio»278.

d) La risurrezione

«significa che Dio nel suo amore e nella sua onnipotenza pone un limite alla
morte, fa nascere una nuova creazione e dona nuova vita... Gesù è risorto in
quanto uomo, e in questo modo ha donato agli uomini la risurrezione. L'uomo
quindi rimane uomo, pur essendo un uomo nuovo, risorto e per nulla uguale al

276
IDEM, Etica, Bompiani, Milano 1969, 111.
277
Ibidem, 112.
278
Ibidem.
vecchio. Però fino al momento della propria morte egli, che è già risorto con
Cristo, rimane nel mondo delle realtà penultime in cui Gesù è venuto e in cui
è stata innalzata la croce. Finché il mondo esiste, la risurrezione non sopprime
le realtà penultime, ma la vita eterna, la vita nuova, irrompe sempre più poten-
temente nella vita del mondo e vi si crea un suo spazio. L'unità e la diversità
dell'incarnazione, della croce e della risurrezione dovrebbero ormai emergere
con chiarezza. La vita cristiana è la vita con Gesù Cristo incarnato, crocifisso e
risorto, la cui parola ci raggiunge nella sua interezza attraverso l'annunzio del-
la giustificazione del peccatore per grazia. Condurre una vita cristiana significa
essere uomo per la potenza della croce e vivere una nuova vita per la potenza
della risurrezione. Una cosa è impossibile senza l'altra»279.

e) Per riassumere tutte le funzioni che Cristo, nella sua qualità di Ultimo,
svolge nei confronti del penultimo, Bonhoeffer adopera i termini "sostituzio-
ne", "rappresentazione", "vicarietà". Per lui la vicarietà costituisce l'essenza
della vita di Cristo. Egli

«non era un individuo isolato, preoccupato di raggiungere una perfezione per-


sonale, ma ha vissuto unicamente per accogliere e portare in sé l'io di tutti gli
uomini. La sua vita intera, le sue azioni e la sua morte hanno una funzione
vicaria. Ciò che gli uomini dovrebbero vivere, fare e soffrire si adempie in lui.
In questo suo reale sostituirsi a noi, che costituisce la sua esistenza umana, egli
è il responsabile per antonomasia. Essendo la vita, egli conferisce a ogni vita
un carattere vicario, e se anche una vita vi si ribella, essa rimane pur sempre
responsabile e vicaria per la vita o per la morte, così come il padre rimane
padre per il bene o per il male»280.

La vicarietà consiste nella donazione totale della propria vita per gli altri.

6) A . Barth (1886 - 1968)

Teologo e pastore riformato svizzero. Il più importante dai tempi di Gio-


vanni Calvino. E il più grande dai tempi di Tommaso d'Aquino.

a) «Richiamandosi ai padri della Riforma, e a Lutero in particolare, Barth non


si limita a riaffermare il primato della fede; egli proclama l'autorità assoluta
della fede, la sola fides, la sola Scriptum. Così la fede si contrappone alla
ragione; dice un deciso, drastico No alla ragione, assumendo una posizione
dialettica nei suoi confronti. Perciò anziché assumere la ragione come an-

279
Ibidem, 112-113.
280
Ibidem, 190.
234 CAPITOLO V I I - T E M P O ORDINARIO

cella Barth la respinge sdegnosamente come aveva fatto Lutero trattandola


come serva infedele... Dell'analogia, principale strumento della ragione teo-
logica secondo Tommaso e i suoi seguaci, Barth dice che è una "invenzione
dell'Anticristo"»281.

«In risposta alla pretesa della razionalità moderna di essere assolutamente va-
lida, la Parola di Dio, che è la persona di Gesù Cristo, rappresenta la piena e
definitiva autorivelazione divina»282.

b) «L'automanifestazione di Dio che si attua nella Parola è assolutamente stra-


ordinaria ed originale. "Come la realtà del creatore si distingue da ogni altra
realtà per il fatto che lui e soltanto lui esiste per sé, cioè originariamente, così
l'automanifestazione di lui si distingue da quella di ogni altro essere e spirito
creato, per il fatto che lui e soltanto lui può manifestare la sua esistenza au-
tenticamente, veridicamente, efficacemente, e documentare così il suo essere
nella sua rivelazione". L'automanifestazione divina assume, secondo Barth, tre
aspetti o forme: la rivelazione, la Bibbia e la predicazione. In tutt'e tre i casi il
fulcro è uno solo, Gesù Cristo»283.

c) Barth scrive:

«Tra Dio e l'uomo sta la persona di Gesù Cristo che, essendo egli stesso Dio e
uomo, fa da mediatore. In lui Dio si rivela all'uomo; in lui l'uomo conosce Dio.
In lui Dio sta davanti all'uomo e l'uomo sta davanti a Dio, secondo quella che
è la volontà eterna di Dio e, conformemente a questa volontà, la destinazione
eterna dell'uomo. In lui Dio ha stabilito il suo piano per l'uomo, ha eseguito
il suo giudizio, ha compiuto la sua redenzione; in lui il dono di Dio per gli
uomini è presente in tutta la sua pienezza e sono manifestate la sua esigenza e
la sua promessa. In lui Dio si è legato all'uomo. E così l'uomo esiste per lui,
Gesù Cristo è l'origine e il fine della creazione dell'uomo e di quella del mon-
do, teatro della storia di Dio con l'uomo e dell'uomo con Dio. Come la natura
di Dio è la sua natura, così anche la natura dell'uomo è originariamente la sua
natura. E non c'è nulla di ciò che esiste che non sia da lui, per mezzo di lui e
per lui. Egli è l'unica Parola di Dio: nella sua verità tutto è deciso, la sua verità
non può essere superata da nessun'altra parola. Egli è l'unico decreto di Dio:
dietro ad esso o sopra ad esso non ne esistono altri, anteriori o superiori; egli
è l'unico decreto di Dio perché tutti gli altri non possono che servire alla sua
realizzazione. Egli è l'unico inizio di Dio: prima di esso non c'è nessun altro
inizio, se non quello che Dio ha in se stesso; perciò nessuno e nulla, tranne Dio

281
B . MONDIN, Gesù Cristo salvatore dell'uomo. Cristologia storica e sistematica, cit.,
243.
282
M. GRONCHI, Trattato su Gesù Cristo Figlio di Dìo salvatore, cit., 745.
283
B . MONDIN, Gesù Cristo salvatore dell'uomo. Cristologia storica e sistematica, cit., 243-
244.
CAPITOLO V I I - T E M P O ORDINARIO 235

stesso, può avere un'origine diversa, riferirsi a un inizio diverso. Egli è l'unica
elezione di Dio: prima di essa, senza di essa, oltre ad essa Dio non ne ha ope-
rata nessun'altra; perciò niente e nessuno è eletto e voluto da Dio prima di lui,
senza di lui, accanto a lui. Egli è l'elezione (e dunque anche l'inizio, il decreto,
la Parola) della libera grazia di Dio. Perché è per la sua libera grazia che, in lui,
Dio sceglie di essere uomo, di comunicarsi ed unirsi agli uomini»284.

Secondo Barth,

«Gesù Cristo è la parola di Dio per eccellenza, la parola di grazia, la parola che
giustifica e che salva: la parola della nostra elezione. Cristo è la rivelazione
finale dell'essere di Dio e allo stesso tempo del nostro essere e dell'essere del
mondo. "Non c'è altezza o profondità, non c'è passato o futuro in cui si possa
avere a che fare con Dio senza avere a che fare immediatamente con lui, con
quest'uomo. Non possiamo capire noi stessi e il mondo senza anzitutto capire
insieme con Dio anche quest'uomo come testimone del senso ricco di grazia
in cui Dio ha voluto e creato noi stessi e il mondo, in cui noi possiamo esistere
nel mondo e con esso"»285.

Secondo Barth,

«il punto di partenza della cristologia è il soggetto della proposizione "Ver-


bum caro factum est", ossia la divinità. Perciò non si può partire dalla caro,
dall'umanità, dalla vita di Gesù; in tal modo non si guadagnerebbe mai il
livello della divinità. Il punto di partenza è l'eterno decreto di Dio, decreto
supremo e primo che governa qualsiasi altra decisione di unirsi all'uomo, di
unirsi personalmente, comunicandogli la sua stessa vita. In forza del decreto
eterno si può affermare che Dio è con l'uomo da sempre. Anzi si può persino
dire che, in certo senso, l'umanità è inclusa nella divinità. Sta qui secondo
Barth il fondamento ultimo della formula calcedonese che definisce il Cristo
come vero Dio e vero uomo. L'elezione eterna dell'umanità in Cristo fa sì che
ogni incontro di Dio con l'umanità vada interpretato da Barth alla luce di tale
decreto. L'elezione di Cristo funge da principio ermeneutico di tutti i misteri
del cristianesimo: creazione, caduta, riconciliazione, incarnazione, giustifica-
zione, santificazione»286.

«Ciò che emerge nella cristologia barthiana... è che il movimento della sal-
vezza procede tutto ed esclusivamente dall'alto al basso: da Dio verso l'uomo.
La nostra salvezza si compie in forza di atti posti da Cristo, atti oggettivi e non
soggettivi (contro Bultmann), atti gratuiti e non dovuti. "Gesù Cristo è già in

K. BARTH, Dogmatica ecclesiale, Il Mulino, Bologna 1968,120-121.


B . MONDIN, Gesù Cristo salvatore dell'uomo. Cristologia storica e sistematica, cit.,

Ibidem.
236 CAPITOLO V I I - T E M P O ORDINARIO

se stesso per noi... ; senza che noi siamo con lui, senza nessuna aggiunta, nes-
sun completamento del suo essere... egli è per noi, indipendentemente dalla
risposta che noi possiamo dare alla domanda di tale collaborazione e aggiunta.
L'evento salvifico è accaduto in quel luogo, in quel tempo, in luì e per noi. La
salvezza è avvenuta senza la nostra cooperazione, nella storia, completamen-
te, conclusivamente, escludendo la necessità di qualsiasi integrazione". Con
questo concetto di salvezza (tutta dall'alto al basso, assolutamente oggettiva
e gratuita) Barth non incontra alcuna difficoltà ad accogliere tutto ciò che la
Scrittura dice di Gesù, dalla sua nascita verginale ai miracoli, alla risurrezione,
all'ascensione al cielo»287.

7. K.Rahner (1904-1984)

Gesuita e teologo tedesco 288 . Uno dei maggiori teologi cattolici del Nove-
cento. Ed uno dei principali protagonisti del rinnovamento della teologia e
della pastorale.

a) Rahner osserva che la cristologia tradizionale presenta limiti che meri-


tano di essere presi in considerazione:

«la riduzione dell'insegnamento scritturistico, di cui per esempio non presenta


l'affermazione centrale che Gesù è Messia e diventa Signore, trascurando così
la struttura fondamentale della cristologia biblica, che è quella "dal basso" (che
va cioè dall'umanità alla divinità)»289;

il «pericolo di un fraintendimento mitologico e quindi monofìsita: l'umano


in Gesù finisce per lo più con l'essere colto, certo in modo irriflesso, come una
"livrea", come un suo travestimento» 290 ;

287
Ibidem, 245.
288
Cfr. M. GRONCHI, Trattato su Gesù Cristo Figlio dì Dio salvatore, cit., 7 6 0 - 7 6 3 .
289
C. PORRO, Cristologia in crisi?, cit., 28. «Nell'enunciazione esplicita su Gesù, l'accesso
al suo ultimo mistero (espresso dalla dottrina dell'incarnazione) viene saltato a pié pari: egli
è a priori il Verbo incarnato di Dio disceso fra di noi, cosicché tutto viene pensato dall'alto al
basso, e non dal basso all'alto» (K. R A H N E R - W . THUSING, Cristologia. Prospettiva sistematica
ed esegetica, Morcelliana, Brescia 1974, 63).
290
C. PORRO, Cristologìa in crisi?, cit., 28. «Anche se il dogma cristiano non ha di per sé
nulla a che fare con i miti degli uomini-dèi dell'antichità, possiamo tuttavia tranquillamente
ammettere che determinate formulazioni del dogma che stanno nell'ambito di questo orizzonte
storico-concreto di comprensione (per es. Dio 'discende', egli 'appare', ecc.) in passato veniva-
no accettate e usate come sussidi esplicativi in maniera più ovvia di quanto sia a noi possibile
fare oggi» (K. R A H N E R - W . THUSING, Cristologia. Prospettiva sistematica ed esegetica, cit., 65).
CAPITOLO V I I - T E M P O ORDINARIO 228

il fatto che

«la dottrina "tradizionale" lascia... formale e indeterminato il punto dell'unità


nell'unione ipostatica (cioè l'ipostasi o persona). Di fatto da una parte, quando
essa si esprime valendosi del termine "ipostasi", il possessore o il soggetto
dell'ipostasi stessa rimane piuttosto astratto e formale per la mentalità moder-
na che è portata a pensare secondo categorie esistenziali. D'altra parte, quan-
do utilizza il termine "persona", la cristologia classica si espone al rischio di
un'interpretazione riduttrice dell'unione ipostatica. Poiché il significato oggi
corrente di "persona" rimanda alla coscienza e alla libertà, da esso l'uomo
moderno è fatalmente indotto a considerare in Gesù la presenza di un unico
centro di atti, quello divino»291.

«La cristologia classica dell'incarnazione non esprime in maniera chiara e


immediata, nella sua formulazione esplicita, la significanza soteriologica
dell'evento Cristo. Questo vale soprattutto per la comprensione occidentale,
alla quale l'idea della "assunzione" dell'infera umanità nella realtà umana
individuale di Gesù è abbastanza estranea (senz'altro a causa dell'individua-
lismo occidentale); per questo orizzonte di comprensione, pertanto, l'unione
ipostatica è la costituzione di una persona la quale, se agisce moralmente e
se la sua opera viene accettata da Dio come vicaria per l'umanità, compie
un'azione redentiva, ma che non significa però salvezza già nel suo essere
in quanto tale (redentore, soddisfazione). Prendendo le mosse dalle enuncia-
zioni scritturistiche e dalla nostra comprensione odierna è però auspicabile...
una formulazione del dogma cristologico che indichi direttamente ed esprìma
l'evento di salvezza che è Gesù Cristo stesso, il che, a sua volta, aiuterebbe ad
evitare con maggior facilità, nelle formulazioni astratte, un fraintendimento
monofisitico e pertanto mitologico»292.

b) La ricerca cristologica deve prendere

«le mosse dal nostro rapporto, effettivamente esistente, con Gesù Cristo...
Questo rapporto con Gesù Cristo è dato attraverso la "fede" nel fatto, che
nell'incontro con lui, in quanto incontro totale e unico che si compie mediante
la parola, la vita e il fondamento che le sorregge, "è presente", per la nostra
salvezza, perdonandoci e divinizzandoci, il mistero, chiamato Dio, che tutto
comprende e tutto penetra della realtà in genere e di ogni vita personale, e a
noi è promesso in maniera tale che questa promessa è in lui definitiva e insosti-
tuibile. Si potrebbe pertanto caratterizzare questo rapporto come il rapporto col
Salvatore (escatologico) assoluto»293.

291
C. P O R R O , Cristologia in crisi?, cit., 2 8 - 2 9 . Cfr. K . R A H N E R - W . THUSING, Cristologia.
Prospettiva sistematica ed esegetica, cit., 66.
292
Ibidem, 67.
293
Ibidem, 18.
21 <1 CAPITOLO V I I - T E M P O ORDINARIO

c) La ricerca riguarda l'uomo esistente. Egli


«viene concepito come l'ente trascendentale per necessità, che in ogni azione
categoriale della conoscenza e della libertà è sempre già al di là di se stesso e
dell'oggetto categoriale... orientato verso il mistero incomprensibile che, in
quanto tale, dischiude e sostiene l'atto e l'oggetto chiamato Dio. Questo uomo
viene inteso come colui il quale osa sperare... che questo mistero sorregga e
compenetri l'esistenza non solo in quanto sostenga, come mèta asintotica, un
movimento infinito che rimane sempre nel finito, ma che dia se stesso quale
compimento della suprema pretesa dell'esistenza a possedere il senso assoluto
e la stessa unità che tutto concilia, cosicché il finito... rimane e tuttavia parte-
cipa in se stesso dello stesso infinito»294.

L'apertura sull'infinito, che fa dell'uomo l'essere dotato del desiderium


naturale in visionerà beatificarti, lo porta ad attendere una autocomunicazione
di Dio, assolutamente gratuita, che egli può accettare o rifiutare 295 .
d) «Dovendo terminare all'uomo, questa (l'autocomunicazione di Dio) non potrà
non iscriversi nella storia, non rivelarsi in una coscienza umana legata alle ca-
tegorie spazio-temporali; d'altra parte, dovrà pure presentare le caratteristiche
di una promessa di salvezza che sia definitiva e irrevocabile. Ora una simile
promessa di Dio è realizzabile soltanto mediante un uomo che morendo rinunci
ad ogni possibilità di speranza intramondana e che, accettando la sua morte,
dimostri di essere accettato definitivamente da Dio. Un uomo con un simile de-
stino è quel che si può denominare un "assoluto portatore di salvezza"»296.

Rahner chiama questo percorso di ricerca "cristologia trascendentale". Cri-


stologia che si fonda sul presupposto teologico che l'uomo concreto, da cui il
discorso muove, possiede una «potentia oboedentialis» all'autocomunicazio-
ne di Dio; anzi, esattamente, «è» questa stessa «potentia oboedentialis».

e) La ricerca riguarda anche «il fatto storico di Gesù Cristo, per verificare
come in lui si siano realizzate le attese dell'uomo» 297 .
«Gesù visse in sé e da sé con semplicità e serenità nell'ambiente religioso
(tempio, sacra Scrittura dell'AT) del suo popolo (della sua situazione storica, a
lui precostituita), che egli nel complesso accettò e visse con gli altri come legit-
timo e voluto da Dio. In questo senso egli volle essere un riformatore religioso,

294
Ibidem, 23.
295
Cfr. Ibidem, 75.
296
C. PORRO, Cristologia in crisi?, cit., 31. Cfr. K. R A H N E R - W . THUSING, Cristologia. Pro-
spettiva sistematica ed esegetica, cit., 24-26; 75-77.
297
C. PORRO, Cristologia in crisi?, cit., 32.
e non un rivoluzionario religioso radicale... Egli fu un riformatore radicale. In
quanto tale egli spezza il dominio della legge che si pone al posto di Dio stesso,
combatte il legalismo sia al di là di una pura etica dell'intenzione religiosa e
pia, che al di là di una giustizia riposta nelle opere, che mette l'uomo al sicuro
nei confronti di Dio. Egli sa di essere radicalmente vicino a Dio. Mentre egli
dapprima sperava in una vittoria della sua missione religiosa, crebbe in lui
sempre più l'esperienza che la sua missione lo stava portando in un conflitto
mortale con la società politico-religiosa. A questa sua morte, tuttavia, egli va
incontro deciso e l'accetta quantomeno come conseguenza inevitabile della
fedeltà alla sua missione»298.

f) La ricerca riguarda in modo particolare la morte, la risurrezione di Gesù


e la loro stretta relazione.

«Morte e risurrezione di Gesù possono venir comprese soltanto quando sia vi-
sto chiaro l'intimo riferimento di queste due realtà, la loro unità, di fronte alla
quale l'intervallo "temporale" fra i due eventi, nella misura in cui possa venire
sensatamente pensato, data la atemporalità di ciò che si dà nella risurrezione,
non va certo negato, ma è in fondo irrilevante. La morte di Gesù è tale che per
sua essenza si toglie e si risolve nella risurrezione, si estingue entro di essa. E
la risurrezione non significa il principio di un nuovo periodo della vita di Gesù,
ripieno di altri eventi nuovi e che continui nel tempo, ma proprio la definitività
perenne e salvata dell'una e unica vita di Gesù, che appunto attraverso la morte
libera, per obbedienza, acquistò la definitività perenne della sua vita»299.

«La risurrezione si presenta allora come l'autenticazione della pretesa di


Gesù di essere l'assoluto portatore di salvezza, come la sua vittoria definitiva,
escatologica. A questo punto i due poli della ricerca si fondono insieme; la
speranza dell'uomo, a cui conduce la cristologia trascendentale, trova nella
morte e nella risurrezione di Gesù la sua conferma storica e, a sua volta, è
l'orizzonte comprensivo per l'esperienza di fede della risurrezione di Gesù.
In questo "circolo" speranza trascendentale e fede nella risurrezione di Cristo
reciprocamente si sostengono e si testimoniano come vere. L'esperienza della
risurrezione permette dunque di afferrare la perenne validità di Gesù di Naza-
reth; in essa egli viene sperimentato come accettato da Dio e da lui autenticato
quale assoluto portatore di salvezza; in lui Dio si è reso accessibile all'uomo in
modo definitivo e irrevocabile»300.

298
K . R A H N E R - W . THUSING, Cristologia. Prospettiva sistematica ed esegetica, cit., 2 8 - 2 9 .
Cfr. K . RAHNER, Corso fondamentale sulla fede. Introduzione al concetto di cristianesimo, Edi-
zioni Paoline, Alba 1 9 7 7 , 3 2 1 - 3 2 2 .
299
K . R A H N E R - W . THUSING, Cristologìa. Prospettiva sistematica ed esegetica, cit., 4 0 . Cfr. K .
RAHNER, Corso fondamentale sulla fede. Introduzione al concetto di cristianesimo, cit., 3 4 3 - 3 4 7 .
300
C . PORRO, Cristologia in crisi?, cit., 3 2 - 3 3 .
240 CAPITOLO V I I - T E M P O ORDINARIO

8. P. Schoonenberg (1911 -1999)

Gesuita olandese. Uno dei principali redattori del Catechismo olandese.


Assiduo collaboratore della rivista internazionale "Concilium". Due teologi
hanno segnato in modo particolare il suo itinerario teologico: P. Teilhard de
Chardin e D. Bonhoeffer.
a) Secondo Schoonenberg il modello cristologico calcedonese suscita nu-
merose perplessità:

«Fino a non molto tempo fa, la stragrande maggioranza dei cristiani veniva
abituata all'immagine del Gesù Dio e uomo, dell'unico Cristo in due nature...
Ai nostri giorni però questo modello cristologico suscita numerose perplessi-
tà. .. Si pone quindi l'interrogativo: cosa esige una fedeltà, veramente creativa,
alla nostra fede in Gesù Cristo? Come si potrà, ai nostri giorni, testimoniare
questa fede senza mutilarla o deformarla, ma anche senza arroccarci in modelli
di pensiero che oggi non sono più in grado di esprimere ciò che in passato
erano in grado di proporre?»301.

b) Nei confronti del modello cristologico calcedonese Schoonenberg solleva


alcune difficoltà. Riguardano il concetto di natura302, il modo di presentare i rap-
porti tra il divino e l'umano303, il discorso sulla natura o sull'essenza di Cristo304, il
silenzio «sulla posizione di Gesù nella storia della salvezza»305, il fatto che non
«vengono per nulla tratteggiati i lineamenti della storia della salvezza che ca-
ratterizza la stessa persona di Gesù, come nemmeno la successione delle diver-
se fasi salvifiche che devono caratterizzare la sua esistenza umano-divina»306,

e infine «cosa si può realmente affermare sulla figliolanza divina per l'uo-
mo Gesù: è figlio di Dio in quanto uomo od in quanto uomo assunto? E so-
prattutto: come concepire questa enipostasi od anipostasi della natura umana
individuale?» 307 . Queste difficoltà e la necessità di farsi capire dall'uomo di
oggi portano all'abbandono del modello cristologico calcedonese.

301
P. SCHOONENBERG, Un Dio dì uomini. Questioni di cristologia, Queriniana, Brescia 1 9 7 1 , 5 7 .
302
Cfr. Ibidem, 70-71.
303
Cfr. Ibidem, 71.
304
Cfr. Ibidem, 72.
305
Ibidem.
306
Ibidem, 73.
307
Ibidem. Enipostasi: la natura umana impersonale è nondimeno personalizzata dalla per-
sona divina. Anipostasi: Gesù ha una natura umana e, in questo senso, è uomo; ma l'essere
persona è costituito in lui dalla persona divina, con la conseguenza che Cristo non sarebbe
persona umana.
CAPITOLO V I I - T E M P O ORDINARIO 241

c) «Io ritengo comunque che nel nostro caso un punto sia da tutti accettato,
e che quindi possa essere considerato dato certissimo: il fatto che Gesù Cristo
è una persona (e ciò è tanto certo, che spesso viene pure dimenticato)» 308 e
persona umana. Se non fosse così, tutto il suo essere umano si dissolverebbe
nel nulla.

«Infatti cosa comporta la negazione di un atto sostanziale umano creato? Com-


porta che Gesù non è più uomo, che non esiste più in quanto uomo. Qui l'im-
magine di Gesù è ancora più mutila di quella che l'apollinarismo ci delinea.
Infatti non si vanifica soltanto ciò che lo rende un vero uomo, ma anche ciò che
lo pone come un esistente nel mondo»309.

d) L'unica persona di Cristo è la persona umana. Può essere qualificato


anche come persona divina? Secondo Schoonenberg Gesù

«è la Parola definitiva e perfetta di Dio, l'atto escatologico e redentore di Dio


nei nostri confronti. È in lui che Dio è per noi presente salvificamente in una
dimensione che trascende ogni precedente agire salvifico divino e che quindi
pone nella storia del genere umano un inizio definitivo. Ciò non vale soltanto
per il Cristo glorificato, ma anche per Gesù nel contesto della sua vita terrena;
vale anche per la sua origine»310.

Questa realtà divina presente in Gesù non può essere intesa come un'altra
persona che gli si affianca e associa. Se la si intendesse come un'altra persona,
come si potrebbe salvare l'unità di Gesù?

«In Cristo non è la natura umana, bensì quella divina che viene affermata
anipostaticamente, anche se bisogna immediatamente aggiungere che ciò è
motivato dal fatto che l'essere personale del Verbo non è percepibile senza
l'uomo Gesù. Ciò che caratterizza però la nostra concezione è il fatto che non
è la natura umana a ritrovarsi enipostaticamente presente nella persona divina,
bensì che è proprio la natura divina a ritrovarsi enipostaticamente nella perso-
na umana»311.

e) Schoonenberg prospetta una cristologia senza dualità, una cristologia


in cui non appaiono un elemento umano ed uno divino in tensione tra loro312.

308
P. SCHOONENBERG, Un Dio di uomini. Questioni di cristologia, cit., 75.
309
Ibidem, 82.
310
Ibidem, 90.
311
Ibidem, 98. Con un articolo del 1973 Schoonenberg ritorna all'enipostasi dell'uomo
Gesù nel Verbo divino.
312
Cfr. Ibidem, 102-104.
Alle due nature appartenenti ad un'unica persona, si sostituisce la pienezza
della presenza di Dio nella persona umana concreta di Gesù. Prospetta così
una cristologia della presenza di Dio: Dio è pienamente, totalmente presente
in Gesù:

«In Cristo non esiste alcun agire umano che non venga in qualche modo in-
fluenzato dalla presenza di Dio. In lui non ritroviamo quindi alcuna "natura"
che possa venir intesa come una pura premessa dell'incontro salvifico. Ancor
meno vi riscontriamo un'esistenza peccaminosa, dalla quale il Cristo dovrebbe
venir liberato. Né sarebbe esatto distinguere tra una zona d'agire puramente
umana (ad esempio il mangiare) da una zona d'agire umano-divina»313.

Prospetta una cristologia della trascendenza umana di Gesù:

«la trascendenza, e quindi la dimensione salvifica di Cristo, non viene più ri-
posta in una persona divina che farebbe da supporto alla natura umana, ma
in questa stessa umana natura e soprattutto in questa persona umana. Per cui
trascendenza e dimensione salvifica di Cristo assumono il significato di un
annuncio salvifico e di un'affermazione di fede nel mistero»314.

f) La trascendenza umana di Gesù è unica. I termini più adatti per descri-


verla non sono "essenziale", "sostanziale", "assoluta". Il termine più adatto è
"escatologico":

«Gesù Cristo è il vertice escatologico dell'agire salvifico di Dio e quindi della


nostra storia salvifica. In lui Dio ci parla "in questi ultimi giorni" o "alla fine
dei tempi" (Eb 1,2); per cui "è giunta ormai la fine dei tempi" (ICor 10,11)...
Nella storia della salvezza egli è definitivamente l'intera Parola di Dio, profe-
rita e riproposta nella "pienezza dei tempi" (Gal 4,4; cfr. Me 1,15)»315.

Schoonenberg qualifica la sua cristologia «come una cristologia del com-


pimento umano definitivo» 316 . Segni distintivi della trascendenza di Cristo
sono la purezza e l'immediatezza dei suoi rapporti con il Padre317.

g) Coglie la risurrezione come perfezionamento celeste definitivo della


persona umana di Gesù318. Gesù anche nella sua perfezione celeste rimane la

313
Ibidem, 105.
314
Ibidem, 106.
315
Ibidem, 109.
316
Ibidem, 110.
317
Cfr. Ibidem, 110-114.
3,8
Cfr. Ibidem, 170-195.
CAPITOLO V I I - TEMPO ORDINARIO

medesima persona. Occorre «intendere l'identità del corpo terreno col corpo
risorto prima di tutto come una concretizzazione dell'identità della persona
terrena e della persona risorta» 319 . È chiaro che solo la fede permette di coglie-
re questa perfezione della persona di Gesù, come del resto anche la presenza
salvifica di Dio nella trascendenza umana di Gesù è manifesta solo agli occhi
della fede. Ciò è altrettanto importante come l'altra affermazione «che non è
la nostra fede a far risorgere Gesù, ma è il risorto che si presenta alla nostra
fede» 320 .

9. H. Kilng (1928 - )

Consulente teologico del Vaticano II.

«Teologo fecondo, molto sensibile alle responsabilità della fede cristiana verso
il mondo moderno e al dialogo ecumenico intercristiano e interreligioso, per le
sue posizioni di punta spesso al centro del dibattito teologico e dell'attenzione
dei mas-smedia»321.

a) Con il libro Essere cristiani322 Kiing si rivolge ai «tanti che con mo-
tivazioni diverse si vogliono sinceramente e onestamente informare sui
contenuti autentici del cristianesimo, su ciò che propriamente significa
essere cristiani» 323 . Punto di partenza della sua ricerca sono le esperien-
ze e le particolari condizioni dell'uomo del nostro tempo. Un uomo che
vuole essere «non un superuomo, ma neppure una sottospecie di uomo.
Uomo integrale in un mondo il più possibile umano» 324 . Uomo pratico,
razionalista, secolarizzato, emancipato, ma fortemente deluso. Deluso dai
progetti umanistici: «gli umanesimi mutano rapidamente. Che cosa è rima-
sto dell'umanesimo classico greco-occidentale dopo le grandi, umilianti
disillusioni dell'uomo?» 325 . Solo una soluzione trascendente, animata dalla
fede in Dio, può dare speranza all'uomo fortemente deluso.

319
Ibidem, 181.
320
Ibidem, 187.
321
G . IAMMARRONE, H. Kiing, in: L . P A C O M I O - G . OCCHIPINTI (edd.), Lexicon. Dizionario dei
teologi. Dal primo secolo ad oggi, cit., 751.
322
H . K U N G , Essere cristiani, cit.
323
Ibidem,!.
324
Ibidem, 14-15.
325
Ibidem, 21.
244 CAPITOLO V I I - T E M P O ORDINARIO

«Tutte le religioni... intendono... tracciare una via pratica che dalla miseria e
dallo strazio dell'esistenza conduca alla salvezza. Tutte considerano peccato
la menzogna, il furto, l'adulterio, l'omicidio e tutte enunciano una sorta di
"regola aurea" come criterio pratico di validità generale: non fare agli altri ciò
che non vorresti fosse fatto a te»326.

b) «In che consiste la peculiarità del cristianesimo?... Secondo le testimonianze


originarie dell'intera tradizione, secondo le testimonianze dei cristiani e dei
non-cristiani, l'elemento peculiare del cristianesimo è quello stesso Gesù,
che ancor oggi, con termine mutuato da un'antica lingua, viene denominato
Cristo... Il tratto peculiare assolutamente specifico del cristianesimo con-
siste appunto nel considerare Gesù essenziale, normativo, determinante per
l'uomo»327.

«Bisogna avere l'onestà di chiamare le cose col loro nome, contro ogni dila-
tazione, confusione e travisamento... del fatto cristiano: il cristianesimo dei
cristiani deve rimanere cristiano. Per rimanere cristiano deve però rimanere
legato all'unico Cristo, che non è un principio o un'intenzionalità o il punto di
arrivo di un processo evolutivo, ma... una persona ben determinata, inconfon-
dibile e insostituibile, con un nome ben preciso»328.

c) Ma quale Cristo? Il Cristo della devozione 329 , del dogma 330 , degli entu-
siasti331, dei letterati?332. «Quale immagine di Cristo è l'autentica? A quale ci
si deve attenere nella prassi?... Quale Cristo è il Cristo reale?»333.

«Il Cristo del cristianesimo non è semplicemente un'idea al di fuori del tempo,
un principio di validità eterna, un mito dal significato profondo... Il Cristo dei
cristiani è infatti una persona del tutto concreta, umana, storica: il Cristo dei
cristiani non è altri che Gesù di Nazaret. In tal senso il cristianesimo si fonda
essenzialmente sulla storia, la fede cristiana è essenzialmente una fede stori-
ca. .. Gesù di Nazaret non è un mito: la sua storia si può localizzare...; la sua
storia si può datare. Non è un mito al di sopra del tempo, paragonabile a quelli
plasmati dalle prime culture superiori dell'umanità»334.

326
Ibidem, 90.
327
Ibidem, 127.
328
Ibidem, 131.
329
Cfr. Ibidem, 132-135.
330
Cfr. Ibidem, 135-139.
331
Cfr. Ibidem, 139-145.
332
Cfr. Ibidem, 145-152.
333
Ibidem, 152.
334
Ibidem, 154.156. 157.
CAPITOLO V I I - TEMPO ORDINARIO 245

Gesù è un cittadino ebreo; vive in un preciso contesto sociale, politico e


religioso. Non monaco ascetico, non cenobita, non moralista pio. Ma provo-
catore in ogni senso335.

d) Il centro del suo messaggio è la causa di Dio nel mondo, il regno di


Dio. Regno che non definisce mai, ma che descrive con termini sempre nuo-
vi. E che presenta come il diretto, illimitato, universale dominio di Dio, la
lieta novella della bontà sconfinata di Dio e della sua grazia incondizionata a
beneficio dei perduti e dei miseri336. Parole, atteggiamenti, gesti annunciano
come imminente prima, come presente poi la realtà del regno di Dio. Attra-
verso ciò che dice e fa, Gesù vuole che si compia la volontà di Dio. Norma
suprema è la volontà di Dio. Il filo conduttore del discorso della montagna è
questo: sia fatta la volontà di Dio. Non altro337.

e) Il centro del messaggio è anche la causa dell'uomo.

«La volontà di Dio non è equivoca. E neppure è manipolabile... Dio non vuole
nulla per sé, nulla che torni a suo vantaggio, a sua maggiore gloria. Dio non
vuole nient'altro che il vantaggio dell'uomo, la sua vera grandezza, la sua dignità
suprema. Ecco che cos'è la volontà di Dio: il bene dell'uomo... La volontà di
Dio è una volontà di salvezza che si traduce in aiuto, risanamento, liberazione.
Dio vuole la vita, la gioia, la libertà, la pace, la salvezza, la grande felicità ultima
dell'uomo: del singolo e della collettività. E questo che significano il futuro as-
soluto, la vittoria, il regno di Dio secondo l'annuncio di Gesù: liberazione com-
pleta, redenzione, pacificazione, felicità dell'uomo... Dio non viene visto senza
l'uomo, l'uomo non viene visto senza Dio»338.

La causa di Dio non è il culto, ma l'uomo. Gesù relativizza la legge e il


Tempio339. Gesù vuole l'amore. E amore vuol dire perdono, servizio, rinun-
cia340, solidarietà con i deboli, i malati, gli emarginati, le donne, i bambini, i
poveri, i pubblicani 341 .

f) Con la sua parola, i suoi atteggiamenti, i suoi comportamenti Gesù diven-


ta motivo di scandalo. Lo arrestano, lo processano e lo condannano a morte.

335
Cù. Ibidem, 192-233.
336
Cfr. Ibidem, 234-240.
337
Cfr. Ibidem, 266-273.
338
Ibidem, 276-277.
339
Cfr. Ibidem, 277-280.
340
Cfr. Ibidem, 289-292.
341
Cfr. Ibidem, 292-306.
246 CAPITOLO V I I - T E M P O ORDINARIO

«La morte di Gesù non fu un caso, non fu un tragico errore giudiziario e nem-
meno un puro atto di arbitrio, ma una necessità storica... La fine violenta di
Gesù rientra nella logica del suo annuncio e del suo comportamento. La pas-
sione di Gesù si spiega come reazione dei custodi della Legge, del diritto e
della morale alla sua azione... La morte di Gesù fu, per così dire, la ricevuta
della sua vita»342.

Gesù viene ucciso perché «aveva messo in discussione l'ordine religioso


consacrato dalla tradizione e si era arrogato poteri inauditi con l'annuncio
della grazia di Dio Padre e con la personale concessione del perdono dei
peccati» 343 . Viene ucciso perché, secondo l'imputazione politica, «aveva aspi-
rato al potere politico, aveva incitato a rifiutare il pagamento delle tasse alla
forza d'occupazione e a ribellarsi, e si era inoltre presentato come il messia-re
politico dei giudei»344.

g) Con la morte di Gesù sembrava che tutto fosse finito. E invece, inizia
un movimento che si richiama a lui.

«Come fu possibile, dopo una fine così catastrofica, un nuovo inizio?...


Com'è possibile che questo maestro di falsità condannato sia assurto a Messia
di Israele, a "Cristo"... Com'è possibile che, dopo essere fuggiti, i seguaci
di quest'uomo... non soltanto siano rimasti fedeli al suo messaggio..., ma
abbiano immediatamente fatto di lui stesso il vero e proprio contenuto del
messaggio?»345.

Una cosa è certa. Qualche tempo dopo la morte di Gesù, i discepoli sono di
nuovo in cammino ed annunciano che il crocifisso è il vivente perché è stato
risuscitato346. La loro fede poggia sulla oggettività della loro esperienza e a
riprova portano due argomenti: la tomba vuota e le visioni del risorto.

h) L'esperienza di risorto li porta a riconsiderare la figura di Gesù e ad


attribuirgli quei titoli cristologici che ritenevano necessari per renderla cre-
dibile347: Figlio dell'uomo, Messia-Cristo, Signore, Figlio di Dio, Logos348.
Con l'attribuzione di alcuni titoli al risorto, sorge spontanea una domanda:

342
Ibidem, 375.
343
Ibidem, 377.
344
Ibidem.
345
Ibidem, 385-386.
346
Cfr. Ibidem, 390-402.
347
Cfr. Ibidem, 432-433.
348
Cfr. Ibidem, 435-436.
il risorto non si identifica con il Gesù terreno? Non si deve riferire al Gesù
terreno quanto si dice del risorto? Non è dunque già il Gesù terreno il Figlio di
Dio, anche se la sua signoria è ancora latente?

«Il momento dell'investitura a Figlio di Dio venne così anticipato in altri scritti
neotestamentari: anticipato al battesimo quale punto di partenza dell'attività
pubblica o alla nascita o, addirittura, prima ancora della nascita, all'eternità
di Dio. Originariamente, quindi, col titolo "Figlio di Dio" non si allude alla
discendenza, ma alla posizione di privilegio e di potere di Gesù. Non tanto
all'essenza, quanto alla funzione. Originariamente il titolo non prospetta una
filiazione corporea, ma un'elezione e una delega di poteri da parte di Dio: in
modo tale che questo Gesù regna ora in luogo di Dio sul suo popolo. "Figlio
di Dio" non caratterizza Gesù... come un essere sovrumano, divino, ma come
il sovrano intronizzato mediante l'elevazione alla destra di Dio: una sorta di
plenipotenziario, che i sudditi devono onorare come Dio stesso... Questo ti-
tolo chiarì agli uomini di quel tempo quale fosse il rapporto dell'uomo Gesù
di Nazaret con Dio, quale rilievo avesse la sua posizione al fianco di Dio, di
fronte alla comunità e al mondo, a nessun altro subordinato se non al Padre.
Nella sua qualità di elevato definitivamente alla destra di Dio, Gesù è ora di
fronte agli uomini, in senso pieno e definitivo ("una volta per tutte"), il rappre-
sentante dì Dio. Titoli come "Incaricato", "Delegato", "Avvocato", "Portavo-
ce", "Procuratore", e ancora "Inviato", "Fiduciario", "Confidente", "Amico",
"Sostituto", "Rappresentante" di Dio esprimono oggi, per alcuni con chiarezza
forse maggiore, ciò che tentavano di dire gli antichi epiteti di "Re", "Pastore",
"Salvatore", "Figlio di Dio" o anche la dottrina tradizionale dei tre "carismi"
di Gesù Cristo (profetico, regale, sacerdotale)»349.

349
Ibidem, 440.
Parte quinta
Sintesi cristologica
CAPITOLO OTTAVO

LA C O N T E M P L A Z I O N E
DEL MISTERO DI CRISTO

«Credo in solo Dio, Padre onnipotente,


creatore del cielo e della terra,
di tutte le cose visibili e invisibili.

Credo in un solo Signore, Gesù Cristo,


unigenito Figlio di Dio,
nato dal Padre prima di tutti i secoli:
Dio da Dio, Luce da Luce, Dio vero da Dio vero,
generato, non creato, della stessa sostanza del Padre;
per mezzo di lui tutte le cose sono state create.
Per noi uomini e per la nostra salvezza discese dal cielo,
e per opera dello Spirito Santo
si è incarnato nel seno della Vergine Maria
e si è fatto uomo.
Fu crocifisso per noi sotto Ponzio Pilato, morì e fu sepolto.
Il terzo giorno è risuscitato, secondo le Scritture,
è salito al cielo, siede alla destra del Padre.
E di nuovo verrà, nella gloria, per giudicare i vivi e i morti,
e il suo regno non avrà fine.

Credo nello Spirito Santo, che è Signore e dà la vita,


e procede dal Padre e dal Figlio.
Con il Padre e il Figlio è adorato e glorificato,
e ha parlato per mezzo dei profeti»1.

GEI, Messale Romano, Professione di fede, cit.


Il Cristo che la Chiesa professa, celebra e vive è il Figlio di Dio che, nella
pienezza del tempo (Gal 4,4-5), si fa uomo per rivelare il mistero di Dio, Pa-
dre e Figlio e Spirito Santo, dare all'uomo il potere di diventare figlio di Dio
(Gv 1,12) e manifestargli la sua altissima vocazione (GS 22). La Chiesa lo sa
e lo confessa. «Per Cristo, con Cristo e in Cristo, a te, Dio Padre onnipotente.
C A P I I O L O V I I I - L A CONTEMPLAZIONE DEL MISTERO DI CRISTO 253

nell'unità dello Spirito Santo, ogni onore e gloria per tutti i secoli dei secoli»2.
Al termine del nostro cammino cristologico, la contemplazione dell' icona
della Trinità di Andrej Rublèv introduce il nostro tentativo di fare sintesi e
di metterci in atteggiamento di contemplazione e di adorazione di fronte al
mistero di Gesù vero Dio e vero uomo, il Signore che libera e salva con la sua
stessa presenza, con la sua parola, con i suoi atteggiamenti, con i suoi compor-
tamenti, con le sue scelte, con la sua pasqua di morte e di risurrezione, con il
dono dell'eucaristia, con la Chiesa sacramento universale di salvezza.

1. L E T T U R A DELL'ICONA DELLA TRINITÀ DI ANDREJ RUBLÈV

Dipinta nel 1411 e considerata il capolavoro di Andrej Rublèv, l'icona si


ispira al racconto biblico di Gn 18,1-16.1 tre misteriosi pellegrini sono seduti
a mensa davanti alla tenda di Abramo, alle Querce di Mamre. L'episodio è
stato interpretato dai Padri della Chiesa come prefigurazione della Trinità (tre
uomini, tre angeli) e dell'annunciazione a Maria (profezia del parto di Sara:
«c'è forse qualche cosa impossibile per il Signore?»).

Il colore blu, presente nelle vesti di tutte e tre le figure, è il colore della
divinità che le tre persone divine condividono. Gli altri colori sottolineano le
specificità di ogni persona. La somiglianza del volto richiama l'unità della
Trinità. Ogni angelo presenta un volto giovanile, né maschile né femminile,
per esprimere l'eternità della divinità delle tre persone.
I tre angeli sono uguali anche fisicamente. Il loro corpo è molto allungato
rispetto alle proporzioni normali. Questo è un elemento tipico dell'icona che
esprime la diversa dimensione delle figure raffigurate. Molto importante per
sottolineare l'unità è il cerchio in cui i tre angeli possono essere inscritti. Il
cerchio indica il tutto, l'unità della vita di Dio.
Gli angeli tengono in mano il bastone del viandante, segno della stessa au-
torità; le aureole, di giallo luminoso, sono tutte e tre uguali senza alcun segno
di distinzione; l'azzurro, colore divino, è in tutte e tre le figure che sono sedute
su troni uguali, segno della stessa dignità.
Le tre figure sono in atteggiamento di riposo; sono molto simili e si diffe-
renziano solo per l'atteggiamento di ciascuno nei confronti degli altri due: un
solo Dio in tre persone che si completano l'una l'altra in un rapporto circolare,
inesauribile, di comunione amorosa. L'atteggiamento delle tre persone divi-

2
Ibidem, Dossologia, cit.
C A P I I O L O VIII - L A CONTEMPLAZIONE DEL MISTERO DI CRISTO 254

ne, disposte a cerchio aperto verso chi guarda e in conversazione tra di loro,
esprime l'Amore trinitario. Nonostante la loro somiglianza, gli angeli hanno
però identità diverse riferite alla loro azione nel mondo. L'identificazione è
suggerita dai colori degli abiti, dalla posizione dei corpi, dai gesti delle mani,
dalla testa.

L'angelo di centro è il Figlio. È lui che storicamente rivela il mistero di


Dio Trinità. Lo fa in modo particolare attraverso l'annuncio del vangelo e
l'evento di pasqua (passione, morte, risurrezione, glorificazione ed effusione
dello Spirito Santo).
Il colore ocra della tunica indica la natura umana. Il mantello azzurro in-
dica la natura divina. Il mantello, appoggiato solo su una spalla, indica che il
Figlio è mandato dal Padre. Gesù rivela il vero volto di Dio e il suo amore (Gv
1,18). La stola gialla indica la missione vittoriosa di Gesù.
Il Figlio sembra proteso verso il Padre. Lo guarda con amore. Dialoga con
lui. Nello sguardo del Figlio verso il Padre e del Padre verso il Figlio si può
vedere la missione che il Figlio riceve dal Padre (Gv 5,19.36; 12,49; 14,31).
Il Figlio mostra il cuore del Padre, ascolta e vede il Padre. Annunzia ciò che il
Padre gli ha comandato. Compie la sua volontà.
La mano destra appoggiata sulla terra-altare è la più vicina alla coppa
dell'offerta. Le due dita separate della mano richiamano la divina liturgia bi-
zantina, dove questo gesto evoca l'ineffabile mistero:

«Nascosto dal Padre prima di tutti i secoli secondo la divinità, nato in questo
ultimo tempo da Maria la Vergine, Madre di Dio, secondo l'umanità, per noi e
per la nostra salvezza: un solo e medesimo Cristo, Figlio, Signore, l'Unigenito
che si fa conoscere in due nature, senza mescolanza né cambiamento, senza
divisione né separazione.. ,»3.

