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IL SIGNORE
CHE LIBERA E SALVA
Il* I
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Manuali di
Panteno
T E O L O G I A
"Gesù il Signore che libera e salva". Mistero che la
Chiesa confessa, annuncia, celebra e vive. Mistero che
l'anno liturgico contempla attraverso un itinerario che
comprende il tempo di avvento
(promessa, attesa e speranza), il tempo di natale
(compimento, contemplazione e gioia), il tempo di
quaresima (annuncio del regno, accoglienza e rifiuto),
il tempo di pasqua (liberazione del peccato e
riconciliazione con Dio) e il tempo ordinario
(approfondimento, celebrazione, testimonianza, attesa
e compimento della beata speranza).
"Gesù il Signore che libera e salva".
Itinerario che ripercorre l'evento Cristo dalla
preparazione veterotestamentaria (tempo di avvento),
all'incarnazione nella pienezza del tempo (tempo
di natale), dal ministero pubblico per le strade della
Palestina (tempo di quaresima), alla passione, morte,
risurrezione, ascensione e pentecoste (tempo di
pasqua), dalla pasqua alla testimonianza di fede della
chiesa tra il "già" e il "non ancora" (tempo ordinario).
La lettura di un dipinto, di un mosaico o di una icona
introduce le tappe fondamentali dell'itinerario.
Brani di Padri della Chiesa le concludono.
L'itinerario finisce con la ripresa e l'approfondimento
teologico del mistero di Cristo. E il momento della
sintesi. Introdotto dalla lettura e dalla contemplazione
dell'/cono della Trinità di Andrej Rublèv (XIV-XVsec.).
ISBN 17A-Sfl-01-0>l7a3-7
€ 28,00
PIETRO ALIQUÒ
GESÙ IL SIGNORE
CHE LIBERA E SALVA
Collana "Manuali di Panteno - Teologia"
1. Paolo TERRANA, Lineamenti di storia della Chiesa antica.
2. Nunzio CONTE, Il pane della vita e il calice della salvezza. Teologia e pastorale
dell'Eucaristia.
3. Giovanni Russo, Evangelium amoris. Corso di morale familiare e sessuale.
4. Nunzio CONTE, La preghiera della fede e l'olio della consolazione. Il sacramento
dell'unzione e la cura pastorale degli infermi.
5 . Raimondo FRMTALLONE, Il dono del perdono. Prospettiva pastorale celebrativa.
ISBN 978-88-01-04783-7
«Anch 'io, fratelli, quando venni tra voi,
non mi presentai ad annunciarvi il mistero di Dio
con l'eccellenza della parola o della sapienza.
Io ritenni infatti di non sapere altro in mezzo a voi
se non Gesù Cristo, e Cristo crocifisso»
{¡Cor 2,1-2).
«Venne a Nazaret, dove era cresciuto, e secondo il suo solito, di sabato, entrò
nella sinagoga e si alzò a leggere. Gli fu dato il rotolo del profeta Isaia; aprì il
rotolo e trovò il passo dove era scritto:
Lo Spìrito del Signore è sopra di me;
per questo mi ha consacrato con l'unzione
e mi ha mandato a portare ai poveri il lieto annuncio,
a proclamare ai prigionieri la liberazione
e ai ciechi la vista;
a rimettere in libertà gli oppressi, a proclamare l'anno di grazia del Signore.
Riavvolse il rotolo, lo riconsegnò all'inserviente e sedette. Nella sinagoga, gli
occhi di tutti erano fissi su di lui. Allora cominciò a dire loro: "Oggi si è com-
piuta questa Scrittura che voi avete ascoltato"» (Le 4,16-21).
«La Chiesa crede che Cristo, per tutti morto e risorto, dà sempre all'uomo, me-
diante il suo Spirito, luce e forza per rispondere alla sua altissima vocazione;
né è dato in terra un altro nome agli uomini, mediante il quale possono essere
salvati. Essa crede anche di trovare nel suo Signore e Maestro la chiave, il cen-
tro e il fine di tutta la storia umana. Inoltre la Chiesa afferma che al di là di tutto
ciò che muta stanno realtà immutabili; esse trovano il loro ultimo fondamento
in Cristo, che è sempre lo stesso: ieri, oggi e nei secoli» (GS 10).
«La Chiesa non cessa di ascoltare le sue parole, le rilegge di continuo, ricostruisce
con la massima devozione ogni particolare della sua vita. Queste parole sono
ascoltate anche dai non cristiani. La vita di Cristo parla, in pari tempo, a tanti
uomini che non sono ancora in grado di ripetere con Pietro: "Tu sei il Cristo,
il Figlio del Dio vivente". Egli, Figlio del Dio vivente, parla agli uomini anche
come Uomo: è la sua vita stessa che parla, la sua umanità, la sua fedeltà alla ve-
rità, il suo amore che abbraccia tutti. Parla, inoltre, la sua morte in croce, cioè
l'imperscrutabile profondità della sua sofferenza e dell'abbandono. La Chiesa
1
Sul tema della liberazione cfr. J.T. F I T Z G E R A L D , Liberazione/Libertà, in: R . P E N N A -
(edd.), Temi teologici della Bibbia, San Paolo, Cinisello Balsamo ( M I )
G . P E R E G O - G . RAVASI
2010,752-760.
1ÌL__P^SENW10NE
Gesù il Signore che libera e salva. Mistero che la Chiesa celebra nel corso
dell'anno.
Gesù il Signore che libera e salva. Identità e missione del Figlio di Dio che,
nella pienezza del tempo, si fa uomo per rivelare il mistero di Dio e dare agli
uomini il «potere di diventare figli di Dio» (Gv 1,12). Mistero che la Chiesa
confessa, annuncia, celebra e vive. Nell'attesa che si compia la beata speran-
za. Venga «un cielo nuovo e una terra nuova» (Ap 21,1). E «Dio sia tutto in
tutti» (ICor 15,28).
Gesù il Signore che libera e salva è una confessione di fede. Fare cristologia
significa riflettere sul suo mistero, sul suo contenuto e sulle sue conseguenze
nella vita di uomini e donne che accettano e vivonoil mistero evento di Gesù:
Cristo, Signore, Salvatore 3 .
2
GIOVANNI PAOLO lì,Redemptor hominis, 4 . 3 . 1 9 7 9 , n. 7 , in: E V , 9 , n. 1 1 8 9 .
3
«Nella cristologia odierna si adoperano vari approcci e varie terminologie riguardo alla
cristologia. A seconda della prospettiva si possono fare diverse distinzioni. Con riferimento al
tempo, si distingue tra una cristologia prepasquale e una cristologia postpasquale. Con riferi-
mento al grado di manifestazione (espressione, chiarezza ecc.), si distingue tra una cristologia
implicita e una cristologia esplicita. Con riferimento al grado d'obbligo di adesione, si distingue
tra una cristologia dogmatica e una cristologia speculativa. E con riferimento all'approccio, si
distingue tra una cristologia dall'alto e una cristologia dal basso» ( D . HERCSIK, Il Signore Gesù.
Saggio di cristologìa e soteriologia, Edizioni Dehoniane, Bologna 2 0 1 0 , 1 0 - 1 1 ) .
AASAEASS®®?®?®?ESSEHISSSASRCAS-S'AASSSS,
PRESENTAZIONE
4
Per una visione d'insieme della cristologia cfr. M. BORDONI, Cristologia, in: G. BARBA-
GLIO-S. DIANICH (edd.), Nuovo Dizionario di Teologia, Edizioni Paoline, Alba 1 9 7 7 , 222-262;
G . B O F , Cristologìa, in: G . B A R B A G L I O - G . B O F - S . DIANICH (edd.), Teologia, San Paolo, Cinisello
Balsamo (MI) 20032, 354-385.
Parte prima
Gesù il Signore
che libera e salva
CAPITOLO PRIMO
1
«La Chiesa e i Santi Padri, quando si discuteva di una verità controversa o messa in
dubbio, non hanno mancato di chiedere luce anche ai riti venerabili trasmessi dall'antichità.
Così si ha la nota e veneranda sentenza: "La legge della preghiera stabilisca la legge della fede"
(.Legem credendì lex statuat supplicandi). La Liturgia, dunque, non determina né costituisce il
senso assoluto e per virtù propria la fede cattolica, ma piuttosto, essendo anche una professio-
ne delle celesti verità, professione sottoposta al Supremo Magistero della Chiesa, può fornire
argomenti e testimonianze di non poco valore per chiarire un punto particolare della dottrina
cristiana. Che se vogliamo distinguere e determinare in modo generale ed assoluto le relazioni
che intercorrono tra fede e Liturgia, si può affermare con ragione che "la legge della fede deve
stabilire la legge della preghiera"» (Pio XII, Mediator Dei, 20.11.1947, n. 47).
2
«L'anno liturgico non è un'idea, ma una persona, Gesù Cristo e il suo mistero attuato
nel tempo e che oggi la Chiesa celebra sacramentalmente come "memoria", "presenza", "pro-
fezia"» ( A . BERGAMINI, Anno liturgico, in: D . SARTORE-A. T R I A C C A - C . CIBIEN (edd.), Liturgia,
San Paolo, Cinisello Balsamo (MI) 2001, 82. «La salvezza da lui realizzata "specialmente per
mezzo del mistero pasquale della sua beata passione, risurrezione da morte e gloriosa ascensio-
ne" (SC 5), viene offerta e comunicata nelle diverse azioni sacramentali che caratterizzano il
dinamismo del calendario cristiano. La storia della salvezza che continua nell'oggi della Chiesa
costituisce... l'elemento portante dell'anno liturgico» (M. A U G É , Liturgia. Storia, celebrazione,
teologia, spiritualità, Edizioni Paoline, Cinisello Balsamo (MI) 1992, 252.
16 CAPÌTOLO 1 - L A FEDE DELLA CHIESA ..
nostra riflessione sul mistero di Gesù il Signore che, con la sua pasqua
di morte e di risurrezione, libera e salva 3 . La lettura dell'icona dei Nuo-
vi martiri del XX secolo introduce la nostra riflessione.
Al centro della Deesis c'è Cristo, seduto in trono. Ha una tunica rossa, sim-
bolo di regalità, e un manto azzurro, simbolo di umanità (allusione al mistero
di Gesù vero Dio e vero uomo). La mano sinistra, sostanzialmente coperta dal
manto, porge il vangelo aperto sulle parole: «Io sono la luce del mondo» (Gv
8,12). La mano destra, invece, è rivolta verso Pietro e Andrea. L'insieme dice
ricerca, attenzione, incontro, accoglienza, invito. Atteggiamenti propri di chi
prende l'iniziativa e chiama.
L'immagine di Cristo sta al vertice della linea che parte dai martiri della
famiglia reale e passa attraverso l'altare, la croce e la cupola del tempio. Quasi
a dire che si arriva a Cristo attraverso la via della croce. Nella Deesis dopo gli
apostoli Pietro e Paolo seguono alcuni santi della chiesa russa dal X al XIX
3
Alcuni partono dal mistero del Verbo che si fa uomo ( K . BARTH, L'epistola ai Romani,
Feltrinelli, Milano 1962; J. GALOT, Alla ricerca di una nuova cristologia, Cittadella Editrice,
Assisi 1971); altri dall'uomo Gesù ( D . WIEDERKER, Linee di cristologia sistematica, in: J . FEI-
N E R - M . LOHRER (edd,),Mysterium salutis, 5 , Queriniana, Brescia 1971; H . KONG, Incarnazione
di Dio. Introduzione al pensiero teologico di Hegel, prolegomeni ad una futura cristologia,
Queriniana, Brescia 1972; C. PORRO, Cristologia in crisi?, Edizioni Paoline, Alba 1975; K.
RAHNER, Corso fondamentale sulla fede. Introduzione al concetto di cristianesimo, Edizioni
Paoline, Alba 1977; L. BOUYER,11 Figlio eterno. Teologia della Parola di Dio e cristologia, Edi-
zioni Paoline, Alba 1977); altri ancora dal movimento suscitato da Gesù di Nazaret (E. SCHE.-
LEBEECKX, L'approccio a Gesù dì Nazaret. Lìnee medologiche, Queriniana, Brescia 1972); altri
dalle molteplici aspirazioni dell'uomo di oggi ( K . RAHNER-W. THUSING, Cristologia. Prospettiva
sistematica ed esegetica, Morcelliana, Brescia 1974); altri infine dalla fede della Chiesa (M.
FLICK-Z. ALSZEGHY, Come si fa la teologia, Edizioni Paoline, Alba 1974; W . KASPER, Gesù il
Cristo, Queriniana, Brescia 1975; B. SESBOUÉ, Gesù Cristo nella tradizione della Chiesa, Edi-
zioni Paoline, Cinisello Balsamo (MI) 1987, 228-233).
4
La deesis, dal greco Séi]Ois, «supplica», «intercessione», è un tema iconografico cristia-
no di matrice culturale bizantina, molto diffuso nel mondo ortodosso. Nella rappresentazione
archetipica, in genere, si vede Cristo benedicente tra la Madonna e san Giovanni Battista in atto
di preghiera e supplica per i peccatori.
16 CAPÌTOLO 1 - L A FEDE DELLA CHIESA ..
secolo. Dopo gli arcangeli Michele e Gabriele e i due apostoli, ci sono l'apo-
stolo Andrea ed il principe Vladimir. Seguono alcuni santi.
2. A L C E N T R O D E L L A F E D E D E L L A C H I E S A
1. La professione di fede
5
CEI, Messale Romano, Professione di fede, Libreria Editrice Vaticana, Città del Vatica-
no 19832.
CAPITOLO I - L A FEDE DELLA CHIESA^;
«La Chiesa crede che Cristo, per tutti morto e risorto, dà sempre all'uomo, me-
diante il suo Spirito luce e forza per rispondere alla sua altissima vocazione; né
6
Ibidem, Preghiera eucaristica IV.
CAPITOLO I - L A FEDE DELLA CHIESA^;
è dato in terra altro nome agli uomini, mediante il quale possono essere salvati.
Essa crede anche di trovare nel suo Signore e Maestro la chiave, il centro e il
fine di tutta la storia umana. Inoltre la Chiesa afferma che al di là di tutto ciò
che muta stanno realtà immutabili; esse trovano il loro ultimo fondamento in
Cristo, che è sempre lo stesso: ieri, oggi e nei secoli» (GS 10).
«In realtà solamente nel mistero del Verbo incarnato trova vera luce il mistero
dell ' uomo. Adamo, infatti, il primo uomo, era figura di quello futuro (Rm 5,14)
e cioè di Cristo Signore. Cristo, che è il nuovo Adamo, proprio rivelando il
mistero del Padre e del suo amore svela anche pienamente l'uomo a se stesso
e gli manifesta la sua altissima vocazione... Egli è "l'immagine dell'invisi-
bile Iddio" (Col 1,15), è l'uomo perfetto che ha restituito ai figli di Adamo la
somiglianza con Dio, resa deforme già subito agli inizi a causa del peccato.
Poiché in lui la natura umana è stata assunta, senza per questo venire annien-
tata, per ciò stesso essa è stata anche in noi innalzata a una dignità sublime.
Con l'incarnazione il Figlio di Dio si è unito in certo modo ad ogni uomo,
ha pensato con intelligenza d'uomo, ha agito con volontà d'uomo, ha amato
con cuore d'uomo. Nascendo da Maria Vergine, egli si è fatto veramente uno
di noi, in tutto simile a noi fuorché nel peccato. Agnello innocente, col suo
sangue sparso liberamente ci ha meritato la vita; in lui Dio ci ha riconciliati
con se stesso e tra noi e ci ha strappati dalla schiavitù del diavolo e del peccato;
così che ognuno di noi può dire con l'Apostolo: il Figlio di Dio "mi ha amato
e ha sacrificato se stesso per me" (Gal 2,20). Soffrendo per noi non ci ha dato
semplicemente l'esempio perché seguiamo le sue orme, ma ci ha anche aperto
la strada: se la seguiamo, la vita e la morte vengono santificate e acquistano
nuovo significato» (GS 22).
«Noi crediamo in nostro signore Gesù Cristo, Figlio di Dio. Egli è il Verbo
eterno, nato dal Padre prima di tutti i secoli, e al Padre consustanziale,
7
«In questo giorno, scelto per la conclusione dell'anno della fede, in questa festa dei beati
apostoli Pietro e Paolo, noi abbiamo voluto offrire al Dio vivente l'omaggio di una professione
di fede. E come una volta a Cesarea di Filippo l'apostolo Pietro prese la parola a nome dei
dodici per confessare veramente, al di là delle umane opinioni, Cristo Figlio di Dio vivente,
così oggi il suo umile successore, pastore della Chiesa universale, eleva la sua voce per rende-
re, in nome di tutto il popolo di Dio, una ferma testimonianza alla verità divina, affidata alla
Chiesa, perché essa ne dia l'annunzio a tutte le genti» (PAOLO VI, Solenne professione di fede,
30.6.1968, n. 7).
homoousios to Patri; e per mezzo di lui tutto è stato fatto.
Egli si è incarnato per opera dello Spirito Santo nel seno della Vergine Maria,
e si è fatto uomo: eguale pertanto al Padre secondo la divinità, e inferiore al
Padre secondo l'umanità, ed egli stesso uno, non per una qualche impossibile
confusione delle nature, ma per l'unità della persona.
Egli ha dimorato in mezzo a noi, pieno di grazia e di verità. Egli ha annunciato
e instaurato il Regno di Dio, e in sé ci ha fatto conoscere il Padre.
Egli ci ha dato il suo comandamento nuovo, di amarci gli uni gli altri com'egli
ci ha amato. Ci ha insegnato la via delle Beatitudini del Vangelo: povertà in
spirito, mitezza, dolore sopportato nella pazienza, sete della giustizia, mi-
sericordia, purezza di cuore, volontà di pace, persecuzione sofferta per la
giustizia.
Egli ha patito sotto Ponzio Pilato, Agnello di Dio che porta sopra di sé i peccati
del mondo, ed è morto per noi sulla Croce, salvandoci col suo sangue reden-
tore. Egli è stato sepolto e, per suo proprio potere, è risorto nel terzo giorno,
elevandoci con la sua Risurrezione alla partecipazione della vita divina, che è
la vita della grazia.
Egli è salito al cielo, e verrà nuovamente, nella gloria, per giudicare i vivi e i
morti, ciascuno secondo i propri meriti; sicché andranno alla vita eterna coloro
che hanno risposto all'Amore e alla Misericordia di Dio, e andranno nel fuoco
inestinguibile coloro che fino all'ultimo vi hanno opposto il loro rifiuto. E il
suo Regno non avrà fine»8.
5. L'evento Cristo
8
Ibidem, nn. 11-12.
CAPITOLO I - LA FEDE DELLA CHIESA ^;
9
IDEM, Allocuzione a Manila, 29.11.1970.
L A S T O R I C I T À DI G E S Ù
1
COMMISSIONE TEOLOGICA INTERNAZIONALE, Questioni di cristologia, 20.10.1980,1, 1, in:
EV, 7, n. 635.
CAPITOLO II - L A STORICITÀ DI GESÙ 27
2
Gli autori sono pressoché d'accordo nel ritenere che Gesù sia nato tra il 6-5 a.C., al tem-
po dell'imperatore Augusto (63 a.C. - 14 d.C.), e sia morto nel 30 d.C. al tempo del procuratore
Ponzio Pilato (26-36 d.C.). Cfr. A. Puio TARRECH, Gesù Cristo, in: R. P E N N A - G . P E R E G O - G .
RAVASI (edd.), Temi teologici della Bibbia, cit., 543-544.
CAPITOLO II - L A STORICITÀ DI GESÙ 27
1 . L E T T U R A D E L L A C A R T I N A D E L L A PALESTINA AL TEMPO
DI GESÙ
La lettura della cartina della Palestina richiama alla nostra attenzione uo-
mini, istituzioni, situazioni ed esperienze che permettono di situare nel tempo
e nello spazio la vicenda umana di Gesù 3 .
Sul piano territoriale sono tre le regioni della Palestina. In alto la Galilea
con Cafarnao, Cana, Magdala, Nain, Nazaret, Tiberiade, il monte Tabor e il
lago di Genesaret. Regione di confine abitata da popoli diversi. Galilea delle
genti (Is 8,23). Al centro la Samaria con Sicar, Sichem e il monte Garizim.
Regione abitata da uomini e donne che i Giudei considerano scismatici. In
basso la Giudea con Arimatea, Betania, Betlemme, Efraim, Emmaus, Gerico,
Gerusalemme e il mar Morto. La Galilea, la Samaria e la Giudea sono il ter-
ritorio di Gesù.
Sul piano politico la Palestina è provincia romana dal 63 a.C., anno della
conquista di Gerusalemme da parte di Pompeo. Esperienza e sapienza politica
suggeriscono a Roma di permettere la sopravvivenza del culto del tempio,
l'autorità del sinedrio e del sommo sacerdote. Il tempio è il luogo nel quale si
svolge il culto.
Il sommo sacerdote
3
Sull'ambiente sociale, politico e religioso in cui è nato e vissuto Gesù, cfr. R. FABRIS,
Gesù di Nazareth. Storia e interpretazione, Cittadella Editrice, Assisi 1983, 64-85.
4
A. R O U E T , Uomini e cose del Nuovo Testamento, Edizioni Paoline, Roma 1981,95-96.
5
Ibidem, 100.
28 CAPITO» N H - L A STORICITÀ P I . G Ì S Ù .
Sul piano sociale la Palestina degli anni '30 è terra di forti contrasti. Al
vertice della struttura piramidale i ricchi, al centro i lavoratori autonomi e in
basso i poveri. Particolare la situazione delle donne, dei bambini e dei pecca-
tori.
Le donne vengono considerate inferiori all'uomo. Nel tempio possono ac-
cedere fino al sagrato delle donne. Nella sinagoga non possono fare la lettura
e la preghiera. Se non hanno figli, vengono disprezzate. Se vanno fuori casa
devono portare il capo coperto e non possono essere guardate. Nessuno può
rivolgere loro la parola 6 .
I bambini si trovano in una situazione analoga. Otto giorni dopo la nascita
vengono circoncisi dal padre o da un anziano della sinagoga e ricevono il
nome. Se primogeniti, appartengono a Dio e devono essere riscattati con un
sacrificio.
I peccatori vivono ai margini della società. Per gli esseni di Qumran, sono
peccatori coloro che non appartengono alla loro categoria. Per gli zeloti, sono
i pagani e i pubblicani. Per i farisei, coloro che ignorano o trasgrediscono la
Legge.
6
Cfr. M . ADINOLFI, Donna, in: P. R O S S A N O - G . RAVASI-A. GHIRLANDA (edd.), Nuovo Dizio-
nario di Teologia Biblica, Edizioni Paoline, Cinisello Balsamo (MI) 1988,418-419.
CAPITOLO II - L A STORICITÀ DI GESÙ 27
Sul piano dei gruppi e dei movimenti particolare attenzione meritano sad-
ducei, farisei, esseni e zeloti 7 .
I sadducei appartengono in genere a famiglie sacerdotali. Sul piano religio-
so accettano solo i libri del Pentateuco, professano stretta fedeltà alle parole
della Scrittura, rifiutano la dottrina della risurrezione della carne, dell'immor-
talità dell'anima e della retribuzione nell'oltre tomba. Sul piano politico sono
arrendevoli di fronte ai soprusi del potere romano. Dopo la distruzione del
secondo tempio (anno 70 d.C.) scompaiono dalla scena 8 .
I farisei (i separati) sono il partito del popolo. Sul piano religioso osserva-
no scrupolosamente la legge, danno grande importanza alla tradizione come
complemento necessario della legge, mantengono una condotta rigorosa, cre-
dono nella risurrezione di tutti gli uomini, seguono una angelologia molto
precisa e sviluppata, praticano una religiosità piuttosto plateale. Sul piano
politico interpretano perfettamente l'aspirazione della gente all'indipendenza
nazionale e alla ricostruzione dello Stato teocratico 9 .
Gli esseni (i puri?) sono uomini e donne che vivono in comune un'intensa
vita spirituale, per lo più nel deserto, lontani dagli altri per non contaminarsi.
Si distinguono per l'obbedienza alla legge e per il rispetto assoluto del saba-
to: giorno nel quale non è consentita neppure la più piccola attività. Coltivano
la purezza attraverso pratiche ascetiche. Rinunciano al matrimonio, anche se
esistono esserli sposati. Mettono in comune i loro beni. Tra gli esseni meritano
di essere ricordati, in modo particolare, i monaci di Qumran: sacerdoti, leviti,
membri laici e candidati che vivono sotto la guida del "maestro di giustizia"10.
Gli zeloti11 (zelanti o fanatici della Legge) vogliono ad ogni costo l'in-
staurazione della teocrazia, predicano l'odio verso gli stranieri, spingono alla
violenza. Sono il partito del nazionalismo armato. Non accettano di pagare i
tributi a Roma. Nel 66 d.C. scatenano una rivolta contro i romani che nel 70
7
Cfr. L . M O R A L D I , Giudaismo, in: P . R O S S A N O - G . RAVASI-A. GHIRLANDA (edd.), Dizionario
di Teologia Biblica, cit., 698-706; M . GRONCHI, Trattato su Gesù Cristo Figlio di Dio salvatore,
Queriniana, Brescia 2008, 99-110.
8
G. Flavio scrive che i sadducei «guadagnano alla loro causa solo i benestanti; non hanno
il popolo dalla loro parte» ( G . FLAVIO, Antiquitates judaicae 1 3 , 2 9 8 ) .
9
Due gli orientamenti di pensiero tra i farisei: la scuola di Hillel da una parte e la scuola
di Shammai dall'altra. La prima si accontenta del minimo, la seconda aspira al massimo. Le
due scuole concordano nel sostenere che la lettera della legge deve essere osservata puntiglio-
samente
10
«La giornata degli esseni era regolata con severità: preghiera, lavoro nei campi, a mez-
zodì lavacri e pasto comune, poi ancora lavoro, e nuovo pasto comune alla sera. Tra loro lascia-
vano regnare il silenzio» (H. K U N G , Essere cristiani, Mondadori, Milano 1976, 216).
II
Cfr. M . HENGEL, Gli zeloti. Ricerche sul movimento di liberazione giudaico dai tempi dì
Erode I al 70 d.C., Paideia, Brescia 1996.
C A P I T O L O . ! I L A STORICITÀ DI G E S Ù —
2. L E F O N T I E L A L O R O A T T E N D I B I L I T À S T O R I C A
La Palestina è la terra di Gesù. Terra che ama e vive. Terra che attraversa
per annunciare il vangelo del regno. Da Nazaret a Gerusalemme. Ma la vicen-
da di Gesù pone domande. Domande a ripetizione ieri. Domande a ripetizione
oggi. Riguardano le fonti e la loro attendibilità storica. Riguardano il rapporto
tra il Cristo dei cristiani e il Gesù della storia. Alcune delle fonti sono cristiane,
altre pagane. Alle fonti cristiane appartengono i vangeli. Alle fonti pagane ap-
partengono testimonianze, più o meno chiare, di Tacito, Plinio il Giovane, Sve-
tonio... Particolare la testimonianza dello storico giudeo Giuseppe Flavio.
1. I Vangeli
12
Cfr. G. JOSSA, Gesù e i movimenti di liberazione della Palestina, Paideia, Brescia 1980.
13
Cfr. H. ZAHRNT, Cominciò con Gesù di Nazareth. Il problema del Gesù storico, Queri-
niana, Brescia 1975; V. MESSORI, Ipotesi su Gesù, SEI, Torino 1976; F. LAMBIASI, L'autenticità
storica dei Vangeli: studio di criteriologia, Edizioni Dehoniane, Bologna 1976; IDEM, Gesù di
Nazaret. Una verifica storica, Marietti, Casale Monferrato 1984; J . DUPONT, A che punto è la
ricerca sul Gesù storico?, in: G . BARBAGLIO-P. C. B O R I - J . D U P O N T - R . H A L E - M . PESCE, Conoscen-
za storica di Gesù, Paideia, Brescial978, 7-31; J. C A B A , Dai vangeli al Gesù storico, Edizioni
Paoline, Roma 1979; R. LATOURELLE, A Gesù attraverso i vangeli, Cittadella Editrice, Assisi
1979; G . BORNKAMM, Gesù di Nazareth. I risultati di quaranta anni di ricerca sul "Gesù della
storia", Claudiana, Torino 1981; R. FABRIS, Gesù di Nazareth. Storia e interpretazione, cit.,
35-63; F. LAMBIASI, Gesù di Nazaret. Una verifica storica, Marietti, Casale Monferrato 1984; J .
CABA, Storicità dei Vangeli (Dei Verbum 19): Genesi e frutto del testo conciliare, in: AA. Vv.,
Vaticano II: bilancio e prospettive I, Cittadella Editrice, Assisi 1987,270-288; AAMV.,11 Gesù
"storico". Problema della modernità, Piemme, Casale Monferrato 1988; P. GRELOT, L'origine
dei Vangeli, Libreria Editrice Vaticana, Città del Vaticano 1989; C. DOTOLO, Gesù di Nazaret. Il
problema storico e la fede cristiana, Edizioni Dehoniane, Bologna 1990; H . STAUDINGER, Credi-
bilità storica dei Vangeli, Edizioni Dehoniane, Bologna 1991; P. THIEDE CARSTEN, Gesù, storia
o leggenda?, Edizioni Dehoniane, Bologna 1992; E.P. SANDERS, Gesù. La verità storica, Mon-
dadori, Milano 1995; G . THEISSEN-A. M E R Z , Il Gesù storico. Un manuale, Queriniana, Brescia
1999; G . BARBAGLIO, Gesù ebreo di Galilea. Indagine storica, Edizioni Dehoniane, Bologna
2002; J.P. M E I E R , Un ebreo marginale. Ripensare il Gesù storico, 1. Le radici del problema e
della persona, Queriniana, Brescia 2001; J . D . G . D U N N , Gli albori del cristianesimo, voi. I. La
memoria di Gesù, t. 1. Fede e Gesù storico, Paideia, Brescia 2006; t. 2. La missione di Gesù,
3J
b) Carattere storico
«La santa madre Chiesa ha ritenuto e ritiene con fermezza e con la più grande
costanza che i quattro suindicati Vangeli, di cui afferma senza esitazione la
storicità, trasmettono fedelmente quanto Gesù Figlio di Dio, durante la sua
vita tra gli uomini, effettivamente operò e insegnò per la loro eterna salvezza,
fino al giorno in cui fu assunto in cielo (cfr. At 1,1-2). Gli apostoli poi, dopo
l'Ascensione del Signore, trasmisero ai loro ascoltatori ciò che egli aveva detto
e fatto, con quella più completa intelligenza delle cose, di cui essi, ammaestrati
dagli eventi gloriosi di Cristo e illuminati dallo Spirito di verità, godevano. E
gli autori sacri scrissero i quattro Vangeli, scegliendo alcune cose tra le molte
che erano tramandate a voce o già per iscritto, redigendo un riassunto di altre,
o spiegandole con riguardo alla situazione delle Chiese, conservando infine il
carattere di predicazione, sempre però in modo tale da riferire su Gesù cose
vere e sincere. Essi infatti, attingendo sia ai propri ricordi sia alla testimonian-
za di coloro i quali "fin dal principio furono testimoni oculari e ministri della
parola", scrissero con l'intenzione di farci conoscere la "verità" (cfr. Le 1,2-4)
degli insegnamenti che abbiamo ricevuto» (DV 19).
c) Criteri di storicità
Tre sostanzialmente i criteri che diversi autori seguono per affermare l'at-
tendibilità storica dei vangeli. Viene considerato storicamente attendibile una
situazione, una sentenza, un fatto attribuito dai vangeli a Gesù e attestato da
fonti indipendenti tra di loro (criterio della molteplice attestazione)-, una situa-
zione, una sentenza, un fatto attribuito a Gesù e in perfetta discontinuità con
d) Il "ritratto" di Gesù
Marco Matteo Luca e Giovanni narrano e testimoniano l'evento mistero
di Gesù mettendo in evidenza, tra l'altro, chi un aspetto chi un altro. Tutti e
quattro dicono l'umanità di Gesù. Tutti e quattro dicono la sua divinità. Vero
uomo, Gesù. Vero Dio.
La cristologia di Marco ruota intorno ad alcuni titoli. Cristo: «Inizio
del vangelo di Gesù, Cristo, Figlio di Dio» (Me 1,1); «Ed egli domandava
loro: "Ma voi, chi dite che io sia?". Pietro gli rispose: "Tu sei il Cristo"»
(Me 8,29). Figlio di Dio: «Venne una voce dal cielo: "Tu sei il Figlio mio,
l'amato: in te ho posto il mio compiacimento"» (Me 1,11); «Gli spiriti im-
puri, quando lo vedevano, cadevano ai suoi piedi e gridavano: "Tu sei il
Figlio di Dio!"» (Me 3,11); «Venne una nube che li coprì con la sua ombra
e dalla nube uscì una voce: "Questi è il Figlio mio, l'amato: ascoltatelo!"»
(Me 9,7); «Il centurione, che si trovava di fronte a lui, avendolo visto spi-
rare in quel modo, disse: "Davvero quest'uomo era Figlio di Dio!"» (Me
15,39). Figlio dell'uomo:
«Che cosa è più facile: dire al paralitico "Ti sono perdonati i peccati", oppure
dire "Alzati, prendi la tua barella e cammina"? Ora, perché sappiate che il
Figlio dell'uomo ha il potere di perdonare i peccati sulla terra, dico a te - disse
al paralitico - : àlzati, prendi la tua barella e va' a casa tua» (Me 2,9-11).
Gesù è il Figlio dell'uomo che «non è venuto per farsi servire, ma per ser-
vire e dare la propria vita in riscatto per molti» (Me 10,45), che deve soffrire
molto e che un giorno gli uomini vedranno seduto alla destra di Dio e venire
sulle nubi del cielo.
La cristologia di Marco è la cristologia del segreto messianico:
«Ed egli domandava loro: "Ma voi, chi dite che io sia?". Pietro gli rispose:
"Tu sei il Cristo". E ordinò loro severamente di non parlare di lui ad alcuno.
E cominciò a insegnare loro che il Figlio dell'uomo doveva soffrire molto ed
CAPITOLO II - L A STORICITÀ DI GESÙ 27
essere rifiutato dagli anziani, dai capi dei sacerdoti e dagli scribi, venire ucciso
e, dopo tre giorni, risorgere» (Me 8,29-31).
«Ti rendo lode, Padre, Signore del cielo e della terra, perché hai nascosto que-
ste cose ai sapienti e ai dotti e le hai rivelate ai piccoli. Sì, o Padre, perché
così hai deciso nella tua benevolenza. Tutto è stato dato a me dal Padre mio;
nessuno conosce il Figlio se non il Padre, e nessuno conosce il Padre se non il
Figlio e colui al quale il Figlio vorrà rivelarlo» (Mt 11,25-27),
il messia che è più grande del tempio (Mt 12,6), il Figlio dell'uomo che non
ha dove posare il capo (Mt 8,20); il Signore (Mt 7,21-23; 8,2.6.21.25; 9,28;
14,28.30; 15,22.25.27), il Signore presente nella comunità sino alla fine dei
tempi (Mi 28,16-20).
La cristologia di Matteo presenta Gesù come compimento delle Scritture:
«Tutto questo è avvenuto perché si compisse ciò che era stato detto dal Signore
per mezzo del profeta: Ecco, la vergine concepirà e darà alla luce un figlio: a
lui sarà dato il nome di Emmanuele, che significa Dio con noi» (Mt 1,22-23).
Dio con noi, Gesù. Messia e Signore. Figlio diletto del Padre. M a anche
uomo. Pienamente uomo. Si può dire, in sintesi, così:
14
G . SEGALLA, Cristologia del Nuovo Testamento, Paideia, Brescia 1985,106.
CAPITOLO II - LA STORICITÀ DI GESÙ 27
«La parola di Gesù profeta è la "parola di Dio" per eccellenza, che suona
come "lieto annuncio", o parola di salvezza promessa per gli ultimi tempi
(Le 20,1; 4,43; 7,22; 8,1; 16,16). Nella scena della trasfigurazione il profilo
di Gesù come profeta autorevole e definitivo viene precisato mediante il con-
fronto con Elia e Mosè... L'intera costruzione del vangelo lucano sulla base
delle parole e delle azioni di Gesù, pone in primo piano l'aspetto salvifico e
liberante della sua missione... La salvezza che Dio offre per mezzo di Gesù
è diversa da quella propagandata nel culto dell'imperatore o ricercata nelle
esperienze misteriche. La salvezza del culto imperiale fa parte dell'ideologia
a sostegno del potere di Roma. Quella promessa nella iniziazione misterica è
un rifugio di fronte alle angosce della morte e alle paure della fatalità. La sal-
vezza proclamata da Gesù, come quella dei profeti, riguarda tutti gli uomini,
senza distinzioni sociali, etniche, culturali e religiose. La salvezza di Dio per
mezzo di Gesù raggiunge gli uomini nella loro situazione storica e culturale
concreta»18.
15
G . BARBAGLIO, Il vangelo di Matteo, in: G . BARBAGLIO-R. F A B R I S - B . MAGGIONI (edd.),
I Vangeli, Cittadella Editrice, Assisi 2008, 91.
16
Cfr. H. CONZELMANN, Il centro del tempo. La teologia di Luca, Piemme, Casale Monfer-
rato 1996.
17
C. PORRO, Gesù il Salvatore. Iniziazione alla cristologia, Edizioni Dehoniane, Bologna
1991,42.
18
R . F A B R I S , / / Vangelo dì Luca, in: G. B A R B A G L I O - R . F A B R I S - B . MAGGIONI (edd.), / Vangeli,
cit., 1030-1032.
CAPITOLO II - L A STORICITÀ DI GESÙ 27
«Vi ho detto che morirete nei vostri peccati; se infatti non credete che Io Sono,
morirete nei vostri peccati» (Gv 8,24).
«In verità, in verità io vi dico: prima che Abramo fosse, Io Sono» (Gv 8,58).
«Gesù, in presenza dei suoi discepoli, fece molti altri segni che non sono stati
scritti in questo libro. Ma questi sono stati scritti perché crediate che Gesù è il
Cristo, il Figlio di Dio, e perché, credendo, abbiate la vita nel suo nome» (Gv
20,30-31).
JCAPITOLOH-JLA STOR!C]TÀJDI^ESÙ___^^
«Io prego per loro; non prego per il mondo, ma per coloro che tu mi hai dato,
perché sono tuoi. Tutte le cose mie sono tue, e le tue sono mie, e io sono glori-
ficato in loro» (Gv 17,9-10).
«dal punto di vista cristologico si può dire che il fine del quarto Vangelo è
quello di "testimoniare" che Colui nel quale si compiono tutte le promesse e
le attese antico testamentarie (il Cristo), Colui dal quale solo può dipendere la
salvezza del mondo, perché Figlio inviato dal Padre, è precisamente Gesù. La
sottolineatura di Giovanni va cioè globalmente nel senso di evidenziare "che
non esiste iato tra Gesù di Nazaret che ha vissuto e predicato in Galilea e in
Giudea e il Cristo della fede presente nella Chiesa e che continua a santificare
le anime mediante i sacramenti"»19.
Quale rapporto tra il Cristo che la Chiesa professa, celebra e vive e il Gesù
de] la storia? Tra il Cristo della fede e il Gesù della storia?
«noi non possiamo sapere più nulla della vita e della personalità di Gesù, poi-
ché le fonti cristiane non si sono interessate al riguardo se non in modo molto
frammentario e con taglio leggendario, e perché non esistono altre fonti su
Gesù. Ciò che è stato scritto da circa un secolo e mezzo sulla vita di Gesù,
sulla sua personalità e sulla sua evoluzione interiore ecc., è frutto di fantasia e
materiale da romanzo in quanto non sono ricerche critiche»20.
19
M . SERENTHÀ, Gesù Cristo ieri oggi e sempre. Saggio di cristologia, Elledici, Leumann
(TO) 2005,131.
20
R . BULTMANN, Gesù, Queriniana, Brescia 1972, 103.
CAPITOLO II - L A STORICITÀ DI GESÙ 27
«1. Solo il kerigma salvifico di Gesù Cristo può avere significato per la fede,
non la sua personalità storica; questa viene in primo piano solo nel contesto
di un pensiero alienante, di tipo storico-soggettivo che è incompatibile con la
fede. 2. Le espressioni mitologiche della cristologia contenute nel kerigma (ad
es. discesa del Figlio di Dio dal cielo sulla terra, risurrezione, ascensione al
cielo) devono essere spiegate di nuovo in base ad una interpretazione esisten-
ziale ed intese nel loro valore concreto. 3. La verità di Gesù Cristo può essere
colta solo nell'atto della fede stessa. Ogni altra via non fa che passare di fianco
a Gesù»23.
Tra il Cristo della fede e il Gesù della storia c'è un rapporto di identità, di
continuità e di discontinuità. Il Cristo della fede altri non è che il Gesù della
storia, l'uomo della croce. M a in condizione nuova: quella della risurrezione
e della glorificazione.
21
Cfr. IDEM, NUOVO Testamento e mitologia, Queriniana, Brescia 1970,160.
22
Cfr. Ibidem, 158-160.
23
A . SCHILSON-W. KASPER, Cristologie oggi. Analisi critica di nuove teologie, Paideia,
Brescia 1979, 36-37.
24
E . KÄSEMANN, in: C . GHIDELLI, Alle sorgenti della tradizione evangelica: Gesù di Naza-
ret, in: "La Rivista del clero italiano" 58 (1977), 945-946.
•|G C A P I T O L O . 1 . 1 . - L A . S T O R I C I T À DI. G E S Ù
J Jeremias, nel libro sulle parabole di Gesù, sostiene che è possibile stabi-
lire un contatto con il Gesù della storia.
Quale rapporto, allora, tra il Cristo che la Chiesa professa, celebra e vive e
il Gesù della storia? Tra il Cristo della fede e il Gesù della storia?
Ecco una sintesi.
25
Le parabole di Gesù, Paideia, Brescia 1973, 22-23.
J . JEREMIAS,
26
G . BORNKAMM,Gesù di Nazaret, Claudiana, Torino 1 9 6 8 , 2 1
2i
CEI, La verità vi farà liberi. Catechismo degli adulti, Libreria Editrice Vaticana, Città
del Vaticano 1995, n. 76.
CAPITOLO II - LA STORICITÀ DI GESÙ 27
3. Le fonti pagane
Tacito, Plinio il Giovane, Svetonio ed altri, dando notizie sulla vita dei
cristiani degli inizi del II secolo, parlano di Cristo.
28
TACITO , Annales XV, 44.
CAPITOLO II - L A STORICITÀ DLGESÙ.
connesse al nome. Nel frattempo, con coloro che mi venivano deferiti qua-
li Cristiani, ho seguito questa procedura: chiedevo loro se fossero Cristiani.
Se confessavano, li interrogavo una seconda e una terza volta, minacciandoli
di pena capitale; quelli che perseveravano, li ho mandati a morte. Infatti non
dubitavo che, qualunque cosa confessassero, dovesse essere punita la loro per-
tinacia e la loro cocciuta ostinazione. Ve ne furono altri affetti dalla medesima
follia, i quali, poiché erano cittadini romani, ordinai che fossero rimandati a
Roma. Ben presto, poiché si accrebbero le imputazioni, come avviene di solito
per il fatto stesso di trattare tali questioni, mi capitarono innanzi diversi casi.
Venne messo in circolazione un libello anonimo che conteneva molti nomi.
Coloro che negavano di essere cristiani, o di esserlo stati, ritenni di doverli ri-
mettere in libertà, quando, dopo aver ripetuto quanto io formulavo, invocavano
gli dei e veneravano la tua immagine, che a questo scopo avevo fatto portare
assieme ai simulacri dei numi, e quando imprecavano contro Cristo, cosa che
si dice sia impossibile ad ottenersi da coloro che siano veramente Cristiani.
Altri, denunciati da un delatore, dissero di essere cristiani, ma subito dopo lo
negarono; lo erano stati, ma avevano cessato di esserlo, chi da tre anni, chi
da molti anni prima, alcuni persino da vent'anni. Anche tutti costoro vene-
rarono la tua immagine e i simulacri degli dei, e imprecarono contro Cristo.
Affermavano inoltre che tutta la loro colpa o errore consisteva nell'esser soliti
riunirsi prima dell'alba e intonare a cori alterni un inno a Cristo come se fosse
un dio, e obbligarsi con giuramento non a perpetrare qualche delitto, ma a non
commettere né furti, né frodi, né adulteri, a non mancare alla parola data e a
non rifiutare la restituzione di un deposito, qualora ne fossero richiesti. Fatto
ciò, avevano la consuetudine di ritirarsi e riunirsi poi nuovamente per prendere
un cibo, ad ogni modo comune e innocente, cosa che cessarono di fare dopo il
mio editto nel quale, secondo le tue disposizioni, avevo proibito l'esistenza di
sodalizi. Per questo, ancor più ritenni necessario l'interrogare due ancelle, che
erano dette ministre, per sapere quale sfondo di verità ci fosse, ricorrendo pure
alla tortura. Non ho trovato null'altro al di fuori di una superstizione balorda
e smodata. Perciò, differita l'istruttoria, mi sono affrettato a richiedere il tuo
parere. Mi parve infatti cosa degna di consultazione, soprattutto per il numero
di coloro che sono coinvolti in questo pericolo; molte persone di ogni età, ceto
sociale e di entrambi i sessi, vengono trascinati, e ancora lo saranno, in questo
pericolo. Né soltanto la città, ma anche i borghi e le campagne sono pervase
dal contagio di questa superstizione; credo però che possa esser ancora fermata
e riportata nella norma»29.
«Mio caro Plinio, nell'istruttoria dei processi di coloro che ti sono stati de-
nunciati come Cristiani, hai seguito la procedura alla quale dovevi attenerti.
Non può essere stabilita infatti una regola generale che abbia, per così dire, un
29
PLINIO IL GIOVANE, Epìstula X, 96,1-9.
CAPITOLO II - L A STORICITÀ DI GESÙ 27
Nella Vita dei dodici Cesari, raccolta di dodici biografie degli imperatori
da Cesare a Domiziano, scritta intorno al 120, Svetonio accenna ai cristiani. Il
primo accenno lo fa nella vita di Claudio: «Espulse da Roma i Giudei che per
istigazione di Cresto erano continua causa di disordine» 31 . Il secondo accenno
10 fa nella vita di Nerone. Svetonio condivide le accuse rivolte ai cristiani
di essere superstitio nova ac malefica: «Sottopose a supplizi i Cristiani, una
razza di uomini di una superstizione nuova e malefica» 32 .
d) Giuseppe Flavio
«Verso questo tempo capita Gesù, un uomo saggio (se in realtà si può chiamare
uomo). Poiché egli era operatore di fatti straordinari e maestro degli uomini
che accolgono con gioia la verità (cose strane), che si trascinò dietro molti
giudei e molti greci. Egli era considerato (chiamato il) messia. Sebbene Pilato,
su accusa dei nostri capi, lo condannasse alla croce, non cessarono, quelli che
fin dall'inizio lo avevano amato, (di proclamare che), passato il terzo giorno,
apparve ad essi di nuovo vivo; i profeti di Dio avevano detto queste cose e
altre innumerevoli meraviglie su di lui. E ancora fino al presente la stirpe dei
cristiani, così chiamata in rapporto a lui, non ha cessato di esistere»33.
30
Ibidem, X, 91.
31
T. SVETONIO, Vita Claudii XXIII, 4. La notizia di Svetonio concorda perfettamente con
quanto è riportato negli Atti degli Apostoli riguardo all'arrivo di Paolo a Corinto: «Dopo di ciò,
partito da Atene [Paolo] andò a Corinto. E trovato un giudeo di nome Aquila, pontico di nascita,
da poco giunto dall'Italia, e la moglie sua Priscilla, per il fatto che Claudio aveva ordinato che
tutti i Giudei partissero da Roma, andò da loro» (Ai 18,1-2).
32
T . SVETONIO, Vita Neronis X V I , 2 .
33
G. FLAVIO, Antiquitates judaicae XVIII 3, 3.
CAP ITOLO 11 - LA sTORicjjÀpi GESÙ
I criteri usati dalla Chiesa per considerare un testo canonico sono stati: la
sua paternità apostolica, il testo cioè può essere attribuito all'insegnamento
o alla diretta scrittura degli apostoli o dei loro più stretti collaboratori; il suo
uso liturgico, il testo cioè è letto pubblicamente nei riti liturgici delle prime
comunità cristiane; la sua ortodossia, il testo cioè rispetta le verità dogmatiche
di fede (unità e trinità di Dio, Gesù Cristo vero Dio e vero uomo...).
5. Sintesi
34
Sulla letteratura apocrifa, cfr. L . MORALDI (ed.), Apocrifi del Nuovo Testamento. Ipiù
antichi testi cristiani, TEA, Milano 1989; M. STAROWIEYSKI, Apocrifa, Letteratura, in: A. Di
B E R A R D I N O - G . F E D A L T O - M . SIMONETTI (edd.), Letteratura patristica, San Paolo, Cinisello Balsa-
mo (MI) 2007,111-117; C. GIANOTTO, Apocrifi (NT), in: R . P E N N A - G . P E R E G O - G . RAVASI (edd.),
Temi teologici della Bibbia, cit., 79-85.
35
R. FABRIS, Gesù di Nazareth. Storia e interpretazione, cit., 54.
CAPITOLO II - L A STORICITÀ DI GESÙ 27
b) «Nel corso degli ultimi secoli, la ricerca storica su Gesù è stata più volte diretta
contro il dogma cristologico. Tuttavia, quest'atteggiamento antidogmatico, in
sé, non è un postulato necessario per il buon uso del metodo storico-critico.
Nei limiti della ricerca esegetica, è certamente legittimo ricostruire un'imma-
gine puramente storica di Gesù o - per dirla in modo più realistico — mettere
in evidenza e verificare fatti che concernono l'esistenza storica di Gesù. Al
contrario, alcuni hanno voluto presentare delle immagini di Gesù scartando le
testimonianze delle comunità primitive. Così facendo, essi hanno creduto di
attenersi ad una visione storica completa e rigorosa. Ma, in modo esplicito o
implicito, questi ricercatori si basano su dei pregiudizi filosofici, più o meno
diffusi, a proposito di ciò che i tempi moderni si attendono dall'uomo ideale.
Altri sono guidati da supposizioni psicologiche concernenti la coscienza di
Gesù»37.
3. C O N I P A D R I D E L L A C H I E S A
1. Vangeli canonici
«Per quanto riguarda il Nuovo Testamento, molti hanno tentato (cf 2Pt 2,1)
di scrivere dei vangeli, ma non tutti sono stati accolti. Dovresti sapere che
non sono stati scritti solo quattro vangeli, ma moltissimi. I vangeli che ab-
biamo sono stati scelti tra questi vangeli e trasmessi poi alle Chiese. Sap-
piamo questo dallo stesso prologo di Luca che comincia così: Poiché molti
hanno tentato di scrìvere un resoconto. Le parole hanno tentato implicano
un'accusa contro coloro che si sono gettati a scrivere vangeli senza la grazia
dello Spirito Santo. Matteo, Marco, Giovanni e Luca non hanno tentato di
36
COMMISSIONE TEOLOGICA INTERNAZIONALE, Questioni di cristologia, cit., 1,1.1, in: EV, 7,
n. 636.
37
Ibidem,!, 1.2,n.637.
38
Ibidem, I, 1. 3, n. 638.
44 CAPITOLO 11 - L A S ^ I C I I À D L G E S Ù
scrivere; hanno scritto i loro vangeli quando furono riempiti dallo Spirito
Santo. Per questo, molti hanno tentato di scrivere un resoconto degli eventi
che sono chiaramente conosciuti fra voi... Le nostre dottrine sulla persona
del nostro Signore e Salvatore dovrebbero essere ricavate da questi vangeli
approvati. Io conosco un vangelo chiamato secondo Tommaso e un altro
secondo Mattia; ne abbiamo letti anche molti altri, in modo da non apparire
ignoranti in niente, a causa di quelle persone che pensano di sapere qualcosa
se hanno esaminato questi vangeli. Ma in tutte queste questioni noi non
approviamo niente tranne quello che la Chiesa approva e quindi solo quattro
vangeli canonici... Luca indica la sua intenzione con la parola che usa, cioè
che ci è stato chiaramente mostrato, un concetto che la lingua latina non
può esprimere con una sola parola. Questo significa che Luca sapeva per
la sua ferma fede e attenta considerazione e non aveva alcuna incertezza se
dovesse essere in modo o in un altro»39.
2. Tramandare le tradizioni
«Quello che gli apostoli hanno ricevuto, lo hanno trasmesso senza cambiamen-
ti, così che la dottrina sui sacramenti e su Cristo rimanesse corretta. Il Verbo
divino, il Figlio di Dio, vuole che siamo suoi discepoli. È giusto che loro siano
i nostri maestri ed è necessario che noi ci sottomettiamo solo al loro insegna-
mento. Solo da loro e da coloro che hanno fedelmente insegnato la loro dottrina
noi otteniamo, come scrive Paolo, parole fedeli, degne di essere pienamente
accettate (lTm 1,15). Con loro noi risaliamo alla fonte originaria, perché non
sono diventati discepoli in conseguenza di quello che hanno sentito dagli altri,
ma sono stati piuttosto testimoni oculari e servi del Dio Verbo e ci hanno tra-
mandato quello che hanno sentito direttamente da lui»40.
«Questo vangelo è stato scritto per Teofilo, cioè per colui che Dio ama. Se
ami Iddio, è stato scritto anche per te, prendi il regalo che l'evangelista ti fa.
Conserva con cura il pegno dell'amico nel segreto del cuore, custodisci il buon
deposito con l'aiuto dello Spirito Santo che ci è stato dato (2Tm 1,14), studialo
frequentemente, interrogalo spesso. A un tal pegno devi serbarti anzitutto fede-
le, alla fedeltà deve seguire la diligenza, perché tignola e ruggine (ciMt 6,19)
non distruggano i pegni a te affidati»41.
39
O R I G E N E , Omelie sul Vangelo di Luca 1, 1-3, in: A.A. JVST h., Luca. La Bibbia commen-
tata dai padri. Nuovo Testamento, voi. 3, Città Nuova, Roma 2006, 26-27.
40
ATANASIO, Lettera festale 2,1, in: Ibidem, 27.
41
AMBROGIO DI M I L A N O , Esposizione del vangelo secondo Luca 1,12, in: Ibidem, 27-28.
Parte seconda
Il mistero di Cristo
nella preparazione veterotestamentaria
CAPITOLO TERZO
TEMPO DI AVVENTO
Il tempo della promessa, dell'attesa
e della speranza
Il giardino dell'Eden, con i suoi alberi, i suoi fiori e il suo verde, richiama la
condizione originale di Adamo ed Eva, creature pensate e volute da Dio a sua
immagine e somiglianza (Gn 1,26-27). Creature felici chiamate a realizzare se
stesse in comunione con Dio e tra di loro. Creature che l'angelo caccia fuori
del giardino perché hanno ceduto alla tentazione del serpente: «Non morirete
a/fatto! Anzi, Dio sa che quando voi ne mangiaste, si aprirebbero i vostri occhi
e diventereste come Dio, conoscendo il bene e il male» (Gn 3,4-5). Secondo
il racconto biblico non è un angelo che caccia fuori Adamo ed Eva, ma Dio
stesso: «Il Signore Dio lo scacciò dal giardino di Eden, perché lavorasse il
suolo da dove era stato tratto» (Gn 3,23).
L'angelo indossa una veste di colore rosso tenue, identico a quello del cal-
zare. Ha le ali spiegate e variopinte (messaggero che viene dal cielo); il capo
circondato da un nimbo dorato (simbolo di dignità sovrana); tra i capelli una
fiammella (espressione dell'amore ardente e del fulgore di gloria di cui godo-
no gli angeli: Sai 104,4; Eh 1,7).
m CAPITOLO^ULT^,OD.AMNTQ
«È inchinato e proteso verso Maria. La sua mano destra, atteggiata nel segno
del parlare, è orientata verso il seno di Maria, il "luogo" dove prenderà forma
umana il Figlio di Dio; la mano sinistra, anch'essa atteggiata nel segno del
parlare, è orientata verso l'orecchio»2.
Maria
«Nella prima frase che parte dall'arcangelo verso l'orecchio di Maria si legge:
Spiritus Sanctus superveniet in te... Nella seconda che parte da Maria verso
l'arcangelo Gabriele si legge: Ecce ancilla Domìni verbum tuum... Nella terza,
diretta verso Maria, si legge: Et virtus Altissimi obumbrabit tibi»A.
2
M . F . TRICARICO, L'Annunciazione, in: M . L . M A Z Z A R E L L O - M . F . TRICARICO, Il mistero
dell'incarnazione. Orientamenti per l'azione didattica, Il capitello-Elledici, Leumann (TO)
2002,22.
3
Ibidem, 23.
4
Ibidem.
5
Cfr. M. CIMOSA, Messianismo, in: P. R O S S A N O - G . RAVASI-A. GHIRLANDA (edd.), Nuovo Di-
zionario di Teologia Biblica, cit., 9 3 7 - 9 5 3 ; G . JOSSA, Messianismo, in: R . P E N N A - G . P E R E G O - G .
RAVASI (edd.), Temi teologici della Bibbia, cit., 8 3 6 - 8 4 8 . «Le delusioni provenienti dall'espe-
rienza storica, la coscienza della profonda infedeltà del popolo, la convinzione più e più volte
sperimentata della incrollabile fedeltà di Iahvè alla sua alleanza indirizzano sempre di più la
speranza di Israele verso l'attesa di un'era finale, escatologica, dove l'intervento di Dio sarà de-
finitivo, dove egli realizzerà pienamente le sue promesse: è quello che si chiama il messianismo
biblico, "spina dorsale" della rivelazione antico testamentaria, cioè la tensione verso un'epoca
di salvezza non più parziale ma compiuta» (M. SERENTHÀ, Gesù Cristo, ieri, oggi e sempre.
Saggio di cristologia, cit., 72.
CAPITOLO IH - T E M P O DI A V V E N T O 53
2. L'ATTESA D E L M E S S I A
Dopo l'esperienza del deserto, con gli episodi, tra l'altro, della man-
na (Es 16,1-36), dell'acqua (Es 17,1-7), dell'alleanza (Es 19-24) e del
serpente di bronzo (Nm 21,4-9), Israele entra nella terra promessa. Non
vi trova, però, la pace, la giustizia, la libertà e quegli altri beni che aveva
sognato di avere.
1. Il messia re
Tra i re, c'è chi osserva le clausole dell'alleanza e c'è chi le trasgredisce.
Nasce così il desiderio di avere un messia re giusto, capace di essere il segno
della presenza di Dio in mezzo al suo popolo. Desiderio, promessa, attesa,
speranza 6 . Tante le testimonianze: 2Sam 7,8-16; Salmi 2; 18; 20; 21; 45; 72;
78; 89; 101; 110; 132; 144; Is 7,14; 9,1-6; 11,1-9; Mi 5,1-4; Ger 23,5; Ez
8,6.10-11; 34,23-24; 37,21-24; Zc 9-14.
Leggiamo la profezia di Natan sul regno di Davide.
«Ora dunque dirai al mio servo Davide: Così dice il Signore degli eserciti:
"Io ti ho preso dal pascolo, mentre seguivi il gregge, perché tu fossi capo del
mio popolo Israele. Sono stato con te dovunque sei andato, ho distrutto tutti i
tuoi nemici davanti a te e renderò il tuo nome grande come quello dei grandi
che sono sulla terra. Fisserò un luogo per Israele, mio popolo, e ve lo pianterò
perché vi abiti e non tremi più e i malfattori non lo opprimano come in passato
e come dal giorno in cui avevo stabilito dei giudici sul mio popolo Israele. Ti
darò riposo da tutti i tuoi nemici. Il Signore ti annuncia che farà a te una casa.
Quando i tuoi giorni saranno compiuti e tu dormirai con i tuoi padri, io susci-
6
Cfr. ASSOCIAZIONE BIBLICA ITALIANA, Messianismo, Atti della X V I I I Settimana Biblica,
Paideia, Brescia 1966; N. FUGLISTER, Fondamenti veterotestamentari della cristologia del Nuo-
vo Testamento, in: J. F E I N E R - M . LÒHRER, Mysterium salutis, 5, cit., 139-174; G . SEGALLA, La
preistoria della cristologia, in: G . S E G A L L A - R . CANTALAMESSA-G. M O I O L I , Il problema cristo-
logico oggi, Cittadella Editrice, Assisi 1973, 20-53; R. D E V A U X , Le istituzioni dell'Antico Te-
stamento, Marietti, Torino 19773; H. CAZELLES, Il Messia della Bibbia. Cristologia dell'Antico
Testamento, Boria, Roma 1981; G . BARBAGLIO-S. DIANICH, Regno di Dio, in: G . BARBAGLIO-S.
DIANICH (edd.), Nuovo Dizionario di Teologia, cit., 1235-1250; M. CIMOSA, Messianismo, in:
P. R O S S A N O - G . R A V A S I - A . GHIRLANDA (edd.), Nuovo Dizionario di Teologia Biblica, cit., 941-
947; S.A. PANIMOLLE, Regno di Dio, in: Ibidem, 1296-1322; M. CIMOSA, Isaia, l'evangelista
dell'Emmanuele, Edizioni Dehoniane, Roma 1988; R. SCHNACKENBURG, Signoria e regno di
Dio. Uno studio dì teologia biblica, Edizioni Dehoniane, Bologna 1990; R. F A B R I S , Regno di
Dio, in: G . B A R B A G L I O - G . B O F - S . DIANICH (edd.) Teologia, cit., 1229-1243; C. MARINELLI, Dio
garante del futuro della discendenza davidica. Analisi dì 2 Sam 7,1-17, in "Lateranum" 2/73
(2007), 405-435.
I CAPITOLO JJI „ - T E M P O D J A Y ^ N T O .
terò un tuo discendente dopo di te, uscito dalle tue viscere, e renderò stabile il
suo regno. Egli edificherà una casa al mio nome e io renderò stabile il trono del
suo regno per sempre. Io sarò per lui padre ed egli sarà per me figlio. Se farà
il male, lo colpirò con verga d'uomo e con percosse di figli d'uomo, ma non
ritirerò da lui il mio amore, come l'ho ritirato da Saul, che ho rimosso di fronte
a te. La tua casa e il tuo regno saranno saldi per sempre davanti a te, il tuo trono
sarà reso stabile per sempre"» (2Sam 7,8-16).
Non sarà Davide a costruire una casa (un tempio) a Dio. Sarà Dio a fargli
una casa: «Il Signore ti annuncia che farà a te una casa». Casa regale e stabile:
«La tua casa e il tuo regno saranno saldi per sempre davanti a te, il tuo trono
sarà reso stabile per sempre» 7 .
7
Cfr. Le 1,30-33.
8
«Il Messia non ha più nulla dei tratti regali in senso politico-nazionalistico: l'annuncio
inerme della parola, e non l'esercizio di un potere regale in senso politico, porterà sulla terra il
diritto e la verità di Iahvè ( 4 2 , 1 - 4 ) ; la pazienza e l'umiltà, la mansuetudine, la disposizione a
portare su di sé i peccati del popolo faranno sì che il Servo ottenga prerogative regali ( 4 2 , 1 . 4 ;
49,5s; 5 2 , 1 3 ; 5 3 , 1 2 ) , che la regalità stessa di Dio si stabilisca sulle nazioni» (M. SERENTHÀ,
Gesù Cristo, ieri, oggi e sempre. Saggio di cristologìa, cit., 73). Sul Messia servo sofferente cfr.
G . BOURBONNAIS, Cristo Servo di Jahvè. Saggio di una lettura teologica della Bibbia, Elle Di Ci,
Leumann ( T O ) 1 9 7 0 ; N . FUGLISTER, Fondamenti veterotestamentari della cristologia del Nuovo
Testamento, in: J. F E I N E R - M . LÒHRER (edd.), Mysterium salutis, 5 , cit., 1 9 0 - 2 2 6 ; H. CAZELLES,
Il Messia della Bibbia. Cristologia dell'Antico Testamento, cit.; P. GRELOT, I canti del Servo
del Signore, Edizioni Dehoniane, Bologna 1 9 8 3 ; E. FRANCO, «La morte del Servo sofferente
in Zs 53», in Gesù e la sua morte, Atti della XXVII Settimana Biblica dell'ABI, Paideia, Bre-
scia 1 9 8 4 , 2 1 9 - 2 3 6 ; M. CIMOSA, Messianismo, in: P. ROSSANO-G. RAVASI-A. GHIRLANDA (edd.),
Nuovo Dizionario di Teologìa Bìblica, cit., 9 4 7 - 9 4 9 ; H. SIMIAN-YOFRE, Servo del Signore, in: R .
P E N N A - G . PEREGO-G. RAVASI (edd.), Temi teologici della Bibbia, cit., 1 2 9 6 - 1 3 0 2 .
CAPITOLO IH - TEMPO DI A V V E N T O 53
Dio annuncia che il servo sarà esaltato, anche se le sue sofferenze provoca-
no stupore e scandalo (vv. 13-15). La comunità prende atto dell'aspetto umile
e misero del servo (v. 2); descrive la sua condizione di sofferenza e di abban-
dono (vv. 2-3); riconosce che il servo si è addossato il peccato degli altri (vv.
4-5); proclama che il servo è innocente (vv. 4-8); scruta i suoi atteggiamenti
davanti al dolore (v. 7); confessa che la sua sofferenza è causa di salvezza (v.
5); annuncia infine l'intervento liberatore di Dio (vv. 10-12). Chi è il servo?
Alcuni pensano che sia il popolo di Israele (Is 49,3) o una parte di Israele
(41,8; 42,19; 44,1; 45,5). Altri pensano che sia un personaggio storico come
Mosè, Isaia, Geremia. Ozia, Giosia, Zorobabele, Ciro 9 .
3. Il messia sacerdote
Nella storia, nella vita e nella riflessione di Israele c'è anche la figura del
messia sacerdote 10 . Per capire la sua natura e le sue funzioni può essere utile
9
«Il servo di questi canti è una persona cui è stata affidata una missione profetica univer-
sale... Tutto quel che è detto in essi trascende i limiti della biografia e delle possibilità della
storia e del presente. L'immagine del servo di Dio, della sua missione riguardo a Israele e al
mondo e della sua sofferenza espiatrice ha valore di profezia. Rientra, perciò, in tutto quello
che il Deuteroisaia predice, nel novero di quei miracoli estremi che Jahvé ha riservato a sé»
(G . VON RAD, Teologìa dell'Antico Testamento, 2. Teologia delle tradizioni storiche d'Israele,
Paideia, Brescia 1972, 304).
10
Cfr. Cfr. N. FUGLISTER, Fondamenti veterotestamentari della cristologia del Nuovo Te-
stamento, in: J. F E I N E R - M . LÒHRER (edd.), Mysterium salutis, 5, cit., 175-190; A. V A N H O Y E , Sa-
cerdozio, in: P . R O S S A N O - G . R A V A S I - A . GHIRLANDA (edd.), NUOVO Dizionario di Teologìa Biblica,
cit., 1387-1398.
CAPITOLO IH - TEMPO DI A V V E N T O 53
a) Il sacerdozio veterotestamentario
11
Sul sacerdozio veterotestamentario cfr. F. SERAFINI Sacerdozio, in: R. P E N N A - G . PEREGO-
G . RAVASI (edd.), Temi teologici della Bibbia, cit., 1 2 0 0 - 1 2 0 3 .
miracoli dell'esodo (c. 47). Delimita la terra del nuovo popolo e la distribui-
sce fra le tribù; sceglie il luogo nel quale dovrà sorgere il nuovo santuario ed
indica il nome della città: «La città si chiamerà da quel giorno in poi: "Là è il
Signore"» (48,35).
Ezechiele, in un periodo di sofferenza per il popolo di Israele, proclama la
santità di Dio, la sua presenza, l'arrivo di un'era nuova che ha il suo centro
sul monte Sion e nel tempio dove il principe e i sacerdoti saranno al servizio
del Signore. Ezechiele vede una nuova città, un nuovo tempio, una nuova
liturgia, un fiume d'acqua che rinnova e la possibilità per tutti di accedere al
Signore 12 .
b) Le feste
Nel contesto della riflessione sul sacerdozio veterotestamentario e sulla
figura del Messia sacerdote può essere utile accennare ad alcune feste 13 .
«Pasqua era una delle feste annuali più importanti e veniva celebrata la vigilia
del 14 di Nisan. Quella sera ogni famiglia sacrificava un agnello per ricorda-
re il sacrificio offerto quando Dio aveva liberato gli israeliti dall'Egitto. In
quell'occasione Dio "era passato oltre" (= Pasqua) le case israelitiche, che
avevano gli stipiti della porta e l'architrave segnati col sangue dell'agnello,
e aveva risparmiato la vita dei primogeniti degli Ebrei. La celebrazione, ori-
ginariamente pastorale e nomadica (evocava la partenza alla ricerca di nuovi
pascoli), si trasformò in festa-memoria della libertà. Durante la cena pasquale
e tutta la settimana seguente si mangiava pane fatto in fretta e non lievitato
(pane azzimo) per ricordare i frettolosi preparativi compiuti quando il faraone
aveva finalmente concesso agli Israeliti di lasciare l'Egitto (Es 12; 34,25; Lv
23,5-14; Nm 28,16-25; Dt 16,1-8; Gs 5,10-12)»14.
12
Cfr. N . FÜGLISTER, Fondamenti veterotestamentari della cristologia del Nuovo Testa-
mento, in: J. F E I N E R - M . LÖHRER (edd.), Mysterium salutis, 5, cit., 175-190. L . M O R A L D I , Eze-
chiele, in: P . R O S S A N O - G . RAVASI-A. GHIRLANDA (edd.), Nuovo Dizionario di Teologia Biblica,
cit., 530-535.
13
Cfr. A . SACCHI, Cibo, in: Ibidem, 273; B. MAGGIONI, Liturgia e culto, in: Ibidem, 839-
841.
14
La Bibbia. Via verità e vita, San Paolo, Cinisello Balsamo (Milano) 2009, 2657-2658.
; CAPITOLO III - T E M P O DI A V V E N T O
festa caratterizzata da grande gioia e gratitudine per i doni concessi da Dio con
la mietitura. Siccome gli Azzimi celebravano l'inizio della mietitura, la festa
delle Settimane si può anche considerare la festa che concludeva il periodo
di gioia e celebrazioni iniziato con la Pasqua-Azzimi. Secondo la cronologia
biblica, la manifestazione di Dio al Sinai avvenne il terzo mese (Es 19,1),
quello cioè in cui si celebrava la festa delle Settimane. Per questa ragione si
cominciò a collegare la festa al dono della Legge a Mosè, dandole un significa-
to storico-religioso, che probabilmente è presupposto dal racconto della prima
Pentecoste cristiana nel Nuovo Testamento (£5 23,16; 34,22; Lv 23,15-21 ; Nm
28,26-31; Dt 16,9-12)»15.
«era la festa più popolare e allegra di tutte, ed era celebrata in autunno al termi-
ne del raccolto e della vendemmia. Le celebrazioni includevano un campeggio
all'aperto in giardini o sui tetti, in capanne fatte con rami d'albero. L'origine di
tale uso è probabilmente legato al carattere agricolo della festa, ma alcuni passi
biblici lo interpretano come un ricordo del tempo in cui Israele era vissuto sot-
to le tende nel deserto (Es 34,22; Lv 23,33-43; Nm 29,12-38; Dt 16,13-16)»16.
c) I sacrifici
15
Ibidem, 2658.
16
Ibidem, 2658-2659.
17
Ibidem, 2658.
18
Sul sacrificio nell'Antico Testamento cfr. P . GARUTI, Sacrificio, in: R . P E N N A - G . PEREGO-
G. RAVASI (edd.), Temi teologici della Bibbia, cit., 1207-1212.
CAPITOLO.IibJ^J^iyA^I^
«Il sangue delle vittime viene diviso in due parti: una metà viene versata
sull'altare, cioè attribuita a Dio; l'altra viene spruzzata sulle steli e sul popolo.
È dunque lo stesso sangue che lega i due contraenti: Dio accoglie Israele nella
sua amicizia, rappresentata come una parentela di sangue. Così viene stipulata
l'alleanza»20.
«volevano riparare i peccati per i quali, durante l'anno, non era stato offerto
alcun sacrificio, e le colpe gravi rimaste impunite nella comunità. Queste colpe
non espiate, oltre che costituire una minaccia costante sul capo dei colpevoli,
erano ritenute una continua causa di profanazione della terra santa, della comu-
nità consacrata a Dio e dello stesso santuario, che era solidale con la comunità.
I riti del giorno dell'espiazione dovevano togliere questa profanazione e questa
minaccia sul popolo colpevole. Le vittime non venivano consumate: al posto
del convito sacrificale vi erano digiuno e penitenza, poiché non vi può essere
perdono dei peccati senza pentimento»21.
19
R . TUFARIELLO-G. BARBAGLIO, Sacrificio, in: G . BARBAGLIO (ed.), Schede Bibliche pa-
storali, voi. 7, Edizioni Dehoniane, Bologna 1 9 8 6 , 3 4 2 2 - 3 4 2 3 . Cfr. A . BONORA, Alleanza, in:
R R O S S A N O - G . RAVASI-A. GHIRLANDA (edd.), Nuovo Dizionario di Teologia Biblica, cit., 2 2 - 2 9 ;
A . W É N I N , Alleanza, in: R . P E N N A - G . P E R E G O - G . RAVASI (edd.), Temi teologici della Bibbia, cit.,
23-31.
20
R. TUFARIELLO-G. BARBAGLIO, Sacrificio, in: G . BARBAGLIO (ed.), Schede Bibliche pasto-
rali, voi. 7, cit.,3423-3424.
21
Ibidem, 3 4 2 5 . Cfr. L . MORALDI, Levitico, in: P . R O S S A N O - G . RAVASI-A. GHIRLANDA (edd.),
Nuovo Dizionario dì Teologia Biblica, cit., 8 1 8 - 8 2 3 ; G . PULCINELLI, Espiazione, in: R . P E N N A - G .
P E R E G O - G . RAVASI (edd.), Temi teologici della Bibbia, cit., 4 4 5 - 4 4 9 .
CAPITOLO IH - T E M P O DI A V V E N T O 53
«Si richiede una vittima di sesso maschile, perché nel maschio si vedeva il
rappresentante della forza e della bellezza. Doveva essere un maschio perfetto
(senza difetti), qualità che comportava anche un bell'aspetto e che è messa
in risalto per ogni sacrificio di animali, mentre negli altri sacrifici e offerte la
perfezione richiesta è la totalità dell'offerta nel senso di libera da compromessi
e riserve (cf Gn 17,1; Gb 12,4; Sai 37,18)»23.
«una cosa che deve essere chiaramente sottolineata, pena il travisamento di ele-
menti centrali di tutta la rivelazione biblica, è che il senso fondamentale del sa-
crificio, nelle sue diverse espressioni, non è quello di un rito magico diretto a far
cambiare idea a Dio, ma quello di esprimere esteriormente la volontà di entrare e di
stare in comunione con lui, ringraziandolo, chiedendogli perdono, lodandolo»25.
4. Il messia celeste
C ' è infine l'attesa di un messia celeste. Messia che non viene dalla terra
come il re, il servo sofferente e il sacerdote, ma dal cielo. Ha caratteristiche
straordinarie e svolge un ruolo di primo piano nell'opera della salvezza. Isra-
ele aspetta un intervento dall'alto, capace di cambiare un presente segnato da
contraddizioni e di preparare un futuro migliore. Esprime la sua fede e la sua
speranza riflettendo in modo particolare su tre realtà: l'angelo del Signore, la
Sapienza e il Figlio dell'uomo.
