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Anche l'icona di San Damiano permette di vivere questo incontro personale con il Cristo Figlio di
Dio che si è fatto uomo, che ha condiviso la nostra vita, è entrato nel mistero della nostra morte per
aprirci la via della vita di Dio, con Dio e in Dio. Il Crocifisso contiene la professione di fede
pasquale nel Cristo che si è fatto obbediente fino alla morte di Croce, che è risorto ed è stato
innalzato nella gloria del Padre.
Guardando il Crocifisso con uno sguardo d’insieme dall’alto in basso, possiamo immaginare il
senso complessivo di quest’opera in un invito all’adorazione, che si ispira ai cantici che troviamo
nella lettera di san Paolo ai Filippesi (2,9-10) e nell’Apocalisse (5,13). Poiché il Figlio di Dio si è
incarnato, fatto servo e disceso nel mistero della morte, “per questo Dio l'ha esaltato e gli ha dato il
nome che è al di sopra di ogni altro nome; perché nel nome di Gesù ogni ginocchio si pieghi nei
cieli, sulla terra e sotto terra; e ogni lingua proclami che Gesù Cristo è il Signore, a gloria di Dio
Padre” (Fil 2,9-10).
In alto, gli angeli adorano il Cristo innalzato, che entra nella gloria del Padre. In basso coloro che
sono morti adorano il Signore della vita che li richiama alla vita. Nella fascia centrale i personaggi
della storia, che partecipano all’ora della crocifissione, adorano il Figlio obbediente, che morendo
dona la vita. E noi che ci troviamo di fronte alla raffigurazione di questo mistero d’amore siamo
invitati a fare altrettanto, a lasciarci coinvolgere in questo movimento di adorazione, a piegare le
nostre ginocchia e riconoscere che senza la sua morte in croce la nostra vita e la nostra morte
sarebbero senza speranza, mentre alla luce della sua morte e risurrezione diventano passaggio “da
questo mondo al Padre”, un lasciare la dimora terrena per ricevere in dono quel posto che Gesù è
andato a preparare per noi, per prenderci con sé per tutta l’eternità.
Di fronte a questo Crocifisso anche noi siamo invitati a ravvivare la nostra fede, proprio come ha
fatto San Francesco. Il Cristo in croce, è raffigurato nel suo mistero di amore per la Chiesa, che Egli
ama come sua Sposa, per la quale dona la propria vita. Non è quindi sorprendente che quest'icona
abbia rivolto al giovane Francesco d’Assisi un invito ad amare: "Non vedi che la mia casa cade? Va'
e riparamela!"
Nella presentazione dell’icona viene seguita l’interpretazione di Mons. Crispino Valenziano, che
analizza a fondo le fonti iconologiche (i testi biblici, patristici e liturgici) alle quali si è ispirato il
pittore del Crocifisso di san Damiano. In parte viene seguita anche la lettura dell’icona di Tomas
Jank.
Ripara la mia casa
Agli inizi della conversione di san
Francesco troviamo tre incontri
significativi: quello con il lebbroso, quello
con il Crocifisso di san Damiano e quello
con il Vangelo. In questo primo articolo ci
fermiamo riflettere sull’incontro con il
Crocifisso di san Damiano, avvenuto
proprio 800 anni fa.
Senno e cognoscimento
Le ultime richieste contenute nella preghiera davanti al
Crocifisso riguardano il “senno e conoscimento” per fare il
“santo e verace comandamento” di Dio. Che cosa significano?
Secondo fra Daris Schiopetto, studioso di spiritualità francescana
("Va' e ripara la mia casa...". Lettura spirituale dell'itinerario
vocazionale di Francesco d'Assisi, L.I.E.F., 2005) sono meglio
comprensibili se lette come un “completamento”, da parte del
giovane Francesco, della preghiera davanti al Crocifisso dopo
aver ricevuto la chiamata a riparare la chiesa. Cosa
significherebbero allora? Che dopo aver ricevuto l’invito a
riparare la casa del Signore e aver dato la propria generosa
disponibilità, Francesco chiede una maggior capacità di passare
da un’adesione interiore alla chiamata di Dio a un’adesione
vitale, esistenziale e pratica. È come se il giovane Francesco – nel suo intimo dialogo col Signore –
gli stesse dicendo: “Farò molto volentieri quello che tu mi chiedi, Signore, e tu aiutami a capire
bene quel che mi stai chiedendo e a farlo concretamente”.
