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SAC.

SALVATORE MIRACOLA

SAN MARCO D’ALUNZIO


(Pagine d’Archivio)

Circolo ANSPI Demenna


San Marco d’Alunzio
SAC. SALVATORE MIRACOLA

SAN MARCO D’ALUNZIO


(Pagine d’Archivio)

Seconda edizione riveduta e corretta


Circolo ANSPI “Demenna”
San Marco d’Alunzio
In copertina:
Veduta di San Marco, in una stampa del 1620,
disegno di Jaques Callot. Kalós n. 4, Ott.-Dic. 2000.
Retro copertina:
Tolomeo Claudio, Sicilia Isola in Septe Giornate della Geographia
a cura di Francesco Berlinghieri

Impaginazione, Grafica e Stampa:


Arti Grafiche Zuccarello - Sant’Agata Militello
Tel. 0941.703177 - info@zuccarelloag.it

© 2008
Tutti i diritti sono riservati a norma di legge,
è vietata qualsiasi riproduzione anche parziale,
senza l’autorizzazione scritta dell’autore.
Questo lavoro
è un atto di amore
verso questo
meraviglioso paese
ricco di arte e di storia.
Un grazie a chi mi è stato di aiuto.
5

Comune di
San Marco d’Alunzio

è difficile, se non addirittura raro, trovare un paesino come San Marco


d’Alunzio che, pur occupando una superficie di circa 2.610 ettari, custodisce un
gran numero di chiese e monumenti.
Di origini pre-greche, San Marco d’Alunzio, sorge sulla cima di una rotonda
collina che domina la pianura sottostante raccogliendone il profumo di zagara
degli agrumeti lì coltivati e dall’alto della sua sommità, affonda lo sguardo fino
alle isole Eolie: sicuramente per questa posizione, rimasta immutata nei secoli, a
San Marco d’Alunzio si sono alternati vari popoli che hanno sempre arricchito il
suo patrimonio archeologico – monumentale.
Tuttavia, i maestosi monumenti e le chiese, i pregevoli affreschi ed i raffinati
decori, non potevano sopravvivere all’incedere del tempo se gli aluntini, con
l’attaccamento alle origini che li contraddistingue, non avessero avuto l’orgoglio
e la tenacia di conservare e tramandare ai posteri tale immenso patrimonio.
Il primo aluntino che ha messo su carta usi, costumi e tradizioni del luogo,
è stato don Antonino Meli che con il suo manoscritto del 1745 “Historia antica
e moderna della città di San Marco”, ha descritto le chiese, i monumenti e le
abitudini di quell’epoca a San Marco d’Alunzio.
Negli anni novanta, l’Arciprete don Salvatore Miracola, ha dato inizio ad
una intensa attività di recupero, salvaguardia, tutela e valorizzazione dei beni
culturali e, grazie ad un minuzioso lavoro di pulitura e restauro dei paramenti
sacri e degli argenti liturgici presenti, nonchè dei manoscritti conservati negli
6

archivi parrocchiali, ha potuto allestire e rendere fruibile il Museo Parrocchiale.


Padre Miracola durante questi anni di permanenza a San Marco d’Alunzio, si è
prodigato nel ricercare reperti e fonti che testimoniassero l’antico splendore di questa
nostra cittadina, sia dal punto di vista storico che da quello etno-antropologico,
lavoro concretizzatosi nella pubblicazione di numerosi volumi ed opuscoli che
raccontano la storia e raccolgono tradizioni, canti, novene e riti religiosi degli
aluntini che, altrimenti, sarebbero andati perduti.
Un grazie quindi a don Salvatore Miracola che con il suo paziente lavoro,
tenendo vivo il ricordo di quell’antica città che fu baluardo inespugnabile e centro
fiorente di cultura, permette al passato di continuare a vivere accanto al presente.

Il Sindaco L’Assessore ai Beni Culturali Il Presidente del Consiglio


Dr. Amedeo Arcodia Dr. Antonio Mileti Prof. Amedeo Sansiveri
7

NOTIZIE STORICHE

Su un colle prospiciente il mare è posto l’odierno abitato di S. Marco d’Alunzio,


a 540 metri di altezza.
In epoca greca si chiamava Αλοντιον, in epoca Romana Aluntium1; i Bizantini
Demenna2 e i Normanni gli imposero il nome di S. Marco3.
Il 30 luglio 1862 il Consiglio Comunale di S. Marco deliberò di aggiungere
“Alunzio”, in ricordo delle sue antiche origini.
Copia della deliberazione fu inviata al Ministero degli Interni affinché il Ministro
proponesse l’aggiunta onomastica al Re, il quale, con Regio Decreto del 26
ottobre 1862 n. 955, autorizzò “il comune di S. Marco (Messina) ad assumere la
denominazione di S. Marco di Alfonsio in conformità alla deliberazione di quel
Consiglio Comunale delli 30 Luglio ultimo.”
Per una svista quindi, per ben cinque anni questo comune si chiamò “S. Marco
di Alfonsio”. Il 10 novembre 1867, il Regio Decreto n. 4049 corresse l’errore
restituendo l’originaria denominazione di “S. Marco d’Alunzio”.
La millenaria autonomia di questo paese si interruppe dal 1929 al 1932 quando
per quattro anni fu aggregato a S. Agata Militello.
L’etimologia di Alunzio si vuole fare derivare dalla voce ebraica Aloth o da quella
Fenicia Aluth4 le quali entrambi significano la stessa cosa, cioè Luogo eminente.
Il Fazello5, autore nel 1574 della prima moderna “Storia di Sicilia” così descrive
S. Marco:
“...sèguita la bocca del fiume Cida, secondo Tolomeo, il qual è chiamato oggi
Rosmarino, per la gran copia di rosmarini che nascono appresso, e nasce nei
monti Montisori. Segue poi una campagna, la qual oggi si chiama <la pianura>
o vero il pian di San Marco, la quale è amenissima e piena d’ogni sorte di
frutti e di fontane, a cui soprastà il castel di S. Marco, posto nel colle lontano
1 Per la bibliografia su - Haluntium vedi F. Bianco, NOTE SU DUE MONETE D’ORO RINVENUTE
A S. MARCO D’ALUNZIO (ME), IN Jahrbuch der osterreichischen Byzantinistik, Wien 1996, p. 1,
nota 2.
2 E. Kislinger, Monumenti e testismonianze greco-bizantine di S. MArco d’Alunzio (ME), Ed. Rotary
Club S.Agata di Militello, 1995, p. 12 e bibliografia ivi inclusa.
3 Storia de Normanni di Amato di Montecassino, Roma 1935, p. 244-245 in particolare.
4 Samuele Bocharto, Sacrae pars prior phaleg seu de dispersione gentium et terrarum. Cadomi anno
M.DC.LI. vedi anche G. A. Massa, LA SICILIA IN PROSPETTIVA, Studio Ed. Insubria, Palermo
1709, p. 12.
5 Tommaso Fazello, DELLA STORIA DI SICILIA, Ed. Elefante, Catania, p. 533
8 San Marco d’Alunzio “pagine d’archivio”

dalla pianura e dal mare tre miglia, il quale ha preso questo nome dalla Chiesa
antichissima di San Marco, ch’è posta poco di sotto, ed ha titolo di contea, e vi
si vedono le reliquie di molte rovine.
Nella sua rocca, la qual è posta sopra una rupe, ritrovai in una sagrestia una
pietra di marmo, dove erano scolpite queste lettere latine: LIVIAE AUGUSTI
DAE MUNICIPIUM.
Restano ancor oggi certe reliquie delle rovine d’un certo aquedotto di ghiara
e di mattoni, per il qual si conduceva l’acqua nella terra, per esser ella
povera d’acqua, dal fonte Favarotta, lontan due miglia verso mezzogiorno.
... Fuor delle mura di questa terra, un tratto di fromba verso levante, è un
monastero di monache dell’ordine di San Benedetto, chiamato San Salvadore, il
quale fu edificato da Margherita Regina di Sicilia, ed è oggi molto religioso, ed al
mio tempo è ornata questa terra dal Cardinal Scipion Ribiba, uomo illustrissimo.
Nel medesimo paese e nella medesima pianura è una fortezza che a Roma si
chiama <la Petra> e poi segue il fiume Fitaglia.”

ORIGINE DEL PAESE

La sua origine si perde nella memoria dei tempi.


La leggenda che ci è stata restituita da Dionigi di Alicarnasso6, storico romano
operante nel primo secolo A.C., così riporta:
“Da Butrinto tragittasi il Ionio: presi alcuni piloti per condottieri che gli si
unirono a compagni, ed anche Patron Turio coi suoi; molti di questi ritornarono
indietro donde erano venuti poichè l’esercito pervenne in salvamento in Italia;
ma Patron fu persuaso da Enea affinchè gisse con gente a formare una colonia,
alcuni dei suoi compagni rimasero nella flotta; scrivono taluni avere fermato il
loro soggiorno in Alunzio città della Sicilia”.
In memoria di questo servigio i Romani in seguito concessero Leucade e
Anactorio, che avevano sottratto ai Corinzi, agli Acarnani; e quando questi ultimi
chiesero di riportare gli Eniadi nella loro vecchia sede, diedero loro la possibilità
di farlo, e anche di godere il prodotto delle Echinadi insieme con gli Etoli.
Emmanuele La Monaca in una sua opera7 così scrive:
“Da’ Sicani; occupata poi, ed ingrandita da Patrone di nazione Turio compagno
di Enea, verso l’anno 1179 avanti G. Cristo, ed anni 428 prima della fondazione
di Roma. L’etimologia di Aluntium si vuole o nella voce ebrea Aloth, o nella
6 Dion.Hal. I 51,2. Sull’origine di Alunzio si veda anche Oscar Bruno in ARCH. STOR. SIC., III,
14, (1963) PP. 81-157. La traduzione del passo di Dionigi stà in Vito Amico, “DIZIONARIO
TOPOGRAFICO DELLA SICILIA, vol. 2, trad. di G. Di Marzo, Palermo 1855, I, p. 90 .
7 Emmanuele La Monaca, Città antiche di Sicilia ed autori che ne fanno menzione, Catania 1849,

p. 12
Notizie Storiche 9

fenicia Aluth, che significano la stessa cosa, cioè luogo eminente: Locchè si
verificava di questa città, la quale era edificata sulla eminenza di una collina,
come abbiamo da Cicerone8, il quale scrisse, cum Aluntium venisset, quod erat
ascensu difficile.”
L’attuale cittadina conserva ancora oggi testimonianze dei popoli che si sono
succeduti nel corso dei secoli: Greci, Romani, Bizantini, Arabi, Normanni, etc.

PERIODO GRECO

Poche notizie si hanno di questo periodo. Batteva moneta9 già alla fine del V
secolo a.C. e in età romana aveva una fiorente attività ginnica, come attestato da
qualche iscrizione.
Oggi testimonianze residue di questo periodo sono il tempio di Eracle (cosidetto
d’Ercole) e qualche tratto della cinta muraria.
Sono state rinvenute anche tombe di epoca greco-romana in piazza Gebbia10,
databili tra la fine del IV e la metà del III secolo A.C.; altra necropoli è stata
rinvenuta in contrada S. Marina11.
In Alontion - Haluntium era attiva una zecca che ha battuto numerose serie
monetali in bronzo. La monetazione12 di questa città può essere suddivisa in due
periodi, quello greco che va dal 406 a.C. al 250 a.C. circa, quando è presumibile
che gli Aluntini seguendo l’esempio della vicina Halaesa Arconidea siano passati
dalla parte dei romani, è quello per l’appunto di età romana, che va da questa data
al 44 a.C. Le monete del periodo greco imitano i tipi di altre zecche siciliane,
particolarmente di Siracusa. La prima emissione del 406, 392 a. C., presenta
al dritto una testa di Athena con elmo attico e al rovescio un polpo “Octopus”
simile ai bronzi di età siracusana. Del 343 è l’emissione che commemora, con
altre città, la simmachia timoleontea, recante nel dritto la testa di Zeus e al
rovescio il fulmine alato sotto cui un chicco d’orzo. Di qualche anno successiva
è l’esemplare con testa femminile a destra e mezzo toro androcefalo a sinistra,
in tutto simile alla coeva emissione di Abaceno. Seguono poi fino al 260 circa
le numerose serie con testa femminile e toro cozzante che chiudono le emissioni

8 Cicerone II, VERRINE, III, 43 - 103


9 Sulla monetazione cfr. F. Bianco, A PROPOSITO DELLA PRIMA EMISSIONE BRONZEA DI
ALONTION, Arch. Stor. Messinese 64 (1993), pp. 5-18, inoltre A. Campana, ALONTION, stà in
Panorama Numismatico n. 101 - Ottobre 1996.
10 G. Scibona, SAN MARCO D’ALUNZIO (MESSINA): CAMPAGNA DI SCAVI 1979, Boll. Dei

Beni Culturali ed Ambientali, Regione Sicilia (B.C.A.), III (1982) p. 149.


11 Bonanno Carmela, SCAVI E RICERCHE A CARONIA E S. MARCO D’ALUNZIO, Ed. Giorgio

Bretschneider, Palermo 1993/94.


12 Bianco Fausto, LA MONETAZIONE DI ALONTION-ALUNTHIUM (manoscritto), A. Campana

cit.
10 San Marco d’Alunzio “pagine d’archivio”

di periodo greco. Dell’inizio dell’età romana (dopo il 241 a.C.) è la moneta con
testa di Patron? e toro a volto umano che versa acqua dalla bocca, soggetti questi
inediti, che costituiscono un “unicum” nella mumismatica siciliana: Seguono le
numerose serie con testa di Eracle al dritto e aquila su preda al rovescio quelle
ancora con la medesima effige al dritto e al rovescio clava o arco e faretra, con
testa di Dioniso al dritto e al rovescio Alontinon entro una corona di alloro, con
testa giovanile e cornucipia e con busto di Hermes a destra e caduceo, bronzi
tutti che richiamano analoghi tipi di Halesa, Calacte e Menaion. Le monete di
epoca romana sono gli ultimi documenti noti sulla città di Alunzio. In particolare
l’unica con leggenda latina, sempre che l’attribuzione proposta dal Grant13 sia
esatta, datata al 44 a.C. che commemora la Constituzio della città.

PERIODO ROMANO

Nel 210 a.C. Roma costituì la prima provincia: la Sicilia.


Sotto la sua dominazione Alunzio fu Città Decumana e continuò a coniare
moneta.
Cicerone14 scrive che nel 73 a. C. fornì una nave alla flotta di Verre e che il
comandante della stessa, Filarco15, fu catturato dai pirati e poi liberato dai
Locresi:
“86. Cleomene esce dal porto sulla quadrireme di Centuripe, seguita dalla nave
di Segesta, da quella di Tindari, di Erbita, di Eraclea, di Apollonia, di Alunzio:
una flotta in apparenza magnifica, in realtà sguarnita e debole a causa del
congedo concesso a combattenti e a rematori. Questo scrupoloso governatore,
durante il periodo in cui detenne il potere, vide la flotta solo per il tempo che essa
impiegò per passare davanti al luogo dove si svolgeva il suo vergognosissimo
banchetto: e proprio lui, che da molti giorni non si lasciava vedere in pubblico,
in quell’occasione tuttavia si offrì per qualche istante alla vista dei marinai.
Eccolo lì, ritto in piedi sulla spiaggia, il pretore del popolo romano in ciabatte,
con una mantellina alla greca di porpora e una tunica di quelle che arrivano
alle caviglie, appoggiato a una delle sue donnine. Infatti moltissimi Siciliani e
cittadini romani ebbero occasione di vederlo spesso conciato a quel modo.
87. Dopo che la flotta si fu spinta un po’ avanti ed ebbe alla fine approdato a
Pachìno dopo quattro giorni interi di navigazione, i marinai tormentati dalla fame
raccoglievano le radici delle palme selvatiche, di cui vi era grande abbondanza in
13 A. Grant FROM IMPERIUM TO AUCTORITAS, Cambrige 1946, pp. 196-199.
14 Cicero, V, 51 - 53, Cfr. F. Ingrillì , DAL REGNO DI EOLO ALLA CONTEA DI RUGGERO, Tip. Lo
Presti, 1996, p. 180.
15 Per Filarco, si veda da ultimo, G. Manganaro, QUATTRO NOTE DI MUMISMATICA SICELIOTA,

in Jahrbuch F. Mumismatik Gelgeschichte, 55/65, 2005-2006, p. 62.


Notizie Storiche 11

quelle località come in gran parte della Sicilia, e di esse erano costretti a nutrirsi
quei disgraziati ridotti allo stremo; da parte sua Cleomene, che era portato a
credersi un secondo Verre sia sotto il profilo del lusso e della depravazione, sia
anche per i suoi poteri di comandante in capo, a sua imitazione aveva innalzato
un padiglione sulla spiaggia e non la smetteva di bere dalla mattina alla sera. Ed
ecco che all’improvviso, mentre Cleòmene era ubriaco e tutti gli altri affamati,
arriva la notizia che navi di pirati si trovavano nel porto di Odisseo (cosi infatti
è chiamata quella località); la nostra flotta, da parte sua, si trovava nel porto
di Pachino. Cleòmene allora, poichè sulla terraferma era stanziato un presidio,
tale di nome ma non di fatto, sperò di poter completare 1’equipaggio di marinai
e rematori con i soldati che avrebbe distaccato da quella guarnigione. Ma venne
allo scoperto che il nostro imputato, una piovra davvero rapace, aveva adottato
per i presidi di terra lo stesso sistema usato per le flotte, perchè erano pochissimi
gli effettivi rimasti, mentre tutti gli altri erano stati congedati.
88. Cleòmene, che occupava la prima posizione sulla quadrireme di Centuripe,
ordinò di drizzare l’albero, di spiegare le vele, di tagliare le gòmene delle ancore
e nello stesso tempo comandò che si desse il segnale affinchè tutti gli altri lo
seguissero. Questa nave di Centuripe era dotata di una velocità incredibile
grazie all’eccellente velatura; infatti, mentre Verre era governatore, nessuno era
in grado di conoscere quale velocità potesse raggiungere ciascuna nave a forza
di remi; per quanto su questa quadrireme, per la dignità di cui era rivestito e
per il credito di cui godeva Cleòmene, mancasse all’appello un numero davvero
esiguo di rematori e di soldati. La quadrireme in fuga, volando sulle onde, era
ormai quasi sparita alla vista, quando ancora tutte le altre navi si affannavano a
manovrare rimanendo nello stesso posto.
89. A coloro che erano restati indietro non mancava il coraggio; benche fossero
in pochi, pur non sapendo come sarebbero andate le cose, gridavano tuttavia di
voler combattere e preferivano di gran lunga consacrare alla lotta armata quel
residuo di vita e di forze che la fame aveva lasciato loro. Certo, se Cleòmene non
fosse fuggito tanto tempo prima, sarebbe tuttavia rimasta una qualche possibilità
di organizzare la resistenza. Infatti quella era la sola nave provvista di tolda e le
sue grandi dimensioni le avrebbero permesso di fungere da baluardo per tutte le
altre, e se si fosse impegnata in un conflitto con i corsari, in mezzo a quelle golette
dei pirati avrebbe dato l’impressione di elevarsi con l’imponenza di una città.
Ma in quel memento, abbandonati senza risorse dal loro capitano, l’ammiraglio
della flotta, si risolsero necessariamente a seguire la sua stessa rotta.
90. Proprio come Cleòmene, anche gli altri navigavano in direzione di Eloro, e
costoro, più che fuggire 1’arrembaggio dei corsari, seguivano la scia del loro
comandante supremo. In quei frangenti, quanto più uno era tra gli ultimi nella
fuga, tanto più era tra i primi nel pericolo, perchè era di volta in volta l’ultima
12 San Marco d’Alunzio “pagine d’archivio”

nave che i pirati attaccavano per prima. Così per prima è catturata la nave degli
Aluntini, il cui capitano era un nobile di Alunzio, un certo Filarco, che piu tardi
i Locresi riscattarono a pubbliche spese da quei corsari: e proprio dalla sua
deposizione giurata, resa durante il primo dibattito, voi avete appreso questo
episodio nei suoi particolari e nelle sue cause. Subito dopo è catturata la nave di
Apollonia, ed è ucciso il suo capitano, Antropino.”
Sotto l’imperatore Augusto divenne Municipium e subì le angherie di Verre.
Gaio Licinio Verre (c. 120 a.C. – 43 a.C.) fu un politico romano del I secolo a. C.,
propretore della Sicilia dal 73 a.C. al 71 a.C., ove compì concussioni e ruberie.
Nel 70 a.C. si celebrò a Roma il processo per concussione contro di lui.
Il processo venne avviato dalle città siciliane cui Verre aveva imposto tributi
eccessivi e non dovuti.
L’accusa venne sostenuta da Cicerone, noto come avvocato ma non ancora
famoso come uomo politico.
Verre venne condannato nonostante le manovre dei suoi avvocati e la protezione
dei suoi potenti amici politici.
Così Cicerone racconta nelle Verrine:
“51. Ma il meglio di se il nostro coscienzioso ed energico pretore lo offrì in
occasione della sua venuta ad Alunzio: egli non volle entrare personalmente in
città, poichè la salita era difficoltosa e ripida; fece invece chiamare Arcagato
di Alunzio, personaggio tra i più ragguardevoli non solo nella sua città, ma in
tutta quanta la Sicilia, e gli affidò l’incarico di portar giù immediatamente dalla
città al mare tutta l’argenteria cesellata ed eventualmente anche tutti i vasi di
Corinto esistenti ad Alunzio. Arcagato salì in città: personaggio ragguardevole,
che desiderava essere amato e stimato dai suoi concittadini, sentiva tutto il peso
di quell’incarico affidatogli da Verre e non sapeva come cavarsela; annuncia
pubblicamente il contenuto dell’ordine ricevuto e invita tutti a portar fuori gli
oggetti che possedevano. Si era al colmo della paura, perchè il tiranno in persona
non si allontanava di un passo: in riva al mare, ai piedi della città, attendeva
sdraiato sulla sua lettiga Arcagato e l’argenteria.
52. Riuscite a immaginare cosa sarà successo in città: l’agitazione, le grida e
inoltre iI pianto delle donne? Chi avesse visto la scena, avrebbe detto che era
stato introdotto il cavallo di Troia e che la città era stata conquistata. Venivano
portati fuori i vasi privi delle loro custodie, altri venivano strappati dalle mani
delle donne, molti si vedevano sfondare le porte e scassinare le serrature. Che
cosa vi immaginate dunque? Se in caso di guerra o di disordini capita che si
requisiscano ai privati gli scudi, la gente li consegna a malincuore, anche se
capisce che la consegna mira alla salvezza comune: questo perchè non crediate
che qualcuno portasse fuori dalla propria casa senza una cocente amarezza
1’argenteria cesellata per vedersela strappare da un altro. Tutto è portato giù
Notizie Storiche 13

alla spiaggia. Si chiamano i fratelli di Cìbira; essi rifiutano un piccolo numero


di pezzi; agli oggetti che ricevevano la loro approvazione venivano staccati sia
i rivestimenti che i rilievi incastonati. Cosi gli abitanti di Alunzio, cui erano
stati strappati quei loro cari fregi, se ne tornarono a casa con 1’argenteria
perfettamente liscia.
53. Si è mai trovata, o giudici, in qualche provincia una scopa simile a questa?
Abitualmente gli altri governatori stornavano somme di denaro pubblico
con la massima circospezione per mezzo di funzionari locali; anche quando
capitava loro di sottrarre qualcosa a un privato, tenevano la cosa nascosta, e
nonostante tutto venivano condannati. E, se volete veramente saperlo, anche
a costo di offuscare i miei meriti, io personalmente ritengo che veri accusatori
fossero proprio quelli che si gettavano all’inseguimento delle ruberie di gente
simile al solo fiuto o guidati da una leggera traccia impressa sul terreno. Invece
io da parte mia che sforzo faccio nel caso di un Verre, che ho rintracciato
seguendo le impronte di tutto il suo corpo introgolato di fango? È davvero
una gran fatica trovare qualche capo d’accusa contro uno che, mentre è di
passaggio, fatta posare un momento la lettiga, senza ricorrere a sotterfugi,
ma abusando apertamente del suo potere, con un ordine solo ha saccheggiato
casa per casa un’intera citta! E tuttavia, per poter sostenere di aver effettuato
un acquisto, ordina ad Arcagato di dare qualche soldarello a quelli che erano
stati i proprietari dell’argenteria, tanto per salvare le apparenze. Arcagato ne
trovò pochi disposti ad accettare l’offerta, e li pagò. Tuttavia il nostro imputato
non ha mai restituito ad Arcagato quei soldi. Arcagato manifestò 1’intenzione
di citarlo in giudizio a Roma per riaverli, ma ne fù dissuaso da Gneo Lentulo
Marcellino, come avete udito dalle sue stesse parole. Leggi ad alta voce le
deposizioni di Arcagato e di Lentulo. (L’Oratore si rivolge al cancelliere)”
Anche Plinio16 il Vecchio nei suoi scritti parla di Alunzio facendo riferimento al
buon vino che si produce e che era molto apprezzato a Roma.
“Fertili ed ubertose campagne, ricche d’ogni genere di vegetabili, e vini
squisitissimi, che, come sapete, sono tanto decantati dai classici antichi, che in
quest’isola si fa eccellente il vino Aluntium, che ha il sapore melato del mulso dei
latini, ed è quello che, oggidì chiamano moscatello.”
Ancora Plinio afferma:
“Ogni vino dolce e profumato; quanto più è tenue tanto più è odoroso.
Quattro sono i colori dei vini: bianco, rosso, rosso sanguigno, nero.
Per il particolare gusto Psizio e melampsizio sono una sorta di uva passa non
di vino.
Lo Scibelite, poi di acqua mielata nasce in Galizia, l’Alunzio in Sicilia.
Ora, il Sireo, che altri chiamano Epsema e dai nostri è chiamato Sapa, di
16 Plinio, N. H. XIV (11,80), e Plinio, Naturalis Historia - Liber III.
14 San Marco d’Alunzio “pagine d’archivio”

invenzione non naturale, è necessario che da mosto sia cotto sino alla terza
della misura.
Quando ciò è fatto,e diventa metà e viene considerato o ritenuto vin cotto. Tutto
ciò è ottenuto per contraffazione dalle melle, ma è costituito dall’uva precedente
e da terra.

PERIODO BIZANTINO

Alla fine del VI secolo d.C., dopo che gli Avari minacciavano la Grecia, la
popolazione indigena fuggì dalla propria terra e si disperse nel mondo allora
conosciuto. Infatti gli abitanti di Patrasso si trasferirono nella regione di Reggio
Calabria. Anche i Lacedemoniti (Sparta) abbandonarono la terra natia e salparono
in parte verso la Sicilia e si fermarono ad Alunzio, conservando il dialetto dei
Lacedemoni e cambiando il nome in quello di Demenniti. Col passare degli anni
questa città si chiamò Demenna:
“Durante un’altra invasione essi (gli Avari) occuparono tutta la Tessaglia, tutta
la Grecia, l’Epiro vecchio, l’Attica e l’Eubea. Spingendosi impetuosamente
anche nel Peloponneso, essi l’occuparono con le armi. Quelli che poterono
sfuggire alle loro mani micidiali si dispersero chi da una parte chi dall’altra.
Gli abitanti di Patrasso si trasferirono nella regione di Reggio Calabria,
gli abitanti di Argo nella cosiddetta isola di Orobi, i Corinzii si trasferirono
nella cosiddetta isola di Egina. Precisamente allora anche gli abitanti di
Lacedemone abbandonarono la terra natia, salparono, alcuni di loro verso
l’isola di Sicilia, e in parte ancora vi restano, nel luogo che si chiama Demena
e, conservando il dialetto dei Lacedemoni, cambiarono il nome in quello di
Demenniti.”16A
L’Amari parlando di Demenna elenca gli scritti ove occorre Demona con le sue
varianti, prima come nome di città, poi di provincia:
I. Anno 902. Assedio e presa di Dimnsac (con la terminazione nel suono
che daremmo alla s e alla c unite dinanzi una i, ossia quello della ch in
francese e sh in inglese). Veggasi Ibn-el-Athir, MS. A, tomo II, fog. 92 e 167
verso; MS. C, tomo IV, fog. 246 verso; e MS. di Bibars, il solo ove si legga
correttamente. Ibn-el-Athir, ancorché vissuto nel XIII secolo, trascriveva in
questo passo ricordi derivati dal IX.
II. Anno 963. Nome di Dimnasc dato a una gola di monti presso Rametta.
Veggasi Nowairi, presso Di Gregorio, Rerum Arabicarum, p. 16, corregendo
la lezione secondo uno dei MSS. di Parigi. Valga per l’antichità del ricordo,
la stessa avvertenza che feci di sopra per Ibn-el-Athir.
16A Ivan Dujcev, Cronaca di Monemvasia, Istituto di studi Bizantini e Neoellenici, Palermo 1976
Notizie Storiche 15

III. Verso la fine del decimo secolo, la Biografia di San Luca, abate del monastero
di Armento in Calabria, dice costui siciliano di Demena. Presso Gaetani,
Vita Sanctorum Siculorum, tomo II, p. 96.
IV. Màlaterra, libro II, cap. XII, scrivendo, alla fine dell’undecimo secolo, del
secondo sbarco del conte Ruggiero in Sicilia (1060) dice: Hic Christiani
in valle Deminae manentes, sub Saracenis tributarii erant. Presso Caruso,
Bibliotheca Historica, tomo I, p. 181, e presso Muratori, Rerum Italicarum
Scriptores, tomo V, p. 539, seg.
V. Anno 1082. Diploma, del conte Ruggiero, che concede al vescovo di Troina
….in valle Deminae castrum quod vocatur Achareth. Presso Pirro, Sicilia
Sacra, p. 495.
VI. Anno 1084. Altro diploma del conte Ruggiero a favor del monastero di
Sant’Angelo, de Lisico Tondemenon. Presso Pirro, op. c., p. 1021.
VII. Anno 1093. Diploma per lo stesso monastero chiamato qui Sancti Angeli de
Lisico de valleDaemanae. Presso Pirro, 1. c.
VIII. Anno 1096. Diploma, nel quale descrivendo i confini della diocesi di Messina,
si dice: usque ad Tauromenium, et respondet ad Messanam, et vadit usque
ad Melacium, etrespondet ad Demannam, et inde vadit per maritimam
usque ad Flumen Tortum, et ascendit per flumen ec. Nello stesso diploma si
ricorda la donazione del castellum Alcariae apud Demennam. Presso Pirro,
op. c., p. 383. È evidente che Demenna in entrambi i luoghi citati sia nome
di provincia, poiché da Milazzo in poi non si notano più i nomi di città che
sarebbero Patti, Caronia e Cefalù, ma il confine della provincia, il quale si
sa che terminavasi a Caronia.
IX. Diploma del 1097, per lo quale il conte Ruggiero concedette certi beni al
monastero di San Filippo di Demena. Questo diploma è trascritto in uno
di Adelasia e del conte Ruggiero Secondo, poi re, dato l’anno 6618 (1110),
che il Pirro pubblicò in latino, a p. 1027, con la data erronea del 6628.
Niccolo Buscemi ha corretto quella data, stampando il testo greco con una
versione italiana, nel Giornale Ecclesiastico per la Sicilia, tomo I (1832),
p. 113, seg. Ma il Buscemi stampò male la voce De Menna; poiché il tratto
d’unione, come lo chiamano gli oltramontani, è segno ortografico ignoto ai
Greci, e non si trova punto nell’originale, posseduto dal principe di Trabia;
diploma di belli e nitidi caratteri, del quale ho depositato un fac-simile nella
Biblioteca imperiale di Parigi.
X. Anno 1121. Diploma del medesimo Ruggiero Secondo, a favore di detto
monastero chiamato Abbatia in valle Daemanis. Presso Pirro, op. c., p.
1027.
XI. Anno 1131. Diploma del vescovo di Messina, che assoggetta allo
archimandrita di quella città parecchi monasteri greci della diocesi; tra gli
16 San Marco d’Alunzio “pagine d’archivio”

altri quello di Sanctum Barbarum in Demena. Presso Pirro, op. c., p. 974.
XII. Anno 1154. Diploma di Ruggiero Secondo, su lo stesso argomento. Vi si
noverano i monasteri assoggettali all’archimandrita, e tra quelli Sanctum
Barbarum de Demenna, e alcuni altri independenti, tra i quali Sanctum
Philippum de Demenna. Pirro,op c., p. 975.
XIII. Edrisi che pubblicò la sua famosa opera geografica il 1154, descrivendo la
costiera di Sicilia a dritta di Palermo, pervenuto a Caronia, nota che quindi
cominciasse la provincia (iklim) di Dimnasc, come leggiamo nel migliore
dei MSS. Edrisi, nella minuta descrizione cbe fa della Sicilia, non parla di
città o castello nominato Dimnasc. Confrontando le quali testimonianze,
e avvisandomi che nei diplomi notati dal n° VI al XII si tratti anco della
provincia, io credo provata la esistenza di Demana castello infino al
decimo secolo, di Demana provincia dall’undecimo in poi; ma parmi assai
dubbio che il castello durasse fino all’undecimo secolo, e certo che a metà
del duodecimo fosse abbandonato o avesse mutato nome. Quanto al sito
del castello non abbiamo argomenti da determinarlo : se non che il nome
topografico, che si legge nella descrizione della battaglia di Rametta (965),
da indizio che Dimnasc si trovasse a ponente di quella città. Forse a quattro
o cinque miglia, là dove è oggi Monforte: nome di castello registrato da
Edrisi, e nato probabilmente dopo il conquisto normanno; nome anco di
feudo nei tempi normanni, come leggiamo nel Dizionario Topografico del
D’Amico.”17
L’Edrisi, geografo che operò in epoca normanna attorno al 115018 parlando di
S. Marco, così dice: “Di qui (ndr. Caronia) a dieci miglia occorre Sant Marku:
vasta rocca con avanzi di antichità, grande numero di colti, mercati, un bagno e
copie di frutte e produzione agrarie. Stendesi nel territorio di questo paese una
pianura con larghi campi da seminare, lieta di varie polle d’acqua. Crescevi
d’ogni banda la viola mammola che imbalsama l’aria; e vi si produce anco di
molta seta. La spiaggia è bella. Quivi si costruiscono delle navi col legname che
si taglia nelle montagne vicine.”

PERIODO ARABO

Sotto il dominio musulmano in Sicilia ci fu una vasta immigrazione dall’Africa


ed un notevole numero di siciliani si convertirono all’Islamismo, specie nelle
zone dell’isola in cui la mezzaluna s’era ben costituita.
Quest’influenza fu però trascurabile nel Val Demone dove i greci mantenevano la
17 Amari Michele, Storia dei Musulmani di Sicilia, Firenze 1854vol. I, p. 468-471
18 Amari Michele, BIBLIOTECA ARABO-SICULA, Ed. Dafne 1982, p. 66
Notizie Storiche 17

loro posizione linguistica e religiosa, nonostante il loro assoggettamento politico


agli invasori.
Gli arabi dominarono la Sicilia per 138 anni, ma diverse città, tra cui Demenna,
lottarono per mantenere o riconquistare la libertà.
L’Edrisi afferma che Ibrahim Ibn Ahmad nel 902, dopo aver espugnato Taormina,
mandò delle truppe per conquistare le fortezze di Demona e Rametta, assoggettate
ai Rum:
“Ei si pose a campo sotto Dimnas, la quale egli assediò per diciassette giorni,
indi venne a Messina...” “Mandò una Gualdana a Demona e una a Miqus; le
quali trovarono che già gli abitatori aveano sgomberato; onde presero quanto
v’era in quei castelli.” “Messe campo a Demona, piantò i mangani contro la
fortezza e stettevi alquanti giorni.”19
Nel 911 Ibn Abi Hinzir si mosse da Palermo con il suo esercito contro Demona,
nel cui territorio bruciò le case depredandole e facendo molti prigionieri.
Nel 964 i musulmani avevano conquistato tutta la Sicilia, ma alcune città non
sopportavano le loro angherie, tanto che Rometta chiese aiuto all’Imperatore di
Costantinopoli, Niceforo II, il quale inviò un esercito di Normanni, Armeni e
Russi sotto il comando di Manuele. Ma Hasan Ibn Ammar, avvisato da alcune
spie, si preparò alla difesa e pose una schiera di uomini nelle gole di Miqus.
Manuele attaccò Rometta, ma fu sconfitto e ucciso e il suo esercito disperso.
Solo un secolo dopo, come vedremo, i Normanni riusciranno a liberare la Sicilia.
Leggendo l’Amari si intuisce che Demenna fu sostituita da S. Marco; in particolare
quando elenca i castelli di Sicilia scrive sempre “Castello di...”, mentre quando
scrive “Castello di Demona”, aggiunge “S. Marco” per indicare che il Castello di
Demona si chiamava S. Marco.
A S. Marco gli Arabi costruirono una Moschea nel quartiere della “Moschita”
dove oggi esiste la Chiesa della Madonna della Provvidenza.20

PERIODO NORMANNO

Con la conquista della Calabria si imponeva tanto a Roberto il Guiscardo, che a


Ruggero la necessità di conquistare la Sicilia, sia per impedire le incursioni arabe
contro il territorio della penisola, sia per liberare «Li Christian et li Chattolici»
dalla oppressione degli infedeli. Nel 1061 nella loro prima discesa nell’isola,
durante la ritirata verso Messina, essi pongono la prima base in Sicilia in quello
stesso luogo che aveva visto alternarsi la greca Alontion e la romana Aluntium

19 Amari Michele, BIBLIOTECA ARABO-SICULA, Ed. Dafni 1982, pp. 393,394,402.


20 A. Meli, Istoria antica e moderna della città di S. Marco, Ms. (sec. XVIII), a cura
di Oscar Bruno, Società Messinese di storia Patria, Messina 1984.A p. 89.
18 San Marco d’Alunzio “pagine d’archivio”

edificandovi un castrum e imponendovi il nuovo nome di Sanct Marci21, per


devozione al Santo Evangelista e in ricordo della prima residenza Normanna in
Calabria. Ruggero e Roberto il Guiscardo, degli Altavilla, la scelsero come punto
di partenza e come presidio militare per la conquista della Sicilia, costruendovi la
Chiesa di S. Marco su un tempio greco e attorno ad essa edificarono un castello22
che oggi non esiste più; segni della sua esistenza sono pezzi di mura incastonati
nelle case.
Data la posizione del sito, appollaiato sulla collina ai piedi dei monti e quindi a
controllo dei passi dai quali potevano scendere i saraceni, la fortezza costituiva
per gli abitanti della zona una difesa efficace.
Fu sede privilegiata dei Normanni che ebbero l’accortezza di mantenere le chiese
antiche costruite dai Bizantini e di edificarne altre; bonificarono le campagne
trasformando così le colture esistenti. In questo periodo fu edificato il Monastero
di monache Benedettine sito nei pressi della Chiesa del San Salvatore.
Negli anni successivi Roberto si diede alla conquista della Puglia e suo fratello
Ruggero continuò la conquista della Sicilia.
Nel 1083 il figlio di Ruggero, Giordano, si alleò con alcuni cavalieri insoddisfatti
e si ribellò all’autorità paterna; si impossessò di Mistretta e di S. Marco e si
incamminò verso Troina, per conquistare il tesoro del padre che era lì custodito.
Appena saputa la notizia, Ruggero corse in Sicilia e fermò i ribelli, giustiziando
i complici del fratello e mettendo in prigione Giordano.
Nel 1089 Ruggero aveva quasi 60 anni quando sposò la contessa Adelaide sua
terza moglie, la quale gli diede due figli, Simone e Ruggero; Simone morì e
quindi gli successe Ruggero che aveva dieci anni e Adelaide divenne reggente.
Da alcune pergamene custodite nell’Archivio di Stato di Palermo risulta che
per più volte i sovrani Normanni dimorarono in S. Marco. Una prima volta
nell’ottobre del 1101 Adelaide col primogenito Simone, mentre Ruggero, l’altro
figlio si era ristabilito dalla sua malattia all’orecchio in S. Filippo di Fragalà.
Un’altra pergamena del 20 settembre 1109 ci rivela che il conte Ruggero si
trovava in questa cittadina.23

21 Questa denominazione intendava avere la speranza di un valore augurale nei confronti dell’impresa
che i Normanni si accingevano a portare avanti in Siclia.
22 A. Meli, op. cit. p. 98, ancora il Meli op. cit. p. 98, racconta di una espulsione di saraceni dal castello

di S. Marco dove si erano racchiusi, per il tradimento del “molinaro del Molino di Deca”
23 S. Cusa, I DIPLOMI GRECI ED ARABI DI SICILIA, I/1-2, Palermo 1868-1882. Spata Giuseppe,

LE PERGAMENE GRECHE DEL GRANDE ARCHIVIO DI PALERMO, PALERMO 1861-1864,


PP. 191, 215
Notizie Storiche 19

PERIODO ARAGONESE

Le notizie storiche di questo periodo sono poco generose.


Fu posseduta da Ruggeri Rosso, il quale la dotò a Ricca, sua figlia, che sposò
Riccardo Filingeri.
Si sa che la città era sotto il possesso di Garcia Sancio de Esur durante il sec.
XIII. Alla sua morte passò nelle mani di Federico nel 1335.
Federico ebbe due figli: Sanciolo e Vinciguerra. Da Sanciolo nacque Mattiolo
che morì senza figli e quindi gli succedette suo zio Vinciguerra nel 1364.
Suo successore fu il figlio Federico che ottenne i vassallaggi di Mirto, Crapi, S.
Filadelfio, Longi, Militello e S. Marco.
Dalle sue mani la cittadina “per la sua fellonia” passò ad Abbo Filingeri.
Infatti per la ribellione di Federico e Bartolomeo verso il duca di Monblac nel
1393 segue la confisca dei beni e quindi delle baronie; tuttavia il 3 novembre 1393
Martino riconcede a Federico le baronie, ma non si ha sicurezza di S. Marco.

SIGNORIA DEI FILINGERI

Il 2 settembre 1398 re Martino e la regina Maria concedettero S. Marco ad ABBO


FILINGERI,24 figlio di Ricciardello, signore di Licodia e Montemaggiore, Alcaide
di Cefalù e Maestro Razionale del Regno. Questa nobile famiglia vanta origini
leggendarie. Intorno all’anno Mille un cavaliere normanno, Agerio I, sarebbe
venuto in Italia. Un secolo dopo i suoi discendenti, detti “Filii Augerii”, sarebbero
arrivati in Sicilia da Nocera. Una diversa ipotesi fa invece risalire le origini a
Tancredi, altro cavaliere normanno, che sarebbe stato presente all’incoronazione
di Ruggero. Notizie documentate a partire dal XIII secolo informano delle tante
cariche religiose e civili ricoperte dagli esponenti della famiglia Filingeri che per
l’autorevolezza e la invidiabile posizione economica, derivante dal possesso di
grandi feudi, assunse un ruolo di primo piano tra la nobiltà siciliana.25
Così S. Marco tornò di nuovo sotto la signoria dei Filingeri, poichè era stato
posseduto da Riccardo Filingeri che fu conte di Marsi e Signore di S. Marco; questa
signoria fu ottenuta in dote da Ricca Rosso, sua moglie, figlia di Ruggero.
Abbo Filingeri diventò uno dei principali consiglieri del Regno, fu anche Barone
di Favara e nel 1396, durante l’assenza del Re Martino ebbe il comando di tutta
la Sicilia.
24 Abbo (II), investito del castello di San Marco e Montemaggiore (feudi confiscati a Federico
d’Aragona), Alcade di Cefalù, Maestro Razionale del Regno di Sicilia in cambio della permuta del
feudo e terra di Isnello (Privilegio : Randazzo 2-9-1398). Sposa Grazia Cirino, che porta in dote la
terra e baronia di Medelao (o Favari).
25 Palizzolo Gravina V., IL BLASONE IN SICILIA, Palermo 1871, 75, p. 179.
20 San Marco d’Alunzio “pagine d’archivio”

RICCARDO FILINGERI: figlio di Abbo e di Grazia Cirino, fu erede delle


Baronie e Vassallaggi del Padre; ottenne la contea nel 1408. Fu Strategoto della
città di Messina nel 1415/1416 e il Re e la Regina Bianca lo considerarono un
valido consigliere. Morì nel 1432.
FRANCESCO FILINGERI: figlio di Riccardo, fu investito Conte di S. Marco il
26 Novembre 1432.
RICCARDO IUNIOR FILINGERI: figlio di Francesco, ebbe l’investitura il 21
Aprile 1448, anche se non era il primogenito, poichè suo fratello Giovan Pietro
morì giovanissimo. Egli fu il primo chiamato Conte di S. Marco, come si legge nel
diploma di investitura del Re Alfonso. Poichè era minorenne, ebbe come tutore
suo zio Giovanni Filingeri dal 1444 al 1448, anno in cui divenne maggiorenne.
Fu investito di Mirto, Belmonte, Frazzanò, Mirtino, Capri di Suso, Capri di Juso
e Pietra di Roma il 1-8-1453.
Giovanni Filingeri sicuramente è fra gli uomini più illustri di questa casata; fu uno
dei più rinomati Capitani del suo tempo e fu segnalato nella guerra in Armenia
contro i Turchi e nell’isola di Cipro di cui fu anche Governatore. Dai Sommi
Pontefici Eugenio quarto e Nicolò quinto fu insignito del grado di Senatore
Romano. Giovanni morì nel 1450 e fu un rinomato poeta.
Il Mongitore26, nella Biblioteca Sicula, tomo I, foglio 344, c.2 scrive che di lui
rimase solo un epitaffio a Terzine di 24 versi composta dall’autore stesso 10
anni prima della sua morte: si trovava sul sepolcro di Giovanni Filingeri nella
sepoltura di famiglia nella Chiesa dell’Immacolata in S. Francesco in Palermo:
“Chistu pitafiu fu fattu pri Ianni,
lu figghiu di Riccardu Filingeri
a milli quattrucentu quarant’anni.
Ka c’è Riccarda di li Cavaleri,
Ka c’è la bella Spinula Ginuisa,
ch’intrambu visti foru soi muglieri.
Chistu fu chillu chi pigliau l’imprisa,
contra lu statu di lu gran Suldanu,
quandu l’amara Nicuxia fu prisa.
Chistu fu sirvituri di Re Janu,
e jiu in Armenia contra di lu Turcu,
livau di campu lu gran Caramanu.
C’una galera misi setti a surcu,
e poi ci fici dari la prua in terra,
ch’a so dispettu succursi lu Turcu,
Pigliau chidda citati e chidda terra,
26 A.Mongitore, BIBBLIOTHECA SICULA, SIVE DE SCRIPTORIBUS SICULIS...., vol. II,
Palermo 1708, p. 123.
Notizie Storiche 21

undi chi stetti lu muntuni fatatu,


Caxiuni e causa di l’antica guerra.
Fu sirvituri di lu svinturatu,
e penultimu Re di Lusignani,
prisu di Mori, e poi fu riscattatu.
Fu Senaturi sutta lu Papatu
Di Papa Eugeniu e di Papa Nicola,
Deu lu pirdugna d’ogni so piccatu.”

FRANCESCO FILINGERI: figlio di Riccardo, fu investito della Contea di S.


Marco il 4 ottobre 1488.
GIROLAMO FILINGERI: figlio di Francesco, ebbe l’investitura il primo
settembre 1497, confermata il 10 febbraio 1512.
Girolamo vendette la terra di Mirto ad Antonio Branciforte, primo Conte di
Raccuia per onze 6772 nel 1535.
Viene ancora ricordato per aver contribuito a cacciare dal regno di Sicilia il Vicerè
Don Ugo di Moncada nel 1516. Infatti nel 1516 moriva Ferdinando il Cattolico e
alla sua morte gli succede Carlo, nipote di Massimiliano, che aveva 18 anni.
In quegli anni la Sicilia era governata da Ugone Montecatino,vicere; appena seppe
della morte di Ferdinando, cercò di tenerla nascosta per timore che il popolo si
sollevasse contro di lui e aspettava che il nuovo Re, Carlo, gli confermasse il
mandato. Ma alcuni Conti, tra i quali vi era Girolamo, e Baroni gli sollevarono il
popolo. Ugone dovette fuggire e il Re nominò Vicere Giovanni di Luna.
Un singolare episodio porta S. Marco alla ribalta anche nel periodo della Santa
Inquisizione di Sicilia.
Era l’anno 1535; l’Imperatore Carlo V°, facendo ritorno dall’Africa, fece sosta a
Palermo per rendersi conto di persona del come andassero le cose in questo Regno
di Sicilia: I tre bracci del Parlamento, scontenti dello straripante potere che veniva
esercitato dal Tribunale della S. Inquisizione sui cittadini Siciliani, strapotere
che menomava la dignità politica dei Governanti, si recarono dall’Imperatore
per presentare le loro lagnanze e chiedergli che intervenisse per limitare lo
strapotere del Tribunale che osava allungare le sue mani anche su uomini vicini
al Parlamento, riducendo certi privilegi che rendevano gli Inquisitori pericolosi
per la pubblica pace.
Ascoltate le ragioni addotte, Carlo V° soddisfece le richieste del Parlamento,
sospendendo per cinque anni le prerogative e i privilegi del S. Tribunale e
ordinando immediatamente agli Inquisitori “di non passare più a relasciare
qualsiasi de’suoi Vassalli, per portarne la pena all’ultimo supplicio, e della morte”.
Evidentemente, in queste condizioni, Nobiltà e Plebe accantonarono il timore e
la riverenza che certamente non erano dettati da serena convinzione, bensì dal
22 San Marco d’Alunzio “pagine d’archivio”

pericolo incontrastato e incontrastabile che gli Inquisitori rappresentavano.


Fu proprio in questo periodo che il Tribunale, affatto rassegnato per essere
stato privato dei suoi poteri assoluti e incontrastabili, inviò il suo Capitano e
alcuni suoi accoliti nella Terra di S. Marco per catturare alcuni eretici che ivi
risiedevano. Ma un certo Matteo Carruba, oriundo napoletano, e alcuni altri che
lo seguirono tra cui Antonino Lo Preste, presero le armi e spararono contro gli
uomini del Sant’uffizio ferendo e uccidendo alcuni Ufficiali, alcuni Familiari
del Capitano, lasciando lo stesso ferito a terra e impedendo così che venissero
arrestati i presunti eretici.
Non è forse da escludere che, dato il particolare momento, Girolamo Filingeri, in
quel periodo Conte di S. Marco, abbia favorito, se non organizzato la ribellione
popolare.27
FRANCESCO FILINGERI (+1542): 4° Conte di San Marco, Signore di Mirto,
Belmonte, Frazzanò, Mirtino, Capri di Suso, Capri di Juso e Pietra di Roma
investito il 28-2-1536.
Sposò la Contessa Castellana Centelles (*1520 +Palermo 8.8.1574), figlia del
Conte di Faro; essa, in seconde nozze sposò Cesare Lanza, primogenito di Blasco,
Barone di Trabia.
GIROLAMO FILINGERI: figlio di Francesco. Quando morì il padre era ancora
fanciullo e a causa di ciò prese l’investitura la Madre D. Castellana il 4 dicembre
1543; (+testamento: 3.3.1562), 5° Conte di San Marco, Signore di Mirto,
Belmonte, Frazzanò, Mirtino, Capri di Suso, Capri di Juso e Pietra di Roma.
Lascia erede il fratello consanguineo Ottavio Lanza e dei beni fidecomissi il
cugino Girolamo Filingeri.
D. OTTAVIO LANZA: zio di Girolamo e fratello uterino di Francesco, succedette
a Girolamo, ma Pietro Filingeri, fratello germano di Girolamo contrastò questa
investitura e lottò per molti anni. D. Pietro però morì prima di dirimere la
questione e suo figlio Girolamo ebbe l’abilità di chiudere la querelle concedendo
a D. Ottavio Lanza la terra di Capri e Frazzanò.
GIROLAMO FILINGERI: 6° Conte di San Marco, Signore di Mirto, Belmonte,
Frazzanò, Mirtino, Capri di Suso, Capri di Juso e Pietra di Roma (investito il
18.2.1572 e l’11.8.1599) con concessione del misto e mero impero il 28.8.1580.
PIETRO FILINGERI E LANZA (+San Marco 1619): figlio di Girolamo, prese
l’investitura l’8 agosto 1603. Si sposò con Francesca De Spuches,28 ricevendo in
dote la Signoria della terra di Castania. Fu Governatore dei Bianchi della città di
Palermo nel 1614 ed ottenne la concessione del mero e misto impero sulla terra
27 Da uno studio in corso e quindi inedito di Roberto Princiotta che ha gentilmente concesso
l’informazione.
28 (Patti dotali: Palermo 9.6.1594) Francesca de Spucches e Carbone, figlia di Vincenzo de Spucches

Giudice della Regia Gran Corte (+ 20.9.1623), già vedova di Giovanni Francesco Sollima Barone di
Castania – Porta in dote Molinazzo, Villafrati, Chiarastella, Amorosa e Mendoli.
Notizie Storiche 23

di S. Marco; riacquistò la terra di Mirto nel 1608 e comprò molte terre.


