SALVATORE MIRACOLA
© 2008
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senza l’autorizzazione scritta dell’autore.
Questo lavoro
è un atto di amore
verso questo
meraviglioso paese
ricco di arte e di storia.
Un grazie a chi mi è stato di aiuto.
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Comune di
San Marco d’Alunzio
NOTIZIE STORICHE
dalla pianura e dal mare tre miglia, il quale ha preso questo nome dalla Chiesa
antichissima di San Marco, ch’è posta poco di sotto, ed ha titolo di contea, e vi
si vedono le reliquie di molte rovine.
Nella sua rocca, la qual è posta sopra una rupe, ritrovai in una sagrestia una
pietra di marmo, dove erano scolpite queste lettere latine: LIVIAE AUGUSTI
DAE MUNICIPIUM.
Restano ancor oggi certe reliquie delle rovine d’un certo aquedotto di ghiara
e di mattoni, per il qual si conduceva l’acqua nella terra, per esser ella
povera d’acqua, dal fonte Favarotta, lontan due miglia verso mezzogiorno.
... Fuor delle mura di questa terra, un tratto di fromba verso levante, è un
monastero di monache dell’ordine di San Benedetto, chiamato San Salvadore, il
quale fu edificato da Margherita Regina di Sicilia, ed è oggi molto religioso, ed al
mio tempo è ornata questa terra dal Cardinal Scipion Ribiba, uomo illustrissimo.
Nel medesimo paese e nella medesima pianura è una fortezza che a Roma si
chiama <la Petra> e poi segue il fiume Fitaglia.”
p. 12
Notizie Storiche 9
fenicia Aluth, che significano la stessa cosa, cioè luogo eminente: Locchè si
verificava di questa città, la quale era edificata sulla eminenza di una collina,
come abbiamo da Cicerone8, il quale scrisse, cum Aluntium venisset, quod erat
ascensu difficile.”
L’attuale cittadina conserva ancora oggi testimonianze dei popoli che si sono
succeduti nel corso dei secoli: Greci, Romani, Bizantini, Arabi, Normanni, etc.
PERIODO GRECO
Poche notizie si hanno di questo periodo. Batteva moneta9 già alla fine del V
secolo a.C. e in età romana aveva una fiorente attività ginnica, come attestato da
qualche iscrizione.
Oggi testimonianze residue di questo periodo sono il tempio di Eracle (cosidetto
d’Ercole) e qualche tratto della cinta muraria.
Sono state rinvenute anche tombe di epoca greco-romana in piazza Gebbia10,
databili tra la fine del IV e la metà del III secolo A.C.; altra necropoli è stata
rinvenuta in contrada S. Marina11.
In Alontion - Haluntium era attiva una zecca che ha battuto numerose serie
monetali in bronzo. La monetazione12 di questa città può essere suddivisa in due
periodi, quello greco che va dal 406 a.C. al 250 a.C. circa, quando è presumibile
che gli Aluntini seguendo l’esempio della vicina Halaesa Arconidea siano passati
dalla parte dei romani, è quello per l’appunto di età romana, che va da questa data
al 44 a.C. Le monete del periodo greco imitano i tipi di altre zecche siciliane,
particolarmente di Siracusa. La prima emissione del 406, 392 a. C., presenta
al dritto una testa di Athena con elmo attico e al rovescio un polpo “Octopus”
simile ai bronzi di età siracusana. Del 343 è l’emissione che commemora, con
altre città, la simmachia timoleontea, recante nel dritto la testa di Zeus e al
rovescio il fulmine alato sotto cui un chicco d’orzo. Di qualche anno successiva
è l’esemplare con testa femminile a destra e mezzo toro androcefalo a sinistra,
in tutto simile alla coeva emissione di Abaceno. Seguono poi fino al 260 circa
le numerose serie con testa femminile e toro cozzante che chiudono le emissioni
cit.
10 San Marco d’Alunzio “pagine d’archivio”
di periodo greco. Dell’inizio dell’età romana (dopo il 241 a.C.) è la moneta con
testa di Patron? e toro a volto umano che versa acqua dalla bocca, soggetti questi
inediti, che costituiscono un “unicum” nella mumismatica siciliana: Seguono le
numerose serie con testa di Eracle al dritto e aquila su preda al rovescio quelle
ancora con la medesima effige al dritto e al rovescio clava o arco e faretra, con
testa di Dioniso al dritto e al rovescio Alontinon entro una corona di alloro, con
testa giovanile e cornucipia e con busto di Hermes a destra e caduceo, bronzi
tutti che richiamano analoghi tipi di Halesa, Calacte e Menaion. Le monete di
epoca romana sono gli ultimi documenti noti sulla città di Alunzio. In particolare
l’unica con leggenda latina, sempre che l’attribuzione proposta dal Grant13 sia
esatta, datata al 44 a.C. che commemora la Constituzio della città.
PERIODO ROMANO
quelle località come in gran parte della Sicilia, e di esse erano costretti a nutrirsi
quei disgraziati ridotti allo stremo; da parte sua Cleomene, che era portato a
credersi un secondo Verre sia sotto il profilo del lusso e della depravazione, sia
anche per i suoi poteri di comandante in capo, a sua imitazione aveva innalzato
un padiglione sulla spiaggia e non la smetteva di bere dalla mattina alla sera. Ed
ecco che all’improvviso, mentre Cleòmene era ubriaco e tutti gli altri affamati,
arriva la notizia che navi di pirati si trovavano nel porto di Odisseo (cosi infatti
è chiamata quella località); la nostra flotta, da parte sua, si trovava nel porto
di Pachino. Cleòmene allora, poichè sulla terraferma era stanziato un presidio,
tale di nome ma non di fatto, sperò di poter completare 1’equipaggio di marinai
e rematori con i soldati che avrebbe distaccato da quella guarnigione. Ma venne
allo scoperto che il nostro imputato, una piovra davvero rapace, aveva adottato
per i presidi di terra lo stesso sistema usato per le flotte, perchè erano pochissimi
gli effettivi rimasti, mentre tutti gli altri erano stati congedati.
88. Cleòmene, che occupava la prima posizione sulla quadrireme di Centuripe,
ordinò di drizzare l’albero, di spiegare le vele, di tagliare le gòmene delle ancore
e nello stesso tempo comandò che si desse il segnale affinchè tutti gli altri lo
seguissero. Questa nave di Centuripe era dotata di una velocità incredibile
grazie all’eccellente velatura; infatti, mentre Verre era governatore, nessuno era
in grado di conoscere quale velocità potesse raggiungere ciascuna nave a forza
di remi; per quanto su questa quadrireme, per la dignità di cui era rivestito e
per il credito di cui godeva Cleòmene, mancasse all’appello un numero davvero
esiguo di rematori e di soldati. La quadrireme in fuga, volando sulle onde, era
ormai quasi sparita alla vista, quando ancora tutte le altre navi si affannavano a
manovrare rimanendo nello stesso posto.
89. A coloro che erano restati indietro non mancava il coraggio; benche fossero
in pochi, pur non sapendo come sarebbero andate le cose, gridavano tuttavia di
voler combattere e preferivano di gran lunga consacrare alla lotta armata quel
residuo di vita e di forze che la fame aveva lasciato loro. Certo, se Cleòmene non
fosse fuggito tanto tempo prima, sarebbe tuttavia rimasta una qualche possibilità
di organizzare la resistenza. Infatti quella era la sola nave provvista di tolda e le
sue grandi dimensioni le avrebbero permesso di fungere da baluardo per tutte le
altre, e se si fosse impegnata in un conflitto con i corsari, in mezzo a quelle golette
dei pirati avrebbe dato l’impressione di elevarsi con l’imponenza di una città.
Ma in quel memento, abbandonati senza risorse dal loro capitano, l’ammiraglio
della flotta, si risolsero necessariamente a seguire la sua stessa rotta.
90. Proprio come Cleòmene, anche gli altri navigavano in direzione di Eloro, e
costoro, più che fuggire 1’arrembaggio dei corsari, seguivano la scia del loro
comandante supremo. In quei frangenti, quanto più uno era tra gli ultimi nella
fuga, tanto più era tra i primi nel pericolo, perchè era di volta in volta l’ultima
12 San Marco d’Alunzio “pagine d’archivio”
nave che i pirati attaccavano per prima. Così per prima è catturata la nave degli
Aluntini, il cui capitano era un nobile di Alunzio, un certo Filarco, che piu tardi
i Locresi riscattarono a pubbliche spese da quei corsari: e proprio dalla sua
deposizione giurata, resa durante il primo dibattito, voi avete appreso questo
episodio nei suoi particolari e nelle sue cause. Subito dopo è catturata la nave di
Apollonia, ed è ucciso il suo capitano, Antropino.”
Sotto l’imperatore Augusto divenne Municipium e subì le angherie di Verre.
Gaio Licinio Verre (c. 120 a.C. – 43 a.C.) fu un politico romano del I secolo a. C.,
propretore della Sicilia dal 73 a.C. al 71 a.C., ove compì concussioni e ruberie.
Nel 70 a.C. si celebrò a Roma il processo per concussione contro di lui.
Il processo venne avviato dalle città siciliane cui Verre aveva imposto tributi
eccessivi e non dovuti.
L’accusa venne sostenuta da Cicerone, noto come avvocato ma non ancora
famoso come uomo politico.
Verre venne condannato nonostante le manovre dei suoi avvocati e la protezione
dei suoi potenti amici politici.
Così Cicerone racconta nelle Verrine:
“51. Ma il meglio di se il nostro coscienzioso ed energico pretore lo offrì in
occasione della sua venuta ad Alunzio: egli non volle entrare personalmente in
città, poichè la salita era difficoltosa e ripida; fece invece chiamare Arcagato
di Alunzio, personaggio tra i più ragguardevoli non solo nella sua città, ma in
tutta quanta la Sicilia, e gli affidò l’incarico di portar giù immediatamente dalla
città al mare tutta l’argenteria cesellata ed eventualmente anche tutti i vasi di
Corinto esistenti ad Alunzio. Arcagato salì in città: personaggio ragguardevole,
che desiderava essere amato e stimato dai suoi concittadini, sentiva tutto il peso
di quell’incarico affidatogli da Verre e non sapeva come cavarsela; annuncia
pubblicamente il contenuto dell’ordine ricevuto e invita tutti a portar fuori gli
oggetti che possedevano. Si era al colmo della paura, perchè il tiranno in persona
non si allontanava di un passo: in riva al mare, ai piedi della città, attendeva
sdraiato sulla sua lettiga Arcagato e l’argenteria.
52. Riuscite a immaginare cosa sarà successo in città: l’agitazione, le grida e
inoltre iI pianto delle donne? Chi avesse visto la scena, avrebbe detto che era
stato introdotto il cavallo di Troia e che la città era stata conquistata. Venivano
portati fuori i vasi privi delle loro custodie, altri venivano strappati dalle mani
delle donne, molti si vedevano sfondare le porte e scassinare le serrature. Che
cosa vi immaginate dunque? Se in caso di guerra o di disordini capita che si
requisiscano ai privati gli scudi, la gente li consegna a malincuore, anche se
capisce che la consegna mira alla salvezza comune: questo perchè non crediate
che qualcuno portasse fuori dalla propria casa senza una cocente amarezza
1’argenteria cesellata per vedersela strappare da un altro. Tutto è portato giù
Notizie Storiche 13
invenzione non naturale, è necessario che da mosto sia cotto sino alla terza
della misura.
Quando ciò è fatto,e diventa metà e viene considerato o ritenuto vin cotto. Tutto
ciò è ottenuto per contraffazione dalle melle, ma è costituito dall’uva precedente
e da terra.
PERIODO BIZANTINO
Alla fine del VI secolo d.C., dopo che gli Avari minacciavano la Grecia, la
popolazione indigena fuggì dalla propria terra e si disperse nel mondo allora
conosciuto. Infatti gli abitanti di Patrasso si trasferirono nella regione di Reggio
Calabria. Anche i Lacedemoniti (Sparta) abbandonarono la terra natia e salparono
in parte verso la Sicilia e si fermarono ad Alunzio, conservando il dialetto dei
Lacedemoni e cambiando il nome in quello di Demenniti. Col passare degli anni
questa città si chiamò Demenna:
“Durante un’altra invasione essi (gli Avari) occuparono tutta la Tessaglia, tutta
la Grecia, l’Epiro vecchio, l’Attica e l’Eubea. Spingendosi impetuosamente
anche nel Peloponneso, essi l’occuparono con le armi. Quelli che poterono
sfuggire alle loro mani micidiali si dispersero chi da una parte chi dall’altra.
Gli abitanti di Patrasso si trasferirono nella regione di Reggio Calabria,
gli abitanti di Argo nella cosiddetta isola di Orobi, i Corinzii si trasferirono
nella cosiddetta isola di Egina. Precisamente allora anche gli abitanti di
Lacedemone abbandonarono la terra natia, salparono, alcuni di loro verso
l’isola di Sicilia, e in parte ancora vi restano, nel luogo che si chiama Demena
e, conservando il dialetto dei Lacedemoni, cambiarono il nome in quello di
Demenniti.”16A
L’Amari parlando di Demenna elenca gli scritti ove occorre Demona con le sue
varianti, prima come nome di città, poi di provincia:
I. Anno 902. Assedio e presa di Dimnsac (con la terminazione nel suono
che daremmo alla s e alla c unite dinanzi una i, ossia quello della ch in
francese e sh in inglese). Veggasi Ibn-el-Athir, MS. A, tomo II, fog. 92 e 167
verso; MS. C, tomo IV, fog. 246 verso; e MS. di Bibars, il solo ove si legga
correttamente. Ibn-el-Athir, ancorché vissuto nel XIII secolo, trascriveva in
questo passo ricordi derivati dal IX.
II. Anno 963. Nome di Dimnasc dato a una gola di monti presso Rametta.
Veggasi Nowairi, presso Di Gregorio, Rerum Arabicarum, p. 16, corregendo
la lezione secondo uno dei MSS. di Parigi. Valga per l’antichità del ricordo,
la stessa avvertenza che feci di sopra per Ibn-el-Athir.
16A Ivan Dujcev, Cronaca di Monemvasia, Istituto di studi Bizantini e Neoellenici, Palermo 1976
Notizie Storiche 15
III. Verso la fine del decimo secolo, la Biografia di San Luca, abate del monastero
di Armento in Calabria, dice costui siciliano di Demena. Presso Gaetani,
Vita Sanctorum Siculorum, tomo II, p. 96.
IV. Màlaterra, libro II, cap. XII, scrivendo, alla fine dell’undecimo secolo, del
secondo sbarco del conte Ruggiero in Sicilia (1060) dice: Hic Christiani
in valle Deminae manentes, sub Saracenis tributarii erant. Presso Caruso,
Bibliotheca Historica, tomo I, p. 181, e presso Muratori, Rerum Italicarum
Scriptores, tomo V, p. 539, seg.
V. Anno 1082. Diploma, del conte Ruggiero, che concede al vescovo di Troina
….in valle Deminae castrum quod vocatur Achareth. Presso Pirro, Sicilia
Sacra, p. 495.
VI. Anno 1084. Altro diploma del conte Ruggiero a favor del monastero di
Sant’Angelo, de Lisico Tondemenon. Presso Pirro, op. c., p. 1021.
VII. Anno 1093. Diploma per lo stesso monastero chiamato qui Sancti Angeli de
Lisico de valleDaemanae. Presso Pirro, 1. c.
VIII. Anno 1096. Diploma, nel quale descrivendo i confini della diocesi di Messina,
si dice: usque ad Tauromenium, et respondet ad Messanam, et vadit usque
ad Melacium, etrespondet ad Demannam, et inde vadit per maritimam
usque ad Flumen Tortum, et ascendit per flumen ec. Nello stesso diploma si
ricorda la donazione del castellum Alcariae apud Demennam. Presso Pirro,
op. c., p. 383. È evidente che Demenna in entrambi i luoghi citati sia nome
di provincia, poiché da Milazzo in poi non si notano più i nomi di città che
sarebbero Patti, Caronia e Cefalù, ma il confine della provincia, il quale si
sa che terminavasi a Caronia.
IX. Diploma del 1097, per lo quale il conte Ruggiero concedette certi beni al
monastero di San Filippo di Demena. Questo diploma è trascritto in uno
di Adelasia e del conte Ruggiero Secondo, poi re, dato l’anno 6618 (1110),
che il Pirro pubblicò in latino, a p. 1027, con la data erronea del 6628.
Niccolo Buscemi ha corretto quella data, stampando il testo greco con una
versione italiana, nel Giornale Ecclesiastico per la Sicilia, tomo I (1832),
p. 113, seg. Ma il Buscemi stampò male la voce De Menna; poiché il tratto
d’unione, come lo chiamano gli oltramontani, è segno ortografico ignoto ai
Greci, e non si trova punto nell’originale, posseduto dal principe di Trabia;
diploma di belli e nitidi caratteri, del quale ho depositato un fac-simile nella
Biblioteca imperiale di Parigi.
X. Anno 1121. Diploma del medesimo Ruggiero Secondo, a favore di detto
monastero chiamato Abbatia in valle Daemanis. Presso Pirro, op. c., p.
1027.
XI. Anno 1131. Diploma del vescovo di Messina, che assoggetta allo
archimandrita di quella città parecchi monasteri greci della diocesi; tra gli
16 San Marco d’Alunzio “pagine d’archivio”
altri quello di Sanctum Barbarum in Demena. Presso Pirro, op. c., p. 974.
XII. Anno 1154. Diploma di Ruggiero Secondo, su lo stesso argomento. Vi si
noverano i monasteri assoggettali all’archimandrita, e tra quelli Sanctum
Barbarum de Demenna, e alcuni altri independenti, tra i quali Sanctum
Philippum de Demenna. Pirro,op c., p. 975.
XIII. Edrisi che pubblicò la sua famosa opera geografica il 1154, descrivendo la
costiera di Sicilia a dritta di Palermo, pervenuto a Caronia, nota che quindi
cominciasse la provincia (iklim) di Dimnasc, come leggiamo nel migliore
dei MSS. Edrisi, nella minuta descrizione cbe fa della Sicilia, non parla di
città o castello nominato Dimnasc. Confrontando le quali testimonianze,
e avvisandomi che nei diplomi notati dal n° VI al XII si tratti anco della
provincia, io credo provata la esistenza di Demana castello infino al
decimo secolo, di Demana provincia dall’undecimo in poi; ma parmi assai
dubbio che il castello durasse fino all’undecimo secolo, e certo che a metà
del duodecimo fosse abbandonato o avesse mutato nome. Quanto al sito
del castello non abbiamo argomenti da determinarlo : se non che il nome
topografico, che si legge nella descrizione della battaglia di Rametta (965),
da indizio che Dimnasc si trovasse a ponente di quella città. Forse a quattro
o cinque miglia, là dove è oggi Monforte: nome di castello registrato da
Edrisi, e nato probabilmente dopo il conquisto normanno; nome anco di
feudo nei tempi normanni, come leggiamo nel Dizionario Topografico del
D’Amico.”17
L’Edrisi, geografo che operò in epoca normanna attorno al 115018 parlando di
S. Marco, così dice: “Di qui (ndr. Caronia) a dieci miglia occorre Sant Marku:
vasta rocca con avanzi di antichità, grande numero di colti, mercati, un bagno e
copie di frutte e produzione agrarie. Stendesi nel territorio di questo paese una
pianura con larghi campi da seminare, lieta di varie polle d’acqua. Crescevi
d’ogni banda la viola mammola che imbalsama l’aria; e vi si produce anco di
molta seta. La spiaggia è bella. Quivi si costruiscono delle navi col legname che
si taglia nelle montagne vicine.”
PERIODO ARABO
PERIODO NORMANNO
21 Questa denominazione intendava avere la speranza di un valore augurale nei confronti dell’impresa
che i Normanni si accingevano a portare avanti in Siclia.
22 A. Meli, op. cit. p. 98, ancora il Meli op. cit. p. 98, racconta di una espulsione di saraceni dal castello
di S. Marco dove si erano racchiusi, per il tradimento del “molinaro del Molino di Deca”
23 S. Cusa, I DIPLOMI GRECI ED ARABI DI SICILIA, I/1-2, Palermo 1868-1882. Spata Giuseppe,
PERIODO ARAGONESE
Giudice della Regia Gran Corte (+ 20.9.1623), già vedova di Giovanni Francesco Sollima Barone di
Castania – Porta in dote Molinazzo, Villafrati, Chiarastella, Amorosa e Mendoli.
Notizie Storiche 23
San Marco, 3° Barone di Amorosa, Signore di Claristella, Mendoli, Villafrati, Molinazzo, Mirtino,
Frazzanò, Capri di Suso, Capri di Juso e Pietra di Ruma; Pretore di Palermo 1719/1720, Deputato del
Regno di Sicilia 1707/1713, Grande di Spagna di prima classe dal 6.5.1720.
Sposò il 23.9.1699 Donna Caterina Cottone e Amati, figlia di Don Scipione Cottone Principe di
Castelnuovo e di Agata Amati e Alliata di Galati (+ 30.1.1726).
32 Amico Vito, op. cit. p. 40.
24 San Marco d’Alunzio “pagine d’archivio”
Barone di Amorosa, Signore di Claristella, Mendoli, Villafrati e Molinazzo, Mirtino, Frazzanò, Capri
di Suso, Capri di Juso e Pietra di Roma (investito il 3-4-1787) e Grande di Spagna di prima classe
dal 1786; Senatore di Palermo nel 1778 e 1781, Ministro della Giunta Pretoria di Palermo nel 1785,
Pretore di Palermo nel 1788, 1789 e 1790, Rettore dell’Ospedale Grande, Governatore del Monte
di Pietà di Palermo nel 1794, Capitano di Giustizia di Palermo nel 1795/1797, Regio Consigliere di
commercio, Gentiluomo di Camera del Re di Sicilia e Cavaliere dell’Ordine di San Gennaro. Sposò
(Patti dotali: Palermo 26-12-1772) a Palermo 13-4-1773 Donna Vittoria Alliata e Colonna, figlia
di Don Giuseppe Litterio Principe ereditario di Villafranca e di Donna Maria Felicita Colonna dei
Principi di Paliano (+ Palermo 13-11-1803).
35 Don Giuseppe Antonio (* 12-5-1776 + Palermo 21-1-1836), 6° Principe di Mirto (titolo ceduto alla
figlia nel 1830), 13° Conte di San Marco, 6° Barone di Amorosa, Signore di Claristella, Mendoli,
Villafrati, Molinazzo, Mirtino, Frazzanò, Capri di Suso e Capri di Juso e del Castello di Pietra di
Roma dal 1803 (investito il 9-5-1804) e Grande di Spagna di prima classe; Senatore di Palermo,
Gentiluomo di Camera del Re di Sicilia nel 1797, Capitano di Giustizia di Palermo nel 1807/1808,
Consigliere di Stato e Direttore Generale dei ponti e strade di Sicilia, Pari del Regno di Sicilia dal
1812. Sposò a Palermo 28-7-1804 Donna Costanza Pignatelli Aragona Cortés, figlia di Don Ettore 9°
Principe di Noia e della Principessa Donna Anna Maria Piccolomini d’Aragona Principessa di Valle
(* 11-11-1787 + Palermo 17-11-1830).
36 Ignazio Lanza e Branciforte conte di Sommatino, cavaliere, gerosolimitano gentiluomo di camera,
Notizie Storiche 25
pretore di Palermo sino al 1833, padre del vivente Giuseppe Lanza e Filingieri conte di S. Marco e
principe di Mirto ec. erede e rappresentante la nobilissima casa Filingieri conte di S. Marco, dalla quale
derivarono gl’illustri duchi di Delpino residente in Messina; i principi di S. Flavia e conti di Sittafari,
derivati da Gìuseppe Filingieri barone di Sittafari figlio di Pietro conte di S. Marco, nella quale linea
si distinsero un 2° Pietro conte di Sittafari capitano giustiziere di Palermo 1676, primo principe di
S. Flavia 1684; un Cristoforo deputato del regno e capitano giustiziere 1695, un 3° Pietro maestro
razionale del r. Patrimonio, molto benemerito de’ letterati e fondatore dell’accademia del Buongusto:
ramo oggi estinto col passaggio di tutti i titoli nella nobilissima casa Gravina principi di Rammacca.
Ed infine i principi di Cutò e marchesi di Lucca derivati da Giuseppe, Filingieri barone di Miserendino
figlio secondogenito di Girolamo, conte di s. Marco. Son poi commendevoli un Alessandro principe
di Cutò investito 1721, capitano giustiziere di Palermo 1726; un Girolamo capitano giustiziere 1743,
gentiluomo di camera di rè Carlo III, brigadiere ne’ reali eserciti, governatore della piazza di Trapani
1772 e cavaliere del S. Gennaro; un 2° Alessandro capitan generale e luogotenente generale del regno
1806, cavaliere gran croce di varii ordini; un Nicolo luogotenente generale del regno 1816, cavaliere
gran croce di varii ordini; ed un 3° Alessandro gentiluomo di camera di rè Ferdinando II, capitano di
cavalleria onorario, padre di Giovanna Filingieri e Clerici unica erede, congiunta in matrimonio al
conte Lucio Tasca e Lanza d’Almerità.