L'albero che sta alle spalle dell'angelo di centro richiama l'albero della
vita nel paradiso e l'albero della Croce. L'albero, curvo sulle spalle dell'an-
gelo centrale come se egli stesse per caricarselo addosso, è la croce, il nuovo
albero della vita. Cristo è il nuovo Adamo, l'uomo nuovo che ci rivela l'uomo
vero, l'uomo che sa amare. L'icona non può rappresentare il Figlio senza un
albero, la croce che si sta caricando sulle spalle, senza un calice che ricorda il
dono di sé.
Sulla stessa linea dell'albero ci sono la tenda di Abramo e il monte. La ten-

3
H . DENZINGER, Enchiridion symbolorum, definitionum et declaratìonum de rebus fidei et
morum, cit., 301-302.
da che sorge alle spalle del Padre (dell'angelo di sinistra) è la casa del Padre
alla quale tutti gli uomini sono invitati. Porte e finestre sono aperte perché
è una casa accogliente come la tenda di Abramo e di Sara. Il monte sembra
offrirsi al Figlio perché lo salga. È il calvario sul quale il Figlio darà "la vita
per le pecore". Il Padre guarda verso il colle come Abramo guardò il monte
Moria quando saliva per offrire il proprio figlio Isacco. Il Figlio, l'angelo di
centro, non guarda l'albero-croce e il monte, ma volge loro le spalle. Li vede
riflessi nello sguardo del Padre, sguardo che parla della nostra salvezza e del
cuore misericordioso e fedele di Dio.

L'angelo di sinistra è il Padre. Siede con solennità sul trono. Il suo sguardo
e il gesto della mano destra hanno qualcosa di imperativo.
Il vestito oro e rosa (trasparenza) proclama che lui è l'origine della divinità
e la sorgente della vita. Il blu è quasi totalmente nascosto dal mantello: egli è
il Dio che nessuno ha mai visto e che il Figlio ha rivelato e narrato con la sua
parola, con le sue opere e soprattutto con il suo "mistero pasquale".
Il mantello poggiato sulle due spalle indica che è lui, il Padre, che invia.
Invio indicato anche dal piede sinistro (passo di danza). Le mani indicano il
calice che contiene l'agnello. Tutto converge verso di lui: gli angeli, il monte,
la tenda, l'albero.

L'angelo di destra è in atteggiamento di "infinita devozione". Egli è intera-


mente una "grande inclinazione" verso gli altri; il suo corpo disegna un'ampia
curva. Sembra ricevere tutto dagli altri e attendere tutto da loro. È lo Spirito
che nulla dice di suo, ma testimonia tutto ciò che Gesù ha fatto.
La tunica azzurra indica la divinità che lo Spirito Santo ha in comune con il
Figlio e con il Padre. Dio come il Figlio. Dio come il Padre. Il mantello verde
acqua richiama la sua azione: dare la vita, rinnovare continuamente il mondo,
rendere gli uomini simili a Gesù per introdurli nella vita di Dio. È lo Spirito
che dà la vita.
La figura più piegata sulla mensa indica atteggiamenti di ascolto, di umiltà,
di docilità. Lo sguardo indica la missione. Lo Spirito è donato per plasmare
nell'uomo l'immagine del Figlio, renderlo conforme a Cristo, ricondurlo alla
sua primitiva e originaria vocazione. Lo Spirito Santo è la faccia di Dio incli-
nata sul mondo.
La mano cadente sulla terra-altare indica la direzione della benedizione
(mondo). Il mantello poggiato solo su una spalla e piede (danza) sono simboli
del suo accingersi a partire per la missione.
C A P I I O L O VIII - L A CONTEMPLAZIONE DEL MISTERO DI CRISTO 256

2. L A S T O R I A D E L L A S A L V E Z Z A

La contemplazione dell'icona introduce, in qualche modo, la riflessione


sul mistero della storia della salvezza 4 .

1. Eventi e parole intimamente connessi

La storia della salvezza comprende eventi che il prefazio della preghiera


eucaristica IV sintetizza così.

a) «Noi ti lodiamo, Padre santo,


per la tua grandezza:
tu hai fatto ogni cosa con sapienza e amore.
A tua immagine hai formato l'uomo,
alle sue mani operose hai affidato l'universo
perché nell'obbedienza a te, suo creatore,
esercitasse il dominio su tutto il creato,
E quando, per la sua disobbedienza,
l'uomo perse la tua amicizia,
tu non l'hai abbandonato in potere della morte,
ma nella tua misericordia a tutti sei venuto incontro,
perché coloro che ti cercano ti possano trovare.
Molte volte hai offerto agli uomini
la tua alleanza,
e per mezzo dei profeti
hai insegnato a sperare nella salvezza.
Padre santo, hai tanto amato il mondo
da mandare a noi, neUa pienezza dei tempi,
il tuo unico Figlio come salvatore.
Egli si è fatto uomo per opera dello Spirito Santo
ed è nato dalla Vergine Maria;
ha condiviso in tutto, eccetto il peccato,
la nostra condizione umana.
Ai poveri annunziò il vangelo di salvezza,
la libertà ai prigionieri,

4
Cfr. K . B E R G E R - A . D A R L A P , Salvezza, Storia della, in: K . RAHNER, Sacramentum mundi.
Enciclopedia Teologica, 7 , Morcelliana, Brescia 1 9 7 7 , 3 2 9 - 3 4 9 ; G . ANGELINI, Storia-storicità,
in: L. PACOMIO (ed.), Dizionario Teologico Interdisciplinare, 3 , Marietti, 1 9 7 7 , 3 3 7 - 3 6 4 ; C.
VAGAGGINI, Storia della salvezza, in: G . B A R B A G L I O - S . DIANICH (edd.),iVttov0 Dizionario di Te-
ologia, cit., 1 5 5 9 - 1 5 8 3 ; A . PISTOIA, Storia della salvezza, in: D. SARTORE-A. M. TRIACCA (edd.),
Nuovo Dizionario di Liturgia, cit., 1 4 7 8 - 1 4 9 3 ; G . PASQUALE, La storia della salvezza. Dio Si-
gnore del tempo e della storia, Edizioni Paoline (Diaconia alla verità, 1 1 ) , Milano 2 0 0 2 ; G .
IAMMARRONE, Salvezza, in: G . B A R B A G L I O - G . B O F - S . DIANICH (edd.), Teologia, cit., 1 4 3 8 - 1 4 5 9 ;
M. CIMOSA, Salvezza, in: R . P E N N A - G . P E R E G O - G . RAVASI (edd.), Temi teologici della Bibbia,
1223-1231.
CAPITOLO VILI - LA CONTEMPLA/IONF DEL MISTERO DI CRISTO

agli afflitti la gioia.


Per attuare il tuo disegno di redenzione
si consegnò volontariamente alla morte,
e risorgendo distrusse la morte e rinnovò la vita.
E perché non viviamo più per noi stessi
ma per lui che è morto e risorto per noi,
ha mandato, o Padre, lo Spirito Santo,
primo dono ai credenti,
a perfezionare la sua opera nel mondo
e compiere ogni santificazione»5.

b) Come si vede, la Chiesa rende lode a Dio per il suo amore e la sua gran-
dezza. Amore e grandezza che egli ha manifestato nel tempo e nella storia at-
traverso eventi, quali la creazione del cielo e della terra («tu hai fatto ogni cosa
con sapienza e amore»), la creazione dell'uomo e della donna a sua immagine e
somiglianza («a tua immagine hai formato l'uomo»), la promessa della salvezza
dopo l'esperienza del peccato («e quando, per la sua disobbedienza, l'uomo per-
se la tua amicizia, tu non l'hai abbandonato in potere della morte, ma nella tua
misericordia a tutti sei venuto incontro, perché coloro che ti cercano ti possano
trovare»), l'offerta dell'alleanza sinaitica («molte volte hai offerto agli uomini la
tua alleanza»), la singolare testimonianza dei profeti («per mezzo dei profeti hai
insegnato a sperare nella salvezza»), l'incarnazione del Figlio di Dio («hai tanto
amato il mondo da mandare a noi, nella pienezza dei tempi, il tuo unico Figlio
come salvatore»), la vicenda umana di Gesù («ha condiviso in tutto, eccetto il
peccato, la nostra condizione umana»), l'annuncio del vangelo della salvezza
(«ai poveri annunziò il vangelo di salvezza, la libertà ai prigionieri, agli afflitti
la gioia»), la passione, la morte e la risurrezione di Gesù («per attuare il tuo
disegno di redenzione, si consegnò volontariamente alla morte, e risorgendo
distrusse la morte e rinnovò la vita»), la missione dello Spirito Santo («E perché
non viviamo più per noi stessi ma per lui che è morto e risorto per noi, ha man-
dato, o Padre, lo Spirito Santo, primo dono ai credenti»),

2. Evento trinitario. Opera del Padre, del Figlio, dello Spirito Santo

a) La storia della salvezza ha come autore Dio. È lui che prende l'iniziati-
va. È lui che rivela se stesso e il suo mistero di comunione salvifica attraverso
«eventi e parole intimamente connessi, in modo che le opere... manifestano e
rafforzano la dottrina e le realtà significate dalle parole, mentre le parole prò-

r.
5
CEI, Messale Romano, Preghiera eucaristica IV, cit. Cfr. Ef 1,3-23; LG 2-4.
CAPITOLO VILI - LACONTEMPLAZIONE DEL MISTERO PI CRISTO

clamano le opere e illustrano il mistero in esse contenuto» (DV 2). È lui che
salva. E se è Dio che salva, la salvezza è dono. Dono che esige la fede. Chiare,
nell'Antico Testamento, la consapevolezza e la testimonianza del popolo di
Israele.

«Come gli uccelli proteggono i loro pulcini, così il Signore degli eserciti pro-
teggerà Gerusalemme: egli la proteggerà, ed essa sarà salvata, la risparmierà
ed essa sarà liberata» (Is 31,5).

«Venite, ritorniamo al Signore: egli ci ha straziato ed egli ci guarirà. Egli ci ha


percosso ed egli ci fascerà. Dopo due giorni ci ridarà la vita e il terzo ci farà
rialzare e noi vivremo alla sua presenza» (Os 6,1-2).

«Beata la nazione che ha il Signore come Dio, - il popolo che egli ha scelto
come sua eredità. - Il Signore guarda dal cielo, - egli vede tutti gli uomini. -
Dal trono dove siede, - scruta gli abitanti di tutta la terra, - lui che di ognuno
ha plasmato il cuore - e ne comprende tutte le opere. - Il re non si salva per un
grande esercito - né un prode scampa per il suo grande vigore. - Un'illusione
è il cavallo per la vittoria, - e neppure un grande esercito può dare salvezza. -
Ecco, l'occhio del Signore su chi lo teme, - su chi spera nel suo amore, - per
liberarlo dalla morte - e nutrirlo in tempo di fame» (Sai 33,12-19).

b) La storia della salvezza comincia con Abramo 6 e continua con i suoi

6
Durante t'esilio babilonese, una minoranza di detenuti riflette sulla straordinaria storia di
Israele: dopo la liberazione dalla schiavitù d'Egitto può Dio dimenticare il suo popolo in terra
di Babilonia? Può essere l'esilio l'ultima parola? Con la folgorante avanzata di Ciro, si fa luce
l'idea che si prepara un nuovo esodo, più meraviglioso della liberazione d'Egitto e della marcia
verso la terra promessa. Il deutero-Isaia scrive parole di consolazione: «Consolate, consolate
il mio popolo, - dice il vostro Dio. - Parlate al cuore di Gerusalemme - e gridatele che la sua
tribolazione è compiuta, - la sua colpa è scontata, perché ha ricevuto dalla mano del Signore
- il doppio per tutti i suoi peccati. Una voce grida: - "Nel deserto preparate la via al Signore,
- spianate nella steppa la strada per il nostro Dio. - Ogni valle sia innalzata, - ogni monte e
ogni colle siano abbassati; - il terreno accidentato si trasformi in piano - e quello scosceso in
vallata. - Allora si rivelerà la gloria del Signore - e tutti gli uomini insieme la vedranno, - per-
ché la bocca del Signore ha parlato"» (Is 40,1-5). Il profeta annuncia il ritorno nella terra dei
padri. A liberare dalla schiavitù di Babilonia è il Signore che un giorno, con braccio disteso e
mano potente, ha liberato dalla schiavitù di Faraone. L'ha fatto perché lui è il Signore di tutte le
cose. Signore, perché le ha create con la potenza della sua parola. C'è un filo rosso che unisce
le meraviglie operate dal Signore. Il filo della salvezza. Filo che lega tra di loro gli eventi della
creazione, dell'esodo dall'Egitto e dell'esodo da Babilonia. La creazione viene pensata come
inizio della storia della salvezza. «La creazione è il fondamento di "tutti i progetti salvifici di
Dio", "l'inizio della storia della salvezza", che culmina in Cristo. Inversamente il Mistero di
Cristo è la luce decisiva sul mistero della creazione: rivela il fine in vista del quale, "in prin-
cipio, Dio creò il cielo e la terra" (Gn 1,1): dalle origini, Dio pensava alla gloria della nuova
creazione» (Catechismo delia Chiesa Cattolica, cit., n. 280).
C A P I T O L O V I ] ! - LACONTEMPLAZIONEDELMÌS^ CRISTO

discendenti, da Isacco a Giacobbe, a Mosè, a Davide, ai profeti, ai sapienti


È storia di

«liberazione collettiva e nazionale, legata alle circostanze politiche della sto-


ria di Israele. Solo raramente appare la nozione di una salvezza personale ed
interiore (Sai 51,14)... Le situazioni concrete nelle quali viene invocato Dio
salvatore riguardano tutti gli aspetti dell'esistenza, in particolare la guerra o la
prigionia, la malattia o la morte, l'esilio o la schiavitù. Nell'Antico Testamento
il fulcro storico che resterà il punto di riferimento costante nella celebrazione
della salvezza, grande memoriale della bontà e della potenza di Dio e allo
stesso tempo fondamento della speranza futura è l'esodo: la miracolosa libera-
zione di Israele dalla schiavitù di Faraone... Il concetto di salvezza nell'Antico
Testamento è strettamente legato all'evento dell'esodo: è la liberazione di un
popolo, una liberazione essenzialmente politica che ha luogo nell'arco della
storia. In un'ottica di salvezza nazionale, politica e collettiva si collocano an-
che i profeti nei loro annunci messianici: anch'essi promettono un Messia che
salverà anzitutto e soprattutto Israele, il quale avrà il privilegio di diventare
luce per tutti i popoli della terra, portatore a tutti della salvezza che viene da
Dio (Is 11,1-10; Ger 31,21-34; Ez 37,21-28)»7.

c) La storia della salvezza ha in Cristo

«la chiave, il centro e il fine di tutta la storia umana... La Chiesa afferma che al
di là di tutto ciò che muta stanno realtà immutabili; esse trovano il loro ultimo
fondamento in Cristo, che è sempre lo stesso: ieri, oggi e nei secoli» (GS 10).

Gesù Cristo, il crocifisso risuscitato, è il salvatore, anzi, l'unico salvatore.


Chiara la consapevolezza e la testimonianza della Chiesa delle origini.

«Capi del popolo e anziani, visto che oggi veniamo interrogati sul beneficio re-
cato a un uomo infermo, e cioè per mezzo di chi egli sia stato salvato, sia noto
a tutti voi e a tutto il popolo d'Israele: nel nome di Gesù Cristo il Nazareno,
che voi avete crocifisso e che Dio ha risuscitato dai morti, costui vi sta innanzi
risanato. Questo Gesù è la pietra, che è stata scartata da voi, costruttori, e che
è diventata la pietra d'angolo. In nessun altro c'è salvezza; non vi è infatti,
sotto il cielo, altro nome dato agli uomini, nel quale è stabilito che noi siamo
salvati» (Ai 4,8-12).

«In lui anche voi, dopo avere ascoltato la parola della verità, il Vangelo della
vostra salvezza, e avere in esso creduto, avete ricevuto il sigillo dello Spirito
Santo che era stato promesso, il quale è caparra della nostra eredità, in attesa
della completa redenzione di coloro che Dio si è acquistato a lode della sua
gloria» (Ef 1,13-14).

7
B . MONDIN, Gesù Cristo salvatore dell'uomo. Cristologìa storica e sistematica, cit., 269-270.
W À C A P I T O L O V H I - L A C O N T E M P L A Z I O N E D E L M I S T E R O D I C RI S T O

«Io infatti non mi vergogno del Vangelo, perché è potenza di Dio per la sal-
vezza di chiunque crede, del Giudeo, prima, come del Greco. In esso infatti
si rivela la giustizia di Dio, da fede a fede, come sta scritto: Il giusto per fede
vivrà» (Rm 1,16-17).

d) Il Verbo del Padre, Gesù Cristo, salva facendosi uomo:

«con l'incarnazione il Figlio di Dio si è unito in certo modo ad ogni uomo. Ha


lavorato con mani d'uomo, ha pensato con intelligenza d'uomo, ha agito con
volontà d'uomo, ha amato con cuore d'uomo. Nascendo da Maria vergine, egli si
è fatto veramente uno di noi, in tutto simile a noi fuorché il peccato» (GS 22).

Gesù salva percorrendo le strade dell'uomo, annunciando il vangelo (Me


1,14-15); accogliendo e liberando uomini e donne dalla schiavitù del peccato
(Me 2,1-12; Gv 5,1-18); dando se stesso sotto il segno del pane (corpo) "dato
per voi" e del vino (sangue) "versato per voi" (Le 22,7-20); soffrendo e mo-
rendo in croce (Mt 27,1-66); distruggendo la morte e rinnovando la vita (Le
24,1-49); ascendendo al cielo e mandando lo Spirito Santo (Le 24,50-53; At
1,6-11; 2,1-4).

«Agnello innocente, col suo sangue sparso liberamente ci ha meritato la vita;


in lui Dio ci ha riconciliati con se stesso e tra di noi e ci ha strappati dalla schia-
vitù del diavolo e del peccato; così che ognuno di noi può dire con l'apostolo:
il Figlio di Dio "mi ha amato e ha sacrificato se stesso per me" (Gal 2,20).
Soffrendo per noi non ci ha dato semplicemente l'esempio perché seguiamo
le sue orme, ma ci ha anche aperto la strada: se la seguiamo, la vita e la morte
vengono santificate e acquistano nuovo significato» (GS 22).

Davvero, tutta l'esistenza di Gesù è salvezza.

e) Gesù salva attraverso il mistero evento della sua vita. Dall'inizio alla fine.
«Tutto quello che Cristo ha fatto e ha detto è stato per la nostra salvezza. Ogni
sua azione, anche quella umanamente più insignificante, essendo teandrica, ha
valore salvifico infinito. "Caro cardo salutis": la salvezza ci viene dall'umanità
di Gesù, in quanto strumento del Verbo, intimamente congiunto con lui. Tutto
ciò che egli ha assunto - la nostra vita, i suoi aspetti più umili e persino banali -
è stato divinizzato ed è diventato principio di salvezza per tutti gli uomini»8.

M a un posto particolare deve essere dato all'evento di pasqua.


Confessione chiara di Paolo:

8
C. PORRO, Gesù il Salvatore. Iniziazione alla cristologia, cit., 205.
EAPITOLO Y I L I -,LA C O N T E M p l / ^ I RQ P) CRISTO 261

«Perciò anch'io, avendo avuto notizia della vostra fede nel Signore Gesù e
dell' amore che avete verso tutti i santi, continuamente rendo grazie per voi
ricordandovi nelle mie preghiere, affinché il Dio del Signore nostro Gesù Cri-
sto, il Padre della gloria, vi dia uno spirito di sapienza e di rivelazione per
una profonda conoscenza di lui; illumini gli occhi del vostro cuore per farvi
comprendere a quale speranza vi ha chiamati, quale tesoro di gloria racchiude
la sua eredità fra i santi e qual è la straordinaria grandezza della sua potenza
verso di noi, la manifestò in Cristo,
quando lo risuscitò dai morti
e lo fece sedere alla sua destra nei cieli,
al di sopra di ogni Principato e Potenza,
al di sopra di ogni Forza e Dominazione
e di ogni nome che viene nominato
non solo nel tempo presente ma anche in quello futuro.
Tutto infatti egli ha messo sotto i suoi piedi
e lo ha dato alla Chiesa come capo su tutte le cose:
essa è il corpo di lui,
la pienezza di colui che è il perfetto compimento di tutte le cose» (Ef 1,15-23).

«Ma Dio, ricco di misericordia, per il grande amore con il quale ci ha amato, da
morti che eravamo per le colpe, ci ha fatto rivivere con Cristo: per grazia siete
salvati. Con lui ci ha anche risuscitato e ci ha fatto sedere nei cieli, in Cristo
Gesù, per mostrare nei secoli futuri la straordinaria ricchezza della sua grazia
mediante la sua bontà verso di noi in Cristo Gesù.
Per grazia infatti siete salvati mediante la fede; e ciò non viene da voi, ma è
dono di Dio; né viene dalle opere, perché nessuno possa vantarsene. Siamo
infatti opera sua, creati in Cristo Gesù per le opere buone, che Dio ha preparato
perché in esse camminassimo.
Perciò ricordatevi che un tempo voi, pagani nella carne, chiamati non circon-
cisi da quelli che si dicono circoncisi perché resi tali nella carne per mano
d'uomo, ricordatevi che in quel tempo eravate senza Cristo, esclusi dalla citta-
dinanza d'Israele, estranei ai patti della promessa, senza speranza e senza Dio
nel mondo. Ora invece, in Cristo Gesù, voi che un tempo eravate lontani, siete
diventati vicini, grazie al sangue di Cristo.
Egli infatti è la nostra pace,
colui che di due ha fatto una cosa sola,
abbattendo il muro di separazione che li divideva,
cioè l'inimicizia, per mezzo della sua carne.
Così egli ha abolito la Legge, fatta di prescrizioni e di decreti,
; per creare in se stesso, dei due, un solo uomo nuovo,
> facendo la pace,
e per riconciliare tutti e due con Dio in un solo corpo,
per mezzo della croce,
eliminando in se stesso l'inimicizia.
Egli è venuto ad annunciare pace a voi che eravate lontani,
e pace a coloro che erano vicini.
262 CAPITOLO VILI - L A CONTEMPLAZIONE DEL MISTERO DI CRISTO

Per mezzo di lui infatti possiamo presentarci, gli uni e gli altri, al Padre in un
solo Spirito.
Così dunque voi non siete più stranieri né ospiti, ma siete concittadini dei santi
e familiari di Dio, edificati sopra il fondamento degli apostoli e dei profeti,
avendo come pietra d'angolo lo stesso Cristo Gesù. In lui tutta la costruzione
cresce ben ordinata per essere tempio santo nel Signore; in lui anche voi venite
edificati insieme per diventare abitazione di Dio per mezzo dello Spirito» (Ef
2,4-22).

f) La salvezza che Gesù dona, in modo particolare attraverso la sua pasqua


di morte e di risurrezione, non è evento collettivo, nazionale, politico, ma
evento interiore, spirituale, personale, universale ed scatologico. Evento che
libera l'uomo dal peccato 9 e lo riconcilia con Dio, con se stesso, con il mondo.
La Chiesa lo sa, lo confessa e rende lode a Dio:

«È veramente cosa buona e giusta, nostro dovere e fonte di salvezza, procla-


mare sempre la tua gloria, o Signore, e soprattutto esaltarti in questo giorno nel
quale Cristo, nostra pasqua, si è immolato. E lui il vero agnello che ha tolto
i peccati del mondo, è lui che morendo ha distrutto la morte e risorgendo ha
ridato a noi la vita»10.

«Per mezzo di lui rinascono a vita nuova i figli della luce, e si aprono ai cre-
denti le porte del regno dei cieli. In lui morto è redenta la nostra morte, in lui
risorto tutta la vita risorge»11.

«In lui vincitore del peccato e della morte, l'universo risorge e si rinnova, e
l'uomo ritorna alle sorgenti della vita»12.

«Nella sua misericordia per noi peccatori egli si è degnato di nascere dalla
Vergine; morendo sulla croce, ci ha liberati dalla morte eterna e con la sua
risurrezione ci ha donato la vita immortale»13.

«Egli, nascendo da Maria Vergine, ha inaugurato i tempi nuovi; soffrendo la


passione, ha distrutto i nostri peccati; risorgendo dai morti, ci ha aperto il pas-
saggio alla vita eterna; salendo a te, Padre, ci ha preparato un posto nel tuo
regno»14.

9
Cfr. CONGREGAZIONE PER LA DOTTRINA DELLA F E D E , Libertà cristiana e liberazione,
22.3.1986, in: EV, 10, nn. 240-248.
10
CEI, Messale Romano, prefazio pasquale 1, cit.
11
Ibidem, prefazio pasquale 2.
12
Ibidem, prefazio pasquale 4.
13
Ibidem, prefazio 2 delle domeniche del tempo ordinario.
14
Ibidem, prefazio 4 delle domeniche del tempo ordinario.
CAPITOLO V i l i - L A CONTEMPLAZIONE DEL MISTERO DI C R I S T O 2 6 3 . .

g) La salvezza che Gesù dona è salvezza integrale dell'uomo.

«Si tratta eminentemente di una salvezza teologica, non politica, non sociale
non economica, non ecologica, non filantropica ecc., vale a dire che riguarda
anzitutto e soprattutto i rapporti tra l'uomo e Dio, rapporti guastati dal peccato;
una salvezza che interessa tutto l'uomo... Nel definire la salvezza integrale, in-
tesa sia come salvezza da sia come salvezza per, occorre assegnare il primato
assoluto e la porzione principale a ciò che riguarda Dio, ossia a ciò che ci tiene
lontani da lui e a ciò che a lui ci avvicina. Ora ciò che ci allontana da Dio è il
peccato', la ribellione a Dio, la superbia, la pretesa di autogiustificazione e di
autosalvazione da parte dell'uomo. È da questa condizione di ribellione a Dio
e di lontananza da lui che Gesù Cristo è venuto anzitutto a salvarci, non quindi
dalle malattie, dalla fame, dalle ingiustizie sociali ecc.»15.

«Ad alcuni sembra addirittura che la lotta necessaria per la giustizia e la libertà
dell'uomo, intese nel loro senso economico e politico, costituisca l'aspetto es-
senziale ed esclusivo della salvezza. Per essi il Vangelo si riduce ad un vangelo
puramente terrestre»16.

«In questo modo si tende a identificare il Regno di Dio e il suo divenire con il
movimento della liberazione umana e a fare della storia stessa il soggetto del
suo proprio sviluppo come processo di auto-redenzione dell'uomo mediante la
lotta di classe. Questa identificazione è in opposizione alla fede della Chiesa
richiamata dal Concilio Vaticano II. In questa linea alcuni giungono perfino ad
identificare, al limite, Dio stesso e la storia e a definire la fede come "fedeltà alla
storia", il che significa fedeltà impegnata in una prassi politica conforme alla
concezione del divenire dell'umanità inteso nel senso di un messianismo pura-
mente temporale. Di conseguenza, la fede, la speranza e la carità ricevono un
nuovo contenuto: esse sono "fedeltà alla storia", "fiducia nel futuro", "opzione
per i poveri". Ciò equivale ad una negazione della loro realtà teologale»17.

«La Rivelazione del Nuovo Testamento ci insegna che il peccato è il male


più profondo, che lede l'uomo nell'intimo della sua personalità. La prima li-
berazione, alla quale tutte le altre devono riferirsi, è quella dal peccato... Di
conseguenza non si può restringere il campo del peccato, il cui primo effetto è
quello di introdurre il disordine nella relazione tra l'uomo e Dio, al cosiddetto
"peccato sociale". In realtà solo una retta dottrina sul peccato permette d'insi-
stere sulla gravità dei suoi effetti sociali»18.

15
B. Gesù Cristo salvatore dell'uomo. Cristologia storica e sistematica, cit., 275.
MONDIN,
16
CONGREGAZIONE PER LA DOTTRINA DELLA F E D E , Libertatis nuntius, Istruzione su alcuni
aspetti della "Teologia della Liberazione", 6.8.1984, VI, 4, in: EV, 9, n. 911.
17
Ibidem, IX, 3-5, in: Ibidem, nn. 942-944.
18
Ibidem, IV, 12.14, in: Ibidem, nn. 896. 898. Sullo sfondo dell'Istruzione della Congrega-
zione per la Dottrina della Fede c'è la cosiddetta cristologia della liberazione. Cristologia che
nasce nell'ambito della teologia della liberazione nei Paesi dell'America Latina negli anni '70
4CAPITOLOyiII-L

h) Con J. Moltmann si può dire che

«in senso teologico la salvezza è la salvezza totale, la salvezza dell'intero, o


non è la salvezza di Dio, della "Realtà che tutto determina". Si potrebbe dunque
delineare la salvezza portataci da Cristo come una serie di cerchi concentrici
che partono dalla esperienza personale della riconciliazione per estendersi fino
alla riconciliazione del cosmo, del cielo e della terra. In tale contesto sarebbe
pericoloso per la dottrina cristiana della salvezza, ma insensato anche per gli
esseri umani, esaurirsi nella "questione religiosa" che di volta in volta si pone
nella società per mostrare la salvezza di Cristo soltanto in quella miseria presu-
mibilmente religiosa di cui gli uomini soffrono. E sarebbe pericoloso e assurdo
perché in una società alienata anche la sfera religiosa risulta alienata»19.

La salvezza riguarda tutto l'uomo. Liberazione dal peccato e risanamento


dalla malattia nella salvezza procurata da Gesù vanno quasi sempre di pari
passo, anche se non si possono ridurre l'uno all'altra.

«Esiste comunque una differenza che, nonostante ogni sottolineatura della tota-
lità della salvezza operata dalla potenza di Dio, non può essere ignorata. Infatti
il risanamento vince la malattia e opera la salute, ma non vince anche il potere
della morte. La salvezza invece nella sua piena attuazione significa pure annien-
tamento del potere della morte e risuscitamento dell'uomo alla vita eterna»20.

e che ha i suoi rappresentanti più significativi in Leonardo Boff (Gesù Cristo liberatore, Citta-
della, Assisi 1973), Jon Sobrino (Cristologia desde América Latina. Esbozo a partir del segui-
miento del Jesús historico, CTRE, Mexico 1976; IDEM, Gesù Cristo liberatore. Lettura storico
teologica di Gesù di Nazaret, Cittadella Editrice, Assisi 1995), Gustavo Gutiérrez (Hacia una
teología de la liberación, MIEC-JECI, Montevideo 1969; IDEM, Teologia della liberazione.
Prospettive, Queriniana, Brescia 1972); Juan Louis Segundo (El ombre de hoy ante Jesús de
Nazaret I, Fe y ideología; II/l, Sinópticos y Pablo-, II/2, Las cristologías en la spiritualidad,
Ediciones Cristiandad, Madrid 1982); Hugo Assmann (Teologia della prassi di liberazione.
Saggio teologico nell'America dipendente, Cittadella Editrice, Assisi 1974); Segundo Galilea
(Teología de la liberación, Indo-American Press Service, Bogotá 1976; IDEM, La sequela di
Cristo, Queriniana Brescia 1882). La cristologia della liberazione «si propone come fine non
tanto l'intelligenza speculativa dell'evento, quanto piuttosto una sua attualizzazione pratica in
vista della liberazione personale e sociale dell'uomo» ( A . AMATO, Gesù il Signore. Saggio di
cristologìa, cit., 59). Boff scrive: «La cristologia che proclama Gesù Cristo come liberatore
vuole impegnarsi nella liberazione economica, sociale e politica dei gruppi oppressi e dominati.
Si sforza di cogliere la portata teologica della liberazione storica delle grandi masse nel nostro
continente... Si propone di articolare in tal modo il contenuto della cristologia e di creare uno
stile che metta in luce le dimensioni liberatrici presenti nel cammino storico di Gesù» (L. BOFF,
Jesús Cristo Libertator. Una vìsao cristólogica a partir da periferia, in: "Revista Eclesiástica
Brasileira" 37 (1977) 502. Per una introduzione alla teologia della liberazione, cfr. R. MARLÉ,
Introduzione alla teologia della liberazione, Morcelliana, Brescia 1991.
19
J . MOLTMANN, La via di Gesù Cristo. Cristologia in dimensioni messianiche, Queriniana,
Brescia 1991,60-61.
20
Ibidem, 128-129.
. C A P I T O L O V I 11 : . L ^ P N I E M P L A Z I O N E DEL MISTFRO DI CRISTO 265

i) Recenti documenti della Chiesa affermano l'unicità, l'universalità la


definitività della salvezza donata da Gesù.

«Cristo è l'unico mediatore tra Dio e gli uomini... Gli uomini... non posso-
no entrare in comunione con Dio se non per mezzo di Cristo, sotto l'azione
dello Spirito. Questa sua mediazione unica e universale, lungi dall'essere
di ostacolo al cammino verso Dio, è la via stabilita da Dio stesso, e di ciò
Cristo ha piena coscienza. Se non sono escluse mediazioni partecipate di
vario tipo e ordine, esse tuttavia attingono significato e valore unicamente
da quella di Cristo e non possono essere intese come parallele e complemen-
tari. E contrario alla fede cristiana introdurre una qualsiasi separazione tra
il Verbo e Gesù Cristo. San Giovanni afferma chiaramente che il Verbo, che
"era in principio presso Dio", è lo stesso che "si fece carne" (Gv 1,2.14):
Gesù è il Verbo incarnato, persona una e indivisibile. Non si può separare
Gesù da Cristo, né parlare di un "Gesù della storia", che sarebbe diverso dal
"Cristo della fede"»21.

La dichiarazione Dominus Jesus22 ribadisce la pienezza e la definitività


della rivelazione di Gesù.
«È quindi contraria alla fede della Chiesa la tesi circa il carattere limitato, incom-
pleto e imperfetto della rivelazione di Gesù Cristo, che sarebbe complementare
a quella presente nelle altre religioni. La ragione di fondo di questa asserzione
pretenderebbe di fondarsi sul fatto che la verità su Dio non potrebbe essere colta e
manifestata nella sua globalità e completezza da nessuna religione storica, quindi
neppure dal cristianesimo e nemmeno da Gesù Cristo»23.

La dichiarazione ribadisce l'unità dell'economia salvifica del Verbo incar-


nato e dello Spirito Santo.
«Nella riflessione teologica contemporanea spesso emerge un approccio
a Gesù di Nazaret, considerato come una figura storica particolare, finita,
rivelatrice del divino in misura non esclusiva, ma complementare ad altre
presenze rivelatrici e salvifiche. L'Infinito, l'Assoluto, il Mistero ultimo di
Dio si manifesterebbe così all'umanità in tanti modi e in tante figure stori-
che: Gesù di Nazaret sarebbe una di esse. Più concretamente, egli sarebbe
per alcuni uno dei tanti volti che il Logos avrebbe assunto nel corso del
tempo per comunicare salvificamente con l'umanità. Inoltre, per giustificare,
da una parte, l'universalità della salvezza cristiana, e, dall'altra, il fatto del

21
GIOVANNI PAOLO II, Redemptoris missio, 7.12.1990, nn. 5-6, in: EV, 12, nn. 562-563. Il
magistero di Giovanni Paolo II si pone in continuità con quello del Vaticano II. Cfr. LG 1 ; 9; 16;
48; SC 7; GS 22; 38; AG 3; 8; DH 11; M / 2 ; OT16.
22
Cfr. CONGREGAZIONE PER LA DOTTRINA DELLA FEDE, Dominus Jesus, 6 . 8 . 2 0 0 0 , nn. 5 - 8 , in:
EV, 19, nn.1151-1162.
23
Ibidem, n. 6, in: Ibidem, n.1154.
pluralismo religioso, viene proposta una economia del Verbo eterno, valida
anche al di fuori della Chiesa e senza rapporto con essa, e una economia del
Verbo incarnato. La prima avrebbe un plusvalore di universalità rispetto alla
seconda, limitata ai soli cristiani, anche se in essa la presenza di Dio sarebbe
più piena»24.

1) L'affermazione che Gesù Cristo è la salvezza di Dio per tutti gli uomini,

«è stata e viene fatta oggetto di studi e di interpretazioni che portano a conclu-


sioni sensibilmente divergenti. Ormai è d'uso parlare di "modelli" teologici
per esprimere i modi in cui i teologi espongono il rapporto tra Gesù Cristo e la
salvezza dell'uomo. Li richiamiamo in sintesi. Modello esclusivista: la salvez-
za di Dio giunge agli uomini solo per mezzo di Cristo e nell'ambito della sua
Chiesa; modello inclusivìsta: la salvezza di Dio giunge all'umanità solo per
mezzo di Cristo, tuttavia l'influsso salvifico di lui è presente e operante anche
in seno alle altre religioni e la Chiesa è la comunità di fede escatologica nella
quale queste di per sé sono chiamate a confluire per la logica dell'incarnazione
e per volontà positiva di Dio; modello normativo: le religioni non cristiane
sono vie di salvezza che vengono da Dio e portano a Dio indipendentemente
da Cristo; questi però è la più alta e più piena rivelazione di Dio all'umanità
e quindi la norma della vita religiosa dell'umanità; modello pluralista o teo-
centrico: Gesù Cristo è uno tra i tanti rivelatori e salvatori suscitati da Dio,
"Mistero", "Realtà Ultima", origine e meta della storia umana; è la via a Dio
per i cristiani ma non per tutti gli uomini; modello regnocentrico: nel corso
della storia Dio, l'Assoluto, sta realizzando il regno della sua grazia e sal-
vezza in tutti i popoli e nei diversi contesti religiosi; Gesù stesso annunciò e
testimoniò questo Regno con il suo insegnamento di vita e di parola; la sua
Chiesa deve testimoniarlo e diffonderlo insieme alle altre tradizioni religiose
nella storia dei popoli con un impegno convergente sino al suo compimento
escatologico nell'eternità di Dio; modello trinitario e cristologico costitutivo e
relazionale: l'evento Gesù Cristo costituisce il perno e la forma più alta della
comunicazione che Dio Trinità ha fatto e fa di sé all'umanità nel corso della
storia attraverso le economie salvifiche del Verbo eterno e dello Spirito Santo;
queste ultime, pur se "autonome e aggiuntive" a quella di Gesù Cristo, sono
"relazionali" ad essa»25.

m) Opera del Padre, la storia della salvezza. Opera del Figlio. Ma anche
opera dello Spirito Santo. Dall'inizio alla fine. Documenti del Vaticano II sin-
tetizzano così la presenza e l'azione dello Spirito Santo nella vita e nell'azione
della Chiesa, sacramento universale di salvezza:

24
Ibidem, n. 9, in: Ibidem, n. 1163.
25
G . IAMMARRONE, Salvezza, in: G . B A R B A G L I O - G . B O F - S . DIANICH (edd.), Teologia, cit.,
1451.
r
;. _ . CAPITOLOVnj^^ MISTERO DI CRISTO 267

«Compiuta l'opera che il Padre aveva affidato al Figlio sulla terra (cfr. Gv
17,4), il giorno di Pentecoste fu inviato lo Spirito Santo per santificare con-
tinuamente la Chiesa e affinché i credenti avessero così attraverso Cristo
accesso al Padre in un solo Spirito (cfr. Ef 2,18). Questi è lo Spirito che dà
la vita, una sorgente di acqua zampillante fino alla vita eterna (cfr. Gv 4,14;
7,38-39); per mezzo suo il Padre ridà la vita agli uomini, morti per il peccato,
finché un giorno risusciterà in Cristo i loro corpi mortali (cfr. Rm 8,10-11).
Lo Spirito dimora nella Chiesa e nei cuori dei fedeli come in un tempio (cfr.
ICor 3,16; 6,19) e in essi prega e rende testimonianza della loro condizione
di figli di Dio per adozione (cfr. Gal 4,6; Rm 8,15-16 e 26). Egli introduce la
Chiesa nella pienezza della verità (cfr. Gv 16,13), la unifica nella comunione
e nel ministero, la provvede e dirige con diversi doni gerarchici e carismatici,
la abbellisce dei suoi frutti (cfr. EfA, 11-12; ICor 12,4; Gal 5,22). Con la for-
za del Vangelo la fa ringiovanire, continuamente la rinnova e la conduce alla
perfetta unione col suo Sposo. Poiché lo Spirito e la sposa dicono al Signore
Gesù: "Vieni" (cfr. Ap 22,17). Così la Chiesa universale si presenta come "un
popolo che deriva la sua unità dall'unità del Padre, del Figlio e dello Spirito
Santo"» (LG 4).

«Per il raggiungimento di questo scopo, Cristo inviò da parte del Padre lo Spiri-
to Santo, perché compisse dal di dentro la sua opera di salvezza e stimolasse la
Chiesa a estendersi. Indubbiamente lo Spirito Santo operava nel mondo prima
ancora che Cristo fosse glorificato. Ma fu nel giorno della Pentecoste che esso
si effuse sui discepoli, per rimanere con loro in eterno; la Chiesa apparve uf-
ficialmente di fronte alla moltitudine ed ebbe inizio attraverso la predicazione
la diffusione del Vangelo in mezzo ai pagani; infine fu prefigurata l'unione dei
popoli nell'universalità della fede attraverso la Chiesa della Nuova Alleanza,
che in tutte le lingue si esprime e tutte le lingue nell'amore intende e abbraccia,
vincendo così la dispersione babelica. Fu dalla Pentecoste infatti che comin-
ciarono gli "atti degli apostoli", allo stesso modo che per l'opera dello Spirito
Santo nella vergine Maria Cristo era stato concepito, e per la discesa ancora
dello Spirito Santo sul Cristo che pregava questi era stato spinto a cominciare il
suo ministero. E lo stesso Signore Gesù, prima di immolare in assoluta libertà
la sua vita per il mondo, organizzò il ministero apostolico e promise l'invio
dello Spirito Santo, in modo che entrambi collaborassero, sempre e dovunque,
nella realizzazione dell'opera della salvezza. Ed è ancora lo Spirito Santo che
in tutti i tempi "unifica la Chiesa tutta intera nella comunione e nel ministero
e la fornisce dei diversi doni gerarchici e carismatici" vivificando - come loro
anima - le istituzioni ecclesiastiche ed infondendo nel cuore dei fedeli quello
spirito missionario da cui era stato spinto Gesù stesso. Talvolta anzi previene
visibilmente l'azione apostolica, come incessantemente, sebbene in varia ma-
niera, l'accompagna e la dirige» (AG 4).
268 CAPITOLO V I I I - L A C O N T E M P L A Z I O N E DEL MISTERO DI CRISTO
" - • -

3. I L M I S T E R O D E L L ' I N C A R N A Z I O N E

La contemplazione dell'Icona della Trinità di Andrej Rublév richiama in


qualche modo l'evento dell'incarnazione del Figlio di Dio.

«Ma quando venne la pienezza del tempo, Dio mandò il suo Figlio, nato da
donna, nato sotto la Legge, per riscattare quelli che erano sotto la Legge, per-
ché ricevessimo l'adozione a figli» (Gal 4,4-5).

«In principio era il Verbo,


e il Verbo era presso Dio
e il Verbo era Dio...
E il Verbo si fece carne
e venne ad abitare in mezzo a noi;
e noi abbiamo contemplato la sua gloria,
gloria come del Figlio unigenito
che viene dal Padre,
pieno di grazia e di verità» (Gv 1,1.14).

«O Padre, tu hai voluto che il tuo Verbo si facesse uomo nel grembo della Ver-
gine Maria: concedi a noi, che adoriamo il mistero del nostro Redentore, vero
Dio e vero uomo, di essere partecipi della sua vita immortale»26.

«O Dio che in modo mirabile ci ha creati a tua immagine, e in modo più mira-
bile ci hai rinnovato e redenti, fa' che possiamo condividere la vita divina del
tuo Figlio, che oggi ha voluto assumere la nostra natura umana»27.

«All'annunzio dell'angelo la Vergine accolse nella fede la tua parola, e per


l'azione misteriosa dello Spirito Santo concepì e con ineffabile amore portò in
grembo il primogenito dell'umanità nuova, che doveva compiere le promesse
di Israele e rivelarsi al mondo come il Salvatore atteso dalle genti»28.

Paolo, Giovanni e la preghiera liturgica della Chiesa introducono la rifles-


sione sul mistero dell'incarnazione del Verbo. Queste le domande che pren-
diamo in considerazione: "In che cosa consiste il mistero dell'incarnazione
del Verbo?", "Quale il ruolo del Padre, del Figlio e dello Spirito Santo?",
"Quale il fine dell'incarnazione?", "Perché vero Dio e vero uomo?", "Perché
una persona in due nature?", "Che dire della coscienza umana, della cono-
scenza umana e della volontà umana di Gesù?".

26
CEI, Messale Romano, Annunciazione del Signore, Colletta, cit.
27
Ibidem, Natale del Signore, Colletta.
28
Ibidem, Prefazio dell'annunciazione del Signore.
CAPITOLO V i l i - L A CONTEMPLAZIONE DEL MISTERO DI CRISTO 258

1. L'evento dell'incarnazione

L'evento dell'incarnazione può essere considerato come «miraculum om-


nium miraculorum» 29 , come principio architettonico della riflessione cristolo-
gica. Il Mondin scrive che
«l'incarnazione è non solo verità essenziale ed irrinunciabile della cristologia,
ma è verità primaria e principale, unica porta di accesso al mistero della per-
sona di Cristo... La cristologia è lo studio del Figlio di Dio che si fa carne, e
diventa uomo. La cristologia è un'ermeneutica della epifania di Dio in forma
umana, vale a dire è un'ermeneutica del mistero dell'incarnazione»30.

a) La Chiesa confessa e celebra che il Verbo invisibile, il Figlio unigenito


di Dio, nella pienezza del tempo, si fa carne, si fa cioè uomo nel grembo della
Vergine Maria, assume la natura umana e comincia ad esistere nel tempo 31 .
«Nel mistero adorabile del Natale, egli, Verbo invisibile, apparve visibilmente
nella nostra carne, per assumere in sé tutto il creato e sollevarlo dalla sua cadu-
ta. Generato prima dei secoli, cominciò ad esistere nel tempo, per reintegrare
l'universo nel tuo disegno, o Padre, e ricondurre a te l'umanità dispersa»32.

b) Gregorio Nazianzeno scrive:


«Il Verbo stesso di Dio, colui che è prima del tempo, l'invisibile, l'incom-
prensibile, colui che è al di fuori della materia, il Principio che ha origine dal
Principio, la Luce che nasce dalla Luce, la fonte della vita e dell'immortalità,
l'espressione dell'archetipo divino, il sigillo che non conosce mutamenti, l'im-
magine invariata e autentica di Dio, colui che è termine del Padre e sua Parola,
viene in aiuto alla sua propria immagine e si fa uomo per amore dell'uomo.
Assume un corpo per salvare il corpo e per amore della mia anima accetta di
unirsi a un'anima dotata di umana intelligenza. Così purifica colui al quale si è
fatto simile. Ecco perché è divenuto uomo in tutto come noi, tranne che nel pec-
cato. Fu concepito dalla Vergine, già santificata dallo Spirito Santo nell'anima
e nel corpo per l'onore del suo Figlio e la gloria della verginità. Dio, in un certo
senso, assumendo l'umanità, la completò quando riunì nella sua persona due
realtà distanti fra loro, cioè la natura umana e la natura divina. Questa conferì
la divinità e quella la ricevette. Colui che dà ad altri la ricchezza si fa povero.
Chiede in elemosina la mia natura umana perché io diventi ricco della sua

29
In IIISent. d. 3, q. 2, a. 2 sol.
TOMMASO D ' A Q U I N O ,
30
B . MONDIN, Gesù Cristo salvatore dell'uomo. Cristologia storica e sistematica, cit., 284-
285.
31
Sul mistero dell'incarnazione cfr. G . M A Z Z A , Incarnazione, in: R . P E N N A - G . PEREGO-G.
RAVASI (edd.), Temi teologici della Bibbia, cit., 6 8 0 - 6 8 8 .
32
CEI, Messale Romano, Prefazio di Natale 2.
DEL M1STERO 01
27.0 O m b m i ^ ^ CRIST°

natura divina. E colui che è la totalità, si spoglia di sé fino all'annullamento.