Leggendo i Registri Parrocchiali, in un documento si trova una pagina
interessantissima: “Il 17 giugno 1608, domenica, dopo il consueto suono della
campana della Chiesa Madre, dopo la messa solenne, nel solito posto, su licenza
di D. Giuseppe Filingeri governatore di questa terra, alla presenza...
Poichè in ogni riunione pubblica non si può discutere e decidere alcunchè a
causa del grandissimo disordine che si crea, si decide di eleggere 18 persone,
cioè 12 gentiluomini e 6 popolani, i quali si riuniranno e decideranno ciò che si
deve decidere.”
Morì nel 1619 ed è sepolto nella Chiesa della Madonna delle Grazie di S. Marco.
Suo figlio Giuseppe nel 1631 acquistò il Feudo della Baronia di Sittafari e
ricevette l’investitura il 14 giugno 1631.
VINCENZO FILINGERI (* 29.8.1598 + San Marco 27.8.1623): figlio di Pietro, si
investì della Contea nel 31.7.1619 e 14.2.1622. Fu Governatore della Compagnia
della Pace di Palermo nel 1619 e di quella dei Bianchi nel 1623; si sposò con
Donna Giovanna Lanza e Barrese, figlia di Don Lorenzo Lanza 3° Conte di
Mussomeli e di Elisabetta Barrese e Colonna Romano (+ Villafranca 26.11.1648).
Fu 1° Barone di Amorosa, Signore di Claristella, Mendoli, Villafrati e Molinazzo
investito il 13.7.1607, Governatore della Pace a Palermo nel 1617.
VINCENZO GIUSEPPE FILINGERI:29 figlio di Vincenzo. Morì il 30 maggio
1724 a Bagheria e “portato a S. Marco il 2 giugno con pompa magna funebre
dalla Porta di S. Antonio col clero di S. Marco, Capri e Frazzanò fino alla Chiesa
e convento di S. Agostino, dove fu sepolto”30.
GIUSEPPE FILINGERI:31 Si investì il 28 agosto 1699 come successore di
Vincenzo, suo padre. Fu “Uomo di lunga esperienza negli affari e celebberrimo
per grandezza di animo e gravità di costumi, due volte Pretore di Palermo, nè una
sola ascritto fra i Curatori del Regno; contratte le nozze con Caterina Cottone
conseguì l’erede Vincenzo.”32
29 Don Vincenzo Giuseppe, 9° Conte di San Marco, Signore di Mirto, Frazzanò, Mirtino, Capri di
Suso, Capri di Juso e Pietra di Roma (nota : i discendenti si facevano chiamare Baroni di Capri e
Frazzanò), 2° Barone di Amorosa, Signore di Claristella, Mendoli, Villafrati e Molinazzo (investito
il 31.10.1624 e il 16.9.1666), 1° Principe di Mirto con Diploma del 9.4.1643 (esecutivo il 6.5.1643);
Deputato del Regno di Sicilia nel 1651 e 1668, Pretore di Palermo nel 1663, 1676 e 1685, Governatore
di Siracusa, Vicario Generale del Regno di Sicilia nel 1674, Sergente Generale di battaglia. Sposò il
23-9-1652 Donna Laura di Napoli e Barrese, figlia di Don Girolamo 1° Principe di Resuttano e di
Elisabetta Barrese e Barrese dei Baroni di Pietra d’Amico.
30 Documento Archivio Parrocchiale.
31 Don Giuseppe (* 4.5.1665 +19.3.1766), 3° Principe di Mirto per refuta del padre, 10° Conte di

San Marco, 3° Barone di Amorosa, Signore di Claristella, Mendoli, Villafrati, Molinazzo, Mirtino,
Frazzanò, Capri di Suso, Capri di Juso e Pietra di Ruma; Pretore di Palermo 1719/1720, Deputato del
Regno di Sicilia 1707/1713, Grande di Spagna di prima classe dal 6.5.1720.
Sposò il 23.9.1699 Donna Caterina Cottone e Amati, figlia di Don Scipione Cottone Principe di
Castelnuovo e di Agata Amati e Alliata di Galati (+ 30.1.1726).
32 Amico Vito, op. cit. p. 40.
24 San Marco d’Alunzio “pagine d’archivio”

VINCENZO FILINGERI:33 Fu investito il 6 aprile 1725. Prese in moglie Angela


Di Napoli. Tre volte deputato del regno 1750-66-77, gentiluomo di camera,
insignito del Titolo di S. Gennaro; ebbe l’onore di assistere all’incoronazione di
re Carlo III portando in un bacile di argento la spada tempestata di gemme come
riferisce La Placa;
VINCENZO FILINGERI E COTTONE: fu investito della contea il 6 aprile 1785;
si sposò con Angela Di Napoli e Bellacera di Resuttana (morta in Palermo il 12
marzo 1770); fu deputato del Regno nel 1750, 1766 e 1770.
BERNARDO FILINGERI E MONTAPERTO:34 si sposò con Vittoria Alliata e
Colonna il 3 aprile 1787.
GIUSEPPE ANTONIO FILINGERI:35 successe a Don Bernardo il 9 maggio
1804. Si sposò con D. Costanza Pignatelli Di Napoli.
Donna Vittoria FILINGERI (7-7-1814 + Palermo 15-7-1865), 7° Principessa
di Mirto (con Regio Rescritto datato Napoli 6-6 e Palermo 1-7-1830, si permetteva
l’uso del titolo per effetto della donazione paterna con autorizzazione estesa al
marito Ignazio Lanza), 14° Contessa di San Marco, Baronessa di Frazzanò e
Capri (Capri di Juso + Capri di Suso), Baronessa d’Amorosa, Signora di Mirto,
Mendoli, Villafrati, Molinazzo, San Marco e del castello di Pietra di Roma
succedendo al padre, venne confermata con Regi Rescritti del 29-12-1838 e 24-
4-1839; Grande di Spagna di prima classe.
Sposò a Palermo il 18-2-1830 Don Ignazio Lanza dei Principi di Trabia36. I
33 Don Vincenzo (* 20-11-1702 + Palermo 28-10-1786), 4° Principe di Mirto, 11° Conte di San Marco,
4° Barone di Amorosa, Signore di Claristella, Mendoli, Villafrati, Molinazzo, Mirtino, Frazzanò,
Capri di Suso, Capri di Juso e Pietra di Roma; Grande di Spagna di prima classe confermato nel
1743, Deputato del Regno di Sicilia nel 1750, 1766 e 1770, Gentiluomo da Camera con esercizio
del Re di Sicilia. Sposò il 18-4-1725 Donna Angela di Napoli, figlia di Don Federico 3° Principe di
Resuttano e di Donna Eleonora Barrese e del Bosco Principessa di Monteleone (+ 16-3-1770).
34 Don Bernardo (* 13-8-1747 + Palermo 10-5-1803), 5° Principe di Mirto, 12° Conte di San Marco, 5°

Barone di Amorosa, Signore di Claristella, Mendoli, Villafrati e Molinazzo, Mirtino, Frazzanò, Capri
di Suso, Capri di Juso e Pietra di Roma (investito il 3-4-1787) e Grande di Spagna di prima classe
dal 1786; Senatore di Palermo nel 1778 e 1781, Ministro della Giunta Pretoria di Palermo nel 1785,
Pretore di Palermo nel 1788, 1789 e 1790, Rettore dell’Ospedale Grande, Governatore del Monte
di Pietà di Palermo nel 1794, Capitano di Giustizia di Palermo nel 1795/1797, Regio Consigliere di
commercio, Gentiluomo di Camera del Re di Sicilia e Cavaliere dell’Ordine di San Gennaro. Sposò
(Patti dotali: Palermo 26-12-1772) a Palermo 13-4-1773 Donna Vittoria Alliata e Colonna, figlia
di Don Giuseppe Litterio Principe ereditario di Villafranca e di Donna Maria Felicita Colonna dei
Principi di Paliano (+ Palermo 13-11-1803).
35 Don Giuseppe Antonio (* 12-5-1776 + Palermo 21-1-1836), 6° Principe di Mirto (titolo ceduto alla

figlia nel 1830), 13° Conte di San Marco, 6° Barone di Amorosa, Signore di Claristella, Mendoli,
Villafrati, Molinazzo, Mirtino, Frazzanò, Capri di Suso e Capri di Juso e del Castello di Pietra di
Roma dal 1803 (investito il 9-5-1804) e Grande di Spagna di prima classe; Senatore di Palermo,
Gentiluomo di Camera del Re di Sicilia nel 1797, Capitano di Giustizia di Palermo nel 1807/1808,
Consigliere di Stato e Direttore Generale dei ponti e strade di Sicilia, Pari del Regno di Sicilia dal
1812. Sposò a Palermo 28-7-1804 Donna Costanza Pignatelli Aragona Cortés, figlia di Don Ettore 9°
Principe di Noia e della Principessa Donna Anna Maria Piccolomini d’Aragona Principessa di Valle
(* 11-11-1787 + Palermo 17-11-1830).
36 Ignazio Lanza e Branciforte conte di Sommatino, cavaliere, gerosolimitano gentiluomo di camera,
Notizie Storiche 25

discendenti di questo matrimonio assunsero il cognome Lanza Filingeri. Si


risposò a Palermo il 28-12-1841 con il Conte Don Giovanni Castelli e Filingeri
Principe di Torremuzza.
L’ultima erede della famiglia, fu la nobildonna Maria Concetta Lanza Filingeri,
la quale nel 1982, adempiendo alle volontà del fratello Stefano, donò il palazzo di
Palermo nel quale risiedevano, chiamato Palazzo Mirto37, alla Regione Siciliana
affinché fosse mantenuto nella sua integrità e aperto alla pubblica fruizione.
Con i Filingeri S. Marco divenne un centro economicamente e culturalmente
ben sviluppato. Dei conti Filingeri si conservano due sarcofagi siti nella Chiesa
della Madonna delle Grazie, uno di marmo rosso locale del 1600, l’altro di
marmo bianco di Carrara del 1481, dove riposano le spoglie dei figli di Riccardo
Filingeri: Vincenzo e Marco Scipione.
Sotto la signoria dei Filingeri S. Marco era una città ben difesa, con le sue torri e un
muro di cinta; in città si poteva entrare da quattro porte, cioè quella di S. Antonio, La
Portazza accanto alla Chiesa della Madonna delle Grazie, la porta di Rasizzi presso
la Chiesa dei SS. Quaranta Martiri e la Porta del Vento sotto la Chiesa di Aracoeli.
Sotto la signoria dei Filingeri gli abitanti potevano riunirsi in assemblea e discutere
i problemi emergenti per presentarli al Conte onde trovare una soluzione.

pretore di Palermo sino al 1833, padre del vivente Giuseppe Lanza e Filingieri conte di S. Marco e
principe di Mirto ec. erede e rappresentante la nobilissima casa Filingieri conte di S. Marco, dalla quale
derivarono gl’illustri duchi di Delpino residente in Messina; i principi di S. Flavia e conti di Sittafari,
derivati da Gìuseppe Filingieri barone di Sittafari figlio di Pietro conte di S. Marco, nella quale linea
si distinsero un 2° Pietro conte di Sittafari capitano giustiziere di Palermo 1676, primo principe di
S. Flavia 1684; un Cristoforo deputato del regno e capitano giustiziere 1695, un 3° Pietro maestro
razionale del r. Patrimonio, molto benemerito de’ letterati e fondatore dell’accademia del Buongusto:
ramo oggi estinto col passaggio di tutti i titoli nella nobilissima casa Gravina principi di Rammacca.
Ed infine i principi di Cutò e marchesi di Lucca derivati da Giuseppe, Filingieri barone di Miserendino
figlio secondogenito di Girolamo, conte di s. Marco. Son poi commendevoli un Alessandro principe
di Cutò investito 1721, capitano giustiziere di Palermo 1726; un Girolamo capitano giustiziere 1743,
gentiluomo di camera di rè Carlo III, brigadiere ne’ reali eserciti, governatore della piazza di Trapani
1772 e cavaliere del S. Gennaro; un 2° Alessandro capitan generale e luogotenente generale del regno
1806, cavaliere gran croce di varii ordini; un Nicolo luogotenente generale del regno 1816, cavaliere
gran croce di varii ordini; ed un 3° Alessandro gentiluomo di camera di rè Ferdinando II, capitano di
cavalleria onorario, padre di Giovanna Filingieri e Clerici unica erede, congiunta in matrimonio al
conte Lucio Tasca e Lanza d’Almerità.
37 L’edificio è il risultato di numerose trasformazioni che si sono succedute nei secoli. È stato in

occasione degli interventi del restauro che sono venute alla luce strutture del XIII secolo, alcune
delle quali appartenevano al gruppo di case che erano state della famiglia Resolmini e che nel XVI
secolo passeranno prima ai De Spunches e poi ai Filingeri con il matrimonio, nel 1594, dell’unica
figlia di Vincenzo De Spunches, Francesca, con Don Pietro Filingeri. Del palazzo seicentesco, che
probabilmente in occasione del matrimonio fu rammodernato, poco è rimasto, poiché nel 1793, ai
tempi del principe Bernardo, l’edificio fu oggetto di un radicale intervento di trasformazione a cui
è ricollegabile la risistemazione dell’intero primo piano e la realizzazione del prospetto sulla via
Lungarni e del portale sulla via Merlo. Altri lavori intervennero dopo il 1876, quando fu rifatta
la facciata sulla via Merlo e quella sul cortile, dove il nuovo ingresso creato verrà sottolineato da
una pensilina di fine secolo. Sempre nell’800 una ristrutturazione degli ambienti del secondo piano
porterà alla creazione di un grande appartamento per la vita privata della famiglia, che da quel
momento utilizzerà il primo piano solamente per la rappresentanza.
26 San Marco d’Alunzio “pagine d’archivio”

NECROPOLI DI PIANO GEBBIA

La collina prima dell’inizio scavi.

Tomba del Kottaboss.


Notizie Storiche 27

AREA SACRA PIANO CUPPA

Rinvenimento orecchino d’oro.


28 San Marco d’Alunzio “pagine d’archivio”

LA MONETAZIONE DI ALONTION - ALUNTIUM


Periodo greco
Notizie Storiche 29

LA MONETAZIONE DI ALONTION - ALUNTIUM


Periodo romano
30 San Marco d’Alunzio “pagine d’archivio”

LA MONETAZIONE DI ALONTION - ALUNTIUM


Periodo romano
Notizie Storiche 31
32 San Marco d’Alunzio “pagine d’archivio”
Notizie Storiche 33
34 San Marco d’Alunzio “pagine d’archivio”
Notizie Storiche 35
36 San Marco d’Alunzio “pagine d’archivio”
37

I CASTELLI

Diversi erano i castelli, grandi e piccoli, che si trovavano a S. Marco: Castello di


Pietra di Roma, Castello del Monte Asa, Castello attorno alla Chiesa di S. Marco,
la Torrazza vicino al Castello e la torre di S. Antonio oltre al castello sito in cima
all’abitato del quale parleremo più ampiamente.

CASTELLO DEL CENTRO

Questo castello esisteva sicuramente in epoca greca e romana, anche se nel corso
dei secoli ha subito notevoli trasformazioni.
L’originaria porta del castello era a tramontana, ma nel 1709 dal conte don
Giuseppe Filingeri fu posta a libeccio.
Era circondato da mura che erano affiancati da una strada dalla quale si vedevano
le feritoie per difendersi dai nemici.
Entrando nel cortile, si vedeva una profonda e spaziosa cisterna e al piano terra
vi erano sei stanze adibite a carceri: per i nobili, per le donne, per i delitti civili,
per i delitti criminali e le ultime due erano senza finestre e venivano chiamate
“dammuselli”. Sempre al piano terra vi erano le officine, i magazzini per il
frumento, stalla, pagliera e ripostigli.
Al tempo dei Saraceni, dice il Meli38, uno di questi magazzini era la loro
moschea.
Per salire al primo piano vi era la scala vecchia con lo stemma dei Filingeri, ma
nel 1700 si entrava dalla scala nuova costruita dal conte don Vincenzo.
Entrando vi era il salone dal quale si accedeva a tre appartamenti: uno verso
occidente era la residenza del castellano o del conte, un’altro rivolto ad oriente
e un’altro a mezzogiorno. Da qui si entrava in un’altra retrosala dalla quale si
accedeva ad oriente ad un grande salone riccamente addobbato e a mezzogiorno
nelle camere a fila che girano per tutto il perimetro del castello.
Nella sala di questo castello nel 1747 fu costruito il teatro per “farsi l’opera” in
occasione della festa di mezzagosto. Nello stesso anno si portò in scena anche la
vita di S. Basilio che ebbe molto successo.
“La costruzione di un castrum a S. Marco pur desfension de li chretien è ricordata
38 Meli A., op. cit. p. 74-75.
38 San Marco d’Alunzio “pagine d’archivio”

da Malaterra ed Amato. Il centro viene menzionato come kastrum nel 1109,


municipium nel 1151 e come qual’a da Edrisi. E’ certo quindi che si trattasse
nell’XI e XII secolo di un abitato munito e dotato di un fortilizio, quest’ultimo
utilizzato anche come prigione di stato; vi venne rinchiuso infatti dal cancelliere
Etienne du Perche il vescovo di Agrigento Gentile.
Terra e castellum in età normanna rimasero dapprima alla corte, rappresentata
da un vice comes; è quindi da supporre la infeudazione a favore di Beatrice
Garres. Nel 1182 è attestato un castellano di nome Alessandro. Il castrum di San
Marco era di nuovo demaniale in età angioina.
Il castello sorgeva sulla cima del monte cui si abbarbica l’abitato, in eccezzionale
posizione dominante un vastissimo tratto della costa tirrenica. Ne avanzano solo
pochi tratti delle mura esterne in opus incertum, con un vano probabilmente
corrispondente ad una delle porte d’accesso. Il rimanente andamento della
cinta è però sommariamente identificabile nella disposizione delle case che
chiudono l’attuale piazza castello; in quest’ultima è da riconoscersi con molta
probabilità l’originario baglio del complesso. Notevole la presenza, alla base
delle murature, di grandi blocchi di calcare squadrati, indizio di preesistenze
antiche o materiale di spoglio reimpiegato. Lo stato delle rovine non consente
alcuna ipotesi di datazione.” 39

CASTELLO DI PIETRA DI ROMA

Afferma il Meli40 che questo castello sia stato fondato da Levinio console romano
che fu in Sicilia nel 214 A.C. e si trova nella pianura di S. Marco, oggi Torrenova.
Fino al XVIII secolo vi erano due altissime torri, una rotonda e l’altra quadrata;
accanto alla torre rotonda vi era una cisterna nella quale, dice la tradizione, furono
buttati dai pagani molti cristiani.

Castello del Monte Asa

Sul monte Asa, posto di fronte all’abitato, si vedono ancora segni di antiche
costruzioni e il Meli41 scrive che Asa è un nome saraceno “Mi confermo poi a
dire che questo nome Asa sia saraceno perchè me lo attesta il Fazello nella deca
2, lib. 10, c. 1, dove dice che avendo entrato Carlo V imperatore nella città di
Tunisi, fra gl’altri prigionieri prese una certa donna molto illustre di nobiltà,

39 Ferdinando Maurici, CASTELLI MEDIEVALI IN SICILIA, Sellerio editore, Palermo, p. 364.


40 A. Meli, op. cit. p. 76.
41 A. Meli, op. cit. p. 78
I Castelli 39

ma più nobile per la fortezza dell’animo chiamata Asa, la quale volendo il re di


Tunisi riscattarla, adirandosi gli sputò in faccia e disseli: < Va via in malora,
Muleassen> - che così chiamavasi il re - ,<che per riavere il regno hai crudelmente
dato a sacco ed all’occisione la patria ed i cittadini;va> - disse – <tiranno, che
non voglio esser libera per mezzo del tuo riscatto ma perpetuamente viverò e
morirò serva insieme colla mia patria>. Io non voglio dire che questa Asa potè
essere portata in Sicilia e come abitatrice di questo castello avesse datoli il nome,
perchè essendo cosa moderna, a causa che Carlo V nacque negli anni 1500 assai
moderni. Che se così fosse stata la cosa avressimo più certezza; solamente sento
che detto nome d’Asa l’abbia dato altra persona nel tempo de Saraceni.”
La tradizione orale tramanda che la Regina di Asa ogni domenica veniva portata
su una lettiga alla Chiesa di Gistola per partecipare alla Santa Messa.
40 San Marco d’Alunzio “pagine d’archivio”
41

I TERREMOTI A S. MARCO

Descrivendo le chiese di S. Marco d’Alunzio, ci accorgiamo che quasi tutte sono


state costruite o ricostruite a partire dal XVII secolo. La spiegazione di ciò si
ha nel fatto che nel XVII – XVIII secolo vi furono orribili terremoti che hanno
devastato il territorio dei Nebrodi e anche gli edifici di S. Marco.
Cerchiamo di citarne alcuni attraverso le parole degli autori.
Nel 1613 i Nebrodi furono colpiti da un terribile terremoto, in particolare la
nostra zona e il Mongitore scrive che la terra di Naso fu devastata e molte chiese
furono distrutte.
In un registro della Chiesa di Aracoeli del 1693 si legge:
“In questo anno 1693 inditione prima, all’11 di gennaro a hori 20 e menza,
domenica infra octavam Epifania venni un terribilissimo terremoto, il quale feci
gran danno in questo regno di Sicilia, for di modo nel Val di Noto, nel quale si
distrusse la terza città del regno, la mobilissima città di Catania della quale
remase solamente la cappella della gloriosa Sancta Agata con un canonico
e quatro preti che stavano per esponete la reliquia della gloriosa Santa, con
restare sotto le rovine di quella diciassette mila persone, e tante altre città, terre,
castelli, valli e casali secondo le gamete che sono uscite alle stampe.
Solamente questa città di Calata antiqua chiamata adesso S. Marco restao
libera di questo flagello della divina giustizia, libera per l’intercessione del
nostro patrono S. Marco e per il miracoloso Santissimo Crocifisso della mia
Parrocchiale Chiesa di S. Maria Aracoeli, il quale, per la necessità che incontrò
del territorio, si condusse per il monastero magiore con una processione
solennissima con grandissime mortificazioni di ogni sorte di persone e con
grandissima consolattione di quelle monache che supplicarono per averlo
l’ultimo venerdì del mese di marzo che si sole associare detto crocifisso e per
esser fatta istanza del Monastero di S. Teodoro per averlo ancora e godersi il
suo sposo Giesu Cristo crocifisso e sfogar lo suo infinito amore che nel suo cuore
tengono verso lo sposo, e per esser indiscussa la proposta per levar qualche
inconveniente, li Reverendi cappellani della mia Parrocchiale Chiesa S. Maria
Aracoeli, lo condussero per li strati soliti con grandissima devozione che per
grazia del medesimo Crocifisso non fu nessuno inconveniente, che il superbo
Lucifero cercava havere nemico della salute dell’anima nostra; e questo è
tutto verità per avermi trovato io presente come indegno del nome e demerto di
42 San Marco d’Alunzio “pagine d’archivio”

clerico della medesima che ho grandissima consolactione per esser di questa


bella e sontuosa Chiesa degno d’ogni honore e gloria per haver gran quantità di
Reliquii d’ogni sorta per dicorsi il capillo della Beatissima Vergine Maria mia
carissima madre, indegno di chiamarla così, e l’avere del suo dolcissimo figlio
Cristo Giesu mio amato redentore e un pezzetto del legno della Vera Croce sopra
il quale si fece quello sacrificio tanto grato al Sommo Iddio e si oprò l’opera
grande della grande redenzione sopra a tante altre reliquie che per non poterli
numerare tralascio dando fine a questo rozzo racconto che si legerà, la prego
che dica per amor di Maria e questo santissimo Crocifisso il Signore delli popoli
e sue Sancte piaghe che Iddio lo remunerà in questa e nell’altra essendo devoto
di questo crocifisso di Araceli che Iddio ci conceda, vada in pace e preghi a sua
madre ancora per me e S. Giuseppe.
Dico e tutto questo affermo per esser dello…”42
Un altro terremoto a S. Marco avvenne nel 1742: nei registri parrocchiali di
quell’anno si legge che furono pagate onze 0.2 per far suonare la campana durante
la processione in ringraziamento per lo scampato pericolo.
Sempre il Mongitore nel descrivere il terremoto del 1739 parla direttamente di S.
Marco, descrivendone i danni e le paure:
“Mentre trascrivea queste funeste memorie, accaddero i terremoti che
spaventarono insieme e flagellarono alcuni luoghi del Valdemone, in particolare
le terre di S. Marco e di Naso: n’ho le distinte relazioni del D. D. Gio. Lo Presti
Arciprete della prima e del D. D. Pietro Drago luogotenente dell’Arciprete della
seconda che si trovaron presenti. A 29 marzo di quest’anno 1739, giorno di
Pasqua di Resurrezione sull’ore 4 della notte si vide una impressione in aria sopra
la terra di Cesarò a forma di tre travi di fuoco, e mentre s’incamminava verso
la città di Troina, s’accrebbero al numero di nove: onde atterriti gli abitatori;
temendo i divini flagelli, corsero pentiti alle chiese implorando la divina pietà:
nello stesso tempo fu veduto in Naso straordinario rossore, che inchinava al
nero, verso tramontana.
Indi a 4 maggio si vide dalla terra di S. Marco spiccare da Vulcano, che gli sta
di rincontro, una nuvola infuocata verso l’ore 21, in 22 incamminandosi verso
la Sicilia, strepitando di continuo, scagliava alcuni rimbombi come di moschetto
e di petriere. Passò per sopra la terra di Pilaino, ove nella fiumara vicina gittò
una grossa pietra di circa rotola 9 e credesi che altri simili ne avesse scaricato
in mare; di questa pietra ne vidi, ed ebbi più giorni in mano un pezzo staccato da
tutto il masso, mandato da colà al signor Principe di Castellaccio Padrone della
terra; era egli ponderoso, di color fosco, composto di molte pietruccie lucide
ammassate con odore sulfureo. Onde potè giudicarsi esser una di quelle pietre
vomitate allo spesso da Vulcano. Dirizzò il suo corso la nuvola scintillando
42 Archivio parrocchiale Chiesa Madre S. Marco D’Alunzio
I terremoti a S. Marco 43

sempre fuoco e strepitando per l’aria delle terre di Catania, Naso, S. Marco,
Longi, Alcara, Tortorici e Randazzo e andò a dileguarsi presso Mongibello.
Furon questi accidenti preludi del terremoto; poichè a 9 dello stesso maggio, ad
ore 18, vennero assalite le due terre di Naso e S. Marco da gagliardo terremoto, e
fu preceduto da un orrido urlo di Vulcano. Dopo pochi minuti si sentì la seconda
volta con altro rimbombo a guisa d’artigliaria; ed in S. Marco seguirono le
scosse fino alla metà della notte col continuo tremor della terra: così pure in
Naso con istesse scosse, accompagnate sempre col rimbombo di Vulcano.
A 10 maggio circa le ore 21 il terremoto con due successivi scuotimenti manifestò
le sue violenze in S. Marco, e staccò le rupi da’ monti con orrido strepito nel
precipitare; una di smisurata grandezza dovendo secondo il suo corso andar per
retta linea a rovinare una casa di campagna colla morte di una intiera famiglia
applicata al governo del verme di seta; dispose la divina Provvidenza, che presso
la casa si divise in due parti e precipitò una dal destro, altra dal sinistro lato
della casa, lasciandola per divina Pietà illesa. Ne’ confini del territorio di S.
Marco si spiccò dal monte una rupe di circa due cantara, cioè 2400 libbre, e si
avvenne in un pagliaio di campagna in cui era una mandra di vacche e collocossi
in cima al pagliaio, in maniera che non avrebbe potuto in miglior forma situarlo
un perito architetto, con alto stupore di tutti ma senza denneggiare nè persone
nè bestiame.
Alcune chiese restaron conquassate. Caddero alcune case di campagna, altre
crepate. Il casino del conte padrone ivi trovandosi, restò aperto: onde fu costretto
abbandonarlo con tutta la famiglia.
In questo tempo non ne restò alcuno oppresso, ma sol una donna ferita.
Le monache del Monastero del Salvatore furono costrette a passare ad altro
luogo più sicuro; e il convento dei Cappuccini restò aperto in più fissure. Non
furono minori gli effetti cagionati in Naso...
A 15 maggio tornò il terremoto in S. Marco ad apportar nuovi spaventi ad
ore quattro della notte, e nello spazio di cinque quarti diede sette scosse con
precedenti ribombi; e seguitando di tanto in tanto le scosse più e meno gagliarde,
oltrepassarono il numero di 100: restando sbalorditi gli abitatori: abbenchè per
la divina Misericordia senza danno di persone. In questo tempo si osservaron
l’acque torbide, e le cisterne secche per la commozion della terra. Il grido
stranissimo de’ galli e galline, il fremito de’ cavalli, il dibattimento degli uccelli
avvisavan l’imminenti scosse.
Delli 5 giugno in poi apparve gran fuoco nell’aria, che sembrava volesse
consumare il mondo, e si dileguò verso Randazzo, e Bronte ed ivi si sentì con
danno notabile il terremoto. In quest’occasione furon straordinarie le fatiche
de’ predicatori, ed ecclesiastici, che promossero con gran premura il profitto
dell’anime e straordinarie le penitenze, processioni, ed altri esercizi di pietà del
44 San Marco d’Alunzio “pagine d’archivio”

popolo, che per liberazione si obbligò a voto di digiunare la vigilia della solennità
dell’Immacolata Concezion di Maria Vergine ad imitazion di Palermo...”43
Il Meli descrivendo questo terremoto parla dei danni subiti a S. Marco: fu distrutto
il fondaco di S. Giuseppe in riva al mare, in contrada Stazzone caddero due case,
nel fondaco di Pietra di Roma cadde una camera, nella Chiesa di S. Giuseppe
cadde un pezzo di marmo dell’arco maggiore. Il Monastero del SS. Salvatore
fu molto danneggiato e le suore trascorsero la notte sotto il porticato e il giorno
dopo si rifugiarono in alcune capanne che si trovavano nel giardino dell’altro
Monastero di S. Teodoro. Nelle chiese per molti mesi non furono celebrate le SS.
Messe, ma si allestì un altare nel cortile del castello e qui venivano celebrate le
Sacre funzioni. Nella Marina furono fatte tre processioni, una con la Santa Spina,
la seconda con la Santa Croce e la terza processione girò per tutta la marina.
Un’altra processione fu organizzata con partenza dalla marina con le sante
Reliquie fino a S. Marco: “Tutti li concorrenti erano ordinati in questa guisa:
precedeva una croce, seguivano a due a due tutti li figlioli, poscia li grandi
mascoli, appresso il clero e finalmente le femmine, tutti in abito di penitenza con
libani e corone di spine. Or questa processione di tutto il popolo di S. Marco,
passando per la Chiesa di S. Marco vi prese il quadro di detto Santo, passando da
S. Antonio vi prese l’imagine e così ancora di S. Giuseppe, S. Maria, S. Basilio,
S. Nicolò Tolentino, S. Nicolò di Bari, tutte le Reliquie della venerabile Matrice
e finalmente il Santissimo Crocefisso di Araceli; e recando dette sacre Reliquie
e dette Sante Immagini sino al piano del castello, ivi furono accomodati in un
vasto piano dove s’era ancora alzato l’altare per dire la Santa Messa. Ardevano
di continuo molte cere e molte lampadi le quali non si smorzavano a causa che
tutto il tempo del terremoto fu da queste parti del Regno di Sicilia totalmente
bannito il vento, e neppure si pratticò menoma aura grecale solita comparire
nell’està. In questo piano del castello arrivata la processione si fece un sermone,
eccitando le genti a dimandare a Dio il perdono e la remora delle sue vendette;
ed erano così universali li pianti che riferirli non si potrà. Il più atto tenerissimo
fu quello de figlioli mascoli e femine, che essendo tutti scapegliati moveano il
popolo al pianto ed alla detestazione del peccato.”44
Nel Volume 57 del Fondo dell’Archivio di Stato di Messina riguardante il
Monastero del SS.mo Salvatore troviamo diverse pagine che descrivono questo
avvenimento45:
“Breve Ristretto di quanto accadde in questa Terra di San Marco in quest’anno
1739. 3° Ind(izion)e in occasione delli Tremoti.
Il Dio essendo il Supremo Fattore del tutto vidde colla Sua Divina Scienza che

43 A. Mongitore, DELLA SICILIA RICERCATA, Palermo 1743, p.421ss.


44 A. Meli, op. cit., pp. 165-166.
45 Questa notizia mi è stata fornita dalla Dott.ssa Shara Pirrotti.
I terremoti a S. Marco 45

l’Anime per le quali aveva disceso da Cielo in Terra, ed aveva ricomprato col
proprio Sangue col finire la vita Sua Santiss(i)ma sopra un tronco di Croce, tuttavia
andavano di male in peggio nel loro operare, e che d’ogn’altro si ricordavano
Forche del loro dovere di portarsi à tenore della sua Divina Legge, non potendo,
p(er) così dire, più soffrire, e per altro volendo far vedere la Sua amorevolezza
in volerle ritornate à lui, risolse di farsi sentiri con orribili castighi de tremoti;
Ma prima di ciò non lasciò di avvisarle, mentre ell’ultimi del mese d’Aprile
dell’istesso giorno di Vennerdì ad hore 22 incirca si sentì nell’aere disparamento
à guisa di mortaretti quale portò rumore tale, che sop(ra) i tetti delle case s’udì
un grandis(si)mo spavento, e non sapendosi che cosa fosse stata, alla fine fatte le
diligenze s’ebbe l’accerto’ che vi fù una Nube p(er) l’aere, la quale caminando,
andava disparando come sop(r)a s’è detto.
A questo p(ri)mo Segno così spaventoso non rientrando fra di loro l’Anime di
questo popolo, ma sempre più attendevano alle loro sodisfattioni, ed interessi
temporali, qual’erano i Nudricati, ove in quel tempo trovavansi impiegati nelle
Campagne; diede di mano il Dio al più gagliardo castigo, che fù à 9. Maggio del
med(esim)o anno, giorno di Sabbato ad hore 8 incirca.
Prima dell’ore 18 del med(esi)mo Sabbato comparve l’Aere con Nebbie à
color bianco che davano però nel colore di piumbo, egli osservavano cresposi,
arrivate però l’ore 18 si sentirono alcune gutte d’acqua, quali finite, si sentì un
grandiss(i)mo scotimento di Fabriche; al chè atterrite tutta la gente, uscì fuori
delle case; Appena uscita, ecco che replica il scotimento con più gaglierdezze;
à spaventosi considerabile, ogn’uno incominciava à pensare à fatti suoi// con
atti di vero pentimento; nel meglio de clamori però, ecco il terzo scotimento
più gagliardo, e sensibile de primi; motivo che ogn’uno si radunò nel piano del
vaglio, dove vi erano la S. Croce, Maria addolorata, e le reliquie de Santi Patroni.
La Sera poi niuno dormì in Casa ma chi in un piano, chi in un’altro, e fra questo
mentre ogn’uno pensava a’ confessarsi. Siccome si fece sino ad hore 6 di notte//
Le Rev(eren)de Religiose del Mon(aste)ro di S. Teodoro pure al sentire fecero
li sop(r)a d(ett)i scotimenti, l’istesso giorno di Sabbato, abbandonando il loro
Mon(aste)ro, abbassarono nel giardino, dove occorrendo il di loro Cappellano
che trovavasi allora il Dr Dn Paolo Caputo, incominciò ad animarli, ed all’istesso
tempo ad èsortarli, p(er) il che dando di mano alle penitenze, acciò come spose
del Crocifisso avessero potuto placare lo sdegno del loro sposo celeste; prima
d’ogn’altro pensarono alla santa confessione, quale non essendovi parte per due
s’avesse potuto sentire dal Cappellano sud(ett)o, la Madre Abb(adess)a allora la
Sig(nor)a S.ro(?) D.a Constanza Grassotto determinò fare un piccolo forame in
una parte delle mura di d(ett)o Giardino, da dove ad’una ad’una confessate, ne
riceverono la Santa assolutione.
Fratanto fatta la Sera non pensando di ritornare in Mon(aste)ro sotto le fabriche,
46 San Marco d’Alunzio “pagine d’archivio”

pernottarono in d(ett)o giardino sotto padiglioni di tela.


Non inferiore à queste furono le Monache dell’altro Mon(aste)ro sotto titolo del
SS.mo Salv(ator)e, mentre come situate è parte più mobile, si viddero totalmente
confuse sotto le fabriche dell’oro Mon.ro, quindi determina(n)do di mettersi in
salvo, uscirono nel loro piccolo, ed angusto giardino, ove pure si empivano di
spavento, p(erc)hè di continuo si vedevano le Fabriche cader di sopra. Occorse
il di loro Cappellano D(o)n Antonio Tomasello, con il quale aperta la porta
della Clausura, si confermarono di quel modo, e maniera poterono, e stando
di continuo applicate alle penitenze, s’accostò la Sera, che p(er) paura, non
ebbero animo di entrarsene in Mon.ro ma restarano colà p(er) tutta la notte sotto
padiglioni di tela.
Appunto mentre Io sto scrivendo, mi viene data una relatione di quello successo
nella Città di Messina à di 16 dicembre 1737, che parendomi approposito, anzi
dispositivo alli nostri qui sortiti tremuoti, mi faccio// lecito interrompere quanto
io stavo narrando. Comparve dunque in quella città detta, e suoi borghi verso
ora una di notte dalla parte Boreale un certo color di fuoco oscuro, che à puoco
à puoco sparso verso il Sottentrione pareva che avesse voluto brugiare tutti
quelli habitanti, che p(er) ciò fù il spavento di quello populo, che tutto lasciando
le proprie habitazioni, corsero alla Catredrale, ove ricevendo la bened(itio)ne di
quel S. Vescovo allora Dn Tomaso Vidal, p(er) mezzo della protezzione di Maria,
ne furono liberati all’ore sei della notte, e di ogn’altro vi fu, p(er) non allungarmi
mi rimetto alla d(ett)a relazione stampata nel med(esi)mo anno, e fratanto parmi
dovere seguitare il mio principiato discorso.
Mattina dunque di Domenica 10 del soprad(ett)o Maggio, credendo ogn’uno
che il Dio avesse degnatosi di dar fine ad u(n) sì terribile castigo, benche
timorosam(en)te, d’ogni modo non sdegnava di pratticare nelle Case, ove
p(er) lo più fecero l’usuato pranso; benche le Sig(no)re Monache delli due
Mon(aste)ri avessero pransato ogn’uno nel loro respettivo giardino senza aver
andato dentro le fabriche. Le soprad(ett)e Reliquie però sempre stiedero nel
piano del Vaglio; parendo poi à quelli santi Sac(erdo)ti, che stavano in’oratione
continua avanti le med(esi)me, che di gia erano passate l’ore 24, e non s’avea
fatto sentire cosa, pensarono verso l’ore 20 processionalm(en)te di trasportare
nella Pa(occhia)le Chiesa d’Araceli la S. Croce, e Vergine addolorata, da dove
avevano usciti; arrivati furono nel piano di d(ett)a Chiesa, ove fatto un divoto
discorso Spirituale p(er) indurre la gente alla vera contritione dal Mo(l)to
Rev. D.r D.n Paolo Caputo, così contriti, entrorno in d.a Chiesa nella quale
dandosi il perdono di d(ett)e Reliquie, stavasi di conservarle, ma essendo fra
questo mentre l’ora 21 ecco che si sentì un terribilissimo tremuoto à segno che
fece stupidire tutta la gente, ed il Sac(erdo)te, che teneva ancor in mano la S.
Croce, dal spavento fù sorpreso da un’occupatione di cuore sì fiera, che se
I terremoti a S. Marco 47

non veniva sostenuto dalli circostanti, averebbe buttatosi à tèrra assieme con
d(ett)a S. Croce. Il d(ett)o tremuoto durò p(er) lo spatio di quanto uno partitosi
correndo, potè arrivare alla Chiesa di S. Gius(epp)e, e fra questo mentre si
vidde tutta dispersa in tutte le pianure, piangendo, domandando perdono, e fù
così spaventevole che i Monti dal scotimento, buona parte si precipitarono,
come fù buona parte del monte sopra il Fiume di Zirì, quello di Grilli, e quelli
dell’Angara, e facendo rumore inusitato portavano il striscio sino alla Marina
à segno tale, che quella gente trovavasi in d(ett)a Marina credeva che la terra
s’avesse tutta diroccata; questa gente poi della Terra vedendo la polverazzata
delle fabriche di Petra di roma, della Case delli Serri, e di quelle della Marina,
supponeva gran perdita di gente, della marina, la quale le mandava così forte
le voci: dicendo Misericordia che pareva aver venuto il giuditio Universale; e
fra questo mentre le rev(eren)de Monache// del Mon(aste)ro di S. Teodoro che le
veniva di rimpetto l’orribile spavento delle fabriche cadevano nella marina, altro
non facevano, che domandar perdono al Sig(no)re, ed’inginocchiati in se(g)no
di penitenza, pregavano il Dio, che avesse cambiata la Sua Divina giustizia
in’una larga Misericordia, fra questi spaventevoli vedute occorse il sop(r)a
d(ett)o di Caputo Loro cappellano, il quale compiangendo con Loro, alla Fine
doppo d’averle in qualche maniera rancorate; gli diede l’assoluzione generale,
con che al quanto quietate; permisero, che d(ett)o loro Cappellano il d(ett)o di
Caputo avesse portatosi allo altro Mon(aste)ro p(er) dare al med(esi)mo qualche
sollievo, giache il Cap.no loro trovavasi alla Marina, e li loro Estraordinarij in
quel giorno dispersi p(er) le Campagne; ed’infatti arrivato d(ett)o di Caputo
all’altro Mon(aste)ro, ritrovò quelle Sante religiose in’atto di penitenza con la
porta aperta del loro angusto giardino, che gridando Misericordia erano così
impavorite, sì dell’orbile tremuoto, come per il striscio de monti caderono à Loro
vicini, che erano quasi tramortiti tanto più che le fabriche del loro Mon(aste9ro
vicine al giardinetto ad’ogni menomo scuotime(n)to, parea che volevano caderci
di sop(r)a. Alla vista di quelle Sante, e pudiche Religiose, d(ett)o di Caputo
maggiorm(en)te confondendosi, tuttavia p(er) aggiunto del Sig.re, avendo
fatto animo, incominciò ad’esortarle alla Sicurezza, e così in qualche maniera
animate incominciarono à cessare dalli grida, e timendo di stare in quel angusto
luogo, fece entrare la Madre Abb(adess)a allora l’Ill(ustrissi)ma Sig(no)ra D.a
Caterina Filingeri à d(ett)o di Caputo, con in quale vedutosi la Stritteza, nella
quale trovavansi, ed il pericolo evidente; si risolse di uscirsene fuori, p(ri)ma
però d’uscire le Religiose, d(ett)o di Caputo spiccò un Serio dove l’Ill.mo Sign(o)r
D(o)n Giovanni Filingeri loro Vis(itato)re, che trovavasi alla Marina; Ma p(er)
li continui scossi che tuttavia vi erano, non potendosi aspettare la risposta, fu
di bisogno uscirle, p(ri)ma però dell’uscita, d(ett)o di Caputo gli fece una pia e
divota esortatione, quale finita; l’Ill.ma Sig.ra Madre prese la Croce nelle mai
48 San Marco d’Alunzio “pagine d’archivio”

(sic!), è poi voltata alle sue Religiose, gli diede il precetto di doverla seguitare,
siccome infatti uscite, furono collocate nel piano// dove vi sono li piedi delli
cerasi, e poi d(ett)o di Caputo spiccò un’altro Serio à d(ett)o Ill.mo Sig.r d(on)
Filingeri, à cui dava la notitia d’esser di gia uscite dal Mon(aste)ro le Religiose;
à tale avviso d(ett)o d(on) Filingeri d’un subbito si portò alla Terra, ove arrivò
all’Avemaria, con lui portò il Sig.r D.r D.n Ant(oni)no Miele, e d.n Ant(oni)o
Tomasello Capp(ucci)no, quali d’un’ subbito diedero di mano ed accomodarono
una capanna di Padiglione, sotto la quale stiedero tutta la notte le Monache,
Filingeri, Capp(ucci)no e Miele sempre in vigilia seduti à sedie.
In D(ett)o giorno di Domenica poi non devo tralasciare di raguagliare come alla
Marina, dove vi era la residenza delli nostri Ecc(ellentissi)mi Sig(no)ri Conte,
Contessa, e Principino oltre dell’infinite confessioni generali si fecero quasi sino
à tutta la notte; si dispose da d(ett)i Ecc.mi una processione di mortificatione,
Siccome Fecegli comportare Al M(ol)to Rev(erend)o Arcip(re)te allora il D.r
D.n Giovanni Lo Presti la Santa Spina dataci dalli sop(r)a riferiti Ecc.mi, e così
ogn’uno potrà pensare con qual modestia, Spirito, e contrizione faceasi d(ett)a
Processione, e di questa se ne fece più d’una volta, gia che tuttavia non lasciava
di tremare la terra; Non inferiore à questa se ne fecero quì alla Terra.
Fatto poi giorno, che era il di 11 di d(ett)o Maggio il d(ett)o di Caputo alzatosi
di dormire dal suolo della terra nel piano del Vaglio assieme con tutto il populo
che stava tutta quella notte innanti le Sante Reliquie, si portò a vedere come
avessero passato le religiose dell’altro Mon.ro fuori del med.mo, ed intese
la risoluzione avean fatto di portarsi nel giardino del Mon.ro di S. Teodoro,
che p(er) essere grande, si stava senza p(er) timore di Fabriche, ed infatti il
Sig(no)r di Filingeri Vis(itato)re ordinò à d(ett)o di Caputo di andarsene in S.
Teodoro, e far fare una porta nelle mura del giardino di d(ett)o Mon.ro p(er)
poter colà entrare le Religiose dell’altro Mon.ro, siccome infatti fece d.o di
Caputo, il quale dando una tale notitia alle Sue Religiose, queste intenerite, non
cessarono di piangere; fatta di gia la porta, si partirono le religiose dell’altro
Mon.ro processionalm(en)te à due à due, precedendo la prima la più piccola di
professione con la Croce in mani, e quattro novitie con torcie accese, l’ultima era
la Madre Abb(adess)a assistita dal Vis(itato)re Cap(ella)no, ed Estraordinarij;
Lascio fra questo mentre alla consideratione d’ogn’uno il pensare con quale
pianto fecero la partenza quelle spose di Cristo dal loro Santo Chiostro, che sino
arrivarono in S. Teodoro, astersero la strada fecero dalla parte di S. Agostino
d’amare lagrime, quali però venivano raddolcite dal pensare che portavano
seco l’Immagine del volto di Cristo Loro amato Sposo divino; Il popolo poi
tutto che vidde le spose del Crocifisso à lasciar obligati la loro solitudine, ch’è
l’istesso, che lasciare un’intiero Paradiso// ad alta voce gridando, compiangeva
le communi disgratie.
I terremoti a S. Marco 49

Il riflettere poi che con quest’occasione venivano ad unirsi in quel Santuario


di S. Teodoro, tante colombe di purità assieme unite avessero potuto con più
fervenza mandar prieghi al Cielo p(er) liberare il populo tutto di si orrendo
castigo, era questo un giusto motivo, che andava raddolcendo l’animo della
Gente, e rasciucava d’ogn’uno le lacrime.
Essendo di già a vista, e vicina alla porta nuova fatta del giardino di S. Teodoro,
ecco che quella gente trovavasi aspettatrice di tale entrata, osservando la
modestia, la pudicitia, il Santo e divoto rossore, e lagrime, con i quali andavano
caminando quelle Rondinelle fuori del loro Nido, non potendosi contenere pieni
di Santa tenerezza, alzò le Voci dicendo: Misericordia ò amato Sig(no)re; Fra
questo mentre la Madre Abb(adess)a di S. Teodoro avendo preso il Crocifisso suo
sposo assieme con tutte le Religiose innanti d(ett)a porta al didentro incontrando
quelle altre Religiose più con le lacrime, che con le parole, abbracciandosi l’un
con l’altra compiansero il disastro p(er) il quale furono forzate ad unirsi, ma
nel medesimo tempo ringratiavano à Dio, che così volle disponere, e fratanto si
viddero di presenza quelli parenti, ed amici, che mai credevono vedersi, se non in
Paradiso. Avvicinata l’ora di pranso, il d.o Ill.mo Sig.r D.n Giov(anni) Filingeri
Vis(itato)re pensò Fargli all’infretta una modesta collationata; e poi chiamati
mastri, e uomini si diede principio alla Fabrica delle Capanne come p(er) l’une
come p(er) l’altre religiose quanto ancora p(er) quella del Cappellano d.n Paolo
Caputo, quale si fabricò di tavole al pari delle Monache nel piano a frontispitio
di d.a porta.
Fatto ciò l’indomani 12 di d.o Maggio giorno di martedì, d(ett)o Sig.re di
Filingeri Vis.re pensò mandarsen non solo in Messina è quel Prelato, ma anco
al Prelato di Morreale allora il Sig.r Can.co D.n Filippo Intravaja d. Vic(a)rio
Gen.le dell’Ill.mo Sig.r Cardinale Gienfogo Arciv.o dell’altro Mon.ro, e tanto
dall’uno, come dall’altro venne approvato quel tanto aveva fatto d.o di Filingeri
Vis.re, e solamente quello di Messina gli diede la facoltà di erigersi una Cappella
in d.o giardino p(er) udire le monache la messa; e poter fare tutti li loro esercitij
Spirituali, con avere anco dato la facoltà al cappellano, ed Estraordinarij
dell’altro Mon.ro di poter confessare le di loro Religiose, quali assieme con
quello di S. Teodoro si confessavano in d.o giardino// nel quale entravano p(er)
sentirne le Confessioni, il Cappellano però di S. Teodoro, faceva tutto quello
bisognava nel dispensare Sacramenti à tutte le Religiose, quali ascendevano al
n.ro 83. cioè 49 quelle dell’altro Mon.ro, e 34 quelle di S. Teodoro, quali ad’una
ad’una sono le seguenti: la Sig.ra D.a Constanza Prassotto Abb.a, D.a Eleonora
lo Presti, D.a Clara Cosari, D.a Angela E(le)tta Priora, la quale infermatasi in
d.o giardino, fra lo spatio di giorni 9 se ne passò all’altra vita; Ill.ma Sig.ra D.a
Gius.a Filingeri sorella del n.ro Ecc.mo Sig. Conte, l’Ill.me Sig.re D.a Maria e D.a
Silvestra Filingeri sorelle dell’Ill.mo Sig.r D.n Giov.ni Filingeri Vis.re, D.a Anna
50 San Marco d’Alunzio “pagine d’archivio”

di Franco, d.a Candida Rabbone, D.a Geltrude Tetamo, d.a Vittoria E(le)tta, D.a
Caterina Lombardo, D.a Gabriela, e d.a Felice Anastasi, D.a Serafina Tetamo,
d.a Fortunata lo Iacono, d.a Rosa Franchina, d.a Isabella, e d.a Domenica Zito,
D.a Margarita Calderone, d.a Antonia di Franco, d.a Gaetana Franchina, d.a
Ninfa, e d.a Emmanuela Baldi, D.a Lucia, e D.a Arcangela Papa, D.a Rosalia di
Marco, d.a Angelica Piparo novitia, che poi non essendo stata da Dio confirmata
nella vocatio, se ne uscì dal mon.ro, D.a Gius.a Greco Polusanda, S.ra Agnese
Timpanno, s.ro Rosaria Pirrone, s.ro Barbara di Corpina e S.ro Gesualda San
Cansintino. Assieme con quest’ordine da Messina venne decretato à d.o Arcip.
te che avesse fatto erigere altari fuori delle Chiese, Siccome si fece tanto alla
Marina, come qui alla terra, ne quali si celebravano la Messa, e Facultà ancora
di poter confessare tutti li Sacerdoti, ed’ogn’altro che avesse stato bisognevole;
come pure mandò una bellissima lettera Pastorale, quale fù affissata alla porta
di q.a Matrice. Tra questo tempo ogn’uno si fabricò le Capanne, e dormiva fuori,
senza che alcuno avesse pernottato dentro, p(er) che tutta via li tremuoti andavano
seguitando giorno, e notte, benche non con quella gagliardezza delli primi, ed
ogn’uno sempre stava su la sua; di tremuoti aveano il loro principio da un tuono
sotterraneo ad’ogn’uno sensibile, ma occupato, poi si faceva avanti un’auretta
fresca e poi se ne veniva il scotimento della terra molto sensibile p(er) che si
ributtava al disopra, e poi la terra p(er) un pezzo di tempo paria sotto i piedi
come avesse bollito, e parea siccome s’avesse caminato sopra mare. Si stiede di
questo modo à non sentire tremuoti gagliardi sino alli 15 di d.o Maggio sera di
Vennerdì, ma nell’ore tre della notte di d.o Vennerdì all’impensata ne venne uno,
che fù più spaventevole delli M.i, quale in tre quarti d’ora replicò sette volte, e
Sempre gagliardissimo, quanto si giudicò, che iddio in quella notte averebbe fatto
di tutta la gente l’ultimo scempio.// Le Sante Religiose, che nel giardino sud.o
stavano cantando hinni di gloria al loro Sposo celeste, talmente s’intimorirono,
che alzando le croci à domandar misericordia à Dio, aprirono la porta del
giardino domandando l’assolutione dal d.o P.re Capp.no D.r Paolo Caputo; il
quale accostandosi e fattosi fare un’atto di contrizione gli diede l’assoluzione
generale distante un puoco di d.a porta p(er) non stare al pericolo delle fabriche,
in somma p(er) tutta q(ue)lla notte si stiede in piedi, p(er) che di continuo si
facevano sentire; ne mai cessavano; quello però si sperimentò fra tali sciagure,
si fù che il Dio liberò ad ogn’uno di funesto accidente, quell’istesso che sin’ora
s’ha inteso aver successo, in q.a nostra terra, si sentì dalle terre convicine come
da Mirto, Frazanò, Capri, Naso le religiose del mon.ro del quale furono obligati
uscire dalloro Mon.ro e piantarsi nel piano della Gratia da Longi, Alcara, le
Monache del quale Mon.ro pure uscirono in campo aperto, come pure quelle
delle terre del SS.mo Salv.e e quelle della terra di S. Angelo, non meno di questi
di S. Marco si sentirono in Militello, benche non così gagliardi in S. Fradello.
I terremoti a S. Marco 51