37 L’edificio è il risultato di numerose trasformazioni che si sono succedute nei secoli. È stato in
occasione degli interventi del restauro che sono venute alla luce strutture del XIII secolo, alcune
delle quali appartenevano al gruppo di case che erano state della famiglia Resolmini e che nel XVI
secolo passeranno prima ai De Spunches e poi ai Filingeri con il matrimonio, nel 1594, dell’unica
figlia di Vincenzo De Spunches, Francesca, con Don Pietro Filingeri. Del palazzo seicentesco, che
probabilmente in occasione del matrimonio fu rammodernato, poco è rimasto, poiché nel 1793, ai
tempi del principe Bernardo, l’edificio fu oggetto di un radicale intervento di trasformazione a cui
è ricollegabile la risistemazione dell’intero primo piano e la realizzazione del prospetto sulla via
Lungarni e del portale sulla via Merlo. Altri lavori intervennero dopo il 1876, quando fu rifatta
la facciata sulla via Merlo e quella sul cortile, dove il nuovo ingresso creato verrà sottolineato da
una pensilina di fine secolo. Sempre nell’800 una ristrutturazione degli ambienti del secondo piano
porterà alla creazione di un grande appartamento per la vita privata della famiglia, che da quel
momento utilizzerà il primo piano solamente per la rappresentanza.
26 San Marco d’Alunzio “pagine d’archivio”
I CASTELLI
Questo castello esisteva sicuramente in epoca greca e romana, anche se nel corso
dei secoli ha subito notevoli trasformazioni.
L’originaria porta del castello era a tramontana, ma nel 1709 dal conte don
Giuseppe Filingeri fu posta a libeccio.
Era circondato da mura che erano affiancati da una strada dalla quale si vedevano
le feritoie per difendersi dai nemici.
Entrando nel cortile, si vedeva una profonda e spaziosa cisterna e al piano terra
vi erano sei stanze adibite a carceri: per i nobili, per le donne, per i delitti civili,
per i delitti criminali e le ultime due erano senza finestre e venivano chiamate
“dammuselli”. Sempre al piano terra vi erano le officine, i magazzini per il
frumento, stalla, pagliera e ripostigli.
Al tempo dei Saraceni, dice il Meli38, uno di questi magazzini era la loro
moschea.
Per salire al primo piano vi era la scala vecchia con lo stemma dei Filingeri, ma
nel 1700 si entrava dalla scala nuova costruita dal conte don Vincenzo.
Entrando vi era il salone dal quale si accedeva a tre appartamenti: uno verso
occidente era la residenza del castellano o del conte, un’altro rivolto ad oriente
e un’altro a mezzogiorno. Da qui si entrava in un’altra retrosala dalla quale si
accedeva ad oriente ad un grande salone riccamente addobbato e a mezzogiorno
nelle camere a fila che girano per tutto il perimetro del castello.
Nella sala di questo castello nel 1747 fu costruito il teatro per “farsi l’opera” in
occasione della festa di mezzagosto. Nello stesso anno si portò in scena anche la
vita di S. Basilio che ebbe molto successo.
“La costruzione di un castrum a S. Marco pur desfension de li chretien è ricordata
38 Meli A., op. cit. p. 74-75.
38 San Marco d’Alunzio “pagine d’archivio”
Afferma il Meli40 che questo castello sia stato fondato da Levinio console romano
che fu in Sicilia nel 214 A.C. e si trova nella pianura di S. Marco, oggi Torrenova.
Fino al XVIII secolo vi erano due altissime torri, una rotonda e l’altra quadrata;
accanto alla torre rotonda vi era una cisterna nella quale, dice la tradizione, furono
buttati dai pagani molti cristiani.
Sul monte Asa, posto di fronte all’abitato, si vedono ancora segni di antiche
costruzioni e il Meli41 scrive che Asa è un nome saraceno “Mi confermo poi a
dire che questo nome Asa sia saraceno perchè me lo attesta il Fazello nella deca
2, lib. 10, c. 1, dove dice che avendo entrato Carlo V imperatore nella città di
Tunisi, fra gl’altri prigionieri prese una certa donna molto illustre di nobiltà,
I TERREMOTI A S. MARCO
sempre fuoco e strepitando per l’aria delle terre di Catania, Naso, S. Marco,
Longi, Alcara, Tortorici e Randazzo e andò a dileguarsi presso Mongibello.
Furon questi accidenti preludi del terremoto; poichè a 9 dello stesso maggio, ad
ore 18, vennero assalite le due terre di Naso e S. Marco da gagliardo terremoto, e
fu preceduto da un orrido urlo di Vulcano. Dopo pochi minuti si sentì la seconda
volta con altro rimbombo a guisa d’artigliaria; ed in S. Marco seguirono le
scosse fino alla metà della notte col continuo tremor della terra: così pure in
Naso con istesse scosse, accompagnate sempre col rimbombo di Vulcano.
A 10 maggio circa le ore 21 il terremoto con due successivi scuotimenti manifestò
le sue violenze in S. Marco, e staccò le rupi da’ monti con orrido strepito nel
precipitare; una di smisurata grandezza dovendo secondo il suo corso andar per
retta linea a rovinare una casa di campagna colla morte di una intiera famiglia
applicata al governo del verme di seta; dispose la divina Provvidenza, che presso
la casa si divise in due parti e precipitò una dal destro, altra dal sinistro lato
della casa, lasciandola per divina Pietà illesa. Ne’ confini del territorio di S.
Marco si spiccò dal monte una rupe di circa due cantara, cioè 2400 libbre, e si
avvenne in un pagliaio di campagna in cui era una mandra di vacche e collocossi
in cima al pagliaio, in maniera che non avrebbe potuto in miglior forma situarlo
un perito architetto, con alto stupore di tutti ma senza denneggiare nè persone
nè bestiame.
Alcune chiese restaron conquassate. Caddero alcune case di campagna, altre
crepate. Il casino del conte padrone ivi trovandosi, restò aperto: onde fu costretto
abbandonarlo con tutta la famiglia.
In questo tempo non ne restò alcuno oppresso, ma sol una donna ferita.
Le monache del Monastero del Salvatore furono costrette a passare ad altro
luogo più sicuro; e il convento dei Cappuccini restò aperto in più fissure. Non
furono minori gli effetti cagionati in Naso...
A 15 maggio tornò il terremoto in S. Marco ad apportar nuovi spaventi ad
ore quattro della notte, e nello spazio di cinque quarti diede sette scosse con
precedenti ribombi; e seguitando di tanto in tanto le scosse più e meno gagliarde,
oltrepassarono il numero di 100: restando sbalorditi gli abitatori: abbenchè per
la divina Misericordia senza danno di persone. In questo tempo si osservaron
l’acque torbide, e le cisterne secche per la commozion della terra. Il grido
stranissimo de’ galli e galline, il fremito de’ cavalli, il dibattimento degli uccelli
avvisavan l’imminenti scosse.
Delli 5 giugno in poi apparve gran fuoco nell’aria, che sembrava volesse
consumare il mondo, e si dileguò verso Randazzo, e Bronte ed ivi si sentì con
danno notabile il terremoto. In quest’occasione furon straordinarie le fatiche
de’ predicatori, ed ecclesiastici, che promossero con gran premura il profitto
dell’anime e straordinarie le penitenze, processioni, ed altri esercizi di pietà del
44 San Marco d’Alunzio “pagine d’archivio”
popolo, che per liberazione si obbligò a voto di digiunare la vigilia della solennità
dell’Immacolata Concezion di Maria Vergine ad imitazion di Palermo...”43
Il Meli descrivendo questo terremoto parla dei danni subiti a S. Marco: fu distrutto
il fondaco di S. Giuseppe in riva al mare, in contrada Stazzone caddero due case,
nel fondaco di Pietra di Roma cadde una camera, nella Chiesa di S. Giuseppe
cadde un pezzo di marmo dell’arco maggiore. Il Monastero del SS. Salvatore
fu molto danneggiato e le suore trascorsero la notte sotto il porticato e il giorno
dopo si rifugiarono in alcune capanne che si trovavano nel giardino dell’altro
Monastero di S. Teodoro. Nelle chiese per molti mesi non furono celebrate le SS.
Messe, ma si allestì un altare nel cortile del castello e qui venivano celebrate le
Sacre funzioni. Nella Marina furono fatte tre processioni, una con la Santa Spina,
la seconda con la Santa Croce e la terza processione girò per tutta la marina.
Un’altra processione fu organizzata con partenza dalla marina con le sante
Reliquie fino a S. Marco: “Tutti li concorrenti erano ordinati in questa guisa:
precedeva una croce, seguivano a due a due tutti li figlioli, poscia li grandi
mascoli, appresso il clero e finalmente le femmine, tutti in abito di penitenza con
libani e corone di spine. Or questa processione di tutto il popolo di S. Marco,
passando per la Chiesa di S. Marco vi prese il quadro di detto Santo, passando da
S. Antonio vi prese l’imagine e così ancora di S. Giuseppe, S. Maria, S. Basilio,
S. Nicolò Tolentino, S. Nicolò di Bari, tutte le Reliquie della venerabile Matrice
e finalmente il Santissimo Crocefisso di Araceli; e recando dette sacre Reliquie
e dette Sante Immagini sino al piano del castello, ivi furono accomodati in un
vasto piano dove s’era ancora alzato l’altare per dire la Santa Messa. Ardevano
di continuo molte cere e molte lampadi le quali non si smorzavano a causa che
tutto il tempo del terremoto fu da queste parti del Regno di Sicilia totalmente
bannito il vento, e neppure si pratticò menoma aura grecale solita comparire
nell’està. In questo piano del castello arrivata la processione si fece un sermone,
eccitando le genti a dimandare a Dio il perdono e la remora delle sue vendette;
ed erano così universali li pianti che riferirli non si potrà. Il più atto tenerissimo
fu quello de figlioli mascoli e femine, che essendo tutti scapegliati moveano il
popolo al pianto ed alla detestazione del peccato.”44
Nel Volume 57 del Fondo dell’Archivio di Stato di Messina riguardante il
Monastero del SS.mo Salvatore troviamo diverse pagine che descrivono questo
avvenimento45:
“Breve Ristretto di quanto accadde in questa Terra di San Marco in quest’anno
1739. 3° Ind(izion)e in occasione delli Tremoti.
Il Dio essendo il Supremo Fattore del tutto vidde colla Sua Divina Scienza che
l’Anime per le quali aveva disceso da Cielo in Terra, ed aveva ricomprato col
proprio Sangue col finire la vita Sua Santiss(i)ma sopra un tronco di Croce, tuttavia
andavano di male in peggio nel loro operare, e che d’ogn’altro si ricordavano
Forche del loro dovere di portarsi à tenore della sua Divina Legge, non potendo,
p(er) così dire, più soffrire, e per altro volendo far vedere la Sua amorevolezza
in volerle ritornate à lui, risolse di farsi sentiri con orribili castighi de tremoti;
Ma prima di ciò non lasciò di avvisarle, mentre ell’ultimi del mese d’Aprile
dell’istesso giorno di Vennerdì ad hore 22 incirca si sentì nell’aere disparamento
à guisa di mortaretti quale portò rumore tale, che sop(ra) i tetti delle case s’udì
un grandis(si)mo spavento, e non sapendosi che cosa fosse stata, alla fine fatte le
diligenze s’ebbe l’accerto’ che vi fù una Nube p(er) l’aere, la quale caminando,
andava disparando come sop(r)a s’è detto.
A questo p(ri)mo Segno così spaventoso non rientrando fra di loro l’Anime di
questo popolo, ma sempre più attendevano alle loro sodisfattioni, ed interessi
temporali, qual’erano i Nudricati, ove in quel tempo trovavansi impiegati nelle
Campagne; diede di mano il Dio al più gagliardo castigo, che fù à 9. Maggio del
med(esim)o anno, giorno di Sabbato ad hore 8 incirca.
Prima dell’ore 18 del med(esi)mo Sabbato comparve l’Aere con Nebbie à
color bianco che davano però nel colore di piumbo, egli osservavano cresposi,
arrivate però l’ore 18 si sentirono alcune gutte d’acqua, quali finite, si sentì un
grandiss(i)mo scotimento di Fabriche; al chè atterrite tutta la gente, uscì fuori
delle case; Appena uscita, ecco che replica il scotimento con più gaglierdezze;
à spaventosi considerabile, ogn’uno incominciava à pensare à fatti suoi// con
atti di vero pentimento; nel meglio de clamori però, ecco il terzo scotimento
più gagliardo, e sensibile de primi; motivo che ogn’uno si radunò nel piano del
vaglio, dove vi erano la S. Croce, Maria addolorata, e le reliquie de Santi Patroni.
La Sera poi niuno dormì in Casa ma chi in un piano, chi in un’altro, e fra questo
mentre ogn’uno pensava a’ confessarsi. Siccome si fece sino ad hore 6 di notte//
Le Rev(eren)de Religiose del Mon(aste)ro di S. Teodoro pure al sentire fecero
li sop(r)a d(ett)i scotimenti, l’istesso giorno di Sabbato, abbandonando il loro
Mon(aste)ro, abbassarono nel giardino, dove occorrendo il di loro Cappellano
che trovavasi allora il Dr Dn Paolo Caputo, incominciò ad animarli, ed all’istesso
tempo ad èsortarli, p(er) il che dando di mano alle penitenze, acciò come spose
del Crocifisso avessero potuto placare lo sdegno del loro sposo celeste; prima
d’ogn’altro pensarono alla santa confessione, quale non essendovi parte per due
s’avesse potuto sentire dal Cappellano sud(ett)o, la Madre Abb(adess)a allora la
Sig(nor)a S.ro(?) D.a Constanza Grassotto determinò fare un piccolo forame in
una parte delle mura di d(ett)o Giardino, da dove ad’una ad’una confessate, ne
riceverono la Santa assolutione.
Fratanto fatta la Sera non pensando di ritornare in Mon(aste)ro sotto le fabriche,
46 San Marco d’Alunzio “pagine d’archivio”
non veniva sostenuto dalli circostanti, averebbe buttatosi à tèrra assieme con
d(ett)a S. Croce. Il d(ett)o tremuoto durò p(er) lo spatio di quanto uno partitosi
correndo, potè arrivare alla Chiesa di S. Gius(epp)e, e fra questo mentre si
vidde tutta dispersa in tutte le pianure, piangendo, domandando perdono, e fù
così spaventevole che i Monti dal scotimento, buona parte si precipitarono,
come fù buona parte del monte sopra il Fiume di Zirì, quello di Grilli, e quelli
dell’Angara, e facendo rumore inusitato portavano il striscio sino alla Marina
à segno tale, che quella gente trovavasi in d(ett)a Marina credeva che la terra
s’avesse tutta diroccata; questa gente poi della Terra vedendo la polverazzata
delle fabriche di Petra di roma, della Case delli Serri, e di quelle della Marina,
supponeva gran perdita di gente, della marina, la quale le mandava così forte
le voci: dicendo Misericordia che pareva aver venuto il giuditio Universale; e
fra questo mentre le rev(eren)de Monache// del Mon(aste)ro di S. Teodoro che le
veniva di rimpetto l’orribile spavento delle fabriche cadevano nella marina, altro
non facevano, che domandar perdono al Sig(no)re, ed’inginocchiati in se(g)no
di penitenza, pregavano il Dio, che avesse cambiata la Sua Divina giustizia
in’una larga Misericordia, fra questi spaventevoli vedute occorse il sop(r)a
d(ett)o di Caputo Loro cappellano, il quale compiangendo con Loro, alla Fine
doppo d’averle in qualche maniera rancorate; gli diede l’assoluzione generale,
con che al quanto quietate; permisero, che d(ett)o loro Cappellano il d(ett)o di
Caputo avesse portatosi allo altro Mon(aste)ro p(er) dare al med(esi)mo qualche
sollievo, giache il Cap.no loro trovavasi alla Marina, e li loro Estraordinarij in
quel giorno dispersi p(er) le Campagne; ed’infatti arrivato d(ett)o di Caputo
all’altro Mon(aste)ro, ritrovò quelle Sante religiose in’atto di penitenza con la
porta aperta del loro angusto giardino, che gridando Misericordia erano così
impavorite, sì dell’orbile tremuoto, come per il striscio de monti caderono à Loro
vicini, che erano quasi tramortiti tanto più che le fabriche del loro Mon(aste9ro
vicine al giardinetto ad’ogni menomo scuotime(n)to, parea che volevano caderci
di sop(r)a. Alla vista di quelle Sante, e pudiche Religiose, d(ett)o di Caputo
maggiorm(en)te confondendosi, tuttavia p(er) aggiunto del Sig.re, avendo
fatto animo, incominciò ad’esortarle alla Sicurezza, e così in qualche maniera
animate incominciarono à cessare dalli grida, e timendo di stare in quel angusto
luogo, fece entrare la Madre Abb(adess)a allora l’Ill(ustrissi)ma Sig(no)ra D.a
Caterina Filingeri à d(ett)o di Caputo, con in quale vedutosi la Stritteza, nella
quale trovavansi, ed il pericolo evidente; si risolse di uscirsene fuori, p(ri)ma
però d’uscire le Religiose, d(ett)o di Caputo spiccò un Serio dove l’Ill.mo Sign(o)r
D(o)n Giovanni Filingeri loro Vis(itato)re, che trovavasi alla Marina; Ma p(er)
li continui scossi che tuttavia vi erano, non potendosi aspettare la risposta, fu
di bisogno uscirle, p(ri)ma però dell’uscita, d(ett)o di Caputo gli fece una pia e
divota esortatione, quale finita; l’Ill.ma Sig.ra Madre prese la Croce nelle mai
48 San Marco d’Alunzio “pagine d’archivio”
(sic!), è poi voltata alle sue Religiose, gli diede il precetto di doverla seguitare,
siccome infatti uscite, furono collocate nel piano// dove vi sono li piedi delli
cerasi, e poi d(ett)o di Caputo spiccò un’altro Serio à d(ett)o Ill.mo Sig.r d(on)
Filingeri, à cui dava la notitia d’esser di gia uscite dal Mon(aste)ro le Religiose;
à tale avviso d(ett)o d(on) Filingeri d’un subbito si portò alla Terra, ove arrivò
all’Avemaria, con lui portò il Sig.r D.r D.n Ant(oni)no Miele, e d.n Ant(oni)o
Tomasello Capp(ucci)no, quali d’un’ subbito diedero di mano ed accomodarono
una capanna di Padiglione, sotto la quale stiedero tutta la notte le Monache,
Filingeri, Capp(ucci)no e Miele sempre in vigilia seduti à sedie.
In D(ett)o giorno di Domenica poi non devo tralasciare di raguagliare come alla
Marina, dove vi era la residenza delli nostri Ecc(ellentissi)mi Sig(no)ri Conte,
Contessa, e Principino oltre dell’infinite confessioni generali si fecero quasi sino
à tutta la notte; si dispose da d(ett)i Ecc.mi una processione di mortificatione,
Siccome Fecegli comportare Al M(ol)to Rev(erend)o Arcip(re)te allora il D.r
D.n Giovanni Lo Presti la Santa Spina dataci dalli sop(r)a riferiti Ecc.mi, e così
ogn’uno potrà pensare con qual modestia, Spirito, e contrizione faceasi d(ett)a
Processione, e di questa se ne fece più d’una volta, gia che tuttavia non lasciava
di tremare la terra; Non inferiore à questa se ne fecero quì alla Terra.
Fatto poi giorno, che era il di 11 di d(ett)o Maggio il d(ett)o di Caputo alzatosi
di dormire dal suolo della terra nel piano del Vaglio assieme con tutto il populo
che stava tutta quella notte innanti le Sante Reliquie, si portò a vedere come
avessero passato le religiose dell’altro Mon.ro fuori del med.mo, ed intese
la risoluzione avean fatto di portarsi nel giardino del Mon.ro di S. Teodoro,
che p(er) essere grande, si stava senza p(er) timore di Fabriche, ed infatti il
Sig(no)r di Filingeri Vis(itato)re ordinò à d(ett)o di Caputo di andarsene in S.
Teodoro, e far fare una porta nelle mura del giardino di d(ett)o Mon.ro p(er)
poter colà entrare le Religiose dell’altro Mon.ro, siccome infatti fece d.o di
Caputo, il quale dando una tale notitia alle Sue Religiose, queste intenerite, non
cessarono di piangere; fatta di gia la porta, si partirono le religiose dell’altro
Mon.ro processionalm(en)te à due à due, precedendo la prima la più piccola di
professione con la Croce in mani, e quattro novitie con torcie accese, l’ultima era
la Madre Abb(adess)a assistita dal Vis(itato)re Cap(ella)no, ed Estraordinarij;
Lascio fra questo mentre alla consideratione d’ogn’uno il pensare con quale
pianto fecero la partenza quelle spose di Cristo dal loro Santo Chiostro, che sino
arrivarono in S. Teodoro, astersero la strada fecero dalla parte di S. Agostino
d’amare lagrime, quali però venivano raddolcite dal pensare che portavano
seco l’Immagine del volto di Cristo Loro amato Sposo divino; Il popolo poi
tutto che vidde le spose del Crocifisso à lasciar obligati la loro solitudine, ch’è
l’istesso, che lasciare un’intiero Paradiso// ad alta voce gridando, compiangeva
le communi disgratie.
I terremoti a S. Marco 49
di Franco, d.a Candida Rabbone, D.a Geltrude Tetamo, d.a Vittoria E(le)tta, D.a
Caterina Lombardo, D.a Gabriela, e d.a Felice Anastasi, D.a Serafina Tetamo,
d.a Fortunata lo Iacono, d.a Rosa Franchina, d.a Isabella, e d.a Domenica Zito,
D.a Margarita Calderone, d.a Antonia di Franco, d.a Gaetana Franchina, d.a
Ninfa, e d.a Emmanuela Baldi, D.a Lucia, e D.a Arcangela Papa, D.a Rosalia di
Marco, d.a Angelica Piparo novitia, che poi non essendo stata da Dio confirmata
nella vocatio, se ne uscì dal mon.ro, D.a Gius.a Greco Polusanda, S.ra Agnese
Timpanno, s.ro Rosaria Pirrone, s.ro Barbara di Corpina e S.ro Gesualda San
Cansintino. Assieme con quest’ordine da Messina venne decretato à d.o Arcip.
te che avesse fatto erigere altari fuori delle Chiese, Siccome si fece tanto alla
Marina, come qui alla terra, ne quali si celebravano la Messa, e Facultà ancora
di poter confessare tutti li Sacerdoti, ed’ogn’altro che avesse stato bisognevole;
come pure mandò una bellissima lettera Pastorale, quale fù affissata alla porta
di q.a Matrice. Tra questo tempo ogn’uno si fabricò le Capanne, e dormiva fuori,
senza che alcuno avesse pernottato dentro, p(er) che tutta via li tremuoti andavano
seguitando giorno, e notte, benche non con quella gagliardezza delli primi, ed
ogn’uno sempre stava su la sua; di tremuoti aveano il loro principio da un tuono
sotterraneo ad’ogn’uno sensibile, ma occupato, poi si faceva avanti un’auretta
fresca e poi se ne veniva il scotimento della terra molto sensibile p(er) che si
ributtava al disopra, e poi la terra p(er) un pezzo di tempo paria sotto i piedi
come avesse bollito, e parea siccome s’avesse caminato sopra mare. Si stiede di
questo modo à non sentire tremuoti gagliardi sino alli 15 di d.o Maggio sera di
Vennerdì, ma nell’ore tre della notte di d.o Vennerdì all’impensata ne venne uno,
che fù più spaventevole delli M.i, quale in tre quarti d’ora replicò sette volte, e
Sempre gagliardissimo, quanto si giudicò, che iddio in quella notte averebbe fatto
di tutta la gente l’ultimo scempio.// Le Sante Religiose, che nel giardino sud.o
stavano cantando hinni di gloria al loro Sposo celeste, talmente s’intimorirono,
che alzando le croci à domandar misericordia à Dio, aprirono la porta del
giardino domandando l’assolutione dal d.o P.re Capp.no D.r Paolo Caputo; il
quale accostandosi e fattosi fare un’atto di contrizione gli diede l’assoluzione
generale distante un puoco di d.a porta p(er) non stare al pericolo delle fabriche,
in somma p(er) tutta q(ue)lla notte si stiede in piedi, p(er) che di continuo si
facevano sentire; ne mai cessavano; quello però si sperimentò fra tali sciagure,
si fù che il Dio liberò ad ogn’uno di funesto accidente, quell’istesso che sin’ora
s’ha inteso aver successo, in q.a nostra terra, si sentì dalle terre convicine come
da Mirto, Frazanò, Capri, Naso le religiose del mon.ro del quale furono obligati
uscire dalloro Mon.ro e piantarsi nel piano della Gratia da Longi, Alcara, le
Monache del quale Mon.ro pure uscirono in campo aperto, come pure quelle
delle terre del SS.mo Salv.e e quelle della terra di S. Angelo, non meno di questi
di S. Marco si sentirono in Militello, benche non così gagliardi in S. Fradello.
I terremoti a S. Marco 51
LA COMUNITÀ GRECA
ed i cui beni erano stati sequestrati dalle autorità locali. ... Il 15 novembre,
successivamente alla partenza dei primi due gruppi, a San Marco c’era ancora
una giudaica operante, probabilmente intorno al nucleo più benestante e che
numerose famiglie ebraiche si trovavano ancora nelle terre del grosso feudo.
Calcolando che le famiglie ebraiche di <Liuni di Girachi, Habram Gaseni,
Guidalchi di Cappeota, Muxa Sacerdotu et altri habitaturi et commoranti in la
terra di Chirami>, siano state dieci in tutto; che altrettante famiglie si trovassero
a Traina e non più di quindici a San Marco, otterremo un terzo gruppo, formato
da 35 famiglie, per un totale di circa 200 ebrei. I tre gruppi, sommati assieme,
portano la consistenza degli ebrei della contea di San Marco a 700 unità;
eventuali differenze potrebbero essere coperte dalla percentuale di convertiti,
rimasti in loco, che la giudaica ebbe, come tutte le altre consorelle dell’isola
e che – ai fini della tassazione pro capite – venne calcolata dai funzionari del
fisco regio. Non saremmo affatto lontani da quella cifra di 728 ebrei, ottenuta
distribuendo le 364 once, importo della composizione, in ragione di mezza oncia
per ogni ebreo di San Marco.
