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INTRODUZIONE ALLA BIBBIA

1. LA BIBBIA

La Bibbia è in un certo senso una Biblioteca. Si tratta infatti di una raccolta di libri
diversissimi:

- nati nell’arco di più di un millennio di storia


- composti da decine di “autori” diversi
- scritti in tre lingue differenti

* ebraico (la maggior parte dell’Antico Testamento)


* greco (tutto il NT e alcuni libri dell’Antico Testamento, per es.
il Libro della Sapienza)
* aramaico (frasi o sezioni di qualche libro dell’Antico Testamento,
soprattutto Dn 2,4b-7,28)

1.1 Il termine “Bibbia”

Il nome greco di questa raccolta, τά βιβλία (plurale di βιβλός = libro), sentito come un
singolare, ha originato attraverso il latino Bìblia la nostra espressione usuale la Bibbia,
termine che contiene insieme l’idea di una pluralità di testi e di un’unitarietà che poggia
ultimamente sull’origine da Dio di tutti i singoli libri.

1.2 L’espressione “Sacre Scritture”

Vi è un secondo termine greco equivalente a Bibbia con il quale si usa nominare la totalità
dei libri dell’Antico e del Nuovo Testamento: Sacre Scritture1, dal greco ίερα γράμματα.
Questa espressione la ritroviamo nella grande tradizione religiosa greca presso il santuario di
Delfis. Le Sacre Scritture erano gli oracoli pronunciati dalla profetessa (Pithia), ma erano
anche quelle pagine bronzee sulle quali veniva scolpita la storia della nascita di un santuario.
Nell’antichità greca, il santuario nasce in un luogo terribile dal punto di vista
dell’esperienza umana (un antro, una caverna, una scogliera a picco sul mare). Si tratta di un
luogo in cui una persona ha fatto un’esperienza talmente forte da rimanerne segnato per tutta
la vita, e qualche volta da restarne ucciso. Si pensi a un giovane che vuole dimostrare la
propria virilità affrontando l’ignoto, e decide di farlo uscendo fuori dal proprio villaggio per
inoltrarsi in un antro. All’interno di questa grotta è possibile che faccia un’esperienza che non
è capace di spiegarsi. Può trattarsi di semplici fenomeni naturali (lo schiamazzo di pipistrelli
scambiato per la voce della divinità, ecc.), oppure un incidente (una caduta, una frattura, una
ferita, ecc.). Un’esperienza del genere può provocare un trauma psicologico, e in alcuni casi
addirittura la morte di questo giovane. Questa esperienza provoca in lui, ma soprattutto in
coloro che lo hanno visto affrontare con tanta temerarietà il pericolo, la convinzione che sia
stata la divinità a vendicarsi della sua tracotanza. E allora, perché questo non si ripeta, si erige

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Il singolare Sacra Scrittura viene usato in senso equivalente al plurale, con la sfumatura che indica
l’unitarietà degli scritti che la compongono.