22
R . TUFARIELLO-G. BARBAGLIO, Sacrificio, in: G . BARBAGLIO (ed.), Schede Bibliche pasto-
rali, vo\. 7 ,cit„ 3421.
23
L . M O R A L D I , Levitico, in: P . R O S S A N O - G . R A V A S I - A . GHIRLANDA (edd.), Nuovo Dizionario
di Teologia Biblica, cit., 819.
24
M. SERENTHÀ, Gesù Cristo. Ieri oggi e sempre. Saggio di cristologia, cit., 355. Sul culto
veterotestamentario cfr. R . D E Z A N , Culto, in: R . P E N N A - G . P E R E G O - G . RAVASI (edd.), Temi teo-
logici della Bibbia, cit., 268-275.
25
M . SERENTHÀ, Gesù Cristo. Ieri oggi e sempre. Saggio di cristologia, cit., 3 5 5 .
; CAPITOLO III - T E M P O DI A V V E N T O
Ci sono testi nei quali l'angelo del Signore si identifica in pratica con Dio
stesso {Gn 16,9.13; 22,15-18; 31,11-13; 48,15-16; Es 3,2-6; Nm 22,22-35). Ci
sono testi nei quali si distingue dal Signore ed appare come suo intermediario.
Protegge, ad esempio, Israele che esce dall'Egitto (Es 14,19) e lo guida nel
cammino verso la terra promessa (Es 23,20-21). Appare a Gedeone per comu-
nicargli la missione di liberare le tribù oppresse (Gdc 6,11-24) e alla madre di
Sansone per annunciarle la nascita del figlio (Gdc 3,1-7). Salva Gerusalemme
dall'assedio di Sennacherib (2Re 19,35-36). Intercede in favore di Gerusalem-
me e delle città di Giuda (Zc 1,12). Si oppone alle trame di satana che vuole
accusare il sommo sacerdote Giosuè (Zc 3,2).
Dopo l'esilio, l'angelo del Signore diventa oggetto di attesa messianica.
Malachia verso il 470 scrive:
b) La sapienza
26
Cfr. A . AMATO, Gesù il Signore. Saggio di cristologia, Edizioni Dehoniane, Bologna
2008,137-138.
27
Cfr. G . RAVASI, Sapienza (Libro), in: R R O S S A N O - G . RAVASI-A. GHIRLANDA (edd.), Nuo-
vo Dizionario dì Teologia Bìblica, cit., 1427-1447; M. GILBERT, Sapienza (Libro), in: Ibidem,
1437-1440.
; CAPITOLO III - TEMPO DI AVVENTO
Come il profeta,
Come il profeta, chiama alla conversione ma non viene ascoltata (Pr 1,23-
25). A differenza del profeta, però, annuncia un messaggio proprio (Pr 1,26-
27) e garantisce la salvezza (Pr 1,32).
Ci sono testi che le attribuiscono un ruolo sacerdotale:
c) Il Figlio dell'uomo
Quando nel II secolo a.C. scoppia la rivolta dei Maccabei contro Antioco
IV Epifane che vuole "ellenizzare" la vita e la religione degli ebrei e fa in-
nalzare «sull'altare l'abominio della desolazione» ( I M a c 1,54) si leva alta la
voce di Daniele per consolare e sostenere i suoi connazionali nel momento
della prova. Convinto che Dio è il Signore che guida la storia e che tutti gli
avvenimenti sopraggiunti dopo l'esilio entrano nel piano di Dio, Daniele sup-
pone di essere vissuto nel passato e immagina di contemplare l'avvenire del
quale in realtà egli è contemporaneo. Con un linguaggio cifrato, ermetico, in-
tessuto di simboli e di immagini fantastiche, Daniele annuncia che Dio salverà
il suo popolo, accogliendo nel suo seno i "santi dell'Altissimo". In una delle
sue visioni, Daniele vede «uno simile a un figlio d'uomo» 2 9 .
28
Gesù fa capire di essere lui la Sapienza: «Nel giorno del giudizio, la regina del Sud si
alzerà contro questa generazione e la condannerà, perché ella venne dagli estremi confini della
terra per ascoltare la sapienza di Salomone. Ed ecco, qui vi è uno più grande di Salomone» (Le
12,42).
29
Cfr. N. FUGLISTER, Fondamenti veterotestamentari della cristologia del Nuovo Testa-
mento, in: J. F E I N E R - M . LÒHRER (edd.), Mysterium salutis, 5, cit., 226-248. M . CIMOSA, Messia-
CAPITOLO IH - T E M P O DI A V V E N T O 53
3. C O N I P A D R I D E L L A C H I E S A
di Mosè, nei Profeti e nei Salmi dovevano avverarsi. Nessuno dei testi delle an-
tiche Scritture parla di Cristo; purché ci siano orecchi ad ascoltare. Egli allora
svelò il senso delle Scritture, così che quei discepoli le comprendessero. Dob-
biamo anche noi pregare perché ci riveli lui stesso il senso delle Scritture»32.
«In questo discorso il Signore mostra che la Legge era necessaria per prepa-
rare la strada e che il compito dei profeti era necessario per disporre il popolo
alla fede in questa azione meravigliosa, così che, quando ebbe davvero luogo
la risurrezione, coloro che erano turbati dinanzi alla sua grandezza poterono
ricordarsi dell'antica predizione ed essere indotti a credere. Egli porta quali
testimoni, perciò, Mosè e i profeti, interpretando il loro significato nascosto e
rendendo chiaro ai degni ciò che agli indegni era oscuro. In questo modo fissa
in loro l'antica fede che avevano ereditato, insegnata loro dai sacri libri
che possedevano. E infatti niente di quanto viene da Dio è privo di una sua
utilità, ma ogni singola cosa ha un proprio posto e un uso suo proprio. I servi
erano stati mandati al loro posto per preparare tutto per la venuta del Maestro.
Essi hanno portato in anticipo la profezia quale necessario preparativo per
la fede, così che, come un tesoro regale, al momento opportuno ciò che era
stato preannunciato fosse portato fuori dall'occultamento della sua precedente
oscurità, svelato e reso evidente dalla chiarezza dell'interpretazione»33.
32
AGOSTINO D'IPPONA, Commento alla Prima Lettera di san Giovanni, Omelia 2,1, in: A.A.
JUST, Luca. La Bibbia commentata dai padri. Nuovo Testamento, cit., 533.
33
CIRILLO DI ALESSANDRIA, Commento a Luca, in: Ibidem.
34
AGOSTINO D'IPPONA, Discorso 236, 2, in: Ibidem.
Parte terza
II mistero di Cristo
nella pienezza del tempo
CAPITOLO QUARTO
TEMPO DI NATALE
Il tempo del compimento, della contemplazione
e della gioia
1
GEI, Messale romano, prefazio di Natale 2, cit.
il Cristo che la Chiesa professa, celebra e vive è il Verbo, il Figlio unige-
nito di Dio, che nella pienezza del tempo si fa uomo per rivelare il mistero
della Trinità e dare agli uomini, segnati dal peccato, il "potere di diventa-
re figli di Dio" (Gv 1,12). L'Emmanuele, il Dio con noi, Gesù, colui che
salva. Compimento delle promesse fatte da Dio nel corso dei secoli al po-
polo dcll'antica alleanza, quella del Sinai (Es 19-24). Rivelazione gioiosa
dell'amore fedele e misericordioso di Dio. La nascita e l'infanzia di Gesù
sono raccontate dal vangelo secondo Matteo (1-2) e dal vangelo secondo
Luca (1-2). Sono i cosiddetti "vangeli dell'infanzia". Vangeli che introdu-
ciamo con la contemplazione e la lettura del mosaico La Natività di Jacopo
Torriti (XIII sec., Basilica di S. Maria Maggiore, Roma).
CAPITOLO I V - T E M P O DI NATALE 69
Giuseppe
Maria
2
M . F . TRICARICO, La natività, in: M . L . M A Z Z A R E L L O - M . F . TRICARICO, Il mistero dell'Incar-
nazione. Orientamenti per l'azione didattica, cit., 31.
3
Ibidem, 30.
ÇAPITOLOJV-TEMJ^PINMATG.
una mangiatoia che ha la forma di una cassa rettangolare 4 . Dietro di lui c'è la
grotta. E la grotta richiama «la caverna che si trova nelle Icone della Crocifis-
sione o in quelle della Risurrezione» 5 .
«è situata al centro di una montagna luminosa: il monte Sion dove Dio ha preso
dimora (cf Sai 74,2). Il profeta Isaia dice: "Il monte del tempio del Signore
sarà eretto sulle cime dei monti e sarà più alto dei colli; ad esso affluiranno
tutte le genti. Verranno molti popoli e diranno: Venite, saliamo sul monte del
Signore, al tempio del Dio di Giacobbe, perché ci indichi le sue vie e possiamo
camminare per i suoi sentieri. Poiché da Sion uscirà la legge e da Gerusalemme
la parola del Signore" (Is 2,2-3)»s.
4
S. Ambrogio afferma: «La Scrittura quando parla della nascita del Cristo dice: "Lo avvol-
se in fasce" (Le 2,7)... Quando la madre diede alla luce il salvatore egli fu offerto in sacrificio»
(AMBROGIO DI M I L A N O , Lettere adEpìtteto 5-9: PG 26,1058). Romano il Melode scrive: «Sono
avvolto in fasce a causa di coloro che un tempo hanno rivestito tuniche di pelle, e una caverna
è il luogo delle mie delizie, a causa di coloro che hanno detestato le gioie del paradiso, e che
hanno amato la corruzione. Ed essi hanno infranto il mio comandamento di vita; io sono sceso
sulla terra perché essi abbiano la vita. Ma se tu vuoi sapere anche l'altra azione che devo
compiere per loro, tu, piena di grazia condividerai il turbamento di tutti gli elementi» (Hymnes
II. Nouveau Testament [IX-XX]) = Sources Chrétiennes 110, Paris, Les Editions du Cerf 1965,
105 , n. 14). Ambrogio e Romano il Melode alludono alla passione, morte e risurrezione che
portano a compimento l'incarnazione.
5
M . F . TRICARICO, La natività, in: M . L . M A Z Z A R E L L O - M . F . TRICARICO, Il mistero dell'Incar-
nazione. Orientamenti per l'azione didattica, cit., 30.
6
Cfr. AMBROGIO DI M I L A N O , Esposizione del vangelo secondo Luca 2 , 7 : PL 1 5 , 1 6 4 9 -
1650.
' M . F . TRICARICO, La natività, in: M . L . M A Z Z A R E L L O - M . F . TRICARICO, Il mistero dell'Incar-
nazione. Orientamenti per l'azione didattica, cit., 31.
8
Ibidem, 28.
; CAPITOLO III - T E M P O di AvvenTo
La stella a otto punte, che scende sulla grotta fino a toccare la testa del
bambino, indica che Gesù è la luce, la vera luce, la luce "che illumina ogni
uomo" (Gv 1,9).
2. IL G E N E R E L E T T E R A R I O DEI V A N G E L I D E L L ' I N F A N Z I A
I vangeli dell'infanzia non sono di facile lettura. Elaborati sul piano ar-
tistico, ricchi di riferimenti sul piano storico e densi di contenuto sul piano
teologico, hanno bisogno di essere letti e interpretati in modo da conoscere le
reali intenzioni di Matteo e di Luca. Per raggiungere questo obiettivo si deve
individuare il loro genere letterario. E il genere letterario è il genere storico
midrashico. Storico,perché i fatti narrati sono sostanzialmente veri. Midrashi-
co, perché i fatti narrati sono commentati alla luce dell'Antico Testamento
e di tradizioni orali per rendere attuale e significativo l'evento Gesù: la sua
persona, la sua esperienza di vita, il suo messaggio. Matteo si ispira, in modo
particolare, a fatti che riguardano Mosè (Es 2,1-10). Luca a fatti che riguarda-
no ora Anna ( I S a m 2,1-10), ora Samuele ( I S a m 3,1-21). Matteo racconta la
nascita e l'infanzia di Gesù dal punto di vista di Giuseppe. Luca dal punto di
vista di Maria. In Matteo Maria tace. In Luca tace Giuseppe.
3. IL M E S S A G G I O CRISTOLOGICO
9
Cfr. O . DA SPINETOLI, Introduzione ai vangeli dell'infanzia, Paideia, Brescia 1 9 6 7 ; J . D A -
NIELOU, I vangeli dell'infanzia, Morcelliana, Brescia 1 9 6 8 ; R. SCHULTE, I misteri della "preisto-
ria dì Gesù", in: J . F E I N E R - M . LÒHRER (edd.), Mysterium salutis, 6 , Queriniana, Brescia 1 9 7 1 ,
3 6 - 7 9 ; G. LEONARDI, L'infanzia di Gesà nei vangeli di Matteo e Luca, Messaggero, Padova
1 9 7 5 ; C. P E R R O T , I racconti dell'infanzia di Gesù, Gribaudi, Torino 1 9 7 7 ; R.E. B R O W N ,
La nascita del Messia secondo Matto e Luca, Cittadella Editrice, Assisi 1 9 8 1 ; A. P A U L , Il
vangelo dell'infanzia secondo san Matteo, Boria, Roma 1 9 8 6 ; G. SEGALLA, Una storia annun-
ciata. I racconti dell'infanzia in Matteo, Morcelliana, Brescia 1 9 8 7 ; R. LAURENTIN, I vangeli
dell'infanzia di Cristo. La verità del Natale al dì là dei miti. Esegesi e semiotica. Storicità e
teologia, San Paolo, Cinisello Balsamo (MI) 1 9 8 9 ; J . GNILKA, Il vangelo di Matteo I, Paideia,
Brescia 1990.
CAPITOLO I V - T E M P O DI NATALE
1. L'identità di Gesù
«L'angelo le disse: "Non temere, Maria, perché hai trovato grazia presso Dio.
Ed ecco, concepirai un figlio, lo darai alla luce e lo chiamerai Gesù. Sarà gran-
de e verrà chiamato Figlio dell'Altissimo; il Signore Dio gli darà il trono di
Davide suo padre e regnerà per sempre sulla casa di Giacobbe e il suo regno
non avrà fine". Allora Maria disse all'angelo: "Come avverrà questo, poiché
non conosco uomo?". Le rispose l'angelo: "Lo Spirito Santo scenderà su di te e
la potenza dell'Altissimo ti coprirà con la sua ombra. Perciò colui che nascerà
sarà santo e sarà chiamato Figlio di Dio. Ed ecco, Elisabetta, tua parente, nella
sua vecchiaia ha concepito anch'essa un figlio e questo è il sesto mese per lei,
che era detta sterile: nulla è impossibile a Dio". Allora Maria disse: "Ecco la
serva del Signore: avvenga per me secondo la tua parola". E l'angelo si allon-
tanò da lei» (Le 1,30-38).
10
«Celebriamo dunque il Natale del Signore con il dovuto concorso e solennità. Si ralle-
grino gli uomini, si rallegrino le donne; Cristo è nato uomo, da una donna è nato, ed entrambi i
sessi sono stati onorati... Rallegratevi voi giusti: è il Natale di colui che giustifica. Rallegratevi
voi deboli e malati: è il Natale del Salvatore. Rallegretavi voi prigionieri: è il Natale del Reden-
tore. Rallegratevi voi schiavi: è il Natale del dominatore. Rallegratevi voi liberi: è il Natale del
liberatore. Rallegratevi voi cristiani tutti: è il Natale di Cristo» (AGOSTINO D'IPPONA, Discorso
184, in: L. PADOVESE, Sermoni per i tempi liturgici, Edizioni Paoline, Milano 1994, 107-108).
CAPITOLO I V - TEMPO DI NATALE 66
«Un angelo del Signore si presentò a loro e la gloria del Signore li avvolse di
luce. Essi furono presi da grande timore, ma l'angelo disse loro: Non temete:
ecco, vi annuncio una grande gioia, che sarà di tutto il popolo oggi, nella città
di Davide [Betlemme], è nato per voi un Salvatore, che è Cristo [MessiaJ Si-
gnore. Questo per voi il segno: troverete un bambino avvolto in fasce, adagiato
in una mangiatoia. E subito apparve con l'angelo una moltitudine dell'esercito
celeste, che lodava Dio e diceva:
Gloria a Dio
nel più alto dei cieli
e sulla terra pace [shalom]
agli uomini, che egli ama» (Le 2,9-14).
«Al vederlo restarono stupiti, e sua madre gli disse: "Figlio, perché ci hai fatto
questo? Ecco, tuo padre e io, angosciati, ti cercavamo". Ed egli rispose loro:
"Perché mi cercavate? Non sapevate che io devo occuparmi delle cose del
Padre mio?". Ma essi non compresero ciò che aveva detto loro» (Le 2,48-50).
Gesù è il Figlio che deve fare la volontà del Padre. Questa la sua identità.
Questa la sua missione.
2. La missione di Gesù
11
«Oggi in Cristo luce del mondo tu hai rivelato ai popoli il mistero della salvezza, e in lui
apparso nella nostra carne mortale ci hai rinnovati con la gloria dell'immortalità divina» (CEI,
Messale Romano, Epifania del Signore, prefazio, cit.).
CAPITOLO. _1YJ-_TE M J^TAIJ.
«Nato Gesù a Betlemme di Giudea, al tempo del re Erode, ecco, alcuni Magi
vennero da oriente a Gerusalemme e dicevano: "Dov'è colui che è nato, il re
dei Giudei? Abbiamo visto spuntare la sua stella e siamo venuti ad adorarlo"»
(Mt 2,1-2);
dall'annuncio ai pastori:
«Non temete: ecco, vi annuncio una grande gioia, che sarà di tutto il popolo:
oggi, nella città di Davide [Betlemme], è nato per voi un Salvatore, che è Cri-
sto [Messia] Signore» (Le 2,10-11);
L'eccomi a Dio la apre alle necessità del prossimo: «In quei giorni Maria si alzò
e andò in fretta verso la regione montuosa, in una città di Giuda» (Le 1,39).
I pastori sono uomini semplici e poveri. Vivono ai margini della società. I
benpensanti li disprezzano e li tengono lontani. Dio invece li cerca e li rende
destinatari di bella notizia:
«l'angelo disse loro: Non temete: ecco, vi annuncio una grande gioia, che sarà
di tutto il popolo: oggi, nella città di Davide [Betlemme], è nato per voi un
Salvatore, che è Cristo [Messia] Signore. Questo per voi il segno: troverete un
bambino avvolto in fasce, adagiato in una mangiatoia» (Le 2,10-12).
4. C O N I P A D R I D E L L A C H I E S A
1. L'annuncio a Giuseppe
«Il beato Matteo, dopo aver enumerato le generazioni che preludono alla spe-
ranza della nostra salvezza, così prosegue: La nascita di Cristo avvenne in que-
sto modo: sua madre Maria, essendo promessa sposa di Giuseppe, prima che
andassero a vivere insieme, si trovò incinta per opera di Spirito Santo. E questo
dunque il celeste mistero, questo il sacramento nascosto ed arcano dai secoli,
che cioè la Vergine concepì per opera dello Spirito Santo. La successione degli
avvenimenti dell'incarnazione del Signore è più distesamente narrata da Luca.
È questi infatti che racconta come l'angelo sia venuto da Maria, come l'abbia
salutata con le parole: Rallegrati, o piena di grazia (e con le altre espressioni di
saluto che seguono). E poiché Maria voleva sapere come ciò sarebbe accaduto,
dato che lei mai aveva conosciuto uomo, l'angelo le rispose: Lo Spirito Santo
scenderà su di te, su di te stenderà la sua ombra la potenza dell'Altissimo. Colui
che nascerà da te sarà dunque santo, chiamato figlio di Dio. Era ben giusto che
Maria, santa, che avrebbe generato nel suo seno il Signore della gloria, e che
sarebbe stata perciò inondata dallo Spirito Santo e resa radiosa dalla potenza
dell'Altissimo, era ben giusto che ella accogliesse, nel suo seno santificato, il
creatore del mondo. Sia Matteo che Luca cominciano a narrare la generazione
del Signore dalla sua nascita corporale; Giovanni, invece, prende l'avvio con il
narrare la nascita eterna del Verbo, quando scrive: In principio era il Verbo, e il
Verbo era presso Dio, e il Verbo era Dio. Egli era in principio presso Dio. Tutto
è stato fatto per mezzo di lui, e senza di lui niente è stato fatto. Troviamo scritto
così perché era stabilito che gli evangelisti ci potessero trasmettere - mediante
CAPITOIO I V - TEMPOPÌNATALE
12
CROMAZIO DI AQUILEIA, Commento al vangelo dì Matteo 2,1, in: M. SIMONETTI, Matteo
1-13. La Bibbia commentata dai padri 1/1, Città Nuova, 2004,46-47.
CAPITOLO I V - T E M P O DI NATALE 77
13
PRUDENZIO, La dottrina di Dio 566-584, in: A.A. JUST Jr, Luca. La Bibbia commentata dai
padri, cit., 42-43.
R . A .FJJI )L ILIV ' T E M P O DI NATALE
capito. Fu capito dai gentili, non lo fu dai giudei. Venne riconosciuto dalla
Chiesa, non venne riconosciuto dalla sinagoga»14.
4. Il mistero di Cristo
«Il mistero di Cristo è stato preparato anche prima della stessa fondazione del
mondo, ma si manifestò negli ultimi tempi. Divenne una luce per quelli che
nelle tenebre e nell'errore erano caduti nelle mani del diavolo. Erano coloro
che servono le creature invece del Creatore (Rm 1,25), venerando per di più il
drago, l'autore del male, e l'impura folla dei demoni, ai quali rendono l'onore
dovuto a Dio. Eppure Dio Padre li ha chiamati a riconoscere il Figlio, che è la
vera luce... Cristo dunque divenne la luce dei gentili, ma anche per la gloria
di Israele. Infatti, pur ammettendo che alcuni di loro si dimostrarono insolenti
e non obbedienti e con menti che non comprendevano, vi resta comunque una
parte salvata e ammessa alla gloria attraverso Cristo. La primizia di questi
furono i divini discepoli, lo splendore della fama dei quali illumina tutto il
mondo. In un altro senso, Cristo la gloria di Israele, perché egli è venuto da
Israele secondo la carne, anche se è Dio al di sopra di tutto e benedetto per
sempre. Amen»15.
5. Segno di contraddizione
14
CROMAZIO DI AQUILEIA, Commento al Vangelo di Matteo 4 , 1 - 2 , in: M . SIMONETTI, Matteo
1-13. La Bibbia commentata dai padri 1 / 1 , cit., 4 6 - 4 7 .
15
CIRILLO DI ALESSANDRIA, Commento a Luca, omelia 4, in: A . A . JUST Jr, Luca. La Bibbia
commentata dai padri, cit., 87-88.
16
ORIGENE, Omelie sul Vangelo di Luca 17, 4-5, in: Ibidem, 88.
CAPITOLO QUINTO
TEMPO DI QUARESIMA
Il tempo dell'annuncio del regno,
dell'accoglienza e del rifiuto
1
CEI, Messale Romano, Prefazio di quaresima
2
Ibidem, Prefazio di quaresima 5, cit.
CAPITOLO QUINTO
T E M P O DI QUARESIMA
Il t e m p o dell'annuncio del regno,
dell'accoglienza e del rifiuto
1
GEI, Messale Romano, Prefazio di quaresima 1, cit.
2
Ibidem, Prefazio di quaresima 5, cit.
Il Cristo che la Chiesa professa, celebra e vive è Gesù di Nazaret, «uomo
accreditato da Dio... per mezzo di miracoli, prodigi e segni» (At 1,22). Questi
i "misteri" della sua vicenda pubblica: il battesimo al fiume Giordano (.Mt
3,13 -17), le tentazioni nel deserto (Mt 4,1 -11 ), l'annuncio del regno (Mt 4,12-
17), i gesti miracolosi, gli atteggiamenti e i comportamenti. Tutto è mistero.
«I Vangeli sono scritti da uomini che sono stati tra i primi a credere e che
vogliono condividere con altri la loro fede. Avendo conosciuto, nella fede, chi
è Gesù, hanno potuto scorgere e far scorgere in tutta la sua vita terrena le
CAPITOLO V - T E M P O DI QUARESIMA1fi1
tracce del suo Mistero. Dalle fasce della sua nascita, fino all'aceto della sua
passione e al sudario della Risurrezione, tutto nella vita di Gesù è segno del
suo Mistero»3.
1. L E T T U R A D E L D I P I N T O D E L BATTESIMO DI CRISTO
DEL VERROCCHIO
3
Catechismo della Chiesa Cattolica, Libreria Editrice Vaticana, Città del Vaticano 2002,
n. 515).
V T e m p o
12 ° - P'-Q-^MESIMA..
2. I L B A T T E S I M O D I G E S Ù
4
«Il fatto che Gesù sia andato incontro a Giovanni, sulle rive del Giordano, per ricevere il ^
suo battesimo..., in primo luogo, significa che egli riconobbe l'opera di Giovanni; un ricono-
scimento pubblico che venne ulteriormente esplicitato, per affermare la sua superiorità rispetto
a tutti i profeti (cfr. Mt l l , 7 b - l l ) . Tuttavia, al di là dell'ipotesi di un eventuale discepolato di
Gesù alla sequela del Battista, tale episodio, soprattutto, fa ragionevolmente supporre un'ini-
ziale condivisione della prospettiva penitenziale e di conversione sigillata da quel rito. Ciò non
significa che Gesù abbia considerato se stesso bisognoso di purificazione quanto, invece, che ì
abbia riconosciuto Giovanni come un profeta escatologico del quale raccogliere l'annuncio, e
così "adempiere ogni giustizia" (cfr. Mt 3,15), nel segno di un'obbedienza incondizionata "f
alla volontà del Dio d'Israele» (M. GRONCHI, Trattato su Gesù Cristo Figlio dì Dio salvatore,
cit., 121-122). Sul battesimo di Gesù cfr. Ch. S C H U T Z , Il battesimo di Gesù, in: J. F E I N E R - M .
LOHRER (e,dd.), Mysterium salutis, 6, cit., 80-101; A . P O P P I , L'inizio del Vangelo. Predicazio- ?
ne del Battista, battesimo e tentazione di Gesù, Messaggero, Padova 1976; A A . V V . , I misteri
della vita di Cristo, in: "Credereoggi" 2 (1986) 32, Messaggero, Padova; J. RATZINGER -
BENEDETTO XVI, Gesù di Nazaret, Rizzoli, Milano 2007, 29-45.
5
«Gesù venne da Giovanni e ricevette da lui il battesimo. O fatto che riempie di stupo-
re! Il fiume infinito, che rallegra la città di Dio, viene bagnato da poche gocce d'acqua. La
sorgente incontenibile, da cui sgorga la vita per tutti gli uomini ed è perenne, si immerge in
un filo d'acqua scarsa e fugace. Colui che è dappertutto e non manca in nessun luogo, colui
Quattro particolari spiegano il battesimo di Gesù: l'uscita dall'acqua (Mt
3,16), l'apertura dei cieli (Mt 3,16), la manifestazione dello Spirito Santo (Mt
3,16) e la voce del cielo (Mi 3,17). L'uscita dall'acqua rimanda all'evento del
passaggio del Mar Rosso (Es 14,15-31): Gesù è il nuovo Israele. L'apertura
dei cieli da una parte esprime l'irruzione del divino nella sfera dell'umano,
dall'altra rivela l'identità dell'uomo che è uscito dall'acqua (Is 63,19): Gesù è
il messia. La manifestazione dello Spirito Santo consacra ed abilita Gesù alla
missione che gli è stata affidata ed indica che i tempi messianici sono arrivati
(Gl 3,1-3). La voce del cielo rivela l'identità e la missione di Gesù: è il Figlio
amato del Padre, il Messia servo sofferente (Is 42,2; 53,4-6) 6 . «Gesù si fa
battezzare da Giovanni Battista per affermare la sua solidarietà con i peccatori
e assumere la missione di Messia-Servo» 7 .
«Alla luce dei successivi avvenimenti della Pasqua, l'immersione nel fiume
Giordano appare quasi un preludio del supremo "battesimo" nelle acque della
morte per i nostri peccati, mentre la prima pubblica presentazione come messia
preannuncia l'intronizzazione nella gloria della risurrezione»8
che gli angeli non possono comprendere e gli uomini non possono vedere, si accosta a ricevere
il battesimo di spontanea volontà» (IPPOLITO DI ROMA, Omelìa sulla Santa Teofania, 2 , GCS 1 / 2 ) .
«Gesù santificò il battesimo quando egli pure fu battezzato. Se il Figlio di Dio fu battezzato,
chi potrà dirsi pio e disprezzare il battesimo? Non fu battezzato per ricevere la remissione
dei peccati (perché egli era senza peccato); benché innocente fu battezzato per procurare una
grazia e una dignità divina ai battezzati. Come infatti, "poiché i figli avevano una natura fatta di
sangue e di carne, egli pure l'ha presa", affinché, essendo partecipi della sua natura corporea, lo
divenissimo pure della sua grazia divina, così Gesù fu battezzato perché noi pure, per mezzo del
battesimo, fossimo fatti degni di essere salvi in virtù della nostra comunione con lui... Scendi
nell'acqua portando con te i peccati, ma la invocazione della grazia pone un sigillo sull'anima e
non permette che tu sia assorbito di nuovo dallo spaventoso drago. Scendi morto per i peccati e
sali vivificato nella giustizia» (CIRILLO DI GERUSALEMME, L E catechesi, 3 , 1 1 - 1 2 , in: E. BARBISAN,
Le catechesi, Edizioni Paoline, Alba 1 9 6 6 , 7 2 - 7 3 ) .
6
«Cristo nel battesimo si fa luce, entriamo anche noi nel suo splendore; Cristo riceve il
battesimo, inabissiamoci con lui per poter con lui salire alla gloria... Gesù sale dalle acque e
porta con sé in alto tutto intero il cosmo. Vede scindersi e aprirsi i cieli, quei cieli che Adamo
aveva chiuso per sé e per tutta la sua discendenza, quei cieli preclusi e sbarrati come il paradiso
lo era per la spada fiammeggiante. E lo Spirito testimonia la divinità del Cristo: si presenta
simbolicamente sopra colui che gli è del tutto uguale. Una voce proviene dalle profondità dei
cieli, da quelle stesse profondità dalle quali proveniva chi in quel momento riceveva la testi-
monianza. Lo Spirito appare visibilmente come colomba e, in questo modo, onora anche il
corpo divinizzato e quindi Dio. Non va dimenticato che molto tempo prima era stata pure una
colomba quella che aveva annunziato la fine del diluvio» (GREGORIO DI NAZIANZO, Discorso 39,
14-16.20, in: A A . V V . , L'ora di lettura commentata dai padri, 3, Edizioni Dehoniane, Bologna
2003, 18-19).
7
CEI, La verità vi farà lìberi. Catechismo degli adulti, cit., n. 185.
8
Ibidem, n. 180.
R.APiTOLO V - T E M P O DI QUARESIMA
3. L E T E N T A Z I O N I
Dopo il battesimo, Gesù, condotto dallo Spirito Santo, va nel deserto per
fare un'esperienza che i teologi considerano come uno dei principali misteri
della vita di Gesù: l'esperienza della tentazione. Ne parlano Mt 4,1-11; Me
1,12-13; Le 4,1-13 9 .
Nel racconto evangelico si possono individuare questi elementi: la pre-
senza e l'azione dello Spirito Santo (la vita di Gesù si svolge sempre sotto il
segno della presenza dello Spirito Santo, dal concepimento alla morte in cro-
ce); il deserto (tempo e spazio di prova, ma anche tempo e spazio di intimità
con Dio); il diavolo (creatura angelica nemica di Dio e degli uomini); il tempo
della permanenza nel deserto (quaranta giorni e quaranta notti); le tentazioni:
«Se tu sei Figlio di Dio, di' che queste pietre diventino pane» {Mt 4,3).
«Tutte queste cose io ti darò se, gettandoti ai miei piedi, mi adorerai» (Mt
4,9).
9
Cfr. J . DUPONT, Le tentazioni dì Gesù nel deserto, Paideia, Brescia 1970; C H . SCHÜTZ, La
tentazione di Gesù, in: J . F E I N E R - M . LÖHRER (edd.), Mysterium salutis, 6, cit., 102-120; M . B O R -
DONI, Deserto e tentazioni di Gesù, in: Gesù di Nazaret Signore e Cristo. Saggio di Cristologia
sistematica. 2. Gesù al fondamento della Cristologia, Herder/Università Lateranense, 1985,
69-75; B. R E Y , Le tentazioni e la scelta di Gesù, Elledici, Leumann (TO) 1988; J . RATZINGER -
BENEDETTO XVI, Gesù dì Nazaret, cit., 47-68; G . STROLA, Deserto, in: R . P E N N A - G . P E R E G O - G .
RAVASI (edd.), Temi teologici della Bibbia, cit., 318-326; R . PISTONE, Tentazione, in: Ibidem,
1376-1383.
10
CEI, La verità vi farà lìberi. Catechismo degli adulti, cit., n. 181.
CAPITOLO V - TEMPO DI QUARESIMA1fi1
perché la vera liberazione dell'uomo nasce dal cuore. Il suo essere Figlio di
Dio si manifesta non nel possesso, nell'esibizione di potenza e nel dominio, ma
nell'umile servizio, nel dono di sé, nella croce»11.
Dopo l'esperienza del battesimo nel Giordano e della tentazione nel deser-
to, Gesù comincia a predicare il vangelo del regno: «Il tempo è compiuto e il
regno di Dio è vicino; convertitevi e credete nel Vangelo» (Me 1,15). L'annun-
cio del regno di Dio (o, meglio, della "signoria di Dio") è il perché della sua
vita e della sua missione:
«Lo Spirito del Signore è sopra di me; - per questo mi ha consacrato con l'un-
zione - e mi ha mandato a portare ai poveri il lieto annuncio, - a proclamare
ai prigionieri la liberazione - e ai ciechi la vista; - a rimettere in libertà gli
oppressi, - a proclamare l'anno di grazia del Signore» (Le 4,18-19).
«Giovanni fu informato dai suoi discepoli di tutte queste cose. Chiamati quindi
due di loro, Giovanni li mandò a dire al Signore: "Sei tu colui che deve venire o
dobbiamo aspettare un altro?". Venuti da lui, quegli uomini dissero: "Giovanni
il Battista ci ha mandati da te per domandarti: "Sei tu colui che deve venire o
dobbiamo aspettare un altro?". In quello stesso momento Gesù guarì molti da
malattie, da infermità, da spiriti cattivi e donò la vista a molti ciechi. Poi diede
loro questa risposta: "Andate e riferite a Giovanni ciò che avete visto e udito:
i ciechi riacquistano la vista, gli zoppi camminano, i lebbrosi sono purificati,
i sordi odono, i morti risuscitano, ai poveri è annunciata la buona notizia. E
beato è colui che non trova in me motivo di scandalo!"» (Le 7,18-23).
11
Ibidem. «Se Gesù non si sottrae alla fame, non si getta dal pinnacolo del tempio, rifiuta
il potere mondano, ciò significa che egli intende condividere radicalmente i limiti dell'umanità,
anzi, si dispone a scendere nell'abisso ancora più profondo della condizione umana, quello
della morte; perciò, coerentemente, rifiuterà anche di scendere dalla croce (cfr. Me 15,29). Nel
vortice dell'esistenza umana, pienamente condivisa, egli non tenta Dio, per sottrarsi al suo
limite: il solo motivo per uscirvi sarà l'abbandono al Padre, dal cui abbraccio Gesù si troverà
accolto» (M. GRONCHI, Trattato su Gesù Cristo Figlio di Dio salvatore, cit., 139).
12
CEI, La verità vi farà lìberi. Catechismo degli adulti, cit., n. 185.
Dio: tale è la missione per la quale Gesù si dichiara inviato dal Padre. E tutti gli
aspetti del suo ministero, la stessa incarnazione, i miracoli, l'insegnamento, la
chiamata dei discepoli, l'invio dei Dodici, la croce e la risurrezione, la perma-
nenza della sua presenza in mezzo ai suoi, sono componenti della sua attività
evangelizzatrice»13.
Annunciando il regno, si pone, per certi aspetti, nel solco della tradizione
profetica. Come i profeti, Gesù sa di essere stato mandato per rendere testi-
monianza con le parole e le opere alla potenza salvifica di Dio. Può ritrovarsi
in lui il dramma personale di Osea di fronte all'infedeltà del suo popolo (Os
1-2), la disponibilità generosa di Isaia (Is 6,8), la testimonianza coraggiosa di
Geremia (Ger 1,18), l'eco del grido di Ezechiele che annuncia la risurrezione
della carne (Ez 37,5-6).
Il suo annuncio, tuttavia, ha caratteristiche che lo rendono assolutamente
originale ed unico. I profeti sono i servi di Dio. Gesù è il Figlio unigenito
(Mi 3,17; 11,27; Me 1,11; 9,2-8). I profeti annunciano la parola di Dio. Gesù
è la Parola di Dio (Gv 1,1.18; Me 1,1). I profeti si appellano all'autorità di
Dio. Gesù parla a titolo personale (Mt 5,21-22.27-48; Me 1,22). I profeti
si inseriscono nella linea di una rivelazione che Dio fa progressivamente
secondo la legge dell'accondiscendenza. Gesù è il compimento della rivela-
zione (Mt 5,17; Le 2,6).
Il nucleo essenziale dell'annuncio di Gesù è il mistero del regno: «Il tempo
è compiuto e il regno di Dio è vicino; convertitevi e credete nel Vangelo» (Me
1,15). Annunciando il regno si pone nel solco della tradizione biblica. Il Penta-
teuco sottolinea la regalità di Dio che si manifesta con l'esodo dalla schiavitù
d'Egitto e con la conquista della terra promessa. I profeti annunciano che Dio
regnerà sul monte Sion (Mi 4,6-7; Is 52,7). Anche i Salmi cantano la regalità
di Dio che ha creato il mondo ed ha salvato il suo popolo. Più volte appare
l'acclamazione: «Yahweh malak, il Signore regna!» (Sai 47; 93; 96; 98; 99).
Ma è nel futuro che la regalità di Dio avrà la sua espressione più ampia quando
13
PAOLO VI, L'evangelizzazione nel mondo contemporaneo, 8.12.1975, n. 6. Cfr. G . B A R -
BAGLIO-S. DIANICH, Regno di Dio, in: G . BARBAGLIO-S. DIANICH (edd.), Nuovo Dizionario di
Teologia, cit., 1235-1250; S . A . P A N I M O L L E , R e g n o di Dio, in: P. ROSSANO-G. RAVASI-A. GHIRLAN-
DA (edd.), Nuovo Dizionario di Teologia Biblica, cit., 1296-1322; A . AMATO, Gesù il Signore.
Saggio di cristologia, cit., 162-167; J . RATZINGER - BENEDETTO XVI, Gesù di Nazaret, cit., 69-86;
M . GRONCHI, Trattato su Gesù Cristo Figlio di Dio salvatore, cit., 138-147; J . SCHLOSSER, Regno
di Dìo, in: R . P E N N A - G . P E R E G O - G . RAVASI (edd.), Temi teologici della Bibbia, cit., 1133-1138.
CAPITOLO V - TEMPO DI QUARESIMA1fi1
Nel corso della sua predicazione Gesù non dà mai una definizione di re-
gno. Preferisce presentarlo ed illustrarlo con il suo stile di vita e con alcune
parabole 14 . Sono le parabole del regno: il seminatore, la zizzania, il granellino
di senape, il lievito, il tesoro nascosto e la perla preziosa, la rete gettata in
mare, i vignaioli omicidi, il padre misericordioso (Mt 13,1-52; 21,33-46; Me
4,1-34; Le 8,4-15; 13,18-30; 15,ll-32) 15 .
Il regno che Gesù annuncia non è un regno politico e non si esaurisce nella
storia degli uomini. È un evento che lascia tracce profonde e che può essere
colto dai semplici e dagli umili. È un mistero che trova "corpo" ed "epifania"
in Gesù: nel suo stile di vita e nelle sue scelte. Di fronte ad esso l'uomo non
può e non deve rimanere indifferente.
Il regno che Gesù annuncia è un evento di grazia che sta per accadere: «Il
tempo è compiuto e il regno di Dio è vicino; convertitevi e credete nel Van-
14
«Le parabole fanno appello all'esperienza umana più semplice e profonda. Sono desun-
te dal mondo della natura, dell'agricoltura e dell'allevamento, dall'attività professionale, dal
denaro, dalla guerra e dalla pace, ma anche dalle realtà domestiche e dalle relazioni familiari.
Si basano su un fondo di saggezza comune; ma, ogni volta, conferiscono all'aneddoto una pro-
fondità insospettata, invitando a cogliere una posta in gioco decisiva in una situazione banale.
Entrare a fondo nel gioco della parabola significa gettare sulla propria esistenza la luce cruda
della verità, significa impegnarsi a fare questa verità dentro di sé, cioè a convertirsi al Regno»
(B. SESBOUÉ, Gesù Cristo nella tradizione della Chiesa, cit., 249).
15
Cfr. C.H. D O D D , Le parabole del regno, Paideia, Brescia 1 9 7 0 ; J . JEREMIAS, Le parabole
di Gesù, cit.; J . DUPONT,11 metodo parabolico di G E I « , Paideia, Brescia 1 9 7 8 ; K . G U T B R O D , G W -
da alle parabole di Gesù, Paideia, Brescia 1 9 8 0 ; J . LAMBRECHT, Le parabole di Gesù, Edizioni
Dehoniane, Bologna 1 9 8 2 ; E. LINNERMANN, Le parabole di Gesù, Queriniana, Brescia 1 9 8 2 ; F.
Fusco, Oltre la parabola. Introduzione alle parabole di Gesù, Boria, Roma 1 9 8 3 ; IDEM, Para-
bola/Parabole, in: P. ROSSANO-G. RAVASI-A. GHIRLANDA (edd.), Nuovo Dizionario di Teologia
Biblica, cit., 1 0 8 1 - 1 0 9 7 ; A . KEMMER, Le parabole di Gesù. Come leggerle, come comprenderle,
Paideia, Brescia 1 9 9 1 ; H . WEDER, Metafore del Regno. Le parabole di Gesù. Ricostruzione
ed interpretazione, Paideia, Brescia 1 9 9 1 ; B. MAGGIONI, Le parabole evangeliche, Ed. Vita
e Pensiero, Milano 1 9 9 5 ; R. GUARDINI, Parabole, Morcelliana, Brescia 1 9 9 6 ; O . BATTAGLIA,
Le parabole del Regno. Ricerca esegetica e pastorale sulle sette parabole del capitolo 13 di
Matteo, Cittadella Editrice, Assisi 1 9 9 9 2 ; A J . HULTGREN, Le parabole di Gesù, Paideia, Brescia
2 0 0 4 ; R . MEYNET, Parabola, in: R. P E N N A - G . P E R E G O - G . RAVASI (edd.), Temi teologici della
Bibbia, cit., 9 4 4 - 9 4 9 .
CAPITOLO V - TEMPO^LQUARESIMA
gelo» (Me 1,15); un evento presente: «Ma, se io scaccio i demòni per mezzo
dello Spirito di Dio, allora è giunto a voi il regno di Dio» (Mt 12,28);
«I farisei gli domandarono: "Quando verrà il regno di Dio?". Egli rispose loro:
"Il regno di Dio non viene in modo da attirare l'attenzione, e nessuno dirà:
"Eccolo qui", oppure: "Eccolo là". Perché, ecco, il regno di Dio è in mezzo a
voi!» (Le 17,20-21);
un evento escatologico:
5. IL M E S S A G G I O D I G E S Ù
16
CEI, La verità vi farà liberi. Catechismo degli adulti, cit., n. 126.
17
«Gli atti taumaturgici, segno delle "beatitudini" promesse ai piccoli nel regno di Dio,
ma anche i gesti più semplici della vita quotidiana (come mangiare e bere con i peccatori e i
pubblicani) sono segni dell'apertura del regno di Dio a tutte le categorie di persone, a conferma
del rovesciamento dei criteri che vi danno accesso. In quanto tali, essi sono attualizzazione della
venuta del regno di Dio nella persona stessa di Gesù» ( M . GRONCHI, Trattato su Gesù Cristo
Figlio di Dio salvatore, cit., 145-146).
CAPITOLO V - TEMPO DI QUARESIMA1fi1
Gesù non toglie nulla alla legge di Mosè, ma va alla radice dei comporta-
menti umani. Il discorso propone una concezione di vita esigente e gioiosa.
1. Le beatitudini
«Vedendo le folle, Gesù salì sul monte: si pose a sedere e si avvicinarono a lui
i suoi discepoli. Si mise a parlare e insegnava loro dicendo:
"Beati i poveri in spirito,
perché di essi è il regno dei cieli.
Beati quelli che sono nel pianto,
perché saranno consolati.
Beati i miti,
perché avranno in eredità la terra.
Beati quelli che hanno fame e sete della giustizia,
perché saranno saziati.
Beati i misericordiosi,
perché troveranno misericordia.
18
Cfr. J . DUPONT, Beatitudine/Beatitudini, in: P . R O S S A N O - G . RAVASI-A. GHIRLANDA (edd.),
Nuovo Dizionario dì Teologia Bìblica, cit., 1 5 5 - 1 6 1 ; G . SALDARINI, Le beatitudini evangeliche,
O. R . , Milano 1 9 8 9 ; L. SERENTHÀ, Il Regno dì Dìo è qui. Il discorso della montagna, Ancora,
Milano 1 9 8 9 ; M. RUSSOTTO, Le beatitudini evangeliche, Libreria Editrice Vaticana, Città del
Vaticano 1 9 9 1 ; A A . V V . , Il paradosso delle Beatitudini, O. R . , Milano 1 9 9 5 ; C. GHIDELLI, Bea-
titudini evangeliche e spiritualità laicale, Queriniana, Brescia 1 9 9 6 ; J . RATZINGER - BENEDETTO
XVI, Gesù di Nazaret, cit., 8 7 - 1 2 5 ; M. DUMAIS, Beatitudini, in: R . P E N N A - G . P E R E G O - G . RAVASI
(edd.), Temi teologici della Bibbia, cit., 1 2 2 - 1 2 7 .
19
B. SESBOUÉ, Gesù Cristo nella tradizione della Chiesa, cit., 246.
20
Catechismo della Chiesa Cattolica, cit., n. 1716.
21
M . GRONCHI, Trattato su Gesù Cristo Figlio di Dio salvatore, cit., 1 6 5 . Le beatitudini
riguardano il presente dell'uomo: «Qui e ora Gesù il profeta escatologico è presente tra i poveri
e porta loro adesso il messaggio di gioia. Non si tratta di un aldilà, ma della sovranità di Dio
che con l'apparizione di Gesù comincia a realizzarsi: la svolta escatologica sta per avvenire
ora... Ora avviene, vale a dire, ora si compie quest'attesa desiderosa del Dio soccorritore; la
realizzazione della promessa e dell'attesa è imminente. Con Gesù sopraggiunge... il regno di
Dio» ( E . SCHILLEBEECKX, Gesù la storia di un vivente, Queriniana, Brescia 1 9 7 6 , 1 7 4 . 1 7 7 ) .
il CAPJTOLOV^XEMPO^UAMSÌMA
«Le prime tre beatitudini ci fanno volgere verso Dio: ci invitano ad aprirci a
lui per essere appagati. La quarta fa il passaggio dall'apertura a Dio all'aper-
tura agli altri, poiché la sete della volontà di Dio contiene l'una e l'altra. Le
beatitudini dei misericordiosi, dei puri di cuore e degli operatori di pace ci
propongono il giusto comportamento da avere nei confronti dei nostri fratelli e
sorelle in comunità. Così dunque l'etica cristiana proposta nelle beatitudini si
radica nella spiritualità»22.
«Beati i poveri perché Dio li ama, si impegna a liberarli dalla sofferenza e fin
d'ora conferisce loro la dignità di suoi figli, che nessuna circostanza esteriore
può compromettere. Chi vive consapevolmente la comunione filiale con Dio fa
esperienza di gioia anche in mezzo alle tribolazioni, come Gesù. E necessario
però condividere l'atteggiamento del Maestro, "mite ed umile di cuore" (Mt
11,29) e vivere secondo lo spirito delle beatitudini. Confidare nella ricchezza,
gloriarsi della propria giustizia, considerarsi autosufficienti: ecco ciò che im-
pedisce di accogliere il regno di Dio, che è dono gratuito»23.
2. Il precetto dell'amore
«Avete inteso che fu detto: Amerai il tuo prossimo e odierai il tuo nemico.
Ma io vi dico: amate i vostri nemici e pregate per quelli che vi perseguitano,
affinché siate figli del Padre vostro che è nei cieli; egli fa sorgere il suo sole sui
22
M . DUMAIS, Beatitudini, in: R . P E N N A - G . P E R E G O - G . RAVASI (edd.), Temi teologici della
Bibbia, cit., 126.
23
GEI, La verità vi farà liberi. Catechismo degli adulti, cit., n. 135. «Il messaggio di Gesù
non è una somma di comandamenti. Seguire il suo esempio non significa dare esecuzione a
un certo numero di prescrizioni. Non per nulla al vertice del discorso della montagna stanno
promesse di beatitudine per gli infelici. Il dono, l'elargizione, la grazia precedono la norma, il
precetto, la direttiva: tutti sono chiamati, a tutti è offerta la salvezza, senza privilegi di sorta.
Le direttive stesse, poi, non sono che conseguenze del messaggio sul regno di Dio» ( H . K U N G ,
Essere cristiani, cit., 269).
CAPITOLO V - T E M P O DI QUARESIMA 1 Fi 1
cattivi e sui buoni, e fa piovere sui giusti e sugli ingiusti. Infatti, se amate quelli
che vi amano, quale ricompensa ne avete? Non fanno così anche i pubblicani?
E se date il saluto soltanto ai vostri fratelli, che cosa fate di straordinario? Non
fanno così anche i pagani? Voi, dunque, siate perfetti come è perfetto il Padre
vostro celeste» (Mt 5,43-48)24.
«Allora i farisei, avendo udito che egli aveva chiuso la bocca ai sadducei, si
riunirono insieme e uno di loro, un dottore della Legge, lo interrogò per met-
terlo alla prova: "Maestro, nella Legge, qual è il grande comandamento?".
Gli rispose: "Amerai il Signore tuo Dio con tutto il tuo cuore, con tutta la tua
anima e con tutta la tua mente. Questo è il grande e primo comandamento. Il
secondo poi è simile a quello: Amerai il tuo prossimo come te stesso. Da questi
due comandamenti dipendono tutta la Legge e i Profeti"» (Mt 22,34-40)25.
«Questo è il mio comandamento: che vi amiate gli uni gli altri come io ho ama-
to voi. Nessuno ha un amore più grande di questo: dare la sua vita per i propri
amici. Voi siete miei amici, se fate ciò che io vi comando. Non vi chiamo più
servi, perché il servo non sa quello che fa il suo padrone; ma vi ho chiamato
amici, perché tutto ciò che ho udito dal Padre mio l'ho fatto conoscere a voi.
Non voi avete scelto me, ma io ho scelto voi e vi ho costituiti perché andiate e
portiate frutto e il vostro frutto rimanga; perché tutto quello che chiederete al
Padre nel mio nome, ve lo conceda. Questo vi comando: che vi amiate gli uni
gli altri» (Gv 15,12-17).
24
«L'amore per il prossimo non ha nulla a che vedere con il sentimentalismo, con il "cuore
tenero", con un atteggiamento - epicureo o piccolo borghese - che si situa passivamente fuori
degli eventi della storia. In Gesù l'amore per il prossimo è frutto del tempo, di una vita dura,
non è "compassione" nel senso di Schopenhauer, non è simpatia per la debolezza degli altri: in
Gesù l'amore per il prossimo è una "esigenza severa e senza compromessi nei confronti di se
stessi", è l'impegno di darsi totalmente agli altri e, nell'ambito di questa dedizione, di soffrire
la violenza e l'ingiustizia piuttosto che provocarla» ( M . MACHOVEC, Gesù per gli atei, Cittadella
Editrice, Assisi 1973,119).
25
«L'amore per Dio è il grande e fondamentale precetto di Gesù, che si collega all'amore
per il prossimo, in modo da costituire un unico supremo comandamento... L'amore di Dio
predicato da Gesù riveste la fondamentale caratteristica di passione ardente» (M. GRONCHI,
Trattato su Gesù Cristo Figlio dì Dio salvatore, cit., 367.368). «Portando alle estreme conse-
guenze l'amore del prossimo e rifiutando ogni interpretazione legalistica, Gesù è andato oltre il
giudaismo del suo tempo» ( R . SCHNACKENBURG, Il messaggio morale del Nuovo Testamento, l,
Da Gesù alla chiesa primitiva, Paideia, Brescia 1989,113). Cfr. BENEDETTO XVI, Deus charitas
est, 25.12.2005, nn. 1.16-18.
CAPITOLO V - TEMPO D J Q U M G S J M A ,
pegnarsi seriamente per una forma di vita, che prevede servizio scambievole,
correzione fraterna, perdono, riconciliazione, attenzione ai più deboli. Questo
atteggiamento deve valere verso tutti, anche verso gli estranei: lo insegna con
mirabile efficacia la parabola del samaritano»26.
3. Il Padre nostro
26
C E I , La verità vi farà liberi. Catechismo degli adulti, cit., nn. 1 6 1 - 1 6 2 . «Amore vuol
dire perdono... E caratteristica di Gesù una disponibilità al perdono che non conosce limiti:
non sette volte, ma settantasette volte, e cioè di continuo, all'infinito. E a chiunque, senza
eccezioni... Amore vuol dire servizio... È caratteristico di Gesù un servizio altruistico che non
conosce rapporti gerarchici... Amore vuol dire rinuncia... È caratteristica di Gesù la rinuncia
volontaria senza contropartita, concretizzabile come: rinuncia a determinati diritti in favore
dell'altro: percorrere due miglia con chi mi ha costretto ad accompagnarlo per un miglio. Ri-
nuncia al potere a proprie spese: cedere anche il mantello a chi mi ha tolto la tunica. Rinuncia
alla violenza in risposta alla violenza: porgere la guancia sinistra a chi mi ha percosso la destra»
( H . K O N G , Essere cristiani, cit., 2 8 9 . 2 9 0 . 2 9 1 ) .
27
Catechismo della Chiesa Cattolica, cit., n. 2764.
28
TERTULLIANO, De oratione, 1 , 6 , C C L 1 , 2 5 8 .
29
AGOSTINO D'IPPONA, Epistula 1 3 0 , 1 2 , 2 2 : P L 3 3 , 5 0 2 .
CAPITOLO V - T E M P O DI QUARESIMA1fi1
«La preghiera del pater noster è perfettissima... Nella preghiera del Signore
non solo vengono domandate tutte le cose che possiamo desiderare, ma anche
nell'ordine in cui devono essere desiderate: cosicché questa preghiera non solo
insegna a chiedere, ma plasma anche tutti i nostri affetti»30.
L'ascolto della Parola e la sua osservanza sono propri di chi vuole essere
discepolo.
«"Perciò chiunque ascolta queste mie parole e le mette in pratica, sarà simile
a un uomo saggio, che ha costruito la sua casa sulla roccia. Cadde la pioggia,
strariparono i fiumi, soffiarono i venti e si abbatterono su quella casa, ma essa
non cadde, perché era fondata sulla roccia. Chiunque ascolta queste mie parole
e non le mette in pratica, sarà simile a un uomo stolto, che ha costruito la sua
casa sulla sabbia. Cadde la pioggia, strariparono i fiumi, soffiarono i venti e si
abbatterono su quella casa, ed essa cadde e la sua rovina fu grande". Quando
Gesù ebbe terminato questi discorsi, le folle erano stupite del suo insegna-
mento: egli infatti insegnava loro come uno che ha autorità, e non come i loro
scribi» (Mt 7,24-27).
30
TOMMASO D ' A Q U I N O , Summa theologiae II-II, 8 3 , 9 . Cfr. R. FABRIS, Padre nostro, pre-
ghiera dentro la vita, Boria, Roma 1 9 8 4 ; P. STEFANI, Il Padre nostro, Marietti, Torino 1 9 9 1 ; H.
SCHURMANN, Padre nostro, la preghiera del Signore, Jaca Book, Milano 1 9 9 4 ; C. Dì SANTE, Il
Padre nostro. L'esperienza di Dio nella tradizione ebraico-cristiana, Cittadella Editrice, Assisi
1 9 9 5 ; B. MAGGIONI, Padre nostro, Vita e Pensiero, Milano 1 9 9 5 ; J . RATZINGER - BENEDETTO XVI,
Gesù di Nazaret, cit., 1 5 7 - 2 0 1 .
31
CIRILLO DI ALESSANDRIA, Frammento 8 9 , in: M . SIMONETTI, Matteo 1-13. La Bibbia com-
mentata dai padri, 1/1, cit., 259.
5. La croce
«Chi ama padre o madre più di me, non è degno di me; chi ama figlio o figlia
più di me, non è degno di me; chi non prende la propria croce e non mi segue,
non è degno di me. Chi avrà tenuto per sé la propria vita, la perderà, e chi avrà
perduto la propria vita per causa mia, la troverà» (Mt 10,37-39).
«Allora Gesù disse ai suoi discepoli: "Se qualcuno vuole venire dietro a me,
rinneghi se stesso, prenda la sua croce e mi segua. Perché chi vuole salvare la
propria vita, la perderà; ma chi perderà la propria vita per causa mia, la troverà.
Infatti quale vantaggio avrà un uomo se guadagnerà il mondo intero, ma perde-
rà la propria vita? O che cosa un uomo potrà dare in cambio della propria vita?
Perché il Figlio dell'uomo sta per venire nella gloria del Padre suo, con i suoi
angeli, e allora renderà a ciascuno secondo le sue azioni"» (Mt 16,24-27).
«Una folla numerosa andava con lui. Egli si voltò e disse loro: "Se uno viene
a me e non mi ama più di quanto ami suo padre, la madre, la moglie, i figli, i
fratelli, le sorelle e perfino la propria vita, non può essere mio discepolo. Colui
che non porta la propria croce e non viene dietro a me, non può essere mio
discepolo"» (Le 14,25-27).
6. Gesù il profeta
Uno dei profeti. Questa l'opinione della gente. Opinione, certo, legittima,
ma insufficiente. Gesù più che un profeta, è il profeta, il profeta escatologico
che manifesta e porta a compimento i disegni concepiti da Dio per la salvezza
dell'uomo.
profeti e dei sapienti: "ecco, ora qui c'è più di Giona!... c'è più di Salomone!"
(Mt 12,41-42)... Tuttavia Gesù si situa nella linea dei profeti e non respinge la
qualifica di "profeta", con cui viene designato in ambienti popolari. Solo che,
a differenza della gente, non mette l'accento sul potere di taumaturgo, ma sul
destino di profeta rifiutato, perseguitato e martire, perché fedele a Dio e alla
missione ricevuta: "Non è possibile che un profeta muoia fuori di Gerusalem-
me. Gerusalemme, Gerusalemme, che uccidi i profeti e lapidi coloro che sono
mandati a te, quante volte ho voluto raccogliere i tuoi figli come una gallina la
sua covata sotto le ali e voi non avete voluto!" (Le 13,33-34)»32.
Alla luce della testimonianza dei vangeli si possono sottolineare tratti si-
gnificativi dell'attività profetica, evangelizzatrice, di Gesù.
Gesù annuncia con la parola.
32
CEI, La verità vi farà liberi. Catechismo degli adulti, cit., n. 218.
33
H . KUNG, Essere cristiani, cit., 1 9 3 - 1 9 4 .
34
B. M O N D I N , Gesù Cristo salvatore dell'uomo. Cristologia storica e sistematica, Edizioni
Stadio Domenicano, Bologna 1 9 9 3 , 3 4 0 - 3 4 1 .
CAPITOLO V - T E M P O DI QUARESIMA1fi1
Gesù, in pratica, annuncia la bella notizia che Dio, fedele alle sue promes-
, è un Dio che libera e salva. La salvezza che egli dona
«non solo è liberazione da tutto ciò che opprime l'uomo, ma è soprattutto li-
berazione dal peccato e dal maligno, nella gioia di conoscere Dio e di essere
conosciuti da lui, di vederlo, di abbandonarsi a lui. Tutto ciò comincia durante
la vita del Cristo, è definitivamente acquisito mediante la sua morte e la sua
risurrezione, ma deve essere pazientemente condotto nel corso della storia, per
essere pienamente realizzato nel giorno della venuta definitiva del Cristo, che
nessuno sa quando avrà luogo, eccetto il Padre»35.
6. I M I R A C O L I
35
PAOLO VI, L'evangelizzazione nel mondo contemporaneo, cit., n. 9.
36
Cfr. F . MUSSNER, I miracoli di Gesù. Poblemipreliminari, Queriniana, Brescia 1 9 6 9 ; R .
LATOURELLE, Miracolo, in: G. BARBAGLIO-S. DIANICH (edd.), Nuovo Dizionario di Teologia, cit.,
9 3 1 - 9 4 5 ; E. CHARPENTIER,/miracoli del Vangelo, Gribaudi, Torino 1 9 7 8 ; B. CORSANI, /miracoli
di Gesù nel quarto vangelo. L'ipotesi della fonte dei segni, Paideia, Brescia 1 9 8 3 ; R . LATOUREL-
LE, Miracoli dì Gesù e teologia del miracolo, Cittadella Editrice, Assisi 1 9 8 7 ; IDEM, Miracoli
di Gesù e Teologia del miracolo, Cittadella Editrice, Assisi 1 9 8 7 ; F . URICCHIO, Miracolo, in: P.
R O S S A N O - G . RAVASI-A. GHIRLANDA (edd.), Nuovo Dizionario di Teologìa Biblica, cit., 9 5 5 - 9 7 8 ;
K . STOCK, Le azioni potenti di Gesù nella restimonianza dei vangeli sinottici, in "Communio"
1 0 7 ( 1 9 8 9 ) , 1 0 - 2 3 ; S . L E O N E , I miracoli di guarigione nel Vangelo, Orizzonte Medico, Roma
1 9 9 1 ; A . W E I S E R , I miracoli di Gesù. Saggio sul miracolo come "segno" per coloro che credo-
no, Paideia, Brescia 1 9 9 1 ; R . FISICHELLA,Miracolo, in: G. B A R B A G L I O - G . B O F - S . DIANICH (edd.),
Teologia, cit., 9 9 8 - 1 0 0 9 ; A . AMATO, Gesù il Signore. Saggio di cristologia, cit., 1 7 9 - 1 8 3 ; M.
GRONCHI, Trattato su Gesù Cristo Figlio di Dio salvatore, cit., 1 4 7 - 1 5 4 ; A. BORRELL, Miracolo,
in: R . P E N N A - G . P E R E G O - G . RAVASI (edd.), Temi teologici della Bibbia, cit., 8 5 1 - 8 5 7 ; D . HERCSIK,
Il Signore Gesù. Saggio di cristologia e soteriologia, cit., 1 3 3 - 1 4 0 .
37
Nel NT, il termine téras ricorre 16 volte, di cui 9 in Atti, e soltanto 3 nei vangeli.
38
II termine seméion ricorre 77 volte, di cui 17 in Giovanni.
39
II termine dunamis ricorre 119 volte. Mai in Giovanni.
CAPITOLO V - T E M P O DI QUARESIMA1fi1
«I miracoli sono gesti con cui Dio ci parla: si rivolgono sempre alle persone,
o perché le riguardano direttamente, come le guarigioni di malati, o almeno
perché recano loro qualche beneficio materiale e spirituale, come accade nella
moltiplicazione dei pani e in altre trasformazioni della natura. E per costituire
il regno, non conta solo il fatto straordinario, ma anche il modo e il contesto in
cui avviene. Gesù di Nazaret mostra il suo stile inconfondibile anche nel fare
miracoli. Coerente con la sua missione di Messia-Servo nel respingere le tenta-
zioni della ricchezza, del successo e del dominio, non si serve mai del miracolo
per il proprio interesse personale, ad esempio per alleviare la propria fame,
sete, stanchezza... Gesù come insegna con autorità, così compie i miracoli con
autorità, a nome proprio: "Io ti dico" (Me 5,41); "Ti ordino" (Me 2,11). Agisce
con naturalezza, senza sforzo e senza alcuna preparazione; gli basta una sem-
plice parola. Il risultato è istantaneo, sebbene i casi sono diversissimi»41.
«La tradizione sui miracoli di Gesù, così fortemente attestata dalle fonti più
antiche, li presenta come segni della sua identità profonda e del suo rapporto
unico con il Dio che opera nella creazione e nella storia. Essi mostrano la pre-
senza in Gesù del Dio che ha la capacità e la volontà di vincere il male in tutte
le sue manifestazioni, e guida la storia umana verso la pienezza e la felicità. I
miracoli costituiscono un invito ad approfondire la fede in Gesù, che annuncia
e realizza il regno di Dio con potenza»42.
«Non v'è dubbio che molti dei racconti di miracolo abbiano un certo interesse
apologetico, in quanto vogliono affermare la potenza e la missione straordi-
40
«Nel vangelo di Marco, i miracoli vengono presentati come segni di una lotta che Gesù
sostiene contro satana e le forze del male. In Matteo, prevale la parola di Gesù, a cominciare
dal sermone della montagna; i miracoli sono ordinati e sottomessi alla parola; secondo l'evan-
gelista: "Gesù andava attorno per tutta la Galilea, insegnando nelle loro sinagoghe e predicando
la buona novella del regno e curando ogni sorta di malattie e di infermità nel popolo" (Mt
4,13; cfr. anche 9,35). Luca presenta Gesù, attraverso i miracoli, come il grande benefattore
e profeta degli ultimi tempi: "il quale passò beneficando e risanando tutti coloro che stavano
sotto il potere del diavolo, perché Dio era con lui (At 10,38). Per il quarto evangelista, invece,
i miracoli di Gesù sono dei "segni" da riconoscere nella fede, che permettono di cogliere Gesù
come rivelazione di Dio. In tal senso, si comprende il rimprovero di Gesù "se non vedete segni
e prodigi, voi non credete (Gv 4,48); infatti, "voi mi cercate non perché avete visto dei segni,
ma perché avete mangiato di quei pani e vi siete saziati" (Gv 6,26)» (M. GRONCHI, Trattato su
Gesù Cristo Figlio di Dio salvatore, cit., 147-148).
41
CEI, La verità vi farà liberi. Catechismo degli adulti, cit., nn. 189-190.
42
A. BORRELL, Miracolo, in: R . P E N N A - G . P E R E G O - G . RAVASI (edd.), Temi teologici della
Bibbia, cit., 857.
CAPITOLO V - TEMPO Dl QyARESlMA
Con i suoi atteggiamenti nei confronti dei peccatori, dei poveri, delle donne,
dei bambini (accoglienza, difesa, promozione, modello), della Legge e del tem-
pio Gesù rende visibile, vicino, a portata di mano, il mistero-evento del regno.
I. Peccatori e poveri
43
Il Signore Gesù. Saggio di cristologia e soteriologia, cit., 140.
D . HERCSIK,
44
CEI, La verità vi farà liberi. Catechismo degli adulti, cit., n. 191.
45
Ibidem, n. 108.
46
Cfr. A . SISTI, Misericordia, in: R ROSSANO-G. RAVASI-A. GHIRLANDA (edd.), Nuovo Dizio-
nario di Teologia Biblica, cit., 981-984; A . AMATO, Gesù il Signore. Saggio di cristologìa, cit.,
169-171. «Non si può... negare che Gesù si sia trovato "in cattiva compagnia". Nei Vangeli
vengono continuamente alla ribalta figure ambigue, colpevoli, dalle quali la gente perbene si
tiene a prudente distanza. Contraddicendo quelle che erano le aspettative dei suoi contempora-
nei intorno al predicatore del regno di Dio, Gesù non accettò di recitare la parte del pio asceta
che evita i banchetti e soprattutto determinate persone» (H. KUNG, Essere cristiani, cit., 301).
CAPITOLO V - TEMPO DI QUARESIMA1fi1
2. Donne e bambini
47
Cfr. ASSOCIAZIONE BIBLICA ITALIANA, Evangelizare pauperibus, Atti della X V m Settimana
Biblica, Paideia, Brescia 1966; S.A. PANIMOLLE, Povertà, in: P. ROSSANO-G. RAVASI-A. GHIRLANDA
(edd.), Nuovo Dizionario di Teologìa Biblica, cit., 1202-1216; R . RODRIGUES D A SILVA, Povertà, in:
R . P E N N A - G . PEREGO-G. RAVASI (edd.), Temi teologici della Bibbia, cit., 1061-1068.
48
CEI, La verità vi farà liberi. Catechismo degli adulti, cit., nn. 130-131. La beatitudine
dei poveri «dev'essere intesa come una promessa: una promessa che si avvera per chi, invece,
di ascoltarla impassibilmente, la fa fiduciosamente propria. Già irrompe, nella vita di costui,
il futuro di Dio, con sé portando subito consolazione, eredità, appagamento. Dovunque egli
vada, Dio lo precede, Dio è là. Nella fiducia in questo Dio precedente si trasforma già ora la
sua situazione: già ora può vivere diversamente, diventa capace di una nuova prassi, capace di
un'illimitata disponibilità all'aiuto, senz'ansia di prestigio e senza invidia per chi ha di più» (H.
K O N G , Essere cristiani, cit., 297-298).
49
Cfr. M. ADINOLFI, Donna, in: P . R O S S A N O - G . RAVASI-A. GHIRLANDA (edd.), Nuovo Dizio-
nario di Teologia Biblica, cit., 416-428; A . AMATO, Gesù Cristo liberatore della donna, in:
M . Toso, Essere donna, Elle Di Ci, Leumann (TO) 1989,102-112; E. MOLTMANN-WENDEL, Le
donne che Gesù incontrò, Queriniana, Brescia 1989; F. MOLONEY, La donna prima fra i creden-
ti, SEI, Torino 1989; M. GARZONIO, Gesù e le donne, Rizzoli, Milano 1990. K. B E R G E R , Gesù,
Queriniana, Brescia 2006, 221-240.
Accoglienza, difesa, promozione: questo l'atteggiamento nei confronti dei
bambini50.
«Lasciate che i bambini vengano a me, perché di questi è il regno dei cieli»
(Mi 19,14).
«Chi accoglie anche uno solo di questi bambini in nome mio, accoglie me»
(Mi 18,5).
«Chi scandalizza anche uno solo di questi piccoli che credono in me, sarebbe
meglio per lui che gli fosse appesa al collo una macina girata da asino e fosse
gettato negli abissi del mare» (Mi 18,6).
3. Legge e tempio
«Non crediate che io sia venuto ad abolire la Legge o i Profeti; non sono ve-
nuto ad abolire, ma a dare pieno compimento. In verità io vi dico: finché non
siano passati il cielo e la terra, non passerà un solo iota o un solo trattino della
Legge, senza che tutto sia avvenuto. Chi dunque trasgredirà uno solo di questi
minimi precetti e insegnerà agli altri a fare altrettanto, sarà considerato mini-
mo nel regno dei cieli. Chi invece li osserverà e li insegnerà, sarà considerato
grande nel regno dei cieli» (Mi 5,17-19).
50
Cfr. H . R . W E B E R , Gesù e i bambini, Edizioni Paoline, Alba 1 9 8 1 ; R . CAVEDO, Bambino,
in: P. R O S S A N O - G . RAVASI-A. GHIRLANDA (edd.),Nuovo Dizionario di Teologia Biblica, cit., 1 3 8 -
145. «Il bambino come esempio e modello: ecco qualcosa di veramente nuovo nei confronti
della storia delle religioni e anche della storia della cultura. Prima di Gesù nessuno aveva par-
lato dell'infanzia come di un valore umano, nessuno aveva posto l'infanzia come esempio
dell'umanità... L'esaltazione dell'infanzia come valore, del bambino come uomo, rappresenta
un aspetto importante della storia dell'umanesimo, storia di non alienazione, ma di ritrovamen-
to dell'uomo» ( M . MACHOVEC, Gesù per gli atei, cit., 1 0 8 . 1 1 2 )
51
Cfr. V. Fusco, «Gesù e la legge», in "Rassegna di teologia" 30 (1989), 528-538; A. AMA-
TO, Gesù il Signore. Saggio di cristologia, cit., 167-168; J . RATZINGER - BENEDETTO XVI, Gesù di
Nazaret, cit., 125-156; E J. SCHNABEL, Legge/Diritto, in: R . P E N N A - G . P E R E G O - G . RAVASI (edd.),
Temi teologici della Bibbia, cit., 725-734.
CAPITOLO V - T E M P O DI QUARESIMA 1 fi 1
Pur non opponendosi alla Legge, Gesù non esita a trascurare alcune pre-
scrizioni, come, ad esempio, il sabato (Me 2,28), il digiuno {Me 2,18-20),
l'impurità nel mangiare {Me 7,1-8). Concentra tutta la Legge nei due coman-
damenti dell'amore di Dio e del prossimo, tra loro intimamente congiunti:
«Allora i farisei, avendo udito che egli aveva chiuso la bocca ai sadducei,
si riunirono insieme e uno di loro, un dottore della Legge, lo interrogò per
metterlo alla prova: "Maestro, nella Legge, qual è il grande comandamen-
to?". Gli rispose: "Amerai il Signore tuo Dio con tutto il tuo cuore, con tutta
la tua anima e con tutta la tua mente. Questo è il grande e primo coman-
damento. Il secondo poi è simile a quello: Amerai il tuo prossimo come te
stesso. Da questi due comandamenti dipendono tutta la Legge e i Profeti"»
(Mt 22,34-40).
Rispetto, difesa e libertà nei confronti del Tempio53. Gesù, da una parte,
insegna nel tempio {Me 11,27; 12,35; 14,49), che considera casa di Dio {Le
6,4; Mt 23,16-21) e casa di preghiera (Le 19,45-48), dall'altra ne annuncia la
rovina e la fine:
«Mentre usciva dal tempio, uno dei suoi discepoli gli disse: "Maestro, guarda
che pietre e che costruzioni!". Gesù gli rispose: "Vedi queste grandi costru-
zioni? Non sarà lasciata qui pietra su pietra che non venga distrutta"» (Me
13,L-2)54.
52
CEI, La verità vi farà liberi. Catechismo degli adulti, cit., n. 160. «Gesù relativizza la
Legge, vale a dire l'intero ordinamento religioso-politico-economico, l'intero sistema sociale:
anche la Legge non è inizio e fine di tutte le strade di Dio. Anche la Legge non è fine a se stessa,
non è l'ultima istanza. La tradizionale devozione alla Legge è dunque un capitolo chiuso. Il
possesso della Legge e la sua corretta osservanza non garantiscono la salvezza» (H. K O N G ,
Essere cristiani, cit., 278).
53
Cfr. A . CASALEGNO, Gesù e il Tempio. Studio redazionale su Luca-Atti, Morcelliana,
Brescia 1984; G . BIGUZZI, "IO distruggerò questo tempio". Il tempio e il giudaismo nel Van-
gelo di Marco, Pontificia Università Urbaniana, Roma 1987; M. BORDONI, Gesù Cristo, in: P.
R O S S A N O - G . RAVASI-A. GHIRLANDA (edd.), Nuovo Dizionario di Teologia Biblica, cit., 543-545;
A . AMATO, Gesù il Signore. Saggio di cristologia, cit., 169; G . BIGUZZI, Tempio, in: R. P E N N A - G .
P E R E G O - G . RAVASI (edd.), Temi teologici della Bibbia, cit., 1355-1362.
54
«Gesù relativizza il Tempio, vale a dire l'ordine del culto, la liturgia, il servizio divino
nel senso stretto del termine: anche il Tempio non è inizio e fine di tutte le strade di Dio. Anche
il Tempio avrà una fine, neppur esso è eterno. La tradizionale devozione per il Tempio è dunque
un capitolo chiuso. Il possesso del Tempio e la corretta pratica del culto non garantiscono la
salvezza» ( H . K U N G , Essere cristiani, cit., 2 7 8 - 2 7 9 ) .