La colonia ebraica di San Marco, tra la fine del duecento e la fine del trecento,
aveva raddoppiato i suoi effettivi; e non farebbe alcuna meraviglia se, nel 1492,
la proporzione con i cristiani avesse raggiunto il quarto. Nel 1282, su istanza di
quella giudaica, re Pietro ordinò ai giurati di San Marco che gli ebrei delmluogo
venissero calcolati in un decimo della popolazione totale... due secoli dopo,
troviamo che tale stina è raddoppiata ... Il conte di S. Marco, nel 1482 pretese
che i suoi ebrei contribuissero alle spese di carattere feudale, in una percentuale
maggiore del quinto, ma il vicerè si oppose non tanto perchè gli ebrei fossero
inferiori alla consistenza denunziata dal conte, quanto perchè <ipsi Judey su
tenuti a pagari certi altri gravicij et collecti in li quali non contribuixino li
christiani>.
Già agli inizi del duecento la comunità ebraica di San Marco è testimoniata da
un cimitero proprio.”46
Per quanto riguarda i luoghi di culto cattolico della comunità greca già nel 1438
l’arcivescovo di Messina, Mons. De Gattulis, dispose il trasferimento al culto
latino di gran parte delle chiese che erano appartenute a quella comunità.
L’influsso bizantino rimase, comunque, in S. Marco grazie a tutta una miriade di
Santi che si venerano in questo paese: dai patroni S.Marco Evangelista e S.Nicola
di Bari, a S. Basilio Magno, S. Pietro, S. Teodoro, S.Antonio Abate, S. Biagio, S.
Andrea, fino al culto per il SS. Salvatore, cui sono dedicati addirittura un grande
ed importante monastero ed una Chiesa parrocchiale.
Anche il culto Mariano è stato influenzato dalla presenza greca. Per questo nei
46 Modica Scala Giovanni, LE COMUNITà EBRAICHE NELLA CONTEA DI MODICA, ed. Setim,
Modica 1978, pp. 398-409
La comunità greca 55
LE PARROCCHIE DI S. MARCO
Aliud sub titolo S.ti Marci duc. 15 annui valoris, et hoc est unitum Archipresbiteratu.
Coenobium Augustinianum a 6 fratribus colitur.
Capuccinorum vero ab 8.
Confirmati 380.”49
Fino al 1587 le tre Parrocchie erano rette da un Cappellano Maggiore; da
quell’anno gli Arcipreti divennero anche Parroci della Chiesa di S. Nicola, mentre
prima non erano tali, ma venivano considerati capi del Clero per vigilare sui loro
buoni costumi e sulla tenuta dei registri Parrocchiali. Venivano nominati alcuni
“ad beneplacidum” e altri “ad vitam”.
Nel 1587 il Rev. D. Ottavio Tetamo, in seguito alla rinunzia fatta da D. Mariano
Cappa, ottenne Bolle Pontificie con le quali fu nominato Arciprete e Parroco
della Chiesa di S. Nicolò, dichiarata “solamente Arcipretale”.
In un documento della Chiesa madre del 17 maggio 1594 si legge:
“L’Arciprete presiede:
1. La vigilia di Natale
2. La messa di mezzanotte
3. Il giorno di Natale i secondi vespri
4. La domenica delle Palme l’Ufficio e la Benedizione delle Palme e la
Messa del Passio
5. Messa cantata il mercoledì e Giovedì Santo
6. Venerdì Santo: la mattina l’Ufficio del Passio, l’Ufficio della croce e
messa cantata e la sera l’Ufficio delle Tenebre
7. La mattina del Sabato Santo del Fonte
8. Il giorno di Pasqua li Vespri
9. Il sabato di Pentecoste l’ufficio del Fonte
10. Il giorno di Pentecoste i Vespri
11. La Vigilia del SS.mo Sacramento i primi Vespri
12. La Mattina del SS.mo Sacramento la messa cantata e i secondi Vespri
13. L’ottava i secondi Vespri e processione.
Tutti i Cappellani, Sacerdoti e Chierici devono assistere a dette Messe e Uffici. Se
Saranno assenti, senza licenza, saranno incarcerati a giudizio dell’Arciprete.
Essi devono inoltre intervenire a tutte le processioni sia ordinarie che
straordinarie, riservata la processione del Sabato d’Oliva e la processione di S.
Marco che escono dalla Chiesa di Araceli e la processione del SS.mo Sacramento
e del Crisma che escono dalla Chiesa del SS.mo Salvatore e si concludono nella
Chiesa Madre. Dalla Chiesa di Araceli esce anche la processione di mezzo agosto
che rientra nella stessa Chiesa. Dalla Chiesa di S. Giuseppe esce la processione
di S. Giuseppe e finisce nella stessa Chiesa.
49 AntonelloPettignano, IL TERRITORIO DEI NEBRODI..., in Storia dei Nebrodi, a cura di Giuseppe
Cilona, Ed. Pungitopo, Patti 1987, p. 118.
Le parrocchie di S. Marco 59
ARCIPRETI DI S. MARCO
Chiesa Madre, tarì quattro alla Chiesa Madre e tarì tre ‘per sue ragioni’:”
15) 1693: D. Giuseppe Emanuele.
Sul suo ritratto posto in Sagrestia si legge:”S.T.D. D. IOSEPH EMMANUEL
S. MARCI ARCHIP.R SS.ME INQUI.NIS FORTIS ATLETA CLERICORUM
SECULARIUM PRESES MORUM PRESTANTIA VIRTUTUM AC
INGENII EMINENTIA CHARITATIS, HUMILITATIS, ET CASTITATIS
AMANTISSIMUS ANIMARUM VENERATIONE VERBI DEI
APOSTOLICA TUBA, SUPRA CETEROS PREBUIT SINGULARE
SPECIMEN TANDEM CLARUS MERITIS DOMINUM IN PACE
AMPLECTENS FELICITER VOLAVIT DIE 30 APRILIS 1712 ETATIS
SUE 67, ARCHIPRESBITERATUS 20.”
16) 14 giugno 1712: D. Filippo Calderone. Morì il 18 gennaio 1734 all’età di 60
anni. Fu sepolto nella Chiesa Madre nella Cappella dei Santi Patroni.
17) 26 luglio 1734: D. Giovanni Lo Presti.
Morì il 13 ottobre 1756 all’età di 74 anni e fu sepolto nella cappella del
Crocifisso nella Chiesa Madre.
18) D. Salvatore Cardinale figlio di D. Stapino e D. Mariana Lo Presti.
19) 10 dicembre 1756: D. Giuseppe Cuffari, Professore di Teologia. Morì a 58
anni il 26 aprile 1755ed è stato sepolto sotto gli sgabelli archipresbiterali del
Coro Maggiore della Chiesa Madre.
20) 27 maggio 1775: Don Saverio Meli. Morì il 15 marzo 1788.
21) 10 settembre 1788: D. Giuseppe Catalioti. Morì a 72 anni il 9 febbraio 1819
e fu sepolto nella Chiesa Madre nella sepoltura dei sacerdoti.
L’Arciprete D. Giuseppe Catalioto consegna al Re Ferdinando l’Argento
appartenente alle rispettive chiese per la somma di onze 166 , tarì 12 .2,
appartenete cioè: 32.6.7.4 alla madre Chiesa di S. Marco, 58.2.10.1 alla Chiesa
d’Araceli, 21.10.18 alla Confraternita di S. Giuseppe, 25.11.3.3 alla Chiesa di
S. Antonio, 11.0.9.2 alla cappella S. Maria dei poveri, 16.10.13.2 alla Chiesa
del SS. Salvatore. Sul suo ritratto si legge: “SACRAE TEOLOGIAE DOCTOR
D. IOSEPH CATALIOTO ARCHIPRESBITER S.TI MARCI IN PACE ET
CONCORDIA INTER MATRICEM ET PARAECIAS PROCURANDA
ADMIRABILIS CONTRA PERFIDOS SACERDOTI HOSTES DEFENSOR
FUIT IN BONIS ACCLESIASTICIS CONSERVANDIS DILIGENS
DENIQUE CUM ANNI 28 OFFICIUM PASTORALE SIBI CREDITUM
FIDELITER EXSERCUISSET 70: PROPRIE VITAE OBIIT PRIDIE IDUS
FEB.”
22) 15 aprile 1818: D. Antonino Muglia. Morì il 22 ottobre 1834. E’ stato
seppellito nella Chiesa Madre nel sepolcro dei Sacerdoti.
Sul suo ritratto si legge:”STUDUIT ET AD OPUS IN ADOLESCENTIA
VENIT, DOCUIT ET FINEM IN IUVENTUTE OBTNUIT, REXIT ET
Le parrocchie di S. Marco 63
“cuncertu”, venne adibita come cucina e refettorio per i bambini fino a quando
non si ebbe realizzato il restauro della Chiesa di Gesù e Maria per cui, intorno
al 1964/65, la scuola materna trovò lì una sistemazione quasi definitiva.
Questi anni videro pure la fioritura dell’Azione Cattolica, completa in tutti i
suoi settori, la scuola “Cantorum” Parrocchiale e l’Associazione delle “Figlie
di Maria”.
La sua lunga Arcipretura fu avvalorata anche dall’opera svolta dai Padri
Passionisti e Redentoristi, con la predicazione delle Missioni come segue.
La prima si ebbe nel 1951 con i Redentoristi ed in quell’anno fu messa
la Croce sulla facciata della Chiesa Madre e la seconda nel 1954, sempre
con gli stessi Padri. A questo proposito i meno giovani ricordano ancora
la “Peregrinatio Mariae” (1954) che servì a ravvivare nel popolo Aluntino
l’amore e la devozione verso la S. Vergine e la collocazione in piazza Gebbia
della Statuetta della Madonna del Tindari. Si ebbero ancora i Redentoristi nel
1958 a causa del furto del SS. Sacramento nella Chiesa del SS. Salvatore.
La missione dei Padri Passionisti si ebbe nel 1964 quando fu installata la S.
Croce al “Tornante”.
Resosi conto del particolare stato in cui si trovavano le molte Chiese, quasi
tutte chiuse al culto perché danneggiate dalla guerra, si prodigò per il restauro
e per la ricostruzione.
Si elencano per opportuna conoscenza i lavori di riparazione eseguiti nelle
varie Chiese:
Chiesa Madre: demolizione Campanile (1956) e ricostruzione (1959);
Chiesa Aracoeli: ricostruzione campanile nel 1958 e nel 1987; restauro interno
ad opera di Maniscalco Luigi il quale realizzò gli stucchi del soffitto ed alcune
pitture (1971/72); Chiesa della Catena (1970); Chiesa dell’Annunziata nel
1974 e nel 1978; S. Maria dei Poveri nel 1970 circa; S. Antonio (1972/73);
Badia Grande (1954-1976-1988); Badia Piccola: demolizione nel 1958,
ricostruzione nel 1970, pavimentazione nel 1972 e cupola nel 1986.
Chiesa Aracoeli: altare SS. Crocifisso e S. Lucia nel 1958; altare centrale
(1960); altare SS. Sacramento (1992);
Chiesa di Tutti i Santi e Chiesa di S. Giovanni (1987); abbattimento campanile
di S. Giuseppe nel 1959 e restauro della Chiesa nel 1994; restauro della
Chiesa di S. Agostino nel 1960 in quanto danneggiata da un incendio che
bruciò anche alcune statue (S. Nicolò da Tolentino, Sacro Cuore, S. Rita e
SS. Crocifisso). A questo proposito si ricorda l’atto eroico da lui compiuto
lanciandosi fra le fiamme per recuperare il “Santissimo”.
La copertura si realizzò nel 1967 e l’interno nel 1986.
Fu Vicario episcopale dal 1970 al 1979 per le zone Pastorali di S. Agata, S.
Fratello e Cesarò e Vicario foraneo dal 1987 al settembre del 1994.
66 San Marco d’Alunzio “pagine d’archivio”
LA TOPONOMASTICA
3. Quartiere S. Andrea: Questo quartiere era nella zona della casa Crimaldi
e faceva riferimento alla Chiesa di S. Andrea. Si chiamava anche quartiere
delle forge55.
4. Piano della Madrice: per comprendere come era la conformazione del
piano della Chiesa Madre vorrei farlo riportando alcuni documenti custoditi
nell’archivio della parrocchia.
6 novembre 1665: Filippo di Miele, al quale fu concesso il Ius Patronatus pro
se et suis della cappella del Salvatore del Mondo esistente nella Chiesa del
Salvatore, fece donazione alla detta cappella di due botteghe collaterali nel piano
della Chiesa Madre e sotto la casa di Don Giovan Battista Precone.
Nel 1719 queste botteghe sono di proprietà della Comunia del Salvatore ed erano
molto malandate tanto che precipitarono e furono ricostruite da Donna Perna
Precone e monte.
La stessa Donna Perna il 29 luglio 1728 fece atto di donazione alla comunia
del Salvatore: “D.a Perna Precone e Monte figlia di D. Gio. Paulo Pricone
fece donatione alla Chiesa di una sua casa in questa terra nel quartiero della
Matrice Chiesa seu piazza, confinante da oriente con la casa di Antonino Proto
Aromatario, da occidente con il piano della piazza, da parte di mare con il banco
delle menzogne, seu piano della detta Chiesa Matrice, da parte di sopra con la
casa del Sac. D. Cono Pipiarci, Via Medesima, di sotto di questa casa grande
vi sono botteghe che ab olim erano della detta Chiesa del Salvatore e sua Rev.
Comunia.”56
Nel 1845 la Chiesa Parrocchiale del Salvatore fa un contratto enfiteutico a
Russo D. Antonio: “ Il Rev. Arc. Cardinale… concede a perpetua enfiteusi al
nominato sig. D. Russo Antonio, farmacista, una casa esistente in questo comune
e propriamente innanzi la matrice Chiesa… consistente in quattro stanze sopra
solaro ed un’altra a pian terreno e segnatamente questa detta volgarmente il
caffè ed attualmente destinata ad uso di scorto di buon ordine per la guardia
urbana… confinante con casa del sig. D. Antonio Caputo, colla bottega di detto
mastro Giuseppe Randazzo e questo nella qualità di soprano.. e con le strade
pubbliche.”57
In un documento del 29 luglio 1728 si legge che donna Perna Precone e Monte,
figlia del dottor Giovan Paolo Pricone dona alla Chiesa Parrocchiale del SS.
Salvatore una casa “nel quarterio della Matrice Chiesa seu Piazza confinante
da oriente con la casa di Antonino Proto Aromatario, da occidente con il piano
54 In un documento del 1604 si legge che Mastro Agostino e Nocenzia Lombardo lasciano un legato alla
Chiesa Madre sulle loro case nel quartiere della giudeca o muschita.
55 7 gennaio 1597: Antonio de Salerno lascia un censo alla Chiesa di Araceli “super domo magna… in
della piazza, da parte di Mare con il Banco delle Menzogne seu piano della
detta Matrice, da parte di sopra con la casa del Sac. Don Cono Pipiarci, via
mediana. Di sotto di questa casa grande in più corpi vi sono tre botteghe che
ab olim erano della detta Chiesa del Salvatore e sua Rev.da Comunia come per
donatione in notar Pietro Lo Presti di Castania sotto li 29 Luglio 1728. Questa
casa si precipitò e fu riparata. Presentemente si loca all’Università.”58
5. Quartiere del Vaglio: Già nel 1594 si parlava di questo quartiere ed era
sito nelle adiacenze del castello.
6. Quartiere di Carruba: Questo quartiere era nel piano della Chiesa della
Madonna della Provvidenza e sicuramente faceva riferimento al famoso
Carrubba; il 10 settembre 1620 si parla di un censo su una casa nel quartiere
chiamato “chiano di Carruba”.
7. Quartiere Porta di Vento: questo quartiere era sopra la Chiesa della
Madonna delle Grazie e di S. Basilio e arrivava sotto le mura del castello.
8. Quartiere delle forge: con questo nome vi erano due quartieri, uno nella
Marina di Torrenova nella contrada di Fragale: “nella contrada delle forge
e detto il luogo di Fragale”.
L’altro quartiere delle forge era nell’abitato di S. Marco “quartiero delle forge
seu del piano dell’orto nomata di Quatraro”; questo quartiere era dietro la Chiesa
di Tutti i Santi e accanto alle mura della città.
9. Quartiere del Tocco: La tradizione orale ha tramandato che questo
quartiere era sopra l’attuale monumento dei caduti.
10. Quartiere della Croce: In un documento del 1643 si legge che Giovan
Battista Ciambri chiede ai Giurati di S. Marco la vendita di un “casaleno”
confinante con la sua casa sita “nello quartiero di S. Basilio seu della Cruci”.
Il 21 aprile 1597 Don Giuseppe Filingeri lascia un censo alla Chiesa Madre
sulla sua casa “domo magna cum sua camera sala et coscina esistente in
dicta terra in quarterio plani Sancti Basilii….”
11. Quartiere Fumeri: Un quartiere esistente sotto la Chiesa dei SS. Quaranta
Martiri, fuori le mura della città ed era il luogo nel quale era ubicata la
pubblica discarica.
12. Quartiere S. Pantaleone: La Chiesa di S. Pantaleone era sotto le mura del
Castello, sopra la Chiesa di Gesù e Maria, nella via Filarco.
13. Quartiere del Cassero: tre sono i documenti trovati che ci aiutano a capire
dove era questo quartiere: il primo del XVII secolo nel quale si legge che
Presti Domenico Sabia paga per un orto nella contrada del Cassero “sutta
lu fumeri” grana due; il secondo è del 23 marzo 1862 nei capitoli dei SS.
Quaranta Martiri: “art. 21 l’ultimo giorno delle Qurant’ore (che si tenevano
LE CONFRATERNITE
DI SAN MARCO D’ALUNZIO
La vita religiosa di S. Marco D′Alunzio nei secoli passati era vissuta e testimoniata
con manifestazioni religiose che incidevano sulla struttura sociale della gente e i
fedeli si sentivano partecipi della crescita della fede nel popolo.
Quest’impegno religioso del popolo si attuava nell′Associazionismo: varie
associazioni che riunivano le diverse categorie sociali presenti nella comunità
o secondo il mestiere o gruppi religiosi. Dal punto di vista della composizione
sociale esse coinvolgevano agricoltori, maestri e persone della piccola borghesia
artigiana e commercianti.
Esistevano delle persone che davano del loro perché gli altri potessero avere
qualche utilità.
I rapporti reciproci dei confrati erano di mutuo soccorso materiale e spirituale,
ma anche di vicendevole controllo per correggere comportamenti immorali e
scandalosi che, dannosi per la salute spirituale di chi vi incorreva, lo erano anche
per l′associazione nel suo complesso e per il suo prestigio pubblico.
Tali rapporti erano in genere improntati al rispetto e all′amore che deve esserci
tra fratelli in Cristo.
Il fratello perciò non doveva mormorare contro gli altri confrati, era esortato ad
ascoltare i loro consigli ed a riprenderli amorevolmente qualora sbagliassero,
accusandoli di fronte al Superiore solo quando l’avvertimento caritatevole e
privato non fosse stato sufficiente.
La finalità delle confraternite la possiamo riassumere in tre parole: pietà, carità,
penitenza.
Le confraternite si dedicavano a differenti culti devozionali, ma tutte avevano
una caratteristica fondamentale: l′amore verso Dio che li spingeva ad amare il
prossimo, specie quello più bisognoso. Anche se la vita religiosa degli associati
rimaneva il punto di forza, il rapporto d’amore verso il confratello era la
conseguenza logica.
Al fondo della loro esperienza religiosa vi era il desiderio di una vita cristiana
integrale, la riscoperta del Vangelo e l′imitazione di Cristo Crocifisso.
Queste strutture associative permisero alla società di superare pestilenze, carestie
e pauperismo, grazie appunto ad un laicato impegnato, organizzato democratica-
mente con propri statuti, amministrazione e autonomia che ha certamente contribui-
to in maniera determinante a formare la società cristiana nei secoli post-tridentini.
72 San Marco d’Alunzio “pagine d’archivio”
Nel 1566 l’Arcivescovo di Messina, nel corso della visita Pastorale a Mirto,
concesse la Chiesa di S. Giovanni Battista di S. Marco D’Alunzio a Baldassare
Ferraloro e Teodoro Di Marco, entrambe persone nobili di questo paese, le
quali con altri pensarono di “impiegarsi in opere di carità e perciò fondare una
confraternita in detta Chiesa di S. Giovanni sotto titolo del Monte di Pietà”.
Dopo pochi anni però si stabilì in S. Marco il Procuratore del Monte di Pietà
e quindi la Pia confraternita, che era stata fondata per aiutare i bisognosi, si
sciolse.
La Chiesa fu abbandonata e si rovinò.
Alcuni decenni dopo, nel 1581, durante il mese di maggio, alcuni devoti si
riunirono per fondare, sempre nella Chiesa di S. Giovanni, la Compagnia del
SS.mo Sacramento.
Il promotore dell’iniziativa fu il Conte di S. Marco Don Geronimo Filingeri,
seguito da: D. Gasparo Magnaci Arciprete, Dott. Giovan Paolo Picone, Dottore
Fisico Luciano Lo Presti, Marco Cosari, Teodoro Tetamo, Geronimo Scurria,
Filippo Tetamo, Annibale Salerno, Prospero Zuccaro, D. Pietro Filingeri, Dottor
D. Ottavio Tetamo, D. Gaspare Filingeri, Dottor Teodoro Pricone e tante altre
rispettabili persone di S. Marco D’Alunzio.
Fatta richiesta all’arcivescovo di Messina, Mons. Giovanni Retana, ne ottennero
il permesso e la concessione della Chiesa suddetta che fu riparata con i contributi
degli iscritti.
Anche la S. Sede con Breve dell’11 aprile 1590 approva la costituzione della
Confraternita anche perché a Roma vi era il Cardinale Scipione Rebiba, originario
di S. Marco d’Alunzio:
“…per venerabilem virum Rev.mum Scipionem Rebiba clericum Messanensis
Diocesis, ac eiusdem confraterntatis confratrem requisiti et ad illius instantiam
pro Oppido Sancti Marci prefatas literas …”
La Confraternita del SS.mo Sacramento la troviamo presente in tutte le Parrocchie;
essa era aggregata alla “Confraternita del SS.mo Sacramento di Roma, istituita
nella Basilica di S. Pietro nei primi anni del XVI secolo e in seguito Paolo V il 12
Febbraio del 1607 la estese all’universo cattolico concedendo speciali indulgenze
agli iscritti.
Per capire la spiritualità e la formazione umana e cristiana dei confrati basta
ricordare un brano dello statuto:
“ordiniamo che tutti quanti fratelli debbano essere honesti e non giocare a
giochi vietati come di dadi e carti eccettuando la riffa e si alcuno fratello giocasse
una o due volte parendo al Governatore serenamente l’habia d’ammonire per
la prima volta e perseverando per la seconda s’habia di dire in publico senza
nominare la persona e perseverare penitenziarlo di grave penitenza e perseverando
dopo l’intimatione di detta penitenza s’intenda caso di detta Compagnia siano
Le Confraternite di San Marco d’Alunzio 77
APPUNTI DI CRONACA
1619: “Al tocco di un giorno di settembre del 1619 dalla garetta accanto
all’ingresso della Chiesa di S. Nicolò, che poi fu trasformata nell’attuale Matrice,
il guardiano guardava da Capo Gallo a Capo Milazzo sulla immensa distesa del
mare luccicante al sole e spesso fissava gli occhi inquilini sulle isole Eolie, come
se volesse penetrarle per scoprire se dietro di esse fossero appiattate galere di
pirati africani, che del continuo infestavano le città costiere della Sicilia.
.... In quella notte innumerevoli pirati tunisini... sbarcarono sulla spiaggia di S.
Marco. E da prima assalirono la casa del barone Giovanni Vincenzo Di Marco, cui,
tra l’altro, rapirono la bellissima figlia Laura.E poi s’inerpicarono su per l’erta
ripida che tante volte avevano disceso precipitosamente in disordine, ricacciati
dal fuoco dei cannoni e dei moschettoni e inseguiti a sassate di balza in balza.
Giunti al piano dell’Annunziata, sotto le mura della città, scorsero tra la fitta
nebbia una luce opaca dondolante che dal declivio sottostante al tempio di
Ercole scendeva verso loro. Si fermarono.
Il mugnaio Monni che, canticchiando non si sa quale allegra canzone, con una
lanterna in mano, si recava al molino di Straci, quando giunse presso a loro fu
preso e, con minacce e con promesse fu indotto al tradimento.
Il traditore, seguito dai pirati, batte alla porta di S. Antonio e si fa riconoscere
dal custode che poc’anzi lo aveva fatto uscire. Questi apre senza alcun sospetto e
l’orda barbarica entra e si spande a squadre per la città addormentata. Nessuna
casa sfuggì al loro saccheggio, rompono vasellami e tegole, depredando e
incendiando quelle già depredate. Nelle chiese rubano i sacri argenti, rompono
fonti battesimali e statue, atterrano altari e pulpiti.
Il perfido Monni, che la faceva da indicatore alle varie squadre, passando davanti
la sua casa incendiata udì la propria figlioletta gridare al soccorso perchè non
riusciva a trovare l’uscita e si cacciò disperatamente tra il fumo e le fiamme
per salvarla; ma in quello stesso istante crollò la tettoia seppellendolo sotto la
rovina divampante.
Un corsaro vide quella scena e fece una ghignazzata.
I pirati dalla città al mare trasportarono tutto il bottino porgendoselo da mano
a mano, da spalla a spalla.