Non vedendosi fratanto alcun spiraglio di fermarsi la terra ma sempre più si


sentivano li scotimenti, comparendo sempre nel Cielo certe nebbie lunghe à color
di piombo, e nel mezzo dell’Isole èraci in frontispitio un certo vapore à color
sulfurio, che con questo color comparve la sfera sop(r)a d(ett)a di Vennerdi la
Luna, accompagnata con un cerchio grandissimo, che ci minacciava gran rovine,
si dispose dal’Arcip(re9te à venire dalla Marina con tutto il popolo, che colà
ritrovavasi p(er) l’affare del nutricato in forma di processione di mortificatione
accompagnando la S. Spina portata da [...] Arcip(re)te nelle mani, ed arrivati
alla Chiesa di S. Marco, tutto quel Popolo entrando in d(ett)a Chiesa prese il
Quadro di S. Marco, che come Padrone di questa terra pregava, che avesse
portato à Dio il clamore del Popolo tutto, da dove poi processionalm(en)te
passarono d’innanzi di d(ett)a porta del giardino di S. Teodoro, quale aperta; le
Religiose tutte inginocchioni con abiti di penitenza, e disciplina alle mani e con
lagrime agl’occhi domandavano Misericordia à Dio p(er) quella Spina, che gli
trafisse il Capo Suo Santissimo; Fermato l’Arciprete fece un divoto, e profittevole
discorso, che commosse non solo l’Anime Sante di tutti quelle Religiose, ma anco
il Popolo tutto. Il pianto era incessante, la contrizione vera; finito il discorso la
Sud.a processione passò innanti p(er) tutta// la terra. Fra questo mentre s’uscì
l’Immagine del SS. mo Crocifisso della Par.le d’Araceli, Maria addolorata, la S.
Croce, S. Nicola di Bari, e S. Nicola Tolentino, e si situarono nel piano del Vaglio,
ove resideva il populo tutto notte, e giorno con sua capanna, ed Altare, e Sacerdoti
Assistenti, epure il Dio sempre più sdegnato, non si compiacque di levarsi il
Flagello delle mani, mentre tutta via si facevano sentire li tremuoti, e fratanto
àccostandosi li 28 del d.o Maggio giorno del Corpus Domini, ogn’uno credeva
sollennizarsi nelle Chiese, ma ogn’uno s’ingannò p(er)che benche s’avesse
sollennizato nella solita Chiesa Par.le del SS.mo Salv. tutta via con timore, p(er)
che l’istessa mattina s’avea inteso d’alcuni il scotimento della Terra, ad’ogni
modo, si fece la sollennità, e passò al solito dal Mon.ro di S. Teodoro nella
Chiesa del quale la goderono le Religiose dell’altro Mon.ro, che fù il p(ri)mo
giorno nel quale Fecero tutte le religiose la Communione nel Mon.ro, il resto
poi dell’espositioni giornali di quando in quando si fecero nel giardino nella
Cappella eletta come si disse di sopra, fino tutto il giorno dell’ottava, mentre la
mattina delli 4 Giugno ottava del Corpus Domini con un’ora di mattina vi Fù un
tremuoto nòn dissimile delli p(ri)mi.
Le Religiose dall’altro Mon.ro stiedero nel Sud.o giardino p(er) lo spatio di
giorni 22, e poi se ne andarono al Suo Mon.ro, dentro il giardinetto del quale
v’era conciata una Commodissima Capanna di Ginestra capace di 24 Letti,
ma p(er) che la loro Madre Abb(adess)a e Sig(no)ra D.a Candida Filingeri
ritrovavansi considerabilmente ammalata, e con essa restarono la Sig.ra D.a
Clara Salerno decana, e d.a Angela Marino, e S.ro(?) Barbara; ed il resto se
52 San Marco d’Alunzio “pagine d’archivio”

ne andarono nell’ottava del Corpus Domini accompagnate da Madre Vicaria la


Sig.ra D.a Cecilia Zuccaro. Si partirono di doppo pranzo processionalm(en)te
come vennero; or qui lascio alla consideratione d’ogn’uno quello vi potè essere
nella spartenza fecero fra loro Sante Spose di Cristo. Partiti dunque andarono à
vedere la Par.le del SS.mo Salv. ed ogn’altro, che vi era di bello in d.a Chiesa;
da colà incaminandosi p(er) la strada Mastra p(er) la terra, entrarono in S.
Gius.e, ove riposarono alquanto// di poi presero p(er) la volta della Matrice,
ove trovandosi il Sig.re esposto, riceverono la S. benedizione, e poi viddero le
reliquie, la Sacristia, ed ogn’altro vi era di riguardevole; da dove partitesi,
s’inviarono p(er) la volta della Par.le di Araceli, ove pure esponendosi il SS.mo
Sacramento di nuovo furono cariche di S. Benedizione, e poi adorato ebbero
quel Santo Cristo, viddero tutto quello poterono osservare; la d.a Chiesa fecero
il camino verso li PP. Cappuccini, ove osservando Chiesa loro, e Sacristia,
s’incaminarono p(er) dietro d.o C.nto nominato S. Giorgio, da dove scoprendo il
di loro Mon.ro, che sonava le Campane à sollennità, alla fine arrivarono, e prima
di entrare in Clausura, andarono à vedere la loro Chiesa, ove con atti umili di
ringratiame(n)to, gridavano lodando il Dio; alla fine poi sonata l’Avemaria se ne
entrarono in Clausura, cioe nel giardinetto, ove vi era accomodata la Capanna
e ... di sopra.
Venuto poi il giorno di S. Giovanni, e riavuti quelle Sig(no)re// che avevano
restate in S. Teodoro, si partirono doppo pranzo del medemo giorno, e consideri
ogn’uno l’ultima, e totale spartenza; fecero l’istesso camino delle prime;
solamente p(er) il gran caldo Fù di bisogno, che avessero riposato in Casa del
Sig.r di Filingeri Vis.re, ove vi furono delli belli rinfreschi p(er) ogn’uno che colà
trovossi; arrivati al loro Mon.ro, e andati in Chiesa, le Monache nel lettorino
cantorono il Te deum, ed il Capp.no disse l’oratione pro gratia redactione, e poi
se ne entrarono in Clausura come sopra.
Gi tremuoti Furono al n.ro di 700; tutta la gente stiede p(er) due mesi sempre
sotto capanne. Le Religiose di S. Teodoro doppo puochi giorni della partenza
dell’ultime Religiose dell’altro Mon.ro si ritirarono nel loro Mon.ro, preghiamo
intanto il Sig(no)re che ci liberi di tali disastri.”
53

LA COMUNITÀ GRECA

La comunità greca convertita al cristianesimo e dimorante a S. Marco dipendeva


dall’archimandrita del SS. Salvatore di Messina; mentre le monache del Real
Monastero del SS. Salvatore furono poste nel 1176, da Margherita di Navarra,
sotto la giurisdizione dell’arcivescovo di Monreale, rimanendovi fino alla metà
del 1800.
Tra il 1308-1310, il Sella ci informa che “ ..Presbiter Symon....solvit pro se et
cleris suis onze 1 grani X (dieci)..”.
Alla scomparsa, relativamente rapida della comunità musulmana che poco
aveva attecchito nella Val Demone, seguì già verso il secondo decennio del 1400
l’estinzione di quella greco-bizantina.
Il 18 agosto 1492, in seguito al provvedimento di espulsione a suo tempo disposto
dai re spagnoli Isabella di Castiglia e Ferdinando d’Aragona, dopo notevoli
vessazioni, anche quella parte della comunità ebraica di S.Marco, formata da
circa 400 persone che avevano rifiutato di convertirsi al cristianesimo, fu costretta
ad abbandonare la Sicilia.
“Il 19 settembre 1492, ‘tucti li Judey di la terra di San Marco vinniru per mari in
questa chitati ‘ di Messina, diretti in Calabria, ‘cum tucta la loru roba... cum tri
barchi;’ il documento precisa che ‘li dicti Judey li quali passaru cum loru sagictij
(naviglio veloce) foru in numero di persuni trichentuchinquanta’’ Ma, in effetti,
non si trattava di tutta la popolazione ebraica di San Marco, ma di un primo
gruppo di profughi che aveva scelto la via del mare, per raggiungere Messina,
tappa verso la vicina costa calabra, ‘per fari minori spisa’. Il 1° ottobre, infatti,
un altro gruppo di ebrei di San Marco raggiunse Messina, per via di terra,
accompagnato – quasi certamente, per evitare disordini da parte dei cristiani
durante il viaggio – da un regio commissario. Dal rimborso <spisi et vacationi>
a quest’ultimo, posto a confronto con analoghe liquidazioni che riportano il
numero degli uomini accompagnati, si può calcorare che il secondo gruppo di
ebrei che si mosse da San Marco, non doveva essere inferiore a centocinquanta
unità. Al commissario Giacomo Spataro che accompagnò a Messina questi ebrei
furono liquidate 5 onze, 13 tarì e 2 grani.
Ancora a metà novembre, la giudaica di San Marco si rivolse al Vicerè perchè
fossero compresi, nella nota di ripartizione, anche quegli ebrei di San Marco
che, per motivi di commercio, si trovavano nei centri vicini di Cerami e di Traina,
54 San Marco d’Alunzio “pagine d’archivio”

ed i cui beni erano stati sequestrati dalle autorità locali. ... Il 15 novembre,
successivamente alla partenza dei primi due gruppi, a San Marco c’era ancora
una giudaica operante, probabilmente intorno al nucleo più benestante e che
numerose famiglie ebraiche si trovavano ancora nelle terre del grosso feudo.
Calcolando che le famiglie ebraiche di <Liuni di Girachi, Habram Gaseni,
Guidalchi di Cappeota, Muxa Sacerdotu et altri habitaturi et commoranti in la
terra di Chirami>, siano state dieci in tutto; che altrettante famiglie si trovassero
a Traina e non più di quindici a San Marco, otterremo un terzo gruppo, formato
da 35 famiglie, per un totale di circa 200 ebrei. I tre gruppi, sommati assieme,
portano la consistenza degli ebrei della contea di San Marco a 700 unità;
eventuali differenze potrebbero essere coperte dalla percentuale di convertiti,
rimasti in loco, che la giudaica ebbe, come tutte le altre consorelle dell’isola
e che – ai fini della tassazione pro capite – venne calcolata dai funzionari del
fisco regio. Non saremmo affatto lontani da quella cifra di 728 ebrei, ottenuta
distribuendo le 364 once, importo della composizione, in ragione di mezza oncia
per ogni ebreo di San Marco.
La colonia ebraica di San Marco, tra la fine del duecento e la fine del trecento,
aveva raddoppiato i suoi effettivi; e non farebbe alcuna meraviglia se, nel 1492,
la proporzione con i cristiani avesse raggiunto il quarto. Nel 1282, su istanza di
quella giudaica, re Pietro ordinò ai giurati di San Marco che gli ebrei delmluogo
venissero calcolati in un decimo della popolazione totale... due secoli dopo,
troviamo che tale stina è raddoppiata ... Il conte di S. Marco, nel 1482 pretese
che i suoi ebrei contribuissero alle spese di carattere feudale, in una percentuale
maggiore del quinto, ma il vicerè si oppose non tanto perchè gli ebrei fossero
inferiori alla consistenza denunziata dal conte, quanto perchè <ipsi Judey su
tenuti a pagari certi altri gravicij et collecti in li quali non contribuixino li
christiani>.
Già agli inizi del duecento la comunità ebraica di San Marco è testimoniata da
un cimitero proprio.”46
Per quanto riguarda i luoghi di culto cattolico della comunità greca già nel 1438
l’arcivescovo di Messina, Mons. De Gattulis, dispose il trasferimento al culto
latino di gran parte delle chiese che erano appartenute a quella comunità.
L’influsso bizantino rimase, comunque, in S. Marco grazie a tutta una miriade di
Santi che si venerano in questo paese: dai patroni S.Marco Evangelista e S.Nicola
di Bari, a S. Basilio Magno, S. Pietro, S. Teodoro, S.Antonio Abate, S. Biagio, S.
Andrea, fino al culto per il SS. Salvatore, cui sono dedicati addirittura un grande
ed importante monastero ed una Chiesa parrocchiale.
Anche il culto Mariano è stato influenzato dalla presenza greca. Per questo nei
46 Modica Scala Giovanni, LE COMUNITà EBRAICHE NELLA CONTEA DI MODICA, ed. Setim,
Modica 1978, pp. 398-409
La comunità greca 55

secoli si è verificata la costruzione di una infinità di Chiese e Cappelle dedicate


alla Madonna.
Oltre a quella di Aracoeli vi erano le chiese dell’Annunziata, della Madonna
della Neve, di S. Maria dei Poveri, S. Maria del Soccorso, della Madonna della
Catena, di Gesù e Maria, della Madonna della Provvidenza, di S. Maria degli
Angeli, della Madonna dei sette dolori.
In particolar modo era sentito il culto per Colei che è la patrona dell’unica grande
comunità ortodossa oggi esistente in Sicilia, quella Madonna di Odigitria della
quale si conservano una pregevole tavola ed un’altrettanto bel gruppo ligneo.
56 San Marco d’Alunzio “pagine d’archivio”
57

LE PARROCCHIE DI S. MARCO

Oggi la Chiesa di S. Nicolò di Bari è sede dell’unica Parrocchia di S. Marco


D’Alunzio47; fino alla metà del XX secolo vi erano invece tre Parrocchie: S.
Nicolò di Bari (Arcipretura), Maria SS.ma Aracoeli, SS. Salvatore.48
Nel 1602 la Chiesa di S. Nicolò fu elevata alla dignità di Matrice con Breve della
S. Sede.
Prima di quest’anno essa viene menzionata alcune volte “Madrice” altre
“Maggiore”, altre “Parrocchiale” e altre “Chiesa”.
In un atto del 1528, stipulato con un orologiaio per l’orologio della Chiesa, viene
chiamata “Madrice”.
Nel 1594 Mons. Antonio Lombardo, Arcivescovo di Messina nella “Relationes
ad Limina” così scrive di S. Marco: “S.ti Marci. Oppidum Ill.mi Hieronymi
Belingerii (Filingeri n.d.r.) ab Alcaria 6 m. passus distat, indigenas habet 2032,
quorum 666 sacramentum Eucharistiae sucipere non sunt apti.
Matrix Ecclesia sub titulo S. Nicolai, 100 duc. Certi redditus habet. Paeter
Matricem duae Parochiales, altera sub titulo S.tae Mariae Araceli 150 duc.
Certi redditus possidens, altera vero sub vocabulo S.ti Salvatoris 75 duc. Certi
redditus habens, omnes sub cura et regimine Archipraesbyteri, quarum servitio
22 sacerdotes, diaconus, et subdiaconus, et XII in minoribus adstant.
Laycorum confraternitates sub his titulis videlicet, S.ti Basilii, S.ti Joseph,
Sanctae Mariae et Sancti Antonii, et earum proventus, sumptus non excedunt.
Duo monialium monasteria, alterum sub titulo S.ti Theodori, cui sunt certi
redditus duc. 100, in quo 17 Moniales. Alterum sub vocabulo SS.orum 40ta
Martyrum, 75 duc. Annuos redditus habens.
Est item extra oppidum aliud Monasterium eiusdem ordinis S.mi Salvatoris, R.mo
Archiepiscopo Montis realis subtum, in quo XI moniales commorantes.
Beneficium simplex Abbatia nuncupatum sub titulo S.ti Petri valoris annui duc.
80.
Item aliud sub titulo Annunciationis in Ecclesia sub eodem titulo valoris duc.
10.
47 Documento Parrocchiale, relazione visita Pastorale 1948: ”La parrocchia fu eletta dopo l’espulsione
Saracenica (1234). Matrice il 15/11/1600. La bolla arrivò in S. Marco nel 1662: Arciprete era D.
Ottavio Tetamo.”
48 Diversi volumi dell’archivio Parrocchiale trattano delle dispute tra le tre Parrocchie e sulla preminenza

della Madre Chiesa.


58 San Marco d’Alunzio “pagine d’archivio”

Aliud sub titolo S.ti Marci duc. 15 annui valoris, et hoc est unitum Archipresbiteratu.
Coenobium Augustinianum a 6 fratribus colitur.
Capuccinorum vero ab 8.
Confirmati 380.”49
Fino al 1587 le tre Parrocchie erano rette da un Cappellano Maggiore; da
quell’anno gli Arcipreti divennero anche Parroci della Chiesa di S. Nicola, mentre
prima non erano tali, ma venivano considerati capi del Clero per vigilare sui loro
buoni costumi e sulla tenuta dei registri Parrocchiali. Venivano nominati alcuni
“ad beneplacidum” e altri “ad vitam”.
Nel 1587 il Rev. D. Ottavio Tetamo, in seguito alla rinunzia fatta da D. Mariano
Cappa, ottenne Bolle Pontificie con le quali fu nominato Arciprete e Parroco
della Chiesa di S. Nicolò, dichiarata “solamente Arcipretale”.
In un documento della Chiesa madre del 17 maggio 1594 si legge:
“L’Arciprete presiede:
1. La vigilia di Natale
2. La messa di mezzanotte
3. Il giorno di Natale i secondi vespri
4. La domenica delle Palme l’Ufficio e la Benedizione delle Palme e la
Messa del Passio
5. Messa cantata il mercoledì e Giovedì Santo
6. Venerdì Santo: la mattina l’Ufficio del Passio, l’Ufficio della croce e
messa cantata e la sera l’Ufficio delle Tenebre
7. La mattina del Sabato Santo del Fonte
8. Il giorno di Pasqua li Vespri
9. Il sabato di Pentecoste l’ufficio del Fonte
10. Il giorno di Pentecoste i Vespri
11. La Vigilia del SS.mo Sacramento i primi Vespri
12. La Mattina del SS.mo Sacramento la messa cantata e i secondi Vespri
13. L’ottava i secondi Vespri e processione.
Tutti i Cappellani, Sacerdoti e Chierici devono assistere a dette Messe e Uffici. Se
Saranno assenti, senza licenza, saranno incarcerati a giudizio dell’Arciprete.
Essi devono inoltre intervenire a tutte le processioni sia ordinarie che
straordinarie, riservata la processione del Sabato d’Oliva e la processione di S.
Marco che escono dalla Chiesa di Araceli e la processione del SS.mo Sacramento
e del Crisma che escono dalla Chiesa del SS.mo Salvatore e si concludono nella
Chiesa Madre. Dalla Chiesa di Araceli esce anche la processione di mezzo agosto
che rientra nella stessa Chiesa. Dalla Chiesa di S. Giuseppe esce la processione
di S. Giuseppe e finisce nella stessa Chiesa.
49 AntonelloPettignano, IL TERRITORIO DEI NEBRODI..., in Storia dei Nebrodi, a cura di Giuseppe
Cilona, Ed. Pungitopo, Patti 1987, p. 118.
Le parrocchie di S. Marco 59

La prima e la seconda domenica del Mese si teneva una processione Eucaristica


nel piano della Chiesa, rispettivamente la prima domenica ad Araceli e la
seconda domenica al SS.mo Salvatore.”
Durante la Visita Pastorale in S. Marco di Mons. Bonaventura Secusio il 9
Giugno del 1607, poiché vi era un solo Arciprete che doveva provvedere a tutte
le Chiese di S. Marco, ordinò che quelle di Araceli e SS.mo Salvatore fossero
dismembrate e per ognuna di esse nominò un Parroco soggetti però “quo ad
aliqua” all’Arciprete.
Questa decisione suscitò molti malumori, tanto che il Sindaco, il Procuratore
Generale e i Giurati mandarono a Naso, dove si trovava l’Arcivescovo, un
messaggero con una supplica nella quale si evidenziava il malumore degli abitanti di
S. Marco per la decisione di fare tre Parrocchie e pregandolo di revocare il decreto.
Il Prelato non revocò la sua decisione e allora il Sindaco e i Giurati fecero
richiesta, nella debita forma, come si legge in Notar Girolamo Forte il 18 giugno
1607. Frattanto l’Arcivescovo Secusio nominò due vice parroci “usque ad
concursum” per le due suddete chiese: di Araceli D. Antonio Precone e SS.mo
Salvatore D. Cono Crisafi.
Il ricorso fatto dal Sindaco arrivò a Roma e Sua santità Paolo V incaricò il
Vescovo di Cefalù Mons. Martino Mira perché, sentendo tutti gli interessati,
suggerisse quale fosse la soluzione migliore. Appena Mons. Secusio seppe di
tale nomina da parte di Roma, il 3 luglio 1608 revocò il decreto di elezione delle
due Parrocchie e dei due vice parroci e nominò l’Arciprete Rettore di tutte e tre
le chiese di S. Marco. Assegnò inoltre all’Arciprete due coadiutori per ciascuna
delle due chiese; essi erano amovibili e subordinati allo stesso Arciprete. Anche
Mons. Mira il 5 marzo 1609 decretò che le chiese di Araceli e SS.mo Salvatore
dipendevano dalla Chiesa Madre.
Però i Sacerdoti delle due chiese presentarono una serie di documenti
e testimonianze da dove risultava che esse erano Parrocchiali da Tempi
Immemorabili.50
Nel XVIII secolo le tre Parrocchie erano divise non per territorio, ma per famiglie:
nel 1764 la Madrice ne aveva 119, Aracoeli 117, SS.mo Salvatore 55.51
Riporto integralmente una relazione dell’Arciprete Muglia che ci presenta la
realtà ecclesiastica di S. Marco D’Alunzio:
“Chiesa Madre - Antonino Muglia Arciprete 1818:
In S. Marco, Diocesi di Patti, valle di Messina non vi sono Benefici e Cappellanie
Laicali, se non si debba considerare tale il Cappellano di Torrenova il quale
non è veramente Beneficiale per essere il suo titolo amovibile “ad nutum” dal
vescovo; nulladimeno perché Beneficiale si chiama la sua origine e fondazione.
50 Documento Archivio Parrocchiale.
51 Documento Archivio Parrocchiale.
60 San Marco d’Alunzio “pagine d’archivio”

Nell’anno 1740 cresciuta la popolazione in Torrenova e venendogli maneggevole


lo salire in S. Marco per ricevere li Sacramenti del Battesimo, del Matrimonio,
del Precetto Pascale, il Clero, unito al popolo ed al Barone di quel luogo
pensarono giusto di fondare una Chiesa coadiutrice delle chiese Parrocchiali
in S. Marco per amministrare alli di loro rispettivi Parrocchiani li Sacramenti,
mentre sino allora non avea vistino che un Cappellano per celebrare la messa ed
amministrare il Viatico, stipendiato dalle chiese di S. Marco e d’allora in poi il
cappellano prese il Titolo di Beneficiale ed il Conte di S . Marco contribuendo alla
formazione della Chiesa s’arrogò il Titolo di Patrono, e perciò il Patronato osia
l’elezione di questo Beneficiale appartiene per possesso al Conte di S. Marco.
Indi il Vescovo gli dà le necessarie facoltà. Al presente il Beneficiale o Cappellano
è D. Giuseppe Mondì.
La rendita di questa Chiesa è: onze 4 dalle chiese di S. Marco, onze 6 dal comune,
onze 4 dal Conte e 5 di censo .
Tutto ciò è scritto nei capitoli di fondazione agli atti di Notar Paolino Mannucci
nell’anno 1740 .
Esistono in questo comune di S. Marco e Torrenova numero otto chiese soggette
ad un solo Parroco il quale è titolato Arciprete e la popolazione ubbidisce a lui
come suoi Parrocchiani.
Le chiese sono: La Madrice Chiesa, la Chiesa di Araceli, la Chiesa del SS.
Salvatore, la Chiesa di S. Giuseppe, la Chiesa di S. Maria dei Poveri, la Chiesa
di S. Antonio, la Chiesa di S. Basilio.
Queste esistono in S. Marco.
La Chiesa titolata la Vergine Assunta esiste in Torrenova che forma parte del
comune di S. Marco.
Vi sono altre quattro chiese di Regolari, cioè due di Moniali Benedettine, e due
d’Agostiniani e Cappuccini Maschi.
Le chiese che hanno libri Parrocchiali sono 4.
Le fabbriche nella maggior parte furono dalle sue origine formate solide e forti,
ma ora molto scosse per causa del tremoto del 1823 li sei di marzo.........
La Chiesa del SS. Salvatore ha un gran campanile, ma vacillante, come quello
della Madrice.
Rendite: Madrice onze 70, Araceli onze 40, SS. Salvatore onze 30 circa, S.
Giuseppe onze 30, S. Maria onze 24, S. Antonio onze 20, S. Basilio onze 15.
il Cappellano di Torrenova percepisce onze 19 pro mantenimento.
Nella Parrocchia vi è L’Arciprete Parroco. Vi è inoltre il Cappellano di Torrenova
sottoposto all’Arciprete. Altri Preti che promuovono il culto divino che hanno
diversi titoli secondo l’incombenza (Vicario - Cappellano - Confessore).
Vi sono alcun chierici ordinari e non.”52
52 Documento Archivio Parrocchiale
Le parrocchie di S. Marco 61

ARCIPRETI DI S. MARCO

1) Presti Nicolò Ipoteca fu arciprete di rito Greco di S. Marco come si legge


nella consacrazione della Chiesa di Aracoeli, nel 1494.
2) 1508: fu arciprete Presti Mirica, come si legge in un ordine della Gran Corte
Arcivescovile di Messina per benedire la Chiesa del Castello.
3) Presti Nicolò Gallotto come si legge in un atto del 1529 e nel suo testamento
del 1547.
4) 1552: in quest’anno è Arcprete D. Francesco Rebibba, il quale, dovendo
recarsi a Roma, nomina un sostituto “ad triennium” D. Mariano Cappa. Morì
a Roma nel 1554.
5) 1 ottobre 1554: viene nominato Arciprete D. Tomaso Margaro, il quale il 3
novembre dello stesso anno rinunziò alla carica.
6) 3 novembre 1554: Viene nominato Arciprete D. Mariano Cappa.
7) 1573: viene nominato D. Gasparo Magnacio, e confermato “per i suoi meriti”
nel 1574.
8) 31 agosto 1587: Fu nominato D. Ottavio Tetamo, quale divenne Arciprete e
Parroco della Parrocchia S. Nicolò. L’Arciprete di Longi D. Giovanni Castella
nel 1590 immette in possesso il D. De Tetamo Ottavio della Parrocchia di S.
Nicola di San Marco.
Aveva un fratello Notaio: Filippo Tetamo.
Sul quadro che si trova il sagrestia, si legge: “S. D. SAC. D. OCTAVIUS
TETAMO, PRIOR MANSIONIS CIVITATIS PANORMI, DEINDE
ARCHIPRESBITER SANCTI MARCI MATRICEM AECCLESIAM REXIT
BENE ET DEFENDIT. OBIIT ANNO 16...”
9) 22 marzo 1612: Arc. D. Giuseppe Filingeri, parente del Conte di S. Marco.
Morì nel 1645.
10) 15 ottobre 1645: D. Placido Calderaro
11) 10 dicembre 1650: D. Scipione Milione.
12) 1666: D. Carlo Barillaro, Vicario Foraneo di S. Marco.
13) 30 gennaio 1677: D. Domenico De Franchis (Di Franco)
14) D. Geronimo Parronello, morto il 26 novembre 1692.
Il Sac. Giacomo Irò scrive che “il 26 novembre 1692 si fece il funerale
dell’Arciprete D. Geronimo Parronello nella Chiesa Madre secondo l’uso e
consuetudine di questa terra, per il quale si comprò’cera minuta’ per il clero
e per le confraternite per la somma di tarì nove. Si suonarono le campane
della Chiesa Madre, S. Maria Aracoeli, SS.mo Salvatore, Convento di S.
Agostino e delle quattro confraternite per tre ore; anche prima del funerale
celebrato nel 3°, 7° e 30° si suonarono le campane di tutte le suddette chiese
per un’ore e mezza per ogni volta. Si pagarono tarì sedici alla comunia della
62 San Marco d’Alunzio “pagine d’archivio”

Chiesa Madre, tarì quattro alla Chiesa Madre e tarì tre ‘per sue ragioni’:”
15) 1693: D. Giuseppe Emanuele.
Sul suo ritratto posto in Sagrestia si legge:”S.T.D. D. IOSEPH EMMANUEL
S. MARCI ARCHIP.R SS.ME INQUI.NIS FORTIS ATLETA CLERICORUM
SECULARIUM PRESES MORUM PRESTANTIA VIRTUTUM AC
INGENII EMINENTIA CHARITATIS, HUMILITATIS, ET CASTITATIS
AMANTISSIMUS ANIMARUM VENERATIONE VERBI DEI
APOSTOLICA TUBA, SUPRA CETEROS PREBUIT SINGULARE
SPECIMEN TANDEM CLARUS MERITIS DOMINUM IN PACE
AMPLECTENS FELICITER VOLAVIT DIE 30 APRILIS 1712 ETATIS
SUE 67, ARCHIPRESBITERATUS 20.”
16) 14 giugno 1712: D. Filippo Calderone. Morì il 18 gennaio 1734 all’età di 60
anni. Fu sepolto nella Chiesa Madre nella Cappella dei Santi Patroni.
17) 26 luglio 1734: D. Giovanni Lo Presti.
Morì il 13 ottobre 1756 all’età di 74 anni e fu sepolto nella cappella del
Crocifisso nella Chiesa Madre.
18) D. Salvatore Cardinale figlio di D. Stapino e D. Mariana Lo Presti.
19) 10 dicembre 1756: D. Giuseppe Cuffari, Professore di Teologia. Morì a 58
anni il 26 aprile 1755ed è stato sepolto sotto gli sgabelli archipresbiterali del
Coro Maggiore della Chiesa Madre.
20) 27 maggio 1775: Don Saverio Meli. Morì il 15 marzo 1788.
21) 10 settembre 1788: D. Giuseppe Catalioti. Morì a 72 anni il 9 febbraio 1819
e fu sepolto nella Chiesa Madre nella sepoltura dei sacerdoti.
L’Arciprete D. Giuseppe Catalioto consegna al Re Ferdinando l’Argento
appartenente alle rispettive chiese per la somma di onze 166 , tarì 12 .2,
appartenete cioè: 32.6.7.4 alla madre Chiesa di S. Marco, 58.2.10.1 alla Chiesa
d’Araceli, 21.10.18 alla Confraternita di S. Giuseppe, 25.11.3.3 alla Chiesa di
S. Antonio, 11.0.9.2 alla cappella S. Maria dei poveri, 16.10.13.2 alla Chiesa
del SS. Salvatore. Sul suo ritratto si legge: “SACRAE TEOLOGIAE DOCTOR
D. IOSEPH CATALIOTO ARCHIPRESBITER S.TI MARCI IN PACE ET
CONCORDIA INTER MATRICEM ET PARAECIAS PROCURANDA
ADMIRABILIS CONTRA PERFIDOS SACERDOTI HOSTES DEFENSOR
FUIT IN BONIS ACCLESIASTICIS CONSERVANDIS DILIGENS
DENIQUE CUM ANNI 28 OFFICIUM PASTORALE SIBI CREDITUM
FIDELITER EXSERCUISSET 70: PROPRIE VITAE OBIIT PRIDIE IDUS
FEB.”
22) 15 aprile 1818: D. Antonino Muglia. Morì il 22 ottobre 1834. E’ stato
seppellito nella Chiesa Madre nel sepolcro dei Sacerdoti.
Sul suo ritratto si legge:”STUDUIT ET AD OPUS IN ADOLESCENTIA
VENIT, DOCUIT ET FINEM IN IUVENTUTE OBTNUIT, REXIT ET
Le parrocchie di S. Marco 63

IN TRAMITEM IN SENECTUTE DUXIT, ANTONINUS MUGLIA


ARCHIPRESBITER SANCTAE MARCI QUI ANNO 1834 DIE 22
OCTOBRIS ETATIS SUE OBIIT.”
23) 1835: D. Salvatore Cardinale. Basilio Salvatore Gaetano Cardinale, figlio di
Don Stapino e donna Maria Anna Lo Presti, nacque il 5 giugno 1795 e morì
il 26 gennaio 1880 a 87 anni. I funerali si svolsero nella Chiesa Madre e il
giorno dopo fu sepolto a Villa Serro, nella sua Chiesa rurale. Fu arciprete per
43 anni.
24) 1879: D. Ignazio Meli. Fu nominato Parroco il 2 marzo 1880. Figlio di
Nunziato e Antonina Pirrone. Morì il 22 gennaio 1883 all’età di 70 anni. Fu
seppellito in una cripta murata.
25) 3 aprile1885: D. Mariano Meli figlio di Saverio. Morì il 6 gennaio 1911. I
funerali si svolsero nella Chiesa Madre e fu accompagnato dal clero, dalla
famiglia Cappuccina, da tutte le confraternite e dalla Banda Musicale che fu
da lui istituita.
26) D. Graziano Calogero, figlio di Nicola e di Tomaselli Benedetta, nacque il 22
agosto 1866 e morì il 27 febbraio 1919 all’età di 52 anni.
Da giovane lavorava come tessitore e nell’età matura sentì la Vocazione al
Sacerdozio. Successe nel 1911 all’Arciprete Meli. Molto breve fu però la
sua missione pastorale. La cura delle anime lo portò alla morte, in quanto
contrasse la tubercolosi assistendo e amministrando i Sacramenti ad una
fedele ammalata.
Molto buono, affettuoso e interessato alle necessità degli altri.
27) 6 agosto 1820: D. Graziano Basilio, nato l’11 aprile 1880, figlio di Nicola e
di Benedetta Tomaselli, fu ordinato nel 1903. Morì il 4 settembre 1949 all’età
di 69 anni.
Fu uomo di grande cultura e vasta conoscenza, grande oratore e trascinatore
di folle; austero nell’ammonire e sorridente nel perdonare. La sua nipote,
Sig.na Alfonsina Graziano lo ricorda in particolare per le sue omelie piene
di spiritualità evangelica che attiravano l’attenzione e la concentrazione
dei fedeli. Attivò le confraternite, l’Apostolato della Preghiera e l’Azione
Cattolica.
“Parroco Arciprete
già umile frate francescano
con accorta guida e sapiente amore
fece rinascere
da Guardiano il convento cittadino
meritando
il plauso, la lode, l’incitamento
ed il premio
64 San Marco d’Alunzio “pagine d’archivio”

di Vescovi, Provinciali, Popolo


che concordi
dispensandolo dal voto
a S. Francesco lo vollero
nella missione secolare
che per 30 anni
ne assorbì la mente e il cuore
a maggior gloria
della Religione, della Chiesa
e di Dio.”53
28) 1950: D. Parisi Nicolò, nato il 3 agosto 1917 ad Alcara Li Fusi da Salvatore
e Lavano Carmela. Così a 14 anni(1931) entrò in seminario a Patti mentre
l’anno dopo (1932) il Prof. Baudo lo condusse a Roma presso il collegio “S.
Raimondo” dei Mercedari, dove frequentò la scuola media e il ginnasio.
Fece la vestizione clericale a Roma nel 1937 presso la Chiesa dell’Addolorata
e a Napoli, nell’istituto S. Efrem dei Padri Mercedari, frequentò il liceo
classico (1937-1939). Seguì il corso di propedeutica alla teologia(1939-40)
a Roma, presso l’istituto Angelico dei Padri Domenicani e la teologia per
gli anni accademici (1940-41-42-43) alla Gregoriana di Roma. Nel 1943,
dietro l’invito del Prof. Baudo, unitamente a P. Tripoli, rientrò nel seminario
di Patti. Due anni dopo, il 1° aprile 1945, prese il diaconato e il 22 dicembre
dello stesso anno fu ordinato Sacerdote.
Celebrò la sua prima Messa nel paese di nascita, Alcara Li Fusi, il 23-12-
1945 e come prima sede gli venne assegnata Tusa dove rimase dal 06-01-
1946 fino al 16-04-1950, dopo di che venne a S. Marco D’Alunzio, sua sede
definitiva fino al 1992, anno in cui l’8 settembre, a seguito delle dimissioni
da lui presentate per aver superato i limiti di età, Sua Ecc.za il Vescovo,
Mons. Ignazio Zambito, nominò un suo successore nella persona del Rev.
Parroco, Don Salvatore Miracola che s’insediò ufficialmente un mese dopo,
l’8 Ottobre 1992.
Volendo ripercorrere nei limiti del possibile gli anni trascorsi a S. Marco
dell’Arc. Parisi, dopo il suo insediamento nella comunità Parrocchiale
Aluntina, constatiamo che sin dall’inizio la sua vita si dimostrò intensa,
dinamica e laboriosa, votata al sacrificio, e spesa per la gloria di Dio e per la
cura delle anime, specie degli ammalati e dei bambini.
Questo lo testimoniano le tante iniziative da lui prese fin dai primi anni;
risale infatti al novembre del 1951 l’apertura della scuola Materna istituita
dal Centro Italiano Femminile, dietro le sue incessanti richieste, la cui prima
sede fu proprio la sala Canonica, mentre la sala sotto la sacrestia, il cosiddetto
53 Pagellina in ricordo della sua morte.
Le parrocchie di S. Marco 65

“cuncertu”, venne adibita come cucina e refettorio per i bambini fino a quando
non si ebbe realizzato il restauro della Chiesa di Gesù e Maria per cui, intorno
al 1964/65, la scuola materna trovò lì una sistemazione quasi definitiva.
Questi anni videro pure la fioritura dell’Azione Cattolica, completa in tutti i
suoi settori, la scuola “Cantorum” Parrocchiale e l’Associazione delle “Figlie
di Maria”.
La sua lunga Arcipretura fu avvalorata anche dall’opera svolta dai Padri
Passionisti e Redentoristi, con la predicazione delle Missioni come segue.
La prima si ebbe nel 1951 con i Redentoristi ed in quell’anno fu messa
la Croce sulla facciata della Chiesa Madre e la seconda nel 1954, sempre
con gli stessi Padri. A questo proposito i meno giovani ricordano ancora
la “Peregrinatio Mariae” (1954) che servì a ravvivare nel popolo Aluntino
l’amore e la devozione verso la S. Vergine e la collocazione in piazza Gebbia
della Statuetta della Madonna del Tindari. Si ebbero ancora i Redentoristi nel
1958 a causa del furto del SS. Sacramento nella Chiesa del SS. Salvatore.
La missione dei Padri Passionisti si ebbe nel 1964 quando fu installata la S.
Croce al “Tornante”.
Resosi conto del particolare stato in cui si trovavano le molte Chiese, quasi
tutte chiuse al culto perché danneggiate dalla guerra, si prodigò per il restauro
e per la ricostruzione.
Si elencano per opportuna conoscenza i lavori di riparazione eseguiti nelle
varie Chiese:
Chiesa Madre: demolizione Campanile (1956) e ricostruzione (1959);
Chiesa Aracoeli: ricostruzione campanile nel 1958 e nel 1987; restauro interno
ad opera di Maniscalco Luigi il quale realizzò gli stucchi del soffitto ed alcune
pitture (1971/72); Chiesa della Catena (1970); Chiesa dell’Annunziata nel
1974 e nel 1978; S. Maria dei Poveri nel 1970 circa; S. Antonio (1972/73);
Badia Grande (1954-1976-1988); Badia Piccola: demolizione nel 1958,
ricostruzione nel 1970, pavimentazione nel 1972 e cupola nel 1986.
Chiesa Aracoeli: altare SS. Crocifisso e S. Lucia nel 1958; altare centrale
(1960); altare SS. Sacramento (1992);
Chiesa di Tutti i Santi e Chiesa di S. Giovanni (1987); abbattimento campanile
di S. Giuseppe nel 1959 e restauro della Chiesa nel 1994; restauro della
Chiesa di S. Agostino nel 1960 in quanto danneggiata da un incendio che
bruciò anche alcune statue (S. Nicolò da Tolentino, Sacro Cuore, S. Rita e
SS. Crocifisso). A questo proposito si ricorda l’atto eroico da lui compiuto
lanciandosi fra le fiamme per recuperare il “Santissimo”.
La copertura si realizzò nel 1967 e l’interno nel 1986.
Fu Vicario episcopale dal 1970 al 1979 per le zone Pastorali di S. Agata, S.
Fratello e Cesarò e Vicario foraneo dal 1987 al settembre del 1994.
66 San Marco d’Alunzio “pagine d’archivio”

29) 8 ottobre 1992: D. Salvatore Miracola, nato a Frazzanò il 16 novembre 1948,


figlio di Antonino e di Sgrò Maria Rosa e ordinato il 29 giugno 1972.
67

LA TOPONOMASTICA

Uno degli elementi aggreganti degli insediamenti umani e’ costituito dalla


viabilita’, cioe’ dall’insieme dei modelli di percorrenza esistenti ed esistiti, nel
rapporto con la realta’ naturale e con la storia umana.
I toponimi più antichi descrivevano solitamente, le caratteristiche fisiche del
luogo che principalmente interessavano l’uomo. I toponimi sono quindi ottimi
indicatori degli aspetti ambientali dei secoli passati e possono essere utilizzati
per ricostruire un quadro del territorio ora totalmente modificato.
Chi passeggia per le strade di S. Marco D’Alunzio e studia le vie del paese si
accorge subito che il paese ha, nella denominazione viaria attuale, pochissimi
riferimenti storici.
Se poi differenziamo la nomenclatura ufficiale da quella del popolo ci si accorge
che:
1) Le vie della nomenclatura ufficiale fanno quasi tutte riferimento al nostro
risorgimento (Via Risorgimento, Via Roma,) o a personaggi (Via Colombo,
Via Cavallotti, Via Ferraloro, Via Farinata) tranne riferimenti ai momenti
storici quasi solo nella periferia del paese (Via Castello, Via Gebbia,Via
Ritiro, Via S. Giuseppe, via S. Andrea, Via Cappuccini, Via Genovese, Via
S. Antonio, Via Piano S. Marco, contr. Badia ) o a personaggi storici locali
inseriti alcuni decenni or sono (Via Filarco, Via Rebiba, Via Aluntina).
2) La cultura popolare ancora oggi non fa riferimento alle nuove vie , ma alla
nomenclatura precedente: se si chiede dove abita la determinata persona, ci
viene risposto: “a S. Basilio, o Fumeri, a S. Giovanni, a Turri, o Vagghiu,
a S. Agostino, o Crasili,, a Gesù e Maria, ad Araceli, ecc.”
Leggendo i libri e i documenti Parrocchiali mi sono accorto che la toponomastica
del paese faceva riferimento sempre alle chiese o a nomi che ricordavano un fatto
o una circostanza e non vi erano vie ma solo quartieri.
Vorrei qui riportare alcuni riferimenti trovati nei documenti:
1. Quartiere dello Spedale: L’ospedale era un luogo dove venivano ricoverati
gli ammalati gravi o bisognosi. Esso si trovava in Via Aluntina di fronte al
Bar Graziano; Ancora oggi si può vedere la porta d’ingresso incastonata
nel muro della piazzetta.
2. Quartiere della Giudea o Giudeca: questo quartiere era sotto la Chiesa
Madre e veniva anche chiamato Quartiere della Muschita54.
68 San Marco d’Alunzio “pagine d’archivio”

3. Quartiere S. Andrea: Questo quartiere era nella zona della casa Crimaldi
e faceva riferimento alla Chiesa di S. Andrea. Si chiamava anche quartiere
delle forge55.
4. Piano della Madrice: per comprendere come era la conformazione del
piano della Chiesa Madre vorrei farlo riportando alcuni documenti custoditi
nell’archivio della parrocchia.
6 novembre 1665: Filippo di Miele, al quale fu concesso il Ius Patronatus pro
se et suis della cappella del Salvatore del Mondo esistente nella Chiesa del
Salvatore, fece donazione alla detta cappella di due botteghe collaterali nel piano
della Chiesa Madre e sotto la casa di Don Giovan Battista Precone.
Nel 1719 queste botteghe sono di proprietà della Comunia del Salvatore ed erano
molto malandate tanto che precipitarono e furono ricostruite da Donna Perna
Precone e monte.
La stessa Donna Perna il 29 luglio 1728 fece atto di donazione alla comunia
del Salvatore: “D.a Perna Precone e Monte figlia di D. Gio. Paulo Pricone
fece donatione alla Chiesa di una sua casa in questa terra nel quartiero della
Matrice Chiesa seu piazza, confinante da oriente con la casa di Antonino Proto
Aromatario, da occidente con il piano della piazza, da parte di mare con il banco
delle menzogne, seu piano della detta Chiesa Matrice, da parte di sopra con la
casa del Sac. D. Cono Pipiarci, Via Medesima, di sotto di questa casa grande
vi sono botteghe che ab olim erano della detta Chiesa del Salvatore e sua Rev.
Comunia.”56
Nel 1845 la Chiesa Parrocchiale del Salvatore fa un contratto enfiteutico a
Russo D. Antonio: “ Il Rev. Arc. Cardinale… concede a perpetua enfiteusi al
nominato sig. D. Russo Antonio, farmacista, una casa esistente in questo comune
e propriamente innanzi la matrice Chiesa… consistente in quattro stanze sopra
solaro ed un’altra a pian terreno e segnatamente questa detta volgarmente il
caffè ed attualmente destinata ad uso di scorto di buon ordine per la guardia
urbana… confinante con casa del sig. D. Antonio Caputo, colla bottega di detto
mastro Giuseppe Randazzo e questo nella qualità di soprano.. e con le strade
pubbliche.”57
In un documento del 29 luglio 1728 si legge che donna Perna Precone e Monte,
figlia del dottor Giovan Paolo Pricone dona alla Chiesa Parrocchiale del SS.
Salvatore una casa “nel quarterio della Matrice Chiesa seu Piazza confinante
da oriente con la casa di Antonino Proto Aromatario, da occidente con il piano

54 In un documento del 1604 si legge che Mastro Agostino e Nocenzia Lombardo lasciano un legato alla
Chiesa Madre sulle loro case nel quartiere della giudeca o muschita.
55 7 gennaio 1597: Antonio de Salerno lascia un censo alla Chiesa di Araceli “super domo magna… in

quarterio Sancti Andrea seu di li forgi.”


56 Archivio Parrocchiale San Marco D’Alunzio.
57 Archivio Parrocchiale San Marco D’Alunzio.
La toponomastica 69

della piazza, da parte di Mare con il Banco delle Menzogne seu piano della
detta Matrice, da parte di sopra con la casa del Sac. Don Cono Pipiarci, via
mediana. Di sotto di questa casa grande in più corpi vi sono tre botteghe che
ab olim erano della detta Chiesa del Salvatore e sua Rev.da Comunia come per
donatione in notar Pietro Lo Presti di Castania sotto li 29 Luglio 1728. Questa
casa si precipitò e fu riparata. Presentemente si loca all’Università.”58
5. Quartiere del Vaglio: Già nel 1594 si parlava di questo quartiere ed era
sito nelle adiacenze del castello.
6. Quartiere di Carruba: Questo quartiere era nel piano della Chiesa della
Madonna della Provvidenza e sicuramente faceva riferimento al famoso
Carrubba; il 10 settembre 1620 si parla di un censo su una casa nel quartiere
chiamato “chiano di Carruba”.
7. Quartiere Porta di Vento: questo quartiere era sopra la Chiesa della
Madonna delle Grazie e di S. Basilio e arrivava sotto le mura del castello.
8. Quartiere delle forge: con questo nome vi erano due quartieri, uno nella
Marina di Torrenova nella contrada di Fragale: “nella contrada delle forge
e detto il luogo di Fragale”.
L’altro quartiere delle forge era nell’abitato di S. Marco “quartiero delle forge
seu del piano dell’orto nomata di Quatraro”; questo quartiere era dietro la Chiesa
di Tutti i Santi e accanto alle mura della città.
9. Quartiere del Tocco: La tradizione orale ha tramandato che questo
quartiere era sopra l’attuale monumento dei caduti.
10. Quartiere della Croce: In un documento del 1643 si legge che Giovan
Battista Ciambri chiede ai Giurati di S. Marco la vendita di un “casaleno”
confinante con la sua casa sita “nello quartiero di S. Basilio seu della Cruci”.
Il 21 aprile 1597 Don Giuseppe Filingeri lascia un censo alla Chiesa Madre
sulla sua casa “domo magna cum sua camera sala et coscina esistente in
dicta terra in quarterio plani Sancti Basilii….”
11. Quartiere Fumeri: Un quartiere esistente sotto la Chiesa dei SS. Quaranta
Martiri, fuori le mura della città ed era il luogo nel quale era ubicata la
pubblica discarica.
12. Quartiere S. Pantaleone: La Chiesa di S. Pantaleone era sotto le mura del
Castello, sopra la Chiesa di Gesù e Maria, nella via Filarco.
13. Quartiere del Cassero: tre sono i documenti trovati che ci aiutano a capire
dove era questo quartiere: il primo del XVII secolo nel quale si legge che
Presti Domenico Sabia paga per un orto nella contrada del Cassero “sutta
lu fumeri” grana due; il secondo è del 23 marzo 1862 nei capitoli dei SS.
Quaranta Martiri: “art. 21 l’ultimo giorno delle Qurant’ore (che si tenevano

58 Archivio Parrocchiale San Marco D’Alunzio.


70 San Marco d’Alunzio “pagine d’archivio”

in questa Chiesa il 6-7-8 settembre) si terrà la processione del Divinissimo


per la strada detta del Cassero e si darà la benedizione nella Parrocchiale
del SS. Salvatore…, indi si ritornerà per la strada del Monastero di S.
Teodoro… si tirerà dritto sino alla strada nuovamente detta del Cassero
e si ritornerà per la stessa strada alla congregazione”; il terzo documento
è del 14 agosto 1602 nel quale si legge che Orazio Barretta lascia alla
Chiesa Araceli un censo su “domo magna cum turris solerata in pluribus
corporibus et membres consistente esistente in dicta terra et in quarterio
nomato dello Cassaro”.
14. Quartiere S. Caterina: Di questo quartiere si legge in un documento del
4 luglio 1620. Si trovava attorno alla Chiesa di Gesù e Maria che prima era
intitolata a S. Caterina.
15. Piano dell’orto. Si trovava quasi alla fine dell’attuale Via Cavallotti.
71

LE CONFRATERNITE
DI SAN MARCO D’ALUNZIO

La vita religiosa di S. Marco D′Alunzio nei secoli passati era vissuta e testimoniata
con manifestazioni religiose che incidevano sulla struttura sociale della gente e i
fedeli si sentivano partecipi della crescita della fede nel popolo.
Quest’impegno religioso del popolo si attuava nell′Associazionismo: varie
associazioni che riunivano le diverse categorie sociali presenti nella comunità
o secondo il mestiere o gruppi religiosi. Dal punto di vista della composizione
sociale esse coinvolgevano agricoltori, maestri e persone della piccola borghesia
artigiana e commercianti.
Esistevano delle persone che davano del loro perché gli altri potessero avere
qualche utilità.
I rapporti reciproci dei confrati erano di mutuo soccorso materiale e spirituale,
ma anche di vicendevole controllo per correggere comportamenti immorali e
scandalosi che, dannosi per la salute spirituale di chi vi incorreva, lo erano anche
per l′associazione nel suo complesso e per il suo prestigio pubblico.
Tali rapporti erano in genere improntati al rispetto e all′amore che deve esserci
tra fratelli in Cristo.
Il fratello perciò non doveva mormorare contro gli altri confrati, era esortato ad
ascoltare i loro consigli ed a riprenderli amorevolmente qualora sbagliassero,
accusandoli di fronte al Superiore solo quando l’avvertimento caritatevole e
privato non fosse stato sufficiente.
La finalità delle confraternite la possiamo riassumere in tre parole: pietà, carità,
penitenza.
Le confraternite si dedicavano a differenti culti devozionali, ma tutte avevano
una caratteristica fondamentale: l′amore verso Dio che li spingeva ad amare il
prossimo, specie quello più bisognoso. Anche se la vita religiosa degli associati
rimaneva il punto di forza, il rapporto d’amore verso il confratello era la
conseguenza logica.
Al fondo della loro esperienza religiosa vi era il desiderio di una vita cristiana
integrale, la riscoperta del Vangelo e l′imitazione di Cristo Crocifisso.
Queste strutture associative permisero alla società di superare pestilenze, carestie
e pauperismo, grazie appunto ad un laicato impegnato, organizzato democratica-
mente con propri statuti, amministrazione e autonomia che ha certamente contribui-
to in maniera determinante a formare la società cristiana nei secoli post-tridentini.
72 San Marco d’Alunzio “pagine d’archivio”

La confraternita interveniva in aiuto dei soci in difficoltà o nel bisogno econo-


mico; ma la carità fraterna si manifestava maggiormente nella malattia e nella
morte. Non appena un fratello si ammalava, i superiori si recavano da lui, lo
esortavano a confessarsi ed a ricevere i Sacramenti, lo sovvenivano in tutte le
necessità spirituali e materiali.
Gli altri confratelli, intanto, immediatamente informati dai Nunzii, erano tenuti a
recitare preghiere per l’anima del confratello ammalato.
Quando il confratello moriva, tutti i membri della confraternita partecipavano alle
esequie e lo accompagnavano alla sepoltura che avveniva nella propria Chiesa ed
a spese della confraternita.
In seguito i fratelli erano tenuti a partecipare alle messe celebrate in suffragio
della sua anima.
Spesso la confraternita si prendeva cura anche delle vedove e degli orfani.
S. Marco D′Alunzio vide il fiorire di confraternite che svolsero un ruolo
importantissimo nella formazione cristiana del laicato, inserendolo attivamente
nella vita della comunità.
Tutti i confrati avevano l′obbligo di partecipare all′incontro settimanale o mensile,
di comunicarsi a Pasqua e nel giorno della festa del Protettore, di partecipare alle
funzioni religiose del paese e di aiutare i confrati nelle loro necessità.