Se entriamo nello spirito di questa piccola e semplice preghiera impariamo a sottoporre alla luce di
Dio anche i nostri progetti e desideri, smettiamo di strumentalizzarLo perché ci faccia raggiungere i
nostri obiettivi e impariamo che la vita è apertura all’imprevisto e all’imprevedibile. È apertura al
sogno di Dio! E allora anche noi possiamo cominciare a rimboccarci le maniche per restaurare la
Chiesa di Dio della quale siamo parte.
Con la tua santa croce hai redento il mondo.
Dopo aver colto il contesto di vita e di preghiera in cui avviene il colloquio tra il
Crocifisso di san Damiano e il giovane Francesco d’Assisi è giunto il momento di
cominciare a “leggere” i significati contenuti in questa particolare raffigurazione
della croce. Essa fu dipinta con la tecnica dell’icona verso il 1050 d.C. da un
anonimo artista, probabilmente un monaco, e presenta una meditazione profonda e
articolata del mistero pasquale di nostro Signore Gesù Cristo. Da questo momento
san Francesco porterà sempre nel cuore questo mistero d’amore, e col dono delle
stimmate (settembre 1224) lo porterà – indelebile – anche nella carne.
Per affrontare in modo adeguato i significati del crocifisso di san Damiano è utile richiamare
brevemente che cos’è un’icona sacra. È un’immagine che viene dipinta da un artista con
l’intenzione di trasmettere in modo autentico qualche aspetto della fede della Chiesa, per aiutarci a
pregare, meditare e vivere con fede. L’icona ha lo scopo di aprire una finestra sul mistero del Dio
invisibile, a partire dal fatto che Egli si è reso visibile in Gesù Cristo. In un modo tutto speciale
vuole perciò metterci alla presenza del mistero di Dio, perché ci possiamo accostare a Lui passando
dalla percezione sensibile alla percezione del cuore. Chi dipinge un’icona sacra, sa di essere un
semplice strumento nelle mani dello Spirito Santo, che guiderà la sua mano, perché attraverso
quell’immagine possa trasparire qualche tratto del volto invisibile di Dio, qualche raggio della sua
bellezza meravigliosa e trasformante. Perciò prima di dipingere un’icona sacra, occorre mettersi in
preghiera, meditare sui testi sacri, cercare la via della docilità allo Spirito. Lo stesso vale per chi si
mette di fronte all’icona: ne coglierà il senso solo se sarà disposto a pregare in modo prolungato lo
Spirito, a meditare sui testi sacri e sui misteri raffigurati. Nella riflessione che seguirà ci fermiamo
sulla figura del Cristo, che occupa il centro del crocifisso e attira immediatamente il nostro sguardo.
Servo obbediente
Portiamo poi il nostro sguardo sul “gonnellino” che cinge i fianchi del
Crocifisso, retto da una cordicella. Che cos’è? Cosa significa? Ancora una
volta viene in nostro aiuto san Giovanni, ricordandoci che, durante l’ultima
cena Gesù si alzò da tavola, si cinse un grembiule-asciugatoio e cominciò a
lavare i piedi dei discepoli (Gv 13). Quel grembiule, indossato nell’ultima
cena, identifica in Gesù il Servo del Signore, intravisto e annunciato dal
libro di Isaia. Quel grembiule, indossato nell’ultima cena e rimasto come
unica veste del Crocifisso, è il segno inequivocabile che il servizio di Gesù
consiste nel dare la vita per noi, il suo “lavare i nostri piedi” è un farsi carico
delle nostre infermità e dei nostri peccati, delle nostre fragilità e di ogni
nostro male, prendendo tutto su di sé e inchiodando per sempre sul legno
della croce, tutto ciò che abbruttisce la nostra vita.
Alla luce di questo Crocifisso comprendiamo perciò cosa vuol dire il Nuovo
Testamento (Lettera agli Ebrei) quando dichiara che Gesù è il Sommo Sacerdote, che ha compiuto
una volta per sempre l’espiazione per i peccati, non col sangue di animali morti, ma col proprio
sangue, cioè col dono della propria vita. E ora e per sempre Egli intercede per noi presso il Padre.
Così attraverso questa raffigurazione ci vien detto che l’autentico servizio cristiano comporta il
donare la vita e il donare la vita si può realizzare in gesti quotidiani di servizio.
Per trasformare la riflessione in preghiera
Prova anche tu a vivere l’incontro con questa icona del Crocifisso come un’occasione preziosa,
che ti viene donata, per lasciarti raggiungere dal volto buono e misericordioso di Gesù, dal
flusso benefico e vitale che sgorga dalle sue stimmate, dall’invito al servizio che Lui incarna.