E così la città fortificata che per otto secoli aveva resistito a tutti gli assalti, era
rimasta vittima del tradimento di un suo vilissimo figlio: e il 10 ottobre in un
80 San Marco d’Alunzio “pagine d’archivio”
pubblico consiglio fu stabilito di vendere per tre mila onze l’erbaggio di tutto il
territorio ad usum feudi, compreso quello dei dipendenti casali di Mirto, Capri e
Frazzanò, affin di riscattare i numerosi cittadini che erano stati condotti schiavi
a Tunisi.
Soltanto la bellissima Laura, ch’entro subito nelle grazie di quel Re, non ritornò
più; e, divenuta padrona dell’erario, inviava spesso ingenti tesori alla famiglia
per mezzo del fratello Gerolamo.”59
1674: Quest’anno fu rubato nella Chiesa Madre l’argento che era custodito in
essa. I ladri furono inseguiti per la strada che portava a S. Fratello da Giacomo
Cappa e furono presi a Caronia dai Caporali e rinchiusi nel carcere del paese. Il
giorno dopo furono portati a S. Marco da D. Antonino Castrovinci. L’argento fu
tutto recuperato.60
1 Novembre 1741: I giurati della città attestano che durante la Messa Solenne
nella Chiesa Madre, mentre si esponevano le Reliquie, alla loro presenza avvenne
che il Sacerdote fece cadere la teca con le Reliquie, la quale si frantumò.
1755: Poichè da molti mesi non pioveva e le campagne erano riarse, si decise
di uscire processionalmente il Crocifisso della Chiesa Madre per implorare la
pioggia. Nel 1759 si fece un’altra processione con lo stesso Crocifisso e con i
Santi Patroni per far “cessare l’epidemia mortale in questa terra”.
30 maggio 1782: In questo giorno, festa del Corpus Domini, fu rubato l’Ostensorio
d’oro della Chiesa Madre che oggi si trova custodito nel Museo di Arte Sacra.
Fu mandato a chiamare il Capitano di Guardia che si trovava a Torrenova. Subito
furono avviate le indagini, ma non fruttarono nulla. L’ostensorio fu restituito il 6
giugno in confessione per le mani di D. Pasquale Ferraloro. Per la grande gioia
furono sparati tarì 18 di mortaretti.
Salvatore fino alla costruzione del Campo Santo, la Giunta decide: “La Giunta
uniformandosi al progetto del Presidente ed al disposto del sig. sottoprefetto
unanimemente delibera che tutti coloro che si rendono defunti che si abbiano
una sepoltura Gentilizia in una delle due Parrocchie ad uso provvisoriamente di
campo santo potranno tumularsi in esse; per coloro che questa non si abbiano e
si appartengono alle famiglie della parrocchiale Chiesa della Matrice dovranno
tumularsi nella Parrocchiale Chiesa del SS.mo Salvatore, quelle che abitano
sotto strada di S. Giuseppe che conduce alla strada Piazza sino alla Chiesa di
Araceli e quelli che abitano sopra detta strada, si tumulassero nella Chiesa di
Araceli, restando liberi i parenti dei defunti che abitano nella frazione Torrenova
a scegliere una delle tre chiese dedite a camposanto compresa la Chiesa dei
Cappuccini.”
Una delle pagine più tragiche ma nello stesso tempo più belle sono state scritte
dagli abitanti di S. Marco D’Alunzio quando furono privati dell’autonomia:
tragica perché furono privati dell’autonomia, bella perché questo evento vide
tutto il paese unito nella lotta per riavere l’autonomia.62
Verso il 1920 S. Agata Militello, con i suoi amministratori volendo diventare
capoluogo di provincia ma non avendo il numero minimo di abitanti chiese di
aggregare a sé Mirto, Capri, Frazzanò, Longi, Alcara, Militello Rosmarino e S.
Marco d’Alunzio. Gli altri comuni riuscirono a evitare l’aggregazione, mentre
Militello e S. Marco non riuscirono a far trionfare le loro giuste ragioni e furono
aggregati.
Il 31 dicembre 1928 gli abitanti di S. Marco scrivono al Prefetto chiedendo di
non aggregare il comune a S. Agata Militello.
Nonostante questa ed altre richieste il R. D. del 28 Gennaio 1929 n. 264 decreta
che “I comuni di Militello Rosmarino, S. Agata Militello e San Marco D’Alunzio
sono riuniti in unico comune con denominazione e capoluogo <Sant’Agata
Militello>”, togliendogli così quell’autonomia amministrativa che, a prescindere
dai remoti precedenti storici che gli avevano assicurato una indipendenza serena,
tranquilla e gloriosa, esso aveva goduto da molti anni.
Nella mattinata del 16 aprile 1929, mentre il commissario Prefettizio del
Comune di S. Agata Militello, assistito dal segretario comunale e dal Ragioniere
di Prefettura, era intento a ricevere la consegna dell’Ufficio Comunale da
parte del Podestà uscente, un gruppo di abitanti di S. Marco D’Alunzio, in
maggioranza donne, entrarono nel Palazzo Comunale gridando veementemente
contro il Commissario e commettendo atti di violenza contro i Funzionari e i
Carabinieri.
La rabbia era grande e gli animi esasperati: alcuni strapparono una borsa di pelle
al Commissario Regio credendo che in essa vi fossero documenti indispensabili
per la consegna dell’Ufficio Comunale, altri cercavano di strappare il moschetto
all’appuntato dei Reali Carabinieri con il quale cercava di sbarrare l’ingresso nei
locali e tutti gridavano “abbasso” e altre parole ingiuriose.
In questa occasione ben 64 cittadini e cittadine furono fermate.
62 Ringrazio il Dott. Fausto Bianco che mi ha aperto l’archivio di famiglia, dal quale ho preso queste
notizie.
86 San Marco d’Alunzio “pagine d’archivio”
Il processo si celebrò nel Tribunale di Patti il 31 marzo 1930 e tutti gli imputati
furono condannati a cinque mesi di reclusione, pena sospesa per l’indulto.
Il 24 maggio 1930 gli abitanti di San Marco scrivono al Ministro dell’Interno
mettendo in evidenza che la soppressione e la conseguente aggregazione, ottenute
in base a dati ed elementi artificiosamente elaborati, colpì dolorosamente gli
abitanti di S. Marco D’Alunzio, i quali invocano, ad una sola voce, di tornare
padroni incontrastati nella loro casa sia pure modesta. Questa istanza era
accompagnata dalla firma di 400 elettori
Il 2 giugno 1931 il Fiduciario del Fascio e i rappresentanti delle organizzazioni
locali scrivono al Sottosegretario di Stato per gli interni chiedendo la separazione
dei due comuni.
Anche il Commissario Prefettizio per l’amministrazione comunale di S. Agata
Militello, Comm. Dott. Vittorio Ravot, l’11 Luglio 1931 risponde alla lettera
del Prefetto di Messina del 17 giugno 1931 con la quale si chiede il parere
circa la domanda degli elettori di San Marco D’Alunzio tendente ad ottenere
la ricostituzione di quel territorio in comune autonomo esprimendo parere
favorevole alla separazione e alla autonomia di S. Marco con argomentazioni
storiche, sociali e politiche.
E così finalmente con Legge del 22 dicembre 1932 i due comuni di Militello
Rosmarino e S. Marco D’Alunzio sono ricostituiti in comuni autonomi.
Il 28 gennaio 1933 nella casa comunale di S. Agata Militello alla presenza del
Comm. Dott. Vittorio Ravot commissario prefettizio di S. Agata Militello e il
Sig. Olindo Bianco commissario prefettizio del Comune di S. Marco D’Alunzio
si procede alle operazioni inerenti alla disgregazione da S. Agata Militello dell’ex
frazione di S. Marco D’Alunzio, oggi di nuovo comune autonomo.
Lotta per l’Autonomia 87
piazza principale del paese sia intitolata con nome del Duce.
Infine la popolazione si riversa nella Cattedrale e dopo un magnifico discorso
dell’Arciprete Graziano, sul tema “religione e patria” s’intuona il Te Deum e dà
luogo la più imponente processione che qui si sia mai vista.
Durante la giornata, allietata anche da un sole del tutto primaverile, vi sono
state varie manifestazioni e la casa del Commissario è stata meta di amici e di
cittadini.
Gli spari dei mortai si ripetono a brevi intervalli, il municipio e il fascio sono
stupendamente illuminati e la festa ha fine a mezzanotte, lasciando in tutti una
incancellabile impressione.
Sono stati spediti Telegrammi al Duce, a S. E. Storace, a S. E. il Prefetto, al
Segretario Federale com. Catalano, ed al Segretario politico di S. Agata
Militello.”
Trascrivo di seguito il discorso di Basilio Vitanza fatto dopo la riunificazione per
ringraziare il Dott. Annibale Bianco:
“Cittadini della vecchia e della nuova Alunzio!
E’ da venerdì mattino che regna nel cuore degli autentici Aluntini la più indicibile
gioia.
Lieti e indimenticabili giorni son dunque questi per noi perché ci è dato finalmente
di poter ringraziare, con tutto l’effusione dell’animo, questo giovine intelligente,
generoso e ardimentoso, che, con alto senso di rispetto al Diritto e alla Giustizia,
ch’è l’anima stessa del Fascismo, ha iniziato e portato a compimento quell’opera
di rinnovamento del nostro diletto paese, già fatto segno ad ogni sorta di offese
e di prepotenze, in onta ai più sacri principi della Legge positiva e morale e solo
per la soddisfazione di inconfessabili interessi di parte e di ridicole e pur tanto
nocive ambizioni!
Se offese al Diritto e alla Giustizia furono compiute in tempi ormai tramontati,
nessuna certamente sarà – da chiunque giudicata – più iniqua di quella che San
Marco ha dovuto subire con l’aggregamento al Comune di S. Agata contro il
volere dei cittadini – degni di tal nome – che, unanimi, protestarono vedendo per
tal modo rinnegati tre millenni di storia gloriosa, né già per ragioni plausibili o
per interessi di carattere generale, ma per il capriccio e il tornaconto di individui,
le cui finalità sono in aperto dissidio con gl’interessi reali del nostro Comune.
La vostra solerte opera, lo ricordo benissimo, ebbe inizio da quell’infausto
16 aprile 1929, quando di giorno e di notte vi trasportavate di qua e di là per
impedire che fossero commessi nuovi errori.
Voi vi ricordaste subito di essere Cittadino di S. Marco, quantunque da tanto
tempo lontano, e impugnaste decisamente la spada per proteggere e difendere la
propria Patria, mentre altri che avevano uguali e forse maggiori doveri di voi,
gioirono allora ed in seguito dell’annientamento del loro Paese.
Lotta per l’Autonomia 91
Chiesa MADRE
S. NICOLò DI BARI
Meli A., op. cit, p. 199: “...il padre baccelliere fr. Tommaso Calderari in onore del compatriota Scipione
gl’alzò in S. Marco la seguente lapide nel piano di detta venerabile matrice a futura memoria:
“D.O.M. - SCIPIO REBIBA SICULUS A S. MARCO, QUAM DIODORUS LIB. 12° URBEM
CALATINAM, CALATAM CICERO EPIST. 13°, CALACTAM PTOLOMEUS APPELLAT, ANNO
CHRISTI 1504 TERIO NONAS FEBRUARIJ ORTUS, POSTQUAM LITERARUM COGNITIONE
ANIMUM INSTRUXIT, ROMAN VENIT, AC IOANNIS PETRI CARAFFA CARDINALIS
ANIMO INSINUATUS, AB EODEM INTER FAMILIARES RECEPTUS, PROTONOTARIUS
APOSTOLICUS, EPISCOPUS MUTOLENSIS, ROMAE GUBERNATOR INSTITUTUS, AB
EODEM IOANNE PETRO CARAFFA QUI NEAPOLITANUS ARCHIEPISCOPUS FUERAT
CONSECRATUS, CARISSIME ILLI URI SUO NOMINE IN SACRIS PRAEFUTURUS MISSUS
EST; ATQAE EA QUA POLLEBAT AUTORITATE PLURA IN MEAPOLITANI GREGIS BONUM
PRESTITIT, PUGNAVIT CONTRA HERESES, MORES PRAVOS DELEVIT, ECCLESIASTICA
IURA DEFENDIT, SANCTAE PATRITIAE LIPSANA AD ARAM PRIN IPIS TRANSTULIT ET
SANCTI PAULI COEMITERIUM SACRAVIT; DEINDE ROMAM REDIENS ARCHIEPISCOPUS
PISANUS CREATUS EST, SED CUM HAEC ECCLESIA IOANNI MEDICES CARDINALI,
COSMI HETRURIAE DUCIS FILIO, DELATA FUISSET, EPISCOPUS IN APULIA TROIANUS
CREATUR, ET A PAULO 4° (QUI OLIM ERAT IOANNES PETRUS CARAFFA) PATRIARCA
96 San Marco d’Alunzio “pagine d’archivio”
Affiancato alla Chiesa è il campanile, costruito nel 1547 e riedificato nel XVIII
secolo66; la struttura attuale risale agli anni cinquanta.
Lo spiazzale della Chiesa custodisce dei reperti archeologici e lapidi
commemorative; sotto lo spiazzale vi era la sepoltura destinata ai pagani, ai
giudei, agli infedeli, eretici e scomunicati.67.
L’edificio si presenta ad una navata con dodici cappelle laterali e presbiterio in
marmo rosso locale.
Ogni cappella è divisa dall’altra da un pilastrone scanalato sul quale è posto un
capitello. Girano per tutta la Chiesa l’architrave, il fregio e il cornicione dello
Oddo fece il disegno di come doveva venire il campanile e assistette alla fabbrica come architetto.
Corrado Oddo: il Meli lo dice nativo di S. Fratello e abitatore di S. Marco; morì il 1 Febbraio 1771 a
80 anni circa ed è sepolto nella Chiesa Madre. I costruttori furono Mastro Antonino Bruno e Mastro
Lorenzo Monsù, i quali intagliarono anche le pietre.
Fu ultimato nel 1756.
Spese di materiale per riedificarsi il campanile:
1749-1750 onze 17.16.6
1750-1751 onze 7.22.13
1751-1752 onze 60.9.2
1752-1753 onze 20.14.13
1753-1754 onze72.13.2
1754-1755 onze 9.16.14
1755-1756 onze 16.23.13
Somma data a D. Corrado Oddo architetto per dover assistere e regolare magistralmente la fabbrica
del campanaro:
1750-1751 onze 5
1751-1752 onze 3
1752-1753 onze 6.1
1753-1754 onze 1.26
1754-1755 onze 1.26
1755-1756 onze 4
A Mastro Antonino Bruno e Mastro Lorenzo Monzù per la fornitura dei pezzi d’intaglio: 0nze
52.20.19
67 Questo “cimiterio” fu costruito nel 1747: il 15 marzo si incominciò la volta e il 4 aprile i muretti di
recinsione e i “Mervuli” nel piano della Chiesa; tutta la spesa fu di onze 25.21.9.
Le Chiese di San Marco d’Alunzio 97
68 Archivio Parrocchiale Chiesa Madre, 1708:” Mastro Matteo Bruno ricevette il saldo delle 378
onze per l’arco maggiore e cappelle. Le pietre furono “palmiate” da Mastro Pietro Spadafora di
Militello”
69 Questo altare fu realizzato nel 1798 da due mastri venuti da Messina per montarlo: il costo fu di onze 83.
Chiesa Madre 1740: ”A Mastro Pietro Passaro per indorare la custodia, onze 17.6; Oro per indorare
la custodia, onze 10. E più onze 3.18.10 per indorare Organo e lettorino del medesimo Candilerone e
Scalonata del Suffragio e casserizzo della Sagrestia e Cornice del SS. Rosario, Onze 3.18.10.”
“Per N. 400 specchi per la custodia onze 10.24.13. E più per altri tre specchi mandati del Signor
Perciabosco per supplimento . onze 0.27.”
Chiesa Madre 1742: “Pagati a Giuseppe Fragale per aver andato a Longi per chiamare a D. Pietro di
Franco per riconoscere la custodia se era magistrevolmente addorata da detto di Passaro - onze 0.1.”
(leggendo il libro mastro si evince che il Passaro non avea fatto a regola d’arte il lavoro e quindi fu
arrestato in Mirto dove era fuggito.)
70 Documenti Archivio Parrocchiale, 1738 Chiesa Madre.
71 Archivio Chiesa Madre, 1714.
98 San Marco d’Alunzio “pagine d’archivio”
loro mastria del coro della Chiesa madre onze 50. (le tavole etc. furono comprate dalla Chiesa)”.
74 Dipinto raffigurante: LA SS. TRINITA’.
Tela rettangolare dipinta ad olio, cm 284 X 198, attribuita a Giuseppe Gesualdi Russo, 1778.
In alto, seduti sulle nubi, sono raffigurati Cristo con la croce, l’Eterno Padre e la colomba dello
Spirito Santo. Più in basso si trova seduta la Vergine, ai piedi della quale sono un gruppo di angeli
adoranti e un angelo che le offre l’incenso.
Questa cappella fu fondata dal Padre Fra Giovanni del Gado dell’Ordine della SS.ma Trinità im
Messina il XIII maggio 1585 con atto del Notaio Biagio Piazolo di Messina; L’Atto di lezione di
questa cappella fu fatta da Don Giuseppe Mondì l’11 agosto del 1645; La Bolla Apostolica fu emanata
il 13 maggio 1586.
75 Dipinto raffigurante: L’ULTIMA CENA.
Tela rettangolare, dipinta ad olio, cm 308 X 205, attribuita a Giuseppe Gesualdo Russo, 1778.
La composizione, con gli Apostoli disposti in cerchio attorno alla tavola, ha come fondale una parete
sulla quale è una nicchia vuota e un tendaggio aperto da due angioletti. Sul capo del Cristo pende una
grossa lucerna. In primo piano a destra, ai piedi di Giuda, che si volge verso l’osservatore tenendo
nella sinistra un sacchetto, è una cesta con due brocche.
76 Statua in plexiglas regalata dalla Signora Artale Erminia ved. Bianco nel 1957.
Tela rettangolare, dipinta ad olio, cm 337 X 224, di Giuseppe Tommasi, del 1655.
Può essere considerato uno dei dipinti migliori del Tommasi.
Raffigura la Vergine col Bambino fra angioletti e i SS. Domenico e Caterina da Siena. In basso al
centro, fra i due Santi, un vaso con un roseto, da cui si dipartono due lunghi tralci fioriti che salgono
a circondare la Vergine e sui quali sono quindici tondini con i misteri del Rosario.
In basso a sinistra cartiglio con la scritta: “JOSEPH DE THOMA (PINGE)BAT 1655 “.
78 Questa cornice fu intagliata nel 1670 da Mastro Pietro Mannuccio, la somma pagata fu di onze 0.24.
Le Chiese di San Marco d’Alunzio 99
Maria dei Poveri79; nella sesta cappella è ospitato un quadro in tela raffigurante
l’incoronazione di S. Rosalia.80
Sul lato destro, nella sesta cappella (da cui si entra nella sagrestia in cui si può
ammirare un Busto marmoreo di Ciambri, un cassettone-armadio del XVIII
secolo e un lavabo Marmoreo81) si può ammirare un sarcofago in marmo
rosso locale dell’Arciprete D. Giuseppe Lanza Filingeri (1644) 82; nella quinta
Legno scolpito, indorato e dipinto, secolo XVII (primi ) di autore ignoto siciliano forse un Li Volsi di
Tusa, proveniente dalla Chiesa di S. Maria dei Poveri. Lo scultore si è ispirato, per la sua esecuzione,
a modelli di scuola gaginesca, come dimostra il confronto con la statua marmorea dell’Assunta uscita
dalla bottega dei Gagini e conservata nella Chiesa Madre di Naso. La puntuale corrispondenza di
alcuni particolari del panneggio, oltre all’assetto generale della figura, fanno pensare ad una replica
impreziosita, anche se lo scultore ha pensato bene di eliminare gli angioletti che nel modello hanno
il compito di portare in cielo la Vergine. La statua raffigura la Vergine con le mani giunte in piedi su
una falce di luna emergente dalla base a forma di nube con una testina di angioletto scolpita a rilievo.
La veste e il manto conservano l’indoratura e la stampigliatura originali. Questa statua fu restaurata
nel 1995 dal Rotary Club di S. Agata Militello.
80 Dipinto raffigurante: LA TRINITA’ CON S. BARBARA E DI S. ROSALIA.
Tela rettangolare, dipinta ad olio, cm 305 X 205, di Giuseppe Gesualdo Russo, 1778.
Le quattro figure principali si dispongono lungo una spirale, che, partendo dall’angolo inferiore
sinistro con la S. Barbara, sale, attraverso la S. Rosalia e il Cristo che tiene la croce e le posa sul capo
una corona di rose, fino all’Eterno Padre. Angioletti e teste di cherubini punteggiano le nubi sulle
quali stanno le quattro figure.
Esisteva un altro quadro di S. Rosalia poiché nei registri della Chiesa Madre del 1669 si legge che
furono date a Giuseppe Thomasi onze 0.4 per riparare il quadro di S. Rosalia.
A. Meli, Istoria antica e moderna della città di S. Marco, Ms. (sec. XVIII), a cura di Oscar Bruno,
Società Messinese di storia Patria, Messina 1984.A p. 213 scrive: ”Un’altra cappella è di S. Rosalia
vergine Palermitana, fondata nell’anno 1626 per opera dell’eccellente donna Giovanna Filingeri che
vi trasmesse la santa reliquia con sua autentica spedita da don Frammichele Lo Ripa, archidiacono
della cattedrale della detta città, li 6 settembre 1625, colla quale s’ottenne licenza della Gran Corte
Arcivescovile spedita li 3 gennaio 1626. Anzi nel governo dell’eccellente signor don Vincenzo
Filingeri conte di S. Marco, allora quando risedeva in detta città di S. Marco, si faceva ottima festa
con cavalcata nella quale interveniva detto signore col magistrato e nobili. Eravi il gioco di fuoco
ed altri segni di vera divozione di quegli abitatori, perlochè la detta gloriosa santa oprava molti
miracoli de quali ne tengo in mio potere un manuscritto. S’accrebbe la divozione di sì fatta maniera
che le moniali dell’antico monastero reale del SS. Salvatore v’ottennero da monsignor di Monreale
un’indulgenza di 100 giorni, salutando detta santa verginella con recitargli un pater ed ave.”
81 Esito Chiesa madre 1748-1749:a Mastro Antonio Bruno per aver fatto il lavabo di pietra nella
sacrestia onze 1.
82 Monumento tombale in marmo rosso di S. Marco dell’Arc. D. Giuseppe Filingeri Lanza, nato nel
cappella si trova la statua lignea del Crocifisso (sec. XVII)83 con ai piedi un
quadro dell’Addolorata84; questa cappella viene eretta dal Sac. D. Antonio
Russo nel 1755. La quarta cappella funziona da ingresso laterale e reca sulla
porta un quadro in tela raffigurante S. Filippo Neri85 e il fercolo con le statue
in legno dei Santi Patroni Marco e Nicola86; la terza cappella è quella intitolata
ai Santi Patroni Marco e Nicola87, con statue in marmo di Carrara, entro una
di tre pezzi: targa scartocciata con lavorazione a commesso recante lunga iscrizione dedicatoria;
busto del defunto su piccola base modanata collocato entro nicchia in muratura; scudo scartocciato
con insegna araldica. La lunga iscrizione dedicata permette l’identificazione del personaggio: D.
Giuseppe Ciambri, Prot. Apostolico, morto a 76 anni nel 1701:
“ FATIDICI STEMMATIS AQUILAM MONTEM PALLADIS
ARBORE SUPERVOLANTEM MIRARIS VIATOR SATIS
EST: PLAUDE ANIMO VIRTUTIUM ET MERITIS REV.MI ABB. V.I.D.D.
IOSEPH CIAMBRI PROTHONOT. APOSTOL. ET SS.INQUISIT. CONSILIAR
QUI VIVENS OBLIUIONIS VINDEX UT VIVERET VEL SUBLATUS
E’ VIVIS PHOENICIUM PANORMO ROGUM, AT PATRIAE
SI NON CINERES, ICON, SPOLIUM MORTALITAS UNICUM
CONCIVIUM IMMORTALI VALE COMMENDATUM UT MNEMOSYNON
FAMA PRAEFICA, RELINQUIT. ANNO MDCCI. AE. T.SUAE LXXVI.»
Sempre nella sagrestia vi è un monumentale lavabo in marmo realizzato nel 1740 da Mastro Antonino
Bruno.
83 Nei registri della Chiesa Madre del 1673 si legge: “Al Padre fra Giuseppe per fare l’incarnatura al
1759 atto Notaio Antonino Mannucci del 4 febbraio 1759 lega alla Ven. Cappella di nostra Signora
Addolorata nella Ven. Matrice Chiesa, onze 35 con l’obbligo, di festeggiare nel giorno assegnato
dall’ordinario nel mese di settembre con onorata pompa la solennità dell’Addolorata ed espressamente
che si dovessero sparare Mascoli e sorfarelli d’aria e se basta la rendita ancora con tamburi e gioco
di fuoco come si suole fare in simile solennità dalle Confraternite.”
85 Dipinto raffigurante: S. FILIPPO NERI.
Tela rettangolare dipinta ad olio, cm. 124 X 92., di autore ignoto. La cappella è stata fondata da Don
Antonio Russo, visitatore, a proprie spese nel 1737. Rappresenta il Santo inginocchiato davanti alla
Vergine che appare a sinistra. Si tratta di una riproduzione del prototipo reniano conservato nella
Chiesa Nuova di S. Filippo Neri a Roma.