A S. Marco D′Alunzio vi erano molte Confraternite e Associazioni:


1 . Confraternita SS. Trinità: Chiesa di Maria SS.ma della Visitazione o Casile.
La Confraternita della SS.ma Trinità era aggregata alla Parrocchia di Aracoeli
e aveva la sua sede nella Chiesa della “Natività di Maria Vergine” (Chiesa del
Casile); difficile stabilirne l’origine, ma sicuramente risale alla fondazione stessa
della Chiesa.
Era composta da un numero indeterminato di Confratelli, che ogni tre anni
eleggevano un Procuratore.
Inoltre la composizione giuridica comprendeva un segretario e un’aiutante che
avevano il compito di amministrarla e rappresentarla.
L’abito dei Confrati era composto da camice, cingolo, mantello di scotto bianco,
visiera.
I Confratelli avevano diritto di sepoltura nella tomba della Confraternita, che si
trovava nella Chiesa di Aracoeli.
Il Cappellano aveva il compito di riunire i Confratelli e invitare il Procuratore
uscente a fare la consegna di tutti gli oggetti sacri al nuovo Procuratore.
Nel 1869 fu fatto un nuovo stendardo, ricamato da Suor Maria Concetta Artale
(il costo fu di lire 3.90); la manifattura fu fatta dal sarto Mastro Salvatore Curasì
(il costo fu di lire 4.12). L’indoratura della Croce fu eseguita da Don Salvatore
Lo Presti d’Alcara (lire 24).
Le Confraternite di San Marco d’Alunzio 73

2. Confraternita di Tutti i Santi: Chiesa Tutti i Santi


Questa Confraternita, la cui fondazione è antichissima, fu fondata nella Chiesa
Parrocchiale del SS.mo Salvatore ed era intitolata al SS.mo Nome di Gesù.
“Poiché in questo paese esisteva una Chiesa antichissima, ma che cadeva in
rovina, nel 1610 fu rifabbricata a spese di Mastro Melchiore Cimino che ne
ottenne lo Jus Patronatus. Il 22 febbraio di questo stesso anno Giovanni Vincenzo
Di Marco istituì la suddetta confraternita in questa Chiesa ordinando un beneficio
di messe e così assicurare in essa la presenza di un cappellano. Con il passare
degli anni la Chiesa cadde di nuovo in rovina e così l’arciprete Di Marco il 19
luglio 1627 la cedette ai confratelli del SS.mo Nome di Gesù con l’obbligo della
manutenzione della stessa.
Questa compagnia, istituita nel 1597, fu fondata nella parrocchiale Chiesa del
SS. Salvatore e propriamente nella cappella dedicata alla Circoncisione di Nostro
Signore di jus patronatus della Eccellentissima famiglia Ferraloro. I Confrati
portano il mantello violetto e anche lo stendardo violetto, vanno vestiti col sacco
bianco, cingolo e calze e guanti bianchi. Questa compagnia è aggregata alla
compagnia del SS. Nome di Gesù dei Padri Domenicani di Roma per breve dato
in quella città lì 17 ottobre 1597.esecutivo nel Regno il 23 luglio 1617.”

3. Confraternita S. Antonio: Chiesa S. Antonio


Di questa confraternita si fa menzione nei registri di questa Chiesa nel secolo
XVII e sicuramente fu fondata dai Padri conventuali, venuti a S. Marco nel 1569,
fondatori dell’attuale Chiesa e di un piccolo convento attaccato ad essa.

4. Confraternita SS. 40 Martiri: Chiesa SS. Quaranta


La descrizione di questa confraternita viene riporta nella prima pagina del libro
dei conti ed è interessante descriverla dettagliatamente:
“Libro della Congregazione dei SS.Quaranta, anno 1863 in S. Marco.
Questa Congregazione sotto il Titolo dei Santi Quaranta, composta solamente
dai Maestri del paese, era d’istituzione antichissima, non di nostra memoria o
tradizione, ma solamente possiamo dire, che nel 1603 in quello stesso locale ove
esiste oggi la Chiesa dei SS. Quaranta, era un Monastero di donne dell’ordine
Benedettino sotto il titolo dei SS. Quaranta Martiri, e che poi distrutto; nel 1085 per
mancanza di rendite e di personale, furono trasportate le moniali nel Monastero
di S. Teodoro, e quindi mano mano diroccatosi il Monastero sotto titolo dei SS.
Quaranta; si vuole che i maestri di allora profittandone o della Chiesa o da
cimenti della stessa, si abbia fabbricata da loro la Congregazione mantenendola
l’istesso titolo dei SS. Quaranta. Da allora in poi fiorì la Congregazione suddetta
fino al 1837, in quell’epoca dissidandosi fra loro i congregati maestri chiusero
la prelodata congregazione e non esercitarono più la loro funzione; al 1862 poi
74 San Marco d’Alunzio “pagine d’archivio”

rianimandosi in loro lo Spirito di Dio fervorosamente vollero innovare con più


decoro la detta Congregazione, e siccome la stessa era innaugurata sotto il titolo
di Maria SS. Immacolata così vollero vestire l’abito della stessa consistente
in una mantilletta di lana nera ed una Pazienza conforme ai congregati della
Vergine Immacolata in Palermo di color celeste, con l’abitino della Vergine sul
petto, al fianco con un cordone di lana bianca e con la guanta di color celeste,
si è perciò che formanti un corpo con abito sacro e benedetto nella professione
che fanno in mano del loro padre, intervengono nella pubblica processione del
paese con torce accese qual’ora ne sono invitati, occupando il primo luogo a
tutte le altre Congregazioni, portando seco un piccolo stendardo di colore Rosso
con l’impronta della Vergine suddetta, e nel centro poi portando un ritratto in
argento di detta Vergine; nelle processione poi di penitenza o mortuari vengono
precedute da una Croce di legno con labaro e corona di spina.
Questa Congregazione tiene le sue feste particolari come se dire, si celebrava
le Sante Quarant’ore con l’esposizione del Divinissimo incominciava il giorno
6 e terminava il giorno 8 Settembre incluso festa di Maria Santissima restando
l’ultimo giorno continuamente esposto, adorato a turno dai confratelli fino
alle ore ventiquattro, di allora in poi si comincia la processione che conduce
dritta alla Parrocchia del SS. Salvatore ove si và la prima Chiesa di S. Teodoro
come sta descritto all’articolo 21 dai capitoli; festa propria del titolare ai dieci
Marzo.
Il giorno poi dell’Immacolato concepimento 8 di Dicembre vi si celebra in detta
congregazione confessandosi e comunicandosi tutti i fratelli e sorelle in onore
di Maria SS. loro padrona.
Il giorno della Purificazione della Vergine detto volgarmente la Candelora
hanno il diritto della benedizione della candela dividendola poi ai confratelli e
sorelle come per approvazione di Monsignor Galleca Diocesano di Patti data
lì 21 Agosto 1863.
Il Venerdì Santo poi hanno il diritto di processionare Gesù disceso dalla Croce
e condurlo al calvario; la detta processione parte dalla parrocchiale del SS.
Salvatore, dove con sontosità si ritrova rappresentato il Calvario e Cristo in
Croce, quantità di fanciulli riccamente forniti simboleggiano gli Angeli che
assistevano all’incruento Sacrificio, vi si trovano due personaggi rappresentati
da Giuseppe e Nicodemo, accompagnati, quali dopo la predica iniziativa della
funzione schiodano il Cristo morto e lo ripongono nell’urna, processionalmente
conducendosi con tutta la compagnia, ordini religiosi clero gentil’uomini,
previo invito, si passa per la Chiesa di S. Teodoro, allungandosi per la Chiesa
del Monistero Maggiore dove vi è altra predica, e così riducendosi all’ora
tarda alla Matrice Chiesa ove si trova preparato il S.Sepolcro, e dove una terza
predica e vari canti chiudono maestosamente la funzione.”
Le Confraternite di San Marco d’Alunzio 75

5. Confraternita S. Giuseppe: Chiesa S. Giuseppe


Aveva la sua sede nella Chiesa di S. Giuseppe e di essa non si hanno notizie dopo
il XVIII secolo. Il Meli scrive che questa confraternita è la più antica del paese e
ciò si evince dal fatto che nelle processioni occupava il primo posto.
Ad essa si potevano iscrivere tutti i forestieri che venivano ad abitare a S. Marco
D’Alunzio.

6. Confraternita S. Basilio: Chiesa S. Basilio


In questa Chiesa vi era la Confraternita di S. Basilio, che era la quarta del paese,
anche se, come dice il Meli “i suoi confrati dicano che sia la prima perché occupa
l’ultimo luogo più prossimo al clero ed alle sante reliquie ed immagini, vanta
un’immensa antichità.”

7. Confraternita S. Maria: Chiesa S. Maria dei Poveri


Antichissima è la sua fondazione, aveva la sua sede nella Chiesa di S. Maria dei
Poveri che, come afferma il Meli, esisteva già nel 1178 sotto il nome di S. Maria
la Nova.
La confraternita invece trae la sua origine nei primi anni del 1400.

8. Confraternita S. Maria del Suffragio: Chiesa S. Maria del Suffragio


Fu fondata dai Padri Agostiniani nel XVI secolo ed erano vestiti “con sacco di
ruvida tela e col mantello nero, e godono molte indulgenze per breve dato in
Roma li 24 novembre 1602”.
I confrati sono tutti nobili e Sacerdoti del paese e hanno l’obbligo di seppellire
gratis tutti i poveri del paese.

9. Confraternita Anime purganti: Chiesa Gesù e Maria


Era una Confraternita che aveva come impegno prioritario di pregare per le
anime del Purgatorio.
Questa associazione fu istituita canonicamente in questa terra di S. Marco il
primo Ottobre 1893.
Il sette Maggio 1906 il papa Pio X firmò la bolla con la quale privilegiava in
perpetuo l’altare del Sacro Cuore di Gesù della Chiesa Madre di San Marco
d’Alunzio. La sede dell’associazione è nella Matrice.
Gli associati hanno l’obbligo di recitare la preghiera quotidiana e di praticare i
primi Venerdì del Mese.

10. Confraternita del SS.mo Sacramento


La confraternita del SS.mo Sacramento è una delle più antiche presenti nel
territorio aluntino.
76 San Marco d’Alunzio “pagine d’archivio”

Nel 1566 l’Arcivescovo di Messina, nel corso della visita Pastorale a Mirto,
concesse la Chiesa di S. Giovanni Battista di S. Marco D’Alunzio a Baldassare
Ferraloro e Teodoro Di Marco, entrambe persone nobili di questo paese, le
quali con altri pensarono di “impiegarsi in opere di carità e perciò fondare una
confraternita in detta Chiesa di S. Giovanni sotto titolo del Monte di Pietà”.
Dopo pochi anni però si stabilì in S. Marco il Procuratore del Monte di Pietà
e quindi la Pia confraternita, che era stata fondata per aiutare i bisognosi, si
sciolse.
La Chiesa fu abbandonata e si rovinò.
Alcuni decenni dopo, nel 1581, durante il mese di maggio, alcuni devoti si
riunirono per fondare, sempre nella Chiesa di S. Giovanni, la Compagnia del
SS.mo Sacramento.
Il promotore dell’iniziativa fu il Conte di S. Marco Don Geronimo Filingeri,
seguito da: D. Gasparo Magnaci Arciprete, Dott. Giovan Paolo Picone, Dottore
Fisico Luciano Lo Presti, Marco Cosari, Teodoro Tetamo, Geronimo Scurria,
Filippo Tetamo, Annibale Salerno, Prospero Zuccaro, D. Pietro Filingeri, Dottor
D. Ottavio Tetamo, D. Gaspare Filingeri, Dottor Teodoro Pricone e tante altre
rispettabili persone di S. Marco D’Alunzio.
Fatta richiesta all’arcivescovo di Messina, Mons. Giovanni Retana, ne ottennero
il permesso e la concessione della Chiesa suddetta che fu riparata con i contributi
degli iscritti.
Anche la S. Sede con Breve dell’11 aprile 1590 approva la costituzione della
Confraternita anche perché a Roma vi era il Cardinale Scipione Rebiba, originario
di S. Marco d’Alunzio:
“…per venerabilem virum Rev.mum Scipionem Rebiba clericum Messanensis
Diocesis, ac eiusdem confraterntatis confratrem requisiti et ad illius instantiam
pro Oppido Sancti Marci prefatas literas …”
La Confraternita del SS.mo Sacramento la troviamo presente in tutte le Parrocchie;
essa era aggregata alla “Confraternita del SS.mo Sacramento di Roma, istituita
nella Basilica di S. Pietro nei primi anni del XVI secolo e in seguito Paolo V il 12
Febbraio del 1607 la estese all’universo cattolico concedendo speciali indulgenze
agli iscritti.
Per capire la spiritualità e la formazione umana e cristiana dei confrati basta
ricordare un brano dello statuto:
“ordiniamo che tutti quanti fratelli debbano essere honesti e non giocare a
giochi vietati come di dadi e carti eccettuando la riffa e si alcuno fratello giocasse
una o due volte parendo al Governatore serenamente l’habia d’ammonire per
la prima volta e perseverando per la seconda s’habia di dire in publico senza
nominare la persona e perseverare penitenziarlo di grave penitenza e perseverando
dopo l’intimatione di detta penitenza s’intenda caso di detta Compagnia siano
Le Confraternite di San Marco d’Alunzio 77

i fratelli vigilanti nelle tentationi del benstemare giurare mormorare di male di


alcuna persona sotto grave pena talche ogn’uno si sforzi vivere come cristiano,
li fratelli concubinarij si tengono per reprobati.”
I confratelli avevano l’obbligo di:
1) Riverire il Governatore e i Consiglieri;
2) Ogni Domenica dopo il pranzo andare nell’Oratorio per confessarsi
almeno una volta al mese e per trascorrere la serata con gli altri fratelli in
esercizi Spirituali, Orazioni, Contemplazioni e leggere libri spirituali;
3) Ogni mercoledì e Domenica fare la questua per le campagne.
La Confraternita inoltre si proponeva di promuovere tutte quelle iniziative atte
ad incrementare sempre più la devozione al SS.mo Sacramento e a far capire ai
fedeli l’importanza di cibarsi del Pane degli Angeli.
Tra le indulgenze concesse dal Papa Paolo V vi era anche:
“Ogni volta che i fratelli e le sorelle…staranno alle messe o Uffici divini in
Chiesa o nell’oratorio della compagnia, o alle congregazioni pubbliche o private
ed alle prediche, guadagneranno cento giorni di indulgenza.”
Fino agli anni cinquanta vestiva l’abito originario, cioè: camice bianco con
cappuccio, cingolo e mantelletta bianca; negli anni cinquanta questa divisa si
sostituì con una stola bianca che aveva impressi i simboli eucaristici.
Il cappuccio veniva portato arrotolato sul capo, mentre il Giovedì e il Venerdì
Santo i confrati camminavano con il cappuccio abbassato in segno di penitenza.
Questa confraternita rimase attiva fino al 1960 circa e nel corso dei secoli cercò
di essere parte attiva nella vita della comunità cristiana e nell’aiuto ai confrati,
aiuto che si manifestava principalmente al momento della morte.
Il 6 gennaio 1873 il Sac. Riccardi Giuseppe fu Basilio propose ai confrati, i
quali accettarono, di fondare nella confraternita la “Pia Opera della Pompa
Funebre” con la quale ogni confratello, dietro il pagamento di lire una annuale,
aveva diritto di essere assistito nella sua agonia, di essere accompagnato al suo
funerale fino alla Chiesa e al cimitero e l’associazione doveva pagare tutte le
spese dell’obito.
78 San Marco d’Alunzio “pagine d’archivio”
79

APPUNTI DI CRONACA

1619: “Al tocco di un giorno di settembre del 1619 dalla garetta accanto
all’ingresso della Chiesa di S. Nicolò, che poi fu trasformata nell’attuale Matrice,
il guardiano guardava da Capo Gallo a Capo Milazzo sulla immensa distesa del
mare luccicante al sole e spesso fissava gli occhi inquilini sulle isole Eolie, come
se volesse penetrarle per scoprire se dietro di esse fossero appiattate galere di
pirati africani, che del continuo infestavano le città costiere della Sicilia.
.... In quella notte innumerevoli pirati tunisini... sbarcarono sulla spiaggia di S.
Marco. E da prima assalirono la casa del barone Giovanni Vincenzo Di Marco, cui,
tra l’altro, rapirono la bellissima figlia Laura.E poi s’inerpicarono su per l’erta
ripida che tante volte avevano disceso precipitosamente in disordine, ricacciati
dal fuoco dei cannoni e dei moschettoni e inseguiti a sassate di balza in balza.
Giunti al piano dell’Annunziata, sotto le mura della città, scorsero tra la fitta
nebbia una luce opaca dondolante che dal declivio sottostante al tempio di
Ercole scendeva verso loro. Si fermarono.
Il mugnaio Monni che, canticchiando non si sa quale allegra canzone, con una
lanterna in mano, si recava al molino di Straci, quando giunse presso a loro fu
preso e, con minacce e con promesse fu indotto al tradimento.
Il traditore, seguito dai pirati, batte alla porta di S. Antonio e si fa riconoscere
dal custode che poc’anzi lo aveva fatto uscire. Questi apre senza alcun sospetto e
l’orda barbarica entra e si spande a squadre per la città addormentata. Nessuna
casa sfuggì al loro saccheggio, rompono vasellami e tegole, depredando e
incendiando quelle già depredate. Nelle chiese rubano i sacri argenti, rompono
fonti battesimali e statue, atterrano altari e pulpiti.
Il perfido Monni, che la faceva da indicatore alle varie squadre, passando davanti
la sua casa incendiata udì la propria figlioletta gridare al soccorso perchè non
riusciva a trovare l’uscita e si cacciò disperatamente tra il fumo e le fiamme
per salvarla; ma in quello stesso istante crollò la tettoia seppellendolo sotto la
rovina divampante.
Un corsaro vide quella scena e fece una ghignazzata.
I pirati dalla città al mare trasportarono tutto il bottino porgendoselo da mano
a mano, da spalla a spalla.
E così la città fortificata che per otto secoli aveva resistito a tutti gli assalti, era
rimasta vittima del tradimento di un suo vilissimo figlio: e il 10 ottobre in un
80 San Marco d’Alunzio “pagine d’archivio”

pubblico consiglio fu stabilito di vendere per tre mila onze l’erbaggio di tutto il
territorio ad usum feudi, compreso quello dei dipendenti casali di Mirto, Capri e
Frazzanò, affin di riscattare i numerosi cittadini che erano stati condotti schiavi
a Tunisi.
Soltanto la bellissima Laura, ch’entro subito nelle grazie di quel Re, non ritornò
più; e, divenuta padrona dell’erario, inviava spesso ingenti tesori alla famiglia
per mezzo del fratello Gerolamo.”59

1674: Quest’anno fu rubato nella Chiesa Madre l’argento che era custodito in
essa. I ladri furono inseguiti per la strada che portava a S. Fratello da Giacomo
Cappa e furono presi a Caronia dai Caporali e rinchiusi nel carcere del paese. Il
giorno dopo furono portati a S. Marco da D. Antonino Castrovinci. L’argento fu
tutto recuperato.60

1708: In quest’anno vi fu in S. Marco una tremenda epidemia che falcidiò


moltissime persone.

14 aprile 1719: Nella notte vi fu un violentissimo temporale che allagò tutte le


case del paese e inondò le fiumare tanto che un pilastro del fiume Rosmarino
cadde e distrusse due archi del ponte.

1722: In quest’anno, forse a causa di lavori o perchè ci fu un terremoto, le


Reliquie di S. Marco e S. Nicola furono portate nella Chiesa di Aracoeli e la festa
fu celebrata in detta Chiesa. Nella mattinata il clero con l’Arciprete si riunì nella
Chiesa Madre e portò processionalmente le Reliquie nella Chiesa d’Aracoeli. La
sera un “Dommodarij” portò privatamente le Reliquie nella Chiesa Madre.
1738: Nel periodo invernale, che fu molto piovoso, vi fu una vastissima frana
nella contrada Mica; essa cadendo nella valle, distrusse il mulino di Campì.

1 Novembre 1741: I giurati della città attestano che durante la Messa Solenne
nella Chiesa Madre, mentre si esponevano le Reliquie, alla loro presenza avvenne
che il Sacerdote fece cadere la teca con le Reliquie, la quale si frantumò.

1753: Durante la quaresima venivano celebrati i “sabbati” per le varie categorie:


Sabato “delli Signori Gentil’uomini”, Sabato “delli Mastri”, Sabato “delli
Massari”, Sabato “delli donni e picciotti”.

59 Bianco Gaetano, S. MARCO D’ALUNZIO ESPUGNATA PER TRADIMENTO, Articolo pubblicato


nel 1930.
60 Tutte le notizie riferite in questo capitolo provengono dall’Archivio Parrocchiale della Parrocchia S.

Nicolò di Bari di S. Marco D’Alunzio.


Appunti di cronaca 81

1755: Poichè da molti mesi non pioveva e le campagne erano riarse, si decise
di uscire processionalmente il Crocifisso della Chiesa Madre per implorare la
pioggia. Nel 1759 si fece un’altra processione con lo stesso Crocifisso e con i
Santi Patroni per far “cessare l’epidemia mortale in questa terra”.

30 maggio 1782: In questo giorno, festa del Corpus Domini, fu rubato l’Ostensorio
d’oro della Chiesa Madre che oggi si trova custodito nel Museo di Arte Sacra.
Fu mandato a chiamare il Capitano di Guardia che si trovava a Torrenova. Subito
furono avviate le indagini, ma non fruttarono nulla. L’ostensorio fu restituito il 6
giugno in confessione per le mani di D. Pasquale Ferraloro. Per la grande gioia
furono sparati tarì 18 di mortaretti.

20 Febbraio 1800: L’Arciprete D. Giuseppe Catalioto consegna al Re Ferdinando


l’argento appartenente alle rispettive chiese per la somma di Onze 166, tarì 12.2,
cioè:
Onze 32.6.7.4 alla Chiesa Madre;
Onze 58.2.10.1 alla Chiesa Aracoeli;
Onze 21.10.18 alla confraternita di S. Giuseppe;
Onze 25.11.3.3 alla Chiesa di S. Antonio;
Onze 11.0.9.2 alla cappella S. Maria dei Poveri;
Onze 16.10.13.2 alla Chiesa del SS.mo Salvatore.

1867: VISITA DI MONS. CELESIA


“A perpetua memoria della cosa.
E’ venuto in quest’anno li 7 maggio 1867 con aspettazione di tutti e con pompa
mediocre il nostro degnissimo Prelato Monsignor Vescovo D. Michelangelo
Celesta dei Marchesi S. Antonino di Palermo per causa di S. Visita, che aprì
li otto maggio con magnifica pompa nella madrice, ove poi tenne Pontificale
nelle dovute forme e cerimonie; essendo giorno dedicato al suo nome,
cioè S. Michele Arcangelo: Vi fu festa con solenne processione della Torre,
intervenendovi le confraternite tutte; la sera poi delli 11 si tenne nella Chiesa
di S. Basilio l’accademia pubblica di alcuni graziosi giovani in lode dell’istesso
Monsignore.”61

30/12/1874: DISPOSIZIONI PER SEPPELLIMENTO MORTI


La Giunta Municipale, composta da Getano Lo Presti Assessore, Stapino
Cardinale Sindaco Antonino Muglia.
Dopo aver letto la circolare del sottoprefetto del 24-7-1874 con la quale si tollerava
provvisoriamente che si seppellissero i defunti nelle due chiese di Araceli e SS.mo
61 Archivio Parrocchiale S. Marco D’Alunzio
82 San Marco d’Alunzio “pagine d’archivio”

Salvatore fino alla costruzione del Campo Santo, la Giunta decide: “La Giunta
uniformandosi al progetto del Presidente ed al disposto del sig. sottoprefetto
unanimemente delibera che tutti coloro che si rendono defunti che si abbiano
una sepoltura Gentilizia in una delle due Parrocchie ad uso provvisoriamente di
campo santo potranno tumularsi in esse; per coloro che questa non si abbiano e
si appartengono alle famiglie della parrocchiale Chiesa della Matrice dovranno
tumularsi nella Parrocchiale Chiesa del SS.mo Salvatore, quelle che abitano
sotto strada di S. Giuseppe che conduce alla strada Piazza sino alla Chiesa di
Araceli e quelli che abitano sopra detta strada, si tumulassero nella Chiesa di
Araceli, restando liberi i parenti dei defunti che abitano nella frazione Torrenova
a scegliere una delle tre chiese dedite a camposanto compresa la Chiesa dei
Cappuccini.”

10 luglio 1994: RIAPERTURA Chiesa MADRE:


Il 10 Luglio 1994, è stata riaperta al culto la Chiesa Madre, chiusa da un anno
per il restauro del tetto e del frontale che, riportato allo stato originale, ha dato
alla Chiesa un aspetto caratteristico. In questa occasione sono stati riportati,
processionalmente, nella loro Chiesa i Santi Patroni Marco e Nicola.

1 novembre 1994: CONSACRAZIONE Chiesa ARACOELI:


Festeggiamenti per il 500° anniversario della Consacrazione della Chiesa
Aracoeli. Essa fu consacrata il 1° Novembre 1494 da Mons. Pietro de Calus,
Vescovo di Calcedonia, durante la sua visita alla Diocesi, incaricato dal Vicario
generale Antonino Mortilleto.
Questo avvenimento è stato preceduto da tre giorni di festeggiamenti. Il 29
Ottobre, Padre Calogero Musarra ha parlato della Devozione Mariana a S. Marco
D’Alunzio e nei Nebrodi e ha spiegato l’amore che gli Aluntini hanno verso la
Beata Vergine che guida i suoi figli verso il cielo, simboleggiata attraverso le
molte Chiese a Lei dedicate, fino alla Chiesa più alta, appunto Aracoeli cioè
l’Altare del Cielo.
Il secondo giorno si è svolta la Solenne Concelebrazione Eucaristica presieduta
da Sua Ecc.za Mons. Ignazio Zambito. Alla fine della Concelebrazione, il Dott.
Calogero Drago ha relazionato sulla storia della Chiesa che comincia dall’XI
sec..
Il terzo giorno è stata consegnata la statua lignea dell’Immacolata, restaurata
dal Rotary Club di S. Agata Militello. Dopo diversi interventi che spiegavano il
senso della cerimonia, la statua della Vergine processionalmente venne riportata
nella Chiesa Madre.
Il 1° Novembre, giorno della Consacrazione, dopo la Concelebrazione di
tutti i Sacerdoti Aluntini e dell’intervento dell’Assessore alla Cultura Patrizia
Appunti di cronaca 83

Musarra, l’Arciprete Nicolò Parisi ha fatto il discorso commemorativo. Per


solennizzare questa consacrazione, è stato organizzato un concorso Grafico e
Fotografico “Riti e immagini della Passione nei Nebrodi” destinato ai ragazzi
della scuola elementare e media di primo e secondo grado. Con questo si è
voluto sensibilizzare l’opinione pubblica sul patrimonio artistico-culturale-
religioso legato alla Passione di Cristo. Durante l’inaugurazione della Mostra,
avvenuta il 20 marzo 1995, ed allestita nell’Oratorio S. Maria dei Poveri, dopo
i brevi interventi del Parroco Sac. Salvatore Miracola, del Geometra Antonello
Pettignano, dell’esperto Mario Sarica e dell’Assessore Patrizia Musarra, sono
stati consegnati i premi e i diplomi di partecipazione ai ragazzi che hanno fatto
pervenire i disegni.

26 novembre 1995: APERTURA Chiesa S. GIUSEPPE:


Per molto tempo la Chiesa di S.Giuseppe, Chiesa che rappresenta il simbolo
della devozione verso questo santo, è stata chiusa al culto poiché pericolante.
La statua del Santo fu, a suo tempo, trasferita nella Chiesa madre. Finalmente,
il 26 novembre 1995, solennità di Cristo Re, dopo l’adorazione Eucaristica e il
Canto di ringraziamento, S. Giuseppe è stato riportato, processionalmente, nella
sua Chiesa. Arrivati sul sacrato, il parroco ha spiegato che la Chiesa era stata
benedetta precedentemente, e quindi un modo simbolico per riutilizzarla era
quello di benedire la nuova porta.
84 San Marco d’Alunzio “pagine d’archivio”
85

Lotta per l’autonomia

Una delle pagine più tragiche ma nello stesso tempo più belle sono state scritte
dagli abitanti di S. Marco D’Alunzio quando furono privati dell’autonomia:
tragica perché furono privati dell’autonomia, bella perché questo evento vide
tutto il paese unito nella lotta per riavere l’autonomia.62
Verso il 1920 S. Agata Militello, con i suoi amministratori volendo diventare
capoluogo di provincia ma non avendo il numero minimo di abitanti chiese di
aggregare a sé Mirto, Capri, Frazzanò, Longi, Alcara, Militello Rosmarino e S.
Marco d’Alunzio. Gli altri comuni riuscirono a evitare l’aggregazione, mentre
Militello e S. Marco non riuscirono a far trionfare le loro giuste ragioni e furono
aggregati.
Il 31 dicembre 1928 gli abitanti di S. Marco scrivono al Prefetto chiedendo di
non aggregare il comune a S. Agata Militello.
Nonostante questa ed altre richieste il R. D. del 28 Gennaio 1929 n. 264 decreta
che “I comuni di Militello Rosmarino, S. Agata Militello e San Marco D’Alunzio
sono riuniti in unico comune con denominazione e capoluogo <Sant’Agata
Militello>”, togliendogli così quell’autonomia amministrativa che, a prescindere
dai remoti precedenti storici che gli avevano assicurato una indipendenza serena,
tranquilla e gloriosa, esso aveva goduto da molti anni.
Nella mattinata del 16 aprile 1929, mentre il commissario Prefettizio del
Comune di S. Agata Militello, assistito dal segretario comunale e dal Ragioniere
di Prefettura, era intento a ricevere la consegna dell’Ufficio Comunale da
parte del Podestà uscente, un gruppo di abitanti di S. Marco D’Alunzio, in
maggioranza donne, entrarono nel Palazzo Comunale gridando veementemente
contro il Commissario e commettendo atti di violenza contro i Funzionari e i
Carabinieri.
La rabbia era grande e gli animi esasperati: alcuni strapparono una borsa di pelle
al Commissario Regio credendo che in essa vi fossero documenti indispensabili
per la consegna dell’Ufficio Comunale, altri cercavano di strappare il moschetto
all’appuntato dei Reali Carabinieri con il quale cercava di sbarrare l’ingresso nei
locali e tutti gridavano “abbasso” e altre parole ingiuriose.
In questa occasione ben 64 cittadini e cittadine furono fermate.
62 Ringrazio il Dott. Fausto Bianco che mi ha aperto l’archivio di famiglia, dal quale ho preso queste
notizie.
86 San Marco d’Alunzio “pagine d’archivio”

Ma l’autorità giudiziaria li prosciolse in fase istruttoria, rinviando a giudizio solo


dieci persone.
Queste dieci persone erano:
1. Vitale Concetta di Basilio di anni 37
2. Vitale Nicoletta di Basilio di anni 24
3. Priola Nunzia di Gaetano di anni 45
4. Graziano Giuseppe fu Salvatore di anni 30, arrestato il 16-4-1929 e
scarcerato il 27-4-1929
5. Barbuzza Giuseppa fu Salvatore di anni 35
6. Oriti Basilio di Lorenzo di anni 23
7. Monastra Maria Concetta fu Giovanni di anni 41
8. Palazzolo Francesca di Vincenzo di anni 44
9. Scorza Maria fu Giuseppe di anni 21
10. Musarra Angela di Nicolò di anni 33.

Il processo si celebrò nel Tribunale di Patti il 31 marzo 1930 e tutti gli imputati
furono condannati a cinque mesi di reclusione, pena sospesa per l’indulto.
Il 24 maggio 1930 gli abitanti di San Marco scrivono al Ministro dell’Interno
mettendo in evidenza che la soppressione e la conseguente aggregazione, ottenute
in base a dati ed elementi artificiosamente elaborati, colpì dolorosamente gli
abitanti di S. Marco D’Alunzio, i quali invocano, ad una sola voce, di tornare
padroni incontrastati nella loro casa sia pure modesta. Questa istanza era
accompagnata dalla firma di 400 elettori
Il 2 giugno 1931 il Fiduciario del Fascio e i rappresentanti delle organizzazioni
locali scrivono al Sottosegretario di Stato per gli interni chiedendo la separazione
dei due comuni.
Anche il Commissario Prefettizio per l’amministrazione comunale di S. Agata
Militello, Comm. Dott. Vittorio Ravot, l’11 Luglio 1931 risponde alla lettera
del Prefetto di Messina del 17 giugno 1931 con la quale si chiede il parere
circa la domanda degli elettori di San Marco D’Alunzio tendente ad ottenere
la ricostituzione di quel territorio in comune autonomo esprimendo parere
favorevole alla separazione e alla autonomia di S. Marco con argomentazioni
storiche, sociali e politiche.
E così finalmente con Legge del 22 dicembre 1932 i due comuni di Militello
Rosmarino e S. Marco D’Alunzio sono ricostituiti in comuni autonomi.
Il 28 gennaio 1933 nella casa comunale di S. Agata Militello alla presenza del
Comm. Dott. Vittorio Ravot commissario prefettizio di S. Agata Militello e il
Sig. Olindo Bianco commissario prefettizio del Comune di S. Marco D’Alunzio
si procede alle operazioni inerenti alla disgregazione da S. Agata Militello dell’ex
frazione di S. Marco D’Alunzio, oggi di nuovo comune autonomo.
Lotta per l’Autonomia 87

Così “La Gazzetta” del 1 febbraio 1933 descrive la riunificazione:

LA RESURREZIONE DI SAN MARCO D’ALUNZIO

S. Marco D’Alunzio 31.


L’alba di domenica è stata salutata da diversi colpi di cannone cui hanno fatto
eco le campane del paese, per annunziare l’inizio della nuova storia di S. Marco:
infatti oggi si è definitivamente avverata la separazione da S. Agata, in virtù
della recente legge di S. E. il capo del governo, con la consegna degli atti e
documenti di pertinenza di questo comune.
Di buon’ora il paese era già tutto imbandierato e variamente addobbato, mentre
le strade cominciavano ad affollarsi di gente, ansiosa di assistere al fausto
avvenimento; le mura sono letteralmente tappezzati di striscioni inneggianti al
Re, al Duce, al Fascismo e all’autonomia.
Nella frazione Torrenova una enorme folla, schierata sulla strada di stato,
fiancheggiata di case tutte imbandierate, attendeva il passaggio del carro cogli
atti e documenti prelevati a S. Agata. Vi erano i fascisti, i Balilla e le scolaresche
al completo.
L’arrivo del carro, ornato di bandiere e di palme e seguito dalle autorità, è
accolto con ovazioni frenetiche.
Fra continue acclamazioni e al canto dell’Inno Aluntino dettato per l’occasione
dal Cav. Gaetano Bianco e musicato dal Maestro Graziano, si marcia sino alla
delegazione dello Stato Civile, dove il Commissario Prefettizio, Olindo Bianco,
fa un breve e vibrante discorso inneggiando al Duce e compiacendosi della
magnifica prova di unanime entusiasmo per il ripristino dell’autonomia.
Quindi si procede per San Marco, ove alle porte attende l’intiera popolazione, la
quale è in preda ad indescrivibile giubilo.
Le condannate per resistenza alle Autorità nell’infausto giorno dell’aggregamento
a S. Agata, agitando le bandiere, in mezzo alle quali si leva una grande fotografia
del Duce, ornata di quercia e di edera, sono prime ad esplodere in un frenetico
grido di Viva il Re, Viva il Duce, Viva l’autonomia. Partono dalla folla altre
grida formidabili, assordanti, mentre la musicaintona l’inno aluntino:
“Noi signori di noi stessi
Per tremila e ducent’anni
Sempre invitti e mai oppressi
Da baroni e da tiranni….”
Sotto vari archi trionfali eretti spontaneamente dai cittadini avviene la sfilata,
la quale è ammirevole per ordine, per imponenza, per esultanza. Precedono il
carro e il quadro del Duce, cui seguono le autorità, i condannati, i Balilla, le
piccole Italiane, le scuole, gli avanguardisti, il Fascio Giovanile, il Fascio di
88 San Marco d’Alunzio “pagine d’archivio”

combattimento, i sindacati, i Premilitari, la Scuola serale, il popolo.


La direzione del corteo è affidata al comandante del fascio giovanile prof.
Musarra.
A brevissimi intervalli scoppiano ancora fragorosi applausi e grida di “ Viva il
Re, Viva il Duce”.
Il Municipio fa opportuno e magnifico sfogio di tutti i contrassegni della sua
antica dignità e potenza.
Le autorità sono precedute da due Mazzieri e sono scortate da due Giovani
Fascisti portanti due bandiere, le cui aste sono sormontate da luccicanti aquile di
argento, mentre un Balilla regge il simbolo municipale raffigurante “la pace”.
Spettacolo superbo e commovente, nessuno ha gli occhi asciutti.
Da un balcone del Municipio si affacciano Annibale Bianco, strenuo propugnatore
dell’autonomia, il Commissario Prefettizio Olindo Bianco col delegato di
Torrenova Ferrigno, il commissario di S. Agata Comm. Ravot, col segretario
Consolo, il commissario di Militello Rosmarino, Prof. Lo Re, il tenente dei CC.
RR. Sig. Fantini e il segretario Politico.
Ha parlato per primo il Segretario Politico Rag. Vitanza, inneggiando al
provvedimento del Duce, col quale la popolazione Aluntina ha riacquistato la
pace e la tranquillità.
Poscia il Commissario Bianco ha pronunziato il seguente discorso:
“Fascisti, cittadini – Circa quattro anni or sono, per volere degli amministratori
della vicina S. Agata, fummo a questa aggregati in unico comune.
Da quel giorno i cuori degli Aluntini soffrirono una triste passione, una tristissima
angoscia.
Ed in quella passione, in quella angoscia, nacque in alcuni pochi il sentimento
della riscossa.
A quel pensiero mobilissimo tutto il popolo, con patriottico ed ardente amore si
unì per chiedere la nostra perduta, millenaria, autonomia cui si aveva diritto,
per forza morale e per forza di legge. Si sostenne una formidabile battaglia
contro quegli uomini che vollero l’aggregamento i quali, con tutti i mezzi anche
illegali tentarono di far fallire la sacrosanta nostra causa.
Oggi è il tripudio del nostro trionfo della nostra luminosa vittoria, e di ciò
dobbiamo gratitudine eterna a S. E. il Prefetto, al Segretario Federale Catalano
ed infine al nostro amato Duce che, condottiero insuperabile di popoli ed uomo
incrollabile nella dirittura e nella giustizia, è stato l’artefice massimo di questa
vittoria.
Il Governo Fascista ha scritto nella storia il più fausto giorno per i cittadini di
Alunzio: ed aggiungo, ciò che è mirabile agli occhi di tutti, che solo il Fascismo
ha potuto avere la forza di riparare a quest’errore e di punire i responsabili.
Il miracolo, come lo chiamavano alcuni, è avvenuto; ed io oso dire che non è
Lotta per l’Autonomia 89

stato un miracolo, ma un atto semplice e naturale della giustizia fascista.


Ricordate i tristi giorni dell’aprile 1929, quando si videro in questa piazza quegli
uomini di cui parlavo poc’anzi?
Erano venuti come conquistatori di terre straniere; ci hanno offeso e vilipesi,
hanno calpestato i più nobili sentimenti del nostro animo.
Di questi uomini che fanno male al popolo, il partito non sa che farsene: li mette
in disparte.
Il Fascismo non è un partito dello stampo di quelli trascorsi: è una scuola
ove i primi preparano i secondi ed impartiscono così alle generazioni future
quell’indirizzo e quella imperitura educazione politica e morale indispensabile
nella vita.
Coloro che deragliano, coloro che credono di potere abusare delle pubbliche
cariche e si allontanano dalla linea tracciata, non hanno ancora compreso
questo grandioso movimento di masse.
All’atto di giustizia sacrosanta del Duce, bisogna rispondere non solo con la
devozione e la gratitudine eterna, ma con quello spirito possente di amore e di
fede che infiamma gli animi degli uomini verso un capo che li ha redenti.
Cittadini, nell’assumere il grave fardello della temporanea amministrazione
del comune risorto a vita nuova, affermo che questa nuova vita deve essere
improntata allo stile fascista: onestà, giustizia ed opera incrollabile ne è il motto
perfetto.
Non faccio programmi, non vi aspettate delle immediate riduzioni di tasse; la
disastrosa unificazione dei tre comuni ci ha portato gravosi strascichi finanziari
che dovranno essere assunti e liquidati da questa amministrazione.
Si tratta di decine di migliaia di lire, somme da pagare, ereditate dalla gestione
di S. Agata.
Ogni sforzo, ogni energia sarà tesa per i più grandi destini del nostro glorioso
paese.
In questo primo periodo occorre intenso lavoro di ricostruzione e riorganizzazione:
ci troviamo come quei malati che dopo avere lottato contro la morte, iniziano la
convalescenza.
Voglio augurarmi che questo periodo sia breve: abbiamo sofferto una bufera,
saremo quindi temprati ai piccoli sacrifici:
Sono sicuro che le mie parole siano da voi ben comprese e che accingendomi
all’opera, con la collaborazione di tutti, ci incammineremo in quella via che
conduce alla floridezza e alla pace, in quella via tracciata da Benito Mussolini
che, dall’Urbe Eterna, ci segue con occhio ferreo e pieno di fraterno amore: Viva
l’Italia, Viva il Re, Viva il Duce, Viva il Prefetto, Viva il Segretario Federale, Viva
il Segretario Politico di S. Agata.”
Alla fine si elevano grida unanimi ed entusiastiche esprimenti il desiderio che la
90 San Marco d’Alunzio “pagine d’archivio”

piazza principale del paese sia intitolata con nome del Duce.
Infine la popolazione si riversa nella Cattedrale e dopo un magnifico discorso
dell’Arciprete Graziano, sul tema “religione e patria” s’intuona il Te Deum e dà
luogo la più imponente processione che qui si sia mai vista.
Durante la giornata, allietata anche da un sole del tutto primaverile, vi sono
state varie manifestazioni e la casa del Commissario è stata meta di amici e di
cittadini.
Gli spari dei mortai si ripetono a brevi intervalli, il municipio e il fascio sono
stupendamente illuminati e la festa ha fine a mezzanotte, lasciando in tutti una
incancellabile impressione.
Sono stati spediti Telegrammi al Duce, a S. E. Storace, a S. E. il Prefetto, al
Segretario Federale com. Catalano, ed al Segretario politico di S. Agata
Militello.”
Trascrivo di seguito il discorso di Basilio Vitanza fatto dopo la riunificazione per
ringraziare il Dott. Annibale Bianco:
“Cittadini della vecchia e della nuova Alunzio!
E’ da venerdì mattino che regna nel cuore degli autentici Aluntini la più indicibile
gioia.
Lieti e indimenticabili giorni son dunque questi per noi perché ci è dato finalmente
di poter ringraziare, con tutto l’effusione dell’animo, questo giovine intelligente,
generoso e ardimentoso, che, con alto senso di rispetto al Diritto e alla Giustizia,
ch’è l’anima stessa del Fascismo, ha iniziato e portato a compimento quell’opera
di rinnovamento del nostro diletto paese, già fatto segno ad ogni sorta di offese
e di prepotenze, in onta ai più sacri principi della Legge positiva e morale e solo
per la soddisfazione di inconfessabili interessi di parte e di ridicole e pur tanto
nocive ambizioni!
Se offese al Diritto e alla Giustizia furono compiute in tempi ormai tramontati,
nessuna certamente sarà – da chiunque giudicata – più iniqua di quella che San
Marco ha dovuto subire con l’aggregamento al Comune di S. Agata contro il
volere dei cittadini – degni di tal nome – che, unanimi, protestarono vedendo per
tal modo rinnegati tre millenni di storia gloriosa, né già per ragioni plausibili o
per interessi di carattere generale, ma per il capriccio e il tornaconto di individui,
le cui finalità sono in aperto dissidio con gl’interessi reali del nostro Comune.
La vostra solerte opera, lo ricordo benissimo, ebbe inizio da quell’infausto
16 aprile 1929, quando di giorno e di notte vi trasportavate di qua e di là per
impedire che fossero commessi nuovi errori.
Voi vi ricordaste subito di essere Cittadino di S. Marco, quantunque da tanto
tempo lontano, e impugnaste decisamente la spada per proteggere e difendere la
propria Patria, mentre altri che avevano uguali e forse maggiori doveri di voi,
gioirono allora ed in seguito dell’annientamento del loro Paese.
Lotta per l’Autonomia 91

Ora il popolo di S. Marco è qui per attestarvi la sua grande e imperitura


riconoscenza e ringraziarvi col cuore traboccante di gioia per la indimenticabile
vittoria avuta.
Come vedete non tutto il popolo Aluntino è qui, come sarebbe stato suo
desiderio, ma anche quello forzatamente assente è da ritenere presente a questa
manifestazione di giubilo e di gratitudine.
Il nome di Annibale Bianco, che suona intelligenza e attività, non sarà mai
dimenticato dal popolo Aluntino di oggi e dell’avvenire e sarà sempre esempio e
insegnamento di abnegazione, di fede e di patriottismo.
Mi è gradita anche l’occasione di rivolgere un sentito ringraziamento al
Commendatore Ravot, il quale con una elaborata e magnifica Deliberazione ha
contribuito al trionfo della verità e del Diritto.
Intanto, caro Gerarca Annibale Bianco, vi prego, recandovi a Messina, di parlare
a S. E. il Prefetto Lops e all’illustre Segretario Federale Commend. Catalano,
questi due valorosi campioni della Giustizia e del Fascismo, l’omaggio devoto e
riconoscente di tutto il popolo San Marchese.
Vi prego ancora di telegrafare al Duce, simbolo di Libertà e di Giustizia, le
espressioni della nostra immutata e immutabile devozione.
Per il Duce ...
Basilio Vitanza 3 Luglio 1932 a.VII

In questa occasione fu composto il “Canto degli Aluntini”; Versi di Gaetano


Bianco e musica di Basilio Graziano:

Noi signori di noi stessi Del diritto le difese


Per tremila e duecent’anni, Nostre in tante e tante istanze
sempre invitti, mai oppressi Niuno accolse niuno intese.
da baroni o da tiranni, Eran molte le speranze…
conservammo sotto Roma Era solo soddisfatto
nostre leggi e greco idioma. L’autore del misfatto.

Ecco infin, con tradimenti Siam redenti e già il tormento


E palesi falsità, Cessae taccion gli odi e l’ire;
aggregati fummo a genti ne l’attesa de l’avvento
senz’alcuna affinità. sfolgorante di quel bene
E da liberi signori che a civil alma appartiene.
Diventammo servitori.
92 San Marco d’Alunzio “pagine d’archivio”
Lotta per l’Autonomia 93
94 San Marco d’Alunzio “pagine d’archivio”
Le chiese di San Marco d’Alunzio 95

Le chiese di San Marco d’Alunzio

Chiesa MADRE
S. NICOLò DI BARI

La costruzione dell’odierna Chiesa fu iniziata nel 1584 su una struttura


preesistente, anche se più piccola e fu ultimata alla fine del XVIII secolo.
Si congettura che la precedente Chiesa occupasse l’attuale transetto e l’altare
maggiore fosse accanto all’ingresso della sagrestia, mentre la porta principale si
affacciava sulla piazza, di fronte al Palazzo Comunale.
La facciata presenta tre portali63: quello centrale è costituito da un arco a tutto sesto
sormontato da un frontone spezzato, al centro del quale si eleva un finestrone;
su di esso si trova un rosone64, venuto alla luce negli ultimi restauri del 1994 e
databile intorno al XIV / XV secolo.
Sul lato destro è posta una lapide che ricorda il Cardinale Scipione Rebiba,
originario di S. Marco65.
63 Sulla porta laterale sinistra vi è la seguente iscrizione: “PRESBYTER VITUS SAGGI 9 PROPRIO
SUO AERE ME LOCAVIT INCIDENDAM 1616 “
Sull’architrave della porta laterale destra si legge la seguente iscrizione: “EORUDEM CURA
P.OCURATORU MATRICI ECCLESIAE SUMPT...US ERECTA SUM 1616 “
Sul muro laterale sinistro una lapide riportante la seguente iscrizione: “SEDUL 9 IMPERIO ARMOR
DUX DIDAC OSTO MIRUM POSSE GLOBBI GENTIB EGIT OPUS 1640”
64 Iscrizione posta sotto il rosone:

“ D. O M - AC.D.NICOLAO.IMRICI - AC PORTAE MACIIINA - HAVD VULGR.I DILIG.