CAPITOLO V J ^ W O D I J2UÀRESIMA_
I TITOLI
Figlio dell'uomo, Figlio di Dio, Messia: questi i titoli che Gesù attribuisce
a se stesso. Vediamoli da vicino.
1. Figlio dell'uomo
55
GEI, La verità vi farà liberi. Catechismo degli adulti, cit., n. 2 2 1 . Cfr. M. BORDONI, ~OJ
Gesù Cristo, in: BARBAGLIO-S. DIANICH (edd.),Nuovo Dizionario di Teologia, cit., 5 4 8 - 5 5 2 ; R . ¡^
FABRIS, Gesù di Nazareth. Storia e interpretazione, cit., 2 3 0 - 2 4 0 ; B . LINDARS, Credi tu nel Figlio
dell'uomo? I testi evangelici su Gesù Figlio dell'Uomo alla luce delle ultime ricerche, Edizioni *»!
Paoline, CiniselloBalsamo 1 9 8 7 ; R . F A B R I S , Gesù Cristo,in: P. ROSSANO-G. RAVASI-A. GHIRLAN- [•
DA (edd.), Nuovo Dizionario di Teologia Biblica, cit., 6 1 6 - 6 1 7 ; J . RATZINGER - BENEDETTO X V I ,
Gesù di Nazaret, cit., 378-384; F . ARDUSSO, Gesù Cristo, in: G . BARBAGLIO-G. B O F - S . DIANICH
(edd.), Teologia, cit., 667-717; M. GRONCHI, Trattato su Gesù Cristo Figlio di Dio salvatore, |
cit., 180-184. <
56
GEI, La verità vi farà liberi. Catechismo degli adulti, cit., n. 221. «L'interpretazione
dell'espressione "Figlio dell'uomo" sulle labbra di Gesù oscilla tra due poli: al minimo, attesta
la sua autocoscienza carica di novità rispetto alle attese giudaiche, vale a dire l'inaudita prospet-
tiva di un destino messianico doloroso-glorioso; al massimo, una sorprendente connessione tra
il titolo e alcune sue attribuzioni verbali, che potrebbe illuminare una vera e propria autocom-
prensione trascendente, dal momento che perdonare i peccati (cfr. Me 2,10) e venire a giudicare
(cfr. Me 8,38) sono azioni di prerogativa esclusivamente divina» (M. GRONCHI, Trattato su Gesù
Cristo Figlio di Dio salvatore, cit., 184).
%-Ì
CAPITOLO V - TEMPO DI QUARESIMA1fi1
2. Figlio dì Dìo
57
K. STOCK, Figlio dell'uomo, in: R . P E N N A - G . P E R E G O - G . RAVASI (edd.), Temi teologici
della Bibbia, cit., 488.
58
Cfr. Ibidem, 495.
59
Cfr. M. BORDONI, Gesù Cristo, in: BARBAGLIO-S. DIANICH (edd.), Nuovo Dizionario di
Teologia, cit., 5 5 4 - 5 5 9 ; R . FABRIS, Gesù di Nazareth. Storia e interpretazione, cit., 2 2 4 - 2 3 0 ;
B . SESBOUÉ, Gesù nella tradizione della Chiesa, cit., 2 6 4 - 2 7 8 ; R . FABRIS, Gesù Cristo, in: P.
R O S S A N O - G . RAVASI-A. GHIRLANDA (edd.), Nuovo Dizionario di Teologia Bìblica, cit., 6 1 5 - 6 1 6 ;
F . AKDUSSO, Gesù Cristo, in: G . B A R B A G L I O - G . B O F - S . DIANICH (edd.), Teologia, cit., 6 6 7 - 7 1 7 ;
M . GRONCHI, Trattato su Gesù Cristo Figlio di Dio salvatore, cit., 1 8 5 - 1 9 0 ; K . STOCK, Figlio di
Dìo, in: R . P E N N A - G . P E R E G O - G . RAVASI (edd.), Temi teologici della Bibbia, cit., 4 9 5 - 5 0 2 .
60
«Le espressioni "il Figlio dell'uomo" e "ego eimi" erano prese dalla Scrittura. Senza
dubbio Gesù dava loro un significato nuovo, ma si serviva nondimeno di termini già utilizzati
nel linguaggio religioso della Bibbia. Abba al contrario non apparteneva a questo linguaggio
religioso. E un termine dell'esperienza umana profana, che prende una colorazione inaudita per
il fatto che è applicata a Dio. Attraverso ad esso si rivela tutta l'originalità della coscienza di
Gesù. Si potrebbe parlare, a questo proposito, di un fatto fondamentale. E esso che è il più atto a
indicare come si è formata in Gesù la coscienza della filiazione divina. Noi avevamo notato che
l'ego eimi non è usato da Gesù che nella prospettiva di un riferimento fondamentale al Padre;
così la chiave del significato di questo ego eimi si trova nel termine Abba. Allo stesso modo, le
dichiarazioni sul Figlio dell'uomo implicano in Gesù una filiazione misteriosa di origine cele-
ste; il valore di questo titolo non può rivelarsi che in riferimento al termine Abba. L'appellativo
CAPITOLO V -.TEMPO PI QUARESIMA
con il Padre (Mt ll,25-27) 61 , dalla puntuale distinzione tra "Padre mio e Pa-
dre tuo" (Mi 6,1-18) 62 , dal racconto della parabola dei vignaioli omicidi (Mi
21 33-41); dalla rivendicazione per se stesso del nome di Dio (Es 3,14):
«Vi ho detto che morirete nei vostri peccati; se infatti non credete che Io Sono,
morirete nei vostri peccati» (Gv 8,24).
«Disse allora Gesù: "Quando avrete innalzato il Figlio dell'uomo, allora cono-
scerete che Io Sono e che non faccio nulla da me stesso, ma parlo come il Padre
mi ha insegnato"» (Gv 8,28).
«Allora i Giudei gli dissero: "Non hai ancora cinquant'anni e hai visto Abra-
mo?". Rispose loro Gesù: "In verità, in verità io vi dico: prima che Abramo
fosse, Io Sono". Allora raccolsero delle pietre per gettarle contro di lui; ma
Gesù si nascose e uscì dal tempio» (Gv 8,57-59).
Abba possiede dunque un valore primordiale, che illumina tutte le espressioni della coscienza
di Gesù. Nessun altro vocabolo sarebbe potuto essere più significativo per attestare a qual
punto la coscienza della filiazione divina sia in Gesù una coscienza perfettamente umana. Abba
è il termine usato da qualcuno che ha una coscienza simile a quella degli altri figli, con questa
differenza che qui il padre non è un padre umano, ma Dio» (J. G A L O T , La coscienza di Gesù,
Cittadella Editrice, Assisi 1 9 7 1 , 8 2 - 8 3 ) . Cfr. J . JEREMIAS, Abbà, Paideia, Brescia 1 9 6 8 ; IDEM,
Gesù e il suo annuncio, Paideia, Brescia 1 9 9 3 . R. A R O N , Così pregava l'ebreo Gesù, Marietti,
Casale Monferrato 1982.
61
Gesù è consapevole di ricevere tutto dal Padre. «Il Padre ama il Figlio e gli ha dato in
mano ogni cosa. Chi crede nel Figlio ha la vita eterna; chi non obbedisce al Figlio non vedrà la
vita, ma l'ira di Dio rimane su di lui» (Gv 3,35-36). Il Figlio vive totalmente per la gloria del
Padre: «Il mio cibo è fare la volontà di colui che mi ha mandato e compiere la sua opera» (Gv
4,34). Di fronte alla passione l'obbedienza di Gesù arriva alla suprema dedizione: «Bisogna che
il mondo sappia che io amo il Padre, e come il Padre mi ha comandato, così io agisco. Alzatevi,
andiamo via di qui» (Gv 14,31). Gesù è il Figlio unigenito di Dio fatto uomo, che ci introduce
nell'intimità del Padre, perché «nessuno conosce il Figlio se non il Padre, e nessuno conosce
il Padre se non il Figlio e colui al quale il Figlio lo voglia rivelare» (Mt 11,27). «In Mt 11,27
abbiamo una affermazione centrale sulla missione di Gesù. Il Padre gli ha donato la rivelazione
di se stesso in modo così completo, che solo un padre può fare altrettanto col suo figlio. Perciò
solo lui, Gesù, può dischiudere agli altri la vera conoscenza di Dio» ( J . JEREMIAS, Teologia del
Nuovo Testamento, I, La predicazione di Gesù, Paideia, Brescia 1972, 75-76).
62
Cfr. R.E. B R O W N , Gesù Dio e uomo, Cittadella Editrice, Assisi 1970; J . G A L O T , La co-
scienza dì Gesù, cit.; F . DREYFUS, Gesù sapeva d'essere Dìo?, Edizioni Paoline, Cinisello Bal-
samo (MI) 1985; G . FERRARO, Mio-tuo. Teologia del possesso reciproco del Padre e del Figlio
nel Vangelo dì Giovanni, Libreria Editrice Vaticana, Città del Vaticano 1994; J . RATZINGER -
BENEDETTO XVI, Gesù di Nazaret, cit., 384-405.
CAPITOLO V - TEMPO DI QUARESIMA1fi1
Dire che Gesù è Figlio di Dio è dire che tra lui e Dio c'è una speciale
unione. Figlio di Dio dice
«da una parte la premura e l'impegno di Dio per lui, dall'altra la sua fedeltà
a Dio. La natura di questo rapporto non può essere dedotta dalla stessa deno-
minazione; dipende piuttosto dai contesti. In alcuni scritti si manifesta chiara-
mente la parità tra Gesù, il Figlio, e Dio, il Padre: è il caso di Giovanni (cfr.
Gv 1,1: "In principio era il Verbo e il Verbo era presso Dio e Dio era il Verbo";
10,30: "Io e il Padre siamo uno")... Esclusiva, reciproca e uguale è la cono-
scenza che si afferma per il Padre e il Figlio in Mt 11,27 e Le 10,22: essa è al
contempo la condizione per il compito esclusivo di Gesù di rivelare il Padre
(Mt 11,27 e par.; cfr. però anche Gv 1,18; 14,6; 1 Gv 5,20). Ma anche nella
chiamata alla sequela (Me 8,34-35 e par.) e all'ascolto incondizionati (Me 9,7
e par.) si chiede un atteggiamento nei confronti di Gesù che è uguale a quello
che chiede il primo comandamento nei confronti di Dio (Me 12,29-30 e par.).
Significativa è anche l'accusa portata a Gesù dai suoi avversari, secondo la
quale egli sarebbe un bestemmiatore (Me 2,7 e par.) e si farebbe uguale a Dio
(Gv 5,18; 10,33; 19,7). La parità del Figlio con il Padre è la base del signi-
ficato di Gesù per la salvezza degli uomini: in quanto Figlio, conosce Dio e
può rivelarlo come Padre; può riconciliare l'umanità peccatrice con Dio (Gv
3,16; Rm 5,10; 8,32) e trasformarla in figli adottivi di Dio (Gal 4,4-7; cfr. Gv
1,12; 11,52)»64.
63
I. G A L O T , La coscienza di Gesù, cit., 6 6 - 6 7 . « È in Gesù che l'Io sono dell'AT trova la sua
massima realizzazione, in Lui la presenza stessa del Dio fedele e salvatore si realizza in maniera
assoluta e definitiva. Applicando a sé la formula, Gesù rivendica una dignità inaudita a orecchie
giudee: Egli fa proprio il nome e le prerogative stesse di Iahvè. Questo perché egli non è se non
la trasparenza del Padre, una cosa sola con lui: "Conoscerete che Io sono e che nulla faccio da
me, ma come il Padre mi ha insegnato" (8,28)» (M. SERENTHÀ, Gesù Cristo ieri, oggi e sempre.
Saggio di cristologia, cit., 136). L'espressione "Io Sono" con una qualifica si trova in Gv 6,35
(il pane della vita); 8,12 (la luce); 10,11 (il buon pastore); 11,25 (la risurrezione e la vita ); 14,6
(la via la verità); 15,1 (la vera vite).
64
K. STOCK, Figlio di Dìo, in: R . P E N N A - G . P E R E G O - G . RAVASI, Temi teologici della Bibbia,
cit., 501-502.
CAPITOLO V - T E M P O DI QUARESIMA1fi1
3. Messia
9. C O N I P A D R I D E L L A C H I E S A
1. Il battesimo di Gesù
«Abbiamo dunque la Trinità in certo qual modo distinta: il Padre nella voce, il
Figlio nell'uomo e lo Spirito Santo nella colomba. Veramente queste cose era
necessario solo ricordarle, poiché è assai facile comprenderle. Questa Trinità
infatti ci è presentata in modo assai chiaro e senz'ombra alcuna di dubbio, dal
momento che Cristo Signore, andando da Giovanni nella natura di servo, è pre-
65
Cfr. A . VÒGTLE, Messia e figlio di Dio, Paideia, Brescia 1 9 7 6 ; M . BORDONI, Gesù Cristo,
in: G . BARBAGLIO-S. DIANICH (edd.), Nuovo Dizionario di Teologia, cit., 5 5 4 - 5 5 9 ; R . FABRIS,
Gesù di Nazareth. Storia e interpretazione, cit., 2 1 7 - 2 2 4 ; F . ARDUSSO, Gesù Cristo, in: G . B A R -
BAGLIO-G. B O F - S . DIANICH (edd.), Teologia, cit., 6 6 7 - 7 1 7 ; M . GRONCHI, Trattato su Gesù Cristo
Figlio di Dio salvatore, cit., 1 7 7 - 1 8 0 .
66
Cfr. G . JOSSA, Messianismo, in: R . P E N N A - G . P E R E G O - G . RAVASI, Temi teologici della Bib-
bia, cit., 8 4 0 - 8 4 2 .
67
CEI, La verità vi farà lìberi. Catechismo degli adulti, cit., n. 287.
C A P I T O L O V ^ T E M P O DIQUARESIMA JJJX,
cisamente il Figlio; poiché non si può dire che sia il Padre o che sia lo Spirito
Santo: Andò, è detto, Gesù\ proprio il Figlio di Dio. Quanto alla colomba, chi
potrebbe dubitare? Oppure chi potrebbe dire: "Che cosa significa la colom-
ba?", dato che lo stesso vangelo esterna con estrema chiarezza: Discese su di
lui lo Spirito santo sotto le sembianze di colombai A proposito poi della voce
non vi è parimenti alcun dubbio che sia quella del Padre, poiché è detto: Tu sei
mio Figlio. Abbiamo la Trinità distinta. Se però consideriamo i luoghi, oso dire
(sebbene lo dica con rispettoso timore, tuttavia oso dirlo) che la Trinità è sotto
un certo aspetto separabile, poiché Gesù si recò al fiume, la colomba dal cielo
discese in terra, da un luogo in un altro e la stessa voce del Padre non risuonò
né dalla terra né dall'acqua, ma dal cielo. Queste tre realtà sono, per così dire,
separate a causa dei luoghi, delle funzioni, delle azioni. Qualcuno potrebbe
dirmi: "Dimostrami la Trinità inseparabile. Ricordati che tu parli da cattolico e
a dei cattolici". Ebbene, questo insegna la nostra fede, cioè la fede vera, la fede
retta, la fede cattolica risultante non da congetture o da idee preconcette, ma
dai testi della Sacra Scrittura, e non malsicura per la temerità degli eretici, ma
fondata sulla verità insegnata dagli Apostoli. Questo sappiamo, questo credia-
mo; questo, anche se non lo vediamo con gli occhi e ancora neppure col cuore
fin quando ci purifichiamo con la fede, questo tuttavia noi riteniamo grazie
alla stessa fede in maniera assolutamente giusta e salda, che cioè il Padre, il
Figlio e lo Spirito Santo sono l'inseparabile Trinità; un solo Dio, non tre dèi; un
solo Dio, tuttavia, in modo che il Figlio non è il Padre, il Padre non è il Figlio,
lo Spirito Santo non è né il Padre né il Figlio, ma è lo Spirito del Padre e del
Figlio. Questa divinità ineffabile immanente in se stessa che tutto rinnova, che
crea, ricrea, che invia e richiama, giudica e libera ogni essere, questa Trinità
ineffabile sappiamo che è nello stesso tempo inseparabile»68.
2. Le tentazioni
:. 68
AGOSTINO D'IPPONA, Discorso 2, 1-2, in: M . SIMONETTI, Matteo 1-13. La Bibbia commen-
tata dai padri 1/1, cit., 104.
IFLFT C A P I T O L N V - T E M P O DI QUARESIMA
«Chiediamo che anche il regno di Dio sia realizzato per noi. Così come do-
mandiamo che il suo nome sia santificato in noi. Quand'è infatti che Dio non
regna o che presso di lui abbia inizio ciò che è sempre stato e che non cessa
di essere? Domandiamo che giunga il nostro regno che Dio ci ha promesso,
richiesto dal sangue e dalla passione di Cristo, affinché noi che prima nel
mondo siamo stati servi, in seguito regniamo sotto il dominio di Cristo, così
come egli stesso ci promette dicendo: Venite, benedetti dal Padre mio, riceve-
te il regno che fin dall 'origine del mondo è stato preparato per voi (Mt 25,34).
Amatissimi fratelli, può in verità rappresentare il regno di Dio Cristo stesso
che desideriamo venga ogni giorno, la cui venuta desideriamo che per noi si
compia presto. Rappresentando egli la resurrezione, poiché in lui risorgiamo,
può essere considerato anche regno di Dio, poiché in lui siamo destinati a
regnare»70.
69
GREGORIO MAGNO, Omelie sui Vangeli 1 6 , 2 - 3 , in: Ibidem, 116.
70
CIPRIANO, Il Padre nostro 13, in: Ibidem, 206.
CAPITOLO V - TEMPO DI QUARESIMA 1fi1
5. L'amore evangelico
71
PIETRO CRISOLOGO, Discorso 98, 4, in: A . A . JUST JR, Luca. La Bibbia commentata dai
Padri, 3, cit., 326.
72
CROMAZIO DI AQUILEIA, Commento al vangelo di Matteo 26, 2, in: M . SIMONETTI, Matteo
1-13. La Bibbia commentata dai padri, 1/1, cit., 189.
CAPITOLO V - LEMPG^JJQYAGESIIW
lo al dito quale sigillo divino. Con tutte queste cose, lo rigenera e rinnova
nell'immagine della gloria di Cristo»73.
«Allora perché afferma che i bambini sono fatti per il regno dei cieli (cf Mt
19,14)? Forse perché non conoscono la malvagità, non sanno ingannare, non
osano restituire colpo su colpo (cf IPt 2,22-23), ignorano la ricerca ansiosa
delle ricchezze, non desiderano l'onore, l'ambizione;... quindi qui viene desi-
gnata non l'età puerile, bensì quella rettitudine che va a gara con la semplicità
dei fanciulli (cf ICor 4,20). In realtà la virtù non consiste nel non potere, ma
nel non voler peccare, e nel mantenere una tale perseveranza della volontà da
far sì che l'intenzione imiti l'infanzia, si segua la natura»75.
«Quando comanda che i piccoli gli vengano vicino (cf Le 18,16), per benedirli
sia col tesserne l'elogio sia con l'imporre loro le mani (cf Mt 19,13; Me 10,16),
egli li chiama fanciulli; quando però comanda di non scandalizzarli, li chiama
piccini (cf Me 9,42); infatti non si scandalizzano coloro che sono toccati da
Cristo, non cadono coloro che si avvicinano a Cristo, ma cadono quanti ha
reso meschini non l'esiguità dell'età, bensì la piccolezza della virtù. Al tempo
73
ATANASIO, Lettera festale 7, in : A . A . JUST Jr, Luca. La Bibbia commentata dai padri, 3,
cit., 3 5 9 - 3 6 0 .
74
CIRILLO DI ALESSANDRIA, Commento a Luca, omelia 120, in: Ibidem, 399.
75
AMBROGIO DI M I L A N O , Esposizione del vangelo secondo Luca 8 , 5 7 , in: Ibidem, 402.
CAPITOLO V - T E M P O DI QUARESIMA1fi1
stesso insegna che non bisogna esporre a tentazione i deboli, per evitare che
le loro mancanze ricadano sopra di noi, dal momento che le loro preghiere,
sebbene deboli quanto ai meriti delle virtù, sono portate in alto, fino al Signore,
con l'aiuto degli angeli»76.
«Avete sentito parlare nel vangelo del premio dato ai servi solerti e del castigo
dato a quelli infingardi. Ora, tutta la colpa di quel servo riprovato e severamen-
te condannato fu questa: che non volle far fruttare il denaro ricevuto. Conservò
intatta la somma ricevuta, ma il suo padrone voleva gli interessi. Dio è avaro
per quanto riguarda la nostra salvezza. Se così è condannato colui che non ha
fatto fruttare il denaro per gli altri, che cosa devono aspettarsi coloro che lo dis-
sipano? Noi dunque siamo i dispensatori, noi distribuiamo, voi ricevete. Noi
andiamo in cerca di guadagni: vivete rettamente. Poiché i guadagni del nostro
lavoro di dispensatori sono proprio questi. Voi però non dovete pensare che
anche voi non abbiate il dovere di dare. Non potete dispensare la parola di Dio
da questo luogo più elevato, ma potete farlo dovunque vi troviate. Dove Cristo
è offeso, difendetelo; controbattete le critiche, rimproverate i bestemmiatori,
tenetevi lontano dalla loro compagnia. In tal modo voi sarete dispensatori se
guadagnerete qualcuno»77.
16
Ibidem,?,, 6 3 , in: T H . C . O D E N - A . H A L L , Marco. La Bibbia commentata dai padri, 2, Città
Nuova, Roma 2 0 0 3 , 2 0 1 .
17
AGOSTINO D ' I P P O N A , Discorso 9 4 , in: A . A . JUST Jr, Luca. La Bibbia commentata dai pa-
dri,3,cit.,4ì9-420.
CAPITOLO SESTO
TEMPO DI PASQUA
Il tempo della liberazione dal peccato
e della riconciliazione con Dio
«Egli, che era senza peccato, accettò la passione per noi peccatori e,
consegnandosi a un 'ingiusta condanna,
portò il peso dei nostri peccati.
Con la sua morte lavò le nostre colpe e con la sua risurrezione
ci acquistò la salvezza»1.
«E lui il vero Agnello che ha tolto i peccati del mondo, è lui che
morendo ha distrutto la morte e risorgendo ha ridato a noi la vita»2.
1
CEI, Messale Romano, prefazio della domenica della passione, cit.
2
Ibidem, prefazio pasquale 1.
3
Ibidem, prefazio pasquale 2.
CAPITOLOVI-TEMPODIPASQUA
Il Cristo che la Chiesa professa, celebra e vive è il Cristo che soffre e muo-
re per il peccato dell'uomo; il Cristo che viene risuscitato e glorificato dalla
potenza amorosa e fedele del Padre; il Cristo che appare ai suoi discepoli ed
effonde lo Spirito Santo. Perché tutti siano liberati dal peccato, riconciliati con
Dio, con se stessi, con il mondo ed abbiano la vita. In abbondanza. La lettura
della Resurrezione di Piero della Francesca introduce la riflessione sul tema
della pasqua di morte e di risurrezione di Gesù.
CAPITOLO V I - TEMPO DI PASQUA 1f 5
Tre le aree specifiche del dipinto. In basso, le guardie che dormono e sor-
vegliano il sepolcro. Al centro la maestosa, solenne figura di Gesù risuscitato
che esce dal sepolcro. Ai lati e nello sfondo alberi spogli, alberi verdeggianti
e la collina che potrebbe alludere al Calvario.
«Si tratta di un modo per esprimere simbolicamente che il mistero della Ri-
surrezione non è unicamente un avvenimento storico attestato dai discepoli
che hanno visto il Cristo risorto, ma un avvenimento che riveste di attualità la
salvezza da lui portata agli uomini di tutti i tempi e di tutti i luoghi»5.
«Ciò che... si evidenzia dalla lettura dell'opera di Piero della Francesca è l'at-
teggiamento di resa che traspare dall'abbandono fisico dei soldati. Le guardie
che credevano di avere Gesù in loro potere, giacciono a terra inanimate, a
nulla sono servite le loro armi, la loro forza guerriera, contro la potenza del
Cristo risorto. Atteggiamento evidenziato anche dalla lancia tenuta dal soldato
raffigurato a destra del dipinto che risulta inclinata, in una posizione quindi del
tutto inoffensiva: l'arma che in altri momenti ha recato dolore e morte è ormai
resa innocua dalla vittoria di Cristo»6.
4
R . DAVICO, Risurrezione di Cristo di Piero della Francesca, in "L'Ora di religione",
9 (2006) 33, LDC, Leumann (TO).
5
M . F . TRICARICO, La risurrezione di Cristo, in: M . L . MAZZARELLO - M . F . TRICARICO (edd.),
Il mistero della Pasqua. Orientamenti per l'azione didattica, Il Capitello-Elledici, 2004, 54.
6
R . DAVICO, Risurrezione di Cristo di Piero della Francesca, in "L'Ora di religione",
cit., 33.
CAP[TOLOyi..-lEMPO.D
Il colore del mantello che avvolge il corpo di Cristo non è rosso vivo ma
rosa. Non è il colore del sangue e della passione ma il colore della gioia. Gesù,
infatti, è stato risuscitato. Gesù è in piedi, dritto, solenne. Con gli occhi aperti
(quelli delle guardie sono chiusi), con lo stendardo della vittoria nella mano
destra. Sullo stendardo è raffigurata una croce su sfondo bianco. La bocca
sembra leggermente aperta: richiamo all'alito con il quale dona lo Spirito San-
to. Sulla testa c'è il nimbo della regalità.
La solenne figura del Cristo risuscitato ha dietro le spalle uno scenario
d'incanto. Due le stagioni: l'inverno e la primavera. Il primo sembra raffigu-
rato dalla vegetazione brulla e senza vita. La seconda da alberi verdeggianti e
rigogliosi. Così anche il paesaggio allude alla vittoria di Gesù sulla morte.
2. L ' A N N U N C I O D E L L A P A S S I O N E E D E L L A M O R T E
Con la predicazione del vangelo del regno e con il suo stile di vita che
privilegia pubblicani, prostitute, peccatori e poveri, Gesù diviene segno di
contraddizione. Intorno a lui stupore ed entusiasmo, ma anche diffidenza ed
opposizione.
CAPITOLO V I - TEMPO DI PASQUA 1 f 5
«Il progetto del regno, che si attua nella conversione incondizionata a Dio
e all'uomo, appariva poco concreto alle folle: non rispondeva alle attese di
riscatto nazionale e di benessere materiale. Dopo gli entusiasmi iniziali, esse
cominciarono a diradarsi»7.
1. Annuncio
«Insegnava infatti ai suoi discepoli e diceva loro: "Il Figlio dell'uomo viene
consegnato nelle mani degli uomini e lo uccideranno; ma, una volta ucciso,
dopo tre giorni risorgerà"» (Me 9,31).
«Mentre erano sulla strada per salire a Gerusalemme, Gesù camminava davanti
a loro ed essi erano sgomenti; coloro che lo seguivano erano impauriti. Presi di
nuovo in disparte i Dodici, si mise a dire loro quello che stava per accadergli:
"Ecco, noi saliamo a Gerusalemme e il Figlio dell'uomo sarà consegnato ai
capi dei sacerdoti e agli scribi; lo condanneranno a morte e lo consegneranno
ai pagani, lo derideranno, gli sputeranno addosso, lo flagelleranno e lo uccide-
ranno, e dopo tre giorni risorgerà"» (Me 10,32-34)'.
2. Chiave di lettura
Gesù da una parte annuncia la sua passione e la sua morte, dall'altra sugge-
risce la chiave di lettura per capirne il significato. Si serve di immagini di ma-
7
CEI, La verità vi farà liberi. Catechismo degli adulti, cit., n. 225.
8
Cfr. J . JEREMIAS, Gesù predice la sua passione, morte e resurrezione, in "Parole di Vita"
( 1 9 7 9 ) 8 1 - 9 3 ; R . FABRIS, Gesù di Nazareth. Storia e interpretazione, cit., 2 4 6 - 2 5 1 ; A . BONORA,
Morte, in: P. R O S S A N O - G . RAVASI-A. GHIRLANDA (edd.), Nuovo Dizionario di Teologia Biblica,
cit., 1 0 1 9 - 1 0 2 4 ; S . L E N T I N I , Passione e morte dì Gesù Cristo. Figure,profezie e Vangelo, Centro
Editoriale Cattolico Carroccio, Vigoderzere 1 9 9 5 ; M . GRONCHI, Trattato su Gesù Cristo Figlio
di Dio salvatore, cit., 2 1 5 - 2 2 0 .
9
«Non si può assolutamente dubitare che Gesù abbia aspettato e predetto la sua passione
e morte. Continuamente minacciato, egli dovette aspettarsi di subire la sorte dei profeti. Certo
è che le tre cosiddette profezie della passione, nella loro attuale struttura, sono formulate ex
eventir, ma esse risalgono ad un antico masal aramaico. Gli altri numerosissimi annunci della
passione in gran parte si possono riconoscere come prepasquali» (J. JEREMIAS, Teologia del
Nuovo Testamento, I, La predicazione di Gesù, cit., 326).
trice biblica. Sono quelle dello sposo (Me 2,18-22; cfr. Os 2,18-22; Is 54,4-6;
62 4-5), del profeta rifiutato e perseguitato (Me 12,1-9), del giusto sofferente
(Me 10,43-45), del pastore che dà la vita (Gv 10,1-30), del chicco di grano
che «se non muore, rimane solo; se invece muore, produce molto frutto» (Gv
12,24). Ma è attraverso la cena d'addio che rivela, in modo particolare, il
significato profondo della sua passione e della sua morte 10 .
I .Sinottici e Paolo sono sostanzialmente concordi nel dire che Gesù,
mentre è a tavola con i discepoli per mangiare la pasqua, prende il pane,
lo benedice, lo spezza e lo dà dicendo:
«Quando venne l'ora, prese posto a tavola e gli apostoli con lui, e disse loro: "Ho
tanto desiderato mangiare questa Pasqua con voi, prima della mia passione, per-
ché io vi dico: non la mangerò più, finché essa non si compia nel regno di Dio".
E, ricevuto un calice, rese grazie e disse: "Prendetelo e fatelo passare tra voi,
perché io vi dico: da questo momento non berrò più del frutto della vite, finché
non verrà il regno di Dio". Poi prese il pane, rese grazie, lo spezzò e lo diede loro
dicendo: "Questo è il mio corpo, che è dato per voi; fate questo in memoria di
me". E, dopo aver cenato, fece lo stesso con il calice dicendo: "Questo calice è la
nuova alleanza nel mio sangue, che è versato per voi"» (Le 22,14-20).
«Io, infatti, ho ricevuto dal Signore quello che a mia volta vi ho trasmesso: il
Signore Gesù, nella notte in cui veniva tradito, prese del pane e, dopo aver reso
grazie, lo spezzò e disse: "Questo è il mio corpo, che è per voi; fate questo in
memoria di me". Allo stesso modo, dopo aver cenato, prese anche il calice,
dicendo: "Questo calice è la nuova alleanza nel mio sangue; fate questo, ogni
volta che ne bevete, in memoria di me"» (ICor 11,23-25).
II pane che Gesù dà è il suo stesso corpo. Nel linguaggio semitico corpo
non significa la sua dimensione corporale e materiale, ma la totalità della sua
persona. Gesù dona se stesso, quello che egli è. Il calice del vino è il suo
sangue. Il sangue dell'alleanza nuova. Come un giorno, attraverso il sangue
versato sull'altare e sul popolo, Dio sigla l'alleanza con il popolo che ha li-
berato dalla schiavitù di Egitto (Es 24,3-8), così attraverso il sangue di Gesù
viene siglata l'ultima alleanza. Le espressioni "dato per voi", "versato per voi"
e "che è per voi" richiamano la figura del servo sofferente che prende su di
10
Cfr. R . CANTALAMESSA, La Pasqua della nostra salvezza. Le tradizioni pasquali della
Bibbia e della primitiva Chiesa, Marietti, Torino 1971; J . JEREMIAS, Le parole dell'ultima cena,
Paideia, Brescia 1973; R . FABRIS, Gesù di Nazareth. Storia e interpretazione, cit., 251-261; B.
R O N Z E , L'ultima cena, SEI, Torino 1995; M. GRONCHI, Trattato su Gesù Cristo Figlio di Dìo
salvatore, cit., 211-215; R . FABRIS, Pasqua, in: R . P E N N A - G . P E R E G O - G . RAVASI (edd.), Temi
teologici della Bibbia, cit., 962-974.
CAPITOLO V I - T E M P O DI PASQUA 1f5
3. IL P R O C E S S O , LA CONDANNA E LA M O R T E
i. Il processo e la condanna
Dopo l'arresto, Gesù viene processato dal Sinedrio e dal governatore Pon-
zio Pilato12. Due i motivi di accusa e di condanna: uno di ordine religioso (la
11
«Il pane e il vino, che Gesù prende e dona ai discepoli, perché ne partecipino, sono "il
corpo dato per voi e il sangue versato per tutti", offerti in "sacrificio", nel quale si attua la
comunione piena con il Padre in Cristo e nello Spirito. Il sangue di Cristo versato al Calvario
sulla croce è il sacrificio perfetto che sigilla la "nuova ed eterna alleanza" (PE, cfr. Ger 31,33;
Eb 8,6-9,28); l'offerta di Cristo, inoltre, si aggancia al sacrificio dell'agnello pasquale "nella
misura in cui il giudaismo del tempo lo considerava pure un sacrificio". Infine, parlando del
sangue "sparso per molti" in vista di una "nuova alleanza", Gesù si richiama alla figura del
servo di Dio, la cui vita è stata versata, che ha portato i peccati di molti (cfr. Is 53,12), e che Dio
ha designato come "alleanza del popolo e luce delle nazioni" (Is 42,6; cfr 49,8). Già prima egli
si era attribuita la funzione del servo (cfr. Le 4,17-21) ed aveva rivendicato la missione di dare,
al pari di quello, la propria vita "in riscatto per molti" (Me 10,45; cfr. Is 53)» (N. CONTE, Il pane
della vita e il calice della salvezza. Teologia e pastorale dell'eucaristia, Editrice Coop.S.Tom.,
Messina-Elledici, Leumann (TO), 2006, 57-58.
12
Cfr. H . U . VON BALTHASAR, Mysterium paschale, in: J . F E I N E R - M . LÓHRER (edd.), Myste-
rium salutis, 6, cit., 259-265; F. BROWN, Gli ultimi giorni di Gesù, Morcelliana, Brescia 1976; J .
BUNZLER, Il processo di Gesù, Paideia, Brescia 1966; H. Cousnv, Il profeta assassinato. Storia dei
testi evangelici nella Passione, Boria, Roma 1977; K . A . SPEIDEL, Il processo a Gesù, Edizioni
Dehoniane, Bologna 1981; R. FABRIS, Gesù di Nazareth. Storia e interpretazione, cit., 270-301;
J . IMBERT, Il processo a Gesù, Morcelliana, Brescia 1984; R. FABRIS, «Chi ha condannato a morte
Gesù?», in "La Rivista del Clero Italiano" 71 (1990) 763-773; G. CASTELLO, L'interrogatorio dì
Gesù davanti al sinedrio. Contributo esegetico-storico alla cristologia neotestamentaria, Deho-
niane, Roma 1992; R. PESCH, Il processo a Gesù continua, Queriniana, Brescia 1993; B. PRETE,
La passione e la morte di Gesù nel racconto di Luca. Voi. 1.1 racconti della passione. L'arresto,
Paideia, Brescia 1996; G. JOSSA, Il processo di Gesù, Paideia, Brescia 2002; A . AMATO, Gesù il
Signore. Saggio di cristologia, cit., 513-520; M. GRONCHI, Trattato su Gesù Cristo Figlio di Dio
salvatore, cit., 220-229; D. ROMANO, Il processo di Gesù, Palomar, Bari 2008.
CAPITOLO V I - TEMPO DI PASQUA1f5
2. La morte
13
«Il processo giudaico... viene presentato come una scena di confessione, con cui Gesù
dichiara la sua dignità messianica e di Figlio di Dio dinanzi alle autorità sinedrite. Inoltre, nel
contesto dell'interrogatorio giudaico, merita un'attenzione particolare la menzione del detto
sul tempio, che sembra rappresentare un serio capo d'accusa (cfr. Me 14,58 par.). Non è diffi-
cile comprendere la reazione della potente classe sacerdotale e della nobiltà sadducea, vistasi
attentata nei propri forti interessi finanziari che ruotavano intorno al tempio, oltre al presunto
traviamento religioso nei confronti del popolo, provocato dal comportamento di Gesù» (M.
GRONCHI, Trattato su Gesù Cristo Figlio di Dio salvatore, cit., 225).
14
«Dal titulum crucis... appare chiaramente che la sentenza fu emessa per ragioni politi-
che e non religiose, in quanto Gesù venne considerato un rivoluzionario politico e un preten-
dente regale... Ma Gesù ebbe veramente questa finalità rivoluzionaria basata su una pretesa
regale? Per quale motivo egli fu ritenuto così pericoloso? Da una rapida valutazione del suo
comportamento, possiamo escludere che egli avesse dato motivo di temere un'azione politica
sovversiva... Se teniamo presente la figura di Gesù che emerge complessivamente dai vangeli,
egli dev'essere stato considerato piuttosto un operatore di miracoli, un predicatore itinerante,
guaritore ed esorcista, che mostrava particolare predilezione nei confronti di persone ritenute
discutibili dalle autorità religiose. Ma l'accusa di pretendente regale e di rivoluzionario politico
appare effettivamente sproporzionata» (Ibidem, 227).
15
CEI, La verità vi farà liberi. Catechismo degli adidti, cit., n. 227.
16
Cfr. H . U . VON BALTHASAR, Mysterium paschale, in: J . F E I N E R - M . LOHRER (edd.), Myste-
rium salutis, 6 , cit., 2 6 5 - 2 7 6 ; J . GUILLET, Gesù di fronte alla sua vita e alla sua morte, Citta-
della Editrice, Assisi 1 9 7 2 ; J . M O L T M A N N - J . B . M E T Z , Storia della Passione. Due meditazioni su
Marco 8,31-38, Queriniana, Brescia 1 9 7 4 ; A. PIOPPI, Le parole di Gesù in croce, Messaggero,
Padova 1 9 7 4 ; E. LOHSE, La storia della passione e morte di Gesù Cristo, Paideia, Brescia
1 9 7 5 ; M. F L I C K - Z . ALSZEGHY, Il mistero della croce. Saggio di teologia sistematica, Queriniana,
Brescia 1 9 7 8 ; M. GOURGUES, Gesù davanti alla sua passione e alla sua morte, Gribaudi, Torino
1 9 8 1 ; X . L É O N - D U F O U R , Di fronte alla morte. Gesù e Paolo, Elle Di Ci, Leumann (TO) 1 9 8 2 ;
G. LOHFINK, La Passione di Gesù. Gli avvenimenti dell'ultimo giorno, Morcelliana, Brescia
CAPITOLO V I - TEMPO DI PASQUA 1f5
«Così dice il Signore Dio: "Ecco, io apro i vostri sepolcri, vi faccio uscire dalle
vostre tombe, o popolo mio, e vi riconduco nella terra d'Israele. Riconoscerete
che io sono il Signore, quando aprirò le vostre tombe e vi farò uscire dai vostri
sepolcri, o popolo mio. Farò entrare in voi il mio spirito e rivivrete; vi farò
riposare nella vostra terra. Saprete che io sono il Signore. L'ho detto e lo farò"»
(Ez 37,12-14)19.
«Ogni sommo sacerdote, infatti, è scelto fra gli uomini e per gli uomini viene
costituito tale nelle cose che riguardano Dio, per offrire doni e sacrifici per
i peccati. Egli è in grado di sentire giusta compassione per quelli che sono
18
Anche Amos (8,8-9) e Gioele (2,10) presentano in termini apocalittici la novità che Dio
un giorno avrebbe compiuto.
19
Cfr. Is 26,19; Dn 12,2.
20
Sul sacerdozio di Gesù cfr. P . GARUTI, Sacerdozio, in: R . P E N N A - G . P E R B G O - G . RAVASI,
Temi teologici della Bibbia, cit., 1203-1205.
21
«Il ruolo di sacerdote non compete a Gesù Cristo in quanto Dio (perché in quanto Dio
non poteva fungere da mediatore), ma in quanto uomo, e tuttavia la sua azione sacerdotale
acquista valore infinito in quanto ha come soggetto (persona) il Verbo, ossia Dio stesso» (B.
M O N D I N , Gesù Cristo salvatore dell'uomo. Cristologia storica e sistematica, cit., 344).
CAPITOLO V I - T E M P O DI PASQUA1f5
«Nei giorni della sua vita terrena egli offrì preghiere e suppliche, con forti gri-
da e lacrime, a Dio che poteva salvarlo da morte e, per il suo pieno abbandono
a lui, venne esaudito. Pur essendo Figlio, imparò l'obbedienza da ciò che patì
e, reso perfetto, divenne causa di salvezza eterna per tutti coloro che gli obbe-
discono, essendo stato proclamato da Dio sommo sacerdote secondo l'ordine
di Melchìsedek» (Eb 5,7-10).
«Egli invece, poiché resta per sempre, possiede un sacerdozio che non tramon-
ta. Perciò può salvare perfettamente quelli che per mezzo di lui si avvicinano
a Dio: egli infatti è sempre vivo per intercedere a loro favore. Questo era il
sommo sacerdote che ci occorreva: santo, innocente, senza macchia, separato
dai peccatori ed elevato sopra i cieli. Egli non ha bisogno, come i sommi sacer-
doti, di offrire sacrifici ogni giorno, prima per i propri peccati e poi per quelli
del popolo: lo ha fatto una volta per tutte, offrendo se stesso. La Legge infatti
costituisce sommi sacerdoti uomini soggetti a debolezza; ma la parola del giu-
ramento, posteriore alla Legge, costituisce sacerdote il Figlio, reso perfetto per
sempre» (Eb 7,24-28).
«Cristo, invece, è venuto come sommo sacerdote dei beni futuri, attraverso una
tenda più grande e più perfetta, non costruita da mano d'uomo, cioè non apparte-
nente a questa creazione. Egli entrò una volta per sempre nel santuario, non me-
diante il sangue di capri e di vitelli, ma in virtù del proprio sangue, ottenendo così
una redenzione eterna. Infatti, se il sangue dei capri e dei vitelli e la cenere di una
giovenca, sparsa su quelli che sono contaminati, li santificano purificandoli nella
carne, quanto più il sangue di Cristo - il quale, mosso dallo Spirito eterno, offrì se
stesso senza macchia a Dio - purificherà la nostra coscienza dalle opere di morte,
perché serviamo al Dio vivente? Per questo egli è mediatore di un'alleanza nuova,
perché, essendo intervenuta la sua morte in riscatto delle trasgressioni commesse
sotto la prima alleanza, coloro che sono stati chiamati ricevano l'eredità eterna
che era stata promessa. Ora, dove c'è un testamento, è necessario che la morte del
testatore sia dichiarata» (Eb 9,11-16).
Morendo in croce, Gesù rivela la sua identità divina. «Quando avrete innal-
zato il Figlio dell'uomo, allora conoscerete che Io Sono e che non faccio nulla
da me stesso, ma parlo come il Padre mi ha insegnato» (Gv 8,28).
Morendo in croce, Gesù rivela ancora una volta la sua identità di servo
sofferente. Identità che segna sin dall'inizio la sua vita, che viene manife-
stata nel momento del battesimo nell'acqua del Giordano (Mt 3,17) e della
trasfigurazione sul monte (Mt 17,5) e che Gesù stesso afferma di avere: «il
Figlio dell'uomo infatti non è venuto per farsi servire, ma per servire e dare la
propria vita in riscatto per molti» (Me 10,45)23.
22
V . C R O C E , Gesù il Figlio e il mistero della croce. Cristologia e soteriologia, Elledici,
Leumann (TO) 2010, 332-333.
23
«Un chiaro riferimento al quarto carme del Servo di Dio, anche se appare citato solo in fili-
grana, si ha in Mt nella risposta di Gesù alla richiesta dei primi posti da parte dei figli di Zebedeo:
modello dei discepoli è Gesù stesso, "Figlio dell'uomo venuto non per farsi servire ma per servire
e dare la sua vita in riscatto per molti" (20,28). È la frase che più chiaramente di tutte sigla sulla
bocca di Gesù il senso della passione verso la quale sta camminando» (Ibidem, 336).
Morendo in croce, Gesù manifesta in pienezza la sua regalità. Gesù è re. Re
dell'universo e signore della storia. Lo dice lui stesso davanti a Pilato:
«Pilato... fece chiamare Gesù e gli disse: "Sei tu il re dei Giudei?". Gesù
rispose: "Dici questo da te, oppure altri ti hanno parlato di me?". Pilato disse:
"Sono forse io Giudeo? La tua gente e i capi dei sacerdoti ti hanno consegna-
to a me. Che cosa hai fatto?". Rispose Gesù: "Il mio regno non è di questo
mondo; se il mio regno fosse di questo mondo, i miei servitori avrebbero
combattuto perché non fossi consegnato ai Giudei; ma il mio regno non è di
quaggiù". Allora Pilato gli disse: "Dunque tu sei re?". Rispose Gesù: "Tu lo
dici: io sono re. Per questo io sono nato e per questo sono venuto nel mondo:
per dare testimonianza alla verità. Chiunque è dalla verità, ascolta la mia
voce» (Gv 18,33-37).
«Non temete: ecco, vi annuncio una grande gioia, che sarà di tutto il popolo:
oggi, nella città di Davide, è nato per voi un Salvatore, che è Cristo Signore.
Questo per voi il segno: troverete un bambino avvolto in fasce, adagiato in
una mangiatoia. E subito apparve con l'angelo una moltitudine dell'esercito
celeste, che lodava Dio e diceva:
Gloria a Dio
nel più alto dei cieli
e sulla terra pace
agli uomini, che egli ama (Le 2,10-14).
«sapendo che il Padre gli aveva dato tutto nelle mani e che era venuto da Dio
e a Dio ritornava, si alzò da tavola, depose le vesti, prese un asciugamano e se
lo cinse attorno alla vita. Poi versò dell'acqua nel catino e cominciò a lavare i
piedi dei discepoli e ad asciugarli con l'asciugamano di cui si era cinto» (Gv
13,3-5).
«Dio onnipotente ed eterno, che hai voluto rinnovare tutte le cose in Cristo
tuo Figlio, Re dell'universo, fa' che ogni creatura, libera dalla schiavitù del
peccato, ti serva e ti lodi senza fine. Per il nostro Signore...»24.
4. L A D I S C E S A A G L I I N F E R I
24
CEI, Messale Romano, Solennità di Cristo Re, colletta, cit.
25
Ibidem, Prefazio.
26
Cfr. A . AMATO, Gesù il Signore. Saggio di cristologia, cit., 530-536. «Il mondo sotterra-
neo è generalmente connesso con la morte. Infatti la morte era pensata, perlomeno in vari passi
dell'AT, come un passaggio dalla terra - luogo dei viventi - allo se 'ol, soggiorno dei morti. Lo
se'ol è la 'terra' dell'oblio, delle tenebre e del silenzio, delle ombre. Là non c'è vita, come nel
deserto. Lo se'ol è nel più profondo della terra (Dt 32,22), al di là dell'abisso sotterraneo (Gb
26,5; 38,16-17)» ( A . BONORA, Cosmo, in: P. R O S S A N O - G . R A V A S I - A . GHIRLANDA (edd.), Nuovo
Dizionario di Teologia Biblica, cit., 325).
27
Allusioni alla discesa agli inferi si trovano in At 2,27-31; .E/4,8-10; Fil 2,5-10; Col 1,18;
Eb 13,20; Ap 1,18.
CAPITOLO V I - T E M P O DI PASQUA
Un'antica omelia sul sabato santo riflette sul mistero evento della discesa
di Gesù agli inferi.
«Che cosa è avvenuto? Oggi sulla terra c'è grande silenzio, grande silenzio e solitu-
dine. Grande silenzio perché il Re dorme: la terra è rimasta sbigottita e tace perché il
Dio fatto carne si è addormentato e ha svegliato coloro che da secoli dormivano. Dio
è morto nella carne ed è sceso a scuotere il regno degli inferi. Certo egli va a cercare
il primo padre, come la pecorella smarrita. Egli vuole scendere a visitare quelli che
siedono nelle tenebre e nell'ombra di morte. Dio e il Figlio suo vanno a liberare dalle
sofferenze Adamo ed Eva che si trovano in prigione. Il Signore entrò da loro portan-
do le armi vittoriose della croce. Appena Adamo, il progenitore, lo vide, percuoten-
dosi il petto per la meraviglia, gridò a tutti e disse: "Sia con tutti il mio Signore". E
Cristorispondendodisse ad Adamo: "E con il tuo spirito". E, presolo per mano, lo
scosse, dicendo: "Svegliati, tu che dormi, e risorgi dai morti, e Cristo ti illuminerà.
Io sono il tuo Dio, che per te sono diventato tuo figlio; che per te e per questi, che
da te hanno avuto origine, ora parlo e nella mia potenza ordino a coloro che erano
in carcere: Uscite! A coloro che erano nelle tenebre: Siate illuminati! A coloro che
erano morti: Risorgete! A te comando: Svegliati, tu che dormi. Infatti non ti ho creato
perché rimanessi prigioniero nell'inferno. Risorgi dai morti. Io sono la vita dei morti.
Risorgi, opera delle mie mani! Risorgi mia effige, fatta a mia immagine! Risorgi,
usciamo di qui. Tu in me e io in te siamo infatti un'unica e indivisa natura»31.
«Sull'istante l'Ade gridò: "Siamo stati vinti. Guai a noi! Ma chi sei tu che hai tale
potere e forza? Tu che sembri piccolo, ma operi meraviglie; sei umile e elevato,
28
«Anche se assente nel simbolo niceno-costantinopolitano, il descensus è testimoniato nei
simboli di fede già a partire dal quarto secolo» (A. AMATO, Gesù il Signore. Saggio di cristolo-
gia, cit., 531).
29
M. SERENTHÀ, Gesù Cristo ieri oggi e sempre. Saggio di cristologia, cit., 370.
30
Ibidem, 365.
31
Omelia sul Sabato santo, PG 43,439. 451.
servo e signore, soldato e re, che hai potere sui vivi e sui morti? Sei stato inchiodato
in croce e posto nel sepolcro e ora sei divenuto libero, distruggendo ogni nostra
potenza. Sei forse tu il Gesù, di cui il grande satrapo Satana ci parlava? Tu difatti
stai per ereditare il mondo intero con la croce e la morte! Allora il re della gloria,
prendendo per la testa il grande satrapo e consegnandolo agli angeli, disse: "Lega-
tegli con catene di ferro le mani, i piedi, il collo e la bocca". Quindi, consegnandolo
all'Ade, disse: "Prendilo e custodiscilo bene fino alla mia seconda venuta"»32.
5. L A R I S U R R E Z I O N E
«E, chinato il capo, consegnò lo spirito» (Gv 19,30). Parole semplici, la-
pidarie, conclusive, liberatorie. Conclusione tragica di una esistenza insieme
straordinaria e sfortunata. Respiro di sollievo per scribi e farisei. Fine di incu-
bo per uomini di potere. Delusione amara per discepoli ed amici. «Consegnò
lo spirito». Per sempre. Così sembrava. Ed invece, nel giro di poche ore, di-
scepoli affermano che egli, Gesù, è vivo. Lo hanno visto. Lo hanno incontrato.
Si sono lasciati incontrare. A due passi dal sepolcro (Me 16,1-11; Mt 28,1-7;
Le 24,1-12; Gv 20,11-18). Nel cenacolo di Gerusalemme (Gv 20,19-29). Lun-
go la strada di Emmaus (Le 24,13-35). Sul mare di Tiberiade (Gv 21,1-23). In
Galilea (Mt 28,16-20).
Lo hanno visto vivo perché risuscitato da morte 33 . Questa la ragione della
32
Vangelo di Nicodemo (Atti di Pilato), parte II: Discesa di Cristo agli inferi II, 6,1-2
33
Cfr. P . BENOIT, Passione e Resurrezione del Signore. Il Mistero pasquale nei quattro
Evangeli, Piero Gribaudo, Torino 1967; F . X . DURRWELL, La risurrezione di Gesù mistero dì
salvezza. Teologia biblica della risurrezione, Edizioni Paoline, Roma 1969; W. M A R X E N , La
risurrezione di Gesù di Nazareth, Edizioni Dehoniane, Bologna 1970; J. PONTHOT, La Risur-
rezione di Cristo. Avvenimento - Mistero - Catechesi, Edizioni Dehoniane, Bologna 1970;
H . U . VON BALTHASAR, Mysteriumpaschale, in: J. F E I N E R - M . LÔHRER (edd.), Mysterium salutis,
6, cit., 325-404; G. GIAVINI, La risurrezione di Gesù, Ed. Daverio, Milano 1973; F . X . D U R R -
WELL, La risurrezione di Gesù e messaggio pasquale, Edizioni Paoline, Cinisello Balsamo (MI)
1973; A A . V V . , La risurrezione, Paideia, Brescia 1974; C. PORRO, La risurrezione di Cristo oggi.
Orientamenti teologico-pastorali, Messaggero, Padova 1976; B. RIGAUX, Dio l'ha risuscitato.
Esegesi e teologia biblica, Edizioni Paoline, Cinisello Balsamo (MI) 1976; Ph. FERLAY, Gesù
nostra Pasqua. Teologia del mistero pasquale, Edizioni Dehoniane, Bologna 1978; E. C H A R -
PENTIER, Cristo è risorto, Gribaudi, Torino 1979; G. GHIBERTI, La risurrezione di Gesù, Paideia,
Brescia 1982; C.M. MARTINI,Risurrezione di Cristo, in: G. BARBAGLIO-S. DIANICH (edd.), Nuovo
Dizionario di Teologia, cit., 1307-1320; G. GHIBERTI, La risurrezione di Gesù, cit.; R. FABRIS,
Gesù di Nazareth. Storia interpretazione, cit., 317-352; M. BORDONI, Gesù di Nazaret. Signore e
Cristo, 2. Gesù al fondamento della cristologia, cit., 519-606; J. PERRET, Gesù è davvero risor-
to? Una ricerca storica, SEI, Torino 1988; R . FABRIS, Risurrezione, in: P. R O S S A N O - G . RAVASI-A.
GHIRLANDA (edd.), Nuovo Dizionario dì Teologìa Bìblica, cit., 1342-1360; G. O ' C O L L I N S , Gesù
Risorto. Un'indagine biblica, storica e teologica sulla risurrezione di Cristo, Queriniana, Bre-
scia 1989; S. PALUMBERI, Cristo risorto leva della storia, SEI, Torino 1996; F.G. BRAMBILLA,
CAPITOLO V I - TEMPO DI PASQUA 1 f 5
loro conversione di cuore e di mente. Questa la ragione della loro vita. Questo
il contenuto della loro testimonianza. Questo il loro messaggio. Gesù di Naza-
ret, il crocifisso, è stato risuscitato:
1. Confessioni di fede
«Vi proclamo poi, fratelli, il Vangelo che vi ho annunciato e che voi avete
ricevuto, nel quale restate saldi e dal quale siete salvati, se lo mantenete come
ve l'ho annunciato. A meno che non abbiate creduto invano! A voi infatti ho
trasmesso, anzitutto, quello che anch'io ho ricevuto, cioè che Cristo morì per i
nostri peccati secondo le Scritture e che fu sepolto e che è risorto il terzo giorno
secondo le Scritture e che apparve a Cefa e quindi ai Dodici» (ICor 15,l-5)35.
Il crocifisso risorto. Risurrezione di Gesù e fede dei discepoli, Queriniana, Brescia 1998; H.
KESSLLER, La risurrezione di Gesù Cristo. Uno studio biblico, teologico-fondamentale e siste-
matico, Queriniana, Brescia 1999; V. MESSORI, Dicono che è risorto. Un'indagine sul Sepolcro
vuoto, SEI, Torino 2000; B. MAGGIONI, I racconti evangelici della Risurrezione, Cittadella Edi-
trice, Assisi 2001; A . AMATO, Gesù il Signore. Saggio di cristologia, cit., 186-205; M . GRONCHI,
Trattato su Gesù Cristo Figlio di Dio salvatore, cit., 235-250; B. MAGGIONI, Risurrezione, in: R .
P E N N A - G . P E R E G O - G . RAVASI (edd.), Temi teologici della Bibbia, cit., 1169-1174.
34
«La sintesi originale e primitiva del Gesù terrestre e del Cristo risuscitato si trova in diver-
se "formule di confessione di fede" e "omologie" che parlano nello stesso tempo e con speciale
insistenza della morte e della risurrezione (Rm 1 , 3 ss.; ICor 1 5 , 3 - 4 ) . Questi testi realizzano una
connessione autentica tra una storia individuale e il significato di Gesù Cristo che resterà per
l'eternità. Essi presentano in sintesi "la storia dell'essenza" di Gesù Cristo. Tale sintesi resta un
esempio e un modello per ogni cristologia autentica» (COMMISSIONE TEOLOGICA INTERNAZIONALE,
Questioni dì cristologia, cit., I , 2 . 4 , in: EV, 7 , n. 6 4 3 ) . Sulle confessioni di fede cfr. R . FABRIS,
Confessione dì fede, in: R . P E N N A - G . PEREGO-G. RAVASI (edd.), Temi teologici della Bibbia, cit.,
2 0 2 - 2 0 8 ; D . HERCSDC, Il Signore Gesù. Saggio di cristologìa e soteriologia, cit., 4 2 - 6 6 .
35
Altre confessioni di fede si trovano in Ai 2,32; 3,15; 5,21 ; 10,40; lTs 1,10; 4,14; Rm 8,34;
10,9.
. . O f t . CAPITOLO V I - TEMPO DI.PASQUA
«Il terzo giorno» è particolare teologico più che cronologico ed indica che
la risurrezione di Gesù è opera straordinaria del Padre. Appare dal confron-
to con Gn 22,4 (sacrificio di Isacco) ed Os 6,1-2 ("e il terzo giorno ci farà
rialzare")36.
La risurrezione, come la morte, rientra nel disegno del Padre rivelato attra-
verso le Scritture.
2. Inni
36
«Neil'AT "il terzo giorno" era spesso considerato come il giorno della liberazione, della
salvezza, della vittoria sulla morte e su ogni forma di schiavitù, dopo un intervallo di smarri-
mento, di crisi, di "prova"... Dire che Gesù è risuscitato "il terzo giorno" significa alludere a
un evento decisivo di salvezza, di liberazione: Dio interviene a salvare chi si è affidato alla sua
volontà fino a dare la vita, non lascia il giusto nella tribolazione e nella morte, ma lo fa risor-
gere, lo richiama alla vita, inaugurando così il tempo della salvezza definitiva» (M. SERENTHÀ,
Gesù Cristo ieri, oggi e sempre. Saggio di cristologìa, cit., 28-29).
37
F. ARDUSSO, Gesù di Nazaret è Figlio di Dio?, Marietti Editori, Torino 1980, 110. «Gli
inni non sono numerosi come le omologhie, ma sono più vari e drammatici; vogliono celebrare
il dramma divino del redentore, che discende dal Cielo per redimere gli uomini e dopo l'umi-
liazione viene esaltato, redime gli uomini e vince le potenze cosmiche nemiche» (G. SEGALLA,
Cristologia del Nuovo Testamento, in: G . S E G A L L A - R . CANTALAMESSA-G. M O I O L I , Il problema
cristologico oggi, cit., 69-70).
Vediamo l'inno cristologico della Lettera ai Filippesi 38 .
38
Cfr. A . MANGIAPANE, FU 2,6 nella moderna ricerca esegetica, Theses ad Doctoratum in
S. Theologia, Pontificia Universitas Lateranensis, Roma 1978; R. FABRIS, Lettera ai Filippesi.
Struttura, commento e attualizzazione, Edizioni Dehoniane, Bologna 1983; U. V A N N I , Filippesi
(Lettera ai), in: P. R O S S A N O - G . R A V A S I - A . GHIRLANDA (edd.), Nuovo Dizionario di Teologia Bi-
blica, cit., 554-560; G. BARBAGLIO, Le lettere di Paolo. Traduzione e commento, voi. I I , Boria
19902, 531-650; N. CAPIZZI, L'uso di FU 2,6-11 nella cristologia contemporanea (1965-1993),
Editrice Pontificia Università Gregoriana, Roma 1997; R. PENNA, Lettera ai Filippesi - Lettera
a Filemone. Nuovo Testamento. Commento esegetico e spirituale, Città Nuova, Roma 2002;
R . FABRIS, Lettera ai Filippesi - Lettera a Filemone. Introduzione, versione, commento, Scritti
delle origini cristiane 11, Edizioni Dehoniane, Bologna 2000, 9-272; G. C O S T A - M . VIVIANO,
Una cittadinanza eristica per una gioia piena, in: G. COSTA (ed.), Lettera ai Filippesi. Il cuore
libero dì Paolo in catene, Coop. S. Tom., Messina - Elledici, Leumann (TO) 2009, 63-118; S.
ROMANELLO, Filippesi, Lettera ai, in: R . P E N N A - G . P E R E G O - G . RAVASI (edd.), Temi teologici della
Bibbia, cit., 502-507.
39
Sull'obbedienza di Gesù cfr. I. GARGANO, Obbedienza, in: Ibidem, 917-919.
lingua proclami»). «Gesù Cristo è Signore!» 40 : questa la fede della comunità
cristiana delle origini.
3. Predicazione missionaria
«Allora Pietro con gli Undici si alzò in piedi e a voce alta parlò a loro così:
"Uomini di Giudea, e voi tutti abitanti di Gerusalemme, vi sia noto questo e
fate attenzione alle mie parole. Questi uomini non sono ubriachi, come voi
supponete: sono infatti le nove del mattino; accade invece quello che fu det-
to per mezzo del profeta Gioele... Uomini d'Israele, ascoltate queste parole:
Gesù di Nàzaret - uomo accreditato da Dio presso di voi per mezzo di mi-
racoli, prodigi e segni, che Dio stesso fece tra voi per opera sua, come voi
sapete bene - , consegnato a voi secondo il prestabilito disegno e la prescienza
di Dio, voi, per mano di pagani, l'avete crocifisso e l'avete ucciso. Ora Dio
lo ha risuscitato, liberandolo dai dolori della morte, perché non era possibile
che questa lo tenesse in suo potere... Fratelli, mi sia lecito dirvi francamente,
riguardo al patriarca Davide, che egli morì e fu sepolto e il suo sepolcro è ancora
oggi fra noi. Ma poiché era profeta e sapeva che Dio gli aveva giurato solenne-
mente di far sedere sul suo trono un suo discendente, previde la risurrezione di
40
«In questo inno il titolo "Kyrios" appare nella sua piena risonanza... Con ciò Gesù rag-
giunge dignità uguale a Dio e gli spetta la venerazione cultuale - invocazione e adorazione
- da parte della sua comunità... Inoltre l'espressione paolina predominante "nostro Signore"
fa trasparire l'autocoscienza della comunità cristiana in un ambiente ricco di culti e di associa-
zioni cultuali; i credenti in Cristo si sanno obbligati soltanto al loro Kyrios il quale però non
è un Signore accanto ad altre divinità cultuali, bensì è il Kyrios esclusivo che sta sopra tutti i
cosiddetti signori e sopra tutte le potenze cosmiche» (R. SCHNACKENBURG, Cristologia del Nuo-
vo Testamento, in: J . F E I N E R - M . LOHRER (edd.), Mysterium Salutis, 5 , cit., 4 0 3 - 4 0 4 ) . Sul titolo
Signore cfr. A . BARBI, Signore, in: R. P E N N A - G . P E R E G O - G . RAVASI (edd.), Temi teologici della
Bibbia, cit., 1 3 0 5 - 1 3 1 3 .
41
A . AMATO, Gesù il Signore. Saggio di cristologia, cit., 201.
42
Cfr. C.H. D O D D , La predicazione apostolica e il suo sviluppo, Paideia, Brescia 1 9 7 3 ,
1 9 - 2 0 ; 1 1 2 - 1 1 3 ; V . Fusco, Atti degli Apostoli, in: P. R O S S A N O - G . RAVASI-A. GHIRLANDA (edd.),
Nuovo Dizionario di Teologia Biblica, cit., 1 2 8 - 1 3 6 ; R . FABRIS, Risurrezione, in: Ibidem, 1 3 5 4 -
1355.
CAPITOLO V I - T E M P O di PASQUA1f5
Cristo e ne parlò: questi non fu abbandonato negli inferi, né la sua carne subì
la corruzione. Questo Gesù, Dio lo ha risuscitato e noi tutti ne siamo testimoni.
Innalzato dunque alla destra di Dio e dopo aver ricevuto dal Padre lo Spirito
Santo promesso, lo ha effuso, come voi stessi potete vedere e udire... Sappia
dunque con certezza tutta la casa d'Israele che Dio ha costituito Signore e
Cristo quel Gesù che voi avete crocifisso". All'udire queste cose si sentirono
trafiggere il cuore e dissero a Pietro e agli altri apostoli: "Che cosa dobbiamo
fare, fratelli?". E Pietro disse loro: "Convertitevi e ciascuno di voi si faccia
battezzare nel nome di Gesù Cristo, per il perdono dei vostri peccati, e riceve-
rete il dono dello Spirito Santo. Per voi infatti è la promessa e per i vostri figli
e per tutti quelli che sono lontani, quanti ne chiamerà il Signore Dio nostro"»
(At 2,14-16.22-24.29-33.36-39)43.
«Pietro allora prese la parola e disse: "In verità sto rendendomi conto che Dio
non fa preferenza di persone, ma accoglie chi lo teme e pratica la giustizia, a
qualunque nazione appartenga. Questa è la Parola che egli ha inviato ai figli
d'Israele, annunciando la pace per mezzo di Gesù Cristo: questi è il Signore
di tutti. Voi sapete ciò che è accaduto in tutta la Giudea, cominciando dalla
Galilea, dopo il battesimo predicato da Giovanni; cioè come Dio consacrò in
Spirito Santo e potenza Gesù di Nazaret, il quale passò beneficando e risanan-
do tutti coloro che stavano sotto il potere del diavolo, perché Dio era Con lui.
E noi siamo testimoni di tutte le cose da lui compiute nella regione dei Giudei
e in Gerusalemme. Essi lo uccisero appendendolo a una croce, ma Dio lo ha
risuscitato al terzo giorno e volle che si manifestasse, non a tutto il popolo, ma
a testimoni prescelti da Dio, a noi che abbiamo mangiato e bevuto con lui dopo
la sua risurrezione dai morti. E ci ha ordinato di annunciare al popolo e di testi-
moniare che egli è il giudice dei vivi e dei morti, costituito da Dio. A lui tutti i
profeti danno questa testimonianza: chiunque crede in lui riceve il perdono dei
peccati per mezzo del suo nome» (At 10,34-43).
43
Questa la struttura del discorso missionario: l'aggancio alla situazione (Ai 2,14-21); il
kerigma (At 2,22-36); l'invito alla conversione (At 2,37-40).
44
«La comunità primitiva pone un evento al centro della propria fede (il Cristo): questo
evento è inserito (come culmine) in una storia (AT): la storia della salvezza (AT e Cristo) si fa
presente nella comunità, nella storia della Chiesa. Si rivela che il centro dell'annuncio è Gesù.
4. Narrazioni evangeliche
Tutta l'attenzione della comunità delle origini è concentrata nell'evento fondamentale: Gesù
di Nazaret, il Crocifisso, è stato risuscitato ed è assiso alla destra di Dio, divenuto salvezza
per noi» ( B . M A G G I O N I , NUOVO Testamento, in: F . F E S T O R A Z Z I - B . M A G G I O N I , Il messaggio della
salvezza. Introduzione alla storia della salvezza, Elle Di Ci, Leumann (TO) 1978,222.
45
Cfr. C . M . M A R T I N I , Risurrezione, in: G . B A R B A G L I O - S . DIANICH (edd.), Nuovo Dizionario
di Teologia, cit., 1307-1319; B. FORTE, Gesù di Nazaret, storia di Dio, Dio della storia. Saggio
di una cristologìa come storia, San Paolo, Cinisello Balsamo ( M I ) 2007, 88-103; R . F A B R I S ,
Risurrezione, in: P . R O S S A N O - G . R A V A S I - A . GHIRLANDA (edd.), Nuovo Dizionario di Teologia
Bìblica, cit., 1345-1354; R . SCHNACKENBURG, La persona di Gesù nei quattro vangeli, Paideia,
Brescia 1995.
46
W. K A S P E R , Gesù il Cristo, cit., 176.
47
«Appare significativo il fatto che la tomba vuota non sia stata immediatamente colta
come segno della risurrezione, dato lo spavento delle donne (cfr. Me 16,8; Mt 28,8), il disorien-
tamento della Maddalena (cfr. Gv 20,2.13.15), le perplessità degli apostoli (cfr. Le 24,11; Gv
20,9). Persino l'autopresentazione di Gesù suscitò dubbi (cfr. Mi 28,17; Le 24,41; Gv 20,25,27).
In effetti, il sepolcro vuoto in quanto tale non fu sufficiente ad indurre la convinzione della
risurrezione, tanto che si sospettò il trafugamento del cadavere da parte dell'autorità giudaica
(cfr. Mt 27,64; 28,13; anche la Maddalena ne temeva la scomparsa, cfr. Gv 20,2)» (M. G R O N C H I ,
Trattato su Gesù Cristo Figlio di Dio salvatore, cit., 237).
CAPITOLO V I - T E M P O DI PASQUA 1 f 5
ho» (Le 24,38-39), alla fede: «Gli rispose Tommaso: "Mio Signore e mio Dio!".
Gesù gli disse: "Perché mi hai veduto, tu hai creduto; beati quelli che non hanno
visto e hanno creduto!"» (Gv 20,28-29)48.
«Con la risurrezione, Gesù non è tornato alla vita mortale di prima, come Lazza-
ro, la figlia di Giairo o il figlio della vedova di Nain; è entrato in una dimensione
superiore, ha raggiunto in Dio la condizione perfetta e definitiva di esistenza.
Non è tornato indietro, ma è andato avanti e adesso non muore più»49.
«Gesù, con la risurrezione giunge alla perfezione della sua umanità e assume
in pienezza la funzione di Messia e Salvatore, comunicando agli uomini lo
Spirito Santo, per santificarli e ricondurli al Padre»50.
6. L'ASCENSIONE
«Egli si mostrò a essi vivo, dopo la sua passione, con molte prove, durante
quaranta giorni, apparendo loro e parlando delle cose riguardanti il regno di
Dio... Detto questo, mentre lo guardavano, fu elevato in alto e una nube lo
sottrasse ai loro occhi. Essi stavano fissando il cielo mentre egli se ne andava,
quand'ecco due uomini in bianche vesti si presentarono a loro e dissero: "Uo-
mini di Galilea, perché state a guardare il cielo? Questo Gesù, che di mezzo a
voi è stato assunto in cielo, verrà allo stesso modo in cui l'avete visto andare
in cielo"» (At 1,3.9-11)51.
48
«Varie apparizioni hanno una sola menzione (a Cleopa e al compagno di viaggio; ai cin-
quecento fratelli, a Giacomo e a tutti gli apostoli); a parte qualche coincidenza marginale (a Ma-
ria e alle donne presso la tomba, agli undici in Galilea), le tradizioni più consistenti sembrano
quelle riguardanti il resto dei dodici a Gerusalemme. Ora, pur tenendo conto delle discordanze,
si possono ricavare almeno quattro elementi comuni, tra i quali, in primo luogo, l'attestazione
del "fatto visivo" relativo a Gesù (vedere/essere visto), per cui non si potrà essere riconosciuti
apostoli senza aver "visto" il Risorto (cfr. At 1,22; ICor 9,1). In secondo luogo, è frequente
il "mancato riconoscimento" di Gesù (cfr. Gv 20,14-15; Le 24,16; Gv 21,4), cui corrisponde
l'incertezza sulla sua identità (sia a Gerusalemme che in Galilea, cfr. Le 24,41; Gv 20,24-29; Mt
28,17). Terzo motivo comune è quello dell'incarico, ovvero di un "mandato esplicito" ricevuto
dal Risorto (cfr. Mt 28,10IGv 20,17; Le 24,31-35; Mt 28,19-20; Gv 21,15-19), per il quale si è
anche costituiti apostoli (cfr. ICor 15,7). Quarto elemento è "il primo giorno della settimana",
che sta a fondamento della tradizione successiva del "giorno del Signore, in cui si celebrerà la
risurrezione (cfr. At 20,7; ICor 16,2; Ap 1,10). A questa tradizione potrà ricondursi anche la
traccia del "pasto comune" presente in alcuni racconti di apparizione (cfr. Le 24,30-31.35.41-
43; Gv 21,12-13; Me 16,14)» (Ibidem, 240-241).
49
CEI, La verità vi farà liberi. Catechismo degli adulti, cit., n. 269.
50
Ibidem, n. 143.
51
Marco e Luca accennano all'ascensione di Gesù: «Il Signore Gesù, dopo aver parlato con
loro, fu elevato in cielo e sedette alla destra di Dio. Allora essi partirono e predicarono dappertutto,
mentre il Signore agiva insieme con loro e confermava la Parola con i segni che la accompagnava-
no» (Me 16,19-20). «Poi li condusse fuori verso Betània e, alzate le mani, li benedisse. Mentre li
CAPITOLO V I - T E M P O DI PASQUA
benediceva, si staccò da loro e veniva portato su, in cielo. Ed essi si prostrarono davanti a lui; poi
tornarono a Gerusalemme con grande gioia e stavano sempre nel tempio lodando Dio» (LE 24,50-
53). Sul mistero dell'ascensione cfr. G. LOHFINK, L'ascensione di Gesù. Invenzione o esperienza?,
Queriniana, Brescia 1976; H. SCHLIER, Riflessioni sul Nuovo Testamento, Paideia, Brescia 1976,
295-312; P. TOINET, "L'ascensione di Cristo promozione dell'uomo", in "Communio" 69 (1983)
19-29; M . BORDONI, Gesù di Nazareth. Signore e Cristo, 2, Gesù al fondamento della cristologia,
cit., 578-580; A . AMATO, Gesù il Signore. Saggio di cristologia, cit., 556-562.
52
CEI, La verità vi farà liberi. Catechismo degli adulti, cit., n. 272.
53
«Nell'insegnamento rabbinico il numero quaranta ha un valore simbolico per indicare
un tirocinio completo e normativo. In altre parole gli apostoli a contatto con il Signore risorto
ricevono quella formazione autorevole e completa che li abilita a continuare la sua opera sto-
rica» (R. FABRIS, Atti degli Apostoli, Boria, Roma 1 9 8 4 , 6 9 ) . «Oggi celebriamo solennemente
l'ascensione del Signore al cielo. Infatti il Signore Salvatore nostro, deposto il corpo e ripreso
il corpo dopo che risorse dai morti, ai discepoli si mostrò vivente dopo che avevano disperato
vedendolo morente. In seguito si offrì per essere visto dagli occhi, toccato dalle mani, edifican-
do la fede, mostrando la verità. Invero, per l'umana fragilità e per la debole ansietà, risultava
poco mostrare un miracolo così grande in un solo giorno e poi scomparire. Si intrattenne con
loro sulla terra... per quaranta giorni, entrando e uscendo, mangiando e bevendo al fine di
mostrare la verità, non perché avesse necessità. Pertanto, nello stesso quarantesimo giorno che
oggi celebriamo, mentre essi vedevano e vedendo lo accompagnavano, salì al cielo» (AGOSTINO
D'IPPONA, Discorso 2 6 5 , in: L. PADOVESE, Sermoni per i tempi liturgici, cit., 4 2 9 - 4 3 0 ) .
