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LA PREDESTINAZIONE DEI SANTI Tutte le Opere - versione italiana > Polemici > La predestinazione dei Santi

LA PREDESTINAZIONE DEI SANTI A PROSPERO ED ILARIO Approfondimento dei temi gi trattati. 1. 1. Sappiamo bene che l'Apostolo ha detto nell'Epistola ai Filippesi: Scrivere le stesse cose a voi, a me non certo tedioso, per voi invece motivo di sicurezza 1. Ma nello scrivere ai Galati, comprendendo di aver fatto adeguatamente presso di essi, con il ministero della sua parola, quel che vedeva esser loro necessario: Per il resto, dice, nessuno mi arrechi molestia 2 o, come si legge in parecchi codici: Nessuno mi sia importuno. Le parole divine che predicano la grazia sono estremamente numerose e chiare; perci io sopporto assai a malincuore che non ci si arrenda di fronte ad esse. Del resto la grazia assolutamente non pi tale, se viene data secondo i nostri meriti. Tuttavia, o figli carissimi Prospero ed Ilario, l'impegno e l'affetto fraterno per cui volete salvare dall'errore chi ha simili idee, io lo gradisco pi di quanto possa esprimere, pur non osando dire di gradirlo tanto quanto dovrei. Voi arrivate al punto da desiderare che dopo tanti miei libri e lettere sull'argomento io ne scriva ancora. Ecco dunque che io vi scrivo di nuovo, e bench non pi con voi, tratto ancora per mezzo di voi il medesimo argomento che credevo di aver svolto a sufficienza. La questione ancora oscura la predestinazione dei santi. 1. 2. La vostra pia preoccupazione che questi fratelli si attengano all'espressione del poeta che raccomanda: Ciascuno abbia speranza in se stesso 3, incorrendo cos nella maledizione espressa non dalla poesia, ma dalla parola profetica: Maledetto ognuno che ha speranza nell'uomo 4. Riflettendo sulle vostre lettere mi sembra di capire che devono essere trattati nella maniera in cui l'Apostolo tratt coloro ai quali dice: E se su qualche cosa la pensate diversamente, Iddio vi riveler anche questo 5. E' evidente: sul

problema della predestinazione dei santi essi vanno ancora a tentoni, ma hanno ragione di ritenere che, se in qualche punto della questione la pensano diversamente, Dio possa rivelare loro anche questo, a condizione che camminino nel punto a cui sono giunti. Perci l'Apostolo, dopo aver detto: Se in qualche cosa la pensate diversamente, Iddio vi riveler anche questo; tuttavia, aggiunge, camminiamo nel punto a cui siamo giunti 6. Ma questi nostri fratelli, per i quali in ansia la vostra pia carit, sono arrivati a credere con la Chiesa di Cristo che il genere umano nasce soggetto al peccato del primo uomo e che nessuno pu essere liberato da questo male se non grazie alla giustizia del secondo Uomo. Sono anche arrivati ad ammettere che la volont degli uomini prevenuta dalla grazia di Dio, e a consentire che nessuno pu essere all'altezza di cominciare o di portare a termine nessuna opera buona. La fermezza di queste convinzioni a cui sono giunti li differenzia fortemente dall'erronea teoria dei pelagiani. Dunque, a condizione che camminino in esse e preghino Colui che dona l'intelligenza, se sulla predestinazione la pensano diversamente, Egli riveler loro anche questo punto; noi a nostra volta dobbiamo dedicare ad essi il nostro sentimento d'amore e il ministero della nostra parola, secondo quanto ci dona Colui che abbiamo pregato affinch esprimessimo in questa lettera le cose che possono essere adatte ed utili per loro. Infatti che ne possiamo sapere se per caso Dio nostro non voglia realizzare questo scopo attraverso il servizio che noi siamo pronti a rendere loro nella libera carit di Cristo?. Punto da dimostrare: la fede un dono di Dio. 2. 3. Dunque in primo luogo dobbiamo dimostrare che la fede che ci fa cristiani un dono di Dio, sempre che riusciamo a dimostrarlo con precisione maggiore di quanto abbiamo gi fatto in tanti e tanti volumi. Ecco la tesi che noi, a quanto vedo, dobbiamo controbattere: secondo i dissenzienti le testimonianze divine che abbiamo utilizzato su questo argomento servono a farci conoscere che la fede in s e per s dipende da noi stessi, ma il suo accrescimento lo riceviamo da Dio, come se la fede non ci fosse donata proprio da lui, ma Egli ce l'accrescesse semplicemente per questo merito: che l'inizio partito da noi. In definitiva non ci si distacca da quell'opinione: "La grazia di Dio viene data secondo i nostri meriti" che Pelagio stesso nel sinodo episcopale di Palestina fu costretto a condannare, come attestano gli Atti. Non apparterrebbe cio alla grazia di Dio il fatto che cominciamo a

credere, ma piuttosto l'aggiunta di fede che per quel merito ci viene fornita, in modo che crediamo pi pienamente e perfettamente. Quindi saremo noi a dare per primi a Dio l'inizio della fede, affinch ci sia reso in ricompensa anche l'accrescimento di essa e quanto altro con la fede possiamo chiedere. Le testimonianze divine. 2. 4. Ma contro queste argomentazioni ascoltiamo piuttosto: Chi per primo ha donato a lui, perch a lui fosse reso in contraccambio? Perch da lui e per lui e in lui sono tutte le cose 7. E dunque lo stesso inizio della nostra fede da chi proviene se non da lui stesso? E infatti non pu essere che tutte le altre cose derivino da lui eccettuata questa; ma da lui e per lui e in lui sono tutte le cose. Ma chi potrebbe affermare che colui che ha cominciato a credere non abbia nessun merito nei confronti di Colui in cui credette?. Ne consegue l'idea che uno acquisterebbe merito da s e il resto sarebbe aggiunto per retribuzione divina; quindi la grazia di Dio verrebbe data secondo i nostri meriti. Quando questa tesi gli fu rinfacciata, Pelagio la condann da se stesso per non essere condannato. Pertanto chiunque vuole evitare sotto ogni aspetto questa convinzione condannabile, comprenda che stato detto secondo verit quanto l'Apostolo afferma: A voi stato donato per favore di Cristo non solo di credere in lui, ma anche di soffrire per lui 8. Il passo indica come dono di Dio l'una e l'altra cosa, perch dichiara che l'una e l'altra cosa stata donata. Non dice: di credere pi pienamente e perfettamente in lui, ma: di credere in lui. E non ha detto che egli stesso ha ottenuto misericordia per essere pi fedele, ma per essere fedele 9, perch sapeva di non essere stato lui a dare per primo a Dio l'inizio della fede e che l'accrescimento di essa non gli era stato dato dal Signore come ricompensa; anzi dal Signore era stato reso fedele, perch dal Signore era anche stato scelto come apostolo. E' narrato nella Scrittura come ebbe inizio la sua fede 10, e i passi relativi sono notissimi per la lettura solenne che se ne fa nella Chiesa. Alieno dalla fede che perseguitava e ad essa violentemente contrario, all'improvviso vi fu convertito dalla potenza superiore della grazia. Lo convert Colui al quale il profeta Isaia, nella consapevolezza che cos avrebbe fatto, rivolse le parole: Tu convertendoci ci vivificherai 11; in tal modo non solo chi non voleva credere divenne uno che lo voleva, ma addirittura il persecutore si trasform in un essere che pat la persecuzione per la difesa di quella fede che aveva perseguitato. Evidentemente da

Cristo gli era stato donato non solo di credere in lui, ma anche di soffrire per lui. Per dare inizio e perfezionamento alla fede la nostra sufficienza viene da Dio. 2. 5. E perci mettendo avanti questa grazia che non viene data secondo un qualche merito, ma produce tutti i buoni meriti, dice: Non siamo capaci di pensare qualcosa da soli, come venisse proprio da noi stessi, ma la nostra sufficienza viene da Dio 12. Facciano attenzione qui e soppesino queste parole coloro che pensano che da noi proviene l'inizio della fede e da Dio il suo accrescimento. Chi infatti non vedrebbe che il pensare precede il credere? Nessuno certo crede alcunch se prima non ha pensato di doverlo credere. Infatti, per quanto repentinamente, per quanto velocemente alcuni pensieri precedano a volo la volont di credere e immediatamente questa li segua e li accompagni quasi fosse strettamente congiunta, tuttavia necessario che tutte le cose che si credono siano credute per il precedente intervento del pensiero. Del resto anche credere non altro che pensare assentendo. Infatti non ognuno che pensa crede, dato che parecchi pensano proprio per non credere; ma ognuno che crede pensa, pensa con il credere e crede con il pensare. Per quanto dunque riguarda la piet religiosa (della quale parlava l'Apostolo) se non siamo capaci di pensare qualcosa da soli, come venisse proprio da noi stessi, ma la nostra sufficienza viene da Dio 13, ecco appunto che non siamo capaci di credere qualcosa da soli, perch non lo possiamo senza prima pensare; ma la nostra sufficienza, con la quale cominciamo a credere, viene da Dio. Ora, questi nostri fratelli, e lo dimostrano le vostre lettere 14, gi ammettono essere vero che nessuno pu da se stesso dare inizio o compimento a qualsiasi opera buona, sicch nell'iniziare e portare a termine qualunque opera buona la nostra sufficienza viene da Dio. Allo stesso modo nessuno pu da se stesso dare inizio o completamento alla fede, ma la nostra sufficienza viene da Dio, perch la fede, se non oggetto di pensiero, non fede; e non siamo capaci di pensare qualcosa da soli, come venisse proprio da noi stessi, ma la nostra sufficienza viene da Dio. Dio, che pu fare quello che ha promesso, produce la fede delle nazioni.

2. 6. Bisogna badare, o fratelli diletti da Dio, che l'uomo non si inorgoglisca di fronte al Signore, quando sostiene di adempiere alle promesse di Dio. Non fu forse promessa ad Abramo la fede delle nazioni ed egli dando gloria al Signore non credette fermamente che Dio ha anche potere di operare ci che ha promesso 15? Dunque a produrre la fede delle nazioni lui, che ha anche il potere di fare ci che ha promesso. Per cui se Dio opera la nostra fede, agendo in maniera mirabile nei nostri cuori perch crediamo, bisogna forse temere che Egli non possa portare a termine il tutto e che l'uomo debba rivendicare a s l'inizio per meritare di ricevere da lui il compimento? Non vedete? Con questo ragionamento non si ottiene altra conclusione se non che la grazia di Dio viene data in qualche modo secondo i nostri meriti, e cos la grazia non pi grazia. A questo modo essa viene corrisposta perch dovuta, non viene donata gratuitamente: dovuto infatti al credente che la sua fede sia accresciuta dal Signore e che l'accrescimento della fede sia ricompensa dell'inizio di essa. Quando si dice cos, non si fa attenzione che questa mercede viene corrisposta ai credenti non secondo la grazia, ma secondo un debito. Non vedo proprio perch non arrivino ad attribuire tutto all'uomo, con questa conclusione: l'uomo stesso, che ha avuto il potere di dare inizio in s a quello che non aveva, accresce da s quello a cui ha dato inizio. Non c' altro impedimento a simile tesi se non il fatto che non ci si pu opporre alle evidentissime testimonianze divine, le quali dimostrano che anche la fede, da cui trae inizio la piet, un dono di Dio. Tale significato ha il passo: Dio ha dispensato a ciascuno la misura della fede 16, e l'altro: Pace ai fratelli e carit con fede da Dio Padre e dal Signore Ges Cristo 17, e altri simili. Dunque, non volendo ribellarsi a queste lampanti testimonianze e tuttavia volendo che la sua fede provenga da lui stesso, l'uomo quasi patteggia con Dio: rivendica a s una parte della fede e ne lascia una parte a lui; ma la presunzione maggiore che la prima parte la prende per s, la successiva la d a Dio e in ci che dice essere di entrambi prima mette se stesso, poi Dio. L'errore di Ag.: anch'egli credette che la fede non fosse un dono di Dio. 3. 7. Non era questo il pensiero di quel pio ed umile dottore, voglio dire il beatissimo Cipriano, il quale ha affermato: In niente ci dobbiamo gloriare, dal momento che nulla nostro 18. E per dimostrarlo ha usato come teste l'Apostolo quando dice: Cosa

possiedi che tu non abbia ricevuto? E se l'hai ricevuto, perch ti vanti come se non l'avessi ricevuto? 19. E' soprattutto da questa testimonianza che anch'io personalmente sono stato persuaso, quando erravo in maniera analoga e ritenevo che la fede con la quale crediamo in Dio non fosse un suo dono, ma l'avessimo da noi stessi, e che fosse per essa che noi ottenevamo i doni di Dio con i quali vivere in questo mondo con temperanza, giustizia e piet 20. Io non credevo che la fede fosse prevenuta dalla grazia di Dio, in modo che per mezzo di essa venisse concesso a noi ci che chiediamo utilmente. Mi pareva che non avremmo potuto credere se prima non fosse venuto l'annuncio della verit; ma l'acconsentirvi dopo la predicazione del Vangelo pensavo che appartenesse a noi e che lo avessimo da noi stessi. Alcune mie operette, scritte prima del mio episcopato, rivelano piuttosto chiaramente questo mio errore; e fra di esse c' quella che avete ricordato nella vostra lettera 21, in cui si spiegano alcune proposizioni dell'Epistola indirizzata ai Romani. Poi ho cominciato la revisione per iscritto di tutti i miei opuscoli. Avevo gi portato a termine due libri di quest'opera prima di ricevere i vostri scritti pi estesi. Arrivato a rivedere nel primo di questi volumi proprio il libro a cui facevate riferimento, cos ne parlai: Trattai parimenti questo problema: perch Dio avesse riposto la sua scelta in uno non ancora nato, dicendogli che il maggiore gli avrebbe ubbidito, mentre nel maggiore ugualmente non ancora nato aveva riposto la sua riprovazione. Su di esso infatti si ricorda il passo della Scrittura, bench addotto molto tempo dopo: "Ho amato Giacobbe e ho odiato Esa" 22. Giunsi allora a questa conclusione: "Dio dunque non elesse nella sua prescienza le opere di qualcuno, opere che Egli stesso deve dare; ma nella sua prescienza scelse la fede, cosicch scelse l'uomo stesso che Egli sapeva fin da prima che avrebbe creduto, per dargli lo Spirito Santo, affinch operando opere buone ottenesse la vita eterna". Non avevo ancora scrupolosamente investigato n ancora scoperto di che natura sia l'elezione della grazia, della quale dice ancora l'Apostolo: "Un residuo fu salvato per elezione della grazia" 23. Ma non grazia se un qualche merito la precede: perch quello che dato non secondo la grazia, ma secondo il dovuto, retribuito ai meriti piuttosto che donato. Perci ho proseguito:"Dice infatti il medesimo Apostolo: Dio opera ogni cosa in tutti 24, ma in nessun luogo si dice: Dio crede ogni cosa in tutti". Poi ho aggiunto: "Dunque che noi crediamo nostro; che per operiamo bene, di Colui che d lo Spirito Santo ai credenti".