A - EXTRUEN......CURAIUNI - P.G.URATORES PETRUS - ET.IOANES IATTH DE - TETAMIS
ANNO D.NI 161...
65 Rinaudo – Miracola, Il Cardinale Scipione Rebiba, Ed. L’Ascesa, Messina 2007

Meli A., op. cit, p. 199: “...il padre baccelliere fr. Tommaso Calderari in onore del compatriota Scipione
gl’alzò in S. Marco la seguente lapide nel piano di detta venerabile matrice a futura memoria:
“D.O.M. - SCIPIO REBIBA SICULUS A S. MARCO, QUAM DIODORUS LIB. 12° URBEM
CALATINAM, CALATAM CICERO EPIST. 13°, CALACTAM PTOLOMEUS APPELLAT, ANNO
CHRISTI 1504 TERIO NONAS FEBRUARIJ ORTUS, POSTQUAM LITERARUM COGNITIONE
ANIMUM INSTRUXIT, ROMAN VENIT, AC IOANNIS PETRI CARAFFA CARDINALIS
ANIMO INSINUATUS, AB EODEM INTER FAMILIARES RECEPTUS, PROTONOTARIUS
APOSTOLICUS, EPISCOPUS MUTOLENSIS, ROMAE GUBERNATOR INSTITUTUS, AB
EODEM IOANNE PETRO CARAFFA QUI NEAPOLITANUS ARCHIEPISCOPUS FUERAT
CONSECRATUS, CARISSIME ILLI URI SUO NOMINE IN SACRIS PRAEFUTURUS MISSUS
EST; ATQAE EA QUA POLLEBAT AUTORITATE PLURA IN MEAPOLITANI GREGIS BONUM
PRESTITIT, PUGNAVIT CONTRA HERESES, MORES PRAVOS DELEVIT, ECCLESIASTICA
IURA DEFENDIT, SANCTAE PATRITIAE LIPSANA AD ARAM PRIN IPIS TRANSTULIT ET
SANCTI PAULI COEMITERIUM SACRAVIT; DEINDE ROMAM REDIENS ARCHIEPISCOPUS
PISANUS CREATUS EST, SED CUM HAEC ECCLESIA IOANNI MEDICES CARDINALI,
COSMI HETRURIAE DUCIS FILIO, DELATA FUISSET, EPISCOPUS IN APULIA TROIANUS
CREATUR, ET A PAULO 4° (QUI OLIM ERAT IOANNES PETRUS CARAFFA) PATRIARCA
96 San Marco d’Alunzio “pagine d’archivio”

Affiancato alla Chiesa è il campanile, costruito nel 1547 e riedificato nel XVIII
secolo66; la struttura attuale risale agli anni cinquanta.
Lo spiazzale della Chiesa custodisce dei reperti archeologici e lapidi
commemorative; sotto lo spiazzale vi era la sepoltura destinata ai pagani, ai
giudei, agli infedeli, eretici e scomunicati.67.
L’edificio si presenta ad una navata con dodici cappelle laterali e presbiterio in
marmo rosso locale.
Ogni cappella è divisa dall’altra da un pilastrone scanalato sul quale è posto un
capitello. Girano per tutta la Chiesa l’architrave, il fregio e il cornicione dello

COSTANTINOPOLITANUS ET CARDINALIS TITULO PASTORIS S. ANASTASIAE CREATUS


EST, ET AB EODEM AD REGEM HISPANIARUM PHILIPPUM 2° LEGATUS MITTITUR.
HERETICAE PRAVITATIS SUPREMUS INQUISITOR, ET SEDENTE GREGORIO 13°
EPISCOPUS SABINUS, OBIIT ANNO DOMINI 1577, DIE MERCURIJ, NONO KALENDAS
AUGUSTI, 5° INDITIONIS, AETATIS SUAE 73; AD QUIRINALEM MONTEM IN ECCLESIA
SANCTI SILVESTRI SEPULTUS EST COM HAC DESCRIPTIONE:
D.O.M. - SCIPIONI REBIBA SICULO EPISCOPO SABINENSI S.R.E. CARDINALI PISARUM,
INTEGRITATE, DOCTRINA, RELIGIONE PRESTANTI, HAERETICAE PRAVITATIS
INQUISITORI SUMMO, FIDEI ORTODOXAE ACERRIMO PROPUGNATORI. PROSPER
REIBA PATRIARCA COSTANTINOPOLITANUS ET TROIAE CIVITATIS EPISCOPUS PATRUO
BENEMERENDI MESTISSIME POSUIT, VIXIT ANNOS 73, OBIIT DIE 24 IULIJ 1577.
BACCALARIUS FR. THOMAS CALDERARI ORDINIS HEREMITARUM SANCTI AUGUSTINI,
EIUSDEM CARDINALIS CONCIVIS, OB INSIGNEM IN PATRIAM EIUSQUE ALUMNOS
PIETATEM PERPETUAMQAE MEMORIAM HOC GRATI ANIMI MONUMENTUM, AD
ABOLENDAM EDACIS TEMPORIS OBLIVIONEM SUMPTIBUS PROPRIIS ERIGI CURAVIT,
SUB ANNO 1650.”
66 Documenti Archivio Parrocchiale: Chiesa Madre 1749: Spese per riedificare il campanaro: D. Corrado

Oddo fece il disegno di come doveva venire il campanile e assistette alla fabbrica come architetto.
Corrado Oddo: il Meli lo dice nativo di S. Fratello e abitatore di S. Marco; morì il 1 Febbraio 1771 a
80 anni circa ed è sepolto nella Chiesa Madre. I costruttori furono Mastro Antonino Bruno e Mastro
Lorenzo Monsù, i quali intagliarono anche le pietre.
Fu ultimato nel 1756.
Spese di materiale per riedificarsi il campanile:
1749-1750 onze 17.16.6
1750-1751 onze 7.22.13
1751-1752 onze 60.9.2
1752-1753 onze 20.14.13
1753-1754 onze72.13.2
1754-1755 onze 9.16.14
1755-1756 onze 16.23.13
Somma data a D. Corrado Oddo architetto per dover assistere e regolare magistralmente la fabbrica
del campanaro:
1750-1751 onze 5
1751-1752 onze 3
1752-1753 onze 6.1
1753-1754 onze 1.26
1754-1755 onze 1.26
1755-1756 onze 4
A Mastro Antonino Bruno e Mastro Lorenzo Monzù per la fornitura dei pezzi d’intaglio: 0nze
52.20.19
67 Questo “cimiterio” fu costruito nel 1747: il 15 marzo si incominciò la volta e il 4 aprile i muretti di

recinsione e i “Mervuli” nel piano della Chiesa; tutta la spesa fu di onze 25.21.9.
Le Chiese di San Marco d’Alunzio 97

stesso marmo. In prospettiva si vede il marmoreo arco trionfale68, al centro del


quale si trova l’altare maggiore con un tabernacolo rinascimentale e sormontato
da un ciborio a tempietto69, mentre la mensa è composta da tre pannelli marmorei
raffiguranti le tre virtù teologali.
Al posto di questo altare vi era una custodia lignea, realizzata da D. Corrado
Oddo: ”A. D. Corrado Oddo per la fattura della nova custodia concutata per
onze 60, restando per la Chiesa la compra delli specchi, quali D. Oddo devi
intagliarli e metterli a sue spese e fra anni due deve darla allestita.
Per aver andato al SS. Salvatore a vedere ed informarmi della spesa della
custodia ivi fatta con cristalli, onze 0.8.” 70
La cappella centrale è coperta da una cupola ottagonale. In fondo si trova un
organo con cantoria lignea intagliata e dorata71.
” Spesa del nuovo lettorino onze 15:
A M. Alfio Allò per servigio fatto in detto lettorino, cioè giornati suoi e del suo
lavorante giorni 60 a tarì 6.10 il giorno che liquidato onze 13 ed onze 2 a suo
fratello Mastro Francesco per giorni 14 nell’assettato e scorniciato. Onze 15.
Onze 5.28 per tavole d’abito n° 76, etc.”
Dopo che Mastro Alfio Allò fece il littorino, fu chiamato Mastro Annibale per
vedere l’organo.
Esso fu spostato nel nuovo littorino e D. Nicolò Santo Stefano mastro dell’organo
per onze 10.15 lo restaurò e ripristinò. Quest’organo era stato acquistato nel 1589
da Mastro Raffaele La Valle da parte del Rev. D. Filippo Lo Blando di S. Marco
per onze 80.
L’organo fu costruito dal Cavaliere Pacifico Inzoli di Crema con contratto del
28-6-1893 per il prezzo di £. 2.000, posto in Palermo, più il trasporto da Palermo
a S. Marco.
Fu collaudato il 31 luglio 1895 dal Prof. A. Mauro organista in S. Domenico ed
all’Olivarella, Maestro d’organo nell’Istituto dei ciechi Ignazio Florio in Palermo.

68 Archivio Parrocchiale Chiesa Madre, 1708:” Mastro Matteo Bruno ricevette il saldo delle 378
onze per l’arco maggiore e cappelle. Le pietre furono “palmiate” da Mastro Pietro Spadafora di
Militello”
69 Questo altare fu realizzato nel 1798 da due mastri venuti da Messina per montarlo: il costo fu di onze 83.

Chiesa Madre 1740: ”A Mastro Pietro Passaro per indorare la custodia, onze 17.6; Oro per indorare
la custodia, onze 10. E più onze 3.18.10 per indorare Organo e lettorino del medesimo Candilerone e
Scalonata del Suffragio e casserizzo della Sagrestia e Cornice del SS. Rosario, Onze 3.18.10.”
“Per N. 400 specchi per la custodia onze 10.24.13. E più per altri tre specchi mandati del Signor
Perciabosco per supplimento . onze 0.27.”
Chiesa Madre 1742: “Pagati a Giuseppe Fragale per aver andato a Longi per chiamare a D. Pietro di
Franco per riconoscere la custodia se era magistrevolmente addorata da detto di Passaro - onze 0.1.”
(leggendo il libro mastro si evince che il Passaro non avea fatto a regola d’arte il lavoro e quindi fu
arrestato in Mirto dove era fuggito.)
70 Documenti Archivio Parrocchiale, 1738 Chiesa Madre.
71 Archivio Chiesa Madre, 1714.
98 San Marco d’Alunzio “pagine d’archivio”

La spesa complessiva finale registrata il 12-8-1895 fu di £ 3.015.


La copertura è a volta reale72. Il damuso fu incominciato nel 1732. Negli anni
1728 -32 si alzò il cornicione, si portò la pomice da Lipari e si fecero le catene.
Nel 1732 fu fatta la copertura.
Dietro l’altare maggiore vi era un bellissimo coro intagliato73 che oggi è posto
nel transetto.
Nella prima cappella laterale (entrando a sinistra) vi è il fonte battesimale in
marmo locale e un quadro raffigurante la SS. Trinità;74 nella seconda cappella un
quadro in tela con “ l’ultima Cena”75; nella terza cappella, una statua del Cuore
di Gesù76 con ai lati affreschi raffiguranti scene dell’apparizione del Cuore di
Gesù a S. Margherita a cui è aggregata l’Associazione del Cuore di Gesù; nella
quarta cappella, eretta nel 1617, vi è il quadro in tela raffigurante la Madonna
del Rosario77 con bellissima cornice intagliata a motivi floreali78; nella quinta
cappella è collocata la statua lignea dell’Immacolata proveniente dalla Chiesa S.

72 Archivio Parrocchiale: Costruzione damuso (1728)


_ la pomice fu portata dai liparoti
_ D. Corrado Oddo fu l’architetto.
_ il 7 Aprile fu allestito il ponteggio.
_ Mastri furono: Mastro Matteo Bruno, Mastro Vincenzo Bruno, Mastro Antonino Bruno.
73 Archivio Parrocchiale, Chiesa Madre 1803: “A Mastro Leone Pedalà e Mastro Giuseppe Conti per

loro mastria del coro della Chiesa madre onze 50. (le tavole etc. furono comprate dalla Chiesa)”.
74 Dipinto raffigurante: LA SS. TRINITA’.

Tela rettangolare dipinta ad olio, cm 284 X 198, attribuita a Giuseppe Gesualdi Russo, 1778.
In alto, seduti sulle nubi, sono raffigurati Cristo con la croce, l’Eterno Padre e la colomba dello
Spirito Santo. Più in basso si trova seduta la Vergine, ai piedi della quale sono un gruppo di angeli
adoranti e un angelo che le offre l’incenso.
Questa cappella fu fondata dal Padre Fra Giovanni del Gado dell’Ordine della SS.ma Trinità im
Messina il XIII maggio 1585 con atto del Notaio Biagio Piazolo di Messina; L’Atto di lezione di
questa cappella fu fatta da Don Giuseppe Mondì l’11 agosto del 1645; La Bolla Apostolica fu emanata
il 13 maggio 1586.
75 Dipinto raffigurante: L’ULTIMA CENA.

Tela rettangolare, dipinta ad olio, cm 308 X 205, attribuita a Giuseppe Gesualdo Russo, 1778.
La composizione, con gli Apostoli disposti in cerchio attorno alla tavola, ha come fondale una parete
sulla quale è una nicchia vuota e un tendaggio aperto da due angioletti. Sul capo del Cristo pende una
grossa lucerna. In primo piano a destra, ai piedi di Giuda, che si volge verso l’osservatore tenendo
nella sinistra un sacchetto, è una cesta con due brocche.
76 Statua in plexiglas regalata dalla Signora Artale Erminia ved. Bianco nel 1957.

ASSOCIAZIONE DEL SACRO CUORE DI GESU’: Questa associazione fu istituita canonicamente


in questa terra di S. Marco il primo Ottobre 1893. Il sette Maggio 1906 il papa Pio X firmò la bolla
con la quale privilegiava in perpetuo l’altare del Sacro Cuore di Gesù della Chiesa Madre di San
Marco d’Alunzio.
77 Dipinto raffigurante: LA MADONNA DEL ROSARIO.

Tela rettangolare, dipinta ad olio, cm 337 X 224, di Giuseppe Tommasi, del 1655.
Può essere considerato uno dei dipinti migliori del Tommasi.
Raffigura la Vergine col Bambino fra angioletti e i SS. Domenico e Caterina da Siena. In basso al
centro, fra i due Santi, un vaso con un roseto, da cui si dipartono due lunghi tralci fioriti che salgono
a circondare la Vergine e sui quali sono quindici tondini con i misteri del Rosario.
In basso a sinistra cartiglio con la scritta: “JOSEPH DE THOMA (PINGE)BAT 1655 “.
78 Questa cornice fu intagliata nel 1670 da Mastro Pietro Mannuccio, la somma pagata fu di onze 0.24.
Le Chiese di San Marco d’Alunzio 99

Maria dei Poveri79; nella sesta cappella è ospitato un quadro in tela raffigurante
l’incoronazione di S. Rosalia.80
Sul lato destro, nella sesta cappella (da cui si entra nella sagrestia in cui si può
ammirare un Busto marmoreo di Ciambri, un cassettone-armadio del XVIII
secolo e un lavabo Marmoreo81) si può ammirare un sarcofago in marmo
rosso locale dell’Arciprete D. Giuseppe Lanza Filingeri (1644) 82; nella quinta

79 Statua di MARIA IMMACOLATA.

Legno scolpito, indorato e dipinto, secolo XVII (primi ) di autore ignoto siciliano forse un Li Volsi di
Tusa, proveniente dalla Chiesa di S. Maria dei Poveri. Lo scultore si è ispirato, per la sua esecuzione,
a modelli di scuola gaginesca, come dimostra il confronto con la statua marmorea dell’Assunta uscita
dalla bottega dei Gagini e conservata nella Chiesa Madre di Naso. La puntuale corrispondenza di
alcuni particolari del panneggio, oltre all’assetto generale della figura, fanno pensare ad una replica
impreziosita, anche se lo scultore ha pensato bene di eliminare gli angioletti che nel modello hanno
il compito di portare in cielo la Vergine. La statua raffigura la Vergine con le mani giunte in piedi su
una falce di luna emergente dalla base a forma di nube con una testina di angioletto scolpita a rilievo.
La veste e il manto conservano l’indoratura e la stampigliatura originali. Questa statua fu restaurata
nel 1995 dal Rotary Club di S. Agata Militello.
80 Dipinto raffigurante: LA TRINITA’ CON S. BARBARA E DI S. ROSALIA.

Tela rettangolare, dipinta ad olio, cm 305 X 205, di Giuseppe Gesualdo Russo, 1778.
Le quattro figure principali si dispongono lungo una spirale, che, partendo dall’angolo inferiore
sinistro con la S. Barbara, sale, attraverso la S. Rosalia e il Cristo che tiene la croce e le posa sul capo
una corona di rose, fino all’Eterno Padre. Angioletti e teste di cherubini punteggiano le nubi sulle
quali stanno le quattro figure.
Esisteva un altro quadro di S. Rosalia poiché nei registri della Chiesa Madre del 1669 si legge che
furono date a Giuseppe Thomasi onze 0.4 per riparare il quadro di S. Rosalia.
A. Meli, Istoria antica e moderna della città di S. Marco, Ms. (sec. XVIII), a cura di Oscar Bruno,
Società Messinese di storia Patria, Messina 1984.A p. 213 scrive: ”Un’altra cappella è di S. Rosalia
vergine Palermitana, fondata nell’anno 1626 per opera dell’eccellente donna Giovanna Filingeri che
vi trasmesse la santa reliquia con sua autentica spedita da don Frammichele Lo Ripa, archidiacono
della cattedrale della detta città, li 6 settembre 1625, colla quale s’ottenne licenza della Gran Corte
Arcivescovile spedita li 3 gennaio 1626. Anzi nel governo dell’eccellente signor don Vincenzo
Filingeri conte di S. Marco, allora quando risedeva in detta città di S. Marco, si faceva ottima festa
con cavalcata nella quale interveniva detto signore col magistrato e nobili. Eravi il gioco di fuoco
ed altri segni di vera divozione di quegli abitatori, perlochè la detta gloriosa santa oprava molti
miracoli de quali ne tengo in mio potere un manuscritto. S’accrebbe la divozione di sì fatta maniera
che le moniali dell’antico monastero reale del SS. Salvatore v’ottennero da monsignor di Monreale
un’indulgenza di 100 giorni, salutando detta santa verginella con recitargli un pater ed ave.”
81 Esito Chiesa madre 1748-1749:a Mastro Antonio Bruno per aver fatto il lavabo di pietra nella

sacrestia onze 1.
82 Monumento tombale in marmo rosso di S. Marco dell’Arc. D. Giuseppe Filingeri Lanza, nato nel

1582 e morto il 16 agosto 1644. La lapide riporta la seguente iscrizione:


“ ILL.S D.IOSEPH PHILINGERUS ET LANZA S.T.D.
ARCHIPBR S. MARCI VIR TAM PATRIAE ORNAMENTUM
QUAM SAECULI SUAE UTRIUSQ FAMILIE PROCERES
IMITATUS ASSECUTUS PUPERGRESSUS VIVAT EN SUB
SAXO SILEAT, DUBIUM. VIVAT CERTUM VIRTUTUM
FAMA MERITORUMQ VITA VIVIT ET VIVET IPSI ENIM
TAM MAGNATAM OMNIA AD FUERE SEMPER DE FUERE
NUMQVAM QUAE SIBI QUAE SOLI QUAE VIX ALTERIIS TANDEM
AETATIS SUE ANNO LXII VRBI CESSIT ET ORBI AUG.16-1644 “
In sagrestia vi è una epigrafe sulla parete sinistra incorniciata da volute in marmo rosso e bianco, H
= cm.30, B = cm 77 del secolo XVIII, eseguito probabilmente da marmorai palermitani. Si compone
100 San Marco d’Alunzio “pagine d’archivio”

cappella si trova la statua lignea del Crocifisso (sec. XVII)83 con ai piedi un
quadro dell’Addolorata84; questa cappella viene eretta dal Sac. D. Antonio
Russo nel 1755. La quarta cappella funziona da ingresso laterale e reca sulla
porta un quadro in tela raffigurante S. Filippo Neri85 e il fercolo con le statue
in legno dei Santi Patroni Marco e Nicola86; la terza cappella è quella intitolata
ai Santi Patroni Marco e Nicola87, con statue in marmo di Carrara, entro una

di tre pezzi: targa scartocciata con lavorazione a commesso recante lunga iscrizione dedicatoria;
busto del defunto su piccola base modanata collocato entro nicchia in muratura; scudo scartocciato
con insegna araldica. La lunga iscrizione dedicata permette l’identificazione del personaggio: D.
Giuseppe Ciambri, Prot. Apostolico, morto a 76 anni nel 1701:
“ FATIDICI STEMMATIS AQUILAM MONTEM PALLADIS
ARBORE SUPERVOLANTEM MIRARIS VIATOR SATIS
EST: PLAUDE ANIMO VIRTUTIUM ET MERITIS REV.MI ABB. V.I.D.D.
IOSEPH CIAMBRI PROTHONOT. APOSTOL. ET SS.INQUISIT. CONSILIAR
QUI VIVENS OBLIUIONIS VINDEX UT VIVERET VEL SUBLATUS
E’ VIVIS PHOENICIUM PANORMO ROGUM, AT PATRIAE
SI NON CINERES, ICON, SPOLIUM MORTALITAS UNICUM
CONCIVIUM IMMORTALI VALE COMMENDATUM UT MNEMOSYNON
FAMA PRAEFICA, RELINQUIT. ANNO MDCCI. AE. T.SUAE LXXVI.»
Sempre nella sagrestia vi è un monumentale lavabo in marmo realizzato nel 1740 da Mastro Antonino
Bruno.
83 Nei registri della Chiesa Madre del 1673 si legge: “Al Padre fra Giuseppe per fare l’incarnatura al

SS.mo Crocifisso onze 0.8.”


84 Archivio Parrocchiale Chiesa Madre 1759: “Il Sac. D. Giuseppe Muglia e Lardomita il 13 gennaio

1759 atto Notaio Antonino Mannucci del 4 febbraio 1759 lega alla Ven. Cappella di nostra Signora
Addolorata nella Ven. Matrice Chiesa, onze 35 con l’obbligo, di festeggiare nel giorno assegnato
dall’ordinario nel mese di settembre con onorata pompa la solennità dell’Addolorata ed espressamente
che si dovessero sparare Mascoli e sorfarelli d’aria e se basta la rendita ancora con tamburi e gioco
di fuoco come si suole fare in simile solennità dalle Confraternite.”
85 Dipinto raffigurante: S. FILIPPO NERI.

Tela rettangolare dipinta ad olio, cm. 124 X 92., di autore ignoto. La cappella è stata fondata da Don
Antonio Russo, visitatore, a proprie spese nel 1737. Rappresenta il Santo inginocchiato davanti alla
Vergine che appare a sinistra. Si tratta di una riproduzione del prototipo reniano conservato nella
Chiesa Nuova di S. Filippo Neri a Roma.
86 In questa cappella si trova il FERCOLO con i Santi Marco e Nicolò.

1) Statua raffigurante: S. NICOLO’


Legno policromo, secolo XVII, attribuita ad un scultore tortoretano, altezza cm. 132. Raffigura
il Santo in piedi su base quadrangolare scorniciata, con la destra benedicente e con libro nella
sinistra. In testa mitra d’argento sbalzato; nella sinistra bacolo d’argento.
2) Statua raffigurante: S. MARCO EVANGELISTA.
Legno policromo, secolo XVII, attribuita ad un scultore tortoretano, altezza cm. 132. Raffigura il
Santo in piedi su base quadrangolare scorniciata con un leone accovacciato alla sua sinistra e con
la mano destra appoggiata al petto. Sulla testa diadema d’argento sbalzato.
87 Archivio Parrocchiale Chiesa Madre 1560, Baldassarre Massa in quest’anno realizzò la “cona” dei

SS. Marco e Nicola.


A. Meli, op. cit,.p. 278: Fino al XVIII secolo in questa cappella vi era un quadro dipinto nel 1611
che rappresenta S. Nicola in cattedra e ai piedi del quadro l’immagine del committente l’Arciprete
don Ottavio Tetamo con la seguente iscrizione: D. Octavius Tetamus Archipresbyter erga Divum
Nicolaum devotissime affectu iterum proprio ere fieri curavit 1611”.
Statue di S. Marco e S. Nicola in marmo bianco scolpito a tutto tondo e rilievo, della prima metà del
secolo XVI, di Scuola gaginesca.
Si tratta degli elementi superstiti di un’icona marmorea, risistemati alla meno peggio. Una loro
Le Chiese di San Marco d’Alunzio 101

nicchia sormontata da una lunetta raffigurante l’Eterno Padre; a fianco sono


altre due lunette raffiguranti l’Arcangelo Gabriele e Maria Annunziata, mentre
nella predella i bassorilievi raffigurano gli Apostoli con Gesù; la cappella è
arricchita da alcuni affreschi sulla vita dei due santi e su una colonna la seguente
iscrizione: D.O.M. – D. NICOLAO MATRICIS TERRAQUAE – PATRONO
D. OTTAVIUS TETAMUS – ARCHIPRESBITER, ALPHIUS ET PHILIPPUS
– SACELLUM HOC DICANT – ANNO DOMINI 1607 – ANNO D.NI 1684:
FUNDITUS – DIRUTUM SUMPTIBUS ECCLESIAE EST – MUNIFICENTIUS
RESTITUTUM; nella seconda cappella vi è una tela con la Madonna del
Carmelo88; nella prima cappella, chiamata dei Gentiluomini ed eretta nel 1626, è
conservato un quadro su tela delle “Anime del Purgatorio”89.
Il Meli90 scrive che la Compagnia della Madonna del Suffragio esisteva già nel
XVI secolo e che si chiamava “Confraternita della Carità”.
Nella sala posta sotto la sagrestia il 18 maggio 1997 fu inaugurata la Biblioteca
Parrocchiale che in pochi anni è stata dotata di circa 6000 volumi di spiritualità
e di storia locale.

citazione si trova in Bellafiore. Questa icona originariamente era posta nell’abside dell’altare
maggiore; nel 1684 essa fu smontata e ricostruita nell’attuale cappella, mentre al suo posto fu
realizzato l’organo. Unico elemento rimasto nell’abside è la stele con la porta del tabernacolo.
L’altare è formato da una predella con le mezze figure degli Apostoli, da due tondi con le mezze
figure dell’Angelo Gabriele e dell’Annunziata e da elementi architettonici posti ad inquadrare una
nicchia e sormontati da lunetta marmorea, con l’Eterno Padre, da due statue raffiguranti S. Marco
Evangelista e S. Nicolò di Bari, formanti un unico blocco con le rispettive basi, le cui facce frontali
sono decorate con girali. Ai lati della cappella è possibile osservare scene affrescate della vita di S.
Marco evangelista e di S. Nicola di Bari.
88 Dipinto raffigurante: LA MADONNA DEL CARMINE.

Tela rettangolare dipinta ad olio, di cm. 308 X 204, 1778, di Giuseppe Gesualdo Russo.
La tela rappresenta la Vergine in trono col Bambino e Angeli, che porge l’abito a S. Simone Stock
genuflesso a sinistra. Dietro di lui è S. Elia con la spada fiammeggiante. A destra S. Teresa d’Avila.
89 Dipinto raffigurante: LA MESSA DI S. GREGORIO.

Tela rettangolare dipinta ad olio, di cm. 282 X 202, 1778, di Giuseppe Gesualdo Russo.
La tela rappresenta il Santo in atto di celebrare la S. Messa davanti ad un altare su cui è collocato
un quadro ovale raffigurante una mezza figura della Madonna col Bambino. Sullo sfondo, a destra
gruppo di anime purganti. Partecipano al rito due Sacerdoti genuflessi vestiti di Tonacella e due
Accoliti reggenti rispettivamente il Triregno e un Turibolo.
Questo altare è dedicato alla Madonna del Suffragio ed il Meli, Op. Cit. p. 214 scrive: “Dietro a
questa cappella v’è un oratorio de nobili di S. Marco confrati di detta pia opera della Carità eretto
nel 1742, che si benedisse a 18 novembre di detto anno per lettere della Gran Corte Arcivescovile in
detto mese ottenute.”
P. 248: “Della Compagnia di S. Maria del Suffragio... Sono vestiti i confrati di questa compagnia con sacco
di ruvida tela e col mantello nero, e godono molte indulgenze con breve dato in Roma li 24 novembre
1602...Li confrati di questa compagnia sono tutti nobili e sacerdoti della nostra patria li quali hanno cura
di seppellire gratis li defonti poveri, che non possono fare spese funerarie. Tengono il proprio oratorio
eretto dietro della cappella di S. Maria del Suffragio nella quale è fondata questa compagnia; ed in detto
oratorio vi convengono per ogni sabbato alla congregazione e per ogni lunedì primo del mese assistono
col sacco e mantello alla messa solenne, vi fanno la comunione in suffragio dell’anime del purgatorio.”
90 A. Meli, op. cit., p. 251:”..negl’atti di notaro Sebastiano Ferraloro sotto li 15 marzo, IV ind. ,1546

Clara Armilla legò nel suo testamento rotoli uno di cera alla confraternita della carità di S. Marco.”
102 San Marco d’Alunzio “pagine d’archivio”

In occasione dell’anno Giubilare del 2000, come segno, si è realizzato l’altare


maggiore e l’ambone in marmo rosso di S. Marco.
Il progetto è stato redatto dall’architetto Nuccio Lo Castro e l’artista che li
realizzò fu Carmelo Casella di S. Agata Militello.
L’Altare fu consacrato da Mons. Ignazio Zambito Vescovo di Patti il 9 dicembre
2000 con grande partecipazione di popolo. Per rendere più solenne la celebrazione
fu portato processionalmente, in forma penitenziale, il SS.mo Crocifisso di
Aracoeli.

I PATRONI DI S. MARCO

I Patroni di S. Marco sono due: S. Marco Evangelista e S. Nicola da Mira


Vescovo.
Cerchiamo di chiarire perchè questo paese, a differenza degli altri, ha due Santi
Patroni.
I Normanni, dopo la conquista, chiamarono questo paese S. Marco, a cui
dedicarono una Chiesa ed elessero Patrono di questa comunità.
Verso gli inizi del XVI secolo i Sacerdoti di Chiesa Madre incominciarono a
sostenere che S. Nicolò di Bari, la cui devozione era entrata nel cuore di tutti,
fosse il Principale Patrono di S. Marco, mentre le Chiese Parrocchiali di S. Maria
d’Aracoeli e SS.mo Salvatore insistevano, difendendo l’antichità della scelta di
S. Marco come Patrono.
Questa disputa durò diversi secoli.
Finalmente nel 1721 si stabilì di comune accordo con un alberano91 che entrambi
91 Archivio Parrocchiale Chiesa Madre, 1721, documento: “Il 20 aprile 1721 fu celebrato un alberano
sottoscritto da Don Antonino Lardomita procuratore della Matrice, da Don Carlo Lombardo
procuratore di Araceli e da Don Giuseppe Salerno per il SS.mo Salvatore, da Don Giuseppe Gallotto
e Don Matteo Lombardo come presenti. Di comune accordo decisero che:
1) S. Marco e S. Nicola fossero Patroni principali di S. Marco.
2) che le reliquie di questi Santi si ponessero in un reliquiario d’argento e si conservassero nella
Chiesa Madre.
3) che nella festa di S. Marco debbano intervenire con le loro croci ai primi vespri e alla processione
il clero di Araceli e SS.mo Salvatore.
4) che la processione delle reliquie di S. Marco che si faceva di mattina, non si farà più. Al suo posto
si faccia quella delle litanie maggiori con partenza dalla Chiesa di Araceli.
Nel giorno della festività di S. Marco in quest’anno, 1721, tutto il clero del paese e delle parrocchie
Araceli e SS.mo Salvatore interverranno nella Chiesa Madre per celebrare i primi vespri, la messa
cantata e i secondi vespri. Dopo i secondi vespri si farà la processione.
Nell’anno seguente, 1722, tutto il clero delle tre parrocchie, si ritroveranno nella Chiesa Madre
e porteranno processionalmente le reliquie dei SS. Patroni nella Chiesa di Araceli dove si
reciteranno i primi vespri. Il giorno della festa in questa Chiesa si celebrerà la messa cantata e
dopo i secondi vespri si farà la processione che si concluderà nella Chiesa di Araceli. Al termine
della processione, dopo aver celebrato il perdono, le reliquie si riporteranno nella Chiesa Madre
in modo privato.
Le Chiese di San Marco d’Alunzio 103

i Santi dovevano di concerto essere Patroni Principali di S. Marco e nello stesso


anno Mons. Migliaccio, Arcivescovo di Messina, ordina che le due immagini di
S. Marco e di S. Nicola siano poste nella Chiesa Madre: quella di S. Nicolò a
destra e quella di S. Marco a Sinistra e che la festa dell’uno e dell’altro si facesse
a turno tra la Chiesa Matrice e le due parrocchiali di Aracoeli e SS. Salvatore.
Ma poiché secondo il diritto canonico non potevano esserci due Patroni, si
solennizzarono le due festività nei propri giorni dei suddetti Santi.
Ritrovandosi il paese in quegli anni in calamità per Terremoti, venti impetuosi, e
carestie il popolo decise di solennizzare come Patrono Principale il Glorioso S .
Marco e come Patrono Minus Principale il Glorioso San Nicola di Bari per avere
la loro comune intercessione: il Glorioso S. Marco nella sua Chiesa esistente
fuori le mura con l’obbligo di intervenire tutto il clero; la processione doveva
passare per la Chiesa Madre ove si sarebbe impartita ai fedeli la Benedizione
con la Reliquia del Santo; il Glorioso San Nicolò nel suo giorno festivo92 come
festa di Precetto con la presenza di tutto il clero sia alle funzioni sacre che alla
Processione e con la presenza delle autorità:
“ Il 10 marzo 1721 D. Antonino Ferraloro Giudice Ufficiale dello stato di S.
Marco e Commissario del Conte che in quel tempo risiedeva in Palermo, in
virtù di lettere date in Palermo, ordina ai Giurati (D. Ottavio Cuffari, Domenico
Lo Presti, Antonino Lo Proto e D. Antonio Miele) di intervenire e assistere nel
banco giuratorio esistente in questa Ven.le Matrice in tutte le funzioni e solennità
pubbliche e solite, e di intervenire li medesimi magnifici giurati et in quelle
funzioni nelle quali è stato solito intervenire tutti li Giurati nelle forma solita
altrimenti mancando senza legittima causa siano e si intedano incorsi…in pena
di onze quaranta da applicarsi ad arbitrio di detto Conte. Quest’ordine vale per
i presenti e per coloro che verranno dopo di loro.”93
Il 13 gennaio 176594 presso il notaio Antonio Mannucci i Parroci delle tre
Parrocchie concordarono di solennizzare i gloriosi S. Nicola di Bari e S. Marco
Evangelista entrambi come Titolari Protettori e Domini Principali aeque aequales.
In forza di questo accordo si situarono le statue dell’uno e dell’altro Santo in
un’unica cappella e la loro reliquia in un unica teca e si solennizzò la loro festa
il 13 agosto di ogni anno. Nel primo anno si celebrò con la partecipazione del
Clero, delle Compagnie, delle Confraternite, del Magistrato e dei Regolari.

Nel terzo anno, 1723, si osservi lo stesso modo per la Chiesa del SS.mo Salvatore.
Lo stesso modo, metodo ed ordine si osserverà il 6 dicembre 1721, festa di S. Nicola, cioè devono
intervenire nella Chiesa madre tutto il clero al primo vespro, messa cantata e secondo vespro con
subito dopo la processione che terminerà con il perdono.
Le spese per dette feste si divideranno in parti uguali tra le tre Parrocchie.
92 La festa liturgica di S. Nicola si celebra il 6 dicembre.
93 Archivio parrocchiale Chiesa Madre
94 Archivio parrocchiale Chiesa Madre 1766.
104 San Marco d’Alunzio “pagine d’archivio”

La Chiesa Parrocchiale di Araceli però protestò, giacché questa festa intralciava


la festa dell’Assunta che era celebrata il 15 agosto.
La Sacra Congregazione dei Riti, in seguito alla richiesta dell’Arciprete e del
Magistrato della Terra di S. Marco referente l’Ecc.mo e Rev.mo D. Cardinale
Borgia, il 1 aprile 1797 benignamente concede che in questa terra di S. Marco il
31 luglio si celebri la festa dei Santi Marco Evangelista e Nicola Vescovo di Mira
come Patroni Principali.95
In questo giorno è festa di Precetto e tutti gli abitanti sono obbligati a partecipare
alla S. Messa e ad astenersi dalle opere servili; il clero è obbligato a recitare
l’Ufficio proprio dei Santi Patroni. Il 2 giugno 1799 il Re Ferdinando concede le
lettere esecutorie per l’attuazione del suddetto decreto.96
Mons. Gaetano Garrasio, Arcivescovo di Messina con decreto del 20 maggio
1806, poiché il 31 luglio, festa di S. Ignazio di Lojola, è celebrata la solennità dei
Santi Patroni, decreta che nella terra di S. Marco la Festa di S. Ignazio di Loiola
sia celebrata il 7 settembre di ogni anno.97
Molte sono le feste e le tradizioni che si svolgono in questa Chiesa Madre; mi
limito a ricordare oltre la Festa dei SS. Patroni il 31 Luglio, la festa di S. Basilio
con le caratteristiche torce il 2 agosto, la Novena di Natale alle cinque di mattina
con il caratteristico canto in siciliano “la cantata di li pasturi”.

95 Documento Archivio Parrocchiale


96 Documento Archivio Parrocchiale
97 Documento Archivio Parrocchiale: Documento Parrocchiale 1806: “Nos F. Cajetanus M. Garrasius,

Ordinis Eremitanus S. Augustini Patritius Catanensis, miseratione Divina Archiepiscopus


Messanensis, comes Regalbuti, Baro Boli, Dominus Alcariae, Reg.us a lat.a Consiliarius. Indulsit
Sacra Rituum congregatio ut in terra Sancti Marci N. Messanensis Archidioecaesis ut die 31 Iulii
agatur conjunctim Festum SS. Marci Evangelistae et Nicolai Episcopi Myren Patronorum aeque
Principalium, cum praecepto adstandi sacro et cessandi ab operibus servilibus et cum officio proprio,
a clero ispsius terrae recitando ritu dupl. I clas. cum octava ac missa itidem propria, traslato officio S.
Ignatii de Loyola a dicto die 31 Iulii ad primun diem non impeditum iuxta rubricas qui deinceps erit
dies fixus.
Volumus igitur ut dies septima septembris cujuslibet anni, sit omni futuro tempore die assignata pro
officio et missa S.ti Ignatii de Loyola.
Dat. Messanae dei 20 Maii 1806.”
Le Chiese di San Marco d’Alunzio 105
106 San Marco d’Alunzio “pagine d’archivio”

Chiesa
MARIA SS. ARACOELI

Sita all’inizio della Via Aluntina, l’originaria costruzione risale al periodo


normanno: una piccola Chiesa della comunità greca che in seguito divenne
Chiesa parrocchiale: “La Chiesa di Araceli era matrice dei greci e quella del
SS.mo Salvatore dei Latini.”98
Essa fu edificata da un Giudeo convertito ed era retta da Sacerdoti coniugati di
rito bizantino.
Leggendo alcuni documenti parrocchiali riguardanti le dispute tra le Parrocchie, si
dimostra che la Chiesa di Aracoeli è la più antica Chiesa di S. Marco: “Prima dei
Normanni ed in tempo dei Saraceni vivendo la Sicilia sotto l’impero Orientale,
esser conseguenza dei Greci la maggior parte delle chiese reggevansi col rito
greco... Essendo così in tempo dei greci, espulsi costoro dai Normanni, le chiese
Madrici loro restarono semplici parrocchiali, avendo gà in quel tempo prevalso
il rito latino... Il P. Alberti attesta che era antichissima perchè Madrice dei Greci,
ed essendo così dovea esistere prima assai del secolo undecimo in cui sortì la
conquista dei Normanni.
Si corrobora Magg.te quanto attesta l’Alberti dal vedersi ad Araceli la prerogativa
della Litania Maggiore di San Marco, la quale è una vera caratteristica Matriciale
instituita da S. Gregorio Magno nel fine del secolo sesto.”99
Il Meli così scrive: “Andavo io pensando come questa Chiesa che sin’al principio
del secolo passato chiamossi S. Maria di Viseli, e poscia S. Maria Araceli, abbia
possuto provenire questa denominazione di Viseli. Alla fine domentre stavo
componendo i libri maestri di detta Chiesa, me ne incontrò uno in quei molti
volumi con un contratto antico del secolo del 1500 che mi chiarì il dubbio,
leggendosi S. Maria de quondam Viseli; e però sento che il fondatore fosse stato
di cognome Viseli.”100
Fu consacrata dall’arcivescovo di Messina Mons. Pietro De Calus il 1° novembre
1494, anno in cui fu ingrandita: “La Parrocchiale d’araceli si prova esistente
nel 1494, giacchè in tal anno fu consegrata da Mons. Pietro De Calus, Vescovo
di Calcedonia, trovandosi in visita della Diocesi ed era madrice del Rito Greco,
come attesta il Padre Alberti Gesuita, Istorico singolare e classico dell’Imagini

98 Documento Archivio Parrocchiale.


99 Documento Archivio Parrocchiale
100 A. Meli, op. cit. p. 221
Le Chiese di San Marco d’Alunzio 107

sacre; parlando dell’Imagine di S. Maria d’Araceli in tal Chiesa, dalchè si deduce


che dovea esistere prima del secolo medesimo, cioè nel 1100 quando la Sicilia fu
conquistata dal Conte Ruggeri, giacchè prima del governo Normanno fu quello
dell’impero orientale, o sia Greco, per cui si soleano osservare due sorti di riti,
Greco e Latino, e per ognuno di questi vi era la sua Madrice.”101
Nel XVII secolo fu ricostruita nella forma attuale senza la parte absidale che fu
aggiunta nel XVIII secolo.
La struttura è a croce latina con tre navate separate da colonne monolitiche102 in
marmo rosso locale e coperte da volta reale.
La torre campanaria fu costruita nel 1594. Nel 1760 iniziarono i lavori per la
realizzazione del nuovo campanile.
La calcina fu acquistata nella contrada di Santa Barbara e portata con le paricchie
di Antonio Di Bartolo e Giacomo Rabbone.
La sabbia fu portata da Giuseppe Castagnolo.
I mastri che lavorarono in quest’opera furono Antonino Bruno e Lorenzo
Monsù.
La legname (11 pezzi) fu tagliata dalla Traversa e portata alla Chiesa da 30
uomini.
I pezzi intagliati furono trasportati con quattro paricchie da Nicolò Monsù ed
Antonino Batà con l’aiuto di altri cinque uomini.103.
Il frontale rinascimentale presenta due colonne poggianti su piedistalli che
riportano simboli mariani; le colonne finiscono con decorazioni floreali e putti
e sono sormontate da un frontone spezzato con al centro scolpita l’effigie della
Madonna.
Entrando, a sinistra nella prima cappella è la porta da cui si entra al campanile per
mezzo di una scala scavata nella viva roccia; nella seconda cappella è la statua
in carta pesta di S. Lucia donata dalla signora Carolina Astone residente negli
USA nel 1957. La statua fu scolpita da Giuseppe Stuflesser di Ortisei104; al posto
della statua vi era un quadro della Santa che attualmente si trova nel Museo di
Arte Sacra105; nella terza cappella figura un quadro su tela di S. Vito, S. Biagio

101 Documento Arcivio Parrocchiale.


102 A Meli, op. cit. p. 221: “Nell’anno poi 1630 fu disfabricata ed accresciuta nella forma presente,
benché senza capelloni e senza il T, per opera di Presti Vincenzo Librassi procuratore, che fu
querelato per aver fatto disporre le colonne assai sottili.”
103 Documenti Archivio Parrocchiale 1760
104 Sul medaglione dell’altare vi è scritto: “D.O.M. SYRACUSANO SIDERI SICANIIQUE

REGNI LUMINI LUCIAE VIRGINI SACELLUM HOC HUMILITATE PROFESSAE HUMILI


CUANEOQ. LAPIDE DAMUS SACRAM.US”.
105 Nei registri parrocchiali del 1652 si legge: ”A Don Giuseppe Di Masi (De Tommasi) pitturi per

fari lo quadro di S. Lucia onze cinco.” “A mastro Gio. Batista Mannucchio per fari lo tilaru del
quadro…”
Nel 1666 mastro Pietro Mannuccio intagliò la cornice del quadro e “per suo lavoro, lignami, mastria
pagarono onze 2 e tarì 15”
108 San Marco d’Alunzio “pagine d’archivio”

e S. Caterina106; nella quarta cappella una statua in plexiglas della Madonna di


Lourdes, nella quinta cappella un quadro in tela di S. Filippo e Giacomo107.
Nel transetto vi è il quadro dei Santi Cosma, Agata e Damiano,108 proveniente
dalla Chiesa del SS. Salvatore.
In fondo alla navata prospetta la cappella del SS. Sacramento con tabernacolo in
legno dorato realizzato da Don Corrado Oddo109. E’ una edicoletta architettonica
costituita da zoccolo, nicchia fiancheggiata da sei colonnine sorreggenti
trabeazione ad andamento spezzato, attico recante al centro raggiera con due
angioletti; cupolino schiacciato con croce terminale.
Il presbiterio contiene un coro ligneo110 ed è sormontato da un cupolone con volta
a padiglione; sullo sfondo grandeggia un quadro in tela raffigurante l’Assunta del
sec. XVIII111.
Fino al 1970 circa si poteva ammirare il bellissimo organo con cantoria, un
pulpito in legno intagliato e l’altare maggiore in marmo bianco intarsiato a vario
colore112.
La cappella di destra è dedicata al SS. Crocifisso113 con la statua lignea, ai

106 Documenti Archivio Parrocchiale: Tela rettangolare dipinta ad olio del 1781, opera del pittore
Gaetano Concida di discreta qualità. Questa tela costò onze 6.
In basso vi è scritto:”GAETANO CONCIDA PING. 1781”.
Raffigura a sinistra in primo piano S. Biagio in paramenti vescovili verso l’osservatore e indicante
verso il fondo, al centro del dipinto, una figura di Santo guerriero con croce nella sinistra e cane ai
piedi, (S. Vito) su un gradino dal quale sorgono le alte basi di due colonne. Accanto, verso desta,
sono sedute le Sante Apollonia, Barbara e Caterina d’Alessandria. In alto due angioletti . In basso,
ai piedi di S. Biagio, altri due angioletti, uno dei quali tiene una spazzola di ferro.
107 Olio su tela rettangolare, secolo XVIII, pittore provinciale, cm. 186 X 125.

Raffigura i due apostoli in piedi; l’uno con sega e libro aperto, l’altro con la clava. In alto testine di
cherubini; nello sfondo paesistico due storie relative alla vita dei due Santi.
108 Tela dipinta ad olio del 1655 di Giuseppe Tommasi.

Tela rettangolare dipinta ad olio e misura cm. 238 X 175: Proveniente dalla Chiesa di SS.
Salvatore.
I tre Santi sono raffigurati in piedi a figura intera e con i simboli del martirio, in alto tre testine di
angioletti, in basso a sinistra cartiglio con firma e data.
Iscrizioni: “Joseph de Toma Hoc opus fieri fecit Philippus de marco 1655”:
109 Documenti Archivio Parrocchiale 1747: “ E più pagate per argento e mastria, cioè onze 14.6 sono

onze quattro di mastria per il reliquiario, tarì 2.23 sono per pittura di porticella di custodia e cristalli;
in tutto onze 16.9.10”
“e più per la caparra data all’addoratura per la custodia, onze 1”
110 Fu realizzato nel 1831 dai fratelli Lo Presti di Alcara.
111 Questo quadro proviene dalla Chiesa di S. Maria dei Poveri

Tela rettangolare, dipinta ad olio, secolo XVIII-XIX, m. 4 X 2 circa, eseguita in ambiente palermitano
e dovuta, con molta probabilità a qualcuno dei fratelli Manno, forse a Vincenzo.
Raffigura la Vergine fra angeli seduta sulle nubi con quattro Santi Gesuiti, inginocchiati anch’essi su
nubi e disposti due (S. Ignazio e S. Francesco Saverio) a sinistra e due (S. Giovanni Bergman in cotta
e altro Santo) a destra più in basso. Nella parte inferiore della tela si vedono alcune anime purganti
e a sinistra un Angelo che prende per mano un bambino indicandogli la zona celeste.
112 Documenti Archivio Parrocchiale: realizzato nel 1697 da Mastro Antonino Mannuccio e costato tarì

24.
113 Documento Parrocchiale: “10 Agosto 1655 contabilità Aracoeli f. 55.
Le Chiese di San Marco d’Alunzio 109

piedi del quale vi è un quadro dell’Addolorata114; essa è arricchita con stucchi


serpottiani.115 Ai quattro angoli sono poste le statue in gesso di S. Giovanni, la
Madonna, la Maddalena e la Veronica.
Sul lato destro nel transetto vi è l’altare in marmo di S. Michele Arcangelo con
statua in legno zecchinato116; nella quinta cappella è un quadro della SS. Trinità,117
nella quarta cappella notevole è l’artistico altare in marmo rosso locale in stile
tuscanico118 con statua della Madonna Assunta in legno119; nella terza campata si
A M.stro Simioni Li Volsi scultori di Tusa.......e
tarì dieci e novi alla soma d’onzi quaranta stante.......
camparo ri notari all’esito dell’anno 1652 in................
di otto...
Al Sig. Giuseppe di Marco per 4 tavoli d’abito tarì.............................
per farsi la cascia per portare d. imagine tarì otto e grana dieci per mastria e chiova di detta..........
A sei homini per portari l’imagini da Tusa.
A li marinari per nolo tarì 12 per spesa tarì 4.er li partite notate di retro onze 5 una, tarì setti, grana
tridici, dico 51.7.13
A Mastro Gio. Batista e Mastro Pietro Mannuccio per accomodari la vara onza una ----
tarì undici per chiova - tacchi e colla dico 1.20.
A Mastro Giuseppe di Masi per tingere detta vara tarì dieci e setti- dico--17.-------
Fusaro (?) per farsi li ferri e viti per assittari l’imagine sopra la vara ----
tarì tri a grana dieci per carbuni dico 13. 10.
------- benedicirsi l‘imagini e farsi la processione tarì sidici a grana dieci..........16.10.
.... la processione l’ultimo venniri di marzo tarì 16 e grana cinco .... 16.5”
Contabilità Aracoeli (f 56) 1655: “A Mastro Petro Mannuccio per fari la Cruci accomodari lo
Crucifissu tarì dui per li chiova a Fusaro tarì uno......3
A Mastro Gio. Petro di Masi per soi travaglio.”
114 Olio su tela rettangolare, 1698, don Giuseppe Zito, costo dell’opera onze 4.0.00, cm. 75 X 62.