Esprimi tutta la tua riconoscenza per i doni che questa scena rappresenta (il dono della
Madre, il dono della Chiesa, il dono della fraternità, il dono dell’umanità nuova…).
Chiedi a Gesù di imprimere nel tuo cuore questo mistero di amore, perché diventi esperienza
viva, oggetto della tua meditazione e della tua conversazione.
Chiedi la grazia di saper essere testimone del dono di Gesù, dell’umanità nuova, di una
Chiesa che è famiglia e fraternità.
Prega con san Francesco (Sal Virg 1-5; FF 259):
Ave Signora, santa regina,
santa genitrice di Dio, Maria,
che sei vergine fatta Chiesa
ed eletta dal santissimo Padre celeste,
che ti ha consacrata
insieme col santissimo suo Figlio diletto
e con lo Spirito Santo Paraclito;
tu in cui fu ed è
ogni pienezza di grazia ed ogni bene.
Ave, suo palazzo,
ave, suo tabernacolo,
ave, sua casa.
Ave, suo vestimento,
ave, sua ancella,
ave, sua Madre.
Lo avevano seguito fin dalla Galilea
Attraverso le figure della Maddalena e di Maria madre di Giacomo, anche noi ci
mettiamo davanti al Crocifisso consapevoli di quanto sia centrale nella nostra vita
l’incontro con Gesù: è nell’incontro con Lui che anche noi siamo liberati dal male
che ci portiamo dentro; è nel seguirlo sulla via del servizio che la nostra vita trova
un senso; è nel sentirci chiamati per nome da Lui Risorto e vivo per sempre, che le
nostre lacrime lasciano il posto alla gioia e alla speranza; è nel lasciarci mandare
da Lui ad annunciarlo risorto che la nostra vita si trasforma in missione, in
testimonianza.
Sul fianco sinistro di Gesù incontriamo una seconda serie di personaggi che ci aiutano a
comprendere il significato della glorificazione del Cristo crocifisso, si tratta di Maria Maddalena, di
Maria madre di Giacomo, del Centurione e di una folla di persone che sbucano proprio dietro la
spalla sinistra del Centurione. Altri due personaggi raffigurati in scala ancor più ridotta si trovano ai
lati estremi: un soldato romano di nome Longino e un servitore del tempio che la tradizione
successiva chiamerà Stefanato.
Sia Giovanni sia i Sinottici (Matteo, Marco e Luca) ci parlano delle donne presenti alla crocifissione
di Gesù. Le donne nominate esplicitamente in Giovanni sono “la madre di Gesù, la sorella di sua
madre Maria di Cleofa e Maria di Magdala” (Gv 19,25); anche san Marco parla delle donne presenti
alla crocifissione, seppur “da lontano” sono quelle stesse donne che lo avevano seguito e servito fin
dalla Galilea ed erano salite con Gesù a Gerusalemme: del gruppo fanno parte “Maria di Màgdala,
Maria madre di Giacomo il minore e di Ioses, e Salome” (Mc 15,40), Luca ricorda che erano quelle
“che lo avevano seguito fin dalla Galilea” (Lc 23,49). Vogliamo scoprire il volto di due di queste
donne per imparare anche da loro qualcosa di importante e significativo per la nostra vita di
discepoli del Signore Gesù, il Crocifisso-Risorto che ci apre la via alla comunione col Padre.
Maria di Magdala
Dopo la madre di Gesù, Maria di Magdala è certamente la più famosa delle
“Marie” dei vangeli, al punto che talvolta viene confusa con altri personaggi
femminili, ad esempio con Maria di Betania, sorella di Lazzaro e di Marta (Lc
10,38ss; Gv 11,1) e con la peccatrice che incontra Gesù in casa di Simone il
fariseo (Lc 7,37). Chi era in realtà questa donna? Dal nome stesso sappiamo
che era originaria di Magdala, un paese della Galilea. Leggendo i testi
scopriamo che era divenuta discepola di Gesù dopo essere stata da Lui
“liberata da sette demòni” (Lc 8,2; Mc 16,9), era stata cioè guarita da una
qualche forma di malattia (fisica, psichica o spirituale) molto grave. Doveva
essere piuttosto benestante, perché durante il ministero pubblico di Gesù, lo
assiste con i propri beni, assieme ad altre donne. È sicuramente una donna dal
cuore grande e animata da una grande riconoscenza e da un grande amore nei
confronti di Gesù, al punto da compiere i gesti familiari della sepoltura (Mc
16,1) e da non rassegnarsi alla perdita del suo Maestro e Signore (20,1). Le
sue lacrime sono la manifestazione del grande affetto che prova per Gesù e
sono anche le prime ad essere asciugate dal Risorto, quando la chiama per
nome e si fa riconoscere; sono le prime lacrime a tramutarsi in gioia
incontenibile e contagiosa. È infatti la prima on solo ad incontrare Gesù
risorto ma anche ad essere esplicitamente chiamata ad annunciarlo,
nientemeno che agli apostoli (Gv 20,18).