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un santuario alle cui porte si pongono delle lastre di bronzo sulle quali viene scolpita la storia
che ha portato alla convinzione che in quel luogo è presente la divinità.
Esperienze simili sono all’origine della messa a parte (separazione) di un luogo o di un
terreno da riservare tutto alla divinità. Da qui il recinto (témenos) con cui si circoscriveva quel
luogo considerato sacro. Molto spesso ci si ricordava anche del “fatto” che aveva dato origine
a quella sacralizzazione, e nascevano così leggende sacre. Qualche volta si conservavano
anche le spoglie della persona che si era incontrata drammaticamente con la divinità, e allora
quel luogo possedeva anche una tomba sacra (iéros tùmbos) e il terreno diveniva inarato
(àbaton), non lavorato da nessuno.
Molto spesso l’origine dei luoghi santi si perdeva nella notte dei tempi, e si inventavano
allora delle leggende che potessero giustificare un culto celebrato da sempre, soprattutto
quando esso si svolgeva intorno ad un fenomeno di natura (acque termali, solfatare, ecc.) di
cui non si era in grado di dare una spiegazione esauriente né dal punto di vista storico né da
quello naturale.
In tutta l’Ellade si costituiscono allora dei luoghi sacri custoditi e protetti severamente,
sotto pena di morte, come luoghi della manifestazione della divinità. Soltanto alcune persone
possono entrarvi e, anch’esse, soltanto a determinate condizioni.
Tutto ciò che fa parte del luogo sacro (recinto, bosco sacro, tempio, altare) è
tremendamente rispettato, e chiunque entra all’interno di ciò che è ritenuto sacro diviene a sua
volta sacro e considerato col medesimo atteggiamento di rispetto e timor sacro.
Le cose sacre sono le cose messe a parte, le cose separate, le cose inviolate. In questo
senso sacro è essenzialmente tutto ciò che è separato da, non toccato da e, perciò, puro da ciò
che è fuori dal recinto, benché prossimo al recinto stesso, cioè profano. La santità di un uomo
o di una cosa non si definisce dunque a partire da ciò che è morale o meno, ma
semplicemente da ciò che è dentro il recinto sacro oppure no. Si tratta di una categoria
religiosa e non di una categoria morale.
Posti questi chiarimenti si può allora capire perché ciò che rende santi i luoghi e le persone,
e li conserva tali, è semplicemente l’incontaminazione o immunità. In breve, si definisce santo
ciò che non è qualcos’altro.
Col tempo però questa purità negativa assunse una caratterizzazione positiva. Gli dei, in
quanto separati (e i trascendenti) per eccellenza, divennero puri e santi per definizione. Da ciò
la loro capacità di purificare e ricostituire l’uomo impuro nella sua purità originale. Questa
forza purificatrice, che è propria della divinità, si estende poi a tutto ciò che fa parte del luogo
della presenza divina. D’altra parte, è proprio la santità del luogo che obbliga tutti coloro che,
per qualsiasi motivo, vivono all’interno del recinto sacro, a vivere in costante purità.
Un vero e proprio salto di qualità si è verificato nel cammino religioso dell’uomo quando,
superando il semplice riferimento alla contaminazione fisica, si è affacciata l’idea di una
contaminazione più propriamente spirituale legata non al corpo dell’uomo, ma alla sua anima,
oppure, in genere, alla sua interiorità. Questo salto di qualità si fa sempre più evidente in
Grecia a partire dal V° secolo in poi (cf Ippolito di Euripide).
Le Sacre Scritture sono dunque parole che stabiliscono un confine tra sacro e profano:
oltre le porte abita la divinità, e solo per chi riesce ad interpretare le parole sacre è possibile
l’accesso al santuario e un contatto positivo con la divinità, mentre, al contrario, per chi non le
sa interpretare, l’accesso porta alla morte. Quest’esperienza suppone che le Sacre Scritture,
proprio perché Sacre, non siano evidenti per se stesse, così come non lo erano le Sacre
Scritture della profetessa di Delfus. La lettera della scrittura è come un recinto nel quale si
cela il mistero divino. Il nucleo che si nasconde nelle Sacre Scritture è simbolico, e come ogni
simbolo contiene in sé una enorme varietà di significati. L’ermeneuta esercita la sua funzione
in quanto scioglie, apre, dispiega questi simboli evidenziandone alcuni aspetti. Dal momento
in cui però si tratta di qualcosa che si cela nella sacralità del mistero di Dio, nessun ermeneuta