Ma non lo avrei certo detto, se avessi gi saputo che la stessa fede si ritrova tra i doni di Dio, che sono dati nel medesimo Spirito. Dunque l'una e l'altra cosa nostra grazie all'arbitrio della volont, eppure l'una e l'altra data attraverso lo spirito di fede e carit. E infatti non la sola carit, ma, come scritto: "La carit con la fede da Dio Padre e dal Signore Ges Cristo" 25. Dissi poco dopo:"A noi infatti appartiene di credere e di volere; ma a lui di dare, a chi crede e vuole, la facolt di operare bene attraverso lo Spirito Santo, mediante il quale si diffonde la carit nei nostri cuori". Questo certamente vero, ma con la stessa regola: entrambe le cose appartengono a lui, perch lui che prepara la volont; ed entrambe a noi, perch non avvengono a meno che noi non vogliamo. E perci anche quello che ho detto poi:"Perch non possiamo neppure volere, a meno che non siamo chiamati; e se dopo la chiamata avremo voluto, non basta la volont nostra e la nostra corsa, se non c' Dio che offre le forze a chi corre e lo fa giungere l, dov'Egli chiama"; e quel che ho poi soggiunto: "E' chiaro dunque che il fatto di bene operare non n di colui che vuole n di colui che corre, ma di Dio che ha misericordia" 26, sono tutte espressioni corrispondenti perfettamente a verit. Ma poco ho parlato della chiamata stessa che avviene secondo un decreto di Dio: infatti essa non la medesima per tutti quelli che sono chiamati, ma solo per gli eletti. Ho soggiunto poco dopo: "Come infatti in quelli che Dio ha eletto non sono le opere, me la fede che d principio al merito, in modo che per dono di Dio si opera bene, cos in quelli che Egli condanna, danno principio al meritato castigo la mancanza di fede e l'empiet; per conseguenza attraverso il castigo stesso si opera male". Tutte queste affermazioni sono assolute verit, per non ho creduto di dover investigare n ho dichiarato che anche lo stesso merito un dono di Dio. In un altro passo affermo: "Fa operare bene quello di cui ha misericordia e abbandona quello che indurisce 27, cosicch questi opera male; ma quella misericordia attribuita al merito precedente come questo indurimento alla precedente empiet". E questo senz'altro vero; ma bisognava approfondire ancora: non poteva venire dalla misericordia di Dio anche il merito della fede? Cio, questa misericordia si verifica nell'uomo soltanto perch fedele, oppure si gi verificata perch fosse fedele? Leggiamo infatti nell'Apostolo: "Ho ottenuto la misericordia di essere fedele" 28 , e non dice: perch ero fedele. Dunque al fedele sicuramente si dona la grazia, ma questa gli era anche gi stata donata perch

fosse fedele. Del tutto rettamente quindi ho detto in un altro passo dello stesso libro: "Perch se siamo chiamati a credere non in seguito alle opere, ma per la misericordia di Dio, e ai credenti fornito il mezzo per operare bene, non si deve guardare di malocchio la misericordia concessa ai pagani". Ma, lo ammetto, in quel passo non ho approfondito abbastanza accuratamente il problema di quella chiamata che avviene attraverso il decreto di Dio 29 . Ma fu illuminato dal Signore. 4. 8. Voi vedete quale fosse allora la mia opinione sulla fede e sulle opere, bench gi fosse presente da parte mia la preoccupazione di dar rilievo alla grazia: ma ora mi accorgo che questi nostri fratelli sono rimasti a quella opinione; evidentemente si sono curati di leggere i miei libri, ma non di progredire insieme con me. Infatti se si fossero presi questa cura, avrebbero trovato tale questione risolta secondo la verit delle divine Scritture nel primo dei due libri che proprio al principio del mio episcopato ho indirizzato a Simpliciano di beata memoria, vescovo della Chiesa milanese, successore di Sant'Ambrogio. A meno che per caso questo libro sia loro sfuggito: se cos, fate che lo conoscano. Di questo primo libro ho parlato al principio del secondo volume delle Ritrattazioni; e le mie parole sono queste: Dei libri che ho composto da vescovo, i primi due sono diretti a Simpliciano, vescovo della Chiesa di Milano, che successe al beatissimo Ambrogio. Vi si trattano diversi problemi; due li svolsi nel primo libro traendoli dalla Lettera dell'apostolo Paolo ai Romani. Il primo di essi su questo passo della Scrittura: "Dunque che diremo? Che la legge peccato? Guardiamocene", fino al punto in cui dice: "Chi mi liberer da questo corpo di morte? La grazia di Dio attraverso Ges Cristo, Signore nostro" 30. A proposito di tale questione le parole dell'Apostolo: "La legge spirituale, invece sono carnale" 31 e le altre intese a dimostrare che la carne lotta con lo spirito, le ho spiegate presupponendo che l si descriva l'uomo ancora posto sotto la legge e non ancora sotto la grazia. Solo molto pi tardi ho riconosciuto che quelle parole possono riguardare anche l'uomo spirituale (e ci con pi verosimiglianza). Il secondo problema in questo libro parte dal passo ove si dice: "Non solo, ma anche Rebecca concependo da una sola unione con Isacco nostro padre", fino al punto: "Se il Signore degli eserciti non ci avesse lasciato la discendenza, sarebbe avvenuto di noi come di Sodoma e saremmo

stati simili a Gomorra" 32. Cercando di risolvere questo problema ci si sforzati di sostenere il libero arbitrio della volont umana, ma ha vinto la grazia di Dio; l'unica conclusione possibile consiste nel riconoscere la limpidissima verit di ci che ha detto l'Apostolo: "Chi infatti ti distingue? Cosa possiedi che tu non abbia ricevuto? E se l'hai ricevuto, perch ti vanti come se non l'avessi ricevuto?" 33. E volendo mettere in rilievo proprio ci, anche il martire Cipriano comprese tutto questo concetto sotto il titolo che dice: "In nulla bisogna gloriarci perch nulla ci appartiene" 34. Ecco perch ho detto sopra che anche io stesso fui convinto principalmente da questa testimonianza apostolica, quando avevo un'opinione diversa su questo argomento; ma Dio mi rivel la verit per risolvere questo problema mentre scrivevo, come ho detto, al vescovo Simpliciano. Questa testimonianza dell'Apostolo dunque, che per raffrenare l'orgoglio dell'uomo ammonisce: Che cosa possiedi che tu non abbia ricevuto?, non permette ad alcuno dei fedeli di dire: Ho una fede che non ho ricevuto. Tutta la superbia di una tale risposta completamente abbattuta da quelle parole. Ma neppure cos si pu dire: Bench non abbia una fede perfetta, mio per l'inizio di essa, per cui primamente ho creduto in Cristo; infatti anche qui si pu rispondere: Che cosa possiedi che tu non abbia ricevuto? E se l'hai ricevuto, perch ti vanti come se non l'avessi ricevuto?. Cos'hai che tu non abbia ricevuto? 5. 9. La convinzione dei nostri fratelli che di questa fede non si pu dire: "Che cosa possiedi che tu non abbia ricevuto?", perch la fede continua ad avere sede nella medesima natura, sia pure viziata, che all'origine ci fu donata sana e perfetta 35; ma si comprende che questa affermazione non ha alcun valore per dimostrare ci che sta loro a cuore, se si riflette al motivo che ha ispirato all'Apostolo quella frase. Egli voleva ottenere che nessuno riponesse la sua gloria nell'uomo, perch erano sorti dissensi tra i Cristiani di Corinto, e qualcuno diceva: Io sono di Paolo; e un altro: Io di Apollo; e un altro ancora: E io di Cefa. In seguito a tutto ci si arriv al punto che si dovette dire: Dio ha scelto le cose stolte del mondo per confondere i sapienti; e le cose deboli del mondo ha scelto Dio, per confondere quelle forti; e le cose umili e disprezzate del mondo scelse Dio e quelle che non sono come se fossero qualcosa per annullare quelle che sono; affinch nessuna carne si glori davanti a Dio 36. Qui l'intenzione dell'Apostolo contro la superbia umana piuttosto chiara: nessuno si glori nell'uomo, e

quindi neppure in se stesso. Cos, dopo aver detto: affinch nessuna carne si glori davanti a Dio, per mostrare in chi l'uomo si deve gloriare, ha aggiunto: e per lui voi siete in Ges Cristo, che da Dio fu reso per noi sapienza e giustizia, santificazione e redenzione, affinch, come sta scritto: Chi si gloria, si glori nel Signore 37. La sua intenzione arriva a fargli poi esprimere questo rimprovero: Infatti voi siete ancora carnali: dal momento che ci sono tra di voi emulazione e contesa, non siete forse carnali e camminate secondo l'uomo? Se infatti qualcuno dice: Io sono di Paolo, mentre un altro: Io di Apollo, non siete forse uomini? Che cosa dunque Apollo? Che cosa Paolo? I ministri per mezzo dei quali avete creduto, e ciascuno nella misura che il Signore ha concesso. Io ho piantato, Apollo ha irrigato, ma Dio ha donato la crescita. Pertanto n chi pianta qualcosa n chi irriga, ma Dio che d la crescita 38. Non vedete che nulla vuole ottenere l'Apostolo se non che l'uomo sia umiliato per esaltare Dio solo? Difatti egli dice che anche nei confronti di coloro che sono piantati ed irrigati, il piantatore e l'irrigatore non sono qualcosa, ma Dio che d la crescita. Anzi anche il fatto che uno pianta e l'altro irriga, egli lo attribuisce non a loro, ma al Signore, dicendo: Cos come a ciascuno il Signore concesse. Io ho piantato, Apollo ha irrigato. Dunque, persistendo nel medesimo rimprovero, giunge a dire: Pertanto nessuno si glori nell'uomo 39. Infatti aveva gi detto: Chi si gloria, si glori nel Signore 40. Dopo queste espressioni e alcune altre che si connettono a queste, sempre la medesima intenzione lo conduce a dire: A causa vostra, fratelli, ho rappresentato queste cose sotto l'esempio della mia persona e di quella di Apollo, affinch voi impariate da noi a non andare oltre quanto sta scritto e a non insolentire contro uno a favore di un altro. Chi infatti ti distingue? Che cosa hai che tu non abbia ricevuto? E se l'hai ricevuto, perch ti vanti come se non lo avessi ricevuto? 41. I doni che distinguono gli uomini fra di loro. La fede uno dei beni donati da Dio che distinguono uomo da uomo. 5. 10. Qui l'intenzione dell'Apostolo rivolta in maniera evidentissima contro la superbia umana: nessuno si glori nell'uomo, ma nel Signore; ora sarebbe proprio assurdo, a quanto io penso, voler ravvisare nelle parole dell'Apostolo i doni naturali di Dio, sia la stessa natura integra e perfetta quale ci fu donata nella condizione primitiva, sia i residui, quali che essi siano, di questa natura ormai viziata. Forse per mezzo di questi doni, comuni a tutti gli uomini,

che si distingue uomo da uomo? Ma nel passo prima ha detto: Chi infatti ti distingue? e poi ha aggiunto: Che cosa hai che tu non abbia ricevuto? Evidentemente un uomo pieno di orgoglio di fronte ad un altro potrebbe dire: La mia fede mi distingue, la mia giustizia, oppure altre cose ancora. Ma prevenendo tali riflessioni il buon Dottore dice: Che cosa hai che tu non abbia ricevuto? E da chi l'hai ricevuto, se non da Colui che ti distingue da un altro a cui non ha donato ci che ha donato a te? E se l'hai ricevuto, perch ti vanti come se non l'avessi ricevuto? Allora, scusate, egli che altro vuole ottenere se non che chi si gloria si glori nel Signore? Ma nulla tanto contrario a questo sentimento quanto il gloriarsi dei propri meriti come se uno se li fosse procurati da s, non per la grazia di Dio; ma qui s'intende la grazia che distingue i buoni dai cattivi, non quella che comune ai buoni e ai cattivi. Ammettiamo pure che esista una grazia insita nella natura che ci fa esseri viventi razionali e distinti dalle bestie; ammettiamo anche che ci sia una grazia insita nella natura che ci permetta di distinguere fra gli uomini stessi i belli dai brutti, gli intelligenti dai tardi, e cos via per tutte le altre differenziazioni analoghe. Ma l'individuo che l'Apostolo contestava non si inorgogliva contro gli animali n contro un altro uomo per qualche dono naturale che anche un abietto potesse possedere; anzi, si inorgogliva attribuendo non a Dio ma a se stesso un bene appartenente alla vita moralmente buona. E si meritato di sentire: Chi infatti ti distingue? Cosa hai tu che non abbia ricevuto? Ammesso che proprio della natura umana poter avere la fede, forse le sar proprio anche averla? Non tutti hanno la fede 42, anche se tutti possono averla. Ma l'Apostolo non dice: Che cosa puoi avere senza che tu abbia ricevuto la possibilit di averlo? ma dice: Che cosa hai tu che non abbia ricevuto? In conclusione poter avere la fede, come poter avere la carit, appartiene alla natura degli uomini; ma avere la fede, come avere la carit, appartiene alla grazia dei fedeli. Pertanto quella natura che ci d la possibilit di avere la fede, non distingue uomo da uomo; la fede invece distingue il credente dal non credente. E poich detto: Chi infatti ti distingue? Che cosa hai che tu non abbia ricevuto? chiunque osi affermare: Ho la fede da me stesso, dunque non l'ho ricevuta, contraddice in pieno quella lampante verit: non perch credere o non credere non sia nell'arbitrio della volont umana, ma perch negli eletti la volont preparata dal Signore 43. Perci s'intendono riferite anche alla fede, che riposta nella volont, le