Maria di Giacomo
L’altro personaggio femminile raffigurato sul Crocifisso di san Damiano è Maria di Giacomo. La
tradizione dei vangeli sinottici ricorda che anch’essa fa parte del gruppo di donne che seguivano
Gesù, lo sostenevano economicamente e collaboravano nel servizio (Mt 27,56; Mc 15,40-41; Lc
8,2-3), le uniche che sono state capaci di seguirlo fin sotto la croce. Marco aggiunge un particolare
interessante, ci fa capire che Maria madre di Giacomo il minore era “sorella” della madre di Gesù
(Mc 6,3), infatti quando cita i nomi dei “fratelli di Gesù”, questi stessi nomi corrispondono a quelli
dei figli di Maria madre di Giacomo. Per la tradizione di Giovanni questa donna va identificata
probabilmente con Maria di Cleofa (Gv 19,25), in questo caso Cleofa è il nome del marito. La
troviamo infine nel gruppo di donne che si recano al sepolcro di buon mattino, il primo giorno dopo
il sabato, per completare le operazioni di sepoltura del corpo di Gesù (Mc 16,1; Lc 24,10). Queste
donne sono le prime a ricevere l’annuncio della risurrezione e sono le prime – seppur non credute –
a trasmettere la testimonianza della risurrezione di Gesù.
Chiedi la grazia di saper contemplare il Crocifisso e di saper interpretare la tua vita secondo
la sapienza della croce, che è la sapienza dell’amore più grande, la sapienza del dare la vita.
Chiedi a Gesù di imprimere nel tuo cuore la capacità di com-patire, cioè di soffrire insieme
con Lui, imparando a piangere con chi piange, perché sia Lui a rischiarare ogni pianto con la
luce di Pasqua.
Chiedi la grazia di saper essere testimone della speranza che può trasmettere solo chi ha
incontrato Gesù risorto e vivo per sempre. Chiedigli di saper trasmettere questa speranza
negli ambienti di vita quotidiana.
Prega con san Francesco (Par. Pat. 5; FF 270):
Sia fatta la tua volontà, come in cielo così in terra:
affinché ti amiamo con tutto il cuore, sempre pensando te;
con tutta l’anima, sempre desiderando te;
con tutta la mente, indirizzando a te tutte le nostre intenzioni
e in ogni cosa cercando il tuo onore;
e con tutte le nostre forze,
spendendo tutte le nostre energie e i sensi dell’anima e del corpo
a servizio del tuo amore e non per altro;
e affinché amiamo i nostri prossimi come noi stessi,
attirando tutti secondo le nostre forze al tuo amore,
godendo dei beni altrui come fossero nostri
e nei mali soffrendo insieme con loro
e non recando alcuna offesa a nessuno.
Sotto la croce per scoprire chi è Gesù
Sotto la croce troviamo un personaggio particolarmente
significativo, il centurione romano che per primo va oltre la
superficie dei fatti e riconosce chi è quel condannato a morte, che
passa sotto il nome di Gesù di Nazaret: “Veramente quest’uomo era
figlio di Dio”. Dietro la spalla sinistra del Centurione quattro teste
mettono in scena in forma stilizzata le folle rimaste sullo sfondo
come spettatrici della crocifissione. Esse stesse sono trasformate da
quell’evento e tornano a casa percuotendosi il petto, cioè
sperimentando la conversione come cambiamento del cuore.
Il Centurione.
Oltre alla presenza delle donne, di Maria e di Giovanni, i vangeli raccontano che
presso la croce si trova anche un centurione romano, identificabile con
l’ufficiale di guardia che viene poi interpellato dallo stesso Pilato circa la morte
di Gesù (cfr. Mc 15,44). È un personaggio tutt’altro che secondario, se
consideriamo che nel racconto di Marco è l’unico a fare una piena e chiara
professione di fede in Gesù: “Veramente quest'uomo era Figlio di Dio!” (Mc
15,39). Una professione di fede che nasce dall’aver visto Gesù “morire in quel
modo”. La postura del Centurione nell’icona di san Damiano è particolarmente
importante e significativa: sta guardano il Cristo in croce, ha la mano destra in
una posizione che va spiegata, sotto il braccio sinistro tiene un oggetto da
identificare.