54
Cfr. Le 9,34; 21,27; Me 14,62.
CAPITOLO VI - T E M P O DI PASQUA 1f5
«Mediatore tra Dio e gli uomini, giudice del mondo e Signore dell'universo, non si
è separato dalla nostra condizione umana, ma ci ha preceduti nella dimora eterna,
per darci la serena fiducia che dove è lui, capo e primogenito, saremo anche noi,
sue membra, uniti nella stessa gloria»56.
7. LA P E N T E C O S T E
55
«L'ascensione chiude il ciclo delle apparizioni di Gesù e rappresenta quindi la linea di
demarcazione tra il tempo di Gesù e la vita della Chiesa. È il termine della vita fisica di Gesù,
l'annuncio profetico della sua seconda venuta, e l'inizio del tempo della Chiesa, che appare
quindi caratterizzato dall'assenza storica di Gesù e dalla presenza viva della testimonianza de-
gli apostoli, i quali, nella speranza, devono dinamicamente orientare la Chiesa verso la parusia
del Signore. Il colloquio di quaranta giorni tra il Risorto e gli apostoli è sicura garanzia che essi
hanno tutte le carte in regola per guidare con successo la comunità dei credenti» (B. PAPA, La
cristologia dei Sinottici e degli Atti degli Apostoli, Ecumenica Editrice, Bari 1972, 103). «Il
Corpo di Cristo è stato glorificato fin dall'istante della sua risurrezione... Ma durante i quaranta
giorni, nei quali egli mangia e beve familiarmente con i suoi discepoli e li istruisce sul Regno,
la sua gloria resta ancora velata sotto i tratti di una umanità ordinaria. L'ultima apparizione di
Gesù termina con l'entrata irreversibile della sua umanità nella gloria divina simbolizzata dalla
nube e dal cielo, ove egli siede ormai alla destra di Dio» (Catechismo della Chiesa Cattolica,
cit.,n. 629).
56
CEI, Messale Romano, Prefazio dell'ascensione del Signore 1, cit.
57
CONFERENZA EPISCOPALE FRANCESE, L'alleanza di Dìo con gli uomini. Catechismo degli
adulti, Edizioni Dehoniane, Bologna 1992,118.
CAPITOLO V I - TEMPO DI PASQUA1f5
Breve ed essenziale il racconto del dono dello Spirito sul finire del giorno
di Pentecoste 59 . Ma ricco di particolari che meritano di essere sottolineati.
Il luogo in cui si trovano i discepoli è il cenacolo:
«Entrati in città, salirono nella stanza al piano superiore, dove erano soliti riu-
nirsi: vi erano Pietro e Giovanni, Giacomo e Andrea, Filippo e Tommaso, Bar-
tolomeo e Matteo, Giacomo figlio di Alfeo, Simone lo Zelota e Giuda figlio di
Giacomo. Tutti questi erano perseveranti e concordi nella preghiera, insieme
ad alcune donne e a Maria, la madre di Gesù, e ai fratelli di lui» (At 1,13-14).
58
«Nel racconto di Luca (la Pentecoste) raffigura una teofania, ossia una manifestazione
divina, simile a quella del Sinai, accompagnata da vento e fuoco, cioè da tempesta e folgori,
segni della trascendenza di Dio. La grande effusione dello Spirito Santo è quasi la consacrazio-
ne dei discepoli ad essere missionari del Vangelo in ogni punto della terra. L'evento si verifica
"mentre stava compiendosi il giorno della Pentecoste" (v. 1): il compimento (e non solo la
conclusione) di una festa così importante coincide con il compiersi delle promesse profetiche
circa il dono dello Spirito di Dio» (La Bibbia. Via verità e vita, cit., 2274).
59
Sull'evento mistero di Pentecoste cfr. Y . - M . CONGAR, Credo nello Spirito Santo I : Rive-
lazione ed esperienza dello Spirito, Queriniana, Brescia 1 9 8 1 ; M . BORDONI, Gesù di Nazareth.
Signore e Cristo, 2 , Gesù al fondamento della cristologia, cit., 5 9 8 - 6 0 5 ; F . LAMBIASI, LO Spirito
Santo: mistero e presenza. Per una sintesi di pneumatologia, Edizioni Dehoniane, Bologna
1 9 8 7 ; R . PENNA, Spirito Santo, in: P . R O S S A N O - G . R A V A S I - A . GHIRLANDA (edd.), Nuovo Dizio-
nario di Teologia Biblica, cit., 1 4 9 8 - 1 5 1 7 ; G . CALABRESE, Il Signore che dà la vita. Identità
e missione dello Spirito Santo, Edizioni Paoline, Cinisello Balsamo ( M I ) 1 9 8 8 ; R . PESCH, Gli
Atti degli Apostoli, Cittadella Editrice, Assisi 1 9 9 2 ; J . MOLTMANN, LO Spirito della vita. Per una
pneumatologia integrale, Queriniana, Brescia 1 9 9 4 ; A. DALBESIO, LO Spirito Santo nel Nuovo
Testamento, nella Chiesa, nella vita del cristiano, Edizioni Paoline, Cinisello Balsamo (MI)
1 9 9 4 ; M . W E L K E R , LO Spirito di Dio. Teologia dello Spirito Santo, Queriniana, Brescia 1 9 9 5 ; G .
TALERCIO, Credo nello Spirito Santo, Udine 1 9 9 7 ; R . LAVATORI, Il dono di Dìo. Persona e mis-
sione dello Spìrito Santo, Bologna 1 9 9 7 2 ; A. FAVALE, LO Spirito Santo. Chi È? Cosa opera nella
Chiesa e nei cristiani?, Elledici, Leumann (TO) 1 9 9 7 ; B. SESBOUÉ, La personalità dello Spìrito
Santo nella testimonianza biblica, nella teologìa trinitaria recente e nell'esperienza storica
della Chiesa e degli uomini, in: A A . V V . , La personalità dello Spirito Santo, Edizioni Paoline,
Cinisello Balsamo ( M I ) 1 9 9 8 , 2 1 - 6 0 ; R . SCIBONA, La Rivelazione dello Spirito Santo nel Gesù
storico e nel Nuovo Testamento, in: Ibidem, 8 9 - 1 0 9 ; C. NICOLOSI, Luce d'eterna sapienza. Sve-
laci il grande mistero di Dio Padre e del Figlio uniti in un solo amore. Meditazioni sullo Spirito
Santo, Libreria Editrice Vaticana, Città del Vaticano 2 0 0 0 ; A . AMATO, Gesù il Signore. Saggio
di cristologia, cit., 5 6 2 - 5 6 7 ; R . CANTALAMESSA, Spirito Santo, in: R . P E N N A - G . P E R E G O - G . RAVASI
(edd.), Temi teologici della Bibbia, cit., 1 3 3 3 - 1 3 4 5 .
CAPITOLO V I - TEMPO DI PASQUA1f5
Il dono dello Spirito nel giorno di Pentecoste rimanda al dono che Gesù fa
il primo giorno dopo il sabato, il giorno della sua risurrezione:
«La sera di quel giorno, il primo della settimana, mentre erano chiuse le porte del
luogo dove si trovavano i discepoli per timore dei Giudei, venne Gesù, stette in
mezzo e disse loro: "Pace a voi!". Detto questo, mostrò loro le mani e il fianco. E
i discepoli gioirono al vedere il Signore. Gesù disse loro di nuovo: "Pace a voi!
Come il Padre ha mandato me, anche io mando voi". Detto questo, soffiò e disse
60
«Vi sono tradizioni rabbiniche sulla divisione della voce divina al Sinai in 70 lingue, ma
ignoriamo se questa tradizione esistesse già al tempo di Luca. Comunque la menzione delle
lingue prepara a comprendere il dono profetico dato agli apostoli (v. 4). La narrazione sembra
usare liberamente degli elementi delle teofanie, specialmente di Es 19, ma senza dipendenza
precisa da un determinato contesto. Essa vuol esprimere il verificarsi di uno straordinario inter-
vento divino, sulla linea dei grandi interventi descritti nel V. T., destinato a segnare una tappa
importante nella storia della salvezza» ( C . M . MARTINI, Atti degli Apostoli, Edizioni Paoline,
Roma 1977,68-69).
61
Cfr. ICor 14,2-23. «Che altro, infatti, lo Spirito Santo preannunciava nelle lingue di tutte
le genti che donava ad essi i quali conoscevano soltanto l'unica lingua del proprio popolo...
se non che tutte le genti avrebbero creduto nel Vangelo? E come all'inizio ciascuno dei fedeli
parlava nelle lingue di tutti, in seguito, poi, la stessa unità della Chiesa le parlava. Cosa rispon-
dono al riguardo coloro che non vogliono essere incorporati e congiunti alla società cristiana
che fruttifica e cresce tra tutte le genti? Possono forse negare che anche ora lo Spirito Santo
viene sui cristiani? Perché dunque, al presente, né presso di noi né presso di loro nessuno parla
nelle lingue di tutti i popoli - il che, allora, era espressione della sua venuta - se non perché ora
si realizza quanto allora era preannunziato? Allora, infatti, persino il singolo fedele parlava in
tutte le lingue; così anche adesso l'unità dei fedeli parla in tutte le lingue, perché siamo membra
del corpo in cui esse sono» (AGOSTINO D'IPPONA, Discorso 269, in: L. PADOVESE, Sermoni per i
tempi liturgici, cit., 452-453).
4FT CAPITOLO V I - T E M P O DI PASQUA
«Oggi hai portato a compimento il mistero pasquale e su coloro che hai reso
figli di adozione in Cristo tuo Figlio hai effuso lo Spirito Santo, che agli albori
della Chiesa nascente ha rivelato a tutti i popoli il mistero nascosto nei seco-
li, e ha riunito i linguaggi della famiglia umana nella professione dell'unica
fede»62.
«La Chiesa vive per il dono dello Spirito Santo, accolto con umiltà e fede dai
seguaci di Gesù Cristo»63.
«Quel che... è l'anima per il corpo dell'uomo, questo è lo Spirito Santo per il
corpo di Cristo che è la Chiesa. Lo Spirito Santo in tutta la Chiesa fa ciò che
l'anima fa in tutte le membra dell'unico corpo. Ma badate da cosa guardarvi,
badate da cosa star in guardia, badate cosa temere. Avviene che nel corpo uma-
no, anzi, dal corpo sia reciso un qualche membro: mano, dito, piede. L'anima
segue forse il destino del membro reciso? Quando questo era il corpo, viveva;
reciso dal corpo, perde la vita. Cosè anche l'uomo è cristiano cattolico finché
vive nel corpo; reciso, è divenuto eretico. Lo Spirito non segue un membro
amputato. Se pertanto volete vivere dello Spirito Santo, conservate la carità,
amate la verità, desiderate l'unità così da pervenire all'eternità»64.
8. LA PARUSIA
62
CEI, Messale Romano, Prefazio della domenica di Pentecoste, cit.
63
IDEM, La verità vi farà lìberi. Catechismo degli adulti, cit., n. 4 2 0 .
64
AGOSTINO D'IPPONA, Discorso 2 6 7 , in: L . PADOVESE, Sermoni per i tempi liturgici, cit., 4 5 1 .
65
CEI, Messale Romano, Prefazio delle domeniche del tempo ordinario 10, cit.
66
Cfr. J. MOLTMANN, Teologia della speranza, Queriniana, Brescia 1 9 7 1 3 , 1 9 5 - 2 0 2 . 2 2 9 -
CAPITOLO V I - TEMPO DI PASQUA 1f5
«La Chiesa delle origini crede che il Signore Gesù, morto e risorto, ha aperto
una storia di salvezza universale, cosmica. Il regno di Dio è impersonato in lui.
Attendere il Regno significa attendere la parusia del Signore. Con questa paro-
la, usata comunemente per indicare la visita ufficiale di un sovrano in qualche
città, i credenti designano la venuta pubblica e manifesta del Cristo glorioso.
Non si tratta di un ritorno, quasi che adesso sia assente, ma del compimento e
della manifestazione suprema di quella presenza che ha avuto inizio con la sua
umile vicenda terrena e che continua oggi nascosta nel mistero dell'eucaristia,
della Chiesa, della carità e dei poveri. La parusia è la meta della storia. Porterà
la perfezione totale dell'uomo e del mondo. Dio infatti ha voluto "ricapitolare
in Cristo tutte le cose" (Ef 1,10)»68.
«Il Signore è il fine della storia umana, il punto focale dei desideri della storia
e della civiltà, il centro del genere umano, la gioia di tutti i cuori, la pienezza
delle aspirazioni. Egli è colui che il Padre ha risuscitato da morte, ha esaltato
e collocato alla sua destra, costituendolo giudice dei vivi e dei morti. Nel suo
Spirito vivificati e coadunati, noi andiamo pellegrini incontro alla finale perfe-
zione della storia umana» (GS 45).
9. C O N I P A D R I D E L L A C H I E S A
«Per preparare le menti dei discepoli, il Salvatore di tutti dice loro che soffrirà
la passione sulla croce e la morte nella carne non appena sarà arrivato a Geru-
salemme. Ha anche aggiunto che sarebbe risorto distruggendo la sofferenza e
cancellando la vergogna della passione attraverso la grandiosità del miracolo.
Era cosa gloriosa e degna di Dio essere in grado di rompere i vincoli della
morte e tornare indietro alla vita. Secondo l'espressione del santo Paolo, la
risurrezione dalla morte testimonia che egli è Dio e il Figlio di Dio (cf Rrn
1,4)»69.
«Per mezzo delle sue ombre, la Legge ha prefigurato sin dall'antichità il miste-
ro di Cristo. Egli stesso ne è il testimone quando ha detto ai giudei: Se aveste
creduto a Mose, avreste creduto anche a me; perché di me egli ha scritto (Gv
5,46). Cristo è presentato ovunque con esempi e immagini, in entrambi i casi:
in quanto morto per noi, come l'agnello innocente e vero, e in quanto intento
a santificarci con il suo sangue che dà vita. Vediamo che le parole dei santi
profeti sono in completo accordo con quelle dell'assai saggio Mosè. Paolo
dice: Quando fu giunta la pienezza del tempo, l'unigenito Verbo di Dio ha
accettato di svuotarsi di se stesso, con la nascita nella carne di una donna, e
con l'assoggettamento alla legge in accordo alla misura consona alla natura
umana. Si è anche sacrificato per noi, come l'agnello vero e innocente nel
quattordicesimo giorno del primo mese. Questo giorno festivo è stato chiamato
"Pascha", parola che appartiene al linguaggio ebraico e che significa "passare
69
CIRILLO DI ALESSANDRIA, Commento a Luca, omelia 125, in: A . A . JUST Jr, Luca. La Bibbia
commentata dai padri, 3, cit. 407.
al di là"... Il nome della festa in cui Emmanuel ha sopportato per noi la croce
salvifica era la Pasqua»70.
«Questo pane, che la parola di Dio confessa che sia il suo Corpo, è la Parola
che nutre le anime, è la parola che procede dalla parola di Dio e pane che
procede dal Pane celeste, che fu posto sulla mensa della quale è scritto: "da-
vanti a me tu prepari una mensa sotto gli occhi dei miei nemici" (Sai 22,5). E
questa bevanda, che la parola di Dio dice essere il suo Sangue, è la Parola che
rinfresca e ridona gioia nei cuori di coloro che bevono... Questa bevanda è il
frutto della vera vite che dice: "Io sono la vera vite" (Gv 15,1), ed è il sangue
di quell'uva che, posta nella pressa della passione, diede questa bevanda; così
come il pane è la Parola di Cristo fatto di quel grano che "cadendo in terra...
diede molto frutto" (cf Mt 13,8; Me 4,8; Le 8,8). La Parola di Dio non chia-
mava Corpo suo quel pane visibile che teneva fra le mani, ma la Parola nel cui
mistero quel pane doveva essere diviso. E non chiamava suo Sangue quella
bevanda visibile, ma la Parola nel cui mistero quella bevanda doveva essere
offerta. Infatti il Corpo e il Sangue della Parola di Dio, che altro può essere se
non la Parola che nutre e la Parola che riempie di gioia il cuore? Perché non
disse: "Questo è il Pane della Nuova Alleanza", così come disse "Questo è il
Sangue della Nuova Alleanza" (Mt 26,28; Me 14,24; Le 22,20; ICor 11,25)?
Perché il Pane è la Parola della giustizia, della quale si nutrono le anime, men-
tre la Bevanda è la Parola della conoscenza di Cristo secondo il mistero della
sua nascita e della sua passione»71.
«Non riusciamo a comprendere come Cristo possa essere stato turbato per la
sua morte, come egli stesso confessa dicendo: "La mia anima è triste fino alla
morte" (Mt 26,38; Me 14,34); e come da ultimo sia stato condotto alla morte
che gli uomini giudicano la più indegna; comunque risorse dopo il terzo giorno
(cf Mt 28,6; Me 16,6; Le 24,5; ICor 15,4). Poiché abbiamo visto in lui alcuni
tratti così umani, che sembra non differire in nulla dalla fragilità comune agli
uomini, e allo stesso tempo tratti così divini, che a nessun altro convengono
se non a quella prima e ineffabile natura della divinità, l'umano intelletto è
preso da angoscia e da tale ammirato stupore, che ignora dove andare e a cosa
affidarsi»72.
70
Ibidem, omelia 1 4 1 , in: Ibidem, 4 6 3 - 4 6 4 .
71
ORIGENE, Serie di Commenti al vangelo di Matteo 8 5 , in: M . SIMONETTI, Matteo 14-28. La
Bibbia commentata dai padri, 1 / 2 , cit., 2 8 7 - 2 8 8 .
72
IDEM, I Principi 2 , 6 , 2 , in: T H . C . O D E N - C H . A . H A L L , Marco. La Bibbia commentata dai
padri, 2, cit., 290.
CAPITOLO V I - T E M P O DI PASQUA1f5
«Col linguaggio dunque della nostra infermità, che il nostro Capo aveva fatta
sua, egli esclama in questo punto del salmo: "Dio mio, Dio mio, perché mi hai
abbandonato?" (Sai 22,2). Poiché uno è abbandonato per il fatto che non è esau-
dito, come credeva essere stato abbandonato Paolo, non essendo stato esaudito
riguardo a quanto chiedeva; ma con la stessa voce della nostra infermità sentì
dirsi dal Signore: "Ti basta la mia grazia, poiché la forza si perfeziona nella
debolezza". Egli infatti nell'elevare la sua preghiera è abbandonato in quanto
non è esaudito. Gesù fece sua questa voce, che è la voce cioè della sua Chiesa
che doveva essere trasformata dall'uomo antico in quello nuovo, la voce cioè
della sua debolezza umana, in cui dovevano essere negati i beni dell'Antica
Alleanza, perché imparasse ormai a desiderare e a sperare i beni della Nuova
Alleanza. Fra i beni dell'Antica Alleanza che riguardano l'uomo antico, vi è
quello per cui si desidera soprattutto il prolungamento di questa vita temporale,
per conservarla un po' più a lungo, giacché non è possibile vivere per sempre.
Ecco perché tutti sanno piuttosto che arriverà il giorno della morte, ma tutti o
73
EFREM IL SIRO, Commento al Diatessaron di Taziano 20, 2.4.6.7, in: Ibidem, 291-292.
CAPITOLO V I
quasi tutti cercano di differirlo, anche coloro i quali credono che vivranno una
vita più felice dopo la morte: tanta è la forza che esercita la dolce unione del
corpo con l'anima! (cf Ef5,29)»74.
7. Cristo è risorto
«La tomba ben custodita parla di un morto, la terra scossa dal terremoto, parla
di Dio. In effetti, il corpo parla di un uomo; il prodigio, di un Dio: la sepol-
tura lo dichiara morto (vale a dire uomo); la risurrezione, Dio; il pianto delle
donne parla di un morto; le parole degli angeli, di un Dio. Come a un morto
Giuseppe (d'Arimatea) ha reso i doveri funebri; ma colui che ne fu l'oggetto
come uomo, ha vinto come Dio la morte. Come morto, i soldati gli hanno fatto
buona guardia; come Dio, le porte degli inferi l'hanno visto con stupore. Tu
comprendi che si tratta della stessa persona l'uno e l'altro, che non sono uno
e un altro, né uno in un altro, né uno per un altro, perché il Verbo fatto carne
è uno, ha riunito le due nature (divina e umana) in un solo essere, secondo la
sua volontà, in modo ineffabile: ha consegnato la carne per la passione, e si
è servito della divinità per compiere segni e prodigi; ma, come ripugna che il
verbo sia separato dal corpo, così è necessario che le sofferenze siano unite
ai prodigi. Colui infatti che è disceso agli inferi come morto, come Dio ha
liberato i morti. Non a caso gli angeli che stanno al sepolcro si mostrano alle
donne vestiti di bianco, come ci si veste per accompagnare lo sposo, e dicono a
esse: "Voi cercate Gesù di Nazaret, il crocifisso. Egli non è qui: è risorto, come
aveva annunziato. Il suo posto è nei cieli, dirigete lì i vostri profumi. Egli è
risorto, non siamo stati noi a risuscitarlo. È per noi stessi che abbiamo rotolato
la pietra: prima infatti che scendessimo qui, il sepolcro era già vuoto. Egli è
risorto, come aveva annunziato"»75.
«Mori ma uccise la morte: con la sua vittoria sterminò colei che temevamo.
L'assunse in sé e la uccise: da cacciatore di impareggiabile abilità agguantò il
leone e lo ammazzò (cf ISam 17,34-36). Dov'è ora la morte? Se la cerchi in
Cristo, in lui non c'è più. C'è stata una volta, ma ora è morta in lui. O vita che
hai dato morte alla morte! Ma state tranquilli! Essa morrà anche in noi. Ciò
che è avvenuto in anticipo nel capo si realizzerà anche nelle membra: la morte
morirà anche in noi. Ma quando? Alla fine del mondo, quando, come crediamo
senza dubbio alcuno, avverrà la risurrezione dei morti»76.
74
Lettera a Onorato 1 4 0 , 6 , 1 5 - 1 6 , in: Ibidem, 3 1 9 - 3 2 0 .
AGOSTINO D ' I P P O N A ,
75
ESICHIO DI GERUSALEMME,Omelia per la pasqua, 2 .
76
AGOSTINO D'IPPONA, Discorso 2 3 3 , 3 , 4 - 4 , 5 , in: T H . C . O D E N - C H . A . H A L L , Marco. La
Bibbia commentata dai padri, 2, cit., 331.
9. La natura umana è glorificata
«Se la risurrezione del Signore fu per noi motivo di gloria nella solennità pa-
squale, la sua ascensione nei cieli è causa della letizia presente: noi infatti
ricordiamo e veneriamo degnamente quel giorno in cui l'umiltà della nostra
natura fu innalzata in Cristo sopra tutti gli ordini degli angeli, sopra tutta la
milizia del cielo, oltre i seggi di tutte le potestà fino a sedere in un unico trono
con il Padre eterno. Secondo questa economia delle opere divine, sono state
gettate le nostre fondamenta, noi siano stati edificati. Così ancor più mera-
vigliosa è apparsa la grazia di Dio quando, privati gli occhi degli uomini di
tali opere, che di per se stesse imponevano un giusto sentimento di rispetto,
non venne meno la fede, non vacillò la speranza, non si indebolì la carità...
Perché fossimo capaci di tale virtù, dilettissimi, il nostro Signore Gesù Cristo,
dopo aver compiuto tutto ciò che conveniva alla predicazione del vangelo e ai
misteri del Nuovo Testamento, quaranta giorni dopo la risurrezione, si elevò al
cielo sotto lo sguardo dei suoi discepoli, e pose fine alla sua esistenza corporale
per restare alla destra del Padre fino al termine dei tempi divinamente stabiliti,
quando si moltiplicheranno i figli della Chiesa ed egli verrà a giudicare i vivi
e i morti in quella stessa carne nella quale salì al cielo. Quel che era visibile
del nostro redentore passò sotto i segni sacramentali. E perché la fede fosse più
eccellente e più forte, la dottrina prese il posto della visione, perché i cuori dei
credenti, illuminati da suprema luce, ne seguissero l'autorità»77.
77
LEONE I , Discorso 7 4 , 1 - 2 , in: T H . C . O D E N - C H . A . H A L L , Marco. La Bibbia commentata
dai padri, 2 , cit., 3 4 2 . Cfr. P L 5 4 , 3 9 8 A .
CAPITOLO V I - T E M P O DI PASQUA 1f5
78
MELITONE DI SARDI, La Pasqua, in: N. Nocini, Omelie pasquali dell'antichità cristiana,
Messaggero, Padova 1985,100-102.
con le lattughe selvatiche,
la Pasqua passata al fuoco,
di notte, nell'unica casa.
O Signore,
consanguineo allo schiavo,
speranza della risurrezione prima e ultima,
per il giuramento al seme di Abramo
conferma anche noi,
convivificando nel tuo corpo
noi morti insieme nell'antico padre Adamo;
tu congiungendo le membra dei deboli
1 SO CAPITOLO V I - T E M P O DI PASQUA
alle forti
dona i pascoli
della vita eterna
tu Pasqua. Amen»79.
«Poiché il Dio uomo è stato assunto in cielo quanto all'umanità che aveva
ricevuto dalla terra, egli resta coi santi sulla terra quanto alla divinità con cui
parimenti riempie il cielo e la terra, e resta tutti i giorni fino alla fine del mon-
do. Dal che si comprende che fino alla fine non mancherà nel mondo chi è
degno di vivere nella dimora celeste, né dobbiamo dubitare che dopo le lotte
di questo mondo vivano con Cristo nel regno quanti, combattendo in questo
mondo, hanno meritato di ospitare Cristo nella dimora del loro cuore. Va co-
munque rilevato che la divina maestà, pur presente dappertutto, in un modo è
presente agli eletti, in un altro ai reprobi. È vicino ai reprobi con la potenza
della sua natura incomprensibile, per cui conosce tutte le cose, le recenti e le
antiche, comprende da lontano i pensieri e prevede tutti i comportamenti di
ognuno (cf. Sai 138,2-4). E vicino agli eletti con la grazia della divina prote-
zione, per cui con i doni e i flagelli della vita presente, come un padre i figli, li
educa in modo particolare, e istruendoli li fa avanzare verso il possesso della
futura eredità»80.
«Quando dava ai suoi discepoli il potere di far rinascere in Dio, diceva loro:
Andate e ammaestrate tutte le nazioni, battezzandole nel nome del Padre e
del Figlio e dello Spirito Santo. Egli aveva infatti promesso, per mezzo dei
profeti, di effondere questo Spirito negli ultimi tempi sui suoi servi e sulle
sue serve, affinché profetizzassero. Ed è per questo motivo che questo Spirito
è disceso sul Figlio di Dio divenuto Figlio dell'uomo: là, insieme con lui, si
accomodò ad abitare nel genere umano, a riposare sugli uomini, a risiedere
nell'opera modellata da Dio, operando in costoro la volontà del Padre e rin-
novandoli, facendo passare loro, che erano legati alle cose vecchie, alle cose
nuove del Cristo... Si tratta di quello Spirito che, come ci dice Luca, discese
sui discepoli dopo l'ascensione del Signore, il giorno della Pentecoste; Spirito
che ha il potere su tutte le nazioni per introdurre nella vita e aprire loro il
79
Cantico medievale delle Chiese di Germania, in: A A . V V . , L'ora di lettura commentata
dai padri della Chiesa, 2, Edizioni Dehoniane, Bologna 2004, 355-357.
80
B E D A , Omelie sui Vangeli 2, 8, in: T H . C . O D E N - C H . A . H A L L , Marco. La Bibbia commen-
tata dai Padri, 2, cit., 343.
CAPITOLO V I - T E M P O DI PASQUA 1 f 5
81
IRENEO DI LIONE, Contro le eresie, 111, 17,1-3, in: A. COSENTINO, L E eresie, 2, Città Nuova,
Roma 2009,97-99.
Parte quarta
Il mistero di Cristo
nella vita della Chiesa
-d mi wi
Ili..
CAPITOLO SETTIMO
TEMPO ORDINARIO
Il tempo dell'approfondimento, della celebrazione,
della testimonianza, dell'attesa e del compimento
1
CEI, Messale Romano, Prefazio delle domeniche del tempo ordinario 1, cit.
2
Ibidem, Prefazio delle domeniche del tempo ordinario 6.
CAPITOLO V I I - T E M P O
3
PAOLO VI, Allocuzione a Manila, cit.
CAPITOLO V I I - T E M P O ORDINARIO 157
«la chiave, il centro e il fine di tutta la storia umana» (GS 10). La Chiesa
lo sa. Lo vive. Lo annuncia. Esiste per questo. «Evangelizzare, infatti, è
la grazia e la vocazione propria della Chiesa, la sua identità più profonda.
Essa esiste per evangelizzare» 4 . Annuncio non facile. Tra coraggiose testi-
monianze di fede e pericolose eresie. Al centro la domanda di Gesù e la
risposta di Pietro:
4
IDEM,L'evangelizzazione nel mondo contemporaneo, n. 14.
5
CEI Messale Romano, Riti di comunione, cit.
CAPITOLO V I I - TEMPO ORDINARIO 149
«L'icona di Cristo Pantocrator (colui che tutto regge), di rara bellezza ar-
tistica, riporta alla mente le parole del Salmista: "Tu sei il più bello tra i
figli dell'uomo, sulle tue labbra è diffusa la grazia" (Sai 45,3). San Giovanni
Crisostomo, applicando la lode al Signore Gesù, scriveva: "Il Cristo era nel
fiore dell'età, nel vigore dello Spirito e in lui splendeva una duplice bellezza,
quella dell'anima e del corpo" (PG 52, 479). Col suo linguaggio figurativo,
questa icona costituisce la sintesi dei primi concili ecumenici, riuscendo a
rappresentare sia lo splendore dell'umanità, sia il fulgore della divinità di
Gesù. Il Cristo è rivestito di una tunica rossa, coperta da un mantello blu
scuro. I due colori ricordano la sua duplice natura, mentre i riflessi dorati
rimandano alla persona divina del Verbo. Dalla spalla destra scende una stola
dorata, simbolo del suo sacerdozio eterno. Il volto, maestoso e sereno, incor-
niciato da una folta chioma di capelli e circondato da un'aureola crocifera,
reca il trigramma "O Ì2 N" {"Colui che è"), che ripropone la rivelazione del
nome di Dio in Es 3,14. In alto, ai lati dell'icona, ci sono i due digrammi:
"IC - XC" ("Iesus" - "Christus"), che costituiscono il titolo dell'immagine
stessa. La mano destra, con pollice e anulare ricurvi fino a toccarsi (a indi-
care la duplice natura di Cristo nell'unità della persona), è nel tipico gesto
della benedizione. La mano sinistra, invece, stringe il libro del Vangelo, or-
nato da tre fermagli e da perle e pietre preziose. Il Vangelo, simbolo e sintesi
della Parola di Dio, ha anche un significato liturgico, dal momento che nella
celebrazione eucaristica si fa lettura di un suo brano e si recitano le parole
stesse di Gesù alla consacrazione. L'immagine, sintesi sublime di dati natu-
ralistici e simbolici, è un invito alla contemplazione e alla sequela. Ancora
oggi Gesù, attraverso la Chiesa, sua sposa e suo corpo mistico, continua a
benedire l'umanità e a illuminarla con il suo Vangelo, l'autentico libro della
verità, della felicità e della salvezza dell'uomo» 6 .
6
Catechismo della Chiesa Cattolica. Compendio, Libreria Editrice Vaticana-San Paolo,
Città del Vaticano-Cinisello Balsamo (MI) 2005,4.
7
Con l'espressione "cristologia patristica" facciamo riferimento alla riflessione che scrit-
tori ecclesiastici, orientali ed occidentali, hanno fatto tra la fine del I secolo e la fine dell'VIII
secolo. Scrittori testimoni sollecitati dalla necessità di "dire" il vangelo di Gesù, di dialogare
con la cultura del tempo, di difendere il messaggio cristiano da eresie trinitarie e cristologiche,
dalla ricerca delle scuole teologiche di Alessandria, Cesarea ed Antiochia. Scrittori considerati
"padri della Chiesa" per la santità della loro vita, l'ortodossia della loro dottrina e l'appartenen-
za ai primi otto secoli della storia della Chiesa.
CAPITOLO V I I - TEMPO ORDINARIO 150
«Dunque, quelli che erano per le antiche cose sono arrivati alla nuova speranza
e non osservano più il sabato, ma vivono secondo la domenica, in cui è sorta
la nostra vita per mezzo di Lui e della sua morte che alcuni negano. Mistero
dal quale, invece, abbiamo avuto la fede e nel quale perseveriamo per essere
discepoli di Gesù Cristo il solo nostro maestro. Come noi possiamo vivere
senza di Lui se anche i profeti quali discepoli nello spirito lo aspettavano come
maestro? Per questo, quello che attendevamo giustamente, venendo li risuscitò
dai morti»9.
«Siate sordi se qualcuno vi parla senza Gesù Cristo, della stirpe di David,
figlio di Maria, che realmente nacque, mangiò e bevve. Egli realmente fu per-
seguitato sotto Ponzio, realmente fu crocifisso e mori alla presenza del cielo,
della terra e degli inferi. Egli realmente risuscitò dai morti poiché lo risuscitò
il Padre suo e similmente il Padre suo risusciterà in Gesù Cristo anche noi che
crediamo in Lui, e senza di Lui non abbiamo la vera vita»10.
«Gloria a Gesù Cristo Dio che vi ha resi così saggi. Ho constatato che siete
perfetti nella fede che non muta, come inchiodati nel corpo e nell'anima alla
croce di Gesù Cristo e confermati nella carità del Suo sangue. Siete pienamen-
8
Cfr. A . GRILLMEER, Gesù il Cristo nella fede della Chiesa. Dall'età apostolica al conci-
lio di Calcedonia (451), voi. I , tomo I , cit., 2 6 1 - 2 6 6 ; J.N.D. KELLY, Il pensiero cristiano delle
origini, Edizioni Dehoniane, Bologna 1 9 8 4 , 1 1 5 - 1 1 7 ; J . J . A Y Á N , Ignazio di Antiochia, in: A . Di
BERARDINO-G. FEDALTO-M. SIMONETTI (edd.), Letteratura patristica, cit., 7 1 4 - 7 1 8 .
9
IGNAZIO DI ANTIOCHIA , Ai Magnesii I X , 1 -2, in: A . QuACQUARELLI (ed.), I Padri apostolici,
Città Nuova, Roma 1976,112.
10
IDEM, Ai Tralliani I X , 1 - 2 , in: Ibidem, 1 1 8 .
te convinti del Signore nostro, che è veramente della stirpe di David secondo
la carne, Figlio di Dio secondo la volontà e la potenza di Dio, nato realmente
dalla vergine, battezzato da Giovanni, perché ogni giustizia fosse compiuta
da lui. Egli, sotto Ponzio Pilato e il tetrarca Erode, per noi fu veramente in-
chiodato nella carne, e dal frutto di ciò e dalla sua divina e beata passione noi
"siamo nati" per innalzare per sempre, con la sua resurrezione, uno stendardo
sui suoi santi e i suoi fedeli, giudei e pagani, nell'unico corpo della sua Chiesa.
Il Signore soffri realmente e risuscitò realmente»11.
«Tutto questo soffrì il Signore perché fossimo salvi. E soffrì realmente come
realmente risuscitò se stesso, non come dicono alcuni infedeli, essi che sono
apparenza, che soffrì in apparenza. Come pensano, avverrà loro di essere in-
corporei e simili ai demoni»12.
«Non ti abbattano coloro che sembrano degni di fede e insegnano l'errore. Sta'
fermo come l'incudine sotto i colpi. E proprio del grande atleta incassare i col-
pi e vincere. Dobbiamo sopportare ogni cosa per amore di Dio, perché anche
lui ci sopporti. Sii più zelante di quello che sei. Discerni i tempi. Aspetta chi è
al di sopra del tempo, atemporale, invisibile, per noi (fattosi) visibile, impalpa-
bile, impassibile, per noi (divenuto) passibile, e sopportò ogni cosa»13.
«Vi sono alcuni che portano il nome, ma compiono azioni indegne di Dio.
Bisogna scansarli come bestie feroci. Sono cani idrofobi che mordono furti-
vamente. Occorre guardarsene perché sono incurabili. Non c'è che un solo
medico, materiale e spirituale, generato e ingenerato, fatto Dio in carne, vita
vera nella morte, nato da Maria e da Dio, prima passibile poi impassibile, Gesù
Cristo nostro Signore»14.
11
IDEM, Agli Smirnesi I , 1, in: Ibidem, 133-134.
12
Ibidem II, in: Ibidem, 134.
13
IDEM, A Policarpo, I I I , 1-2, in: Ibidem, 140.
14
IDEM, Agli Efesini V I I , 2, in: Ibidem, 102.
CAPIjgLOyiI-TEfvlPoORDINARIO
«(Mi sono anche rallegrato) perché la salda radice della vostra fede, famosa
fin dai primi tempi, rimane ancora e reca frutto nel Signore nostro Gesù Cristo
che per i nostri peccati ha accettato di andare a morte e che "Dio ha risuscitato,
liberandolo dai dolori dell'inferno"»16.
«Chi non confessa che Gesù Cristo è venuto nella carne è un anticristo... Chi
torce le parole del Signore per le sue brame e dice che non vi è né risurrezione
né giudizio è il primogenito di Satana»17.
«Perciò, cinti i vostri lombi, servite Dio nel timore e nella verità, lasciando da
parte i vani discorsi e gli errori del volgo e credendo in colui che risuscitò da
morte il Signore nostro Gesù Cristo e gh diede gloria e un trono alla sua destra.
A lui è soggetta ogni cosa nel cielo e sulla terra, a lui serve ogni spirito; egli
verrà a giudicare i vivi e i morti; del suo sangue Dio chiederà conto a coloro
che non credono in lui»18.
«Chi non confessa la testimonianza della croce è dalla parte del diavolo»19.
«Senza interruzione perseveriamo nella speranza e nel pegno della nostra giu-
stizia, Cristo Gesù che portò i nostri peccati sul suo corpo sul legno della croce.
15
L . LONGOBARDO, Apostolica (Letteratura), in: A. Di B E R A R D I N O - G . F E D A L T O - M . SIMONETTI
(edd.), Letteratura patrìstica, cit., 143.
16
POLICARPO, Lettera ai Filippesi, 1 , 2 , in: A. QUACQUARELLI, IPadri apostolici, cit., 1 5 3 .
17
Ibidem VII, 1, in: Ibidem, 157.
18
Ibidem II, 1, in: Ibidem, 154.
19
IbidemNll,\, in: Ibidem, 157.
JJ2 CAPITOLOyiI.-XEMPgORDlNAmp
Egli "che non commise peccato né sulla sua bocca vi fu inganno" sopportò
ogni cosa per noi, perché vivessimo in lui»20.
20
Ibidem Vili, 1, in: Ibidem.
21
Cfr. A . GRILLMEIER, Gesù il Cristo nella fede della Chiesa. Dall'età apostolica al con-
cilio di Calcedonia (451), voi. I , tomo I , cit., 2 7 8 - 2 8 7 ; A . CONTRI, Gesù Cristo Figlio di Dio e
Salvatore. Saggio di cristologia patristico-storica e teologico-sistematica, Elledici, Leumann
( T O ) 1 9 8 5 , 2 9 - 3 0 ; J J . A Y Á N , Ireneo di Lione, in: A . D I B E R A R D I N O - G . F E D A L T O - M . SIMONETTI
(edd.), Letteratura patrìstica, cit., 7 6 9 - 7 7 5 ; M . GRONCHI, Trattato su Gesù Cristo Figlio di Dio
Salvatore, cit., 3 5 8 - 3 6 2 .
22
«Lo gnosticismo è un movimento sviluppatosi fra II e HI secolo, fondato sulla teoria o
sull'esperienza della conoscenza come fonte di salvezza... Comprende gruppi e testi che, per un
verso, sono molto diversificati tra di loro, ma, per l'altro verso, condividono alcune tematiche di
fondo: valutazione negativa della creazione, considerata come il luogo in cui sono prigioniere
le particelle di luce provenienti da un dio sconosciuto e infinitamente lontano; il responsabile di
questa creazione, il Demiurgo, è un dio inferiore, malvagio o semplicemente ignorante o invidioso
dell'uomo, identificato con il Dio dell'AT, che pertanto viene respinto» (A. MONACI CASTAGNO,
Eterodossa ed eresiologica, Letteratura, in: A. Di BERARDINO-G. FEDALTO-M. SIMONETTI (edd.),
Letteratura patristica, cit., 522). La maggior parte dei sistemi gnostici sono caratterizzati dal
ruolo centrale di un mito di caduta e di redenzione e da un dualismo molto spinto che porta da una
parte a disprezzare la materia e dall'altra a dividere gli uomini in categorie diverse per essenza.
Gli spirituali: uomini privilegiati (pochi) che hanno in sé il seme divino, lo spirito, che è destinato
alla presa di coscienza (gnosi) del suo vero essere e perciò alla redenzione e al ritorno nel mondo
divino da cui proviene. Gli psichici: uomini che albergano un elemento divino di secondo ordine
(l'anima) destinato a una salvezza inferiore. Gli ilici: uomini privi della particella di luce e perciò
destinati alla dissoluzione. Sullo gnosticismo cfr. A. M A G R I S , Gnosi/Gnosticismo, in: R . P E N N A - G .
P E R E G O - G . RAVASI (edd.), Temi teologici della Bibbia, cit., 645-651.
23
IRENEO DI LIONE, Contro le eresie, I I , 2 8 , 6 , in: A. COSENTINO, Contro le eresie 1 , Città
Nuova, Roma 2 0 0 9 , 2 8 7 - 2 8 8 .
CAPITOLO V I I - TEMPO ORDINARIO 154
«Dunque, coloro che dicono che egli si è mostrato in apparenza, che non è
nato nella carne e non si è fatto veramente uomo, sono ancora sotto l'antica
condanna, facendosi avvocati del peccato, perché, secondo loro, non è stata
vinta la morte... Bisogna dunque che colui che doveva uccidere il peccato e
riscattare l'uomo degno di morte rendesse se stesso ciò che era quello, cioè
uomo che era stato ridotto in schiavitù dal peccato, che era davvero trattenuto
sotto il potere della morte»24.
«Per questa ragione il Verbo di Dio si è fatto uomo, e il Figlio di Dio si è fatto
Figlio dell'uomo: affinché l'uomo, mescolandosi al Verbo di Dio e ricevendo
l'adozione filiale, divenga figlio di Dio. Perché noi non avremmo potuto aver
parte all'incorruttibilità e all'immortalità in modo diverso, se non fossimo sta-
ti uniti all'incorruttibilità e all'immortalità. Ma come potremmo essere unti
all'incorruttibilità e all'immortalità, se prima l'incorruttibilità e l'immortalità
non si fossero fatte ciò che noi siamo, affinché ciò che era corruttibile fosse
assorbito dall'incorruttibilità e ciò che era mortale dall'immortalità, perché ri-
cevessimo l'adozione a figli?»25.
«Dunque c'è un solo Dio, il Padre... e un solo Cristo Gesù nostro Signore, che
è venuto attraverso ogni economia e che ha ricapitolato in sé tutte le cose. In
questo "tutte le cose" è anche compreso l'uomo, creatura modellata da Dio;
egli ha dunque ricapitolato anche l'uomo, rendendo l'invisibile visibile, ren-
dendo l'incomprensibile comprensibile, l'impassibile passibile, il Verbo uomo:
Ricapitolando in sé tutte le cose, affinché, come il Verbo di Dio ha il primato
sugli esseri sopracelesti, spirituali e invisibili, abbia anche il potere sugli esseri
visibili e corporali; e assumendo in sé questo primato e ponendo se stesso
come testa della Chiesa, attragga tutto a sé al momento opportuno»26.
24
Ibidem, III, 18, 7, in: IDEM, Contro le eresie 2, cit., 107.108. Cfr. K.-H. O H L I G (ed.),
Cristologia I. Dagli inizi al periodo tardo-antico, Queriniana, Brescia 1993, n. 61.
25
Ibidem, IH, 19,1, in: Ibidem.
26
Ibidem, n i , 16, 6, in: Ibidem, n. 93. «Il vocabolo "ricapitolazione" funge da termine
ponte tra "creazione" e "redenzione". Cristo che ricapitola in se stesso la prima creazione re-
stituisce per via della sua obbedienza all'uomo tutto ciò che il primo uomo aveva perduto per
la sua disobbedienza. Il peccato di Adamo fece perdere all'umanità la sua somiglianza con Dio
e il diritto di accedere alla sua comunione. Tuttavia, anche al tempo della sua caduta, Adamo
non è mai caduto dalle mani del suo creatore, e nel Cristo l'umanità intera ha ritrovato la sua
condizione originale» (D. HERCSHC, Il Signore Gesù. Saggio di cristologia e soteriologia, cit.,
169).
1.64 CAPITOLO V I I - T E M P O Q R D I N A R I O
Coniuga la formula «una persona in due sostanze». Formula che con Agostino
diviene in Occidente la quintessenza dell'ortodossia cristologica. Ecco alcune
testimonianze.
27
I monarchiani affermano che Dio è unico, un'unica persona e che Padre e Figlio sono
nomi correlativi di Dio. Negano che Gesù abbia una personalità distinta da quella del Padre.
Attribuiscono al Padre le azioni di Gesù, anche la passione e la morte. I modalisti (da modus =
modo, maniera) affermano che Dio è in se stesso indivisibilmente uno e solo. Secondo il suo
modo di agire all'esterno si distingue trinitariamente, come Padre nella creazione, come Figlio
nell'incarnazione, come Spirito Santo nella santificazione dell'uomo e del mondo. Verso la fine
del II secolo Ippolito scrive: «Vedete, fratelli, quanto è presuntuosa e temeraria la dottrina che
hanno introdotto i noeziani dicendo sfrontatamente: "Il Padre stesso è Cristo; egli è il Figlio;
egli è stato generato, ha sofferto; egli ha risuscitato se stesso"» (IPPOLITO DI ROMA, Contro Noeto
3. 2, in: A. O R B E - M . SIMONETTI, Il Cristo, voi. 1 . Testi teologici e spirituali dal I al IV secolo,
Fondazione Lorenzo Valla/Arnoldo Mondadori, 1, Milano 2009, 347). Sul monarchianesimo
cfr. M. GRONCHI, Trattato su Gesù Cristo Figlio di Dio Salvatore, cit., 3 6 7 - 3 7 1 ; D . HERCSIK,
Gesù il Signore. Saggio di cristologia e soteriologia, cit., 218-220.
28
Cfr. A. GRILLMEIER, Gesù il Cristo nella fede della Chiesa. Dall'età apostolica al con-
cìlio di Calcedonia (4SI), voi. I , tomo I , cit., 312-332; J . N . D . KELLY, Il pensiero cristiano
delle orìgini, cit., 1 3 8 - 1 4 4 ; J. LEAL, Tertulliano, in: A. D I BERARDINO-G. FEDALTO-M. SIMONETTI
(edd.), Letteratura patristica, cit., 1156-1162; M . GRONCHI, Trattato su Gesù Cristo Figlio di
Dio Salvatore, cit., 380-386.
29
M . SERENTHÀ, Gesù Cristo. Ieri, oggi e sempre. Saggio di cristologia, cit., 175.
30
TERTULLIANO, La carne di Cristo 6,1-3, in: A. O R B E - M . SIMONETTI, Il Cristo, voi. 1. Testi
teologici e spirituali dalIalIVsecolo, cit., 229.
CAPITOLO V I I - T E M P O ORDINARIO 165
«come Figlio di Dio e figlio dell'uomo, senza dubbio Dio e uomo secondo l'una
e l'altra sostanza distinte nelle loro proprietà, poiché il Verbo non è altro che Dio
e la carne non è altro che l'uomo... Noi osserviamo una duplice condizione (di
essere), non confusa ma congiunta in una sola persona, (il) Dio e l'uomo Gesù...
A tal punto rimane inalterata la peculiarità di ciascuna delle due sostanze, che lo
Spirito compì in lui (Cristo) le azioni a lui proprie, cioè miracoli, opere e segni,
mentre la carne potè essere soggetta alle sue sofferenze, la fame con il demonio,
la sete con la samaritana, le lacrime per Lazzaro, l'angoscia di morte e infine la
morte... Impara quindi con Nicodemo che "ciò che è nato dalla carne è carne e
ciò che (è nato) dallo Spirito è Spirito" (Gv 3,6). Né la carne diventa Spirito né
lo Spirito carne. Certo essi possono trovarsi (solamente) in uno solo. Di queste
(sostanze) è costituito Gesù, di carne come uomo, di Spirito come Dio»32.
31
IDEM, Adversus Marcìonem I I I , 8 , 4 - 7 , in: G . Bosio-E. D A L C O V O L O - M . MARITANO, Intro-
duzione ai padri della Chiesa. Secoli II e III, S E I , Torino 1 9 9 4 , 1 3 6 - 1 3 7 .
32
IDEM, Contro Prassea 27, 10-11, in: K.-H. OHLIG (ed.), Cristologia I . Dagli inizi al
periodo tardo-antico, cit., n. 66.
33
Cfr. A. GRILLMEIER, Gesù il Cristo nella fede della Chiesa. Dall'età apostolica al con-
cilio di Calcedonia (451), voi. I , tomo I , cit., 336-343; J . N . D . KELLY, Il pensiero cristiano
delle origini, cit., 158-165; P . DESCOURTIEUX, Clemente Alessandrino, in: A. D Ì B E R A R D I N O - G .
FEDALTO-M. SIMONETTI (edd.), Letteratura patristica, cit., 296-299; M . GRONCHI, Trattato su
Gesù Cristo Figlio dì Dio Salvatore, cit., 401-406.
1 6 6 _ C A P I T O L O V I I - T E M P O ORDINARIO
«Il nostro Pedagogo, o fanciulli, è simile al suo Padre Iddio, di cui è Figlio:
impeccabile, irreprensibile, senza passioni nell'anima, Dio puro in figura d'uo-
mo, esecutore del volere paterno, il Logos Dio, colui che è nel Padre, colui
che è alla destra del Padre, Dio anche con la forma umana. Questo per noi
l'esemplare senza macchie, a lui con tutte le forze dobbiamo tentare di rendere
simile l'anima»34.
«Per questo il Figlio è detto volto del "Padre", poiché egli, il Verbo, che rivela i ca-
ratteri propri del Padre, rivestì la carne rendendosi percepibile ai cinque sensi»36.
34
CLEMENTE D'ALESSANDRIA, Pedagogo 1 , 2 . 4 , 1 , in: G . Bosio-E. D A L C O V O L O - M . MARITANO
(edd.), Introduzione ai padri della Chiesa. Secolo II e III, cit., 263.
IDEM, Stromati V, 16,5, in: K.-H. OHLIG (ed.), Cristologia I. Dagli inizi al periodo tardo-
antico, cit., n. 78.
36
Ibidem, V, 34, I.
37
IDEM,Protreptico XI, 114, l,in: A. PIERI,Protreptico, Edizioni Paoline,Alba 1966,277-
278.
CAPITOLO V I I - T E M P O ORDINARIO 167
Uno dei più importanti scrittori della Chiesa antica38. Maestro di spiritualità
per i suoi discepoli. Segno di contraddizione «per l'arditezza del suo pensiero
e l'incomprensione del suo metodo: trattandosi di una teologia "in ricerca",
egli preferiva discutere piuttosto che definire, formulare ipotesi diverse piut-
tosto che sistematizzare una sola tesi»39.
La cristologia di Origene
«si compone essenzialmente di due livelli: quello del Logos eterno, che dà
forma al mondo noetico nella prima creazione, e quello della storia, ovvero del
cosmo sensibile, ove il Figlio di Dio incarnato porta a compimento la salvezza
delle creature»40.
a) «Per prima cosa, uno è Dio che ha creato e ha ordinato tutte le cose, che dal
nulla ha fatto esistere l'universo... Questo Dio negli ultimi giorni, come prima
aveva promesso per mezzo dei suoi profeti, ha mandato il Signore Gesù Cri-
sto... Egli che è venuto, è nato dal Padre prima di ogni creatura. Egli, dopo
aver cooperato come ministro del Padre alla creazione dell'universo - per
mezzo suo, infatti, sono state create tutte le cose (Gv 1,3) - negli ultimi giorni,
annientandosi si è fatto uomo, si è incarnato (Fil 2,7), pur essendo Dio; e, fatto
uomo, è restato ciò che era, Dio. Ha assunto un corpo simile al nostro corpo,
diverso solo perché nato dalla Vergine e mediante lo Spirito Santo. Gesù Cristo
è nato ed ha patito realmente, non in apparenza; morto realmente della morte
comune a tutti: e realmente è risorto dai morti; dopo la sua risurrezione, dopo
essersi intrattenuto con i discepoli, è stato assunto»41.
38
Cfr. A . GRILLMEIER, Gesù il Cristo nella fede della Chiesa. Dall'età apostolica al concilio
di Calcedonia (451), voi. I , tomo I, cit., 3 4 3 - 3 6 0 ; J . N . D . KELLY, Il pensiero cristiano delle origi-
ni, cit., 1 5 8 - 1 6 9 ; A . MONACI CASTAGNO, Origene, in: A . D I BERARDINO-G. FEDALTO-M. SIMONETTI
(edd.), Letteratura patristica, cit., 9 2 0 - 9 3 2 ; IDEM, Eterodossa ed eresiologica, Letteratura, in:
Ibidem, 5 2 7 - 5 2 9 ; M . GRONCHI, Trattato su Gesù Cristo Figlio di Dio Salvatore, cit., 4 0 6 - 4 1 2 .
39
G. Bosio-E. D A L C O V O L O - M . MARITANO (edd.), Introduzione ai Padri della Chiesa. Seco-
lo II e III, cit., 290.
40
M. GRONCHI, Trattato su Gesù Cristo Figlio di Dio Salvatore, cit., 406.
41
ORIGENE,1 Principi I, Prologo 4, PG 11,117.
ILAL CAPIIOLOVII-TEMPOORDINARIO
Dio Padre, nella quale sono state create tutte le cose visibili ed invisibili (cf Col
1,16), si sia delimitata nell'uomo che è apparso in Giudea e la Sapienza di Dio
sia entrata nel grembo di una Vergine e ne sia nato come bambino ed abbia
emesso vagiti a somiglianza di tutti i neonati; è stato inoltre assalito dall'an-
goscia in occasione della morte, come è narrato ed egli stesso ha confessato,
asserendo: "La mia anima è turbata fino alla morte" (Mt 26,38); infine, ha
subito una morte, che è la più ignominiosa fra gli uomini, benché sia poi risorto
il terzo giorno»42.
«Innanzi tutto dobbiamo sapere che è altra è in Cristo la natura della sua divi-
nità, in quanto egli è l'unigenito Figlio del Padre, e altra la natura umana che
ha assunto negli ultimi tempi per l'economia della redenzione»43.
«Poiché essa (l'anima di Cristo) è tutta nel Figlio di Dio e accoglie in sé tutto il
Figlio di Dio, a ragione anche lei con la carne che ha assunto è chiamata Figlio
dì Dio, virtù di Dio, Cristo, Sapienza di Dio. E reciprocamente il Figlio di Dio
per mezzo del quale sono state create tutte le cose (cf Col 1,16), è chiamato
Gesù Cristo e Figlio dell'uomo. Diciamo infatti che il Figlio di Dio è morto
in virtù di quella natura che poteva accogliere la morte, e chiamiamo Figlio
dell'uomo egli che verrà con gli angeli nella gloria di Dio Padre (cf Mt 16,27).
Per tale motivo in tutta la Scrittura, la natura divina è designata (in Cristo) con
appellativi umani, e la natura umana è fatta oggetto dell'onore di appellativi
divini»45.
e) Origene, infine, afferma che la natura umana di Cristo è vera e reale: «Il
corpo di Gesù, nato dalla Vergine, era fatto di materia umana, capace di subire
le ferite e la morte inflitte agli uomini» 46 .
42
Ibidem, II, 6,2, PG 11, 210.
43
Ibidem, 1,2, 1, PG 11, 130.
44
IDEM, Contro Celsum I I , 9 , P G 1 1 , 8 0 9 - 8 1 0 .
45
IDEM, IPrincipi, I I , 6 , 3 , P G 1 1 , 2 1 2 .
46
IDEM, Contro Celsum, I I I , 2 5 , P G 1 1 , 9 5 1 - 9 5 2 .
CAPITOLO V I I - T E M P O ORDÌ
3. I L I V S E C O L O
«Sappiamo che esiste un unico Dio, solo ingenerato, solo eterno, solo senza
principio, solo vero, solo che possiede l'immortalità, solo sapiente, solo buono,
solo potente, che giudica regge e governa ogni cosa, immutabile e inalterabile,
giusto e b u o n o , Dio della Legge, dei profeti e del N u o v o Testamento» 4 9 .
47
«Era particolarmente difficile per i filosofi greci accettare l'idea di una incarnazione divi-
na. I platonici la ritenevano impensabile a motivo della loro dottrina sulla divinità; gli stoici non
potevano farla coincidere con il loro insegnamento sul cosmo. Per rispondere a queste difficoltà
molti teologi cristiani hanno preso a prestito più o meno apertamente dall'ellenismo l'idea di
"deuteros theos" (un Dio secondario o intermediario, oppure un demiurgo). Evidentemente si
apriva cosi la porta al pericolo del subordinazionismo. Questo era latente presso alcuni apologeti
e presso Origene. Ario ne fece una eresia formale; egli insegnò che il Figlio occupa un posto
intermedio tra il Padre e le creature. L'eresia ariana mostra bene come si presenterebbe il dogma
della divinità di Cristo se esso fosse dovuto veramente all'ellenismo filosofico e non alla rivela-
zione divina» (COMMISSIONE TEOLOGICA INTERNAZIONALE, Questioni di cristologia, cit., II, 1 . 2 , in:
EV, 7, nn. 647-648).
48
Cfr. A . GRILLMEIER, Gesù il Cristo nella fede della Chiesa. Dall'età apostolica al conci-
lio di Calcedonio (451), voi. I , tomo I , cit., 457-526; J . N . D . KELLY, Il pensiero cristiano delle
origini, cit., 275-307; A . CONTRI, Gesù Cristo Figlio di Dio e Salvatore. Saggio di cristologia
patristico-storica e teologico-sistematica, cit., 41-49; A . CAMPLANI, Ario, in: A . D I BERARDINO-
G . F E D A L T O - M . SIMONETTI (edd.), Letteratura patristica, cit., 173-181; M . GRONCHI, Trattato su
Gesù Cristo Figlio di Dio Salvatore, cit., 423-430.
49
A R I O , Lettera ad Alessandro 2, in: M. SIMONETTI (ed.), Il Cristo, IL Testi teologici e
spirituali in lingua greca dal IV al VII secolo, Fondazione Lorenzo Valla/Arnoldo Mondadori,
Milano 1986, 76.
inammissibile. Inoltre, se un altro essere partecipasse in qualsiasi misura alla
natura divina ne risulterebbe una dualità di esseri divini, mentre la Divinità è
una per definizione. Quindi, tutto ciò che esiste è venuto all'esistenza non per
mezzo di una comunicazione dell'essere di Dio, ma per mezzo di un atto di
creazione da parte sua; cioè, è stato chiamato all'esistenza dal nulla»50.
c) Ario afferma che Gesù è "pienamente Dio". Ma in realtà non è così. Per
Ario Gesù non è Dio, ma un "dio minore", una creatura di Dio: la creatura per
eccellenza, la creatura per mezzo della quale Dio crea tutte le cose. «Il vero
Dio assolutamente unico è Dio Padre. All'infuori di lui non può esserci altro
Dio nel senso vero del termine» 52 . Ario fonda il suo pensiero su brani biblici
che legge e intende in senso subordinazionista: Pr 8,22; Me 10,18; 13,32; Gv
11,33.39; 14,28; 17,3; Ai 2,36; Col 1,15; Eb 1,4; 3,1.
50
D. HERCSIK,Gesù il Signore. Saggio di cristologia e soteriologia, cit., 232.
51
ARIO, Lettera a Eusebio di Nicomedia, in: M . SIMONETTI (ed.), Il Cristo, I I . Testi teologici
e spirituali in lingua greca dal IV al VII secolo, cit., 73.
52
A. AMATO, Gesù il Signore. Saggio di cristologia, cit., 230.
53
A. CAMPLANI, Ario, in: A. Di B E R A R D I N O - G . F E D A L T O - M . SIMONETTI (edd.), Letteratura
patristica, cit., 178.
M
Cfr. B. SESBOUÉ, Gesù Cristo nella tradizione della Chiesa, cit., 89-106; M. GRONCHI,
Trattato su Gesù Cristo Figlio di Dio Salvatore, cit., 430-436.
CAPITOLO V I I - T E M P O ORDINARIO 162
E in un solo Signore Gesù Cristo, il Figlio di Dio, generato unigenito dal Padre,
cioè dalla sostanza del Padre, Dio da Dio, luce da luce, Dio vero da Dìo vero,
generato non creato, consustanziale ("homooùsios") al Padre, per mezzo del
quale sono state create tutte le cose in cielo e in terra. Egli per noi uomini e
per la nostra salvezza è disceso dal cielo e si è incarnato, si è fatto uomo, ha
patito ed è risorto il terzo giorno, è risalito al cielo e verrà a giudicare i vivi e
i morti.
Quelli che dicono: "C'è stato un tempo in cui non esisteva" o "Non esisteva
prima di essere generato" o "È stato creato dal nulla", o affermano che egli
deriva da altra ipostasi o sostanza o che il Figlio di Dio è o creato o mutevole o
alterabile, tutti costoro condanna la Chiesa cattolica e apostolica»55.
55
H . DENZINGER, Enchiridion symbolorum, definitionum et declarationum de rebus fldei et
morum, edizione bilingue, P . HUNERMANN (ed.), Edizioni Dehoniane, Bologna 1 9 9 5 , 1 2 5 - 1 2 6 .
giata anche sulla esperienza della salvezza e sulla divinizzazione dell'uomo
nel Cristo. E d'altra parte, la definizione dogmatica ha determinato ed ha se-
gnato l'esperienza della salvezza. Perciò si può riconoscere che c'è stata una
interazione profonda tra l'esperienza vitale ed il processo della chiarificazione
teologica»56.
Vescovo di Alessandria nel 328, strenuo difensore della fede contro gli
ariani e più volte mandato in esilio57.
«Le sue opere principali sono tutte volte all'esposizione della dottrina cattolica
sulla Trinità, sull'unità essenziale del Figlio col Padre, sulla divinità dello Spirito
Santo, sul ruolo salvifico di Gesù Cristo, unico mediatore tra Dio e gli uomini»58.
56
COMMISSIONE TEOLOGICA INTERNAZIONALE, Questioni di cristologia, cit., I I , 2, in: E V , 7,
n. 648. «Il significato del termine ópoouaiog,... assente nella Scrittura, passato dal mondo
gnostico a quello teologico cristiano, specialmente alessandrino... vuol significare semplice-
mente contro la riduzione ariana che "il Figlio sta sul grado di essere del Dio trascendente"» (B.
FORTE, Gesù di Nazaret storia di Dio Dio della storia. Saggio di una cristologia come storia,
cit., 1 4 0 ) .
57
Cfr. A . GRILLMEIER, Gesù il Cristo nella fede della Chiesa. Dall'età apostolica al conci-
lio di Calcedonia (451), voi. I , tomo I , cit., 5 8 3 - 6 0 6 ; J . N . D . KELLY, Il pensiero cristiano delle
origini, cit., 2 9 4 - 3 0 3 ; A . CAMPLANI, Atanasio di Alessandria, in: A . D I B E R A R D I N O - G . FEDALTO-
M . SIMONETTI (edd.), Letteratura patristica, cit., 1 9 4 - 2 0 2 ; M . GRONCHI, Trattato su Gesù Cristo
Figlio di Dio Salvatore, cit., 4 4 0 - 4 5 0 .
58
B . MONDIN, Gesù Cristo salvatore dell'uomo. Cristologia storica e sistematica, cit., 138.
59
ATANASIO, Orationes contra Arianos 1 , 3 8 , in: K . - H . OHLIG (ed.), Cristologia I . Dagli
inizi al periodo tardo-antico, cit., n. 99.
60
Ibidem 1,39, in: Ibidem.
CAPITOLO V I I - T E M P O
creatore. Egli, infatti, ha assunto il corpo creato e umano per rinnovarlo, essendone
il creatore, divinizzarlo in se stesso e introdurre tutti noi, simili a lui, nel regno dei
cieli. Unendosi a una creatura, però, l'uomo non sarebbe stato divinizzato, qualora
il Figlio non fosse vero Dio. Neppure l'uomo sarebbe passato dalla parte del Padre,
se colui che rivestì il corpo non fosse il suo Verbo naturale e vero»61.
«(Chi vede Gesù Cristo e le opere del suo corpo deve rendersi conto che) nell'in-
carnazione del Logos si rese visibile la provvidenza universale e il suo artefice e
creatore, il Logos di Dio. Egli stesso, infatti, si è fatto uomo, perché noi fossimo
divinizzati. Egli stesso si è reso visibile nel corpo, affinché noi giungessimo alla
conoscenza del Padre invisibile; egli stesso soffrì la violenza degli uomini, sì che
noi ereditassimo l'immortalità. Non patì nella sua persona alcun danno, poiché era
impassibile, incorruttibile, il Logos vero e Dio. Nella sua impassibilità ha conser-
vato e salvato l'umanità sofferente, a causa della quale prese su di sé la sofferenza.
Per questo il Verbo di Dio incorporeo, incorruttibile e immateriale viene nella no-
stra patria, sebbene anche prima non fosse lontano da noi»62.
61
Ibidem 2, 70, in: Ibidem.
62
IDEM, L'incarnazione del Verbo 54, 8, in: Ibidem, n. 98.
63
IDEM, Tomo agli Antiocheni, 7, in: Ibidem, n. 100.
64
Cfr. A . G R I L L M E E R , Gesù il Cristo nella fede della Chiesa. Dall'età apostolica al conci-
lio di Calcedonia (451), voi. I , tomo I , cit., 607-629; J.N.D. KELLY, Il pensiero cristiano delle
origini, cit., 354-360; A . CONTRI, Gesù Cristo Figlio di Dio e Salvatore. Saggio di cristologia
patristico-storica e teologico-sistematica, cit., 61-65; E. CATTANEO, Apollinare di Laodicea,
in: A . Di B E R A R D I N O - G . F E D A L T O - M . SIMONETTI (edd.), Letteratura patristica, cit., 118-121; M .
GRONCHI, Trattato su Gesù Cristo Figlio di Dio Salvatore, cit., 451-455.
ITOLO V I I - T E M P O ORDINARIO
e morale.
a) Secondo Apollinare Gesù è Logos - sarx. In Gesù il Logos prende il
posto dell'anima. «Il Verbo è divenuto carne ma senza assumere un nus uma-
no, sottoposto a mutamento e a sordidi ragionamenti; è invece un nus divino,
immutabile e celeste»65.
«Quando (Giovanni) dice: "Il Logos si è fatto carne" (Gv 1,14), non ha aggiun-
to "e anima". È infatti impossibile che due principi intellettivi e volitivi coe-
sistano insieme, così che uno non si opponga all'altro con la propria volontà
ed energia. Perciò il Logos non ha assunto anima umana ma soltanto il seme
di Abramo. Infatti il tempio del corpo di Gesù lo ha prefigurato il tempio di
Salomone, che era senza anima, senza intelletto, senza volontà»66.
b) Apollinare viene condannato dal sinodo di Alessandria del 362 per mo-
tivi di ordine soteriologico («ciò che non è stato assunto da Dio, non è stato
salvato») e da papa Damaso I (366-384) che in una lettera ai vescovi orientali
scrive:
«Quelli (gli ariani) dicono imperfetta la divinità nel Figlio di Dio, questi (gli
apollinaristi) asseriscono falsamente un'umanità imperfetta nel Figlio dell'uo-
mo. Che se in ogni caso è stato assunto un uomo imperfetto, è imperfetto il
dono di Dio, poiché non viene salvato l'uomo intero... Noi invece che ci sap-
piamo salvati perfettamente e integralmente, professiamo secondo la fede della
Chiesa cattolica che Dio perfetto abbia assunto un'umanità perfetta»67.
«(Vogliono) incidere la pietra con il dito quanti insegnano due intelletti in Cri-
sto, uno umano e uno divino. Infatti, se ogni intelletto è autonomo ed è mosso
secondo natura dal proprio volere, è impossibile che in unico e medesimo sog-
65
APOLLINARE DI LAODICEA, Ai vescovi riuniti in Diocesarea, 2, in: K . - O . OHLIG (ed.), Cri-
stologia I. Dagli inizi al periodo tardo-antico, cit., n. 97.
66
IDEM, L'unione, in: M . SIMONETTI (ed.), Il Cristo, voi. I I , Testi teologici e spirituali in
lingua greca dal IVal VII secolo, cit., 319.
67
H . DENZINGER, Enchiridion symbolorum, definitionum et declarationum de rebus fidei et
morum, cit., 146.
CAPITOLO V I I - T E M P O ORDINARIO 166
getto (sostanza) esistano due volontà in contrasto tra loro, perché in tal caso
ciascuna delle due opererebbe di proprio impulso ciò che vuole, secondo la sua
inclinazione»68.
«Crediamo in un solo Dio Padre onnipotente, creatore del cielo e della terra,
di tutti gli esseri visibili e invisibili.
E in un solo Signore Gesù Cristo, il Figlio unigenito di Dio, generato dal Padre
prima di tutti i tempi, luce da luce, Dio vero da Dio vero, generato non creato,
consustanziale al Padre, per mezzo del quale sono state create tutte le cose. Per
noi uomini e per la nostra salvezza è disceso dal cielo, si è incarnato dallo Spi-
rito Santo e da Maria vergine e si è fatto uomo. È stato crocifisso per noi sotto
Ponzio Pilato, ha patito, è stato seppellito, è risorto il terzo giorno secondo
le Scritture, è risalito al cielo, siede alla destra del Padre, verrà di nuovo con
gloria a giudicare i vivi e i morti, e del suo regno non ci sarà fine.
Crediamo nello Spirito Santo, che è Signore e dà la vita, procede dal Padre,
68
APOLLINARE D I LAODICEA, A Giuliano, in: K . - O . OHLIG (ed.), Cristologìa I . Dagli inizi al
periodo tardo-antico, cit., n. 97.
69
G. ALBERIGO et A L H (edd.), Conciliorun oecumenicorum decreta, Edizioni Dehoniane,
Bologna 1991,28.
70
B . MONDIN, Gesù Cristo salvatore dell'uomo. Cristologia storica e sistematica, cit., 1 6 3 .
176 CAPITOLO V I I - TEMPO ORDINARIO
4. IL V S E C O L O
Agostino, Nestorio, Cirillo, Eutiche e papa Leone sono le voci più signifi-
cative del V secolo72. Il nestorianesimo e il monofisismo le eresie. Efeso (431)
e Calcedonia (451) i concili.
1. Agostino (354-430)
71
H . DENZINGER. Enchiridion symbolorum, definitionum et declarationum de rebus fidei et
morum, cit., 150.
72
Sulla cristologia nel V secolo cfr. T . HAINTHALER, Cristologia, in: A . D I B E R A R D I N O - G .
F E D A L T O - M . SIMONETTI (edd.), Letteratura patristica, cit., 3 5 2 - 3 5 7 .
73
Cfr. A . GRILLMEIER, Gesù il Cristo nella fede della Chiesa. Dall'età apostolica al conci-
lio di Calcedonia (451 ), voi. I , tomo I I , cit., 766-778; J . N . D . KELLY, Il pensiero cristiano delle
origini, cit., 479-485; N . CIPRIANI, Agostino, in: A . D I B E R A R D I N O - G . F E D A L T O - M . SIMONETTI
(edd.), Letteratura patristica, cit., 38-50.
74
B. MONDIN, Gesù Cristo salvatore dell'uomo. Cristologia storica e sistematica, cit., 142.
CAPITOLO V I I - TEMPO ORDINARIO 168
«Gesù Cristo, Figlio dì Dio, è Dio e uomo... Era entrambe le cose pur essendo
uno solo, come abbiamo detto: ma era una cosa a causa del Verbo e un'altra a
causa dell'uomo: a causa del Verbo era uguale al Padre, a causa dell'uomo gli
era inferiore. Il Figlio di Dio è una persona sola e nello stesso tempo è figlio
dell'uomo; il figlio dell'uomo è una persona sola ma nello stesso tempo è
Figlio di Dio: non ci sono due figli di Dio, uno Dio e uno uomo, ma un solo
Figlio di Dio; Dio senza principio, uomo a partire da un principio preciso, ecc.
il nostro Signore Gesù Cristo»76.
«Bisognava che fosse mortale e, d'altra parte, che non rimanesse mortale. Si
è realmente fatto mortale, non perdendo qualcosa della sua divinità, ma assu-
mendo le debolezze della carne; e non è rimasto mortale nella carne perché
è risuscitato dai morti; il frutto della sua mediazione è infatti che quelli che
doveva liberare non rimanessero eternamente nella morte della carne. Fu dun-
que necessario che il mediatore tra noi e Dio unisse una mortalità transitoria
a una beatitudine permanente, per essere conforme, in ciò che è transitorio,
agli uomini destinati alla morte e trasferire questi stessi da in mezzo ai morti
a ciò che non ha fine... Il Dio beato e beatificante, divenuto partecipe della
nostra umanità, ci diede il mezzo più rapido per partecipare alla sua divinità.
Infatti, liberandoci dalla mortalità e dalla miseria, non solo Dio ci eleva fino
agli angeli immortali e beati, affinché mediante il loro consorzio diventiamo
noi pure immortali e beati, ma ci innalza fino alla Trinità, la cui partecipazione
rende beati gli angeli stessi»77.
c) «Grazie alla sua realtà teandrica Gesù Cristo è nella condizione ideale di svol-
gere la sua funzione di mediatore e quindi di redentore... Come Dio, egli può
trattare alla pari con lui e come uomo, può trattare a nome di tutta l'umanità e
pagare per essa quella soddisfazione che deve a Dio a causa del gravissimo atto
di insubordinazione compiuto nell'Eden. Data la necessità della riparazione e
75
Ibidem, 143.
76
AGOSTINO D'IPPONA, Enchiridion 1 0 . 3 5 .
77
IDEM, La città di Dio, I X , 1 5 , 1 . 2 , in: G . BORGOGNO, La città di Dio, Edizioni Paoline,
Roma 1979,501.503.
- 178 CAPITOLO VIL - TEMPO ORDINARIO
«Proprio lì, sul campo concesso alle sue imprese, il diavolo fu battuto comple-
tamente, perché fu proprio nel ricevere il potere esteriore di uccidere il corpo
mortale del Signore che il suo potere interiore con cui ci teneva schiavi fu
abbattuto. Infatti è accaduto che le catene tra innumerevoli peccati ed innu-
merevoli morti sono state spezzate con la morte di uno solo, assolutamente
libero dal peccato. Il Signore soffrì per noi tale morte indebita, affinché non
nuocesse a noi la morte a noi dovuta... Ed ecco il risultato di tutto questo:
l'innocente Signore ucciso dal maligno che agiva contro di noi in forza di un
diritto giustamente concesso, trionfò del diavolo con pienissima giustizia, fece
propria schiava la schiavitù prodotta dal peccato, liberò noi dalla servitù che
giustamente ci aspettava per il peccato, distrusse la condanna di morte con il
suo sangue giusto ingiustamente versato dal diavolo e redense i peccatori, che
avevano bisogno di essere giustificati»79.