Si priva, infatti, anche se per breve tempo, della sua gloria, perché io partecipi
della sua pienezza. O sovrabbondante ricchezza della divina bontà! Ma che
cosa significa per noi questo grande mistero? Ecco: io ho ricevuto l'immagine
di Dio, ma non l'ho saputa conservare intatta. Allora egli assume la mia con-
dizione umana per salvare me, fatto a sua immagine e per dare a me, mortale,
la sua immortalità. Era certo conveniente che la natura umana fosse santificata
mediante la natura umana assunta da Dio. Così egli con la sua forza vinse la
potenza demoniaca, ci ridonò la libertà e ci ricondusse alla casa paterna per la
mediazione del Figlio suo. Fu Cristo che ci meritò tutti questi beni e tutto operò
per la gloria del Padre. Il buon pastore, che ha dato la sua vita per le sue pecore,
cerca la pecora smarrita sui monti e sui colli sui quali si offrivano sacrifici agli
idoli. Trovatala, se la pone su quelle medesime spalle, che avrebbero portato il
legno della croce, e la riporta alla vita dell'eternità. Dopo la prima incerta luce
del Precursore, viene la Luce stessa, che è tutto fulgore. Dopo la voce, viene la
Parola, dopo l'amico dello Sposo viene lo Sposo stesso... Dio si fece uomo e
morì perché noi ricevessimo la vita. Così siamo risuscitati con lui perché con
lui siamo morti, siamo stati glorificati perché con lui siamo risuscitati»33.

c) Agostino celebra il mistero dell'incarnazione di Gesù Cristo.

«La corrente delle cose temporali ci trascina dietro a sé, ma il Signore nostro
Gesù Cristo nacque come l'albero presso le acque del fiume. Egli assunse la
carne, morì, risorse, ascese al cielo. Volle in certo modo mettere le sue radici
presso il fiume delle cose temporali. Sei trascinato con violenza dalla forza
della corrente? Attaccati al legno. Ti travolge l'amore del mondo? Stringiti a
Cristo. Per te egli è sceso nel tempo, perché tu diventassi eterno. Si è inserito
nel tempo, ma senza staccarsi dall'eternità. Tu invece sei nato nel tempo, e sei
diventato schiavo del tempo a causa del peccato: egli invece è sceso nel tempo,
per esercitare la misericordia nel perdono dei peccati»34.

«Volle avere un suo giorno, lui, senza il cui divino consenso non spunta alcun
giorno; e così si inserì nella serie dei nostri anni. Si fece uomo, lui, il creatore
dell'uomo, per suggere il seno pur reggendo le stelle; per aver fame, lui che
è il pane, per aver sete, lui che è la sorgente; per dormire, lui che è la luce;
per affaticarsi nel cammino, lui che è la vita; per essere giudicato da giudice
mortale, lui il giudice dei vivi e dei morti; per essere condannato dagli ingiusti,
lui che è la giustizia; per essere appeso alla croce, lui che è il fondamento; per
essere infermo, lui che è la forza; per morire, lui che è la vita»35.

33
GREGORIO DI NAZIANZO Oratio 4 5 , 9 . 2 2 . 2 6 . 2 8 , in: A A . V V . , L'ora di lettura commentata
dai padri della Chiesa, 1, Edizioni Dehoniane, Bologna 2 0 0 3 , 5 6 - 5 8 .
34
AGOSTINO D ' I P P O N A , Commento alla Prima Lettera di san Giovanni, 2,10, in: G . M A D U R I -
NI, Meditazioni sulla Lettera dell'amore di san Giovanni, Città Nuova, Roma 2000, 54.
35
I D E M , Discorso 1 9 1 , 8 sul Natale, in: AA.VV., L'ora di lettura commentata dai padri della
Chiesa, l,cit.,353.
CAPITOLO V i l i - L A CONTEMPLAZIONE DEL MISTERO DI CRISTO 260

d) Papa Leone I scrive:

«Il Figlio di Dio..., giunta la pienezza dei tempi che l'impenetrabile disegno
divino aveva disposto, volendo riconciliare con il suo Creatore la natura uma-
na, l'assunse lui stesso in modo che il diavolo, apportatore della morte, fosse
vinto da quella stessa natura che prima lui aveva reso schiava. Così alla nascita
del Signore gli angeli cantano esultanti: "Gloria a Dio nel più alto dei cieli e
pace in terra agli uomini che egli ama" (Le 2,14)»36.

2. Il ruolo del Padre, del Figlio e dello Spìrito Santo

L'incarnazione è evento trinitario. Coinvolge, anche se in modo diverso, il


Padre, il Figlio e lo Spirito Santo.

«L'incarnazione ha la sua sorgente e la sua spiegazione nella Trinità, e la Tri-


nità trova nell'incarnazione la sua espressione e continuazione ad extra. La fe-
condità ad extra di Dio ha la sua manifestazione libera e gratuita non solo nella
creazione, ma anche nella redenzione e nella missione del Figlio, che estende
all'umanità intera e al cosmo la partecipazione alla vita divina... Nell'incar-
nazione del Verbo tutte e tre le persone divine sono "incarnanti", anche se una
sola di esse è "incarnata"»37.

a) Il Padre è il principio senza principio. Suo il disegno di comunione salvi-


fica. Sua la volontà di salvare l'uomo per mezzo di Gesù Cristo nella potenza
dello Spirito Santo. Sua la volontà di mandare il Figlio perché gli uomini
fossero liberati dal peccato e diventassero essi stessi figli di Dio.
Paolo lo sa e lo confessa:

«Ma quando venne la pienezza del tempo, Dio mandò il suo Figlio, nato da
donna, nato sotto la Legge, per riscattare quelli che erano sotto la Legge, per-
ché ricevessimo l'adozione a figli. E che voi siete figli lo prova il fatto che Dio
mandò nei nostri cuori lo Spirito del suo Figlio, il quale grida: "Abbà! Padre!".
Quindi non sei più schiavo, ma figlio e, se figlio, sei anche erede per grazia di
Dio» (Gal 4,4-7).

«Benedetto Dio, Padre del Signore nostro Gesù Cristo, che ci ha benedetti con
ogni benedizione spirituale nei cieli in Cristo. In lui ci ha scelti prima della
creazione del mondo per essere santi e immacolati di fronte a lui nella carità,
predestinandoci a essere per lui figli adottivi mediante Gesù Cristo, secondo il
disegno d'amore della sua volontà, a lode dello splendore della sua grazia, di
cui ci ha gratificati nel Figlio amato» (Ef 1,3-6).

36
LEONE I, Discorso 1 per il Natale, 1, in: Ibidem, 368. Cfr. PL 54,190-193.
37
A . AMATO, Gesù il Signore. Saggio di cristologia, cit., 3 9 2 . 3 9 4 .
272 CAPITOLO V i l i - L A CONTEMPLAZIONE DEL MISTERO DI CRISTO

La Chiesa lo sa e lo confessa:

«L'eterno Padre, con liberissimo e arcano disegno di sapienza e di bontà, creò


l'universo; decise di elevare gli uomini alla partecipazione della sua vita divi-
na; dopo la loro caduta in Adamo non li abbandonò, ma sempre prestò loro gli
aiuti per salvarsi, in considerazione di Cristo redentore, "il quale è l'immagine
dell'invisibile Dio, generato prima di ogni creatura" (Col 1,15). Tutti infatti
quelli che ha scelto, il Padre fin dall'eternità "li ha distinti e li ha predestinati
a essere conformi all'immagine del Figlio suo, affinché egli sia il primogenito
tra molti fratelli" (.Km 8,29). I credenti in Cristo, li ha voluti chiamare a forma-
re la santa Chiesa» (LG 2).

Il disegno salvifico, la sua rivelazione e la sua realizzazione sono epifania


dell'amore libero, gratuito, sorprendente del Padre. Giovani lo confessa con
gioia e semplicità:

«Carissimi, amiamoci gli uni gli altri, perché l'amore è da Dio: chiunque ama è
stato generato da Dio e conosce Dio. Chi non ama non ha conosciuto Dio, per-
ché Dio è amore. In questo si è manifestato l'amore di Dio in noi: Dio ha man-
dato nel mondo il suo Figlio unigenito, perché noi avessimo la vita per mezzo
di lui. In questo sta l'amore: non siamo stati noi ad amare Dio, ma è lui che ha
amato noi e ha mandato il suo Figlio come vittima di espiazione per i nostri
peccati. Carissimi, se Dio ci ha amati così, anche noi dobbiamo amarci gli uni
gli altri. Nessuno mai ha visto Dio; se ci amiamo gli uni gli altri, Dio rimane in
noi e l'amore di lui è perfetto in noi. In questo si conosce che noi rimaniamo in
lui ed egli in noi: egli ci ha donato il suo Spirito. E noi stessi abbiamo veduto
e attestiamo che il Padre ha mandato il suo Figlio come salvatore del mondo.
Chiunque confessa che Gesù è il Figlio di Dio, Dio rimane in lui ed egli in Dio.
E noi abbiamo conosciuto e creduto l'amore che Dio ha in noi. Dio è amore;
chi rimane nell'amore rimane in Dio e Dio rimane in lui» (lGv 4,7-16).

«L'iniziativa e l'impegno del Padre nell'incarnazione salvifica del Figlio è


stata chiamata "istanza patrogenetica". Al pari della creazione, anche la re-
denzione trova la sua origine in Dio Padre, da cui tutto proviene (ICor 8,6). Il
NT, essenzialmente cristocentrico, si rivela tuttavia profondamente strutturato
in modo "teogenetico", anzi "patrogenetico". E, infatti, dal Padre che viene
generato ontologicamente il Figlio. Ed è anche dal Padre che ha origine la
sua missione salvifica nella storia. Il Padre è, quindi, la fonte sia dell'essere
intratrinitario del Figlio, sia del suo agire extratrinitario. Egli 1' "ingenerato"
che genera il Figlio a lui "consustanziale". In quanto origine del Figlio, il Padre
è, quindi, il suo mandante nell'evento dell'incarnazione»38.

38
Ibidem, 398.
CAPITOLO VILI - L A CONTEMPLAZIONE DEL MISTERO DI

b) Il Padre genera il Figlio e lo manda. Il Figlio, generato dal Padre, si fa


carne nella pienezza del tempo:

«In principio era il Verbo, - e il Verbo era presso Dio - e il Verbo era Dio. -
Egli era, in principio, presso Dio: - tutto è stato fatto per mezzo di lui - e senza
di lui nulla è stato fatto di ciò che esiste... - E il Verbo si fece carne - e venne
ad abitare in mezzo a noi» (Gv 1,1-3.14).

Due le finalità dell'incarnazione: la rivelazione del volto paterno di Dio:


«Dio, nessuno lo ha mai visto: il Figlio unigenito, che è Dio ed è nel seno del
Padre, è lui che lo ha rivelato» (Gv 1,18) e la partecipazione degli uomini alla
vita stessa di Dio: «A quanti però lo hanno accolto ha dato potere di diventare
figli di Dio» (Gv 1,12).
Facendosi uomo, il Figlio di Dio, Gesù, entra nella storia dell'umanità e in
quella del popolo di Abramo. Appare con chiarezza dalla genealogia di Luca e
di Matteo: «Gesù, quando cominciò il suo ministero, aveva circa trent'anni ed
era figlio, come si riteneva, di Giuseppe, figlio di Eli, figlio di Mattat, figlio
di Levi..., figlio di Enos, figlio di Set, figlio di Adamo, figlio di Dio» (Le
3,23-24.38). «Genealogia di Gesù Cristo figlio di Davide, figlio di Abramo»
(Mt 1,1).
Nel corso della sua vita e del suo ministero, Gesù dichiara di essere uscito
dal Padre: «Sono uscito dal Padre e sono venuto nel mondo; ora lascio di nuo-
vo il mondo e vado al Padre» (Gv 16,28); di essere venuto per fare la volontà
del Padre: «Gesù disse loro: "Il mio cibo è fare la volontà di colui che mi ha
mandato e compiere la sua opera"» (Gv 4,34); di essere venuto non per i giusti
ma per i peccatori:

«Mentre sedeva a tavola nella casa, sopraggiunsero molti pubblicani e pecca-


tori e se ne stavano a tavola con Gesù e con i suoi discepoli. Vedendo ciò, i
farisei dicevano ai suoi discepoli: "Come mai il vostro maestro mangia insie-
me ai pubblicani e ai peccatori?". Udito questo, disse: "Non sono i sani che
hanno bisogno del medico, ma i malati. Andate a imparare che cosa vuol dire:
Misericordia io voglio e non sacrifici. Io non sono venuto infatti a chiamare i
giusti, ma i peccatori"» (Mt 9,10-13).

L'incarnazione e la vicenda umana del Figlio di Dio sono un atto di ob-


bedienza alla volontà del Padre. Lo confessano Paolo e l'autore della Lettera
agli Ebrei:

«Dall'aspetto riconosciuto come uomo,


umiliò se stesso facendosi obbediente fino alla morte
e a una morte di croce» (FU 2,7d-8).
2 C A P I T O L O VILI - L A CONTEMPLAZIONE PELMISTEROPI CRISTO

«Nei giorni della sua vita terrena egli offrì preghiere e suppliche, con forti gri-
da e lacrime, a Dio che poteva salvarlo da morte e, per il suo pieno abbandono
a lui, venne esaudito. Pur essendo Figlio, imparò l'obbedienza da ciò che patì
e, reso perfetto, divenne causa di salvezza eterna per tutti coloro che gli obbe-
discono, essendo stato proclamato da Dio sommo sacerdote secondo l'ordine
di Melchìsedek» (Eb 5,7-10).

Obbedienza totale. Fino alla morte. In condizione di kénosi, di svuotamen-


to, di umiliazione, di servizio.

«La kénosi... indica... la totalità del suo dono nel servire la volontà del Padre
e la profonda tragicità di questo suo impegno. Il Figlio di Dio, diventando
uomo in modo completo, accoglie in sé anche i limiti naturali dell'uomo, come
il dolore e la morte. Egli, cioè, vive in prima persona non solo la distanza che
separa Dio dall'uomo, ma anche il divario morale della creatura indebolita
dalla "carne simile a quella del peccato" (Rm 8,3), sottomessa alle tentazioni e
alle imperfezioni proprie dell'uomo»39.

Facendosi uomo, il Figlio di Dio, Gesù,

«è l'uomo perfetto che ha restituito ai figli di Adamo la somiglianza con Dio.


resa deforme già subito agli inizi a causa del peccato. Poiché in lui la natura
umana è stata assunta, senza per questo venire annientata, per ciò stesso essa è
stata anche in noi innalzata a una dignità sublime. Con l'incarnazione il Figlio
di Dio si è unito in certo modo ad ogni uomo. Ha lavorato con mani d'uomo,
ha pensato con intelligenza d'uomo, ha agito con volontà d'uomo, ha amato
con cuore d'uomo. Nascendo da Maria vergine, egli si è fatto veramente uno
di noi, in tutto simile a noi fuorché il peccato. Agnello innocente, con il suo
sangue sparso liberamente ci ha meritato la vita; in lui Dio ci ha riconciliati
con se stesso e tra noi e ci ha strappati dalla schiavitù del diavolo e del peccato;
così che ognuno di noi può dire con l'apostolo: il Figlio di Dio "mi ha amato
e ha sacrificato se stesso per me" (Gal 2,20). Soffrendo per noi non ci ha dato
semplicemente l'esempio perché seguiamo le sue orme, ma ci ha anche aperto
la strada: se la seguiamo, la vita e la morte vengono santificate e acquistano
nuovo significato» (GS 22).

c) «Compiuta l'opera che il Padre aveva affidato al Figlio sulla terra (Gv
17,4), il giorno di Pentecoste fu inviato lo Spirito Santo per santificare con-
tinuamente la Chiesa e affinché i credenti avessero così attraverso Cristo
accesso al Padre in un solo Spirito (Ef 2,18). Questi è lo Spirito che dà la
vita» (LG 3).

39
Ibidem, 402.
CAPITOLO VIS! - L A CONTEMPLAZIONE DFI MISTERQDIC RISTO

Lo Spirito che dà la vita è lo Spirito atteso dal popolo dell'antica alleanza-

«Un germoglio spunterà dal tronco di lesse, un virgulto germoglierà dalle sue
radici. Su di lui si poserà lo spirito del Signore, spirito di sapienza e d'intelli-
genza, spirito di consiglio e di fortezza, spirito di conoscenza e di timore del
Signore» (Is 9,1-2).

«Dopo questo, io effonderò il mio spirito sopra ogni uomo e diverranno profeti
i vostri figli e le vostre figlie; i vostri anziani faranno sogni, i vostri giovani
avranno visioni. Anche sopra gli schiavi e sulle schiave in quei giorni effonde-
rò il mio spirito» (Gl 3,1-2).

Lo Spirito che dà la vita è lo Spirito che riempie di sé Giovanni Battista,


Elisabetta e Zaccaria:

«Ma l'angelo gli disse: "Non temere, Zaccaria, la tua preghiera è stata esaudita
e tua moglie Elisabetta ti darà un figlio, e tu lo chiamerai Giovanni. Avrai gioia
ed esultanza, e molti si rallegreranno della sua nascita, perché egli sarà grande
davanti al Signore; non berrà vino né bevande inebrianti, sarà colmato di Spi-
rito Santo fin dal seno di sua madre Elisabetta"» {Le 1,13-15).

«Appena Elisabetta ebbe udito il saluto di Maria, il bambino sussultò nel suo
grembo. Elisabetta fu colmata di Spirito Santo» (Le 1,41).

«Zaccaria, suo padre, fu colmato di Spirito Santo» {Le 1,67).

Lo Spirito che dà la vita è lo Spirito al quale Matteo e Luca attribuiscono


l'incarnazione del Figlio di Dio:

«Mentre però stava considerando queste cose, ecco, gli apparve in sogno un
angelo del Signore e gli disse: "Giuseppe, figlio di Davide, non temere di pren-
dere con te Maria, tua sposa. Infatti il bambino che è generato in lei viene dallo
Spirito Santo"» {Mt 1,20).

«Allora Maria disse all'angelo: "Come avverrà questo, poiché non conosco
uomo?". Le rispose l'angelo: "Lo Spirito Santo scenderà su di te e la potenza
dell'Altissimo ti coprirà con la sua ombra. Perciò colui che nascerà sarà santo
e sarà chiamato Figlio di Dio"» {Le 1,34-35).

Lo Spirito che dà la vita è lo Spirito che si rende presente nella vita e


nella predicazione di Gesù. Dal battesimo nelle acque del Giordano (Mt 3,16)
ai deserto delle tentazioni (Mt 4,1), dalla sinagoga di Nazaret (Le 4,18) alla
missione di cacciare i demòni (Mt 12,28) e di insegnare «con la potenza dello
Spirito» (Le 4,14), dalla promessa dello Spirito Santo alla sua effusione (Gv
14,26; 15,26-27; 16,7-15; 20,22-23; Ai 2,1-4).
276 CAPITOLO VILI - L A CONTEMPLAZIONE DEL MISTERO DI CRISTO

Davvero tutta l'esistenza terrena di Gesù si svolge sotto il segno della pre-
senza dello Spirito Santo. Anche la sua risurrezione e la sua ascensione:

«Paolo, servo di Cristo Gesù, apostolo per chiamata, scelto per annunciare il
vangelo di Dio, che egli aveva promesso per mezzo dei suoi profeti nelle sacre
Scritture e che riguarda il Figlio suo, nato dal seme di Davide secondo la carne,
costituito Figlio di Dio con potenza, secondo lo Spirito di santità, in virtù della
risurrezione dei morti, Gesù Cristo nostro Signore» (Rm 1,1-4).

«Non spetta a voi conoscere tempi o momenti che il Padre ha riservato al suo
potere, ma riceverete la forza dallo Spirito Santo che scenderà su di voi, e di
me sarete testimoni a Gerusalemme, in tutta la Giudea e la Samaria e fino ai
confini della terra» (At 1,7-8).

Tra Gesù e lo Spirito Santo c'è uno strettissimo rapporto.


Gregorio Nazianzeno scrive:

«Cristo nasce e lo Spirito lo precede; è battezzato e lo Spirito lo testimonia;


viene messo alla prova e quello lo riconduce in Galilea; compie i miracoli e lo
accompagna; sale al cielo e lo Spirito gli succede»40.

Agostino afferma che il Figlio

«non ha potuto essere mandato dal Padre senza lo Spirito Santo, non solo per-
ché il Padre quando lo mandò, ossia quando lo formò dal seno della donna,
non lo formò affatto senza il concorso del suo Spirito, ma anche perché nel
vangelo, alla domanda della vergine Maria: Come avverrà questo? Si trovano
in risposta le seguenti parole assolutamente chiare ed evidenti: Lo Spirito San-
to scenderà su di te e la potenza dell'Altissimo ti coprirà con la sua ombra, e
Matteo dice: Si trovò incinta per virtù dello Spirito Santo»41.

Con la Commissione Teologica Internazionale possiamo concludere così:

«Lo Spirito Santo ha cooperato incessantemente all'opera redentrice del Cri-


sto. "Egli ha coperto con la sua ombra la vergine Maria; per questo ciò che
è nato da lei è santo ed è chiamato Figlio di Dio" (Le 1,35). Gesù battezzato
nel Giordano (Le 3,22) ha ricevuto "l'unzione" per compiere la sua missione
messianica (At 10,38; Le 4,18), mentre una voce venuta dal cielo lo dichiarava
il Figlio nel quale il Padre si compiaceva (Me 1,10 e par.). Da questo momento
il Cristo è stato in modo speciale "condotto dallo Spirito santo" (Le 4,1) per

40
GREGORIO DI NAZIANZO, Discorso, 31, 29, in: C . MORESCHINI, I cinque discorsi teologici,
Città Nuova, Roma 2006,179.
41
AGOSTINO D'IPPONA, La Trinità II, 5, 8, in: G. BESCHIN, La Trinità, cit., 61.
277 CAPITOLO VILI - L A CONTEMPLAZIONE DEL MISTERO DI CRISTO

cominciare e per portare a compimento il suo ministero di "Servo": egli ha


cacciato i demoni col dito di Dio (Le 11,20), ha annunziato che il "regno di Dio
era vicino" (Me 1,15) e doveva essere portato a termine dallo Spirito Santo.
Cristo, seguendo con animo filiale la via di Servo, obbedì al Padre fino alla
morte, che abbracciò liberamente "con l'aiuto dello Spirito Santo" (Messale
romano; cf. Eb 2,14). Infine, Dio Padre ha risuscitato Gestì e ha riempito la sua
umanità col suo Spirito. Cosi quest'umanità ha rivestito la forma d'umanità
del Figlio di Dio glorioso (cf. Rm 1,3-4; At 13,32-33) dopo aver conosciuto la
forma del servo. Essa ha ricevuto anche il potere di donare lo Spirito Santo a
tutti gli uomini (At 2,22 ss.). Così l'Adamo nuovo ed escatologico può essere
chiamato "un essere spirituale che dona la vita" (ICor 15,45; cf. 2Cor 3,17).
Cosi, in modo pienamente reale, il corpo mistico del Cristo è animato per sem-
pre dallo Spirito del Cristo»42.

3. Il fine dell'incarnazione

L'incarnazione del Figlio di Dio è mistero che affonda le sue radici nel
mistero stesso di Dio Trinità. La Chiesa lo sa e lo confessa:

«È veramente cosa buona e giusta, nostro dovere e fonte di salvezza, rendere


grazie sempre e in ogni luogo a te, Signore, Padre Santo, Dio onnipotente ed
eterno, per Cristo nostro Signore. All'annunzio dell'angelo la Vergine accolse
nella fede la tua parola, e per l'azione misteriosa dello Spirito Santo concepì e
con ineffabile amore portò in grembo il primogenito dell'umanità nuova, che
doveva compiere le promesse di Israele e rivelarsi al mondo come il Salvatore
atteso dalle genti»43.

Ma perché il Figlio di Dio si è incarnato?

a) Anselmo d'Aosta e Tommaso d'Aquino affermano che il Figlio di Dio si


è fatto uomo perché l'uomo ha peccato ("tesi redentiva").
Secondo Anselmo, l'uomo, appunto perché uomo, non può dare a Dio una
adeguata soddisfazione per il suo peccato. Può farlo soltanto un Dio-uomo.

«Perché dunque sia l'uomo-Dio a compiere quest'opera, è necessario che colui


che la deve compiere sia ugualmente in se stesso perfetto Dio e perfetto uomo:
non la può fare che un vero Dio e non la deve fare che un vero uomo. Come
dunque è necessario trovare, salvaguardando l'integrità delle nature, un Dio-
uomo, così non è meno necessario trovare che queste due nature si congiunga-
no in unità di persona - come l'anima ragionevole e il corpo si congiungono

42
Questioni di cristologia, cit., n. V, 2, in: EV, 7, n. 687.
COMMISSIONE TEOLOGICA INTERNAZIONALE,
43
CEI, Messale Romano, Prefazio dell'Annunciazione del Signore, cit.
278 C A P I T O L O V i l i - L A CONTEMPLAZIONE DEL MISTERO DI CRISTO

nello stesso uomo - perché altrimenti non può essere che lo stesso individuo
sia perfetto Dio e perfetto uomo»44.

Tommaso esprime così il suo pensiero.

«Alcuni dicono che il Figlio di Dio si sarebbe incarnato, anche se l'uomo non
avesse peccato. Altri invece affermano il contrario. Quest'ultima opinione pare
che sia da preferirsi. Le cose infatti che dipendono dalla sola volontà di Dio, al
di sopra di tutto ciò che è dovuto alle creature, non possono esserci note se non
attraverso la Sacra Scrittura, nella quale la volontà divina viene manifestata.
Perciò, siccome nella Sacra Scrittura il motivo dell'incarnazione viene sempre
desunto dal peccato del primo uomo, è meglio dire che l'opera dell'incarna-
zione è stata disposta da Dio a rimedio del peccato, di modo che, non esistendo
il peccato, non ci sarebbe stata l'incarnazione. La potenza di Dio però non è
coartata entro questi termini: Dio infatti avrebbe potuto incarnarsi, anche se
non ci fosse stato il peccato»45.

b) Giovanni Duns Scoto afferma che il motivo dell'incarnazione non è


tanto la redenzione dell'uomo dal peccato, quanto il primato di Cristo nella
creazione ("tesi perfettiva").

«Se la caduta fosse la causa della predestinazione di Cristo, ne conseguirebbe


che l'opera suprema di Dio sarebbe estremamente condizionata, dal momento
che la gloria di tutti gli uomini non è paragonabile in intensità alla gloria di
Dio. Ora sembra molto irragionevole che Dio tralasci di fare un'opera così
eccelsa a causa della buona condotta di Adamo, e cioè se Adamo non avesse
peccato. E non si può ammettere che un bene così elevato sia occasionato nelle
creature unicamente a causa di un bene minore»46.

c) «Bisogna tener conto... che le difficoltà provenienti dal contrasto delle due posi-
zioni classiche sul motivo dell'incarnazione vengono meglio illuminate alla consi-
derazione del presupposto "precomprensivo" costituito dall'immagine statica del
mondo. Da secoli l'immagine dominante del mondo, fondata sulla scienza greca e
araba, era "cosmologica" ed espressa in termini di "ordine gerarchico": il mondo
era concepito come un insieme perfettamente ordinato (ordinata collectio creatura-
rum), prestabilito, che l'uomo doveva ammirare e rispettare. Dio è colui che crea
e mantiene l'ordine universale: il bene e il male sono il rispetto o l'infrazione a
questo ordine. La redenzione è la restaurazione di questo ordine perturbato»47.

44
ANSELMO D ' A O S T A , Cur deus homo, II, 7, in: K . - O . OHLIG (ed.), Cristologìa II. Dal me-
dioevo ai nostri giorni, cit., n. 169.
45
TOMMASO D ' A Q U I N O , Summa theologiae, III, q. 1, a. 3.
46
G.D. SCOTO, Opus oxoniense, III, d. 7, q. 4.
47
M. BORDONI, Incarnazione, in: G. BARBAGLIO-S. DIANICH (edd.), Nuovo Dizionario di
Teologia, cit., 635-636.
CAPITOLO V I N - L A c ^ ^ MISTERO DI CRISTO , 2 ' / 2

In questa prospettiva l'incarnazione del Figlio di Dio

«appare condizionata alla restaurazione di ciò che era all'inizio il che non
evidenzia sufficientemente la novità dell'opera del Cristo, la sovrabbondan-
za della sua redenzione, la sua presenza all'opera salvifica, la sua missione
ricapitolatrice di tutte le cose... Il difetto di entrambe le teologie sul motivo
dell'incarnazione consiste in una comprensione del mondo non in grado di in-
tegrare in una visione unitaria il creativo e il soteriologico e restando pertanto
insolubile fondamentalmente. Oggi la comprensione del mondo ha subito
profondi cambiamenti tra i quali non si può fare a meno di notare l'accento
posto sul futuro. L'unità del mondo non è pensata come un'unità precosti-
tuita in modo perfetto, originario, ma come un'unità da costruire attraverso un
processo genetico nel quale la realtà risulta in modo sincronico e diacronico...
L'opera attiva di Dio, che inizia col principio del mondo, si estende a tutto l'ar-
co del tempo e della storia conducendo il mondo alla sua perfezione finale ove
risiede la realizzazione piena delle intenzioni creatrici di Dio. Quindi l'azione
creativa di Dio che accompagna tutto il processo evolutivo del mondo si adem-
pie soprattutto alla fine del processo genetico del mondo stesso. Diversi teologi
hanno tentato di esprimere l'idea dell'incarnazione in questo nuovo quadro
comprensivo del mondo»48.

d) E così teologi come K. Rahner, P. Teilhard de Chardin ed altri sostengono

«che l'incarnazione è stata voluta da Dio, indipendentemente dal comporta-


mento di Adamo, come coronamento delle potenzialità della natura e dell'uo-
mo, come coronamento dell'evoluzione e dell'umanizzazione, ed insistono che
un evento così importante come l'automanifestazione personale di Dio nella
storia non può essere subordinata ad un evento casuale come la disobbedienza
di Adamo»49.

Marcello Bordoni sintetizza così il pensiero di Teilhard.

«Nonostante gli aspetti critici del suo pensiero, Teilhard offre un apporto po-
sitivo al superamento dell'adozione di categorie stroppo statiche per una teo-
logia dell'incarnazione, orientando verso un tipo di riflessione capace di inte-
grare più adeguatamente il momento creativo con quello redentivo nell'unico
piano salvifico di Dio. L'incarnazione non può essere di certo considerata
semplicemente come un secondo tempo, un secondo intervento di Dio, ade-
guatamente distinto rispetto alla creazione, e condizionato al fatto storico del
peccato. In realtà essa comprende in sé il creativo e il soteriologico come
aspetti distinti di un'unica volontà elettiva di Dio nei confronti dell'uomo e

48
Ibidem, 636.637.
49
B . MONDIN, Gesù Cristo salvatore dell'uomo. Cristologia storica e sistematica, cit., 286-
287.
CAPITOLO VILI - L A CONTEMPLAZIONE DEL MISTERO DI CRISTO 269

del suo mondo. L'incarnazione non è un fatto contingente che sopraggiunge


a una storia già precostituita senza di esso, ma esprime una legge essenziale
che regola i rapporti tra Dio e il mondo nella visione cristiana. Tale legge è
fondata nella libera scelta divina... di chiamare l'uomo ad una comunione
con lui in Cristo. Per questo la creazione porta con sé un'intenzione sote-
riologica che incomincia a realizzarsi all'inizio della storia umana, la quale
fin dal primo momento è storia salvifica. Il concetto stesso di creazione è
perciò economico: essa nella bibbia non indica solamente una "fundatio rei in
esse"... ma è premessa o preambolo della storia salvifica, in quanto in essa il
Dio dell'esodo si rivela come il creatore dell'universo. Nell'azione creatrice
con la quale Dio ha fondato la terra e i cieli ed ha condotto il movimento del
mondo fino alla comparsa dell'uomo, creato a sua immagine, si realizza già
non solo l'essere metafisico delle cose, ma anche quella prima venuta del
Logos di Dio, quella sua prima incarnazione che implica già una presenza
storica, un avvento nel tempo attraverso gli stessi fatti della storia, attraverso
i messaggi profetici fino al momento più saliente dell'incarnazione personale
in Cristo, momento culminante della venuta di Dio nel mondo in cui la crea-
zione e l'incarnazione coincidono»50.

e) Ippolito scrive che il Verbo di Dio, incarnandosi, ha santificato la natura


umana.

«Noi sappiamo che il Verbo ha preso un corpo mortale dalla Vergine, e ha


trasformato l'uomo vecchio nella novità di una creazione nuova. Noi sappiamo
che egli si è fatto della nostra stessa sostanza. Se infatti non fosse della nostra
stessa natura, inutilmente ci avrebbe dato come legge di essere imitatori suoi
quale maestro. Se egli come uomo è di natura diversa perché comanda a me
nato nella debolezza la somiglianza con lui? E come può essere costui buono
e giusto? In verità per non essere giudicato diverso da noi, egli ha tollerato la
fatica, ha voluto la fame, non ha rifiutato la sete, ha accettato di dormire per
riposare, non si è ribellato alla sofferenza, si è assoggettato alla morte, e si è

50
M. BORDONI, Incarnazione, in: G. BARBAGLIO-S. DIANICH (edd.), Nuovo Dizionario di
Teologia, cit., 6 3 8 - 6 3 9 . Hercsik scrive che «sin dall'inizio, a prescindere dal peccato e dal
bisogno della redenzione, la creazione è stata concepita come "inizio e grammatica" dell'auto-
comunicazione divina, come presupposto e momento della volontà di Dio di autocomunicarsi,
come la conditìo sine qua non e la forma di quella radicale attenzione di Dio che si è realizzata
nell'evento di Cristo. Senza l'incarnazione questa "grammatica", che è la creazione, resterebbe
muta. Se Dìo crea attraverso la sua parola e se tutto è orientato in vista del Figlio, l'incarnazione
non è un ipotetico retro-pensiero di Dio, ma è piuttosto una sua decisione eterna che si realizza
a partire dalla sua eternità. Certo, l'incarnazione si compie all'interno della creazione, cioè in
modo conforme alla storia dell'uomo e all'interno della sua vicenda storica. Ma l'incarnazione
è etema come è eterno il progetto di Dio di porre fuori da sé qualcosa che è stato creato, per poi
riportarlo interamente nella sua libertà alla comunione con Dio. La creazione è l'inizio di un
processo che all'interno della storia ha come momento culminante e come evento finale l'even-
to di Cristo» (D. HERCSIK, Il Signore Gesù. Saggio di cristologia e soteriologia, cit., 3 2 5 ) .
_ _ __ C A P l T 0 L ^ y H l J ^ _ C 0 . N T E M P L A Z 1 0 N E DEL MISTERO DI CRISTO 281

svelato nella risurrezione. Ha offerto come primizia, in tutti questi modi, la sua
stessa natura d'uomo, poiché non ti perda d'animo nella sofferenza, ma rico-
noscendoti uomo, aspetti anche per te ciò che il Padre ha offerto a lui. Quando
tu avrai conosciuto il Dio vero, avrai insieme all'anima un corpo immortale
e incorruttibile; otterrai il regno dei cieli, perché nella vita di questo mon-
do hai riconosciuto il re e il Signore del cielo. Tu vivrai in intimità con Dio
sarai erede insieme con Cristo, non più schiavo dei desideri, delle passioni,
nemmeno della sofferenza e dei mali fisici, perché sarai diventato dio. Infatti
le sofferenze che hai dovuto sopportare per il fatto di essere uomo, Dio te le
dava perché eri uomo... Cristo, il Dio superiore a tutte le cose, colui che aveva
stabilito di annullare il peccato degli uomini rifece nuovo l'uomo vecchio e lo
chiamò sua propria immagine fin dall'inizio. Ecco come ha mostrato l'amore
che aveva verso di te»51.

4. Vero Dio

«Ma quando venne la pienezza del tempo, Dio mandò il suo Figlio, nato
da donna, nato sotto la Legge, per riscattare quelli che erano sotto la Legge,
perché ricevessimo l'adozione a figli» (Gal 4,4-5).

; «In principio era il Verbo, - e il Verbo era presso Dio - e il Verbo era Dio... -
E il Verbo si fece carne - e venne ad abitare in mezzo a noi; - e noi abbiamo
;; contemplato la sua gloria, - gloria come del Figlio unigenito - che viene dal
Padre, - pieno di grazia e di verità» (Gv 1,1.14).

Paolo e Giovanni continuano a stimolare e ad accompagnare la nostra ri-


r flessione sul mistero di Gesù, il Verbo di Dio che nella pienezza del tempo si
{ fa carne perché ricevessimo l'adozione a figli. Vero Dio, Gesù.

..•/e,:
a) Gesù dichiara di essere Dio52. Appare, ad esempio, dalla sua "pretesa"
2 di perdonare i peccati:

i, «Si recarono da lui portando un paralitico, sorretto da quattro persone. Non


potendo però portarglielo innanzi, a causa della folla, scoperchiarono il tetto
nel punto dove egli si trovava e, fatta un'apertura, calarono la barella su cui era
v; adagiato il paralitico. Gesù, vedendo la loro fede, disse al paralitico: "Figlio,
ti sono perdonati i peccati". Erano seduti là alcuni scribi e pensavano in cuor
;v loro: "Perché costui parla così? Bestemmia! Chi può perdonare i peccati, se

51
IPPOLITO DI R O M A , Confutazione dì tutte le eresìe, 10.33-34, in: A A . V V . , L'ora di lettura
commentata dai padri della Chiesa, 1, cit., 405-406. Cfr. PG 16,3452-3453.
52
f-] Cfr. F. D R E Y F U S , Gesù sapeva d'essere Dìo?, cit.
CAPITOLO V i l i - L A CONTEMPLAZIONE DEL MISTERO DI CRISTO 271

non Dio solo?". E subito Gesù, conoscendo nel suo spirito che così pensavano
tra sé, disse loro: "Perché pensate queste cose nel vostro cuore? Che cosa è
più facile: dire al paralitico "Ti sono perdonati i peccati", oppure dire "Alzati,
prendi la tua barella e cammina"? Ora, perché sappiate che il Figlio dell'uomo
ha il potere di perdonare i peccati sulla terra, dico a te - disse al paralitico - :
àlzati, prendi la tua barella e va' a casa tua". Quello si alzò e subito presa la sua
barella, sotto gli occhi di tutti se ne andò, e tutti si meravigliarono e lodavano
Dio, dicendo: "Non abbiamo mai visto nulla di simile!"» (Me 2,3-12)

Appare anche dal suo rapporto intimo, singolare, unico con Dio e dalla
rivendicazione che egli fa per se stesso del nome di Dio: Io Sono.

«In quel tempo Gesù disse: "Ti rendo lode, Padre, Signore del cielo e della
terra, perché hai nascosto queste cose ai sapienti e ai dotti e le hai rivelate ai
piccoli. Sì, o Padre, perché così hai deciso nella tua benevolenza. Tutto è stato
dato a me dal Padre mio; nessuno conosce il Figlio se non il Padre, e nessuno
conosce il Padre se non il Figlio e colui al quale il Figlio vorrà rivelarlo"» (Mt
11,25-27).

«Vi ho detto che morirete nei vostri peccati; se infatti non credete che Io Sono,
morirete nei vostri peccati» (Gv 8,24).

«Disse allora Gesù: "Quando avrete innalzato il Figlio dell'uomo, allora cono-
scerete che Io Sono e che non faccio nulla da me stesso, ma parlo come il Padre
mi ha insegnato"» (Gv 8,28).

«Rispose loro Gesù: "In verità, in verità io vi dico: prima che Abramo fosse,
Io Sono"» (Gv 8,58).

b) La Chiesa apostolica confessa la divinità di Gesù. Davvero tante le te-


stimonianze. Ne ricordiamo alcune. Ruotano intorno a titoli cristologici quali:
il Figlio di Dio, il Signore.
Per quanto riguarda la filiazione divina di Gesù, Paolo, ad esempio,

«vede il nucleo della sua chiamata nel fatto che Dio si è compiaciuto di "ri-
velare il Figlio suo in me, affinché io lo annunziassi ai pagani" (Gal 1,16).
Paolo chiama Dio a testimone del fatto che ciò che lui annuncia è "il vangelo
del Figlio suo" (Rm 1,9). E corrispondentemente la fede di Paolo è "quella nel
Figlio di Dio che mi amò e diede se stesso per me" (Gal 2,20). Secondo il van-
gelo di Paolo Dio ha mandato il suo Figlio nel mondo (Rm 8,3; Gal 4,4): "Non
ha risparmiato il proprio Figlio, ma lo ha dato in sacrificio per noi tutti" (Rm
8,32)... Il vangelo descrive il cammino del Figlio e comunica che egli è "nato
dalla stirpe di Davide secondo la natura umana, costituito Figlio di Dio con po-
tenza secondo lo Spirito di santificazione mediante la risurrezione dai morti"
.^PJIO^ynidrA C O ^ DEL MISTERO DI CRISTO 283

CRm 1,3-4). Colui che da sempre è il Figlio di Dio diventa, nella sua esistenza
umana e terrena, un membro della stirpe di Davide e, mediante la risurrezione
Figlio di Dio in potenza: la sua potenza, rimasta nascosta durante la sua attività
terrena, si manifesta pienamente nella sua eterna esistenza celeste. L'effetto
salvifico della consegna di Gesù è infine che "noi fummo riconciliati con Dio
in virtù della morte del Figlio suo" (Rm 5,10). Il Figlio, proprio a causa del-
la sua perfetta unione con il Padre, manifestatasi nella perfetta ubbidienza al
suo mandato, è in grado di riconciliare gli uomini peccatori e ribelli con Dio.
Questo viene indicato con diverse espressioni: i cristiani sono destinati "ad es-
sere conformi all'immagine del Figlio suo, affinché egli sia il primogenito tra
molti fratelli" (Rm 8,29); sono chiamati "alla comunione con il Figlio suo Gesù
Cristo Signore nostro" (ICor 1,9); devono ricevere "l'adozione a figli" (Gal
4,5)... Infine, per i cristiani è essenziale "aspettare dai cieli il suo Figlio, che
egli risuscitò dai morti" (ITs 1,10). Secondo Paolo per Gesù è fondamentale
il suo singolare rapporto filiale con Dio: esso sta alla base della sua opera di
salvezza e costituisce anche il modello per lo stato di compimento di tutti gli
uomini e le donne»53.

Giovanni scrive la sua prima lettera

«affinché anche voi abbiate comunione con noi. La nostra comunione è con il
Padre e con il Figlio suo Gesù Cristo» (lGv 1,3). «Diverse volte nella lettera si
parla della venuta del Figlio di Dio e se ne indica lo scopo: "Il Figlio di Dio si
è manifestato per distruggere le opere del diavolo" (lGv 3,8); "Dio ha inviato
il suo Figlio unigenito nel mondo affinché noi avessimo la vita per mezzo di
lui... Egli ha amato noi e ha inviato il suo Figlio come propiziazione per i
nostri peccati" (lGv 4,9-10; cfr. anche 1,7); "Sappiamo anche che il Figlio di
Dio è venuto e ci ha dato l'intelligenza per conoscere Colui che è il Vero. E noi
siamo in Colui che è il Vero, nel Figlio suo Gesù Cristo. Questi è il vero Dio
e la vita eterna" (lGv 5,20). In questa affermazione finale della lettera Gesù
viene chiamato "il vero Dio" (cfr. Gv 20,28), dichiarandone l'uguaglianza con
Dio Padre. Quanto agli effetti della sua venuta, essi sono: il superamento del
diavolo, l'espiazione dei peccati, la conoscenza del vero Dio e la vita eterna. La
singolare unione di Gesù con Dio e il fatto che egli sia il Figlio uguale al Padre
lo rendono capace di realizzare queste opere di salvezza per gli uomini. L'uni-
ca via che gli uomini devono indispensabilmente percorrere per partecipare
alla salvezza apportata da Gesù è quella della fede in Lui, Figlio di Dio»54.

53
K. STOCK, Figlio di Dio, in: R . P E N N A - G . P E R E G O - G . RAVASI, Temi teologici della Bibbia,
cit., 497-498. Paolo scrive: «È in lui (in Gesù) che abita corporalmente tutta la pienezza della
divinità, e voi partecipate della pienezza di lui, che è il capo di ogni Principato e di ogni Poten-
za» (Col 2,9-10). «Da loro (dai patriarchi) proviene Cristo secondo la carne, egli che è sopra
ogni cosa, Dio benedetto nei secoli. Amen» (Rm 9,5).
54
K. STOCK, Figlio di Dio, in: R. P E N N A - G . P E R E G O - G . RAVASI, Temi teologici della Bibbia,
cit., 498.
I L I .RAPITOLO VII I - L A C

Per quanto riguarda la confessione di fede che Gesù è il Signore bastano


alcune citazioni.

«Se con la tua bocca proclamerai: "Gesù è il Signore!", e con il tuo cuore
crederai che Dio lo ha risuscitato dai morti, sarai salvo. Con il cuore infatti
si crede per ottenere la giustizia, e con la bocca si fa la professione di fede
per avere la salvezza. Dice infatti la Scrittura: Chiunque crede in lui non sarà
deluso. Poiché non c'è distinzione fra Giudeo e Greco, dato che lui stesso è
il Signore di tutti, ricco verso tutti quelli che lo invocano. Infatti: Chiunque
invocherà il nome del Signore sarà salvato» (Rm 10,9-13).

«Voi sapete infatti che, quando eravate pagani, vi lasciavate trascinare senza
alcun controllo verso gli idoli muti. Perciò io vi dichiaro: nessuno che parli
sotto l'azione dello Spirito di Dio può dire: "Gesù è anàtema!"; e nessuno
può dire: «Gesù è Signore!», se non sotto l'azione dello Spirito Santo» (ICor
12,2-3).