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può pretendere di cogliere tutto ciò che è nascosto nel simbolo, ma ciò che corrisponde alla
verità che già egli possiede nell’anima come il manifestarsi particolare (o personale) di Dio.
Le Sacre Scritture purificano colui che le interpreta affinché esse stesse siano purificate
(decodificate) dall’interpretazione dell’esegeta. In questo modo si verifica una sintonizzazione
che è costituita dalla corrispondenza che c’è tra la verità delle Sacre Scritture e la verità più
intima di colui che le interpreta. Solo se si stabilisce questa sintonizzazione si ha il processo
della riflessione: la verità che è contenuta nelle Sacre Scritture rivela la verità di chi le
interpreta, e la verità di chi le interpreta rivela il senso autentico delle Sacre Scritture. Si tratta
di un movimento che comporta una specularità reciproca, una circolarità ermeneutica che non
ha soluzione di continuità.
Infine, bisogna precisare che nel contesto della sapienza biblica questo processo è sempre
dominato da una priorità di Dio rispetto all’uomo: è lo Spirito di Dio che stabilisce una
sintonizzazione tra lo spirito dell’uomo e lo spirito della Scrittura che Dio stesso ha ispirato.
La parola, in quanto tale, svolge solo una mediazione rispetto a Dio, non produce nessun
effetto di per sé (concezione magico-religiosa), se non quello di divenire, in virtù della
potenza dello Spirito di Dio, il santuario dell’incontro tra Dio e l’uomo.

1.3 Testamento Antico e Nuovo

La Bibbia, è costituita da due grandi blocchi letterari:

- Antico Testamento (AT)


- Nuovo Testamento (NT)

Si tratta ovviamente di una distinzione cristiana:

testamento testamentum diathéke berίt


(italiano) (latino) (greco) (ebraico)

Il termine greco diathéke significa disposizione a favore di uno, e quindi può assumere anche
il significato di disposizione in vista della morte, cioè di testamento. La scelta di tradurre in
latino e in italiano con testamento è stata fatta sotto l’influsso di Eb 9,15-17, che vede nella
morte di Cristo l’evento che compie le promesse divine:

“15 Per questo egli è mediatore di una nuova alleanza, perché, essendo ormai intervenuta
la sua morte per la redenzione delle colpe commesse sotto la prima alleanza, coloro che
sono stati chiamati ricevano l’eredità eterna che è stata promessa. 16 Dove infatti c’è un
testamento, è necessario che sia accertata la morte del testatore, 17 perché un testamento
ha valore solo dopo la morte e rimane senza effetto finché il testatore vive.”

In realtà dietro a questo processo sta il termine ebraico berίt che significa genericamente
impegno preso che regola il rapporto tra due persone. In certi casi esprime un impegno
unilaterale da parte di Dio e quindi significa promessa giurata (o anche testamento):

“18 In quel giorno il Signore concluse questa alleanza con Abram: “Alla tua discendenza
io do questo paese dal fiume d’Egitto al grande fiume, il fiume Eufrate.” (Gen 15,18)2.

2
Cf anche 17,1ss.

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Altre volte, caratterizza un impegno bilaterale che crea un rapporto stabile, che si può
definire alleanza:

“3 Mosè salì verso Dio e il Signore lo chiamò dal monte, dicendo: “Questo dirai alla
casa di Giacobbe e annuncerai agli Israeliti: 4 Voi stessi avete visto ciò che io ho fatto
all’Egitto e come ho sollevato voi su ali di aquile e vi ho fatti venire fino a me. 5 Ora, se
vorrete ascoltare la mia voce e custodirete la mia alleanza, voi sarete per me la proprietà
tra tutti i popoli, perché mia è tutta la terra! 6 Voi sarete per me un regno di sacerdoti e
una nazione santa. Queste parole dirai agli Israeliti”. 7 Mosè andò, convocò gli anziani
del popolo e riferì loro tutte queste parole, come gli aveva ordinato il Signore. 8 Tutto il
popolo rispose insieme e disse: “Quanto il Signore ha detto, noi lo faremo!”. Mosè
tornò dal Signore e riferì le parole del popolo.” (Es 19,3-8).

I termini Antico e Nuovo si riferiscono ai libri che sono espressione rispettivamente, della
fede del Popolo di Dio prima di Cristo (letta con occhi cristiani), e della fede della Chiesa
Apostolica dopo l’evento pasquale. Per definire con maggiore precisione il rapporto di
radicale continuità tra AT e NT, e non solo quello della discontinuità, sarebbe opportuna una
nuova definizione dei due testamenti, come recentemente è stato proposto da alcuni teologi:

- Prima Alleanza
- Seconda Alleanza

INTRODUZIONE ALL’ANTICO TESTAMENTO

1 CLASSIFICAZIONE DEI LIBRI DELL’ANTICO TESTAMENTO

La Tradizione Ebraica e Cristiana hanno classificato i libri dell’AT in modo


sostanzialmente diverso.