parole: Chi infatti ti distingue? Che cosa hai che tu non abbia ricevuto?. Tuttavia crede chi vuole. 6. 11. "Molti", si obietta, "odono la parola della verit, ma alcuni la credono, altri la contraddicono. Dunque gli uni vogliono credere, mentre gli altri no". E chi non lo sa? Chi potrebbe negarlo?. Ma poich per alcuni la volont preparata dal Signore, per altri no, bisogna senz'altro distinguere che cosa provenga dalla sua misericordia, che cosa dal suo giudizio 44. Quello che Israele cercava, dice l'Apostolo, non l'ha ottenuto: gli eletti l'hanno ottenuto; tutti gli altri invece sono stati accecati, come sta scritto: Dio diede loro uno spirito di ottundimento, occhi per non vedere e orecchie per non sentire, fino al giorno di oggi. E David dice: La loro mensa diventi un laccio, un castigo e un ostacolo per loro; si oscurino i loro occhi perch non vedano e incurva per sempre le loro schiene. Ecco la misericordia e il giudizio: la misericordia per gli eletti che ottennero la giustizia di Dio; il giudizio invece contro gli altri che furono accecati. Tuttavia i primi credettero perch lo vollero; gli altri non credettero perch non lo vollero. Dunque la misericordia e il giudizio si realizzarono nelle loro stesse volont. L'elezione perci dovuta alla grazia, non certo ai meriti. Sopra infatti aveva detto: Cos dunque anche in questo tempo un residuo fu salvato per elezione della grazia. Ma se per grazia, non per le opere: altrimenti la grazia non pi grazia 45. Allora gli eletti hanno ottenuto gratuitamente quello che hanno ottenuto; non ci fu in precedenza un qualche loro apporto che essi donarono per primi e che fu loro ricompensato: Dio li salv senza alcun contributo. Ma per gli altri, che furono accecati, come detto nel passo, il loro accecamento fu per castigo. Tutte le vie del Signore sono misericordia e verit 46. Ma imperscrutabili sono le sue vie 47. Imperscrutabili sono pertanto sia la misericordia per la quale libera gratuitamente, sia la verit per la quale giudica giustamente. L'Apostolo dice che l'uomo giustificato dalla fede e non dalle opere, perch la fede data per prima. 7. 12. Ma forse potrebbero dire: "L'Apostolo distingue la fede dalle opere; dice che la grazia non deriva dalle opere, per non dice che non derivi dalla fede". S, cos, ma Ges a dire che anche la fede opera di Dio e ad ordinarci di praticarla. Gli chiesero infatti i

Giudei: Che cosa dovremo fare per compiere l'opera di Dio? Ges rispose e disse loro: Questa l'opera di Dio, che crediate in Colui che Egli ha inviato 48. Dunque l'Apostolo distingue la fede dalle opere al modo in cui nei due regni degli Ebrei si distingue Giuda e Israele, bench anche Giuda sia Israele. Perci dice che l'uomo giustificato in seguito alla fede, non in seguito alle opere 49, perch la fede data per prima e da essa si ottengono tutti gli altri beni che in senso stretto sono chiamati "opere", in grazia delle quali si vive da giusti. Infatti dice ancora: Per la grazia voi siete stati salvati mediante la fede, e ci non proviene da voi, ma dono di Dio; cio, anche se ho detto mediante la fede, la fede non proviene da voi, ma anch'essa un dono di Dio. Non mediante le opere, continua, affinch per caso qualcuno non si glori 50. Infatti si soliti dire: Certo che ha meritato di credere; era un uomo buono anche prima di credere. Lo si potr dire di Cornelio 51, del quale furono accettate le elemosine ed esaudite le preghiere prima che credesse in Cristo. Eppure, ribatto, donava e pregava non senza una qualche fede. Infatti come poteva invocare quello in cui non credeva 52? Se avesse potuto essere salvo senza la fede in Cristo, non sarebbe stato inviato come architetto della sua edificazione l'apostolo Pietro. Tuttavia se non il Signore ad edificare la casa, invano i muratori si affaticano ad edificarla 53. Ci si obietta: La fede proviene da noi, tutte le altre cose riguardanti la pratica della giustizia dal Signore; come se la fede non riguardasse quell'edificio. Come se le fondamenta, ripeto, non riguardassero l'edificio! Se invece esse gli appartengono prima e pi di ogni altro elemento architettonico, invano uno si affatica ad edificare la fede predicando, se il Signore non edifica nell'intimo donando la sua misericordia. Dunque qualsiasi opera buona abbia compiuto Cornelio, sia prima di credere in Cristo sia credendo in Cristo sia dopo avervi creduto, tutto dev'essere attribuito a Dio affinch non ci si glori. E' il Padre che concede di credere. 8. 13. Quindi lo stesso unico Maestro e Signore, dopo aver detto quello che ho ricordato sopra: Questa l'opera di Dio, che crediate in Colui che Egli invi 54, nel medesimo suo discorso poco dopo dice: Io ve l'ho detto: mi avete visto e non mi avete creduto. Tutto ci che il Padre d a me, verr a me 55. Che significa: verr a me, se non: creder in me? Ma che ci avvenga lo concede il Padre. Egualmente poco dopo: Non mormorate, dice, fra di voi; nessuno pu venire a me se non lo avr attratto il Padre che mi mand; e io

lo risusciter nell'ultimo giorno. Sta scritto nei Profeti: Saranno tutti istruiti da Dio. Chiunque ha udito dal Padre e ha imparato, viene a me 56. Che significa: Chiunque ha udito dal Padre e ha imparato, viene a me? Significa solo: Non c' nessuno che oda il Padre e impari e non venga a me. Se infatti chiunque ha udito dal Padre e ha imparato viene, evidentemente chiunque non viene, non ha udito dal Padre e non ha imparato, poich se avesse udito e imparato verrebbe. E infatti nessuno ha udito e imparato e non venuto, ma chiunque, dice la Verit, ha udito dal Padre e imparato viene. Molto lontana da ogni senso fisico questa scuola nella quale il Padre udito e insegna affinch si venga al Figlio. L c' anche lo stesso Figlio, perch Egli il Verbo per mezzo del quale il Padre insegna cos; e non insegna all'orecchio della carne, ma a quello del cuore. E insieme qui anche lo Spirito del Padre e del Figlio; Egli pure insegna, e non insegna separatamente; abbiamo appreso senza possibilit di dubbio che inseparabile l'agire della Trinit. E veramente lo Spirito Santo quello di cui l'Apostolo dice: Avendo il medesimo Spirito di fede 57. Ma l'insegnamento attribuito specialmente al Padre perch da lui stato generato l'Unigenito e da lui procede lo Spirito Santo. Sarebbe lungo disputare pi distintamente. Penso che ormai il mio lavoro in quindici libri su La Trinit, che il nostro Dio, sia arrivato a voi. Molto lontana, ripeto, da ogni senso fisico questa scuola nella quale Dio udito ed insegna. Vediamo che molti vengono al Figlio perch vediamo che molti credono in Cristo; ma non vediamo dove e quando abbiano udito ed appreso quell'insegnamento dal Padre. Troppo questa grazia occulta: ma che grazia, chi lo pu mettere in dubbio? E questa grazia, che occultamente viene concessa ai cuori umani dalla generosit divina, non viene rigettata dalla durezza di nessun cuore. Essa donata appunto affinch per prima cosa sia tolta la durezza del cuore. Quando dunque il Padre interiormente udito e insegna di venire al Figlio, strappa il cuore di pietra e d un cuore di carne, come promise con le parole del Profeta 58. Cos certo forma i figli della promessa e i vasi di misericordia che ha preparato per la gloria 59. Perch Dio non insegna a tutti a venire a Cristo? 8. 14. Perch allora il Signore non d a tutti l'insegnamento di venire a Cristo? Perch a tutti quelli a cui insegna, insegna per misericordia, ma a quelli a cui non insegna, non insegna per il giudizio. Ha misericordia di chi vuole e chi vuole indurisce 60, ma ha

misericordia quando attribuisce beni; indurisce quando corrisponde pene meritate. Ma certuni preferiscono intendere queste parole come pronunciate dall'ascoltatore cui l'Apostolo si rivolge con l'espressione: Ma tu mi dici; allora anche i passi: ha misericordia di chi vuole e chi vuole indurisce e il resto della frase vanno attribuiti all'ascoltatore, cio: Di che si rammarica ancora? Infatti chi resiste alla sua volont? 61 Che differenza c'? L'Apostolo non ha risposto: O uomo, falso quello che tu hai detto. Ha risposto invece: O uomo, chi sei tu per rispondere a Dio? Forse l'oggetto plasmato dice a chi l'ha plasmato: Perch mi hai fatto cos? O non forse il vasaio che ha potere sull'argilla, dalla medesima massa...? 62 con quel che segue, che voi conoscete benissimo. E tuttavia in un certo senso il Padre insegna a tutti a venire al Figlio suo. Infatti non invano scritto nei Profeti: Tutti saranno istruiti da Dio 63. E dopo aver premesso questa testimonianza, Ges aggiunge: Chiunque ha udito dal Padre e ha imparato, viene a me 64. Ci esprimiamo correttamente quando di un maestro di lettere che sia unico in una citt, diciamo: Costui qui insegna lettere a tutti, non perch tutti le imparino, ma perch chiunque impari le lettere in quel posto, non le impara se non da lui; e cos possiamo ben dire: Dio insegna a tutti a venire a Cristo, non perch tutti vengano a lui, ma perch nessuno viene a lui altrimenti. Perch poi non insegna a tutti, lo spiega l'Apostolo per quanto gli sembrato di dover spiegare, dicendo: Volendo manifestare la sua ira e far conoscere la sua potenza, sopport con molta pazienza i vasi d'ira apparecchiati per la perdizione, anche per rendere note le ricchezze della sua gloria verso i vasi di misericordia che prepar per la gloria 65. Ecco perch il linguaggio della croce stoltezza per chi perisce; ma per quelli che si salvano, potenza di Dio 66. Dio insegna a questi ultimi, nessuno escluso, a venire a Cristo; tutti questi infatti vuole che siano salvi e vengano nella conoscenza della verit 67. Infatti se avesse voluto insegnare a venire a Cristo anche a quelli per i quali stoltezza il linguaggio della croce, fuor d'ogni dubbio sarebbero venuti anch'essi. Non inganna o s'inganna Colui che dice: Chiunque ha udito dal Padre e ha appreso, viene a me. Non dobbiamo pensare nemmeno lontanamente che qualcuno, dopo aver udito ed appreso, non venga. Dio non insegna a chi non vuole imparare? 8. 15. "Perch", dicono, "non insegna a tutti?". Se diremo che perch quelli a cui non insegna non vogliono imparare, ci si

risponder: E dove va a finire quello che gli si dice: O Dio, tu convertendoci ci vivificherai 68? E poi se Dio non trasforma quelli che non vogliono in gente che invece vuole, perch mai la Chiesa prega secondo il precetto del Signore per i suoi persecutori 69? Infatti anche il santo Cipriano volle che s'intendesse cos la nostra invocazione 70 : Sia fatta la tua volont come in cielo cos in terra 71 ; cio, sia fatta in coloro che gli hanno creduto e che sono come il cielo, cos come anche in quelli che non credono e quindi sono ancora terra. Che cosa dunque preghiamo per coloro che non vogliono credere se non che Dio operi in essi anche il volere 72? E' dei Giudei certo che l'Apostolo dice: Fratelli, la brama del mio cuore e la mia preghiera a Dio per la loro salvezza 73. Egli prega per i non credenti, e che cosa prega se non che credano? Infatti essi non potranno conseguire la salvezza in altra maniera. Se dunque la fede di chi prega previene la grazia di Dio, sar forse vero che la fede previene la grazia anche in coloro per cui si prega che credano? Ma proprio questo che si prega per essi, affinch a chi non crede, cio non ha la fede, la fede sia donata. Quando infatti si predica il Vangelo, alcuni credono, altri non credono; ma quelli che credono, mentre la voce del predicatore risuona dal di fuori, dal di dentro odono l'insegnamento del Padre ed imparano; mentre quelli che non credono, dal di fuori odono, dal di dentro non odono n imparano; cio a quelli dato di credere, a questi non dato. Perch nessuno, dice, viene a me, se non l'ha tratto il Padre che mi ha mandato 74. E pi apertamente lo dice in seguito. Infatti un po' sotto afferma che bisogna mangiare la sua carne e bere il suo sangue, e alcuni dei suoi discepoli gli obiettano: E' duro questo discorso, chi lo pu udire? Sapendo Ges in se stesso che i suoi discepoli mormoravano di ci, disse loro: Questo vi scandalizza? E ancora appresso: Le parole, dice, che io ho detto a voi, sono spirito e vita; ma ci sono certuni tra di voi che non credono. E subito dopo l'Evangelista aggiunge: Ges infatti sapeva fin dall'inizio chi fossero quelli che credevano e chi lo avrebbe tradito e diceva: Perci ho detto a voi che nessuno pu venire a me se non gli sar dato dal Padre mio 75. Dunque da un lato essere attratto dal Padre a Cristo, dall'altro udire e essere istruito dal Padre per venire a Cristo, altro non che ricevere dal Padre un dono che ci fa credere in Cristo. Infatti chi diceva: Nessuno viene a me se non gli stato dato dal Padre mio, non distingueva quelli che udivano il Vangelo da quelli che non lo udivano, ma quelli che credevano da quelli che non credevano.