«In realtà, anche se vi sono cosiddetti dèi sia nel cielo che sulla terra - e difatti
ci sono molti dèi e molti signori - ,
per noi c'è un solo Dio, il Padre,
dal quale tutto proviene e noi siamo per lui;
e un solo Signore, Gesù Cristo,
in virtù del quale esistono tutte le cose e noi esistiamo grazie a lui» ( I Cor
8,5-6).

«Nel nome di Gesù


ogni ginocchio si pieghi
nei cieli, sulla terra e sotto terra,
e ogni lingua proclami:
"Gesù Cristo è Signore!",
a gloria di Dio Padre» (Fil 2,10-11)55.

«Secondo l'Antico Testamento, "Signore" (in ebraico Adonài, in greco Kyrios)


è titolo riservato a Dio: "Io sono il Signore e non v'è alcun altro" (Is 45,5).
Gesù come uomo riceve dal Padre questo nome, "che è al di sopra di ogni altro
nome" (Fil 2,9), a motivo della sua obbedienza fino alla morte in croce; ma
nella profondità della sua persona da sempre vive insieme a Dio e in perfetta
uguaglianza con lui. La signoria che egli esercita sui singoli credenti e sulla
Chiesa, sulla storia degli uomini e sul mondo intero, è quella stessa di Dio, per
dare vita e salvezza con la potenza dello Spirito»56.

55
«Nelle lettere paoline... l'utilizzo «istologico di kyrios associa in modo singolare Gesù
a Dio nella venerazione dei credenti; lo avvicina in forma unica alla dignità divina, attraverso
l'interscambiabilità del titolo; lo rivela come "signore" che può esigere la piena obbedienza
dei suoi fedeli e lo manifesta come partecipe della funzione escatologica spettante a Dio» (A.
BARBI, Signore, in Ibidem, 1 3 1 0 ) .
56
CEI, La verità vi farà liberi. Catechismo degli adulti, cit., n. 290.
C^IgLOVnL^^ DEL MISTERO DI CRISTO 285

c) I padri della Chiesa57 e i concili confessano la divinità di Gesù. Fede


confessata tenacemente contro le eresie degli ebioniti, degli gnostici degli
adozionisti e dei subordinazionisti. Fede confessata apertamente dai grandi
concili dei primi secoli: Nicea (325), Costantinopoli I (381), Efeso (431), Cal-
cedonia (451), Costantinopoli II (553), Costantinopoli III (680-681), Nicea II
(787). Basta ricordare la confessione di Nicea:

«E in un solo Signore Gesù Cristo, il Figlio di Dio, generato unigenito dal


Padre, cioè dalla sostanza del Padre, Dio da Dio, luce da luce, Dio vero da Dio
vero, generato non creato, consustanziale ("homooúsios") al Padre, per mezzo
del quale sono state create tutte le cose in cielo e in terra».

Fede celebrata nelle sinassi eucaristiche 58 . Fede vissuta e testimoniata, ad


esempio, dai martiri della Chiesa 59 .

5. Il preesistente

Gesù Cristo, il Verbo che nella pienezza del tempo si fa carne, è il preesi-
stente. «La sua è una preesistenza ontologica, a livello di realtà. Essa è fondata
sulla sua generazione eterna dal Padre e sul ruolo da lui avuto nella creazione
del mondo» 60 . Chiare le affermazioni di Paolo, di Giovanni e dei concili.

a) Nella Lettera ai Colossesi Paolo invita i cristiani a ringraziare

«con gioia il Padre che vi ha resi capaci di partecipare alla sorte dei santi nella luce.
È lui che ci ha liberati dal potere delle tenebre
e ci ha trasferiti nel regno del Figlio del suo amore,
per mezzo del quale abbiamo la redenzione,
il perdono dei peccati.
Egli è immagine del Dio invisibile,
primogenito di tutta la creazione,
perché in lui furono create tutte le cose
nei cieli e sulla terra,
quelle visibili e quelle invisibili:

57
Tra i padri Atanasio, Basilio di Cesarea, Gregorio di Nissa, Gregorio di Nazianzo, Ilario,
Ambrogio, Agostino.
58
Cfr. Didaché IX, 1 ; X, 1, in: A. QUACQUARELLI, I Padri apostolici, cit., 35-36; GIUSTINO,
Apologia Prima, 65,1; 66,1-2; 67,1.
59
Cfr. ad esempio IGNAZIO DI ANTIOCHIA, Agli Efesini 1,2; Agli Smirnesi 1, 1, in: Ibidem,
102; 133-134.
60
A . AMATO, Gesù il Signore. Saggio di cristologia, cit., 444.
CAPITOLO V I I I - L A C ^

Troni, Dominazioni,
Principati e Potenze.
Tutte le cose sono state create
per mezzo di lui e in vista di lui.
Egli è prima di tutte le cose
e tutte in lui sussistono.
Egli è anche il capo del corpo, della Chiesa.
Egli è principio,
primogenito di quelli che risorgono dai morti,
perché sia lui ad avere il primato su tutte le cose.
E piaciuto infatti a Dio
che abiti in lui tutta la pienezza
e che per mezzo di lui e in vista di lui
siano riconciliate tutte le cose,
avendo pacificato con il sangue della sua croce
sia le cose che stanno sulla terra,
sia quelle che stanno nei cieli» (Col 1,12-20).

La comunità cristiana delle origini confessa ed afferma il primato di Cristo


sul piano della creazione a partire dal primato di Cristo sul piano della reden-
zione. Colui che è il primo sul piano della redenzione è il primo sul piano della
creazione. L'inno a Cristo, capo dell'universo, unisce redenzione e creazione,
confessione di Cristo Signore e di Cristo Salvatore.
La preesistenza viene evocata anche da affermazioni che riguardano l'ele-
zione e la predestinazione eterna di Gesù Cristo (Ef 1,3-14), la kénosi nell'in-
carnazione-passione-morte-esaltazione (FU 2,6-11), la missione del Figlio nel
mondo (Gal 4,4; Rm 8,3-4; lTm 3,16), la mediazione nella creazione e nella
conservazione del mondo (ICor 8,6).

b) Giovanni comincia il suo vangelo

«con un inno al Logos, ispirato alla tradizione sapienziale, in particolare alla


lode della Sapienza divina di Pr 8,22-26 e Sir 24,1-11. L'inno fa risalire il
Logos fino alle sue origini divine. Egli è la luce che ha illuminato tutti gli
uomini fin dall'inizio e solo lui, che vive nel seno del Padre, può rendergli
testimonianza»61.

«In principio era il Verbo,


e il Verbo era presso Dio
e il Verbo era Dio.
Egli era, in principio, presso Dio:

61
La Bibbia. Via verità e vita, cit., 2223.
CAPITOLO VILI - L A ^ J E M P L A Z I Q N E DEL MISTERO DI CRISTO W

tutto è stato fatto per mezzo di lui


e senza di lui nulla è stato fatto di ciò che esiste...
E il Verbo si fece carne
e venne ad abitare in mezzo a noi;
e noi abbiamo contemplato la sua gloria,
gloria come del Figlio unigenito
che viene dal Padre,
pieno di grazia e di verità» (Gv 1,1-3.14).

"Si ritrovano qui i motivi centrali per l'affermazione della preesistenza: la di-
vinità del Verbo, la sua consustanzialità col Padre, la sua funzione creatrice e
il suo divenire uomo»62.

c) La preesistenza è confessata ed affermata dagli antichi concili:

«Crediamo... in un solo Signore Gesù Cristo, il Figlio di Dio, generato unige-


nito dal Padre, cioè dalla sostanza del Padre, Dio da Dio, luce da luce, Dio vero
da Dio vero, generato non creato, consustanziale ("homoousios") al Padre, per
mezzo del quale sono state create tutte le cose in cielo e in terra»63.

«Crediamo in un solo Signore Gesù Cristo, il Figlio unigenito di Dio, generato


dal Padre prima di tutti i tempi, luce da luce, Dio vero da Dio vero, generato
non creato, consustanziale al Padre, per mezzo del quale sono state create tutte
le cose. Per noi uomini e per la nostra salvezza è disceso dal cielo, si è incarna-
to dallo Spirito Santo e da Maria vergine e si è fatto uomo»64.

«Il santo e grande concilio dichiara che il Figlio unigenito generato per natura
da Dio Padre, vero Dio dal vero Dio, luce da luce, mediante il quale il Padre ha
creato ogni cosa, proprio questi è disceso, si è fatto carne e uomo, ha sofferto,
è risorto il terzo giorno ed è asceso al cielo»65.

«Seguendo, pertanto, i santi padri, insegniamo tutti concordemente a confes-


sare che l'unico e identico Figlio, il Signore nostro Gesù Cristo, è egli stesso
perfetto in divinità ed egli stesso perfetto in umanità, Dio veramente e uomo
veramente, (composto) egli stesso di anima razionale e di corpo, consustan-
ziale al Padre secondo la divinità, ed egli stesso consustanziale a noi secondo
l'umanità, "in tutto simile a noi fuorché nel peccato" (Eb 4,15), generato dal
Padre prima dei secoli secondo la divinità, e negli ultimi giorni egli stesso

62
A . AMATO, Gesù il Signore. Saggio di cristologìa, cit., 445.
63
H . DENZINGER, Enchiridion symbolorum, definitionum et declarationum de rebus fidei et
morum, cit., 125.
64
Ibidem, 150.
65
CIRILLO DI ALESSANDRIA, Seconda Lettera a Nestorio, in: K . - O . OHLIG (ed.), Cristologia I.
Dagli inizi al periodo tardo-antico, cit., n. 128.
288 CAPITOLO V I 11 - L A CONTEMPLAZIONE DEL MISTERO DI CRISTO

per noi e per la nostra salvezza da Maria la vergine Madre di Dio secondo
l'umanità»66.

d) «Sulla scorta delle affermazioni bibliche si rileva... che la vera identità del
Cristo, la realtà del mistero teologico della sua persona di Figlio Unigenito può
essere colta solo risalendo alla sua origine eterna presso il Padre. Le afferma-
zioni neotestamentarie, che si sviluppano a partire dalla gloria del Risorto, non
sono di tipo deduttivo, aprioristico. Esse implicano invece un vero e proprio
"processo rivelativo legato agli eventi". Ciò significa che la pienezza della sua
gloria di Figlio alla destra del Padre nell'evento pasquale non è solo frutto di
adozione filiale. La gloria del risorto è invece irraggiamento della gloria del
preesistente. Le testimonianze bibliche sulla preesistenza, inoltre, non sottoli-
neano solo l'essere del Logos, a scapito della sua funzione salvifica. Mostrano
invece che il Cristo morto e risorto ha la sua vera origine nel seno del Padre e,
proprio per questo, "possiede una supremazia cosmica, quale mediatore uni-
versale e capo della Chiesa e della intera creazione, principio creatore e ani-
matore del mondo". La fede della primitiva comunità cristiana è pervenuta alla
conoscenza dell'essere eterno del Figlio nel Padre a partire dal suo "essere per
noi" nel tempo. Si possono quindi affermare due "stati di esistenza" del Cristo:
quello protologico e quello storico. Il primo è il punto di partenza del secondo.
E il secondo è la via per la conoscenza del primo. In entrambi è presente un
intrinseco dinamismo di salvezza. L'esistenza protologica e trinitaria del Cristo
è in se stessa - e non solo come punto di partenza della sua incarnazione salvi-
fica - una realtà salvifica»67.

e) Il Verbo eterno, il Verbo preesistente diviene uomo (Gv 1,14; Fil 2,6-7).

«Nella incarnazione colui che diviene non perde ciò che è. Secondo i termini
giovannei, il Verbo non cessa di essere il Verbo quando diviene carne. Rimane
in modo identico il Verbo che "era" in principio. Se non fosse così, l'incarna-
zione sarebbe senza valore. Per conservare il suo valore, il mistero deve essere
quello del Verbo che, essendo Dio, e restando Dio, diventa uomo. E in quanto
Verbo e Figlio di Dio che egli assume una vita umana. D'altronde, secondo la
prospettiva giovannea, egli ha una missione di Verbo e di Figlio di Dio nella
sua esistenza di uomo. D'altra parte il fatto che il Verbo rimane il Verbo non
impedisce un vero divenire... Divenire non è un aggiungersi semplicemente
qualcosa d'altro, ma un appropriarselo in modo di farlo entrare nella propria
esperienza esistenziale. Divenire è essere impegnato col più profondo di se
stesso in ciò che si diventa. Questo divenire significa soprattutto che il Ver-
bo ha fatto personalmente l'esperienza di una vita umana, della propria vita
umana. Il termine "carne" indica l'umiltà di tale esperienza. Il Verbo ha dun-

66
H . DENZINGER, Enchiridion symbolorum, definitionum et declarationum de rebus fidei et
morum, cit., 301.
67
A . AMATO, Gesù il Signore. Saggio di cristologia, cit., 447-448.
CAPITOLO VILI - LA CONTEMPLAZIONE DEL MISTERO DI CRISTO 289..

que sperimentato, in un significato misterioso, paradossale, un modo di essere


diverso da quello che aveva da tutta l'eternità. Da questa nuova condizione
è stato intaccato e si può parlare di cambiamento? Il Prologo giovanneo lo
lascia supporre. Non dice espressamente che qualcosa è cambiata nel Verbo,
ma descrive il passaggio dalla eternità alla vita nel tempo. Se questo passaggio
non avesse inciso sul Verbo, non si potrebbe parlare di un impegno sincero e
totale nella incarnazione. Ora è precisamente questo impegno che è reso dalle
parole: "E il Verbo è divenuto carne e ha abitato tra noi". Il Verbo ha voluto
essere uomo tra gli uomini, ha voluto mescolare totalmente la sua vita con la
nostra. Negare che questa vita umana abbia inciso su di lui significherebbe che
egli l'ha assunta solo dall'esterno, senza un vero interesse. Invece tutto ci porta
a riconoscere che vi è stata una vera novità in lui, pienamente assunta in una
iniziativa personale. Altrimenti egli non sarebbe "divenuto" carne»68.

6. Vero uomo

Il Verbo eterno, il Verbo preesistente, nella pienezza del tempo, diviene


carne, diviene uomo. Uomo vero69.

«Con l'incarnazione il Figlio di Dio si è unito in certo modo ad ogni uomo.


Ha lavorato con mani d'uomo, ha pensato con intelligenza d'uomo, ha agito
con volontà d'uomo, ha amato con cuore d'uomo. Nascendo da Maria vergine,
egli si è fatto veramente uno di noi, in tutto simile a noi fuorché il peccato»
(GS 22).

Un documento della Commissione Teologica Internazionale dichiara che


oggi
«è necessario mettere in evidenza le ricchezze innumerevoli dell'umanità di
Gesù Cristo meglio di quanto non abbiano fatto le cristologie del passato. Gesù
Cristo illustra e rischiara nel più alto grado la misura ultima e l'essenza concre-
ta dell'uomo (cf. Giovanni Paolo II, Redemptor hominis 8,10). In questa ottica,
la fraternità e la solidarietà di Gesù con noi non offuscano in alcun modo la sua
divinità. Come si vedrà da quanto segue, il dogma cristologico, preso nella sua
autenticità, vieta ogni falsa opposizione tra l'umanità e la divinità di Gesù»70.

a) Matteo e Luca situano la nascita di Gesù in un determinato tempo e in


un determinato spazio.

68
Alla ricerca di una nuova cristologia, cit., 6 1 - 6 3 .
J . GALOT,
69
Cfr. B. Gesù nella tradizione della Chiesa, cit., 234-241.
SESBOUÉ,
70
COMMISSIONE TEOLOGICA INTERNAZIONALE, Questioni di cristologia, cit., 1,2.6, in: EV, 7,1,
n. 645.
290 CAPITOLO VILI - LA CONTEMPLAZIONE DEL MISTERO DI CRISTO

«Nato Gesù a Betlemme di Giudea, al tempo del re Erode, ecco, alcuni Magi
vennero da oriente a Gerusalemme» (Mt 2,1).

«In quei giorni un decreto di Cesare Augusto ordinò che si facesse il censi-
mento di tutta la terra. Questo primo censimento fu fatto quando Quirinio era
governatore della Siria. Tutti andavano a farsi censire, ciascuno nella propria
città. Anche Giuseppe, dalla Galilea, dalla città di Nàzaret, salì in Giudea alla
città di Davide chiamata Betlemme» (Le 2,1-4).

Marco, Matteo, Luca e Giovanni pongono il ministero pubblico di Gesù


tra Nazaret in Galilea e Gerusalemme in Giudea. Gerusalemme è la città in
cui Gesù viene processato, condannato e crocifisso. Marco (15,33-37), Matteo
(27,45-50) e Luca (23,44-46) dicono anche l'ora della morte. Vale per tutti la
testimonianza di Marco.

«Quando fu mezzogiorno, si fece buio su tutta la terra fino alle tre del pome-
riggio. Alle tre, Gesù gridò a gran voce: "Eloì, Eloì, lemà sabactàni?", che
significa: "Dio mio, Dio mio, perché mi hai abbandonato?". Udendo questo,
alcuni dei presenti dicevano: "Ecco, chiama Elia!". Uno corse a inzuppare di
aceto una spugna, la fissò su una canna e gli dava da bere, dicendo: "Aspettate,
vediamo se viene Elia a farlo scendere". Ma Gesù, dando un forte grido, spirò»
(Me 15,33-37).

b) Matteo inserisce la vicenda umana di Gesù nella storia del popolo di


Abramo: «Genealogia di Gesù Cristo figlio di Davide, figlio di Abramo» (Mt
1,1).
«Gesù era ebreo, membro di questo popolo piccolo, povero, politicamente fra-
gile, ai margini dell'Impero Romano. Agì tra ebrei, a vantaggio di ebrei. Sua
madre Maria, suo padre Giuseppe, la sua famiglia, il suo entourage erano ebrei.
Il suo nome era ebreo (ebraico "leshua", da "lehoshua", che significa "lahvè è
aiuto"). La sua Bibbia, la sua liturgia, le sue preghiere erano ebraiche»71.

Luca inserisce la vicenda umana di Gesù nella storia dell'uomo.

«Gesù, quando cominciò il suo ministero, aveva circa trent'anni ed era figlio,
come si riteneva, di Giuseppe, figlio di Eli, figlio di Mattat, figlio di Levi,
figlio di Melchi... figlio di Enos, figlio di Set, figlio di Adamo, figlio di Dio»
(Le 3,23-24.38).

c) Con due pennellate Luca accenna alla crescita umana di Gesù.

71
H . KUNG, Essere cristiani, cit., 181.
CAPITOLO V i l i - L A CONTEMPLAZIONE DEL MISTERO DI CRISTO 291

i «Il bambino cresceva e si fortificava, pieno di sapienza, e la grazia di Dio


; era su di lui» (Le 2,40). «E Gesù cresceva in sapienza, età e grazia davanti a
; Dio e agli uomini» (Le 2,52). Come tutti gli uomini, Gesù cresce sul piano fi-
sico, sul piano intellettuale e sul piano spirituale. Cresce e vive a Nazaret, città
i della Galilea, regione di confine. Nazaret è città di periferia, poco conosciuta:
L «Filippo trovò Natanaele e gli disse: "Abbiamo trovato colui del quale hanno
scritto Mosè, nella Legge, e i Profeti: Gesù, il figlio di Giuseppe, di Nàzaret".
Natanaele gli disse: "Da Nàzaret può venire qualcosa di buono?"» (Gv 1,45-
46). A Nazaret nulla distingue Gesù dagli altri. Veste, parla, lavora, frequenta
la sinagoga come gli altri. Solo Giuseppe e Maria conoscono la sua identità di
Figlio di Dio che si è fatto uomo.

d) Manifesta sentimenti di amicizia nei confronti dei Dodici (Gv 15,13-


14) e della famiglia di Lazzaro (Gv 11,3.6.11). Conosce la fame (Mt 21,18;
25,35; Me 11,12; Le 4,2), la sete (Mt 25,35) e la stanchezza (Gv 4,6). Prova tri-
stezza ed angoscia (Mi 26,37-3 8; Me 14,33-34). Piange (Gv 11,35) ed esulta di
gioia (Le 10,21; Gv 15,11). Sperimenta la paura (Me 14,33) ma esprime anche
coraggio (Mt 9,13;10,34). Libero di fronte alle istituzioni religiose e politiche:
«Gesù non aveva... niente a che fare con i "sommi sacerdoti" o sacerdoti su-
periori. .. Niente a che fare con gli "anziani"... Niente a che fare, infine, con
\ gli "scribi", che da alcuni decenni sedevano anch'essi nel sinedrio» 72 .
Libero di fronte alla cultura del tempio (Le 19,45; Gv 2,13-17), della legge
e della tradizione (Mi 5,17-48). Libero di fronte alla mentalità della ritorsione:
: «Anziché annientamento dei nemici, amore per i nemici. Anziché ritorsione,
perdono incondizionato. Anziché ricorso alla violenza, disponibilità a soffrire.
• Anziché canti d'odio e di vendetta, esaltazione dei pacifici» 73 .
•<' Gesù è diverso. Il suo messaggio è amore, misericordia, perdono, libertà.

e) I padri della Chiesa affermano la vera umanità di Gesù. L'affermano


.. ? contro l'eresia dei doceti per i quali Gesù è uomo in apparenza. Basta citare
Ignazio di Antiochia e Agostino di Ippona.

^ «Tutto questo soffri il Signore perché fossimo salvi. E soffri realmente come
,t realmente risuscitò se stesso, non come dicono alcuni infedeli, essi che sono
i apparenza, che soffrì in apparenza. Come pensano, avverrà loro di essere in-
S corporei e simili ai demoni... Alcuni non conoscendolo lo rinnegano e più che
Tt' mai sono da lui rinnegati. Difensori della morte più che della verità non li han-

72
Ibidem, 192.
73
Ibidem, 207.
2S1Capito^

no convinti né la legge di Mosè e sinora né il vangelo né le nostre sofferenze


singole. Di noi la pensano allo stesso modo. Cosa a me importa se uno mi loda
e bestemmia il mio Signore, dicendo che non si è incarnato? Chi dicendo così
lo rinnega completamente, è un necroforo»74.

«Questi (il Cristo) che, nato dal Padre, ha creato i tempi, nato dalla madre ha
lasciato in consegna ai tempi questo giorno. Quella nascita non abbisognò di
una madre; questa non richiese un uomo per padre. Veramente Cristo nacque
e da un padre e da una madre; e senza padre e senza madre: dal Padre nacque
Dio, dalla madre uomo; Dio senza madre, uomo senza padre. E dunque chi
potrà narrare la sua generazione?, sia quella al di fuori del tempo, sia questa
senza seme; quella senza inizio, questa senza esempio; quella che sempre fu,
questa che non si ebbe né prima né dopo; quella che non ha fine, questa che
inizia dove termina?»75.

f) Anche i concili dei primi secoli affermano la vera umanità di Gesù. Dal
concilio di Nicea al concilio di Costantinopoli III. Basta richiamare qualche
testimonianza.
Contro l'eresia di Apollinare che nega a Gesù prima l'anima umana e poi
l'intelletto umano, il I concilio di Costantinopoli insegna:

«Per noi uomini e per la nostra salvezza è disceso dal cielo, si è incarnato dallo
Spirito Santo e da Maria vergine e si è fatto uomo. È stato crocifisso per noi
sotto Ponzio Pilato, ha patito, è stato seppellito, è risorto il terzo giorno secon-
do le Scritture, è risalito al cielo, siede alla destra del Padre, verrà di nuovo con
gloria a giudicare i vivi e i morti, e del suo regno non ci sarà fine»76.

Contro l'eresia di Nestorio che sembra affermare due persone in Cristo, il


concilio di Efeso insegna:

«Il santo e grande concilio dichiara che il Figlio unigenito generato per natura
da Dio Padre, vero Dio dal vero Dio, luce da luce, mediante il quale il Padre ha
creato ogni cosa, proprio questi è disceso, si è fatto carne e uomo, ha sofferto,
è risorto il terzo giorno ed è asceso al cielo. A queste parole e dottrine noi pure
dobbiamo attenerci e considerare cosa significhi che il Logos, nato da Dio, si
è incarnato e fatto uomo»77.

74
IGNAZIO DI ANTIOCHIA, Agli Smirnesi, 2; 5, 1-2, in: A. QUACQUARELLI, Ipadri apostolici,
cit., 134.135.
75
AGOSTINO D'IPPONA, Discorso 184, in: L . PADOVESE, Sermoni per i tempi liturgici, cit.,
108-109.
76
H . DENZINGER, Enchiridion symbolorum, definitionum et declarationum de rebus fidei et
morum, cit., 150.
77
CIRILLO DI ALESSANDRIA, Seconda Lettera a Nestorio, in: K . - O . OHLIG (ed.), Cristologia I.
Dagli inizi al periodo tardo-antico, cit., n. 128.
293 C A P I T O L O V i l i - L A CONTEMPLAZIONE DEL MISTERO DI CRISTO

Contro i monofisiti che affermano una sola natura in Gesù, la natura divina
che assorbe la natura umana, il concilio di Calcedonia insegna:

«Seguendo, pertanto, i santi padri, insegniamo tutti concordemente a confes-


sare che l'unico e identico Figlio, il Signore nostro Gesù Cristo, è egli stesso
perfetto in divinità ed egli stesso perfetto in umanità, Dio veramente e uomo
veramente, (composto) egli stesso di anima razionale e di corpo, consustan-
ziale al Padre secondo la divinità, ed egli stesso consustanziale a noi secondo
l'umanità, "in tutto simile a noi fuorché nel peccato" (Eb 4,15), generato dal
Padre prima dei secoli secondo la divinità, e negli ultimi giorni egli stesso
per noi e per la nostra salvezza da Maria la vergine Madre di Dio secondo
l'umanità»78.

7. Una persona in due nature

Vero Dio e vero uomo, Gesù. Una sola persona. La persona divina del
Verbo. In due nature, la natura divina e la natura umana. Questo il mistero.
Questa la fede della Chiesa.

a) Che in Gesù ci sia una sola persona, la persona divina del Verbo, in due
nature appare da testi biblici significativi:

«In principio era il Verbo,


e il Verbo era presso Dio
e il Verbo era Dio.
Egli era, in principio, presso Dio...
E il Verbo si fece carne» (Gv 1,1-2.14).

«Il Verbo, che è Dio... si è fatto carne non perché la divinità si sia trasformata
in umanità (il che è impossibile), ma perché quella carne è carne del Verbo;
pertanto, divinità e umanità appartengono allo stesso soggetto o persona, il
Verbo incarnato»79.

«E ora, Padre, glorificami davanti a te con quella gloria che io avevo pres-
so di te prima che il mondo fosse» (Gv 17,5). «Me e io indicano qui la stessa
persona; me si riferisce alla natura umana da glorificare, mi esprime la divinità
gloriosa nell'eternità, cioè prima della creazione del mondo» 80 .

78
H . DENZINGER, Enchìridion symbolorum, definitìonum et declarationum de rebus fidei et
morum, cit., 301.
79
F . O C A R I Z - L . F . MATEO S E C O - J . A . RIESTRA, II mistero di Cristo. Manuale di cristologia,
Apollinare Studi, Roma 2000,105.
80
Ibidem.
C A P I T O L O V i l i - L A CONTEMPLAZIONE DEL MISTERO DI CRISTO 283

«Egli, pur essendo nella condizione di Dio,


non ritenne un privilegio
l'essere come Dio,
ma svuotò se stesso
assumendo una condizione di servo,
diventando simile agli uomini» (Fil 2,6-7).

«La stessa persona che aveva la forma di Dio (natura divina) è quella che
ha poi assunto la forma di servo (natura umana)» 81 . Dell'unico soggetto si
dicono «due diversi modi di essere: colui che prima era nel modo d'essere di
Dio ora assume il modo di essere della schiavitù umana ed entra nella sfera
delle potenze cosmiche» 82 .

b) Che in Gesù ci sia una sola persona, la persona divina del Verbo, in
due nature appare dall'insegnamento dei padri della Chiesa. Bastano alcune
citazioni.
Ignazio di Antiochia scrive:

«Non c'è che un solo medico, materiale e spirituale, generato e non generato,
fatto Dio in carne, vita vera nella morte, nato da Maria e da Dio, prima passi-
bile poi impassibile, Gesù Cristo nostro Signore»83.

Tertulliano afferma che

«(in Cristo) noi osserviamo una duplice condizione, non confusa ma congiunta
in una sola persona, Dio e l'uomo Gesù - del Cristo per ora non parlo - ; e a
tal punto rimane inalterata la realtà particolare di ognuna delle due sostanze,
che lo Spirito compì in lui le azioni a lui proprie, cioè miracoli, opere e segni,
mentre la carne potè essere soggetta alle sue sofferenze: la fame col demonio,
la sete con la samaritana, le lacrime per Lazzaro, l'angoscia di morte e infine
anche morire»84.

Gregorio di Nazianzo scrive:

«Questi uomini non ingannino gli altri né se stessi, ammettendo che l'uomo del
Signore, come essi dicono, o meglio il nostro Signore e Dio, sia uomo privo di

81
Ibidem.
82
W . KASPER, Gesù il Cristo, cit., 3 2 0 .
83
IGNAZIO DI ANTIOCHIA, Agli Efesini 7 , 2, in: A . QUACQUARELLI, I Padri apostolici, cit..
102.
84
TERTULLIANO, Contro Prassea, 27,11, in: G. SCARPAT, Contro Prassea, SEI, Torino 1985,
227.
295 CAPITOLO V i l i - LA CONTEMPLAZIONE DEL MISTERO DI CRISTO

intelletto. Infatti noi non dividiamo l'uomo dalla divinità, ma affermiamo uno
solo e lo stesso, prima non uomo ma solo Dio e Figlio e anteriore ai tempi non
mescolato col corpo e con ciò che è del corpo, ma alla fine anche uomo assunto
per la nostra salvezza, passibile nella carne, impassibile nella divinità circoscri-
vibile nel corpo, incircoscrivibile nello spirito, lo stesso terreno e celeste visibile
e intellegibile, comprensibile e incomprensibile, perché dallo stesso, uomo com-
pleto e Dio, fosse ricreato l'intero uomo che era caduto sotto il peccato»85.

«Benché egli (Cristo) abbia due nature, sia Dio e uomo, e l'uomo sia corpo e
anima, tuttavia non sono due Figli o due dei... Insomma, nel Salvatore ci sono
due realtà distinte, ma non due individui»86.

Agostino infine afferma:

«Il Verbo, facendosi carne, non ha cessato di essere il Verbo né si è mutato in


carne, ma la carne si unì al Verbo per non essere più mortale. Come l'uomo
consta di anima e di corpo così Cristo è Dio e uomo. Colui che è uomo, il
medesimo è Dio, e colui che è Dio, il medesimo è (anche) uomo, non grazie a
una confusione della natura, ma mediante l'unità della persona»87.

c) Che in Gesù ci sia una sola persona, la persona divina del Verbo, in due
nature appare con chiarezza dall'insegnamento del concilio di Efeso che nel
431 condanna Nestorio:

«professiamo un solo Signore. Non adoriamo un uomo insieme al Logos, per


non insinuare l'idea di una separazione col dire "con" e "insieme". Adoriamo
piuttosto un solo e medesimo Cristo... L'unico Signore Gesù Cristo, di conse-
guenza, non può essere diviso in due figli. Alla corretta dottrina della fede non
può affatto giovare l'idea, auspicata da alcuni, di parlare di un'unione delle due
persone (prósopa)... Ovunque tutto questo rappresenta la dottrina della vera
fede; la stessa dottrina troveremo anche presso i santi padri. Così essi hanno
designato, senza esitazione, la santa Vergine genitrice di Dio (theotókos) - non
che la natura del Logos o la sua divinità abbia ricevuto inizio dalla santa Ver-
gine, ma perché da lei è stato generato quel corpo santo, animato e razionale,
al quale si è unito il Logos secondo l'ipostasi (kat'hypóstasin), sì che si può
affermare che egli stato generato secondo la carne»88.

85
GREGORIO DI NAZIANZO, Prima lettera a Cledonio 3 , in: M. SIMONETTI, Testi teologici e
spirituali in lingua greca dal TV al VII secolo, Fondazione Lorenzo Valla/Arnoldo Mondadori,
Milano 2 0 0 9 , 3 2 7 .
86
IDEM, Lettera 101 a Cledonio 1 , 3 .
87
AGOSTINO D'IPPONA, Discorso 186,1,1, in: K.-H. OHLIG (ed.), Cristologia I . Dagli inizi al
periodo tardo-antico, cit., n. 144.
88
CIRILLO DI ALESSANDRIA, Seconda Lettera a Nestorio, in: Ibidem, n. 1 2 8 .
296 CAPITOLO V i l i - L A CONTEMPLAZIONE DEL MISTERO DI CRISTO

d) Che in Gesù ci sia una sola persona, la persona divina del Verbo, in due
nature appare con chiarezza dall'insegnamento di papa Leone I che nel 449
invia a Flaviano, patriarca di Costantinopoli, il Tomus ad Flavianum.

«La proprietà di ciascuna delle due nature è salva e concorre a formare una sola
persona, la maestà dunque si rivestì di umiltà, la forza di debolezza, l'eternità
di ciò che è mortale. E, per potere annullare il debito della nostra condizione,
una natura inviolabile si unì ad una natura capace di soffrire perché, come
esigeva la nostra condizione, un identico "mediatore di Dio e degli uomini,
l'uomo Cristo Gesù" (lTm 2,5) potesse morire secondo una natura (= la uma-
na), non potesse morire secondo l'altra (= la divina). Nella completa e perfetta
natura di vero uomo, quindi, è nato il vero Dio, completo in ciò che è suo (= la
divinità), completo in ciò che è nostro (= l'umanità)»89.

Papa Leone afferma che il soggetto di tutte le proprietà è l'unico Verbo


di Dio e che ciascuna delle due nature mantiene le proprie operazioni senza
alcuna confusione:

«Ognuna delle due nature opera insieme con l'altra ciò che le è proprio: e cioè
il Verbo, quello che è del Verbo, la carne quello che è della carne. L'uno (= il
Verbo) risplende per i suoi miracoli, l'altra (= la carne, la natura umana) sotto-
stà alle ingiurie. E come il Verbo rimane nell'uguaglianza della gloria paterna,
così la carne non abbandona la natura umana. La stessa e identica persona è
vero Figlio di Dio e Figlio dell'uomo: Dio, perché "in principio era il Verbo e
il Verbo era presso Dio e il Verbo era Dio" (Gv 1,1); uomo, perché "il Verbo si
fece carne e venne ad abitare in mezzo a noi" (Gv 1,14)»90.

e) Che in Gesù ci sia una sola persona, la persona divina del Verbo, in due
nature appare con chiarezza dall'insegnamento del concilio di Calcedonia che
nel 451 condanna il monofisismo di Eutiche:

«seguendo, pertanto, i santi padri, insegniamo tutti concordemente a confes-


sare che l'unico e identico Figlio, il Signore nostro Gesù Cristo, è egli stesso
perfetto in divinità ed egli stesso perfetto in umanità, Dio veramente e uomo
veramente, (composto) egli stesso di anima razionale e di corpo, consustan-
ziale al Padre secondo la divinità, ed egli stesso consustanziale a noi secondo
l'umanità, "in tutto simile a noi fuorché nel peccato" (Eb 4,15), generato dal
Padre prima dei secoli secondo la divinità, e negli ultimi giorni egli stesso per
noi e per la nostra salvezza da Maria la vergine Madre di Dio secondo l'umani-
tà. (Insegniamo a confessare) che egli è riconosciuto l'unico e identico Cristo,
Figlio, Signore, Unigenito, in due nature, senza confusione e mutamento, sen-

89
G . ALBERIGO et A L E (edd.), Conciliorum Oecumenicorum Decreta, cit., 78.
90
Ibidem, 79.
^ C A P I T O L O V I J Ì ^ L A CONTEMPLAZIONE DEL I

za divisione e separazione; che non essendo stata eliminata la differenza delle


nature per l'unione, ma piuttosto essendo stato salvaguardato ciò che è proprio
di entrambe le nature, ed essendo confluito in un'unica persona e in un'unica
ipostasi, egli non è spartito o diviso in due persone, ma unico e identico egli è
Figlio e Unigenito, Dio Verbo e Signore Gesù Cristo»91.

"Un'unica persona e un'unica ipostasi", "in due nature, senza confusione


e mutamento, senza divisione e separazione". Questo il mistero del Verbo in-
carnato. Questa la fede della Chiesa.

f) "Un'unica persona e un'unica ipostasi". Cos'è persona? Secondo Bo-


ezio (480 ca - 524 ca) «la persona è la sostanza individuale di una natura
razionale» 92 . Questa spiegazione mette in luce due caratteristiche della per-
sona: l'individualità e la razionalità. La teologia medievale mantiene la defi-
nizione di Boezio ed aggiunge una terza caratteristica: l'incomunicabilità 93 .
Cartesio (1596 - 1650) aggiunge l'autocoscienza e Kant (1724 - 1804) la
volontà e la libertà. Oggi

«uno studio soddisfacente della persona dovrebbe includere almeno i seguenti


aspetti: a) le persone sono esseri individuali e distinti, b) che godono di ra-
zionalità e di libertà, c) esistono e agiscono in relazione con altre persone, d)
,•$"• sperimentano la propria identità in tale vita di relazione, e) e possiedono una
,*\u dignità inalienabile»94.

Persona è "principium quod", soggetto di operazioni, di relazioni, di storia
e risponde alla domanda "chi". Nella teologia trinitaria persona indica ciò
58 ti5 che nell'unica natura distingue il Padre, il Figlio e lo Spirito Santo. Persona è
si Hit principio di distinzione. In cristologia persona è principio di unità. Una sola
persona in due nature95.

91
H . DENZEMGER, Enchìrìdìon symbolorum, definitìonum et declarationum de rebus fidei et
morum, cit., 301-302.
?" 92
S . BOEZIO, De duabus naturis, 3 .
93
Per Riccardo di san Vittore persona è «esistenza incomunicabile di una natura intelligen-
t te» {De Trinitate, IV, 22,24).
94
G. O ' C O L L I N S , Gesù oggi. Lìnee fondamentali di cristologia, Edizioni Paoline, Cinisello
Balsamo (Milano) 1993,270.
95
«Nell'antichità e nel medioevo... la "persona" non viene semplicemente identificata con
la centralità dell'io psicologico e cosciente: con "persona" viene invece designato il centro
ontologico delle attività dell'uomo, quel centro che conferisce unità e si trova o "sta" (stare,
xei|iai, ataoig) "al di sotto" (sub, imo) del livello della coscienza. Nella prospettiva di questo
concetto classico di "persona", l'unico centro ontologico di Gesù non può essere costituito dalla
persona finita, ma solo dalla persona dell'eterno Figlio di Dio: altrimenti in Gesù Cristo non
-
298 CAPITOLO VILI - L A CONTEMPLAZIONE DEL MISTERO DI CRISTO

g) «In due nature, senza confusione e mutamento, senza divisione e sepa-


razione». Cos'è natura? Natura è "principium quo", il principio che qualifica
le operazioni, le relazioni, la storia di un soggetto e risponde alla domanda
"che cosa". In Gesù la natura divina e la natura umana sono unite nella perso-
na del Verbo. È il mistero dell'unione ipostatica.

«Una esistenza pienamente umana fu "en-ipostatizzata" nel Verbo. Cristo non


era persona umana, bensì una persona divina che assunse una natura umana
completa senza assumere la condizione di persona umana. La persona divina
del Logos si è identificata in una piena umanità al punto di "personalizzare"
quel particolare esempio di natura umana. Per usare un'espressione di Tom-
maso d'Aquino: la persona del Figlio di Dio è diventata una persona di natura
umana. Gesù Cristo era (ed è) quindi un uomo, un essere umano e un individuo
umano, ma non una persona umana»96.

h) Perché in Gesù la natura umana, vera e perfetta, non è persona?

«Gesù Cristo era (ed è)... un uomo, un essere umano e un individuo umano,
ma non una persona umana. Può questo fatto privarlo di qualcosa che è proprio
di una piena umanità... Può egli essere "completo nell'umanità"e "veramente
uomo" senza essere una persona umana? Il pericolo a questo punto è di andare
oltre la legittima riflessione, sconfinando in tentativi viziosi di descrivere e
spiegare con chiarezza cos'è un mistero divino. Qualcosa si può comunque
dire. Con unione ipostatica si intende che la realtà umana di Gesù è propria
del Figlio di Dio in una maniera personale e assoluta, ma non si vuol asserire
che questa umanità è in qualche modo sminuita dall'assenza della condizione
di persona. La piena umanità non si identifica necessariamente con la presenza
della condizione umana di persona, né dipende da questa. Le caratteristiche
e le "perfezioni" umane sono presenti a livello naturale e secondo le qualità
di un dato individuo come essere umano. A questo livello la condizione di
persona in quanto tale non reca alcun contributo. Quale ruolo svolge allora la
condizione di persona? Si può arrivare a una risposta se essa viene interpretata,
nella sua essenza e manifestazione, da un punto di vista relazionale. Il Figlio
di Dio esiste come persona in relazione al Padre. Riflettiamo brevemente sulla
coscienza primordiale di sé che Gesù aveva come "Io" in relazione al "Tu"
che è rappresentato dal Padre. I vangeli non accennano mai a un dialogo fra
la componente umana e quella divina in Gesù, ovvero fra Gesù e il Verbo.

potrebbe esserci unità, in quanto - dal punto di vista ontologico - coesisterebbero in lui due
persone separate, ossia la persona dell'eterno Figlio di Dio e la persona umana di Gesù. Se poi
questa doppia personalità si esprimesse a livello cosciente, in Gesù addirittura s'instaurerebbe
un "dialogo" tra il Logos e l'uomo Gesù che distruggerebbe... "l'unico e medesimo Cristo
figlio signore unigenito", insomma l'identità dell'unico Gesù Cristo» (D. HERCSIK, II Signore
Gesù. Saggio di cristologia e soteriologia, cit., 309-310).
96
G. O ' C O L L I N S , Gesù oggi. Linee fondamentali di cristologia, cit., 272-273.
CAPITOLO V I L I - L A CONTEMPLAZIONE DEL MISTERO DI CRISTO 288

Nel Getsemani Gesù non grida: "Devo essere fedele al Verbo" e tanto meno
dice: "Devo essere fedele alla mia divinità". Prega semplicemente così: "Abbà,
Padre!... Allontana da me questo calice! Tuttavia non ciò che io voglio, ma
quello che tu vuoi" (Me 14,36)»97.

Alla luce di questa riflessione si può dire che

«Gesù Cristo era (ed è) a) un essere individuale e distinto, che e) è esistito e ha


agito in relazione ad altri e d) ha sperimentato la propria identità in tale vita di
relazione, soprattutto attraverso la sua singolare relazione con Colui che egli
chiamava "Abbà". Come persona divina non aveva un centro indipendente di
coscienza e libertà, ma condivideva con il Padre e con lo Spirito un unico intel-
letto e un'unica volontà. Tuttavia, per mezzo della sua umanità, b) Gesù Cristo
ha goduto della propria razionalità e libertà. Infine, la sua esistenza come Fi-
glio di Dio e) ha dato alla sua persona una dignità assolutamente nuova»98.

8. La coscienza umana

Una sola persona, Gesù: la persona divina del Verbo. In due nature ipo-
staticamente unite. La natura divina e la natura umana, vere, perfette, integre
entrambe, sono unite nell'unica persona divina del Verbo (unione ipostatica).
Una domanda: Gesù Cristo, in quanto uomo, ha coscienza di essere il Verbo
incarnato o no? Se sì, come spiegare questo mistero? 99 .

a) Alcuni teologi pensano che in Gesù Cristo ci siano due "Io": un "Io"
divino e un "Io" umano. Secondo Paul Galtier100 in Gesù bisogna distinguere

«due psicologie, due coscienze, una umana e l'altra divina. Quella divina, es-
sendo comune alle tre Persone, non può essere personale del Verbo; quella
umana, invece, è esclusiva del Verbo, che l'ha fatta sua con la rispettiva natura
umana, ma non può per sé attingere il Verbo. Stando così le cose non si può
spiegare l'unità psicologica di Cristo né si comprende come egli pronunzi il
pronome Io aggiungendovi attributi umani e attributi divini. A questo pun-
to, per risolvere il problema, Galtier ricorre ad un altro elemento: la visione
beatifica. Grazie a tale visione l'anima di Gesù si vede unita al Verbo e, così,
l'umanità assunta può dirsi non solo Uomo ma anche Figlio di Dio»101.

97
Ibidem, 273.
98
Ibidem, 273-274.
99
Cfr. J . G A L O T , La coscienza di Gesù, cit., 8 7 - 1 9 0 .
100
Cfr. P. GALTIER, L'unité du Christ: être, personne, conscience, Beauschesne, Paris 1939.
101
B . M O N D I N , Gesù Cristo salvatore dell'uomo. Cristologia storica e sistematica, cit.,
310.
300 CAPITOLO VILI - L A CONTEMPLAZIONE DEL MISTERO DI CRISTO

b) Altri teologi pensano che non si possa parlare della presenza di un du-
plice "Io" in Gesù. Pietro Parente102 scrive:

«A rigore di termini non si può parlare di un Io umano di Cristo neppure


psicologicamente, perché l'Io psicologico, inteso nella sua funzione unifi-
catrice e nella sua stabilità, non può essere altro che la trascrizione dell'Io
ontologico»103.

«Noi dobbiamo riconoscere alla natura umana di Cristo una vera e propria
libertà fisica, psicologica e morale, ma non possiamo attribuire una vera e pro-
pria autonomia per il semplice motivo che essa non ha la sua personalità, ma
sussiste nella Persona del Verbo. Tutt'al più si può dire che il Verbo è autono-
mo anche secondo la natura umana»104.

Secondo Parente, la teoria di Galtier

«non giova né ad approfondire né ad illustrare il mistero di Cristo, anzi essa


fa di Cristo un essere stravagante, che si sente semplice Uomo, è tentato di
sentirsi una persona umana qualunque, ma per l'intervento di una luce supe-
riore, viene a sapere che è nientemeno Figlio di Dio, di cui si attribuisce la
proprietà... (Così) l'unità psicologica va a finire peggio, perché si costruisce
un sipario insormontabile tra la coscienza e la Persona di Cristo e il ricorso alla
visione beatifica non giova molto»105.

c) Pio XII afferma che

«sebbene nulla vieti di scrutare più a fondo l'umanità di Cristo, anche sotto
l'aspetto psicologico, tuttavia nell'arduo campo di siffatti studi non mancano
coloro che abbandonano più del giusto le posizioni antiche per costruirne del-
le nuove, e si servono a torto dell'autorità e della definizione del concilio di
Calcedonia per giustificare le proprie elucubrazioni. Costoro spingono tanto
innanzi lo stato e la condizione umana della natura umana di Cristo da sembra-
re che essa sia ritenuta un soggetto autonomo, come se non sussistesse nella
persona dello stesso Verbo. Ma il concilio di Calcedonia, in tutto concorde con
quello di Efeso, afferma chiaramente che le due nature del nostro Redentore
coesistono "in una sola persona e sussistenza" e proibisce di ammettere in
Cristo due individui, di maniera che accanto al Verbo sia posto un certo "uomo
assunto", dotato di piena autonomia»106.