1.1 La Tradizione Ebraica

La Tradizione Ebraica, che già traspare nel prologo della traduzione greca del Libro del
Siracide3 e in Lc 24,274, distingue tre gruppi.
I. LEGGE (Tôrah)

Questa sezione è composta dai seguenti libri:


- Genesi (Gen)

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Sir 0,1-2: “ 1 Molti e profondi insegnamenti ci sono stati dati nella legge, nei profeti e negli altri scritti
successivi e per essi si deve lodare Israele come popolo istruito e sapiente. 2 Poiché è necessario che i lettori non
si accontentino di divenire competenti solo per se stessi, ma che anche ai profani possano gli studiosi rendersi
utili con la parola e con gli scritti; anche mio nonno Gesù, dedicatosi lungamente alla lettura della legge, dei
profeti e degli altri libri dei nostri padri e avendovi conseguito una notevole competenza, fu spinto a scrivere
qualche cosa riguardo all'insegnamento e alla sapienza, perché gli amanti del sapere, assimilando anche questo,
possano progredire sempre più in una condotta secondo la legge.”
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Lc 24,27: “ E cominciando da Mosè e da tutti i profeti spiegò loro in tutte le Scritture ciò che si riferiva a
lui.”

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- Esodo (Es)
- Levitico (Lv)
- Numeri (Nm)
- Deuteronomio (Dt)

Si parte con l’origine del mondo, l’ingresso del peccato, la storia dei tre patriarchi, e la
vicenda di Giuseppe (Gen); si prosegue con la liberazione del popolo d’Israele dall’Egitto
fino al Monte Sinai (Es); si interrompe la narrazione inserendo un complesso di norme
cultuali (Lv); si riprende la narrazione dal Sinai fino alla piana di Moab (Nm); si conclude con
tre discorsi di addio di Mosè prima dell’ingresso nella terra promessa ai patriarchi (Dt).

II. PROFETI (Nebiίm). Sono distinti in:

a. Profeti Anteriori (Nebiίm rišonίm)

- Giosuè (Gs)
- Giudici (Gdc)
- I – II Samuele (I – II Sam)
- I – II Re (I – II Re)

Sono chiamati Profeti Anteriori perché in essi compaiono grandi figure di profeti che
giudicarono la storia di Israele (anche se a noi non sono giunti i loro oracoli): Samuele, Natan,
Elia, Eliseo, ecc..
In questa sezione si riprende la narrazione con la conquista della terra (Gs); vi è un periodo
di transizione dominato dal patto amfizionistico (Gdc); la nascita della monarchia al cui
centro vi è la figura di Davide (I – II Sam); la successione di Salomone al trono, la decadenza
del Regno d’Israele configurata dalla scissione tra Regno del Nord e Regno del Sud, la caduta
dei due Regni e la deportazione in Babilonia (I – II Re).

b. Profeti Posteriori (Nebiίm ahronίm).

A loro volta i Profeti Posteriori sono divisi in due gruppi. Il primo gruppo comprende i
seguenti libri:

- Isaia (Is)
- Geremia (Ger)
- Ezechiele (Ez)

Si noti che il libro del profeta Daniele non compare in quanto è collocato tra gli Scritti.

Il secondo gruppo è costituito da I Dodici Profeti:

- Osea (Os)
- Gioele (Gl)
- Amos (Am)
- Abdia (Abd)
- Giona (Gn)
- Michea (Mi)

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- Naum (Na)
- Abacuc (Ab)
- Sofonia (Sof)
- Aggeo (Ag)
- Zaccaria (Zc)
- Malachia (Ml)

III. SCRITTI (Ketubiίm)

Il termine Scritti è generico, e comprende tutti gli altri libri:

- Salmi (Sal)
- Giobbe (Gb)
- Proverbi (Pr)

- Rut (Rt)
- Cantico dei Cantici (Ct)
- Qoelet (Qo) i cinque rotoli (megillot) letti
- Lamentazioni (Lam) nelle feste ebraiche
- Ester (Est)

- Daniele (Dn)
- Esdra – Neemia (Esd – Ne)
- I – II Cronache (I – II Cro)

Con la sigla TaNaK composta dalle iniziali di Tôrah – Nebiίm – Ketubiίm, gli Ebrei
indicano tutta la S. Scrittura.