«Il Cristo è maestro di umiltà a parole e in opere: a parole, perché fin dall'ini-
zio della creazione mai tralasciò di insegnare all'uomo l'umiltà per mezzo
degli angeli e dei profeti; poi si degnò di insegnarla anche con il suo esempio.
Il nostro creatore venne umile creatura in mezzo a noi, lui che ci ha fatti e si
è fatto per noi; Dio prima dei tempi, uomo nel tempo per liberare l'uomo dal
tempo. Lui, il grande medico, venne a guarire il nostro orgoglio... Arrossisci o
uomo di essere ancora superbo: per te Dio si è umiliato. Sarebbe già stata una
grande umiliazione per Dio se si fosse limitato a nascere per te: si degnò anche
di morire per te»80.
78
B . MONDIN, Gesù Cristo salvatore dell'uomo. Cristologia storica e sistematica, cit., 1 4 4 - 1 4 5 .
79
AGOSTINO D'IPPONA, La Trinità I V , 1 3 , 1 7 , in: G . BESCHIN, La Trinità, Città Nuova, Roma
2006,157.158.
80
IDEM, Discorso 340, 5, in: NBA, Discorsi V, voi. XXXIII, Città Nuova, Roma 1986,
1009.
2. Nestorio (381 ca - 451)
«Si mostrò intollerante non solo con gli eretici (ariani, macedoniani, apollina-
risti, novaziani, eunomiani, valentiniani, montanisti, manichei...), premendo
sull'imperatore per far demolire le loro chiese e confiscarne i beni, ma an-
che con il clero, i monaci, il popolo, sopprimendo feste, giochi, teatri, danze,
canti»82.
Non è facile conoscere il suo pensiero cristologico. Pochi gli scritti che ci
sono pervenuti. E divergenti le interpretazioni.
«Ha dunque Dio una madre? Allora sono da scusare i pagani, quando attri-
buiscono delle madri agli dei... Ebbene, no, mio caro, Maria non generò
Dio - quanto è nato dalla carne è carne - la creatura non generò colui che
non può essere creato, ma partorì l'uomo, l'organo della divinità. Lo Spirito
Santo non creò (in Maria) il Dio Logos - poiché quanto è nato da lui è dallo
Spirito Santo - , ma ha fabbricato un tempio al Dio Logos, perché lo abitasse;
esso (il tempio) è dalla Vergine. E non è morto Dio che si è incarnato, ma (al
contrario) ha risuscitato colui nel quale si è incarnato»84.
81
Cfr. A . GRILLMEIER, Gesù il Cristo nella fede della Chiesa. Dall'età apostolica al conci-
lio di Calcedonia (451), voi. I, tomo II, cit., 8 2 3 - 8 5 9 ; J . N . D . KELLY, Il pensiero cristiano delle
origini, cit., 3 7 9 - 3 8 8 ; A . MONACI CASTAGNO, Eterodossa ed eresiologia, Letteratura, in: A . D Ì
B E R A R D I N O - G . F E D A L T O - M . SIMONETTI (edd.), Letteratura patristica, cit., 5 3 1 - 5 3 3 ; M . GRONCHI,
Trattato su Gesù Cristo Figlio di Dio Salvatore, cit., 4 8 5 - 4 8 9 .
82
A . AMATO, Gesù il Signore. Saggio di cristologia, cit., 2 6 9 .
83
Acta conciliorum oecumenicorum, E . SCHWARTZ - J. STRAUB (ed.), Berlin 1914ss., 1,1/1,
30,33-31,3.
84
NESTORIO, Omelìa contro il titolo Theotókos, in: K . - H . OHLIG (ed.), Cristologia I . Dagli
inizi al periodo tardo-antico, cit., n. 124.
b) L'affermazione che
«la santa Vergine dovrebbe essere chiamata Madre di Cristo, non madre
di Dio» porta alla domanda sull'identità di Gesù. Chi è Gesù? Non è facile
dire il pensiero di Nestorio. Secondo i suoi avversari, Cirillo di Alessandria in
particolare,
85
A. AMATO, Gesù il Signore. Saggio di cristologia, cit., 272.
86
Ibidem, 272-273.
87
Cfr. A. GRILLMEIER, Gesù il Cristo nella fede della Chiesa. Dall'età apostolica al concì-
lio di Calcedonio (451 ), voi. I , tomo I I , cit., 860-875; J . N . D . KELLY, Il pensiero cristiano delle
origini, cit., 379-388; J . A. MCGUCKIN, Cirillo di Alessandria, in: A. D I B E R A R D I N O - G . FEDALTO-
M . SIMONETTI (edd.), Letteratura patristica, cit., 287-292; M . GRONCHI, Trattato su Gesù Cristo
Figlio di Dio Salvatore, cit., 490-500.
CAPITOLO V I I - T E M P O ORDINARIO 172
«Poiché la santa Vergine mise al mondo secondo la carne Dio unito in persona
alla carne, noi la diciamo "Madre di Dio" (Theotókos). Non che la natura del
Verbo abbia tratto origine dalla carne, giacché egli era "in principio", e "il
Verbo era Dio, e il Verbo era con Dio", ed egli è l'autore del mondo, coeterno
con il Padre, e il creatore dell'universo, ma come abbiamo detto in precedenza,
perché ha unito a sé personalmente la natura dell'uomo, e si è degnato di na-
scere nella carne, dal suo seno»88.
«Il santo e grande concilio dichiara che il Figlio unigenito generato per natura
da Dio Padre, vero Dio dal vero Dio, luce da luce, mediante il quale il Padre ha
creato ogni cosa, proprio questi è disceso, si è fatto carne e uomo, ha sofferto,
è risorto il terzo giorno ed è asceso al cielo. A queste parole e dottrine noi pure
dobbiamo attenerci e considerare cosa significhi che il Logos, nato da Dio, si è
incarnato e fatto uomo. Non affermiamo che la natura del Logos si sia trasfor-
mata per assumere la carne, nemmeno che si sia mutata in tutto l'uomo costituito
di anima e corpo; piuttosto diciamo che il Logos, unita a sé secondo l'ipostasi
(kath'ipóstasin) in modo indicibile e incomprensibile la carne umana animata di
anima razionale, si è fatto uomo e ha ricevuto il titolo di figlio dell'uomo, ma in
nessun modo per solo volere e beneplacito del Logos e neppure per l'assunzione
di un prósopon, - piuttosto sono conservate le differenze di entrambe le nature
(physeìs) riunite in un'unione vera e da entrambe è risultato un solo Cristo e
Figlio. Senza che le qualità delle nature siano rimosse a causa dell'unione, co-
stituiscono per noi nella divinità e umanità riunite in unità in modo indicibile e
ineffabile l'unico Signore e Cristo e Figlio... Professiamo un solo Signore. Non
adoriamo un uomo insieme al Logos, per non insinuare l'idea di una separazione
col dire "con" e "insieme". Adoriamo piuttosto un solo e medesimo Cristo...
L'unico Signore Gesù Cristo, di conseguenza, non può essere diviso in due figli.
Alla corretta dottrina della fede non può affatto giovare l'idea, auspicata da alcu-
ni, di parlare di un'unione delle due persone (prósópà)»m.
«Se uno non confessa che l'Emmanuele è realmente Dio e la santa Vergine, di
conseguenza, genitrice di Dio (theotókos), poiché ha generato secondo la carne
il Logos nato da Dio, sia anatema» (I).
88
CIRILLO DI ALESSANDRIA ,Epistola 1 7 , 1 1 .
89
Seconda Lettera a Nestorio, in: K . - O .
IDEM, OHLIG (ed.), Cristologia I. Dagli inizi al
periodo tardo-antico, cit., n. 128.
- 182 CAPITOLO VIL - T E M P O ORDINARIO
«Se uno non confessa che il Logos nato da Dio Padre è unito alla carne secon-
do l'ipostasi (kath'ypóstasìn) e Cristo è uno solo con la propria carne, cioè lo
stesso è Dio e uomo, sia anatema» (II).
«Se uno dopo l'unione divide le ipostasi dell "unico Cristo e le unisce solamen-
te mediante una congiunzione di dignità meramente esteriore - cioè secondo
maestà e potenza - e non piuttosto mediante un congiungimento nel senso di
unione naturale (kath'hénosinphysikérì), sia anatema» (III).
«Se uno divide tra due persone (prósopa) o ipostasi le affermazioni dei vangeli
o degli scritti apostolici oppure ciò che i santi affermano in riferimento a Cristo
o che egli dice di se stesso, e le attribuisce alcune all'uomo, il quale è ritenuto
come stante accanto al Logos nato da Dio e da lui separato, le altre, invece, in
quanto degne di Dio, soltanto al Logos nato da Dio Padre, sia anatema» (IV).
«Se uno osa dire che il Logos, nato da Dio Padre è Dio o Signore o Signore di
Cristo e non professa piuttosto che il medesimo è insieme Dio e uomo, poiché
il Logos si è fatto carne secondo la Scrittura, sia anatema» (VI)90.
90
Ibidem, 129.
91
A . AMATO, Gesù il Signore. Saggio di cristologia, cit., 2 7 4 .
92
Cfr. A . GRILLMEIER, Gesù il Cristo nella fede della Chiesa. Dall'età apostolica al conci-
lio di Calcedonia (451), voi. I , tomo I I , cit., 8 7 6 - 8 8 1 ; J . N . D . KELLY, Il pensiero cristiano delle
origini, cit., 3 9 5 - 4 0 3 ; A . CONTRI, Gesù Cristo Figlio di Dio e Salvatore. Saggio di cristologia
patristico-storica e teologico-sistematica, cit., 7 3 - 7 6 ; B . SESBOOÉ, Gesù Cristo nella tradizione
della Chiesa, cit., 1 0 7 - 1 3 1 ; B . LUISELLI, Dogma, Sviluppo del, in: A . D I B E R A R D I N O - G . FEDALTO-
M . SIMONETTI (edd.), Letteratura patristica, cit., 4 4 1 - 4 4 4 .
CAPITOLO V I I - TEMPO ORDINARIO 174
rio a Cirillo e viene considerata estranea alla fede. Vengono portate altre testi-
monianze. E infine viene pronunciata la sentenza di deposizione di Nestorio
dalla dignità episcopale, sottoscritta da più di duecento vescovi. Il 26 giugno
arrivano il patriarca Giovanni e il suo gruppo. Si rifiutano di partecipare al
concilio aperto da Cirillo; aprono un nuovo concilio; redigono un simbolo mo-
derato; condannano e depongono Cirillo. Ai primi di luglio arrivano i delegati
del vescovo di Roma e confermano la condanna di Nestorio.
«Il santo e grande concilio dichiara che il Figlio unigenito generato per natura
da Dio Padre, vero Dio dal vero Dio, luce da luce, mediante il quale il Padre
ha creato ogni cosa, proprio questi è disceso, si è fatto carne e uomo, ha sof-
ferto, è risorto il terzo giorno ed è asceso al cielo. A queste parole e dottrine
noi pure dobbiamo attenerci e considerare cosa significhi che il Logos, nato
da Dio, si è incarnato e fatto uomo. Non affermiamo che la natura del Logos
si sia trasformata per assumere la carne, nemmeno che si sia mutata in tutto
l'uomo costituito di anima e corpo; piuttosto diciamo che il Logos, unita a sé
secondo l'ipostasi (kath'ipóstasin) in modo indicibile e incomprensibile la car-
ne umana animata di anima razionale, si è fatto uomo e ha ricevuto il titolo di
figlio dell'uomo, ma in nessun modo per solo volere e beneplacito del Logos e
neppure per l'assunzione di unprósopon, - piuttosto sono conservate le diffe-
renze di entrambe le nature (physeis) riunite in un'unione vera e da entrambe è
risultato un solo Cristo e Figlio. Senza che le qualità delle nature siano rimosse
a causa dell'unione, costituiscono per noi nella divinità e umanità riunite in
unità in modo indicibile e ineffabile l'unico Signore e Cristo e Figlio... Così
riteniamo che il Logos ha anche patito ed è risuscitato: non che il Logos divino
abbia sofferto nella sua propria natura e abbia preso le percosse, la trafittura
con i chiodi e le altre ferite. La natura divina è impassibile, poiché incorporea.
Ma giacché il corpo, divenuto suo proprio, ha sofferto, si può asserire che egli
stesso ha sofferto per noi. L'impassibile, infatti, era in un corpo passibile. Allo
stesso modo pensiamo anche del suo morire. Il Logos divino è per sua natura
immortale e incorruttibile, è vita e datore di vita. Ma poiché il suo corpo "per
grazia di Dio", come afferma Paolo, "ha gustato la morte a motivo di tutti" (Eb
2,9), si dice che il Logos stesso ha patito la morte. Non che abbia sperimentato
la morte per quanto attiene alla sua natura - asserire o pensare ciò sarebbe
follia - , ma perché la sua carne, nel modo appena detto, ha gustato la morte.
E dato che la sua carne è stata ridestata, parliamo della sua risurrezione: non
nel senso che il Logos sia incorso nella corruzione - non sia mai! - , ma perché
il suo corpo è stato risuscitato. Perciò professiamo un solo Signore. Non ado-
riamo un uomo insieme al Logos, per non insinuare l'idea di una separazione
col dire "con" e "insieme". Adoriamo piuttosto un solo e medesimo Cristo...
L'unico Signore Gesù Cristo, di conseguenza, non può essere diviso in due
figli. Alla corretta dottrina della fede non può affatto giovare l'idea, auspicata
da alcuni, di parlare di un'unione delle due persone (prósopa)...
1.M CAPITOLO V I I - T E M P O ORDINARIO
Ovunque tutto questo rappresenta la dottrina della vera fede; la stessa dottrina
troveremo anche presso i santi padri. Così essi hanno designato, senza esi-
tazione, la santa Vergine genitrice di Dio (theotókos) - non che la natura del
Logos o la sua divinità abbia ricevuto inizio dalla santa Vergine, ma perché da
lei è stato generato quel corpo santo, animato e razionale, al quale si è unito il
Logos secondo l'ipostasi (kat'hypóstasin), sì che si può affermare che egli è
stato generato secondo la carne»93.
93
CIRILLO DI ALESSANDRIA, Seconda Lettera a Nestorio, in: K . - O . OHLIG (ed.), Cristologia I .
Dagli inizi al periodo tardo-antico, cit., n. 128.
94
H . DENZINGER, Enchiridion symbolorum, definitionum et declarationum de rebus fidei et
morum, cit., 2 7 2 - 2 7 3 .
95
Cfr. A . GRILLMEIER, Gesù il Cristo nella fede della Chiesa. Dall'età apostolica al conci-
lio di Calcedonia (451), voi. I , tomo I I , cit., 9 2 9 - 9 5 2 ; J . N . D . KELLY, Il pensiero cristiano delle
origini, cit., 4 0 3 - 4 1 8 ; A . CONTRI, Gesù Cristo Figlio di Dio e Salvatore. Saggio di cristologia
patristico-storica e teologico-sistematica, cit., 7 6 - 8 3 ; M . GRONCHI, Trattato su Gesù Cristo Fi-
glio di Dio Salvatore, cit., 5 0 1 - 5 1 1 .
CAPITOLO V I I - TEMPO ORDINARIO 176
a) Alla domanda «Assenti o dissenti che il nostro Signore, nato dalla Vergi-
ne, è consostanziale a noi ed è di due nature dopo l'incarnazione?», Eutiche ri-
sponde: «Confesso che nostro Signore è di due nature prima dell'unione; dopo
l'unione, invece, professo (solamente) un'unica natura (mianphysin)»96.
c) Papa Leone, il 13 giugno del 449, risponde con una lettera al patriar-
ca Flaviano (Tomus ad Flavianum). Giudica «molto imprudente e troppo
inesperto» 97 Eutiche. Richiama la
96
Protocollo della sessione del sinodo permanente del 448, in: in K . - O . OHLIG (ed.), Cri-
stologia I. Dagli inizi al periodo tardo-antico, cit., n. 135.
97
LEONE I , Lettera dogmatica a Flaviano di Costantinopoli, in: Ibidem, cit., n. 32.
- 186 CAPITOLO VIL - T E M P O ORDINARIO
Come la divinità non viene mutata dalla misericordia, così l'uomo non è annul-
lato dalla dignità (divina). Ciascuna forma, infatti, opera ciò che (le) è proprio
in comunione con l'altra: il Verbo opera quanto è proprio del Verbo e la carne
compie quel che è proprio della carne. Una di queste (due) risplende di mira-
colo, l'altra soccombe alle ingiurie»98.
98
Ibidem.
99
E il cosiddetto "latrocinium ephesinum". "Latrocinio" per gli episodi di violenza e di
sopraffazione che lo caratterizzano.
100
Cfr. A . GRILLMEIER, Gesù il Cristo nella fede della Chiesa. Dall'età apostolica al conci-
lio di Calcedonia (451), voi. I , tomo I I , cit., 9 5 3 - 9 6 8 ; B . SESBOUÉ, Gesù Cristo nella tradizione
della Chiesa, cit., 1 3 2 - 1 5 6 ; B . LUISELLI, Dogma, Sviluppo del, in: A . D I B E R A R D I N O - G . FEDALTO-
M . SIMONETTI (edd.), Letteratura patristica, cit., 4 4 4 - 4 4 7 ; M . GRONCHI, Trattato su Gesù Cristo
Figlio di Dio Salvatore, cit., 5 1 1 - 5 1 7 .
101
B . M O N D I N , Gesù Cristo salvatore dell'uomo. Cristologia storica e sistematica, cit.,
172.
102
H . DENZINGER, Enchiridion symbolorum, definitionum et declarationum de rebus fidei et
morum, cit., 301-302.
CAPITOLO V I I - TEMPO ORDINARIO 178
«Finalmente si mette a punto una formula che precisa in poche parole in che
modo Cristo è "uno" e in che modo è "due". E la soluzione data dalla distin-
zione di significato che Calcedonia dà ai concetti physis e hypóstasis... La
formula afferma che in Cristo l'unità del soggetto è da ricondurre all'unica
hypóstasis e all'unicoprósopon, mentre la duplicità delle sue perfezioni divine
e umane alle sue due physeis»103.
103
A . AMATO, Gesù il Signore. Saggio di cristologia, cit., 297-298.
,' 188 CAPITOLO V I I - T E M P O ORDINARIO
il carattere assoluto della fede cristiana risiede in questo secondo aspetto della
trascendenza, che è nello stesso tempo escatologico ed ontologico»104.
[
h) «Che cosa rappresenta dunque il concilio di Calcedonia nella storia della cri-
stologia? La definizione dogmatica di Calcedonia non pretende di dare una
risposta esaustiva alla questione: "Come, nel Cristo, possono coesistere Dio
e uomo?". Il mistero dell'incarnazione sta infatti esattamente qui. Nessuna
definizione ne può esaurire le ricchezze per mezzo di formule affermative.
Conviene piuttosto procedere per via negativa e tracciare uno spazio da cui
non ci si può allontanare. All'interno di questo spazio di verità, il concilio ha
posto "l'uno" e "l'altro" che sembravano escludersi: la trascendenza e l'imma-
nenza, Dio e l'uomo. I due aspetti devono essere affermati senza restrizione,
ma escludendo tutto ciò che è giustapposizione o mescolanza. Così, nel Cristo,
la trascendenza e l'immanenza sono perfettamente unite. Se si considerano
le categorie mentali ed i metodi utilizzati, si può pensare ad una certa elle-
nizzazione della fede del Nuovo Testamento. Ma, d'altra parte, sotto un altro
aspetto, la definizione di Calcedonia trascende radicalmente il pensiero greco.
Infatti, essa fa coesistere due punti di vista che la filosofia greca aveva sempre
ritenuto inconciliabili: la trascendenza divina, che è l'anima stessa del sistema
dei platonici, e l'immanenza divina, che è lo spirito della teoria stoica»105.
5. IL VI S E C O L O
1. Orientamento monofisita
104
COMMISSIONE TEOLOGICA INTERNAZIONALE, Questioni di cristologia, cit., II, 5, in EV, 7, n.
651.
105
Ibidem, II, 6, in: Ibidem, 652.
106
Sulla cristologia nel V I secolo cfr. A . CONTRI, Gesù Cristo Figlio di Dio e Salvatore.
Saggio dì cristologia patrìstico-storica e teologico-sistematica, cit., 9 6 - 9 8 ; G . FEDALTO, Co-
stantinopoli, in: A . D Ì B E R A R D I N O - G . F E D A L T O - M . SIMONETTI (edd.), Letteratura patristica, cit.,
3 2 7 - 3 3 2 ; T . HAINTHALBR, Cristologia, in: Ibidem, 3 5 7 - 3 6 3 .
CAPITOLO V I I - T E M P O ORDINARIO 189
di Antiochia (465 ca - 538) 107 . Secondo lui Cristo non è "in due nature", ma
"in una sola" anche se conserva integre e senza confusione le proprietà della
divinità e le proprietà dell'umanità.
«Noi secondo il salutare e veramente divino simbolo dei 318 padri crediamo
e professiamo che il Figlio unigenito di Dio, consustanziale al Padre... si è
incarnato e si è fatto uomo, cioè si è unito ad una carne dotata di anima razio-
nale e intelligente, secondo l'unione vera e ipostatica, dallo Spirito Santo e da
Maria sempre vergine Madre di Dio, e una è la sua natura anche quando il Lo-
gos si è incarnato, come ci hanno insegnato i dottori della Chiesa divinamente
ispirati... Infatti poiché da due nature perfette, cioè dalla divinità e dall'uma-
nità, crediamo essere l'Emmanuele e il medesimo Dio Logos, incarnato, noi
conosciamo un solo Figlio, un solo Cristo, un solo Signore. Non diciamo che
egli è conosciuto in due nature, come ha sentenziato il concilio di Calcedonia,
che ha aggiunto il termine "senza divisione" quasi per difesa»108.
2. Orientamento calcedonese
«Che dite voi? Affermate semplicemente una natura? "No" rispondono, "ma
una sola incarnata". Nulla lo impedisce e ci è gradito unirci a voi, e presa
l'unica natura del Logos, che affermate, tenerla da parte vostra. Invece la di-
scussione sarà sull'altra natura. A voi piace chiamare carne quella che noi di-
ciamo altra natura oltre quella del Logos. Ma che dite riguardo a questa carne?
Possiede una natura o una sostanza o parte di una natura?... La carne è senza
sostanza e priva di natura?... Se infatti non esiste carne priva di sostanza, cioè
che non abbia natura, e non c'è natura priva di ipostasi, allora non ci sarà carne
priva di ipostasi. Perciò è tempo che voi eliminiate completamente la natura
dalla carne ovvero attribuiate due ipostasi al Signore, secondo la vostra norma
che dice: "Non c'è natura priva di ipostasi"»110.
107
Cfr. P. A L L E N , Severo di Antiochia, in: Ibidem, 1086-1089.
108
SEVERO DI ANTIOCHIA, Discorsi contro Nefalio, in: M . SIMONETTI (ed.), Il Cristo, I I / Testi
teologici e spirituali in lingua greca dal TV al VII secolo, cit., 473.
109
Cfr. C. D E L L ' O S S O , Leonzio di Bisanzio, in: A. D Ì B E R A R D I N O - G . F E D A L T O - M . SIMONETTI
(edd.), Letteratura patristica, cit., 825-828.
110
LEONZIO DI BISANZIO, Libri tres contra Nestorianos et Eutichianos, in: M. SIMONETTI (ed.),
Il Cristo, II: Testi teologici e spirituali in lingua greca dal IVal VII secolo, cit., 497.
{90 CAPITOLO V I I - T E M P O ORDINARIO
b) «Per Leonzio... il fatto che Cristo abbia una natura umana non significa affatto
che egli abbia anche un'ipostasi umana. Per questo egli introduce la distinzione
tra enypóstaton e hypóstasis, sì che a ogni ipostasi corrisponde una natura, ma
non sempre viceversa: "Non è la stessa cosa ipostasi e enipostatico, come son
cose diverse la sostanza e ciò che è nella sostanza. Infatti l'ipostasi indica una
persona con le proprietà caratterizzanti; invece enipostatico indica che l'acciden-
te non esiste di per sé ma ha l'essere in un altro e non viene considerato di per
sé... Perciò una natura, cioè una sostanza, non può mai essere priva di ipostasi;
ma non per questo la natura è ipostasi, perché il concetto non è reversibile, infatti
l'ipostasi è anche natura, ma la natura non è anche ipostasi"»111.
3. Orientamento neo-calcedonese
«Non abbiamo detto che l'umanità individuale del Signore è preesistita in con-
fronto ali 'hypóstasis (del Logos), ma al contrario: sorgere o sussistere è per essa
un'unica e identica cosa. Ma essa non sussisteva in una hypóstasis propria a lei
esclusivamente, bensì nella hypóstasis a lei preesistente del Logos»113.
Per trovare un accordo con i monofisti, nel 553, l'imperatore Giustiniano 115
convoca a Costantinopoli un concilio: il II concilio di Costantinopoli 116 . Vi
partecipano centosessantotto vescovi. Solo undici vengono dall'occidente.
111
A . AMATO,Gesù il Signore. Saggio di cristologia, cit., 316.
112
Cfr. Trattato su Gesù Cristo Figlio di Dio Salvatore, cit., 5 2 1 - 5 3 4 .
M . GRONCHI,
113
LEONZIO DI GERUSALEMME, Contra Nestorianos, N , 7 .
114
A . AMATO, Gesù il Signore. Saggio di cristologia, cit., 3 1 7 .
115
II concilio di Costantinopoli II è stato preceduto dalla condanna postuma di Teodoro
di Mopsuestia (morto nel 428), Teodoreto di Ciro (morto nel 466) e Ibas di Edessa (morto nel
457): i cosiddetti Tre Capitoli, le tre condanne. Teodoro di Mopsuestia, Teodoreto di Ciro e Ibas
di Edessa erano noti per le loro posizioni cristologiche divisiste.
116
Cfr. B . SESBOUÉ, Gesù Cristo nella tradizione della Chiesa, cit., 1 5 7 - 1 6 9 .
CAPITOLO V I I - TEMPO ORDINARIO 191
«Se qualcuno intende l'unica persona del Signore nostro Gesù Cristo come
se prendesse su di sé più ipostasi, e con ciò tenta di introdurre nel mistero di
Cristo due ipostasi o due persone, e, dopo aver introdotto due persone, par-
la di una sola persona quanto alla dignità, all'onore e alla adorazione, come
hanno scritto nella loro pazzia Teodoro e Nestorio; e se costui accusa il santo
concilio di Calcedonia, sostenendo che esso ha usato l'espressione "una sola
sussistenza" in questo empio significato, e non confessa piuttosto che il Verbo
di Dio si è unito nella carne secondo l'ipostasi e che, quindi, egli ha una sola
ipostasi, cioè una sola persona e che è in questo senso che il santo concilio di
Calcedonia ha confessato una sola ipostasi del Signore nostro Gesù Cristo, co-
stui sia anatema. La santa Trinità, infatti, non ha ricevuto aggiunta di persona
o di ipostasi in seguito all'incarnazione di Dio Verbo, una delle persone della
santa Trinità»119.
117
H . DENZINGER, Enchiridion symbolorum, definitionum et declaratìonum de rebus fidei et
morum, cit., 423.
118
Ibidem, 425.
119
Ibidem, 426.
112 CAPITOrnVII-TEMP
la carne si trasformasse nella natura del Verbo (l'una e l'altra, infatti, riman-
gono ciò che sono per natura, anche dopo che si è realizzata l'unione secondo
l'ipostasi)»120.
«Se uno confessa che è avvenuta l'unione delle due nature, divina e umana,
o parla di una sola natura incarnata del Verbo di Dio, ma non intende queste
espressioni secondo il senso dell'insegnamento dei santi padri, cioè che, av-
venuta l'unione secondo l'ipostasi della natura divina e della natura umana,
ne è risultato un solo Cristo; e anzi con questa espressione tenta introdurre
una sola natura o sostanza della divinità e della carne di Cristo, costui sia
anatema»121.
6. IL V I I S E C O L O
1. Sergio
120
Ibidem, 428.
121
Ibidem, 429.
122
Sulla cristologia nel V I I secolo cfr. A. CONTRI, Gesù Cristo Figlio di Dio e Salvatore.
Saggio di cristologia patristico-storica e teologico-sistematica, cit., 9 8 - 1 0 0 ; G . FEDALTO, Co-
stantinopoli, in: A. Dì B E R A R D I N O - G . F E D A L T O - M . SIMONETTI (edd.), Letteratura patristica, cit.,
3 3 2 - 3 3 5 ; T . HAINTHALER, Cristologia, in: Ibidem, 3 6 3 - 3 6 5 ; M . GRONCHI, Trattato su Gesù Cristo
Figlio di Dio Salvatore, cit., 5 3 4 - 5 4 9 .
123
M . SERANTHÀ, Gesù Cristo Ieri Oggi e Sempre, saggio di cristologia, cit., 2 4 0 .
CAPITOLO V I I - T E M P O ORDINARIO 193
«Professiamo anche una sola volontà del Signore nostro Gesù Cristo, poiché
in realtà dalla divinità è stata assunta la nostra natura, non la (nostra) colpa,
quella (natura) in effetti che è stata creata prima della caduta nel peccato, non
quella viziata dopo la caduta. Cristo infatti..., concepito senza peccato dallo
Spirito Santo, è stato partorito anche senza peccato dalla santa e immacolata
Vergine, genitrice di Dio, senza aver sperimentato un qualche contagio con la
natura viziata... Infatti nelle sue membra non ci fu altra legge e anche nessun
volere diverso o contrario al Salvatore, poiché egli nacque al di sopra della
legge della condizione umana... Che il Signore Gesù Cristo, Figlio e Verbo
di Dio "attraverso il quale tutto è stato fatto" (Gv 1,3), sia egli stesso l'uni-
co operatore della divinità e dell'umanità, lo dimostrano chiaramente tutte le
sacre Scritture. Se invece per via delle opere della divinità e dell'umanità si
debba parlare o pensare di una sola o di due attività derivate, non deve essere
per noi importante; lasciamo la questione ai maestri di grammatica, che son
soliti vendere ai bambini i concetti acquisiti mediante derivazione. Noi infatti
124
SERGIO DI COSTANTINOPOLI Lettera a papa Onorio I , in: G . CANOBBIO (ed.), I documenti
dottrinali del Magistero, Queriniana, Brescia 1996,438-439.
125
M . GRONCHI, Trattato su Gesù Cristo Figlio di Dio salvatore, cit., 538.
194 CAPITOLO V I I - T E M P O ORDINARIO
dalle sacre Scritture non abbiamo imparato che il Signore Gesù Cristo e il suo
Santo Spirito (ha) una sola o due attività, ma abbiamo riconosciuto che egli ha
operato in modo multiforme»126.
b) «La professione di un unico thélema ("volere") in Cristo deve essere vista non
tanto come la negazione della sua volontà umana, bensì come la constatazione
che in Cristo non c'è opposizione nel volere tra la sua umanità e la sua divinità,
per cui in pratica si dà un unico volere. Il papa cioè scarta l'ipotesi di un volere
umano del Cristo che sia opposto al volere divino: per questo gli attribuisce
una sola volontà. Ma questa unità è da intendersi come "conformità". Essendo
la natura umana del Figlio di Dio una natura sana, di conseguenza si è avuto in
Cristo un unico volere pratico, risultante dalla convergente concordia delle due
volontà»127.
126
H . DENZINGER, Enchiridion symbolorum, definitìonum et declarationum de rebus fidei et
morum, cit., 487.
127
A . AMATO, Gesù il Signore. Saggio di cristologia, cit., 3 2 9 .
128
ERACLIO, Esposizione della fede, in: K . - O . OHLIG (ed.), Cristologia I . Dagli inizi al pe-
riodo tardo-antico, cit., n. 36.
129
Cfr. B . D E ANGELIS, Massimo il confessore, in: A . D I B E R A R D I N O - G . F E D A L T O - M . SIMONET-
TI (edd.), Letteratura patrìstica, cit., 853-857.
CAPITOLO V I I - T E M P O ORDINARIO 186
«Il Cristo, che è per natura ciascuna delle due (nature) - lo stesso è per natura
Dio e uomo - possiede per natura ciò che è proprio a ciascuna natura: la vo-
lontà e l'operazione divine come la volontà e l'operazione umane, e non una
sola con l'esclusione di due operazioni naturali, né un'altra in più delle due che
esistono per natura, ciò che farebbe tre operazioni e tre volontà»130.
b) Cristo, con la sua volontà divina, che ha in comune con il Padre e con
lo Spirito Santo, e con la sua volontà umana, che gli è propria, mediante la
passione, vuole la salvezza dell'uomo. Tra volontà divina e volontà umana c'è
perfetto accordo.
«Per s. Massimo l'opera della salvezza non proviene solo dalla volontà divina,
ma anche da quella umana del Cristo. Il primo tempo della kénosi e dell'in-
carnazione procede dalla volontà divina, comune alle tre persone divine. Il
secondo tempo dell'obbedienza e della morte procede dalla volontà umana
propria del Figlio. Per cui l'obbedienza al Padre significa l'accordo delle due
volontà in Cristo non tanto tra se stesse e in se stesse, ma in relazione al Padre.
Anche in quanto uomo il Figlio obbedisce al Padre. L'obbedienza umana di
Cristo al Padre non è altro che il risvolto esistenziale umano del suo essere
divino, ontologicamente sempre rivolto al Padre in un sì eterno»131.
«Se qualcuno secondo i santi padri non professa in senso proprio e secondo ve-
rità due volontà coerentemente unite nell'uno e medesimo Cristo, nostro Dio,
una divina e una umana, per il motivo che egli stesso vuole la nostra salvezza
130
MASSIMO IL CONFESSORE, A Dcatholicosper Siciliani constituios: P G 9 1 , col. 1 1 7 C D .
131
Gesù il Signore. Saggio di cristologia, cit., 3 3 3 .
A . AMATO,
132
H . DENZINGER, Enchiridion symbolorum, definitionum et declarationum de rebus fidei et
morum, cit., 500.
CAPITOLOVII-TE
mediante ognuna delle sue due nature in modo naturale, sia condannato»133.
«Se qualcuno secondo i santi padri non professa in senso proprio e secondo
verità due attività, unite senza interruzione, dell'unico e medesimo Cristo Dio
nostro, una divina e una umana, per il motivo che egli stesso mediante am-
bedue le sue nature è l'operatore in modo naturale della nostra salvezza, sia
condannato»134.
«Noi riconosciamo nello stesso Signore nostro Gesù Cristo, nostro vero Dio,
due attività naturali, senza divisioni di sorta, senza mutazioni, separazioni o
confusioni; cioè un'operazione divina e un'operazione umana, secondo quanto
afferma molto chiaramente Leone, l'ispirato da Dio: "Ciascuna natura agisce
in comunione con l'altra secondo ciò che le è proprio; il Verbo opera ciò che
133
Ibidem, 510.
134
Ibidem, 511.
135
Cfr. B . SESBOUÉ, Gesù Cristo nella tradizione della Chiesa, cit., 1 7 0 - 1 8 4 .
136
H . DENZINGER, Enchiridion symbolorum, definitionum et declarationum de rebus fidei et
morum, cit., 556.
CAPITOLO V I I - T E M P O ORDINARIO 197
è proprio del Verbo, il corpo opera ciò che è proprio del corpo"... In questo
modo, noi proclamiamo anche due volontà e attività naturali, che concorrono
insieme alla salvezza del genere umano»137.
7. L'VIII S E C O L O
1. Scrittori ecclesiastici
a) Prima del concilio di Nicea (325), sulla base di testi biblici, quali Es
20,4; Dt 4,15-20; 5,8; Sap 14,12-31 e Ap 13,15, alcuni scrittori ecclesiasti-
ci dichiarano di essere contrari alle icone e al loro culto idolatrico. Così, ad
esempio, Eusebio dì Cesarea (265 - 339), in una lettera a Costanza, sorella
dell'imperatore Costantino, che gli chiede una icona di Cristo. A suo giudizio,
non si può rappresentare né la divinità di Cristo, perché spirituale, né la sua
umanità, perché con la risurrezione essa è stata assorbita nella gloria della
divinità. La vera icona di Cristo è l'Eucaristia. L'umanità di Cristo non deve
attirare la nostra attenzione, perché l'essenziale è il Logos che vi abita.
137
Ibidem, 5 5 7 . 5 5 8 .
138
Sulla cristologia d e l l ' V I I I secolo cfr. A . CONTRI, Gesù Cristo Figlio di Dio e Salvatore.
Saggio di cristologiapatristico-storica e teologico-sistematica, cit., 1 0 0 - 1 0 1 ; G . FEDALTO, Co-
stantinopoli, in: A . D I B E R A R D I N O - G . F E D A L T O - M . SIMONETTI (edd.), Letteratura patrìstica, cit.,
3 3 6 - 3 3 9 ; M . GRONCHI, Trattato su Gesù Cristo Figlio di Dio Salvatore, cit., 5 4 9 - 5 7 3 .
139
J . D . M A N S I (ed.), Sacrorum Concìliorum nova et amplissima collectio (ristampa anasta-
tica, Graz 1 9 6 0 - 1 9 6 2 ) I I , col. 1 1 D .
140
A . AMATO, Gesù il Signore. Saggio di cristologia, cit., 3 4 2 - 3 4 3 .
CAPITOLO V I I - T E M P O ORDINARIO 198
«E dici che noi adoriamo le pietre, le pareti e le tavole di legno. Non è affatto
come tu dici, o imperatore; ma affinché la nostra memoria sia aiutata e la no-
stra fedeltà e la nostra mente inesperta e debole sia guidata ed elevata verso
l'alto mediante coloro che questi nomi e queste invocazioni e queste immagini
riproducono; e non come se fossero dèi; questo è ben lontano da noi! Infatti
non riponiamo la nostra speranza in essi»141.
c) Il 10 febbraio del 754, nel palazzo imperiale di Hieria (città situata tra
Crisopoli e Calcedonia), si tiene un "concilio" convocato da Costantino V e
presieduto da Teodoro di Efeso. Presenti 338 vescovi. Non vi prendono parte
il Papa, i patriarchi orientali e lo stesso patriarca di Costantinopoli, Anastasio,
morto nel gennaio del 754. Il concilio condanna espressamente il culto delle
immagini raffiguranti Cristo, Maria e i santi:
«Noi possiamo inoltre dimostrare il nostro sentimento per mezzo delle sante
Scritture e dei padri. Infatti si legge nella Scrittura: "Iddio è spirito; e quelli che
l'adorano, bisogna che l'adorino in ispirito e verità"; e: "Non ti fare scultura
alcuna né immagine alcuna delle cose che sono lassù nei cieli o quaggiù sulla
terra"; anche Dio ha parlato agli Israeliti dal mezzo del fuoco e dalla cima
141
H . DENZINGER, Enchirìdìon symbolorum, definitìonum et declarationum de rebus fidei et
morum, cit., 581.
CAPITOLO V I I - T E M P O ORDINARIO 199
142
Sacrorum Conciliorum nova et amplissima collectio, cit., X I I I .
J . D . MANSI,
143
Cfr. A. L O U T H , Giovanni Damasceno, in: A. D I B E R A R D I N O - G . F E D A L T O - M . SIMONETTI
(edd.), Letteratura patrìstica, cit., 595-600.
144
GIOVANNI DAMASCENO, De fide orthodoxa, I V , 1 6 .
L I M L Q A P ' I Q L Q Y IT-
aliche noi, che non abbiamo visto il Signore, ne sentiamo parlare e crediamo
e siamo partecipi delle sue benedizioni. Ma siccome non tutti sanno leggere,
oppure hanno il tempo di fare delle letture, i padri pensarono di riprodurre i
fatti più importanti in immagini, come in ricordo sintetico»145.
«È chiaro che, quando tu abbia visto che colui che è incorporeo è diventa-
to uomo a causa tua, allora farai l'immagine della sua forma umana; quando
l'invisibile sia diventato visibile per la carne, allora raffigurerai l'immagine di
lui che è stato visto; quando colui che nella sovrabbondanza della sua natura
è senza corpo e senza figura, incommensurabile ed intemporale, quando colui
che è immenso e sussistente nella forma di Dio, si sia invece ristretto alla
misura e alla grandezza, dopo aver preso la forma di schiavo, e si sia cinto
della figura del corpo, allora riproduci la sua forma su di un quadro, ed esponi
alla vista colui che ha accettato di essere visto. Di lui riproduci l'inesprimibile
condiscendenza, la nascita dalla Vergine, il battesimo nel Giordano, la trasfi-
gurazione sul Tabor, le sofferenze generatrici di immortalità, i miracoli-segni
della sua divina natura che furono compiuti con virtù divina attraverso la virtù
del corpo, la croce salvatrice, la sepoltura, la risurrezione, l'ascesa al cielo.
Tutte queste cose descrivi con la parola e con i colori»146.
«Vi sono alcuni uomini che, incuranti di questo dono, stregati dagli inganni del
nemico, hanno deviato dalla retta ragione e nella loro ribellione alla tradizio-
ne della Chiesa cattolica non hanno più raggiunto la conoscenza della verità.
Come dice il proverbio, sono andati errando per i viottoli del proprio campo
e hanno riempito le loro mani di sterilità perché hanno tentato di screditare le
sacre immagini convenienti al culto di Dio. Essi pretendono di essere sacerdoti
ma non lo sono, come dice il Signore per bocca del profeta: Molti pastori
hanno devastato la mia vigna, hanno calpestato il mio campo. Al seguito di
uomini che ascoltano solo le proprie passioni, hanno accusato la santa Chiesa,
145
Ibidem.
146
IDEM,Oratio I, 8.
CAPITOLO V I I - TEMPO ORDINARIO 192
sposa del Cristo nostro Dio e non hanno distinto tra il sacro e il profano,
mettendo sullo stesso piano le immagini di Dio e dei suoi santi e le statue degli
idoli diabolici»147.
«Per questo il Signore Dio, non potendo più sopportare che i suoi fedeli ve-
nissero contagiati da una tale peste, ha convocato da ogni parte secondo la sua
divina volontà noi vescovi mediante lo zelo fervente e l'invito di Costantino
e di Irene, nostri fedelissimi imperatori, allo scopo di rafforzare con un voto
comune la divina tradizione della Chiesa cattolica. Dopo ricerche e discussioni
approfondite, con l'unico scopo di seguire la verità, noi né togliamo né aggiun-
giamo alcunché, ma conserviamo intatto il patrimonio dottrinale della Chiesa
cattolica, nel solco dei sei santi concili ecumenici, e specialmente di quello
riunito nella splendida sede metropolitana di Nicea e dell'altro celebrato più
tardi nella città imperiale, che Dio protegge»148.
147
G . ALBERIGO et ALII (edd.), Conciliorum Oecumenicorum Decreta, cit., 133.
148
Ibidem, 134.
CAPITOLO V I I - T E M P O ORDINARIO 202
«Se qualcuno non ammette che Cristo, nostro Dio, è limitato secondo l'uma-
nità, sia anatema. Se qualcuno non ammette che i racconti evangelici siano
tradotti in immagini, sia anatema. Se qualcuno non onora queste immagini,
(fatte) nel nome del Signore e dei suoi santi, sia anatema. Se qualcuno rigetta
ogni tradizione ecclesiastica, scritta o non scritta, sia anatema»150.
8. D A L L ' X I A L X I V S E C O L O
«La teologia scolastica copre un lungo arco di tempo che va, grosso modo,
dalla fondazione del sacro romano impero da parte di Carlo Magno (sec. IX)
fino alla riforma protestante (sec. XVI). Essa coincide quasi interamente col
medioevo e di questa lunga epoca storica condivide sia le fortune sia le disgra-
zie. Inizia nell'oscurità del tenebroso medioevo nei secoli IX-X; raggiunge
vertici di altissimo splendore nei secoli XII e XIII e poi va, come il medioevo,
verso la dissoluzione e l'estinzione nei secoli XV e XVI»151.
149
Ibidem, 135-136. 137.
150
Ibidem, 137-138. Il 4 dicembre 1987, Giovanni Paolo II pubblica una lettera apostolica
per il XII centenario del concilio di Nicea II: la Duodecimum saeculum.
151
B. MONDIN, Gesù Cristo salvatore dell'uomo. Cristologia storica e sistematica, cit., 183.
152
Ibidem, 1 8 3 - 1 8 4 . Cfr. M . GRONCHI, Trattato su Gesù Cristo Figlio di Dio Salvatore, cit.,
577-579.
CAPITOLO V I I - T E M P O ORDINARIO 203
Vescovo di Canterbury 154 . Cerca di sostenere la visione della fede con ar-
gomentazioni razionali: "fides quaerens intellectum".
«Peccare non è altro che non dare a Dio quello che gli è dovuto. E qual è il
debito che dobbiamo rendere a Dio? Tutta la volontà della creatura ragionevole
deve essere sottomessa alla volontà di Dio... Questo è il debito che l'angelo e
l'uomo devono a Dio; se lo soddisfano non peccano, altrimenti peccano... Chi
non dà a Dio questo onore dovutogli, gli toglie ciò che è suo e disonora Dio:
e questo è peccare»156.
153
C. PORRO, Gesù il salvatore. Iniziazione alla cristologia, cit., 85.
154
Cfr. A. CONTRI, Gesù Cristo Figlio di Dio e Salvatore. Saggio di cristologia patristico-
storica e teologico-sistematica, cit., 104-105; M. GRONCHI, Trattato su Gesù Cristo Figlio di
Dio Salvatore, cit., 588-598.
155
Ibidem, 589.
156
ANSELMO D ' A O S T A , Cur Deus homo, I, 11, in: K . - O . OHLIG (ed.), Cristologia II. Dal
medioevo ai nostri giorni, Queriniana, Brescia n. 169.
157
Ibidem, II, 14.
CAPITOLO VII - T E M P O ORDINARIO 2(17
d) Ma l'uomo, appunto perché uomo, non può dare a Dio adeguata soddi-
sfazione. L'offesa che gli ha recato, infatti, è infinita. Solo un Dio uomo può
dare a Dio adeguata soddisfazione.
158
Ibidem,1, 11, n. 169.
159
Ibidem.
160
Ibidem.
161
Ibidem.
CAPITOLO V I I - TEMPO ORDINARIO 196
«L'uomo non può sopportare per l'onore di Dio nulla di più doloroso o difficile
che la morte in modo spontaneo e gratuito; e l'uomo non può dare se stesso a
Dio più totalmente che abbassandosi alla morte per la sua gloria»162.
«E così, quando la nostra mente contempla Cristo, Figlio di Dio, che è per
natura l'immagine di Dio invisibile, la nostra umanità tanto mirabilmente esal-
tata, tanto ineffabilmente unita, vedendo riuniti, in una sola persona, il primo
162
Ibidem.
163
B. MONDIN, Gesù Cristo salvatore dell'uomo. Cristologia storica e sistematica, cit., 189.
164
Cfr. M . GRONCHI, Trattato su Gesù Cristo Figlio di Dio Salvatore, cit., 624-631.
165
BONAVENTURA D I BAGNOREGIO, Sermo I V , 20ss.
CAPITOLO V I I - T E M P O ORDINARIO 206
«Il Verbo, dunque, esprime il Padre e le cose che sono state fatte attraverso di
lui, e principalmente ci riconduce all'unità con il Padre. Pertanto egli è il legno
della vita, poiché attraverso questo medio ritorniamo e siamo vivificati nella
fonte della vita... (Cristo) è il medio che permette il conoscere, cioè egli è la
verità ed essa è il legno della vita... Questo è il medio metafisico che riconduce
(a Dio) e questa è tutta la nostra metafisica: l'emanazione, l'esemplarità, la
consumazione, cioè venire illuminati dai raggi spirituali ed essere ricondotti
al sommo»167.
166
IDEM, Itinerarium mentis in Deum, V I , 7 , in: ORLANDO TODISCO, Opere di san Bonaven-
tura. Opuscoli teologici 1, Città Nuova, Roma 1993,563.
167
IDEM, Collazioni sull'Exameron 1, 17, in: P. MARANESI, Opere di san Bonaventura. Ser-
moni teologici 1, Città Nuova, Roma 1994, 57-58.
168
Alla passione Bonaventura dedica pagine intense e forti. Rivolgendosi all'anima fedele,
dice: «Entra interamente per la porta del costato fino al cuore dello stesso Gesù; lì trasformata
in Cristo da amore ardentissimo verso il Crocifisso, confitta dai chiodi del timore divino, trafitta
dalla lancia di una cordialissima devozione, trapassata dalla spada di intima compassione, non
cercare altro, non domandare nessun'altra consolazione, se non di morire in croce con Cristo.
Ora esclama con le parole di Paolo apostolo: Sono stato crocifisso con Cristo; non sono più io
che vivo, ma Cristo vive in me» (IDEM, La vita perfetta V I , 2, in: A . CALUFETTI, Opere di san
Bonaventura. Opuscoli spirituali, Città Nuova, Roma 1992,359).
169
IDEM, Commento alle Sentenze d. 19, a. 1, q. 1. «Bonaventura focalizza la propria at-
tenzione sull'immagine del Cristo crocifisso, limitandosi ad attribuire un valore esemplare alla
CAPITOLO V I I - T E M P O ORDINARIO 2(17
c) Cristo è il centro.
«Alcuni dicono che il Figlio di Dio si sarebbe incarnato, anche se l'uomo non
avesse peccato. Altri invece affermano il contrario. Quest'ultima opinione pare
che sia da preferirsi. Le cose infatti che dipendono dalla sola volontà di Dio, al
di sopra di tutto ciò che è dovuto alle creature, non possono esserci note se non
attraverso la Sacra Scrittura, nella quale la volontà divina viene manifestata.
Perciò, siccome nella Sacra Scrittura il motivo dell'incarnazione viene sempre
desunto dal peccato del primo uomo, è meglio dire che l'opera dell'incarna-
zione è stata disposta da Dio a rimedio del peccato, di modo che, non esistendo
il peccato, non ci sarebbe stata l'incarnazione. La potenza di Dio però non è
coartata entro questi termini: Dio infatti avrebbe potuto incarnarsi, anche se
non ci fosse stato il peccato»174.
b) Il come dell'incarnazione,
«i rapporti cioè tra il Verbum e il caro, ossia tra la seconda persona della Trinità
e l'umanità assunta dal seno della vergine Maria. Fedele alla definizione calce-
donese Tommaso spiega i rapporti con i termini dell'unica persona, quella del
Verbo, e le due nature integre ed inconfuse, e tuttavia sostanzialmente unite, la
natura divina e la natura umana»175.
«Cristo come un tutto sintetico e indiviso, poi passa all'analisi delle diverse
componenti (qq. 3-15). Da questo punto di vista si può parlare di una obiettiva
vicinanza del discorso dell'Aquinate a prospettive di tipo alessandrino nella
lettura globale del Verbo incarnato: l'accento è messo sull'unità del Logos dive-
nuto carne, sul profondo legame esistente tra le diverse dimensioni del mistero
del Figlio di Dio fatto uomo. L'osservazione è confermata da quella concezione
tipicamente tomista, che vede l'umanità di Cristo come "instrumentum" (orga-
non) della divinità: il Verbo di Dio opera onnipotentemente ed efficacemente la
nostra salvezza mediante V instrumentum coniunctum costituito dalla dimensio-
ne umana dell'uomo Gesù, dalla realtà della sua natura umana»176.
174
Summa theologiae, I I I , q. L,a.3.
TOMMASO D ' A Q U I N O ,
175
B. MONDIN, Gesù Cristo salvatore dell'uomo. Cristologia sistematica e storica, cit., 198.
176
M. SERENTHÀ, Gesù Cristo Ieri Oggi e sempre. Saggio di cristologia, cit., 272.
CAPITOLO V I I - T E M P O ORDINARIO 209
180
B . MONDIN, Gesù Cristo salvatore dell'uomo. Cristologia storica e sistematica, cit.,
199-200. Cfr. TOMMASO D ' A Q U I N O , Summa theologiae, I I I , q. 7 , aa. 9 - 1 2 .
181
Ibidem, III, q. 46, a. 12.
182
Ibidem, III, q. 46, 1 ad 3
CAPITOLO.VII - T E M P O ORDINARIO 211
i) «La passione... è il momento salvifico per eccellenza, in cui Cristo, per amore
verso il Padre e verso di noi, ci redime. In realtà, diversamente da quanto pen-
seremmo, la morte - intesa come il momento del passaggio all'altra riva - e
la risurrezione nella IIF Pars non occupano un posto così centrale, e questo
perché, secondo Tommaso, non sono causa meritoria della salvezza»184.
«Duns Scoto non esita a sostenere che Cristo si sarebbe incarnato anche se
Adamo non avesse peccato. Il suo ragionamento... assume radicalmente la
prospettiva della libertà divina rispetto ad ogni condizione posta dall'esterno.
In contrapposizione alla tesi del "sacrificio infinito" di Cristo, necessario se-
condo Anselmo di Canterbury, come pure al motivo primario dell'incarnazione
183
Ibidem, III, q. 46,3.
184
C. PORRO, Gesù il Salvatore. Iniziazione alla cristologia, cit., 91-92. Tommaso dedica la
q. 56, a. 1-2 alla risurrezione di Cristo e la presenta come causa efficiente ed esemplare della
risurrezione e della glorificazione di ogni uomo.
185
Cfr. A. CONTRI, Gesù Cristo Figlio di Dio e Salvatore. Saggio di cristologia patristico-
storica e teologico-sistematica, cit., 1 0 8 - 1 0 9 ; M . GRONCHI, Trattato su Gesù Cristo Figlio di Dio
Salvatore, cit., 6 3 7 - 6 4 2 ; BENEDETTO X V I , Lettera apostolica al Congresso Internazionale di Co-
lonia in occasione del VII centenario della morte del beato Giovanni Duns Scoto, 2 8 . 1 0 . 2 0 0 8 .
di Bonaventura e di Tommaso circa la riparazione del peccato, Giovanni Duns
Scoto pensa alla creazione di Dio in Cristo, nel cui progetto originario affonda
l'eterna ed incondizionata predestinazione del Figlio a farsi uomo. Solo la sof-
ferenza della passione e della morte di Cristo sono conseguenza del peccato,
non la sua venuta nella carne. La ragione è soltanto una: l'amore libero ed
assoluto di Dio - anzitutto per se stesso, e dunque capace di orientare a sé tutte
le cose - , che non lega la sua somma opera a qualcosa di esterno a sé, come il
peccato dell'umanità. Infatti, scrive Scoto: "Se il peccato fosse la causa della
predestinazione di Cristo, si dovrebbe concludere che la più grande opera sa-
rebbe dipesa da un'occasione contingente"»186.
b) «L'essere di Cristo Verbo incarnato non dipende dal peccato del mondo e nep-
pure dalla perfezione dell'umanità in quanto creazione di Dio. Scoto arriva a
dire che Gesù Cristo come opera di Dio "ad extra" ci sarebbe stato anche se
non fosse stata chiamata all'esistenza alcuna creatura. Nel suo pensiero tutto
ruota intorno al "Primo" e al "Perno", per il quale e nel quale nel disegno di
Dio tutto il resto esiste, è redento, e ha un motivo di speranza eterna»187.
9. D A L X V A L X I X S E C O L O
186
M. GRONCHI,Trattato su Gesù Cristo Figlio di Dio Salvatore, cit., 638.
187
G . IAMMARRONE, Gesù di Nazaret messìa del regno e Figlio di Dio. Lineamenti di cristo-
logia, Messaggero, Padova 1 9 9 5 , 1 9 6 .
188
B . MONDIN, Gesù Cristo salvatore dell'uomo. Cristologia storica e sistematica, cit., 2 2 4 .
189
Cfr. A. CONTRI, Gesù Cristo Figlio di Dio e Salvatore. Saggio di cristologiapatristico-
storica e teologico-sistematica, cit., 1 1 0 - 1 1 2 ; M . GRONCHI, Trattato su Gesù Cristo Figlio di
Dio Salvatore, cit., 674-686.
190
Ibidem, 61 A.
CAPITOLO V I 1 - TEMPO ORDINARIO 2 ì 3.
«Io credo che Gesù Cristo il vero Figlio di Dio è diventato mio Signore. Ma
cosa significa diventare un Signore? Significa che egli mi ha redento dal pec-
cato, dal demonio, dalla morte e da ogni sventura. Poiché prima io non ho avu-
to alcun signore né alcun re ma sono stato prigioniero della forza del demonio,
condannato alla morte, irretito nel peccato e nella cecità... Venne il demonio e
ci portò alla disobbedienza, al peccato, alla morte e a ogni infelicità cosicché
noi giacevamo nella sua ira e disgrazia condannati alla dannazione eterna come
avevamo meritato. Non c'era nessun rimedio, nessun aiuto né consolazione
fino a che quest'unico ed eterno Figlio di Dio si impietosì a motivo della sua
insondabile bontà del nostro lamento e della nostra miseria e venne dal cielo
in nostro aiuto. Quindi ora quei tiranni e aguzzini sono stati cacciati e al loro
posto è subentrato Gesù Cristo, un Signore della vita, della giustizia, di ogni
bene e felicità e ha strappato, vinto, liberato noi poveri uomini perduti dalla
lucida vendetta e ci ha riportati nella misericordia e nella grazia del Padre e
ci ha presi come sua proprietà sotto la sua protezione cosicché egli ci governa
attraverso la sua giustizia, sapienza, forza, vita e sangue. Questa sia dunque la
summa di questo articolo che la parolina Signore semplicissimamente signifi-
chi tanto quanto un redentore il quale cioè ci ha portato dal diavolo a Dio, dalla
morte alla vita, dal peccato alla giustizia e ci mantiene in essa. Le parti che
succedono una dopo l'altra in questo articolo non fanno altro che chiarire tale
redenzione e esprimere come e in che modo essa è avvenuta, cioè che cosa gli è
costata e quanto ha impiegato e che cosa ha osato per conquistarci, trasportarci,
nella sua signoria. E cioè che egli è diventato uomo dallo Spirito Santo e dalla
Vergine, concepito senza alcun peccato e generato affinché operasse per me la
soddisfazione e pagasse il debito che io avevo contratto non con argento o oro
ma con il suo proprio sangue prezioso. E tutto ciò affinché egli divenisse mio
Signore. Poiché egli non ha fatto nulla né ha avuto bisogno di nulla per sé»192.
b) «Tu devi credere che il Cristo con tutti i suoi beni, la sua giustizia, pietà, san-
tità, ecc., è tuo. E devi ritenerlo come colui che ha preso su di sé i tuoi peccati
191
Cfr. J. MOLTMANN, Il Dio crocifisso, Queriniana, Brescia 1973, 229-322; M. F L I C K - Z .
ALSZEGHY, Il mistero della croce, cit., 158-162.
192
M . LUTERO, Il Grande Catechismo, in: K . - O . OHLIG (ed.), Cristologia I I . Dal medioevo
ai nostri giorni, cit., n. 194.
|4 CAPI J O L O V ! ! - T E M PO ORDINARIO
c) Lutero confessa la sua fede nella certezza della salvezza a motivo della
soddisfazione realizzata sulla croce.
«Così ora abbiamo detto a sufficienza che le nostre opere non sono nulla per
Dio, e poiché non siamo capaci di adempiere nemmeno il più piccolo coman-
damento in un'azione, tanto meno possiamo soddisfare alla sua giustizia, così
da diventare degni della sua grazia. Inoltre, anche se noi fossimo già così forti
da sostenere tutti i suoi oltraggi e di soddisfare in ogni modo la sua giustizia,
non saremmo ancora perciò degni della sua grazia e santità, ed egli non sa-
rebbe obbligato a darcele, ma potrebbe esigere tutto ciò come servizio dovuto
da parte della sua creatura, che è obbligata a servirlo. Ma ciò che egli dà in
sovrappiù è pura grazia e misericordia... Perciò Dio ci ha dato anzitutto un
uomo che per noi tutti soddisfa la giustizia divina in tutto... Nel suo sangue ha
operato la soddisfazione della nostra persona e per noi è diventato un trono di
grazia, presso il quale noi riceviamo entrambe, perdono e grazia, senza prezzo
né fatica da parte nostra, ma non senza prezzo e fatica da parte di Cristo. Perciò
dobbiamo rifugiarci sotto queste ali di chioccia e non scappar via nell'arro-
ganza della propria fede, altrimenti il nibbio ci divorerà in un baleno. Non
è possibile che la nostra beatitudine si fondi sulla nostra giustizia ma, come
spesso ho detto, sulla giustizia propria di Cristo che si stende su di noi come
una tenda e come delle ali. Poiché la nostra fede e tutto ciò che noi possiamo
avere da Dio non è sufficiente, anzi è depravato, mettiti dunque sotto le ali di
questa chioccia e credi fermamente che non noi ma Cristo può soddisfare e ha
soddisfatto per noi la giustizia di Dio, e non a motivo della nostra fede ma a
motivo di Cristo ci viene data la grazia e la beatitudine, cosicché si riconosca in
ogni luogo che ogni grazia di Dio ci è promessa, conquistata e donata in Cristo
e per mezzo di Cristo»194.
193
IDEM, Prediche su Giovanni, n. 25, in: Ibidem, cit., n. 199.
194
IDEM, Sull'epistola della prima messa di Natale, Tit 3,4-7, in: Ibidem, n. 195.
CAPITOLO V I I - T E M P O ORDINARIO 215
«Questo Cristo, quindi, Figlio di Dio e figlio della Vergine Maria, è una sola
persona, la quale assunse su di sé i nostri peccati, attirò su di sé l'ira di Dio
causata dai nostri peccati, intercedette presso il Padre suo, e per mezzo del qua-
le il Padre ci perdona i peccati e ci dona la vita eterna. Presso di lui poniamo
dunque il nostro rifugio»196.
195
IDEM, Lettera a Giorgio Spenlein, in: Ibidem, n. 200.
196
IDEM, Enarratio LUI capitis Isaiae, in: Ibidem, n. 203.
197
B. M O N D I N , Gesù Cristo salvatore dell'uomo. Cristologia storica e sistematica, cit., 218-
219.
198
M. GRONCHI, Trattato su Gesù Cristo Figlio di Dio Salvatore, cit., 689.
199
Cfr. Ibidem, 689-692.
21 <1 CAPITOLO V I I - T E M P O ORDINARIO
«Chiamiamo predestinazione l'eterno decreto di Dio, per mezzo del quale egli
ha in se stesso deciso ciò che vuole che accada per ogni uomo. Cioè non tutti
vengono creati nelle stesse condizioni, ma uno viene predestinato per la vita
eterna, un altro per la dannazione eterna... Noi affermiamo ciò che la Scrittura
mostra chiaramente: nella sua eterna e immutabile decisione Dio ha stabilito
una volta per sempre chi egli vuole destinare ad essere accolto nella salvezza
e chi, invece, alla perdizione. Questa decisione riguardante gli eletti - sot-
tolineiamo noi - è fondata sulla misericordia accordata gratuitamente, senza
riguardo al fatto che l'uomo ne sia degno; coloro, invece, che egli destina alla
dannazione, a costoro è interdetto l'accesso alla vita attraverso - diciamo così
- il suo giudizio, certamente giusto e integro, ma incomprensibile»200.
«Da dove può dunque provenire la grazia se non dal fatto che Dio guarda noi e
le nostre opere per riguardo a Cristo? In questo modo anche noi stessi, quando
siamo stati innestati in Cristo, sembriamo come giusti davanti a Dio per il fatto
che per mezzo della sua (di Cristo) innocenza i nostri peccati vengono rico-
perti; così anche le nostre opere sono giuste e vengono ritenute (come giuste),
poiché, attraverso la purezza di Cristo, ciò che in esse è sbagliato viene coperto
e non viene imputato. Perciò possiamo a ragione affermare: non solo noi, ma
anche le nostre opere vengono giustificate attraverso la sola fede (sola fide non
tantum nos sed opera etìam nostra iustificari)»201.
200
G. CALVINO, Instìtutiones religionìs christianae, III, 21, 5. 7, in: K . - O . OHLIG (ed.), Cri-
stologia II. Dal medioevo ai nostri giorni, cit., n. 206, 683.686.
201
Ibidem, III, 17,10, in: Ibidem, n. 207,597.
202
M. GRONCHI, Trattato su Gesù Cristo Figlio di Dio Salvatore, cit., 690.
CAPITOLO V I I - T E M P O
Mediante questo titolo siamo avvertiti che se il Padre non si presenta a noi per
mezzo del Figlio, egli non può essere conosciuto in modo salutare»203.
«Colui che era Figlio di Dio è diventato figlio dell'uomo, non mediante con-
fusione di sostanza ma mediante l'unità della natura; vale a dire ha unito la
sua divinità con l'umanità che ha assunto, in tal modo che ciascuna natura ha
conservato le sue proprietà. E tuttavia Gesù Cristo non ha due persone distinte
ma una sola»206.
«Nella sua morte abbiamo il compimento perfetto della salvezza, perché attra-
verso di essa noi veniamo riconciliati con Dio, viene soddisfatto il suo giusto
giudizio, rimossa la maledizione e la pena viene completamente espiata. Tutta-
via, di noi si dice che "siamo stati generati... per una viva speranza" (lPt 1,3).
Infatti, come lui, risorgendo, uscì vittorioso dalla morte, così la vittoria della
nostra fede sulla morte sta soltanto nella sua risurrezione»207.
203
G . CALVINO, Institutiones religionis christianae, II, 6 , 4 .
204
Ibidem, II, 12,4.
205
Ibidem.
206
Ibidem, II, 14, 1.
207
Ibidem, I I , 1 6 , 1 3 .
CAPITOLO VII - T E M P O ORDINARIO 2(17
«Io confesso che noi rendiamo superfluo un simile bene incomparabile (l'eter-
na giustizia di Dio), finché Cristo non diviene nostro (donec Chrìstus noster
fiat). Questa unione, dunque, del capo e delle membra, l'inabitazione di Cristo
nei nostri cuori, l'unione mistica (mystica unìo), infine, viene da noi collocata
al più alto livello, affinché Cristo, quando è divenuto nostro, ci faccia partecipi
dei doni con i quali egli è stato ricolmato. Pertanto noi, affinché la sua giustizia
ci venga imputata, non guardiamo verso di lui come fuori di noi e da lontano;
bensì, poiché ci siamo rivestiti di lui, siamo anche innestati nel suo corpo ed
egli, infine, ci ha resi degni di diventare una cosa sola con lui; perciò ci gloria-
mo di partecipare insieme alla sua giustizia»208.
3. Il concilio di Trento
Per contrastare la "rivoluzione" dei riformatori, Paolo III, nel 1544, con la
bolla Laetare Jerusalem, convoca un concilio che viene solennemente aperto a
Trento il 13 dicembre 1545. Lo conclude Pio IV il 4 dicembre 1563. Nell'am-
bito della nostra riflessione, particolare attenzione merita il Decreto sulla giu-
stificazione, emanato dal concilio nella VI sessione il 13 gennaio 1547209.
b) «Ma benché egli "sia morto per tutti" (2Cor 5,15), tuttavia non tutti ricevono il
beneficio della sua morte, ma solo quelli cui viene comunicato il merito della
sua passione. Come infatti gli uomini, in realtà, se non nascessero dalla discen-
208
Ibidem, III, 11, 10, in: K . - H . OHLIG (ed.), Cristologia II. Dal medioevo ai nostri giorni,
cit., n. 209.
209
Cfr. M . GRONCHI, Trattato su Gesù Cristo Figlio di Dio Salvatore, cit., 6 9 2 - 6 9 6 .
210
H . DENZINGER, Enchiridion symbolorum, definitionum et declarationum de rebus fidei et
morum, cit., 1522.
CAPITOLO V I I - T E M P O ORDINARIO 219
denza del seme di Adamo, non nascerebbero ingiusti, proprio perché a causa
di questa discendenza, al momento di essere concepiti, contraggono da lui la
propria ingiustizia: così se essi non rinascessero nel Cristo, non potrebbero mai
essere giustificati (cann. 2 e 10), proprio perché con quella rinascita viene ac-
cordata loro, per il merito della sua passione, la grazia che li rende giusti»211.
c) «La giustificazione del peccatore è il passaggio dallo stato in cui l'uomo nasce
figlio del primo Adamo, allo stato di grazia e "di adozione dei figli di Dio" (Rm
8,15), per mezzo del secondo Adamo, Gesù Cristo, nostro Salvatore»212.
d) «Il concilio dichiara che negli adulti l'inizio della stessa giustificazione deve
prendere le mosse dalla grazia preveniente di Dio (can. 3), per mezzo di Gesù
Cristo, cioè della sua chiamata, che essi ricevono senza alcun merito da parte
loro, di modo che quelli che si erano allontanati da Dio a causa dei peccati, si
dispongano per la sua grazia, che sollecita e aiuta, a volgersi alla propria giu-
stificazione, liberamente consentendo e cooperando alla stessa grazia (cann. 4
e 5). Così Dio tocca il cuore dell'uomo con l'illuminazione dello Spirito Santo,
in modo tale che né l'uomo stesso resterà assolutamente inerte subendo questa
ispirazione, che certo può anche respingere, né senza la grazia divina, con la
libera volontà (can. 3), potrà prepararsi alla giustizia dinanzi a Dio»213.
e) La giustificazione...
«non è una semplice remissione dei peccati (can. 11), ma anche santificazio-
ne e rinnovamento dell'uomo interiore, mediante la libera accettazione della
grazia e dei doni che l'accompagnano, per cui da ingiusto diviene giusto e da
nemico amico, così da essere "erede secondo la speranza della vita eterna" (Tt
3,7). Cause di questa giustificazione sono: causa finale, la gloria di Dio e del
Cristo e la vita eterna; causa efficiente la misericordia di Dio, che gratuitamen-
te ci purifica e ci santifica (cf. ICor 6,11)...; causa meritoria è il suo dilettis-
simo unigenito e Signore nostro Gesù Cristo, il quale, pur "essendo noi suoi
nemici" (Km 5,10), "per il grande amore con il quale ci ha amati" (£/2,4),ci ha
meritato la giustificazione con la sua santissima passione sul legno della croce
(can. 10) e ha soddisfatto per noi Dio Padre; .. .Infine unica causa formale è la
giustizia di Dio, non certo quella per cui egli stesso è giusto, ma quella per cui
ci rende giusti (cann. 10 e 11); infatti, ricolmi del suo dono, veniamo rinnovati
nello spirito della nostra mente (cf £/'4,23), e non solo veniamo considerati
giusti, ma siamo chiamati tali e lo siamo realmente (cf IGv 3,1), ricevendo in
noi ciascuno la propria giustizia, nella misura in cui lo Spirito Santo la distri-
buisce ai singoli come vuole (cf. ICor 12,11) e secondo la disposizione e la
cooperazione propria di ciascuno. Quantunque nessuno possa essere giusto, se
2,1
Ibidem, 1523.
212
Ibidem, 1524.
213
Ibidem, 1525.
2211 , CAPITOLO V I I - T E M P O ORDINARIO
non per la comunicazione dei meriti della passione del Signore nostro Gesù
Cristo, tuttavia la giustificazione del peccatore si produce quando, per merito
della stessa santissima passione, l'amore di Dio viene diffuso mediante lo Spi-
rito Santo nei cuori (cf. Rm 5,5) di coloro che sono giustificati e inerisce loro
(can. 11). Ne consegue che nella stessa giustificazione l'uomo, insieme alla
remissione dei peccati, riceve per mezzo di Gesù Cristo nel quale è innestato,
tutti questi doni infusi: fede, speranza e carità»214.
«Con la sua netta separazione delle due sfere della fede e della ragione, la Ri-
forma trasferisce a quest'ultima tutto ciò che riguarda la scienza, la filosofia,
la politica, l'economia, il diritto, la morale, la cultura. Tutte le attività umane,
speculative e pratiche, acquistano la loro autonomia: l'uomo diviene "adulto",
"maturo". Senonché la ragione, respinta dalla fede, ben presto finisce per ripaga-
re la fede con la stessa moneta, escludendola da tutto l'ambito del secolare. Ciò
avviene già nel secolo XVIII, nell'epoca dell'illuminismo. Allora alcuni teolo-
gi, ossequienti al principio della secolarizzazione, nello studio del cristianesimo
sostituiscono il criterio luterano e calvinista della sola fides con quello della sola
ratio. Anche alla figura di Cristo ci si accosta lasciando cadere la luce della fede,
per affidarsi esclusivamente alla luce della ragione. I risultati di questa opera-
zione saranno catastrofici: la cristologia si trasformerà ben presto in gesuologia.
Dalla confessione del Cristo Figlio del Dio vivente si passerà ad un'indagine
meramente razionale intorno alla figura storica di Gesù di Nazaret»215.
214
Ibidem, 1528-1530.
213
B . MONDIN, Gesù Cristo salvatore dell'uomo. Cristologia storica e sistematica, cit., 224-225.
216
Ibidem, 225.
CAPITOLO V I I - TEMPO ORDINARIO 221
«considera 1' incarnazione un fatto storico tutt'altro che unico perché se Dio
può divenire uomo nel tempo, ciò è possibile perché egli è uomo da tutta l'eter-
nità e il Cristo storico rappresenta in tal senso la presa di coscienza da parte
dell'umanità dell'unità immanente ed eterna di natura divina e natura umana.
Il merito di Cristo è di aver rivelato e intuito questa verità eterna»217.
«Anzi egli ritiene "inconfutabile" che Gesù sia stato convinto di essere il Mes-
sia e che abbia pure manifestato un simile convincimento. Egli distingue però
fra nucleo storico e interpretazione mitica che ad esso si ricollega, fra il Cristo
della fede e il Gesù della storia. Per Strauss questa distinzione coincide con
quella tra "il Cristo storico e il prototipo ideale, cioè presente nella ragione
umana, dell'uomo, come questi deve essere". Ciò però significa che "la reli-
gione di Cristo continua nella religione dell'umanità", mentre all'interrogativo
"siamo ancora cristiani?", si deve onestamente rispondere negativamente»218.
10. I L X X S E C O L O
217
F . FRANCO, Ferdinand Christian Baur, in: L . P A C O M I O - G . OCCHIPINTI (edd.), Lexicon.
Dizionario dei teologi. Dal primo secolo ad oggi, Piemme, Casale Monferrato 1998, 168.
218
W . KASPER, Gesù il Cristo, cit., 32.
219
B. MONDIN, Gesù Cristo salvatore dell'uomo. Cristologia storica e sistematica, cit., 229.
C A P I T O L O V I | - T E M P O ORDINARIO
1. E. Bloch (1885-1977)
Ebreo, marxista, ateo. Uno dei pochi pensatori marxisti che si è occupato
del problema della religione per tutta la vita. Ispiratore della cosiddetta "Teo-
logia della speranza" 229 . Quale Gesù appare dalle pagine del Nuovo Testamen-
to? Questa la domanda.
220
«Nel XX secolo è stato soprattutto K. Rahner a esigere la riassunzione di una cristologia
concreta nel trattato cristologico diventato sempre più astratto; insieme a tanti altri, egli pro-
poneva l'inserzione dei mysteria Chrìsti, un locus theologicus della sistematica teologica dei
primi tempi» (D. HERCSIK, Il Signore Gesù. Saggio di cristologia e soteriologia, cit., 124).
221
CFR. R . LACHENSCHMID, Cristologia e soteriologia, in: E . VANDER G U C H T - H . VORGRIMLER
(edd.), Bilancio della teologia del XX secolo, voi. Ili, Città Nuova Editrice, Roma 1972, 89-
123.
222
Sulle cristologie contemporanee cfr. J. G A L O T , Alla ricerca di una nuova cristologia,
Cittadella Editrice, Assisi 1 9 7 1 ; C. PORRO, Cristologia in crisi?, cit.; A. S C H I L S O N - W . K A S P E R ,
Cristologie oggi. Analisi critica di nuove teologie, cit.; B. M O N D I N , Le cristologie moderne,
Edizioni Paoline, Alba 1 9 7 9 ; B. FORTE, Cristologie del Novecento, Queriniana, Brescia 1 9 8 3 .