Proviamo a entrare nel merito di questi particolari: guardando il Cristo in croce il Centurione
appartiene al numero di quelle persone che Gesù comincia ad attirare a sé, nell’ora in cui viene
innalzato sulla croce, come aveva profetizzato Egli stesso (Gv 12,32). Inoltre, come annota san
Marco (cfr. Mc 15,39), è proprio “vedendo Gesù morire in quel modo” che il Centurione riconosce:
“Veramente quest’uomo era Figlio di Dio”. Occorre perciò avere il coraggio di stare sotto la croce
con lo sguardo rivolto a Gesù, e occorre andare oltre uno sguardo superficiale, per cogliere il
significato di quella morte e l’identità profonda di quel Crocifisso. Il senso delle parole del
Centurione è poi chiarito dalla posizione della mano destra, che esprime in modo simbolico la
professione di fede cristiana e trinitaria. Infatti con il mignolo e l’anulare ripiegati viene espressa la
fede in Gesù vero Dio e vero uomo, con le altre tre dita aperte viene espressa la
fede nel Dio Trinitario, che si manifesta in modo speciale proprio nella pasqua di
Gesù. Sotto il braccio sinistro il centurione tiene qualcosa, per qualche interprete
tiene in mano un mattone (Picard), per qualche altro (Gallant), più verosimilmente,
tiene in mano il rotolo con la sentenza di morte. Se –seguendo la tradizione antica –
identifichiamo il nostro ufficiale romano con il centurione di Cafarnao, che aveva
costruito la sinagoga del villaggio ed al quale Gesù aveva guarito il servitore in
virtù della sua fede limpida (“Non sono degno che tu entri nella mia casa, ma di’ soltanto una
parola…” cfr. Lc 7,1-10) siamo ancora in presenza di un personaggio che rappresenta la fede:
fede nella parola di Gesù, fede in Gesù vero Dio e vero uomo, fede che sa reggere alla prova della
croce.
Proprio come le donne collocate ai piedi del Crocifisso, anche il Centurione rappresenta perciò una
dimensione ecclesiale fondamentale, quella della Chiesa che professa la propria fede nel Cristo
crocifisso e che annuncia lo scandalo della croce consapevole che lì si manifesta la sapienza di Dio
e la potenza di Dio. Il Centurione ci indica anche l’apertura della Chiesa ai pagani, tema che
ritornerà attraverso la figura di un altro soldato raffigurato sul crocifisso di san Damiano: Longino.
Le folle accorse
Dietro la spalla del Centurione vediamo una sequenza di teste, la prima è
ben delineata e rivolge lo sguardo verso Gesù in croce, le altre tre testoline
sono semplicemente stilizzate. Di chi si tratta? Si tratta delle folle che
accompagnano un po’ tutta la vita pubblica di Gesù, inizialmente accolgono
la sua predicazione con entusiasmo (cfr. Lc 5,15), al suo arrivo a
Gerusalemme lo salutano festanti (Lc 19,35-38), poi tornano in scena al
momento della condanna (Lc 23,4), seguono Gesù sulla via del Calvario, se
ne restano a guardare da lontano e tornano a casa percuotendosi il petto (Lc
23,27.48.). Potremmo definire le folle come un personaggio corale; per certi
aspetti rappresentano l’ambiguità del seguire Gesù come parte di un gruppo,
ma senza un’adesione personale profonda. Ora però questi personaggi
cercano di capire il significato di quella morte in croce e cominciano a
sperimentare un cambiamento interiore autentico, ecco perché torneranno a casa percuotendosi il
petto. In una lettura ecclesiale, le folle ci ricordano che la Chiesa è anche il luogo in cui prendiamo
coscienza di quanto sia ambiguo il nostro seguire Gesù, finché non accettiamo il confronto con la
durezza della croce. Ci ricordano anche che la fede in Gesù non è una “scelta di gruppo” ma
un’adesione personale. In una lettura più personale, ci ricordano l’ambiguità della nostra individuale
sequela, e ci aiutano a capire che dobbiamo mettere a fuoco il nostro sguardo per lasciarci
raggiungere dalla luce che promana dalla croce, in modo tale che quel dono d’amore cominci a
trasformare il nostro cuore di pietra in un cuore autenticamente umano.
Chiedi la grazia di saper approfondire e maturare la tua fede proprio riuscendo a stare con lo
sguardo rivolto al Crocifisso, e chiedi di saper trasformare la tua adesione a Gesù in
professione di fede e in testimonianza.