102
Cfr. P . PARENTE, L'IO di Cristo, I a ed. Morcelliana, Brescia 1955,3 a IPAG, Rovigo, 1981;
Teologia di Cristo, voi. I, Città Nuova, Roma 1970.
103
Ibidem, 515.
104
Ibidem, 514.
105
Ibidem, 518.
106
Pio XII, Sempiternus rex, 8.9.1951.
CAPITOLO V i l i - L A CONTEMPLAZIONE DEL MISTERO DI CRISTO 290

«Il significato del documento è il seguente: è legittimo parlare di un ego psicologico


umano in Gesù, purché si provveda a conservare l'unità ontologica della persona. Di
conseguenza, non è neppure lecito supporre in lui due individui o concepire un homo
assumptus dotato di piena autonomia, posto, per così dire, a fianco del Verbo»107.

d) Una dichiarazione della Commissione Teologica Internazionale affronta il


problema dell'autocoscienza di Gesù. Tre le proposizioni che ci interessano.

«La vita di Gesù testimonia la coscienza della propria relazione filiale al Padre.
Il suo comportamento e le sue parole, che sono quelli del "servo" perfetto,
implicano un'autorità che supera quella degli antichi profeti e che appartiene a
Dio solo. Gesù attingeva tale incomparabile autorità dal suo singolare rapporto
con Dio che egli chiama "Padre mio". Egli aveva coscienza di essere il Figlio
unico di Dio e, in questo senso, di essere egli stesso Dio»108.

«Gesù conosceva lo scopo della sua missione: annunciare il regno di Dio e ren-
derlo presente nella sua persona, nei suoi atti e nelle sue parole, affinché il mon-
do sia riconciliato con Dio e rinnovato. Egli ha liberamente accettato la volontà
del Padre: dare la propria vita per la salvezza di tutti gli uomini; si sapeva invitato
dal Padre per servire e dare la propria vita "per molti" (Me 14,24)»109.

«La coscienza, che Cristo ha di essere inviato dal Padre per la salvezza del
mondo e per la convocazione di tutti gli uomini nel popolo di Dio, implica, in
modo misterioso, l'amore di tutti gli uomini, cosicché possiamo tutti quanti
dire: "Il Figlio di Dio mi ha amato e ha dato se stesso per me" (Gal 2,20)»uo.

e) Possiamo concludere dicendo che

«il soggetto unico della coscienza umana di Gesù Cristo è 1' "Io" personale del
Verbo e che il contenuto di questa sua coscienza è dato dalla consapevolezza
della propria identità di Figlio di Dio ("coscienza filiale") e della propria mis-
sione salvifica ("coscienza messianica")»111.

107
J . DUPUIS, Introduzione alla cristologia, Piemme, Casale Monferrato, 1993,169-170.
108
COMMISSIONE TEOLOGICA INTERNAZIONALE, La coscienza che Gesù aveva di se stesso, pri-
ma proposizione, 31.5.1986, in: EV, 10, n. 694.
109
Ibidem, seconda proposizione, n. 699.
110
Ibidem, n. 715.
111
A . AMATO, Gesù il Signore. Saggio dì cristologia, cit., 4 7 2 . «In Gesù Cristo c'è una persona sola,
la persona del Logos divino che, allo stesso tempo, è il fattore della natura umana che forma la persona.
Per questo motivo, in Gesù c'è solo un io, l'io del Figlio di Dio, diventato uomo. Nella coscienza del
suo "io", Gesù non salta da un'identità all'altra! Non si deve pensare che quando Gesù dice "ho sete"
(Gv 1 9 , 2 8 ) colui che parla è l'io umano, mentre quando dice "io e il Padre siamo una cosa sola" (Gv
1 0 , 3 0 ) a parlare è l'io divino. In Gesù non ci sono due "io" che si alternano: si tratta piuttosto di una
tensione che è presente - in nuce - anche in noi stessi, dal momento che in noi Dio è attivo in ambiti
differenti» ( D . H E R C S K , / / Signore Gesù. Saggio di cristologia e soteriologia, cit., 3 1 1 ) .
302 CAPITOLO VIH..-. LA GGNIEMPLAZIONE DEL MISTERO DI CRISTO

9. La conoscenza umana

Il concilio di Efeso e il concilio di Calcedonia affermano che in Gesù c'è


una sola persona, la persona divina del Verbo. In due nature: la natura divina
e la natura umana, ipostaticamente unite. Ogni natura conserva le proprie ca-
ratteristiche. La natura divina conserva le caratteristiche proprie della natura
divina: intelligenza divina (onniscienza) e volontà divina (libertà, onnipoten-
za, santità). La natura umana conserva le caratteristiche proprie della natura
umana: intelligenza umana e volontà umana. Che dire della conoscenza uma-
na di Gesù? Quale perfezione attribuirle? Quali limiti?

a) La teologia medievale, seguendo il principio assoluto di perfezione,


attribuisce a Gesù una triplice conoscenza umana: la conoscenza beatifica,
la conoscenza infusa e la conoscenza acquisita112. Cristologi contemporanei
affermano la stessa cosa. Ma con alcuni aggiornamenti. Per quanto riguarda la
conoscenza beatifica:

«la conoscenza umana che Gesù ha della propria divinità e del proprio essere
filiale mediante la visione beatifica è la ripercussione metafisicamente neces-
saria della presenza del Verbo nella natura umana da lui assunta. È il risvolto
psicologico della sua ontologia»113.

Per quanto riguarda la conoscenza infusa:

«essa non deriva dall'esperienza esterna, ma viene comunicata alla sua in-
telligenza umana direttamente dall'alto - così come avviene per la cono-
scenza degli angeli - , mediante l'acquisizione di specie intelligibili. Diver-
samente dalla visione beatifica, che è immediata, questa scienza infusa è
concettuale»114.

Per quanto riguarda la conoscenza acquisita:

«essa viene acquisita attraverso l'esperienza concreta. Essa è limitata e in pro-


gresso (cf Le 2,40.52). Non si tratta quindi di una "onniscienza sperimentale",
ma di una scienza elaborata a partire dall'esperienza del Gesù storico e com-
misurata alla cultura soprattutto religiosa del suo ambiente»115.

112
Cfr. Summa theologiae, I I I , q. 10, a. 1-4; q. 11, a. 1-6; q. 12, a. 1-4.
TOMMASO D ' A Q U I N O ,
113
A . AMATO, Gesù il Signore. Saggio di cristologia, cit., 474.
114
Ibidem.
115
Ibidem.
CAPITOLO V i l i - LA CONTEMPLAZIONE DEL MISTERO DI CRISTOL_3Q3__

b) K. Rahner attribuisce a Gesù solo una conoscenza immediata non bea-


tifica116.

«Questa visione immediata sarebbe un momento intrinseco dell'unione iposta-


tica, e quindi assolutamente inalienabile... Il contatto immediato e cosciente
di Gesù con Dio deve essere... considerato come una sua condizione fon-
damentale di esistenza. Si tratta di una consapevolezza originaria, derivante
dall'unione ipostatica: "la coscienza d'essere Figlio di Dio non è altro che
l'illuminazione ontologica e intrinseca di tale filiazione". Tale consapevolezza
non va immaginata come una rappresentazione oggettiva di Dio; essa è invece
situata nel polo soggettivo della coscienza dì Gesù e costituisce l'orizzonte
atematico della sua coscienza»117.

c) J. Galot attribuisce a Gesù un'unica scienza umana, formata da cono-


scenze "sperimentali" e conoscenze "di ordine superiore"118.

«Queste ultime comprenderebbero la conoscenza di Dio e altre singole co-


noscenze infuse, come le predizioni, la conoscenza dei cuori, la conoscenza
della dottrina religiosa e del piano di redenzione. Durante la sua vita terre-
na, quindi, Gesù non ha goduto della visione beatifica di Dio, che avrebbe
annullato la realtà dell'incarnazione, vanificato la vera kènosi del Verbo e
distrutto il valore del suo sacrificio redentivo. Qual è allora la natura della
singolare conoscenza umana che Gesù ha del Padre? Per Galot, essa si mani-
festa soprattutto nell'esperienza dell'Abbà, che "rivela un'intimità col Padre
profondamente radicata nella psicologia di Gesù". Si tratta di un'esperienza
di tipo mistico e viene quindi chiamata contatto mìstico filiale: "I mistici
testimoniano di contatti mistici con Dio: provano il sentimento della presen-
za di Dio, ricevono l'impressione di una fusione con la vita divina, di una
immersione in essa... E tutta la personalità che si sente impegnata in questo
contatto". Furono proprio questi contatti mistici col Padre che permisero a
Gesù, al primo sorgere della sua coscienza umana, di riconoscere la propria
identità di Figlio e di cogliere la verità del proprio "Io" divino nella coscien-
za umana. Sarebbe l'inevitabile ripercussione psicologica della paternità
ontologica del Padre»119.

d) A. Amato attribuisce a Gesù una visione misteriosamente beatifica


come esigenza dell'unione ipostatica e come fondamento della missione:

116
Cfr. K. RAHNER, Considerazioni dogmatiche sulla scienza e coscienza di Cristo, in: IDEM,
Saggi di cristologia e dì mariologia, Paoline, Roma 1965,199-238.
117
A . AMATO, Gesù il Signore. Saggio di cristologia, cit., 4 7 5 .
118
Cfr. J . G A L O T , Chi sei tu, o Cristo?, Libreria Editrice Fiorentina, Firenze 1 9 7 7 , 293-
343.
119
A. AMATO, Gesù il Signore. Saggio dì cristologia, cit., 477-478.
304 CAPITOLO VILI - L A CONTEMPLAZIONE DEL MISTERO DI CRISTO

«Dall'unione... della natura umana nella persona del Verbo, segue anche la sua
unione nella visione. Questa visione è quindi la traduzione coscienziale dell'unio-
ne ipostatica. Si coglie qui la relazione profonda esistente tra il Verbo e la sua
umanità assunta. Per cui l'unione ipostatica senza visione beatifica sarebbe in
Cristo una realtà psicologicamente inerte e prova della corrispondente azione
vitale. In quanto conseguenza psicologica del suo essere ontologico, tale visione
non può essere un semplice contatto mistico, né solo un orizzonte psicologico
atematico. Essa è invece sovrabbondante, solare e beatificante immediatezza
conoscitiva di Dio e come tale perenne sottofondo coscienziale dell'esistenza
terrena di Cristo, che gli permette, anche come uomo, di continuare a vivere ri-
volto al Padre... La visione beatifica inoltre è anche il fondamento della missio-
ne di Gesù. Il possesso tranquillo della coscienza filiale e messianica scaturisce
proprio da questa sua visione del Padre, che illumina e ravviva la sua esistenza
umana, i suoi incontri, e soprattutto la sofferenza della passione. Gesù Cristo
in quanto Parola e Sapienza di Dio non si priva, nella sua situazione umana, di
questa intima fonte di conoscenza immediata e beatificante del Padre»"120.

10. La volontà umana

Il concilio lateranense I (649) e il concilio costantinopolitano III (680 -


681) affermano che in Gesù Cristo ci sono due volontà e due operazioni: la
volontà divina e la volontà umana. La volontà divina ce l'ha in comune con
il Padre e con lo Spirito Santo. La volontà umana gli è propria. Tra la volontà
divina e la volontà umana c'è totale accordo. Gesù con la sua volontà divina
e con la sua volontà umana vuole la salvezza dell'uomo. Il tema della volontà
umana di Gesù richiama l'attenzione sulla sua libertà, sulla sua "impeccabili-
tà", sulla sua sofferenza.

a) La tradizione evangelica testimonia con chiarezza che Gesù è un uomo


libero, «capace di prendere lucide decisioni nelle più diverse situazioni, in
particolare riguardo alla missione salvifica di cui è investito»121. Libero di
fronte alle donne, ai bambini, agli scribi, ai farisei, ai discepoli, ai poveri, ai
peccatori, ai malati, alla legge, al tempio, al potere politico. Libero di fronte
a Dio. Libero di fronte alla morte. Come intendere la sua libertà? La teologia
scolastica distingue

«tre modi di esercizio della libertà umana: la "libertas exercitii", per la quale
la volontà può decidere di fare qualcosa o di non farlo; la "libertas specifi-

120
Ibidem, 487-488.
121
C. PORRO, Gesù il Salvatore. Iniziazione alla cristologia, cit., 241
C A P I T O L O V i l i - L A CONTEMPLAZIONE DEL MISTERO DI CRISTO 294

cationis", che porta a scegliere di fare una cosa oppure un'altra; la "libertas
contrarietatis", che è la possibilità di scegliere o il male o il bene»122.

I primi due modi possono essere applicati a Gesù. Il terzo no. Gesù non è
libero di scegliere il male o il bene. La persona che sceglie, infatti, è la persona
divina del Verbo incarnato. Oggi, alcuni autori intendono la libertà di Gesù
come autodeterminazione, come capacità di determinarsi senza esitazione di
sorta verso ciò che è bene:

«Egli si determinava da sé. E decideva liberamente di obbedire a suo Padre.


Ciò nonostante non aveva la possibilità di scegliere la disobbedienza; la sua li-
bertà consisteva nell'autodeterminazione... Cristo si è determinato da se stesso
ad amare il Padre e a obbedirlo»123.

«L'essenza della libertà deve essere posta nell'autodeterminazione che costi-


tuisce la dignità della persona. Una persona deve alla sua propria autodeter-
minazione il divenire ciò che ella è. L'essenza della libertà risiede nel fatto
che l'azione di una persona viene e procede da lei stessa, è realmente il suo
agire»124.

Se libertà è autodeterminazione, Gesù è uomo totalmente libero.

«Nei vangeli Gesù ci è presentato come una persona la cui azione è total-
mente orientata verso il Padre, e che è incondizionatamente obbediente alla
volontà divina. Nella sua missione consacrata al servizio del regno, egli
non appare controllato da qualche costrizione interna né da una forza ester-
na, bensì completamente indipendente nei confronti del Padre e degli altri
esseri umani. Nel Getsemani egli percepisce la sua libertà nella relazione
diretta (io-tu) con il Padre e nella chiamata a realizzare la volontà divina,
costi quel che costi. Possiamo esprimere la questione in questo modo: la re-
lazione dell'uomo Gesù col Padre è quella del Logos preesistente. Trasposta
nella condizione umana, tale relazione si traduce in una totale obbedienza,
immune dal peccato»125.

122
Ibidem, 242.
123
J . GALOT, Chi sei tu, o Cristo?, cit., 3 5 9 . «Noi siamo abituati a pensare alla libertà asso-
ciandola all'idea secondo la quale chi è Ubero può fare scelte diverse, contrastanti e contrad-
dittorie tra di loro. Questa, però, è una concezione inadeguata della libertà; se la natura della
libertà consistesse in questo, Dio stesso non sarebbe Ubero, né lo saremmo noi quando avrà
!
. luogo il compimento escatologico. Nel suo significato fondamentale la libertà è autorealizza-
zione, autodeterminazione, realizzazione della propria natura» ( D . HERCSIK, Il Signore Gesù.
Saggio di cristologia e soteriologia, cit., 321).
124
J . DUPUIS, Introduzione alla cristologia, cit., 2 0 1 - 2 0 2 .
123
G. O ' COLLINS , Gesù oggi. Linee fondamentali dì cristologia, cit., 292.

;tvÌ:
M £ CAPITOLO VILI - LACONTEMPLAZIONE DEL MISTERO D

b) Uomo totalmente libero, Gesù. Di fronte al Padre e di fronte agli uomini.


Poteva essere tentato? La tradizione evangelica (Me 1,12-13; Mt 4,1-11; 16,22-
23; Le 4,1-13; 22,28; Gv 12,27-28) e l'autore della Lettera agli Ebrei (2,17-18;
4,15; 5,7-8; 12,1-3) attestano chiaramente le tentazioni di Gesù. Tentazioni che
lo accompagnano nell'arco della sua vita. Dall'esperienza del deserto, dopo il
battesimo, al momento della morte in croce. Tentazioni vere, reali.

«Gesù ha provato profondamente nella sua umanità le pesanti richieste che


la volontà del Padre e la fedeltà alla propria vocazione messianica gli hanno
posto. La sua obbedienza e sottomissione non erano indolori, anche quando la
sua volontà non ha vacillato ma si è sempre sottomessa»126.

La tradizione evangelica e l'autore della Lettera agli Ebrei attestano che


Gesù ha superato le tentazioni. Pietro lo presenta come «agnello senza difetti
e senza macchia» (IPt 1,19). Giovanni come «colui che toglie il peccato del
mondo!» (Gv 1,29). Gesù stesso dice: «Chi di voi può dimostrare che ho pec-
cato?» (Gv 8,46). Davvero Gesù è il Santo. Il senza peccato. La sua santità
«consiste nella totale appartenenza della sua natura umana alla persona divina
del Verbo»127. Il Santo, il senza peccato, è anche incapace di peccato? La ri-
sposta è sì. La ragione del sì è nel mistero dell'unione ipostatica128. «Se Gesù
dovesse commettere peccato, Dio sarebbe l'autore di azioni peccaminose, il
che è una contraddizione» 129 .

c) Incapace di peccato ma non immune dalla sofferenza. La tradizione


evangelica attesta ampiamente la sofferenza di Gesù (Me 14-15; Mt 26-27 ; Le
22-23; Gv 18-19). Sofferenza fisica e morale.

«Uscì e andò, come al solito, al monte degli Ulivi; anche i discepoli lo seguiro-
no. Giunto sul luogo, disse loro: "Pregate, per non entrare in tentazione". Poi si
allontanò da loro circa un tiro di sasso, cadde in ginocchio e pregava dicendo:
"Padre, se vuoi, allontana da me questo calice! Tuttavia non sia fatta la mia, ma
la tua volontà". Gli apparve allora un angelo dal cielo per confortarlo. Entrato

126
J. DUPUIS, Introduzione alla cristologia, cit., 193.
127
A . AMATO,Gesù il Signore. Saggio di cristologia, cit., 496.
128
«L'essere uomo di Gesù viene completamente accolto nella relazione filiale con il Padre.
Ciò comporta la totale dedizione di Gesù al Padre, a causa della quale è escluso che l'uomo
Gesù potesse compiere delle scelte che lo contrapponessero a Dio, come se per Gesù esistessero
possibilità diverse dall'obbedienza e dall'adempimento della missione di Dio. La dedizione di
Gesù al Padre e alla propria missione non lascia spazio ad altre possibilità che Gesù avrebbe
potuto scegliere da uomo autonomo, in contrapposizione a Dio» ( D . HERCSIK, Il Signore Gesù.
Saggio di cristologia e soteriologia, cit., 320).
129
J. DUPUIS, Introduzione alla cristologia, cit., 192.
CAPITOLO Vi l i - L A CONTEMPLAZIONEPEL MISTERO DI CRISTO 3.1.1

nella lotta, pregava più intensamente, e il suo sudore diventò come gocce di
sangue che cadono a terra» (Le 22,30-44).

Facendosi uomo, il Figlio di Dio è e vive in stato di kénosi.


«Gesù era conscio di essere il Figlio-di-Dio nell'autosvuotamento; la consape-
volezza della condizione kenotica, derivatagli dalla sua missione messianica, è
diventata più che mai viva quando si è imbattuto nell'imminenza della morte
violenta. Questo spiega come nella lotta dell' "agonia" sia perdurata la visione del
Padre, persino anche quando Gesù era sopraffatto dall'angoscia umana. In questo
modo è da intendersi il grido sulla croce: "Dio mio, Dio mio,perché mi hai abban-
donato?" (Me 15,34; Mt 27,46). È certo che Gesù ha sperimentato il senso dell'es-
sere abbandonato dal Padre. Questo, tuttavia, non implica che... il Padre abbia
veramente abbandonato il suo Figlio e si sia ritirato da lui, lasciandolo soffrire
nell'oblio e nell'abbandono divino. Gesù senz'altro, ha provato sulla croce tutta
la distanza che esiste fra la bontà infinita di Dio e la peccaminosità dell'umanità,
a causa della quale egli si è addossato la morte sulla croce; ma questo non implica
in alcun modo che Dio abbia abbandonato il suo Figlio. Al contrario il Padre ha
"simpatizzato" (sofferto con) in maniera empatica con la sofferenza e la morte del
Figlio. Questo è talmente vero che nel mistero della croce, più che in ogni altro
evento, l'amore infinito di Dio si è rivelato in piena chiarezza»130.

4. I L M I S T E R O D I P A S Q U A

La contemplazione dell'Icona della Trinità di Andrej Rublév introduce vi-


sivamente nella riflessione sul mistero della pasqua di Gesù.

«Se Dio è per noi, chi sarà contro di noi? Egli, che non ha risparmiato il proprio
Figlio, ma lo ha consegnato per tutti noi, non ci donerà forse ogni cosa insieme
a lui? Chi muoverà accuse contro coloro che Dio ha scelto? Dio è colui che
giustifica! Chi condannerà? Cristo Gesù è morto, anzi è risorto, sta alla destra
di Dio e intercede per noi!» (Rm 8,31-34).

«Egli è principio,
primogenito di quelli che risorgono dai morti,
perché sia lui ad avere il primato su tutte le cose.
E piaciuto infatti a Dio
che abiti in lui tutta la pienezza
e che per mezzo di lui e in vista di lui
siano riconciliate tutte le cose,
avendo pacificato con il sangue della sua croce
sia le cose che stanno sulla terra,
sia quelle che stanno nei cieli» (Col 1,18-20).

130
Ibidem, 195-196.
«Vi proclamo poi, fratelli, il Vangelo che vi ho annunciato e che voi avete
ricevuto, nel quale restate saldi e dal quale siete salvati, se lo mantenete come
ve l'ho annunciato. A meno che non abbiate creduto invano! A voi infatti ho
trasmesso, anzitutto, quello che anch'io ho ricevuto, cioè che
Cristo morì per i nostri peccati secondo le Scritture
e che fu sepolto
e che è risorto il terzo giorno secondo le Scritture
e che apparve a Cefa e quindi ai Dodici» (ICor 15,1-5).

«È veramente cosa buona e giusta esprimere con il canto l'esultanza dello spi-
rito, e inneggiare al Dio invisibile, Padre onnipotente, e al suo unico Figlio,
Gesù Cristo nostro Signore. Egli ha pagato per noi all'eterno Padre il debito di
Adamo, e con il sangue sparso per la nostra salvezza ha cancellato la condanna
della colpa antica. Questa è la vera pasqua, in cui è ucciso il vero Agnello,
che con il suo sangue consacra le case dei fedeli... Davvero era necessario il
peccato di Adamo, che è stato distrutto con la morte del Cristo. Felice colpa,
che meritò di avere un così grande redentore!»131.

«E veramente cosa buona e giusta, nostro dovere e fonte di salvezza, procla-


mare sempre la tua gloria, o Signore, e soprattutto esaltarti in questa notte nella
quale Cristo, nostra Pasqua, si è immolato. È lui il vero Agnello che ha tolto
i peccati del mondo, è lui che morendo ha distrutto la morte e risorgendo ha
ridato a noi la vita»132.

«Per mezzo di lui rinascono a vita nuova i figli della luce, e si aprono ai cre-
denti le porte del regno dei cieli. In lui morto è redenta la nostra morte, in lui
risorto tutta la vita risorge»133.

«In lui vincitore del peccato e della morte, l'universo risorge e si rinnova, e
l'uomo ritorna alle sorgenti della vita»134.

«Offrendo il suo corpo sulla croce, diede compimento ai sacrifici antichi, e


donandosi per la nostra redenzione divenne altare, vittima e sacerdote»135.

Paolo e la preghiera liturgica della Chiesa introducono la riflessione sul


mistero della pasqua di Gesù. Questi i punti che prendiamo in considerazione:
"La passione e la morte di Gesù", "La risurrezione", "L'ascensione", "L'effu-
sione dello Spirito Santo", "La parusia".

131
CEI, Messale Romano, Veglia pasquale, annuncio pasquale, cit.
132
Ibidem, Veglia pasquale, prefazio.
133
Ibidem, Prefazio pasquale 2.
134
Ibidem, Prefazio pasquale 4.
135
Ibidem, Prefazio pasquale 5.
CAPITOLO VILI - L A CONTEMPLAZIONE DEL MISTERO DI CRISTO 298..

1. La passione e la morte di Gesù

«Nella passione redentrice del tuo Figlio tu rinnovi l'universo e doni all'uomo
il vero senso della tua gloria; nella potenza misteriosa della croce tu giudichi il
mondo e fai risplendere il potere regale di Cristo crocifisso»136.

«Nell'albero della croce tu hai stabilito la salvezza dell'uomo, perché donde


sorgeva la morte di là risorgesse la vita, e chi dall'albero traeva vittoria, dall'al-
bero venisse sconfitto»137.

La passione e la morte di Gesù possono essere considerate come punto di


arrivo della sua testimonianza di vita e come momento forte della salvezza che il
Padre138, per mezzo del Figlio e dello Spirito, dona agli uomini. Alcune domande
accompagnano la nostra riflessione: Gesù era consapevole che la missione di an-
nunciare il vangelo del regno avrebbe comportato anche la passione e la morte?
Pensava che la sua passione e la sua morte avevano valore salvifico? Come la
comunità cristiana delle origini ha interpretato la passione e la morte di Gesù?

a) La tradizione evangelica attesta la consapevolezza di Gesù circa la


conclusione tragica della sua missione. L'annuncio implicito (Me 2,19-20; Le
4,24) ed esplicito della passione e della morte (Me 8,31; 9,31; 10,32-34), le
immagini bibliche dello sposo (Me 2,18-22), del pastore che dà la vita (Gv
10,1-30), del chicco di grano che cade a terra e muore (Gv 12,24) e soprattutto
l'esperienza dell'ultima cena vanno nella direzione della consapevolezza. Ma
Gesù era consapevole della sua passione e della sua morte?

b) I teologi che attribuiscono a Gesù la conoscenza beatifica e la conoscen-


za infusa ritengono che egli abbia avuto «non soltanto una chiara coscienza
della sua identità in quanto Verbo di Dio incarnato, ma anche una precisa
informazione su tutto quello che sarebbe avvenuto, inclusa la morte violenta e
tutte le sue conseguenze salvifiche» 139 .
Secondo R. Bultmann gli annunci di Gesù circa la sua passione e la sua
morte sono semplici profezie post eventunr, la crocifissione non è conseguen-
za connessa e necessaria dell'attività religiosa di Gesù; essa

136
Ibidem, Prefazio della passione del Signore I.
137
Ibidem, Mistero della santa croce, prefazio.
138
Cfr. J. GALOT, Il mistero della sofferenza di Dio, Cittadella Editrice, Assisi 1975.
139
G. O ' C O L L I N S , Gesù oggi. Linee fondamentali di cristologia, cit., 127. F. PRAT, ad esem-
pio, scrive: «Gesù conosce in anticipo, nelle minime particolarità, le atroci peripezie della sua
passione» (Gesù Cristo, voi. II, Editrice Fiorentina, Firenze 1945, 332).
310 C A P I T O L O V i l i - L A CONTEMPLAZIONE DEL MISTERO DI CRISTO

«avvenne piuttosto perché la sua attività fu erroneamente interpretata come


politica. In quel caso essa sarebbe stata - storicamente parlando - un desti-
no senza significato. Non possiamo dire se e in che modo Gesù vi trovò un
significato. Non possiamo nasconderci la possibilità che egli abbia avuto un
crollo»140.

H. Kiing (ed altri) ritiene che Gesù sia andato coscientemente incontro alla
passione e alla morte:

«Gesù... poteva essere a tal punto ingenuo, da non avere il minimo sentore
di quanto si andava addensando sul suo capo? È vero che non c'è pagina dei
Vangeli dove non si debba tenere conto di un possibile interesse cristologico,
ma un eccessivo scetticismo storico rischia di diventare acritico. Per avvertire
il pericolo di una fine violenta non occorreva una scienza soprannaturale, ba-
stava un esame disincantato della realtà. Per quel suo messaggio radicale che,
scuotendo le pie certezze dell'uomo e della società e mettendo in discussione
l'intero ordinamento religioso consacrato dalla tradizione, suscitò immediata-
mente una larvata opposizione. Gesù non poteva non preventivare una serie di
scontri frontali - con conseguenze di estrema gravità - provocati dalla violenta
reazione da parte dei detentori del potere religioso ed eventualmente anche
politico, e aventi per teatro proprio quella che era la centrale del potere. Non
si potevano più ignorare i rimproveri che gli venivano mossi a motivo delle
sue violazioni del sabato, del suo disprezzo per la Legge, delle sue bestemmie
contro Dio... Il trasferimento dalla provincia verso la capitale di questo "pro-
feta eretico", che seminava smarrimento e insicurezza tra il popolo dei fedeli
aveva in ogni caso il significato di una sfida lanciata alla classe dirigente...
Chi era sospettato di essere un taumaturgo diabolico, un falso profeta e persino
un bestemmiatore di Dio, doveva aspettarsi la pena capitale... Il sensazionale
ingresso in Gerusalemme non fece che accentuare il pericolo. E l'atto profeti-
co della "purificazione del Tempio", indubbiamente storico quanto al nucleo,
comportò, come manifestazione di inaudita arroganza in luogo sacro, una nuo-
va minaccia contro la vita di Gesù. La sorte dei profeti - se non altri, almeno
Isaia, Geremia, Amos, Michea e Zaccaria si erano creati un'aureola di martirio,
e al tempo di Gesù si costruivano monumenti sepolcrali a espiazione della loro
uccisione - doveva far riflettere Gesù. Forse lo faceva riflettere anche la sorte
del Servo di Dio nel Deutero-Isaia, quel Servo che viene immolato per molti...
Qualunque opinione si abbia circa l'autenticità di questo o quel detto, il punto
sul quale non si può essere smentiti è: Gesù, che con il suo parlare e il suo agire
aveva fatto di tutto per meritare la pena di morte, dovette attendersi una fine
violenta. Non nel senso che direttamente provocò o volle la propria morte. Ma
nel senso che visse al cospetto della morte. Morte che accettò liberamente -
nel segno di quella grande libertà che riunisce fedeltà a se stesso e fedeltà alla
propria missione, senso di responsabilità e obbedienza - , perché vi riconobbe
la volontà di Dio»141.

140
Citato in G. O ' C O L L I N S , Gesù oggi. Linee fondamentali di cristologìa, cit., 130.
141
H. K U N G , Essere cristiani, cit., 357.358.359.
C
AP
TOO Vi l i - LA CONTEMPLAZIONEPEL MISTERO DI C
IL RS
IT
O

c) La tradizione evangelica attesta la consapevolezza di Gesù circa il si-


gnificato della sua passione e morte.

«E cominciò a insegnare loro che il Figlio dell'uomo doveva soffrire molto ed


essere rifiutato dagli anziani, dai capi dei sacerdoti e dagli scribi, venire ucciso
e, dopo tre giorni, risorgere» (Me 8,31).

«Insegnava infatti ai suoi discepoli e diceva loro: "Il Figlio dell'uomo viene
consegnato nelle mani degli uomini e lo uccideranno; ma, una volta ucciso,
dopo tre giorni risorgerà"» (Me 9,31).

«Ecco, noi saliamo a Gerusalemme e il Figlio dell'uomo sarà consegnato ai


capi dei sacerdoti e agli scribi; lo condanneranno a morte e lo consegneranno
ai pagani, lo derideranno, gli sputeranno addosso, lo flagelleranno e lo uccide-
ranno, e dopo tre giorni risorgerà» (Me 10,33-34).

«Il Figlio dell'uomo infatti non è venuto per farsi servire, ma per servire e dare
la propria vita in riscatto per molti» (Me 10,45).

«E, mentre mangiavano, prese il pane e recitò la benedizione, lo spezzò e lo


diede loro, dicendo: "Prendete, questo è il mio corpo". Poi prese un calice
e rese grazie, lo diede loro e ne bevvero tutti. E disse loro: "Questo è il mio
sangue dell'alleanza, che è versato per molti. In verità io vi dico che non berrò
mai più del frutto della vite fino al giorno in cui lo berrò nuovo, nel regno di
Dio"» (Me 14,22-25).

«Poi prese il pane, rese grazie, lo spezzò e lo diede loro dicendo: "Questo è
il mio corpo, che è dato per voi; fate questo in memoria di me". E, dopo aver
cenato, fece lo stesso con il calice dicendo: "Questo calice è la nuova alleanza
nel mio sangue, che è versato per voi"» (Le 22,19-20).

Le espressioni "dopo tre giorni risorgerà", "servire e dare la propria vita in


riscatto per molti", "dato per voi", "versato per molti", "versato per voi" dico-
no chiaramente i frutti della passione e della morte: la risurrezione di Gesù, il
riscatto, la salvezza degli uomini, la nuova alleanza.

d) Ma Gesù era consapevole del significato salvifico della sua passione e


morte?

«Morendo, Gesù esprime la sua volontà di servire e di donare la propria vita


(cf. Me 10,45): questo è l'effetto e la continuazione dell'atteggiamento di tutta
la sua vita (Le 22,27). Entrambi questi aspetti emanavano da un atteggiamento
fondamentale, tendente a vivere e a morire per Dio e per gli uomini. È ciò
che alcuni chiamano una esistenza-per-gli-altri, una pro-esistenza. A motivo
3 ì2 CAPITOLO V i l i - L A CONTEMPLAZIONE DEL MISTERO DI CRISTO

di questa disposizione Gesù era ordinato, in forza della sua stessa "essenza",
a essere il Salvatore escatologico che procura la "nostra" salvezza (cf. ICor
15,3; Le 22,19.20b), la salvezza di "Israele" (Gv 11,30), come quella dei gentili
(Gv 11,51ss.). Questa salvezza è per la moltitudine (Me 14,24; 10,45), per tutti
gli uomini (2Cor 5,14ss.; ITim 2,6), per il "mondo" (Gv 6,51c). Come si deve
comprendere questa disposizione fondamentale di esistenza per gli altri, cioè
di offrirsi e di donarsi totalmente fino a subire la morte, così come appare in
Gesù nel corso della sua esistenza terrena? Essa è essenzialmente una lucida
apertura di conformità alla volontà di Dio. Lo sviluppo degli eventi vissuti
non ha potuto evidentemente non rendere ancor più vivo e più concreto questo
orientamento. Perciò è nella speranza e nella confidenza che Gesù, in quanto
mediatore escatologico della salvezza, come inviato del regno di Dio, attende-
va il dominio divino che si stabilisce in modo definitivo (cf. Me 14,25 e par.).
Anche se interamente aperto alla volontà del Padre, Gesù ha potuto percepire il
presentarsi di certi problemi. Il Padre avrebbe dato un successo pieno e intero
alla predicazione del regno? Il popolo d'Israele era incapace di aderire alla
salvezza escatologica? Avrebbe dovuto ricevere il battesimo della morte (cf.
Me 10,38ss.; Le 12,50) e bere il calice della passione (cf. Me 14,36)? Il Padre
avrebbe voluto stabilire il suo regno se Gesù avesse conosciuto l'insuccesso, la
morte e, ciò che più conta, la morte crudele del martirio? Il Padre avrebbe reso
finalmente efficace per la salvezza ciò che Gesù avrebbe sofferto "morendo
per gli altri"? Gesù attingeva delle risposte positive nella sua consapevolezza
di essere il mediatore escatologico della salvezza, presenza del regno di Dio.
Perciò poteva attendere in piena fiducia la soluzione dei problemi che si pre-
sentavano. Questa fiducia di Gesù può essere affermata e compresa partendo
da ciò che egli ha detto e fatto durante l'ultima cena (Le 22,19ss. e par.). Egli
è pronto ad andare verso la morte e, tuttavia, attende e annunzia la sua risurre-
zione e la sua esaltazione (Me 14,25), egli riafferma la promessa e la presenza
della salvezza escatologica»142.

«Lungo il suo ministero, l'atteggiamento di Gesù è stato quello del servizio


e dell'amore, della "pro-esistenza". La morte violenta... Gesù l'avrebbe ac-
cettata non come una semplice ed inevitabile conseguenza della sua missio-
ne profetica ma come l'ultima espressione del suo servizio di amore, come
il culmine e l'apice della sua pro-esistenza: fino alla fine egli sarebbe stato
"l'uomo-per-gli-altri"»143.

142
COMMISSIONE TEOLOGICA INTERNAZIONALE, Questioni di Cristologia, cit., I V , 2.3-4, in: EV,
7, nn. 671-672.
143
1. DUPUIS, Introduzione alla cristologia, cit., 77-78. «La passione del Signore e Salvatore
nostro Gesù Cristo è pegno sicuro di gloria e insieme ammaestramento di pazienza. Che cosa
mai non devono aspettarsi dalla grazia di Dio i cuori dei fedeli! Infatti, al Figlio unigenito di
Dio, coeterno al Padre, sembrando troppo poco nascere uomo dagli uomini, volle spingersi fino
al punto di morire quale uomo e proprio per mano di quegli uomini che aveva creato lui stesso.
Gran cosa è ciò che ci viene promesso dal Signore per il futuro, ma è molto più grande quello
che celebriamo ricordando quanto è già stato compiuto per noi. Dove erano e che cosa erano gli
CAPITOLO Vi l i - L A CONTEMPLAZIONEPEL MISTERO DI CRISTO 3.1.1

e) Come la comunità cristiana delle origini ha interpretato la passione e la


morte di Gesù? Riprendendo e sviluppando immagini e temi usati da Gesù:
"giusto sofferente", "obbediente alla volontà del Padre", "agnello pasquale".
Morendo in croce, Gesù fa sua la preghiera del Sai 22: «Dio mio, Dio mio,
perché mi hai abbandonato?» (Me 15,34). Il salmo, ispirato dai canti del servo
di Jahvè (Is 52,13-53,12) e dalle confessioni di Geremia (Ger 15,15; 17,15;
20,7), finisce, come essi, con la proclamazione che la passione del giusto ri-
genera l'umanità. Lo sviluppo del pensiero conduce dall'angoscia della morte
all'esaltazione della gioia; è un passaggio dalla notte più buia alla luce inat-
tesa, alla pasqua. Nel corso della sua attività pubblica Gesù dice di essere
venuto per fare la volontà del Padre: «Gesù disse loro: "Il mio cibo è fare la
volontà di colui che mi ha mandato e compiere la sua opera"» (Gv 8,34). Nel
cenacolo prega così: «Padre, è venuta l'ora: glorifica il Figlio tuo perché il
Figlio glorifichi te... Io ti ho glorificato sulla terra, compiendo l'opera che
mi hai dato da fare» (Gv 17,1.4). L'inno cristologico della Lettera ai Filippesi
celebra l'obbedienza di Gesù:

«Dall'aspetto riconosciuto come uomo,


umiliò se stesso
facendosi obbediente fino alla morte
e a una morte di croce» (Fil 2,5-8).

L'obbedienza al Padre è chiave di lettura della vita e della missione di


Gesù. L'obbedienza al Padre è chiave di lettura della passione e della morte
di Gesù. La pasqua ebraica, festa in cui si immola l'agnello, è il contesto nel
quale Gesù, donando se stesso come pane di vita e bevanda di salvezza, stabi-
lisce la nuova alleanza. Gesù è il nuovo agnello immolato. Lo scrive Paolo ai
cristiani di Corinto:

uomini, quando Cristo morì per i peccatori? Come si può dubitare che egli darà ai suoi fedeli
la sua vita, quando per essi, egli non ha esitato a dare anche la sua morte? Perché gli uomini
stentano a credere che un giorno vivranno con Dio, quando già si è verificato un fatto molto
più incredibile, quello di un Dio morto per gli uomini? Chi è infatti Cristo? È colui del quale si
dice: "In principio era il Verbo, e il Verbo era presso Dio e il Verbo era Dio" (Gv 1,1). Ebbene
questo Verbo di Dio "si fece carne e venne ad abitare in mezzo a noi" (Gv 1,14). Egli non aveva
nulla in se stesso per cui potesse morire, se non avesse preso da noi una carne mortale. In tal
modo egli immortale potè morire, volendo dare la vita per i mortali. Rese partecipi della sua
vita quelli di cui aveva condiviso la morte. Noi infatti non avevamo di nostro nulla da cui aver
la vita, come lui nulla aveva da cui ricevere la morte. Donde lo stupefacente scambio: fece sua
la nostra morte e nostra la sua vita. Dunque non vergogna, ma fiducia sconfinata a vanto im-
menso nella morte di Cristo» (AGOSTINO D'IPPONA, Discorso Guel. 3 , in: A A . V V . , L'ora di lettura
commentata dai padri della Chiesa, 2, cit., 466-468).
314 CAPITOLO V i l i - L A CONTEMPLAZIONE DEL MISTERO DI CRISTO

«Non è bello che voi vi vantiate. Non sapete che un po' di lievito fa fermentare
tutta la pasta? Togliete via il lievito vecchio, per essere pasta nuova, poiché sie-
te azzimi. E infatti Cristo, nostra Pasqua, è stato immolato ! Celebriamo dunque
la festa non con il lievito vecchio, né con lievito di malizia e di perversità, ma
con azzimi di sincerità e di verità» (ICor 5,6-8).

Gesù è la nuova alleanza. Paolo scrive:


«Io, infatti, ho ricevuto dal Signore quello che a mia volta vi ho trasmesso: il
Signore Gesù, nella notte in cui veniva tradito, prese del pane e, dopo aver reso
grazie, lo spezzò e disse: "Questo è il mio corpo, che è per voi; fate questo in
memoria di me". Allo stesso modo, dopo aver cenato, prese anche il calice,
dicendo: "Questo calice è la nuova alleanza nel mio sangue; fate questo, ogni
volta che ne bevete, in memoria di me". Ogni volta infatti che mangiate questo
pane e bevete al calice, voi annunciate la morte del Signore, finché egli venga»
(.ICor 11,23-26).

Le immagini del giusto sofferente, dell'obbediente alla volontà del Padre


e dell'agnello immolato dicono la fede delle comunità cristiane delle origini.
Dicono la dimensione soteriologica della passione e della morte di Gesù 144 .

f) La passione e la morte di Gesù sono "per noi" 145 .


«Cristo ci ha riscattati dalla maledizione della Legge, diventando lui stesso i
maledizione per noi, poiché sta scritto: Maledetto chi è appeso al legno, perché
in Cristo Gesù la benedizione di Abramo passasse ai pagani e noi, mediante la J
fede, ricevessimo la promessa dello Spirito» (Gal 3,13-14).
«Fatevi dunque imitatori di Dio, quali figli carissimi, e camminate nella carità,
nel modo in cui anche Cristo ci ha amato e ha dato se stesso per noi, offrendosi f
a Dio in sacrificio di soave odore» (Ef 5,1-2).

144
Sul significato della morte di Gesù, cfr. G. BARTH, Il significato della morte di Gesù.
L'interpretazione del Nuovo Testamento, Claudiana, Torino 1995.
145
Melitone di Sardi scrive: «Egli scese dai cieli sulla terra per colui che soffriva, di questo .j*
stesso si rivestì nel grembo di una vergine e nacque come uomo, prese su di sé le sofferenze di
colui che soffriva mediante il corpo capace di soffrire, distrusse le sofferenze della carne e con
lo Spirito immortale uccise la morte omicida. Egli infatti condotto come agnello - e immolato
come pecora, - ci liberò dalla servitù del mondo - come dalla terra d'Egitto, - ci sciolse dalla §
schiavitù del demonio - come dalla mano del faraone, - contrassegnò, come con un sigillo, - le
nostre anime - con il proprio Spirito - e le membra del nostro corpo - con il suo sangue... Egli
è l'agnello senza voce. - Egli è l'agnello ucciso. - Egli è colui che nacque - da Maria, la buona '
agnella. - Egli è colui che fu preso dal gregge - e condotto all'uccisione - immolato verso
sera,- sepolto nella notte, - colui che sul legno non fu spezzato, - nella terra non andò dissolto, i
- risuscitò dai morti - e fece risorgere l'uomo - dal profondo della tomba» (MELITONE DI SARDI, '!
La Pasqua, in: N . NOCILLI, Omelie pasquali dell'antichità cristiana, cit., 8 6 . 8 7 - 8 8 ) .
C A P I T O L O V i l i - L A CONTEMPLAZIONE DEL MISTERO DI CRISTO 304

«Egli è morto per noi perché, sia che vegliamo sia che dormiamo, viviamo
insieme con lui. Perciò confortatevi a vicenda e siate di aiuto gli uni agli altri,
come già fate» (lTs 5,10-11).

«Egli ha dato se stesso per noi, per riscattarci da ogni iniquità e formare per
sé un popolo puro che gli appartenga pieno di zelo per le opere buone» (Tt
2,14).

Alcune espressioni meritano di essere sottolineate: "diventando lui stesso


maledizione per noi", "ha dato se stesso per noi", "egli è morto per noi".
Come spiegare il "per noi"?

g) Tre le ipotesi di risposta: quella della sostituzione, quella della solida-


rietà e quella della rappresentazione universale dell'unico sacrificio redentore
di Cristo.
Secondo l'ipotesi della sostituzione, Gesù, con la sua passione e morte,
espia, riscatta, redime, libera gli uomini dal peccato, sostituendosi ad essi
("sostituzione penale"), facendo le loro veci ("sostituzione vicaria"). «Gesù
ha offerto al Padre quanto l'uomo peccatore da solo non poteva dare. La sosti-
tuzione vicaria indica sia la gratuità dell'azione di Dio in Cristo, sia l'incapa-
cità assoluta dell'uomo a liberarsi da solo»146.
Secondo l'ipotesi della solidarietà, Gesù, con la sua passione e morte, espia,
riscatta, redime, libera gli uomini dal peccato, in quanto solidale con loro.

«La solidarietà ha una motivazione ontologica e cultuale. Sul piano dell'esse-


re, Gesù è solidale con l'umanità mediante la sua incarnazione: "Ma quando
venne la pienezza del tempo, Dio mandò il suo Figlio, nato da donna, nato
sotto la legge, per riscattare coloro che erano sotto la legge, perché ricevessi-
mo l'adozione a figli" (Gal 4,4). Con la sua incarnazione il Figlio è diventato
autentico uomo, entrando in solidarietà ontologica con l'umanità intera. La
solidarietà cultuale si fonda su quella ontologica. Infatti il sacrificio redentore
compiuto nella pienezza dei tempi e "una volta per tutte allo scopo di togliere
i peccati di molti" (Eb 9,28; 10,10.12) rende possibile l'esercizio della sua
missione sacerdotale: "Egli nei giorni della sua vita terrena offrì preghiere e
suppliche con forti grida e lacrime a colui che poteva liberarlo da morte e fu
esaudito per la sua pietà. Pur essendo Figlio imparò l'obbedienza dalle cose
che patì e, reso perfetto, divenne causa di salvezza eterna per tutti coloro che
gli obbediscono, essendo stato proclamato da Dio sommo sacerdote alla ma-
niera di Melchisedek" (Eb 5/7-10)»147.