Conclusione: la fede, all'inizio o al perfezionamento, sempre un dono di Dio. 8. 16. Dunque chi non vuole dissentire dai chiarissimi testi della Sacra Scrittura, non deve assolutamente dubitare che la fede, sia al principio sia al perfezionamento, un dono di Dio, e che questo dono ad alcuni viene dato, ad altri no. Ma il fatto che non sia concessa a tutti non deve scuotere il fedele, il quale crede questa verit: per uno solo tutti sono piombati nella condanna, e questa indubitabilmente tanto giusta che non ci sarebbe nessuna possibilit di biasimare Dio anche se nessuno ne venisse liberato. Da ci risulta che grande la grazia se permette di liberare un numero tanto grande di fedeli e questi ultimi possono scorgere in coloro che non ricevono la liberazione la fine che sarebbe dovuta toccare anche a loro. Ne consegue che chi si gloria, non lo faccia nei propri meriti, che vede uguali a quelli dei condannati, ma si glori nel Signore 76. Perch poi Egli liberi un individuo piuttosto che un altro, imperscrutabili sono i suoi giudizi e ininvestigabili le sue vie 77. Faremmo meglio ad ascoltare anche questo passo e a dire: O uomo, chi sei tu per rispondere a Dio? 78, piuttosto che osare di spiegare, come se lo potessimo, ci che volle occulto Colui che non pu volere niente d'ingiusto. Obiezione dei pagani: perch Cristo venne dopo un tempo tanto lungo? 9. 17. Voi richiamate anche ci che io ho espresso in un mio opuscolo contro Porfirio il cui titolo : Il tempo della religione cristiana. Ho parlato in maniera da non affrontare una discussione pi accurata e laboriosa sulla grazia, pur senza omettere di additarla, dato che in quel luogo non avevo voluto chiarire una dottrina che poteva essere spiegata in altro momento o da altri. Infatti tra le altre questioni cos parlai rispondendo all'interrogativo postomi sul perch Cristo sia venuto dopo un tempo tanto lungo: Dunque, scrivevo, essi non obiettano a Cristo il fatto che non tutti seguono la sua dottrina (comprendono infatti da s che simile obiezione vana anche rivolta alla sapienza dei filosofi o alla potenza dei loro di). Non consideriamo l'altezza della sapienza e della scienza di Dio, dove forse si nasconde un disegno divino di gran lunga pi segreto; lasciamo impregiudicate anche altre eventuali spiegazioni che possono essere investigate dai sapienti; ma che cosa risponderanno quando noi, per trattare la questione in

breve, diremo questo solo: Cristo volle manifestarsi agli uomini e predicare ad essi la sua dottrina quando sapeva e dove sapeva che c'era chi avrebbe creduto in lui? Infatti in quei tempi e in quei luoghi nei quali il suo Vangelo non era ancora stato predicato, Egli sapeva in precedenza che di fronte alla sua predicazione tutti sarebbero stati come quelli che, in gran numero se non nella totalit, di fronte alla sua presenza corporale non vollero credere in lui nemmeno dopo che ebbe risuscitato i morti. Anche oggi ne conosciamo molti che, sebbene la predizione dei Profeti abbia trovato in lui l'adempimento pi perfetto, ancora non vogliono credere e preferiscono resistere con l'astuzia umana, mentre invece di fronte all'autorit di Dio tanto lampante ed evidente, tanto sublime e sublimemente divulgata, dovrebbero cedere, finch l'intelletto umano nella sua debolezza incapace di accedere alla verit divina. Che c' dunque di strano in ci? Conoscendo che nei secoli precedenti il mondo era pieno di uomini tanto infedeli, Cristo giustamente non voleva manifestarsi o predicare ad essi, perch Egli sapeva da prima che non avrebbero creduto n alle sue parole n ai suoi miracoli. E infatti non incredibile, bench ci meravigli, che gli uomini allora fossero come molti sono stati e sono dal suo avvento fino al nostro tempo. E tuttavia dall'inizio del genere umano, ora pi copertamente, ora pi chiaramente, come parve opportuno al volere divino in accordo con i tempi, non si cess di profetare n mancarono quelli che credettero in lui prima che venisse nella carne, da Adamo fino a Mos, sia nello stesso popolo d'Israele, che fu una nazione profetica per un particolare piano divino, sia anche in altre nazioni. Come ci ricordano i Libri santi degli Ebrei, fin dal tempo di Abramo uomini che pure non erano della sua stirpe carnale, n appartenevano al popolo d'Israele, n vi erano stati introdotti per proselitismo, tuttavia furono partecipi del mistero della salvezza. Allora perch non dovremmo credere che anche nelle altre nazioni in un luogo o nell'altro ve ne furono diversi in diversi tempi, bench non possiamo leggere menzione di loro nell'autorit dei Libri santi? Cos la salvezza che apporta questa nostra religione, che unica vera promette la salvezza vera e secondo verit, mai manc a chi ne fu degno. E dall'inizio fino alla fine della propagazione umana, essa sar predicata ad alcuni perch siano premiati, ad altri perch siano giudicati. Quindi, se ci sono uomini ai quali la salvezza non fu affatto annunziata, perch era previsto che non avrebbero creduto; ad altri fu annunziata pur nella consapevolezza che non avrebbero creduto, perch fornissero

l'esempio della sorte riservata ai primi; quelli invece ai quali stata annunziata e che crederanno, sono preparati per il regno dei cieli e per la societ degli angeli santi 79. Perch non fu fatto riferimento ai predestinati. 9. 18. Vedete? Senza pregiudizio dell'occulto disegno di Dio e senza pregiudizio di altre motivazioni, ho voluto dire della prescienza di Cristo solo quanto mi sembrava sufficiente a confutare la mancanza di fede dei pagani che avevano avanzato questa obiezione. Che c' infatti di pi vero del fatto che Cristo sapeva in precedenza chi, quando e dove avrebbero creduto in lui? Ma dopo che Cristo era stato loro predicato, avrebbero avuto la fede da se stessi, oppure l'avrebbero ricevuta per dono di Dio? Cio, Dio semplicemente li conobbe in precedenza, oppure li predestin anche? Questo allora non ritenni necessario di metterlo in discussione. Dissi inoltre che Cristo volle apparire agli uomini e far predicare la sua dottrina presso di essi, quando sapeva e dove sapeva che c'era chi avrebbe creduto in lui. Ma il pensiero si pu esprimere anche cos: Cristo volle apparire agli uomini e far predicare presso di essi la sua dottrina, quando sapeva e dove sapeva che c'era chi era stato eletto in lui prima della creazione del mondo 80. Ma se si fosse detto cos, l'attenzione del lettore sarebbe stata rivolta ad approfondire quelle argomentazioni che adesso, in seguito alla condanna dell'eresia pelagiana, necessario trattare con pi estensione e accuratezza. Mi parve quindi bene di dire in breve quello che allora era sufficiente, non volendo considerare, come ho detto, l'altezza della sapienza e della scienza di Dio, e senza pregiudizio di altre spiegazioni delle quali ritenni di dover trattare non allora, ma pi opportunamente in altro momento. Distinzione fra grazia e predestinazione. 10. 19. Ho detto pure: La salvezza di questa religione non manc mai a nessuno che ne fosse degno, e quello a cui manc non ne era degno 81. Ma se si discute e si ricerca cosa sia che ne rende l'uomo degno, non mancher chi verr a dire: la volont umana; noi invece diciamo: la grazia o la predestinazione divina. Tra la grazia e la predestinazione questa sola la differenza: che la predestinazione la preparazione alla grazia, la grazia invece il dono realizzato. Pertanto quel che dice l'Apostolo: Non in seguito alle opere, affinch nessuno si glori; infatti siamo opera sua, prodotti in Cristo

Ges in vista delle opere buone, indica la grazia; e quello che segue: che Dio appront affinch noi camminiamo in esse 82, indica la predestinazione, che non pu esistere senza la prescienza; invece la prescienza pu esistere senza predestinazione. Per la predestinazione Dio seppe in precedenza le cose che Egli avrebbe fatto; e perci detto: Fece le cose che saranno 83. Ma Egli ha potere di sapere in precedenza anche quelle cose che non compie egli stesso, come ogni sorta di peccato. E' vero che vi sono azioni che sono peccati e nello stesso tempo anche castighi di altri peccati. E' stato detto appunto: Dio li ha abbandonati ai loro sentimenti perversi perch facessero azioni immorali 84. Anche in questo caso per non si ha un peccato di Dio, ma un giudizio. Per tutto questo la predestinazione di Dio che si esplica nel bene , come ho detto, preparazione della grazia; la grazia a sua volta effetto della predestinazione. Dio fece quindi la sua promessa basandosi non su quello che pu la nostra volont, ma sulla sua predestinazione, quando promise ad Abramo che le genti avrebbero creduto in Colui che doveva nascere dal suo seme, pronunciando queste parole: Ti ho creato padre di molte nazioni 85, che l'Apostolo chiarisce cos: Perci la promessa viene dalla fede, cos che secondo la grazia sia sicura la promessa a tutta la posterit 86. Con ci promise quello che Egli stesso aveva compiuto, non quello che avrebbero compiuto gli uomini. Sono gli uomini a compiere le azioni buone che servono a venerare Dio, ma Egli stesso fa s che essi compiano quello che ha ordinato, e non sono essi a far s che Egli compia quello che ha promesso; altrimenti che si adempiano le promesse di Dio non in potere di Dio, ma in potere degli uomini, e quello che stato promesso da Dio lo mantengono ad Abramo essi stessi. Non cos credette Abramo, ma credette, dando gloria a Dio, che Egli ha potere anche di fare ci che ha promesso 87. Non dice: predire; non dice: prevedere; infatti Egli pu predire e prevedere anche le cose che fanno gli altri; ma dice: ha potere anche di fare; e perci quello che fatto non appartiene ad altri, ma a lui. Non si pu essere figli di Abramo senza la fede; quindi Dio dona anche la fede. 10. 20. O sar per caso cos: Dio promise ad Abramo le opere buone che le nazioni avrebbero compiuto in Colui che doveva nascere dal suo seme, per promettere quello che Egli stesso fa; non promise la conversione delle nazioni, che gli uomini mettono in pratica da s, ma previde la fede che gli uomini avrebbero messo in

pratica di loro iniziativa, affinch potesse promettere quello che compie Egli stesso? Non parla certo cos l'Apostolo; Dio promise figli ad Abramo che seguissero le orme della sua fede, e lo dice in maniera chiarissima. D'altronde se Dio promise le opere delle nazioni, non la fede, allora, dato che non ci sono opere buone se non provengono dalla fede (Il giusto infatti vive di fede 88; e: Tutto ci che non deriva dalla fede peccato 89; Senza la fede impossibile piacere 90 ), ricadiamo nel concetto che in potest dell'uomo di dare compimento a ci che Dio ha promesso. Se infatti l'uomo non facesse ci che gli spetta di fare senza doni da parte di Dio, Dio stesso non darebbe adempimento a ci che dona; cio, se l'uomo non ha la fede da se stesso, Dio non adempie la sua promessa di donare le opere di giustizia. E perci non in potere di Dio, ma dell'uomo, che Dio adempia le sue promesse. Ma se la verit e la piet ci impediscono di credere ci, crediamo con Abramo che Dio anche capace di fare quello che ha promesso. Ma ha promesso figli ad Abramo; poich essi non possono esserlo se non hanno la fede, allora proprio lui che dona anche la fede. L'uomo confidi nella ferma promessa del Signore piuttosto che nella sua debole volont. 11. 21. Veramente, se l'Apostolo dice: Perci la promessa viene dalla fede, cos che secondo la grazia sia sicura la promessa a tutta la posterit 91, mi meraviglio che gli uomini preferiscano affidarsi alla loro debolezza piuttosto che alla sicurezza della promessa divina. Ma, si obietta, incerta la volont di Dio nei miei riguardi. E che dunque? E' forse certa per te la tua volont riguardo a te stesso? E non hai paura? Quello che sembra stare in piedi, badi di non cadere 92. Se dunque sono incerte entrambe le volont, perch l'uomo non affida la sua fede, speranza e carit a quella pi salda invece che a quella pi debole? Come vadano intese le parole: se crederai, sarai salvato. 11. 22. "Ma quando viene detto: Se crederai sarai salvo 93, una di queste due cose", essi dicono, "si esige, l'altra si offre. Quella che si esige in potere dell'uomo; quella che si offre, di Dio" 94. Ma perch non dovrebbero essere tutte e due in potere di Dio, sia quella che Egli ordina, sia quella che Egli offre? Preghiamo infatti perch Egli dia quello che comanda; i credenti pregano perch ad essi sia accresciuta la fede; pregano per i non credenti, perch la

fede sia loro donata; dunque sia nei suoi accrescimenti sia nei suoi inizi la fede dono di Dio. Ma detto: Se crederai sarai salvo, come pure: Se farete morire le azioni della carne attraverso lo spirito, vivrete 95. Pertanto anche qui, dei due elementi uno viene richiesto, l'altro offerto. Infatti dice: Se farete morire le azioni della carne attraverso lo spirito, vivrete. Dunque da una parte si richiede che attraverso lo Spirito facciamo morire le azioni della carne; dall'altra ci si offre la vita. Per tale motivo si giudica forse giusto non considerare dono di Dio il mortificare le azioni della carne n come tale riconoscerlo, perch ascoltiamo che esso lo si esige da noi e ci si offre la vita come premio, se obbediremo? Chi partecipa della grazia e la difende si guardi bene dall'approvare simile convinzione! Questo l'errore che bisogna condannare nei pelagiani; ma subito l'Apostolo chiude loro la bocca aggiungendo: Quanti infatti sono guidati dallo Spirito di Dio, questi sono figli di Dio 96, affinch noi non credessimo che siamo noi a far morire le opere della carne mediante il nostro spirito e non mediante lo Spirito di Dio. E di questo Spirito di Dio l'Apostolo parla nel passo seguente: Tutte queste cose le compie il solo e medesimo Spirito, distribuendo i doni a ciascuno come vuole 97. E tra tutti questi doni, come sapete, ha nominato anche la fede. Dunque bench sia dono di Dio far morire le azioni della carne, tuttavia questa azione si esige da noi, e il premio che ci si presenta la vita; allo stesso modo dono di Dio anche la fede, bench essa pure, quando si dice: Se crederai sarai salvo, si esiga da noi, e il premio offerto per essa la salvezza. Perci queste cose nello stesso tempo sono ordinate a noi e sono indicate come doni di Dio, perch si comprenda che da una parte siamo noi a farle, dall'altra Dio a far s che le facciamo, come dice in modo assai chiaro per bocca del profeta Ezechiele. Che c' di pi chiaro del passo ove afferma: Io far s che voi facciate 98? Riflettete su questo passo della Scrittura e vedrete che Dio promette di fare in modo che essi facciano quelle cose che Egli ordina di fare. Certo l non tace ci che essi hanno meritato, ma il loro merito tutto nel male 99; eppure Egli mostra di cambiare nel bene il loro merito che era nel male, perch in seguito li fa entrare in possesso di opere buone, concedendo loro di mettere in pratica i precetti divini. Nei bambini e nel nostro Mediatore non si possono ritrovare meriti precedenti.