Chiedi a Gesù la grazia della conversione del cuore, il dono del cuore nuovo, così da non
rimanere imprigionato in un’adesione superficiale e discontinua.
Prega con santa Chiara (2Let Agn. 21-23; FF 2280):
Se con Lui soffrirai, con Lui regnerai;
se con Lui piangerai, con Lui godrai;
se in compagnia di Lui morirai sulla croce della tribolazione,
possederai con Lui le celesti dimore nello splendore dei santi,
e il tuo nome sarà scritto nel Libro della vita
e diverrà famoso tra gli uomini.
Perciò possederai per tutta l'eternità e per tutti secoli
la gloria del regno celeste,
in luogo degli onori terreni così caduchi;
parteciperai dei beni eterni, invece che dei beni perituri
e vivrai per tutti i secoli.
Cristo è la nostra pace
Due personaggi più piccoli, Longino e Stefanato, sono collocati ai lati dei
personaggi maggiori raccolti sotto la croce e che abbiamo contemplato nei
precedenti numeri. Per l’autore dell’icona sono certamente personaggi minori, ed è
per questo che li dipinge piccolini e laterali, eppure il loro significato è oltremodo
profondo, essi hanno probabilmente ispirato qualche tratto del cammino e della
proposta spirituale di san Francesco e possono avere una grande carica di attualità
anche per noi.
Longino e Stefanato
Sul crocifisso di san Damiano, rispettivamente sul lato sinistro e destro di chi guarda, accanto a
Maria e al Centurione, troviamo due piccoli personaggi, uno vestito da soldato romano e con la
lancia in mano, l’altro coi tratti distintivi dell’ebreo, all’origine aveva a sua volta una canna in
mano, con in cima una spugna e nell’altra mano il secchiello dell’aceto. Si tratta dei due personaggi
che in Gv 19 svolgono rispettivamente il ruolo di chi disseta Gesù con l’aceto e di chi lo trafigge
per accertarne la morte.
La tradizione apocrifa (Apocrifo di Nicodemo) identifica il soldato che
trafisse il costato di Gesù e lo chiama Longino. Secondo la stessa fonte, si
tratta di un soldato gravemente ammalato agli occhi, che – nel momento
in cui viene raggiunto dal sangue che esce dal costato di Cristo –
riacquista la vista. Immagine molto bella per dire che, solamente se ci
lasciamo raggiungere dal sangue di Cristo crocifisso, cominciamo a
vederci chiaro nella vita. È la vista come metafora della fede. Vale anche
il contrario: finché non ci lasciamo raggiungere da quel sangue, cioè da
quella vita donata, anche se ci illudiamo di aver capito tutto, in realtà
siamo ciechi.
L’ Apocrifo di Nicodemo identifica anche il personaggio vestito d’azzurro
e lo chiama Stefanato. Si tratterebbe di un servitore del tempio di
Gerusalemme, che – inconsapevolmente – nel momento in cui disseta
Gesù compie un gesto di servizio verso il nuovo tempio, come lo stesso Gesù aveva
definito il proprio corpo fin dai primi capitoli del vangelo secondo Giovanni (Gv 2,19).
Chiedi la grazia di un cuore puro per poter vedere la tua vita, le persone, il mondo con gli
occhi stessi di Dio e per poter vedere e adorare Dio continuamente.
Chiedi a Gesù la grazia di poterti mettere al suo servizio dissetandolo in chi ha sete…
Chiedi di poter gustare il dono di appartenere a quel popolo universale che è la Chiesa,
superando anche nella vita di tutti i giorni le tentazioni campaniliste o razziste.
Medita le parole di san Francesco (LetOrd 12-13; FF 217):
Pertanto, scongiuro tutti voi, fratelli,
baciandovi i piedi e con quella carità di cui sono capace,
che prestiate tutta la riverenza e tutto l'onore che vi sarà possibile
al santissimo corpo e sangue del Signore nostro Gesù Cristo,
nel quale le cose che sono nei cieli e quelle che sono sulla terra,
sono state pacificate e riconciliate a Dio onnipotente.
Il mistero grande dell’amore di Cristo per la Chiesa
Gli angeli da una parte e dall’altra delle braccia di Gesù, sulle due estremità laterali
del crocifisso, ci richiamano il “mistero grande”, cioè l’amore sponsale di Gesù per
la Chiesa, un amore così grande che lo porta a donare la propria vita per Lei.
Testimoni privilegiati di questo amore e di queste nozze, sono – per la tradizione
cristiana antica – proprio gli angeli, coloro che per primi annunceranno il compiersi
della Pasqua di Gesù.