223
Cfr. I . F E T S C H E R - M . MACHOVEC (edd.), Marxisti di fronte a Gesù, Queriniana, Brescia
1 9 7 6 ; J . M I L I C LOCHMAN, Cristo o Prometeo?, Cittadella Editrice, Assisi 1 9 7 5 .
224
K . KAUTSKY, L'origine del cristianesimo, La Nuova Sinistra, Roma 1970. La prima edi-
zione è del 1908.
225
V . GARDAVSKY, Dio non è morto del tutto, 1 9 6 8 .
226
E. B L O C H , Ateismo nel cristianesimo. Chi vede me, vede il Padre, Feltrinelli, Milano
1976.
227
M . MACHOVEC, Gesù per gli atei, cit.
228
F. B E L O , Una lettura polìtica del Vangelo, Claudiana, Torino 1975.
229
La sua opera principale è Das Prinzip hojfnung (Il Principio Speranza), edito per la
prima volta nel 1954 a Berlino Est, poi nel 1959 a Francoforte.
CAPITOLO V I I - TEMPO ORDINARIO 214
«Vi sono agnelli nati che si fanno piccoli piccoli spesso e volentieri. Ciò è
insito nella loro specie e Gesù non ha predicato per essi con violenza, come
si dice nella Scrittura. Tanto meno egli ci compare di fronte in un aspetto così
mitigato, come intende la brava gente, meno che mai come i lupi lo hanno
adattato ad uso delle pecore, affinché esse possano conservare doppiamente la
loro natura. Il loro ben noto pastore viene presentato così succube, così illimi-
tatamente paziente, come se egli non fosse null'altro che questo»230.
b) Gesù è diverso. Diverso nella vita: non è privo, infatti, di passioni; co-
nosce la lotta; si schiera dalla parte dei poveri e dei sofferenti; prende la frusta
contro i cambiavaluta che nel tempio fanno affari d'oro; si rivolge contro co-
loro che detengono il potere. E i potenti complottano contro di lui. Sacerdoti
giudei e politici romani si mettono d'accordo per potersi liberare di lui231.
c) Gesù è diverso non solo nella vita, ma anche nel messaggio. Messaggio
che ha la sua sintesi nel discorso della montagna e che ha precise connotazioni
socio-politiche. I ciechi, infatti, riacquistano la vista, gli zoppi camminano, i
lebbrosi sono mondati, i sordi sentono, i morti risorgono, ai poveri viene an-
nunciata la buona novella. Gesù, quindi, non può essere pensato e presentato
né come mite agnello,
230
E. B L O C H , Ateismo nel Cristianesimo, cit., 166.
231
Cfr .Ibidem, 167-178.
232
Ibidem, 177-178.
233
G . GIACHI, Gesù e gli atei. Credenti e non credenti di fronte al Vangelo, Queriniana,
Brescia 1979,41-42.
CAPITOLO V I I - T E M P O ORDINARIO 224
accogliendo la proposta del serpente: «sarete come Dio» (Gn 3,5). Caino «si
ribella perché Dio gradisce solo i sacrifici sanguinosi di Abele e non i suoi
frutti (cf Gn 4,44)» 234 . La torre di Babele rappresenta la sfida dell'uomo al
Dio tirannico e trascendente (Gn 11,4). Mosè leva il serpente di bronzo nel
deserto di Edom come emblema di rivolta 235 . Giobbe, poi, è il vero Prometeo
ebraico, colui che dice: «Se Dio esiste, perché il male? ». I profeti denunciano
e combattono le ingiustizie. Gesù è il ribelle per amore, il figlio dell'uomo,
il vero serpente innalzato per la salvezza, il Prometeo redivivo, il simbolo
dell'umanità emancipata, colui che realizza in sé il «sarete come Dio», colui
che alimenta i «misteri del desiderio»: la risurrezione, l'ascensione e il ritorno
escatologico 236 . Gesù è l'uomo che diviene Dio, il vero Dio che si ribella a
quello falso, contestandolo e mettendosi al suo posto.
Filosofo ceco. Negli anni '60 insieme ad Erich Fromm ed Ernst Bloch ha
avviato intenso dialogo tra cristiani e marxisti.
«Il risultato di quegli incontri non è qualcosa che possiamo consegnare, come
un prodotto compiuto, passato, che non ci tocca più: con i primi discepoli di
Gesù, potremmo dire anche noi: "Non era ardente il nostro cuore, mentre egli
ci parlava per via?" (Le 24,32)»238.
234
Ibidem, 42.
235
Cfr. E. BLOCH, Ateismo nel Cristianesimo, cit., 2 2 0 - 2 2 6 .
236
Cfr. Ibidem, 2 1 6 - 2 2 0 .
231
G . GIACHI, Gesù e gli atei. Credenti e non credenti di fronte al Vangelo, cit., 46.
238
M . MACHOVEC, Gesù per gli atei, cit., 57.
C A P I T O L O . V I I-TEMPOORDINARIO 225
«Il futuro non è qualcosa che "viene", che arriva da lontano, dal di fuori, indi-
pendentemente da noi, un po' come un cambiamento atmosferico; il futuro è un
affare nostro, in ogni istante il futuro è una esigenza del presente, una sfida alle
capacità umane, che dobbiamo mobilitare al massimo in ogni istante»239.
«il bambino come esempio e modello: ecco qualcosa di veramente nuovo nei
confronti della storia delle religioni e anche della storia della cultura. Prima di
Gesù nessuno aveva parlato dell'infanzia come di un valore umano, nessuno
aveva posto l'infanzia come esempio dell'umanità»242.
239
Ibidem, 96.
240
Ibidem, 96-97.
241
dr. Ibidem, 104-108.
242
Ibidem, 108.
243
Ibidem, 117.
- TEMPO_ORD]NARig
«Il contrasto fra Gesù e i combattenti della resistenza - come anche fra Gesù e
la maggior parte dei giudici del suo tempo - non verteva sul dovere o meno di
resistere al male: questo dovere era riconosciuto da tutti senza distinzione. La
divergenza verteva sulla "maniera" più opportuna di combattere il male»244.
c) Messia o no Gesù?
244
Ibidem.
245
Ibidem, 124.
246
Ibidem, 137.
247
Cfr. Ibidem, 158.
248
Cfr. Ibidem, 138-140.
249
Ibidem, 159.
250
Ibidem, 160.
251
Ibidem, 173.
tha senza parusia e senza lieto fine; fu il primo a interpretare la crocifissione
di Gesù»252. Si deve a Pietro, al suo prestigio, alla sua convinzione, la presa
di coscienza del tutto soggettiva e la diffusione dell'idea della risurrezione di
Gesù253. Chi, poi, crea il messaggio cristiano per il mondo ellenistico è Paolo.
A Paolo non interessa soprattutto Gesù di Nazaret, «ma il Cristo, fondamento
della fede, redentore, annunciatore, il Cristo oggetto della fede e modello del
comportamento morale del credente» 254 .
3. F. Belo (1933-)
a) «La nota dominante del Vangelo di Marco, come anche degli altri vangeli,
a mio avviso, appartiene più alla sfera che noi oggi chiamiamo politica che
a quella che riconosciamo come religiosa. Uno dei paradossi da mettere in
risalto è che il vangelo è un racconto fondamentalmente politico, anche se è
stato letto ed interpretato per molti secoli come un racconto fondamentalmente
religioso»255.
«I Vangeli e gli altri testi del Nuovo Testamento furono scritti in un conte-
sto di classi oppresse... Useremo quindi un'analisi di tipo marxista, o meglio
un'analisi fatta con i parametri del materialismo storico, il quale fornisce un
sistema di concetti che permettono di analizzare le società classiste esistite nel
corso della storia in termini di opposizione di interessi e di lotta tra le classi. Il
nostro presupposto è che un'analisi materialista dei vangeli ci farà scoprire in
questi testi elementi che non sono stati messi in chiaro, e che la visione del cri-
stianesimo che ne risulterà potrà essere molto diversa da quella corrente»256.
252
Ibidem, 176-177.
253
Cfr. Ibidem, 178.
254
Ibidem, 188.
255
F. B E L O , Una lettura politica del Vangelo, cit., 40.
256
Ibidem, 38-39.
21 <1 CAPITOLO V I I - T E M P O ORDINARIO
«Una delle mie tesi, che qui presento come novità, consiste proprio nell'affer-
mare che il vangelo ha il valore di un racconto offerto, tra gli altri, alla nostra
lettura (e non come una rivelazione fatta una volta per sempre); che il racconto
di Gesù, secondo Marco, ha proprio questa funzione, ossia che Gesù si trova
nella nostra stessa condizione di ignoranza di fronte all'intreccio delle prassi
che affronta; e, infine, che la chiave di lettura che egli propone tiene conto
della posizione di classe dei suoi ascoltatori»258.
c) Più che cercare il potere, come gli zeloti, Gesù cerca la trasformazione
dei rapporti sociali in vista di una società senza classi. Società che si può
realizzare con il dono e la condivisione di ciò che si possiede (è la prassi delle
mani), con la capacità di superare l'oppressione con l'insurrezione e lo svilup-
po della speranza contro il potere politico e religioso (è la prassi dei piedi)259.
Il suo tentativo lo porta alla morte. Viene ucciso per ragioni politiche.
«Il Vangelo dice chiaramente che fu per il modo come occupò il Tempio, con
l'appoggio della folla insorta; da quel momento si definì la strategia dei suoi
nemici per eliminarlo. Egli fu liquidato dai detentori del potere di stato, i quali
lo consegnarono al potere imperialista romano, che era l'unico autorizzato a
emettere condanne capitali di carattere politico»260.
257
Ibidem, 89-90.
258
Ibidem, 95-96.
259
Cfr. Ibidem, 105-109; 121-126.
260
Ibidem, 135.
261
Cfr. Ibidem, 143-146; 171-182.
CAPITOLO V I I - TEMPO ORDINARIO 2 2 9
b) «La demitizzazione vuol mettere in risalto l'autentica intenzione del mito, cioè
quella di parlare dell'esistenza umana, del suo essere fondata e limitata da una
potenza dell'aldilà non mondana, una potenza che non è percepibile dal pen-
siero oggettivante. In senso negativo, quindi, la demitizzazione è una critica
dell'immagine del mondo propria del mito, nella misura in cui essa nasconde
la vera intenzione del mito stesso. In senso positivo è un'interpretazione esi-
stenziale, con cui si vuol chiarire l'intenzione del mito, che è precisamente
quella di parlare dell'esistenza dell'uomo»267.
«Noi non possiamo sapere più nulla della vita e della personalità di Gesù,
poiché le fonti cristiane non si sono interessate al riguardo se non in modo
molto frammentario e con taglio leggendario, e perché non esistono altre fonti
262
Testamento e Mitologìa, cit., 1 8 0 . Sul mito cfr. C . G E F F R É , Mito, in:
R . B U L T M A N N , NUOVO
(edd.), Temi teologici della Bibbia, cit., 8 7 6 - 8 8 1 .
R . P E N N A - G . P E R E G O - G . RAVASI
263
R . BULTMANN, Nuovo Testamento e Mitologia, cit., 1 8 0 .
264
Ibidem, 186.
265
Ibidem, 187.
266
Cfr. Ibidem, 106-116.
267
Ibidem, 188.
268
Cfr. Ibidem, 158-160.
su Gesù. Ciò che è stato scritto da circa un secolo e mezzo sulla vita di Gesù,
sulla sua personalità e sulla sua evoluzione interiore ecc., è frutto di fantasia e
materiale da romanzo in quanto non sono ricerche critiche»269.
La vicenda di Gesù non va esaminata nel suo fondamento storico. Ciò che
conta è il suo significato. Ciò che Dio ha voluto dire per mezzo di essa.
«La croce è vinta solo attraverso la risurrezione che non deve essere concepita
come avvenimento storico, ma come la significanza della croce per la fede.
Per la risurrezione la croce risulta come azione salvifica di Dio e paradossale
rafforzamento dell'appello di Gesù. Dichiararsi per lui, quindi, significa anzi-
tutto " - all'annuncio del Messia crocifisso - tornare a comprendere se stesso
alla luce di questa azione di Dio". La croce è di conseguenza momento chiave
e nuovo inizio: è momento chiave dell'appello escatologico del Gesù storico
(nella croce) e sua definitività (vista come risurrezione) nello sviluppo cristo-
logico del kerigma, che custodisce questo fatto del Gesù storico e lo esprime in
269
IDEM, Gesù, Queriniana, Brescia 1 9 7 2 , 1 0 3 .
270
A. SCHILSON-W. KASPER, Cristologìe, oggi. Analisi critica di nuove teologìe, cit., 33.
271
Cfr. R . BULTMANN, Nuovo Testamento e Mitologia, cit., 1 6 0 - 1 6 3 .
CAPITOLO V I I - T E M P O ORDINARIO 231
«1. Solo il kerigma salvifico di Gesù Cristo può avere significato per la fede,
non la sua personalità storica; questa viene in primo piano solo nel contesto di
un pensiero alienante, di tipo storico-oggettivo che è incompatibile con la le
fede. 2. Le espressioni mitologiche della cristologia contenute nel kerigma (es.
discesa del Figlio di Dio dal cielo sulla terra, risurrezione, ascensione al cielo)
devono essere spiegate di nuovo in base ad un interpretazione esistenziale ed
intese nel loro valore concreto. 3. La verità di Gesù Cristo può essere colta
solo nell'atto della fede stessa - ogni altra via non fa che passare di fianco a
Gesù»273.
«orientata verso il Cristo nella sua totalità. Questo Cristo intero è il Cristo
storico, il quale non deve in nessun modo essere separato dalla sua opera. Egli
è interrogato e risponde come qualcuno che si identifica con la propria opera.
Peraltro l'oggetto della cristologia è la struttura ontologica personale del Cristo
storico tutt'intero»275.
272
A. S C H I L S O N - W . KASPER, Cristologie, oggi. Analisi critica di nuove teologie, cit., 3 9 - 4 0 .
273
Ibidem, 3 6 - 3 7 .
274
Cfr. D. BONHOEFFER, Cristologia, Queriniana, Brescia 1984.
275
IDEM, Wer ist und wer war Jesus Christus? Seine Geschichte und Sein Geheimnis, (Chi
è e chi fu Gesù Cristo? La sua storia e il suo mistero), Amburgo 1962,26.
21 <1 CAPITOLO V I I - T E M P O ORDINARIO
b) Con l'incarnazione
«Dio entra nella realtà creata... Tuttavia l'umanità di Gesù Cristo non costi-
tuisce semplicemente una convalida del mondo e dell'uomo così come sono.
Gesù era l'uomo "senza peccato" (.Eb 4,15): questo è il fatto decisivo. Egli
visse in mezzo agli uomini nella massima povertà, non si sposò e morì come un
malfattore. L'umanità di Gesù contiene quindi una duplice condanna dell'uo-
mo: la condanna assoluta del peccato e la condanna relativa dell'ordine costi-
tuito tra gli uomini. Ma anche con questa condanna Gesù è veramente uomo
e vuole che noi siamo uomini. Egli non rende autonoma la natura umana né
la distrugge, ma la lascia sussistere come una realtà penultima; una realtà pe-
nultima che a modo suo va presa sul serio, ma non troppo sul serio; una realtà
penultima che è diventata involucro delle realtà ultime»277.
c) La crocifissione
«significa che Dio pronuncia il suo giudizio definitivo sulla creazione caduta
nel peccato. Con la reiezione di Cristo avvenuta sulla croce, Dio rigetta l'intero
genere umano, senza eccezione. La croce di Gesù costituisce la condanna a
morte del mondo. L'uomo non può più vantarsi della propria umanità né il
mondo gloriarsi dell'ordinamento che ha ricevuto da Dio. La gloria dell'uomo
finisce miseramente sul volto malconcio, sanguinante e sputacchiato del croci-
fisso. Tuttavia la croce di Gesù non significa semplicemente l'annientamento
della creazione; gli uomini devono invece continuare a vivere sotto questo
segno dì morte che è la croce, segno di condanna per chi la disprezza, e di
salvezza per chi l'accetta. Nella croce le realtà ultime sono diventate attuali po-
nendosi come un giudizio di condanna delle realtà penultime, ma anche come
una grazia a loro favore, se esse ne accettano il giudizio»278.
d) La risurrezione
«significa che Dio nel suo amore e nella sua onnipotenza pone un limite alla
morte, fa nascere una nuova creazione e dona nuova vita... Gesù è risorto in
quanto uomo, e in questo modo ha donato agli uomini la risurrezione. L'uomo
quindi rimane uomo, pur essendo un uomo nuovo, risorto e per nulla uguale al
276
IDEM, Etica, Bompiani, Milano 1969, 111.
277
Ibidem, 112.
278
Ibidem.
vecchio. Però fino al momento della propria morte egli, che è già risorto con
Cristo, rimane nel mondo delle realtà penultime in cui Gesù è venuto e in cui
è stata innalzata la croce. Finché il mondo esiste, la risurrezione non sopprime
le realtà penultime, ma la vita eterna, la vita nuova, irrompe sempre più poten-
temente nella vita del mondo e vi si crea un suo spazio. L'unità e la diversità
dell'incarnazione, della croce e della risurrezione dovrebbero ormai emergere
con chiarezza. La vita cristiana è la vita con Gesù Cristo incarnato, crocifisso e
risorto, la cui parola ci raggiunge nella sua interezza attraverso l'annunzio del-
la giustificazione del peccatore per grazia. Condurre una vita cristiana significa
essere uomo per la potenza della croce e vivere una nuova vita per la potenza
della risurrezione. Una cosa è impossibile senza l'altra»279.
e) Per riassumere tutte le funzioni che Cristo, nella sua qualità di Ultimo,
svolge nei confronti del penultimo, Bonhoeffer adopera i termini "sostituzio-
ne", "rappresentazione", "vicarietà". Per lui la vicarietà costituisce l'essenza
della vita di Cristo. Egli
La vicarietà consiste nella donazione totale della propria vita per gli altri.
279
Ibidem, 112-113.
280
Ibidem, 190.
234 CAPITOLO V I I - T E M P O ORDINARIO
«In risposta alla pretesa della razionalità moderna di essere assolutamente va-
lida, la Parola di Dio, che è la persona di Gesù Cristo, rappresenta la piena e
definitiva autorivelazione divina»282.
c) Barth scrive:
«Tra Dio e l'uomo sta la persona di Gesù Cristo che, essendo egli stesso Dio e
uomo, fa da mediatore. In lui Dio si rivela all'uomo; in lui l'uomo conosce Dio.
In lui Dio sta davanti all'uomo e l'uomo sta davanti a Dio, secondo quella che
è la volontà eterna di Dio e, conformemente a questa volontà, la destinazione
eterna dell'uomo. In lui Dio ha stabilito il suo piano per l'uomo, ha eseguito
il suo giudizio, ha compiuto la sua redenzione; in lui il dono di Dio per gli
uomini è presente in tutta la sua pienezza e sono manifestate la sua esigenza e
la sua promessa. In lui Dio si è legato all'uomo. E così l'uomo esiste per lui,
Gesù Cristo è l'origine e il fine della creazione dell'uomo e di quella del mon-
do, teatro della storia di Dio con l'uomo e dell'uomo con Dio. Come la natura
di Dio è la sua natura, così anche la natura dell'uomo è originariamente la sua
natura. E non c'è nulla di ciò che esiste che non sia da lui, per mezzo di lui e
per lui. Egli è l'unica Parola di Dio: nella sua verità tutto è deciso, la sua verità
non può essere superata da nessun'altra parola. Egli è l'unico decreto di Dio:
dietro ad esso o sopra ad esso non ne esistono altri, anteriori o superiori; egli
è l'unico decreto di Dio perché tutti gli altri non possono che servire alla sua
realizzazione. Egli è l'unico inizio di Dio: prima di esso non c'è nessun altro
inizio, se non quello che Dio ha in se stesso; perciò nessuno e nulla, tranne Dio
281
B . MONDIN, Gesù Cristo salvatore dell'uomo. Cristologia storica e sistematica, cit.,
243.
282
M. GRONCHI, Trattato su Gesù Cristo Figlio di Dìo salvatore, cit., 745.
283
B . MONDIN, Gesù Cristo salvatore dell'uomo. Cristologia storica e sistematica, cit., 243-
244.
CAPITOLO V I I - T E M P O ORDINARIO 235
stesso, può avere un'origine diversa, riferirsi a un inizio diverso. Egli è l'unica
elezione di Dio: prima di essa, senza di essa, oltre ad essa Dio non ne ha ope-
rata nessun'altra; perciò niente e nessuno è eletto e voluto da Dio prima di lui,
senza di lui, accanto a lui. Egli è l'elezione (e dunque anche l'inizio, il decreto,
la Parola) della libera grazia di Dio. Perché è per la sua libera grazia che, in lui,
Dio sceglie di essere uomo, di comunicarsi ed unirsi agli uomini»284.
Secondo Barth,
«Gesù Cristo è la parola di Dio per eccellenza, la parola di grazia, la parola che
giustifica e che salva: la parola della nostra elezione. Cristo è la rivelazione
finale dell'essere di Dio e allo stesso tempo del nostro essere e dell'essere del
mondo. "Non c'è altezza o profondità, non c'è passato o futuro in cui si possa
avere a che fare con Dio senza avere a che fare immediatamente con lui, con
quest'uomo. Non possiamo capire noi stessi e il mondo senza anzitutto capire
insieme con Dio anche quest'uomo come testimone del senso ricco di grazia
in cui Dio ha voluto e creato noi stessi e il mondo, in cui noi possiamo esistere
nel mondo e con esso"»285.
Secondo Barth,
«Ciò che emerge nella cristologia barthiana... è che il movimento della sal-
vezza procede tutto ed esclusivamente dall'alto al basso: da Dio verso l'uomo.
La nostra salvezza si compie in forza di atti posti da Cristo, atti oggettivi e non
soggettivi (contro Bultmann), atti gratuiti e non dovuti. "Gesù Cristo è già in
Ibidem.
236 CAPITOLO V I I - T E M P O ORDINARIO
se stesso per noi... ; senza che noi siamo con lui, senza nessuna aggiunta, nes-
sun completamento del suo essere... egli è per noi, indipendentemente dalla
risposta che noi possiamo dare alla domanda di tale collaborazione e aggiunta.
L'evento salvifico è accaduto in quel luogo, in quel tempo, in luì e per noi. La
salvezza è avvenuta senza la nostra cooperazione, nella storia, completamen-
te, conclusivamente, escludendo la necessità di qualsiasi integrazione". Con
questo concetto di salvezza (tutta dall'alto al basso, assolutamente oggettiva
e gratuita) Barth non incontra alcuna difficoltà ad accogliere tutto ciò che la
Scrittura dice di Gesù, dalla sua nascita verginale ai miracoli, alla risurrezione,
all'ascensione al cielo»287.
7. K.Rahner (1904-1984)
Gesuita e teologo tedesco 288 . Uno dei maggiori teologi cattolici del Nove-
cento. Ed uno dei principali protagonisti del rinnovamento della teologia e
della pastorale.
287
Ibidem, 245.
288
Cfr. M. GRONCHI, Trattato su Gesù Cristo Figlio dì Dio salvatore, cit., 7 6 0 - 7 6 3 .
289
C. PORRO, Cristologia in crisi?, cit., 28. «Nell'enunciazione esplicita su Gesù, l'accesso
al suo ultimo mistero (espresso dalla dottrina dell'incarnazione) viene saltato a pié pari: egli
è a priori il Verbo incarnato di Dio disceso fra di noi, cosicché tutto viene pensato dall'alto al
basso, e non dal basso all'alto» (K. R A H N E R - W . THUSING, Cristologia. Prospettiva sistematica
ed esegetica, Morcelliana, Brescia 1974, 63).
290
C. PORRO, Cristologìa in crisi?, cit., 28. «Anche se il dogma cristiano non ha di per sé
nulla a che fare con i miti degli uomini-dèi dell'antichità, possiamo tuttavia tranquillamente
ammettere che determinate formulazioni del dogma che stanno nell'ambito di questo orizzonte
storico-concreto di comprensione (per es. Dio 'discende', egli 'appare', ecc.) in passato veniva-
no accettate e usate come sussidi esplicativi in maniera più ovvia di quanto sia a noi possibile
fare oggi» (K. R A H N E R - W . THUSING, Cristologia. Prospettiva sistematica ed esegetica, cit., 65).
CAPITOLO V I I - T E M P O ORDINARIO 228
il fatto che
«le mosse dal nostro rapporto, effettivamente esistente, con Gesù Cristo...
Questo rapporto con Gesù Cristo è dato attraverso la "fede" nel fatto, che
nell'incontro con lui, in quanto incontro totale e unico che si compie mediante
la parola, la vita e il fondamento che le sorregge, "è presente", per la nostra
salvezza, perdonandoci e divinizzandoci, il mistero, chiamato Dio, che tutto
comprende e tutto penetra della realtà in genere e di ogni vita personale, e a
noi è promesso in maniera tale che questa promessa è in lui definitiva e insosti-
tuibile. Si potrebbe pertanto caratterizzare questo rapporto come il rapporto col
Salvatore (escatologico) assoluto»293.
291
C. P O R R O , Cristologia in crisi?, cit., 2 8 - 2 9 . Cfr. K . R A H N E R - W . THUSING, Cristologia.
Prospettiva sistematica ed esegetica, cit., 66.
292
Ibidem, 67.
293
Ibidem, 18.
21 <1 CAPITOLO V I I - T E M P O ORDINARIO
e) La ricerca riguarda anche «il fatto storico di Gesù Cristo, per verificare
come in lui si siano realizzate le attese dell'uomo» 297 .
«Gesù visse in sé e da sé con semplicità e serenità nell'ambiente religioso
(tempio, sacra Scrittura dell'AT) del suo popolo (della sua situazione storica, a
lui precostituita), che egli nel complesso accettò e visse con gli altri come legit-
timo e voluto da Dio. In questo senso egli volle essere un riformatore religioso,
294
Ibidem, 23.
295
Cfr. Ibidem, 75.
296
C. PORRO, Cristologia in crisi?, cit., 31. Cfr. K. R A H N E R - W . THUSING, Cristologia. Pro-
spettiva sistematica ed esegetica, cit., 24-26; 75-77.
297
C. PORRO, Cristologia in crisi?, cit., 32.
e non un rivoluzionario religioso radicale... Egli fu un riformatore radicale. In
quanto tale egli spezza il dominio della legge che si pone al posto di Dio stesso,
combatte il legalismo sia al di là di una pura etica dell'intenzione religiosa e
pia, che al di là di una giustizia riposta nelle opere, che mette l'uomo al sicuro
nei confronti di Dio. Egli sa di essere radicalmente vicino a Dio. Mentre egli
dapprima sperava in una vittoria della sua missione religiosa, crebbe in lui
sempre più l'esperienza che la sua missione lo stava portando in un conflitto
mortale con la società politico-religiosa. A questa sua morte, tuttavia, egli va
incontro deciso e l'accetta quantomeno come conseguenza inevitabile della
fedeltà alla sua missione»298.
«Morte e risurrezione di Gesù possono venir comprese soltanto quando sia vi-
sto chiaro l'intimo riferimento di queste due realtà, la loro unità, di fronte alla
quale l'intervallo "temporale" fra i due eventi, nella misura in cui possa venire
sensatamente pensato, data la atemporalità di ciò che si dà nella risurrezione,
non va certo negato, ma è in fondo irrilevante. La morte di Gesù è tale che per
sua essenza si toglie e si risolve nella risurrezione, si estingue entro di essa. E
la risurrezione non significa il principio di un nuovo periodo della vita di Gesù,
ripieno di altri eventi nuovi e che continui nel tempo, ma proprio la definitività
perenne e salvata dell'una e unica vita di Gesù, che appunto attraverso la morte
libera, per obbedienza, acquistò la definitività perenne della sua vita»299.
298
K . R A H N E R - W . THUSING, Cristologia. Prospettiva sistematica ed esegetica, cit., 2 8 - 2 9 .
Cfr. K . RAHNER, Corso fondamentale sulla fede. Introduzione al concetto di cristianesimo, Edi-
zioni Paoline, Alba 1 9 7 7 , 3 2 1 - 3 2 2 .
299
K . R A H N E R - W . THUSING, Cristologìa. Prospettiva sistematica ed esegetica, cit., 4 0 . Cfr. K .
RAHNER, Corso fondamentale sulla fede. Introduzione al concetto di cristianesimo, cit., 3 4 3 - 3 4 7 .
300
C . PORRO, Cristologia in crisi?, cit., 3 2 - 3 3 .
240 CAPITOLO V I I - T E M P O ORDINARIO
«Fino a non molto tempo fa, la stragrande maggioranza dei cristiani veniva
abituata all'immagine del Gesù Dio e uomo, dell'unico Cristo in due nature...
Ai nostri giorni però questo modello cristologico suscita numerose perplessi-
tà. .. Si pone quindi l'interrogativo: cosa esige una fedeltà, veramente creativa,
alla nostra fede in Gesù Cristo? Come si potrà, ai nostri giorni, testimoniare
questa fede senza mutilarla o deformarla, ma anche senza arroccarci in modelli
di pensiero che oggi non sono più in grado di esprimere ciò che in passato
erano in grado di proporre?»301.
e infine «cosa si può realmente affermare sulla figliolanza divina per l'uo-
mo Gesù: è figlio di Dio in quanto uomo od in quanto uomo assunto? E so-
prattutto: come concepire questa enipostasi od anipostasi della natura umana
individuale?» 307 . Queste difficoltà e la necessità di farsi capire dall'uomo di
oggi portano all'abbandono del modello cristologico calcedonese.
301
P. SCHOONENBERG, Un Dio dì uomini. Questioni di cristologia, Queriniana, Brescia 1 9 7 1 , 5 7 .
302
Cfr. Ibidem, 70-71.
303
Cfr. Ibidem, 71.
304
Cfr. Ibidem, 72.
305
Ibidem.
306
Ibidem, 73.
307
Ibidem. Enipostasi: la natura umana impersonale è nondimeno personalizzata dalla per-
sona divina. Anipostasi: Gesù ha una natura umana e, in questo senso, è uomo; ma l'essere
persona è costituito in lui dalla persona divina, con la conseguenza che Cristo non sarebbe
persona umana.
CAPITOLO V I I - T E M P O ORDINARIO 241
c) «Io ritengo comunque che nel nostro caso un punto sia da tutti accettato,
e che quindi possa essere considerato dato certissimo: il fatto che Gesù Cristo
è una persona (e ciò è tanto certo, che spesso viene pure dimenticato)» 308 e
persona umana. Se non fosse così, tutto il suo essere umano si dissolverebbe
nel nulla.
Questa realtà divina presente in Gesù non può essere intesa come un'altra
persona che gli si affianca e associa. Se la si intendesse come un'altra persona,
come si potrebbe salvare l'unità di Gesù?
«In Cristo non è la natura umana, bensì quella divina che viene affermata
anipostaticamente, anche se bisogna immediatamente aggiungere che ciò è
motivato dal fatto che l'essere personale del Verbo non è percepibile senza
l'uomo Gesù. Ciò che caratterizza però la nostra concezione è il fatto che non
è la natura umana a ritrovarsi enipostaticamente presente nella persona divina,
bensì che è proprio la natura divina a ritrovarsi enipostaticamente nella perso-
na umana»311.
308
P. SCHOONENBERG, Un Dio di uomini. Questioni di cristologia, cit., 75.
309
Ibidem, 82.
310
Ibidem, 90.
311
Ibidem, 98. Con un articolo del 1973 Schoonenberg ritorna all'enipostasi dell'uomo
Gesù nel Verbo divino.
312
Cfr. Ibidem, 102-104.
Alle due nature appartenenti ad un'unica persona, si sostituisce la pienezza
della presenza di Dio nella persona umana concreta di Gesù. Prospetta così
una cristologia della presenza di Dio: Dio è pienamente, totalmente presente
in Gesù:
«In Cristo non esiste alcun agire umano che non venga in qualche modo in-
fluenzato dalla presenza di Dio. In lui non ritroviamo quindi alcuna "natura"
che possa venir intesa come una pura premessa dell'incontro salvifico. Ancor
meno vi riscontriamo un'esistenza peccaminosa, dalla quale il Cristo dovrebbe
venir liberato. Né sarebbe esatto distinguere tra una zona d'agire puramente
umana (ad esempio il mangiare) da una zona d'agire umano-divina»313.
«la trascendenza, e quindi la dimensione salvifica di Cristo, non viene più ri-
posta in una persona divina che farebbe da supporto alla natura umana, ma
in questa stessa umana natura e soprattutto in questa persona umana. Per cui
trascendenza e dimensione salvifica di Cristo assumono il significato di un
annuncio salvifico e di un'affermazione di fede nel mistero»314.
313
Ibidem, 105.
314
Ibidem, 106.
315
Ibidem, 109.
316
Ibidem, 110.
317
Cfr. Ibidem, 110-114.
3,8
Cfr. Ibidem, 170-195.
CAPITOLO V I I - TEMPO ORDINARIO
medesima persona. Occorre «intendere l'identità del corpo terreno col corpo
risorto prima di tutto come una concretizzazione dell'identità della persona
terrena e della persona risorta» 319 . È chiaro che solo la fede permette di coglie-
re questa perfezione della persona di Gesù, come del resto anche la presenza
salvifica di Dio nella trascendenza umana di Gesù è manifesta solo agli occhi
della fede. Ciò è altrettanto importante come l'altra affermazione «che non è
la nostra fede a far risorgere Gesù, ma è il risorto che si presenta alla nostra
fede» 320 .
9. H. Kilng (1928 - )
«Teologo fecondo, molto sensibile alle responsabilità della fede cristiana verso
il mondo moderno e al dialogo ecumenico intercristiano e interreligioso, per le
sue posizioni di punta spesso al centro del dibattito teologico e dell'attenzione
dei mas-smedia»321.
a) Con il libro Essere cristiani322 Kiing si rivolge ai «tanti che con mo-
tivazioni diverse si vogliono sinceramente e onestamente informare sui
contenuti autentici del cristianesimo, su ciò che propriamente significa
essere cristiani» 323 . Punto di partenza della sua ricerca sono le esperien-
ze e le particolari condizioni dell'uomo del nostro tempo. Un uomo che
vuole essere «non un superuomo, ma neppure una sottospecie di uomo.
Uomo integrale in un mondo il più possibile umano» 324 . Uomo pratico,
razionalista, secolarizzato, emancipato, ma fortemente deluso. Deluso dai
progetti umanistici: «gli umanesimi mutano rapidamente. Che cosa è rima-
sto dell'umanesimo classico greco-occidentale dopo le grandi, umilianti
disillusioni dell'uomo?» 325 . Solo una soluzione trascendente, animata dalla
fede in Dio, può dare speranza all'uomo fortemente deluso.
319
Ibidem, 181.
320
Ibidem, 187.
321
G . IAMMARRONE, H. Kiing, in: L . P A C O M I O - G . OCCHIPINTI (edd.), Lexicon. Dizionario dei
teologi. Dal primo secolo ad oggi, cit., 751.
322
H . K U N G , Essere cristiani, cit.
323
Ibidem,!.
324
Ibidem, 14-15.
325
Ibidem, 21.
244 CAPITOLO V I I - T E M P O ORDINARIO
«Tutte le religioni... intendono... tracciare una via pratica che dalla miseria e
dallo strazio dell'esistenza conduca alla salvezza. Tutte considerano peccato
la menzogna, il furto, l'adulterio, l'omicidio e tutte enunciano una sorta di
"regola aurea" come criterio pratico di validità generale: non fare agli altri ciò
che non vorresti fosse fatto a te»326.
«Bisogna avere l'onestà di chiamare le cose col loro nome, contro ogni dila-
tazione, confusione e travisamento... del fatto cristiano: il cristianesimo dei
cristiani deve rimanere cristiano. Per rimanere cristiano deve però rimanere
legato all'unico Cristo, che non è un principio o un'intenzionalità o il punto di
arrivo di un processo evolutivo, ma... una persona ben determinata, inconfon-
dibile e insostituibile, con un nome ben preciso»328.
c) Ma quale Cristo? Il Cristo della devozione 329 , del dogma 330 , degli entu-
siasti331, dei letterati?332. «Quale immagine di Cristo è l'autentica? A quale ci
si deve attenere nella prassi?... Quale Cristo è il Cristo reale?»333.
«Il Cristo del cristianesimo non è semplicemente un'idea al di fuori del tempo,
un principio di validità eterna, un mito dal significato profondo... Il Cristo dei
cristiani è infatti una persona del tutto concreta, umana, storica: il Cristo dei
cristiani non è altri che Gesù di Nazaret. In tal senso il cristianesimo si fonda
essenzialmente sulla storia, la fede cristiana è essenzialmente una fede stori-
ca. .. Gesù di Nazaret non è un mito: la sua storia si può localizzare...; la sua
storia si può datare. Non è un mito al di sopra del tempo, paragonabile a quelli
plasmati dalle prime culture superiori dell'umanità»334.
326
Ibidem, 90.
327
Ibidem, 127.
328
Ibidem, 131.
329
Cfr. Ibidem, 132-135.
330
Cfr. Ibidem, 135-139.
331
Cfr. Ibidem, 139-145.
332
Cfr. Ibidem, 145-152.
333
Ibidem, 152.
334
Ibidem, 154.156. 157.
CAPITOLO V I I - TEMPO ORDINARIO 245
«La volontà di Dio non è equivoca. E neppure è manipolabile... Dio non vuole
nulla per sé, nulla che torni a suo vantaggio, a sua maggiore gloria. Dio non
vuole nient'altro che il vantaggio dell'uomo, la sua vera grandezza, la sua dignità
suprema. Ecco che cos'è la volontà di Dio: il bene dell'uomo... La volontà di
Dio è una volontà di salvezza che si traduce in aiuto, risanamento, liberazione.
Dio vuole la vita, la gioia, la libertà, la pace, la salvezza, la grande felicità ultima
dell'uomo: del singolo e della collettività. E questo che significano il futuro as-
soluto, la vittoria, il regno di Dio secondo l'annuncio di Gesù: liberazione com-
pleta, redenzione, pacificazione, felicità dell'uomo... Dio non viene visto senza
l'uomo, l'uomo non viene visto senza Dio»338.
335
Cù. Ibidem, 192-233.
336
Cfr. Ibidem, 234-240.
337
Cfr. Ibidem, 266-273.
338
Ibidem, 276-277.
339
Cfr. Ibidem, 277-280.
340
Cfr. Ibidem, 289-292.
341
Cfr. Ibidem, 292-306.
246 CAPITOLO V I I - T E M P O ORDINARIO
«La morte di Gesù non fu un caso, non fu un tragico errore giudiziario e nem-
meno un puro atto di arbitrio, ma una necessità storica... La fine violenta di
Gesù rientra nella logica del suo annuncio e del suo comportamento. La pas-
sione di Gesù si spiega come reazione dei custodi della Legge, del diritto e
della morale alla sua azione... La morte di Gesù fu, per così dire, la ricevuta
della sua vita»342.
g) Con la morte di Gesù sembrava che tutto fosse finito. E invece, inizia
un movimento che si richiama a lui.
Una cosa è certa. Qualche tempo dopo la morte di Gesù, i discepoli sono di
nuovo in cammino ed annunciano che il crocifisso è il vivente perché è stato
risuscitato346. La loro fede poggia sulla oggettività della loro esperienza e a
riprova portano due argomenti: la tomba vuota e le visioni del risorto.
342
Ibidem, 375.
343
Ibidem, 377.
344
Ibidem.
345
Ibidem, 385-386.
346
Cfr. Ibidem, 390-402.
347
Cfr. Ibidem, 432-433.
348
Cfr. Ibidem, 435-436.
il risorto non si identifica con il Gesù terreno? Non si deve riferire al Gesù
terreno quanto si dice del risorto? Non è dunque già il Gesù terreno il Figlio di
Dio, anche se la sua signoria è ancora latente?
«Il momento dell'investitura a Figlio di Dio venne così anticipato in altri scritti
neotestamentari: anticipato al battesimo quale punto di partenza dell'attività
pubblica o alla nascita o, addirittura, prima ancora della nascita, all'eternità
di Dio. Originariamente, quindi, col titolo "Figlio di Dio" non si allude alla
discendenza, ma alla posizione di privilegio e di potere di Gesù. Non tanto
all'essenza, quanto alla funzione. Originariamente il titolo non prospetta una
filiazione corporea, ma un'elezione e una delega di poteri da parte di Dio: in
modo tale che questo Gesù regna ora in luogo di Dio sul suo popolo. "Figlio
di Dio" non caratterizza Gesù... come un essere sovrumano, divino, ma come
il sovrano intronizzato mediante l'elevazione alla destra di Dio: una sorta di
plenipotenziario, che i sudditi devono onorare come Dio stesso... Questo ti-
tolo chiarì agli uomini di quel tempo quale fosse il rapporto dell'uomo Gesù
di Nazaret con Dio, quale rilievo avesse la sua posizione al fianco di Dio, di
fronte alla comunità e al mondo, a nessun altro subordinato se non al Padre.
Nella sua qualità di elevato definitivamente alla destra di Dio, Gesù è ora di
fronte agli uomini, in senso pieno e definitivo ("una volta per tutte"), il rappre-
sentante dì Dio. Titoli come "Incaricato", "Delegato", "Avvocato", "Portavo-
ce", "Procuratore", e ancora "Inviato", "Fiduciario", "Confidente", "Amico",
"Sostituto", "Rappresentante" di Dio esprimono oggi, per alcuni con chiarezza
forse maggiore, ciò che tentavano di dire gli antichi epiteti di "Re", "Pastore",
"Salvatore", "Figlio di Dio" o anche la dottrina tradizionale dei tre "carismi"
di Gesù Cristo (profetico, regale, sacerdotale)»349.
349
Ibidem, 440.
Parte quinta
Sintesi cristologica
CAPITOLO OTTAVO
LA C O N T E M P L A Z I O N E
DEL MISTERO DI CRISTO
nell'unità dello Spirito Santo, ogni onore e gloria per tutti i secoli dei secoli»2.
Al termine del nostro cammino cristologico, la contemplazione dell' icona
della Trinità di Andrej Rublèv introduce il nostro tentativo di fare sintesi e
di metterci in atteggiamento di contemplazione e di adorazione di fronte al
mistero di Gesù vero Dio e vero uomo, il Signore che libera e salva con la sua
stessa presenza, con la sua parola, con i suoi atteggiamenti, con i suoi compor-
tamenti, con le sue scelte, con la sua pasqua di morte e di risurrezione, con il
dono dell'eucaristia, con la Chiesa sacramento universale di salvezza.
Il colore blu, presente nelle vesti di tutte e tre le figure, è il colore della
divinità che le tre persone divine condividono. Gli altri colori sottolineano le
specificità di ogni persona. La somiglianza del volto richiama l'unità della
Trinità. Ogni angelo presenta un volto giovanile, né maschile né femminile,
per esprimere l'eternità della divinità delle tre persone.
I tre angeli sono uguali anche fisicamente. Il loro corpo è molto allungato
rispetto alle proporzioni normali. Questo è un elemento tipico dell'icona che
esprime la diversa dimensione delle figure raffigurate. Molto importante per
sottolineare l'unità è il cerchio in cui i tre angeli possono essere inscritti. Il
cerchio indica il tutto, l'unità della vita di Dio.
Gli angeli tengono in mano il bastone del viandante, segno della stessa au-
torità; le aureole, di giallo luminoso, sono tutte e tre uguali senza alcun segno
di distinzione; l'azzurro, colore divino, è in tutte e tre le figure che sono sedute
su troni uguali, segno della stessa dignità.
Le tre figure sono in atteggiamento di riposo; sono molto simili e si diffe-
renziano solo per l'atteggiamento di ciascuno nei confronti degli altri due: un
solo Dio in tre persone che si completano l'una l'altra in un rapporto circolare,
inesauribile, di comunione amorosa. L'atteggiamento delle tre persone divi-
2
Ibidem, Dossologia, cit.
C A P I I O L O VIII - L A CONTEMPLAZIONE DEL MISTERO DI CRISTO 254
ne, disposte a cerchio aperto verso chi guarda e in conversazione tra di loro,
esprime l'Amore trinitario. Nonostante la loro somiglianza, gli angeli hanno
però identità diverse riferite alla loro azione nel mondo. L'identificazione è
suggerita dai colori degli abiti, dalla posizione dei corpi, dai gesti delle mani,
dalla testa.
«Nascosto dal Padre prima di tutti i secoli secondo la divinità, nato in questo
ultimo tempo da Maria la Vergine, Madre di Dio, secondo l'umanità, per noi e
per la nostra salvezza: un solo e medesimo Cristo, Figlio, Signore, l'Unigenito
che si fa conoscere in due nature, senza mescolanza né cambiamento, senza
divisione né separazione.. ,»3.
L'albero che sta alle spalle dell'angelo di centro richiama l'albero della
vita nel paradiso e l'albero della Croce. L'albero, curvo sulle spalle dell'an-
gelo centrale come se egli stesse per caricarselo addosso, è la croce, il nuovo
albero della vita. Cristo è il nuovo Adamo, l'uomo nuovo che ci rivela l'uomo
vero, l'uomo che sa amare. L'icona non può rappresentare il Figlio senza un
albero, la croce che si sta caricando sulle spalle, senza un calice che ricorda il
dono di sé.
Sulla stessa linea dell'albero ci sono la tenda di Abramo e il monte. La ten-
3
H . DENZINGER, Enchiridion symbolorum, definitionum et declaratìonum de rebus fidei et
morum, cit., 301-302.
da che sorge alle spalle del Padre (dell'angelo di sinistra) è la casa del Padre
alla quale tutti gli uomini sono invitati. Porte e finestre sono aperte perché
è una casa accogliente come la tenda di Abramo e di Sara. Il monte sembra
offrirsi al Figlio perché lo salga. È il calvario sul quale il Figlio darà "la vita
per le pecore". Il Padre guarda verso il colle come Abramo guardò il monte
Moria quando saliva per offrire il proprio figlio Isacco. Il Figlio, l'angelo di
centro, non guarda l'albero-croce e il monte, ma volge loro le spalle. Li vede
riflessi nello sguardo del Padre, sguardo che parla della nostra salvezza e del
cuore misericordioso e fedele di Dio.
L'angelo di sinistra è il Padre. Siede con solennità sul trono. Il suo sguardo
e il gesto della mano destra hanno qualcosa di imperativo.
Il vestito oro e rosa (trasparenza) proclama che lui è l'origine della divinità
e la sorgente della vita. Il blu è quasi totalmente nascosto dal mantello: egli è
il Dio che nessuno ha mai visto e che il Figlio ha rivelato e narrato con la sua
parola, con le sue opere e soprattutto con il suo "mistero pasquale".
Il mantello poggiato sulle due spalle indica che è lui, il Padre, che invia.
Invio indicato anche dal piede sinistro (passo di danza). Le mani indicano il
calice che contiene l'agnello. Tutto converge verso di lui: gli angeli, il monte,
la tenda, l'albero.
2. L A S T O R I A D E L L A S A L V E Z Z A
4
Cfr. K . B E R G E R - A . D A R L A P , Salvezza, Storia della, in: K . RAHNER, Sacramentum mundi.
Enciclopedia Teologica, 7 , Morcelliana, Brescia 1 9 7 7 , 3 2 9 - 3 4 9 ; G . ANGELINI, Storia-storicità,
in: L. PACOMIO (ed.), Dizionario Teologico Interdisciplinare, 3 , Marietti, 1 9 7 7 , 3 3 7 - 3 6 4 ; C.
VAGAGGINI, Storia della salvezza, in: G . B A R B A G L I O - S . DIANICH (edd.),iVttov0 Dizionario di Te-
ologia, cit., 1 5 5 9 - 1 5 8 3 ; A . PISTOIA, Storia della salvezza, in: D. SARTORE-A. M. TRIACCA (edd.),
Nuovo Dizionario di Liturgia, cit., 1 4 7 8 - 1 4 9 3 ; G . PASQUALE, La storia della salvezza. Dio Si-
gnore del tempo e della storia, Edizioni Paoline (Diaconia alla verità, 1 1 ) , Milano 2 0 0 2 ; G .
IAMMARRONE, Salvezza, in: G . B A R B A G L I O - G . B O F - S . DIANICH (edd.), Teologia, cit., 1 4 3 8 - 1 4 5 9 ;
M. CIMOSA, Salvezza, in: R . P E N N A - G . P E R E G O - G . RAVASI (edd.), Temi teologici della Bibbia,
1223-1231.
CAPITOLO VILI - LA CONTEMPLA/IONF DEL MISTERO DI CRISTO
b) Come si vede, la Chiesa rende lode a Dio per il suo amore e la sua gran-
dezza. Amore e grandezza che egli ha manifestato nel tempo e nella storia at-
traverso eventi, quali la creazione del cielo e della terra («tu hai fatto ogni cosa
con sapienza e amore»), la creazione dell'uomo e della donna a sua immagine e
somiglianza («a tua immagine hai formato l'uomo»), la promessa della salvezza
dopo l'esperienza del peccato («e quando, per la sua disobbedienza, l'uomo per-
se la tua amicizia, tu non l'hai abbandonato in potere della morte, ma nella tua
misericordia a tutti sei venuto incontro, perché coloro che ti cercano ti possano
trovare»), l'offerta dell'alleanza sinaitica («molte volte hai offerto agli uomini la
tua alleanza»), la singolare testimonianza dei profeti («per mezzo dei profeti hai
insegnato a sperare nella salvezza»), l'incarnazione del Figlio di Dio («hai tanto
amato il mondo da mandare a noi, nella pienezza dei tempi, il tuo unico Figlio
come salvatore»), la vicenda umana di Gesù («ha condiviso in tutto, eccetto il
peccato, la nostra condizione umana»), l'annuncio del vangelo della salvezza
(«ai poveri annunziò il vangelo di salvezza, la libertà ai prigionieri, agli afflitti
la gioia»), la passione, la morte e la risurrezione di Gesù («per attuare il tuo
disegno di redenzione, si consegnò volontariamente alla morte, e risorgendo
distrusse la morte e rinnovò la vita»), la missione dello Spirito Santo («E perché
non viviamo più per noi stessi ma per lui che è morto e risorto per noi, ha man-
dato, o Padre, lo Spirito Santo, primo dono ai credenti»),
2. Evento trinitario. Opera del Padre, del Figlio, dello Spirito Santo
a) La storia della salvezza ha come autore Dio. È lui che prende l'iniziati-
va. È lui che rivela se stesso e il suo mistero di comunione salvifica attraverso
«eventi e parole intimamente connessi, in modo che le opere... manifestano e
rafforzano la dottrina e le realtà significate dalle parole, mentre le parole prò-
r.
5
CEI, Messale Romano, Preghiera eucaristica IV, cit. Cfr. Ef 1,3-23; LG 2-4.
CAPITOLO VILI - LACONTEMPLAZIONE DEL MISTERO PI CRISTO
clamano le opere e illustrano il mistero in esse contenuto» (DV 2). È lui che
salva. E se è Dio che salva, la salvezza è dono. Dono che esige la fede. Chiare,
nell'Antico Testamento, la consapevolezza e la testimonianza del popolo di
Israele.
«Come gli uccelli proteggono i loro pulcini, così il Signore degli eserciti pro-
teggerà Gerusalemme: egli la proteggerà, ed essa sarà salvata, la risparmierà
ed essa sarà liberata» (Is 31,5).
«Beata la nazione che ha il Signore come Dio, - il popolo che egli ha scelto
come sua eredità. - Il Signore guarda dal cielo, - egli vede tutti gli uomini. -
Dal trono dove siede, - scruta gli abitanti di tutta la terra, - lui che di ognuno
ha plasmato il cuore - e ne comprende tutte le opere. - Il re non si salva per un
grande esercito - né un prode scampa per il suo grande vigore. - Un'illusione
è il cavallo per la vittoria, - e neppure un grande esercito può dare salvezza. -
Ecco, l'occhio del Signore su chi lo teme, - su chi spera nel suo amore, - per
liberarlo dalla morte - e nutrirlo in tempo di fame» (Sai 33,12-19).
6
Durante t'esilio babilonese, una minoranza di detenuti riflette sulla straordinaria storia di
Israele: dopo la liberazione dalla schiavitù d'Egitto può Dio dimenticare il suo popolo in terra
di Babilonia? Può essere l'esilio l'ultima parola? Con la folgorante avanzata di Ciro, si fa luce
l'idea che si prepara un nuovo esodo, più meraviglioso della liberazione d'Egitto e della marcia
verso la terra promessa. Il deutero-Isaia scrive parole di consolazione: «Consolate, consolate
il mio popolo, - dice il vostro Dio. - Parlate al cuore di Gerusalemme - e gridatele che la sua
tribolazione è compiuta, - la sua colpa è scontata, perché ha ricevuto dalla mano del Signore
- il doppio per tutti i suoi peccati. Una voce grida: - "Nel deserto preparate la via al Signore,
- spianate nella steppa la strada per il nostro Dio. - Ogni valle sia innalzata, - ogni monte e
ogni colle siano abbassati; - il terreno accidentato si trasformi in piano - e quello scosceso in
vallata. - Allora si rivelerà la gloria del Signore - e tutti gli uomini insieme la vedranno, - per-
ché la bocca del Signore ha parlato"» (Is 40,1-5). Il profeta annuncia il ritorno nella terra dei
padri. A liberare dalla schiavitù di Babilonia è il Signore che un giorno, con braccio disteso e
mano potente, ha liberato dalla schiavitù di Faraone. L'ha fatto perché lui è il Signore di tutte le
cose. Signore, perché le ha create con la potenza della sua parola. C'è un filo rosso che unisce
le meraviglie operate dal Signore. Il filo della salvezza. Filo che lega tra di loro gli eventi della
creazione, dell'esodo dall'Egitto e dell'esodo da Babilonia. La creazione viene pensata come
inizio della storia della salvezza. «La creazione è il fondamento di "tutti i progetti salvifici di
Dio", "l'inizio della storia della salvezza", che culmina in Cristo. Inversamente il Mistero di
Cristo è la luce decisiva sul mistero della creazione: rivela il fine in vista del quale, "in prin-
cipio, Dio creò il cielo e la terra" (Gn 1,1): dalle origini, Dio pensava alla gloria della nuova
creazione» (Catechismo delia Chiesa Cattolica, cit., n. 280).
C A P I T O L O V I ] ! - LACONTEMPLAZIONEDELMÌS^ CRISTO
«la chiave, il centro e il fine di tutta la storia umana... La Chiesa afferma che al
di là di tutto ciò che muta stanno realtà immutabili; esse trovano il loro ultimo
fondamento in Cristo, che è sempre lo stesso: ieri, oggi e nei secoli» (GS 10).
«Capi del popolo e anziani, visto che oggi veniamo interrogati sul beneficio re-
cato a un uomo infermo, e cioè per mezzo di chi egli sia stato salvato, sia noto
a tutti voi e a tutto il popolo d'Israele: nel nome di Gesù Cristo il Nazareno,
che voi avete crocifisso e che Dio ha risuscitato dai morti, costui vi sta innanzi
risanato. Questo Gesù è la pietra, che è stata scartata da voi, costruttori, e che
è diventata la pietra d'angolo. In nessun altro c'è salvezza; non vi è infatti,
sotto il cielo, altro nome dato agli uomini, nel quale è stabilito che noi siamo
salvati» (Ai 4,8-12).
«In lui anche voi, dopo avere ascoltato la parola della verità, il Vangelo della
vostra salvezza, e avere in esso creduto, avete ricevuto il sigillo dello Spirito
Santo che era stato promesso, il quale è caparra della nostra eredità, in attesa
della completa redenzione di coloro che Dio si è acquistato a lode della sua
gloria» (Ef 1,13-14).
7
B . MONDIN, Gesù Cristo salvatore dell'uomo. Cristologìa storica e sistematica, cit., 269-270.
W À C A P I T O L O V H I - L A C O N T E M P L A Z I O N E D E L M I S T E R O D I C RI S T O
«Io infatti non mi vergogno del Vangelo, perché è potenza di Dio per la sal-
vezza di chiunque crede, del Giudeo, prima, come del Greco. In esso infatti
si rivela la giustizia di Dio, da fede a fede, come sta scritto: Il giusto per fede
vivrà» (Rm 1,16-17).
e) Gesù salva attraverso il mistero evento della sua vita. Dall'inizio alla fine.
«Tutto quello che Cristo ha fatto e ha detto è stato per la nostra salvezza. Ogni
sua azione, anche quella umanamente più insignificante, essendo teandrica, ha
valore salvifico infinito. "Caro cardo salutis": la salvezza ci viene dall'umanità
di Gesù, in quanto strumento del Verbo, intimamente congiunto con lui. Tutto
ciò che egli ha assunto - la nostra vita, i suoi aspetti più umili e persino banali -
è stato divinizzato ed è diventato principio di salvezza per tutti gli uomini»8.
8
C. PORRO, Gesù il Salvatore. Iniziazione alla cristologia, cit., 205.
EAPITOLO Y I L I -,LA C O N T E M p l / ^ I RQ P) CRISTO 261
«Perciò anch'io, avendo avuto notizia della vostra fede nel Signore Gesù e
dell' amore che avete verso tutti i santi, continuamente rendo grazie per voi
ricordandovi nelle mie preghiere, affinché il Dio del Signore nostro Gesù Cri-
sto, il Padre della gloria, vi dia uno spirito di sapienza e di rivelazione per
una profonda conoscenza di lui; illumini gli occhi del vostro cuore per farvi
comprendere a quale speranza vi ha chiamati, quale tesoro di gloria racchiude
la sua eredità fra i santi e qual è la straordinaria grandezza della sua potenza
verso di noi, la manifestò in Cristo,
quando lo risuscitò dai morti
e lo fece sedere alla sua destra nei cieli,
al di sopra di ogni Principato e Potenza,
al di sopra di ogni Forza e Dominazione
e di ogni nome che viene nominato
non solo nel tempo presente ma anche in quello futuro.
Tutto infatti egli ha messo sotto i suoi piedi
e lo ha dato alla Chiesa come capo su tutte le cose:
essa è il corpo di lui,
la pienezza di colui che è il perfetto compimento di tutte le cose» (Ef 1,15-23).
«Ma Dio, ricco di misericordia, per il grande amore con il quale ci ha amato, da
morti che eravamo per le colpe, ci ha fatto rivivere con Cristo: per grazia siete
salvati. Con lui ci ha anche risuscitato e ci ha fatto sedere nei cieli, in Cristo
Gesù, per mostrare nei secoli futuri la straordinaria ricchezza della sua grazia
mediante la sua bontà verso di noi in Cristo Gesù.
Per grazia infatti siete salvati mediante la fede; e ciò non viene da voi, ma è
dono di Dio; né viene dalle opere, perché nessuno possa vantarsene. Siamo
infatti opera sua, creati in Cristo Gesù per le opere buone, che Dio ha preparato
perché in esse camminassimo.
Perciò ricordatevi che un tempo voi, pagani nella carne, chiamati non circon-
cisi da quelli che si dicono circoncisi perché resi tali nella carne per mano
d'uomo, ricordatevi che in quel tempo eravate senza Cristo, esclusi dalla citta-
dinanza d'Israele, estranei ai patti della promessa, senza speranza e senza Dio
nel mondo. Ora invece, in Cristo Gesù, voi che un tempo eravate lontani, siete
diventati vicini, grazie al sangue di Cristo.
Egli infatti è la nostra pace,
colui che di due ha fatto una cosa sola,
abbattendo il muro di separazione che li divideva,
cioè l'inimicizia, per mezzo della sua carne.
Così egli ha abolito la Legge, fatta di prescrizioni e di decreti,
; per creare in se stesso, dei due, un solo uomo nuovo,
> facendo la pace,
e per riconciliare tutti e due con Dio in un solo corpo,
per mezzo della croce,
eliminando in se stesso l'inimicizia.
Egli è venuto ad annunciare pace a voi che eravate lontani,
e pace a coloro che erano vicini.
262 CAPITOLO VILI - L A CONTEMPLAZIONE DEL MISTERO DI CRISTO
Per mezzo di lui infatti possiamo presentarci, gli uni e gli altri, al Padre in un
solo Spirito.
Così dunque voi non siete più stranieri né ospiti, ma siete concittadini dei santi
e familiari di Dio, edificati sopra il fondamento degli apostoli e dei profeti,
avendo come pietra d'angolo lo stesso Cristo Gesù. In lui tutta la costruzione
cresce ben ordinata per essere tempio santo nel Signore; in lui anche voi venite
edificati insieme per diventare abitazione di Dio per mezzo dello Spirito» (Ef
2,4-22).
«Per mezzo di lui rinascono a vita nuova i figli della luce, e si aprono ai cre-
denti le porte del regno dei cieli. In lui morto è redenta la nostra morte, in lui
risorto tutta la vita risorge»11.
«In lui vincitore del peccato e della morte, l'universo risorge e si rinnova, e
l'uomo ritorna alle sorgenti della vita»12.
«Nella sua misericordia per noi peccatori egli si è degnato di nascere dalla
Vergine; morendo sulla croce, ci ha liberati dalla morte eterna e con la sua
risurrezione ci ha donato la vita immortale»13.
9
Cfr. CONGREGAZIONE PER LA DOTTRINA DELLA F E D E , Libertà cristiana e liberazione,
22.3.1986, in: EV, 10, nn. 240-248.
10
CEI, Messale Romano, prefazio pasquale 1, cit.
11
Ibidem, prefazio pasquale 2.
12
Ibidem, prefazio pasquale 4.
13
Ibidem, prefazio 2 delle domeniche del tempo ordinario.
14
Ibidem, prefazio 4 delle domeniche del tempo ordinario.
CAPITOLO V i l i - L A CONTEMPLAZIONE DEL MISTERO DI C R I S T O 2 6 3 . .
«Si tratta eminentemente di una salvezza teologica, non politica, non sociale
non economica, non ecologica, non filantropica ecc., vale a dire che riguarda
anzitutto e soprattutto i rapporti tra l'uomo e Dio, rapporti guastati dal peccato;
una salvezza che interessa tutto l'uomo... Nel definire la salvezza integrale, in-
tesa sia come salvezza da sia come salvezza per, occorre assegnare il primato
assoluto e la porzione principale a ciò che riguarda Dio, ossia a ciò che ci tiene
lontani da lui e a ciò che a lui ci avvicina. Ora ciò che ci allontana da Dio è il
peccato', la ribellione a Dio, la superbia, la pretesa di autogiustificazione e di
autosalvazione da parte dell'uomo. È da questa condizione di ribellione a Dio
e di lontananza da lui che Gesù Cristo è venuto anzitutto a salvarci, non quindi
dalle malattie, dalla fame, dalle ingiustizie sociali ecc.»15.
«Ad alcuni sembra addirittura che la lotta necessaria per la giustizia e la libertà
dell'uomo, intese nel loro senso economico e politico, costituisca l'aspetto es-
senziale ed esclusivo della salvezza. Per essi il Vangelo si riduce ad un vangelo
puramente terrestre»16.
«In questo modo si tende a identificare il Regno di Dio e il suo divenire con il
movimento della liberazione umana e a fare della storia stessa il soggetto del
suo proprio sviluppo come processo di auto-redenzione dell'uomo mediante la
lotta di classe. Questa identificazione è in opposizione alla fede della Chiesa
richiamata dal Concilio Vaticano II. In questa linea alcuni giungono perfino ad
identificare, al limite, Dio stesso e la storia e a definire la fede come "fedeltà alla
storia", il che significa fedeltà impegnata in una prassi politica conforme alla
concezione del divenire dell'umanità inteso nel senso di un messianismo pura-
mente temporale. Di conseguenza, la fede, la speranza e la carità ricevono un
nuovo contenuto: esse sono "fedeltà alla storia", "fiducia nel futuro", "opzione
per i poveri". Ciò equivale ad una negazione della loro realtà teologale»17.
15
B. Gesù Cristo salvatore dell'uomo. Cristologia storica e sistematica, cit., 275.
MONDIN,
16
CONGREGAZIONE PER LA DOTTRINA DELLA F E D E , Libertatis nuntius, Istruzione su alcuni
aspetti della "Teologia della Liberazione", 6.8.1984, VI, 4, in: EV, 9, n. 911.
17
Ibidem, IX, 3-5, in: Ibidem, nn. 942-944.
18
Ibidem, IV, 12.14, in: Ibidem, nn. 896. 898. Sullo sfondo dell'Istruzione della Congrega-
zione per la Dottrina della Fede c'è la cosiddetta cristologia della liberazione. Cristologia che
nasce nell'ambito della teologia della liberazione nei Paesi dell'America Latina negli anni '70
4CAPITOLOyiII-L
«Esiste comunque una differenza che, nonostante ogni sottolineatura della tota-
lità della salvezza operata dalla potenza di Dio, non può essere ignorata. Infatti
il risanamento vince la malattia e opera la salute, ma non vince anche il potere
della morte. La salvezza invece nella sua piena attuazione significa pure annien-
tamento del potere della morte e risuscitamento dell'uomo alla vita eterna»20.
e che ha i suoi rappresentanti più significativi in Leonardo Boff (Gesù Cristo liberatore, Citta-
della, Assisi 1973), Jon Sobrino (Cristologia desde América Latina. Esbozo a partir del segui-
miento del Jesús historico, CTRE, Mexico 1976; IDEM, Gesù Cristo liberatore. Lettura storico
teologica di Gesù di Nazaret, Cittadella Editrice, Assisi 1995), Gustavo Gutiérrez (Hacia una
teología de la liberación, MIEC-JECI, Montevideo 1969; IDEM, Teologia della liberazione.
Prospettive, Queriniana, Brescia 1972); Juan Louis Segundo (El ombre de hoy ante Jesús de
Nazaret I, Fe y ideología; II/l, Sinópticos y Pablo-, II/2, Las cristologías en la spiritualidad,
Ediciones Cristiandad, Madrid 1982); Hugo Assmann (Teologia della prassi di liberazione.
Saggio teologico nell'America dipendente, Cittadella Editrice, Assisi 1974); Segundo Galilea
(Teología de la liberación, Indo-American Press Service, Bogotá 1976; IDEM, La sequela di
Cristo, Queriniana Brescia 1882). La cristologia della liberazione «si propone come fine non
tanto l'intelligenza speculativa dell'evento, quanto piuttosto una sua attualizzazione pratica in
vista della liberazione personale e sociale dell'uomo» ( A . AMATO, Gesù il Signore. Saggio di
cristologìa, cit., 59). Boff scrive: «La cristologia che proclama Gesù Cristo come liberatore
vuole impegnarsi nella liberazione economica, sociale e politica dei gruppi oppressi e dominati.
Si sforza di cogliere la portata teologica della liberazione storica delle grandi masse nel nostro
continente... Si propone di articolare in tal modo il contenuto della cristologia e di creare uno
stile che metta in luce le dimensioni liberatrici presenti nel cammino storico di Gesù» (L. BOFF,
Jesús Cristo Libertator. Una vìsao cristólogica a partir da periferia, in: "Revista Eclesiástica
Brasileira" 37 (1977) 502. Per una introduzione alla teologia della liberazione, cfr. R. MARLÉ,
Introduzione alla teologia della liberazione, Morcelliana, Brescia 1991.
19
J . MOLTMANN, La via di Gesù Cristo. Cristologia in dimensioni messianiche, Queriniana,
Brescia 1991,60-61.
20
Ibidem, 128-129.
. C A P I T O L O V I 11 : . L ^ P N I E M P L A Z I O N E DEL MISTFRO DI CRISTO 265
«Cristo è l'unico mediatore tra Dio e gli uomini... Gli uomini... non posso-
no entrare in comunione con Dio se non per mezzo di Cristo, sotto l'azione
dello Spirito. Questa sua mediazione unica e universale, lungi dall'essere
di ostacolo al cammino verso Dio, è la via stabilita da Dio stesso, e di ciò
Cristo ha piena coscienza. Se non sono escluse mediazioni partecipate di
vario tipo e ordine, esse tuttavia attingono significato e valore unicamente
da quella di Cristo e non possono essere intese come parallele e complemen-
tari. E contrario alla fede cristiana introdurre una qualsiasi separazione tra
il Verbo e Gesù Cristo. San Giovanni afferma chiaramente che il Verbo, che
"era in principio presso Dio", è lo stesso che "si fece carne" (Gv 1,2.14):
Gesù è il Verbo incarnato, persona una e indivisibile. Non si può separare
Gesù da Cristo, né parlare di un "Gesù della storia", che sarebbe diverso dal
"Cristo della fede"»21.
21
GIOVANNI PAOLO II, Redemptoris missio, 7.12.1990, nn. 5-6, in: EV, 12, nn. 562-563. Il
magistero di Giovanni Paolo II si pone in continuità con quello del Vaticano II. Cfr. LG 1 ; 9; 16;
48; SC 7; GS 22; 38; AG 3; 8; DH 11; M / 2 ; OT16.
22
Cfr. CONGREGAZIONE PER LA DOTTRINA DELLA FEDE, Dominus Jesus, 6 . 8 . 2 0 0 0 , nn. 5 - 8 , in:
EV, 19, nn.1151-1162.
23
Ibidem, n. 6, in: Ibidem, n.1154.
pluralismo religioso, viene proposta una economia del Verbo eterno, valida
anche al di fuori della Chiesa e senza rapporto con essa, e una economia del
Verbo incarnato. La prima avrebbe un plusvalore di universalità rispetto alla
seconda, limitata ai soli cristiani, anche se in essa la presenza di Dio sarebbe
più piena»24.
1) L'affermazione che Gesù Cristo è la salvezza di Dio per tutti gli uomini,
m) Opera del Padre, la storia della salvezza. Opera del Figlio. Ma anche
opera dello Spirito Santo. Dall'inizio alla fine. Documenti del Vaticano II sin-
tetizzano così la presenza e l'azione dello Spirito Santo nella vita e nell'azione
della Chiesa, sacramento universale di salvezza:
24
Ibidem, n. 9, in: Ibidem, n. 1163.
25
G . IAMMARRONE, Salvezza, in: G . B A R B A G L I O - G . B O F - S . DIANICH (edd.), Teologia, cit.,
1451.
r
;. _ . CAPITOLOVnj^^ MISTERO DI CRISTO 267
«Compiuta l'opera che il Padre aveva affidato al Figlio sulla terra (cfr. Gv
17,4), il giorno di Pentecoste fu inviato lo Spirito Santo per santificare con-
tinuamente la Chiesa e affinché i credenti avessero così attraverso Cristo
accesso al Padre in un solo Spirito (cfr. Ef 2,18). Questi è lo Spirito che dà
la vita, una sorgente di acqua zampillante fino alla vita eterna (cfr. Gv 4,14;
7,38-39); per mezzo suo il Padre ridà la vita agli uomini, morti per il peccato,
finché un giorno risusciterà in Cristo i loro corpi mortali (cfr. Rm 8,10-11).
Lo Spirito dimora nella Chiesa e nei cuori dei fedeli come in un tempio (cfr.
ICor 3,16; 6,19) e in essi prega e rende testimonianza della loro condizione
di figli di Dio per adozione (cfr. Gal 4,6; Rm 8,15-16 e 26). Egli introduce la
Chiesa nella pienezza della verità (cfr. Gv 16,13), la unifica nella comunione
e nel ministero, la provvede e dirige con diversi doni gerarchici e carismatici,
la abbellisce dei suoi frutti (cfr. EfA, 11-12; ICor 12,4; Gal 5,22). Con la for-
za del Vangelo la fa ringiovanire, continuamente la rinnova e la conduce alla
perfetta unione col suo Sposo. Poiché lo Spirito e la sposa dicono al Signore
Gesù: "Vieni" (cfr. Ap 22,17). Così la Chiesa universale si presenta come "un
popolo che deriva la sua unità dall'unità del Padre, del Figlio e dello Spirito
Santo"» (LG 4).
«Per il raggiungimento di questo scopo, Cristo inviò da parte del Padre lo Spiri-
to Santo, perché compisse dal di dentro la sua opera di salvezza e stimolasse la
Chiesa a estendersi. Indubbiamente lo Spirito Santo operava nel mondo prima
ancora che Cristo fosse glorificato. Ma fu nel giorno della Pentecoste che esso
si effuse sui discepoli, per rimanere con loro in eterno; la Chiesa apparve uf-
ficialmente di fronte alla moltitudine ed ebbe inizio attraverso la predicazione
la diffusione del Vangelo in mezzo ai pagani; infine fu prefigurata l'unione dei
popoli nell'universalità della fede attraverso la Chiesa della Nuova Alleanza,
che in tutte le lingue si esprime e tutte le lingue nell'amore intende e abbraccia,
vincendo così la dispersione babelica. Fu dalla Pentecoste infatti che comin-
ciarono gli "atti degli apostoli", allo stesso modo che per l'opera dello Spirito
Santo nella vergine Maria Cristo era stato concepito, e per la discesa ancora
dello Spirito Santo sul Cristo che pregava questi era stato spinto a cominciare il
suo ministero. E lo stesso Signore Gesù, prima di immolare in assoluta libertà
la sua vita per il mondo, organizzò il ministero apostolico e promise l'invio
dello Spirito Santo, in modo che entrambi collaborassero, sempre e dovunque,
nella realizzazione dell'opera della salvezza. Ed è ancora lo Spirito Santo che
in tutti i tempi "unifica la Chiesa tutta intera nella comunione e nel ministero
e la fornisce dei diversi doni gerarchici e carismatici" vivificando - come loro
anima - le istituzioni ecclesiastiche ed infondendo nel cuore dei fedeli quello
spirito missionario da cui era stato spinto Gesù stesso. Talvolta anzi previene
visibilmente l'azione apostolica, come incessantemente, sebbene in varia ma-
niera, l'accompagna e la dirige» (AG 4).
268 CAPITOLO V I I I - L A C O N T E M P L A Z I O N E DEL MISTERO DI CRISTO
" - • -
3. I L M I S T E R O D E L L ' I N C A R N A Z I O N E
«Ma quando venne la pienezza del tempo, Dio mandò il suo Figlio, nato da
donna, nato sotto la Legge, per riscattare quelli che erano sotto la Legge, per-
ché ricevessimo l'adozione a figli» (Gal 4,4-5).
«O Padre, tu hai voluto che il tuo Verbo si facesse uomo nel grembo della Ver-
gine Maria: concedi a noi, che adoriamo il mistero del nostro Redentore, vero
Dio e vero uomo, di essere partecipi della sua vita immortale»26.
«O Dio che in modo mirabile ci ha creati a tua immagine, e in modo più mira-
bile ci hai rinnovato e redenti, fa' che possiamo condividere la vita divina del
tuo Figlio, che oggi ha voluto assumere la nostra natura umana»27.
26
CEI, Messale Romano, Annunciazione del Signore, Colletta, cit.
27
Ibidem, Natale del Signore, Colletta.
28
Ibidem, Prefazio dell'annunciazione del Signore.
CAPITOLO V i l i - L A CONTEMPLAZIONE DEL MISTERO DI CRISTO 258
1. L'evento dell'incarnazione
29
In IIISent. d. 3, q. 2, a. 2 sol.
TOMMASO D ' A Q U I N O ,
30
B . MONDIN, Gesù Cristo salvatore dell'uomo. Cristologia storica e sistematica, cit., 284-
285.
31
Sul mistero dell'incarnazione cfr. G . M A Z Z A , Incarnazione, in: R . P E N N A - G . PEREGO-G.
RAVASI (edd.), Temi teologici della Bibbia, cit., 6 8 0 - 6 8 8 .
32
CEI, Messale Romano, Prefazio di Natale 2.