12. 23. Con tutta questa argomentazione noi sosteniamo che la grazia di Dio attraverso Ges Cristo nostro Signore veramente grazia, cio non viene data secondo i nostri meriti. E bench questa dottrina sia affermata nella maniera pi evidente dalle testimonianze delle parole divine, incontra qualche difficolt presso gli adulti che gi usano l'arbitrio della volont e pensano di essere frustrati in ogni loro sforzo religioso se non si attribuiscono qualche cosa da poter dare per primi affinch ne siano retribuiti. Ma quando si viene ai bambini e al Mediatore stesso di Dio e degli uomini, l'uomo Ges Cristo 100, ogni possibile rivendicazione di meriti umani precedenti alla grazia di Dio viene meno: non si pu sostenere n che alcuni bimbi siano distinti dagli altri per qualche merito precedente, in modo da appartenere al Liberatore degli uomini, n che essendo Egli pure uomo, Cristo divenne liberatore degli uomini per un qualche merito umano. Se i bambini vengono giudicati secondo i meriti che avrebbero avuto, se fossero vissuti... 12. 24. Non si pu infatti accettare quanto dicono, e cio che alcuni bambini escono da questa vita battezzati appunto in et infantile grazie ai loro meriti futuri, invece altri muoiono non battezzati nella stessa et perch anche di essi sono conosciuti in precedenza i meriti futuri, che saranno per nel male. Cos Dio non premia o condanna in loro una vita buona o cattiva, ma una vita che non c' mai stata 101. L'Apostolo per pose un limite che l'imprudente supposizione dell'uomo, se con alquanta indulgenza vogliamo chiamarla cos, non deve oltrepassare. Dice: Tutti staremo di fronte al tribunale di Cristo, affinch ciascuno riceva la ricompensa secondo quanto comp con il suo corpo, sia di buono, sia di cattivo 102 ; comp dice; non aggiunse: o avrebbe compiuto. Io non so come a tali uomini sia potuto venire in mente che nei fanciulli siano puniti o premiati meriti futuri che non ci saranno mai. Ma perch detto che l'uomo dev'essere giudicato secondo quanto comp attraverso il corpo, mentre si pu agire anche con l'animo soltanto, non interponendo il corpo o alcun suo membro? Anzi, tali pensieri sono sovente cos gravi che spetta loro un giustissimo castigo; uno di questi pensieri, per tacere di tutto il resto, quello che disse lo stolto in cuor suo: Dio non c' 103. Secondo quanto comp con il suo corpo significa solo questo: secondo quanto comp nel tempo in cui fu nel corpo, e l'espressione con il corpo si deve intendere: durante la vita del corpo. Ma dopo la morte del corpo nessuno sar pi

rivestito di esso se non nel giorno estremo della resurrezione; e allora non sar per procacciarci altri meriti, ma per ricevere il premio di quelli che abbiamo nel bene e per pagare la pena di quelli che abbiamo nel male. Ma durante questo tempo intermedio tra la deposizione e la riassunzione del corpo le anime o vengono tormentate o trovano pace secondo quanto compirono durante la vita del corpo. E al periodo della vita materiale appartiene anche ci che i pelagiani negano, ma la Chiesa di Cristo riconosce: il peccato originale. Esso pu essere eliminato per la grazia di Dio o non eliminato per il giudizio di Dio, e i bambini, quando muoiono, o per merito della rigenerazione passano dal male al bene, o per colpa dell'origine passano dal male al male. Questo sa la fede cattolica; in questo anche alcuni eretici sono d'accordo senza aver nulla da contraddire. Ma io resto meravigliato e stupito e non riesco a capire da dove uomini il cui ingegno non trascurabile, come indicano le vostre lettere, abbiano potuto dedurre che qualcuno possa essere giudicato non secondo i meriti che ha avuto finch fu nel corpo, ma secondo i meriti che avrebbe riportato se fosse vissuto pi a lungo nel corpo. E non lo crederei, se avessi l'ardire di non credere a voi. Ma spero che Dio li assister, e dopo averli ammoniti li indurr ad aprire gli occhi sulla questione; se quei peccati che secondo loro saranno commessi si possono giustamente punire nei non battezzati attraverso il giudizio di Dio, allora si possono anche perdonare ai battezzati attraverso la grazia di Dio. Chiunque infatti dice che i peccati futuri possono soltanto essere puniti dal giudizio di Dio, mentre non possono essere perdonati dalla sua misericordia, deve pensare quanto torto fa a Dio e alla sua grazia; come se di un peccato futuro fosse possibile la prescienza, ma non il perdono! Ma se una simile ipotesi assurda, a maggior ragione Dio dovrebbe prestare soccorso, concedendo il lavacro che purifica i peccati, ai bambini che muoiono in tenera et, ma che sarebbero divenuti peccatori se fossero vissuti pi a lungo. ...oppure se sono privati del Battesimo perch Dio prevede che se vivessero non si pentirebbero. 13. 25. Ma potrebbero dire che i peccati sono rimessi a chi si pente; perci alcuni morendo in et infantile non sono battezzati perch Dio gi sa che se vivessero non si pentirebbero; al contrario quelli che vengono battezzati ed escono dal corpo da bambini, Dio gi sapeva che se fossero vissuti si sarebbero pentiti. Facciano attenzione allora e si rendano conto: se fosse cos, nei bambini che

muoiono senza battesimo non sarebbero puniti i peccati originali, ma quelli che avrebbero commesso se fossero vissuti. Allo stesso modo ai battezzati non verrebbero rimessi i peccati originali, ma quelli che commetterebbero se vivessero. Essi non potrebbero peccare se non in et adulta, ma poich era previsto che alcuni avrebbero fatto penitenza, altri no, alcuni escono battezzati da questa vita, altri senza battesimo. Se i pelagiani osassero sostenere ci, non si affaticherebbero pi a negare il peccato originale e a cercare quindi per i bambini un luogo di non so quale felicit al di fuori del regno di Dio, specialmente quando noi dimostriamo che i bambini non possono avere la vita eterna perch non hanno mangiato la carne e non hanno bevuto il sangue di Cristo 104. E poi, secondo quanto sostengono loro, in essi che non hanno assolutamente alcun peccato, il battesimo che si conferisce per la remissione dei peccati sarebbe falso. I pelagiani senz'altro hanno pronte le risposte: non c' alcun peccato originale, ma quelli che vengono liberati dal corpo ancora infanti sono battezzati o no a seconda dei meriti che acquisterebbero se vivessero; a seconda dei loro futuri meriti essi ricevono o non ricevono il corpo e il sangue di Cristo, senza il quale non possono avere la vita; sono battezzati per una remissione autentica di peccati, bench essi non ne traggano alcuno da Adamo, perch sono rimessi loro i peccati dei quali Dio ha avuto prescienza che essi si sarebbero pentiti. Cos con estrema facilit difenderebbero e vincerebbero la loro causa, fondata sulla negazione del peccato originale e sulla pretesa che la grazia di Dio viene assegnata unicamente secondo i nostri meriti. Ma i meriti futuri dell'uomo che non sono destinati a realizzarsi sono meriti che non esistono ed estremamente facile capirlo. Perci n i pelagiani hanno potuto dire una cosa simile, n a maggior ragione lo debbono dire questi nostri fratelli. Non si pu esprimere quanto mi sia fastidioso da sopportare che costoro non abbiano saputo scorgere quello che i pelagiani hanno riconosciuto di una falsit e assurdit estreme. Eppure insieme con noi condannano in base all'autorit cattolica l'errore di quegli eretici. Cipriano e il libro della Sapienza non concordano con simili convinzioni. 14. 26. Cipriano scrisse un libro Sulla mortalit, lodevolmente noto a molti e a quasi tutti quelli che prediligono la letteratura religiosa; in esso dice appunto che la morte non solo non inutile ai fedeli, ma si pu anche riconoscere utile perch sottrae l'uomo ai pericoli

del peccato e lo mette nella sicurezza di non peccare. Ma a che gioverebbe la morte, se fossero puniti perfino i peccati futuri, che non saranno commessi? Invece egli sviluppa con grande ampiezza ed eccellenza di pensiero la dimostrazione che i pericoli di peccare non mancano in questa vita, ma non esistono pi dopo di essa. E l inserisce anche quella testimonianza tratta dal libro della Sapienza: Fu strappato affinch la malizia non cambiasse la sua mente 105. E anch'io ho addotto questo passo, ma voi mi avete fatto sapere che codesti monaci l'hanno rifiutato in quanto non era tratto da un libro canonico; come se anche tolta di mezzo l'attestazione di questo libro, la verit che con quel passo ho voluto inculcare non fosse chiara di per se stessa! Infatti quale cristiano oserebbe negare che se un giusto viene colto in anticipo dalla morte, entrer nel refrigerio 106? Chiunque sia ad aver detto questa verit, quale uomo di fede sana penser di rifiutarla? E mettiamo che uno dica: Se il giusto si allontana dalla giustizia nella quale ha vissuto a lungo e muore proprio nell'empiet nella quale magari vissuto non dico un anno, ma un giorno solo, passando di qui alle pene dovute ai malvagi, a nulla gli giover la sua passata giustizia 107; quale fedele vorr contraddire questa lampante verit? Per di pi, se ci venisse chiesto: Se egli fosse morto allora, quando era giusto, avrebbe trovato il castigo o il riposo? Forse esiteremmo a rispondere che avrebbe trovato il riposo? Questa tutta la ragione per cui fu detto, chiunque sia stato a dirlo: Fu strappato affinch la malizia non mutasse la sua mente. Ci stato detto pensando ai pericoli di questa vita, e non c'entra la prescienza di Dio, che sapeva in precedenza quello che sarebbe stato, non quello che non sarebbe stato: cio Egli sapeva che gli avrebbe fatto dono di una morte prematura perch il giusto fosse sottratto all'incertezza delle tentazioni, non che il giusto avrebbe peccato, dato che questi non doveva restare esposto alla tentazione. E che questa vita una tentazione si legge nel libro di Giobbe: Forse che la vita umana sulla terra non una tentazione? 108. Ma riguardo al motivo per cui ad alcuni concesso di essere strappati ai pericoli di questa vita finch sono giusti, mentre altri sono mantenuti attraverso una vita pi lunga nei medesimi pericoli finch decadano dalla loro giustizia, chi comprese il pensiero del Signore? 109. E tuttavia da qui concesso capire che anche quei giusti che conservano costumi buoni e pii fino alla tarda vecchiaia e all'ultimo giorno di questa vita non si devono gloriare dei propri meriti, ma nel Signore, perch Colui che ha rapito il giusto dopo una vita breve, affinch la malizia

non cambiasse la sua mente, il medesimo che attraverso una vita lunga quanto si vuole salvaguarda il giusto affinch la malizia non muti la sua mente. Ma chi si chiede perch abbia mantenuto sulla terra un giusto che sarebbe caduto, mentre poteva portarlo via prima che cadesse, rammenti che i suoi giudizi sono assolutamente giusti, ma imperscrutabili. L'affermazione del libro della Sapienza equivale alle interpretazioni degli antichi commentatori cattolici. 14. 27. Se cos sta la questione, non avrebbero dovuto essere ripudiate le parole del libro della Sapienza; questo libro ha meritato di essere recitato solennemente nella Chiesa di Cristo dai lettori della Chiesa di Cristo ormai da tanti anni che tutti i cristiani, dai vescovi fino agli ultimi fedeli laici, penitenti, catecumeni, lo ascoltano venerandone la divina autorit. Ma supponiamo che io traessi dai commentatori della Scrittura vissuti prima di noi la difesa di questa dottrina che ora con pi rigore ed ampiezza del solito siamo costretti a sostenere contro il nuovo errore dei pelagiani; e riassumiamo qual il nostro pensiero: la grazia di Dio non viene data secondo i nostri meriti e a chi viene data viene data gratuitamente, perch non sta n a chi vuole n a chi corre, ma a Dio che ha misericordia; e a chi non viene data, non viene data per un giusto giudizio, perch non c' ingiustizia in Dio 110. Se dunque io derivassi la difesa di questa dottrina dai commentatori cattolici della Scrittura che sono venuti prima di noi, certo questi monaci, a vantaggio dei quali ora discutiamo, starebbero tranquilli, e me lo avete fatto capire con le vostre lettere. Ma quale bisogno c' che noi andiamo a frugare le loro opere, dato che prima che sorgesse l'eresia pelagiana non avevano la necessit di sprofondarsi in questa difficile questione per risolverla? Per naturalmente l'avrebbero fatto se fossero stati costretti a rispondere a simili individui. Il risultato che in alcuni punti dei loro scritti accennano brevemente e di passaggio alla loro opinione sulla grazia di Dio; si dilungano invece sugli argomenti intorno ai quali si svolgeva allora la lotta contro i nemici della Chiesa e sulle esortazioni a tutte le virt con le quali gli uomini servono Dio vivo e vero per ottenere la vita eterna e la vera felicit. Quale fosse la forza della grazia di Dio era indicato semplicemente nel continuo ricorso alle preghiere; infatti non s'implorerebbe da Dio di adempiere le cose che Egli ordina di fare, se l'adempierle non fosse un suo dono.