Chiedi la grazia di vivere dentro la Chiesa consapevole che fai parte di una realtà che nasce
dall’amore di Cristo, che è chiamata a rendere presente questo amore sponsale nel mondo e
nella storia.
Chiedi a Gesù la grazia di riuscire a vivere la tua vocazione al matrimonio o alla vita
consacrata in modo tale da rendere presente il grande mistero, che è il mistero dell’amore
nuziale manifestato dal Cristo crocifisso.
Prega per color che faticano a vivere la propria vocazione al matrimonio o alla vita
consacrata, e chiedi al Signore che ottengano la grazia di tornare alla sorgente: al costato
aperto di Gesù, dal quale sgorgano i dono nuziali dell’acqua e del sangue.
Medita le parole di san Francesco (Rnb XXIII,55; FF 69):
Tutti amiamo con tutto il cuore, con tutta l’anima, con tutta la mente, con tutta la capacità e
la fortezza, con tutta l’intelligenza, con tutte le forze, con tutto lo slancio, tutto l’affetto, tutti
i sentimenti più profondi, tutti i desideri e le volontà il Signore Iddio, il quale a tutti noi ha
dato e dà tutto il corpo, tutta l’anima e tutta la vita; che ci ha creati, redenti, e ci salverà
per sua sola misericordia; Lui che ogni bene fece e fa a noi miserevoli e miseri, putridi e
fetidi, ingrati e cattivi.
Un crocifisso ecumenico
Contemplando il Crocifisso di San Damiano, c’è un aspetto particolarmente attuale e
suggestivo che emerge e sul quale non ci siamo finora soffermati ed è il richiamo
forte all’ecumenismo. È stato Mons. Crispino Valenziano, il grande esperto di arte
sacra e liturgia, ad applicare la definizione di “icona ecumenica” a questa croce.
Ma perché icona ecumenica?
Chiedi la grazia di vivere dentro la Chiesa l’impegno per l’unità di tutti i battezzati e –
attraverso di loro – di tutta l’umanità. Chiedi per tutti i cristiani e per l’umanità intera la
docilità al soffio dello Spirito, che è Spirito di amore, di riconciliazione, di unità e di
comunione.
Prega per i responsabili delle varie confessioni cristiane, perché operino al fine di far
progredire concretamente il cammino verso la piena unità visibile di tutti i cristiani, affinché
il mondo possa accogliere Gesù Cristo. Prega per i teologi perché facilitino le vie del
dialogo. Prega per tutti i credenti, perché pratichino l’ecumenismo della vita nella reciproca
accoglienza e nell’accoglienza dei doni che ogni tradizione cristiana porta con sé.
Medita e prega con le parole di san Francesco che riprendono la preghiera di Gesù per
l’unità dei discepoli (Rnb XXII,41-55; FF 62):
Teniamo dunque ferme le parole, la vita e l’insegnamento e il santo Vangelo di colui che si
è degnato pregare per noi il Padre suo e manifestarci il nome di lui, dicendo: «Padre, ho
manifestato il tuo nome agli uomini, che mi hai dato, perché le parole che tu hai dato a me,
io le ho date a loro; ed essi le hanno accolte e hanno riconosciuto che io sono uscito da te
ed hanno creduto che tu mi hai mandato. Io prego per loro; non prego per il mondo, ma per
quelli che mi hai dato, perché sono tuoi, e tutto ciò che è mio è tuo. Padre santo, custodisci
nel Nome tuo coloro che mi hai dato, affinché siano una cosa sola come noi. Questo io dico
nel mondo, affinché abbiano la gioia in se stessi.
Io ho comunicato loro la tua parola, e il mondo li ha odiati perché non sono del mondo,
come non sono del mondo io. Non chiedo che tu li tolga dal mondo, ma che tu li custodisca
dal male. Rendili gloriosi nella verità. La tua parola è verità. Come tu hai mandato me nel
mondo, anch’io li ho mandati nel mondo. E per loro io santifico me stesso, affinché anche
loro siano santificati nella verità. Non prego soltanto per questi, ma anche per quelli che
crederanno in me, per la loro parola, affinché siano perfetti nell’unità, e il mondo conosca
che tu mi hai mandato e li hai amati, come hai amato me. E io renderò noto a loro il tuo
Nome, affinché l’amore col quale tu hai amato me sia in loro ed io in loro.
Padre, quelli che mi hai dato, voglio che dove sono io siano anch’essi con me, perché
contemplino la tua gloria nel tuo regno» (Gv 17,6-26). Amen.