146
A . AMATO, Gesù il Signore. Saggio dì cristologia, cit., 527.
H1
Ibidem, 527-528.
S L T E M P L A Z I O N E D E L M I S T E R O DI CRISTO

L'ipotesi della rappresentazione universale dell'unico sacrificio redentore


di Cristo mette insieme l'ipotesi della sostituzione e l'ipotesi della solidarietà.
Gesù, con la sua passione e morte, espia, riscatta, redime, libera gli uomini
dal peccato, perché si rende solidale con gli uomini in modo da far ricadere
su di sé, sostituendosi a loro, il peso del loro peccato 148 . «In tal modo il suo
sacrificio unico, compiuto una volta per sempre, è salvifico per tutti. È questo
il traguardo della sua solidarietà con noi»149. La compresenza di solidarietà e
di sostituzione, che rende universale l'influsso dell'unico sacrificio redentore
di Cristo, si fonda sulla volontà salvifica universale del Padre che ha in Cristo
la sua realizzazione (Ef 1,3-7); sul mistero stesso di Cristo

«immagine del Dio invisibile,


primogenito di tutta la creazione,
perché in lui furono create tutte le cose
nei cieli e sulla terra» (Col 1,15-16);
«tutte le cose sono state create
per mezzo di lui e in vista di lui» (Col 1,16);
«tutto è stato fatto per mezzo di lui
e senza di lui nulla è stato fatto di ciò che esiste» (Gv 1,3);

«in lui tutte le cose sono ricapitolate» (Ef 1,9-10);

sul mistero dell'incarnazione;


«la natura umana... è stata riscattata sia mediante la sua assunzione da parte
della persona divina del Verbo, sia mediante l'unico e perfetto sacrificio reden-
tore di Cristo "per noi", per la salvezza di tutta l'umanità. Proprio in quanto
assunta dalla persona divina del Verbo, l'azione umana sacrificale di Cristo
contiene un suo valore universale, di influsso infinito su tutta l'umanità, sì

148
«Gesù... prese il nostro posto - come nostro fratello - e portò a compimento, quale
nostro rappresentante, la parte che spettava all'uomo nell'evento della redenzione. Egli, come
Figlio di Dio, mandato dall'amore del Padre, ci porta (dall'alto) il definitivo invito e l'effettiva
offerta di communio, e allo stesso tempo - quale nostro fratello - dà a questo invito-offerta
di Dio una risposta (dal basso), una risposta che - tenuto conto della nostra condizione di
peccato - significa la nostra collaborazione al superamento del male. Gesù ci rende partecipi
del suo "sì" al Padre e stringe così la definitiva alleanza con Dio: nella sua persona il "sì" di
Dio all'uomo e il "sì" dell'uomo a Dio sono indissolubilmente congiunti. In altre parole, Gesù
vive in una doppia relazione: visto dal Padre vive per noi, visto dagli uomini vive per il Padre.
Questa doppia relazione è l'essenza di Gesù Cristo. Gesù è questo doppio movimento dal Padre
a noi e da noi al Padre. In questa doppia relazione egli è il mediatore, e la sua croce costituisce
il grande vento della mediazione-rivelazione-redenzione» (D. HERCSIK, Il Signore Gesù. Saggio
di cristologia e soteriologia, cit., 329-330).
149
A. AMATO, Gesù il Signore. Saggio di cristologia, cit., 528.
C A P I T O L O V i l i - L,lA
i, CONTEMPLAZIONE DEL MISTERO DI CRISTO 317
""" *" M - "" * """

che il suo sacrificio espia integralmente i peccati dell'umanità intera, facendo


rifluire su tutti i benefici della sua salvezza e della sua liberazione. Pur essendo
il suo gesto sacrificale un gesto umano individuale, il suo raggio d'azione e la
sua influenza è infinita e universale, perché è il gesto sacrificale e redentore
della persona divina del Verbo»150.

h) «Dio Padre "non ha risparmiato il suo proprio Figlio, ma lo ha donato per tutti
noi" (Rm 8,32). Nostro Signore è divenuto uomo "per noi e per la nostra sal-
vezza". Dio ha tanto amato il mondo da donare il suo Figlio, l'unico, "affinché
ogni uomo che crede in lui non perisca ma abbia la vita eterna" (Gv 3,16).
Perciò, la persona di Gesù Cristo non può essere separata dall'opera redentrice;
i benefici della salvezza non si possono separare dalla divinità di Gesù Cristo.
Soltanto il Figlio di Dio può realizzare un'autentica redenzione dal peccato del
mondo, dalla morte eterna e dalla schiavitù della legge, secondo la volontà del
Padre, con la cooperazione dello Spirito Santo»151.

i) La passione e la morte di Gesù "per noi e per la nostra salvezza" sono


state interpretate con le categorie di sacrificio, redenzione, merito, soddisfa-
zione.

Sacrificio, perché la morte di Gesù


«porta a compimento "una volta per tutte" (Eb 7,27) il senso dei riti sacrifi-
cali dell'Antico Testamento: i sacrifici di alleanza, l'olocausto, l'oblazione, il
sacrificio pacifico, quello di riparazione e quello di espiazione, soprattutto il
sacrificio dell'agnello pasquale. Tali sacrifici convergono in definitiva verso
un unico obiettivo: attuare la comunione dell'uomo con Dio, rendendolo par-
tecipe della sua santità»152.

Redenzione, perché la morte di Gesù libera dalla schiavitù del peccato.


Nell'AT il redentore (go'el) è il parente prossimo che ha il diritto-dovere di
intervenire per riscattare un congiunto caduto nella miseria o nella schia-

150
Ibidem, 529-530.
151
COMMISSIONE TEOLOGICA INTERNAZIONALE, Questioni di cristologia, cit.,IV, l,in: EV, 7,n. 667.
152
CEI, La verità vi farà liberi. Catechismo degli adulti, cit., n. 255. «Il sacrificio della
croce è esattamente Dio che ristabilisce la piena comunione con il suo popolo: liberandolo dal
peccato. Il sangue della Nuova Alleanza non serve a rimuovere il rancore di Dio nei confronti
dell'umanità, ma, al contrario, dice fino a che punto è arrivato il suo amore per l'uomo: fino
al punto di dare, nel Figlio suo, la sua vita (il suo sangue) "per noi uomini e per la nostra sal-
vezza"» ( M . SERENTHÀ, Gesù Cristo, ieri, oggi e sempre. Saggio di cristologia, cit., 3 5 6 ) . «La
croce di Cristo, strumento di salvezza per gli uomini, è insieme mistero ed esempio: mistero
che esprime la potenza divina, esempio che sollecita la devozione umana; a quelli infatti che
sono stati liberati dal giogo della schiavitù la redenzione offre anche il vantaggio di poter essere
imitata» (LEONE I , La risurrezione del Signore, discorso 7 2 ) .
JlÌJÌ.,.CAPITOLOyiII-

vitù. Israele ha la consapevolezza di avere Dio come go'el. Dio, infatti, lo


libera prima dalla schiavitù di Egitto (Es 6,6-7) e poi da quella di Babilonia
(Is 41,14; 44,24). In Gesù Dio rivela definitivamente la sua parentela con
noi. Per questo la morte di Gesù in croce è "redenzione", "riscatto". Non
perché viene pagato un prezzo a qualcuno (demonio) 153 , ma perché il diven-
tare uno di noi con l'incarnazione, l'essere parente, implica condivisione
piena, solidarietà totale. In questo contesto bisogna interpretare passi del
NT che parlano della passione di Gesù in termini di "acquisto", di "compe-
ra" (ICor 6,20; 7,22-23; Gal 3,13; 3,26-28; 4,4-5; Ap 5,9-10; 14,3-4; lPt
1,18-19; 2Pt 2,1)154.
Merito, perché con la sua morte Gesù non solo restaura l'ordine turbato dal
peccato, ma guadagna, merita la risurrezione per sé e la redenzione per noi.
C'è un legame intrinseco tra il dare la vita da parte di Gesù e il dono della vita
a noi. La redenzione non è solo liberazione dal peccato, ma anche «principio
di vita nuova per i peccatori»155.

Soddisfazione, perché

«la croce di Cristo ricostruisce l'ordine oggettivo del mondo e il suo giusto
rapporto con Dio, riparando i danni causati dal peccato. Dio è soddisfatto nel
suo amore creatore e santificatore, nel suo voler dare appassionato. E giusto

153
Tra i padri della Chiesa qualcuno ha pensato che la morte in croce fosse il prezzo pagato
da Gesù al demonio per redimere l'uomo dal peccato: «Ma a chi diede "la propria anima in ri-
scatto per molti"? Non certamente a Dio. Non forse dunque al maligno? Questi infatti dominava
su di noi finché non gli fosse dato come "riscatto" l'anima di Gesù, a lui che evidentemente era
stato ingannato e si immaginava di poter dominare su di essa senza accorgersi che non avrebbe
potuto sostenere la prova dell'impadronirsene. Anche la "morte", pur pensando di avere potere
su Gesù, in realtà "non ha più potere", dal momento che lui solo è libero "fra i morti" e più
forte di tutta la potenza della morte; e fino a tal punto è più forte, da poter liberare, fra coloro
che sono in potere della morte, tutti quelli che vogliono seguirlo, senza che la morte possa più
prevalere in alcun modo su di loro. Infatti chiunque è con Gesù non è esposto agli assalti della
morte» (ORIGENE, In Mattheum, X V I , 8 , PG 1 3 , 1 3 9 7 ) .
154
Su redenzione e riscatto cfr. R . FABRÍS, Redenzione/Riscatto, in: R . P E N N A - G . P E R E G O - G .
RAVASI (edd.), Temi teologici della Bibbia, cit., 1128-1132.
155
CEI, La verità vi farà liberi. Catechismo degli adulti, cit., n. 258. «La passione-morte di
Cristo ha valore meritorio non perché sia qualcosa di oneroso che il Figlio offre al Padre, cui
è dovuta ricompensa secondo giustizia, ma perché è un ricevere dal Padre, un accettare nella
libertà di attuare il disegno di amore e di salvezza del Padre: in questo senso merita, cioè è
oggettivamente fonte di vita e di salvezza per gli uomini. In Gesù il dono di Dio e la sua volontà
salvifica si incontrano pienamente e totalmente con la libertà e la disponibilità del Figlio: di
qui scaturisce la nostra salvezza. Questa non è solo realtà per così dire discendente, da Dio
all'uomo: è anche realtà ascendente, dal Figlio al Padre» ( M . SERENTHÀ, Gesù Cristo ieri, oggi
e sempre. Saggio di cristologia, cit., 367).
CAPITOLO VILI - LA CONTEMPLAZIONE DEL MISTERO DI CRISTO 308

con se stesso, perché egli è carità. La sua è una giustizia giustificante, che
rende giusto chi non lo è e concretamente coincide con la sua misericordia. È
lui stesso che suscita la mediazione e l'intercessione di Cristo, e subordina ad
essa ogni altro suo dono»156.

1) La passione di Gesù è stata (ed è) al centro della spiritualità di uomini


e donne che, nel corso dei secoli, han chiesto di riviverne il mistero. S. Eusto-
chia Smeralda, Clarissa messinese (1434 - 1485), ad esempio.

«O dolcissimo amore mio Gesù Cristo, tutto mio bene e tutta mia speranza,
onnipotente desiderato amore, ti lodo e ti ringrazio, mio unico amore, dei tanti
benefici, o dolce mio Signore, che mi hai fatto, o speranza mia che mi hai
riscattato, o amore mio che mi hai creato e ora mi accudisci in questo mondo, o
amore mio, mentre io merito, per i miei peccati e per l'ingratitudine, di essere
sprofondata nell'abisso dell'inferno: non riuscirei mai, né lo saprei, ad enume-
rare gli immensi benefici che mi hai concesso senza che io ne fossi degna, in
modo particolare il dono altissimo della vocazione, attraverso la quale mi hai
chiamato alla via della perfezione.
O mio Signore, che rappresenti il massimo dell'amore e sempre lo incrementi,
mentre io meritavo la dannazione, tu mi hai donato il perdono; mentre io me-
ritavo di essere scacciata via, tu mi hai tenuta vicina.
O speranza mia, o tutta mia consolazione, che cosa farò per te, amore mio, io
che non sono in grado di far nulla senza di te?
O amore mio, fammi la grazia che io non ti sia ingrata.
O speranza mia, che mi hai elargito tanti beni che io non merito, rendimi ora
degna che tu esaudisca questa mia richiesta, a riverenza del tuo santo nome.
O dolcissimo mio Signore, vorrei morire per il tuo santo nome, così come tu
sei morto per me.
O amore mio, io sono venuta a te: fammi la grazia che io ti possa seguire, come
hanno fatto i tuoi servi.
O amore mio, attraverso la via della croce e della tribolazione fa' che sopporti
ogni pena ed ogni angustia con letizia.
O amore mio, fammi il dono di conoscerti, affinché ti ami sopra ogni cosa con
tutto il cuore, non per mio vantaggio, né per meriti miei, ma come mio redentore,
al quale sono legata da sacro vincolo e gratitudine, come dice la tua santa legge.

156
CEI, La verità vi farà liberi. Catechismo degli adulti, cit., n. 257. «La giustizia di Dio
non consiste nel "soddisfarsi" d'un compenso, o nell'esigerne uno, ma nel non concedere este-
riormente all'uomo la libertà. Pertanto essa consiste nel rendere l'uomo attore della propria
liberazione, partendo dalla sua degradazione e dalle conseguenze che ne derivano. La nozione
di soddisfazione parte da tutto questo...: il perdono di Dio non sopprime magicamente il pas-
sato e gli atti del peccatore, ma ne fa la "materia" del suo rinnovamento e del suo futuro. La
giustizia di Dio nella "redenzione" non consiste affatto nel reclamare quello che le è dovuto per
riparazione dell'offesa, ma nel permettere che l'uomo sia l'artefice della propria "libertà"» (C.
DUQUOC, Cristologia, Queriniana, Brescia 1972, 529-530).
320 CAPITOLO VILI - L A CONTEMPLAZIONE DEL MISTERO DI CRISTO

O amore mio, fai che io odi il peccato con la medesima intensità con cui tu lo
hai odiato.
O amore mio, trapassami il cuore con la lancia e con i chiodi della tua amara
Passione.
O Signore, trafiggimi il cuore con le tue piaghe e con il tuo sangue e rin-
nova continuamente le tue piaghe nel mio cuore, affinché io sia partecipe di
quell'immenso dolore delle tue sante piaghe.
Signore mio, tu fosti torturato nel cuore, fa' che io abbia nel mio cuore le pia-
ghe che tu avesti nel tuo santo corpo; mi sia trafitto il cuore con la medesima
lancia che trafisse il tuo santo fianco; il mio cuore sia inchiodato con i medesi-
mi chiodi con i quali furono inchiodati le tue mani e i tuoi piedi.
Signore, come tu avesti la corona di spine sulla tua santa testa, fa' che tali spine
mi tormentino il cuore; e come tu fosti dissetato con fiele ed aceto, che io sia
dissetata da amaro dolore, che non possa essere lenito da alcuna consolazione.
Signore mio, tu fosti pieno di grandissima amarezza e vergogna: che io avverta
durante la mia vita grandi dolori ed amarezze. Non permettere, Signore, che io
cammini per una via diversa da quella che tu percorresti.
Signore, poiché tu sei pienezza della divinità, e ti facesti pienezza d'amarezza
e di pena, che cosa debbo essere io misera peccatrice, piena di ogni immon-
dezza ed abominazione?
Signore, non permettere che io non muoia d'amore per il tuo amore, giacché io
ho condiviso con te la tua morte; però tale sentenza ricada su di me, perché io
ho peccato e tu invece hai subito la pena.
O amore mio, asseconda in me questo desiderio, visto che la tua benevolenza
accoglie le persone che ti pregano, tanto che tu le esaudisci, perché non ascolti
pienamente me? Perché io non lo merito; e, se ti avessi offeso, piagami il cuore
facendo giustizia; e, se in qualche modo ti ho servito, per questo impegno e
servitù ti chiedo di perdonarmi.
O Signore pietoso e generoso dispensatore di grazie, che a chi ti chiede una
grazia munificamente doni più di quanto ti chieda, o dolce e indulgente, con-
cedimi queste grazie in virtù della tua amatissima passione.
O Signore benigno, io non ti domando né oro, né argento, né potere, ma ti chie-
do piaghe, perché sento tanta vergogna e malore nel vedere te, Signore mio,
piagato, e la mia Signora, piagata come te; mentre io, serva malvagia, merito le
pene dell'inferno, pari a tutti i peccatori; e come devo morire senza piaghe?
O amore mio, o mi fai morire, o fammi il dono delle piaghe, perché così non
posso continuare a vivere: in quanto tu sei morto per me sopportando tanti
dolori ed io, senza di te, non sono nulla.
O dolce amore, esaudiscimi, perché tu sei il mio unico Signore e amore, tu sei
il mio desiderio, la mia gioia, la mia consolazione, il mio rifugio, la mia attesa;
e in te solo ripongo la mia speranza e tutto il mio bene.
O dolcissimo mio Signore, io sono opera delle tue mani e tua creatura, il tor-
mento dei tuoi sudori, il prezzo inestimabile del tuo sangue.
O dolcissimo Signore, ho peccato ed ho sbagliato, fui disubbidiente alla tua
volontà, potentissimo mio Re; ma, siccome tu sei solito giustificare i peccatori,
esaudiscimi, o dolce amore.
CAPITOLO VILI - L A CONTEMPLAZIONE PEL MISTERO DI CRISJO XLL

Tu hai detto: "Ciò che domanderete nel mio nome, vi sarà dato"; con questa
fede ti prego di esaudirmi: tu non puoi non farlo, perché sei Dio eterno che
con Dio Padre e lo Spirito Santo vivi e regni sul cielo e sulla terra, sull'infinita
profondità e ciò che in essa è contenuto, senza fine nei secoli dei secoli. Così
sia»157.

2. La risurrezione

«O Padre, che in questo giorno, per mezzo del tuo unico Figlio, hai vinto la
morte e ci hai aperto il passaggio alla vita eterna, concedi a noi, che celebriamo
la Pasqua di risurrezione, di essere rinnovati nel tuo Spirito per rinascere nella
luce del Signore risorto»158.

Così la Chiesa nella celebrazione liturgica della domenica di pasqua. La


risurrezione di Gesù, insieme con la passione e morte, l'ascensione e la pen-
tecoste, costituisce l'evento centrale della storia della salvezza, il cuore del
messaggio evangelico, la ragion d'essere della predicazione apostolica e della
missione della Chiesa. Due i punti della nostra riflessione: la storicità della
risurrezione di Gesù e il mistero della risurrezione.

a) Sembrava che la croce del Calvario avesse detto l'ultima parola sul
profeta di Nazaret, che alcuni o molti consideravano maestro di falsità, profeta
di menzogne, bestemmiatore di Dio, seduttore del popolo. Parola di giudizio,
di condanna e di morte. Parola definitiva. E invece, all'improvviso, tutto rico-
mincia. I discepoli si ritrovano insieme, riprendono il cammino e confessano
con coraggio e franchezza che Gesù, l'uomo della croce, è il Cristo. Predicano
ed operano miracoli nel suo nome. Come spiegare il loro radicale cambia-
mento? Che cosa è avvenuto di così straordinario da giustificare la "novità"
del loro stile di vita e della loro predicazione? Quale fatto li rende testimoni
credibili di una persona che avevano tradito e abbandonato? La risposta dei
discepoli è sorprendente: Gesù, l'uomo della croce, è stato risuscitato ed essi
lo hanno incontrato. Sono stati ripetutamente con lui, lo hanno ascoltato ed
insieme hanno spezzato il "pane". Questa la ragione della loro conversione,
della loro esperienza e della loro testimonianza. Esperienza e testimonianza
che hanno partecipato ad altri con la vita, il kerigma, la celebrazione liturgica.
La tradizione neotestamentaria attesta la risurrezione e la glorificazione di

137
J. Vita della beata Eustochìa (traduzione in lingua corrente di R.
POLLICINO, GAZZARA
SICILIANO, Messina 2008), n. 12.
158
CEI, Messale Romano, Domenica di Pasqua, colletta, cit.
Gesù. Lo fa attraverso le confessioni di fede (lTs 1,9-10; 4,14; ICor 12,3;
15,1-11; Rm 1,1-5; 4,25; 6,4.9; 8,34; 10,8-9), gli inni cristologici (FU 2,6-11;
Col 1,15-20; lTm 3,16), il kerigma apostolico (At 2,14-39; 3,13-26; 4,10-12;
5,30-32; 10,36-43; 13,17-41) e la proclamazione dei vangeli (Me 16,1-20;
Mt 28,1-20; Le 24,1-53; Gv 20,1-21,23). Una domanda sorge spontanea: la
risurrezione di Gesù è un evento storico o no?

b) Autori protestanti negano che la risurrezione di Gesù sia un fatto stori-


co. R. Bultmann ritiene che il vero contenuto dell'annuncio pasquale non è la
comunicazione di un evento storicamente afferrabile e dimostrabile, verifica-
tosi a Gerusalemme il mattino di pasqua, ma la fede dei discepoli che dicono:
Gesù è stato risuscitato.
«L'evento pasquale, se lo si intende come la risurrezione di Cristo, non è un
evento che riguardi la storia; come evento storico, possiamo concepire solo
la fede pasquale dei primi discepoli. Fino a un certo punto, lo storico può
renderne comprensibile la genesi, considerando il legame personale preesi-
stente fra Gesù e i discepoli; per lui, l'evento pasquale si riduce alle esperienze
visionarie di costoro. Il cristiano che ha la fede pasquale non ha interesse per
la questione storica; per lui, così come per i primi discepoli, quell'evento sto-
ricamente accertato che consiste nell'insorgere della fede pasquale, significa
l'autodimostrazione del risorto, l'intervento di Dio per cui si compie il fatto
salvifico della croce»159.

Secondo W. Marxen i discepoli affermano di aver visto Gesù. Ma questo


non è sufficiente per affermare che la risurrezione di Gesù è un evento storico
in senso tecnico:

«Non ci è consentito di accettare su due piedi come prova storica la persua-


sione di coloro che formularono il kerigma. Non è possibile parlare ora imme-
diatamente, nel senso che sia costatabile storicamente, del carattere di evento
della resurrezione di Gesù sulla pura base della persuasione di quegli uomini
(che essi fossero persuasi così è, lo ripeto, un fatto incontestabile). Dobbiamo
esaminare piuttosto in che modo Paolo e il kerigma cristiano primitivo siano
arrivati a questa persuasione»160.

I documenti dicono che i primi cristiani affermano non di avere sperimen-


tato immediatamente la risurrezione come avvenimento 161 , ma di avere avuto
una visione di Gesù dopo la sua morte. Alcuni testimoni sono convinti di aver

159
R . BULTMANN, NUOVO Testamento e mitologia, cit., 170-171.
160
W . MARXEN, Alle origini della cristologia, Edizione Dehoniane, Bologna 1969,127.
161
Cir. Ibidem, 132-133.
CAPITOLO VILI - LA CONTEMPLAZIONE DEL MISTERO DI CRISTO 312

visto Gesù 162 . La riflessione li porta in seguito ad interpretare la loro persua-


sione. Arrivano alla conclusione che Gesù è risuscitato.

«Naturalmente essi credevano allora di parlare di un evento realmente verifi-


catosi. Erano persuasi, pertanto, del carattere di evento della resurrezione di
Gesù. Noi oggi, però, non siamo più in condizione di parlare così immediata-
mente della risurrezione di Gesù come di un evento, bensì dobbiamo dire con
tutta semplicità che si tratta di un'interpretazione di cui si servirono coloro
che sottoposero a riflessione (allora!) la loro esperienza. Se oggi, dunque,
si pone da un punto di vista storico (!) la domanda: Gesù è risorto?, noi
possiamo rispondere soltanto che non è possibile stabilirlo. Storicamente si
può stabilire soltanto (ma questo con sicurezza!) che degli uomini dopo la
morte di Gesù furono convinti che fosse accaduto loro di vedere Gesù, e che
la riflessione su questo accaduto li condusse a interpretare che Gesù era stato
risuscitato»163.

A differenza di Bultmann e di Marxen, O. Culmann 164 , W. Pannenberg 165 ed


altri difendono la storicità della risurrezione di Gesù.

c) La testimonianza della comunità cristiana delle origini è storicamente


attendibile. L'attendibilità passa attraverso l'applicazione dei criteri che gli
esegeti usano per affermare la storicità dei vangeli: i criteri della moltepli-
ce attestazione, della discontinuità o della difformità, della continuità o della
conformità. L'attendibilità passa attraverso il cambiamento improvviso e ra-
dicale della vita dei discepoli: spauriti e sbandati prima, in seguito ai fatti del
Calvario, coraggiosi e liberi dopo, in seguito all'incontro con Gesù risuscitato.
Kung scrive:

162
Cfr. Ibidem, 140.
163
Ibidem, 140-141.
164
«Il problema relativo a Gesù nel cristianesimo primitivo ebbe risposta partendo non da
un mito bell'e fatto, ma da una serie di fatti reali, avvenuti nel primo secolo della nostra era:
fatti che furono trascurati da coloro che a quel tempo "facevano la storia" e anche oggi possono
essere interpretati in maniere differenti; ma non per questo essi sono meno storici: la vita,
l'opera e la morte di Gesù di Nazareth; l'esperienza della sua presenza e della continuità della
sua opera oltre la morte, entro la comunità dei discepoli» ( O . CULMANN, La cristologia del
Nuovo Testamento, Il Mulino, Bologna 1970,469). «Il criterio che permette di scoprire ciò che
costituisce l'essenza del cristianesimo, non potrà essere in nessun caso un "a priori" filosofico»
(IDEM, Cristo e il tempo, Il Mulino, Bologna 1965, 5).
165
Pannenberg accetta una cristologia del significato «solo nella misura in cui questa signi-
ficatività è insita in lui (Gesù) stesso, nella sua storia e nella persona che la storia manifesta...
La cristologia deve partire dal Cristo d'allora e non dal significato che egli ha per noi e che è,
per esempio, presentato dalla predicazione» (W. PANNENBERG, Cristologia, Morcelliana, Brescia
1974,43.44).
324 CAPITOLO V I I I - L A C O N T E M P L A Z ^ DEL MISTERO DI CRISTO

«Quelli che, quasi subito dopo un simile insuccesso (la morte), vennero alla
ribalta come suoi inviati e non indietreggiarono di fronte a fatiche e avversità
di ogni genere, di fronte alla morte stessa, donde trassero la forza per portare
questa "buona novella" tra gli uomini, sino ai confini dellTmperium?»166.

L'attendibilità passa attraverso la convinta predicazione dei discepoli. A


cristiani di Corinto che negavano la risurrezione dei morti, Paolo scrive:

«Ora, se si annuncia che Cristo è risorto dai morti, come possono dire alcuni
tra voi che non vi è risurrezione dei morti? Se non vi è risurrezione dei morti,
neanche Cristo è risorto! Ma se Cristo non è risorto, vuota allora è la nostra
predicazione, vuota anche la vostra fede. Noi, poi, risultiamo falsi testimoni di
Dio, perché contro Dio abbiamo testimoniato che egli ha risuscitato il Cristo
mentre di fatto non lo ha risuscitato, se è vero che i morti non risorgono. Se
infatti i morti non risorgono, neanche Cristo è risorto; ma se Cristo non è ri-
sorto, vana è la vostra fede e voi siete ancora nei vostri peccati. Perciò anche
quelli che sono morti in Cristo sono perduti. Se noi abbiamo avuto speranza in
Cristo soltanto per questa vita, siamo da commiserare più di tutti gli uomini.
Ora, invece, Cristo è risorto dai morti, primizia di coloro che sono morti. Perché,
se per mezzo di un uomo venne la morte, per mezzo di un uomo verrà anche la
risurrezione dei morti» (ICor 15,12-21).

Paolo annuncia con forza che "Cristo è risorto". "Se Cristo non è risorto",
la predicazione, la fede e la salvezza sono vuote. Senza senso.

d) «Quando ci si interroga sulla storicità della risurrezione di Cristo, molte ambi-


guità derivano dal non chiarito significato dell'aggettivo "storico". Per evitare
ambiguità è opportuno servirsi di due aggettivi diversi: "storico" e "reale".
Storico è ciò che si realizza nel tempo e può essere descritto e analizzato coi
metodi di indagine storica, stabilendo delle relazioni di causa ed effetto di
tipo empirico. Storico è ciò che trova analogie all'interno della storia stessa.
C'è però tutta una serie di realtà che è difficile toccare, vedere o scandagliare
servendosi dei metodi storici. Pensiamo, ad esempio, all'amore fra due per-
sone. "L'amore tra due creature è qualcosa di molto 'reale' che fa parte della
loro storia. Ma è "storico", visibile, misurabile? Certo, ci sono segni "storici"
di questo amore, tracce visibili, il loro abbracciarsi, il vivere insieme... Ma
queste tracce storiche sono, in sé, ambigue. Bisogna interpretarle rifacendosi
alla 'realtà' invisibile". Ecco allora l'opportunità di distinguere fra "storico" e
"reale". "Se riserviamo la parola 'storico' alla conoscenza, alla certezza che
possiamo ottenere di questo o di quel fatto, attraverso i metodi storici, dire-
mo che tutto ciò che è storico è certamente accaduto, ma non tutto ciò che è
accaduto è necessariamente storico. Tutto ciò che è accaduto, in una parola il

166
H. K U N G , Essere cristiani, cit., 386.
CAPITOLO VILI - L A C O N T E M P L A Z I O N E DEL MISTERO DI CRISTO__325

'reale', ha maggiore estensione dello 'storico'" (E. Pousset). Le testimonianze del


N. T. vogliono dirci che la risurrezione di Gesù è un fatto reale, un avvenimento
carico di significato, che tuttavia va al di là di ciò che è "storico" nel senso
spiegato sopra. La risurrezione di Gesù infatti non si spiega col gioco delle
cause empiriche. Essa è il frutto della straordinaria potenza di Dio. La risur-
rezione non ha analogie con le nostre esperienze, è qualcosa di assolutamente
nuovo come la creazione. La risurrezione di Cristo ha lasciato però delle tracce
mediante le quali entra nella storia. Si tratta delle apparizioni, della profonda
trasformazione dei discepoli, della nascita della comunità cristiana»167.

Kasper afferma che

«la risurrezione di Gesù è un'opera esclusiva e in-analogabile di Dio, e come


tale non può essere considerata un fatto accanto agli altri fatti. Tuttavia... que-
sta azione di Dio non si svolge sul piano di una "metastoria", al di fuori della
storia degli uomini, ma è rivolta a colui che prima era stato crocifisso e sepolto.
La risurrezione ha in Gesù di Nazareth, crocifisso e sepolto, il suo terminus
storico, in forza del quale essa non può venir interpretata come un puro evento
di fede. Ma la continuità e l'identità tra Crocifisso e Risorto si fondano esclusi-
vamente sulla fedeltà creatrice e sull'alleanza di Dio. La risurrezione di Gesù
non ammette dunque alcuna correlazione e analogia con altri avvenimenti;
essa sta a significare che nella storia ha preso inizio un nuovo eone»m.

e) Segno che rimanda alla risurrezione di Gesù come evento reale, "stori-
co", è la testimonianza dei discepoli. Questa testimonianza è punto d'arrivo
di un cammino che essi fanno per passare dall'incredulità al dubbio, dal dub-
bio alla fede, dalla fede alla proclamazione del mistero pasquale di Gesù, il
crocifisso, il risuscitato, il vivente, il Signore, il salvatore. La dinamica del
cammino comporta anzitutto l'iniziativa di Gesù. È lui, l'uomo della croce,
che prende l'iniziativa di farsi vedere, toccare, sentire. È lui che si f a vedere
(Me 16,9-20; Mt 28,8-20; Le 24,13-53; Gv 20,11-21,23; At 1,3-11). È lui che
appare (ICor 15,5-8). È lui che si fa toccare (Mt 28,9; Gv 20,17). È lui che
si fa sentire (Mt 28; Le 24; Gv 20-21; At 1). Lo fa più volte, ripetutamente,
per "quaranta giorni", per parlare del regno di Dio (At 1,3), accompagnare la
conversione definitiva dei discepoli e mandarli in missione:

«Quelli dunque che erano con lui gli domandavano: "Signore, è questo il tem-
po nel quale ricostituirai il regno per Israele?". Ma egli rispose: "Non spetta
a voi conoscere tempi o momenti che il Padre ha riservato al suo potere, ma
riceverete la forza dallo Spirito Santo che scenderà su di voi, e di me sarete

167
F . ARDUSSO, Gesù di Nazaret è Figlio di Dio?, cit., 120-121.
168
W. K A S P E R , Gesù il Cristo, cit., 201.
326 C A P I T O L O V i l i - L A CONTEMPLAZIONE DEL MISTERO DI CRISTO

testimoni a Gerusalemme, in tutta la Giudea e la Samaria e fino ai confini della


terra"» (Ai 1,6-8).

La dinamica del cammino comporta l'incontro di Gesù con i discepoli e dei


discepoli con Gesù. Incontro vero. Kung scrive:

«I discepoli non pervennero alla risurrezione di Gesù muovendo da riflessioni


sul suo destino, ma sperimentarono lui stesso, vivo, dopo la sua morte... (Le)
apparizioni... non avvengono di notte, nel sonno o in sogno, ma sempre di
giorno, al cospetto di persone perfettamente sveglie... I discepoli giunsero alla
fede muovendo non da riflessioni proprie, ma da esperienze, di qualunque ge-
nere siano state, che essi ebbero del Risorto. Sicché non fu la fede dei discepoli
a risuscitare Gesù per loro, ma fu il Risuscitato da Dio a condurli alla fede e
alla sua professione. Il maestro non vive grazie ai suoi discepoli, sono questi
che vivono di lui... Il messaggio della risurrezione è sì testimonianza di fede,
ma non un prodotto della fede. Perciò se vogliamo attenerci alle testimonianze
neotestamentarie, dobbiamo partire da incontri, comunque li si possa spiegare,
del Gesù vivente con i suoi discepoli: ripristino di una precedente consuetu-
dine e al tempo stesso inaugurazione di un nuovo modo di allacciare contatti
col Crocifisso vivente; contatti che avvengono per iniziativa di Dio e non dei
discepoli, e si concludono con l'esperienza di Paolo»169.

Incontro vero. Incontro oggettivo. Incontro che permette ai discepoli di ve-


dere e sentire Gesù per davvero. Non si tratta di visioni puramente soggettive
o di visioni interiori.

«Nel greco biblico, "vedere" normalmente implica un qualche tipo di visione


con gli occhi. Questo suggerisce che le visioni pasquali implicavano un qual-
che tipo di percezione sensoriale di qualcosa (o piuttosto di qualcuno) "là fuo-
ri"... Possiamo ragionevolmente ritenere che le apparizioni del Cristo risorto
siano state visioni in qualche modo esterne, oggettive... È importante notare
che le apparizioni del Cristo risorto non dispensavano i testimoni pasquali dal-
la fede»170.

f) Segno che, in qualche modo, rimanda alla risurrezione di Gesù è anche la


tomba che le donne, Pietro e Giovanni trovano vuota (Me 16,1-8; Mt 28,1-10;
Le 24,1-12; Gv 20,1-10). Alcuni pensano che la scoperta della tomba vuota sia
una leggenda (R. Bultmann). Altri che la leggenda sia nata dopo l'esperienza
delle apparizioni (W. Marxen). Altri, ancora, che la leggenda dipenda dalla
concezione ebraica della risurrezione del corpo: concezione secondo la quale

169
H . KUNG, Essere cristiani, cit., 4 2 1 .
170
G. O ' C O L L I N S , Gesù oggi. Linee fondamentali di cristologia, cit., 175-176.
CAPITOLO V I II "-""LA CONTEMPLAZIONE
lj-MML.^
DEL MISTERO DI CRISTO
n...^,.^,,,,.^^.^,, 127
FRI'^-.A,.,,

«la risurrezione corporea sarebbe impossibile, se l'attuale spoglia del defunto


non fosse risuscitata. Perciò il corpo di Gesù "deve" essere scomparso dalla
tomba»171 (H. Grass, P. Althaus). Altri pensano che la scoperta della tomba
vuota abbia un valore secondario (M. Braendle, A. T. Robinson, G. Ebeling,
Ortensio da Spinetoli):

«non c'è un legame intrinseco tra il sepolcro vuoto e la risurrezione di Gesù;


questa non lo presuppone. In altre parole, Gesù sarebbe potuto risorgere, anche
se il suo cadavere fosse rimasto nella tomba. Per questi autori la risurrezione
è una nuova creazione e non comporta affatto la rivivificazione del cadavere
da parte di Dio»172.

Che dire? Ci sono elementi che fanno propendere verso l'autenticità sto-
rica del racconto della tomba vuota: il fatto che sia presente in tradizioni di-
verse (Me 16,1-8; Gv 20,1.11-13); che la visita alla tomba sia posta «di buon
mattino, il primo giorno della settimana» (Me 16,2), «il primo giorno della
settimana» (Gv 20,1) e non «il terzo giorno» (ICor 15,4); che testimoni siano
delle donne: se il racconto «fosse una leggenda creata dai primi cristiani, essi
avrebbero attribuito la scoperta della tomba vuota a discepoli uomini piutto-
sto che a donne, che in quella cultura non contavano nulla come testimoni
validi»173.

«In conclusione si può dire che la tradizione della tomba vuota appartiene
al nucleo storico: alcune donne facendo visita al sepolcro di Gesù nel primo
giorno della settimana lo trovarono vuoto e furono sorprese e turbate dalla
scoperta. L'esperienza della tomba vuota deve essere accettata come un dato
storico... E bene sottolineare... che... la scoperta della tomba vuota per nes-
suno dei quattro evangelisti costituiva una prova della veridicità del messaggio
pasquale. La tomba vuota occupa il ruolo di un "segno" che per colui che
accetta di credere nell'annuncio pasquale costituisce una certa conferma della
sua fede. Essa è un segno, al pari dei miracoli di Gesù, che orienta al contenuto
dell'evento pasquale: Gesù di Nazaret è tuttora vivo e partecipa della vita di
Dio con tutto il suo essere fisico-spirituale»174.

g) La risurrezione di Gesù è un evento realmente accaduto. Quale la sua


natura? Domanda puntuale ed importante. Merita risposte semplici e chiare.

171
Ibidem, 188.
172
P. ZARRELLA, La risurrezione di Gesù, Cittadella Editrice, Assisi 1973, 110-111.
173
G. O ' C O L L I N S , Gesù oggi. Linee fondamentali di cristologia, cit., 188.
174
P. ZARRELLA, La risurrezione di Gesù, cit., 114-115.
QAP|TOLO VLHJJ-JJCOFGEJ^

«Non (è) un ritorno a questa vita spazio-temporale. La morte non viene revo-
cata ma vinta in modo definitivo... Gesù... non è semplicemente ritornato alla
vita biologico-terrena, per poi morire di nuovo... No, secondo la concezione
neotestamentaria egli ha la morte, quest'ultimo confine, definitivamente dietro
di sé. Ha varcato la soglia di una vita tutta diversa, incorruttibile, eterna, "ce-
leste": la soglia della vita di Dio... Non (è) una continuazione di questa vita
spazio-temporale. Già il parlare di "dopo" la morte è inesatto, perché l'eternità,
mentre esclude i rapporti di anteriorità e posteriorità, presuppone una nuova
vita che, trascendendo le dimensioni dello spazio e del tempo, si svolge nella
sfera invisibile, incorruttibile, incomprensibile di Dio. Non semplicemente un
"continuare" (a vivere, fare, andare) senza fine. Ma qualcosa di definitiva-
mente "nuovo": nuova creazione, nuova nascita, uomo nuovo e mondo nuovo.
Qualcosa che interrompe una volta per tutte il ritorno di un eternamente eguale
"muori e divieni". Essere definitivamente presso Dio e avere così la vita defi-
nitiva. E questo che si intende»175.

Capiamo di più se diciamo che mentre la risurrezione di Lazzaro è rianima-


zione di un cadavere, ritomo alla vita di prima situata nel tempo e nello spazio,
quella di Gesù è trasformazione spirituale del suo corpo morto; passaggio dalla
condizione di morte a quella di una vita nuova e definitiva. La tradizione neote-
stamentaria permette di intravedere la condizione nuova di Gesù quando afferma
che egli «la sera di quel giorno, il primo della settimana, mentre erano chiuse le
porte del luogo dove sì trovavano i discepoli per timore dei Giudei, venne Gesù,
stette in mezzo e disse loro: "Pace a voi!"» (Gv 20,19); «Otto giorni dopo i disce-
poli erano di nuovo in casa e c'era con loro anche Tommaso. Venne Gesù, a porte
chiuse, stette in mezzo e disse: "Pace a voi!"» (Gv 20,26). La condizione nuova
la si vede anche dal fatto che Gesù, per quaranta giorni,

«può mostrare mani e piedi con i segni della crocifissione, ma è sottratto alle
leggi ordinarie della vita dell'uomo perché compare dove vuole e scompare
ai loro occhi quando vuole. Il corpo del Risorto si presenta sotto due aspetti
contrastanti: è lo stesso che quello della vita terrena e perciò riconoscibile, ma
le sue condizioni sono al di là dell'esistenza naturale»176.

h) La risurrezione di Gesù è un evento trinitario perché opera del Padre,


del Figlio e dello Spirito Santo. La tradizione neotestamentaria, di solito, attri-
buisce al Padre la risurrezione di Gesù:
«Uomini d'Israele, ascoltate queste parole: Gesù di Nàzaret - uomo accredita-
to da Dio presso di voi per mezzo di miracoli, prodigi e segni, che Dio stesso
fece tra voi per opera sua, come voi sapete bene - , consegnato a voi secondo

175
H. K O N G , Essere cristiani, cit., 4 0 1 - 4 0 2 .
176
P. ZARRELLA, La risurrezione di Gesù, cit., 121.
C A P I T O L O V i l i - L A CONTEMPLAZIONE
• "' •"-' "DEL.•MISTERO
rnl-^i-n DI CRISTO 370

il prestabilito disegno e la prescienza di Dio, voi, per mano di pagani, l'avete


crocifisso e l'avete ucciso. Ora Dio lo ha risuscitato, liberandolo dai dolori del-
la morte, perché non era possibile che questa lo tenesse in suo potere... Questo
Gesù, Dio lo ha risuscitato e noi tutti ne siamo testimoni... Sappia dunque con
certezza tutta la casa d'Israele che Dio ha costituito Signore e Cristo quel Gesù
che voi avete crocifisso» (At 2,22-24.32.36)177.

La confessione di fede che Paolo riporta nella prima lettera ai Corinzi attri-
buisce al Verbo incarnato e crocifisso, Gesù, la sua risurrezione:

«A voi infatti ho trasmesso, anzitutto, quello che anch'io ho ricevuto, cioè


che Cristo morì per i nostri peccati secondo le Scritture e che fu sepolto e che
è risorto il terzo giorno secondo le Scritture e che apparve a Cefa e quindi ai
Dodici» (ICor 15,3-5).

Nella lettera ai Romani Paolo scrive:

«Paolo, servo di Cristo Gesù, apostolo per chiamata, scelto per annunciare il
vangelo di Dio, che egli aveva promesso per mezzo dei suoi profeti nelle sacre
Scritture e che riguarda il Figlio suo, nato dal seme di Davide secondo la carne,
costituito Figlio di Dio con potenza, secondo lo Spirito di santità, in virtù della
risurrezione dei morti, Gesù Cristo nostro Signore» (Rm 1,1-4).

Risuscitando Gesù, il Padre manifesta la sua potenza creatrice: risveglia


Gesù dalla morte e lo consegna alla nuova vita; rivela la grandezza del suo
amore e della sua fedeltà; smentisce il giudizio di condanna degli uomini; con-
ferma le dichiarazioni, implicite ed esplicite, che Gesù aveva fatto a proposito
del suo essere messia: «Sappia dunque con certezza tutta la casa d'Israele
che Dio ha costituito Signore e Cristo quel Gesù che voi avete crocifisso»
{At 2,36); si rivela, ancora una volta, come Signore della morte e della vita.
Risuscitando se stesso, Gesù rivela la sua divinità: «la morte è dell'uomo, la
risurrezione può essere solo di Dio»178; imprime il sigillo indelebile alle sue
rivendicazioni, al suo messaggio, ai suoi gesti e al suo stile di vita. Con la
risurrezione di Gesù, lo Spirito Santo è lo Spirito che dà la vita: «trasfigurato
dallo Spirito, (Gesù) è associato alla potenza e alla gloria di Dio. Tutto ciò,
evidentemente, riguarda l'umanità di Cristo che diventa totalmente traspa-
rente all'azione dello Spirito e può rispondere al Padre con tutto il suo essere
umano trasfigurato» 179 .

177
Cfr. anche At 3,13-26; 4,10-12; 5,30-32; 10,36-43; 13,17-41; 2Cor 13,4; Fil 2,9.
178
H. K U N G , Essere cristiani, cit., 403.
179
F. ARDUSSO, Gesù di Nazaret è Figlio di Dio?, cit., 125.
330 CAPITOLO V I 11 - L A CONTEMPLAZIONE DEL MISTERO DI CRISTO

i) La risurrezione di Gesù è un evento cristologico e soteriologico. Cristo-


logico, perché rivela il mistero nascosto di Gesù:
«Per questo Dio lo esaltò
e gli donò il nome
che è al di sopra di ogni nome,
perché nel nome di Gesù
ogni ginocchio si pieghi
nei cieli, sulla terra e sotto terra,
e ogni lingua proclami:
"Gesù Cristo è Signore!",
a gloria di Dio Padre» (Fil 2,9-11).

Cristologico, perché Gesù è «costituito Figlio di Dio con potenza, secondo


lo Spirito di santità» (Rm 1,4).
Soteriologico, perché evento di salvezza:
«Se non vi è risurrezione dei morti, neanche Cristo è risorto! Ma se Cristo non
è risorto, vuota allora è la nostra predicazione, vuota anche la vostra fede. Noi,
poi, risultiamo falsi testimoni di Dio, perché contro Dio abbiamo testimoniato
che egli ha risuscitato il Cristo mentre di fatto non lo ha risuscitato, se è vero
che i morti non risorgono. Se infatti i morti non risorgono, neanche Cristo è
risorto; ma se Cristo non è risorto, vana è la vostra fede e voi siete ancora nei
vostri peccati. Perciò anche quelli che sono morti in Cristo sono perduti. Se noi
abbiamo avuto speranza in Cristo soltanto per questa vita, siamo da commise-
rare più di tutti gli uomini» (ICor 15,13-19).

Soteriologico, perché
«principio di una "vita nuova", di un capovolgimento radicale, di una autentica
risurrezione di tutto il genere umano. Quel piano di divinizzazione dell'uma-
nità che la Trinità aveva concepito mediante l'incarnazione del Verbo, diventa
effettivamente esecutivo solo dopo la risurrezione: dopo che Gesù con la sua
passione e morte ci ha reso partecipi della sua vita divina»180.