86 In questa cappella si trova il FERCOLO con i Santi Marco e Nicolò.
citazione si trova in Bellafiore. Questa icona originariamente era posta nell’abside dell’altare
maggiore; nel 1684 essa fu smontata e ricostruita nell’attuale cappella, mentre al suo posto fu
realizzato l’organo. Unico elemento rimasto nell’abside è la stele con la porta del tabernacolo.
L’altare è formato da una predella con le mezze figure degli Apostoli, da due tondi con le mezze
figure dell’Angelo Gabriele e dell’Annunziata e da elementi architettonici posti ad inquadrare una
nicchia e sormontati da lunetta marmorea, con l’Eterno Padre, da due statue raffiguranti S. Marco
Evangelista e S. Nicolò di Bari, formanti un unico blocco con le rispettive basi, le cui facce frontali
sono decorate con girali. Ai lati della cappella è possibile osservare scene affrescate della vita di S.
Marco evangelista e di S. Nicola di Bari.
88 Dipinto raffigurante: LA MADONNA DEL CARMINE.
Tela rettangolare dipinta ad olio, di cm. 308 X 204, 1778, di Giuseppe Gesualdo Russo.
La tela rappresenta la Vergine in trono col Bambino e Angeli, che porge l’abito a S. Simone Stock
genuflesso a sinistra. Dietro di lui è S. Elia con la spada fiammeggiante. A destra S. Teresa d’Avila.
89 Dipinto raffigurante: LA MESSA DI S. GREGORIO.
Tela rettangolare dipinta ad olio, di cm. 282 X 202, 1778, di Giuseppe Gesualdo Russo.
La tela rappresenta il Santo in atto di celebrare la S. Messa davanti ad un altare su cui è collocato
un quadro ovale raffigurante una mezza figura della Madonna col Bambino. Sullo sfondo, a destra
gruppo di anime purganti. Partecipano al rito due Sacerdoti genuflessi vestiti di Tonacella e due
Accoliti reggenti rispettivamente il Triregno e un Turibolo.
Questo altare è dedicato alla Madonna del Suffragio ed il Meli, Op. Cit. p. 214 scrive: “Dietro a
questa cappella v’è un oratorio de nobili di S. Marco confrati di detta pia opera della Carità eretto
nel 1742, che si benedisse a 18 novembre di detto anno per lettere della Gran Corte Arcivescovile in
detto mese ottenute.”
P. 248: “Della Compagnia di S. Maria del Suffragio... Sono vestiti i confrati di questa compagnia con sacco
di ruvida tela e col mantello nero, e godono molte indulgenze con breve dato in Roma li 24 novembre
1602...Li confrati di questa compagnia sono tutti nobili e sacerdoti della nostra patria li quali hanno cura
di seppellire gratis li defonti poveri, che non possono fare spese funerarie. Tengono il proprio oratorio
eretto dietro della cappella di S. Maria del Suffragio nella quale è fondata questa compagnia; ed in detto
oratorio vi convengono per ogni sabbato alla congregazione e per ogni lunedì primo del mese assistono
col sacco e mantello alla messa solenne, vi fanno la comunione in suffragio dell’anime del purgatorio.”
90 A. Meli, op. cit., p. 251:”..negl’atti di notaro Sebastiano Ferraloro sotto li 15 marzo, IV ind. ,1546
Clara Armilla legò nel suo testamento rotoli uno di cera alla confraternita della carità di S. Marco.”
102 San Marco d’Alunzio “pagine d’archivio”
I PATRONI DI S. MARCO
Nel terzo anno, 1723, si osservi lo stesso modo per la Chiesa del SS.mo Salvatore.
Lo stesso modo, metodo ed ordine si osserverà il 6 dicembre 1721, festa di S. Nicola, cioè devono
intervenire nella Chiesa madre tutto il clero al primo vespro, messa cantata e secondo vespro con
subito dopo la processione che terminerà con il perdono.
Le spese per dette feste si divideranno in parti uguali tra le tre Parrocchie.
92 La festa liturgica di S. Nicola si celebra il 6 dicembre.
93 Archivio parrocchiale Chiesa Madre
94 Archivio parrocchiale Chiesa Madre 1766.
104 San Marco d’Alunzio “pagine d’archivio”
Chiesa
MARIA SS. ARACOELI
fari lo quadro di S. Lucia onze cinco.” “A mastro Gio. Batista Mannucchio per fari lo tilaru del
quadro…”
Nel 1666 mastro Pietro Mannuccio intagliò la cornice del quadro e “per suo lavoro, lignami, mastria
pagarono onze 2 e tarì 15”
108 San Marco d’Alunzio “pagine d’archivio”
106 Documenti Archivio Parrocchiale: Tela rettangolare dipinta ad olio del 1781, opera del pittore
Gaetano Concida di discreta qualità. Questa tela costò onze 6.
In basso vi è scritto:”GAETANO CONCIDA PING. 1781”.
Raffigura a sinistra in primo piano S. Biagio in paramenti vescovili verso l’osservatore e indicante
verso il fondo, al centro del dipinto, una figura di Santo guerriero con croce nella sinistra e cane ai
piedi, (S. Vito) su un gradino dal quale sorgono le alte basi di due colonne. Accanto, verso desta,
sono sedute le Sante Apollonia, Barbara e Caterina d’Alessandria. In alto due angioletti . In basso,
ai piedi di S. Biagio, altri due angioletti, uno dei quali tiene una spazzola di ferro.
107 Olio su tela rettangolare, secolo XVIII, pittore provinciale, cm. 186 X 125.
Raffigura i due apostoli in piedi; l’uno con sega e libro aperto, l’altro con la clava. In alto testine di
cherubini; nello sfondo paesistico due storie relative alla vita dei due Santi.
108 Tela dipinta ad olio del 1655 di Giuseppe Tommasi.
Tela rettangolare dipinta ad olio e misura cm. 238 X 175: Proveniente dalla Chiesa di SS.
Salvatore.
I tre Santi sono raffigurati in piedi a figura intera e con i simboli del martirio, in alto tre testine di
angioletti, in basso a sinistra cartiglio con firma e data.
Iscrizioni: “Joseph de Toma Hoc opus fieri fecit Philippus de marco 1655”:
109 Documenti Archivio Parrocchiale 1747: “ E più pagate per argento e mastria, cioè onze 14.6 sono
onze quattro di mastria per il reliquiario, tarì 2.23 sono per pittura di porticella di custodia e cristalli;
in tutto onze 16.9.10”
“e più per la caparra data all’addoratura per la custodia, onze 1”
110 Fu realizzato nel 1831 dai fratelli Lo Presti di Alcara.
111 Questo quadro proviene dalla Chiesa di S. Maria dei Poveri
Tela rettangolare, dipinta ad olio, secolo XVIII-XIX, m. 4 X 2 circa, eseguita in ambiente palermitano
e dovuta, con molta probabilità a qualcuno dei fratelli Manno, forse a Vincenzo.
Raffigura la Vergine fra angeli seduta sulle nubi con quattro Santi Gesuiti, inginocchiati anch’essi su
nubi e disposti due (S. Ignazio e S. Francesco Saverio) a sinistra e due (S. Giovanni Bergman in cotta
e altro Santo) a destra più in basso. Nella parte inferiore della tela si vedono alcune anime purganti
e a sinistra un Angelo che prende per mano un bambino indicandogli la zona celeste.
112 Documenti Archivio Parrocchiale: realizzato nel 1697 da Mastro Antonino Mannuccio e costato tarì
24.
113 Documento Parrocchiale: “10 Agosto 1655 contabilità Aracoeli f. 55.
Le Chiese di San Marco d’Alunzio 109
Mezza figura della Vergine lievemente girata verso destra con le dita intrecciate e con sette spadini
dipinti.
115 Il più antico riferimento alla processione del crocifisso si ha nel 1655, anno in cui fu comprata la
Archivio Parrocchiale 1704:”Per fare conciare S. Michele Arcangelo, mastria pagato al Mastro
Nando Vitanza, tar’ 4.” Archivio Parrocchiale 169 “a Pietro Pittore per tingere la tela di S. Michele
onze 0.13”; questo quadro si trovava al posto della statua; oggi si trova nel Museo di Arte Sacra.
117 Tela rettangolare dipinta ad olio, secolo XVII ( primi ), m 2,45 X 1,74, attribuibile a Damiano De
Basilio.
In alto raffigura Cristo seminudo e Dio Padre col triregno in capo seduti sulle nubi ai lati di un
globo e della colomba del Paraclito. Nella parte centrale degli Angeli musici. In basso, tagliate dalla
cornice inferiore, le figure di un Angelo con le ali spiegate e di due uomini incatenati.
La Cappella della SS.ma Trinità fu fondata il 13 maggio 1585 e il 13 maggio 1586 si ottenne la Bolla
Apostolica.
118 Sul medaglione sinistro si legge:”SERENISSIMAE UNIVERSORUM REGINAE MARIAE
131 Il “lazzuni” era una grossa corda intrecciata con crini di cavallo; veniva usato anche nel frantoio per
fissare la macina all’asse portante.
132 Archivio Parrocchiale, Chiesa Aracoeli, libro dei conti.
133 Archivio Parrocchiale, Chiesa Aracoeli, libro dei conti.
134 Archivio Parrocchiale, Chiesa Aracoeli, libro dei conti.
135 Archivio Parrocchiale, Chiesa Aracoeli, libro dei conti.
136 Archivio Parrocchiale, Chiesa Aracoeli, libro dei conti.
Le Chiese di San Marco d’Alunzio 113
Negli anni settanta, per opera della Commissione, fu chiamato il pittore e stuccatore
Maniscalco che in due anni circa riparò gli stucchi e decorò la Chiesa.
Nel 1997 il pittore Calvagna Carmelo dipinse la lunetta della cupola con
l’immagine di S. Marco. Nello stesso anno furono comprati i lampadari in legno
zecchinato.
Aggregata a questa Chiesa vi era la confraternita della SS. Trinità.137
Degna di essere vista anche la festa dell’Assunta il 15 agosto138.
137 Le notizie di questa confraternita si trovano nella Chiesa del Casile, dove aveva sede.
138 Documento della Chiesa Madre del 20-8-1766:D. Giacomo Artali, detentore dei libri dell’Universitas
di S. Marco, dichiara che da molti anni il Comune di S. Marco paga onze 2 al Procuratore della
Parrocchia di Araceli per “la compra dei palij per la solennità e festa del 15 agosto dell’Assunzione
di Maria SS.ma, solite distribuirsi per premio della corsa dei Cavalli, Giomenti, Muli e Barduini .“
139 A. Meli, op. cit. p. 222:
140 Il più antico riferimento nei registri Parrocchiali del “sepolcro” si ha nel 1726 “onze 24 e grano 7
per cera per l’ultimo venerdì di Marzo e spesi, cioè mastria per fare la macchina, chiovi, romanelli,
spaco, cordoni e collazione onze 24.7” “ho pagato a d: Corrado onze 13”; nei conti del 1727 “onze
tre e tarì 28 per la machina dell’ultimo venniri di marzo, cioè chiova, tacci, romanelli, cordi e mastria
e collazione”; nel 1730 “onze 5, tarì 28 e grana 10 sono per mastria, chiova, spaco, romanello, tacci,
legname compresa omze una di D. Corrado Oddo per la macchina dell’ultimo vennerdì di marzo.”
141 Il 12 maggio del 1720 la statua del Crocifisso fu portata in processione per chiedere la pioggia che
In una nota del 22 marzo 1614 D. Vincenzo Librizzi e Mastro Giuseppe Lanza
procuratori della Parrocchiale Chiesa di Aracoeli davanti al Notaio Vincenzo
De Marco affermano: I cappellani della Chiesa Madre e tutte le confraternite
“Interveniunt ad sociandam Imaginem D.ni N.ri Iesu Christi dictae Ecclesiae
com quibus inique Reliquiae et aliae quaecumque personae et confraternitates
in dicta processione quae fit hodie Ultimi Veneris Martij veniunt ex devozione
eorum tantum et non aliter…”142
Nella parte bassa del paese, accanto alle antiche mura, sorge la Chiesa del SS.
Salvatore che fino a pochi decenni addietro era Chiesa Parrocchiale.
La sua fondazione risale all’epoca dell’espulsione dei Saraceni avvenuta per
opera del Conte Ruggero, intorno al XII secolo.
“La Chiesa Parrocchiale del Salvatore si prova esistente nel 1262: per la
processione del Corpus Domini che esce dalla medesima e si ritira nella
madrice, giacchè la Bolla di Urbano IV in tal anno fu promulgata per tutto il
Cristianesimo e da ciò si deduce pure che in quei tempi dovea essere madrice,
giacchè tal possessione fu data alle Cattedrali e Madrici.
La suddetta venerabile Parrocchiale Chiesa tiene una giurisdizione antichissima
stimata la pupilla de’ parrocchiani, qual’è che nel giorno del Divinissimo Sagr.
to in essa solamente al canto del Te Deum, dell’Ore Canoniche, si espone il
Divinissimo ed ivi esposto dimora col solito canto delle consuete Ore suddette
poi si canta la Messa Solenne e convocato il popolo al sono di due campane in
essa devono convenire il Magistrato, il popolo e le Confraternite.
Parte dalla detta V.le Parrocchiale la Processione e girando tutta la terra
si raccoglie nella V.le Madrice dove cantata altra Messa Solenne si dà la
Benedizione al popolo. “143
Originariamente era costituita da una sola navata, come si vede dai muri
incastonati nella facciata e dai ritrovamenti delle fondazioni all’interno della
Chiesa; in periodo romanico fu ingrandita e resa a tre navate con colonne in
pietra forse riutilizzate da una costruzione preesistente.
Nel XVI secolo fu ingrandita ulteriormente e conformata sul tipo dell’impianto
a croce latina.144
143 Documento Archivio Parrocchiale
144 1870 Documento Archivio Parrocchiale: ”Parrocchia SS.mo Salvatore.
La Chiesa nell’interno è composta di un altare maggiore e otto cappelle con quadri e statue, cioè :
1) Statua di Maria SS .ma d ‘Odigidria
2) Quadro di S. Francesco di Paola
3) “ di SS. Cosma e Damiano
4) “ di S. Pietro martire
5) “ della Trasfigurazione
6) “ di S. Francesco Saverio
7) “ della Circoncisione
8) Immagine piccola del SS.mo Crocifisso.
Si trova ancora un organo, un campanile e il Fonte Battesimale .
Le Chiese di San Marco d’Alunzio 123
Messina, p.6: “Il gruppo ligneo della Madonna dell’Odigidria con il bambino sorretta a spalla su una
cassa da i due “calogeri”, venne commissionata nel settembre del 1606 dai procuratori della Chiesa
del SS. Salvatore. L’opera, di gusto popolare, si ricollega ad un tema di origine bizantina che ebbe
molta diffusione in Sicilia e nell’area nebrodo-madonita ove si conservano varie tele con questo
soggetto iconografico. Lo stesso pittore Gaspare Bazzano, che come prova l’atto d’obbligo relativo
alla cornice lignea di Gangi ebbe rapporti con mastro Giuseppe (Li Volsi), realizzò in Castelbuono
nel 1598, una tela della Madonna dell’Itria, alla quale, non è escluso, che il Li Volsi si sia ispirato.
Tuttavia il gruppo scultoreo di S. Marco, fuoriesce dallo schema tipico per la particolare posizione
della Madonna non rappresentata a mezzo busto, ma con le gambe che escono fuori dalla cassa
raccolte e ricoperte dalla veste dorata. La statua è oggi custodita nel Museo Parrocchiale.”
A. Meli, op. cit. p. 218:”V’è la cappella di S. Maria d’Odigitria...fondata nel 1606, come appare
negl’atti di notar Filippo Tetamo sotto li 8 maggio, 4 Ind., 1606, dove si fa menzione che la statua
costò onze 90 ed allora si fabbricò. Questa cappella fu fondata in S. Marco e posta in questa Chiesa
nel principio della città per averla presente e poterla uscire a fronte degl’invasioni nemiche del
nome cristiano..... Qua in S. Marco li nostri antichi facevano una gran festa con solenne processione,
finchè la statua corrosa per l’antichità non fu più capace a condursi. Sotto li 3 dicembre 1615 fu
ottenuta una indulgenza plenaria ad septemnium per la domenica in albis, giorno dedicato a detta
gran signora in quel tempo, che poi fu trasferita alla prima domenica di settembre.”
148 Documento Parrocchiale, Chiesa SS. Salvatore 1875: “Spesa per il quadro della Circoncisione:
Tela nuova canna 1 e mezza onze 0.10, Tacce e colla forte onze 0.5, Colori e vernice onze 0.4.14,
Maestria gratis”.
149 Dipinto da Giuseppe Tomasi nel 1662, La Trasfigurazione, Olio su tela. Il dipinto si trova nel Museo
di Arte Sacra. Filippo Di Miele aveva il Jus Patronatus della Cappella del Salvatore del Mondo; il
suddetto fece donazione di due botteghe collaterali esistenti nel piano della Chiesa madre e sotto la
casa di don Paolo Pricone con la rendita di onze 2.10, con la quale rendita si doveva celebrare una S.
Messa ogni giovedì nella cappella del Salvatore e la somma rimanente usarla per la detta cappella;
Questo lo leggiamo in un atto di Notar Antonino Grasso del 6 novembre 1663.
150 Autore ignoto del XVIII secolo. Si trova nel Museo di Arte Sacra. Il Sac. Don Santo Cundò aveva
il Jus Patronatus per se et suis della cappella di S. Francesco di Paola in quanto la fondò lui stesso e
124 San Marco d’Alunzio “pagine d’archivio”
In questa Chiesa aveva sede la Compagnia del SS. Nome di Gesù, fondata nel
1597: “Portano questi fratelli il mantello e stendardo violetto e godono molte
indulgenze, essendo aggregate alla compagnia del SS.mo Nome di Gesù dei PP.
Domenicani di Roma per breve dato in quella città li 17 ottobre 1597, esecuto
nel Regno nelli 23 luglio 1613. Intervengono in detta parrocchiale Chiesa per
ogni prima domenica di mese vestiti col sacco e mantello, e vi fanno la santa
communione intervenendo alla processione, esposizione e deposizione del
Divinissimo.”153
Chiesa DI S. GIUSEPPE
Il 30 luglio 1717 il Sac. Don Antonino Ciambri lascia alla Chiesa di S. Giuseppe
onze 100 per abbellire “di stucco di espertissima mano tutto il coro o cappellone
e nicchia della Chiesa.”157
La campana fu fusa nel 1853 da mastri tortoriciani i quali vennero a S. Marco e
fusero la campana nella Chiesa della Provvidenza158 .
E’ ad una navata con sei cappelle laterali e l’altare maggiore dedicato a S.
Giuseppe. La statua lignea del Santo è del XVII secolo159.
Degni di nota sono gli affreschi sulla volta della Chiesa raffiguranti momenti
della vita del Santo160 e una tela del 1710 della “morte del Giusto”161.
Il Meli162 scrive che in questa Chiesa vi sono sette altari dedicati a: S. Giuseppe,
S. Gandolfo il cui quadro fu donato dal barone Sicchechi di Polizzi dov’è patrono,
Natività del Signore, Disputa al Tempio, Sposalizio di S. Giuseppe, Transito di S.
Giuseppe, SS. Crocifisso.
Fino a pochi anni addietro il 19 marzo si svolgeva la festa di S. Giuseppe,
durante la quale vi era l’incontro con la Madonna proveniente dalla Chiesa
Madre. Attualmente questo incontro avviene l’otto dicembre, in occasione della
festa dell’Immacolata: S. Giuseppe con Gesù Bambino esce da questa Chiesa e
arrivato sul sagrato della Chiesa Madre incontra l’immacolata, accanto alla quale
gira per le vie del paese.
In questa Chiesa è custodita la statua lignea di Gesù Bambino che nel periodo
natalizio visita tutte le famiglie del paese.
E’ sede del Museo di Arte Sacra.
Fino al 1993 la Chiesa era chiusa al culto perché versava in precarie condizioni.
Giuseppe, Il riposo durante la fuga in Egitto e Giuseppe Falegname con Maria e Gesù. E’ un’opera
di discreta fattura del XVIII secolo.
161 Dipinto ad olio su tela del 1710, opera di Giuseppe Tomaso di Tortorici.
In basso nel quadro si trova questa scritta: HOC OPUS PROPRIIS SUMPTIBUS FIERI FECIT...
SAC. D. IOSEPH STORNELLI ET GRASSO DEVOTIONE SUA...710.
162 Op. cit. p. 244.
A pochi metri della Chiesa di Aracoeli si trova la Chiesa di S. Maria dei Poveri163.
In essa vi era la confraternita sotto il titolo di “S. Maria la Nuova” fondata
nel 1178: “...ella esisteva nel 1178 sotto nome di S. Maria la Nuova; essendo
che monsignor Nicolò 1° arcivescovo di Messina, a petizione della regina
Margherita, la concesse insieme colla Chiesa di S. Prassede e colle rendite
d’entrambe al Padre Timoteo abbate del monastero di Maniaci, come attesta
il Pirri nella “notizia della cattedrale di Messina”. Tom. Primo, not. 2, fogl.
319. Il quale rapporta la concessione con queste parole: “In S. Marco Ecclesiam
novam Sanctae Mariae et Ecclesiam S. Parasseuae”; e pure Stefano Mauro nella
“Messina Metropoli”.164
I monaci di Maniace però l’abbandonarono, fino al punto che rimase solo una
cappella con l’immagine di Maria Vergine fino a quando, racconta la tradizione
“una povera zoppa entrò per pregare la gran Madre di Dio acciò le sia rimedio
al suo malore, tosto divenne sana; e però correndo per le strade gridava <grazia
grazia>, e con ciò invitava il popolo a venerarla, e chiedere delle grazie. Non
erano così sollecite le genti a conferirsi alla santa immagine, che tosto erano
esaudite; e però meritò d’allora chiamarsi S. Maria dei Poveri.”165
Il P. Alberti della compagnia di Gesù nel suo libro <delle Maraviglie di Dio in
onore di Maria> nel capitolo 22 racconta dei molti miracoli che la prodigiosa
immagine operò.166
La Chiesa è ad una navata e presenta un portale marmoreo di tipo barocco.
Il campanile annesso è stato costruito nel 1778 circa167.
Originariamente vi era una cappella nella quale si trovava l’immagine di Maria
Vergine Immacolata. In seguito fu ingrandita e ricostruita nella forma attuale.
Nell’anno 1739 l’Università di S. Marco come ringraziamento per lo scampato
pericolo di un grave terremoto, promise un tributo annuale all’Immacolata di tarì 18.
A causa di ciò nei primi anni del 900 si trovava in cattive condizioni.
Nel 1926 S.E. Mons. Ferdinando Fiandaca, durante la sua visita alla Chiesa in
163 Questa Chiesa per la sua posizione topografica si trova molto esposta ai venti e ogni volta che
soffiano provocano gravi danni alla stessa, soprattutto al tetto.
164 A. Meli, op. cit. p. 244
165 A. Meli, op. cit. p. 245
166 A. Meli, op. cit. p. 245
167 Nel 1913 la Chiesa ed il campanile furono danneggiate da un fulmine.
Le Chiese di San Marco d’Alunzio 131
168 Per le notizie su questa Chiesa un grazie particolare va alla dottoressa Shara Pirrotti che mi ha aiutato
nella ricerca presso l’Archivio di Stato di Messina, fondo Corporazioni Religiose soppresse.
169 A. Meli, op. cit., p. 230ss
170 = cugina.
171 =concessione regia o papale
Le Chiese di San Marco d’Alunzio 133
plenius continetur= dalle q(ua)li desume, che la detta Piissima Regina come la
prima delle nominate Regnanti dovette p(ur) esser per la Fondatrice, dotatrice, e
che gli abbia spedito un Regal Privilegio, e gli altri lavesser confirmato appunto
come li confirmò poi tutti Fiderico.”172
Narra la tradizione che nell’anno 1174 la Regina Margherita, recandosi al
Monastero di Maniace che lei stessa stava edificando, mentre era di passaggio
a S. Marco, dovette qui fermarsi a causa di un violentissimo temporale, “allora
se le abian fatto avanti due monacelle che ritirate dimoravano nella contrada
di S. Biagio, ove oggi esiste il Monastero pregandola, che loro fondasse un
Monastero.” 173
Margherita accolse con gioia la richiesta e finanziò la costruzione del Monastero,
intitolandolo al SS. Salvatore e lo arricchì di molti beni.174
Nel 1742 il De Ciocchis175 nella sua visita alla Diocesi di Cefalù riferisce che
questa aveva la giurisdizione spirituale sul Monastero Femminile del SS.mo
Salvatore di S. Marco e in esso vi erano 49 suore.
Ebbe prosperità fino al XVIII secolo.
L’attuale Chiesa fu costruita dopo il 1660: i lavori incominciarono il 1° febbraio
1661 e per fare le fondazioni si spesero onze 100.
Il bellissimo portale di marmo locale del 1713 costò onze 148; esso presenta
quattro colonne, due tortili e due rotonde; al centro del frontone si trova una
nicchia marmorea con la statua di S. Benedetto e due angeli che gli sorreggono
il pastorale e la mitra176.
La costruzione della fabbrica fu eseguita in 38 anni e fu benedetta il 15 marzo
del 1698: la Chiesa era ancora senza decorazioni e l’intera fabbrica costò onze
678.
La Chiesa è ad una navata con tre cappelle d’un lato e tre dall’altro. Si dispongono
all’interno dell’aula l’architrave, il fregio e il cornicione. Sulla volta vi sono
diversi affreschi177.