Mezza figura della Vergine lievemente girata verso destra con le dita intrecciate e con sette spadini
dipinti.
115 Il più antico riferimento alla processione del crocifisso si ha nel 1655, anno in cui fu comprata la

statua “…la processione l’ultimo venniri di marzo…”


DECORAZIONI A STUCCO della cappella: Secolo XVIII, Corrado Oddo, cappella cm. 700 circa
X 395 X 315.
Quattro statue a tutto tondo raffiguranti la Maddalena e la Veronica (presso l’arco d’ingresso) e
Maria e Giovanni (ai lati della nicchia soprastante l’altare) costituiscono la parte più nobile della
decorazione. Sulle pareti e sulla volta riquadri e clipei con simboli e scene ad affresco della Passione,
angeli, cherubini, scudi scartocciati e festoni.
116 Statua in legno zecchinato del XVIII secolo

Archivio Parrocchiale 1704:”Per fare conciare S. Michele Arcangelo, mastria pagato al Mastro
Nando Vitanza, tar’ 4.” Archivio Parrocchiale 169 “a Pietro Pittore per tingere la tela di S. Michele
onze 0.13”; questo quadro si trovava al posto della statua; oggi si trova nel Museo di Arte Sacra.
117 Tela rettangolare dipinta ad olio, secolo XVII ( primi ), m 2,45 X 1,74, attribuibile a Damiano De

Basilio.
In alto raffigura Cristo seminudo e Dio Padre col triregno in capo seduti sulle nubi ai lati di un
globo e della colomba del Paraclito. Nella parte centrale degli Angeli musici. In basso, tagliate dalla
cornice inferiore, le figure di un Angelo con le ali spiegate e di due uomini incatenati.
La Cappella della SS.ma Trinità fu fondata il 13 maggio 1585 e il 13 maggio 1586 si ottenne la Bolla
Apostolica.
118 Sul medaglione sinistro si legge:”SERENISSIMAE UNIVERSORUM REGINAE MARIAE

SANTISSIMAE PURISSIMAE DEI MATRI ET VIRGINI”. Sul medaglione destro: “VINCENTIUS


ET ANGELA CORPENA EIUS AMORE SUCCE.SI PROPRIO AERE SACELLUM HOC
CURAVERUNT ERIGENDUM”.
119 Documenti Archivio Parrocchiale.
110 San Marco d’Alunzio “pagine d’archivio”

apre la porta laterale; nella seconda cappella si conserva il quadro di S. Antonio


da Padova in tela120; nella prima cappella si trova il fonte battesimale in marmo121,
sormontato da una cupola di legno scolpito122.
Come dicevamo, la realizzazione dell’attuale Chiesa avvenne nel corso dei secoli
XVII e XVIII; cerchiamo brevemente di annotarne i momenti più rilevanti.
Il 18 agosto del 1612 fu pavimentata la Cappella della SS. Trinità da Mastro
Giuseppe Giuffrè e Domenico Monsone.
Nel 1665 fu posto il pavimento davanti alla Cappella del SS. Crocifisso,
“scippando” Mastro Pietro Romano in tre giorni i pezzi del vecchio pavimento,
Mastro Giovanni Mansone lavorando per nove giornate i “pezzi” di marmo e
sette giorni per collocarlo.123
Nel 1666 si iniziarono i lavori di costruzione dell’arco Maggiore: fu realizzato
il soffitto per il quale fu utilizzata la pietra pomice portata da Lipari; il lavoro fu
eseguito da Mastro Isidoro e Mastro Giovanni, mentre i muratori Giofrè Bartolo,
Gasparo Vinci, Antonio Beneditto, Pietro Notaro, Antonio Innana e Francesco
D’Amico lavorano per circa due mesi.124
Nel 1667 fu terminato il soffitto dell’arco maggiore e si iniziò quello dell’ala del
Crocifisso.
Come si legge negli atti del notaio Carlo Rabbone del 17 aprile 1667, fu ordinato
a mastro Matteo Testa Liparoto di “scippare e portare 33 migliaia di pomici”;
essa fu trasportata dalla Marina alla Chiesa da Blasi Conti e Giuseppe Castella.
Furono necessarie molti carichi di canne per preparare le “lamie” del soffitto
che furono trasportate da Girolamo Nastasi, Giovan Battista Tomasello, Felice
Assunto, Giuseppe Russo e Giuseppe Nucifora.125
Con tre pezzi di legno di castagna fu preparata la catena degli archi, fu cosparsa
di pece e posta sul soffitto da mastro Pasquale Castrovinci.
Nell’anno successivo (1668) si misero le “lamie” da Mastro Marco Firretta e
la muratura fu realizzata dai Mastri Pietro Romano, Giovan Battista Monsoni,
120 QUADRO S. ANTONIO
Archivio parrocchiale 1664: “…Masi per lo quadro di S. Antonio onze 11” “…per mastria e tavoli
per lo tilaru di detto quadro di S. Antonio, tarì 12” “…per benedirsi lo detto quadro tarì 6 e grana
15”. Sul quadro vi è la seguente iscrizione: “JOSEPH TOMASIUS PINGEBAT 1664”.
Nel 1665 fu realizzata la cornice da Mastro Pietro Mannucci con tavole di noce comprate a
Tortorici.
Nel 1711 fu fatto un pagamento a Mario Ruggieri per accomodare un quadro di S. Antonio e ad
Antonio Russo per imprimitura di detto quadro, e a Michele Casali per il “tilaru” di detto quadro.
Archivio Parrocchiale 1693 “Al pittore per conzare la cornice di S. Antonio, la Madonna e S. Carlo
dico tarì 13”
121 Archivio Parrocchiale 1660 “per aver fatto conzare il fonte battesimale…”
122 Archivio Parrocchiale 1661 “A mastro Pietro Mannucci per conciare la porta e lu cappello dello

fonti tarì uno e grana 10”


123 Archivio Parrocchiale, Chiesa Aracoeli, libro dei conti.
124 Archivio Parrocchiale, Chiesa Aracoeli, libro dei conti.
125 Archivio Parrocchiale, Chiesa Aracoeli, libro dei conti.
Le Chiese di San Marco d’Alunzio 111

Giuseppe Giuffrè, Matteo Giuffrè e Pietro Giuffrè; i manovali furono Francesco


D’Amico, Antonio Beneditto, Pietro Notaro, Antonino Lo Presti e Bartolo “Lo
Santangiolisi”. Per fare le “lamie” servì del legname di castagno che fu lavorato
da mastro Antonio Lanza.126
Nel 1670 si iniziò il soffitto dell’ala della SS. Trinità con pietra pomice “scippata”
da Mastro Matteo Testa e portata da Michele Santangelo.
Nel 1673 ebbero inizio i lavori per la pavimentazione dell’ala del SS. Crocifisso
come si legge nell’atto del notaio Francesco Rabbone del 19 ottobre 1673. Il
lavoro fu eseguito da Mastro Giuseppe Giuffrè per una spesa di dodici onze; i
“pezzi” per il pavimento furono estratti da Mastro Crisafi nel “serro della vacca”.
Sempre nella data suddetta e con lo stesso notaio fu stipulato il contratto per il
pavimento dell’ala della SS. Trinità con i mastri Giovanni e Domenico Monsone
per la somma di onze 14.127
Nel 1682 continuarono i lavori di pavimentazione ad opera dei mastri Girolamo
e Franco Petrarca, come da atto del notaio Geronimo Zingales del 7 aprile 1682
per la somma di onze 26.128
L’anno successivo altri due mastri (Geronimo di Ocri e Giovanni Monsù) fecero un
altro pezzo di pavimento per onze 31 come si legge nell’atto del notaio Geronimo
Zingales; i “pezzi” furono trasportati da Filippo Borgia, le colonne da Mastro
Giovan Battista Morello e furono lucidate da Mastro Francesco Pietrasanta.129
Negli anni che vanno dal 1685-1690 riprendono i lavori per la realizzazione
dell’arco maggiore in pietra.
Il falegname che fece la forma di legno fu mastro Marco Ferretta che con Antonino
Stornello segarono per cinque giorni la legname portata da Sandro Russo.
Il contratto per fare l’arco maggiore in pietra e il cornicione fu stipulato con
mastro Domenico Monsù di Galati per 25 onze con atto del notaio Vincenzo Lo
Iacono.
I pezzi di pietra furono portati dal “vaglio” con le “paricchie”; alcuni pezzi furono
estratti dalla “pirrera” e portati da Giovan Battista di Corpina e Gasparo Scorza.
Un altro contratto per il cornicione di “pietra intozzata e allostrata” fu stipulato
con i mastri “pirriaturi” di Pettineo e cioè mastro Geronimo Russo e Tommaso
di Liberto per una spesa di 42 onze come per atto del Notaio Vincenzo Lo
Iacono.130
Per fare questo lavoro furono costruite delle “currelle” per salire la pietra e per
questo fu comprata da Francesco Galbato a Messina una corda molto grossa
(“lazzuni”131) che pesava due cantari e costò 10 onze.
126 Archivio Parrocchiale, Chiesa Aracoeli, libro dei conti.
127 Archivio Parrocchiale, Chiesa Aracoeli, libro dei conti.
128 Archivio Parrocchiale, Chiesa Aracoeli, libro dei conti.
129 Archivio Parrocchiale, Chiesa Aracoeli, libro dei conti.
130 Archivio Parrocchiale, Chiesa Aracoeli, libro dei conti.
112 San Marco d’Alunzio “pagine d’archivio”

La legname fu portata dalla contrada Malposa e Muschighia da Tomaso Caloma


ed Antonino Lanza.
Per fare la “currula” fu comprata a Galati una pertica di legno molto alta
(“antinna”) che assieme al “lazzone” formava un sistema per sollevare la pietra.
Furono portati anche delle travi per sorreggere l’antinna da Giovan Battista
Corpina.132
Nel 1720 fu scolpita da mastro Matteo Bruno la scalinata dell’altare
maggiore.133
La navata centrale fu costruita nell’arco degli anni 1685 - 1690 con l’alzata delle
mura sopra la Chiesa e relativa copertura con la legname portata dalle contrade
di S. Marina e S. Barbara con le paricchie di Giovan Battista Corpina, Paolo
Garoffalo, Felice Crisafi e Giacomo Bronello.
La legname fu trasformata in “Catini”, “fallacchi”, “forbici”, e “viriuni”; i mastri
che la lavorarono furono Antonio Mannuccio, Michele Cuffari, Giuseppe Conti
e Filippo Astano.134
Per sistemare le tegole (che furono portate da Stefano di Franco) sopra la navata
centrale fu stipulato un contratto con mastro Geronimo Beni e compagni; fu
stipulato inoltre un altro contratto per un costo di onze 124 con “scalpellini e
mastri pirriaturi” per sistemare gli “intagli” delle 10 finestre, per il cornicione e
“intagli” sopra la porta.135
Nel 1758 dai mastri di Frazzanò e Longi furono costruite le nuove porte laterali:
i falegnami di Frazzanò segarono la legname che fu portata dalla contrada della
“traversa” da Marco Amadore e Agostino Bruno; le tavole delle porte furono
comprate da Antonino Batà e dai Mastri Rosario, Giovanni e Giuseppe Conti.
I “dubboloni” furono comprati a S. Agata da Antonio Beringheli e i ferri della
porta furono fatti dai mastri Giuseppe Saloni, Giuseppe Corati e Francesco
Miracola.
Le porte furono tinte da un pittore di Galati.136
Con il trascorrere del tempo, a causa dell’incuria e degli eventi atmosferici,
la Chiesa incominciò a danneggiarsi. Si racconta che nel 1950 P. Perrone,
Amministratore Parrocchiale durante la sede vacante, vedendo le precarie
condizioni della Chiesa, riunì il popolo e disse loro che se non si riparava la
Chiesa o almeno il tetto, non avrebbe celebrato la festa del Crocifisso. I fedeli si
impegnarono e incominciarono i lavori .

131 Il “lazzuni” era una grossa corda intrecciata con crini di cavallo; veniva usato anche nel frantoio per
fissare la macina all’asse portante.
132 Archivio Parrocchiale, Chiesa Aracoeli, libro dei conti.
133 Archivio Parrocchiale, Chiesa Aracoeli, libro dei conti.
134 Archivio Parrocchiale, Chiesa Aracoeli, libro dei conti.
135 Archivio Parrocchiale, Chiesa Aracoeli, libro dei conti.
136 Archivio Parrocchiale, Chiesa Aracoeli, libro dei conti.
Le Chiese di San Marco d’Alunzio 113

Negli anni settanta, per opera della Commissione, fu chiamato il pittore e stuccatore
Maniscalco che in due anni circa riparò gli stucchi e decorò la Chiesa.
Nel 1997 il pittore Calvagna Carmelo dipinse la lunetta della cupola con
l’immagine di S. Marco. Nello stesso anno furono comprati i lampadari in legno
zecchinato.
Aggregata a questa Chiesa vi era la confraternita della SS. Trinità.137
Degna di essere vista anche la festa dell’Assunta il 15 agosto138.

FESTA DEL CROCIFISSO

Caratteristica è la festa del Crocifisso che si celebra l’ultimo venerdì di marzo:


“Sonovi in questa Chiesa molte cappelle, una de quali è del Santissimo
Crocefisso fondata più secoli addietro, avend’io veduto in mani del fu sacerdote
don Vincenzo Greco un librettino dell’officio solito recitarsi in ogni venerdì di
marzo impresso seriamente per servigio di questa Chiesa nel secolo del 1400;
e però dissi dover tenere detto libro con cautela, e con tutto ciò colla morte
del medesimo si desperse. La processione poi del Santissimo Crocefisso non
è tanta antica avendosi fondato nel 1612, come appare per lettere della Gran
Corte Arcivescovile di Messina, li 5 maggio di detto anno... Ai tempi nostri in
ogni venerdì ultimo di marzo si compone in Chiesa un mausoleo in onore del
Santissimo Crocefisso, che dal pavimento s’innalza sino alla cupola, carico di
cera e di negro azzarato; e precedendo l’esposizione del Divinissimo in forma
di quaranta ore, la sera di detto venerdì si fa una solenne processione con il
concorso di tutto il clero, confraternite, compagnie e popolo, in tal guisa che
molti forestieri vi concorrono.”139.
Questa è una festa penitenziale che rievoca festeggiamenti tipici medievali;
caratteristici sono i “babaluti” (33 incappucciati con saio) che portano il
Crocifisso e il “sepulcru”140 dove la statua è deposta141.

137 Le notizie di questa confraternita si trovano nella Chiesa del Casile, dove aveva sede.
138 Documento della Chiesa Madre del 20-8-1766:D. Giacomo Artali, detentore dei libri dell’Universitas

di S. Marco, dichiara che da molti anni il Comune di S. Marco paga onze 2 al Procuratore della
Parrocchia di Araceli per “la compra dei palij per la solennità e festa del 15 agosto dell’Assunzione
di Maria SS.ma, solite distribuirsi per premio della corsa dei Cavalli, Giomenti, Muli e Barduini .“
139 A. Meli, op. cit. p. 222:
140 Il più antico riferimento nei registri Parrocchiali del “sepolcro” si ha nel 1726 “onze 24 e grano 7

per cera per l’ultimo venerdì di Marzo e spesi, cioè mastria per fare la macchina, chiovi, romanelli,
spaco, cordoni e collazione onze 24.7” “ho pagato a d: Corrado onze 13”; nei conti del 1727 “onze
tre e tarì 28 per la machina dell’ultimo venniri di marzo, cioè chiova, tacci, romanelli, cordi e mastria
e collazione”; nel 1730 “onze 5, tarì 28 e grana 10 sono per mastria, chiova, spaco, romanello, tacci,
legname compresa omze una di D. Corrado Oddo per la macchina dell’ultimo vennerdì di marzo.”
141 Il 12 maggio del 1720 la statua del Crocifisso fu portata in processione per chiedere la pioggia che

non cadeva da moltissimi mesi.


114 San Marco d’Alunzio “pagine d’archivio”

In una nota del 22 marzo 1614 D. Vincenzo Librizzi e Mastro Giuseppe Lanza
procuratori della Parrocchiale Chiesa di Aracoeli davanti al Notaio Vincenzo
De Marco affermano: I cappellani della Chiesa Madre e tutte le confraternite
“Interveniunt ad sociandam Imaginem D.ni N.ri Iesu Christi dictae Ecclesiae
com quibus inique Reliquiae et aliae quaecumque personae et confraternitates
in dicta processione quae fit hodie Ultimi Veneris Martij veniunt ex devozione
eorum tantum et non aliter…”142

142 Documento Archivio Chiesa Madre


Le Chiese di San Marco d’Alunzio 115
116 San Marco d’Alunzio “pagine d’archivio”
Le Chiese di San Marco d’Alunzio 117
118 San Marco d’Alunzio “pagine d’archivio”
Le Chiese di San Marco d’Alunzio 119
120 San Marco d’Alunzio “pagine d’archivio”
Le Chiese di San Marco d’Alunzio 121
122 San Marco d’Alunzio “pagine d’archivio”

Chiesa DEL SS. SALVATORE

Nella parte bassa del paese, accanto alle antiche mura, sorge la Chiesa del SS.
Salvatore che fino a pochi decenni addietro era Chiesa Parrocchiale.
La sua fondazione risale all’epoca dell’espulsione dei Saraceni avvenuta per
opera del Conte Ruggero, intorno al XII secolo.
“La Chiesa Parrocchiale del Salvatore si prova esistente nel 1262: per la
processione del Corpus Domini che esce dalla medesima e si ritira nella
madrice, giacchè la Bolla di Urbano IV in tal anno fu promulgata per tutto il
Cristianesimo e da ciò si deduce pure che in quei tempi dovea essere madrice,
giacchè tal possessione fu data alle Cattedrali e Madrici.
La suddetta venerabile Parrocchiale Chiesa tiene una giurisdizione antichissima
stimata la pupilla de’ parrocchiani, qual’è che nel giorno del Divinissimo Sagr.
to in essa solamente al canto del Te Deum, dell’Ore Canoniche, si espone il
Divinissimo ed ivi esposto dimora col solito canto delle consuete Ore suddette
poi si canta la Messa Solenne e convocato il popolo al sono di due campane in
essa devono convenire il Magistrato, il popolo e le Confraternite.
Parte dalla detta V.le Parrocchiale la Processione e girando tutta la terra
si raccoglie nella V.le Madrice dove cantata altra Messa Solenne si dà la
Benedizione al popolo. “143
Originariamente era costituita da una sola navata, come si vede dai muri
incastonati nella facciata e dai ritrovamenti delle fondazioni all’interno della
Chiesa; in periodo romanico fu ingrandita e resa a tre navate con colonne in
pietra forse riutilizzate da una costruzione preesistente.
Nel XVI secolo fu ingrandita ulteriormente e conformata sul tipo dell’impianto
a croce latina.144
143 Documento Archivio Parrocchiale
144 1870 Documento Archivio Parrocchiale: ”Parrocchia SS.mo Salvatore.
La Chiesa nell’interno è composta di un altare maggiore e otto cappelle con quadri e statue, cioè :
1) Statua di Maria SS .ma d ‘Odigidria
2) Quadro di S. Francesco di Paola
3) “ di SS. Cosma e Damiano
4) “ di S. Pietro martire
5) “ della Trasfigurazione
6) “ di S. Francesco Saverio
7) “ della Circoncisione
8) Immagine piccola del SS.mo Crocifisso.
Si trova ancora un organo, un campanile e il Fonte Battesimale .
Le Chiese di San Marco d’Alunzio 123

Nel 1857 fu realizzata la sagrestia: “Della sopradetta somma (onze 29.24.08)


rimasta in cassa, osservando che la sagrestia della Chiesa era un’oscura e umida
fossa, si risolvette da tutti i parrocchiani con il piacere del Parroco, e l’assenso
di Monsignore, di fabbricare una nuova sacrestia perlocchè fidando nei seguenti
risparmi si cominciò la cennata fabbrica ed eccovi appresso il conto della spesa
fatta a cominciare da Settembre 1857 ad Agosto 1858.”145.
La Chiesa presenta una facciata classica dalle linee architettoniche molto
semplici.
Affiancato ad essa si trova il campanile edificato nel 1571; distrutto da un fulmine
nel 1660 esso fu ricostruito nella forma attuale.
All’interno, sull’altare maggiore si trova un tabernacolo in legno dorato146 e,
in una cappella laterale, un’artistica statua in legno zecchinato della Madonna
dell’Itria, comunemente chiamata “Santu và e Santu veni”147.
Appartengono inoltre a questa Chiesa, il quadro della Circoncisione148, un quadro
dedicato al “Salvatore del mondo” o della Trasfigurazione,149 dei Santi Cosma
e Damiano, di San Francesco Saverio, San Francesco di Paola150 e due busti in

145 Archivio Parrocchiale, Chiesa SS. Salvatore 1857:


146 Opera del XVIII secolo in legno intagliato, indorato e dipinto.
147 A. Pettineo “Documenti per la bottega dei Li Volsi di Tusa” in “Archivio Storico Messinese” 72,

Messina, p.6: “Il gruppo ligneo della Madonna dell’Odigidria con il bambino sorretta a spalla su una
cassa da i due “calogeri”, venne commissionata nel settembre del 1606 dai procuratori della Chiesa
del SS. Salvatore. L’opera, di gusto popolare, si ricollega ad un tema di origine bizantina che ebbe
molta diffusione in Sicilia e nell’area nebrodo-madonita ove si conservano varie tele con questo
soggetto iconografico. Lo stesso pittore Gaspare Bazzano, che come prova l’atto d’obbligo relativo
alla cornice lignea di Gangi ebbe rapporti con mastro Giuseppe (Li Volsi), realizzò in Castelbuono
nel 1598, una tela della Madonna dell’Itria, alla quale, non è escluso, che il Li Volsi si sia ispirato.
Tuttavia il gruppo scultoreo di S. Marco, fuoriesce dallo schema tipico per la particolare posizione
della Madonna non rappresentata a mezzo busto, ma con le gambe che escono fuori dalla cassa
raccolte e ricoperte dalla veste dorata. La statua è oggi custodita nel Museo Parrocchiale.”
A. Meli, op. cit. p. 218:”V’è la cappella di S. Maria d’Odigitria...fondata nel 1606, come appare
negl’atti di notar Filippo Tetamo sotto li 8 maggio, 4 Ind., 1606, dove si fa menzione che la statua
costò onze 90 ed allora si fabbricò. Questa cappella fu fondata in S. Marco e posta in questa Chiesa
nel principio della città per averla presente e poterla uscire a fronte degl’invasioni nemiche del
nome cristiano..... Qua in S. Marco li nostri antichi facevano una gran festa con solenne processione,
finchè la statua corrosa per l’antichità non fu più capace a condursi. Sotto li 3 dicembre 1615 fu
ottenuta una indulgenza plenaria ad septemnium per la domenica in albis, giorno dedicato a detta
gran signora in quel tempo, che poi fu trasferita alla prima domenica di settembre.”
148 Documento Parrocchiale, Chiesa SS. Salvatore 1875: “Spesa per il quadro della Circoncisione:

Tela nuova canna 1 e mezza onze 0.10, Tacce e colla forte onze 0.5, Colori e vernice onze 0.4.14,
Maestria gratis”.
149 Dipinto da Giuseppe Tomasi nel 1662, La Trasfigurazione, Olio su tela. Il dipinto si trova nel Museo

di Arte Sacra. Filippo Di Miele aveva il Jus Patronatus della Cappella del Salvatore del Mondo; il
suddetto fece donazione di due botteghe collaterali esistenti nel piano della Chiesa madre e sotto la
casa di don Paolo Pricone con la rendita di onze 2.10, con la quale rendita si doveva celebrare una S.
Messa ogni giovedì nella cappella del Salvatore e la somma rimanente usarla per la detta cappella;
Questo lo leggiamo in un atto di Notar Antonino Grasso del 6 novembre 1663.
150 Autore ignoto del XVIII secolo. Si trova nel Museo di Arte Sacra. Il Sac. Don Santo Cundò aveva

il Jus Patronatus per se et suis della cappella di S. Francesco di Paola in quanto la fondò lui stesso e
124 San Marco d’Alunzio “pagine d’archivio”

marmo della famiglia Ferraloro151.


Nel corso dei secoli molte volte fu danneggiata da fulmini e riparata: “L’anno
1841 a dì 25 Nov. all’ore 11 di notte vi fu un gran temporale durante il quale tre
fulmini consecutivi colpirono tre campanili di questo comune, uno della Matrice
Chiesa, l’altro di S. Maria dei Poveri ed il terzo della Parr.le del SS. Salvatore,
quest’ultimo nell’angolo vicino la Chiesa a faccia del mare, restò aperto da
capo a fondo disperdendosi qua e là i pezzi d’intaglio del cornicione e finestre,
tanto che per l’immente pericolo di crollare sulla Chiesa si dovette scaricare
in pronto la cupola e scendere le campane; si pensò al mezzo di rifarlo onde
evitare l’intiera distruzione della Chiesa; mons. Vicario D. Francesco Florulli
con sua lettera ordinò che si sospendessero a tal scopo le funzioni ed ogni altra
spesa non necessaria nella Chiesa restringendosi solamente al mero culto del SS.
Sacramento e che intanto si facesse da molti maestri la relazione dello spesato
per risolvere indi il convenienti. Si eseguì quanto fu ordinato, ma siccome le
relazioni ci parvero esorbitanti, si giudicò meglio rifarlo in economia per maggior
risparmio della Chiesa e ciò con l’approvazione di Mons. Vicario capitulare D.
Luigi Natoli in corso di S. Visita, perlochè comulati con i risparmi della Chiesa
fatti in tre anni onze 15.22.1 come si vede dai superiori conti, prese a cambio
da Mastro Giuseppe Presti onze 10 ed altre 17 onze prese a soggiocazione dalla
comunia della Matrice Chiesa, tutto con ordine di Mons. Vic. Cap. con sua
lettera. Messe assieme tutte queste somme ammontanti in tutto ad onze 72.22.1
si diede principio alla fabbrica in parola lì 21 aprile 1844 ed in discarico del
Procuratore si presenta qui registrato tutto il conto della spesa fatta a tal uopo,
esaminato e vidimato da questo s. Arciprete D. Salvatore Cardinale. Il tutto costò
onze 75.3.7.”.152
Gli ultimi lavori di restauro, ancora in corso, hanno portato alla luce reperti di
grande interesse e sono stati trovati basamenti di mura che fanno pensare a delle
costruzioni preesistenti, forse di epoca romana.
ne costruì la cappella, come si legge nel suo testamento fatto in notar Carlo Rabbonì il 18 gennaio
1661.
151 Il primo medaglione, in marmo bianco scolpito ad altorilievo, rappresenta il Diacono Antonio

Ferraloro; sotto il medaglione la seguente iscrizione: “S.T.D. DIACONO D. ANTONIO


FERRALORO – CUI PUDOR VITA INTEGRITAS – INGENIUM AD SUMMA NATUM – VIX
ULLUM INVENIENT PAREM – FELIX S.R.M.A. CONSILIIS – ET AUDITOR GENERALIS
G.B. – FRATER PIENTISSIMUS POSUIT A. 1809.”
L’altro medaglione è dedicato a Domenica e Rosario Ferraloro del 1773; è marmo scolpito ad alto
rilievo. Il medaglione rotondo è sormontato da conchiglia con foglia di acanto che si avvolge alla
cornice e due rami di quercia che si dispongono ai lati. Dentro il medaglione sono scolpiti ad alto
rilievo i mezzi busti dei coniugi in costume settecentesco. Sotto la seguente scritta: “D. DOMINICAE
& U.I. DRI D. ROSARIO – FERRALORO, QUORUM ANIMAS, FIDES & - CHARITAS
CORPORA SACRUM CONJUGI VINCULUM – ADSTRINXERAT IN HAC PARROCCHIALI
AECCLESIA – IN SEPULCRO MAIORUM TUMULATIS – U.I.D.D. FELIX FILIUS MAERENS
– ANNO 1773.”
152 Documento Archivio Parrocchiale:
Le Chiese di San Marco d’Alunzio 125

In questa Chiesa aveva sede la Compagnia del SS. Nome di Gesù, fondata nel
1597: “Portano questi fratelli il mantello e stendardo violetto e godono molte
indulgenze, essendo aggregate alla compagnia del SS.mo Nome di Gesù dei PP.
Domenicani di Roma per breve dato in quella città li 17 ottobre 1597, esecuto
nel Regno nelli 23 luglio 1613. Intervengono in detta parrocchiale Chiesa per
ogni prima domenica di mese vestiti col sacco e mantello, e vi fanno la santa
communione intervenendo alla processione, esposizione e deposizione del
Divinissimo.”153

153 A. Meli, op. cit. p. 249.


126 San Marco d’Alunzio “pagine d’archivio”

Chiesa DI S. GIUSEPPE

Nell’omonimo quartiere si trova la Chiesa di S. Giuseppe, costruita intorno al


secolo XI (1060): “Questa Chiesa è cotanto antica che veruna cognizione è a noi
rimasta della sua fondazione; anzi come che ella è la prima confraternita di questa
città di S. Marco, come si congettura da suoi privilegi de quali in appresso ne
descriverò un abbozzo, possiamo credere che si sia fondata o nell’istesso tempo
o poco doppo della conquista del regno da potere de saraceni fatta dall’invitto
conte Roggiero nell’anno 1060.”154
Originariamente era una piccola Chiesa, ma fu ingrandita nel XVIII secolo155. Fu
sede della più antica confraternita di questa città.
Inseriti nel portale barocco, realizzato con tutti i colori del marmo di S. Marco,
vi sono due capitelli di stile corinzio. Sul frontespizio di questo portale vi è la
seguente iscrizione: AC DIVO IOSEPH ANNO D.NI MDCLVI.
L’attuale Chiesa fu edificata sulle rovine della precedente struttura nel XVII
secolo. Dell’edificio originario rimane parte della facciata e il campanile.
Il 28 novembre 1707 mastro Antonio Saimbeni di Malvagia stipula un contratto
con i procuratori della confraternita di S. Giuseppe (Sac. D. Antonino Ciambri,
don Antonino Ferraloro e don Giuseppe Sancostantino) ”di fare i dammuso
della Chiesa suddetta… a capomastro di sua professione, cioè tutta l’ossatura
di legname, coperta di detto dammuso… coperta, paramura, imbrici d’acqua…
nec non sopra le canne del dammuso finto farci la cammina, la quale sia fatta di
calce; come pure di stucchiare la Chiesa suddetta del modo e forma che il detto
Saimbeni s’ha obbligato per l’atti di notar Francesco Ciambri di Frazzanò;
come pure intonacare la detta Chiesa tutta di piano cioè dammuso, cappelle,
pilastri e altri se ve ne fossero fino al pavimento, allattata e finita di tutto punto.
Quale servizio detto di Saimben l’ha da comunicare da dimane innanzi e seguitare
senza levar mano finchè finessi detta Chiesa, con che però l’ha detta Chiesa di
dare spedita di tutto punto per il 6 di maggio 1708.
Tutto il lavoro per onze 30.”156
154 A. Meli, op. cit. p. 243.
155 A. Meli, op. cit. p. 244: “La detta Chiesa al secolo trascorso non era così grande, avendosi a tempo
mio ingrandita ed abbellita nella foggia seguente nella quale altro non v’è rimasto della Chiesa
vecchia se non che il muro della porta maggiore, non così alto, ed il campanile; il resto è tutto
moderno.”
156 Archivio Parrocchiale, S . Giuseppe.
Le Chiese di San Marco d’Alunzio 127

Il 30 luglio 1717 il Sac. Don Antonino Ciambri lascia alla Chiesa di S. Giuseppe
onze 100 per abbellire “di stucco di espertissima mano tutto il coro o cappellone
e nicchia della Chiesa.”157
La campana fu fusa nel 1853 da mastri tortoriciani i quali vennero a S. Marco e
fusero la campana nella Chiesa della Provvidenza158 .
E’ ad una navata con sei cappelle laterali e l’altare maggiore dedicato a S.
Giuseppe. La statua lignea del Santo è del XVII secolo159.
Degni di nota sono gli affreschi sulla volta della Chiesa raffiguranti momenti
della vita del Santo160 e una tela del 1710 della “morte del Giusto”161.
Il Meli162 scrive che in questa Chiesa vi sono sette altari dedicati a: S. Giuseppe,
S. Gandolfo il cui quadro fu donato dal barone Sicchechi di Polizzi dov’è patrono,
Natività del Signore, Disputa al Tempio, Sposalizio di S. Giuseppe, Transito di S.
Giuseppe, SS. Crocifisso.
Fino a pochi anni addietro il 19 marzo si svolgeva la festa di S. Giuseppe,
durante la quale vi era l’incontro con la Madonna proveniente dalla Chiesa
Madre. Attualmente questo incontro avviene l’otto dicembre, in occasione della
festa dell’Immacolata: S. Giuseppe con Gesù Bambino esce da questa Chiesa e
arrivato sul sagrato della Chiesa Madre incontra l’immacolata, accanto alla quale
gira per le vie del paese.
In questa Chiesa è custodita la statua lignea di Gesù Bambino che nel periodo
natalizio visita tutte le famiglie del paese.
E’ sede del Museo di Arte Sacra.
Fino al 1993 la Chiesa era chiusa al culto perché versava in precarie condizioni.

157 Archivio Parrocchiale, S . Giuseppe


158 Archivio Parrocchiale, S . Giuseppe 1853-54:
“Spese per la campana (f. 289):
Alli mastri per manifattura 4
Spesa alli stessi 2
trasporto legni 6 . 12
Alli mastri per ridurre detti legni in piccoli pezzi 0 . 15 . 12
Per legni minuti 0. 3
per carbone per asciugare la forma 0. 1 . 10
Per ferro e manifattura dello Battaglio nuovo 0.0.11
Per trasportare la campana alla Chiesa e situarla 2
Per nota di spesa per costruire la fornace e altro 29.17
Per acconciare la Chiesa del ritiro dove si fusero le due campane, 9.
159 Questa statua fu restaurata e ritoccata nel 1849
160 Gli affreschi, inseriti in una decorazione a stucco di discreta fattura, raffigurano: La gloria di S.

Giuseppe, Il riposo durante la fuga in Egitto e Giuseppe Falegname con Maria e Gesù. E’ un’opera
di discreta fattura del XVIII secolo.
161 Dipinto ad olio su tela del 1710, opera di Giuseppe Tomaso di Tortorici.

In basso nel quadro si trova questa scritta: HOC OPUS PROPRIIS SUMPTIBUS FIERI FECIT...
SAC. D. IOSEPH STORNELLI ET GRASSO DEVOTIONE SUA...710.
162 Op. cit. p. 244.

Alcuni di questi quadri sono nella Chiesa di S. Basilio.


128 San Marco d’Alunzio “pagine d’archivio”

Con finanziamenti CEI essa fu restaurata e i lavori si conclusero nel 1996.


Da diversi anni era stata prospettata la necessità di allestire a S. Marco D’Alunzio
un Museo di Arte Sacra.
Si iniziò organizzando delle piccole esposizioni, ma il desiderio rimaneva sempre
la realizzazione del Museo.
La Chiesa di S. Giuseppe, che sarebbe stata aperta al culto solo il 19 marzo, festa
del titolare, sembrava adatta allo scopo.
Con la collaborazione di Antonello Pettignano che ha curato l’allestimento e
l’opera di un gruppo di persone di S. Marco, si sono raccolte tutte le opere che
erano depositate nei magazzini o non servivano per la liturgia.
Il Museo è stato inaugurato il 19 maggio 1996 con la presenza del popolo aluntino
e di molte autorità.
Giorno 22 giugno 1998 è stata inaugurata la sezione “ARGENTI LITURGICI
ALUNTINI” con la presenza del Vescovo di Patti Mons. Ignazio Zambito.
In esso si possono ammirare circa 300 pezzi provenienti dalle chiese Aluntine:
Stemmi nobiliari scolpiti sulla pietra locale, paramenti sacri del XVII-XVIII
secolo, Statue lignee di pregevole fattura alcune del XV e XVI secolo, ex voto,
reliquiari, gelosie, quadri in tela ed altri oggetti che nel corso dei secoli sono stati
usati per il culto.
Da ammirare in modo particolare una statua lignea della Madonna Odigidria,
unica nel suo genere, porte di tabernacolo in bronzo e campane fuse nelle fonderie
tortoriciane.
L’apertura della sala degli argenti rende completo il Museo e si pone ancora
di più all’attenzione degli studiosi e degli appassionati. La sala degli argenti
custodisce parte del patrimonio che costituisce da secoli il tesoro delle chiese di
S. Marco d’Alunzio e vuole far conoscere attraverso le opere argentee scolpite da
argentieri messinesi e palermitani, il “sensus fidei” che sta a fondamento di questi
manufatti artistici. Sono esposti tronetti, tabernacoli, calici, ostensori, incensieri,
reliquiari del XVII, XVIII e XIX secolo che hanno abbellito le nostre chiese e
hanno accompagnato le azioni liturgiche.
Le Chiese di San Marco d’Alunzio 129
130 San Marco d’Alunzio “pagine d’archivio”

Chiesa S. MARIA DEI POVERI

A pochi metri della Chiesa di Aracoeli si trova la Chiesa di S. Maria dei Poveri163.
In essa vi era la confraternita sotto il titolo di “S. Maria la Nuova” fondata
nel 1178: “...ella esisteva nel 1178 sotto nome di S. Maria la Nuova; essendo
che monsignor Nicolò 1° arcivescovo di Messina, a petizione della regina
Margherita, la concesse insieme colla Chiesa di S. Prassede e colle rendite
d’entrambe al Padre Timoteo abbate del monastero di Maniaci, come attesta
il Pirri nella “notizia della cattedrale di Messina”. Tom. Primo, not. 2, fogl.
319. Il quale rapporta la concessione con queste parole: “In S. Marco Ecclesiam
novam Sanctae Mariae et Ecclesiam S. Parasseuae”; e pure Stefano Mauro nella
“Messina Metropoli”.164
I monaci di Maniace però l’abbandonarono, fino al punto che rimase solo una
cappella con l’immagine di Maria Vergine fino a quando, racconta la tradizione
“una povera zoppa entrò per pregare la gran Madre di Dio acciò le sia rimedio
al suo malore, tosto divenne sana; e però correndo per le strade gridava <grazia
grazia>, e con ciò invitava il popolo a venerarla, e chiedere delle grazie. Non
erano così sollecite le genti a conferirsi alla santa immagine, che tosto erano
esaudite; e però meritò d’allora chiamarsi S. Maria dei Poveri.”165
Il P. Alberti della compagnia di Gesù nel suo libro <delle Maraviglie di Dio in
onore di Maria> nel capitolo 22 racconta dei molti miracoli che la prodigiosa
immagine operò.166
La Chiesa è ad una navata e presenta un portale marmoreo di tipo barocco.
Il campanile annesso è stato costruito nel 1778 circa167.
Originariamente vi era una cappella nella quale si trovava l’immagine di Maria
Vergine Immacolata. In seguito fu ingrandita e ricostruita nella forma attuale.
Nell’anno 1739 l’Università di S. Marco come ringraziamento per lo scampato
pericolo di un grave terremoto, promise un tributo annuale all’Immacolata di tarì 18.
A causa di ciò nei primi anni del 900 si trovava in cattive condizioni.
Nel 1926 S.E. Mons. Ferdinando Fiandaca, durante la sua visita alla Chiesa in
163 Questa Chiesa per la sua posizione topografica si trova molto esposta ai venti e ogni volta che
soffiano provocano gravi danni alla stessa, soprattutto al tetto.
164 A. Meli, op. cit. p. 244
165 A. Meli, op. cit. p. 245
166 A. Meli, op. cit. p. 245
167 Nel 1913 la Chiesa ed il campanile furono danneggiate da un fulmine.
Le Chiese di San Marco d’Alunzio 131

occasione dell’Ordinazione Sacerdotale del Rev. Graziano Calogero espresse il


parere di abbandonarla.
Non solo il Vescovo, ma anche il Genio Civile di Messina ordinava la demolizione
del campanile e della Chiesa.
Il popolo si oppose e il Parroco Arc. Graziano Basilio fu costretto a farla riparare.
Ma durante il restauro venne di nuovo il vento che la danneggiò ulteriormente.
Negli anni settanta sorse nel paese una disputa: alcuni volevano abbatterla per
fare una piazza, altri volevano restaurarla; vinse il buon senso ed essa fu restaurata
con fondi regionali. Oggi è sede di oratorio parrocchiale.
132 San Marco d’Alunzio “pagine d’archivio”

Chiesa DI SAN SALVATORE


(BADIA GRANDE)

Distaccati dall’agglomerato urbano si ergono la Chiesa di S. Salvatore, i resti


dell’antico monastero Benedettino e l’originaria Chiesa Basiliana168: “Giace egli
fuori le mura di San Marco un mezzo miglio lontano, nelle montagne orientali,
sotto il piano di S. Giorgio, nel Loco, o sia contrata detta prima S. Biagio, con
recinto che ebbe dalla Regina suddetta assai largo, se riguardamo d’essere stato
eretto su le rovine di piccolo angusto tugurio in cui solitarie viveano quelle
Bizzocche. Lavoro ridotto a perfezione dalla stessa Regina, consecrato al nome
del SS. Salvadore di cui ne era forse con special modo divota.”
Il monastero fu fondato dalla regina Margherita madre di Guglielmo il buono
nel 1174169 e Federico nel 1221 confermò la concessione: “Ritrovo nelle pitture
più antiche del Mon.ro un Regal privilegio dell’Imperador Federico Rè di
Sicilia dato nel 1221: scritto in pergamena, benche dal tempo mordace, e da
una età di 500 ad anni maltrattato, in cui leggo le seguenti parole= Inde est
quod cum In D(omi)na V(enerabi)lis Abatissa Monasterii S(ac)ti Salvatoris de
S(anc)to Marco Fidelis nostra ad nostram praesentiam accessisses, privilegium
q.ndam Reginae Margaritae Matris Regis Guillelmi S(ecun)di, consobrini170
nostri, recolendae memoriae, ipsius Monasterii Fundatricis Majestatis nostrae
umiliter praesentasti= E puoco appresso siegue= Confirmamus tibi, et d(ict)o
Mon(aste)rio tuo S.ti Salvatoris privilegiu(m) a praed(ict)a Regina Margarita
qu(o)ndam ipsius Monasterii fundatrice già indultum171 = dalle qu(a)li Regali
investitura appresso meglio se ne parlerà. Adunque a chiare note si vede
appressato essero stato la sud.a Regina Margarita la Fondatrice, e donatrice
del med.mo-
Certezza ancor ne donano le parole d’un altro Regal privilegio dello sesso Federico
anteriormente dato nel 1209, del q(ua)le appresso, ove dice= Confirmantes
omnia quae per Privilegia Dominae q(uo)ndam Imperatricis matris nostrae et
Regis q(uo)ndam Guillelmi Secundi, et Reginae Margaritae Felicis memoriae
ipsi Monast(e)rio concessa sunt, et collata secundu(m) quod in eisdem privilegiis

168 Per le notizie su questa Chiesa un grazie particolare va alla dottoressa Shara Pirrotti che mi ha aiutato
nella ricerca presso l’Archivio di Stato di Messina, fondo Corporazioni Religiose soppresse.
169 A. Meli, op. cit., p. 230ss
170 = cugina.
171 =concessione regia o papale
Le Chiese di San Marco d’Alunzio 133

plenius continetur= dalle q(ua)li desume, che la detta Piissima Regina come la
prima delle nominate Regnanti dovette p(ur) esser per la Fondatrice, dotatrice, e
che gli abbia spedito un Regal Privilegio, e gli altri lavesser confirmato appunto
come li confirmò poi tutti Fiderico.”172
Narra la tradizione che nell’anno 1174 la Regina Margherita, recandosi al
Monastero di Maniace che lei stessa stava edificando, mentre era di passaggio
a S. Marco, dovette qui fermarsi a causa di un violentissimo temporale, “allora
se le abian fatto avanti due monacelle che ritirate dimoravano nella contrada
di S. Biagio, ove oggi esiste il Monastero pregandola, che loro fondasse un
Monastero.” 173
Margherita accolse con gioia la richiesta e finanziò la costruzione del Monastero,
intitolandolo al SS. Salvatore e lo arricchì di molti beni.174
Nel 1742 il De Ciocchis175 nella sua visita alla Diocesi di Cefalù riferisce che
questa aveva la giurisdizione spirituale sul Monastero Femminile del SS.mo
Salvatore di S. Marco e in esso vi erano 49 suore.
Ebbe prosperità fino al XVIII secolo.
L’attuale Chiesa fu costruita dopo il 1660: i lavori incominciarono il 1° febbraio
1661 e per fare le fondazioni si spesero onze 100.
Il bellissimo portale di marmo locale del 1713 costò onze 148; esso presenta
quattro colonne, due tortili e due rotonde; al centro del frontone si trova una
nicchia marmorea con la statua di S. Benedetto e due angeli che gli sorreggono
il pastorale e la mitra176.
La costruzione della fabbrica fu eseguita in 38 anni e fu benedetta il 15 marzo
del 1698: la Chiesa era ancora senza decorazioni e l’intera fabbrica costò onze
678.
La Chiesa è ad una navata con tre cappelle d’un lato e tre dall’altro. Si dispongono
all’interno dell’aula l’architrave, il fregio e il cornicione. Sulla volta vi sono
diversi affreschi177.
La cappella centrale178 presenta diversi rilievi e statue in gesso, con un baldacchino

172 Archivio di Stato di Messina, fondo Corporazioni Religiose soppresse di S. Marco D’Alunzio, Vol.
22, p. 5:
173 Archivio di Stato di Messina, fondo Corporazioni Religiose soppresse di S. Marco D’Alunzio, Vol.

22, p. 5
174 Archivio di Stato di Messina, fondo Corporazioni Religiose soppresse di S. Marco D’Alunzio, Vol.

22, p. 35:”..o col ricco tesoro ritrovato là in Monreale, nascosto dal primo Guillelmo di lei marito, o
coi beni propi...”
175 Giovanni Ang. De Ciocchis, SACRAE REGIAE VISITATIONIS, PALERMO 1836, P. 454
176 Si legge la seguente iscrizione: QUI VOCAT AUDITUR, SI PULSAT PORTA APERITUR;

INVENIT ET RECIPIT QUI ROGAT ATQUE PETIT, 1713.


177 Sull’affresco della volta più vicina all’arcata absidale si legge: ”ARUS BRUSCA PAN.US PINT. ET

INV. 1763”.
178 Le decorazioni dell’abside sono festose e ai quattro lati sono poste su mensole le statue della

Sapienza e della Prudenza, della Fede e della Carità.


134 San Marco d’Alunzio “pagine d’archivio”

di legno, costruito da don Corrado Oddo179 nel 1701 e costò onze 159, che sovrasta
il tabernacolo ligneo dorato del 1704180.
Sulla porta si vede una spaziosa cantoria181 sostenuta da due colonne di marmo
con tre archi. Le cappelle laterali sono dedicate al SS. Salvatore182, al SS.
Crocifisso183, a S. Benedetto184 e alla Madonna del Rosario185.
A Margherita, fondatrice del monastero nel 1177, fu dedicato nel 1763 da Donna
Clara Salerno un busto marmoreo, che si trova entrando a destra186.
Il monastero era così grande che riusciva ad ospitare circa ottanta religiose.
Nei registri del Monastero187 si trova la descrizione del fabbricato che trascrivo
qui di seguito:
“Delli Parlatorii, Corridori, Camere, ed altri, del Monistero.
Il primo Corridore, o sia Dormitorio fabricato sul primo nascere del Monistero
fu egli quello che oggi fa prospettiva verso il Settentrione allora assai piccolo,
con altre picciole fabbriche vicine, poiche non v’è sperimento d’altra fabrica
più antica, e che sia vero me lo fa credere l’antica tradizione, la sua struttura
assai diversa delle altre fatta tutta di Mattoni lunghi, e grossi come osservate su’
pedamenti del medesimo, essendosi il di più fatto nuovam(ent)e nel 1777. più di
più perche sia ogi si chiama comunemente nel Mon(iste)ro il Dormitorio nuovo.
Si venne poi ad ingrandire alla fabrica di non poche stanze, che formano ora un
gran recinto di fabbriche belle a vedersi, ad abitarvi.

179 A. Meli, Istoria antica e moderna della città di S. Marco, Ms. (sec. XVIII), a cura di Oscar Bruno,
Società Messinese di storia Patria, Messina 1984. a p. 213 afferma che è “Nativo di S. Fratello e
abitatore di S. Marco”.
Morì a S. Marco il 1° febbraio 1771 a 80 anni e fu sepolto nella Chiesa Madre. Si sposò con Anna
Pintore.
180 Il Bellafiore accenna al “bel tabernacolo settecentesco dell’altare maggiore.
181 Archivio di Stato di Messina, fondo Corporazioni Religiose soppresse di S. Marco D’Alunzio, Vol.

22, p. 35v.: “Così nel 1698 si fece il littorino nuovo e si esitarono onze 110.
182 Tela raffigurante la trasfigurazione. E un lavoro della fine del XVII secolo attribuito a Giuseppe

Tomasi.
183 Statua in legno scolpito, autore ignoto del XVII secolo. In cima alla croce, sul cortiglio la scritta

INRI, ripetuta in ebraico e in geco.


184 E’ una tela rettangolare, opera del XVIII secolo e raffigura il Santo in piedi con le mani giunte con

uno sfondo paesistico delimitato a sinistra da un colonnato e a destra dal basamento di una statua
pagana spezzata di cui si vedono a terra la testa e le mani. In basso due angioletti reggimitra e due col
baculo, un corvo con una pagnotta nel becco e uno stemma con croce campanalata e aquila araldica.
185 Tela rettangolare dipinta ad olio del XVIII secolo. Tra le varie iscrizioni bibliche si legge inoltre:

SUMPTIBUS D. URSULAE & D. TERESIAE SORORUM:


186 Si legge la seguente scritta: “1763 – MARGHERITAE REGINAE – QUOD – MONASTERIUM

CONSTRUXIT DITAVITQ – MONIALIS D. CLARA SALERNO”.


Il medaglione è opera di buona qualità, eseguita con molta probabilità in ambiente palermitano
(Scuola di I. Marabitti?).
La dedica di questo medaglione a Margherita, moglie di Guglielmo il Malo, avvenne in occasione
della ricostruzione della Chiesa.
187 Archivio di Stato di Messina, fondo Corporazioni Religiose soppresse di S. Marco d’Alunzio, Vol.

22, p. 37 – 38.
Le Chiese di San Marco d’Alunzio 135

Tuttochè però fossero ellenoi i Corridori ben fondate ne pedamenti, ed in tutto il


resto del Corpo loro, in quest’ultimi tempi an sofferto considerevoli ruine a danno,
ed interesse del Monist(er)o. Nel 1739 a.9. Maggio giorno di Sabbato verso le
ore 18. che sortì una scossa di Terremoto, replicato altra volta la Domenica, e ne
giorni seguenti, nel nostro Monistero talmente rovinò un Muro del Dormitorio
nuovo, che stando per cadere bisognarono sfrabicarlo, e rialzarlo altra volta.
Questa fabrica costò non poco esito al Monistero giacchè fatto viso loco e data
la relazione si disse volervi onze 100. come per 2 relazioni Con(tenu(ti nel Vol. I
F. 177. che si esitarono poi effettivamente prendendo dalla casa alcuni Capitoli
previa la dispensa di Monsig(no)r Arciv(escov)o accordata in dorso a due
memoriali Con(tenu)ti nel Vol.I f.° 125. e 129.
Qui voglio che si sapesse come atterriti la Religiose della ruina del Muro, e
dal flagello dell’irritato Sig(no)re, abbandonarono il Monistero, e si conferirono
nell’altro di S. Teodoro ad unirsi con quelle Religiose dove si fecero la loro
capanna per abbitare al coverto d’ogni pericolo come costa per un Apoca in
Not. Sacelino 1. 7mbre 1739. Con(tenu)to nel Vol.I f° 133 e tornati poi al proprio
loro Monistero fabricarono nel Giardino altra Capanna esitanto per la stessa
onze 32.23. in due volte come a Lib. 6 di Conti f. 720 e f. 731. Fra questo mentre
si dè Capo alla fabbrica del muro, e perfezionata che fù come oggi la vedete
tornarono le Monache ad Abbitare il dormitorio suddetto.
Con l’occasione poi d’esser dimoranti nel Giardino le Monache come sopra vi
dissi essendo questo per altro assai piccolo pensarono ingrandirlo allo stato
attuale. proposta infatti ò l’istanza al Vicario Generale Intervaja allora in visita,
non solo vi aderì, ma diede loro il permesso di esitare alcuni capitoli allora
esistenti nella Cassa di tre Chiavi, Licenza che confirmò poi con altri successivi
decreti Con(tenu)ti nel Vol.I f° 135, e fattosi un accordio con D. Corrado Oddo
in Not(ario) Paulino Mannucci li 17 luglio 1739 Con(tenu)to. nel Vol.I f° 145:
si diè capo alla fabbrica. Questo travaglio ridotto a perfezione diede l’esito al
Mon(iste)ro di onze 413.5.12. quali siccome furono danari//
f. 37v: presi dalla Cassa de Capitalo piacciavi quì sentire la provenienza delle
stesse nel qui d’appresso conto.
Depositate dal Dr. D. Giuseppe Petarca per la ricompra fece delle onze 2 a(/
nnua)li che pagava e come ve ne faccio discorso a Cap.II n° 76, onze 40.7.10
Depositate dal D.r D. Stapino Greco per la reluizione di onze 20. A(n)tiche
pagava Giuseppe Ruvo come a Cap. 11 n° 58. onze 13.17.10
Dal Medesimo D. Stapino per la reluizione di un Censo Enf(iteuti)co di onze
5.17.18. dote di D. Colomba Greco come a Cap. 11. n° 58, onze 112.5.10.
Dal Medesimo D.r Greco per reluizione di onze 3.9 a(nnua)li che pagava
Sebastiano Maimone come a Cap. II n. 58, onze 26.12
Dalla Casa Capitale depositato da...per...come alib. 6 di Conti f° 582, onze 20.15
136 San Marco d’Alunzio “pagine d’archivio”

Da Diverse Religiose per Elemosina a complimento di onze 49 e come in d(ett)o


Lib. 6 f. 587, onze 23
Per mani della Sig. Abbadessa D. Domenica Lo Presti pervenute dallo Spoglio
di alcune Religiose difonte, onze 40
Depositate da Antonino Papa di Frazzanò per segnalazione della permuta del
loco di S. Ippolito come a Cap. 11 n° 69, onze 10
Pervenuti dallo Spoglio di D. Angelica Cuffari come a lib. 6 di Conti f° 673, onze 14
Elemosina da varie Religiose come in d(ett)o Lib. F. 673, onze 6
Per altro spoglio in d(ett)o Lib. d.o f., onze 1
Elemosina da gente estera come in d(etto) Libro a f°, onze 3.27.3
Dalla Sig.a D. Domenica Lo Presti per elemosina, onze 1.22.17
Depositati dall’Ill.o D. Gio. Flingeri Capitale di onze 14 delle Doti di D.
Benedetta Marino a Cap. 11 n° 149. come alib. 7 di Conti f° 43 e 48, onze 20
Elemosina delle Religiose nel 1746, onze 4
Dote di D. Benedetta e D. Aloisa Marini depositate per monacato li...1742 e per
licenza nel vol. I f. 1366, onze 240
Dal Rev. D. Cono Pipiraci per la Reluizione di onze 2.17.10. sogiogata come a
Cap.11 n° 94 f. 164r, onze 51.20
Capitale pervenuto per Dote di D. Benedetta Marino a Cap. 11n° 130, onze 11.12.4
639.19.14
Quali somme furono pagate al soprad(ett)o d. Addo’ in varii pagamenti e per
varie Apoche Con(tenu)te nel Vol. I F° 149 e seguenti, e collo stesso poi si fece
quittanza finale in Not(ario) Antonio Alannucci li 4 agosto 1758. Con(tenu)ta
vol. I F° 138//
f. 38r: Altra ruina sofferse il Muro d’innanzi dell’antico primo dormitorio nel
1777. quale si sfrabicò sino ad una Canna sopra de pedamenti, ed indi altra
volta si realzò allo stato che oggi lo vedete. dell’esito di questa fabrica trovai
solamente un Apoca che conservai nel Vol. I F. 308. In occasione poi d’essersi
fatto quest’altro Muro si fecero i Parlatorii con nuovo Disegno, e come ora li
vedete.
L’Antico Parlatorio era con cinque grade, però situate in maniera che l’una
vedeva l’altra, e per altro senza un gran Lume per esservi altre aperture che
la Porta da dove si entrava. Nel 1701 si fece un altro parlatorio di due Grade
o sia una stanza per commodo di forastieri per cui esitò il Monist(eri)o onze
172.26. come nel 3° Libro di Conti f.° 416. Pur nonostante elleno non erano
troppo comode per mancanza del Lume come si disse, e però bisognosi fare
altra spesa per ridurli allo stato attuale. Ed ecco che bisognosi fare, a man
Destra vicino la terza grada eravi un Muro, e dentro il Refettorio, questo muro si
sfrabicò e’l Refettorio si portò più di dentro, altri muri si sfabricarono nel mezzo
del Parlatorio che chiudevano un altra stanza del Monistero o sia il Parlatorio
Le Chiese di San Marco d’Alunzio 137

antico della parte di fuori, e quello della parte di dentro, e così si estese la
larghezza sino all’antica entrata o sia sino al Muro della Sagristia; ed ove era
parlatorio di fuori restò tutto per Parlatorio di dentro. Chi non sà l’antico non
può concepire il mio discorso ne io ho altri termini per sapermi fare intendere.
Per quest’altra nuova fabrica esitò il Monistero onze 230 come nel Lib. 9 di
Conti f. 44. ed in altri Lochi.
Vi sono in questo Parlatorio n° 7 Grade comprate onze 33. come in d(ett)o Libro
e f(ogli)o e tre ruote, ma di queste 7 grade potete farne Capitali di due per esser
gli altri troppo in veduta.
Dentro il Monistero vi sono n.o...Camere cioè n°...colle sue officine e... d’unica
stanza. Elleno sono tutte occupate dalle Religiose, ma su le stesse nessuna vi
ha Dominio perchè sono libere al Monistero. Qualche Religiosa se l’aveva
fabricato a proprie spese, ma non curò riserbarsene il diritto per i successori
congionti. Così D. Laura Salerno si fabricò una stanza solarata cominciandola
da pedamenti esitando onze 65. come ne trovo l’introiti alib. 2 di Conti f. 144 e f.
166. e sotto questa Camera si fece l’Infermaria a spese dell’Abbate Ciambri per
di lei elemosina come leggo in d.o Libro 2 F° 227. D. Celestina Cundò comprò
la sua Camera onze 9, come nel Lib. 3 F°284. nell’anno 1698. e così potrei dirvi
di tant’altre che tralascio per brevità//.”
Questa Chiesa viene aperta al culto in occasione del venerdì Santo, dove transita
la processione di Gesù nell’urna, e il giorno di S. Benedetto.
138 San Marco d’Alunzio “pagine d’archivio”
Le Chiese di San Marco d’Alunzio 139
140 San Marco d’Alunzio “pagine d’archivio”

Chiesa DI S. TEODORO
(BADIA PICCOLA)

A pochi metri dell’antica Chiesa parrocchiale del SS. Salvatore è sita la Chiesa di
S. Teodoro fondata nel XVI sec.188 e ingrandita nella forma attuale; era affiancata
dal monastero delle monache Benedettine189.Questo monastero fu fondato dalla
moglie190 di Fr. Girolamo Lanza191, il quale, subito dopo le nozze decise di ritirarsi
in vita eremitica.
Questo complesso è comunemente chiamato “Badia piccola” per poterlo
distinguere da quello del Salvatore, chiamato “Badia Grande”.
A questo monastero, nel 1608 si aggregarono le suore di un altro monastero
esistente in S. Marco, ma che cadeva in rovina, quello dei SS. Quaranta192.
Era circondato da un grande giardino per uso delle suore.
Nel 1594 dimoravano in esso 17 suore.193
Il Meli194 afferma che l’attuale Chiesa di S. Teodoro fu costruita al posto di
un’altra Chiesa preesistente “La Chiesa di S. Teodoro nei tempi antichi era assai
piccola, ma poi per opera del dottor don Domenico Di Franco fu ridotta nella
forma presente...”; questa piccola Chiesa potrebbe essere quella dei Santi quattro
Dottori.
La Chiesa ha la forma a croce greca con quattro cappelloni quadrati. Sopra ogni
cappellone si alza la cupola ottagonale.
La cappella centrale, nella quale si trova il tabernacolo ligneo di stile barocco del
XVIII sec.195, è abbellita da stucchi di gesso di Corrado Oddo (sec. XVIII) con
188 IlMeli, op. cit. a p. 237, suppone che la data d’istituzione del monastero “poté probabilmente essere
dagl’anni 1539 sino al 1545.”
189 Fondato sicuramente assieme alla Chiesa.
190 Non sappiamo il nome della fondatrice, ma il Meli, op. cit. p. 241, afferma che la prima abbadessa fu

“soror Giustina Ipoteca (1545) vitalizia, uscita dal monastero del SS. Salvatore per piantare la regola
nel moderno monastero di S. Teodoro.”
191 Per la vita e le gesta di fr. Girolamo Lanza, cfr. A. Meli, op. cit. p. 172ss.
192 A. Meli, op. cit. p. 238: ”E’ così ancora degno di memoria che in S. Marco esisteva un altro monastero

sotto titulo di S. Quaranta, fondato da tempi antichi...”