180
B. MONDIN, Gesù Cristo salvatore dell'uomo. Cristologia storica e sistematica, cit., 402.
«Ma consideriamo, carissimi, la risurrezione di Cristo, poiché come la sua passione lasciava
comprendere la nostra vecchia vita, così la sua risurrezione è sacramento della nuova vita... Hai
creduto, sei stato battezzato; la vecchia vita è morta, fu uccisa sulla croce, sepolta nel battesimo.
È morta quella vecchia nella quale hai vissuto malamente; risorga la nuova. Vivi bene: vivi
in modo da vivere; vivi in modo che quando sarai morto, tu non muoia» (AGOSTINO D'IPPONA,
Discorso 229/E, in: L. PADOVESE, Sermoni per i tempi liturgici, cit., 347-348). «Quando Cristo
risorge, ai fedeli splende la sera, per gli infedeli si oscura il giorno; ai discepoli la notte si cam-
bia in giorno, ai giudei il giorno si cambia in notte. Dice l'evangelista: "Da mezzogiorno fino
alle tre del pomeriggio si fece buio" (Mt 27,45), perché la stessa luce meridiana si oscurasse
e si adempisse ciò che è scritto: "Il sole tramontò per essi a mezzogiorno" (cf. Am 8,9). Tra-
montò per essi, cioè per i giudei; per i nostri invece "la notte è chiara come il giorno" (Sai 138
CAPITOLO VILI - L A CONTEMPLAZIONE DEL MISTERO DI CRISTO 320

La salvezza riguarda l'uomo e il mondo dell'uomo. Gregorio di Nissa scrive:


«Ecco il sabato benedetto della prima creazione! In quel sabato vedi questo
sabato, il giorno di riposo che Dio ha benedetto per tutti gli altri giorni. In
questo giorno infatti, il Dio ingenito si è davvero riposato da tutte le opere
da lui compiute. Ha concesso al suo corpo un momento di riposo, secondo
l'ordine salvifico della sua morte. Con la risurrezione è ritornato a quel che
già era, ha fatto risorgere, insieme a lui, tutto ciò che giaceva in rovina, e lo ha
fatto risorgere come vita e risurrezione nuova e aurora e nuovo giorno per tutti
quelli che vivono nelle tenebre e nell'ombra della morte»181.

1) La risurrezione di Gesù è un evento escatologico. Escatologico, perché

«la risurrezione, atto ultimo della rivelazione di Dio, è l'atto supremo del suo
amore. Dando la sua vita per noi, Gesù ha reso presente, nella prova e nell'effi-
cacia spinta all'estremo, l'amore di Dio per noi. Non c'è amore più grande che
dare la propria vita per quelli che si amano (Gv 15,13; 10,11; lGv 3,16), anzi,
per i propri nemici (.Rm 5,6-8). Ma la potenza di Dio ha spinto il suo amore fino
alla sua espressione più efficace, rendendo l'amore incessante, sempre vivo e
presente, con la sua risurrezione. L'amore è diventato signoria. L'essenza del
cristianesimo è qui: la fede nella morte salvatrice del Messia conferisce a Gesù
il suo vero senso e il suo orientamento finale, nella misura in cui la fede nella
risurrezione del Signore gli riconosce la sua forza nell'amore»182.

Escatologico, perché Gesù con la sua risurrezione realizza la nuova umanità:


«Cristo è risuscitato dai morti, primizia di coloro che sono morti. Poiché se a
causa di uomo venne la morte, a causa di un uomo verrà anche la risurrezione;

[139] ,12), perché la sera che volge sempre verso le tenebre profonde, si diresse tutta e si protese
verso la luce di Cristo e mentre Cristo risorgeva dagli inferi, riempì di splendore le anime dei
mortali» (PIETRO CRISOLOGO, Discorso 75).
181
GREGORIO DI NISSA, De tridua inter mortem et resurrectionem Domini nostri Jesu Christi
spatio, in: E. GEBHARDT (ed.), Opera 9, Sermones I, Leida 1967, 274. «Il Signore, avendo rive-
stito l'uomo, - avendo sofferto per colui che soffriva, - ed essendo stato legato - per colui che
era prigioniero, - e giudicato per il colpevole, - e sepolto per chi era sepolto, — risuscitò dai morti
e gridò questa parola: - "Chi mi accusa? - Si avvicini a me! - Io ho liberato il condannato. - Io
ho vivificato chi era morto. - Io ho risuscitato chi era sepolto. - Chi è il mio contradditore? -
Io, dice, sono il Cristo, - sono io che ho distrutto la morte, - che ho vinto il nemico, - che ho
calpestato l'Ade, - che ho legato il forte, - e ho elevato l'uomo - alla sublimità del cielo, - io,
dice, sono il Cristo". - "Venite dunque, voi tutte stirpi umane, - immerse nei peccati, e ricevete la
remissione dei peccati. - Io sono, infatti, la vostra remissione, - io la Pasqua della salvezza, - io
l'agnello immolato per voi, - io il vostro riscatto, - io la vostra vita, - io la vostra risurrezione, -
io la vostra luce, - io la vostra salvezza, - io il vostro re. - Io vi conduco alle sommità dei cieli.
- Io vi mostrerò l'eterno Padre. - Io vi risusciterò con la mia destra"» (MELITONE DI SARDI, La
pasqua, in: N . NOCILLI, Omelie pasquali dell'antichità cristiana, cit., 100-101).
182
B . RIGAUX, Dio l'ha risuscitato, Edizioni Paoline, Cinisello Balsamo (MI) 1976, 569.
3 4 1 , CAP ITOLO V I L I - L A CO H M MPL AZIO N E D EL MISTE ROD IJ^R I STO

e come tutti muoiono in Adamo, così tutti riceveranno la vita in Cristo» (ICor
15,20-22).

Escatologico, perché
«proclama definitivamente e inequivocabilmente la valenza di vita, di salvez-
za, che è insita nel gesto della morte di croce: questa non è un progetto di
morte, ma di vita. L'onnipotenza misericordiosa di Dio opera la sua vittoria
esattamente là dove sembra celebrarsi la sua sconfitta»183.

Escatologico, perché Gesù con la sua risurrezione «diventa causa intrinse-


ca della nostra risurrezione alla vita di grazia, ora, e della nostra vita di gloria
nel secolo futuro» 184 . C'è un rapporto di causa e di effetto tra la risurrezione di
Gesù e la risurrezione degli uomini:
«Voi però non siete sotto il dominio della carne, ma dello Spirito, dal momento
che lo Spirito di Dio abita in voi. Se qualcuno non ha lo Spirito di Cristo, non
gli appartiene. Ora, se Cristo è in voi, il vostro corpo è morto per il peccato,
ma lo Spirito è vita per la giustizia. E se lo Spirito di Dio, che ha risuscitato
Gesù dai morti, abita in voi, colui che ha risuscitato Cristo dai morti darà la
vita anche ai vostri corpi mortali per mezzo del suo Spirito che abita in voi»
(Rm 8,9-11).

m) Giovanni Crisostomo celebra così l'evento di pasqua.


«È pasqua, la pasqua del Signore, gridò lo Spirito. Non è un'immagine, una
favola, un mito: è veramente la pasqua del Signore... Le porte dell'inferno
sono state spezzate, e il popolo di laggiù risuscitò da morte per proclamare fra
gli uomini che le promesse di Dio erano state mantenute; e dalla terra si levò un
inno. O pasqua divina! Il Dio del cielo, nella sua generosità, si unisce ora a noi
attraverso lo Spirito. Per lui la sala delle nozze è piena, e tutti portano la veste
nuziale. Nessuno è gettato fuori perché privo della veste. O pasqua, luce di
chiarore mai visto, fiamma delle fiaccole delle vergini! Ecco, le lampade delle
nostre vite non si spegneranno mai più: il fuoco divino della riconciliazione,
acceso dall'amore di Cristo, brilla in tutti noi, penetra nel profondo delle nostre
persone. Noi ti preghiamo, Signore Dio; ti preghiamo, Cristo, nostro re in eter-
no: stendi le tue mani su questa Chiesa da te santificata, su questo popolo che ti
appartiene. Proteggilo, custodiscilo, conservalo; combatti e sottometti l'Avver-
sario, vinci quelli che servono le tenebre. Sii tu il nostro condottiero, e concedi
di cantare con Mosè l'inno del trionfo: poiché tua è la gloria e la potenza per
sempre. Chi ama il Signore si rallegri di questa festa di gioia. Il servitore fedele

183
M. SERENTHÀ, Gesù Cristo ieri oggi e sempre. Saggio di cristologìa, cit., 333.
184
R. LAVATORI, L'unigenito del Padre. Gesù nel suo mistero di "Figlio", Edizioni Dehonia-
ne, Bologna 1983,428.
CAPITOLO V i l i - L A CONTEMPLAZIONE DEL MISTERO DI CRISTO 322

entri in allegria nella gioia del suo Signore. Chi ha atteso questo giorno nella
penitenza, riceva la sua ricompensa. Chi ha lavorato fin dalla prima ora, riceva
oggi il salario che gli è dovuto; chi è arrivato dopo la terza, sia lieto nel rendere
grazie; chi è giunto dopo la sesta, non abbia paura: non ci sarà punizione; chi
ha tardato fino alla nona, venga senza esitare; chi è arrivato all'undicesima, non
creda di esser venuto troppo tardi. Perché il padrone è buono, accoglie l'ultimo
come il primo, concede il riposo all'operaio dell'undicesima ora come a quello
della prima, ha misericordia dell'ultimo e premia il primo. Al primo dà, all'ul-
timo regala. Apprezza l'operato di ciascuno, loda ogni intenzione. Entrate tutti
nella gioia del Signore; primi e secondi, ricevete tutti la ricompensa; ricchi e
poveri, danzate insieme; sia che abbiate digiunato, sia che abbiate fatto festa,
siate tutti nella gioia, onorate questo giorno! Il banchetto è pronto, godetene
tutti; il cibo è abbondante, basterà per tutti, nessuno se ne andrà affamato. Go-
dete tutti della grande bontà di chi vi invita. Nessuno pianga la sua miseria: il
regno di Dio è aperto a tutti. Nessuno si rattristi per il suo peccato: il perdono si
è levato dal sepolcro. Nessuno abbia paura della morte: il Signore ci ha liberati
dalla morte, l'ha distrutta proprio mentre era stretto da essa; ha punito l'inferno
entrando nell'inferno. Isaia l'aveva profetato: "L'inferno è stato amareggiato"
(.Is 14,9). Sì, quando l'inferno ti incontrò, o Signore, fu amareggiato perché fu
distrutto, vanificato. Esso ha rapito un corpo e si è trovato davanti a Dio, ha
preso la terra e si è incontrato con il cielo, ha afferrato il visibile e si è imbattuto
nell'invisibile. O morte, dov'è il tuo pungolo? O inferno, dov'è la tua vittoria?
Cristo è risorto e l'inferno è stato distrutto. Cristo è risorto e l'Avversario è
caduto. Cristo è risorto e tutte le creature del cielo esultano. Cristo è risorto e i
morti escono dai sepolcri. Cristo, risorto da morte, è il capo di quelli che erano
nel sonno. A lui la gloria e la potenza, per tutti i secoli. Amen»185.

3. L'ascensione

«Esulti di santa gioia la tua Chiesa, o Padre, per il mistero che celebra in que-
sta liturgia di lode, poiché nel tuo Figlio asceso al cielo la nostra umanità è
innalzata accanto a te, e noi, membra del suo corpo, viviamo nella speranza di
raggiungere Cristo, nostro capo, nella gloria» 186

«Dopo la risurrezione egli si mostrò visibilmente a tutti i discepoli, e sotto il loro


sguardo salì al cielo, perché noi fossimo partecipi della sua vita divina»187.

Così la preghiera della Chiesa nella celebrazione liturgica dell'ascensione


di Gesù, il crocifisso, il risuscitato, il vivente, il Signore. La preghiera guida,

185
GIOVANNI CRISOSTOMO, Catechesi sulla Pasqua, P G 5 9 , 7 2 1 - 7 2 3 .
186
CEI, Messale Romano, Ascensione del Signore, colletta, cit.
187
Ibidem, Prefazio dell'ascensione del Signore 1.

Ili
334 CAPITOLO VILI - L A CONTEMPLAZIONE DEL MISTERO DI CRISTO

in qualche modo, la nostra riflessione.

a) Gesù viene risuscitato ed elevato alla destra del Padre.


«Elevazione alla destra di Dio non significa rapimento in un empireo ultrater-
reno ma essere presso Dio, trovarsi nella dimensione di Dio, della sua potenza
e della sua gloria. Non si tratta quindi di un allontanamento dal mondo ma
piuttosto di un nuovo modo d'essere vicini a noi. Ora Gesù è con noi da Dio e
nel modo di Dio»188.

«Il modo di essere di Cristo è ora il modo dell'amore. Se egli ci ama - e che
altro è il contenuto del suo messaggio? - , il suo commiato per entrare nella
perfezione della carità significa realmente un essere-presso-di-noi... Il Signore
siede alla destra del Padre, sottratto ad ogni mutare della storia, in un silente
trionfo di vigilia destinato ad erompere un giorno nell'aperta vittoria del giudi-
zio che scuoterà il mondo. Nello stesso tempo egli è nuovamente presso a noi
uomini; alla radice di ogni avvenimento; nei penetrali di ogni fedele; nel cuore
del corpo credente che è la Chiesa; in funzione di forma, potenza, direzione e
unità. Mentre egli abbandona lo spazio universale della storia, si edifica nello
Spirito Santo il nuovo clima cristiano; l'intimità dell'individuo che crede, della
Chiesa, vicendevolmente fuse nell'unità. Così "Cristo è con noi tutti i giorni,
sino alla fine del mondo" (Mt 28,20)»189.

Risurrezione ed elevazione (ascensione) sono aspetti di un unico evento:


l'evento di pasqua.
«Mentre la glorificazione di Cristo è un evento unico trascendente e pienis-
simo, la sua manifestazione nel tempo è invece plurima. Pur trattandosi della
stessa complessa realtà, le sue espressioni storiche - apparizioni, ascensione,
pentecoste - sono diverse, parziali e complementari»190.

b) Con l'ascensione di Gesù, la natura umana viene innalzata, esaltata,


glorificata. Straordinario evento: «con l'incarnazione, Dio è venuto tra noi;
con l'ascensione, la nostra umanità è stata glorificata presso Dio» 191 . Accon-
discendenza di Dio, elevazione dell'uomo. Compimento dell'incarnazione del
Figlio di Dio. L'ascensione al cielo costituisce la tappa finale della peregri-
nazione terrestre di Gesù, il Figlio di Dio che si è fatto uomo per la salvezza
dell'uomo.

188
W. KASPER, Gesù il Cristo, cit., 205.
189
Il Signore, Studium, Milano 1 9 4 9 , 5 3 4 .
R . GUARDINI,
190
A . AMATO, Gesù il Signore. Saggio di cristologia, cit., 559.
191
CONFERENZA EPISCOPALE FRANCESE, L'alleanza di Dio con gli uomini. Catechismo degli
adulti, cit., 118.
CAPITOLO V i l i - L A CONTEMPLAZIONE DEL MisTERo PI CRISJN %%

«Quest'ultima tappa rimane strettamente unita alla prima, cioè alla discesa dal cie-
lo realizzata nell'incarnazione. Solo colui che è "uscito dal Padre" può fare ritomo
al Padre: Cristo... Lasciata alle sue forze naturali, l'umanità non ha accesso alla
"Casa del Padre" (Gv 14,2), alla vita e alla felicità di Dio. Soltanto Cristo ha potuto
aprire all'uomo questo accesso "per darci la serena fiducia che dove è lui, Capo e
Primogenito, saremo anche noi, sue membra, uniti nella stessa gioia"»192.

Papa Leone I scrive:

«C'era certo motivo di grande e indescrivibile gioia quando, al cospetto delle


moltitudini celesti, la natura del nostro genere umano ascese al di sopra della
dignità di tutte le creature celesti. Essa passò oltre gli ordini degli angeli ed era
destinata ad essere elevata oltre le altezze degli arcangeli. Nella sua ascensione,
il nostro genere umano non si è fermato a nessun'altra altezza se non quando
questa medesima natura è stata ricevuta alla presenza del Padre eterno. La nostra
natura umana, unita alla divinità del Figlio, era sul trono della sua gloria»193.

L'ascensione si integra nel mistero dell'incarnazione, di cui è il momento


conclusivo, e in quello della elevazione sulla croce.

«L'elevazione sulla croce significa e annunzia l'elevazione dell'ascensione al


cielo. Essa ne è l'inizio. Gesù Cristo, l'unico sacerdote della nuova ed eterna
alleanza, "non è entrato in un santuario fatto da mani d'uomo..., ma nel cielo
stesso, per comparire ora al cospetto di Dio in nostro favore" (Eb 9,24). In
cielo Cristo esercita il suo sacerdozio in permanenza, "essendo egli sempre
vivo per intercedere" a favore di "quelli che per mezzo di lui si accostano a
Dio" (Eb 7,25)»194.

c) Con l'ascensione di Gesù «viviamo nella speranza di raggiungere Cri-


sto, nostro capo, nella gloria»195. Gesù viene risuscitato e la speranza umana

192
Catechismo della Chiesa Cattolica, cit., n. 661.
193
LEONEI, Discorso 73,4, in: A . A . JUST Jr, Luca. La Bibbia commentata dai padri, 3, cit.,
549; cfr. PL 54, 396. «L'ascensione di Cristo è quindi promozione per l'uomo. Perché dove
giunse la gloria del capo, là è chiamata anche la speranza del corpo. Esultiamo dunque, caris-
simi, di spirituale letizia, godiamo in un degno ringraziamento, elevando gli occhi dell'anima
a quell'altezza a cui si trova Cristo. Le brame terrene non deprimano i nostri animi, chiamati
lassù; le realtà mortali non distolgano i cuori, eletti ai beni eterni; i piaceri fallaci non attardino
le menti, entrate ormai nella vita della verità. Oggi infatti non solo siamo stati confermati pos-
sessori del paradiso, ma in Cristo già siamo penetrati nei cieli altissimi: maggiori sono i beni
conseguiti per l'ineffabile grazia di Cristo, di quelli che abbiamo perduto per l'invidia del dia-
volo» (IDEM, Discorso 1 sull'Ascensione del Signore, in: A A . V V . , L'ora di lettura commentata
dai padri della Chiesa, 2, cit., 1003).
194
Catechismo della Chiesa Cattolica, cit. n. 662.
195
CEI, Messale Romano, Ascensione del Signore, colletta, cit.
¿ 3 6 . .- CAPITOLO Viti - LA CONTEMPLAZIONE DEL MISTERO DI CRISTO

e cristiana trovano fondamento indistruttibile: «Egli è principio, primogenito


di quelli che risorgono dai morti, perché sia lui ad avere il primato su tutte le
cose» (Col 1,18).
«Ora, invece, Cristo è risorto dai morti, primizia di coloro che sono morti.
Perché, se per mezzo di un uomo venne la morte, per mezzo di un uomo :
verrà anche la risurrezione dei morti. Come infatti in Adamo tutti muoiono,
così in Cristo tutti riceveranno la vita. Ognuno però al suo posto: prima
Cristo, che è la primizia; poi, alla sua venuta, quelli che sono di Cristo»
(ICor 15,20-23). ^

Gesù ascende al cielo, siede alla destra del Padre e la speranza umana e
cristiana hanno chiara la loro meta: !
ì
«Rendo grazie continuamente al mio Dio per voi, a motivo della grazia di Dio i
che vi è stata data in Cristo Gesù, perché in lui siete stati arricchiti di tutti i ;
doni, quelli della parola e quelli della conoscenza. La testimonianza di Cristo ì
si è stabilita tra voi così saldamente che non manca più alcun carisma a voi, a
che aspettate la manifestazione del Signore nostro Gesù Cristo. Egli vi renderà *
saldi sino alla fine, irreprensibili nel giorno del Signore nostro Gesù Cristo. ;
Degno di fede è Dio, dal quale siete stati chiamati alla comunione con il Figlio 'i
suo Gesù Cristo, Signore nostro!» (ICor 1,4-9). '
'

«La nostra cittadinanza infatti è nei cieli e di là aspettiamo come salvatore il Si- •
gnore Gesù Cristo, il quale trasfigurerà il nostro misero corpo per conformarlo ;
al suo corpo glorioso, in virtù del potere che egli ha di sottomettere a sé tutte :
le cose» (FU 3,20-21). ;ì

Gesù ascende al cielo e l'uomo è chiamato a cercare con fiducia le cose di ^


lassù: *
«Se dunque siete risorti con Cristo, cercate le cose di lassù, dove è Cristo, |
seduto alla destra di Dio; rivolgete il pensiero alle cose di lassù, non a quelle J
della terra. Voi infatti siete morti e la vostra vita è nascosta con Cristo in Dio! *
Quando Cristo, vostra vita, sarà manifestato, allora anche voi apparirete con |
lui nella gloria» (Col 3,1-4). ;i
-,

d) Gesù ascende al cielo e con lui anche noi. S. Agostino scrive: •


«Oggi nostro Signore Gesù Cristo è asceso al cielo. Con lui salga pure il nostro $
cuore. Ascoltiamo l'apostolo Paolo che proclama: "Se siete risorti con Cristo,
cercate le cose di lassù, dove si trova Cristo assiso alla destra di Dio. Pensate è
alle cose la lassù, non a quelle della terra" (Col 3,1-2). Come egli è asceso e |
non si è allontanato da noi, così anche noi già siamo lassù con lui, benché nel |
nostro corpo non si sia ancora avverato ciò che ci è promesso. Cristo è ormai j
esaltato al di sopra dei cieli, ma soffre qui in terra tutte le tribolazioni che noi f
CAPITOLO V i l i - LA CONTEMPLAZIONE DEL MISTERO DI CRISTO 326

sopportiamo come sue membra. Di questo diede assicurazione facendo sentire


quel grido: "Saulo, Saulo, perché mi perseguiti?" (At 9,4). E così pure: "Io ho
avuto fame e mi avete dato da mangiare" (Mt 25,35). Perché allora anche noi
non fatichiamo su questa terra, in maniera da riposare già con Cristo in cielo,
noi che siamo uniti al nostro Salvatore attraverso la fede, la speranza e la cari-
tà? Cristo infatti, pur trovandosi lassù, resta ancora con noi. E noi, similmente,
pur dimorando quaggiù siamo già con lui. Cristo può assumere questo com-
portamento in forza della sua divinità e onnipotenza. A noi, invece, è possibile
non perché siamo esseri divini, ma per l'amore che nutriamo per lui. Egli non
abbandonò il cielo, discendendo fino a noi; e nemmeno si è allontanato da lui,
quando di nuovo è salito al cielo. Infatti egli stesso dà testimonianza di trovarsi
lassù mentre era qui: nessuno è mai salito al cielo fuorché colui che è disceso
dal cielo, il Figlio dell'uomo che è in cielo (cf. Gv 3,13). Questa affermazio-
ne fu pronunciata per sottolineare l'unità tra lui nostro capo e noi suo corpo.
Quindi nessuno può compiere un simile atto se non Cristo, perché anche noi
siamo lui, per il fatto che egli è il Figlio dell'uomo per noi, e noi siamo figli di
Dio per lui. Così si esprime l'Apostolo parlando di questa realtà: "Come infatti
il corpo, pur essendo uno, ha molte membra e tutte le membra, pur essendo
molte, sono un corpo solo, così è anche Cristo" (ICor 12,12). L'Apostolo non
dice: "Così Cristo", ma sottolinea: "così anche Cristo". Cristo dunque ha molte
membra ma un solo corpo. Perciò egli è disceso dal cielo per la sua misericor-
dia e non è salito se non lui, mentre noi unicamente per grazia siamo saliti in
lui. E così non discese se non Cristo e non è salito se non Cristo. Questo non
perché la dignità del capo sia confusa nel corpo, ma perché l'unità del corpo
non sia superata da capo»196.

4. L'effusione dello Spirito Santo

«O Padre, che nel mistero della Pentecoste santifichi la tua Chiesa in ogni
popolo e nazione, diffondi sino ai confini della terra i doni dello Spirito Santo
e continua oggi, nella comunità dei credenti, i prodigi che hai operato agli inizi
della predicazione del Vangelo»197.

«Oggi hai portato a compimento il mistero pasquale e su coloro che hai reso
figli di adozione in Cristo tuo Figlio hai effuso lo Spirito Santo, che agli albori
della Chiesa nascente ha rivelato a tutti i popoli il mistero nascosto nei seco-
li, e ha riunito i linguaggi della famiglia umana nella professione dell'unica
fede»198.

196
AGOSTINO CTIPPONA, Discorso 263/A sull'Ascensione del Signore, ed. A . M A I , 98, 1-2;
PLS 2,494-495. Cfr. Liturgia delle ore, 2, Solennità dell'Ascensione del Signore. Ufficio delle
letture, seconda lettura, 831-832.
197
CEI, Messale Romano, Pentecoste, colletta, cit.
198
Ibidem, Pentecoste, prefazio.
Così la preghiera della Chiesa nella celebrazione liturgica della solennità
di Pentecoste. La preghiera guida, in qualche modo, la nostra riflessione199.

a) Gesù viene risuscitato, ascende al cielo ed effonde lo Spirito Santo sui


discepoli e su coloro che si trovano insieme nel giorno di Pentecoste:

«Mentre stava compiendosi il giorno della Pentecoste, si trovavano tutti in-


sieme nello stesso luogo. Venne all'improvviso dal cielo un fragore, quasi un
vento che si abbatte impetuoso, e riempì tutta la casa dove stavano. Apparvero
loro lingue come di fuoco, che si dividevano, e si posarono su ciascuno di loro,
e tutti furono colmati di Spirito Santo e cominciarono a parlare in altre lingue,
nel modo in cui lo Spirito dava loro il potere di esprimersi» (Ai 2,1-4).

Si realizza così la profezia di Gioele:

«Dopo questo, io effonderò il mio spirito sopra ogni uomo e diverranno profeti
i vostri figli e le vostre figlie; i vostri anziani faranno sogni, i vostri giovani
avranno visioni. Anche sopra gli schiavi e sulle schiave in quei giorni effonde-
rò il mio spirito» (Gl 3,1-2).

b) L'effusione dello Spirito Santo è un evento trinitario. Gesù presenta lo


Spirito Santo come dono del Padre:

«io pregherò il Padre ed egli vi darà un altro Paráclito perché rimanga con voi
per sempre, lo Spirito della verità, che il mondo non può ricevere perché non lo
vede e non lo conosce... Ma il Paráclito, lo Spirito Santo che il Padre manderà
nel mio nome, lui vi insegnerà ogni cosa e vi ricorderà tutto ciò che io vi ho
detto» (Gv 14,16-17.26).

Gesù lo presenta come suo dono: «Quando verrà il Paráclito, che io vi


manderò dal Padre, lo Spirito della verità che procede dal Padre, egli darà
testimonianza di me» (Gv 15,26). Lo Spirito Santo è il dono del Padre e del
Figlio. Dono che cambia dal di dentro il cuore degli uomini. Così, ad esempio,
è di Pietro (At 4,8), di Stefano (At 7,55), di Paolo (At 9,17; 13,9), di Barnaba
(At 11,24) e di altri (At 10,44).

«Lo Spirito Santo "è Persona-amore; è Persona-dono"; è amore donato dal


Padre e accolto dal Figlio, dinamismo infinito e bellezza dell'essere insieme,
per cui il Donatore e il Recettore sono uno nell'altro: "È il soffio del Padre,
mentre dice il Verbo". Il Padre genera il Figlio attirandolo a sé nello Spirito;

199
Sul mistero dello Spirito Santo cfr. GIOVANNI PAOLO I I , Dominum et vivificantem,
18.5.1986.
CAPITOLO VILI - L A CONTEMPLAZIONE DEL MISTERO DI CRISTO 328

il Figlio è attivamente rivolto al Padre nello Spirito. In questo "Amore-dono"


increato, trovano il loro supremo motivo i doni fatti da Dio alle creature: la
vita, la santificazione, la gloria. Da lui proviene la novità inesauribile; da lui la
tensione verso la perfezione e l'unità»200.

c) L'effusione dello Spirito Santo è un evento salvifico. Evento che porta a


compimento il "mistero" che Dio ha rivelato e compiuto nell'economia della
salvezza. La Chiesa lo sa e lo confessa: «Oggi hai portato a compimento il
mistero pasquale e su coloro che hai reso figli di adozione in Cristo tuo Figlio
hai effuso lo Spirito Santo»201.
Grazie alla presenza dello Spirito Santo, che grida "Abbà, Padre!" (Rm
8,15) è possibile confessare che Gesù è il Signore:

«Riguardo ai doni dello Spirito, fratelli, non voglio lasciarvi nell'ignoranza.


Voi sapete infatti che, quando eravate pagani, vi lasciavate trascinare senza al-
cun controllo verso gli idoli muti. Perciò io vi dichiaro: nessuno che parli sotto
l'azione dello Spirito di Dio può dire: "Gesù è anàtema!"; e nessuno può dire:
"Gesù è Signore!", se non sotto l'azione dello Spirito Santo» (ICor 12,1-3).

In perfetta continuità con l'esperienza e il ministero di Gesù. Basilio di


Cesarea scrive:

«Riguardo poi all'economia operata per l'uomo da parte del grande Dio e sal-
vatore nostro Gesù Cristo secondo la bontà di Dio, chi negherà che sia com-
piuta pienamente solo per la grazia dello Spirito Santo? Sia che tu consideri
le cose antiche - le benedizioni dei patriarchi, l'aiuto apportato dal dono della
legge, le figure, le profezie, le forti azioni di guerra, i segni operati dai giusti
- , sia che tu consideri le cose dispensate riguardo all'avvento del Signore
nella carne: (sono state) mediante lo Spirito. In primo luogo infatti si unì alla
carne stessa del Signore, divenuto unzione e inseparabilmente presente secon-
do la parola: "Colui sul quale vedrai lo Spirito discendere e rimanere, questi
è il mio Figlio diletto" (Gv 1,33)... In seguito ogni energia fu attiva per la
compresenza dello Spirito... Inseparabilmente gli era unito nel compiere le
potenze: "Se nello Spirito di Dio io caccio i demòni..." (Mt 12,28); e non si è
allontanato da lui risuscitato dai morti. Infatti il Signore, rinnovando l'uomo e
restituendogli nuovamente la grazia insufflata da Dio, che egli aveva perduto,
insufflando sulla faccia dei discepoli che cosa dice? "Ricevete lo Spirito Santo;
a chi rimetterete i peccati saranno rimessi; a chi li riterrete saranno ritenuti"
(Gv 20,22-23)»202.

200
CEI, La verità vi farà liberi. Catechismo degli adulti, cit., n. 341.
201
Messale Romano, Pentecoste, prefazio, cit.
IDEM,
202
BASILIO DI CESAREA, De Spiritu Sancto 1 6 , 3 8 - 4 0 , in: A A . V V . , L'ora di lettura commenta-
ta dai padri, 2, cit., 1100-1101.
341) CAPITOLO VILI - L A CONTEMPLAZIONE DEL MISTERO DI CRISTO

d) Lo Spirito Santo, dono del Padre e del Figlio, rende l'uomo creatura
nuova. Creatura chiamata a camminare secondo lo Spirito:

«Vi dico dunque: camminate secondo lo Spirito e non sarete portati a soddi-
sfare il desiderio della carne. La carne infatti ha desideri contrari allo Spirito e
lo Spirito ha desideri contrari alla carne; queste cose si oppongono a vicenda,
sicché voi non fate quello che vorreste. Ma se vi lasciate guidare dallo Spi-
rito, non siete sotto la Legge. Del resto sono ben note le opere della carne:
fornicazione, impurità, dissolutezza, idolatria, stregonerie, inimicizie, discor-
dia, gelosia, dissensi, divisioni, fazioni, invidie, ubriachezze, orge e cose del
genere. Riguardo a queste cose vi preavviso, come già ho detto: chi le compie
non erediterà il regno di Dio. Il frutto dello Spirito invece è amore, gioia, pace,
magnanimità, benevolenza, bontà, fedeltà, mitezza, dominio di sé; contro que-
ste cose non c'è Legge. Quelli che sono di Cristo Gesù hanno crocifisso la
carne con le sue passioni e i suoi desideri. Perciò se viviamo dello Spirito,
camminiamo anche secondo lo Spirito» (Gal 5,16-25).

e) Lo Spirito Santo apre alla missione. Appare dalla consegna di Gesù,


dalla testimonianza di Pietro e dall'esperienza di Paolo.

«Non spetta a voi conoscere tempi o momenti che il Padre ha riservato al suo
potere, ma riceverete la forza dallo Spirito Santo che scenderà su di voi, e di
me sarete testimoni a Gerusalemme, in tutta la Giudea e la Samaria e fino ai
confini della terra» (At 1,7-8).

«Allora Pietro, colmato di Spirito Santo, disse loro: "Capi del popolo e anziani,
visto che oggi veniamo interrogati sul beneficio recato a un uomo infermo, e
cioè per mezzo di chi egli sia stato salvato, sia noto a tutti voi e a tutto il popolo
d'Israele: nel nome di Gesù Cristo il Nazareno, che voi avete crocifisso e che
Dio ha risuscitato dai morti, costui vi sta innanzi risanato. Questo Gesù è la
pietra, che è stata scartata da voi, costruttori, e che è diventata la pietra d'ango-
lo. In nessun altro c'è salvezza; non vi è infatti, sotto il cielo, altro nome dato
agli uomini, nel quale è stabilito che noi siamo salvati"» (A? 4,8-12).

Congedandosi dagli anziani convocati a Mileto, Paolo, tra l'altro, dice:

«ho servito il Signore con tutta umiltà, tra le lacrime e le prove che mi hanno
procurato le insidie dei Giudei; non mi sono mai tirato indietro da ciò che poteva
essere utile, al fine di predicare a voi e di istruirvi, in pubblico e nelle case, testimo-
niando a Giudei e Greci la conversione a Dio e la fede nel Signore nostro Gesù. Ed
ecco, dunque, costretto dallo Spirito, io vado a Gerusalemme, senza sapere ciò che
là mi accadrà. So soltanto che lo Spirito Santo, di città in città, mi attesta che mi
attendono catene e tribolazioni. Non ritengo in nessun modo preziosa la mia vita,
purché conduca a termine la mia corsa e il servizio che mi fu affidato dal Signore
Gesù, di dare testimonianza al vangelo della grazia di Dio» (Al 20,19-24).
341 CAPITOLO VILI - L A CONTEMPLAZIONE DEL MISTERO DI CRISTO

f) Con servizi diversi lo Spirito Santo anima la Chiesa:

«Ora voi siete corpo di Cristo e, ognuno secondo la propria parte, sue mem-
bra. Alcuni perciò Dio li ha posti nella Chiesa in primo luogo come apostoli,
in secondo luogo come profeti, in terzo luogo come maestri; poi ci sono i
miracoli, quindi il dono delle guarigioni, di assistere, di governare, di parlare
varie lingue. Sono forse tutti apostoli? Tutti profeti? Tutti maestri? Tutti fanno
miracoli? Tutti possiedono il dono delle guarigioni? Tutti parlano lingue? Tutti
le interpretano?» (ICor 12,27-30).

Con doni diversi e complementari, lo Spirito Santo sostiene la vita e la


missione della Chiesa:

«Vi sono diversi carismi, ma uno solo è lo Spirito; vi sono diversi ministeri,
ma uno solo è il Signore; vi sono diverse attività, ma uno solo è Dio, che opera
tutto in tutti. A ciascuno è data una manifestazione particolare dello Spirito per
il bene comune» (ICor 12,4-7).

«Come un uomo "vede con gli occhi, ode con gli orecchi, sente odori con le
narici, parla con la lingua, opera con le mani, cammina con i piedi, a tutte le
membra dà vita, a ognuno il suo compito", così lo Spirito Santo "in alcuni santi
compie miracoli, in altri annuncia la verità, in altri custodisce la verginità, in
altri ancora custodisce la pudicizia coniugale; in alcuni santi questo, in altri
quello; a ciascuno concede di realizzare l'opera propria, a tutti parimenti di
vivere"»203.

g) Olivier Clément ci aiuta a contemplare l'evento di pentecoste.

«La pentecoste riprende e compie la festa ebraica delle settimane (Lv 23,15-
22) nella quale si portava all'altare un covone, primizia del raccolto. I padri
dicono che è Cristo stesso che offre il covone della nuova creazione, indorata
al grande sole, al grande vento dello Spirito. È per questo motivo che noi or-
todossi cospargiamo le nostre chiese di rami. Si riprende e si compie l'anno

203
CEI, La verità vi farà liberi. Catechismo degli adulti, cit., n. 501. «Grande, onnipotente
nei suoi carismi e meraviglioso è lo Spirito Santo. Calcola quanti siamo qui seduti quante anime
siamo. Ebbene, egli opera quello che meglio conviene a ciascuno. Stando in mezzo a noi, egli
vede la condotta di ciascuno; e vede anche il pensiero, la coscienza, quello che diciamo e quello
che pensiamo... Osserva di ogni popolo i vescovi, i presbiteri, i diaconi, i monaci, le vergini e
tutto il laicato, e vedi come egli è il grande capo e donatore dei carismi. Osserva come in tutto
il popolo egli dona, a uno la pudicizia, a un altro la verginità perpetua, a un terzo le opere di
misericordia, a un altro il distacco dai beni terreni, a un altro il potere di cacciare gli spiriti
cattivi. Come la luce illumina tutte le cose, inviando un unico raggio, così anche lo Spirito
Santo illumina coloro che hanno gli occhi. Se uno non riceve la sua grazia, perché è cieco, non
rimproveri lo Spirito Santo, bensì la propria infedeltà» (CIRILLO DI GERUSALEMME, Catechesi
battesimali 16,22, in: E. BARBISAN, Le catechesi, cit., 3 3 8 - 3 3 9 ) .
vJTEMPLAZlONE DEL MISTERO DI CRISTO

giubilare in cui, ogni cinquant'anni, venivano condonati i debiti e venivano


liberati gli schiavi. La pentecoste è un giubileo unico con il quale, ormai al
di là della storia, l'uomo viene introdotto nella dimensione del regno: "Così
tu non sei più schiavo, ma figlio - dice l'Apostolo - figlio, dunque erede di
Dio" (Gal 4,7). E gli apostoli escono come ubriachi dal Cenacolo per annun-
ciare "fino agli estremi confini della terra" (At 1,8) l'anno giubilare del regno.
Viene ripreso e compiuto il dono della Legge sul Sinai. La voce del Sinai cede
il posto allo Spirito Santo che porta la legge nuova, quella scritta nei cuori.
Quella che non è più costrizione, ma libertà dell'amore perché il cuore di pietra
è finalmente divenuto un cuore di carne. E così, come ha scritto un teolo-
go ortodosso contemporaneo, Cristo appare come "il grande precursore dello
Spirito". "È bene per voi che io me ne vada, perché se non me ne vado, non
verrà a voi il Consolatore; ma quando me ne sarò andato, ve lo manderò" (Gv
16,7). E sant'Atanasio scriveva, precisando la celebre affermazione "Dio si è
fatto uomo perché l'uomo possa diventare Dio": "Dio si è fatto portatore della
carne perché possa diventare portatore dello Spirito della Chiesa ortodossa".
Lo Spirito che riposava sul Figlio è reso trasparente. Lo Spirito che riposava
sul Figlio durante l'incarnazione come unzione messianica, riposa ormai su
ciascuno di quelli che sono "figli nel Figlio". In lui tutte le nostre facoltà, tutti i
nostri sensi e perfino il battito del nostro cuore si calmano e si illuminano. Per-
ché in definitiva non c'è altra scelta che vivere nella morte oppure vivere nello
Spirito donatore di vita, la vera vita, quella che trasfigura e sconfigge la morte.
E difficile evocare lo Spirito, lui, il Dio segreto, il silenzioso, lui, la celebra-
zione più che il celebrato. Egli è la vita della vita, la bellezza della bellezza,
la luce della luce, il silenzio al cuore della parola. Egli è colui che è "dentro",
colui che è l'interiorità e la profondità infinita di ogni persona, non lo spirito
che si oppone alla materia ma il Soffio che penetra sia il corpo che l'anima,
la Vita che cercano e già vivono quelli che si amano, quelli che lottano per la
libertà e la giustizia, quelli che tentano di creare gioia e bellezza. Nello stesso
tempo è una Persona misteriosa che spinge l'amore fino a non avere un nome
proprio, perché Dio tutto intero è Spirito, perché Dio è santo, e la persona dello
Spirito scompare nella stessa luce che diffonde perché essa diventi totalmente
interiore, diventi la fonte della nostra esistenza più personale»204.

5. La parusia

«Annunziamo la tua morte, Signore, proclamiamo la tua risurrezione, nell'at-


tesa della tua venuta»205.

«Liberaci, o Signore, da tutti i mali, concedi la pace ai nostri giorni, e con


l'aiuto della tua misericordia vivremo sempre liberi dal peccato e sicuri da

204
O . CLÉMENT, «Sur la Pentecôte», in "Contacts" 75 (1971), 275-277.
205
CEI, Messale Romano, Preghiera eucaristica, cit.
ogni turbamento, nell'attesa che si compia la beata speranza e venga il nostro
salvatore Gesù Cristo»206.

Così la preghiera della Chiesa nella celebrazione dell'eucaristia.

a) Il Cristo che ascende al cielo e manda lo Spirito Santo è il Cristo che


verrà alla fine dei tempi. La chiesa lo sa e lo confessa:

«Al suo primo avvento nell'umiltà della nostra umana egli portò a compimento
la promessa antica. Ora egli viene incontro a noi in ogni uomo e in ogni tempo.
Verrà di nuovo nello splendore della gloria e ci chiamerà a possedere il regno
promesso che ora osiamo sperare vigilanti nell'attesa»207.

«Tu ci hai nascosto il giorno e l'ora in cui il Cristo tuo Figlio, Signore e giu-
dice della storia, apparirà sulle nubi del cielo rivestito di potenza e splendore.
In quel giorno tremendo e glorioso passerà il mondo presente e sorgeranno
cieli nuovi e terra nuova. Ora egli viene incontro a noi in ogni uomo e in ogni
tempo, perché lo accogliamo nella fede e testimoniamo nell'amore la beata
speranza del suo regno»208.

La Chiesa conosce e contempla il mistero del Signore Gesù che è venuto, che
viene e che verrà alla fine dei tempi. Intanto riflette sulle parole dell' Apocalisse:
«Ecco, io vengo presto e ho con me il mio salario per rendere a ciascuno secondo
le sue opere. Io sono l'Alfa e l'Omèga, il Primo e l'Ultimo, il Principio e la Fine»
(Ap 22,12-13); «Colui che attesta queste cose dice: "Sì, vengo presto!". Amen.
Vieni, Signore Gesù. La grazia del Signore Gesù sia con tutti» (Ap 22,20-21). La
Chiesa vive nel tempo e nello spazio degli uomini in attesa della manifestazione
finale di Cristo, re e Signore dell'universo. In attesa della parusia209.

b) «La parusia non è un evento nuovo rispetto alla risurrezione: per sé, non è se
non il manifestarsi pienamente della risurrezione nel mondo, cioè la defini-

206
Ibidem, Riti di comunione.
207
Ibidem, Prefazio dell'Avvento 1.
208
Ibidem, Prefazio dell'Avvento 2.
209
«La Chiesa delle origini crede che il Signore Gesù, morto e risorto, ha aperto una storia di
salvezza universale, cosmica. Il regno di Dio è impersonato in lui. Attendere il Regno significa
attendere la "parusia del Signore". Con questa parola, usata comunemente per indicare la visita
ufficiale di un sovrano in qualche città, i credenti designano la venuta pubblica e manifesta del
Cristo glorioso. Non si tratta di un ritorno, quasi che adesso sia assente, ma del compimento e
della manifestazione suprema di quella presenza che ha avuto inizio con la sua umile vicenda
terrena e che continua oggi nascosta nel mistero dell'eucaristia, della Chiesa, della carità e dei
poveri. La parusia è la meta della storia. Porterà la perfezione totale dell'uomo e del mondo»
(IDEM, La verità vi farà liberi. Catechismo degli adulti, cit., n. 1175).
344 CAPITOLO V i l i - L A CONTEMPLAZIONE DEL MISTERO DI CRISTO

tiva liberazione dell'umanità (e, in essa, dell'universo intero) dal peccato e


dalla morte. La parusia di Cristo, cioè il suo "venire", il suo "farsi presente"
alla fine della storia, non è un avvenimento nuovo per il Risorto, avvenimento
che si aggiunga alla risurrezione: in riferimento al Cristo glorioso le nostre
categorie spazio-temporali non possono venire intese in senso cronologico.
La parusia non è un evento di cui saremo spettatori (il ritorno di Cristo inteso
praticamente in senso spazio-locale, descrittivo), ma è il definitivo dispiegarsi
della risurrezione in noi, nell'umanità e nel cosmo intero. Cristo risorto è la
primizia, è già là dove anche noi saremo: la parusia, il "farsi presente" del
Risorto "manifesta", "svela" definitivamente la vocazione cui siamo chiamati,
cioè la piena comunione di vita, nello Spirito, con Dio "amante della vita" (Sap
11,26). Questo è, in realtà, il destino del mondo fin dall'inizio, perché tutto è
stato fatto con Cristo e per Cristo»210.

c) «Nell'attesa che si compia la beata speranza e venga il nostro salvatore


Gesù Cristo»211, la Chiesa vive tra il "già" e il "non-ancora". Sa che «non
abbiamo quaggiù una città stabile, ma andiamo in cerca di quella futura» (Eb
13,14). La speranza che «non delude» (Rm 5,5) è la virtù che anima e accom-
pagna il suo cammino verso l'incontro finale con Cristo. La speranza cristia-
na, come tutta la speranza biblica, non è solo speranza personale, ma anche di
un popolo in cammino verso la terra promessa che non vede, ma di cui è certo
in modo assoluto, perché l'operatore e il garante è Dio stesso... La speran-
za cristiana è virtù attiva: non teme i rischi dell'incarnarsi nella storia, crede
nell'esito positivo dello sforzo umano, lo fa suo e vi si impegna, pur valutan-
done anche tutta la precarietà. Nessun progetto umano le basta. Il cristiano
opera e lotta a fianco degli altri per la promozione umana, ma non identifica
la sua azione con nessuno dei tanti messianismi terreni. Alla luce della fede
egli raffronta con il progetto divino la presente realtà storica per riconoscervi
i segni del regno che viene, ma anche per individuare le manchevolezze e la
caducità; per partecipare con volontà decisa, ma anche per dissentire e conte-
stare ogni programma che imprigiona l'uomo.

«Verso la meta definitiva si rivolge il desiderio del cristiano: "Maraña tha:


vieni, o Signore!" (ICor 16,22). Per lui vivere è prepararsi alla festa, è veglia-

210
M. SERENTHÀ, Gesù Cristo ieri oggi e sempre. Saggio di cristologia, cit., 345-346. «Il
Signore è il fine della storia umana, il punto focale dei desideri della storia e della civiltà, il
centro del genere umano, la gioia di tutti i cuori, la pienezza delle loro aspirazioni. Egli è colui
che il Padre ha risuscitato da morte, ha esaltato e collocato alla sua destra, costituendolo giudice
dei vivi e dei morti. Nel suo Spirito vivificati e coadunati, noi andiamo pellegrini incontro alla
finale perfezione della storia umana» (GS 45).
211
CEI, Messale Romano, Riti di comunione, cit.
CAPITOLO V I 11 -•^-mr,,-,,,,,
L A CONTEMPLAZIONE
itfiiui i ' ''^ ^
1
DEL MISTERO
' '""
DI CRISTO
r n,
145,
-f^reSV^t»^

re attivamente come le vergini della parabola evangelica, che tengono accese


le lampade, utilizzando, nella lunga attesa, anche l'olio di riserva, per esse-
re pronte a partecipare al corteo nuziale e poi al banchetto nella casa dello
sposo»212.

d) «Nell'attesa che si compia la beata speranza e venga il nostro salvatore


Gesù Cristo» 213 , la Chiesa si pone nel tempo e nella storia come coscienza
critica di uomini e di istituzioni che si pensano in termini di assolutezza e di
definitività.