1.2 La Tradizione Cristiana

Dal Medio Evo in poi la Tradizione Cristiana ha distinto nell’AT:

- Libri Storici
- Libri Didattici
- Libri Profetici

Questa distinzione, che può essere applicata anche al NT, rischia di generare confusione
sul genere letterario di molti scritti (per es. in che senso il Levitico potrebbe essere
considerato semplicemente un libro storico?).
Oggi viene comunemente accettata la seguente divisione5:

- Pentateuco (= Legge)
- Libri Storici (= Profeti Anteriori)
- Libri Profetici (= Profeti Posteriori)
- Libri Sapienziali (= Scritti)

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La Bibbia di Gerusalemme propone una divisione molto simile.

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Questa divisione dipende fortemente da quella in uso nella Tradizione Ebraica: la
distinzione tra Libri Storici e Profeti accentua la suddivisione Profeti Anteriori e Profeti
Posteriori.

I. I LIBRI DEL PENTATEUCO

- Genesi (Gen)
- Esodo (Es)
- Levitico (Lv)
- Numeri (Nm)
- Deuteronomio (Dt)

II. I LIBRI STORICI

(corrispondono grossomodo ai Profeti Anteriori)

- Giosuè (Gs)
- Giudici (Gdc)
- Rut (Rut)
- I – II Samuele (I – II Sam)
- I – II Re (I – II Re)
- I – II Cronache (I – II Cro)
- Esdra (Esd)
- Neemia (Ne)
- Tobia (Tb)
- Giuditta (Gdt)
- Ester (Est)
- I – II Maccabei (I – II Mac)

III. I LIBRI DEI PROFETI

(corrispondono più o meno ai Profeti Posteriori)

- Profeti Maggiori
- Profeti Minori

Questa qualifica, Maggiori e Minori, è legata all’estensione dei testi biblici, e non alla loro
importanza.

a. Profeti Maggiori

- Isaia (Is)
- Geremia (Ger)
- Lamentazioni (Lam)
- Baruc (Bar)
- Ezechiele (Ez)

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- Daniele (Dan)
b. Profeti Minori

- Osea (Os)
- Gioele (Gl)
- Amos (Am)
- Abdia (Abd)
- Giona (Gn)
- Michea (Mi)
- Naum (Na)
- Abacuc (Ab)
- Sofonia (Sof)
- Aggeo (Ag)
- Zaccaria (Zc)
- Malachia (Ml)

IV. I LIBRI SAPIENZIALI

(corrispondono, con qualche aggiunta, agli Scritti)

- Giobbe (Gb)
- Salmi (Sal)
- Proverbi (Pr)
- Qoelet (Qo)
- Cantico dei Cantici (Ct)
- Sapienza (Sap)
- Siracide (Sir)

1.2.6 La Versione dei LXX

Esistono diverse traduzioni greche della Bibbia6, ma la più importante è quella cosiddetta
dei LXX.

1.2.5 I Libri Deuterocanonici

Come si sarà notato, il canone cristiano comprende qualche libro in più rispetto a quello
ebraico. Infatti, la Bibbia di Israele non conosce testi greci ma solo libri scritti in ebraico. La
traduzione della Bibbia ebraica in greco (LXX), fatta da ebrei per ebrei residenti ad
Alessandria d’Egitto nel III sec. a. C., contiene altri libri tra i quali alcuni che la Chiesa
Cattolica ritiene canonici, cioè appartenenti al canone dei libri ispirati. Per distinguerli dagli
altri vengono chiamati deuterocanonici, cioè aggiunti al canone in un secondo tempo. Ecco
l’elenco dei libri:

- Sapienza
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Sono considerate di una certa rilevanza anche le traduzioni di Aquila, Simmaco, e Teodozione.