La cappella centrale178 presenta diversi rilievi e statue in gesso, con un baldacchino
172 Archivio di Stato di Messina, fondo Corporazioni Religiose soppresse di S. Marco D’Alunzio, Vol.
22, p. 5:
173 Archivio di Stato di Messina, fondo Corporazioni Religiose soppresse di S. Marco D’Alunzio, Vol.
22, p. 5
174 Archivio di Stato di Messina, fondo Corporazioni Religiose soppresse di S. Marco D’Alunzio, Vol.
22, p. 35:”..o col ricco tesoro ritrovato là in Monreale, nascosto dal primo Guillelmo di lei marito, o
coi beni propi...”
175 Giovanni Ang. De Ciocchis, SACRAE REGIAE VISITATIONIS, PALERMO 1836, P. 454
176 Si legge la seguente iscrizione: QUI VOCAT AUDITUR, SI PULSAT PORTA APERITUR;
INV. 1763”.
178 Le decorazioni dell’abside sono festose e ai quattro lati sono poste su mensole le statue della
di legno, costruito da don Corrado Oddo179 nel 1701 e costò onze 159, che sovrasta
il tabernacolo ligneo dorato del 1704180.
Sulla porta si vede una spaziosa cantoria181 sostenuta da due colonne di marmo
con tre archi. Le cappelle laterali sono dedicate al SS. Salvatore182, al SS.
Crocifisso183, a S. Benedetto184 e alla Madonna del Rosario185.
A Margherita, fondatrice del monastero nel 1177, fu dedicato nel 1763 da Donna
Clara Salerno un busto marmoreo, che si trova entrando a destra186.
Il monastero era così grande che riusciva ad ospitare circa ottanta religiose.
Nei registri del Monastero187 si trova la descrizione del fabbricato che trascrivo
qui di seguito:
“Delli Parlatorii, Corridori, Camere, ed altri, del Monistero.
Il primo Corridore, o sia Dormitorio fabricato sul primo nascere del Monistero
fu egli quello che oggi fa prospettiva verso il Settentrione allora assai piccolo,
con altre picciole fabbriche vicine, poiche non v’è sperimento d’altra fabrica
più antica, e che sia vero me lo fa credere l’antica tradizione, la sua struttura
assai diversa delle altre fatta tutta di Mattoni lunghi, e grossi come osservate su’
pedamenti del medesimo, essendosi il di più fatto nuovam(ent)e nel 1777. più di
più perche sia ogi si chiama comunemente nel Mon(iste)ro il Dormitorio nuovo.
Si venne poi ad ingrandire alla fabrica di non poche stanze, che formano ora un
gran recinto di fabbriche belle a vedersi, ad abitarvi.
179 A. Meli, Istoria antica e moderna della città di S. Marco, Ms. (sec. XVIII), a cura di Oscar Bruno,
Società Messinese di storia Patria, Messina 1984. a p. 213 afferma che è “Nativo di S. Fratello e
abitatore di S. Marco”.
Morì a S. Marco il 1° febbraio 1771 a 80 anni e fu sepolto nella Chiesa Madre. Si sposò con Anna
Pintore.
180 Il Bellafiore accenna al “bel tabernacolo settecentesco dell’altare maggiore.
181 Archivio di Stato di Messina, fondo Corporazioni Religiose soppresse di S. Marco D’Alunzio, Vol.
22, p. 35v.: “Così nel 1698 si fece il littorino nuovo e si esitarono onze 110.
182 Tela raffigurante la trasfigurazione. E un lavoro della fine del XVII secolo attribuito a Giuseppe
Tomasi.
183 Statua in legno scolpito, autore ignoto del XVII secolo. In cima alla croce, sul cortiglio la scritta
uno sfondo paesistico delimitato a sinistra da un colonnato e a destra dal basamento di una statua
pagana spezzata di cui si vedono a terra la testa e le mani. In basso due angioletti reggimitra e due col
baculo, un corvo con una pagnotta nel becco e uno stemma con croce campanalata e aquila araldica.
185 Tela rettangolare dipinta ad olio del XVIII secolo. Tra le varie iscrizioni bibliche si legge inoltre:
22, p. 37 – 38.
Le Chiese di San Marco d’Alunzio 135
antico della parte di fuori, e quello della parte di dentro, e così si estese la
larghezza sino all’antica entrata o sia sino al Muro della Sagristia; ed ove era
parlatorio di fuori restò tutto per Parlatorio di dentro. Chi non sà l’antico non
può concepire il mio discorso ne io ho altri termini per sapermi fare intendere.
Per quest’altra nuova fabrica esitò il Monistero onze 230 come nel Lib. 9 di
Conti f. 44. ed in altri Lochi.
Vi sono in questo Parlatorio n° 7 Grade comprate onze 33. come in d(ett)o Libro
e f(ogli)o e tre ruote, ma di queste 7 grade potete farne Capitali di due per esser
gli altri troppo in veduta.
Dentro il Monistero vi sono n.o...Camere cioè n°...colle sue officine e... d’unica
stanza. Elleno sono tutte occupate dalle Religiose, ma su le stesse nessuna vi
ha Dominio perchè sono libere al Monistero. Qualche Religiosa se l’aveva
fabricato a proprie spese, ma non curò riserbarsene il diritto per i successori
congionti. Così D. Laura Salerno si fabricò una stanza solarata cominciandola
da pedamenti esitando onze 65. come ne trovo l’introiti alib. 2 di Conti f. 144 e f.
166. e sotto questa Camera si fece l’Infermaria a spese dell’Abbate Ciambri per
di lei elemosina come leggo in d.o Libro 2 F° 227. D. Celestina Cundò comprò
la sua Camera onze 9, come nel Lib. 3 F°284. nell’anno 1698. e così potrei dirvi
di tant’altre che tralascio per brevità//.”
Questa Chiesa viene aperta al culto in occasione del venerdì Santo, dove transita
la processione di Gesù nell’urna, e il giorno di S. Benedetto.
138 San Marco d’Alunzio “pagine d’archivio”
Le Chiese di San Marco d’Alunzio 139
140 San Marco d’Alunzio “pagine d’archivio”
Chiesa DI S. TEODORO
(BADIA PICCOLA)
A pochi metri dell’antica Chiesa parrocchiale del SS. Salvatore è sita la Chiesa di
S. Teodoro fondata nel XVI sec.188 e ingrandita nella forma attuale; era affiancata
dal monastero delle monache Benedettine189.Questo monastero fu fondato dalla
moglie190 di Fr. Girolamo Lanza191, il quale, subito dopo le nozze decise di ritirarsi
in vita eremitica.
Questo complesso è comunemente chiamato “Badia piccola” per poterlo
distinguere da quello del Salvatore, chiamato “Badia Grande”.
A questo monastero, nel 1608 si aggregarono le suore di un altro monastero
esistente in S. Marco, ma che cadeva in rovina, quello dei SS. Quaranta192.
Era circondato da un grande giardino per uso delle suore.
Nel 1594 dimoravano in esso 17 suore.193
Il Meli194 afferma che l’attuale Chiesa di S. Teodoro fu costruita al posto di
un’altra Chiesa preesistente “La Chiesa di S. Teodoro nei tempi antichi era assai
piccola, ma poi per opera del dottor don Domenico Di Franco fu ridotta nella
forma presente...”; questa piccola Chiesa potrebbe essere quella dei Santi quattro
Dottori.
La Chiesa ha la forma a croce greca con quattro cappelloni quadrati. Sopra ogni
cappellone si alza la cupola ottagonale.
La cappella centrale, nella quale si trova il tabernacolo ligneo di stile barocco del
XVIII sec.195, è abbellita da stucchi di gesso di Corrado Oddo (sec. XVIII) con
188 IlMeli, op. cit. a p. 237, suppone che la data d’istituzione del monastero “poté probabilmente essere
dagl’anni 1539 sino al 1545.”
189 Fondato sicuramente assieme alla Chiesa.
190 Non sappiamo il nome della fondatrice, ma il Meli, op. cit. p. 241, afferma che la prima abbadessa fu
“soror Giustina Ipoteca (1545) vitalizia, uscita dal monastero del SS. Salvatore per piantare la regola
nel moderno monastero di S. Teodoro.”
191 Per la vita e le gesta di fr. Girolamo Lanza, cfr. A. Meli, op. cit. p. 172ss.
192 A. Meli, op. cit. p. 238: ”E’ così ancora degno di memoria che in S. Marco esisteva un altro monastero
E’ costituito da quattro gradini e tabernacolo. La parte superiore è costituita da tre parti sovrapposte,
di cui le due più basse movimentate da colonnine tortili, nicchie e balaustre. Nelle nicchie laterali
sono collocate quattro statuette, rifatte in gesso dorato degli evangelisti, in quella frontale una
statuetta lignea della vergine. Lo sportello del tabernacolo è rivestito in lamina d’argento sbalzato
con agnello (scuola palermitana sec. XVII).
Le Chiese di San Marco d’Alunzio 141
196 Quadro olio su tela del sec. XVII di Giuseppe Tommasi; raffigura il Santo con perizoma legato ad
una colonna dagli aguzzini, mentre un angioletto scende da sinistra recando la corona del martirio.
La cornice è in legno finemente intagliato.
197 Tavola rettangolare dipinta ad olio. Originariamente si trovava nella Chiesa del SS.mo Salvatore.
La Vergine è rappresentata nella gloria ed è trasportata su una cassa da due monaci. Sullo sfondo un
paesaggio. Opera del XVII secolo.
198 Tela rettangolare dipinta ad olio del XVII secolo e raffigura la Vergine col Bambino in grembo,
trono con il Bambino, incoronata da due angeli e in atto di porgere il rosario ai Santi Domenico e
Caterina inginocchiati ai lati; sotto lo zoccolo del trono le mezze figure di una vecchia signora e di
una giovane suora che ricevono il rosario dai due Santi; due rifasci laterali e un doppio rifascio in
alto recano dipinti i quindici misteri del Rosario.
142 San Marco d’Alunzio “pagine d’archivio”
Le Chiese di San Marco d’Alunzio 143
Chiesa DI S. ANTONIO
200 A. Meli, op. cit. p. 228: “Negl’atti di notar Sebastiano Ferraloro di questa, sotto li 2 febraro, 14
indizione, 1569, si vede il richiamo fatto dal popolo di S. Marco de padri conventuali di S. Francesco,
alli quali fu concessa la Chiesa di S. Antonio Abbate con tutte le sue rendite.
Negl’atti poi di notar Gerolamo Scurria, sotto li 20 aprile, 15 indizione, 1574, molte persone di
questa città si obbligarono somministrare certe elemosine espressate in detto atto per la fabbrica di
questo convento il quale era dove adesso esiste la stessa Chiesa di S. Antonio, avvenga che allora
la Chiesa era piccola in tal guisa che l’attuale sacrestia serviva da cappellone maggiore.” P. 247: “...
domentre la sagrestia era coro e la porta piccola era la porta maggiore della Chiesa.”
201 La statua del glorioso S. Antonio fu realizzata nel 1755 da Don Corrado Oddo per onze quattro e
grani dieci.
202 Opera del XV secolo, è in legno scolpito e nei secoli successivi dipinto; è opera degna di attenzione.
203 Tela restaurata nel 1998 e rappresenta nella parte alta la Vergine nella gloria e nella parte inferiore
sono raffugurati quattro santi, tra cui S. Antonio, S. Bartolomeo e forse S. Teodoro o S. Sebastiano.
E’ opera della fine del XVI secolo, attribuibile a Damiano De Basilio.
204 A. Meli, op. cit., p. 247
144 San Marco d’Alunzio “pagine d’archivio”
Chiesa DI S. MARCO
La Chiesa che si trova nella omonima piazza era anticamente un tempio greco
dedicato ad Ercole, trasformato in seguito dai Normanni con la venuta di Ruggero,
modificando l’originaria struttura e dedicandola a S. Marco Evangelista, primo
protettore del paese.
Il tempio pagano, edificato nel IV secolo a.C., presenta una struttura del tipo “in
antis”, con impianto rettangolare, orientato da Nord a Sud. La costruzione è in
conci parallelepipedi di pietra tufacea a struttura isodoma. Il frontale dell’antis
non esiste più, essendo stato allungato e ricostruito in forma più semplice. La
cella è l’unica parte che resta dell’antica costruzione.
E’ un edificio che misura esternamente m. 8,50 x m. 14,90.
L’attuale Chiesa presenta una facciata con un portale barocco ad arco a tutto
sesto, sormontato da due mensole laterali che sorreggono un frontone spezzato,
al centro del quale si apre una nicchia marmorea; lateralmente si trovano due
finestre arricchite da volute e conchiglie.
Sull’altare maggiore di questa Chiesa fino al XVIII secolo vi era un quadro dipinto
verso il 1619, anno dell’invasione turca in S. Marco; rappresentava il Santo che
in atto umile prega Gesù Bambino in braccio alla Vergine perchè liberi la città di
S. Marco, che si vede in un angolo con le galere a mare piene di turchi.205
Attorno a questa Chiesa i Normanni costruirono un castello.
Il Meli206 dice: “Un altro castello esisteva in S. Marco nel proprio suolo della
Chiesa di S. Marco fabbricato come io credo per la bontà del sito sopra delle
rovine dell’altro castello antico. L’edificio di questo castello fu fatto dall’invitto
conte Ruggero come sopra ciò diffusamente se ne discorrerà nella deca 2 al
paragrafo 2. La torrazza vicino al castello e la torre di S. Antonio erano due
presidij antichi.” (p. 91) “Era questo castello edificato nel piano della Chiesa
di S. Marco come si cava da pedamenti in forma quadrata, e la Chiesa restò
nel cortile, ed era cotanto piccolo che all’intorno non girava più che canne 200
come ho osservato; dalla parte dell’oriente il muro era presso alla Chiesa in
distanze di canne 15, ma dall’altri tre lati v’era molta distanza e se ne vedono li
pedamenti intermedij delle camere ed officine; fuori del castello verso l’oriente,
sino a giorni d’oggi si vedono pedamenti di molte case che le aderivano, ed io
205 A. Meli, op. cit,. p. 278
206 A. Meli, op. cit,. p. 79
146 San Marco d’Alunzio “pagine d’archivio”
suppongo che queste furono quelle prime case che si fabricarono in S. Marco e
diedero il nome di S. Marco alla città.”.
Questo castello era un punto strategico per individuare i nemici e anche di
segnalazione.
Camillo Camilliani207 descrivendo i punti di difesa di S. Marco dice: “Nel
territorio di S. Marco si fanno tre corpi di guardia, per angaria, di tre huomini
per posta, et la prima posta sta a una porta antica della detta terra, che risguarda
la marina, che sono tre huomini che stanno fermi a detto luogo.
Un’altra guardia sta alla Nontiata, detta il piano delle forche, ch’è lontano dalla
detta porta un tiro di scopettata, per la volta della marina, et stanno fermi al
detto luogo.
L’altra guardia che sta a un luogo detto la Gebbia di Conicoli, lontano dal detto
piano delle Forche mezo miglio per la volta della marina, et stanno fermi al detto
luogo et quando scuoprono vascelli nemici, overo l’è avisato dalle guardie di
cavallo, le dette guardie de’ piedi avisano le guardie della Nontiata et le guardie
della Nontiata avisano le guardie che stanno alla porta della terra et le guardie
della terra avisano gli offitiali, che hanno cura delle dette guardie, et ogni sera
ci mandano due sopraguardie et un caporale a riconoscere le dette guardie et
fanno la guardia per angaria.”
207 Marina Scarlata, L’OPERA DI CAMILLO CAMILLIANI, Ist. Pol. E Zecca dello Stato, Roma 1993, p. 570
Le Chiese di San Marco d’Alunzio 147
Chiesa DEI
SANTI QUARANTA MARTIRI
Anticamente era un monastero di monache sotto il titolo dei Santi Quaranta Martiri.
Essendo intorno al XVII sec. il convento fatiscente, le suore si aggregarono alle
benedettine di S. Teodoro. E’ sede della Confraternita dei SS. Quaranta Martiri
sotto il titolo di “Maria Immacolata”208: Si tratta di una piccola Chiesa sita in
Largo Ritiro, aperta l’otto settembre in occasione della Natività di Maria e il 10
marzo per la festa dei SS. Quaranta Martiri209. All’interno sull’altare maggiore
vi è un quadro della Madonna e il Cristo nell’urna; ai lati un piccolo Crocifisso
in legno (sec. XVII), un quadretto dell’Addolorata (sec. XVII) e un quadro
raffigurante i SS. Quaranta Martiri.
La confraternita organizza la processione del Venerdì Santo con la statua di Gesù
nell’urna, accompagnata da due personaggi rappresentanti Giuseppe d’Arimatea
e Nicodemo, due ragazze che rappresentano la Maddalena e la Veronica, da altre
quattro che rappresentano le Pie Donne e da bambini vestiti da angioletti.
“Libro della Congregazione dei SS. Quaranta, anno 1863 in S. Marco.
Questa Congregazione sotto il Titolo dei Santi Quaranta, composta solamente
dai Maestri del paese, era d’istituzione antichissima, non di nostra memoria o
tradizione, ma solamente possiamo dire, che nel 1603 in quello stesso locale ove
esiste oggi la Chiesa dei SS. Quaranta, era un Monastero di donne dell’ordine
Benedettino sotto il titolo dei SS. Quaranta Martiri, e che poi distrutto nel
1085 per mancanza di rendite e di personale, furono trasportati le moniali nel
Monastero di S. Teodoro, e quindi mano mano diroccatosi il Monastero sotto
titolo dei SS. Quaranta, si vuole che i maestri di allora profittandone o della
Chiesa o da cimenti della stessa, si abbia fabbricata da loro la Congregazione
mantenendola l’istesso titolo dei SS. Quaranta.” 210
Il 22 Aprile 1923 la Confraternita delibera di modificare l’articolo 23 del capitolo
208 Oggi l’abito è composto da una pazienza celeste con l’effigie dell’Immacolata sul petto ed un
cordone bianco che cinge i fianchi.
209 Durante la persecuzione dell’imperatore Licinio, quaranta soldati cristiani provenienti da diversi
luoghi, ma appertenenti alla XII legione, furono arrestati e posti nell’alternativa di apostatare o subire
la morte. Tutti rimasero fedeli e furono condannati alla crudele pena di essere immersi nell’acqua
gelata del lago. Il martirio avvenne il 9 marzo. Uno di loro però venne meno e ebiurò, ma il suo posto
fu subito preso dal custode il quale spinto da una visione si spogliò delle vesti e gridando che era
cristiano si unì al gruppo. Vide infatti discendere dal cielo quaranta angeli che portavano ciascuno
una corona da mettere sul capo dei martiri; il quarantesimo fu lui.
210 Documento Archivio Parrocchiale.
148 San Marco d’Alunzio “pagine d’archivio”
211 Archivio Parrocchiale Chiesa Madre, CONFRATERNITA DEI SS. QUARANTA MARTIRI.
Le Chiese di San Marco d’Alunzio 149
Chiesa DI S. BASILIO
212 Domenico Ryolo, S. MARCO D’ALUNZIO, Ed. Rotary Club S. Agata Militello, Tip. Ind. Polgr.
Della Sicilia, Messina 1980, p. 15.
213 A. Meli, op. cit. p. 248.
214 Quadro proveniente dalla Chiesa della Provvidenza del sec. XVII. E’ un modesto lavoro di un pittore
provinciale.
215 Quadro proveniente dalla Chiesa di Gesù e Maria.
Nel 1822 furono pagati a D. Giuseppe Denaro onze 6 per “manifattura di due
quadri”.217
La Chiesa è ad una navata218 e presenta cinque cappelle; la più importante è quella
centrale dove è posta la statua lignea di S. Basilio Magno (XVII secolo)219.
Recentemente è stata restaurata e riportata al suo antico splendore, mentre
l’adiacente campanile220 è stato ricostruito e liberato dei successivi rivestimenti
di intonaco221.
Durante i lavori di restauro, nella adiacente sagrestia sono state rinvenute tracce
di affreschi bizantineggianti del XV secolo e sotto la struttura del Campanile un
arco che denota l’esistenza di una Chiesa.
Sul sagrato si trova un frammento di muro sul quale è incastonato un portale ad
arco ogivale con stipiti in conci di pietra lavorata di notevole fattura e di rilevante
valore architettonico-artistico; segno probabile dell’esistenza di un edificio, forse
un convento Basiliano222.
In questa Chiesa si celebra la festa di S. Basilio il 2 gennaio, il 14 giugno e il
2 agosto. Quest’ultima è una festa caratteristica, durante la quale la statua del
Santo viene portata in processione sul fercolo: esso viene preceduto e seguito
Fu dipinto nel XVIII secolo da Gaetano D’Angelo.D. Giuseppe Stornello nel 1717 scrive nel suo
testamento che “il quadro della Natività, fatto a sue spese, , sia conservato nella Chiesa di S.
Giusepp”e e ordina al suo erede di provvedere alla realizzazione della cornice: “se non fatta detta
cornice, in tal caso li procuratori di detta Chiesa siano tenuti ed obbligati far dipingere seu notare
in piede di detto quadro a letttere maiuscole, seu grandi, che fu fatto a spese di esso testatore.”
217 Documento Archivio Parrocchiale.
218 La Chiesa fu stucchiata nel 1816 da Mastro Rosario Principato e fratelli, mastri di stucco; la spesa
fu di onze 2.
219 A. Pettineo “Documenti per la bottega dei Li Volsi di Tusa” in “Archivio Storico Messinese”
72, Messina, p.6: ”Giusto atto del notaio Filippo Cardita, il 30 settembre dell’anno 1600 mastro
Giuseppe riscuote “pro manu francisco La Scalia” procuratore della Chiesa di S. Basilio in S. Marco
D’Alunzio, once 6 e tarì 24 “in contu magisterio S.ti Basili, faciendi pro magistro Jo. Batt. Li Volsi,
eius frate…”. La statua fu realizzata dal fratello di Giuseppe, Giovan Battista, ma il fatto che il
primo riscuota il pagamento per suo conto, attesta come i due fratelli operassero congiuntamente
come unica bottega d’arte.”
220 Nel 1867 fu rifusa la campana che si era rotta.
Documento Parrocchiale: “Chiesa S. Basilio 1.12.1867 (f . 167) Che lo 1 dicembre 1867 onde per
pagare la fondiaria e saldare l’ultima paga della campana a Mastro Sebastiano Salvà da Tortorici,
si fece prestito di onze 8 dal Signor . D . Antonino D . Cardinale rilasciandogli in pegno il Calice ed
il quadro d’argento - Questo prestito dovrà pagarsi a tutto il 1870”.
A. Meli, op. cit., p. 248:”La campana grande venne da Palermo, a gran stento si salì a S. Marco nel
1753. Fu battezzata solennemente nel piano dal reverendissimo abbate di Fragalà pontificalmente
vestito, con licenza dell’Ordinario nelli 31 dicembre 1753. Il patrino fu il magnifico don Stapino
Greco e donna Marianna Cardinale, sua figlia, moglie del dottor don Antonino Cardinale, come
procuratori dell’eccellentissimi principi e principessa di Mirto. Fu salita in alto lo stesso giorno.”
221 Archivio Parrocchiale, Chiesa S. Basilio 1817: “A Mastro D. Giuseppe Pisciotta acconto dello
stucco della Chiesa onze 6.4. Per fonditura di una campana pagati ai mastri di Tortorici onze 22.”
222 Comune di S. Marco D’Alunzio, “Il restauro della Chiesa di S. Basilio a S. Marco d’Alunzio,
Messina 1995.
Le Chiese di San Marco d’Alunzio 151
dalle caratteristiche “torce”, ceri rivestiti di fiori e basilico che i fedeli ornano
per soddisfare un voto.
Il fercolo fu realizzato nel 1865 da D. Salvatore Lo Presti di Alcara (onze 37.9.14)
e indorato da D. Salvatore Lo Presti di Alcara.
In quella occasione fu ingrandita la porta della Chiesa perché era troppo bassa
per poter entrare la “bara”.223
FESTA DI S. BASILIO
Chi partecipa alla festa dei Santi Patroni a S. Marco D’Alunzio sicuramente resta
stupito del fatto che la ricorrenza dei Santi Marco e Nicola viene celebrata giorno
31 Luglio con una semplice processione e già dal pomeriggio incomincia la festa
di S. Basilio che si conclude solennemente la sera del 2 Agosto.
Anche io mi sono posto la stessa domanda, supportata da ciò che avevo letto in
un libro224. In esso viene descritta minuziosamente la festa di San Marco e San
Nicola e solo accennata la Festa di S. Basilio.
Vorrei riportarla per opportuna conoscenza:
“L’apostolo S. Marco si godeva in pace il patronato religioso del comune che avea
preso il suo nome quando un dissidio sorto tra’ preti di quello venne a turbarlo.
Alcuni di essi si ribellarono e si misero sotto la protezione di S. Niccolo di Bari:
e ci volle tutta l’autorità della Congregazione dei Riti perché essi riconoscessero
contemporaneamente due patroni : S. Marco e S. Niccolo, e perché ne celebrassero
la festa, in un medesimo giorno: il 31 Luglio di ogni anno. Il decreto della Sacra
Congregazione compì un secolo il 1° Aprile del 1897. Il dissidio cessò: ma il
comune ha due parrocchie dedicate ai due santi: e la processione che si fa in
Spesa per la costruzione della nuova bara di S. Basilio Magno, manifattura in Alcara dei Fusi come
qui sotto, totale onze 3.9.14
Convenio della stessa col Professor Lo Presti D. Salvatore del Comune d’Alcara dei Fusi onze
33.15.
Complimento promesso all’anzidetto per l’esatta esecuzione della bara in parola onze 1.2.5
Regalo di cosi dolci fatto al predetto Professor per aver dimorato qui un giorno per formare in corta
il modella della accennata bara onze-0.4.14.