«In nome della speranza più grande, che la anima, la Chiesa sarà allora sovver-
siva e critica verso tutte le miopi realizzazioni delle speranze di questo mondo:
presente ad ogni situazione umana, solidale col povero e con l'oppresso, non
le sarà lecito identificare la sua speranza con una delle speranze della storia.
Questa vigilanza critica non significa, però, disimpegno o testimonianza della
grazia "a buon mercato": essa è, al contrario, costosa ed esigente. Si tratta di
assumere le speranze umane e di verificarle al vaglio della resurrezione del
Signore, che da una parte sostiene ogni impegno autentico di liberazione e di
promozione umana, dall'altra contesta ogni assolutizzazione di mete terrene.
In questo duplice senso, la speranza ecclesiale, speranza della resurrezione, è
resurrezione della speranza»214.

e) «Nell'attesa che si compia la beata speranza e venga il nostro salvatore


Gesù Cristo» 215 , la Chiesa fa sua questa preghiera di D. M. Turoldo.
«Oh, se sperassimo tutti insieme
tutti la stessa speranza
e intensamente
ferocemente sperassimo
sperassimo con le pietre
e gli alberi e il grano sotto la neve
e gridassimo con la carne e il sangue
con gli occhi e le mani e il sangue;
sperassimo con tutte le viscere
con tutta la mente e il cuore
Lui solo sperassimo;
oh se sperassimo tutti insieme
con tutte le cose
sperassimo Lui solamente

212
IDEM,La verità vi farà liberi. Catechismo degli adulti, cit., n. 568. Sul tema della speran-
za cfr. F . M I E S , Speranza, in: R . P E N N A - G . P E R E G O - G . RAVASI (edd.), Temi teologici della Bibbia,
cit., 1327-1332.
213
CEI, Messale Romano, Riti di comunione, cit.
214
B . FORTE, La Chiesa della Trinità, San Paolo, 1 9 9 5 , 3 5 4 - 3 5 5 .
215
CEI, Messale Romano, Riti di comunione, cit.
346 CAPITOLO V i l i - L A CONTEMPLAZIONE DEL MISTERO DI CRISTO

desiderio dell'intera creazione;


e sperassimo con tutti i disperati
con tutti i carcerati
come i minatori quando escono
dalle viscere della terra,
sperassimo con la forza cieca
del morente che non vuol morire,
come l'innocente dopo il processo
in attesa della sentenza,
oppure con il condannato
avanti il plotone d'esecuzione
sicuro che i fucili non spareranno;
se sperassimo come l'amante
che ha l'amore lontano
e tutti insieme sperassimo,
a un punto solo
tutta la terra uomini
e ogni essere vivente
sperasse con noi
e foreste e fiumi e oceani,
la terra fosse un solo
oceano di speranza
e la speranza avesse una voce sola
un boato come quello del mare,
e tutti i fanciulli e quanti
non hanno favella
per prodigio
a un punto convenuto
tutti insieme
affamati malati disperati,
e quanti non hanno fede
ma ugualmente abbiano speranza
e con noi gridassero
astri e pietre,
purché di nuovo un silenzio altissimo
- il silenzio delle origini -
prima fasci la terra intera
e la notte sia al suo vertice;
quando ormai ogni motore riposi
e sia ucciso ogni rumore
ogni parola uccisa
- finito questo vaniloquio! -
e un silenzio mai prima udito
(anche il vento faccia silenzio
anche il mare abbia un attimo di silenzio,
un attimo che sarà la sospensione del mondo),
quando si farà questo
disperato silenzio
e stringerà il cuore della terra
e noi finalmente in quell'attimo dicessimo
336 CAPITOLO VILI - L A CONTEMPLAZIONE DEL MISTERO DI CRISTO

quest'unica parola
perché delusi di ogni altra attesa
disperati di ogni altra speranza,
quando appunto così disperati
sperassimo e urlassimo
(ma tutti insieme
e a quel punto convenuti)
certi che non vale chiedere più nulla
ma solo quella cosa
allora appunto urlassimo
in nome di tutto il creato
(ma tutti insieme e a quel punto)
Vieni vieni vieni, Signore
vieni da qualunque parte del cielo
o dagli abissi della terra
o dalle profondità di noi stessi
(ciò non importa) ma vieni,
urlassimo solo: Vieni!

Allora come il lampo guizza dall'oriente


fino all'occidente così
sarà la sua venuta
e cavalcherà sulle nubi;
e il mare uscirà dai suoi confini
e il sole più non darà la sua luce
né la luna il suo chiarore
e le stelle cadranno fulminate
saranno scosse le potenze dei cieli.

E lo Spirito e la sposa dicano: Vieni!


e chi ascolta dica: vieni!
e chi ha sete venga
chi vuole attinga acqua di vita
per bagnarsi le labbra
e continuare a gridare: vieni!

Allora Egli non avrà neppure da dire


eccomi, vengo - perché già viene.

E così! Vieni Signore Gesù,


vieni nella nostra notte,
questa altissima notte
la lunga invincibile notte,
e questo silenzio del mondo
dove solo questa parola sia udita;
e neppure un fratello
conosce il volto del fratello
tanta è fitta la tenebra;
ma solo questa voce
quest'unica voce
C A P I T O L O V i l i - L A CONTEMPLAZIONE DEL MISTERO DI CRISTO 337

questa sola voce si oda:

Vieni, vieni, vieni Signore!


Allora tutto si riaccenderà
alla sua luce
e il cielo di prima
e la terra di prima
non sono più
e non ci sarà più né lutto
né grido di dolore
perché le cose di prima passarono
e sarà tersa ogni lacrima dai nostri occhi
perché anche la morte non sarà più.
E una nuova città scenderà dal cielo
bella come una sposa
per la notte d'amore
(non più questi termitai
non più catene dolomitiche
di grattacieli
non più urli di sirene
non più guardie
a presiedere le porte
non più selve di ciminiere).
Allora il nostro stesso desiderio
avrà bruciato tutte le cose di prima
e la terra arderà dentro un unico incendio
e anche i cieli bruceranno
in quest'unico incendio
e anche noi, gli uomini,
saremo in quest'unico incendio
e invece di incenerire usciremo
nuovi come zaffiri
e avremo occhi di topazio:
quando appunto Egli dirà
"ecco, già nuove sono fatte tutte le cose"
allora canteremo
allora ameremo
allora allora...»216.

216
D.M. TUROLDO, La ballata della speranza, in: IDEM, Il sesto angelo, Mondadori, Milano
1976,4-8.
CONCLUSIONE

Gesù il Signore che libera e salva. Confessione di fede ed esperienza vitale


della comunità cristiana di ieri e di oggi. Perché gli uomini credano ed abbiano
la vita. Secondo la testimonianza di Giovanni:

«Gesù, in presenza dei suoi discepoli, fece molti altri segni che non sono stati
scritti in questo libro. Ma questi sono stati scritti perché crediate che Gesù è il
Cristo, il Figlio di Dio, e perché, credendo, abbiate la vita nel suo nome» (Gv
21,30-31).

Gesù il Signore che libera e salva.

«O ineffabile mistero !
Dio ha preso la natura d'uomo, si è degnato nascere dalla Vergine per renderci
partecipi della sua divinità. Per compiere l'impossibile, il Dio dell'impossibile
fece lui il primo passo. Ciò che l'uomo non poteva fare nella sua marcia verso
Dio, Dio lo fece nella sua discesa verso l'uomo. Per far sì che l'uomo potesse
entrare nella famiglia di Dio, Dio entrò nella famiglia dell'uomo.
L'invalicabile è stato valicato per la prima volta dall'alto al basso nell'Incarna-
zione. Ciò che non era mai avvenuto, che Uno di lassù, che conosceva le cose
di lassù scendesse tra noi, è avvenuto in Gesù. L'invisibile si è fatto visibile,
l'intoccabile si è reso toccabile nel Cristo.
La storia è stata percorsa da un brivido di vita poiché Gesù ne è diventato atto-
re: il cosmo è diventato un'ostia giacché il Verbo ha preso carne da una donna
vivente nel cosmo. Dio si è fatto uomo, il Verbo si è fatto figlio. L'immensità
si è fatta limite. L'infinito si è fatto finito. L'innocenza si è fatta conoscenza.
L'onnipotenza si è fatta bimbo. L'immutabile si è fatto sofferenza. La perfe-
zione si è coperta di peccato. La vita è penetrata nella morte. L'amore si è fatto
Resurrezione. Gesù si è fatto nostro fratello.
Ciò che è avvenuto è talmente straordinario da renderci inebetiti di sorpresa: il
fatto è talmente unico da giustificare ogni incredulità. E non dobbiamo stupir-
ci se molti uomini rimangono perplessi: dovremmo stupirci del contrario. Ci
vuole il coraggio invincibile della fede ad affermare che Dio si è fatto uomo.
Ci vuole la rivelazione del Padre per credere che Gesù sia il Cristo di Dio.
Ci vuole tutta la piccolezza della mente e l'umiltà del cuore per entrare in un
simile mistero. È inutile discuterne.
Lasciate che gli uomini cerchino, amino, e troveranno. Ognuno di noi ha la sua
storia; ognuno di noi deve percorrere il suo sentiero con pazienza e tenacia.
Presto o tardi questa nostra storia, questo nostro sentiero s'incontrerà, s'inter-
secherà con la storia e col sentiero su cui cammina Gesù.
Ed è allora, e solo allora, che viene il momento della scelta, dell'accettazione,
CONCLUSIONE

Gesù il Signore che libera e salva. Confessione di fede ed esperienza vitale


della comunità cristiana di ieri e di oggi. Perché gli uomini credano ed abbiano
la vita. Secondo la testimonianza di Giovanni:

«Gesù, in presenza dei suoi discepoli, fece molti altri segni che non sono stati
scritti in questo libro. Ma questi sono stati scritti perché crediate che Gesù è il
Cristo, il Figlio di Dio, e perché, credendo, abbiate la vita nel suo nome» (Gv
21,30-31).

Gesù il Signore che libera e salva.

«O ineffabile mistero!
Dio ha preso la natura d'uomo, si è degnato nascere dalla Vergine per renderci
partecipi della sua divinità. Per compiere l'impossibile, il Dio dell'impossibile
fece lui il primo passo. Ciò che l'uomo non poteva fare nella sua marcia verso
Dio, Dio lo fece nella sua discesa verso l'uomo. Per far sì che l'uomo potesse
entrare nella famiglia di Dio, Dio entrò nella famiglia dell'uomo.
L'invalicabile è stato valicato per la prima volta dall'alto al basso nell'Incarna-
zione. Ciò che non era mai avvenuto, che Uno di lassù, che conosceva le cose
di lassù scendesse tra noi, è avvenuto in Gesù. L'invisibile si è fatto visibile,
l'intoccabile si è reso toccabile nel Cristo.
La storia è stata percorsa da un brivido di vita poiché Gesù ne è diventato atto-
re: il cosmo è diventato un'ostia giacché il Verbo ha preso carne da una donna
vivente nel cosmo. Dio si è fatto uomo, il Verbo si è fatto figlio. L'immensità
si è fatta limite. L'infinito si è fatto finito. L'innocenza si è fatta conoscenza.
L'onnipotenza sì è fatta bimbo. L'immutabile si è fatto sofferenza. La perfe-
zione si è coperta di peccato. La vita è penetrata nella morte. L'amore si è fatto
Resurrezione. Gesù si è fatto nostro fratello.
Ciò che è avvenuto è talmente straordinario da renderci inebetiti di sorpresa: il
fatto è talmente unico da giustificare ogni incredulità. E non dobbiamo stupir-
ci se molti uomini rimangono perplessi: dovremmo stupirci del contrario. Ci
vuole il coraggio invincibile della fede ad affermare che Dio si è fatto uomo.
Ci vuole la rivelazione del Padre per credere che Gesù sia il Cristo di Dio.
Ci vuole tutta la piccolezza della mente e l'umiltà del cuore per entrare in un
simile mistero. E inutile discuterne.
Lasciate che gli uomini cerchino, amino, e troveranno. Ognuno di noi ha la sua
storia; ognuno di noi deve percorrere il suo sentiero con pazienza e tenacia.
Presto o tardi questa nostra storia, questo nostro sentiero s'incontrerà, s'inter-
secherà con la storia e col sentiero su cui cammina Gesù.
Ed è allora, e solo allora, che viene il momento della scelta, dell'accettazione,
^Mt^CO^LJ^SJOI^.

del sì o del no. È certa però una cosa: fintanto che non abbiamo accettato lui,
testimoniato lui come Figlio di Dio, mancherà qualcosa alla nostra vita, ci sarà
come un'ombra sotto il nostro sole, una nostalgia alle nostre aurore, un'inquie-
tudine nelle nostre notti.
È fatale!
E se avete incontrato qualcuno che ha trovato la risposta al mistero della vita
e la pace del cuore senza Gesù, venite a dirmelo perché io non ho trovato nes-
suno. Per me ho incominciato a conoscere Dio da che ho accettato Gesù come
verità, ho trovato la pace vera da quando ho cercato la sua intimità, soprattutto
ho conosciuto la gioia, la gioia vera al di là di tutte le vicissitudini, da quando
ho assaporato e vissuto il dono che è venuto a portarci: la vita eterna.
Ma Gesù non è solo il sorriso del Padre e il Rivelatore dell'inconoscenza di
Dio. Sarebbe poca cosa per la mia debolezza e il mio peccato: è il mio Salvato-
re. Nella mia marcia verso di lui, mi ero ridotto a uno straccio: non riuscivo più
a camminare... Qual è il peccato che non ho commesso o che non ho commes-
so solo perché non ne ho avuto l'occasione? Ebbene, fu lui, solo lui a scendere
sulla strada di Gerico, ad avere il coraggio d'avvicinarsi a me per cercare di
fermare con le sue fasciature quel po' di sangue che mi restava ancora dentro
e che sarebbe certamente uscito senza il suo intervento. Gesù divenne per me
sacramento causa della mia salvezza, chiusura del mio inferno, frenata al mio
disfacimento...
Gesù non ha superato il muro invalicabile del divino per scendere nell'umano
solo per essere il Salvatore dell'uomo. Facendo così non avrebbe compiuto la
sua opera, assolto la sua missione d'amore. Ha valicato il muro dell'invisibile,
è sceso nel visibile per essere il testimone delle "cose di lassù", per rivelarci
"le cose segrete della casa del Padre", per darci in concreto ciò che lui chiamò
la vita eterna.
E che cos'è appunto questa famosa "vita eterna"? Lui stesso la definì nel Van-
gelo: Questa è la vita eterna, che conoscano te Padre e colui che hai mandato,
il Cristo (Giovanni 17,3). Quindi la vita eterna è innanzi tutto conoscenza. Si
tratta di conoscere il Padre, si tratta di conoscere Gesù. Ma qui non si tratta di
conoscenza esterna, storica, analogica che più o meno già potevamo immagi-
nare, possedere, si tratta di una conoscenza autentica, soprannaturale, si tratta
di una conoscenza che, anche se avvolta qui nel buio della fede, è già della
stessa natura, della stessa realtà della conoscenza che avremo quando si spez-
zerà il velo e noi vedremo Dio faccia a faccia. Si tratta di conoscere Dio com'è,
non come ci può apparire o ci si può immaginare. Qui sta tutto il mistero ch'io
ho cercato di definire al di là delle cose e che forma il segreto dell'intimità con
Dio e la sostanza della preghiera contemplativa.
Gesù dandoci la "vita eterna" ci dà la conoscenza del Padre che è già per noi
la prima maniera di vivere su questa terra la vita divina, che è già una parteci-
pazione vitale alla famiglia di Dio, che è nello stesso tempo in cui siamo figli
di uomo un essere figli di Dio. E poi la conoscenza di Gesù. Qui non avremo
mai parole a sufficienza per dire cosa significa, cosa contiene questa semplice
i ^ m y s j O N ^ j ^ i

espressione "conoscere Gesù".


Perché Dio stabilì Gesù come ponte tra il cielo e la terra, tra il visibile e l'invi-
sibile; decretò Gesù come capo dei salvati, come maestro dei fratelli, come il
Restauratore del primitivo disegno del Padre, come colui dinanzi al quale ogni
ginocchio si piegherà in terra, nei cieli e negli inferi.
Gesù è il sorriso del Padre, Gesù è il centro dell'universo e della storia. Gesù
è la nostra salvezza, Gesù è il sole dell'invisibile, il fuoco inestinguibile
dell'amore, il sospiro degli angeli, il Santo di Dio, l'Adoratore perfetto, il Sa-
cerdote eterno, il Re dei secoli, la gloria di Dio.
E Gesù è nostro fratello. E come tale si mette vicino a noi e c'insegna la strada
che dobbiamo percorrere per giungere all'invisibile. E perché comprendiamo,
scrive nel visibile le cose viste nell'invisibile - agisce come uomo come agi-
rebbe Dio - porta sulla terra nella famiglia dell'uomo i costumi della famiglia
di Dio.
Tutto ciò si chiama "Vangelo"».
Ciò che fa Gesù come uomo nel Vangelo è come se lo facesse Dio nel cielo.
Ciò che Gesù dice nel Vangelo è ciò che ha sentito dire dal Padre nel cielo.
Il Vangelo è il modo di vivere sulla terra come vivrebbero i santi del cielo. Il
Vangelo è tutto. E il modello unico. E la perfezione invisibile resa visibile dal
modo di vivere di Gesù. Per un cristiano non dovrebbe esistere altro libro a
cui ispirarsi, altro modello cui attingere. Il Vangelo è una persona vivente: è
Gesù»1.

Gesù il Signore che libera e salva. La Chiesa lo sa, lo confessa, lo celebra,


lo vive. La Chiesa lo sa. E nella Chiesa ciascuno di noi. Noi che sentiamo di
fare nostra la preghiera, sempre vera e sempre attuale, di Giovanni Papini.

«Sei ancora, ogni giorno, in mezzo a noi. Vivi tra noi, sulla terra ch'è tua e
nostra, su questa terra che ti raccolse, fanciullo, tra i fanciulli...
Abbiamo bisogno di te, di te solo, e di nessun altro. Tu solamente, che ci ami,
puoi sentire per noi tutti che soffriamo, la pietra che ciascuno di noi sente per
se stesso. Tu solo puoi sentire quanto è grande, immisurabilmente grande, il
bisogno che c'è di te, in questo mondo, in questa ora del mondo. Nessun altro,
nessuno dei tanti che vivono, nessuno di quelli che dormono nella mota della
gloria, può dare, a noi bisognosi, riversi nell'atroce penuria, nella miseria più
tremenda di tutte, quella dell'anima, il bene che salva. Tutti hanno bisogno di
te, anche quelli che non lo sanno, e quelli che non lo sanno, assai più di quelli
che sanno. L'affamato s'immagina di cercare il pane e ha fame di te; l'assetato
crede di voler l'acqua e ha sete di te; il malato s'illude di agognare la salute
e il suo male è l'assenza di te. Chi ricerca la bellezza nel mondo cerca, senza
accorgersene, te che sei la bellezza intera e perfetta; chi persegue nei pensieri

1
C. CARRETTO, Al di là delle cose, Cittadella Editrice, Assisi 1970,59-61.64-66.
352 CONCLUSIONE

la verità, desidera, senza volere, te che sei l'unica verità, degna d'esser saputa;
e chi s'affanna dietro la pace cerca te, sola pace dove possono riposare i cuori
più inquieti. Essi ti chiamano senza sapere che ti chiamano e il loro grido è
inesprimibilmente più doloroso del nostro...
Tu sai quanto sia grande, proprio in questo tempo, il bisogno del tuo sguardo
e della tua parola. Tu lo sai bene che un tuo sguardo può travolgere e mutare
le nostre anime, che la tua voce ci può trarre dallo stabbio della nostra infinita
miseria; tu sai meglio di noi, tanto più profondamente di noi, che la tua presen-
za è urgente e indifferibile in questa età che non ti conosce.
Sei venuto, la prima volta, per salvare; nascesti per salvare; parlasti per salva-
re; ti facesti crocifiggere per salvare: la tua arte, la tua opera, la tua missione,
la tua vita è di salvare. E noi abbiamo oggi, in questi giorni grigi e maligni,
in questi anni che sono un condensamento, un accrescimento incomportabile
d'orrore e dolore, abbiamo bisogno, senza ritardi, d'esser salvati!...
Gli uomini, allontanandosi dall'Evangelo, hanno trovato la desolazione e la
morte. Più d'una promessa e d'una minaccia s'è avverata. Ormai non abbiamo,
noi disperati, che la speranza d'un tuo ritorno. Se non vieni a destare i dormenti
accovati nella belletta puzzante del nostro inferno, è segno che il castigo ti
sembra ancor troppo corto e leggero per il nostro tradimento e che non vuoi
mutare l'ordine delle tue leggi. E sia la tua volontà ora e sempre, in cielo e
sulla terra.
Ma noi, gli ultimi, ti aspettiamo. Ti aspetteremo ogni giorno, a dispetto della
nostra indegnità e d'ogni impossibile. E tutto l'amore che potremo torchiare
dai nostri cuori devastati sarà per te, Crocifisso, che fosti tormentato per amor
nostro e ora ci tormenti con tutta la potenza del tuo implacabile amore»2.

Gesù il Signore che libera e salva. La Chiesa lo sa, lo confessa, lo celebra,


lo vive. La Chiesa lo sa. E nella Chiesa ciascuno di noi. Noi che, con Pierange-
lo Sequeri, cantiamo la gioia di essere cristiani, discepoli e testimoni di Cristo
Gesù, via verità e vita.

Symbolum '77

«Tu sei la mia vita altro io non ho.


Tu sei la mia strada la mia verità,
nella tua parola io camminerò,
finché avrò respiro fino a quando Tu vorrai.
Non avrò paura sai, se Tu sei con me,
io Ti prego resta con me.

2
G . PAPINI, Storia di Cristo, Vallecchi, Firenze 2007,437-438.443.
Credo in te Signore nato da Maria,
Figlio eterno e santo, uomo come noi.
Morto per amore, vivo in mezzo a noi,
una cosa sola con il Padre e con i Tuoi.
Fino a quando, io lo so, Tu ritornerai,
per aprirci il regno di Dio.

Tu sei la mia forza altro io non ho,


Tu sei la mia pace la mia libertà.
Niente nella vita ci separerà,
so che la tua mano forte non mi lascerà.
So che da ogni male Tu mi libererai,
e nel tuo perdono vivrò.

Padre della vita noi crediamo in Te.


Figlio Salvatore noi speriamo in Te.
Spirito d'Amore vieni in mezzo a noi,
Tu da mille strade ci raduni in unità.
E per mille strade poi, dove Tu vorrai,
noi saremo il seme di Dio».

Vieni, Signore Gesù (Ap 22,20).


355,

INDICE DEI NOMI

Adinolfi M. 28,99 Barth G. 314


Agostinod'Ippona64,72,92,107, 111, Barth K. 17, 222, 233, 235, 236
136, 139, 140, 141, 145, 176-178, Basilio di Cesarea 285, 339
270, 276, 291, 292, 295, 313, 330, Battaglia O. 87
337 Baur F.C. 221
AlberigoG.175,201,296 Beato Angelico 11,48,49
Allen P. 189 Beda 150
Alszeghy Z. 17,120,213 Belo F. 222, 227
Althaus P. 327 Benedetto XVI 82, 84, 86, 89, 91, 93,
Amato A. 60, 86,96, 98, 99, 101, 119, 100,102,104,211
121, 126, 127, 129, 132, 136, 138, Benoit P. 128
170, 179, 180, 182, 187, 190, 194, Bergamini A. 16
195, 197, 264, 271, 285, 287, 288, Berger K. 99,141,256
301-303,306,315,316,334 Beschin G. 178,276
Ambrogio di Milano 44,70,110,285 Biguzzi G. 101
Angelini G. 256 Blinzler I. 119
Anselmo d'Aosta 203,211,277, 278 Bloch E. 222,223,224
Apollinare di Laodicea 169, 173-175, Boezio S. 297
191,292,293 BofG. 11, 51, 96, 102,103,106,141,
Ardusso F. 102, 103, 106, 130, 325, 256,266
329 BoffL. 264
Ario 169-171 Bonaventura di Bagnoregio 203, 205-
Aron R. 104 207,212
Assmann H. 264 Bonhoeffer D. 222,231,233,240
Associazione Biblica Italiana 51,59 Bonora A. 58,117,121,126
Atanasio 44,110,172,196, 285, 342 Bordoni M. 11,101-103,106,128,136,
Augé M. 16 138,278,279,280
Augias C. 31 Borgogno G. 177
AyanlJ. 159,162 Bori P.C. 30
BorrellA. 96,97
Balthasar H.U. von 119,120, 128 Bornkamm G. 30, 38
Barbaglio G. 11,30,34,51,58,59,76, BosioG. 165,166,167
96, 102, 103, 106, 128, 131, 134, Bourbonnais G. 52
141,256,266,278,280 BouyerL. 17
Barbi A. 132,284 Braendle M. 327
BarbisanE. 83,341 Brambilla F.G. 128
36(1 INDICE DEI NOMI

Brown F. 71,119,121 Clément 0 . 3 4 1 , 342


Brown R.E. 104 Commissione Teologica Internazionale
Bultmann R. 36,37,222,228-230,235, 25,43,129,169,172,188,276,277,
309,322,323,326 289,301,312,317
Conferenza Episcopale Francese 137,
CabaJ. 30 334
Calabrese G. 138 Congar Y.-M. 138
Calufetti A. 206 Congregazione per la Dottrina della
Calvino G. 212,215-217,233 Fede 262, 263, 265
Camplani A. 169,170,172 Conte N. 4,119
Canobbio G. 193 Contri A. 162, 169, 173,182, 184, 188,
Cantalamessa R. 51,118,130,138 192,197,203,207,211,212
CapizziN. 131 Conzelmann H. 34
Carretto C. 351 Corsani B. 96
Casalegno A. 101 Cosentino A. 151,162
Castello G. 119 Costa G. 131
Catechismo della Chiesa Cattolica 81, Cousin H. 119
89,92,137,258,335 Crisologo P. 109, 331
Catechismo della Chiesa Cattolica. Crisostomo G. 158, 332, 333
Compendio 157,158 Croce V. 124
Cattaneo E. 173 Cromazio di Aquileia 76,78, 109
Cavedo R. 100 Culmann O. 323
CazellesH. 51,52
Cei 7 , 1 9 , 3 8 , 4 7 , 6 7 , 7 3 , 7 9 , 84, 85, 88, Dal Covolo E. 165-167
90, 92, 95, 97-99, 101, 102, 106, Dalbesio A. 138
113, 117, 126, 135-137, 140, 141, Danielou I. 71
155, 157, 251, 257, 262, 268, 269, Darlap A. 256
277, 284, 308, 317-319, 321, 333, DavicoR. 115
335, 337, 339,341,342,344,345 De Angelis B. 194
Cibien C. 16 Della Francesca P. 1,114-116
Cione A. (Verrocchio) 11,81 De Vaux R. 51
Charpentier E. 96 Dell'Osso C. 189
Cimosa M. 50-52,62, 256 Denzinger H. 171, 174, 176, 184, 186,
Cipriani N. 176 191, 194-196, 198, 218, 254, 287,
Cipriano 108 288,292,293,297
Cirillo di Alessandria 64, 78, 93, 110, Descourtieux P. 165
142,176,180-184, 1488, 190, 192, De Zan R. 59,
210,287,292,295 Di Berardino A. 42,159,161,162,164,
Cirillo di Gerusalemme 83, 341 165, 167, 169, 170, 172, 173, 176,
Clemente di Alessandria 165,166 179,180,
INDICE DEI NOMI ..

Di Sante C. 93 FiiglisterN. 51,52,54,56,62


Dianich S. 11,51,86,96,102,103,106, Fusco F. 87
128,134,141,256,266,278,280 Fusco V. 100,132
Didaché 285
Dodd C.H. 87,132 Galilea S. 264
Dotolo C. 30 Galot J. 17, 104, 105, 222, 289, 299,
Dreyfus F. 104,281 303,305,309
Dumais M. 89,90 Galtier P. 299, 300
Dunn J.D.G. 30 Gandolfo E. 141
Dupont J. 30, 84, 87, 89 Gardavsky V. 222
Dupuis J. 301, 305, 306, 312 Gargano J. 131
Duquoc C. 319 Garuti P 57,122
Durrwell F.X. 128 Garzonio M. 99
Gazzara Siciliano R. 321
Ebeling G. 327 Gebhardt E. 331
Efrem il Siro 144 Geffré C. 229
Ephraim F. 121 GhibertiG. 128,141
Eraclio 192-194 Ghidelli C. 37, 89
Esichio di Gerusalemme 145
Ghirlanda A. 28, 29, 50-52, 54, 56, 58-
60,63,87,89,96,98-101,103,117,
Fabris R. 27,30,31,34,42,51,93,102,
126, 128,131,132, 134,138
103, 106, 117-119, 121, 128, 129,
Giachi G. 223,224
131,132,134,136,318
Gianotto C. 42
FavaleA. 138
Giavini G. 128
Fedalto G. 42, 159,161, 162, 164, 165,
Gilbert M. 60
167, 169, 170, 172, 173, 176, 179,
180, 182, 186, 188, 189, 192, 194, Giovanni Damasceno 197,199
197,199 Giovanni Paolo II 9, 10, 202, 265, 289,
Feiner J. 51, 52, 54, 56, 62, 71, 82, 84, 338,
119-121,128,132,141 Giudici A. 141
Ferlay Ph. 128 Giustiniano 190
Ferraro G. 104 Giustino 285
Festorazzi F. 134 Gnilka 1.71
Fetscher I. 222 Gourgues M. 120,121
Fisichella R. 96 Grass H. 327
Fitzgerald J.T. 9 Gregorio di Nazianzo 83,270,276,285,
Flavio G. 29, 30,41 294,295
Flick M. 17,120,213 Gregorio di Nissa 193,285, 331
Forte B. 134, 172,222,345 Gregorio Magno 108
Franco E. 52, 221 GrelotP. 30,52
36(1 INDICE DEI NOMI

Grillmeier A. 159, 162, 164, 165, 167, Kautsky K. 222


169, 172, 173, 176, 179, 180, 182, Kelly J.N.D. 159, 164, 165, 167, 169,
184,186 172,173,176,179,180,182,184
Gronchi M. 29, 82, 85, 86, 88, 89, 91, Kemmer A. 87
96,97,102,103,106,117-121,129, Kessller H. 129
134, 164, 165, 167, 169, 170, 172, KüngH. 17,29,90,92,95,98,99,101,
173, 179, 180, 184, 186, 190, 192, 222, 243, 290, 310, 323, 324, 326,
193, 197, 202, 203, 205, 207, 211, 328,329
212,215,216,218,234,236
Guardini R. 87, 334 Lachenschmid R. 222
Guillet J. 120 Lambiasi E 30,138
Gutbrod K. 87 Lambrecht J. 87
Gutierrez G. 264 La Potterie I. de 121
Latourelle R. 30, 96
Hainthaler T. 176,188,192 Laurentin R. 71
Haie R. 30 Lavatori R. 138,332
Hall A. I l i , 143,145,146,150 Leal J. 164
Hengel M. 29 Lentini S. 117
HercsikD. 10,96,98,12,163,164,170, Leonardi G. 71
222,280,298,301,305, 306, 316 Léon-Dufour X. 120
Hultgren A.J. 87 Leone I 146, 176, 185, 186, 187, 196,
Hünermann R 171 271,296,317,335
Leone S. 96
Iammarrone G. 212,243,256,266 Leonzio di Bisanzio 189
Ibas di Edessa 190 Leonzio di Gerusalemme 190
Ignazio di Antiochia 159, 285, 291, Lindars B. 102
292,294 Linnermann E. 87
Ilario 285 Lohfink G. 120,136
Imbert J. 119 LöhrerM. 17,51,52,54,56,62,71,82,
Ippolito di Roma 83,164,280,281 84,119-121,128,132,141
Ireneo di Lione 151,161,162 LohseE. 120
Longobardo L. 161
Jeremias J. 38, 87,104,117,118 LouthA. 199
Jossa G. 30,50,106,119 Luiseiii B. 182,186
Just A A . 44, 64, 77, 78, 109-11, 142, Lutero M. 212-215,233,234
335
Machovec M. 91,100,222,224-226
Käsemann E. 37 Madurini G. 270
Kasper W. 17, 37, 134, 221, 222, 230, Maggioni B. 34, 56, 87,93,129,134
231,294,325,334 Magris A. 162
INDICE DEI NOMI 35Q

Mangiapane A. 131 Nocilli C. 148,314,331


Mansi J.D. 197,199 Noeto di Smirne 164
Maranesi P. 206
Marconcini B. 63 Ocàriz F. 293
Marinelli C. 51 Occhipinti G. 241,243
Maritano M. 165-167 O'Collins G. 128, 297, 298, 305, 309,
Marlé R. 264 310,326,327
Martini C.M. 128,134,139 OdenTh.C. I l i , 143, 145,146,150
Marxen W. 128, 322, 323, 326 Ohlig K.-O. 163, 165, 166, 172, 174,
Massimo il Confessore 192,194,195 175, 179, 181, 184, 185,194, 203^
Mateo Seco L.F. 293 213, 216,218,278, 287, 292, 295
Mazza G. 269 Orbe A. 164
Mazzarello M.L. 50,69,70,115 Origene 44,78,143,167-169,318
Mcguckin J.A. 180 Ortensio da Spinetoli 71,327
Meier J.P. 30
Meynet R. 87 PacomioL. 221,243,256
Melitone di Sardi 148, 314, 331 Padovese L. 72, 136, 139, 140, 292,
330
Merz A. 30
Palumberi S. 128
Messori V. 30,121,129
Panimolle S. A. 51,86, 99
Metz J.B. 120
Pannenberg W. 323
Mies F. 345
Paolo VI 21,22, 86,96,156
Milic Lochman J. 222
PapaB. 137
Moioli G. 51,130
PapiniG. 351,352
Moloney F. 99
Parente P. 300
Moltmann J. 120,138,140,213,264 Pasquale G. 256
Moltmann-Wendel E. 99 Paul A. 71
Monaci Castagno A. 162,167,179 Paulus G. 134,220
Mondin B. 95,122,141,172, 175,176, Penna R. 9, 26, 31, 42, 50, 52, 55, 57-
178, 186, 202, 205, 207, 208, 210, 59,63, 84,86,87,89,90,96,97,99,
212, 215, 220, 221, 222, 234, 235, 100, 101, 103, 105, 106, 118, 121,
259,263,269,279,299,330 122, 129, 131, 132, 138, 162, 229,
Moraldi L. 29,42,56,58,59 256,269,283,318,345
Moreschini C. 276 Perego G. 9, 26, 31,42, 50, 52, 55,57-
Mosso S. 141 59,63, 84, 86,87,89,90,96,97,99,
Mussner F. 96 100, 101, 103, 105, 106, 118, 121,
122, 129, 131, 132, 138, 162, 229,
Nestorio 176, 179-184, 187, 191, 287, 256,269,283,318,345
292,295 Perret J. 128
Nicolosi C. 138 Perrot C. 71
36(1 INDICE DEI NOMI

Pesce M. 30,31 Riestra I A . 293


PeschR. 119,138 RigauxB. 128,331
Pieri A. 166 Robinson A.T. 327
Piero Della Francesca 11,114-116 Rodrigues Da Silva R. 99
Pio XII15, 300 Romanello S. 131
Pioppi A. 120 Romano D. 119
Pistoia A. 256 Romano il Melode 70
Pistone R. 84 RonzeB. 118
Plinio il Giovane 30, 39,40 Rossano P. 28, 29, 50, 51, 52, 54, 56,
Policarpo 159-162 58-60, 63, 87, 89, 96, 98-103, 117,
Pollicino J. 321 126,128,131,132,134,138
Ponthot J. 128 Rossé G. 121
Poppi A. 82 Rouet A. 27
Porro C. 17, 34, 128, 203, 207, 211, Rublev A. 11,253,268,307
222,236-239,260,304 Russotto M. 89
Pousset E. 325
Prat F. 309 Sacchi A. 56
Prete B. 119 Saldarmi G. 89
Prospero di Aquitania 15 Sanders E.P. 30
Prudenzio 77 Sartore D. 16,256
Puig Tarrech A. 26,31 Savagnone G. 31
Pulcinelli G. 58 Scaglioni G. 121
Scarpai G. 294
Quacquarelli A. 159, 161, 285, 292, Schelkle K.E. 141
294 Schillebeeckx E. 89, 222
Schilson A. 37,222,230,231
Rad G. von 54,63 Schlier H. 136
Rahner K. 17, 141, 222, 236-239, 256, Schlosser I. 86
279,303 Schnabel E J. 100
Ratzinger J. - Benedetto XVI 82, 84, Schnackenburg R. 51,91,132,134
86,89,93,100,102,104 Schoonenberg P. 222,240-242
Ravasi G. 9, 26, 28, 29, 31, 42, 50, 51 Schürmann H. 93,121
52,54,55,56,57-60,63,84,86,87, Schütz Ch. 82, 84
89, 90, 96, 97, 99, 100, 101, 103, Schulte R. 71
105, 106, 117, 118, 121, 122, 126, ScibonaR. 138
128, 129, 131, 132, 134, 138, 162, Scoto G.D. 203,211,212, 278
229,256,269,283,318,345 SegallaG. 31,33,51,71,130
Reimarus H.S. 134,220 Segundo I.L. 264
ReyB.84 Sequeri P. 352
Riccardo di san Vittore 297 Serafini F. 55
IilPJCE_pjE]_NOMJ[ 36J

Serenthà L. 89 Thiede Carsten P. 30


Serenthà M. 36, 50, 52, 59, 89, 105, ThüsingW. 17,236-239
127, 130, 141, 164, 208, 317, 318, Todisco O. 206
332,344 ToinetP. 136
Sergio di Costantinopoli 192,193 Tommaso d'Aquino 93, 203, 207-211,
Sesboiié B. 17, 87, 89, 103, 138, 170, 233,269,277,278,302
182,186,190,196,289 Torriti J. 11,68,69
Severo di Antiochia 189 Traiano 39,40,159
Simian-Yofre H. 52 Triacca A. 16,256
Simonetti M. 42, 76, 78, 93, 107, 109, Tricarico M.F. 50,69, 70,115
143, 159, 161, 162, 164, 165, 167, Tufariello R. 58,59
169, 170, 172-174, 176, 179, 180, Turoldo D.M. 345, 348
182, 186, 188, 189, 192, 197, 199,
295 Uricchio F. 96
Sisti A. 98
Sobrino J. 264 Vagaggini C. 256
Speidel K A . 119 Vander Gucht E. 222
Starowieyski M. 42 Vanhoye A. 54
Staudinger H. 30 Vanni U. 131
Stefani P. 93 Viviano M. 131
StockK. 96,103,105,283 Vögtle A. 106
Strauss D.F. 221 Vorgrimler H. 222
Stroia G. 84
Svetonio 39,41 Weber H.R. 100
Weder H.Y. 87
Tacito 30, 39 Weiser A. 96
Talercio G. 138 Welker M. 138
Teilhard de Chardin P. 240,279 Wénin A. 58
Teodoreto di Ciro 190 Wiederker D. 17
Teodoro di Mopsuestia 190
Teofane di Creta 11,157 ZahrntH. 30
Tertulliano 92,164,165,197, 294 Zarrella P. 327,328
Theissen G. 30 Zoffoli E. 121
INDICE

Abbreviazioni e sigle p. 7
Presentazione " 9

PARTE PRIMA
GESÙ IL SIGNORE CHE LIBERA E SALVA

Capitolo primo
LA FEDE DELLA CHIESA " 15

1. Lettura dell'icona dei Nuovi martiri del XX secolo " 17


2. Al centro della fede della Chiesa " 18
1. La professione di fede " 19
2. Cristo libera e salva " 19
3. Cristo l'uomo nuovo " 20
4. Il credo del popolo di Dio " 21
5. L'evento Cristo " 22

Capitolo secondo
LA STORICITÀ DI GESÙ " 25

1. Lettura della cartina della Palestina al tempo di Gesù " 27


2. Le fonti e la loro attendibilità storica " 30
1. I Vangeli " 30
2. Rapporto tra il Cristo della fede e il Gesù della storia " 36
3. Le fonti pagane " 39
4. Gli apocrifi cristiani " 42
5. Sintesi " 42
3. Con i padri della Chiesa " 43

PARTE SECONDA
IL MISTERO DI CRISTO NELLA PREPARAZIONE
VETEROTESTAMENTARIA

Capitolo terzo
TEMPO DI AVVENTO
Il tempo della promessa, dell'attesa e della speranza

1. Lettura della tavola L'Annunciazione del Beato Angelico


2. L'attesa del messia
1. Il messia re
2. Il messia servo sofferente " 52
3. Il messia sacerdote " 54
4. Il messia celeste " 59
3. Con i padri della Chiesa " 63

PARTE TERZA
IL MISTERO DI CRISTO NELLA PIENEZZA DEL TEMPO

Capitolo quarto
TEMPO DI NATALE
Il tempo del compimento, della contemplazione e della gioia " 67

1. Lettura del mosaico La Natività di Jacopo Torriti " 69


2. Il genere letterario dei vangeli dell'infanzia " 71
3. Il messaggio cristologico " 71
1. L'identità di Gesù " 72
2. La missione di Gesù " 73
3. L'atteggiamento dell'uomo davanti a Gesù " 74
4. Con i padri della Chiesa " 75

Capitolo quinto
TEMPO DI QUARESIMA
Il tempo dell'annuncio del regno, dell'accoglienza e del rifiuto " 79

1. Lettura del dipinto del Battesimo di Cristo del Verrocchio " 81


2. Il battesimo di Gesù " 82
3. Le tentazioni " 84
4. L'annuncio del regno " 85
1. Nel solco della tradizione " 86
2. L'evento del regno " 87
5. Il messaggio di Gesù " 88
1. Le beatitudini " 89
2. Il precetto dell'amore " 90
3. Il Padre nostro " 92
4. La casa costruita sulla roccia " 93
5. La croce " 94
6. Gesù il profeta " 94
6. I miracoli " 96
7. Gli atteggiamenti di Gesù " 98
1. Peccatori e poveri " 98
2. Donne e bambini " 99
3. Legge e Tempio " 100
366 INDICE GENERALE

8. I titoli "102
1. Figlio dell'uomo " 102
2. Figlio di Dio " 103
3. Messia " 106
9. Con i padri della Chiesa " 106

Capitolo sesto
TEMPO DI PASQUA
Il tempo della liberazione dal peccato e della riconciliazione con Dio "113

1. Lettura della Resurrezione di Piero della Francesca " 115


2. L'annuncio della passione e della morte " 116
1. Annuncio " 117
2. Chiave di lettura " 117
3. Il processo, la condanna e la morte " 119
1. Il processo e la condanna " H9
2. La morte " 120
3. Gesù sommo sacerdote " 122
4. Gesù servo sofferente, re e signore dell'universo " 124
4. La discesa agli inferi " 126
5. La risurrezione " 128
1. Confessioni di fede " 129
2. Inni "130
3. Predicazione missionaria " 132
4. Narrazioni evangeliche " 134
6. L'ascensione " 135
7. La Pentecoste " 137
8. La parusia " 140
9. Con i padri della Chiesa "142

PARTE QUARTA
IL MISTERO DI CRISTO NELLA VITA DELLA CHIESA

Capitolo settimo
TEMPO ORDINARIO
Il tempo dell'approfondimento, della celebrazione, della testimonianza,
dell'attesa e del compimento " 155

1. Lettura àeWIcona di Cristo di Teofane di Creta " 157


2. Il II e il III secolo " 159
1. Ignazio di Antiochia " 159
366 INDICE GENERALE

2. Policarpo di Smirne " 161


3. Ireneo di Lione " 162
4. Tertulliano " 164
5. Clemente di Alessandria " 165
6. Origene " l67
3. Il IV secolo " 169
1. Ario e il concilio di Nicea " 169
2. Atanasio " 172
3. Apollinare e il concilio di Costantinopoli I " 173
4. Il V secolo " 176
1. Agostino d'Ippona " 176
2. Nestorio " 179
3. Cirillo di Alessandria e il concilio di Efeso " 180
4. Eutiche e il concilio di Calcedonia " 184
5. Il VI secolo " 188
1. Orientamento monofisita " 188
2. Orientamento calcedonese " 189
3. Orientamento neo-calcedonese " 190
4. Giustiniano e il concilio di Costantinopoli II " 190
6. Il VII secolo " 192
1. Sergio "192
2. Papa Onorio I e l'imperatore Eraclio " 193
3. Massimo il Confessore e il concilio lateranense I " 194
4. Il concilio di Costantinopoli III "196
7. L'VIII secolo " 197
1. Scrittori ecclesiastici " 197
2. LeoneIlIl'Isaurico " 198
3. Giovanni Damasceno e il concilio di Nicea II " 199
8. Dall'XI al XIV secolo " 202
1. Anselmo d'Aosta " 203
2. Bonaventura di Bagnoregio " 205
3. Tommaso d'Aquino " 207
4. Giovanni Duns Scoto " 211
9. Dal XV al XIX secolo " 212
1. Martin Lutero " 212
2. Giovanni Calvino " 215
3. Il concilio di Trento " 218
4. La secolarizzazione della cristologia " 220
10.11 XX secolo "221
1. E.Bloch "222
2. M. Machovec "224
3. F. Belo "227
INDICE GENERALE_.JMLL-

4. R. Bultmann » 228
5. D.Bonhoeffer "231
6. K. Barth "233
7. K. Rahner " 236
8. R Schoonenberg " 240
9. H. Kiing "243

PARTE QUINTA
SINTESI CRISTOLOGICA

Capitolo ottavo
LA CONTEMPLAZIONE DEL MISTERO DI CRISTO " 251

1. Lettura dell'/coraa della Trinità di Andrej Rublèv " 253


2. La storia della salvezza " 256
1. Eventi e parole intimamente connessi " 256
2. Evento trinitario. Opera del Padre, del Figlio e dello Spirito Santo . . . " 257
3. Il mistero dell'incarnazione " 268
1. L'evento dell'incarnazione " 269
2. Il ruolo del Padre, del Figlio e dello Spirito Santo "271
3. Il fine dell'incarnazione " 277
4. Vero Dio "281
5. Il preesistente "285
6. Vero uomo " 289
7. Una persona in due nature " 293
8. La coscienza umana " 299
9. La conoscenza umana " 302
10.La volontà umana " 304
4. II mistero di Pasqua " 307
1. La passione e la morte di Gesù " 309
2. La risurrezione " 321
3. L'ascensione "333
4. La Pentecoste " 337
5. Laparusia " 342

fj
Conclusione

Indice dei nomi

Potrebbero piacerti anche