La testimonianza di Cipriano. 14. 28. Ma quelli che vogliono essere istruiti sulle opinioni dei trattatisti bisogna che antepongano a tutti costoro proprio il libro della Sapienza, dove si legge: Fu strappato, affinch la malizia non cambiasse la sua mente 111, e il motivo di ci che lo anteposero all'autorit propria i pi illustri commentatori gi dell'epoca pi vicina agli Apostoli. Essi lo usavano come una prova, persuasi di addurre un'autentica testimonianza divina. E risulta con certezza che San Cipriano, per dimostrare il beneficio di una morte precoce, sostenne che si ormai sottratti ai pericoli del peccato quando si giunge al termine di questa vita nella quale si pu peccare. Nel medesimo libro, gi citato, dice fra l'altro: Perch tu, che sei destinato ad essere con Cristo e sei sicuro della promessa del Signore, non accogli a braccia aperte di essere chiamato a Cristo e non ti rallegri di essere allontanato dal diavolo? 112. E in un altro passo dice: I bambini sfuggono al pericolo di un'et malsicura 113; e in un altro ancora: Perch non ci affrettiamo correndo per poter vedere la nostra patria, salutare i padri nostri? L un gran numero di nostri cari ci aspetta, genitori, fratelli, figli; una folla numerosa e folta ci desidera, sicura ormai della sua incolumit, ancora in ansia per la nostra salvezza 114. Con queste ed altre espressioni dello stesso genere quel famoso Dottore nella luce sfolgorante della fede cattolica testimonia in maniera adeguata e chiara che bisogna temere i pericoli e le tentazioni del peccato fino alla deposizione di questo corpo; da allora in poi nessuno rischier pi simili pericoli. Ma anche se questa testimonianza non bastasse, quale cristiano, chiunque esso sia, potrebbe dubitare di questa verit? Se un individuo cade e nella caduta conclude miseramente questa vita e va verso le pene dovute agli uomini come lui, come si potr sostenere, dico io, che non sarebbe stato per lui un enorme, incommensurabile vantaggio, se fosse stato strappato con la morte da questo luogo di tentazioni prima che cadesse? Conclusione. 14. 29. E con questo, a condizione che ci si astenga da una discussione per partito preso, si pone termine totalmente alla questione relativa a chi fu strappato affinch la malizia non mutasse la sua mente 115. E il libro della Sapienza, che per un cos lungo numero di anni ha meritato d'essere letto nella Chiesa di Cristo, compreso questo passo, non dev'essere riprovato perch si

oppone a quelli che cadono nell'inganno di sostenere i meriti dell'uomo e quindi finiscono per andare contro l'evidenza somma della grazia di Dio. Eppure essa si manifesta con tutta chiarezza nei bambini. Nel fatto che alcuni di essi muoiono battezzati, altri senza battesimo, si dimostrano adeguatamente la misericordia e il giudizio: la misericordia gratuita, il giudizio dovuto. Se infatti gli uomini fossero giudicati in base ai meriti della loro vita che non ebbero perch prevenuti dalla morte, ma che avrebbero avuto se fossero vissuti, niente gioverebbe a colui che fu strappato affinch la malizia non mutasse la sua mente; niente gioverebbe a coloro che muoiono dopo la caduta, se potessero morire prima. Ma questo nessun cristiano oser dirlo. Di conseguenza i nostri fratelli che insieme con noi combattono il pericolo dell'eresia pelagiana a vantaggio della fede cattolica, non devono condividere la convinzione di Pelagio che la grazia di Dio viene data secondo i nostri meriti. In questa maniera essi si adoperano a demolire la convinzione assolutamente vera e accettata da sempre dai cristiani: Fu strappato affinch la malizia non mutasse la sua mente, mentre gli eretici stessi non osano tanto. Finirebbero col sostenere una teoria che secondo noi nessuno potrebbe, non dico credere, ma nemmeno sognare, cio che chiunque muore viene giudicato in base a ci che avrebbe fatto se fosse vissuto pi a lungo. Cos la verit da noi sostenuta, che la grazia di Dio non viene data secondo i nostri meriti, evidente a tal punto che uomini d'ingegno nel contraddirla sono stati costretti a fare delle affermazioni che sono rifiutate sia dalle orecchie, sia dal senno di tutti. Il Salvatore, luminoso esempio di predestinazione e di grazia. 15. 30. C' anche quel lume splendidissimo di predestinazione e di grazia che il Salvatore stesso, il Mediatore di Dio e degli uomini, l'uomo Cristo Ges 116. Ma per conseguire quel risultato, quali sono i meriti nelle opere o nella fede che la natura umana che in lui si era procurata precedentemente? Si risponda, per favore: quell'uomo da dove trasse il merito per essere assunto dal Verbo coeterno al Padre in unit di persona e diventare Figlio unigenito di Dio? Quale bene, qualunque esso fosse, c'era stato in lui in precedenza? Che cosa aveva fatto prima, che cosa aveva creduto, che cosa aveva chiesto, per arrivare a questa inesprimibile sublimit? Non fu forse perch il Verbo lo cre e lo assunse, che quest'uomo cominci ad essere Figlio unico di Dio dal momento

stesso che cominci ad esistere? Quella donna piena di grazia non lo concep forse come Figlio unico di Dio? Non fu forse dallo Spirito Santo e dalla vergine Maria che nacque il Figlio unico di Dio, non per brama carnale, ma per singolare dono di Dio? C'era forse da temere che col progredire dell'et quell'uomo peccasse attraverso il libero arbitrio? O invece in lui la volont non era libera? O non piuttosto egli era tanto pi libero quanto meno poteva sottomettersi al peccato? Certamente la natura umana, cio la nostra, accolse singolarmente in lui tutte queste qualit singolarmente mirabili, e quante altre in assoluta verit si possono dichiarare sue proprie, senza alcun merito precedente. Qui l'uomo risponda a Dio, se ne ha il coraggio, e dica: Perch non avviene lo stesso anche per me? E si sentir rispondere: O uomo, chi sei tu per rispondere a Dio? 117. A questo punto accresca l'impudenza invece di frenarla ed aggiunga: Come dovrei intendere: Chi sei tu, o uomo? Se io sono quello che mi sento dire, cio uomo, e uomo anche Colui di cui sto parlando, perch non dovrei essere quello che lui? E' in virt della grazia che Egli ha tanta dignit e grandezza. Perch la grazia diversa, quando la natura comune? Certo non vi parzialit per le persone presso Dio 118. Via, discorsi del genere non li farebbe mai non dico un cristiano, ma neppure un folle. Nel nostro Capo la fonte stessa della grazia. Grazia e predestinazione sia di Cristo che di noi sono doni gratuiti di Dio. 15. 31. Ci sia manifesta dunque nel nostro Capo la fonte stessa della grazia, da cui secondo la misura assegnata a ciascuno essa si diffonde per tutte le sue membra. Fin dall'inizio della sua fede ogni uomo diviene cristiano per la medesima grazia, per la quale quell'uomo fin dall'inizio del suo esistere divenne Cristo; dal medesimo Spirito quegli rinato e Questi nato; per il medesimo Spirito avviene che a noi siano rimessi i peccati e che Egli non abbia alcun peccato. Dio certamente conobbe per prescienza che avrebbe compiuto queste cose. Dunque questa la predestinazione dei santi, che si manifest al grado pi alto nel Santo dei santi. E chi potr confutarla fra coloro che rettamente intendono le parole della verit? Infatti noi abbiamo appreso che fu predestinato lo stesso Signore della gloria, in quanto essendo uomo divenne Figlio di Dio. Proclama il Dottore delle Genti al principio delle sue epistole: Paolo servo di Ges Cristo, chiamato ad essere Apostolo, riservato al Vangelo di Dio, che gi era stato promesso per mezzo dei Profeti

nelle Sante Scritture riguardanti il Figlio suo, che nacque secondo la carne dal seme di David, che fu predestinato Figlio di Dio nella sua potenza, secondo lo Spirito di santit, con la resurrezione dai morti 119 . Dunque questa fu la predestinazione di Ges: Colui che doveva essere figlio di David secondo la carne, sarebbe stato tuttavia nella sua potenza Figlio di Dio secondo lo Spirito di santit, perch nacque dallo Spirito Santo e dalla vergine Maria. Il Dio Verbo agendo in maniera ineffabile e singolare assunse l'uomo; per questo fatto con verit e precisione Egli fu detto Figlio di Dio e figlio dell'uomo insieme, figlio dell'uomo perch l'uomo veniva assunto, e Figlio di Dio perch era Dio l'Unigenito che assumeva l'uomo; altrimenti si dovrebbe credere non ad una trinit, ma ad una quaternit. E fu predestinata questa assunzione della natura umana, questa assunzione cos grande, elevata e sublime che l'umanit non poteva innalzarsi a mete pi alte, mentre la divinit non poteva discendere a maggiore umilt, accogliendo la natura dell'uomo insieme all'infermit della carne fino alla morte sulla croce. Come dunque fu predestinato quell'Unico ad essere il nostro capo, cos noi nella nostra moltitudine siamo predestinati ad essere le sue membra. E allora tcciano i meriti umani che si sono dissolti in Adamo; regni, come regna, la grazia di Dio attraverso Ges Cristo Signore nostro, unico Figlio di Dio, solo Signore. Chiunque trover nel nostro Capo dei meriti che abbiano preceduto la sua singolare generazione, questi ricerchi anche in noi, sue membra, dei meriti che abbiano preceduto il moltiplicarsi in noi della rigenerazione. E infatti a Cristo non fu data in ricompensa ma in dono quella generazione che, estraneo ad ogni vincolo di peccato, lo fece nascere dallo Spirito e dalla Vergine. Allo stesso modo anche a noi la rinascita dall'acqua e dallo Spirito non fu data in ricompensa di qualche merito, ma concessa gratuitamente; e se la fede ci ha condotto al lavacro della rigenerazione, non per questo dobbiamo pensare che per primi noi abbiamo dato qualcosa per ricevere in cambio questa rigenerazione salutare. Certamente a farci credere in Cristo fu Colui che fece nascere per noi il Cristo in cui crediamo; a creare negli uomini il principio della fede e il suo perfezionamento in Ges Colui che ha fatto l'uomo Ges autore e perfezionatore della fede 120. Cos Egli chiamato, come sapete, nell'Epistola agli Ebrei. Quelli che sono chiamati secondo il decreto.

16. 32. Infatti Dio chiama i suoi molti figli predestinati per renderli membra del suo unico Figlio predestinato, ma non con quella vocazione che ricevettero anche coloro che non vollero venire alle nozze 121. Questo secondo genere di chiamata fu rivolto anche ai Giudei, per i quali Ges crocifisso scandalo, e ai Gentili, per i quali il crocifisso stoltezza; al contrario la chiamata dei predestinati quella che l'Apostolo distinse dicendo che egli predicava ai chiamati, Giudei e Greci, Cristo potenza e sapienza di Dio. Le parole: Appunto per i chiamati 122, servono a contraddistinguere i non chiamati. Sapeva che c' un tipo di appello sicuro per quelli che sono stati chiamati secondo il decreto, perch Dio ne ebbe prescienza e li predestin ad essere conformi all'immagine del Figlio suo 123. Riferendosi a questa chiamata dice: Non dalle opere, ma dal volere di Colui che chiama le fu detto: Il maggiore servir il minore 124. Disse forse: Non dalle opere, ma da chi ha la fede? niente affatto; anche questo lo tolse all'uomo per darlo a Dio. Disse dunque: dal volere di Colui che chiama, non con qualsiasi chiamata, ma con quella che rende credenti. I doni e la chiamata di Dio sono senza ripensamenti. 16. 33. E sempre a questa guardava l'Apostolo quando diceva: I doni e la chiamata di Dio sono senza ripensamenti. Prestate un po' di attenzione al contenuto di questo passo. Dopo aver detto: Non voglio che ignoriate, fratelli, questo mistero, perch non presumiate la sapienza da voi stessi; l'accecamento si provocato su una parte di Israele, finch entrino tutte le nazioni, e cos Israele tutto sia salvo; come scritto: Verr da Sion il Liberatore e distoglier l'empiet da Giacobbe, e questa sar l'alleanza da parte mia con loro, quando avr tolto i loro peccati, ha aggiunto una frase su cui si deve riflettere attentamente: Secondo il Vangelo sono nemici [di Dio] a causa di voi, secondo l'elezione sono amati a causa dei padri 125 . Che vuol dire: Secondo il Vangelo sono nemici a causa di voi, se non che la loro inimicizia che li spinse ad uccidere Cristo, come vediamo, giov sicuramente al Vangelo? L'Apostolo dimostra che ci provenuto da una disposizione di Dio, che sa usare bene anche dei cattivi, non affinch i vasi d'ira giovino a lui stesso, ma affinch, dato che egli li usa bene, giovino ai vasi di misericordia. Come si poteva parlare pi chiaramente di cos: Secondo il Vangelo sono nemici [di Dio] a causa di voi? Dunque peccare in potest dei malvagi; ma che peccando con la loro malizia provochino questo o quell'effetto, non in loro potest, ma di Dio che divide le