Spesa per quattro giorni di fatica nella Chiesa del Santo onde erigere e ricostruire la montovata bara
al Professor, suo fratello Luigi e figlio Gaetano aiutanti di carne, pasta, vino, e quando vi bisognò
onze.. . . 24 . . .
Collazione e vino dati agli uomini in Alcara per ragione di trasportare la bara tutta in pezzi, di la in
questa onze-----10.6.
Mastria di nuovi banchi per sostenere la predetta nuova bara del Santo e trasportare la stessa in più
parti (f . 162) onze----- 6.10.
Chiesa S. Basilio (1864-65) 1863 ( foglio 161): Fu alzata la porta, in quanto era troppo bassa.”
224 Giuseppe Pitrè, FESTE PATRONALI IN SICILIA, Ristampa dell’ed. di Palermo 1870-1913, ed
loro onore per com’e un anno la parte del paese ov’è la parrocchia) di S. Marco,
un anno quella di S. Niccolò. L’entrata r’addauru. il dì 29 segna il principio
della festa. I contadini in buon numero si riuniscono 1’ antivigilia nella piazza
principale del paese e di conserva si avviano in processione al monastero del SS.
Salvatore portanti ciascuno un ramo di alloro. Quivi 1’ alloro si distribuisce a
chiunque ne faccia richiesta , e si ricevono , mangiandole o conservandole per
divozione, le cudduri, ciambelline , già preparate il giorno innanzi e benedette.
I due santi, che non hanno nulla di comune tra loro, posano entrambi sopra una
medesima macchina, e la macchina è ornata di garofani e di basilico: pianticella
questa che abbiam vista più volte preferita in solennità simili e della quale, come
simbolo , vorrei raccomandare la ricerca agli studiosi. Bambini guariti per grazia
o che attendono una grazia, stanno al solito seduti sui gradini inferiori presso
ai giovani che hanno 1’ onore di trasportarla. I quali son ventiquattro, non in
mutande ne a piedi nudi come in altre processioni, ma vestiti chi di velluto, chi
di panno, e i men fortunati, di albagie, e tutti calzati. Su non che, molti di essi
mettono sotto l’asta per voto o per penitenza la nuda spalla; e non si riposano
mai, non cercano ristoro di vino o di sostituzione, anche breve, di compagni,
giacchè dalla uscita al ritorno non abbandonano per cosa al mondo il loro
posto.
L’uso delle scarpe nella processione vuol essere guardato sotto un aspetto
particolare. Siccome i contadini di S. Marco vanno sempre a piedi nudi, la
comparsa solenne per essi quale può essere su non quella delle scarpe ? E così,
che penitenza sarebbe quella di andare scalzi in processione quando scalzi ci
van tutto l’anno? Ecco perché non v’è contadino sammarchitano che pei tré
giorni del festino non vada calzato.
Il bello è vederli camminare tutti in quegli arnesi!...
E poiché ho accennato ad una parte del costume di gran festa, ed il gentile
uomo che mi ha fornito queste notizie me ne appresta delle altre, eccolo tutto
questo costume.
Il contadino indossa giacchetta, calzoni corti, quasuna, che vanno dal
ginocchio al piede e ricopre quest’ultimo per metà sugli stivaletti o scarpe. La
contadina, mantellina di panno nero, jippuni, giubbone, o busto di mussola:
gonnella di color gaio, anch’essa di mussola (poche vestono gonnelle e busto di
lana), scarpe o stivaletti, orecchini d’oro a cerchio, collana di corallo a due, a
tré file e crocette d’oro; i capelli spartiti sulla fronte e raccolti alla nuca a forma
di canestro.
La processione cammina cammina, un anno, come si è detto, per la parte
superiore, un anno per la parte inferiore; e al suo passaggio le chiese si aprono
e, come dappertutto, suonano a festa; dai balconi e dalle finestre si getta del
grano sui santi e si grida: Viva S. Marcu ! Viva S. Nicola ! traendosi dal getto e
Le Chiese di San Marco d’Alunzio 153
dal grido buon augurio per l’annata. Nella parrocchia del rione i Santi entrano
ricevuti da splendida illuminazione e dal canto del secondo vespro dei preti
locali. Escono poco dopo, e l’arciprete della parrocchia medesima esibisce al
bacio de’ devoti le reliquie dei Santi medesimi, bacio col quale s’intende ottenere
il perdono dei peccati commessi. I Santi son entrati nel duomo e principiano le
corse. Un certo numero di contadini si fanno legare le gambe e al segno d’un
petardo si partono, accompagnati nella corsa dal suono della banda musicale
ed anche de’ tamburi. La scena di tanti giovani impastoiati che saltano per
giungere alla meta è comica : ed il pubblico vi assiste con infinita ilarità, pago
di veder conseguire il premio al primo che giunga : premio di un fazzoletto, o un
berretto, o una canna di mussolina.
Fortunata gente, che può accontentarsi di un divertimento così primitivo e di
premi così modesti! Ma la gente di S. Marco è buona, e non meno buona è quella
che 1’ accresce in questi giorni, venuta da Torrenuova, S. Agata di Militello.
Militello Rosmarino, Alcara li Fusi, Longi, Frazzanò, Mirto, Capri leone,
comunelli tutti, i quali presi insieme non vanno oltre i diciannovemila abitanti.
Eppure un motto ingiurioso dei Messinesi a questa gente è quello di semi-giudei:
Menzi judei li Sammarchitani!’.
Il 31 Luglio, ultimo del festino, è 1’ antivigilia di un’altra festa in onore di S.
Basilio , la quale si prolunga fino al 2 Agosto, con una nuova entrata d’ addauru,
una nuova distribuzione di cuddure ecc. “Troppa grazia!,, mi sento dire dagli
economisti.
Ma in ordine a sentimenti religiosi non c’è economia che tenga: ed i contadini
di S. Marco stanno cinque buoni giorni, forse i soli che essi passino senza soffrire,
in distrazioni oneste, la dolcezza delle quali sfugge ai dottrinarì della scienza”.
Sicuramente la festa di S. Basilio risale alla fondazione stessa della Chiesa
per opera dei monaci basiliani che si insediano a S. Marco come Grangia del
Monastero di S. Filippo di Fragalà.
La devozione verso S. Basilio crebbe con il passare degli anni e nel 1600 fu
realizzata la statua del Santo da Giuseppe Li Volsi da Tusa.
Contrariamente a ciò che avviene normalmente, la festa non veniva celebrata il
2 gennaio, giorno liturgico del Santo, ma il 14 giugno, giorno in cui si ricorda la
Consacrazione Episcopale di S. Basilio.
Tutto questo fino alla completa costruzione della nuova Chiesa che avvenne nel
1814 con la realizzazione degli stucchi e dei quadri.
Lo stesso anno la statua del Santo fu trasportata solennemente in essa, ma prima
fu restaurata e dal libro dei conti della Chiesa si legge:”A Don Orazio di Patti per
acconciare la statua del Santo infradicito onze 2.1.10”225.
225 Archivio Parrocchiale S. Marco D’Alunzio, Libro dei conti 1814, Chiesa S. Basilio
154 San Marco d’Alunzio “pagine d’archivio”
Nel 1823 la festa venne celebrata per la prima volta il 2 agosto e si spesero onze
10.12.12; quest’anno fu distribuito il pane alla popolazione “per accrescere la
devozione verso il Santo”. 226
Nel 1863 si parla per la prima volta di una spesa di onze 2.7.10 per “l’entrata
dell’alloro” e pane alla banda di Naso.
In questi anni la devozione verso il santo si intensifica e i fedeli spostano
lentamente la loro attenzione dai Santi Patroni a S. Basilio e nel 1872 si parla di
“Mastria di Torci”, mentre nel 1874 si legge “Torci grossi n. 11 da portarsi in
processione innanzi al Santo”.
La decisione di fare la festa il 2 agosto non è stata indolore, in quanto i nostalgici
rimasero e in un verbale della Confraternita di S. Basilio del 25 ottobre 1874 si
legge: ” …sulla proposta del Presidente che il giorno stabile finora per la festività
di S. Basilio Magno sembrandogli essere improprio che il giorno consecutivo
alla festa dei Santi Patroni si celebrasse la solennità del Santo à proposto che si
trasferisse in altri giorni a piacere dei confratelli onde riuscire più splendida e più
di devozione. A quale proposta tutti li confratelli addivennero che si celebrasse
il 14 agosto di ogni anno…”227. Questa data durò poco perché i Sacerdoti della
Chiesa di Aracoeli protestarono perché era la vigilia della Madonna Assunta della
quale il 15 agosto si celebrava la festa solenne.
La festa fino al 1897 veniva organizzata e gestita dal Procuratore della Chiesa e
dalla commissione della Cappella dei SS. Patroni, mentre da quest’anno essa fu
affidata ad un comitato a cui la Chiesa di S. Basilio diede come contributo lire
200.
Dal 1900 nel registro dei conti della Chiesa di S. Basilio non si trova traccia delle
spese e degli introiti per la festa, in quanto essendosi costituito un comitato a
parte, esso aveva un suo proprio registro.
Solamente in qualche anno si fa menzione della festa:
Nel 1913 la musica fu presa per cinque giorni e le spese furono divise a metà per
ciascuno.
Nel 1926 “la questua del grano si fece in comune e quella dell’olio pure, quindi si
divide a metà con S. Basilio; e poiché il consumo delle collure per S. Basilio è di
più così anche un pochino di cera, si fa un proporzionato carico a S. Basilio.”
Nel 1900 la festa dei SS. Protettori, come quella di S. Basilio e del Sacro Cuore di
Gesù furono differite ai giorni 27 28 e 29 Agosto; i Santi Protettori contribuirono
con la sola questua perché la commissione aveva già fatto tutte le spese
precedentemente. Le feste furono rinviate il 30 luglio a causa dell’assassinio del
Re Umberto I.
226 Archivio Parrocchiale S. Marco D’Alunzio, Libro dei conti 1823, Chiesa S. Basilio
227 idem, 1874
Le Chiese di San Marco d’Alunzio 155
156 San Marco d’Alunzio “pagine d’archivio”
Le Chiese di San Marco d’Alunzio 157
Chiesa
MADONNA DELLE GRAZIE
Questa Chiesa, sita nella piazza S. Agostino e affiancata dal convento dei Padri
Agostiniani, fu fatta costruire intorno al 1398 dai conti Filingeri, Signori del
luogo.
E’ di costruzione molto semplice, essendo l’attuale struttura diversa dall’originaria
perché modificata dopo l’incendio che la distrusse il 29 ottobre 1960.
Sull’altare maggiore è posta la statua marmorea della Madonna delle Grazie di
scuola gaginiana, che poggia su un piedistallo in cui è scolpita la Natività.
E’ un’opera della fine del XV secolo, di Gabriele Di Battista (operante a Palermo
dal 1475 al 1505) in marmo bianco scolpito a bassorilievo a tuttotondo.
La cappella è costituita da un’arcata a tutto sesto inquadrata da due lesene recanti
scolpite a bassorilievo degli eleganti motivi floreali, sormontate da capitelli e
sorreggenti una trabeazione con cornici a dentelli e palmette e con fregio decorato
a festoni intramezzati da testine che lo separano dai piedritti; è scompartito in
sette formelle recanti alternativamente una testa di Serafino o un rosone. Sui due
pennacchi dell’arcata sono scolpite a rilievo due corone floreali recanti al centro
le mezze figure dell’angelo e dell’Annunziata. Al di sopra della trabeazione è
collocato uno stemma scartocciato e coronato recante come emblema una croce.
Sulla fronte delle due paraste sono scolpiti due stemmi: quello di sinistra reca una
croce e quello di destra una stella a otto punte. All’interno dell’arco, entro una
nicchia in muratura profilata da un arco a bastone sorretto da due colonnine tortili
in marmo, è collocata una statua della Vergine col Bambino in braccio che regge
con la sinistra un piccolo globo; ai piedi della Vergine un Bambino spaventato
che si aggrappa al suo manto. Sulla faccia della base è scolpita la Natività; ai lati
sono scolpiti due stemmi, uno dei Filingeri e l’altro dei Rosso di Militello.
Ai lati dell’altare maggiore si trovano i sarcofagi marmorei dove riposano in
uno le spoglie di Marco Scipione e Vincenzo della famiglia Filingeri e nell’altro
quelle di Pietro Filingeri.
Poggia su tre mensole scolpite con abaco scorniciato recante un fiore sorretto
da una voluta, nell’incavo del quale si trova un puttino a rilievo; la base del
sarcofago è profilata da un festone d’alloro che gira sui lati. La faccia che poggia
sulle mensole è scompartita in due formelle recanti ciascuna un fiorone; la fronte
rettangolare del sarcofago presenta quattro formelle scolpite a bassorilievo: le
due esterne recano ciascuna un angelo reggente un cartiglio con iscrizione “IN
TE DOMINE SPERAVI” e “MAGNIFICAT ANIMA MEA”; le due interne recano
una testa di Serafino con quattro ali e un germoglio floreale sulla fronte; sulle due
facce dei lati brevi è una croce greca gemmata.
Il coperchio è scolpito a forma di coltre con bordure gallonate e sfilacciate sopra
la quale è disteso un giovanissimo guerriero con le mani incrociate sull’elsa della
spada e la testa affondata su due cuscini, uno dei quali è operato con eleganti
motivi floreali a bassorilievo. Ai piedi è accovacciato un leone ruggente. Al di
sopra del sarcofago è murata una lapide con la seguente iscrizione: “HOC IACET
TUMULO HI DUO MAGNIFICI FRATRES MARCUS SIPIO ET VICENCIUS,
NATI COMITIS ILLUSTRI S. RECCARDI FILINGERIS QUORUM ANIME
REQUIESCANT IN PACE SUB ANNO DOMINI MCCCCLXXXI CONDITUM.”
Lo scultore probabilmente usa come modello per lo schema del monumento e
la figura del guerriero giacente il sarcofago di Antonio Speciale (1463) nella
Chiesa di S. Francesco in Palermo; nonostante ciò le qualità stilistiche dell’opera
e l’andamento piuttosto corsivo dell’esecuzione, fanno pensare ad un’artista
vicino a Domenico Gagini, forse Gabriele Di Battista.
della nostra Redenzione 1678... Si fecero pure dui delfini di sotto al convento,
le cammere nuove colla stanza per scaldarsi li frati.” 230
Dopo la soppressione rimase abbandonato e fu ricomprato dagli stessi frati e
riattivato nel 1906. Per molti anni fu luogo di Noviziato.
Attigua al convento vi è la Chiesa S. Maria degli Angeli, piccola ma caratteristica,
costruita nel XVII secolo. L’interno è ad una navata, cui si addossa una cappella
laterale. In essa sono da ammirare il bellissimo tabernacolo231 con il quadro della
Madonna232, la cappella del Crocifisso con statua di legno del XVIII secolo e due
tele poste ai lati raffiguranti la Vergine e S. Giovanni233; in questa cappella sono
custodite le spoglie mortali di fra Giuseppe Paterniti da Tortorici che dimorò in
questo Convento, fu maestro dei Novizi e che morì in fama di santità234.
Nella Chiesa vi sono inoltre il quadro della Madonna col Bambino235, il Cuore di
Gesù con quattro Santi Francescani fra cui S. Chiara e S. Antonio236, la Madonna
con Santi Francescani237.
In questa Chiesa vi era un quadro rappresentante S. Antonio in atto supplichevole
ai piedi della Beata Vergine e di sotto in basso la terra di S. Marco. S. Antonio
prega la Vergine perché liberi S. Marco da qualche flagello.238
230 Archivio Frati Minori Cappuccini, Messina, Relazione della fondazione del 24° convento dei PP.
Cappuccini che è quello di S. Marco.
231 Ha forma parallelepipeda ed è sormontato da un cupolino depresso. Il frontale, inquadrato fra due
volute scartocciate, presenta in alto una cornice frontonata, sotto la quale è scolpito un pellicano che
nutre i piccoli col suo sangue. E’ un grazioso lavoro di arte monastica della fine del XVII secolo.
L’altare maggiore è costituito da una grande cornice architettonica in legno intagliata e verniciata,
sormontata da timpano spezzato, al centro del quale vi è una edicoletta che fa da cornice ad una tela
rettangolare raffigurante l’Eterno Padre, Ai lati della grande cornice sono altre due edicolette, che
sovrastano le due porte di accesso alla sagrestia. Si tratta di opera molto fine del XVIII secolo di
attribuiti a Giuseppe Russo che rappresentano S. Barbara e S. Caterina d’Alessandria, in cui i singoli
elementi si sottomettono ad una volontà equilibratrice che conferisce all’insieme una decorosa
monumentalità.
232 Dipinto del XVIII (1776) attribuito a Giuseppe Russo. Raffigura in alto fra angeli, Cristo e la Vergine
seduti sulle nubi in atto di accogliere S. Francesco. In basso cinque figure di Santi Francescani, fra
cui S. Chiara, S. Giuseppe da Leonessa, S. Fedele da Sigmaringa.
233 Opere della fine del XVIII secolo di Giuseppe Russo.
234 P. Giuseppe nacque a Tortorici il 29 settembre 1824 da Carmelo Paterniti Serra e da Sebastiana
Arcodia e gli fu imposto il nome di Gaetano che, entrando in convento cambiò con quello di
Giuseppe.
Entrò in Noviziato a S. Marco D’Alunzio e compì gli studi filosofici e teologici a Gibilmanna.
Ordinato Sacerdote, fu mandato a S. Marco come Maestro dei Novizi, dove morì il 27 novembre
1886. La gente lo chiamava “il Padre”, i confratelli “Padre Maestro”: Padre dei poveri, delle anime,
di tutti. Morì in fama di santità e dopo trent’anni dalla morte, il 26 agosto 1917, le sue spoglie
mortali furono esumate dal cimitero comunale e trasportate con grande tripudio del popolo nella
Chiesa del convento.
235 Tela dipinta ad olio della fine del XVIII sec., opera di Giuseppe Russo
236 Tela dipinta ad olio del XIX secolo di autore ignoto.
237 Tela dipinta ad olio della fine del XVIII secolo, opera di Giuseppe Russo.
I Santi francescani sono: S. Felice da Cantalice, B. Bernardo da Corleone e altri Santi francescani.
238 Archivio Parrocchiale S. Marco d’Alunzio
Le Chiese di San Marco d’Alunzio 163
239 A. Meli, op. cit,. p. 269: ...Come si comprende dalli due piedistalli, uno quadrato scorniciato di
sotto e sopra, e l’altro scannellato, che sono gettati in quel piano e corrispondono agl’altri piedistalli
d’idoli scritti e non scritti da me espressati alla deca prima. Par. 2 e 3.”
240 Domenico Ryolo, S. MARCO D’ALUNZIO, Ed. Rotary Club S. Agata Militello, Tip. Ind. Polgr.
243 Archivio Parrocchiale, Chiesa della Provvidenza: ISTITUTO DEI PRETI CONVIVENTI.
244 Tela dipinta ad olio del secolo XVIII.
Le Chiese di San Marco d’Alunzio 171
172 San Marco d’Alunzio “pagine d’archivio”
Chiesa
MADONNA DELLA CATENA
245 Oggi si trova nel Museo di arte sacra nella Chiesa di S. Giuseppe. Opera di autore ignoto del XVIII
secolo. Fu comprata da Don Nicolò Muglia.
246 Documento Archivio Parrocchiale.
Le Chiese di San Marco d’Alunzio 173
vengono nominati tre frati eremiti nella Chiesa della Catena: Fra Francesco
morto a 55 anni il 4 luglio 1745, frate Cristoforo Rizzo morto il 18 marzo 1763
all’età di 70 anni e fra Domenico morto a 47 anni il 17 ottobre 1768. Tutti furono
sepolti nella Chiesa Madre.
La devozione verso la Madonna della Catena è stata sempre viva nel popolo ed
il fatto che fra le tante Chiese di campagna sia rimasta solo questa è indice della
ininterrotta devozione degli aluntini e dei frazzanesi verso Maria.
La tradizione vuole che la festa che si celebra l’ultima domenica di settembre:
“veniva allietata da giochi e divertimenti popolari e si finiva sempre con sbornie,
come del resto tutte le feste di campagna.
Circa l’anno 1880, questo contorno esteriore cominciò a venir meno, ma non
venne meno la pietà, anzi dal 1925 ogni anno in occasione della festa si notava
il bisogno d’ingrandire la Chiesa resasi troppo angusta per contenere paesani e
forestieri”.247
Per la festa del 1940 alcuni fedeli248 pensarono di ingrandirla e ricostruirla.
I lavori iniziarono il lunedì di Pasqua (14.4.1941); il solo cappellone costò
£.8000. Durante la riedificazione una fedele, Maria Scaravilli, donò la statua
della Madonna della Catena, comprata a Lecce.
“La quale, giunta, non si portò subito alla sua chiesetta perchè in costruzione,
ed anche perchè il popolo volle esplodere il suo affetto tenendola parecchi giorni
nella Chiesa Madre sotto un improvvisato baldacchino.
Com’era bello pregare e veder pregare davanti a questa Immagine! Tutti pel
suo altarino improvvisato avevano olio per la lampada, tutti avevano ceri per
accenderne, tutti fiori per adornarlo! Si affezionò tanto la popolazione che si
mise in giro la proposta di lasciarla sempre qui; essa era una stonatura, ma era
la rivelazione dell’amante che sempre vuole stare vicino alla persona amata.
Un triduo mattinale, 26-27-28 settembre si fece nella Chiesa Madre predicato
dal Rev. Sac. Meli Carlo e poi alle ore 8 del 28 settembre si fece il trasporto della
statua dalla Chiesa Madre alla propria.
Per la guerra che l’Italia combatte contro l’Inghilterra, la nostra Sicilia viene
dichiarata zona di operazione, perciò, a precauzione, fra l’altro, sono proibite
le processioni, le musiche, ecc.; ma se manca la sfilata delle Confraternite, le
musiche, non manca nè popolo, nè armonia di campane, di canti, di inni a Maria
della Catena.
La processione fu un’apoteosi. L’arciprete alla partenza disse parole veramente
commoventi. Così al monastero Maggiore dove la processione sostò, così al fiume
Zirì prima di cominciare la salita. Per la via era poetico, cristianamente poetico
il taglio dei rami di alberi che potevano ostacolare il passaggio libero alla Gran
Signora: nel suo piccolo richiamavano alla mente l’ingresso dei Cesari a Roma,
di Gesù a Gerusalemme.
Il punto culminante fu l’arrivo della statua nel piano della Chiesa, dove restando,
l’arciprete parlò del giubilo che dovettero provare le ossa del Beneficiale D.
Antonio Proto. Additò a Maria la sua abitazione, disse che quante erano le pietre,
tanti i cuori, incoraggiò la commissione al lavoro anche sacrificandosi, invitò il
popolo a concorrere generosamente promettendo che Maria non si lascia mai
vincere in generosità e che è sua abitudine rendere molto anche quel poco che
per essa viene a farsi.
La Messa solenne alternata venne cantata dall’Azione Cattolica di Frazzanò e di
questa di S. Marco; venne celebrata dal Rev. P. Guardiano dei Cappuccini.
Seduto sull’erba, all’ombra delle querce, il popolo svuotò il cestino appositamente
preparato e circa le ore 16 si fece il saluto a Maria; parlò il Rev. Guarnera e si
chiuse con la Benedizione della Reliquia.
Si ritornava melanconici: se è brutto sempre il distacco, riesce più brutto
distaccarsi dalla Madre Celeste.”249
Nel 1945, terminata la guerra i reduci vollero festeggiare solennemente la
Madonna e da quell’anno si portò in paese per dare la gioia a tutti di pregare la
vergine della Catena.
Chiesa
MADONNA DELLA NATIVITà (CASILE)
Ubicata nel centro del paese lungo la Via Rebiba, è a una sola navata con soffitto in
legno; è stata recentemente restaurata . La struttura è di stile normanno-bizantino,
di cui si osserva il bel finestrone murato nel prospetto settentrionale250.
Era oratorio della Confraternita della SS. Trinità.
Oggi è chiusa al culto. Al suo interno contiene un lapidarium di archeologia
medievale.
Era sede della Confraternita della SS. Trinità.
250 In molti documenti parrocchiali viene citata la Chiesa “S. Maria di Viseli”.
176 San Marco d’Alunzio “pagine d’archivio”
Chiesa DI S. GIOVANNI
251 Il quadro è del XVII secolo ed è della scuola dello zoppo di Gangi (Giuseppe Salerno).
Il quadro è dominato dalla figura del Battista in piedi con uno sfondo paesistico nel quale sono
ambientate due storie concernente la vita del Precursore: Predica alla folla, e Battesimo di Gesù;
altre quattro storie sono dipinte su due dadi negli angoli inferiori del dipinto: Natività del Battista,
scena della vita del Santo, Decapitazione e presentazione della testa ad Erode. Ogni storia reca la
relativa didascalia; in basso al centro, la data 1600.
Le Chiese di San Marco d’Alunzio 177
La Chiesa viene aperta al culto il 24 giugno in occasione della festa del Santo.
A questa ricorrenza è legata una particolare tradizione che ancora oggi per
particolari aspetti si vive, anche se in forma più semplice.
In questo giorno una persona, generalmente una donna, sceglie un’altra persona
con la quale stringere la “Comparanza”. Nel pomeriggio invia con una o più
amiche, spesso anche accompagnate dal suono di chitarre o di mandolini “u
mazzu” (un bouquet di fiori) a colei o colui che aveva scelto come “comare o
compare”; assieme ai fiori vi era un cesto ripieno di oggetti vari.
La controparte, per dimostrare che accettava la “cummaranza o cumparanza”
o meglio “u Sanciuvanni”, il 29 giugno, festa dei SS. Pietro e Paolo, prima del
tramonto, ricambiava le attenzioni facendo altrettanto.