193 Archivio Segreto Vaticano: Relationes ad limina di Mons. A. Lombardo, arcivescovo di Messina.
194 A. Meli, op. cit. p.238
195 E’ un lavoro pregevole, eseguito probabilmente da Corrado Oddo.

E’ costituito da quattro gradini e tabernacolo. La parte superiore è costituita da tre parti sovrapposte,
di cui le due più basse movimentate da colonnine tortili, nicchie e balaustre. Nelle nicchie laterali
sono collocate quattro statuette, rifatte in gesso dorato degli evangelisti, in quella frontale una
statuetta lignea della vergine. Lo sportello del tabernacolo è rivestito in lamina d’argento sbalzato
con agnello (scuola palermitana sec. XVII).
Le Chiese di San Marco d’Alunzio 141

raffigurazioni bibliche: Giuditta vincitrice d’Oloferme, e la caduta della Manna


nel deserto.
Nelle due cappelle laterali si vedono gli altari dedicati a S. Teodoro Studita196
e alla Madonna Odigitria197. E’ presente anche un quadro della Madonna della
Provvidenza proveniente dalla omonima Chiesa198 e della Madonna del Rosario
con raffigurati i quindici misteri del S. Rosario, proveniente dalla Chiesa del
SS.mo Salvatore199. Nei quattro pilastroni che sorreggono la volta centrale, si
possono osservare scene della “ parabola del figliol prodigo” realizzate da
Corrado Oddo, quattro medaglioni raffiguranti S. Benedetto, S. Teodoro, S.
Nicolò e S. Marco e quattro santi della famiglia benedettina: S. Scolastica, S.
Geltrude, S. Barbara, S. Agnese.
La facciata esterna è molto semplice con un portale del 1619; sull’architrave si
legge: LAUREA DUM BUCARO VIGET ABBADISSA REPONOB AERIBUS
ET PROPRIIS AEDIFICATA EVI... 1619.
Sulla porta d’ingresso si nota una balconata che consentiva alle suore claustrali
di partecipare alle Sante Messe.
L’attuale pavimento della Chiesa è in marmo rosso locale, mentre rimangono
segni di quello originario in ceramica decorata sull’altare maggiore e sui gradini
degli altari laterali.
La sagrestia custodisce parte della copertura del campanile e uno stupendo lavabo
del XVIII secolo in marmo rosso.
Segni dell’antico monastero sono rimasti nel “parlatorio” ove si vedono le grate
in ferro attraverso le quali le suore comunicavano con le persone.
Sotto la Chiesa vi sono delle cripte che furono interrate durante i restauri degli
anni ottanta.
La Chiesa è aperta al culto e da qui parte la processione del Corpus Domini.

196 Quadro olio su tela del sec. XVII di Giuseppe Tommasi; raffigura il Santo con perizoma legato ad
una colonna dagli aguzzini, mentre un angioletto scende da sinistra recando la corona del martirio.
La cornice è in legno finemente intagliato.
197 Tavola rettangolare dipinta ad olio. Originariamente si trovava nella Chiesa del SS.mo Salvatore.

La Vergine è rappresentata nella gloria ed è trasportata su una cassa da due monaci. Sullo sfondo un
paesaggio. Opera del XVII secolo.
198 Tela rettangolare dipinta ad olio del XVII secolo e raffigura la Vergine col Bambino in grembo,

incoronata da due angioletti.


199 Tela rettangolare dipinta ad olio attribuita a Giuseppe Tommasi del XVII secolo. La Vergine è in

trono con il Bambino, incoronata da due angeli e in atto di porgere il rosario ai Santi Domenico e
Caterina inginocchiati ai lati; sotto lo zoccolo del trono le mezze figure di una vecchia signora e di
una giovane suora che ricevono il rosario dai due Santi; due rifasci laterali e un doppio rifascio in
alto recano dipinti i quindici misteri del Rosario.
142 San Marco d’Alunzio “pagine d’archivio”
Le Chiese di San Marco d’Alunzio 143

Chiesa DI S. ANTONIO

A pochi metri del tempio di Ercole, accanto all’omonima Porta, è situata la


Chiesa di S. Antonio, risalente al 1500. Originariamente era aggregata al
convento dei Frati Conventuali Francescani, i quali vennero a S. Marco nel 1569
per desiderio del popolo rimanendovi fino al 1588200. In questa Chiesa aveva sede
una confraternita detta “Compagnia di S. Antonio”.
Il portale seicentesco in marmo locale è ricco di decorazioni e fregi; ai lati sono
due colonne che poggiano su piedistalli con due stemmi. Nello scenografico
prospetto si aprono tre nicchie: quella centrale ospita la statua marmorea di S.
Antonio abate, quelle laterali i Santi Pietro e Paolo.
L’interno ad una navata ha il pavimento in cotto, con mattoni esagonali e una
striscia centrale in ceramica. Sull’altare maggiore è posta la statua lignea di S.
Antonio abate del XVIII sec.201; è arricchito da una scalonata marmorea realizzata
nel 1755 dai mastri Giuseppe Conti e Rosario Lardomita per tarì 28 e fu collocata
da mastro Rosario Bruno.
Ai lati si aprono due cappelle: in quella di destra è custodito un Crocifisso202, in
quella di sinistra un quadro in olio su tela raffigurante S. Antonio e altri Santi203.
Nascosta dietro questa tela è stata trovata una statua lignea di S. Antonio Abate
del XVI secolo che oggi è custodita nel Museo di Arte Sacra. Nel XVIII secolo vi
erano tre altari: l’altare maggiore con un quadro di S. Antonio abate, la Madonna
e altri Santi (questo quadro è il più grande che esiste a S. Marco), l’altare di S.
Antonio con statua in legno molto antica e l’altare di S. Francesco d’Assisi.204

200 A. Meli, op. cit. p. 228: “Negl’atti di notar Sebastiano Ferraloro di questa, sotto li 2 febraro, 14
indizione, 1569, si vede il richiamo fatto dal popolo di S. Marco de padri conventuali di S. Francesco,
alli quali fu concessa la Chiesa di S. Antonio Abbate con tutte le sue rendite.
Negl’atti poi di notar Gerolamo Scurria, sotto li 20 aprile, 15 indizione, 1574, molte persone di
questa città si obbligarono somministrare certe elemosine espressate in detto atto per la fabbrica di
questo convento il quale era dove adesso esiste la stessa Chiesa di S. Antonio, avvenga che allora
la Chiesa era piccola in tal guisa che l’attuale sacrestia serviva da cappellone maggiore.” P. 247: “...
domentre la sagrestia era coro e la porta piccola era la porta maggiore della Chiesa.”
201 La statua del glorioso S. Antonio fu realizzata nel 1755 da Don Corrado Oddo per onze quattro e

grani dieci.
202 Opera del XV secolo, è in legno scolpito e nei secoli successivi dipinto; è opera degna di attenzione.
203 Tela restaurata nel 1998 e rappresenta nella parte alta la Vergine nella gloria e nella parte inferiore

sono raffugurati quattro santi, tra cui S. Antonio, S. Bartolomeo e forse S. Teodoro o S. Sebastiano.
E’ opera della fine del XVI secolo, attribuibile a Damiano De Basilio.
204 A. Meli, op. cit., p. 247
144 San Marco d’Alunzio “pagine d’archivio”

La Chiesa è aperta due volte l’anno: la domenica successiva al 17 gennaio per la


festa di S. Antonio abate, con la caratteristica benedizione degli animali, e il 24
agosto per la festa di S. Bartolomeo, durante la quale si distribuisce “u muluni”.
Le Chiese di San Marco d’Alunzio 145

Chiesa DI S. MARCO

La Chiesa che si trova nella omonima piazza era anticamente un tempio greco
dedicato ad Ercole, trasformato in seguito dai Normanni con la venuta di Ruggero,
modificando l’originaria struttura e dedicandola a S. Marco Evangelista, primo
protettore del paese.
Il tempio pagano, edificato nel IV secolo a.C., presenta una struttura del tipo “in
antis”, con impianto rettangolare, orientato da Nord a Sud. La costruzione è in
conci parallelepipedi di pietra tufacea a struttura isodoma. Il frontale dell’antis
non esiste più, essendo stato allungato e ricostruito in forma più semplice. La
cella è l’unica parte che resta dell’antica costruzione.
E’ un edificio che misura esternamente m. 8,50 x m. 14,90.
L’attuale Chiesa presenta una facciata con un portale barocco ad arco a tutto
sesto, sormontato da due mensole laterali che sorreggono un frontone spezzato,
al centro del quale si apre una nicchia marmorea; lateralmente si trovano due
finestre arricchite da volute e conchiglie.
Sull’altare maggiore di questa Chiesa fino al XVIII secolo vi era un quadro dipinto
verso il 1619, anno dell’invasione turca in S. Marco; rappresentava il Santo che
in atto umile prega Gesù Bambino in braccio alla Vergine perchè liberi la città di
S. Marco, che si vede in un angolo con le galere a mare piene di turchi.205
Attorno a questa Chiesa i Normanni costruirono un castello.
Il Meli206 dice: “Un altro castello esisteva in S. Marco nel proprio suolo della
Chiesa di S. Marco fabbricato come io credo per la bontà del sito sopra delle
rovine dell’altro castello antico. L’edificio di questo castello fu fatto dall’invitto
conte Ruggero come sopra ciò diffusamente se ne discorrerà nella deca 2 al
paragrafo 2. La torrazza vicino al castello e la torre di S. Antonio erano due
presidij antichi.” (p. 91) “Era questo castello edificato nel piano della Chiesa
di S. Marco come si cava da pedamenti in forma quadrata, e la Chiesa restò
nel cortile, ed era cotanto piccolo che all’intorno non girava più che canne 200
come ho osservato; dalla parte dell’oriente il muro era presso alla Chiesa in
distanze di canne 15, ma dall’altri tre lati v’era molta distanza e se ne vedono li
pedamenti intermedij delle camere ed officine; fuori del castello verso l’oriente,
sino a giorni d’oggi si vedono pedamenti di molte case che le aderivano, ed io
205 A. Meli, op. cit,. p. 278
206 A. Meli, op. cit,. p. 79
146 San Marco d’Alunzio “pagine d’archivio”

suppongo che queste furono quelle prime case che si fabricarono in S. Marco e
diedero il nome di S. Marco alla città.”.
Questo castello era un punto strategico per individuare i nemici e anche di
segnalazione.
Camillo Camilliani207 descrivendo i punti di difesa di S. Marco dice: “Nel
territorio di S. Marco si fanno tre corpi di guardia, per angaria, di tre huomini
per posta, et la prima posta sta a una porta antica della detta terra, che risguarda
la marina, che sono tre huomini che stanno fermi a detto luogo.
Un’altra guardia sta alla Nontiata, detta il piano delle forche, ch’è lontano dalla
detta porta un tiro di scopettata, per la volta della marina, et stanno fermi al
detto luogo.
L’altra guardia che sta a un luogo detto la Gebbia di Conicoli, lontano dal detto
piano delle Forche mezo miglio per la volta della marina, et stanno fermi al detto
luogo et quando scuoprono vascelli nemici, overo l’è avisato dalle guardie di
cavallo, le dette guardie de’ piedi avisano le guardie della Nontiata et le guardie
della Nontiata avisano le guardie che stanno alla porta della terra et le guardie
della terra avisano gli offitiali, che hanno cura delle dette guardie, et ogni sera
ci mandano due sopraguardie et un caporale a riconoscere le dette guardie et
fanno la guardia per angaria.”

207 Marina Scarlata, L’OPERA DI CAMILLO CAMILLIANI, Ist. Pol. E Zecca dello Stato, Roma 1993, p. 570
Le Chiese di San Marco d’Alunzio 147

Chiesa DEI
SANTI QUARANTA MARTIRI

Anticamente era un monastero di monache sotto il titolo dei Santi Quaranta Martiri.
Essendo intorno al XVII sec. il convento fatiscente, le suore si aggregarono alle
benedettine di S. Teodoro. E’ sede della Confraternita dei SS. Quaranta Martiri
sotto il titolo di “Maria Immacolata”208: Si tratta di una piccola Chiesa sita in
Largo Ritiro, aperta l’otto settembre in occasione della Natività di Maria e il 10
marzo per la festa dei SS. Quaranta Martiri209. All’interno sull’altare maggiore
vi è un quadro della Madonna e il Cristo nell’urna; ai lati un piccolo Crocifisso
in legno (sec. XVII), un quadretto dell’Addolorata (sec. XVII) e un quadro
raffigurante i SS. Quaranta Martiri.
La confraternita organizza la processione del Venerdì Santo con la statua di Gesù
nell’urna, accompagnata da due personaggi rappresentanti Giuseppe d’Arimatea
e Nicodemo, due ragazze che rappresentano la Maddalena e la Veronica, da altre
quattro che rappresentano le Pie Donne e da bambini vestiti da angioletti.
“Libro della Congregazione dei SS. Quaranta, anno 1863 in S. Marco.
Questa Congregazione sotto il Titolo dei Santi Quaranta, composta solamente
dai Maestri del paese, era d’istituzione antichissima, non di nostra memoria o
tradizione, ma solamente possiamo dire, che nel 1603 in quello stesso locale ove
esiste oggi la Chiesa dei SS. Quaranta, era un Monastero di donne dell’ordine
Benedettino sotto il titolo dei SS. Quaranta Martiri, e che poi distrutto nel
1085 per mancanza di rendite e di personale, furono trasportati le moniali nel
Monastero di S. Teodoro, e quindi mano mano diroccatosi il Monastero sotto
titolo dei SS. Quaranta, si vuole che i maestri di allora profittandone o della
Chiesa o da cimenti della stessa, si abbia fabbricata da loro la Congregazione
mantenendola l’istesso titolo dei SS. Quaranta.” 210
Il 22 Aprile 1923 la Confraternita delibera di modificare l’articolo 23 del capitolo
208 Oggi l’abito è composto da una pazienza celeste con l’effigie dell’Immacolata sul petto ed un
cordone bianco che cinge i fianchi.
209 Durante la persecuzione dell’imperatore Licinio, quaranta soldati cristiani provenienti da diversi

luoghi, ma appertenenti alla XII legione, furono arrestati e posti nell’alternativa di apostatare o subire
la morte. Tutti rimasero fedeli e furono condannati alla crudele pena di essere immersi nell’acqua
gelata del lago. Il martirio avvenne il 9 marzo. Uno di loro però venne meno e ebiurò, ma il suo posto
fu subito preso dal custode il quale spinto da una visione si spogliò delle vesti e gridando che era
cristiano si unì al gruppo. Vide infatti discendere dal cielo quaranta angeli che portavano ciascuno
una corona da mettere sul capo dei martiri; il quarantesimo fu lui.
210 Documento Archivio Parrocchiale.
148 San Marco d’Alunzio “pagine d’archivio”

come segue “Sono ammesse nella congregazione come confrati e consorelle:


1) Le moglie i figli e le figlie dei Maestri iscritti.
2) Le vedove, i figli e le figlie dei confrati già iscritti ma defunti.
3) Le figlie dei Maestri finchè sono nubili con la seguente tassa d’entrata.
....fino ad anni 30 lire 5,
....da 31 a 40 anni lire 10.
....da 41 a 50 anni lire 15,
....da 51 a 60 anni lire 25.
4) Le maestre, le moglie, i figli e le figlie dei maestri non che il ceto civile in genere,
mentre per le donne contadine piuttosto adagiate, resta fermo l’ammissione
per n° 4 consorelle. I non iscritti alla congregazione possono essere ammessi
con la seguente tassa d’entrata:
....da anni 20 a 30 lire 10,
....da 31 a 40 anni lire 15,
....da 41 a 50 anni lire 20,
....da 51 a 60 anni lire 30.
Non sono invece ammessi tutti coloro che hanno superato il 60 anno di età. Salvo
alla congregazione di sottoporre a votazione, ogni caso, nel quale caso saranno
ammessi coloro che riporteranno due terzi di voti sugli iscritti.
5) Il rettore prima di professare un confrate o consorella ha l’obbligo di riunire la
congregazione e di sottoporre a votazione segreta il caso. Nel caso che la stessa
non riportasse maggioranza sugli iscritti, il confrate o la consorella non devono
essere professati. Non raggiungendo però il numero nella prima riunione, la
congregazione si deve invitare una seconda volta, alla 3 riunione deciderebbe
soltanto la maggioranza dei presenti.
Il Rettore, Tomaselli Salvatore Il Segretario, Vitanza Calagero”211

211 Archivio Parrocchiale Chiesa Madre, CONFRATERNITA DEI SS. QUARANTA MARTIRI.
Le Chiese di San Marco d’Alunzio 149

Chiesa DI S. BASILIO

La Chiesa di S. Basilio è adiacente alla piazza di S. Agostino. Era grangia del


Monastero Basiliano di S . Filippo di Fragalà e sede della Confraternita di S.
Basilio: ”Il Convento dei Basiliani era ubicato nel centro abitato, non molto
lungi alla Chiesa Madre e attorno alla Chiesa di S. Basilio. A giudicare dal
nome, dovrebbe essere il più antico convento di S. Marco D’Alunzio, e non è
fuori posto pensare che esso risalga all’avvento dei Normanni o prima.”212
Il Meli afferma che questa Chiesa è di origine antichissima: ”Era in origine
Tempio dei gentili come ricavasi dalla lapide di Licinia da me trascritta, che
fu ritrovata nella destruzione dell’antico campanile fatto ad un arco; poscia
dicesi che fosse stata grangea dei reverendi padri di Fragalà, supponendo io
che se vero fosse stata grangea ve l’abbiano abbandonato come fecero i padri
di Maniace con la Chiesa di S. Maria; e che il popolo vedendola diroccata
ve l’abbia restaurata senza dependenza alcuna da detto monastero. Non può
altrimenti supporsi l’affare, domentre nella campana maggiore costrutta nel ...
si vedono gl’armi del conte Roggiero fondatore di Fragalà.”213
Dopo la partenza dei monaci, il popolo la riedificò. La sua struttura attuale risale
al 1748. Conserva la slanciata abside, i resti di un portico di stile gotico e alcuni
affreschi del XV secolo.
La costruzione della nuova Chiesa fu terminata nel 1814 e fu stucchiata da Mastro
Rosario Principato di Castania per onze 5.16.
Nello stesso anno furono comprati i quattro quadri da Giuseppe Denaro Pittore
per onze 6.
Nel XVIII secolo in questa Chiesa venivano solennizzate le feste di S. Emiddio (26
agosto), S. Basilio (14 Giugno-2 agosto), S. Calogero (20 Agosto), Corpus Christi.
Recentemente sono stati collocati in questa Chiesa alcuni quadri provenienti da
altro sito: S. Benedetto il Moro214, S. Sebastiano, Lo Sposalizio di S. Giuseppe,
la presentazione al Tempio, le anime Purganti215, e la Natività216.

212 Domenico Ryolo, S. MARCO D’ALUNZIO, Ed. Rotary Club S. Agata Militello, Tip. Ind. Polgr.
Della Sicilia, Messina 1980, p. 15.
213 A. Meli, op. cit. p. 248.
214 Quadro proveniente dalla Chiesa della Provvidenza del sec. XVII. E’ un modesto lavoro di un pittore

provinciale.
215 Quadro proveniente dalla Chiesa di Gesù e Maria.

E’ un quadro ad olio su tela, dipinto nel 1837 da Gaetano D’Angelo.


150 San Marco d’Alunzio “pagine d’archivio”

Nel 1822 furono pagati a D. Giuseppe Denaro onze 6 per “manifattura di due
quadri”.217
La Chiesa è ad una navata218 e presenta cinque cappelle; la più importante è quella
centrale dove è posta la statua lignea di S. Basilio Magno (XVII secolo)219.
Recentemente è stata restaurata e riportata al suo antico splendore, mentre
l’adiacente campanile220 è stato ricostruito e liberato dei successivi rivestimenti
di intonaco221.
Durante i lavori di restauro, nella adiacente sagrestia sono state rinvenute tracce
di affreschi bizantineggianti del XV secolo e sotto la struttura del Campanile un
arco che denota l’esistenza di una Chiesa.
Sul sagrato si trova un frammento di muro sul quale è incastonato un portale ad
arco ogivale con stipiti in conci di pietra lavorata di notevole fattura e di rilevante
valore architettonico-artistico; segno probabile dell’esistenza di un edificio, forse
un convento Basiliano222.
In questa Chiesa si celebra la festa di S. Basilio il 2 gennaio, il 14 giugno e il
2 agosto. Quest’ultima è una festa caratteristica, durante la quale la statua del
Santo viene portata in processione sul fercolo: esso viene preceduto e seguito

216 Quadro proveniente dalla Chiesa di S. Giuseppe.

Fu dipinto nel XVIII secolo da Gaetano D’Angelo.D. Giuseppe Stornello nel 1717 scrive nel suo
testamento che “il quadro della Natività, fatto a sue spese, , sia conservato nella Chiesa di S.
Giusepp”e e ordina al suo erede di provvedere alla realizzazione della cornice: “se non fatta detta
cornice, in tal caso li procuratori di detta Chiesa siano tenuti ed obbligati far dipingere seu notare
in piede di detto quadro a letttere maiuscole, seu grandi, che fu fatto a spese di esso testatore.”
217 Documento Archivio Parrocchiale.
218 La Chiesa fu stucchiata nel 1816 da Mastro Rosario Principato e fratelli, mastri di stucco; la spesa

fu di onze 2.
219 A. Pettineo “Documenti per la bottega dei Li Volsi di Tusa” in “Archivio Storico Messinese”

72, Messina, p.6: ”Giusto atto del notaio Filippo Cardita, il 30 settembre dell’anno 1600 mastro
Giuseppe riscuote “pro manu francisco La Scalia” procuratore della Chiesa di S. Basilio in S. Marco
D’Alunzio, once 6 e tarì 24 “in contu magisterio S.ti Basili, faciendi pro magistro Jo. Batt. Li Volsi,
eius frate…”. La statua fu realizzata dal fratello di Giuseppe, Giovan Battista, ma il fatto che il
primo riscuota il pagamento per suo conto, attesta come i due fratelli operassero congiuntamente
come unica bottega d’arte.”
220 Nel 1867 fu rifusa la campana che si era rotta.

Documento Parrocchiale: “Chiesa S. Basilio 1.12.1867 (f . 167) Che lo 1 dicembre 1867 onde per
pagare la fondiaria e saldare l’ultima paga della campana a Mastro Sebastiano Salvà da Tortorici,
si fece prestito di onze 8 dal Signor . D . Antonino D . Cardinale rilasciandogli in pegno il Calice ed
il quadro d’argento - Questo prestito dovrà pagarsi a tutto il 1870”.
A. Meli, op. cit., p. 248:”La campana grande venne da Palermo, a gran stento si salì a S. Marco nel
1753. Fu battezzata solennemente nel piano dal reverendissimo abbate di Fragalà pontificalmente
vestito, con licenza dell’Ordinario nelli 31 dicembre 1753. Il patrino fu il magnifico don Stapino
Greco e donna Marianna Cardinale, sua figlia, moglie del dottor don Antonino Cardinale, come
procuratori dell’eccellentissimi principi e principessa di Mirto. Fu salita in alto lo stesso giorno.”
221 Archivio Parrocchiale, Chiesa S. Basilio 1817: “A Mastro D. Giuseppe Pisciotta acconto dello

stucco della Chiesa onze 6.4. Per fonditura di una campana pagati ai mastri di Tortorici onze 22.”
222 Comune di S. Marco D’Alunzio, “Il restauro della Chiesa di S. Basilio a S. Marco d’Alunzio,

Messina 1995.
Le Chiese di San Marco d’Alunzio 151

dalle caratteristiche “torce”, ceri rivestiti di fiori e basilico che i fedeli ornano
per soddisfare un voto.
Il fercolo fu realizzato nel 1865 da D. Salvatore Lo Presti di Alcara (onze 37.9.14)
e indorato da D. Salvatore Lo Presti di Alcara.
In quella occasione fu ingrandita la porta della Chiesa perché era troppo bassa
per poter entrare la “bara”.223

FESTA DI S. BASILIO

Chi partecipa alla festa dei Santi Patroni a S. Marco D’Alunzio sicuramente resta
stupito del fatto che la ricorrenza dei Santi Marco e Nicola viene celebrata giorno
31 Luglio con una semplice processione e già dal pomeriggio incomincia la festa
di S. Basilio che si conclude solennemente la sera del 2 Agosto.
Anche io mi sono posto la stessa domanda, supportata da ciò che avevo letto in
un libro224. In esso viene descritta minuziosamente la festa di San Marco e San
Nicola e solo accennata la Festa di S. Basilio.
Vorrei riportarla per opportuna conoscenza:
“L’apostolo S. Marco si godeva in pace il patronato religioso del comune che avea
preso il suo nome quando un dissidio sorto tra’ preti di quello venne a turbarlo.
Alcuni di essi si ribellarono e si misero sotto la protezione di S. Niccolo di Bari:
e ci volle tutta l’autorità della Congregazione dei Riti perché essi riconoscessero
contemporaneamente due patroni : S. Marco e S. Niccolo, e perché ne celebrassero
la festa, in un medesimo giorno: il 31 Luglio di ogni anno. Il decreto della Sacra
Congregazione compì un secolo il 1° Aprile del 1897. Il dissidio cessò: ma il
comune ha due parrocchie dedicate ai due santi: e la processione che si fa in

223 Documento Parrocchiale: 31- 8 -1865 (f . 160 )

Spesa per la costruzione della nuova bara di S. Basilio Magno, manifattura in Alcara dei Fusi come
qui sotto, totale onze 3.9.14
Convenio della stessa col Professor Lo Presti D. Salvatore del Comune d’Alcara dei Fusi onze
33.15.
Complimento promesso all’anzidetto per l’esatta esecuzione della bara in parola onze 1.2.5
Regalo di cosi dolci fatto al predetto Professor per aver dimorato qui un giorno per formare in corta
il modella della accennata bara onze-0.4.14.
Spesa per quattro giorni di fatica nella Chiesa del Santo onde erigere e ricostruire la montovata bara
al Professor, suo fratello Luigi e figlio Gaetano aiutanti di carne, pasta, vino, e quando vi bisognò
onze.. . . 24 . . .
Collazione e vino dati agli uomini in Alcara per ragione di trasportare la bara tutta in pezzi, di la in
questa onze-----10.6.
Mastria di nuovi banchi per sostenere la predetta nuova bara del Santo e trasportare la stessa in più
parti (f . 162) onze----- 6.10.
Chiesa S. Basilio (1864-65) 1863 ( foglio 161): Fu alzata la porta, in quanto era troppo bassa.”
224 Giuseppe Pitrè, FESTE PATRONALI IN SICILIA, Ristampa dell’ed. di Palermo 1870-1913, ed

Forni pp. 189 ss.


152 San Marco d’Alunzio “pagine d’archivio”

loro onore per com’e un anno la parte del paese ov’è la parrocchia) di S. Marco,
un anno quella di S. Niccolò. L’entrata r’addauru. il dì 29 segna il principio
della festa. I contadini in buon numero si riuniscono 1’ antivigilia nella piazza
principale del paese e di conserva si avviano in processione al monastero del SS.
Salvatore portanti ciascuno un ramo di alloro. Quivi 1’ alloro si distribuisce a
chiunque ne faccia richiesta , e si ricevono , mangiandole o conservandole per
divozione, le cudduri, ciambelline , già preparate il giorno innanzi e benedette.
I due santi, che non hanno nulla di comune tra loro, posano entrambi sopra una
medesima macchina, e la macchina è ornata di garofani e di basilico: pianticella
questa che abbiam vista più volte preferita in solennità simili e della quale, come
simbolo , vorrei raccomandare la ricerca agli studiosi. Bambini guariti per grazia
o che attendono una grazia, stanno al solito seduti sui gradini inferiori presso
ai giovani che hanno 1’ onore di trasportarla. I quali son ventiquattro, non in
mutande ne a piedi nudi come in altre processioni, ma vestiti chi di velluto, chi
di panno, e i men fortunati, di albagie, e tutti calzati. Su non che, molti di essi
mettono sotto l’asta per voto o per penitenza la nuda spalla; e non si riposano
mai, non cercano ristoro di vino o di sostituzione, anche breve, di compagni,
giacchè dalla uscita al ritorno non abbandonano per cosa al mondo il loro
posto.
L’uso delle scarpe nella processione vuol essere guardato sotto un aspetto
particolare. Siccome i contadini di S. Marco vanno sempre a piedi nudi, la
comparsa solenne per essi quale può essere su non quella delle scarpe ? E così,
che penitenza sarebbe quella di andare scalzi in processione quando scalzi ci
van tutto l’anno? Ecco perché non v’è contadino sammarchitano che pei tré
giorni del festino non vada calzato.
Il bello è vederli camminare tutti in quegli arnesi!...
E poiché ho accennato ad una parte del costume di gran festa, ed il gentile
uomo che mi ha fornito queste notizie me ne appresta delle altre, eccolo tutto
questo costume.
Il contadino indossa giacchetta, calzoni corti, quasuna, che vanno dal
ginocchio al piede e ricopre quest’ultimo per metà sugli stivaletti o scarpe. La
contadina, mantellina di panno nero, jippuni, giubbone, o busto di mussola:
gonnella di color gaio, anch’essa di mussola (poche vestono gonnelle e busto di
lana), scarpe o stivaletti, orecchini d’oro a cerchio, collana di corallo a due, a
tré file e crocette d’oro; i capelli spartiti sulla fronte e raccolti alla nuca a forma
di canestro.
La processione cammina cammina, un anno, come si è detto, per la parte
superiore, un anno per la parte inferiore; e al suo passaggio le chiese si aprono
e, come dappertutto, suonano a festa; dai balconi e dalle finestre si getta del
grano sui santi e si grida: Viva S. Marcu ! Viva S. Nicola ! traendosi dal getto e
Le Chiese di San Marco d’Alunzio 153

dal grido buon augurio per l’annata. Nella parrocchia del rione i Santi entrano
ricevuti da splendida illuminazione e dal canto del secondo vespro dei preti
locali. Escono poco dopo, e l’arciprete della parrocchia medesima esibisce al
bacio de’ devoti le reliquie dei Santi medesimi, bacio col quale s’intende ottenere
il perdono dei peccati commessi. I Santi son entrati nel duomo e principiano le
corse. Un certo numero di contadini si fanno legare le gambe e al segno d’un
petardo si partono, accompagnati nella corsa dal suono della banda musicale
ed anche de’ tamburi. La scena di tanti giovani impastoiati che saltano per
giungere alla meta è comica : ed il pubblico vi assiste con infinita ilarità, pago
di veder conseguire il premio al primo che giunga : premio di un fazzoletto, o un
berretto, o una canna di mussolina.
Fortunata gente, che può accontentarsi di un divertimento così primitivo e di
premi così modesti! Ma la gente di S. Marco è buona, e non meno buona è quella
che 1’ accresce in questi giorni, venuta da Torrenuova, S. Agata di Militello.
Militello Rosmarino, Alcara li Fusi, Longi, Frazzanò, Mirto, Capri leone,
comunelli tutti, i quali presi insieme non vanno oltre i diciannovemila abitanti.
Eppure un motto ingiurioso dei Messinesi a questa gente è quello di semi-giudei:
Menzi judei li Sammarchitani!’.
Il 31 Luglio, ultimo del festino, è 1’ antivigilia di un’altra festa in onore di S.
Basilio , la quale si prolunga fino al 2 Agosto, con una nuova entrata d’ addauru,
una nuova distribuzione di cuddure ecc. “Troppa grazia!,, mi sento dire dagli
economisti.
Ma in ordine a sentimenti religiosi non c’è economia che tenga: ed i contadini
di S. Marco stanno cinque buoni giorni, forse i soli che essi passino senza soffrire,
in distrazioni oneste, la dolcezza delle quali sfugge ai dottrinarì della scienza”.
Sicuramente la festa di S. Basilio risale alla fondazione stessa della Chiesa
per opera dei monaci basiliani che si insediano a S. Marco come Grangia del
Monastero di S. Filippo di Fragalà.
La devozione verso S. Basilio crebbe con il passare degli anni e nel 1600 fu
realizzata la statua del Santo da Giuseppe Li Volsi da Tusa.
Contrariamente a ciò che avviene normalmente, la festa non veniva celebrata il
2 gennaio, giorno liturgico del Santo, ma il 14 giugno, giorno in cui si ricorda la
Consacrazione Episcopale di S. Basilio.
Tutto questo fino alla completa costruzione della nuova Chiesa che avvenne nel
1814 con la realizzazione degli stucchi e dei quadri.
Lo stesso anno la statua del Santo fu trasportata solennemente in essa, ma prima
fu restaurata e dal libro dei conti della Chiesa si legge:”A Don Orazio di Patti per
acconciare la statua del Santo infradicito onze 2.1.10”225.

225 Archivio Parrocchiale S. Marco D’Alunzio, Libro dei conti 1814, Chiesa S. Basilio
154 San Marco d’Alunzio “pagine d’archivio”

Nel 1823 la festa venne celebrata per la prima volta il 2 agosto e si spesero onze
10.12.12; quest’anno fu distribuito il pane alla popolazione “per accrescere la
devozione verso il Santo”. 226
Nel 1863 si parla per la prima volta di una spesa di onze 2.7.10 per “l’entrata
dell’alloro” e pane alla banda di Naso.
In questi anni la devozione verso il santo si intensifica e i fedeli spostano
lentamente la loro attenzione dai Santi Patroni a S. Basilio e nel 1872 si parla di
“Mastria di Torci”, mentre nel 1874 si legge “Torci grossi n. 11 da portarsi in
processione innanzi al Santo”.
La decisione di fare la festa il 2 agosto non è stata indolore, in quanto i nostalgici
rimasero e in un verbale della Confraternita di S. Basilio del 25 ottobre 1874 si
legge: ” …sulla proposta del Presidente che il giorno stabile finora per la festività
di S. Basilio Magno sembrandogli essere improprio che il giorno consecutivo
alla festa dei Santi Patroni si celebrasse la solennità del Santo à proposto che si
trasferisse in altri giorni a piacere dei confratelli onde riuscire più splendida e più
di devozione. A quale proposta tutti li confratelli addivennero che si celebrasse
il 14 agosto di ogni anno…”227. Questa data durò poco perché i Sacerdoti della
Chiesa di Aracoeli protestarono perché era la vigilia della Madonna Assunta della
quale il 15 agosto si celebrava la festa solenne.
La festa fino al 1897 veniva organizzata e gestita dal Procuratore della Chiesa e
dalla commissione della Cappella dei SS. Patroni, mentre da quest’anno essa fu
affidata ad un comitato a cui la Chiesa di S. Basilio diede come contributo lire
200.
Dal 1900 nel registro dei conti della Chiesa di S. Basilio non si trova traccia delle
spese e degli introiti per la festa, in quanto essendosi costituito un comitato a
parte, esso aveva un suo proprio registro.
Solamente in qualche anno si fa menzione della festa:
Nel 1913 la musica fu presa per cinque giorni e le spese furono divise a metà per
ciascuno.
Nel 1926 “la questua del grano si fece in comune e quella dell’olio pure, quindi si
divide a metà con S. Basilio; e poiché il consumo delle collure per S. Basilio è di
più così anche un pochino di cera, si fa un proporzionato carico a S. Basilio.”
Nel 1900 la festa dei SS. Protettori, come quella di S. Basilio e del Sacro Cuore di
Gesù furono differite ai giorni 27 28 e 29 Agosto; i Santi Protettori contribuirono
con la sola questua perché la commissione aveva già fatto tutte le spese
precedentemente. Le feste furono rinviate il 30 luglio a causa dell’assassinio del
Re Umberto I.

226 Archivio Parrocchiale S. Marco D’Alunzio, Libro dei conti 1823, Chiesa S. Basilio
227 idem, 1874
Le Chiese di San Marco d’Alunzio 155
156 San Marco d’Alunzio “pagine d’archivio”
Le Chiese di San Marco d’Alunzio 157

Chiesa
MADONNA DELLE GRAZIE

Questa Chiesa, sita nella piazza S. Agostino e affiancata dal convento dei Padri
Agostiniani, fu fatta costruire intorno al 1398 dai conti Filingeri, Signori del
luogo.
E’ di costruzione molto semplice, essendo l’attuale struttura diversa dall’originaria
perché modificata dopo l’incendio che la distrusse il 29 ottobre 1960.
Sull’altare maggiore è posta la statua marmorea della Madonna delle Grazie di
scuola gaginiana, che poggia su un piedistallo in cui è scolpita la Natività.
E’ un’opera della fine del XV secolo, di Gabriele Di Battista (operante a Palermo
dal 1475 al 1505) in marmo bianco scolpito a bassorilievo a tuttotondo.
La cappella è costituita da un’arcata a tutto sesto inquadrata da due lesene recanti
scolpite a bassorilievo degli eleganti motivi floreali, sormontate da capitelli e
sorreggenti una trabeazione con cornici a dentelli e palmette e con fregio decorato
a festoni intramezzati da testine che lo separano dai piedritti; è scompartito in
sette formelle recanti alternativamente una testa di Serafino o un rosone. Sui due
pennacchi dell’arcata sono scolpite a rilievo due corone floreali recanti al centro
le mezze figure dell’angelo e dell’Annunziata. Al di sopra della trabeazione è
collocato uno stemma scartocciato e coronato recante come emblema una croce.
Sulla fronte delle due paraste sono scolpiti due stemmi: quello di sinistra reca una
croce e quello di destra una stella a otto punte. All’interno dell’arco, entro una
nicchia in muratura profilata da un arco a bastone sorretto da due colonnine tortili
in marmo, è collocata una statua della Vergine col Bambino in braccio che regge
con la sinistra un piccolo globo; ai piedi della Vergine un Bambino spaventato
che si aggrappa al suo manto. Sulla faccia della base è scolpita la Natività; ai lati
sono scolpiti due stemmi, uno dei Filingeri e l’altro dei Rosso di Militello.
Ai lati dell’altare maggiore si trovano i sarcofagi marmorei dove riposano in
uno le spoglie di Marco Scipione e Vincenzo della famiglia Filingeri e nell’altro
quelle di Pietro Filingeri.

SARCOFAGO DEI FRATELLI FILINGERI


E’ in marmo bianco scolpito nel 1481.
L’autore probabilmente è Gabriele Di Battista che operò a Palermo dal 1475 al
1505.
158 San Marco d’Alunzio “pagine d’archivio”

Poggia su tre mensole scolpite con abaco scorniciato recante un fiore sorretto
da una voluta, nell’incavo del quale si trova un puttino a rilievo; la base del
sarcofago è profilata da un festone d’alloro che gira sui lati. La faccia che poggia
sulle mensole è scompartita in due formelle recanti ciascuna un fiorone; la fronte
rettangolare del sarcofago presenta quattro formelle scolpite a bassorilievo: le
due esterne recano ciascuna un angelo reggente un cartiglio con iscrizione “IN
TE DOMINE SPERAVI” e “MAGNIFICAT ANIMA MEA”; le due interne recano
una testa di Serafino con quattro ali e un germoglio floreale sulla fronte; sulle due
facce dei lati brevi è una croce greca gemmata.
Il coperchio è scolpito a forma di coltre con bordure gallonate e sfilacciate sopra
la quale è disteso un giovanissimo guerriero con le mani incrociate sull’elsa della
spada e la testa affondata su due cuscini, uno dei quali è operato con eleganti
motivi floreali a bassorilievo. Ai piedi è accovacciato un leone ruggente. Al di
sopra del sarcofago è murata una lapide con la seguente iscrizione: “HOC IACET
TUMULO HI DUO MAGNIFICI FRATRES MARCUS SIPIO ET VICENCIUS,
NATI COMITIS ILLUSTRI S. RECCARDI FILINGERIS QUORUM ANIME
REQUIESCANT IN PACE SUB ANNO DOMINI MCCCCLXXXI CONDITUM.”
Lo scultore probabilmente usa come modello per lo schema del monumento e
la figura del guerriero giacente il sarcofago di Antonio Speciale (1463) nella
Chiesa di S. Francesco in Palermo; nonostante ciò le qualità stilistiche dell’opera
e l’andamento piuttosto corsivo dell’esecuzione, fanno pensare ad un’artista
vicino a Domenico Gagini, forse Gabriele Di Battista.

SARCOFAGO DI PIETRO FILINGERI


E’ in marmo rosso locale del 1619.
La cassa, che nella parte inferiore ha forma semicilindrica, poggia su due
sostegni aventi entrambi le facce scolpite a bassorilievo raffiguranti due leoni
accovacciati; la parte superiore della cassa presenta attorno alla bocca una larga
fascia scorniciata; sui due lati due stemmi a rilievo, scorniciati e coronati, la
cui insegna è una croce con i bracci ornati di piccole campanelle (stemma dei
Filingeri). Il coperchio termina con due spioventi su ciascuno dei quali sono
tre medaglioni: sul lato anteriore i simboli degli Evangelisti Marco e Luca e
al centro l’Eterno Padre benedicente, mentre sul lato posteriore i simboli di
Matteo e Giovanni e al centro la Madonna col Bambino. In alto vi è una lapide
con la seguente iscrizione: “EPITAPHIUM NOBILE PARVA TUUM QUAMVIS
TEGAT URNA CADAVER - EXCELLITO COMES GLORIA FAMA DECUS - IV
FILANGERYS EXCELSOS ADDIS HONORES - EXTOLLIT ROBUR STEMMATA
PETRE TUUM - EST SEDES ANIME CELUM TIBI SORTE DICATUM - DUM
MERENS SUBOLES MARMORE SCULPSIT OPUS - 1619”
Le Chiese di San Marco d’Alunzio 159

E’ questo un modesto lavoro di marmista locale, il quale si ispira al modello delle


tombe reali conservate nella Cattedrale di Palermo.
Questa Chiesa era sede della “Compagnia della Cintura di S. Agostino”.228
La Chiesa viene aperta il 2 luglio per la ricorrenza della Madonna delle Grazie.

LEGGENDA DEI CONTI DI S. MARCO:


Sui conti seppelliti nel Sarcofago, la tradizione popolare tramanda una leggenda:
Marco Scipione, diciassettenne, e Vincenzo, quindicenne, figli di Don Riccardo
Filingeri, Conte di S. Marco, si innamorarono di una giovane serva che abitava nel
castello. La differenza di classe però non permetteva loro di manifestare questo
sentimento; i due giovani non potevano neanche avvicinarsi ad essa per una sorta
di nobile orgoglio che non permetteva di mischiare il loro sangue con quello di
una serva. La passione non manifestata a poco a poco li rese tristi e depressi, tanto
che si ammalarono di una strana malattia: il MAL D’AMORE. Don Riccardo,
costatando il perdurare di questa malattia, chiamò al loro capezzale molti illustri
medici, i quali, nonostante i loro sforzi, non riuscirono a far migliorare la salute
dei due giovani. Col passar del tempo questa malattia li condusse alla morte. Don
Riccardo, in questa sua grande disperazione volle che fossero seppelliti in uno
stesso sarcofago per significare la comune sorte che nello stesso sentimento li unì
in vita e anche nella morte.
228 Documento Archivio Parrocchiale
160 San Marco d’Alunzio “pagine d’archivio”
Le Chiese di San Marco d’Alunzio 161

Chiesa S. MARIA DEGLI ANGELI

Su un colle prospiciente il paese sorge il Convento dei Frati Minori Cappuccini.


Nel corso del tempo ha subito diverse trasformazioni; la sua originaria struttura
risale al 1581 e fu fondato dal Ministro Generale P. Giammaria da Tusa essendo
Provinciale P. Girolamo da Polizzi. Dopo varie peripezie a causa di una frana,
fu di nuovo ristrutturato nel 1678229.
“Il venerabile convento de’ PP. Cappuccini nella Terra di S. Marco fu fondato
nell’anno si fece la correzzione dei calendario 1582 e subito vi fu fatto il
guardiano et assegnata la fameglia, come anche piantata la croce, ma il sito
si pigliò nel mese di luglio dell’anno seguente 1583 ritrovandosi presente il
sudetto replicato allo spesso P. F. Paulo da Catania, nonostante che il millesimo
scolpito nell’architravo della porta si va all’orto, perché fu fatto quando si
alzò detta porta. Fu preso e fondato dal M. R. P. Gio. Maria da Tusa nostro
primo Ministro generale siciliano, ritrovandosi in discorso di visita viso loco,
nel primo anno del provincialato del R. P.F. Gerolimo da Polizi quale al fine
del governo della Provincia che fu dui anni e tre mesi, andò a Roma et ivi per
li sue virtù e talenti fu fatto Procurator dell’Ordine.
Fu edificato parte a damuso o lamia e parte a piedi piano secondo il moderno
modello sopra la terra nella strada per la quale si va al bosco & alla terra
di Longe, in una collina la quale anticamente era campo d’ebrei, per questa
causa vi erano scolpite cosoline di curiosità nelle petre, e per memoria delle
quali ve ne sono murate tre nella cantonera del convento, e ciò a tempo
dell’illustrissimo et eccellentissimo don Girolamo Filingieri conte di detta
Terra, prencipe di Mirto &e. Ancora vi sono stati scavati e dissepolti molti
corpi et ossa di detti ebrei ivi sepolti. Di questo convento non è stato possibile
trovare scrittura publica.
E fu disposta la fabbrica secondo il modello che restando la Chiesa della parte
di sopra verso le montagne il convento venne in quadro col suo claustro nel
mezo, al quale non si fece mattonato, ne con madoni, onde restando la semplice
terra, che ha assai della creta, questa barricandosi d’acqua, con tutto che
avesse la sua uscita, già le rovine che minacciava erano palesi con aprirli li
mura e bisognò ripararsi all’imminente danno poteva causare e però nell’anno
229 A.
Meli, op. cit. p. 228: “ Appare negli atti di notar Gerolamo Scurria sotto li 24 marzo, 5 ind. 1581,
che molte persone di S. Marco si obligarono pagare certe somme per la fabrica di detto convento.”
162 San Marco d’Alunzio “pagine d’archivio”

della nostra Redenzione 1678... Si fecero pure dui delfini di sotto al convento,
le cammere nuove colla stanza per scaldarsi li frati.” 230
Dopo la soppressione rimase abbandonato e fu ricomprato dagli stessi frati e
riattivato nel 1906. Per molti anni fu luogo di Noviziato.
Attigua al convento vi è la Chiesa S. Maria degli Angeli, piccola ma caratteristica,
costruita nel XVII secolo. L’interno è ad una navata, cui si addossa una cappella
laterale. In essa sono da ammirare il bellissimo tabernacolo231 con il quadro della
Madonna232, la cappella del Crocifisso con statua di legno del XVIII secolo e due
tele poste ai lati raffiguranti la Vergine e S. Giovanni233; in questa cappella sono
custodite le spoglie mortali di fra Giuseppe Paterniti da Tortorici che dimorò in
questo Convento, fu maestro dei Novizi e che morì in fama di santità234.
Nella Chiesa vi sono inoltre il quadro della Madonna col Bambino235, il Cuore di
Gesù con quattro Santi Francescani fra cui S. Chiara e S. Antonio236, la Madonna
con Santi Francescani237.
In questa Chiesa vi era un quadro rappresentante S. Antonio in atto supplichevole
ai piedi della Beata Vergine e di sotto in basso la terra di S. Marco. S. Antonio
prega la Vergine perché liberi S. Marco da qualche flagello.238

230 Archivio Frati Minori Cappuccini, Messina, Relazione della fondazione del 24° convento dei PP.
Cappuccini che è quello di S. Marco.
231 Ha forma parallelepipeda ed è sormontato da un cupolino depresso. Il frontale, inquadrato fra due

volute scartocciate, presenta in alto una cornice frontonata, sotto la quale è scolpito un pellicano che
nutre i piccoli col suo sangue. E’ un grazioso lavoro di arte monastica della fine del XVII secolo.
L’altare maggiore è costituito da una grande cornice architettonica in legno intagliata e verniciata,
sormontata da timpano spezzato, al centro del quale vi è una edicoletta che fa da cornice ad una tela
rettangolare raffigurante l’Eterno Padre, Ai lati della grande cornice sono altre due edicolette, che
sovrastano le due porte di accesso alla sagrestia. Si tratta di opera molto fine del XVIII secolo di
attribuiti a Giuseppe Russo che rappresentano S. Barbara e S. Caterina d’Alessandria, in cui i singoli
elementi si sottomettono ad una volontà equilibratrice che conferisce all’insieme una decorosa
monumentalità.
232 Dipinto del XVIII (1776) attribuito a Giuseppe Russo. Raffigura in alto fra angeli, Cristo e la Vergine

seduti sulle nubi in atto di accogliere S. Francesco. In basso cinque figure di Santi Francescani, fra
cui S. Chiara, S. Giuseppe da Leonessa, S. Fedele da Sigmaringa.
233 Opere della fine del XVIII secolo di Giuseppe Russo.
234 P. Giuseppe nacque a Tortorici il 29 settembre 1824 da Carmelo Paterniti Serra e da Sebastiana

Arcodia e gli fu imposto il nome di Gaetano che, entrando in convento cambiò con quello di
Giuseppe.
Entrò in Noviziato a S. Marco D’Alunzio e compì gli studi filosofici e teologici a Gibilmanna.
Ordinato Sacerdote, fu mandato a S. Marco come Maestro dei Novizi, dove morì il 27 novembre
1886. La gente lo chiamava “il Padre”, i confratelli “Padre Maestro”: Padre dei poveri, delle anime,
di tutti. Morì in fama di santità e dopo trent’anni dalla morte, il 26 agosto 1917, le sue spoglie
mortali furono esumate dal cimitero comunale e trasportate con grande tripudio del popolo nella
Chiesa del convento.
235 Tela dipinta ad olio della fine del XVIII sec., opera di Giuseppe Russo
236 Tela dipinta ad olio del XIX secolo di autore ignoto.
237 Tela dipinta ad olio della fine del XVIII secolo, opera di Giuseppe Russo.

I Santi francescani sono: S. Felice da Cantalice, B. Bernardo da Corleone e altri Santi francescani.
238 Archivio Parrocchiale S. Marco d’Alunzio
Le Chiese di San Marco d’Alunzio 163

Attualmente accanto al convento si trova una casa di accoglienza dove si svolgono


convegni e ritiri spirituali.
Ai piedi dell’edificio si trova il mistico Calvario, ricostruito sull’antico percorso
alberato, a testimonianza di fede e di amore per Gesù sofferente.
In questa Chiesa si celebra la festa di S. Antonio di Padova l’ultima domenica di
Giugno, durante la quale si distribuisce il pane benedetto.
164 San Marco d’Alunzio “pagine d’archivio”
Le Chiese di San Marco d’Alunzio 165
166 San Marco d’Alunzio “pagine d’archivio”

Chiesa SS. ANNUNZIATA

All’inizio del paese provenendo dalla costa si trova la Chiesa dell’Annunziata.