tenebre e le dirige al fine. Ne consegue che pur agendo essi contro la volont di Dio, non si adempie che la volont di Dio. Leggiamo negli Atti degli Apostoli che gli Apostoli messi in libert dai Giudei tornarono dai propri fratelli e raccontarono loro tutto ci che i sacerdoti e gli anziani avevano detto loro. Ed essi tutti concordi levarono la voce al Signore e dissero: Signore, sei tu che hai fatto il cielo e la terra e il mare e tutte le cose che sono in essi, tu che hai detto per bocca del padre nostro David, santo servo tuo: Perch fremono le nazioni e i popoli hanno macchinato disegni vani? Si sono sollevati i re della terra e i principi si sono raccolti contro il Signore e contro il Cristo suo. Infatti si sono trovati insieme in questa citt contro il santo tuo servo Ges che tu hai unto, Erode e Pilato e il popolo di Israele a fare tutto ci che la tua mano e il tuo consiglio avevano predestinato che si facesse 126. Ecco, che significa la frase: Secondo il Vangelo sono nemici [di Dio] a causa di voi? Certamente la mano e il disegno di Dio predestinarono che i Giudei suoi nemici facessero tutto quanto era necessario per noi di fronte alla prospettiva del Vangelo. Ma che vuol dire quello che segue: Secondo l'elezione per sono amati a causa dei padri? Forse quei nemici che andarono in perdizione nelle loro inimicizie e che tra quella gente ancora oggi vanno in perdizione perch sono ostili a Cristo, questi stessi sarebbero gli eletti e gli amati? Assurdo: chi mai, anche il pi stolto, potrebbe affermarlo? Ma entrambe le cose, per quanto tra loro contrarie, cio essere nemici ed essere amati, se non si adattano ai medesimi individui, si adattano per alla medesima nazione dei Giudei e alla medesima discendenza carnale di Israele, perch alcuni appartengono allo zoppicamento, altri alla benedizione dello stesso Israele 127. E infatti ha chiarito questo significato pi apertamente in precedenza, quando ha detto: Quello che Israele cercava non l'ottenne; invece la parte eletta l'ha ottenuto, mentre gli altri sono stati accecati 128. Ma tanto i primi quanto i secondi sono sempre Israele. Dunque quando ascoltiamo: Israele non l'ottenne, oppure: gli altri sono stati accecati, bisogna intendere che questi siano i nemici a causa di voi; e quando udiamo: Invece la parte eletta l'ha ottenuto, bisogna intendere che questi sono gli amati a causa dei padri, quei padri cio ai quali erano state fatte le promesse. Appunto ad Abramo furono rivolte le promesse e alla sua discendenza 129. E poi in questo olivo fu innestato l'oleastro delle Genti 130. Ma l'elezione di cui parla l'Apostolo ci deve subito venire in mente che secondo la grazia, non secondo il debito; difatti un residuo fu salvato per elezione

della grazia 131. Questa l'elezione che ottenne quello che cercava, mentre gli altri furono accecati. E' secondo questa elezione che gli Israeliti sono amati a causa dei padri. Infatti non furono chiamati secondo quella vocazione della quale detto: Molti sono i chiamati 132 , ma secondo quella che si rivolge agli eletti. Per cui anche in quel passo, dopo aver detto: Secondo l'elezione per sono amati a causa dei padri, subito l'Apostolo aggiunge le parole di cui trattiamo: I doni e la chiamata di Dio sono senza ripensamenti, cio fissati stabilmente senza possibilit di mutazione. Quelli che fanno parte di questa chiamata ricevono tutti il loro insegnamento da Dio e nessuno di essi pu dire: Ho creduto affinch fossi chiamato in questa maniera; no, stata la misericordia di Dio che lo ha prevenuto; egli stato chiamato perch credesse. Infatti tutti quelli che ricevono l'insegnamento da Dio vengono al Figlio, perch hanno udito ed appreso dal Padre per mezzo del Figlio, che dice con tanta evidenza: Chiunque ha udito dal Padre ed ha appreso, viene a me 133 . Di questi nessuno si perde, perch di tutto ci che il Padre gli diede nulla perder 134. Chiunque fa parte di quel numero, assolutamente non si perde; e chi si perde non ne faceva parte. Perci detto: Sono usciti di fra noi, ma non erano dei nostri, perch se fossero stati dei nostri, sarebbero restati senz'altro con noi 135. La chiamata degli eletti. 17. 34. Cerchiamo di capire dunque in che consista la chiamata che crea gli eletti, i quali non sono eletti perch hanno creduto, ma sono eletti perch credano. Il Signore stesso ne svela assai bene la natura con le parole: Non siete voi che avete scelto me, ma io ho scelto voi 136. Infatti se fossero stati scelti perch avevano creduto, evidentemente sarebbero stati loro per primi a sceglierlo con il credere in lui, e cos avrebbero meritato di essere scelti. Ma esclude completamente questa ipotesi chi dice: Non siete stati voi che avete scelto me, ma io ho scelto voi. Fuor d'ogni dubbio anch'essi lo hanno scelto, quando hanno creduto in lui. Quando dice: Non siete stati voi che avete scelto me, ma io ho scelto voi, questo solo ne il significato: non sono stati loro a sceglierlo in modo da farsi scegliere da lui, ma fu lui che li scelse in maniera da farsi scegliere da loro. La sua misericordia infatti li prevenne 137, secondo la grazia, non secondo il debito. Egli li scelse dal mondo quando quaggi viveva nella carne, ma gi erano stati eletti in lui stesso prima della creazione del mondo. Questa l'immutabile verit della

predestinazione e della grazia. Infatti che significa quello che dice l'Apostolo: Ci elesse in lui prima della creazione del mondo 138? Se fosse stato detto perch Dio aveva prescienza che avrebbero creduto, non perch Egli stesso li voleva rendere credenti, contro questa prescienza parlerebbe il Figlio, dicendo: Non siete voi che avete scelto me, ma io ho scelto voi. Sarebbe come dire: Dio ha avuto prescienza che essi stessi avrebbero scelto Cristo, meritando cos di essere scelti da lui. In realt essi furono scelti prima della creazione del mondo attraverso quella predestinazione per cui Dio ha prescienza di ci che far in futuro, e furono scelti dal mondo con quella chiamata con la quale Dio d compimento a ci che ha predestinato. Infatti quelli che ha predestinato, li ha anche chiamati: s'intende, con quella chiamata che secondo il decreto; dunque non altri, ma quelli che ha predestinato, Egli ha anche chiamato; n altri, ma quelli che ha chiamato cos, ha anche giustificato; n altri, ma quelli che ha predestinato, chiamato, giustificato, ha anche glorificato 139, con quella finalit che non ha fine. Dunque Dio ha scelto i fedeli, ma affinch lo siano, non perch gi lo erano. L'apostolo Giacomo dice: Dio non ha scelto forse i poveri in questo mondo per farli ricchi nella fede ed eredi del regno che Dio ha promesso a coloro che lo amano? 140. Con lo sceglierli dunque li fa ricchi nella fede, come pure eredi del regno. Giustamente si pu dire che sceglie in essi la fede, perch li ha scelti per farla nascere in essi. Scusate, nessuno potrebbe udire Dio che dice: Non siete voi che avete scelto me, ma io ho scelto voi, e avere il coraggio di affermare che gli uomini credono per essere scelti, quando al contrario sono scelti per credere. Altrimenti contro le parole della verit risulterebbe che essi hanno scelto Cristo per primi, mentre ad essi Cristo dice: Non siete voi che mi avete scelto, ma io ho scelto voi. Dio predestin i suoi eletti prima della creazione del mondo. 18. 35. Mettiamo che uno ascolti le parole dell'Apostolo: Benedetto sia Dio e Padre del Signore nostro Ges Cristo che ci ha benedetti con ogni benedizione spirituale dall'alto dei cieli in Cristo, cos come ci ha eletti in lui prima della creazione del mondo, perch fossimo santi e immacolati al suo cospetto in carit. Egli ci ha predestinati ad essere figli adottivi con la mediazione di Ges Cristo, per lui stesso, secondo quanto piacque alla sua volont, attraverso la quale ci ha gratificati nel Figlio suo diletto. In lui abbiamo la redenzione grazie al suo sangue stesso, la remissione dei peccati

secondo la ricchezza della sua grazia, che fece ricadere in abbondanza su di noi con ogni sapienza e prudenza, per mostrarci il mistero della sua volont, secondo la bont del suo volere, per cui aveva prestabilito in lui, quando si fosse realizzata la pienezza dei tempi, di riunire tutte le cose in Cristo, quelle che sono nei cieli e quelle che sono sulla terra. In lui abbiamo anche ottenuto l'eredit, predestinati secondo il divisamento di Colui che opera tutte le cose secondo il decreto della sua volont, affinch serviamo di lode alla sua gloria 141. Potrebbe costui, io dico, udire con attenzione ed intelligenza queste parole e dubitare della verit tanto chiara che difendiamo? Dio elesse in Cristo le sue membra prima della creazione del mondo; e come avrebbe potuto scegliere quelli che ancora non esistevano se non predestinandoli? Dunque ci ha scelto attraverso la predestinazione. Forse avrebbe scelto degli empi e degli immondi? Se si ponesse questo problema: Egli sceglie esseri simili o piuttosto i santi e immacolati? Chi si soffermerebbe a cercare una risposta invece di esprimersi subito in favore dei santi e degli immacolati? Dio ci scelse non perch saremmo stati santi, ma perch lo fossimo. 18. 36. "Dunque egli aveva prescienza - dice il seguace di Pelagio di quelli che sarebbero stati santi e immacolati attraverso l'arbitrio della libera volont; per questo li scelse prima della creazione del mondo nella sua prescienza per la quale gi sapeva che sarebbero stati tali. Li scelse dunque - egli dice - prima che esistessero, predestinando ad essere figli quelli che prevedeva che sarebbero stati santi e immacolati; allora non fu lui a farli tali, n previde che li avrebbe fatti tali, ma che essi lo sarebbero stati". Allora esaminiamo le parole dell'Apostolo e vediamo se Egli ci ha eletto prima della creazione del mondo perch saremmo stati santi e immacolati, oppure affinch lo diventassimo. Benedetto sia Dio e Padre del Signore nostro Ges Cristo, che ci ha benedetti con ogni benedizione spirituale dall'alto dei cieli in Cristo, cos come ci ha eletti in lui stesso prima della creazione del mondo, perch fossimo santi e immacolati 142. Dunque ci scelse non perch noi lo saremmo stati, ma perch lo fossimo. S, certo; s, manifesto: saremmo stati tali perch Egli ci aveva scelto, predestinando che fossimo santi e immacolati per la sua grazia. Cos dunque ci benedisse con ogni benedizione spirituale dall'alto dei cieli in Cristo Ges, cos come ci ha eletti in lui stesso prima della creazione del mondo,

perch fossimo santi e immacolati al suo cospetto per la carit, predestinandoci ad essere figli adottivi per la mediazione di Ges Cristo per lui stesso. Fate bene attenzione a quello che aggiunge: secondo quanto piacque alla sua volont: perch nell'immenso beneficio della grazia non ci gloriassimo come se ci fosse piaciuto alla volont nostra. Nella quale ci ha gratificati, dice, nel Figlio suo diletto 143 : dunque nella sua volont che ci ha gratificati. "Ha gratificato" parola che viene da grazia, cos come "ha giustificato" viene da giustizia. In lui abbiamo, dice, la redenzione grazie al suo sangue stesso, la remissione dei peccati secondo la ricchezza della sua grazia, che fece ricadere in abbondanza su di noi con ogni sapienza e prudenza, per mostrarci il mistero della sua volont, secondo il disegno della sua buona volont 144. In questo mistero della sua volont ha posto la ricchezza della sua grazia, secondo la buona volont sua, non secondo la nostra, che non potrebbe essere buona, se Egli secondo la sua buona volont non le prestasse il soccorso per farla diventare tale. E dopo aver detto: Secondo il disegno della sua buona volont, aggiunge: che Egli aveva prestabilito in lui, cio nel suo diletto Figlio, e per cui aveva deciso, alla realizzazione della pienezza dei tempi, di riunire tutte le cose in Cristo, quelle che sono nei cieli e quelle che sono sulla terra. In lui abbiamo anche ottenuto l'eredit, predestinati secondo il decreto di Colui che opera tutte le cose secondo il consiglio della sua volont, affinch serviamo di lode alla sua gloria 145. Errore dei pelagiani che fanno precedere la grazia dai meriti umani. 18. 37. Sarebbe troppo lungo discutere sulle singole espressioni. Ma potete senza dubbio distinguere con quanta chiarezza le parole dell'Apostolo sostengano questa grazia contro la quale si vogliono esaltare i meriti umani, come se fosse l'uomo a dare qualcosa per primo perch gli sia dato qualcosa in ricompensa. Dio ci ha eletti in Cristo prima della creazione del mondo, predestinandoci ad essere figli adottivi, non perch saremmo stati santi e immacolati per noi stessi, ma ci scelse e ci predestin affinch lo fossimo. E fece ci secondo quanto piacque alla sua volont, perch nessuno si glori della propria, ma della volont di Dio nei suoi confronti. Egli ha fatto ci secondo la ricchezza della sua grazia, secondo il disegno della sua buona volont, che Egli aveva prestabilito nel Figlio suo diletto, nel quale abbiamo ottenuto l'eredit, predestinati secondo il decreto, non nostro, ma suo, di Colui che opera tutte le cose a tal

punto che Egli opera in noi anche il volere 146. E opera secondo il consiglio della sua volont, affinch serviamo di lode alla sua gloria. Ecco la ragione per cui proclamiamo: Nessuno si glori nell'uomo 147, e quindi neppure in se stesso; ma chi si gloria, si glori nel Signore 148 , affinch serviamo di lode alla sua gloria. Certo, Egli opera secondo il decreto suo, affinch serviamo di lode alla sua gloria con la nostra santit e purezza, ed per questo che ci ha chiamati, predestinandoci prima della creazione del mondo. Da questo decreto deriva la chiamata propria degli eletti, per i quali Egli coopera in ogni cosa al bene, dato che sono stati chiamati secondo il decreto 149, e i doni e la chiamata di Dio sono senza ripensamenti. Confutazione della tesi pelagiana secondo cui Dio ebbe prescienza unicamente della nostra fede e in base a questa ci predestin. 19. 38. Ma forse questi nostri fratelli riguardo ai quali e per i quali discutiamo ora, dicono che i pelagiani sono confutati da questa testimonianza apostolica, dove si dice che noi siamo stati eletti in Cristo e predestinati prima della creazione del mondo perch fossimo santi e immacolati al suo cospetto per la carit. Essi infatti pensano: "Accolti i comandamenti attraverso l'arbitrio della libera volont, diveniamo santi e immacolati al suo cospetto per la carit; e poich Dio ebbe prescienza che ci sarebbe accaduto, ci elesse prima della creazione del mondo e ci predestin in Cristo". Ma non cos dice l'Apostolo: Dio ci elesse non perch ebbe prescienza che noi saremmo stati tali, ma perch fossimo tali attraverso l'elezione della sua grazia, nella quale ci gratific nel Figlio suo diletto. Dunque quando ci predestin, ebbe prescienza del suo operato con il quale ci fa santi e immacolati. Per cui questa testimonianza mette giustamente sotto accusa l'errore dei pelagiani. "Ma noi diciamo continuano a replicare - che Dio non ebbe prescienza se non della nostra fede, con la quale cominciamo a credere, e perci ci scelse prima della creazione del mondo e ci predestin affinch fossimo anche santi e immacolati per grazia e opera di lui". Ma prestino orecchio a loro volta a questa testimonianza, nel punto in cui dice: Abbiamo ottenuto l'eredit, predestinati secondo il decreto di Colui che opera tutte le cose. Dunque lui che opera affinch cominciamo a credere, lui che opera tutte le cose. Infatti neanche la fede precede la chiamata della quale detto: Senza ripensamenti sono i doni e la chiamata di Dio 150; ed anche: Non dalle opere, ma da Colui che chiama 151, dove avrebbe potuto dire: Da colui che