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- Qoelet
- Baruc 6
- Daniele 3,24-90; 13; 14
- Tobia
- Giuditta
- I – II Maccabei

3 CAPITOLI E VERSETTI

3.1 Divisione in Capitoli e Versetti

La divisione del testo della Bibbia in capitoli e versetti non appartiene al testo originario.
Anche se talvolta imprecisa, resta però molto comoda. Essa fu realizzata in tre momenti
successivi.

a. Divisione in capitoli dell’AT e del NT

Fu realizzata da Stefano Langton (1288†), prima professore a Parigi, poi Arcivescovo di


Canterbury.

b. Divisione in versetti dell’AT

É opera del domenicano Sante Pagnini (1541†)

c. Divisione in versetti del NT

L’editore parigino Robert Estienne, pubblicando nel 1551 la Volgata, estende il sistema
del Pagnini al NT

4. IL PENTATEUCO

Il termine Pentateuco significa letteralmente (un libro) in cinque volumi. Questo nome
rivela bene che gli scritti in questione non rappresentano cinque libri ciascuno completo in sé
nel senso moderno del termine. Si tratta piuttosto di cinque parti di una complessa narrazione
che, partendo dalla creazione del mondo e dell’uomo, attraverso la storia dei Patriarchi, e il
racconto dell’esodo e dell’alleanza di Dio con Israele, arriva fino alla vigilia dell’ingresso del
popolo nella terra promessa. La divisione in 5 parti non è stata determinata solo da
osservazioni sul contenuto, ma in qualche caso è dovuta alla semplice necessità di conservare
i rotoli dentro a custodie relativamente simili.

5. CONTENUTO DEL PENTATEUCO

6.1 Il Libro della Genesi

La parola Genesi significa origine/generazione. Da una parte, questo termine dice la


qualità di tutto ciò che esiste in quanto mutua la sua origine in Dio e da Dio, e d’altra parte,

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dice il problema della trasmissione della vita in un contesto immediatamente segnato dalla
realtà del peccato e della morte.

Struttura e contenuto

A. I Parte: CREAZIONE E PECCATO (CC. 1-11)

ORIGINE DEL MONDO

* 1° racconto di creazione. Peculiarità:

- tutta l’opera avviene in 7 giorni


- Dio crea tutto mediante la Sua Parola
- l’uomo è l’ultima creatura fatta da Dio (6° giorno)
- il settimo ed ultimo giorno, il Sabato, è il giorno in cui Dio si riposa

* 2° racconto di creazione. Peculiarità:

- l’uomo è plasmato dalla polvere


- Dio pianta un giardino in Eden
- nel giardino sono presenti due alberi particolari:
l’albero della vita
l’albero della conoscenza del bene e del male
- la donna è plasmata dalla costola di Adamo
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inizio del peccato nel mondo

* 1° racconto di peccato originale (Adamo ed Eva)


* 2° racconto di peccato originale (Caino ed Abele)
* 3° racconto di peccato originale (congiunzione sessuale tra i figli degli dei e le figlie degli
uomini)
* 4° racconto di peccato originale (il diluvio universale)
* 5° racconto di peccato originale (la torre di Babele)

B. I Parte: ORIGINE E NATURA DEL POPOLO D’ISRAELE (CC. 12-50)

ORIGINE DELLA STORIA DELLA SALVEZZA MEDIANTE LA GENESI-GENERAZIONE DEL POPOLO D’ISRAELE.

Tutta questa parte si concentra sulla vicenda dei Patriarchi (= Padri da principio) d’Israele.

* Il ciclo di Abramo
* Isacco
* Il ciclo di Giacobbe

* ad essi si aggiunge la storia di Giuseppe,

penultimo dei 12 figli di Giacobbe, capostipiti delle 12 tribù d’Israele. Questo racconto ha la
funzione di spiegare il motivo per cui Israele finisce in Egitto, e costituisce la premessa della

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storia della liberazione del popolo d’Israele dalla schiavitù in Egitto.

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