Un crocifisso da incarnare
L’incontro con il Crocifisso ha segnato l’intera esistenza di san Francesco. Sulla via
tra la Porziuncola e Rivotorto l’ha incontrato, abbracciato e servito nei lebbrosi;
nella piccola chiesa di san Damiano l’ha contemplato nell’icona e si è lasciato
coinvolgere dalla chiamata a riparare la sua casa; sul monte della Verna, due anni
prima di morire, lo incontrerà in un’esperienza mistica straordinaria che lo
trasformerà nell’immagine stessa del Crocifisso. È proprio su quest’ultimo incontro
che si concentra ora la nostra riflessione.
Trasformato dall’amore
L’effetto di questo incontro produce nella persona di Francesco una trasformazione, il suo stesso
corpo viene segnato con i segni della passione: sul lato destro del suo costato si apre una ferita
sanguinante, nelle sue mani e nei suoi piedi fioriscono escrescenze carnose e nere a forma di chiodi.
Frate Leone, che si prende cura di Francesco, ne è il primo testimone e riporta questo fatto sulla
pergamena sulla quale Francesco di suo pugno aveva scritto le “Lodi di Dio altissimo” e la
“Benedizione a frate Leone”. Con parole di straordinaria efficacia san Bonaventura commenta:
“Così il verace amore di Cristo aveva trasformato l'amante nella immagine stessa dell'amato…”
Quando Francesco discese dal monte “portava in sé l'effigie del Crocifisso, raffigurata non su tavole di
pietra o di legno dalla mano di un artefice, ma disegnata nella sua carne dal dito del Dio vivente”
(LMag XIII,5; FF 1228).
Abbracciare Gesù
L’ultima testimonianza è un’immagine che mi si è impressa nella memoria durante la veglia di
accoglienza della croce in un’altra Parrocchia. Dopo aver pregato, cantato e meditato, quando è
stato il momento di accostarsi alla croce per venerarla, una bambina di quattro anni è “sfuggita” alla
mano della mamma ed è salita di corsa verso la croce, ha abbracciato la parte inferiore del
Crocifisso e l’ha baciato, poi di nuovo e di nuovo ancora. Mi pare una bellissima spiegazione di
quel che Gesù insegna, quando dice che occorre diventare come bambini per entrare nel Regno dei
cieli (Mt 18,3), o quando dice che i misteri del Regno dei cieli sono nascosti ai “sapienti” e sono
rivelati ai “piccoli” (Mt 11,25). Mi pare una bellissima immagine di ciò che significa essere
cristiani: abbracciare Gesù che per amore nostro ha dato tutto se stesso, accoglierlo con amore,
perché ci possa portare a condividere la vita stessa della Trinità.
Per trasformare la riflessione in preghiera
Prendendo spunto dalla riflessione mettiti in contemplazione del Crocifisso.
Chiedi con fede di riuscire ad entrare in sintonia con il messaggio della Pasqua raffigurato
sul Crocifisso di san Damiano. Chiedi di entrare in sintonia con il Cristo crocifisso che apre
a noi le porte del Regno dei cieli. Chiedi anche di entrare in sintonia con il mistero della sua
passione, del suo farsi interamente dono anche nell’ora della sofferenza. Chiedi che si
ravvivino in te la fede, la speranza, la carità e la gioia cristiana. Chiedi la grazia di scoprire
la bellezza del far parte della Chiesa che nasce nella Pasqua.
Prega per i piccoli e per i giovani, perché imparino ad abbracciare Gesù ed a crescere
cercando di scoprire quello che significa seguirlo e testimoniarlo con amore. Prega per gli
ammalati e gli anziani, perché imparino a condividere le proprie sofferenze con il
Crocifisso, per il bene della Chiesa e del mondo. Prega per gli adulti, perché nelle nostre
comunità cristiane sappiano trasmettere la gioia e la speranza che nasce dall’incontro col
Cristo e accompagnino il cammino di fede delle nuove generazioni. Prega per le comunità
cristiane, perché in esse ci sia docilità alla voce dello Spirito santo che sta spingendoci a
prendere il largo per annunciare nuovamente con forza il Vangelo di Gesù ai vicini e ai
lontani.
Medita e prega a partire dalle parole di san Francesco (Let Ord,28-29; FF 221):
Guardate, fratelli, l'umiltà di Dio,
ed aprite davanti a lui i vostri cuori;
umiliatevi anche voi, perché siate da lui esaltati.
Nulla, dunque, di voi trattenete per voi,
affinché tutti e per intero vi accolga
colui che tutto a voi si offre.