DEL M1STERO 01
27.0 O m b m i ^ ^ CRIST°
«La corrente delle cose temporali ci trascina dietro a sé, ma il Signore nostro
Gesù Cristo nacque come l'albero presso le acque del fiume. Egli assunse la
carne, morì, risorse, ascese al cielo. Volle in certo modo mettere le sue radici
presso il fiume delle cose temporali. Sei trascinato con violenza dalla forza
della corrente? Attaccati al legno. Ti travolge l'amore del mondo? Stringiti a
Cristo. Per te egli è sceso nel tempo, perché tu diventassi eterno. Si è inserito
nel tempo, ma senza staccarsi dall'eternità. Tu invece sei nato nel tempo, e sei
diventato schiavo del tempo a causa del peccato: egli invece è sceso nel tempo,
per esercitare la misericordia nel perdono dei peccati»34.
«Volle avere un suo giorno, lui, senza il cui divino consenso non spunta alcun
giorno; e così si inserì nella serie dei nostri anni. Si fece uomo, lui, il creatore
dell'uomo, per suggere il seno pur reggendo le stelle; per aver fame, lui che
è il pane, per aver sete, lui che è la sorgente; per dormire, lui che è la luce;
per affaticarsi nel cammino, lui che è la vita; per essere giudicato da giudice
mortale, lui il giudice dei vivi e dei morti; per essere condannato dagli ingiusti,
lui che è la giustizia; per essere appeso alla croce, lui che è il fondamento; per
essere infermo, lui che è la forza; per morire, lui che è la vita»35.
33
GREGORIO DI NAZIANZO Oratio 4 5 , 9 . 2 2 . 2 6 . 2 8 , in: A A . V V . , L'ora di lettura commentata
dai padri della Chiesa, 1, Edizioni Dehoniane, Bologna 2 0 0 3 , 5 6 - 5 8 .
34
AGOSTINO D ' I P P O N A , Commento alla Prima Lettera di san Giovanni, 2,10, in: G . M A D U R I -
NI, Meditazioni sulla Lettera dell'amore di san Giovanni, Città Nuova, Roma 2000, 54.
35
I D E M , Discorso 1 9 1 , 8 sul Natale, in: AA.VV., L'ora di lettura commentata dai padri della
Chiesa, l,cit.,353.
CAPITOLO V i l i - L A CONTEMPLAZIONE DEL MISTERO DI CRISTO 260
«Il Figlio di Dio..., giunta la pienezza dei tempi che l'impenetrabile disegno
divino aveva disposto, volendo riconciliare con il suo Creatore la natura uma-
na, l'assunse lui stesso in modo che il diavolo, apportatore della morte, fosse
vinto da quella stessa natura che prima lui aveva reso schiava. Così alla nascita
del Signore gli angeli cantano esultanti: "Gloria a Dio nel più alto dei cieli e
pace in terra agli uomini che egli ama" (Le 2,14)»36.
«Ma quando venne la pienezza del tempo, Dio mandò il suo Figlio, nato da
donna, nato sotto la Legge, per riscattare quelli che erano sotto la Legge, per-
ché ricevessimo l'adozione a figli. E che voi siete figli lo prova il fatto che Dio
mandò nei nostri cuori lo Spirito del suo Figlio, il quale grida: "Abbà! Padre!".
Quindi non sei più schiavo, ma figlio e, se figlio, sei anche erede per grazia di
Dio» (Gal 4,4-7).
«Benedetto Dio, Padre del Signore nostro Gesù Cristo, che ci ha benedetti con
ogni benedizione spirituale nei cieli in Cristo. In lui ci ha scelti prima della
creazione del mondo per essere santi e immacolati di fronte a lui nella carità,
predestinandoci a essere per lui figli adottivi mediante Gesù Cristo, secondo il
disegno d'amore della sua volontà, a lode dello splendore della sua grazia, di
cui ci ha gratificati nel Figlio amato» (Ef 1,3-6).
36
LEONE I, Discorso 1 per il Natale, 1, in: Ibidem, 368. Cfr. PL 54,190-193.
37
A . AMATO, Gesù il Signore. Saggio di cristologia, cit., 3 9 2 . 3 9 4 .
272 CAPITOLO V i l i - L A CONTEMPLAZIONE DEL MISTERO DI CRISTO
La Chiesa lo sa e lo confessa:
«Carissimi, amiamoci gli uni gli altri, perché l'amore è da Dio: chiunque ama è
stato generato da Dio e conosce Dio. Chi non ama non ha conosciuto Dio, per-
ché Dio è amore. In questo si è manifestato l'amore di Dio in noi: Dio ha man-
dato nel mondo il suo Figlio unigenito, perché noi avessimo la vita per mezzo
di lui. In questo sta l'amore: non siamo stati noi ad amare Dio, ma è lui che ha
amato noi e ha mandato il suo Figlio come vittima di espiazione per i nostri
peccati. Carissimi, se Dio ci ha amati così, anche noi dobbiamo amarci gli uni
gli altri. Nessuno mai ha visto Dio; se ci amiamo gli uni gli altri, Dio rimane in
noi e l'amore di lui è perfetto in noi. In questo si conosce che noi rimaniamo in
lui ed egli in noi: egli ci ha donato il suo Spirito. E noi stessi abbiamo veduto
e attestiamo che il Padre ha mandato il suo Figlio come salvatore del mondo.
Chiunque confessa che Gesù è il Figlio di Dio, Dio rimane in lui ed egli in Dio.
E noi abbiamo conosciuto e creduto l'amore che Dio ha in noi. Dio è amore;
chi rimane nell'amore rimane in Dio e Dio rimane in lui» (lGv 4,7-16).
38
Ibidem, 398.
CAPITOLO VILI - L A CONTEMPLAZIONE DEL MISTERO DI
«In principio era il Verbo, - e il Verbo era presso Dio - e il Verbo era Dio. -
Egli era, in principio, presso Dio: - tutto è stato fatto per mezzo di lui - e senza
di lui nulla è stato fatto di ciò che esiste... - E il Verbo si fece carne - e venne
ad abitare in mezzo a noi» (Gv 1,1-3.14).
«Nei giorni della sua vita terrena egli offrì preghiere e suppliche, con forti gri-
da e lacrime, a Dio che poteva salvarlo da morte e, per il suo pieno abbandono
a lui, venne esaudito. Pur essendo Figlio, imparò l'obbedienza da ciò che patì
e, reso perfetto, divenne causa di salvezza eterna per tutti coloro che gli obbe-
discono, essendo stato proclamato da Dio sommo sacerdote secondo l'ordine
di Melchìsedek» (Eb 5,7-10).
«La kénosi... indica... la totalità del suo dono nel servire la volontà del Padre
e la profonda tragicità di questo suo impegno. Il Figlio di Dio, diventando
uomo in modo completo, accoglie in sé anche i limiti naturali dell'uomo, come
il dolore e la morte. Egli, cioè, vive in prima persona non solo la distanza che
separa Dio dall'uomo, ma anche il divario morale della creatura indebolita
dalla "carne simile a quella del peccato" (Rm 8,3), sottomessa alle tentazioni e
alle imperfezioni proprie dell'uomo»39.
c) «Compiuta l'opera che il Padre aveva affidato al Figlio sulla terra (Gv
17,4), il giorno di Pentecoste fu inviato lo Spirito Santo per santificare con-
tinuamente la Chiesa e affinché i credenti avessero così attraverso Cristo
accesso al Padre in un solo Spirito (Ef 2,18). Questi è lo Spirito che dà la
vita» (LG 3).
39
Ibidem, 402.
CAPITOLO VIS! - L A CONTEMPLAZIONE DFI MISTERQDIC RISTO
«Un germoglio spunterà dal tronco di lesse, un virgulto germoglierà dalle sue
radici. Su di lui si poserà lo spirito del Signore, spirito di sapienza e d'intelli-
genza, spirito di consiglio e di fortezza, spirito di conoscenza e di timore del
Signore» (Is 9,1-2).
«Dopo questo, io effonderò il mio spirito sopra ogni uomo e diverranno profeti
i vostri figli e le vostre figlie; i vostri anziani faranno sogni, i vostri giovani
avranno visioni. Anche sopra gli schiavi e sulle schiave in quei giorni effonde-
rò il mio spirito» (Gl 3,1-2).
«Ma l'angelo gli disse: "Non temere, Zaccaria, la tua preghiera è stata esaudita
e tua moglie Elisabetta ti darà un figlio, e tu lo chiamerai Giovanni. Avrai gioia
ed esultanza, e molti si rallegreranno della sua nascita, perché egli sarà grande
davanti al Signore; non berrà vino né bevande inebrianti, sarà colmato di Spi-
rito Santo fin dal seno di sua madre Elisabetta"» {Le 1,13-15).
«Appena Elisabetta ebbe udito il saluto di Maria, il bambino sussultò nel suo
grembo. Elisabetta fu colmata di Spirito Santo» (Le 1,41).
«Mentre però stava considerando queste cose, ecco, gli apparve in sogno un
angelo del Signore e gli disse: "Giuseppe, figlio di Davide, non temere di pren-
dere con te Maria, tua sposa. Infatti il bambino che è generato in lei viene dallo
Spirito Santo"» {Mt 1,20).
«Allora Maria disse all'angelo: "Come avverrà questo, poiché non conosco
uomo?". Le rispose l'angelo: "Lo Spirito Santo scenderà su di te e la potenza
dell'Altissimo ti coprirà con la sua ombra. Perciò colui che nascerà sarà santo
e sarà chiamato Figlio di Dio"» {Le 1,34-35).
Davvero tutta l'esistenza terrena di Gesù si svolge sotto il segno della pre-
senza dello Spirito Santo. Anche la sua risurrezione e la sua ascensione:
«Paolo, servo di Cristo Gesù, apostolo per chiamata, scelto per annunciare il
vangelo di Dio, che egli aveva promesso per mezzo dei suoi profeti nelle sacre
Scritture e che riguarda il Figlio suo, nato dal seme di Davide secondo la carne,
costituito Figlio di Dio con potenza, secondo lo Spirito di santità, in virtù della
risurrezione dei morti, Gesù Cristo nostro Signore» (Rm 1,1-4).
«Non spetta a voi conoscere tempi o momenti che il Padre ha riservato al suo
potere, ma riceverete la forza dallo Spirito Santo che scenderà su di voi, e di
me sarete testimoni a Gerusalemme, in tutta la Giudea e la Samaria e fino ai
confini della terra» (At 1,7-8).
«non ha potuto essere mandato dal Padre senza lo Spirito Santo, non solo per-
ché il Padre quando lo mandò, ossia quando lo formò dal seno della donna,
non lo formò affatto senza il concorso del suo Spirito, ma anche perché nel
vangelo, alla domanda della vergine Maria: Come avverrà questo? Si trovano
in risposta le seguenti parole assolutamente chiare ed evidenti: Lo Spirito San-
to scenderà su di te e la potenza dell'Altissimo ti coprirà con la sua ombra, e
Matteo dice: Si trovò incinta per virtù dello Spirito Santo»41.
40
GREGORIO DI NAZIANZO, Discorso, 31, 29, in: C . MORESCHINI, I cinque discorsi teologici,
Città Nuova, Roma 2006,179.
41
AGOSTINO D'IPPONA, La Trinità II, 5, 8, in: G. BESCHIN, La Trinità, cit., 61.
277 CAPITOLO VILI - L A CONTEMPLAZIONE DEL MISTERO DI CRISTO
3. Il fine dell'incarnazione
L'incarnazione del Figlio di Dio è mistero che affonda le sue radici nel
mistero stesso di Dio Trinità. La Chiesa lo sa e lo confessa:
42
Questioni di cristologia, cit., n. V, 2, in: EV, 7, n. 687.
COMMISSIONE TEOLOGICA INTERNAZIONALE,
43
CEI, Messale Romano, Prefazio dell'Annunciazione del Signore, cit.
278 C A P I T O L O V i l i - L A CONTEMPLAZIONE DEL MISTERO DI CRISTO
nello stesso uomo - perché altrimenti non può essere che lo stesso individuo
sia perfetto Dio e perfetto uomo»44.
«Alcuni dicono che il Figlio di Dio si sarebbe incarnato, anche se l'uomo non
avesse peccato. Altri invece affermano il contrario. Quest'ultima opinione pare
che sia da preferirsi. Le cose infatti che dipendono dalla sola volontà di Dio, al
di sopra di tutto ciò che è dovuto alle creature, non possono esserci note se non
attraverso la Sacra Scrittura, nella quale la volontà divina viene manifestata.
Perciò, siccome nella Sacra Scrittura il motivo dell'incarnazione viene sempre
desunto dal peccato del primo uomo, è meglio dire che l'opera dell'incarna-
zione è stata disposta da Dio a rimedio del peccato, di modo che, non esistendo
il peccato, non ci sarebbe stata l'incarnazione. La potenza di Dio però non è
coartata entro questi termini: Dio infatti avrebbe potuto incarnarsi, anche se
non ci fosse stato il peccato»45.
c) «Bisogna tener conto... che le difficoltà provenienti dal contrasto delle due posi-
zioni classiche sul motivo dell'incarnazione vengono meglio illuminate alla consi-
derazione del presupposto "precomprensivo" costituito dall'immagine statica del
mondo. Da secoli l'immagine dominante del mondo, fondata sulla scienza greca e
araba, era "cosmologica" ed espressa in termini di "ordine gerarchico": il mondo
era concepito come un insieme perfettamente ordinato (ordinata collectio creatura-
rum), prestabilito, che l'uomo doveva ammirare e rispettare. Dio è colui che crea
e mantiene l'ordine universale: il bene e il male sono il rispetto o l'infrazione a
questo ordine. La redenzione è la restaurazione di questo ordine perturbato»47.
44
ANSELMO D ' A O S T A , Cur deus homo, II, 7, in: K . - O . OHLIG (ed.), Cristologìa II. Dal me-
dioevo ai nostri giorni, cit., n. 169.
45
TOMMASO D ' A Q U I N O , Summa theologiae, III, q. 1, a. 3.
46
G.D. SCOTO, Opus oxoniense, III, d. 7, q. 4.
47
M. BORDONI, Incarnazione, in: G. BARBAGLIO-S. DIANICH (edd.), Nuovo Dizionario di
Teologia, cit., 635-636.
CAPITOLO V I N - L A c ^ ^ MISTERO DI CRISTO , 2 ' / 2
«appare condizionata alla restaurazione di ciò che era all'inizio il che non
evidenzia sufficientemente la novità dell'opera del Cristo, la sovrabbondan-
za della sua redenzione, la sua presenza all'opera salvifica, la sua missione
ricapitolatrice di tutte le cose... Il difetto di entrambe le teologie sul motivo
dell'incarnazione consiste in una comprensione del mondo non in grado di in-
tegrare in una visione unitaria il creativo e il soteriologico e restando pertanto
insolubile fondamentalmente. Oggi la comprensione del mondo ha subito
profondi cambiamenti tra i quali non si può fare a meno di notare l'accento
posto sul futuro. L'unità del mondo non è pensata come un'unità precosti-
tuita in modo perfetto, originario, ma come un'unità da costruire attraverso un
processo genetico nel quale la realtà risulta in modo sincronico e diacronico...
L'opera attiva di Dio, che inizia col principio del mondo, si estende a tutto l'ar-
co del tempo e della storia conducendo il mondo alla sua perfezione finale ove
risiede la realizzazione piena delle intenzioni creatrici di Dio. Quindi l'azione
creativa di Dio che accompagna tutto il processo evolutivo del mondo si adem-
pie soprattutto alla fine del processo genetico del mondo stesso. Diversi teologi
hanno tentato di esprimere l'idea dell'incarnazione in questo nuovo quadro
comprensivo del mondo»48.
«Nonostante gli aspetti critici del suo pensiero, Teilhard offre un apporto po-
sitivo al superamento dell'adozione di categorie stroppo statiche per una teo-
logia dell'incarnazione, orientando verso un tipo di riflessione capace di inte-
grare più adeguatamente il momento creativo con quello redentivo nell'unico
piano salvifico di Dio. L'incarnazione non può essere di certo considerata
semplicemente come un secondo tempo, un secondo intervento di Dio, ade-
guatamente distinto rispetto alla creazione, e condizionato al fatto storico del
peccato. In realtà essa comprende in sé il creativo e il soteriologico come
aspetti distinti di un'unica volontà elettiva di Dio nei confronti dell'uomo e
48
Ibidem, 636.637.
49
B . MONDIN, Gesù Cristo salvatore dell'uomo. Cristologia storica e sistematica, cit., 286-
287.
CAPITOLO VILI - L A CONTEMPLAZIONE DEL MISTERO DI CRISTO 269
50
M. BORDONI, Incarnazione, in: G. BARBAGLIO-S. DIANICH (edd.), Nuovo Dizionario di
Teologia, cit., 6 3 8 - 6 3 9 . Hercsik scrive che «sin dall'inizio, a prescindere dal peccato e dal
bisogno della redenzione, la creazione è stata concepita come "inizio e grammatica" dell'auto-
comunicazione divina, come presupposto e momento della volontà di Dio di autocomunicarsi,
come la conditìo sine qua non e la forma di quella radicale attenzione di Dio che si è realizzata
nell'evento di Cristo. Senza l'incarnazione questa "grammatica", che è la creazione, resterebbe
muta. Se Dìo crea attraverso la sua parola e se tutto è orientato in vista del Figlio, l'incarnazione
non è un ipotetico retro-pensiero di Dio, ma è piuttosto una sua decisione eterna che si realizza
a partire dalla sua eternità. Certo, l'incarnazione si compie all'interno della creazione, cioè in
modo conforme alla storia dell'uomo e all'interno della sua vicenda storica. Ma l'incarnazione
è etema come è eterno il progetto di Dio di porre fuori da sé qualcosa che è stato creato, per poi
riportarlo interamente nella sua libertà alla comunione con Dio. La creazione è l'inizio di un
processo che all'interno della storia ha come momento culminante e come evento finale l'even-
to di Cristo» (D. HERCSIK, Il Signore Gesù. Saggio di cristologia e soteriologia, cit., 3 2 5 ) .
_ _ __ C A P l T 0 L ^ y H l J ^ _ C 0 . N T E M P L A Z 1 0 N E DEL MISTERO DI CRISTO 281
svelato nella risurrezione. Ha offerto come primizia, in tutti questi modi, la sua
stessa natura d'uomo, poiché non ti perda d'animo nella sofferenza, ma rico-
noscendoti uomo, aspetti anche per te ciò che il Padre ha offerto a lui. Quando
tu avrai conosciuto il Dio vero, avrai insieme all'anima un corpo immortale
e incorruttibile; otterrai il regno dei cieli, perché nella vita di questo mon-
do hai riconosciuto il re e il Signore del cielo. Tu vivrai in intimità con Dio
sarai erede insieme con Cristo, non più schiavo dei desideri, delle passioni,
nemmeno della sofferenza e dei mali fisici, perché sarai diventato dio. Infatti
le sofferenze che hai dovuto sopportare per il fatto di essere uomo, Dio te le
dava perché eri uomo... Cristo, il Dio superiore a tutte le cose, colui che aveva
stabilito di annullare il peccato degli uomini rifece nuovo l'uomo vecchio e lo
chiamò sua propria immagine fin dall'inizio. Ecco come ha mostrato l'amore
che aveva verso di te»51.
4. Vero Dio
«Ma quando venne la pienezza del tempo, Dio mandò il suo Figlio, nato
da donna, nato sotto la Legge, per riscattare quelli che erano sotto la Legge,
perché ricevessimo l'adozione a figli» (Gal 4,4-5).
; «In principio era il Verbo, - e il Verbo era presso Dio - e il Verbo era Dio... -
E il Verbo si fece carne - e venne ad abitare in mezzo a noi; - e noi abbiamo
;; contemplato la sua gloria, - gloria come del Figlio unigenito - che viene dal
Padre, - pieno di grazia e di verità» (Gv 1,1.14).
..•/e,:
a) Gesù dichiara di essere Dio52. Appare, ad esempio, dalla sua "pretesa"
2 di perdonare i peccati:
51
IPPOLITO DI R O M A , Confutazione dì tutte le eresìe, 10.33-34, in: A A . V V . , L'ora di lettura
commentata dai padri della Chiesa, 1, cit., 405-406. Cfr. PG 16,3452-3453.
52
f-] Cfr. F. D R E Y F U S , Gesù sapeva d'essere Dìo?, cit.
CAPITOLO V i l i - L A CONTEMPLAZIONE DEL MISTERO DI CRISTO 271
non Dio solo?". E subito Gesù, conoscendo nel suo spirito che così pensavano
tra sé, disse loro: "Perché pensate queste cose nel vostro cuore? Che cosa è
più facile: dire al paralitico "Ti sono perdonati i peccati", oppure dire "Alzati,
prendi la tua barella e cammina"? Ora, perché sappiate che il Figlio dell'uomo
ha il potere di perdonare i peccati sulla terra, dico a te - disse al paralitico - :
àlzati, prendi la tua barella e va' a casa tua". Quello si alzò e subito presa la sua
barella, sotto gli occhi di tutti se ne andò, e tutti si meravigliarono e lodavano
Dio, dicendo: "Non abbiamo mai visto nulla di simile!"» (Me 2,3-12)
Appare anche dal suo rapporto intimo, singolare, unico con Dio e dalla
rivendicazione che egli fa per se stesso del nome di Dio: Io Sono.
«In quel tempo Gesù disse: "Ti rendo lode, Padre, Signore del cielo e della
terra, perché hai nascosto queste cose ai sapienti e ai dotti e le hai rivelate ai
piccoli. Sì, o Padre, perché così hai deciso nella tua benevolenza. Tutto è stato
dato a me dal Padre mio; nessuno conosce il Figlio se non il Padre, e nessuno
conosce il Padre se non il Figlio e colui al quale il Figlio vorrà rivelarlo"» (Mt
11,25-27).
«Vi ho detto che morirete nei vostri peccati; se infatti non credete che Io Sono,
morirete nei vostri peccati» (Gv 8,24).
«Disse allora Gesù: "Quando avrete innalzato il Figlio dell'uomo, allora cono-
scerete che Io Sono e che non faccio nulla da me stesso, ma parlo come il Padre
mi ha insegnato"» (Gv 8,28).
«Rispose loro Gesù: "In verità, in verità io vi dico: prima che Abramo fosse,
Io Sono"» (Gv 8,58).
«vede il nucleo della sua chiamata nel fatto che Dio si è compiaciuto di "ri-
velare il Figlio suo in me, affinché io lo annunziassi ai pagani" (Gal 1,16).
Paolo chiama Dio a testimone del fatto che ciò che lui annuncia è "il vangelo
del Figlio suo" (Rm 1,9). E corrispondentemente la fede di Paolo è "quella nel
Figlio di Dio che mi amò e diede se stesso per me" (Gal 2,20). Secondo il van-
gelo di Paolo Dio ha mandato il suo Figlio nel mondo (Rm 8,3; Gal 4,4): "Non
ha risparmiato il proprio Figlio, ma lo ha dato in sacrificio per noi tutti" (Rm
8,32)... Il vangelo descrive il cammino del Figlio e comunica che egli è "nato
dalla stirpe di Davide secondo la natura umana, costituito Figlio di Dio con po-
tenza secondo lo Spirito di santificazione mediante la risurrezione dai morti"
.^PJIO^ynidrA C O ^ DEL MISTERO DI CRISTO 283
CRm 1,3-4). Colui che da sempre è il Figlio di Dio diventa, nella sua esistenza
umana e terrena, un membro della stirpe di Davide e, mediante la risurrezione
Figlio di Dio in potenza: la sua potenza, rimasta nascosta durante la sua attività
terrena, si manifesta pienamente nella sua eterna esistenza celeste. L'effetto
salvifico della consegna di Gesù è infine che "noi fummo riconciliati con Dio
in virtù della morte del Figlio suo" (Rm 5,10). Il Figlio, proprio a causa del-
la sua perfetta unione con il Padre, manifestatasi nella perfetta ubbidienza al
suo mandato, è in grado di riconciliare gli uomini peccatori e ribelli con Dio.
Questo viene indicato con diverse espressioni: i cristiani sono destinati "ad es-
sere conformi all'immagine del Figlio suo, affinché egli sia il primogenito tra
molti fratelli" (Rm 8,29); sono chiamati "alla comunione con il Figlio suo Gesù
Cristo Signore nostro" (ICor 1,9); devono ricevere "l'adozione a figli" (Gal
4,5)... Infine, per i cristiani è essenziale "aspettare dai cieli il suo Figlio, che
egli risuscitò dai morti" (ITs 1,10). Secondo Paolo per Gesù è fondamentale
il suo singolare rapporto filiale con Dio: esso sta alla base della sua opera di
salvezza e costituisce anche il modello per lo stato di compimento di tutti gli
uomini e le donne»53.
«affinché anche voi abbiate comunione con noi. La nostra comunione è con il
Padre e con il Figlio suo Gesù Cristo» (lGv 1,3). «Diverse volte nella lettera si
parla della venuta del Figlio di Dio e se ne indica lo scopo: "Il Figlio di Dio si
è manifestato per distruggere le opere del diavolo" (lGv 3,8); "Dio ha inviato
il suo Figlio unigenito nel mondo affinché noi avessimo la vita per mezzo di
lui... Egli ha amato noi e ha inviato il suo Figlio come propiziazione per i
nostri peccati" (lGv 4,9-10; cfr. anche 1,7); "Sappiamo anche che il Figlio di
Dio è venuto e ci ha dato l'intelligenza per conoscere Colui che è il Vero. E noi
siamo in Colui che è il Vero, nel Figlio suo Gesù Cristo. Questi è il vero Dio
e la vita eterna" (lGv 5,20). In questa affermazione finale della lettera Gesù
viene chiamato "il vero Dio" (cfr. Gv 20,28), dichiarandone l'uguaglianza con
Dio Padre. Quanto agli effetti della sua venuta, essi sono: il superamento del
diavolo, l'espiazione dei peccati, la conoscenza del vero Dio e la vita eterna. La
singolare unione di Gesù con Dio e il fatto che egli sia il Figlio uguale al Padre
lo rendono capace di realizzare queste opere di salvezza per gli uomini. L'uni-
ca via che gli uomini devono indispensabilmente percorrere per partecipare
alla salvezza apportata da Gesù è quella della fede in Lui, Figlio di Dio»54.
53
K. STOCK, Figlio di Dio, in: R . P E N N A - G . P E R E G O - G . RAVASI, Temi teologici della Bibbia,
cit., 497-498. Paolo scrive: «È in lui (in Gesù) che abita corporalmente tutta la pienezza della
divinità, e voi partecipate della pienezza di lui, che è il capo di ogni Principato e di ogni Poten-
za» (Col 2,9-10). «Da loro (dai patriarchi) proviene Cristo secondo la carne, egli che è sopra
ogni cosa, Dio benedetto nei secoli. Amen» (Rm 9,5).
54
K. STOCK, Figlio di Dio, in: R. P E N N A - G . P E R E G O - G . RAVASI, Temi teologici della Bibbia,
cit., 498.
I L I .RAPITOLO VII I - L A C
«Se con la tua bocca proclamerai: "Gesù è il Signore!", e con il tuo cuore
crederai che Dio lo ha risuscitato dai morti, sarai salvo. Con il cuore infatti
si crede per ottenere la giustizia, e con la bocca si fa la professione di fede
per avere la salvezza. Dice infatti la Scrittura: Chiunque crede in lui non sarà
deluso. Poiché non c'è distinzione fra Giudeo e Greco, dato che lui stesso è
il Signore di tutti, ricco verso tutti quelli che lo invocano. Infatti: Chiunque
invocherà il nome del Signore sarà salvato» (Rm 10,9-13).
«Voi sapete infatti che, quando eravate pagani, vi lasciavate trascinare senza
alcun controllo verso gli idoli muti. Perciò io vi dichiaro: nessuno che parli
sotto l'azione dello Spirito di Dio può dire: "Gesù è anàtema!"; e nessuno
può dire: «Gesù è Signore!», se non sotto l'azione dello Spirito Santo» (ICor
12,2-3).
«In realtà, anche se vi sono cosiddetti dèi sia nel cielo che sulla terra - e difatti
ci sono molti dèi e molti signori - ,
per noi c'è un solo Dio, il Padre,
dal quale tutto proviene e noi siamo per lui;
e un solo Signore, Gesù Cristo,
in virtù del quale esistono tutte le cose e noi esistiamo grazie a lui» ( I Cor
8,5-6).
55
«Nelle lettere paoline... l'utilizzo «istologico di kyrios associa in modo singolare Gesù
a Dio nella venerazione dei credenti; lo avvicina in forma unica alla dignità divina, attraverso
l'interscambiabilità del titolo; lo rivela come "signore" che può esigere la piena obbedienza
dei suoi fedeli e lo manifesta come partecipe della funzione escatologica spettante a Dio» (A.
BARBI, Signore, in Ibidem, 1 3 1 0 ) .
56
CEI, La verità vi farà liberi. Catechismo degli adulti, cit., n. 290.
C^IgLOVnL^^ DEL MISTERO DI CRISTO 285
5. Il preesistente
Gesù Cristo, il Verbo che nella pienezza del tempo si fa carne, è il preesi-
stente. «La sua è una preesistenza ontologica, a livello di realtà. Essa è fondata
sulla sua generazione eterna dal Padre e sul ruolo da lui avuto nella creazione
del mondo» 60 . Chiare le affermazioni di Paolo, di Giovanni e dei concili.
«con gioia il Padre che vi ha resi capaci di partecipare alla sorte dei santi nella luce.
È lui che ci ha liberati dal potere delle tenebre
e ci ha trasferiti nel regno del Figlio del suo amore,
per mezzo del quale abbiamo la redenzione,
il perdono dei peccati.
Egli è immagine del Dio invisibile,
primogenito di tutta la creazione,
perché in lui furono create tutte le cose
nei cieli e sulla terra,
quelle visibili e quelle invisibili:
57
Tra i padri Atanasio, Basilio di Cesarea, Gregorio di Nissa, Gregorio di Nazianzo, Ilario,
Ambrogio, Agostino.
58
Cfr. Didaché IX, 1 ; X, 1, in: A. QUACQUARELLI, I Padri apostolici, cit., 35-36; GIUSTINO,
Apologia Prima, 65,1; 66,1-2; 67,1.
59
Cfr. ad esempio IGNAZIO DI ANTIOCHIA, Agli Efesini 1,2; Agli Smirnesi 1, 1, in: Ibidem,
102; 133-134.
60
A . AMATO, Gesù il Signore. Saggio di cristologia, cit., 444.
CAPITOLO V I I I - L A C ^
Troni, Dominazioni,
Principati e Potenze.
Tutte le cose sono state create
per mezzo di lui e in vista di lui.
Egli è prima di tutte le cose
e tutte in lui sussistono.
Egli è anche il capo del corpo, della Chiesa.
Egli è principio,
primogenito di quelli che risorgono dai morti,
perché sia lui ad avere il primato su tutte le cose.
E piaciuto infatti a Dio
che abiti in lui tutta la pienezza
e che per mezzo di lui e in vista di lui
siano riconciliate tutte le cose,
avendo pacificato con il sangue della sua croce
sia le cose che stanno sulla terra,
sia quelle che stanno nei cieli» (Col 1,12-20).
61
La Bibbia. Via verità e vita, cit., 2223.
CAPITOLO VILI - L A ^ J E M P L A Z I Q N E DEL MISTERO DI CRISTO W
"Si ritrovano qui i motivi centrali per l'affermazione della preesistenza: la di-
vinità del Verbo, la sua consustanzialità col Padre, la sua funzione creatrice e
il suo divenire uomo»62.
«Il santo e grande concilio dichiara che il Figlio unigenito generato per natura
da Dio Padre, vero Dio dal vero Dio, luce da luce, mediante il quale il Padre ha
creato ogni cosa, proprio questi è disceso, si è fatto carne e uomo, ha sofferto,
è risorto il terzo giorno ed è asceso al cielo»65.
62
A . AMATO, Gesù il Signore. Saggio di cristologìa, cit., 445.
63
H . DENZINGER, Enchiridion symbolorum, definitionum et declarationum de rebus fidei et
morum, cit., 125.
64
Ibidem, 150.
65
CIRILLO DI ALESSANDRIA, Seconda Lettera a Nestorio, in: K . - O . OHLIG (ed.), Cristologia I.
Dagli inizi al periodo tardo-antico, cit., n. 128.
288 CAPITOLO V I 11 - L A CONTEMPLAZIONE DEL MISTERO DI CRISTO
per noi e per la nostra salvezza da Maria la vergine Madre di Dio secondo
l'umanità»66.
d) «Sulla scorta delle affermazioni bibliche si rileva... che la vera identità del
Cristo, la realtà del mistero teologico della sua persona di Figlio Unigenito può
essere colta solo risalendo alla sua origine eterna presso il Padre. Le afferma-
zioni neotestamentarie, che si sviluppano a partire dalla gloria del Risorto, non
sono di tipo deduttivo, aprioristico. Esse implicano invece un vero e proprio
"processo rivelativo legato agli eventi". Ciò significa che la pienezza della sua
gloria di Figlio alla destra del Padre nell'evento pasquale non è solo frutto di
adozione filiale. La gloria del risorto è invece irraggiamento della gloria del
preesistente. Le testimonianze bibliche sulla preesistenza, inoltre, non sottoli-
neano solo l'essere del Logos, a scapito della sua funzione salvifica. Mostrano
invece che il Cristo morto e risorto ha la sua vera origine nel seno del Padre e,
proprio per questo, "possiede una supremazia cosmica, quale mediatore uni-
versale e capo della Chiesa e della intera creazione, principio creatore e ani-
matore del mondo". La fede della primitiva comunità cristiana è pervenuta alla
conoscenza dell'essere eterno del Figlio nel Padre a partire dal suo "essere per
noi" nel tempo. Si possono quindi affermare due "stati di esistenza" del Cristo:
quello protologico e quello storico. Il primo è il punto di partenza del secondo.
E il secondo è la via per la conoscenza del primo. In entrambi è presente un
intrinseco dinamismo di salvezza. L'esistenza protologica e trinitaria del Cristo
è in se stessa - e non solo come punto di partenza della sua incarnazione salvi-
fica - una realtà salvifica»67.
e) Il Verbo eterno, il Verbo preesistente diviene uomo (Gv 1,14; Fil 2,6-7).
«Nella incarnazione colui che diviene non perde ciò che è. Secondo i termini
giovannei, il Verbo non cessa di essere il Verbo quando diviene carne. Rimane
in modo identico il Verbo che "era" in principio. Se non fosse così, l'incarna-
zione sarebbe senza valore. Per conservare il suo valore, il mistero deve essere
quello del Verbo che, essendo Dio, e restando Dio, diventa uomo. E in quanto
Verbo e Figlio di Dio che egli assume una vita umana. D'altronde, secondo la
prospettiva giovannea, egli ha una missione di Verbo e di Figlio di Dio nella
sua esistenza di uomo. D'altra parte il fatto che il Verbo rimane il Verbo non
impedisce un vero divenire... Divenire non è un aggiungersi semplicemente
qualcosa d'altro, ma un appropriarselo in modo di farlo entrare nella propria
esperienza esistenziale. Divenire è essere impegnato col più profondo di se
stesso in ciò che si diventa. Questo divenire significa soprattutto che il Ver-
bo ha fatto personalmente l'esperienza di una vita umana, della propria vita
umana. Il termine "carne" indica l'umiltà di tale esperienza. Il Verbo ha dun-
66
H . DENZINGER, Enchiridion symbolorum, definitionum et declarationum de rebus fidei et
morum, cit., 301.
67
A . AMATO, Gesù il Signore. Saggio di cristologia, cit., 447-448.
CAPITOLO VILI - LA CONTEMPLAZIONE DEL MISTERO DI CRISTO 289..
6. Vero uomo
68
Alla ricerca di una nuova cristologia, cit., 6 1 - 6 3 .
J . GALOT,
69
Cfr. B. Gesù nella tradizione della Chiesa, cit., 234-241.
SESBOUÉ,
70
COMMISSIONE TEOLOGICA INTERNAZIONALE, Questioni di cristologia, cit., 1,2.6, in: EV, 7,1,
n. 645.
290 CAPITOLO VILI - LA CONTEMPLAZIONE DEL MISTERO DI CRISTO
«Nato Gesù a Betlemme di Giudea, al tempo del re Erode, ecco, alcuni Magi
vennero da oriente a Gerusalemme» (Mt 2,1).
«In quei giorni un decreto di Cesare Augusto ordinò che si facesse il censi-
mento di tutta la terra. Questo primo censimento fu fatto quando Quirinio era
governatore della Siria. Tutti andavano a farsi censire, ciascuno nella propria
città. Anche Giuseppe, dalla Galilea, dalla città di Nàzaret, salì in Giudea alla
città di Davide chiamata Betlemme» (Le 2,1-4).
«Quando fu mezzogiorno, si fece buio su tutta la terra fino alle tre del pome-
riggio. Alle tre, Gesù gridò a gran voce: "Eloì, Eloì, lemà sabactàni?", che
significa: "Dio mio, Dio mio, perché mi hai abbandonato?". Udendo questo,
alcuni dei presenti dicevano: "Ecco, chiama Elia!". Uno corse a inzuppare di
aceto una spugna, la fissò su una canna e gli dava da bere, dicendo: "Aspettate,
vediamo se viene Elia a farlo scendere". Ma Gesù, dando un forte grido, spirò»
(Me 15,33-37).
«Gesù, quando cominciò il suo ministero, aveva circa trent'anni ed era figlio,
come si riteneva, di Giuseppe, figlio di Eli, figlio di Mattat, figlio di Levi,
figlio di Melchi... figlio di Enos, figlio di Set, figlio di Adamo, figlio di Dio»
(Le 3,23-24.38).
71
H . KUNG, Essere cristiani, cit., 181.
CAPITOLO V i l i - L A CONTEMPLAZIONE DEL MISTERO DI CRISTO 291
^ «Tutto questo soffri il Signore perché fossimo salvi. E soffri realmente come
,t realmente risuscitò se stesso, non come dicono alcuni infedeli, essi che sono
i apparenza, che soffrì in apparenza. Come pensano, avverrà loro di essere in-
S corporei e simili ai demoni... Alcuni non conoscendolo lo rinnegano e più che
Tt' mai sono da lui rinnegati. Difensori della morte più che della verità non li han-
72
Ibidem, 192.
73
Ibidem, 207.
2S1Capito^
«Questi (il Cristo) che, nato dal Padre, ha creato i tempi, nato dalla madre ha
lasciato in consegna ai tempi questo giorno. Quella nascita non abbisognò di
una madre; questa non richiese un uomo per padre. Veramente Cristo nacque
e da un padre e da una madre; e senza padre e senza madre: dal Padre nacque
Dio, dalla madre uomo; Dio senza madre, uomo senza padre. E dunque chi
potrà narrare la sua generazione?, sia quella al di fuori del tempo, sia questa
senza seme; quella senza inizio, questa senza esempio; quella che sempre fu,
questa che non si ebbe né prima né dopo; quella che non ha fine, questa che
inizia dove termina?»75.
f) Anche i concili dei primi secoli affermano la vera umanità di Gesù. Dal
concilio di Nicea al concilio di Costantinopoli III. Basta richiamare qualche
testimonianza.
Contro l'eresia di Apollinare che nega a Gesù prima l'anima umana e poi
l'intelletto umano, il I concilio di Costantinopoli insegna:
«Per noi uomini e per la nostra salvezza è disceso dal cielo, si è incarnato dallo
Spirito Santo e da Maria vergine e si è fatto uomo. È stato crocifisso per noi
sotto Ponzio Pilato, ha patito, è stato seppellito, è risorto il terzo giorno secon-
do le Scritture, è risalito al cielo, siede alla destra del Padre, verrà di nuovo con
gloria a giudicare i vivi e i morti, e del suo regno non ci sarà fine»76.
«Il santo e grande concilio dichiara che il Figlio unigenito generato per natura
da Dio Padre, vero Dio dal vero Dio, luce da luce, mediante il quale il Padre ha
creato ogni cosa, proprio questi è disceso, si è fatto carne e uomo, ha sofferto,
è risorto il terzo giorno ed è asceso al cielo. A queste parole e dottrine noi pure
dobbiamo attenerci e considerare cosa significhi che il Logos, nato da Dio, si
è incarnato e fatto uomo»77.
74
IGNAZIO DI ANTIOCHIA, Agli Smirnesi, 2; 5, 1-2, in: A. QUACQUARELLI, Ipadri apostolici,
cit., 134.135.
75
AGOSTINO D'IPPONA, Discorso 184, in: L . PADOVESE, Sermoni per i tempi liturgici, cit.,
108-109.
76
H . DENZINGER, Enchiridion symbolorum, definitionum et declarationum de rebus fidei et
morum, cit., 150.
77
CIRILLO DI ALESSANDRIA, Seconda Lettera a Nestorio, in: K . - O . OHLIG (ed.), Cristologia I.
Dagli inizi al periodo tardo-antico, cit., n. 128.
293 C A P I T O L O V i l i - L A CONTEMPLAZIONE DEL MISTERO DI CRISTO
Contro i monofisiti che affermano una sola natura in Gesù, la natura divina
che assorbe la natura umana, il concilio di Calcedonia insegna:
Vero Dio e vero uomo, Gesù. Una sola persona. La persona divina del
Verbo. In due nature, la natura divina e la natura umana. Questo il mistero.
Questa la fede della Chiesa.
a) Che in Gesù ci sia una sola persona, la persona divina del Verbo, in due
nature appare da testi biblici significativi:
«Il Verbo, che è Dio... si è fatto carne non perché la divinità si sia trasformata
in umanità (il che è impossibile), ma perché quella carne è carne del Verbo;
pertanto, divinità e umanità appartengono allo stesso soggetto o persona, il
Verbo incarnato»79.
«E ora, Padre, glorificami davanti a te con quella gloria che io avevo pres-
so di te prima che il mondo fosse» (Gv 17,5). «Me e io indicano qui la stessa
persona; me si riferisce alla natura umana da glorificare, mi esprime la divinità
gloriosa nell'eternità, cioè prima della creazione del mondo» 80 .
78
H . DENZINGER, Enchìridion symbolorum, definitìonum et declarationum de rebus fidei et
morum, cit., 301.
79
F . O C A R I Z - L . F . MATEO S E C O - J . A . RIESTRA, II mistero di Cristo. Manuale di cristologia,
Apollinare Studi, Roma 2000,105.
80
Ibidem.
C A P I T O L O V i l i - L A CONTEMPLAZIONE DEL MISTERO DI CRISTO 283
«La stessa persona che aveva la forma di Dio (natura divina) è quella che
ha poi assunto la forma di servo (natura umana)» 81 . Dell'unico soggetto si
dicono «due diversi modi di essere: colui che prima era nel modo d'essere di
Dio ora assume il modo di essere della schiavitù umana ed entra nella sfera
delle potenze cosmiche» 82 .
b) Che in Gesù ci sia una sola persona, la persona divina del Verbo, in
due nature appare dall'insegnamento dei padri della Chiesa. Bastano alcune
citazioni.
Ignazio di Antiochia scrive:
«Non c'è che un solo medico, materiale e spirituale, generato e non generato,
fatto Dio in carne, vita vera nella morte, nato da Maria e da Dio, prima passi-
bile poi impassibile, Gesù Cristo nostro Signore»83.
«(in Cristo) noi osserviamo una duplice condizione, non confusa ma congiunta
in una sola persona, Dio e l'uomo Gesù - del Cristo per ora non parlo - ; e a
tal punto rimane inalterata la realtà particolare di ognuna delle due sostanze,
che lo Spirito compì in lui le azioni a lui proprie, cioè miracoli, opere e segni,
mentre la carne potè essere soggetta alle sue sofferenze: la fame col demonio,
la sete con la samaritana, le lacrime per Lazzaro, l'angoscia di morte e infine
anche morire»84.
«Questi uomini non ingannino gli altri né se stessi, ammettendo che l'uomo del
Signore, come essi dicono, o meglio il nostro Signore e Dio, sia uomo privo di
81
Ibidem.
82
W . KASPER, Gesù il Cristo, cit., 3 2 0 .
83
IGNAZIO DI ANTIOCHIA, Agli Efesini 7 , 2, in: A . QUACQUARELLI, I Padri apostolici, cit..
102.
84
TERTULLIANO, Contro Prassea, 27,11, in: G. SCARPAT, Contro Prassea, SEI, Torino 1985,
227.
295 CAPITOLO V i l i - LA CONTEMPLAZIONE DEL MISTERO DI CRISTO
intelletto. Infatti noi non dividiamo l'uomo dalla divinità, ma affermiamo uno
solo e lo stesso, prima non uomo ma solo Dio e Figlio e anteriore ai tempi non
mescolato col corpo e con ciò che è del corpo, ma alla fine anche uomo assunto
per la nostra salvezza, passibile nella carne, impassibile nella divinità circoscri-
vibile nel corpo, incircoscrivibile nello spirito, lo stesso terreno e celeste visibile
e intellegibile, comprensibile e incomprensibile, perché dallo stesso, uomo com-
pleto e Dio, fosse ricreato l'intero uomo che era caduto sotto il peccato»85.
«Benché egli (Cristo) abbia due nature, sia Dio e uomo, e l'uomo sia corpo e
anima, tuttavia non sono due Figli o due dei... Insomma, nel Salvatore ci sono
due realtà distinte, ma non due individui»86.
c) Che in Gesù ci sia una sola persona, la persona divina del Verbo, in due
nature appare con chiarezza dall'insegnamento del concilio di Efeso che nel
431 condanna Nestorio:
85
GREGORIO DI NAZIANZO, Prima lettera a Cledonio 3 , in: M. SIMONETTI, Testi teologici e
spirituali in lingua greca dal TV al VII secolo, Fondazione Lorenzo Valla/Arnoldo Mondadori,
Milano 2 0 0 9 , 3 2 7 .
86
IDEM, Lettera 101 a Cledonio 1 , 3 .
87
AGOSTINO D'IPPONA, Discorso 186,1,1, in: K.-H. OHLIG (ed.), Cristologia I . Dagli inizi al
periodo tardo-antico, cit., n. 144.
88
CIRILLO DI ALESSANDRIA, Seconda Lettera a Nestorio, in: Ibidem, n. 1 2 8 .
296 CAPITOLO V i l i - L A CONTEMPLAZIONE DEL MISTERO DI CRISTO
d) Che in Gesù ci sia una sola persona, la persona divina del Verbo, in due
nature appare con chiarezza dall'insegnamento di papa Leone I che nel 449
invia a Flaviano, patriarca di Costantinopoli, il Tomus ad Flavianum.
«La proprietà di ciascuna delle due nature è salva e concorre a formare una sola
persona, la maestà dunque si rivestì di umiltà, la forza di debolezza, l'eternità
di ciò che è mortale. E, per potere annullare il debito della nostra condizione,
una natura inviolabile si unì ad una natura capace di soffrire perché, come
esigeva la nostra condizione, un identico "mediatore di Dio e degli uomini,
l'uomo Cristo Gesù" (lTm 2,5) potesse morire secondo una natura (= la uma-
na), non potesse morire secondo l'altra (= la divina). Nella completa e perfetta
natura di vero uomo, quindi, è nato il vero Dio, completo in ciò che è suo (= la
divinità), completo in ciò che è nostro (= l'umanità)»89.
«Ognuna delle due nature opera insieme con l'altra ciò che le è proprio: e cioè
il Verbo, quello che è del Verbo, la carne quello che è della carne. L'uno (= il
Verbo) risplende per i suoi miracoli, l'altra (= la carne, la natura umana) sotto-
stà alle ingiurie. E come il Verbo rimane nell'uguaglianza della gloria paterna,
così la carne non abbandona la natura umana. La stessa e identica persona è
vero Figlio di Dio e Figlio dell'uomo: Dio, perché "in principio era il Verbo e
il Verbo era presso Dio e il Verbo era Dio" (Gv 1,1); uomo, perché "il Verbo si
fece carne e venne ad abitare in mezzo a noi" (Gv 1,14)»90.
e) Che in Gesù ci sia una sola persona, la persona divina del Verbo, in due
nature appare con chiarezza dall'insegnamento del concilio di Calcedonia che
nel 451 condanna il monofisismo di Eutiche:
89
G . ALBERIGO et A L E (edd.), Conciliorum Oecumenicorum Decreta, cit., 78.
90
Ibidem, 79.
^ C A P I T O L O V I J Ì ^ L A CONTEMPLAZIONE DEL I
91
H . DENZEMGER, Enchìrìdìon symbolorum, definitìonum et declarationum de rebus fidei et
morum, cit., 301-302.
?" 92
S . BOEZIO, De duabus naturis, 3 .
93
Per Riccardo di san Vittore persona è «esistenza incomunicabile di una natura intelligen-
t te» {De Trinitate, IV, 22,24).
94
G. O ' C O L L I N S , Gesù oggi. Lìnee fondamentali di cristologia, Edizioni Paoline, Cinisello
Balsamo (Milano) 1993,270.
95
«Nell'antichità e nel medioevo... la "persona" non viene semplicemente identificata con
la centralità dell'io psicologico e cosciente: con "persona" viene invece designato il centro
ontologico delle attività dell'uomo, quel centro che conferisce unità e si trova o "sta" (stare,
xei|iai, ataoig) "al di sotto" (sub, imo) del livello della coscienza. Nella prospettiva di questo
concetto classico di "persona", l'unico centro ontologico di Gesù non può essere costituito dalla
persona finita, ma solo dalla persona dell'eterno Figlio di Dio: altrimenti in Gesù Cristo non
-
298 CAPITOLO VILI - L A CONTEMPLAZIONE DEL MISTERO DI CRISTO
«Gesù Cristo era (ed è)... un uomo, un essere umano e un individuo umano,
ma non una persona umana. Può questo fatto privarlo di qualcosa che è proprio
di una piena umanità... Può egli essere "completo nell'umanità"e "veramente
uomo" senza essere una persona umana? Il pericolo a questo punto è di andare
oltre la legittima riflessione, sconfinando in tentativi viziosi di descrivere e
spiegare con chiarezza cos'è un mistero divino. Qualcosa si può comunque
dire. Con unione ipostatica si intende che la realtà umana di Gesù è propria
del Figlio di Dio in una maniera personale e assoluta, ma non si vuol asserire
che questa umanità è in qualche modo sminuita dall'assenza della condizione
di persona. La piena umanità non si identifica necessariamente con la presenza
della condizione umana di persona, né dipende da questa. Le caratteristiche
e le "perfezioni" umane sono presenti a livello naturale e secondo le qualità
di un dato individuo come essere umano. A questo livello la condizione di
persona in quanto tale non reca alcun contributo. Quale ruolo svolge allora la
condizione di persona? Si può arrivare a una risposta se essa viene interpretata,
nella sua essenza e manifestazione, da un punto di vista relazionale. Il Figlio
di Dio esiste come persona in relazione al Padre. Riflettiamo brevemente sulla
coscienza primordiale di sé che Gesù aveva come "Io" in relazione al "Tu"
che è rappresentato dal Padre. I vangeli non accennano mai a un dialogo fra
la componente umana e quella divina in Gesù, ovvero fra Gesù e il Verbo.
potrebbe esserci unità, in quanto - dal punto di vista ontologico - coesisterebbero in lui due
persone separate, ossia la persona dell'eterno Figlio di Dio e la persona umana di Gesù. Se poi
questa doppia personalità si esprimesse a livello cosciente, in Gesù addirittura s'instaurerebbe
un "dialogo" tra il Logos e l'uomo Gesù che distruggerebbe... "l'unico e medesimo Cristo
figlio signore unigenito", insomma l'identità dell'unico Gesù Cristo» (D. HERCSIK, II Signore
Gesù. Saggio di cristologia e soteriologia, cit., 309-310).
96
G. O ' C O L L I N S , Gesù oggi. Linee fondamentali di cristologia, cit., 272-273.
CAPITOLO V I L I - L A CONTEMPLAZIONE DEL MISTERO DI CRISTO 288
Nel Getsemani Gesù non grida: "Devo essere fedele al Verbo" e tanto meno
dice: "Devo essere fedele alla mia divinità". Prega semplicemente così: "Abbà,
Padre!... Allontana da me questo calice! Tuttavia non ciò che io voglio, ma
quello che tu vuoi" (Me 14,36)»97.
8. La coscienza umana
Una sola persona, Gesù: la persona divina del Verbo. In due nature ipo-
staticamente unite. La natura divina e la natura umana, vere, perfette, integre
entrambe, sono unite nell'unica persona divina del Verbo (unione ipostatica).
Una domanda: Gesù Cristo, in quanto uomo, ha coscienza di essere il Verbo
incarnato o no? Se sì, come spiegare questo mistero? 99 .
a) Alcuni teologi pensano che in Gesù Cristo ci siano due "Io": un "Io"
divino e un "Io" umano. Secondo Paul Galtier100 in Gesù bisogna distinguere
«due psicologie, due coscienze, una umana e l'altra divina. Quella divina, es-
sendo comune alle tre Persone, non può essere personale del Verbo; quella
umana, invece, è esclusiva del Verbo, che l'ha fatta sua con la rispettiva natura
umana, ma non può per sé attingere il Verbo. Stando così le cose non si può
spiegare l'unità psicologica di Cristo né si comprende come egli pronunzi il
pronome Io aggiungendovi attributi umani e attributi divini. A questo pun-
to, per risolvere il problema, Galtier ricorre ad un altro elemento: la visione
beatifica. Grazie a tale visione l'anima di Gesù si vede unita al Verbo e, così,
l'umanità assunta può dirsi non solo Uomo ma anche Figlio di Dio»101.
97
Ibidem, 273.
98
Ibidem, 273-274.
99
Cfr. J . G A L O T , La coscienza di Gesù, cit., 8 7 - 1 9 0 .
100
Cfr. P. GALTIER, L'unité du Christ: être, personne, conscience, Beauschesne, Paris 1939.
101
B . M O N D I N , Gesù Cristo salvatore dell'uomo. Cristologia storica e sistematica, cit.,
310.
300 CAPITOLO VILI - L A CONTEMPLAZIONE DEL MISTERO DI CRISTO
b) Altri teologi pensano che non si possa parlare della presenza di un du-
plice "Io" in Gesù. Pietro Parente102 scrive:
«Noi dobbiamo riconoscere alla natura umana di Cristo una vera e propria
libertà fisica, psicologica e morale, ma non possiamo attribuire una vera e pro-
pria autonomia per il semplice motivo che essa non ha la sua personalità, ma
sussiste nella Persona del Verbo. Tutt'al più si può dire che il Verbo è autono-
mo anche secondo la natura umana»104.
«sebbene nulla vieti di scrutare più a fondo l'umanità di Cristo, anche sotto
l'aspetto psicologico, tuttavia nell'arduo campo di siffatti studi non mancano
coloro che abbandonano più del giusto le posizioni antiche per costruirne del-
le nuove, e si servono a torto dell'autorità e della definizione del concilio di
Calcedonia per giustificare le proprie elucubrazioni. Costoro spingono tanto
innanzi lo stato e la condizione umana della natura umana di Cristo da sembra-
re che essa sia ritenuta un soggetto autonomo, come se non sussistesse nella
persona dello stesso Verbo. Ma il concilio di Calcedonia, in tutto concorde con
quello di Efeso, afferma chiaramente che le due nature del nostro Redentore
coesistono "in una sola persona e sussistenza" e proibisce di ammettere in
Cristo due individui, di maniera che accanto al Verbo sia posto un certo "uomo
assunto", dotato di piena autonomia»106.
102
Cfr. P . PARENTE, L'IO di Cristo, I a ed. Morcelliana, Brescia 1955,3 a IPAG, Rovigo, 1981;
Teologia di Cristo, voi. I, Città Nuova, Roma 1970.
103
Ibidem, 515.
104
Ibidem, 514.
105
Ibidem, 518.
106
Pio XII, Sempiternus rex, 8.9.1951.
CAPITOLO V i l i - L A CONTEMPLAZIONE DEL MISTERO DI CRISTO 290
«La vita di Gesù testimonia la coscienza della propria relazione filiale al Padre.
Il suo comportamento e le sue parole, che sono quelli del "servo" perfetto,
implicano un'autorità che supera quella degli antichi profeti e che appartiene a
Dio solo. Gesù attingeva tale incomparabile autorità dal suo singolare rapporto
con Dio che egli chiama "Padre mio". Egli aveva coscienza di essere il Figlio
unico di Dio e, in questo senso, di essere egli stesso Dio»108.
«Gesù conosceva lo scopo della sua missione: annunciare il regno di Dio e ren-
derlo presente nella sua persona, nei suoi atti e nelle sue parole, affinché il mon-
do sia riconciliato con Dio e rinnovato. Egli ha liberamente accettato la volontà
del Padre: dare la propria vita per la salvezza di tutti gli uomini; si sapeva invitato
dal Padre per servire e dare la propria vita "per molti" (Me 14,24)»109.
«La coscienza, che Cristo ha di essere inviato dal Padre per la salvezza del
mondo e per la convocazione di tutti gli uomini nel popolo di Dio, implica, in
modo misterioso, l'amore di tutti gli uomini, cosicché possiamo tutti quanti
dire: "Il Figlio di Dio mi ha amato e ha dato se stesso per me" (Gal 2,20)»uo.
«il soggetto unico della coscienza umana di Gesù Cristo è 1' "Io" personale del
Verbo e che il contenuto di questa sua coscienza è dato dalla consapevolezza
della propria identità di Figlio di Dio ("coscienza filiale") e della propria mis-
sione salvifica ("coscienza messianica")»111.
107
J . DUPUIS, Introduzione alla cristologia, Piemme, Casale Monferrato, 1993,169-170.
108
COMMISSIONE TEOLOGICA INTERNAZIONALE, La coscienza che Gesù aveva di se stesso, pri-
ma proposizione, 31.5.1986, in: EV, 10, n. 694.
109
Ibidem, seconda proposizione, n. 699.
110
Ibidem, n. 715.
111
A . AMATO, Gesù il Signore. Saggio dì cristologia, cit., 4 7 2 . «In Gesù Cristo c'è una persona sola,
la persona del Logos divino che, allo stesso tempo, è il fattore della natura umana che forma la persona.
Per questo motivo, in Gesù c'è solo un io, l'io del Figlio di Dio, diventato uomo. Nella coscienza del
suo "io", Gesù non salta da un'identità all'altra! Non si deve pensare che quando Gesù dice "ho sete"
(Gv 1 9 , 2 8 ) colui che parla è l'io umano, mentre quando dice "io e il Padre siamo una cosa sola" (Gv
1 0 , 3 0 ) a parlare è l'io divino. In Gesù non ci sono due "io" che si alternano: si tratta piuttosto di una
tensione che è presente - in nuce - anche in noi stessi, dal momento che in noi Dio è attivo in ambiti
differenti» ( D . H E R C S K , / / Signore Gesù. Saggio di cristologia e soteriologia, cit., 3 1 1 ) .
302 CAPITOLO VIH..-. LA GGNIEMPLAZIONE DEL MISTERO DI CRISTO
9. La conoscenza umana
«la conoscenza umana che Gesù ha della propria divinità e del proprio essere
filiale mediante la visione beatifica è la ripercussione metafisicamente neces-
saria della presenza del Verbo nella natura umana da lui assunta. È il risvolto
psicologico della sua ontologia»113.
«essa non deriva dall'esperienza esterna, ma viene comunicata alla sua in-
telligenza umana direttamente dall'alto - così come avviene per la cono-
scenza degli angeli - , mediante l'acquisizione di specie intelligibili. Diver-
samente dalla visione beatifica, che è immediata, questa scienza infusa è
concettuale»114.
112
Cfr. Summa theologiae, I I I , q. 10, a. 1-4; q. 11, a. 1-6; q. 12, a. 1-4.
TOMMASO D ' A Q U I N O ,
113
A . AMATO, Gesù il Signore. Saggio di cristologia, cit., 474.
114
Ibidem.
115
Ibidem.
CAPITOLO V i l i - LA CONTEMPLAZIONE DEL MISTERO DI CRISTOL_3Q3__
116
Cfr. K. RAHNER, Considerazioni dogmatiche sulla scienza e coscienza di Cristo, in: IDEM,
Saggi di cristologia e dì mariologia, Paoline, Roma 1965,199-238.
117
A . AMATO, Gesù il Signore. Saggio di cristologia, cit., 4 7 5 .
118
Cfr. J . G A L O T , Chi sei tu, o Cristo?, Libreria Editrice Fiorentina, Firenze 1 9 7 7 , 293-
343.
119
A. AMATO, Gesù il Signore. Saggio dì cristologia, cit., 477-478.
304 CAPITOLO VILI - L A CONTEMPLAZIONE DEL MISTERO DI CRISTO
«Dall'unione... della natura umana nella persona del Verbo, segue anche la sua
unione nella visione. Questa visione è quindi la traduzione coscienziale dell'unio-
ne ipostatica. Si coglie qui la relazione profonda esistente tra il Verbo e la sua
umanità assunta. Per cui l'unione ipostatica senza visione beatifica sarebbe in
Cristo una realtà psicologicamente inerte e prova della corrispondente azione
vitale. In quanto conseguenza psicologica del suo essere ontologico, tale visione
non può essere un semplice contatto mistico, né solo un orizzonte psicologico
atematico. Essa è invece sovrabbondante, solare e beatificante immediatezza
conoscitiva di Dio e come tale perenne sottofondo coscienziale dell'esistenza
terrena di Cristo, che gli permette, anche come uomo, di continuare a vivere ri-
volto al Padre... La visione beatifica inoltre è anche il fondamento della missio-
ne di Gesù. Il possesso tranquillo della coscienza filiale e messianica scaturisce
proprio da questa sua visione del Padre, che illumina e ravviva la sua esistenza
umana, i suoi incontri, e soprattutto la sofferenza della passione. Gesù Cristo
in quanto Parola e Sapienza di Dio non si priva, nella sua situazione umana, di
questa intima fonte di conoscenza immediata e beatificante del Padre»"120.
«tre modi di esercizio della libertà umana: la "libertas exercitii", per la quale
la volontà può decidere di fare qualcosa o di non farlo; la "libertas specifi-
120
Ibidem, 487-488.
121
C. PORRO, Gesù il Salvatore. Iniziazione alla cristologia, cit., 241
C A P I T O L O V i l i - L A CONTEMPLAZIONE DEL MISTERO DI CRISTO 294
cationis", che porta a scegliere di fare una cosa oppure un'altra; la "libertas
contrarietatis", che è la possibilità di scegliere o il male o il bene»122.
I primi due modi possono essere applicati a Gesù. Il terzo no. Gesù non è
libero di scegliere il male o il bene. La persona che sceglie, infatti, è la persona
divina del Verbo incarnato. Oggi, alcuni autori intendono la libertà di Gesù
come autodeterminazione, come capacità di determinarsi senza esitazione di
sorta verso ciò che è bene:
«Nei vangeli Gesù ci è presentato come una persona la cui azione è total-
mente orientata verso il Padre, e che è incondizionatamente obbediente alla
volontà divina. Nella sua missione consacrata al servizio del regno, egli
non appare controllato da qualche costrizione interna né da una forza ester-
na, bensì completamente indipendente nei confronti del Padre e degli altri
esseri umani. Nel Getsemani egli percepisce la sua libertà nella relazione
diretta (io-tu) con il Padre e nella chiamata a realizzare la volontà divina,
costi quel che costi. Possiamo esprimere la questione in questo modo: la re-
lazione dell'uomo Gesù col Padre è quella del Logos preesistente. Trasposta
nella condizione umana, tale relazione si traduce in una totale obbedienza,
immune dal peccato»125.
122
Ibidem, 242.
123
J . GALOT, Chi sei tu, o Cristo?, cit., 3 5 9 . «Noi siamo abituati a pensare alla libertà asso-
ciandola all'idea secondo la quale chi è Ubero può fare scelte diverse, contrastanti e contrad-
dittorie tra di loro. Questa, però, è una concezione inadeguata della libertà; se la natura della
libertà consistesse in questo, Dio stesso non sarebbe Ubero, né lo saremmo noi quando avrà
!
. luogo il compimento escatologico. Nel suo significato fondamentale la libertà è autorealizza-
zione, autodeterminazione, realizzazione della propria natura» ( D . HERCSIK, Il Signore Gesù.
Saggio di cristologia e soteriologia, cit., 321).
124
J . DUPUIS, Introduzione alla cristologia, cit., 2 0 1 - 2 0 2 .
123
G. O ' COLLINS , Gesù oggi. Linee fondamentali dì cristologia, cit., 292.
;tvÌ:
M £ CAPITOLO VILI - LACONTEMPLAZIONE DEL MISTERO D
«Uscì e andò, come al solito, al monte degli Ulivi; anche i discepoli lo seguiro-
no. Giunto sul luogo, disse loro: "Pregate, per non entrare in tentazione". Poi si
allontanò da loro circa un tiro di sasso, cadde in ginocchio e pregava dicendo:
"Padre, se vuoi, allontana da me questo calice! Tuttavia non sia fatta la mia, ma
la tua volontà". Gli apparve allora un angelo dal cielo per confortarlo. Entrato
126
J. DUPUIS, Introduzione alla cristologia, cit., 193.
127
A . AMATO,Gesù il Signore. Saggio di cristologia, cit., 496.
128
«L'essere uomo di Gesù viene completamente accolto nella relazione filiale con il Padre.
Ciò comporta la totale dedizione di Gesù al Padre, a causa della quale è escluso che l'uomo
Gesù potesse compiere delle scelte che lo contrapponessero a Dio, come se per Gesù esistessero
possibilità diverse dall'obbedienza e dall'adempimento della missione di Dio. La dedizione di
Gesù al Padre e alla propria missione non lascia spazio ad altre possibilità che Gesù avrebbe
potuto scegliere da uomo autonomo, in contrapposizione a Dio» ( D . HERCSIK, Il Signore Gesù.
Saggio di cristologia e soteriologia, cit., 320).
129
J. DUPUIS, Introduzione alla cristologia, cit., 192.
CAPITOLO Vi l i - L A CONTEMPLAZIONEPEL MISTERO DI CRISTO 3.1.1
nella lotta, pregava più intensamente, e il suo sudore diventò come gocce di
sangue che cadono a terra» (Le 22,30-44).
4. I L M I S T E R O D I P A S Q U A
«Se Dio è per noi, chi sarà contro di noi? Egli, che non ha risparmiato il proprio
Figlio, ma lo ha consegnato per tutti noi, non ci donerà forse ogni cosa insieme
a lui? Chi muoverà accuse contro coloro che Dio ha scelto? Dio è colui che
giustifica! Chi condannerà? Cristo Gesù è morto, anzi è risorto, sta alla destra
di Dio e intercede per noi!» (Rm 8,31-34).
«Egli è principio,
primogenito di quelli che risorgono dai morti,
perché sia lui ad avere il primato su tutte le cose.
E piaciuto infatti a Dio
che abiti in lui tutta la pienezza
e che per mezzo di lui e in vista di lui
siano riconciliate tutte le cose,
avendo pacificato con il sangue della sua croce
sia le cose che stanno sulla terra,
sia quelle che stanno nei cieli» (Col 1,18-20).
130
Ibidem, 195-196.
«Vi proclamo poi, fratelli, il Vangelo che vi ho annunciato e che voi avete
ricevuto, nel quale restate saldi e dal quale siete salvati, se lo mantenete come
ve l'ho annunciato. A meno che non abbiate creduto invano! A voi infatti ho
trasmesso, anzitutto, quello che anch'io ho ricevuto, cioè che
Cristo morì per i nostri peccati secondo le Scritture
e che fu sepolto
e che è risorto il terzo giorno secondo le Scritture
e che apparve a Cefa e quindi ai Dodici» (ICor 15,1-5).
«È veramente cosa buona e giusta esprimere con il canto l'esultanza dello spi-
rito, e inneggiare al Dio invisibile, Padre onnipotente, e al suo unico Figlio,
Gesù Cristo nostro Signore. Egli ha pagato per noi all'eterno Padre il debito di
Adamo, e con il sangue sparso per la nostra salvezza ha cancellato la condanna
della colpa antica. Questa è la vera pasqua, in cui è ucciso il vero Agnello,
che con il suo sangue consacra le case dei fedeli... Davvero era necessario il
peccato di Adamo, che è stato distrutto con la morte del Cristo. Felice colpa,
che meritò di avere un così grande redentore!»131.
«Per mezzo di lui rinascono a vita nuova i figli della luce, e si aprono ai cre-
denti le porte del regno dei cieli. In lui morto è redenta la nostra morte, in lui
risorto tutta la vita risorge»133.
«In lui vincitore del peccato e della morte, l'universo risorge e si rinnova, e
l'uomo ritorna alle sorgenti della vita»134.
131
CEI, Messale Romano, Veglia pasquale, annuncio pasquale, cit.
132
Ibidem, Veglia pasquale, prefazio.
133
Ibidem, Prefazio pasquale 2.
134
Ibidem, Prefazio pasquale 4.
135
Ibidem, Prefazio pasquale 5.
CAPITOLO VILI - L A CONTEMPLAZIONE DEL MISTERO DI CRISTO 298..
«Nella passione redentrice del tuo Figlio tu rinnovi l'universo e doni all'uomo
il vero senso della tua gloria; nella potenza misteriosa della croce tu giudichi il
mondo e fai risplendere il potere regale di Cristo crocifisso»136.
136
Ibidem, Prefazio della passione del Signore I.
137
Ibidem, Mistero della santa croce, prefazio.
138
Cfr. J. GALOT, Il mistero della sofferenza di Dio, Cittadella Editrice, Assisi 1975.
139
G. O ' C O L L I N S , Gesù oggi. Linee fondamentali di cristologia, cit., 127. F. PRAT, ad esem-
pio, scrive: «Gesù conosce in anticipo, nelle minime particolarità, le atroci peripezie della sua
passione» (Gesù Cristo, voi. II, Editrice Fiorentina, Firenze 1945, 332).
310 C A P I T O L O V i l i - L A CONTEMPLAZIONE DEL MISTERO DI CRISTO
H. Kiing (ed altri) ritiene che Gesù sia andato coscientemente incontro alla
passione e alla morte:
«Gesù... poteva essere a tal punto ingenuo, da non avere il minimo sentore
di quanto si andava addensando sul suo capo? È vero che non c'è pagina dei
Vangeli dove non si debba tenere conto di un possibile interesse cristologico,
ma un eccessivo scetticismo storico rischia di diventare acritico. Per avvertire
il pericolo di una fine violenta non occorreva una scienza soprannaturale, ba-
stava un esame disincantato della realtà. Per quel suo messaggio radicale che,
scuotendo le pie certezze dell'uomo e della società e mettendo in discussione
l'intero ordinamento religioso consacrato dalla tradizione, suscitò immediata-
mente una larvata opposizione. Gesù non poteva non preventivare una serie di
scontri frontali - con conseguenze di estrema gravità - provocati dalla violenta
reazione da parte dei detentori del potere religioso ed eventualmente anche
politico, e aventi per teatro proprio quella che era la centrale del potere. Non
si potevano più ignorare i rimproveri che gli venivano mossi a motivo delle
sue violazioni del sabato, del suo disprezzo per la Legge, delle sue bestemmie
contro Dio... Il trasferimento dalla provincia verso la capitale di questo "pro-
feta eretico", che seminava smarrimento e insicurezza tra il popolo dei fedeli
aveva in ogni caso il significato di una sfida lanciata alla classe dirigente...
Chi era sospettato di essere un taumaturgo diabolico, un falso profeta e persino
un bestemmiatore di Dio, doveva aspettarsi la pena capitale... Il sensazionale
ingresso in Gerusalemme non fece che accentuare il pericolo. E l'atto profeti-
co della "purificazione del Tempio", indubbiamente storico quanto al nucleo,
comportò, come manifestazione di inaudita arroganza in luogo sacro, una nuo-
va minaccia contro la vita di Gesù. La sorte dei profeti - se non altri, almeno
Isaia, Geremia, Amos, Michea e Zaccaria si erano creati un'aureola di martirio,
e al tempo di Gesù si costruivano monumenti sepolcrali a espiazione della loro
uccisione - doveva far riflettere Gesù. Forse lo faceva riflettere anche la sorte
del Servo di Dio nel Deutero-Isaia, quel Servo che viene immolato per molti...
Qualunque opinione si abbia circa l'autenticità di questo o quel detto, il punto
sul quale non si può essere smentiti è: Gesù, che con il suo parlare e il suo agire
aveva fatto di tutto per meritare la pena di morte, dovette attendersi una fine
violenta. Non nel senso che direttamente provocò o volle la propria morte. Ma
nel senso che visse al cospetto della morte. Morte che accettò liberamente -
nel segno di quella grande libertà che riunisce fedeltà a se stesso e fedeltà alla
propria missione, senso di responsabilità e obbedienza - , perché vi riconobbe
la volontà di Dio»141.
140
Citato in G. O ' C O L L I N S , Gesù oggi. Linee fondamentali di cristologìa, cit., 130.
141
H. K U N G , Essere cristiani, cit., 357.358.359.
C
AP
TOO Vi l i - LA CONTEMPLAZIONEPEL MISTERO DI C
IL RS
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O
«Insegnava infatti ai suoi discepoli e diceva loro: "Il Figlio dell'uomo viene
consegnato nelle mani degli uomini e lo uccideranno; ma, una volta ucciso,
dopo tre giorni risorgerà"» (Me 9,31).
«Il Figlio dell'uomo infatti non è venuto per farsi servire, ma per servire e dare
la propria vita in riscatto per molti» (Me 10,45).
«Poi prese il pane, rese grazie, lo spezzò e lo diede loro dicendo: "Questo è
il mio corpo, che è dato per voi; fate questo in memoria di me". E, dopo aver
cenato, fece lo stesso con il calice dicendo: "Questo calice è la nuova alleanza
nel mio sangue, che è versato per voi"» (Le 22,19-20).
di questa disposizione Gesù era ordinato, in forza della sua stessa "essenza",
a essere il Salvatore escatologico che procura la "nostra" salvezza (cf. ICor
15,3; Le 22,19.20b), la salvezza di "Israele" (Gv 11,30), come quella dei gentili
(Gv 11,51ss.). Questa salvezza è per la moltitudine (Me 14,24; 10,45), per tutti
gli uomini (2Cor 5,14ss.; ITim 2,6), per il "mondo" (Gv 6,51c). Come si deve
comprendere questa disposizione fondamentale di esistenza per gli altri, cioè
di offrirsi e di donarsi totalmente fino a subire la morte, così come appare in
Gesù nel corso della sua esistenza terrena? Essa è essenzialmente una lucida
apertura di conformità alla volontà di Dio. Lo sviluppo degli eventi vissuti
non ha potuto evidentemente non rendere ancor più vivo e più concreto questo
orientamento. Perciò è nella speranza e nella confidenza che Gesù, in quanto
mediatore escatologico della salvezza, come inviato del regno di Dio, attende-
va il dominio divino che si stabilisce in modo definitivo (cf. Me 14,25 e par.).
Anche se interamente aperto alla volontà del Padre, Gesù ha potuto percepire il
presentarsi di certi problemi. Il Padre avrebbe dato un successo pieno e intero
alla predicazione del regno? Il popolo d'Israele era incapace di aderire alla
salvezza escatologica? Avrebbe dovuto ricevere il battesimo della morte (cf.
Me 10,38ss.; Le 12,50) e bere il calice della passione (cf. Me 14,36)? Il Padre
avrebbe voluto stabilire il suo regno se Gesù avesse conosciuto l'insuccesso, la
morte e, ciò che più conta, la morte crudele del martirio? Il Padre avrebbe reso
finalmente efficace per la salvezza ciò che Gesù avrebbe sofferto "morendo
per gli altri"? Gesù attingeva delle risposte positive nella sua consapevolezza
di essere il mediatore escatologico della salvezza, presenza del regno di Dio.