La tradizione vuole che essa sia stata costruita sui resti di un tempio pagano.239
Il Ryolo240 sostiene che trattasi di una chiesetta Martyrium Bizantina e che attorno
ad essa fin dall’antichità doveva esistere un Coemeterium.
In un periodo non precisato, sostiene sempre il Ryolo, essa subì delle
trasformazioni, nel senso che al posto della porta d’ingresso fu sistemato l’altare
e al posto dell’abside fu realizzata la porta d’ingresso: “ Nella parte interna dove è
oggi la porta d’ingresso, ponendo oculata attenzione si possono rilevare le tracce
dell’abside centrale e quelle delle absidi laterali, nonchè tracce della muratura
di riempimento delle absidi laterali e della muratura innalzata per eseguire le
spallette della porta d’ingresso.”241
La Chiesa è dedicata alla SS. Annunciazione di Maria Vergine. Il suo interno
è molto semplice, trattandosi di una navata con cappella laterale. Sui muri
rimangono segni di affreschi dell’originaria Chiesa.
La statua di marmo della Vergine poggia su un piedistallo in cui è raffigurata in
rilievo una città medievale; la testa e le mani dell’originaria statua, secondo la
tradizione, furono spezzate dai saraceni in una loro incursione a S. Marco; subito
dopo furono ricostruiti in legno.
Nel 1908 lo scultore E. G. Virardo di Torino scolpisce la testa e una mano in
marmo bianco di Carrara al posto di “quelle smarritesi l’anno precedente”242.
Questa statua, fino al 1994, era portata in processione la seconda domenica di
Maggio, ma in quell’anno ne fu realizzata una lignea dallo scultore Ventura
Filippo.
In questa Chiesa è celebrata la festa dell’Annunziata il 25 marzo con la presenza
delle autorità che consegnano simbolicamente le chiavi del paese a Maria come
atto di affidamento. Il Sindaco a nome della comunità aluntina legge questo atto
di affidamento alla Madonna:

239 A. Meli, op. cit,. p. 269: ...Come si comprende dalli due piedistalli, uno quadrato scorniciato di
sotto e sopra, e l’altro scannellato, che sono gettati in quel piano e corrispondono agl’altri piedistalli
d’idoli scritti e non scritti da me espressati alla deca prima. Par. 2 e 3.”
240 Domenico Ryolo, S. MARCO D’ALUNZIO, Ed. Rotary Club S. Agata Militello, Tip. Ind. Polgr.

Della Sicilia, Messina 1980, p. 105


241 Domenico Ryolo, QUATTRO CHIESE BIZANTINE IN PROVINCIA DI MESSINA,
242 Documento archivio Parrocchiale 1908.
Le Chiese di San Marco d’Alunzio 167

“Grande è la devozione degli aluntini verso la Vergine: lo testimoniano le grandi


e maestose chiese dedicate alla Madre di Dio, le innumerevoli statue e quadri
della Madonna, le molteplici feste in suo onore e la pietà del popolo verso di
Lei.
La presenza inoltre della Chiesa dell’Annunziata, posta all’inizio del paese
significa e testimonia che gli aluntini scelsero la Vergine Maria come colei che
doveva difendere e salvaguardare il paese da ogni male; ciò si evince anche
dall’antichità di questa Chiesa: essa è una delle più antiche e dice la tradizione
che sia stata costruita su un tempio pagano.
Memori di ciò e grati alla Vergine il cui tempio sorge su una rupe di fronte
all’abitato, quasi a voler significare che la Madonna lo sorveglia e lo custodisce,
gli amministratori aluntini, interpretando la volontà e il desiderio della
popolazione, decidono di affidare annualmente, nella ricorrenza della Festa
della Madonna Annunziata, il 25 marzo, in modo simbolico, alla Vergine le
chiavi della cittadina per chiedere la sua protezione .
Questa cerimonia vuole essere un messaggio storico pieno di valori, tra i quali
ricordiamo:
- La scelta e la difesa della libertà come patrimonio delle generazioni passate e
presenti; per questo ringraziano la Madonna che li ha liberati nel passato dalle
invasioni nemiche, specie dai turchi.
168 San Marco d’Alunzio “pagine d’archivio”

- L’intuizione del ruolo della Madonna, Madre di Dio e Regina, Avvocata e


Mamma nostra nella nostra Storia.
- La fiducia piena, l’abbandono filiale, l’affidamento e la consacrazione come
valori della nostra comunità locale, che per questo ha scelto Maria come
protettrice.
- La precisa convinzione che anche nella realtà sociale, la fede è unita alla vita,
il Vangelo alla storia, la Chiesa al mondo.”
Affiancati a questa Chiesa vi erano delle abitazioni nella quali nei secoli scorsi
dimoravano degli eremiti. Nei registri Parrocchiali ne vengono menzionati due:
Fra Giuseppe Lo Presti morto il 26 luglio 1755 e sepolto nella Chiesa del SS.mo
Salvatore e Fra Giuseppe Russo morto a 60 anni il 3 aprile 1847 anch’egli sepolto
nella Chiesa del SS.mo Salvatore.
Le Chiese di San Marco d’Alunzio 169

Chiesa DELLA PROVVIDENZA

La Chiesa si trova nel Largo Ritiro, vicino alla Matrice.


Fu fatta costruire dall’arciprete Don Giuseppe Emmanuele nel 1714.
Originariamente era costituita da un Oratorio Privato. Lo stesso Sacerdote fece
costruire accanto e a sue spese, nel 1703, una casa per “Preti Conviventi”, cioè
per Sacerdoti anziani che vivevano in comunità.
“Questa casa fu fondata dal Dottor Giuseppe Emanuele, Arciprete di S. Marco
nella propria sua abitazione, che a proprie spese la ridusse a conventino,
avendosi a questo effetto ottenuta lettera dalla G.C.A. di Messina 22 Marzo
1703, presentata in questa a 26 del medesimo.
Nell’anno 1705 a 2 Marzo 13° indizione e agli atti di Notaro Diego Papa da
Frazzanò il predetto di Emanuele fece donazione universale a questo Istituto
registrata nei atti della Corte a 3 del predetto mese.
Fecesi in detta casa un oratorio privato sotto titolo di S. Maria Della Provvidenza,
in virtù di lettera della G.C.A. sotto lì 15 Febbraio 1709 quale oratorio nell’anno
1714 fu ridotto in Chiesa pubblica, a lettere di Monsignor Migliaccio spedite 20
Ottobre 1713 delle quali pure fa menzione negli atti di Notaro Paolino Mannucci,
in detto anno poi fu benedetta dal sacrista Don Nicolò Grifò Luogotenente
dell’Arciprete allora assente, quale di Grifò era allora convivente sotto lì 13
Agosto 1714.
Fiorivano in santità, nella teologia, e nel predicabile, in quei primi bagliori non
solo detto di Emanuele, ma pure il Don Giuseppe Zito, come appare negli uomini
Illustri di S. Marco.
La Chiesa però predetta oltre il Cappellano chi era l’oratorio primiero fu coperta
e fornita nel 1748 dal Reverendo Don Saverio Fontana, allora convivente. Vi era
ivi una Biblioteca di autori scelti all’uso proprio.
Da quell’epoca fiorì sempre in ottimo stato fino al 1802 epoca in cui, oltre
ed altri degni Sacerdoti, coabitò il Vicario Foraneo S. Costantino, morto
quest’ultimo venne in decadenza, ed abbandonato e scomparvero beni nobili,
libri, e tutt’altro.
Dopo il 1830 nuovamente i preti cominciarono ad abitarlo, il Sacerdote D.
Francesco Corpina, D. Giuseppe Sacerdote Corpina, D. Lorenzo Lo Presti,
sacerdote Felice Tommaselli però nessuna premura si presero a restaurare la
casa in parola.
170 San Marco d’Alunzio “pagine d’archivio”

Nel 1830 però il Sacerdote Don Gaetano Beringheli fu istaurata, e s’impiantò


la scuola pubblica ed esso il pubblico proteggere. Morto il Beringheli fu
nuovamente abbandonata. Divenuto il Sac. Gaetano Lo Presti, questi divenne
Preside abitandola, e riportandola ivi vocò a sè N° 10 ragazzi poveri dandogli
istruzione.
Nel 1870 Maria SS. della Provvidenza, non potendo più soffrire che le capre
abitassero sul suo altare, N°5 ragazzi al di sotto di 5 anni s’introdussero nella
Chiesa, la sgombrarono dagli animali, la polizzarono, ed ubidendo il signor
Pietro Crisafi fù Antonio per Direttore, questi cominciò ad aprire il culto a Maria
SS. con la recita del Santo Rosario, con l’accensione d’una lampada, con la
celebrazione di quanto perché della Divina Messa aumentandosi così il culto
e questuando in ogni anno dei fichi secchi il prodotto lo impegnò ad oggetti
abbisognevoli alla Chiesa medesima. Si stabilì a proprie spese la novena per
nove giorni, quindi si celebrò la festa la seconda domenica di luglio con solennità.
Domandò ed ottenne a proprie spese, l’esposizione del Divin Sacramento che ha
luogo la seconda domenica di ottobre a spese proprie del Crisafi. Chiese ed
ottenne per mezzo del Vescovo, da sua Santità Pio IX l’indulgenza plenaria tanto
per la solennità di Maria SS.ma che per le quarant’ore.
Nel 1873 il Crisafi abitò in detta casa e mercè la sua cooperazione, ne trovò
dei preti di S. Marco non solo, ma bensì da quelli di Mirto, Frazzanò, Longi,
Galati, Tortorici e S. Salvatore un gran numero di divine messe con le quali fece
acquisti, mercè l’aiuto di Monsignor Miragioglio; d’un Ostensorio, una Sacra
Pisside, d’un incenziero e d’altri arredi sacri nonchè di tutt’altro abbisognevoli
a detta Chiesa anche a propria spesa, come meglio si rileverà dall’inventario al
fine del presente libro.
Nel 1875 succedendo il Sacerdote Gaetano Greco, volle essere procuratore di
detta Pia opera il quale fino al 1879 servì detta procura per destruderla, e far
profitto solamente del solito. Dati i conti dal 1875 al 1879 risulterà creditore in
£ 84190 che nel 1880, eletto procurale il suddetto Crisafi e fatti gli appunti nè
risultò debitore, come meglio qui appresso si osserva.”243
In essa era venerato il quadro della Madonna della Provvidenza244 che oggi si
trova nella Chiesa di S. Teodoro.
Attualmente l’edificio è in precarie condizioni; rimane solo il bellissimo portale
barocco e i muri perimetrali.

243 Archivio Parrocchiale, Chiesa della Provvidenza: ISTITUTO DEI PRETI CONVIVENTI.
244 Tela dipinta ad olio del secolo XVIII.
Le Chiese di San Marco d’Alunzio 171
172 San Marco d’Alunzio “pagine d’archivio”

Chiesa
MADONNA DELLA CATENA

è l’unica Chiesa di campagna sopravvissuta all’incuria del tempo.


Sorge sopra un poggio al di là del torrente Zirì accanto alla strada comunale che
conduce a Frazzanò, Mirto e Caprileone.
Stando ad un’iscrizione che si legge sul vecchio architrave e che adesso è murata
nel prospetto; la sua costruzione risale al 1668 su iniziativa del Beneficiale D.
Antonio Proto.
Essa è dedicata alla Madonna della Catena ed il quadro che era posto sull’altare
maggiore245 ricorda lo storico avvenimento verificatosi a Palermo l’anno 1390
sotto il re Martino.
In un documento degli inizi del XVIII secolo si legge: “Il Rev. Sac. D. Pietro Foti
della città di S. Marco lasciò nel suo testamento, che del rendale dei suoi beni
s’avesse celebrar messe nella ven. Chiesa della Gran Signore sotto il titolo della
Catena, esistente nelle campagne di S. Marco, a qual effetto dispose che dal Rev.
Priore del Ven. Convento di S. Agostino e dal Rev. Guardiano del Ven. Convento
dei PP. Cappuccini si dovesse eleggere un Prete, quale morendo, i medemi che
pro tempore saranno, dovessero eleggere altro e così successivamente, come in
Notar Pietro Grasso di S. Marco sotto li 22 luglio 4 ind. 1696.
Ultimamente per soddisfarsi detta celebrazione fu eletto il Rev. D. Nicolò Muglia
di detta di S. Marco, il quale avendo ritrovato la prefata Ven. Chiesa senza
giugali o suppellettili, altresì e quasi scoperta ed in pericolo di diroccarsi, colle
giuste licenze, incominciò a rassodarla nelle fabbriche, a coprirla coi suoi canali
ed insieme adornarla di candileri, fiori o rami, cambisi, casubbule, tovaglie e
quadro nuovo di mediocre grandezza e per magior e perseverante splendore e
mantenimento di detta Ven. Chiesa, procurò un buon eremita che dimora in una
stanza collaterale alla medema.
La somma erogata per le suddette provvidenze è di qualche non puoca
entità…”.246
Il suddetto D. Muglia ottenne la facoltà di diminuire a tre le messe da celebrare e
di eleggere un suo discendente Sacerdote per le dette celebrazioni.
Furono diversi gli eremiti che qui dimorarono. Infatti nei registri dei Defunti

245 Oggi si trova nel Museo di arte sacra nella Chiesa di S. Giuseppe. Opera di autore ignoto del XVIII
secolo. Fu comprata da Don Nicolò Muglia.
246 Documento Archivio Parrocchiale.
Le Chiese di San Marco d’Alunzio 173

vengono nominati tre frati eremiti nella Chiesa della Catena: Fra Francesco
morto a 55 anni il 4 luglio 1745, frate Cristoforo Rizzo morto il 18 marzo 1763
all’età di 70 anni e fra Domenico morto a 47 anni il 17 ottobre 1768. Tutti furono
sepolti nella Chiesa Madre.
La devozione verso la Madonna della Catena è stata sempre viva nel popolo ed
il fatto che fra le tante Chiese di campagna sia rimasta solo questa è indice della
ininterrotta devozione degli aluntini e dei frazzanesi verso Maria.
La tradizione vuole che la festa che si celebra l’ultima domenica di settembre:
“veniva allietata da giochi e divertimenti popolari e si finiva sempre con sbornie,
come del resto tutte le feste di campagna.
Circa l’anno 1880, questo contorno esteriore cominciò a venir meno, ma non
venne meno la pietà, anzi dal 1925 ogni anno in occasione della festa si notava
il bisogno d’ingrandire la Chiesa resasi troppo angusta per contenere paesani e
forestieri”.247
Per la festa del 1940 alcuni fedeli248 pensarono di ingrandirla e ricostruirla.
I lavori iniziarono il lunedì di Pasqua (14.4.1941); il solo cappellone costò
£.8000. Durante la riedificazione una fedele, Maria Scaravilli, donò la statua
della Madonna della Catena, comprata a Lecce.
“La quale, giunta, non si portò subito alla sua chiesetta perchè in costruzione,
ed anche perchè il popolo volle esplodere il suo affetto tenendola parecchi giorni
nella Chiesa Madre sotto un improvvisato baldacchino.
Com’era bello pregare e veder pregare davanti a questa Immagine! Tutti pel
suo altarino improvvisato avevano olio per la lampada, tutti avevano ceri per
accenderne, tutti fiori per adornarlo! Si affezionò tanto la popolazione che si
mise in giro la proposta di lasciarla sempre qui; essa era una stonatura, ma era
la rivelazione dell’amante che sempre vuole stare vicino alla persona amata.
Un triduo mattinale, 26-27-28 settembre si fece nella Chiesa Madre predicato
dal Rev. Sac. Meli Carlo e poi alle ore 8 del 28 settembre si fece il trasporto della
statua dalla Chiesa Madre alla propria.
Per la guerra che l’Italia combatte contro l’Inghilterra, la nostra Sicilia viene
dichiarata zona di operazione, perciò, a precauzione, fra l’altro, sono proibite
le processioni, le musiche, ecc.; ma se manca la sfilata delle Confraternite, le
musiche, non manca nè popolo, nè armonia di campane, di canti, di inni a Maria
della Catena.
La processione fu un’apoteosi. L’arciprete alla partenza disse parole veramente
commoventi. Così al monastero Maggiore dove la processione sostò, così al fiume
Zirì prima di cominciare la salita. Per la via era poetico, cristianamente poetico

247 DocumentoArchivio Parrocchiale.


248 Corona Salvatore, Franchina Salvatore, Rabbone Giuseppe, Monastra Calogero e Ribaudo
Giuseppe.
174 San Marco d’Alunzio “pagine d’archivio”

il taglio dei rami di alberi che potevano ostacolare il passaggio libero alla Gran
Signora: nel suo piccolo richiamavano alla mente l’ingresso dei Cesari a Roma,
di Gesù a Gerusalemme.
Il punto culminante fu l’arrivo della statua nel piano della Chiesa, dove restando,
l’arciprete parlò del giubilo che dovettero provare le ossa del Beneficiale D.
Antonio Proto. Additò a Maria la sua abitazione, disse che quante erano le pietre,
tanti i cuori, incoraggiò la commissione al lavoro anche sacrificandosi, invitò il
popolo a concorrere generosamente promettendo che Maria non si lascia mai
vincere in generosità e che è sua abitudine rendere molto anche quel poco che
per essa viene a farsi.
La Messa solenne alternata venne cantata dall’Azione Cattolica di Frazzanò e di
questa di S. Marco; venne celebrata dal Rev. P. Guardiano dei Cappuccini.
Seduto sull’erba, all’ombra delle querce, il popolo svuotò il cestino appositamente
preparato e circa le ore 16 si fece il saluto a Maria; parlò il Rev. Guarnera e si
chiuse con la Benedizione della Reliquia.
Si ritornava melanconici: se è brutto sempre il distacco, riesce più brutto
distaccarsi dalla Madre Celeste.”249
Nel 1945, terminata la guerra i reduci vollero festeggiare solennemente la
Madonna e da quell’anno si portò in paese per dare la gioia a tutti di pregare la
vergine della Catena.

249 Documento Archivio Parrocchiale.


Le Chiese di San Marco d’Alunzio 175

Chiesa
MADONNA DELLA NATIVITà (CASILE)

Ubicata nel centro del paese lungo la Via Rebiba, è a una sola navata con soffitto in
legno; è stata recentemente restaurata . La struttura è di stile normanno-bizantino,
di cui si osserva il bel finestrone murato nel prospetto settentrionale250.
Era oratorio della Confraternita della SS. Trinità.
Oggi è chiusa al culto. Al suo interno contiene un lapidarium di archeologia
medievale.
Era sede della Confraternita della SS. Trinità.

250 In molti documenti parrocchiali viene citata la Chiesa “S. Maria di Viseli”.
176 San Marco d’Alunzio “pagine d’archivio”

Chiesa DI S. GIOVANNI

Si trova nella Via Cavallotti ed è di forma molto semplice. La sua fondazione


risale al 1550 ed era Oratorio della Confraternita del SS.mo Sacramento.
All’interno della Chiesa si trova un quadro in tela del XVII secolo raffigurante
S. Giovanni Battista251.

251 Il quadro è del XVII secolo ed è della scuola dello zoppo di Gangi (Giuseppe Salerno).
Il quadro è dominato dalla figura del Battista in piedi con uno sfondo paesistico nel quale sono
ambientate due storie concernente la vita del Precursore: Predica alla folla, e Battesimo di Gesù;
altre quattro storie sono dipinte su due dadi negli angoli inferiori del dipinto: Natività del Battista,
scena della vita del Santo, Decapitazione e presentazione della testa ad Erode. Ogni storia reca la
relativa didascalia; in basso al centro, la data 1600.
Le Chiese di San Marco d’Alunzio 177

La Chiesa viene aperta al culto il 24 giugno in occasione della festa del Santo.
A questa ricorrenza è legata una particolare tradizione che ancora oggi per
particolari aspetti si vive, anche se in forma più semplice.
In questo giorno una persona, generalmente una donna, sceglie un’altra persona
con la quale stringere la “Comparanza”. Nel pomeriggio invia con una o più
amiche, spesso anche accompagnate dal suono di chitarre o di mandolini “u
mazzu” (un bouquet di fiori) a colei o colui che aveva scelto come “comare o
compare”; assieme ai fiori vi era un cesto ripieno di oggetti vari.
La controparte, per dimostrare che accettava la “cummaranza o cumparanza”
o meglio “u Sanciuvanni”, il 29 giugno, festa dei SS. Pietro e Paolo, prima del
tramonto, ricambiava le attenzioni facendo altrettanto.
Una volta celebrato il rito con le modalità succennate, lo stesso non poteva venire
profanato da incomprensioni varie o litigi, poichè un’antica credenza sostiene
che “Sanciuvannuzzu mannava u focu e bruciava”.
Diversi erano inoltre i contesti in cui ciò avveniva: si racconta ad esempio che
durante il tempo della mietitura del grano, invece di un mazzo di fiori si portava
un mazzo di spighe con fiori campestri.
Particolare originale era “u sanciuvanni di carusi” che si svolgeva in maniera
molto semplice anche durante il gioco: le due bambine o bambini incrociavano i
“cinciriddi” (Mignoli), poi ciascuno staccava un filo di capello e soffiandovi sopra
diceva “Cummari, unni va stu filu di capiddu?” e l’altra rispondeva “a mari” e
poi insieme dicevano “Filu ri capiddu vattinni a mari, chi nni ficimu cummari.
Cummari siemu e cummari arristamu, quannu vieni a muorti nni spartiemu”.
178 San Marco d’Alunzio “pagine d’archivio”

Chiesa DI GESù E MARIA

La Chiesa, che si trova in Via Scipione Rebiba, fu costruita sui resti di un’altra
intitolata a S. Caterina, nel 1685 e fu benedetta da Mons. Francesco Pipiarci
Arcivescovo di Messina.
La Chiesa venne chiamata “Chiesa di Maria SS.ma degli Agonizzanti” detta
comunemente “Gesù e Maria”.
La festa della Madonna degli agonizzanti veniva celebrata il 25 ottobre di ogni
anno.
In questa Chiesa si veneravano le Anime del Purgatorio252.
Nel 1711 il rev. Sac. D. Giuseppe Zito, vero servo di Dio, pensò di fondare
l’opera degli agonizzanti coll’obbligo di pagare a quelli che si associavano grana
quattro, ovvero due al mese.
Alla loro morte, se pagavano grana 4 avevano n. 40 messe, se pagavano grana 2
n. 20 messe.
Quest’opera aveva l’obbligo di fare per gli iscritti e specialmente per gli
agonizzanti l’esposizione del SS.mo Sacramento ogni mese, celebrare due messe
e ogni anno le quarant’ore. Questa opera fu approvata da Mons. Migliaccio253.
Il 30 aprile 1891 il Vescovo di Patti Mons. Giovanni Privitera, in corso di Sacra
Visita, decreta la chiusura della Chiesa “Visto lo stato misero e lagrimevole in
cui trovasi oggi ridotto il fabbricato, Decretiamo che detta Chiesa sia colpita da
interdetto: talchè sin da ora dovrà tenersi chiusa al culto.”
Oggi è chiusa al culto ed è adibita ad oratorio.

252 Il27 settembre 1672 Don Giuseppe Ciambri fondò in questa Chiesa l’unione della misericordia
aggregata all’Unione del Miseremini di Palermo, fondata nella Chiesa di S. Matteo del Cassero.
253 Documento Archivio Parrocchiale
Le Chiese di San Marco d’Alunzio 179
180 San Marco d’Alunzio “pagine d’archivio”

Chiesa DI TUTTI I SANTI

Fu edificata intorno al 1200. Alla fine del ‘500 era molto danneggiata e nel 1610
veniva ricostruita a spese di Mastro Melchiorre Cimino che ne ottenne lo “jus
patronatus”. Nel 1710 queste Chiesa cadde nuovamente in rovina: in seguito fu
affidata al beneficiale Don Mario Meli che la riedificò e costituì l’Oratorio della
Compagnia del SS. Nome di Gesù, fondata nella parrocchia del SS. Salvatore nel
1597.
Negli anni ottanta la Chiesa crollò parzialmente e fu consolidata per la parte
rimasta ad opera della Soprintendenza dei Beni Culturali.
Nella cappella centrale vi sono segni di affreschi tardomedievali. Sull’altare
Maggiore si trovava il quadro di Tutti i Santi che adesso è posto in una cappella
della Chiesa Madre.
In questa Chiesa aveva sede la Compagnia del SS. Nome di Gesù:
“Cognizione della fondazione di questa Venerabile Compagnia del SS. Nome
di Gesù fondata nella Venerabile Parrocchiale del SS. Salvatore.
In questa città esiste una Chiesa detta di tutti i Santi la quale è antichissima
come appare dalla foggia del Cappellonetto. Di essa all’uso antico, ne costa la
sua fondazione, solamente si ritrova che nel 1610 era distrutta e fu rifabbricata a
spesa di Mastro Melchiorre Cimino che ne ottenne il jus patronatus, anzi teste..
Giovanni Vincenzo Di Marco di questa sotto li 22 febbraio 8 indizione 1610
istituì predetta Venerabile la detta Chiesa, ed in quella ordinò un beneficio
di Messa nella somma di onze 8. Anniversari da celebrarsi presbitero Don
Pietro Calderone colla facoltà di eliggere altro Cappellano successore e così
successivamente; col di più che tutto il resto delle sue rendite si dovesse impiega
questa Chiesa in ogni anno.
Nell’anno 1710 questa Chiesa si distrusse di nuovo in tempo che la godeva a
Beneficiale il Sacerdote Don Gerolamo Lo Presti il quale elesse Beneficiale al
Reverendo Don Mario Antonino Meli colla condizione di doverla rifabbricare
siccome fu rifabbricata. Le rendite di questa Beneficiale al presente sono
ridotte in sacchi 40 di fronda con la quale sono celebrati messe e qualche cosa
s’impiegano per la Chiesa giusta l’intenzione del fondatore. Or questa, siccome
queste terre, si hanno per dato questa Chiesa resta in mano di nessuno, quindi si è
pensata di cedersi ai Confratelli del SS. Nome di Gesù per ordine di Monsignore
Arciprete Di Marco li 19 luglio 1627 e di tal tempo la posseggono detti Confrati
Le Chiese di San Marco d’Alunzio 181

con l’obbligo della manutenzione della stessa. Di questi beni, che appartengono
a detta Chiesa non si è potuto trovare cognizione delle scritture. Si dice per
tradizione che questo fondo esisteva in questa marina; dirimpetto alla casa sul
fondo dei SS. Questo alberato di fonda ed altro in contrada favara ed esiste
pochissima idea di detto fondo perché fu distrutto dal fiume.”
182 San Marco d’Alunzio “pagine d’archivio”
Le Chiese di San Marco d’Alunzio 183

Chiesa DEI
SANTI QUATTRO DOTTORI

Sotto la Chiesa di S. Teodoro si trova la cappella bizantina detta “dei Quattro


Dottori (della Chiesa orientale)” già esistente nell’XI secolo.
La scoperta di questa Chiesa avvenne nel 1953 durante alcuni lavori eseguiti
nell’adiacente Chiesa di S. Teodoro. Il primo a darne notizia fu il Ryolo, il quale
seguiva i lavori.254 A lui si deve l’attuale denominazione di “SS. SALVATORE O
DEI QUATTRO DOTTORI”.
In passato contava tre absidi; delle due superstiti quella centrale è mal conservata,
mentre quella laterale (dei quattro Dottori) reca chiari avanzi degli originari
affreschi. La decorazione si presenta divisa in tre settori: il catino, la fascia
mediana e lo zoccolo. Nel catino vi è rappresentata la Madonna col Bambino;
nella zona media figurano le immagini dei quattro Dottori della Chiesa orientale:
S. Giovanni Crisostomo, S. Gregorio Nazianzeno, S. Basilio Magno e S. Atanasio.

254 Domenico Ryolo, S. MARCO D’ALUNZIO, Ed. Rotary Club S. Agata Militello, Tip. Ind. Poligr.
Della Sicilia, Messina 1980, p. 43
184 San Marco d’Alunzio “pagine d’archivio”

L’altare centrale è sorretto da una colonna quadrata che si innalza da uno zoccolo
visto in prospettiva. I quattro santi sono rappresentati col capo riverente e con
le mani che tengono un rotolo con delle iscrizioni greche tratte dalla liturgia
bizantina.
Il Kislinger li data intorno al 1100.255
Attualmente questa Chiesa è inglobata nel Monastero di S. Teodoro, oggi sede
del Museo della Cultura e delle Arti Figurative Bizantine e Normanne.

255 Ewald Kislinger “MONUMENTI E TESTIMONIANZE GRECO-BIZANTINE DI S. MARCO


D’ALUNZIO, Ed. Rotary Club di S. Agata Militello, 1995, p. 15
Le Chiese di San Marco d’Alunzio 185

Chiesa BASILIANA
DEL SALVATORE

I ruderi della Chiesa normanna del Salvatore sorgono accanto alla Badia Grande
e sono i resti dell’antica cappella del Monastero Benedettino. Fu edificata dalla
Regina Margherita, moglie di Guglielmo I, come Chiesa annessa al monastero.
Essa, intorno al 1713, fu trasformata, inglobando la “Protesi” nella sagrestia
della nuova Chiesa, ricavando nell’abside maggiore una scala d’accesso al piano
superiore e il parlatorio delle suore.256. La struttura presenta una muratura mista
di mattoni e pietra.
Oggi rimangono le tre absidi, restaurate e col ripristino dell’originario
paramento.
Su di essa hanno scritto diversi autori ed è stata scoperta dal Salinas e rivisitata
nel 1912 dal Valenti il quale ne fa una dettagliata descrizione. Interessante
l’articolo di Camillo Filangeri “Appunti e testimonianze di Tempo Medievale
per San Marco D’Alunzio”257.

256 A. Meli, op. cit. p. 233


257 AA.VV., TESTIMONIANZE E MEMORIE, ed. del Rotary Club di S. Agata Militello, 1981.
186 San Marco d’Alunzio “pagine d’archivio”
Le Chiese di San Marco d’Alunzio 187

CHIESE
NON PIù ESISTENTI

1 Chiesa DI S. GIUSEPPE SOPRA LA PIANA


Questa Chiesa fu fabbricata258 dal Rev. Don Pietro Maymone dentro il suo
possedimento sopra la piana, come si legge per atto del Notaio Paolino
Mannuccio del 19 aprile 1720.
2 Chiesa NEL CASTELLO DI PIETRA DI ROMA
Questa Chiesa259 era tempio pagano che insieme al castello si dice sia stato
costruito da Levinio, console romano nel 214 A.C..
Davanti al castello fino al 1700 si teneva una fiera di bestiame.
3 Chiesa DI S. SPIRITO
Questa Chiesa260 fu edificata alla foce del fiume Platanà dai Tetamo, patroni
della vicina osteria agli inizi del XVII secolo.
Nel XVIII secolo, la famiglia Greco che ereditò la tenuta, specie da don
Antonio Greco, fu arricchita di molte suppellettili.
4 Chiesa DI S. STAPINO
Fu edificata nel 1687 in riva al mare dal dott. Matteo Greco, ottimo medico,
il quale soffriva il “mal di podagra” e per devozione verso questo Santo, gli
edificò la Chiesa per ottenere la guarigione261.
5 Chiesa DEL SS. ROSARIO A TORRENOVA
Questa Chiesa262 si trovava nella frazione di Torrenova.
6 Chiesa S. MARIA DELLE GRAZIE
Costruita in contrada Serro nella proprietà Cuffari poi venduta al Dottor
Francesco Cardinale, fu fondata alla fine del XVII secolo263.
7 Chiesa DI GESU’ MARIA E GIUSEPPE
Fu costruita da Giuseppe Muglia aromatario chiamato volgarmente lo Gatto
nell’anno 1662.264
8 Chiesa DI S. CROCE
Chiesa sita in contrada Platanà nella marina, fu costruita dal dottor Giuseppe
258 A. Meli, op. cit,. p. 255
259 A. Meli, op. cit,. p. 255
260 A. Meli, op. cit,. p. 255
261 A. Meli, op. cit,. p. 256
262 A. Meli, op. cit,. p. 257
263 A. Meli, op. cit,. p. 257
264 A. Meli, op. cit,. p. 257
188 San Marco d’Alunzio “pagine d’archivio”

Meli, come si legge nell’atto del notaio Paolino Mannuccio del 20 ottobre
1710. Fu benedetta il 26 aprile 1712.265
9 Chiesa DI S. ANNA
Fu fondata dal dottor Filippo Di Marco medico in contrada Malagò nella sua
proprietà, come si legge nell’atto del notaio Francesco Ciambri di Frazzanò
del 23 febbraio 1690.266
10 Chiesa DI S. LUCIA
Questa Chiesa, nella omonima contrada della Marina, è antichissima e già
esisteva nei primi del 1500.267
11 Chiesa DI S. MARIA DEL SS.MO ROSARIO
Sita nella contrada Contura, fu edificata dal Rev. Don Lorenzo Calderone
proprietario del fondo verso la fine del XVII secolo.268
12 Chiesa DELLA MADONNA DEI SETTE DOLORI
Questa Chiesa fu fabbricata da don Stapino Greco come si legge nell’atto
del notaio Antonio Mannuccio dell’aprile 1755. Fu benedetta nel giugno del
1755.269
13 Chiesa DI S. TEODORO
Questa Chiesa era in contrada Favara ed era antichissima.270

265 A. Meli, op. cit,. p. 258


266 A. Meli, op. cit,. p. 258
267 A. Meli, op. cit, . p. 258: “Per valevole congettura però ella era infallibilmente Chiesa di gentili,

dedicata ad Agatirno come dissi alla deca prima, f. 7, avvenga che esistono in detta Chiesa molti
marmi quadrati, oggi accomodati per predella dell’altare. Sono uno più grande dell’altro, alti palmi
uno, e sembrano che fossero stati piedistalli d’idolo in foggia di scalinata piramidale. Nel quadrato
marmo più piccolo si vede nel mezzo un rotondo in segno che vi posava una colonna; infatti in detta
Chiesa stando ancora della colonna la quale è scannellata, di diametro un palmo e mezzo e d’altezza
palmi tre, adesso risiede dietro la porta per uso dell’acqua benedetta, avendovi fatto un piccolo
concavo per trattenimento di detta acqua. In oltre nella porta di detta Chiesa vi esiste un marmo con
lettere greche da me rappresentate a f. 33, che spiegate significano Agatirno, a cui fu dedicata detta
Chiesa.
La succennata Chiesa di S. Lucia teneva la porta all’occidente, ed all’oriente eravi un cappellonetto
all’antica dove dentro non potea situarsi ne meno l’altare delle nostre chiese ma potea entrarvi in
suddetto idolo sopra un piccolo scabbello. Un tale cappellone fu disfabricato nel 1725 dal fu notar
Nicolò Gallotto, possessore di quel luogo ad assetto di farvi la porta all’oriente.
Per attestato poi del reverendo don Giuseppe Gallotto di cui l’intesi, costa che nel piano antico della
detta Chiesa vi fu di bisogno farvi il pedamento d’una loggia. Ed allora rinvenne detto reverendo
sacerdote il succennato marmo con detta iscrizione greca posto sotto terra circa tre palmi, ed ivi
vicino eravi un pezzo di cranio di gigante; lo che si comprendeva non solo per la sua grossezza ma
anche per la circonferenza che indicava.”
268 A. Meli, op. cit,. p. 259
269 A. Meli, op. cit,. p. 260
270 A. Meli, op. cit,.p. 260:” Questa venerabile Chiesa e li segni antichi del cappellonetto che in quella

esiste dona un manifesto segno ch’ella è antichissima. Io ne ho letto contratti sin dal secolo 1500
ch’ella esisteva, e la suppongo fondata dai primi cristiani di S. Marco se pur non volessimo credere
che sia stata Chiesa di gentili per essere molto simile a quella di S. Lucia. Imperocchè il cappellone
è cotanto angusto che non vi può entrare l’altare; segno visibile che in quell’angustezza v’era l’idolo,
avvenga che gl’altari dell’idoli come che non si celebrano se non che ufficj d’adorazione erano
Le Chiese di San Marco d’Alunzio 189

14 Chiesa DI S. ANTONIO
Chiesa in contrada Straci, fu fabbricata dal Rev. D. Paulo Corpina proprietario
delle case e della terra.271
15 Chiesa DI S. MICHELE
Fabbricata in contrada Traversa, questa Chiesa è degli inizi del XVI secolo e
fu edificata da Don Francesco Russo.272
16 Chiesa DI S. GIUSEPPE
Questa Chiesa fu fondata da Don Lorenzo Fragale nella sua proprietà in
contrada Magnanò nei primi anni del 1700.273
17 Chiesa DI S. NICOLO’
Fu fondata da Don Giuseppe Muglia nella sua proprietà in contrada
Muschighia.274
18 Chiesa S. PANTALEONE
Questa Chiesa era posta sotto il castello; infatti, negli atti antichi si legge
che sotto il castello si chiamava “Quartiere S. Pantaleo”. Il Meli sostiene
invece che la Chiesa S. Maria della Neve, esistente nel castello fosse un
tempo dedicata a S. Pantaleo.275
19 Chiesa S. CATERINA
Sorgeva al posto dell’attuale Chiesa di Gesù e Maria fino al 1686, anno in cui
venne demolita e fu riedificata dedicandola a Gesù e Maria.276
20 Chiesa S. LEONARDO
Era sita sotto la Chiesa del SS. Salvatore. Le sue rendite furono legate alla
Chiesa dell’Annunziata.277
21 Chiesa S. MICHELE ARCANGELO
Posta sotto la porta di S. Antonio, rimane attualmente la base di un muro.278
22 Chiesa S. ANDREA
Costruita nell’omonimo quartiere, sotto la Chiesa Madre. Era di jus patronatus
del clero del paese.279
Era già distrutta nel XVIII secolo; notizie della sua esistenza si ha in un atto

altezza di palmi 4 ed altri palmi 4 erano di longhezza, come se ne vede uno nella Chiesa della
Santissima Nunciata nell’altare laterale il quale fu accresciuto da una parte e l’altra ma restò visibile
l’antico altare dell’idolo. E nella Chiesa di S. Lucia della Marina si comprende lo stesso come a
suo foglio; e due se ne osservano di simil grandezza nella Chiesa di S. Maria della Neve sotto il
Castello.”
271 A. Meli, op. cit,. p. 260
272 A. Meli, op. cit,. p. 261
273 A. Meli, op. cit,. p. 261
274 A. Meli, op. cit,. p. 261
275 A. Meli, op. cit,. p. 261
276 A. Meli, op. cit,. p. 262
277 A. Meli, op. cit,. p. 261
278 A. Meli, op. cit,. p. 261
279 A. Meli, op. cit,. p. 261
190 San Marco d’Alunzio “pagine d’archivio”

del 5 aprile 1529 del Notaio Sebastiano Ferraloro con il quale l’Arciprete di
S. Marco Presti Nicolò Gallotto permuta alcune terre di questa Chiesa nella
contrada Ramici, per altre terre in contrada Riscifina.280
23 Chiesa S. PRASSEDE
Viene menzionata dal Pirri nelle notizie della cattedrale di Messina, tom.
Primo, not. 2, fogl. 319, il quale afferma che questa Chiesa fu donata al
monastero di Maniace da Mons. Nicolò I Arcivescovo di Messina, dietro
richiesta della regina Margherita nel 1178: “In S. Marco Ecclesiam novam
Sanctae Mariae et Ecclesiam S. Parasseuae”.281
24 Chiesa S. FELICE
Era uno dei monasteri Basiliani della Sicilia, fondato nel 1131.282
Era aggregato al monastero del SS. Salvatore di Messina
25 Chiesa S. NICOLO’
Questa Chiesa esisteva sotto la portella di Grilli verso S. Marco; nel XVIII
secolo erano visibili le mura ed il cappellone.283
26 Chiesa S. IPPOLITO
Esisteva nella contrada S. Ippolito, sopra Lanteri. Nel XVIII secolo si
vedevano le rovine.284
Sotto la Contrada S. Giovanni vi era la Fonte di S. Ippolito.
27 Chiesa S. GIOVANNI DELLA MARINA
Nel XVIII secolo si vedevano le mura ed era costruita nella contrada di S.
Giovanni alla Marina.285
28 Chiesa S. GIULIANO
Nel pianoro sotto il castello di Pietra di Roma, vicino il mare era edificata la
Chiesa di S. Giuliano che fu demolita dal Conte D. Giuseppe Filingeri nel
1710 perchè minacciava rovina. Era di diritto patronato dei Filingeri.286
Nel piano di questa Chiesa fino al XVII secolo una fiera di bestiame.
29 Chiesa S. PANCRAZIO DELLA MARINA
Era edificata vicino al ponte Zappulla dove nel XVIII secolo si vedevano le
mura. Aveva consistenti rendite.287

280 A. Meli, op. cit,. p. 272


281 A.Meli, op. cit,. p. 245, p. 262
282 A. Meli, op. cit,. p. 262: “Questa era una Chiesa antica esistente in S. Marco, della quale se ne fa

menzione a f. 60 ove appare esistente nel 1131. Io però confesso non saperne il luogo dove ella
esisteva. Solamente avendo discorso con un vecchio di cui ne pure me ne rigordo il nome, dissemi
che sopra il piano di Grilli eravi una Chiesa che se non errava era chiamata S. Felice.”
Lynn Townsend White, IL MONACHESIMO LATINO NELLA SICILIA NORMANNA, Ed. Dafne,
Catania 1984, p. 70
283 A. Meli, op. cit,. p. 263
284 A. Meli, op. cit,. p. 263
285 A. Meli, op. cit,. p. 263
286 A. Meli, op. cit,. p. 263
287 A. Meli, op. cit,. p. 263
Le Chiese di San Marco d’Alunzio 191

30 Chiesa S. SEBASTIANO
Esisteva questa Chiesa sopra il piano dello stinco, vicino alla fontana detta
“Gibbieddi”, nella costa che si chiama S. Sebastiano.288
Ancora oggi si vedono tracce di mura.
31 Chiesa S. MARINA
Esisteva nella omonima contrada dove si vedono ancora i segni della
costruzione.289 I muri perimetrali sono costruiti con blocchi di marmo
squadrati, segno questo che questa Chiesa fu edificata sulle rovine di una
costruzione preesistente, forse un tempio pagano. Ciò si deduce anche dalla
presenza in questa zona di molte tombe del periodo greco e romano e da altri
ritrovamenti archeologici.
32 Chiesa S. GIORGIO
Era fabbricata nella contrada S. Giorgio, dietro il convento dei
Cappuccini.290
33 Chiesa S. VENERA
Esisteva nella contrada S. Venera e nel XVIII secolo vi erano ancora segni
della costruzione.291
34 Chiesa S. SERGIO
Esisteva nella contrada chiamata S. Sergio.292
35 Chiesa S. BIAGIO
Era sita in contrada Lanteri ed è stata edificata nel XVIII secolo.
36 Chiesa S. BASILIO
37 Chiesa S. VITO
38 Chiesa S. LEONE
39 Chiesa S. DOMENICA
40 Chiesa S. BARBARA
Vicino S. Marco esisteva un monastero basiliano, fondato nel 1109 e chiamato
S. Barbaro293
Nelle decime degli anni 1308-1310 viene detto che Frate Odoardo dell’ordine
dei predicatori, pro rettore delle chiese di S. Nicola e S. Barbara della terra di
S. Marco pagava tarì 3.294
41 Chiesa S. MARIA DI GIUDA

288 A. Meli, op. ci3t,. p. 263


289 A. Meli, op. cit,. p. 264
290 A. Meli, op. cit,. p. 264: “...nella costa dove esiste la croce sopra il pianetto che dicesi di S.

Giorgio”.
291 A. Meli, op. cit,. p. 264
292 A. Meli, op. cit,. p. 264
293 Lynn Townsend White, op. cit., p. 70
294 Pietro Sella, RATIONES DECIMARUM ITALIAE NEI SECOLI XIII E XIV-SICILIA, Città del

Vaticano, 1944, p. 54.


192 San Marco d’Alunzio “pagine d’archivio”

42 Chiesa S. GIOVANNI DELLA MONTAGNA


Era sicuramente costruita in contrada S. Giovanni, vicino alla fonte
“Cavagghieri”.
“1740: Piano delle case di S. Giovanni olim contrada Calandrini idem alla
Platea Vecchia. Questa terra ad occidente confina col vallone di S. Giovanni
e dentro queste terre passa l’acquedotto che porta l’acqua alle case di S.
Giovanni del Rev. Sac. D. Antonino Castrovinci.
Nel Piano di S. Giovanni vi è il Casaleno della Chiesa.”295
43 Chiesa S. PANCRAZIO DI MAGNANO’
44 Chiesa DI S. PIETRO DI DECA
Questa Chiesa è antichissima, tanto che dice la tradizione che era tempio
pagano. Ciò viene provato, dice il Meli296, per la lapide scritta che esiste presso
la torre, nel portale dell’antico cenobio297. Con l’avvento del cristianesimo fu
dedicata a S. Pietro.
Nell’anno 1131 Ugone, Arcivescovo di Messina la concesse all’Archimandrita
del monastero del SS. Salvatore di Messina, assieme alla Chiesa di S. Felice
di S. Marco.
Nello stesso anno fu fondato come monastero.298
La regina Margherita nel 1177, trovandosi a S. Marco, concesse a questo
monastero una concessione di terre in Caronia.299
Nel 1748 secolo il monastero veniva retto da Don Andrea Filingeri, zio
carnale del conte D. Vincenzo Filingeri e a lui succedette Don Antonino Lo
Presti.
Fino alla fine del XVI secolo attorno al monastero nella vigilia e nel giorno
di S. Pietro, il 29 giugno, si svolgeva una importantissima fiera, ma poi, a
causa dell’invasione dei turchi, fu trasferita a S. Marco il 15 Agosto festa
della Madonna Assunta.
45 S. MARIA DELLA NEVE
Questa Chiesa, costruita sotto il castello, fu tempio pagano dedicato a Livia,
moglie di Augusto, come si deduce dalla lapide che in essa si trovava300 e in
seguito fu dedicata a S. Pantaleo.
Finalmente fu dedicata a S. Maria della Neve e la festa si fa il 5 agosto.
Era di diritto patronato dei conti di S. Marco.
Nell’archivio Parrocchiale si legge che essa fu benedetta nel 1509.

295 Archivio Parrocchiale S. Marco D’Alunzio


296 A. Meli, op. cit,. p. 267
297 A. Meli, op. cit,. p. 65
298 Lynn Townsend White, op. cit., p. 72.
299 A. Meli, op. cit,. p. 268
300 A. Meli, op. cit,. p. 60: LIVIAE AUGUSTI – DEAE – MUNICIPIUM”
Le Chiese di San Marco d’Alunzio 193

46 SAN TALLALEO
Monastero che si ritiene sorto a nord-ovest dell’abitato di S. Marco nella
contrada oggi detta di S. Leo, confinante con la contrada Gistola; era metochio
di S. Filippo di Fragalà.
47 S. MARIA DI GISTOLA
Nel Registro dei conti della Chiesa SS. Salvatore si legge: La Chiesa del SS.
Salvatore possiede un pezzo di terre nella contrada di Gistola, confinante con
le terre del S. Conte, vicino la Chiesa S. Maria di Gistola, via Pubblica.”301
Esistono ancora oggi, a detta di anziani, alcuni ruderi della Chiesa.
Racconta la leggenda che sul monte Asa vi era un castello abitato da una
bellissima regina; ogni domenica si recava a Messa in contrada Gistola, dove
esisteva una Chiesa e Gistola confina con S. Leo.

301 Archivio Parrocchiale S. Marco D’Alunzio


194
195

Archivio fotografico

ANGOLI TIPICI
196 San Marco d’Alunzio “pagine d’archivio”
Archivio fotografico 197
198 San Marco d’Alunzio “pagine d’archivio”
Archivio fotografico 199

LE SCUOLE
200 San Marco d’Alunzio “pagine d’archivio”
Archivio fotografico 201
202 San Marco d’Alunzio “pagine d’archivio”
Archivio fotografico 203
204 San Marco d’Alunzio “pagine d’archivio”
Archivio fotografico 205
206 San Marco d’Alunzio “pagine d’archivio”
Archivio fotografico 207
208 San Marco d’Alunzio “pagine d’archivio”
Archivio fotografico 209
210 San Marco d’Alunzio “pagine d’archivio”
Archivio fotografico 211
212 San Marco d’Alunzio “pagine d’archivio”
Archivio fotografico 213
214 San Marco d’Alunzio “pagine d’archivio”
Archivio fotografico 215

BATTESIMI
216 San Marco d’Alunzio “pagine d’archivio”

PRIME COMUNIONI
Archivio fotografico 217
218 San Marco d’Alunzio “pagine d’archivio”
Archivio fotografico 219
220 San Marco d’Alunzio “pagine d’archivio”
Archivio fotografico 221
222 San Marco d’Alunzio “pagine d’archivio”
Archivio fotografico 223
224 San Marco d’Alunzio “pagine d’archivio”
Archivio fotografico 225

MATRIMONI
226 San Marco d’Alunzio “pagine d’archivio”
Archivio fotografico 227
228 San Marco d’Alunzio “pagine d’archivio”
Archivio fotografico 229

FESTE
230 San Marco d’Alunzio “pagine d’archivio”
Archivio fotografico 231
232 San Marco d’Alunzio “pagine d’archivio”
Archivio fotografico 233
234 San Marco d’Alunzio “pagine d’archivio”

FRAMMENTI DI VITA
Archivio fotografico 235
236 San Marco d’Alunzio “pagine d’archivio”
Archivio fotografico 237
238 San Marco d’Alunzio “pagine d’archivio”
Archivio fotografico 239
240 San Marco d’Alunzio “pagine d’archivio”
Archivio fotografico 241
242 San Marco d’Alunzio “pagine d’archivio”
Archivio fotografico 243
244 San Marco d’Alunzio “pagine d’archivio”
Archivio fotografico 245
246 San Marco d’Alunzio “pagine d’archivio”
Archivio fotografico 247
248 San Marco d’Alunzio “pagine d’archivio”
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255

INDICE

Presentazione . . . . . . . . . . . . . . . . . . . pag. 5
Notizie storiche . . . . . . . . . . . . . . . . . . “ 7
I castelli . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . “ 37
I terremoti a S. Marco . . . . . . . . . . . . . . . . “ 41
La comunità Greca . . . . . . . . . . . . . . . . . “ 53
Le Parrocchie di S. Marco . . . . . . . . . . . . . . . “ 57
La toponomastica . . . . . . . . . . . . . . . . . . “ 67
Le confraternite . . . . . . . . . . . . . . . . . . “ 71
Appunti di cronaca . . . . . . . . . . . . . . . . . “ 79
Lotta per l’autonomia . . . . . . . . . . . . . . . . “ 85
Le Chiese di San Marco d’Alunzio
Chiesa Madre di S. Nicolò . . . . . . . . . . . . . “ 95
Chiesa dell’Aracoeli . . . . . . . . . . . . . . . “ 106
Chiesa del SS. Salvatore . . . . . . . . . . . . . “ 122
Chiesa di S. Giuseppe . . . . . . . . . . . . . . “ 126
Chiesa di S. Maria dei Poveri . . . . . . . . . . . . “ 130
Chiesa di S. Salvatore (Badia Grande) . . . . . . . . . “ 132
Chiesa di S. Teodoro (Badia Piccola) . . . . . . . . . “ 140
Chiesa di S. Antonio . . . . . . . . . . . . . . . “ 143
Chiesa di S. Marco . . . . . . . . . . . . . . . “ 145
Chiesa dei Santi Quaranta Martiri . . . . . . . . . . “ 147
Chiesa di S. Basilio . . . . . . . . . . . . . . . “ 149
Chiesa della Madonna delle Grazie . . . . . . . . . . “ 157
Chiesa di S. Maria degli Angeli . . . . . . . . . . . “ 161
Chiesa della SS. Annunziata . . . . . . . . . . . . “ 166
Chiesa della Provvidenza . . . . . . . . . . . . . “ 169
Chiesa della Madonna della Catena . . . . . . . . . . “ 172
Chiesa della Madonna della Natività (Casile) . . . . . . . “ 175
Chiesa di S. Giovanni . . . . . . . . . . . . . . “ 176
Chiesa di Gesù e Maria . . . . . . . . . . . . . . “ 178
Chiesa di Tutti i Santi . . . . . . . . . . . . . . “ 180
Chiesa dei Santi Quattro Dottori . . . . . . . . . . . “ 183
Chiesa Basiliana del Salvatore . . . . . . . . . . . “ 185
Chiese non più esistenti . . . . . . . . . . . . . . “ 187
Archivio Fotografico . . . . . . . . . . . . . . . . “ 195
Bibliografia . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . “ 249
Finito di stampare
nel mese di Aprile 2008
presso le
Arti Grafiche Zuccarello
Sant’Agata Militello (ME)

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