Una volta celebrato il rito con le modalità succennate, lo stesso non poteva venire
profanato da incomprensioni varie o litigi, poichè un’antica credenza sostiene
che “Sanciuvannuzzu mannava u focu e bruciava”.
Diversi erano inoltre i contesti in cui ciò avveniva: si racconta ad esempio che
durante il tempo della mietitura del grano, invece di un mazzo di fiori si portava
un mazzo di spighe con fiori campestri.
Particolare originale era “u sanciuvanni di carusi” che si svolgeva in maniera
molto semplice anche durante il gioco: le due bambine o bambini incrociavano i
“cinciriddi” (Mignoli), poi ciascuno staccava un filo di capello e soffiandovi sopra
diceva “Cummari, unni va stu filu di capiddu?” e l’altra rispondeva “a mari” e
poi insieme dicevano “Filu ri capiddu vattinni a mari, chi nni ficimu cummari.
Cummari siemu e cummari arristamu, quannu vieni a muorti nni spartiemu”.
178 San Marco d’Alunzio “pagine d’archivio”
La Chiesa, che si trova in Via Scipione Rebiba, fu costruita sui resti di un’altra
intitolata a S. Caterina, nel 1685 e fu benedetta da Mons. Francesco Pipiarci
Arcivescovo di Messina.
La Chiesa venne chiamata “Chiesa di Maria SS.ma degli Agonizzanti” detta
comunemente “Gesù e Maria”.
La festa della Madonna degli agonizzanti veniva celebrata il 25 ottobre di ogni
anno.
In questa Chiesa si veneravano le Anime del Purgatorio252.
Nel 1711 il rev. Sac. D. Giuseppe Zito, vero servo di Dio, pensò di fondare
l’opera degli agonizzanti coll’obbligo di pagare a quelli che si associavano grana
quattro, ovvero due al mese.
Alla loro morte, se pagavano grana 4 avevano n. 40 messe, se pagavano grana 2
n. 20 messe.
Quest’opera aveva l’obbligo di fare per gli iscritti e specialmente per gli
agonizzanti l’esposizione del SS.mo Sacramento ogni mese, celebrare due messe
e ogni anno le quarant’ore. Questa opera fu approvata da Mons. Migliaccio253.
Il 30 aprile 1891 il Vescovo di Patti Mons. Giovanni Privitera, in corso di Sacra
Visita, decreta la chiusura della Chiesa “Visto lo stato misero e lagrimevole in
cui trovasi oggi ridotto il fabbricato, Decretiamo che detta Chiesa sia colpita da
interdetto: talchè sin da ora dovrà tenersi chiusa al culto.”
Oggi è chiusa al culto ed è adibita ad oratorio.
252 Il27 settembre 1672 Don Giuseppe Ciambri fondò in questa Chiesa l’unione della misericordia
aggregata all’Unione del Miseremini di Palermo, fondata nella Chiesa di S. Matteo del Cassero.
253 Documento Archivio Parrocchiale
Le Chiese di San Marco d’Alunzio 179
180 San Marco d’Alunzio “pagine d’archivio”
Fu edificata intorno al 1200. Alla fine del ‘500 era molto danneggiata e nel 1610
veniva ricostruita a spese di Mastro Melchiorre Cimino che ne ottenne lo “jus
patronatus”. Nel 1710 queste Chiesa cadde nuovamente in rovina: in seguito fu
affidata al beneficiale Don Mario Meli che la riedificò e costituì l’Oratorio della
Compagnia del SS. Nome di Gesù, fondata nella parrocchia del SS. Salvatore nel
1597.
Negli anni ottanta la Chiesa crollò parzialmente e fu consolidata per la parte
rimasta ad opera della Soprintendenza dei Beni Culturali.
Nella cappella centrale vi sono segni di affreschi tardomedievali. Sull’altare
Maggiore si trovava il quadro di Tutti i Santi che adesso è posto in una cappella
della Chiesa Madre.
In questa Chiesa aveva sede la Compagnia del SS. Nome di Gesù:
“Cognizione della fondazione di questa Venerabile Compagnia del SS. Nome
di Gesù fondata nella Venerabile Parrocchiale del SS. Salvatore.
In questa città esiste una Chiesa detta di tutti i Santi la quale è antichissima
come appare dalla foggia del Cappellonetto. Di essa all’uso antico, ne costa la
sua fondazione, solamente si ritrova che nel 1610 era distrutta e fu rifabbricata a
spesa di Mastro Melchiorre Cimino che ne ottenne il jus patronatus, anzi teste..
Giovanni Vincenzo Di Marco di questa sotto li 22 febbraio 8 indizione 1610
istituì predetta Venerabile la detta Chiesa, ed in quella ordinò un beneficio
di Messa nella somma di onze 8. Anniversari da celebrarsi presbitero Don
Pietro Calderone colla facoltà di eliggere altro Cappellano successore e così
successivamente; col di più che tutto il resto delle sue rendite si dovesse impiega
questa Chiesa in ogni anno.
Nell’anno 1710 questa Chiesa si distrusse di nuovo in tempo che la godeva a
Beneficiale il Sacerdote Don Gerolamo Lo Presti il quale elesse Beneficiale al
Reverendo Don Mario Antonino Meli colla condizione di doverla rifabbricare
siccome fu rifabbricata. Le rendite di questa Beneficiale al presente sono
ridotte in sacchi 40 di fronda con la quale sono celebrati messe e qualche cosa
s’impiegano per la Chiesa giusta l’intenzione del fondatore. Or questa, siccome
queste terre, si hanno per dato questa Chiesa resta in mano di nessuno, quindi si è
pensata di cedersi ai Confratelli del SS. Nome di Gesù per ordine di Monsignore
Arciprete Di Marco li 19 luglio 1627 e di tal tempo la posseggono detti Confrati
Le Chiese di San Marco d’Alunzio 181
con l’obbligo della manutenzione della stessa. Di questi beni, che appartengono
a detta Chiesa non si è potuto trovare cognizione delle scritture. Si dice per
tradizione che questo fondo esisteva in questa marina; dirimpetto alla casa sul
fondo dei SS. Questo alberato di fonda ed altro in contrada favara ed esiste
pochissima idea di detto fondo perché fu distrutto dal fiume.”
182 San Marco d’Alunzio “pagine d’archivio”
Le Chiese di San Marco d’Alunzio 183
Chiesa DEI
SANTI QUATTRO DOTTORI
254 Domenico Ryolo, S. MARCO D’ALUNZIO, Ed. Rotary Club S. Agata Militello, Tip. Ind. Poligr.
Della Sicilia, Messina 1980, p. 43
184 San Marco d’Alunzio “pagine d’archivio”
L’altare centrale è sorretto da una colonna quadrata che si innalza da uno zoccolo
visto in prospettiva. I quattro santi sono rappresentati col capo riverente e con
le mani che tengono un rotolo con delle iscrizioni greche tratte dalla liturgia
bizantina.
Il Kislinger li data intorno al 1100.255
Attualmente questa Chiesa è inglobata nel Monastero di S. Teodoro, oggi sede
del Museo della Cultura e delle Arti Figurative Bizantine e Normanne.
Chiesa BASILIANA
DEL SALVATORE
I ruderi della Chiesa normanna del Salvatore sorgono accanto alla Badia Grande
e sono i resti dell’antica cappella del Monastero Benedettino. Fu edificata dalla
Regina Margherita, moglie di Guglielmo I, come Chiesa annessa al monastero.
Essa, intorno al 1713, fu trasformata, inglobando la “Protesi” nella sagrestia
della nuova Chiesa, ricavando nell’abside maggiore una scala d’accesso al piano
superiore e il parlatorio delle suore.256. La struttura presenta una muratura mista
di mattoni e pietra.
Oggi rimangono le tre absidi, restaurate e col ripristino dell’originario
paramento.
Su di essa hanno scritto diversi autori ed è stata scoperta dal Salinas e rivisitata
nel 1912 dal Valenti il quale ne fa una dettagliata descrizione. Interessante
l’articolo di Camillo Filangeri “Appunti e testimonianze di Tempo Medievale
per San Marco D’Alunzio”257.
CHIESE
NON PIù ESISTENTI
Meli, come si legge nell’atto del notaio Paolino Mannuccio del 20 ottobre
1710. Fu benedetta il 26 aprile 1712.265
9 Chiesa DI S. ANNA
Fu fondata dal dottor Filippo Di Marco medico in contrada Malagò nella sua
proprietà, come si legge nell’atto del notaio Francesco Ciambri di Frazzanò
del 23 febbraio 1690.266
10 Chiesa DI S. LUCIA
Questa Chiesa, nella omonima contrada della Marina, è antichissima e già
esisteva nei primi del 1500.267
11 Chiesa DI S. MARIA DEL SS.MO ROSARIO
Sita nella contrada Contura, fu edificata dal Rev. Don Lorenzo Calderone
proprietario del fondo verso la fine del XVII secolo.268
12 Chiesa DELLA MADONNA DEI SETTE DOLORI
Questa Chiesa fu fabbricata da don Stapino Greco come si legge nell’atto
del notaio Antonio Mannuccio dell’aprile 1755. Fu benedetta nel giugno del
1755.269
13 Chiesa DI S. TEODORO
Questa Chiesa era in contrada Favara ed era antichissima.270
dedicata ad Agatirno come dissi alla deca prima, f. 7, avvenga che esistono in detta Chiesa molti
marmi quadrati, oggi accomodati per predella dell’altare. Sono uno più grande dell’altro, alti palmi
uno, e sembrano che fossero stati piedistalli d’idolo in foggia di scalinata piramidale. Nel quadrato
marmo più piccolo si vede nel mezzo un rotondo in segno che vi posava una colonna; infatti in detta
Chiesa stando ancora della colonna la quale è scannellata, di diametro un palmo e mezzo e d’altezza
palmi tre, adesso risiede dietro la porta per uso dell’acqua benedetta, avendovi fatto un piccolo
concavo per trattenimento di detta acqua. In oltre nella porta di detta Chiesa vi esiste un marmo con
lettere greche da me rappresentate a f. 33, che spiegate significano Agatirno, a cui fu dedicata detta
Chiesa.
La succennata Chiesa di S. Lucia teneva la porta all’occidente, ed all’oriente eravi un cappellonetto
all’antica dove dentro non potea situarsi ne meno l’altare delle nostre chiese ma potea entrarvi in
suddetto idolo sopra un piccolo scabbello. Un tale cappellone fu disfabricato nel 1725 dal fu notar
Nicolò Gallotto, possessore di quel luogo ad assetto di farvi la porta all’oriente.
Per attestato poi del reverendo don Giuseppe Gallotto di cui l’intesi, costa che nel piano antico della
detta Chiesa vi fu di bisogno farvi il pedamento d’una loggia. Ed allora rinvenne detto reverendo
sacerdote il succennato marmo con detta iscrizione greca posto sotto terra circa tre palmi, ed ivi
vicino eravi un pezzo di cranio di gigante; lo che si comprendeva non solo per la sua grossezza ma
anche per la circonferenza che indicava.”
268 A. Meli, op. cit,. p. 259
269 A. Meli, op. cit,. p. 260
270 A. Meli, op. cit,.p. 260:” Questa venerabile Chiesa e li segni antichi del cappellonetto che in quella
esiste dona un manifesto segno ch’ella è antichissima. Io ne ho letto contratti sin dal secolo 1500
ch’ella esisteva, e la suppongo fondata dai primi cristiani di S. Marco se pur non volessimo credere
che sia stata Chiesa di gentili per essere molto simile a quella di S. Lucia. Imperocchè il cappellone
è cotanto angusto che non vi può entrare l’altare; segno visibile che in quell’angustezza v’era l’idolo,
avvenga che gl’altari dell’idoli come che non si celebrano se non che ufficj d’adorazione erano
Le Chiese di San Marco d’Alunzio 189
14 Chiesa DI S. ANTONIO
Chiesa in contrada Straci, fu fabbricata dal Rev. D. Paulo Corpina proprietario
delle case e della terra.271
15 Chiesa DI S. MICHELE
Fabbricata in contrada Traversa, questa Chiesa è degli inizi del XVI secolo e
fu edificata da Don Francesco Russo.272
16 Chiesa DI S. GIUSEPPE
Questa Chiesa fu fondata da Don Lorenzo Fragale nella sua proprietà in
contrada Magnanò nei primi anni del 1700.273
17 Chiesa DI S. NICOLO’
Fu fondata da Don Giuseppe Muglia nella sua proprietà in contrada
Muschighia.274
18 Chiesa S. PANTALEONE
Questa Chiesa era posta sotto il castello; infatti, negli atti antichi si legge
che sotto il castello si chiamava “Quartiere S. Pantaleo”. Il Meli sostiene
invece che la Chiesa S. Maria della Neve, esistente nel castello fosse un
tempo dedicata a S. Pantaleo.275
19 Chiesa S. CATERINA
Sorgeva al posto dell’attuale Chiesa di Gesù e Maria fino al 1686, anno in cui
venne demolita e fu riedificata dedicandola a Gesù e Maria.276
20 Chiesa S. LEONARDO
Era sita sotto la Chiesa del SS. Salvatore. Le sue rendite furono legate alla
Chiesa dell’Annunziata.277
21 Chiesa S. MICHELE ARCANGELO
Posta sotto la porta di S. Antonio, rimane attualmente la base di un muro.278
22 Chiesa S. ANDREA
Costruita nell’omonimo quartiere, sotto la Chiesa Madre. Era di jus patronatus
del clero del paese.279
Era già distrutta nel XVIII secolo; notizie della sua esistenza si ha in un atto
altezza di palmi 4 ed altri palmi 4 erano di longhezza, come se ne vede uno nella Chiesa della
Santissima Nunciata nell’altare laterale il quale fu accresciuto da una parte e l’altra ma restò visibile
l’antico altare dell’idolo. E nella Chiesa di S. Lucia della Marina si comprende lo stesso come a
suo foglio; e due se ne osservano di simil grandezza nella Chiesa di S. Maria della Neve sotto il
Castello.”
271 A. Meli, op. cit,. p. 260
272 A. Meli, op. cit,. p. 261
273 A. Meli, op. cit,. p. 261
274 A. Meli, op. cit,. p. 261
275 A. Meli, op. cit,. p. 261
276 A. Meli, op. cit,. p. 262
277 A. Meli, op. cit,. p. 261
278 A. Meli, op. cit,. p. 261
279 A. Meli, op. cit,. p. 261
190 San Marco d’Alunzio “pagine d’archivio”
del 5 aprile 1529 del Notaio Sebastiano Ferraloro con il quale l’Arciprete di
S. Marco Presti Nicolò Gallotto permuta alcune terre di questa Chiesa nella
contrada Ramici, per altre terre in contrada Riscifina.280
23 Chiesa S. PRASSEDE
Viene menzionata dal Pirri nelle notizie della cattedrale di Messina, tom.
Primo, not. 2, fogl. 319, il quale afferma che questa Chiesa fu donata al
monastero di Maniace da Mons. Nicolò I Arcivescovo di Messina, dietro
richiesta della regina Margherita nel 1178: “In S. Marco Ecclesiam novam
Sanctae Mariae et Ecclesiam S. Parasseuae”.281
24 Chiesa S. FELICE
Era uno dei monasteri Basiliani della Sicilia, fondato nel 1131.282
Era aggregato al monastero del SS. Salvatore di Messina
25 Chiesa S. NICOLO’
Questa Chiesa esisteva sotto la portella di Grilli verso S. Marco; nel XVIII
secolo erano visibili le mura ed il cappellone.283
26 Chiesa S. IPPOLITO
Esisteva nella contrada S. Ippolito, sopra Lanteri. Nel XVIII secolo si
vedevano le rovine.284
Sotto la Contrada S. Giovanni vi era la Fonte di S. Ippolito.
27 Chiesa S. GIOVANNI DELLA MARINA
Nel XVIII secolo si vedevano le mura ed era costruita nella contrada di S.
Giovanni alla Marina.285
28 Chiesa S. GIULIANO
Nel pianoro sotto il castello di Pietra di Roma, vicino il mare era edificata la
Chiesa di S. Giuliano che fu demolita dal Conte D. Giuseppe Filingeri nel
1710 perchè minacciava rovina. Era di diritto patronato dei Filingeri.286
Nel piano di questa Chiesa fino al XVII secolo una fiera di bestiame.
29 Chiesa S. PANCRAZIO DELLA MARINA
Era edificata vicino al ponte Zappulla dove nel XVIII secolo si vedevano le
mura. Aveva consistenti rendite.287
menzione a f. 60 ove appare esistente nel 1131. Io però confesso non saperne il luogo dove ella
esisteva. Solamente avendo discorso con un vecchio di cui ne pure me ne rigordo il nome, dissemi
che sopra il piano di Grilli eravi una Chiesa che se non errava era chiamata S. Felice.”
Lynn Townsend White, IL MONACHESIMO LATINO NELLA SICILIA NORMANNA, Ed. Dafne,
Catania 1984, p. 70
283 A. Meli, op. cit,. p. 263
284 A. Meli, op. cit,. p. 263
285 A. Meli, op. cit,. p. 263
286 A. Meli, op. cit,. p. 263
287 A. Meli, op. cit,. p. 263
Le Chiese di San Marco d’Alunzio 191
30 Chiesa S. SEBASTIANO
Esisteva questa Chiesa sopra il piano dello stinco, vicino alla fontana detta
“Gibbieddi”, nella costa che si chiama S. Sebastiano.288
Ancora oggi si vedono tracce di mura.
31 Chiesa S. MARINA
Esisteva nella omonima contrada dove si vedono ancora i segni della
costruzione.289 I muri perimetrali sono costruiti con blocchi di marmo
squadrati, segno questo che questa Chiesa fu edificata sulle rovine di una
costruzione preesistente, forse un tempio pagano. Ciò si deduce anche dalla
presenza in questa zona di molte tombe del periodo greco e romano e da altri
ritrovamenti archeologici.
32 Chiesa S. GIORGIO
Era fabbricata nella contrada S. Giorgio, dietro il convento dei
Cappuccini.290
33 Chiesa S. VENERA
Esisteva nella contrada S. Venera e nel XVIII secolo vi erano ancora segni
della costruzione.291
34 Chiesa S. SERGIO
Esisteva nella contrada chiamata S. Sergio.292
35 Chiesa S. BIAGIO
Era sita in contrada Lanteri ed è stata edificata nel XVIII secolo.
36 Chiesa S. BASILIO
37 Chiesa S. VITO
38 Chiesa S. LEONE
39 Chiesa S. DOMENICA
40 Chiesa S. BARBARA
Vicino S. Marco esisteva un monastero basiliano, fondato nel 1109 e chiamato
S. Barbaro293
Nelle decime degli anni 1308-1310 viene detto che Frate Odoardo dell’ordine
dei predicatori, pro rettore delle chiese di S. Nicola e S. Barbara della terra di
S. Marco pagava tarì 3.294
41 Chiesa S. MARIA DI GIUDA
Giorgio”.
291 A. Meli, op. cit,. p. 264
292 A. Meli, op. cit,. p. 264
293 Lynn Townsend White, op. cit., p. 70
294 Pietro Sella, RATIONES DECIMARUM ITALIAE NEI SECOLI XIII E XIV-SICILIA, Città del
46 SAN TALLALEO
Monastero che si ritiene sorto a nord-ovest dell’abitato di S. Marco nella
contrada oggi detta di S. Leo, confinante con la contrada Gistola; era metochio
di S. Filippo di Fragalà.
47 S. MARIA DI GISTOLA
Nel Registro dei conti della Chiesa SS. Salvatore si legge: La Chiesa del SS.
Salvatore possiede un pezzo di terre nella contrada di Gistola, confinante con
le terre del S. Conte, vicino la Chiesa S. Maria di Gistola, via Pubblica.”301
Esistono ancora oggi, a detta di anziani, alcuni ruderi della Chiesa.
Racconta la leggenda che sul monte Asa vi era un castello abitato da una
bellissima regina; ogni domenica si recava a Messa in contrada Gistola, dove
esisteva una Chiesa e Gistola confina con S. Leo.
Archivio fotografico
ANGOLI TIPICI
196 San Marco d’Alunzio “pagine d’archivio”
Archivio fotografico 197
198 San Marco d’Alunzio “pagine d’archivio”
Archivio fotografico 199
LE SCUOLE
200 San Marco d’Alunzio “pagine d’archivio”
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202 San Marco d’Alunzio “pagine d’archivio”
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204 San Marco d’Alunzio “pagine d’archivio”
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206 San Marco d’Alunzio “pagine d’archivio”
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208 San Marco d’Alunzio “pagine d’archivio”
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210 San Marco d’Alunzio “pagine d’archivio”
Archivio fotografico 211
212 San Marco d’Alunzio “pagine d’archivio”
Archivio fotografico 213
214 San Marco d’Alunzio “pagine d’archivio”
Archivio fotografico 215
BATTESIMI
216 San Marco d’Alunzio “pagine d’archivio”
PRIME COMUNIONI
Archivio fotografico 217
218 San Marco d’Alunzio “pagine d’archivio”
Archivio fotografico 219
220 San Marco d’Alunzio “pagine d’archivio”
Archivio fotografico 221
222 San Marco d’Alunzio “pagine d’archivio”
Archivio fotografico 223
224 San Marco d’Alunzio “pagine d’archivio”
Archivio fotografico 225
MATRIMONI
226 San Marco d’Alunzio “pagine d’archivio”
Archivio fotografico 227
228 San Marco d’Alunzio “pagine d’archivio”
Archivio fotografico 229
FESTE
230 San Marco d’Alunzio “pagine d’archivio”
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232 San Marco d’Alunzio “pagine d’archivio”
Archivio fotografico 233
234 San Marco d’Alunzio “pagine d’archivio”
FRAMMENTI DI VITA
Archivio fotografico 235
236 San Marco d’Alunzio “pagine d’archivio”
Archivio fotografico 237
238 San Marco d’Alunzio “pagine d’archivio”
Archivio fotografico 239
240 San Marco d’Alunzio “pagine d’archivio”
Archivio fotografico 241
242 San Marco d’Alunzio “pagine d’archivio”
Archivio fotografico 243
244 San Marco d’Alunzio “pagine d’archivio”
Archivio fotografico 245
246 San Marco d’Alunzio “pagine d’archivio”
Archivio fotografico 247
248 San Marco d’Alunzio “pagine d’archivio”
249
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NEL TERRITORIO DI S. MARCO D’ALUNZIO: IL CODICE VATICANUS
GRAECUS 2032 (S. XVI), Ed. Rotary Club di S. Agata Militello, 1999.
67. La Rosa Mario, LE CARATTERISTICHE STRUTTURALI DELL’ECONOMIA
AGRICOLA IN S. MARCO D’ALUNZIO, Tesi di laurea, Anno Accademico
Catania 1995/96.
68. Lagumina B. ISCRIZIONE EBRAICA DI S. MARCO D’ALUNZIO, a cura
252 San Marco d’Alunzio “pagine d’archivio”
INDICE
Presentazione . . . . . . . . . . . . . . . . . . . pag. 5
Notizie storiche . . . . . . . . . . . . . . . . . . “ 7
I castelli . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . “ 37
I terremoti a S. Marco . . . . . . . . . . . . . . . . “ 41
La comunità Greca . . . . . . . . . . . . . . . . . “ 53
Le Parrocchie di S. Marco . . . . . . . . . . . . . . . “ 57
La toponomastica . . . . . . . . . . . . . . . . . . “ 67
Le confraternite . . . . . . . . . . . . . . . . . . “ 71
Appunti di cronaca . . . . . . . . . . . . . . . . . “ 79
Lotta per l’autonomia . . . . . . . . . . . . . . . . “ 85
Le Chiese di San Marco d’Alunzio
Chiesa Madre di S. Nicolò . . . . . . . . . . . . . “ 95
Chiesa dell’Aracoeli . . . . . . . . . . . . . . . “ 106
Chiesa del SS. Salvatore . . . . . . . . . . . . . “ 122
Chiesa di S. Giuseppe . . . . . . . . . . . . . . “ 126
Chiesa di S. Maria dei Poveri . . . . . . . . . . . . “ 130
Chiesa di S. Salvatore (Badia Grande) . . . . . . . . . “ 132
Chiesa di S. Teodoro (Badia Piccola) . . . . . . . . . “ 140
Chiesa di S. Antonio . . . . . . . . . . . . . . . “ 143
Chiesa di S. Marco . . . . . . . . . . . . . . . “ 145
Chiesa dei Santi Quaranta Martiri . . . . . . . . . . “ 147
Chiesa di S. Basilio . . . . . . . . . . . . . . . “ 149
Chiesa della Madonna delle Grazie . . . . . . . . . . “ 157
Chiesa di S. Maria degli Angeli . . . . . . . . . . . “ 161
Chiesa della SS. Annunziata . . . . . . . . . . . . “ 166
Chiesa della Provvidenza . . . . . . . . . . . . . “ 169
Chiesa della Madonna della Catena . . . . . . . . . . “ 172
Chiesa della Madonna della Natività (Casile) . . . . . . . “ 175
Chiesa di S. Giovanni . . . . . . . . . . . . . . “ 176
Chiesa di Gesù e Maria . . . . . . . . . . . . . . “ 178
Chiesa di Tutti i Santi . . . . . . . . . . . . . . “ 180
Chiesa dei Santi Quattro Dottori . . . . . . . . . . . “ 183
Chiesa Basiliana del Salvatore . . . . . . . . . . . “ 185
Chiese non più esistenti . . . . . . . . . . . . . . “ 187
Archivio Fotografico . . . . . . . . . . . . . . . . “ 195
Bibliografia . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . “ 249
Finito di stampare
nel mese di Aprile 2008
presso le
Arti Grafiche Zuccarello
Sant’Agata Militello (ME)