Perciò poteva attendere in piena fiducia la soluzione dei problemi che si pre-
sentavano. Questa fiducia di Gesù può essere affermata e compresa partendo
da ciò che egli ha detto e fatto durante l'ultima cena (Le 22,19ss. e par.). Egli
è pronto ad andare verso la morte e, tuttavia, attende e annunzia la sua risurre-
zione e la sua esaltazione (Me 14,25), egli riafferma la promessa e la presenza
della salvezza escatologica»142.
142
COMMISSIONE TEOLOGICA INTERNAZIONALE, Questioni di Cristologia, cit., I V , 2.3-4, in: EV,
7, nn. 671-672.
143
1. DUPUIS, Introduzione alla cristologia, cit., 77-78. «La passione del Signore e Salvatore
nostro Gesù Cristo è pegno sicuro di gloria e insieme ammaestramento di pazienza. Che cosa
mai non devono aspettarsi dalla grazia di Dio i cuori dei fedeli! Infatti, al Figlio unigenito di
Dio, coeterno al Padre, sembrando troppo poco nascere uomo dagli uomini, volle spingersi fino
al punto di morire quale uomo e proprio per mano di quegli uomini che aveva creato lui stesso.
Gran cosa è ciò che ci viene promesso dal Signore per il futuro, ma è molto più grande quello
che celebriamo ricordando quanto è già stato compiuto per noi. Dove erano e che cosa erano gli
CAPITOLO Vi l i - L A CONTEMPLAZIONEPEL MISTERO DI CRISTO 3.1.1
uomini, quando Cristo morì per i peccatori? Come si può dubitare che egli darà ai suoi fedeli
la sua vita, quando per essi, egli non ha esitato a dare anche la sua morte? Perché gli uomini
stentano a credere che un giorno vivranno con Dio, quando già si è verificato un fatto molto
più incredibile, quello di un Dio morto per gli uomini? Chi è infatti Cristo? È colui del quale si
dice: "In principio era il Verbo, e il Verbo era presso Dio e il Verbo era Dio" (Gv 1,1). Ebbene
questo Verbo di Dio "si fece carne e venne ad abitare in mezzo a noi" (Gv 1,14). Egli non aveva
nulla in se stesso per cui potesse morire, se non avesse preso da noi una carne mortale. In tal
modo egli immortale potè morire, volendo dare la vita per i mortali. Rese partecipi della sua
vita quelli di cui aveva condiviso la morte. Noi infatti non avevamo di nostro nulla da cui aver
la vita, come lui nulla aveva da cui ricevere la morte. Donde lo stupefacente scambio: fece sua
la nostra morte e nostra la sua vita. Dunque non vergogna, ma fiducia sconfinata a vanto im-
menso nella morte di Cristo» (AGOSTINO D'IPPONA, Discorso Guel. 3 , in: A A . V V . , L'ora di lettura
commentata dai padri della Chiesa, 2, cit., 466-468).
314 CAPITOLO V i l i - L A CONTEMPLAZIONE DEL MISTERO DI CRISTO
«Non è bello che voi vi vantiate. Non sapete che un po' di lievito fa fermentare
tutta la pasta? Togliete via il lievito vecchio, per essere pasta nuova, poiché sie-
te azzimi. E infatti Cristo, nostra Pasqua, è stato immolato ! Celebriamo dunque
la festa non con il lievito vecchio, né con lievito di malizia e di perversità, ma
con azzimi di sincerità e di verità» (ICor 5,6-8).
144
Sul significato della morte di Gesù, cfr. G. BARTH, Il significato della morte di Gesù.
L'interpretazione del Nuovo Testamento, Claudiana, Torino 1995.
145
Melitone di Sardi scrive: «Egli scese dai cieli sulla terra per colui che soffriva, di questo .j*
stesso si rivestì nel grembo di una vergine e nacque come uomo, prese su di sé le sofferenze di
colui che soffriva mediante il corpo capace di soffrire, distrusse le sofferenze della carne e con
lo Spirito immortale uccise la morte omicida. Egli infatti condotto come agnello - e immolato
come pecora, - ci liberò dalla servitù del mondo - come dalla terra d'Egitto, - ci sciolse dalla §
schiavitù del demonio - come dalla mano del faraone, - contrassegnò, come con un sigillo, - le
nostre anime - con il proprio Spirito - e le membra del nostro corpo - con il suo sangue... Egli
è l'agnello senza voce. - Egli è l'agnello ucciso. - Egli è colui che nacque - da Maria, la buona '
agnella. - Egli è colui che fu preso dal gregge - e condotto all'uccisione - immolato verso
sera,- sepolto nella notte, - colui che sul legno non fu spezzato, - nella terra non andò dissolto, i
- risuscitò dai morti - e fece risorgere l'uomo - dal profondo della tomba» (MELITONE DI SARDI, '!
La Pasqua, in: N . NOCILLI, Omelie pasquali dell'antichità cristiana, cit., 8 6 . 8 7 - 8 8 ) .
C A P I T O L O V i l i - L A CONTEMPLAZIONE DEL MISTERO DI CRISTO 304
«Egli è morto per noi perché, sia che vegliamo sia che dormiamo, viviamo
insieme con lui. Perciò confortatevi a vicenda e siate di aiuto gli uni agli altri,
come già fate» (lTs 5,10-11).
«Egli ha dato se stesso per noi, per riscattarci da ogni iniquità e formare per
sé un popolo puro che gli appartenga pieno di zelo per le opere buone» (Tt
2,14).
146
A . AMATO, Gesù il Signore. Saggio dì cristologia, cit., 527.
H1
Ibidem, 527-528.
S L T E M P L A Z I O N E D E L M I S T E R O DI CRISTO
148
«Gesù... prese il nostro posto - come nostro fratello - e portò a compimento, quale
nostro rappresentante, la parte che spettava all'uomo nell'evento della redenzione. Egli, come
Figlio di Dio, mandato dall'amore del Padre, ci porta (dall'alto) il definitivo invito e l'effettiva
offerta di communio, e allo stesso tempo - quale nostro fratello - dà a questo invito-offerta
di Dio una risposta (dal basso), una risposta che - tenuto conto della nostra condizione di
peccato - significa la nostra collaborazione al superamento del male. Gesù ci rende partecipi
del suo "sì" al Padre e stringe così la definitiva alleanza con Dio: nella sua persona il "sì" di
Dio all'uomo e il "sì" dell'uomo a Dio sono indissolubilmente congiunti. In altre parole, Gesù
vive in una doppia relazione: visto dal Padre vive per noi, visto dagli uomini vive per il Padre.
Questa doppia relazione è l'essenza di Gesù Cristo. Gesù è questo doppio movimento dal Padre
a noi e da noi al Padre. In questa doppia relazione egli è il mediatore, e la sua croce costituisce
il grande vento della mediazione-rivelazione-redenzione» (D. HERCSIK, Il Signore Gesù. Saggio
di cristologia e soteriologia, cit., 329-330).
149
A. AMATO, Gesù il Signore. Saggio di cristologia, cit., 528.
C A P I T O L O V i l i - L,lA
i, CONTEMPLAZIONE DEL MISTERO DI CRISTO 317
""" *" M - "" * """
h) «Dio Padre "non ha risparmiato il suo proprio Figlio, ma lo ha donato per tutti
noi" (Rm 8,32). Nostro Signore è divenuto uomo "per noi e per la nostra sal-
vezza". Dio ha tanto amato il mondo da donare il suo Figlio, l'unico, "affinché
ogni uomo che crede in lui non perisca ma abbia la vita eterna" (Gv 3,16).
Perciò, la persona di Gesù Cristo non può essere separata dall'opera redentrice;
i benefici della salvezza non si possono separare dalla divinità di Gesù Cristo.
Soltanto il Figlio di Dio può realizzare un'autentica redenzione dal peccato del
mondo, dalla morte eterna e dalla schiavitù della legge, secondo la volontà del
Padre, con la cooperazione dello Spirito Santo»151.
150
Ibidem, 529-530.
151
COMMISSIONE TEOLOGICA INTERNAZIONALE, Questioni di cristologia, cit.,IV, l,in: EV, 7,n. 667.
152
CEI, La verità vi farà liberi. Catechismo degli adulti, cit., n. 255. «Il sacrificio della
croce è esattamente Dio che ristabilisce la piena comunione con il suo popolo: liberandolo dal
peccato. Il sangue della Nuova Alleanza non serve a rimuovere il rancore di Dio nei confronti
dell'umanità, ma, al contrario, dice fino a che punto è arrivato il suo amore per l'uomo: fino
al punto di dare, nel Figlio suo, la sua vita (il suo sangue) "per noi uomini e per la nostra sal-
vezza"» ( M . SERENTHÀ, Gesù Cristo, ieri, oggi e sempre. Saggio di cristologia, cit., 3 5 6 ) . «La
croce di Cristo, strumento di salvezza per gli uomini, è insieme mistero ed esempio: mistero
che esprime la potenza divina, esempio che sollecita la devozione umana; a quelli infatti che
sono stati liberati dal giogo della schiavitù la redenzione offre anche il vantaggio di poter essere
imitata» (LEONE I , La risurrezione del Signore, discorso 7 2 ) .
JlÌJÌ.,.CAPITOLOyiII-
Soddisfazione, perché
«la croce di Cristo ricostruisce l'ordine oggettivo del mondo e il suo giusto
rapporto con Dio, riparando i danni causati dal peccato. Dio è soddisfatto nel
suo amore creatore e santificatore, nel suo voler dare appassionato. E giusto
153
Tra i padri della Chiesa qualcuno ha pensato che la morte in croce fosse il prezzo pagato
da Gesù al demonio per redimere l'uomo dal peccato: «Ma a chi diede "la propria anima in ri-
scatto per molti"? Non certamente a Dio. Non forse dunque al maligno? Questi infatti dominava
su di noi finché non gli fosse dato come "riscatto" l'anima di Gesù, a lui che evidentemente era
stato ingannato e si immaginava di poter dominare su di essa senza accorgersi che non avrebbe
potuto sostenere la prova dell'impadronirsene. Anche la "morte", pur pensando di avere potere
su Gesù, in realtà "non ha più potere", dal momento che lui solo è libero "fra i morti" e più
forte di tutta la potenza della morte; e fino a tal punto è più forte, da poter liberare, fra coloro
che sono in potere della morte, tutti quelli che vogliono seguirlo, senza che la morte possa più
prevalere in alcun modo su di loro. Infatti chiunque è con Gesù non è esposto agli assalti della
morte» (ORIGENE, In Mattheum, X V I , 8 , PG 1 3 , 1 3 9 7 ) .
154
Su redenzione e riscatto cfr. R . FABRÍS, Redenzione/Riscatto, in: R . P E N N A - G . P E R E G O - G .
RAVASI (edd.), Temi teologici della Bibbia, cit., 1128-1132.
155
CEI, La verità vi farà liberi. Catechismo degli adulti, cit., n. 258. «La passione-morte di
Cristo ha valore meritorio non perché sia qualcosa di oneroso che il Figlio offre al Padre, cui
è dovuta ricompensa secondo giustizia, ma perché è un ricevere dal Padre, un accettare nella
libertà di attuare il disegno di amore e di salvezza del Padre: in questo senso merita, cioè è
oggettivamente fonte di vita e di salvezza per gli uomini. In Gesù il dono di Dio e la sua volontà
salvifica si incontrano pienamente e totalmente con la libertà e la disponibilità del Figlio: di
qui scaturisce la nostra salvezza. Questa non è solo realtà per così dire discendente, da Dio
all'uomo: è anche realtà ascendente, dal Figlio al Padre» ( M . SERENTHÀ, Gesù Cristo ieri, oggi
e sempre. Saggio di cristologia, cit., 367).
CAPITOLO VILI - LA CONTEMPLAZIONE DEL MISTERO DI CRISTO 308
con se stesso, perché egli è carità. La sua è una giustizia giustificante, che
rende giusto chi non lo è e concretamente coincide con la sua misericordia. È
lui stesso che suscita la mediazione e l'intercessione di Cristo, e subordina ad
essa ogni altro suo dono»156.
«O dolcissimo amore mio Gesù Cristo, tutto mio bene e tutta mia speranza,
onnipotente desiderato amore, ti lodo e ti ringrazio, mio unico amore, dei tanti
benefici, o dolce mio Signore, che mi hai fatto, o speranza mia che mi hai
riscattato, o amore mio che mi hai creato e ora mi accudisci in questo mondo, o
amore mio, mentre io merito, per i miei peccati e per l'ingratitudine, di essere
sprofondata nell'abisso dell'inferno: non riuscirei mai, né lo saprei, ad enume-
rare gli immensi benefici che mi hai concesso senza che io ne fossi degna, in
modo particolare il dono altissimo della vocazione, attraverso la quale mi hai
chiamato alla via della perfezione.
O mio Signore, che rappresenti il massimo dell'amore e sempre lo incrementi,
mentre io meritavo la dannazione, tu mi hai donato il perdono; mentre io me-
ritavo di essere scacciata via, tu mi hai tenuta vicina.
O speranza mia, o tutta mia consolazione, che cosa farò per te, amore mio, io
che non sono in grado di far nulla senza di te?
O amore mio, fammi la grazia che io non ti sia ingrata.
O speranza mia, che mi hai elargito tanti beni che io non merito, rendimi ora
degna che tu esaudisca questa mia richiesta, a riverenza del tuo santo nome.
O dolcissimo mio Signore, vorrei morire per il tuo santo nome, così come tu
sei morto per me.
O amore mio, io sono venuta a te: fammi la grazia che io ti possa seguire, come
hanno fatto i tuoi servi.
O amore mio, attraverso la via della croce e della tribolazione fa' che sopporti
ogni pena ed ogni angustia con letizia.
O amore mio, fammi il dono di conoscerti, affinché ti ami sopra ogni cosa con
tutto il cuore, non per mio vantaggio, né per meriti miei, ma come mio redentore,
al quale sono legata da sacro vincolo e gratitudine, come dice la tua santa legge.
156
CEI, La verità vi farà liberi. Catechismo degli adulti, cit., n. 257. «La giustizia di Dio
non consiste nel "soddisfarsi" d'un compenso, o nell'esigerne uno, ma nel non concedere este-
riormente all'uomo la libertà. Pertanto essa consiste nel rendere l'uomo attore della propria
liberazione, partendo dalla sua degradazione e dalle conseguenze che ne derivano. La nozione
di soddisfazione parte da tutto questo...: il perdono di Dio non sopprime magicamente il pas-
sato e gli atti del peccatore, ma ne fa la "materia" del suo rinnovamento e del suo futuro. La
giustizia di Dio nella "redenzione" non consiste affatto nel reclamare quello che le è dovuto per
riparazione dell'offesa, ma nel permettere che l'uomo sia l'artefice della propria "libertà"» (C.
DUQUOC, Cristologia, Queriniana, Brescia 1972, 529-530).
320 CAPITOLO VILI - L A CONTEMPLAZIONE DEL MISTERO DI CRISTO
O amore mio, fai che io odi il peccato con la medesima intensità con cui tu lo
hai odiato.
O amore mio, trapassami il cuore con la lancia e con i chiodi della tua amara
Passione.
O Signore, trafiggimi il cuore con le tue piaghe e con il tuo sangue e rin-
nova continuamente le tue piaghe nel mio cuore, affinché io sia partecipe di
quell'immenso dolore delle tue sante piaghe.
Signore mio, tu fosti torturato nel cuore, fa' che io abbia nel mio cuore le pia-
ghe che tu avesti nel tuo santo corpo; mi sia trafitto il cuore con la medesima
lancia che trafisse il tuo santo fianco; il mio cuore sia inchiodato con i medesi-
mi chiodi con i quali furono inchiodati le tue mani e i tuoi piedi.
Signore, come tu avesti la corona di spine sulla tua santa testa, fa' che tali spine
mi tormentino il cuore; e come tu fosti dissetato con fiele ed aceto, che io sia
dissetata da amaro dolore, che non possa essere lenito da alcuna consolazione.
Signore mio, tu fosti pieno di grandissima amarezza e vergogna: che io avverta
durante la mia vita grandi dolori ed amarezze. Non permettere, Signore, che io
cammini per una via diversa da quella che tu percorresti.
Signore, poiché tu sei pienezza della divinità, e ti facesti pienezza d'amarezza
e di pena, che cosa debbo essere io misera peccatrice, piena di ogni immon-
dezza ed abominazione?
Signore, non permettere che io non muoia d'amore per il tuo amore, giacché io
ho condiviso con te la tua morte; però tale sentenza ricada su di me, perché io
ho peccato e tu invece hai subito la pena.
O amore mio, asseconda in me questo desiderio, visto che la tua benevolenza
accoglie le persone che ti pregano, tanto che tu le esaudisci, perché non ascolti
pienamente me? Perché io non lo merito; e, se ti avessi offeso, piagami il cuore
facendo giustizia; e, se in qualche modo ti ho servito, per questo impegno e
servitù ti chiedo di perdonarmi.
O Signore pietoso e generoso dispensatore di grazie, che a chi ti chiede una
grazia munificamente doni più di quanto ti chieda, o dolce e indulgente, con-
cedimi queste grazie in virtù della tua amatissima passione.
O Signore benigno, io non ti domando né oro, né argento, né potere, ma ti chie-
do piaghe, perché sento tanta vergogna e malore nel vedere te, Signore mio,
piagato, e la mia Signora, piagata come te; mentre io, serva malvagia, merito le
pene dell'inferno, pari a tutti i peccatori; e come devo morire senza piaghe?
O amore mio, o mi fai morire, o fammi il dono delle piaghe, perché così non
posso continuare a vivere: in quanto tu sei morto per me sopportando tanti
dolori ed io, senza di te, non sono nulla.
O dolce amore, esaudiscimi, perché tu sei il mio unico Signore e amore, tu sei
il mio desiderio, la mia gioia, la mia consolazione, il mio rifugio, la mia attesa;
e in te solo ripongo la mia speranza e tutto il mio bene.
O dolcissimo mio Signore, io sono opera delle tue mani e tua creatura, il tor-
mento dei tuoi sudori, il prezzo inestimabile del tuo sangue.
O dolcissimo Signore, ho peccato ed ho sbagliato, fui disubbidiente alla tua
volontà, potentissimo mio Re; ma, siccome tu sei solito giustificare i peccatori,
esaudiscimi, o dolce amore.
CAPITOLO VILI - L A CONTEMPLAZIONE PEL MISTERO DI CRISJO XLL
Tu hai detto: "Ciò che domanderete nel mio nome, vi sarà dato"; con questa
fede ti prego di esaudirmi: tu non puoi non farlo, perché sei Dio eterno che
con Dio Padre e lo Spirito Santo vivi e regni sul cielo e sulla terra, sull'infinita
profondità e ciò che in essa è contenuto, senza fine nei secoli dei secoli. Così
sia»157.
2. La risurrezione
«O Padre, che in questo giorno, per mezzo del tuo unico Figlio, hai vinto la
morte e ci hai aperto il passaggio alla vita eterna, concedi a noi, che celebriamo
la Pasqua di risurrezione, di essere rinnovati nel tuo Spirito per rinascere nella
luce del Signore risorto»158.
a) Sembrava che la croce del Calvario avesse detto l'ultima parola sul
profeta di Nazaret, che alcuni o molti consideravano maestro di falsità, profeta
di menzogne, bestemmiatore di Dio, seduttore del popolo. Parola di giudizio,
di condanna e di morte. Parola definitiva. E invece, all'improvviso, tutto rico-
mincia. I discepoli si ritrovano insieme, riprendono il cammino e confessano
con coraggio e franchezza che Gesù, l'uomo della croce, è il Cristo. Predicano
ed operano miracoli nel suo nome. Come spiegare il loro radicale cambia-
mento? Che cosa è avvenuto di così straordinario da giustificare la "novità"
del loro stile di vita e della loro predicazione? Quale fatto li rende testimoni
credibili di una persona che avevano tradito e abbandonato? La risposta dei
discepoli è sorprendente: Gesù, l'uomo della croce, è stato risuscitato ed essi
lo hanno incontrato. Sono stati ripetutamente con lui, lo hanno ascoltato ed
insieme hanno spezzato il "pane". Questa la ragione della loro conversione,
della loro esperienza e della loro testimonianza. Esperienza e testimonianza
che hanno partecipato ad altri con la vita, il kerigma, la celebrazione liturgica.
La tradizione neotestamentaria attesta la risurrezione e la glorificazione di
137
J. Vita della beata Eustochìa (traduzione in lingua corrente di R.
POLLICINO, GAZZARA
SICILIANO, Messina 2008), n. 12.
158
CEI, Messale Romano, Domenica di Pasqua, colletta, cit.
Gesù. Lo fa attraverso le confessioni di fede (lTs 1,9-10; 4,14; ICor 12,3;
15,1-11; Rm 1,1-5; 4,25; 6,4.9; 8,34; 10,8-9), gli inni cristologici (FU 2,6-11;
Col 1,15-20; lTm 3,16), il kerigma apostolico (At 2,14-39; 3,13-26; 4,10-12;
5,30-32; 10,36-43; 13,17-41) e la proclamazione dei vangeli (Me 16,1-20;
Mt 28,1-20; Le 24,1-53; Gv 20,1-21,23). Una domanda sorge spontanea: la
risurrezione di Gesù è un evento storico o no?
159
R . BULTMANN, NUOVO Testamento e mitologia, cit., 170-171.
160
W . MARXEN, Alle origini della cristologia, Edizione Dehoniane, Bologna 1969,127.
161
Cir. Ibidem, 132-133.
CAPITOLO VILI - LA CONTEMPLAZIONE DEL MISTERO DI CRISTO 312
162
Cfr. Ibidem, 140.
163
Ibidem, 140-141.
164
«Il problema relativo a Gesù nel cristianesimo primitivo ebbe risposta partendo non da
un mito bell'e fatto, ma da una serie di fatti reali, avvenuti nel primo secolo della nostra era:
fatti che furono trascurati da coloro che a quel tempo "facevano la storia" e anche oggi possono
essere interpretati in maniere differenti; ma non per questo essi sono meno storici: la vita,
l'opera e la morte di Gesù di Nazareth; l'esperienza della sua presenza e della continuità della
sua opera oltre la morte, entro la comunità dei discepoli» ( O . CULMANN, La cristologia del
Nuovo Testamento, Il Mulino, Bologna 1970,469). «Il criterio che permette di scoprire ciò che
costituisce l'essenza del cristianesimo, non potrà essere in nessun caso un "a priori" filosofico»
(IDEM, Cristo e il tempo, Il Mulino, Bologna 1965, 5).
165
Pannenberg accetta una cristologia del significato «solo nella misura in cui questa signi-
ficatività è insita in lui (Gesù) stesso, nella sua storia e nella persona che la storia manifesta...
La cristologia deve partire dal Cristo d'allora e non dal significato che egli ha per noi e che è,
per esempio, presentato dalla predicazione» (W. PANNENBERG, Cristologia, Morcelliana, Brescia
1974,43.44).
324 CAPITOLO V I I I - L A C O N T E M P L A Z ^ DEL MISTERO DI CRISTO
«Quelli che, quasi subito dopo un simile insuccesso (la morte), vennero alla
ribalta come suoi inviati e non indietreggiarono di fronte a fatiche e avversità
di ogni genere, di fronte alla morte stessa, donde trassero la forza per portare
questa "buona novella" tra gli uomini, sino ai confini dellTmperium?»166.
«Ora, se si annuncia che Cristo è risorto dai morti, come possono dire alcuni
tra voi che non vi è risurrezione dei morti? Se non vi è risurrezione dei morti,
neanche Cristo è risorto! Ma se Cristo non è risorto, vuota allora è la nostra
predicazione, vuota anche la vostra fede. Noi, poi, risultiamo falsi testimoni di
Dio, perché contro Dio abbiamo testimoniato che egli ha risuscitato il Cristo
mentre di fatto non lo ha risuscitato, se è vero che i morti non risorgono. Se
infatti i morti non risorgono, neanche Cristo è risorto; ma se Cristo non è ri-
sorto, vana è la vostra fede e voi siete ancora nei vostri peccati. Perciò anche
quelli che sono morti in Cristo sono perduti. Se noi abbiamo avuto speranza in
Cristo soltanto per questa vita, siamo da commiserare più di tutti gli uomini.
Ora, invece, Cristo è risorto dai morti, primizia di coloro che sono morti. Perché,
se per mezzo di un uomo venne la morte, per mezzo di un uomo verrà anche la
risurrezione dei morti» (ICor 15,12-21).
Paolo annuncia con forza che "Cristo è risorto". "Se Cristo non è risorto",
la predicazione, la fede e la salvezza sono vuote. Senza senso.
166
H. K U N G , Essere cristiani, cit., 386.
CAPITOLO VILI - L A C O N T E M P L A Z I O N E DEL MISTERO DI CRISTO__325
e) Segno che rimanda alla risurrezione di Gesù come evento reale, "stori-
co", è la testimonianza dei discepoli. Questa testimonianza è punto d'arrivo
di un cammino che essi fanno per passare dall'incredulità al dubbio, dal dub-
bio alla fede, dalla fede alla proclamazione del mistero pasquale di Gesù, il
crocifisso, il risuscitato, il vivente, il Signore, il salvatore. La dinamica del
cammino comporta anzitutto l'iniziativa di Gesù. È lui, l'uomo della croce,
che prende l'iniziativa di farsi vedere, toccare, sentire. È lui che si f a vedere
(Me 16,9-20; Mt 28,8-20; Le 24,13-53; Gv 20,11-21,23; At 1,3-11). È lui che
appare (ICor 15,5-8). È lui che si fa toccare (Mt 28,9; Gv 20,17). È lui che
si fa sentire (Mt 28; Le 24; Gv 20-21; At 1). Lo fa più volte, ripetutamente,
per "quaranta giorni", per parlare del regno di Dio (At 1,3), accompagnare la
conversione definitiva dei discepoli e mandarli in missione:
«Quelli dunque che erano con lui gli domandavano: "Signore, è questo il tem-
po nel quale ricostituirai il regno per Israele?". Ma egli rispose: "Non spetta
a voi conoscere tempi o momenti che il Padre ha riservato al suo potere, ma
riceverete la forza dallo Spirito Santo che scenderà su di voi, e di me sarete
167
F . ARDUSSO, Gesù di Nazaret è Figlio di Dio?, cit., 120-121.
168
W. K A S P E R , Gesù il Cristo, cit., 201.
326 C A P I T O L O V i l i - L A CONTEMPLAZIONE DEL MISTERO DI CRISTO
169
H . KUNG, Essere cristiani, cit., 4 2 1 .
170
G. O ' C O L L I N S , Gesù oggi. Linee fondamentali di cristologia, cit., 175-176.
CAPITOLO V I II "-""LA CONTEMPLAZIONE
lj-MML.^
DEL MISTERO DI CRISTO
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Che dire? Ci sono elementi che fanno propendere verso l'autenticità sto-
rica del racconto della tomba vuota: il fatto che sia presente in tradizioni di-
verse (Me 16,1-8; Gv 20,1.11-13); che la visita alla tomba sia posta «di buon
mattino, il primo giorno della settimana» (Me 16,2), «il primo giorno della
settimana» (Gv 20,1) e non «il terzo giorno» (ICor 15,4); che testimoni siano
delle donne: se il racconto «fosse una leggenda creata dai primi cristiani, essi
avrebbero attribuito la scoperta della tomba vuota a discepoli uomini piutto-
sto che a donne, che in quella cultura non contavano nulla come testimoni
validi»173.
«In conclusione si può dire che la tradizione della tomba vuota appartiene
al nucleo storico: alcune donne facendo visita al sepolcro di Gesù nel primo
giorno della settimana lo trovarono vuoto e furono sorprese e turbate dalla
scoperta. L'esperienza della tomba vuota deve essere accettata come un dato
storico... E bene sottolineare... che... la scoperta della tomba vuota per nes-
suno dei quattro evangelisti costituiva una prova della veridicità del messaggio
pasquale. La tomba vuota occupa il ruolo di un "segno" che per colui che
accetta di credere nell'annuncio pasquale costituisce una certa conferma della
sua fede. Essa è un segno, al pari dei miracoli di Gesù, che orienta al contenuto
dell'evento pasquale: Gesù di Nazaret è tuttora vivo e partecipa della vita di
Dio con tutto il suo essere fisico-spirituale»174.
171
Ibidem, 188.
172
P. ZARRELLA, La risurrezione di Gesù, Cittadella Editrice, Assisi 1973, 110-111.
173
G. O ' C O L L I N S , Gesù oggi. Linee fondamentali di cristologia, cit., 188.
174
P. ZARRELLA, La risurrezione di Gesù, cit., 114-115.
QAP|TOLO VLHJJ-JJCOFGEJ^
«Non (è) un ritorno a questa vita spazio-temporale. La morte non viene revo-
cata ma vinta in modo definitivo... Gesù... non è semplicemente ritornato alla
vita biologico-terrena, per poi morire di nuovo... No, secondo la concezione
neotestamentaria egli ha la morte, quest'ultimo confine, definitivamente dietro
di sé. Ha varcato la soglia di una vita tutta diversa, incorruttibile, eterna, "ce-
leste": la soglia della vita di Dio... Non (è) una continuazione di questa vita
spazio-temporale. Già il parlare di "dopo" la morte è inesatto, perché l'eternità,
mentre esclude i rapporti di anteriorità e posteriorità, presuppone una nuova
vita che, trascendendo le dimensioni dello spazio e del tempo, si svolge nella
sfera invisibile, incorruttibile, incomprensibile di Dio. Non semplicemente un
"continuare" (a vivere, fare, andare) senza fine. Ma qualcosa di definitiva-
mente "nuovo": nuova creazione, nuova nascita, uomo nuovo e mondo nuovo.
Qualcosa che interrompe una volta per tutte il ritorno di un eternamente eguale
"muori e divieni". Essere definitivamente presso Dio e avere così la vita defi-
nitiva. E questo che si intende»175.
«può mostrare mani e piedi con i segni della crocifissione, ma è sottratto alle
leggi ordinarie della vita dell'uomo perché compare dove vuole e scompare
ai loro occhi quando vuole. Il corpo del Risorto si presenta sotto due aspetti
contrastanti: è lo stesso che quello della vita terrena e perciò riconoscibile, ma
le sue condizioni sono al di là dell'esistenza naturale»176.
175
H. K O N G , Essere cristiani, cit., 4 0 1 - 4 0 2 .
176
P. ZARRELLA, La risurrezione di Gesù, cit., 121.
C A P I T O L O V i l i - L A CONTEMPLAZIONE
• "' •"-' "DEL.•MISTERO
rnl-^i-n DI CRISTO 370
La confessione di fede che Paolo riporta nella prima lettera ai Corinzi attri-
buisce al Verbo incarnato e crocifisso, Gesù, la sua risurrezione:
«Paolo, servo di Cristo Gesù, apostolo per chiamata, scelto per annunciare il
vangelo di Dio, che egli aveva promesso per mezzo dei suoi profeti nelle sacre
Scritture e che riguarda il Figlio suo, nato dal seme di Davide secondo la carne,
costituito Figlio di Dio con potenza, secondo lo Spirito di santità, in virtù della
risurrezione dei morti, Gesù Cristo nostro Signore» (Rm 1,1-4).
177
Cfr. anche At 3,13-26; 4,10-12; 5,30-32; 10,36-43; 13,17-41; 2Cor 13,4; Fil 2,9.
178
H. K U N G , Essere cristiani, cit., 403.
179
F. ARDUSSO, Gesù di Nazaret è Figlio di Dio?, cit., 125.
330 CAPITOLO V I 11 - L A CONTEMPLAZIONE DEL MISTERO DI CRISTO
Soteriologico, perché
«principio di una "vita nuova", di un capovolgimento radicale, di una autentica
risurrezione di tutto il genere umano. Quel piano di divinizzazione dell'uma-
nità che la Trinità aveva concepito mediante l'incarnazione del Verbo, diventa
effettivamente esecutivo solo dopo la risurrezione: dopo che Gesù con la sua
passione e morte ci ha reso partecipi della sua vita divina»180.
180
B. MONDIN, Gesù Cristo salvatore dell'uomo. Cristologia storica e sistematica, cit., 402.
«Ma consideriamo, carissimi, la risurrezione di Cristo, poiché come la sua passione lasciava
comprendere la nostra vecchia vita, così la sua risurrezione è sacramento della nuova vita... Hai
creduto, sei stato battezzato; la vecchia vita è morta, fu uccisa sulla croce, sepolta nel battesimo.
È morta quella vecchia nella quale hai vissuto malamente; risorga la nuova. Vivi bene: vivi
in modo da vivere; vivi in modo che quando sarai morto, tu non muoia» (AGOSTINO D'IPPONA,
Discorso 229/E, in: L. PADOVESE, Sermoni per i tempi liturgici, cit., 347-348). «Quando Cristo
risorge, ai fedeli splende la sera, per gli infedeli si oscura il giorno; ai discepoli la notte si cam-
bia in giorno, ai giudei il giorno si cambia in notte. Dice l'evangelista: "Da mezzogiorno fino
alle tre del pomeriggio si fece buio" (Mt 27,45), perché la stessa luce meridiana si oscurasse
e si adempisse ciò che è scritto: "Il sole tramontò per essi a mezzogiorno" (cf. Am 8,9). Tra-
montò per essi, cioè per i giudei; per i nostri invece "la notte è chiara come il giorno" (Sai 138
CAPITOLO VILI - L A CONTEMPLAZIONE DEL MISTERO DI CRISTO 320
«la risurrezione, atto ultimo della rivelazione di Dio, è l'atto supremo del suo
amore. Dando la sua vita per noi, Gesù ha reso presente, nella prova e nell'effi-
cacia spinta all'estremo, l'amore di Dio per noi. Non c'è amore più grande che
dare la propria vita per quelli che si amano (Gv 15,13; 10,11; lGv 3,16), anzi,
per i propri nemici (.Rm 5,6-8). Ma la potenza di Dio ha spinto il suo amore fino
alla sua espressione più efficace, rendendo l'amore incessante, sempre vivo e
presente, con la sua risurrezione. L'amore è diventato signoria. L'essenza del
cristianesimo è qui: la fede nella morte salvatrice del Messia conferisce a Gesù
il suo vero senso e il suo orientamento finale, nella misura in cui la fede nella
risurrezione del Signore gli riconosce la sua forza nell'amore»182.
[139] ,12), perché la sera che volge sempre verso le tenebre profonde, si diresse tutta e si protese
verso la luce di Cristo e mentre Cristo risorgeva dagli inferi, riempì di splendore le anime dei
mortali» (PIETRO CRISOLOGO, Discorso 75).
181
GREGORIO DI NISSA, De tridua inter mortem et resurrectionem Domini nostri Jesu Christi
spatio, in: E. GEBHARDT (ed.), Opera 9, Sermones I, Leida 1967, 274. «Il Signore, avendo rive-
stito l'uomo, - avendo sofferto per colui che soffriva, - ed essendo stato legato - per colui che
era prigioniero, - e giudicato per il colpevole, - e sepolto per chi era sepolto, — risuscitò dai morti
e gridò questa parola: - "Chi mi accusa? - Si avvicini a me! - Io ho liberato il condannato. - Io
ho vivificato chi era morto. - Io ho risuscitato chi era sepolto. - Chi è il mio contradditore? -
Io, dice, sono il Cristo, - sono io che ho distrutto la morte, - che ho vinto il nemico, - che ho
calpestato l'Ade, - che ho legato il forte, - e ho elevato l'uomo - alla sublimità del cielo, - io,
dice, sono il Cristo". - "Venite dunque, voi tutte stirpi umane, - immerse nei peccati, e ricevete la
remissione dei peccati. - Io sono, infatti, la vostra remissione, - io la Pasqua della salvezza, - io
l'agnello immolato per voi, - io il vostro riscatto, - io la vostra vita, - io la vostra risurrezione, -
io la vostra luce, - io la vostra salvezza, - io il vostro re. - Io vi conduco alle sommità dei cieli.
- Io vi mostrerò l'eterno Padre. - Io vi risusciterò con la mia destra"» (MELITONE DI SARDI, La
pasqua, in: N . NOCILLI, Omelie pasquali dell'antichità cristiana, cit., 100-101).
182
B . RIGAUX, Dio l'ha risuscitato, Edizioni Paoline, Cinisello Balsamo (MI) 1976, 569.
3 4 1 , CAP ITOLO V I L I - L A CO H M MPL AZIO N E D EL MISTE ROD IJ^R I STO
e come tutti muoiono in Adamo, così tutti riceveranno la vita in Cristo» (ICor
15,20-22).
Escatologico, perché
«proclama definitivamente e inequivocabilmente la valenza di vita, di salvez-
za, che è insita nel gesto della morte di croce: questa non è un progetto di
morte, ma di vita. L'onnipotenza misericordiosa di Dio opera la sua vittoria
esattamente là dove sembra celebrarsi la sua sconfitta»183.
183
M. SERENTHÀ, Gesù Cristo ieri oggi e sempre. Saggio di cristologìa, cit., 333.
184
R. LAVATORI, L'unigenito del Padre. Gesù nel suo mistero di "Figlio", Edizioni Dehonia-
ne, Bologna 1983,428.
CAPITOLO V i l i - L A CONTEMPLAZIONE DEL MISTERO DI CRISTO 322
entri in allegria nella gioia del suo Signore. Chi ha atteso questo giorno nella
penitenza, riceva la sua ricompensa. Chi ha lavorato fin dalla prima ora, riceva
oggi il salario che gli è dovuto; chi è arrivato dopo la terza, sia lieto nel rendere
grazie; chi è giunto dopo la sesta, non abbia paura: non ci sarà punizione; chi
ha tardato fino alla nona, venga senza esitare; chi è arrivato all'undicesima, non
creda di esser venuto troppo tardi. Perché il padrone è buono, accoglie l'ultimo
come il primo, concede il riposo all'operaio dell'undicesima ora come a quello
della prima, ha misericordia dell'ultimo e premia il primo. Al primo dà, all'ul-
timo regala. Apprezza l'operato di ciascuno, loda ogni intenzione. Entrate tutti
nella gioia del Signore; primi e secondi, ricevete tutti la ricompensa; ricchi e
poveri, danzate insieme; sia che abbiate digiunato, sia che abbiate fatto festa,
siate tutti nella gioia, onorate questo giorno! Il banchetto è pronto, godetene
tutti; il cibo è abbondante, basterà per tutti, nessuno se ne andrà affamato. Go-
dete tutti della grande bontà di chi vi invita. Nessuno pianga la sua miseria: il
regno di Dio è aperto a tutti. Nessuno si rattristi per il suo peccato: il perdono si
è levato dal sepolcro. Nessuno abbia paura della morte: il Signore ci ha liberati
dalla morte, l'ha distrutta proprio mentre era stretto da essa; ha punito l'inferno
entrando nell'inferno. Isaia l'aveva profetato: "L'inferno è stato amareggiato"
(.Is 14,9). Sì, quando l'inferno ti incontrò, o Signore, fu amareggiato perché fu
distrutto, vanificato. Esso ha rapito un corpo e si è trovato davanti a Dio, ha
preso la terra e si è incontrato con il cielo, ha afferrato il visibile e si è imbattuto
nell'invisibile. O morte, dov'è il tuo pungolo? O inferno, dov'è la tua vittoria?
Cristo è risorto e l'inferno è stato distrutto. Cristo è risorto e l'Avversario è
caduto. Cristo è risorto e tutte le creature del cielo esultano. Cristo è risorto e i
morti escono dai sepolcri. Cristo, risorto da morte, è il capo di quelli che erano
nel sonno. A lui la gloria e la potenza, per tutti i secoli. Amen»185.
3. L'ascensione
«Esulti di santa gioia la tua Chiesa, o Padre, per il mistero che celebra in que-
sta liturgia di lode, poiché nel tuo Figlio asceso al cielo la nostra umanità è
innalzata accanto a te, e noi, membra del suo corpo, viviamo nella speranza di
raggiungere Cristo, nostro capo, nella gloria» 186
185
GIOVANNI CRISOSTOMO, Catechesi sulla Pasqua, P G 5 9 , 7 2 1 - 7 2 3 .
186
CEI, Messale Romano, Ascensione del Signore, colletta, cit.
187
Ibidem, Prefazio dell'ascensione del Signore 1.
Ili
334 CAPITOLO VILI - L A CONTEMPLAZIONE DEL MISTERO DI CRISTO
«Il modo di essere di Cristo è ora il modo dell'amore. Se egli ci ama - e che
altro è il contenuto del suo messaggio? - , il suo commiato per entrare nella
perfezione della carità significa realmente un essere-presso-di-noi... Il Signore
siede alla destra del Padre, sottratto ad ogni mutare della storia, in un silente
trionfo di vigilia destinato ad erompere un giorno nell'aperta vittoria del giudi-
zio che scuoterà il mondo. Nello stesso tempo egli è nuovamente presso a noi
uomini; alla radice di ogni avvenimento; nei penetrali di ogni fedele; nel cuore
del corpo credente che è la Chiesa; in funzione di forma, potenza, direzione e
unità. Mentre egli abbandona lo spazio universale della storia, si edifica nello
Spirito Santo il nuovo clima cristiano; l'intimità dell'individuo che crede, della
Chiesa, vicendevolmente fuse nell'unità. Così "Cristo è con noi tutti i giorni,
sino alla fine del mondo" (Mt 28,20)»189.
188
W. KASPER, Gesù il Cristo, cit., 205.
189
Il Signore, Studium, Milano 1 9 4 9 , 5 3 4 .
R . GUARDINI,
190
A . AMATO, Gesù il Signore. Saggio di cristologia, cit., 559.
191
CONFERENZA EPISCOPALE FRANCESE, L'alleanza di Dio con gli uomini. Catechismo degli
adulti, cit., 118.
CAPITOLO V i l i - L A CONTEMPLAZIONE DEL MisTERo PI CRISJN %%
«Quest'ultima tappa rimane strettamente unita alla prima, cioè alla discesa dal cie-
lo realizzata nell'incarnazione. Solo colui che è "uscito dal Padre" può fare ritomo
al Padre: Cristo... Lasciata alle sue forze naturali, l'umanità non ha accesso alla
"Casa del Padre" (Gv 14,2), alla vita e alla felicità di Dio. Soltanto Cristo ha potuto
aprire all'uomo questo accesso "per darci la serena fiducia che dove è lui, Capo e
Primogenito, saremo anche noi, sue membra, uniti nella stessa gioia"»192.
192
Catechismo della Chiesa Cattolica, cit., n. 661.
193
LEONEI, Discorso 73,4, in: A . A . JUST Jr, Luca. La Bibbia commentata dai padri, 3, cit.,
549; cfr. PL 54, 396. «L'ascensione di Cristo è quindi promozione per l'uomo. Perché dove
giunse la gloria del capo, là è chiamata anche la speranza del corpo. Esultiamo dunque, caris-
simi, di spirituale letizia, godiamo in un degno ringraziamento, elevando gli occhi dell'anima
a quell'altezza a cui si trova Cristo. Le brame terrene non deprimano i nostri animi, chiamati
lassù; le realtà mortali non distolgano i cuori, eletti ai beni eterni; i piaceri fallaci non attardino
le menti, entrate ormai nella vita della verità. Oggi infatti non solo siamo stati confermati pos-
sessori del paradiso, ma in Cristo già siamo penetrati nei cieli altissimi: maggiori sono i beni
conseguiti per l'ineffabile grazia di Cristo, di quelli che abbiamo perduto per l'invidia del dia-
volo» (IDEM, Discorso 1 sull'Ascensione del Signore, in: A A . V V . , L'ora di lettura commentata
dai padri della Chiesa, 2, cit., 1003).
194
Catechismo della Chiesa Cattolica, cit. n. 662.
195
CEI, Messale Romano, Ascensione del Signore, colletta, cit.
¿ 3 6 . .- CAPITOLO Viti - LA CONTEMPLAZIONE DEL MISTERO DI CRISTO
Gesù ascende al cielo, siede alla destra del Padre e la speranza umana e
cristiana hanno chiara la loro meta: !
ì
«Rendo grazie continuamente al mio Dio per voi, a motivo della grazia di Dio i
che vi è stata data in Cristo Gesù, perché in lui siete stati arricchiti di tutti i ;
doni, quelli della parola e quelli della conoscenza. La testimonianza di Cristo ì
si è stabilita tra voi così saldamente che non manca più alcun carisma a voi, a
che aspettate la manifestazione del Signore nostro Gesù Cristo. Egli vi renderà *
saldi sino alla fine, irreprensibili nel giorno del Signore nostro Gesù Cristo. ;
Degno di fede è Dio, dal quale siete stati chiamati alla comunione con il Figlio 'i
suo Gesù Cristo, Signore nostro!» (ICor 1,4-9). '
'
«La nostra cittadinanza infatti è nei cieli e di là aspettiamo come salvatore il Si- •
gnore Gesù Cristo, il quale trasfigurerà il nostro misero corpo per conformarlo ;
al suo corpo glorioso, in virtù del potere che egli ha di sottomettere a sé tutte :
le cose» (FU 3,20-21). ;ì
«O Padre, che nel mistero della Pentecoste santifichi la tua Chiesa in ogni
popolo e nazione, diffondi sino ai confini della terra i doni dello Spirito Santo
e continua oggi, nella comunità dei credenti, i prodigi che hai operato agli inizi
della predicazione del Vangelo»197.
«Oggi hai portato a compimento il mistero pasquale e su coloro che hai reso
figli di adozione in Cristo tuo Figlio hai effuso lo Spirito Santo, che agli albori
della Chiesa nascente ha rivelato a tutti i popoli il mistero nascosto nei seco-
li, e ha riunito i linguaggi della famiglia umana nella professione dell'unica
fede»198.
196
AGOSTINO CTIPPONA, Discorso 263/A sull'Ascensione del Signore, ed. A . M A I , 98, 1-2;
PLS 2,494-495. Cfr. Liturgia delle ore, 2, Solennità dell'Ascensione del Signore. Ufficio delle
letture, seconda lettura, 831-832.
197
CEI, Messale Romano, Pentecoste, colletta, cit.
198
Ibidem, Pentecoste, prefazio.
Così la preghiera della Chiesa nella celebrazione liturgica della solennità
di Pentecoste. La preghiera guida, in qualche modo, la nostra riflessione199.
«Dopo questo, io effonderò il mio spirito sopra ogni uomo e diverranno profeti
i vostri figli e le vostre figlie; i vostri anziani faranno sogni, i vostri giovani
avranno visioni. Anche sopra gli schiavi e sulle schiave in quei giorni effonde-
rò il mio spirito» (Gl 3,1-2).
«io pregherò il Padre ed egli vi darà un altro Paráclito perché rimanga con voi
per sempre, lo Spirito della verità, che il mondo non può ricevere perché non lo
vede e non lo conosce... Ma il Paráclito, lo Spirito Santo che il Padre manderà
nel mio nome, lui vi insegnerà ogni cosa e vi ricorderà tutto ciò che io vi ho
detto» (Gv 14,16-17.26).
199
Sul mistero dello Spirito Santo cfr. GIOVANNI PAOLO I I , Dominum et vivificantem,
18.5.1986.
CAPITOLO VILI - L A CONTEMPLAZIONE DEL MISTERO DI CRISTO 328
«Riguardo poi all'economia operata per l'uomo da parte del grande Dio e sal-
vatore nostro Gesù Cristo secondo la bontà di Dio, chi negherà che sia com-
piuta pienamente solo per la grazia dello Spirito Santo? Sia che tu consideri
le cose antiche - le benedizioni dei patriarchi, l'aiuto apportato dal dono della
legge, le figure, le profezie, le forti azioni di guerra, i segni operati dai giusti
- , sia che tu consideri le cose dispensate riguardo all'avvento del Signore
nella carne: (sono state) mediante lo Spirito. In primo luogo infatti si unì alla
carne stessa del Signore, divenuto unzione e inseparabilmente presente secon-
do la parola: "Colui sul quale vedrai lo Spirito discendere e rimanere, questi
è il mio Figlio diletto" (Gv 1,33)... In seguito ogni energia fu attiva per la
compresenza dello Spirito... Inseparabilmente gli era unito nel compiere le
potenze: "Se nello Spirito di Dio io caccio i demòni..." (Mt 12,28); e non si è
allontanato da lui risuscitato dai morti. Infatti il Signore, rinnovando l'uomo e
restituendogli nuovamente la grazia insufflata da Dio, che egli aveva perduto,
insufflando sulla faccia dei discepoli che cosa dice? "Ricevete lo Spirito Santo;
a chi rimetterete i peccati saranno rimessi; a chi li riterrete saranno ritenuti"
(Gv 20,22-23)»202.
200
CEI, La verità vi farà liberi. Catechismo degli adulti, cit., n. 341.
201
Messale Romano, Pentecoste, prefazio, cit.
IDEM,
202
BASILIO DI CESAREA, De Spiritu Sancto 1 6 , 3 8 - 4 0 , in: A A . V V . , L'ora di lettura commenta-
ta dai padri, 2, cit., 1100-1101.
341) CAPITOLO VILI - L A CONTEMPLAZIONE DEL MISTERO DI CRISTO
d) Lo Spirito Santo, dono del Padre e del Figlio, rende l'uomo creatura
nuova. Creatura chiamata a camminare secondo lo Spirito:
«Vi dico dunque: camminate secondo lo Spirito e non sarete portati a soddi-
sfare il desiderio della carne. La carne infatti ha desideri contrari allo Spirito e
lo Spirito ha desideri contrari alla carne; queste cose si oppongono a vicenda,
sicché voi non fate quello che vorreste. Ma se vi lasciate guidare dallo Spi-
rito, non siete sotto la Legge. Del resto sono ben note le opere della carne:
fornicazione, impurità, dissolutezza, idolatria, stregonerie, inimicizie, discor-
dia, gelosia, dissensi, divisioni, fazioni, invidie, ubriachezze, orge e cose del
genere. Riguardo a queste cose vi preavviso, come già ho detto: chi le compie
non erediterà il regno di Dio. Il frutto dello Spirito invece è amore, gioia, pace,
magnanimità, benevolenza, bontà, fedeltà, mitezza, dominio di sé; contro que-
ste cose non c'è Legge. Quelli che sono di Cristo Gesù hanno crocifisso la
carne con le sue passioni e i suoi desideri. Perciò se viviamo dello Spirito,
camminiamo anche secondo lo Spirito» (Gal 5,16-25).
«Non spetta a voi conoscere tempi o momenti che il Padre ha riservato al suo
potere, ma riceverete la forza dallo Spirito Santo che scenderà su di voi, e di
me sarete testimoni a Gerusalemme, in tutta la Giudea e la Samaria e fino ai
confini della terra» (At 1,7-8).
«Allora Pietro, colmato di Spirito Santo, disse loro: "Capi del popolo e anziani,
visto che oggi veniamo interrogati sul beneficio recato a un uomo infermo, e
cioè per mezzo di chi egli sia stato salvato, sia noto a tutti voi e a tutto il popolo
d'Israele: nel nome di Gesù Cristo il Nazareno, che voi avete crocifisso e che
Dio ha risuscitato dai morti, costui vi sta innanzi risanato. Questo Gesù è la
pietra, che è stata scartata da voi, costruttori, e che è diventata la pietra d'ango-
lo. In nessun altro c'è salvezza; non vi è infatti, sotto il cielo, altro nome dato
agli uomini, nel quale è stabilito che noi siamo salvati"» (A? 4,8-12).
«ho servito il Signore con tutta umiltà, tra le lacrime e le prove che mi hanno
procurato le insidie dei Giudei; non mi sono mai tirato indietro da ciò che poteva
essere utile, al fine di predicare a voi e di istruirvi, in pubblico e nelle case, testimo-
niando a Giudei e Greci la conversione a Dio e la fede nel Signore nostro Gesù. Ed
ecco, dunque, costretto dallo Spirito, io vado a Gerusalemme, senza sapere ciò che
là mi accadrà. So soltanto che lo Spirito Santo, di città in città, mi attesta che mi
attendono catene e tribolazioni. Non ritengo in nessun modo preziosa la mia vita,
purché conduca a termine la mia corsa e il servizio che mi fu affidato dal Signore
Gesù, di dare testimonianza al vangelo della grazia di Dio» (Al 20,19-24).
341 CAPITOLO VILI - L A CONTEMPLAZIONE DEL MISTERO DI CRISTO
«Ora voi siete corpo di Cristo e, ognuno secondo la propria parte, sue mem-
bra. Alcuni perciò Dio li ha posti nella Chiesa in primo luogo come apostoli,
in secondo luogo come profeti, in terzo luogo come maestri; poi ci sono i
miracoli, quindi il dono delle guarigioni, di assistere, di governare, di parlare
varie lingue. Sono forse tutti apostoli? Tutti profeti? Tutti maestri? Tutti fanno
miracoli? Tutti possiedono il dono delle guarigioni? Tutti parlano lingue? Tutti
le interpretano?» (ICor 12,27-30).
«Vi sono diversi carismi, ma uno solo è lo Spirito; vi sono diversi ministeri,
ma uno solo è il Signore; vi sono diverse attività, ma uno solo è Dio, che opera
tutto in tutti. A ciascuno è data una manifestazione particolare dello Spirito per
il bene comune» (ICor 12,4-7).
«Come un uomo "vede con gli occhi, ode con gli orecchi, sente odori con le
narici, parla con la lingua, opera con le mani, cammina con i piedi, a tutte le
membra dà vita, a ognuno il suo compito", così lo Spirito Santo "in alcuni santi
compie miracoli, in altri annuncia la verità, in altri custodisce la verginità, in
altri ancora custodisce la pudicizia coniugale; in alcuni santi questo, in altri
quello; a ciascuno concede di realizzare l'opera propria, a tutti parimenti di
vivere"»203.
«La pentecoste riprende e compie la festa ebraica delle settimane (Lv 23,15-
22) nella quale si portava all'altare un covone, primizia del raccolto. I padri
dicono che è Cristo stesso che offre il covone della nuova creazione, indorata
al grande sole, al grande vento dello Spirito. È per questo motivo che noi or-
todossi cospargiamo le nostre chiese di rami. Si riprende e si compie l'anno
203
CEI, La verità vi farà liberi. Catechismo degli adulti, cit., n. 501. «Grande, onnipotente
nei suoi carismi e meraviglioso è lo Spirito Santo. Calcola quanti siamo qui seduti quante anime
siamo. Ebbene, egli opera quello che meglio conviene a ciascuno. Stando in mezzo a noi, egli
vede la condotta di ciascuno; e vede anche il pensiero, la coscienza, quello che diciamo e quello
che pensiamo... Osserva di ogni popolo i vescovi, i presbiteri, i diaconi, i monaci, le vergini e
tutto il laicato, e vedi come egli è il grande capo e donatore dei carismi. Osserva come in tutto
il popolo egli dona, a uno la pudicizia, a un altro la verginità perpetua, a un terzo le opere di
misericordia, a un altro il distacco dai beni terreni, a un altro il potere di cacciare gli spiriti
cattivi. Come la luce illumina tutte le cose, inviando un unico raggio, così anche lo Spirito
Santo illumina coloro che hanno gli occhi. Se uno non riceve la sua grazia, perché è cieco, non
rimproveri lo Spirito Santo, bensì la propria infedeltà» (CIRILLO DI GERUSALEMME, Catechesi
battesimali 16,22, in: E. BARBISAN, Le catechesi, cit., 3 3 8 - 3 3 9 ) .
vJTEMPLAZlONE DEL MISTERO DI CRISTO
5. La parusia
204
O . CLÉMENT, «Sur la Pentecôte», in "Contacts" 75 (1971), 275-277.
205
CEI, Messale Romano, Preghiera eucaristica, cit.
ogni turbamento, nell'attesa che si compia la beata speranza e venga il nostro
salvatore Gesù Cristo»206.
«Al suo primo avvento nell'umiltà della nostra umana egli portò a compimento
la promessa antica. Ora egli viene incontro a noi in ogni uomo e in ogni tempo.
Verrà di nuovo nello splendore della gloria e ci chiamerà a possedere il regno
promesso che ora osiamo sperare vigilanti nell'attesa»207.
«Tu ci hai nascosto il giorno e l'ora in cui il Cristo tuo Figlio, Signore e giu-
dice della storia, apparirà sulle nubi del cielo rivestito di potenza e splendore.
In quel giorno tremendo e glorioso passerà il mondo presente e sorgeranno
cieli nuovi e terra nuova. Ora egli viene incontro a noi in ogni uomo e in ogni
tempo, perché lo accogliamo nella fede e testimoniamo nell'amore la beata
speranza del suo regno»208.
La Chiesa conosce e contempla il mistero del Signore Gesù che è venuto, che
viene e che verrà alla fine dei tempi. Intanto riflette sulle parole dell' Apocalisse:
«Ecco, io vengo presto e ho con me il mio salario per rendere a ciascuno secondo
le sue opere. Io sono l'Alfa e l'Omèga, il Primo e l'Ultimo, il Principio e la Fine»
(Ap 22,12-13); «Colui che attesta queste cose dice: "Sì, vengo presto!". Amen.
Vieni, Signore Gesù. La grazia del Signore Gesù sia con tutti» (Ap 22,20-21). La
Chiesa vive nel tempo e nello spazio degli uomini in attesa della manifestazione
finale di Cristo, re e Signore dell'universo. In attesa della parusia209.
b) «La parusia non è un evento nuovo rispetto alla risurrezione: per sé, non è se
non il manifestarsi pienamente della risurrezione nel mondo, cioè la defini-
206
Ibidem, Riti di comunione.
207
Ibidem, Prefazio dell'Avvento 1.
208
Ibidem, Prefazio dell'Avvento 2.
209
«La Chiesa delle origini crede che il Signore Gesù, morto e risorto, ha aperto una storia di
salvezza universale, cosmica. Il regno di Dio è impersonato in lui. Attendere il Regno significa
attendere la "parusia del Signore". Con questa parola, usata comunemente per indicare la visita
ufficiale di un sovrano in qualche città, i credenti designano la venuta pubblica e manifesta del
Cristo glorioso. Non si tratta di un ritorno, quasi che adesso sia assente, ma del compimento e
della manifestazione suprema di quella presenza che ha avuto inizio con la sua umile vicenda
terrena e che continua oggi nascosta nel mistero dell'eucaristia, della Chiesa, della carità e dei
poveri. La parusia è la meta della storia. Porterà la perfezione totale dell'uomo e del mondo»
(IDEM, La verità vi farà liberi. Catechismo degli adulti, cit., n. 1175).
344 CAPITOLO V i l i - L A CONTEMPLAZIONE DEL MISTERO DI CRISTO
210
M. SERENTHÀ, Gesù Cristo ieri oggi e sempre. Saggio di cristologia, cit., 345-346. «Il
Signore è il fine della storia umana, il punto focale dei desideri della storia e della civiltà, il
centro del genere umano, la gioia di tutti i cuori, la pienezza delle loro aspirazioni. Egli è colui
che il Padre ha risuscitato da morte, ha esaltato e collocato alla sua destra, costituendolo giudice
dei vivi e dei morti. Nel suo Spirito vivificati e coadunati, noi andiamo pellegrini incontro alla
finale perfezione della storia umana» (GS 45).
211
CEI, Messale Romano, Riti di comunione, cit.
CAPITOLO V I 11 -•^-mr,,-,,,,,
L A CONTEMPLAZIONE
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1
DEL MISTERO
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DI CRISTO
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«In nome della speranza più grande, che la anima, la Chiesa sarà allora sovver-
siva e critica verso tutte le miopi realizzazioni delle speranze di questo mondo:
presente ad ogni situazione umana, solidale col povero e con l'oppresso, non
le sarà lecito identificare la sua speranza con una delle speranze della storia.
Questa vigilanza critica non significa, però, disimpegno o testimonianza della
grazia "a buon mercato": essa è, al contrario, costosa ed esigente. Si tratta di
assumere le speranze umane e di verificarle al vaglio della resurrezione del
Signore, che da una parte sostiene ogni impegno autentico di liberazione e di
promozione umana, dall'altra contesta ogni assolutizzazione di mete terrene.
In questo duplice senso, la speranza ecclesiale, speranza della resurrezione, è
resurrezione della speranza»214.
212
IDEM,La verità vi farà liberi. Catechismo degli adulti, cit., n. 568. Sul tema della speran-
za cfr. F . M I E S , Speranza, in: R . P E N N A - G . P E R E G O - G . RAVASI (edd.), Temi teologici della Bibbia,
cit., 1327-1332.
213
CEI, Messale Romano, Riti di comunione, cit.
214
B . FORTE, La Chiesa della Trinità, San Paolo, 1 9 9 5 , 3 5 4 - 3 5 5 .
215
CEI, Messale Romano, Riti di comunione, cit.
346 CAPITOLO V i l i - L A CONTEMPLAZIONE DEL MISTERO DI CRISTO
quest'unica parola
perché delusi di ogni altra attesa
disperati di ogni altra speranza,
quando appunto così disperati
sperassimo e urlassimo
(ma tutti insieme
e a quel punto convenuti)
certi che non vale chiedere più nulla
ma solo quella cosa
allora appunto urlassimo
in nome di tutto il creato
(ma tutti insieme e a quel punto)
Vieni vieni vieni, Signore
vieni da qualunque parte del cielo
o dagli abissi della terra
o dalle profondità di noi stessi
(ciò non importa) ma vieni,
urlassimo solo: Vieni!
216
D.M. TUROLDO, La ballata della speranza, in: IDEM, Il sesto angelo, Mondadori, Milano
1976,4-8.
CONCLUSIONE
«Gesù, in presenza dei suoi discepoli, fece molti altri segni che non sono stati
scritti in questo libro. Ma questi sono stati scritti perché crediate che Gesù è il
Cristo, il Figlio di Dio, e perché, credendo, abbiate la vita nel suo nome» (Gv
21,30-31).
«O ineffabile mistero !
Dio ha preso la natura d'uomo, si è degnato nascere dalla Vergine per renderci
partecipi della sua divinità. Per compiere l'impossibile, il Dio dell'impossibile
fece lui il primo passo. Ciò che l'uomo non poteva fare nella sua marcia verso
Dio, Dio lo fece nella sua discesa verso l'uomo. Per far sì che l'uomo potesse
entrare nella famiglia di Dio, Dio entrò nella famiglia dell'uomo.
L'invalicabile è stato valicato per la prima volta dall'alto al basso nell'Incarna-
zione. Ciò che non era mai avvenuto, che Uno di lassù, che conosceva le cose
di lassù scendesse tra noi, è avvenuto in Gesù. L'invisibile si è fatto visibile,
l'intoccabile si è reso toccabile nel Cristo.
La storia è stata percorsa da un brivido di vita poiché Gesù ne è diventato atto-
re: il cosmo è diventato un'ostia giacché il Verbo ha preso carne da una donna
vivente nel cosmo. Dio si è fatto uomo, il Verbo si è fatto figlio. L'immensità
si è fatta limite. L'infinito si è fatto finito. L'innocenza si è fatta conoscenza.
L'onnipotenza si è fatta bimbo. L'immutabile si è fatto sofferenza. La perfe-
zione si è coperta di peccato. La vita è penetrata nella morte. L'amore si è fatto
Resurrezione. Gesù si è fatto nostro fratello.
Ciò che è avvenuto è talmente straordinario da renderci inebetiti di sorpresa: il
fatto è talmente unico da giustificare ogni incredulità. E non dobbiamo stupir-
ci se molti uomini rimangono perplessi: dovremmo stupirci del contrario. Ci
vuole il coraggio invincibile della fede ad affermare che Dio si è fatto uomo.
Ci vuole la rivelazione del Padre per credere che Gesù sia il Cristo di Dio.
Ci vuole tutta la piccolezza della mente e l'umiltà del cuore per entrare in un
simile mistero. È inutile discuterne.
Lasciate che gli uomini cerchino, amino, e troveranno. Ognuno di noi ha la sua
storia; ognuno di noi deve percorrere il suo sentiero con pazienza e tenacia.
Presto o tardi questa nostra storia, questo nostro sentiero s'incontrerà, s'inter-
secherà con la storia e col sentiero su cui cammina Gesù.
Ed è allora, e solo allora, che viene il momento della scelta, dell'accettazione,
CONCLUSIONE
«Gesù, in presenza dei suoi discepoli, fece molti altri segni che non sono stati
scritti in questo libro. Ma questi sono stati scritti perché crediate che Gesù è il
Cristo, il Figlio di Dio, e perché, credendo, abbiate la vita nel suo nome» (Gv
21,30-31).
«O ineffabile mistero!
Dio ha preso la natura d'uomo, si è degnato nascere dalla Vergine per renderci
partecipi della sua divinità. Per compiere l'impossibile, il Dio dell'impossibile
fece lui il primo passo. Ciò che l'uomo non poteva fare nella sua marcia verso
Dio, Dio lo fece nella sua discesa verso l'uomo. Per far sì che l'uomo potesse
entrare nella famiglia di Dio, Dio entrò nella famiglia dell'uomo.
L'invalicabile è stato valicato per la prima volta dall'alto al basso nell'Incarna-
zione. Ciò che non era mai avvenuto, che Uno di lassù, che conosceva le cose
di lassù scendesse tra noi, è avvenuto in Gesù. L'invisibile si è fatto visibile,
l'intoccabile si è reso toccabile nel Cristo.
La storia è stata percorsa da un brivido di vita poiché Gesù ne è diventato atto-
re: il cosmo è diventato un'ostia giacché il Verbo ha preso carne da una donna
vivente nel cosmo. Dio si è fatto uomo, il Verbo si è fatto figlio. L'immensità
si è fatta limite. L'infinito si è fatto finito. L'innocenza si è fatta conoscenza.
L'onnipotenza sì è fatta bimbo. L'immutabile si è fatto sofferenza. La perfe-
zione si è coperta di peccato. La vita è penetrata nella morte. L'amore si è fatto
Resurrezione. Gesù si è fatto nostro fratello.
Ciò che è avvenuto è talmente straordinario da renderci inebetiti di sorpresa: il
fatto è talmente unico da giustificare ogni incredulità. E non dobbiamo stupir-
ci se molti uomini rimangono perplessi: dovremmo stupirci del contrario. Ci
vuole il coraggio invincibile della fede ad affermare che Dio si è fatto uomo.
Ci vuole la rivelazione del Padre per credere che Gesù sia il Cristo di Dio.
Ci vuole tutta la piccolezza della mente e l'umiltà del cuore per entrare in un
simile mistero. E inutile discuterne.
Lasciate che gli uomini cerchino, amino, e troveranno. Ognuno di noi ha la sua
storia; ognuno di noi deve percorrere il suo sentiero con pazienza e tenacia.
Presto o tardi questa nostra storia, questo nostro sentiero s'incontrerà, s'inter-
secherà con la storia e col sentiero su cui cammina Gesù.
Ed è allora, e solo allora, che viene il momento della scelta, dell'accettazione,
^Mt^CO^LJ^SJOI^.
del sì o del no. È certa però una cosa: fintanto che non abbiamo accettato lui,
testimoniato lui come Figlio di Dio, mancherà qualcosa alla nostra vita, ci sarà
come un'ombra sotto il nostro sole, una nostalgia alle nostre aurore, un'inquie-
tudine nelle nostre notti.
È fatale!
E se avete incontrato qualcuno che ha trovato la risposta al mistero della vita
e la pace del cuore senza Gesù, venite a dirmelo perché io non ho trovato nes-
suno. Per me ho incominciato a conoscere Dio da che ho accettato Gesù come
verità, ho trovato la pace vera da quando ho cercato la sua intimità, soprattutto
ho conosciuto la gioia, la gioia vera al di là di tutte le vicissitudini, da quando
ho assaporato e vissuto il dono che è venuto a portarci: la vita eterna.
Ma Gesù non è solo il sorriso del Padre e il Rivelatore dell'inconoscenza di
Dio. Sarebbe poca cosa per la mia debolezza e il mio peccato: è il mio Salvato-
re. Nella mia marcia verso di lui, mi ero ridotto a uno straccio: non riuscivo più
a camminare... Qual è il peccato che non ho commesso o che non ho commes-
so solo perché non ne ho avuto l'occasione? Ebbene, fu lui, solo lui a scendere
sulla strada di Gerico, ad avere il coraggio d'avvicinarsi a me per cercare di
fermare con le sue fasciature quel po' di sangue che mi restava ancora dentro
e che sarebbe certamente uscito senza il suo intervento. Gesù divenne per me
sacramento causa della mia salvezza, chiusura del mio inferno, frenata al mio
disfacimento...
Gesù non ha superato il muro invalicabile del divino per scendere nell'umano
solo per essere il Salvatore dell'uomo. Facendo così non avrebbe compiuto la
sua opera, assolto la sua missione d'amore. Ha valicato il muro dell'invisibile,
è sceso nel visibile per essere il testimone delle "cose di lassù", per rivelarci
"le cose segrete della casa del Padre", per darci in concreto ciò che lui chiamò
la vita eterna.
E che cos'è appunto questa famosa "vita eterna"? Lui stesso la definì nel Van-
gelo: Questa è la vita eterna, che conoscano te Padre e colui che hai mandato,
il Cristo (Giovanni 17,3). Quindi la vita eterna è innanzi tutto conoscenza. Si
tratta di conoscere il Padre, si tratta di conoscere Gesù. Ma qui non si tratta di
conoscenza esterna, storica, analogica che più o meno già potevamo immagi-
nare, possedere, si tratta di una conoscenza autentica, soprannaturale, si tratta
di una conoscenza che, anche se avvolta qui nel buio della fede, è già della
stessa natura, della stessa realtà della conoscenza che avremo quando si spez-
zerà il velo e noi vedremo Dio faccia a faccia. Si tratta di conoscere Dio com'è,
non come ci può apparire o ci si può immaginare. Qui sta tutto il mistero ch'io
ho cercato di definire al di là delle cose e che forma il segreto dell'intimità con
Dio e la sostanza della preghiera contemplativa.
Gesù dandoci la "vita eterna" ci dà la conoscenza del Padre che è già per noi
la prima maniera di vivere su questa terra la vita divina, che è già una parteci-
pazione vitale alla famiglia di Dio, che è nello stesso tempo in cui siamo figli
di uomo un essere figli di Dio. E poi la conoscenza di Gesù. Qui non avremo
mai parole a sufficienza per dire cosa significa, cosa contiene questa semplice
i ^ m y s j O N ^ j ^ i
«Sei ancora, ogni giorno, in mezzo a noi. Vivi tra noi, sulla terra ch'è tua e
nostra, su questa terra che ti raccolse, fanciullo, tra i fanciulli...
Abbiamo bisogno di te, di te solo, e di nessun altro. Tu solamente, che ci ami,
puoi sentire per noi tutti che soffriamo, la pietra che ciascuno di noi sente per
se stesso. Tu solo puoi sentire quanto è grande, immisurabilmente grande, il
bisogno che c'è di te, in questo mondo, in questa ora del mondo. Nessun altro,
nessuno dei tanti che vivono, nessuno di quelli che dormono nella mota della
gloria, può dare, a noi bisognosi, riversi nell'atroce penuria, nella miseria più
tremenda di tutte, quella dell'anima, il bene che salva. Tutti hanno bisogno di
te, anche quelli che non lo sanno, e quelli che non lo sanno, assai più di quelli
che sanno. L'affamato s'immagina di cercare il pane e ha fame di te; l'assetato
crede di voler l'acqua e ha sete di te; il malato s'illude di agognare la salute
e il suo male è l'assenza di te. Chi ricerca la bellezza nel mondo cerca, senza
accorgersene, te che sei la bellezza intera e perfetta; chi persegue nei pensieri
1
C. CARRETTO, Al di là delle cose, Cittadella Editrice, Assisi 1970,59-61.64-66.
352 CONCLUSIONE
la verità, desidera, senza volere, te che sei l'unica verità, degna d'esser saputa;
e chi s'affanna dietro la pace cerca te, sola pace dove possono riposare i cuori
più inquieti. Essi ti chiamano senza sapere che ti chiamano e il loro grido è
inesprimibilmente più doloroso del nostro...
Tu sai quanto sia grande, proprio in questo tempo, il bisogno del tuo sguardo
e della tua parola. Tu lo sai bene che un tuo sguardo può travolgere e mutare
le nostre anime, che la tua voce ci può trarre dallo stabbio della nostra infinita
miseria; tu sai meglio di noi, tanto più profondamente di noi, che la tua presen-
za è urgente e indifferibile in questa età che non ti conosce.
Sei venuto, la prima volta, per salvare; nascesti per salvare; parlasti per salva-
re; ti facesti crocifiggere per salvare: la tua arte, la tua opera, la tua missione,
la tua vita è di salvare. E noi abbiamo oggi, in questi giorni grigi e maligni,
in questi anni che sono un condensamento, un accrescimento incomportabile
d'orrore e dolore, abbiamo bisogno, senza ritardi, d'esser salvati!...
Gli uomini, allontanandosi dall'Evangelo, hanno trovato la desolazione e la
morte. Più d'una promessa e d'una minaccia s'è avverata. Ormai non abbiamo,
noi disperati, che la speranza d'un tuo ritorno. Se non vieni a destare i dormenti
accovati nella belletta puzzante del nostro inferno, è segno che il castigo ti
sembra ancor troppo corto e leggero per il nostro tradimento e che non vuoi
mutare l'ordine delle tue leggi. E sia la tua volontà ora e sempre, in cielo e
sulla terra.
Ma noi, gli ultimi, ti aspettiamo. Ti aspetteremo ogni giorno, a dispetto della
nostra indegnità e d'ogni impossibile. E tutto l'amore che potremo torchiare
dai nostri cuori devastati sarà per te, Crocifisso, che fosti tormentato per amor
nostro e ora ci tormenti con tutta la potenza del tuo implacabile amore»2.
Symbolum '77
2
G . PAPINI, Storia di Cristo, Vallecchi, Firenze 2007,437-438.443.
Credo in te Signore nato da Maria,
Figlio eterno e santo, uomo come noi.
Morto per amore, vivo in mezzo a noi,
una cosa sola con il Padre e con i Tuoi.
Fino a quando, io lo so, Tu ritornerai,
per aprirci il regno di Dio.
Abbreviazioni e sigle p. 7
Presentazione " 9
PARTE PRIMA
GESÙ IL SIGNORE CHE LIBERA E SALVA
Capitolo primo
LA FEDE DELLA CHIESA " 15
Capitolo secondo
LA STORICITÀ DI GESÙ " 25
PARTE SECONDA
IL MISTERO DI CRISTO NELLA PREPARAZIONE
VETEROTESTAMENTARIA
Capitolo terzo
TEMPO DI AVVENTO
Il tempo della promessa, dell'attesa e della speranza
PARTE TERZA
IL MISTERO DI CRISTO NELLA PIENEZZA DEL TEMPO
Capitolo quarto
TEMPO DI NATALE
Il tempo del compimento, della contemplazione e della gioia " 67
Capitolo quinto
TEMPO DI QUARESIMA
Il tempo dell'annuncio del regno, dell'accoglienza e del rifiuto " 79
8. I titoli "102
1. Figlio dell'uomo " 102
2. Figlio di Dio " 103
3. Messia " 106
9. Con i padri della Chiesa " 106
Capitolo sesto
TEMPO DI PASQUA
Il tempo della liberazione dal peccato e della riconciliazione con Dio "113
PARTE QUARTA
IL MISTERO DI CRISTO NELLA VITA DELLA CHIESA
Capitolo settimo
TEMPO ORDINARIO
Il tempo dell'approfondimento, della celebrazione, della testimonianza,
dell'attesa e del compimento " 155
4. R. Bultmann » 228
5. D.Bonhoeffer "231
6. K. Barth "233
7. K. Rahner " 236
8. R Schoonenberg " 240
9. H. Kiing "243
PARTE QUINTA
SINTESI CRISTOLOGICA
Capitolo ottavo
LA CONTEMPLAZIONE DEL MISTERO DI CRISTO " 251
fj
Conclusione