crede. Cos pure la fede non precede la scelta che il Signore ha indicato con le parole: Non siete voi che avete scelto me, ma io ho scelto voi 152. Infatti non ci ha scelti perch abbiamo creduto, ma affinch crediamo; e non si dica che noi prima l'abbiamo scelto, altrimenti diventa falsa, e questo non sia mai, l'asserzione: Non siete stati voi a scegliere me, ma io ho scelto voi. Non siamo chiamati perch abbiamo creduto, ma affinch crediamo: quella chiamata che senza ripensamento suscita e completa la nostra fede. E non il caso di ripetere su questo argomento i tanti ragionamenti che abbiamo gi sviluppato. Se non si giudica falso il ringraziamento dell'Apostolo, Dio dona l'inizio della fede. 19. 39. Anche nei passi che seguono di questa testimonianza, l'Apostolo rende grazie a Dio per quelli che hanno creduto; il suo ringraziamento non rivolto al fatto che sia stato loro annunciato il Vangelo, ma al fatto che vi hanno creduto. Infatti dice: In lui anche voi udendo il verbo della verit, il Vangelo della vostra salvezza, e credendovi, siete stati segnati con il sigillo dello Spirito della promessa, lo Spirito Santo che pegno della nostra eredit, per la redenzione del popolo che si acquistato a lode della sua gloria; per questo anch'io, udita la vostra fede in Cristo Ges e [la vostra carit] verso tutti i santi, non cesso di rendere grazie per voi 153. Era nuova e recente la loro fede dopo che avevano udito la predicazione del Vangelo, ma avendo saputo di questa fede, l'Apostolo rende grazie a Dio per loro. Se si ringraziasse una persona per una cosa che si pensa o si sa che costui non ha compiuto, si dovrebbe parlare di adulazione o irrisione pi propriamente che di ringraziamento. Non ingannatevi: Dio non si pu dileggiare 154; un dono suo anche l'inizio della fede, a meno che non si voglia giudicare falso o ingannatore il ringraziamento dell'Apostolo. E ancora, non chiaro forse che anche per i Tessalonicesi si tratta dell'inizio della fede? E anche di ci l'Apostolo rende grazie a Dio, dicendo: Noi rendiamo grazie a Dio senza intermissione, perch avendo udito da noi la parola di Dio, l'avete accettata non come parola di uomini, ma come veramente, parola di Dio che opera in voi che vi avete creduto 155. Che motivo c' in tutto questo di rendere grazie a Dio? E' assolutamente vano ed inutile, se colui che si ringrazia non ha fatto nulla. Ma poich il ringraziamento non n vano n inutile, fu certo Dio, a cui per questa opera egli rende grazie, a fare s che, avendo essi udito

dall'Apostolo la parola di Dio, l'accettassero non come parola di uomini, ma come veramente, parola di Dio. Dio dunque opera nei cuori degli uomini con quella chiamata secondo il suo decreto, della quale molto abbiamo parlato; e la sua chiamata fa s che non odano inutilmente il Vangelo, ma dopo averlo udito si convertano e credano, ricevendolo non come parola di uomini, ma, com' veramente, parola di Dio. E' Dio che apre la porta del cuore alla fede. 20. 40. Che l'inizio della fede negli uomini sia anch'esso un dono di Dio ce lo ricorda l'Apostolo, facendolo capire con le parole dell'Epistola ai Colossesi: Insistete nella preghiera, vigilanti in essa e nel rendimento di grazie, pregando contemporaneamente anche per noi, perch Dio ci apra la porta della sua parola per annunziare il mistero di Cristo, per il quale io sono stato incatenato, perch io lo manifesti com' mio dovere 156. Quando si pu aprire la porta della parola, se non quando l'intelletto di chi ode si apre per credere e per accogliere dopo l'inizio della fede la predicazione e la chiarificazione delle cose che servono ad edificare la dottrina della salvezza? Chi ode non deve disapprovare e rifiutare quello che viene detto, serrando il cuore per la mancanza della fede. Perci anche ai Corinzi l'Apostolo si rivolge cos: Rimarr ad Efeso fino alla Pentecoste; infatti mi si spalancata una porta grande e promettente, e gli avversari sono molti 157. Cos'altro pu voler dire qui se non che dopo aver predicato per la prima volta il Vangelo in quel luogo, molti credettero, ma si levarono anche molti avversari della fede, secondo la frase del Signore: Nessuno viene a me se non gli stato concesso dal Padre mio 158; e l'altra: A voi stato concesso di conoscere il mistero del regno dei cieli; ma a loro non stato concesso 159? Dunque la porta si aperta per quelli ai quali stato concesso; ma molti tra coloro ai quali non stato concesso sono diventati nemici. Chiarissima dimostrazione di questa verit. 20. 41. E nella seconda Epistola ai Corinzi dice ancora l'Apostolo: Venuto a Troade per predicare il Vangelo di Cristo, pur essendomisi aperta una porta nel Signore, non ebbi requie nel mio spirito per il fatto che non vi trovai Tito, il fratello mio; perci li salutai e mi recai in Macedonia 160. Chi sono quelli che salut se non quelli che avevano creduto, nel cuore dei quali evidentemente si era aperta

una porta all'evangelizzazione? E badate a quello che aggiunge: Si rendano grazie a Dio che sempre ci fa trionfare in Cristo, e in ogni luogo diffonde attraverso di noi la fragranza della sua conoscenza; perch noi siamo per Dio il soave odore di Cristo, sia in quelli che si salvano, sia in quelli che si perdono; per alcuni odore che conduce di morte in morte, ma per alcuni odore che conduce di vita in vita 161 . Ecco il motivo per cui rende grazie quel combattente fervidissimo e difensore invincibile della grazia; ecco il motivo per cui rende grazie, perch gli Apostoli sono per Dio il buon odore di Cristo, sia in quelli che si salvano per la sua grazia, sia in quelli che si perdono per il suo giudizio. Ma per non provocare troppo risentimento in quelli che non capiscono bene queste parole, egli aggiunge l'avvertimento: E chi all'altezza di simile compito? 162. Ma torniamo all'apertura della porta, immagine con la quale l'Apostolo vuole significare l'inizio della fede in chi ode. Infatti una simile frase: Pregando contemporaneamente anche per noi, perch Dio ci apra la porta della sua parola 163, che altro se non la chiarissima dimostrazione che anche lo stesso inizio della fede dono di Dio? Infatti nelle preghiere non gli si rivolgerebbe quella richiesta se non si credesse che la concessione viene da lui. Questo dono della grazia celeste era disceso in quella venditrice di porpora a cui, come dice la Scrittura negli Atti degli Apostoli: Dio aveva aperto il cuore, e prestava attenzione a ci che Paolo diceva 164. Infatti ella era chiamata con quell'appello che ci rende credenti. Dio compie nel cuore degli uomini ci che vuole, sia soccorrendo, sia giudicando, affinch anche per mezzo loro si compia ci che la sua mano e il suo consiglio ha predestinato 165. Il fatto che Dio piega le volont degli uomini riguarda o no la presente questione? 20. 42. Abbiamo provato, traendo dai Libri dei Re e dai Paralipomeni le testimonianze scritturali, che quando Dio vuole far avvenire quello che necessariamente non avviene se non con la partecipazione della volont umana, i cuori degli uomini si piegano a volerlo 166. Ma naturalmente sempre lui a piegarli, lui che in modo mirabile ed ineffabile opera in noi anche il volere. Hanno obiettato invano che questo non appartiene alla questione che qui interessa 167. Che cos' questo se non voler contraddire pur non avendo nulla da dire? A meno che non abbiano fornito a voi le ragioni del loro convincimento e voi nelle vostre lettere abbiate invece preferito tacerle. Ma io non so quali esse possano essere.

Sar forse perch abbiamo dimostrato che Dio ha influito sul cuore degli uomini e ha mosso la volont di quelli che a lui piacque muovere, affinch fosse eletto re Saul oppure David. Pensano perci che questi esempi non si adattano all'argomento perch regnare temporalmente in questo mondo non la stessa cosa che regnare in eterno con Dio; e perci pensano che Dio si riserva di piegare la volont di chi vuole per creare i regni terreni, ma non lo fa quando si deve ottenere il regno celeste. Ma io penso che siano dette per il regno dei cieli, non per il regno terreno tutte le espressioni che seguono: Piega il mio cuore verso i tuoi precetti 168; I passi dell'uomo sono diretti dal Signore e le sue vie saranno approvate da lui 169; La volont preparata dal Signore 170; Sia con noi il nostro Signore, come era con i nostri padri; non ci abbandoni n ci allontani da s; pieghi a s i nostri cuori affinch avanziamo in tutte le sue vie 171; Dar ad essi un cuore per conoscermi e orecchie che intendano 172; Dar ad essi un cuore diverso e uno spirito nuovo dar ad essi 173. E ascoltino anche quest'altro passo: Metter il mio spirito in voi e far s che camminiate nei miei giusti precetti e osserviate e applichiate le mie decisioni 174; e questo ancora: Dal Signore sono diretti i passi dell'uomo; un mortale come pu intendere le sue vie? 175; e ancora: Ogni uomo sembra giusto a se stesso, ma il Signore che dirige i cuori 176; e ancora: Credettero tutti quelli che erano preordinati per la vita eterna 177. Facciano attenzione a queste testimonianze e a tutte le altre che non ho voluto citare, le quali dimostrano che Dio prepara e rivolge la volont degli uomini anche quando il fine il regno dei cieli e la vita eterna. E riflettete che assurdit sarebbe, se credessimo che Dio opera la volont degli uomini per stabilire i regni terreni, mentre per conquistare il regno dei cieli sarebbero gli uomini stessi a mettere in opera il proprio volere. Conclusione. 21. 43. Abbiamo esposto molti argomenti e forse ormai da tempo siamo riusciti a persuadere di ci che volevamo i nostri fratelli; pure insistiamo a parlare ad ingegni tanto pronti come se fossero intelletti ottusi per i quali non sufficiente nemmeno ci che troppo. Ma siano indulgenti: la novit del problema che ci ha spinto a tanto. Nei nostri opuscoli precedenti abbiamo esposto con testimonianze abbastanza adeguate che anche la fede un dono di Dio, ma ci stata escogitata un'obiezione: che quelle testimonianze sono valide per dimostrare che un dono di Dio l'accrescimento

della fede, ma l'inizio della fede, con cui in principio si crede in Cristo, parte dall'uomo stesso; non quindi un dono di Dio, anzi Dio lo esige; quando l'inizio c' stato, tutti gli altri beni, che sono effettivamente doni di Dio, seguono secondo loro per questo merito; e nessuno di essi dato gratuitamente. Eppure tra questi avversari si continua a sostenere la grazia, che non pu essere se non gratuita. Vedete bene quanto ci sia assurdo; per questa ragione abbiamo preso il partito di dimostrare, per quanto potevamo, che anche l'inizio della fede un dono di Dio. Forse l'abbiamo fatto pi prolissamente di quanto avrebbero voluto questi fratelli ai quali abbiamo dedicato la nostra opera; e su questo punto siamo pronti a ricevere i loro rimproveri, a una condizione per: bench ci siamo dilungati molto pi di quanto avrebbero voluto, bench abbiamo inflitto fastidio e noia a chi comprende facilmente, noi abbiamo raggiunto il nostro scopo. Lo ammettano. Abbiamo cio dimostrato che un dono di Dio anche l'inizio della fede, come la continenza, la pazienza, la giustizia, la piet e tutte le altre virt riguardo alle quali non abbiamo nessuna controversia con costoro. E qui abbia termine questo volume, perch anche un libro solo finisce per urtare se eccessivamente lungo.

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1 - Fil 3, 1. 2 - Gal 6, 17. 3 - VIRGILIO, Aeneid., 11, 309. 4 - Ger 17, 5. 5 - Fil 3, 15. 6 - Fil 3, 15-16. 7 - Rm 11, 35-36. 8 - Fil 1, 29. 9 - Cf. 1 Cor 7, 25.

10 - Cf. At 9. 11 - Sal 84, 7. 12 - 2 Cor 3, 5. 13 - Ibidem 14 - ILARIO, Ep. 226, 2. 15 - Rm 4, 20-21. 16 - Rm 12, 3. 17 - Ef 6, 23. 18 - CIPRIANO, Ad Quir. 3, 4. 19 - 1 Cor 4, 7. 20 - Tt 2, 12. 21 - ILARIO, Ep. 226,3. 22 - Ml 1, 3; Rm 9, 13. 23 - Rm 11, 5. 24 - 1 Cor 12, 6. 25 - Ef 6, 23. 26 - Rm 9, 16. 27 - Rm 9, 18. 28 - 1 Cor 7, 25. 29 - AGOSTINO, Retract. 1, 23, 2. 4. 30 - Rm 7, 7-25. 31 - Rm 7, 14. 32 - Rm 9, 10-29.

33 - 1 Cor 4, 7. 34 - AGOSTINO, Retract. 2, 2, 1. 35 - ILARIO, Ep. 226, 4. 36 - 1 Cor 1, 12. 27-29. 37 - 1 Cor 1, 30-31. 38 - 1 Cor 3, 2-7. 39 - 1 Cor 3, 21. 40 - 1 Cor 1, 31; CIPRIANO, Ad Quir. 3,4. 41 - 1 Cor 4, 6-7. 42 - 2 Ts 3, 2. 43 - Prv 8, 35 (sec. LXX). 44 - Sal 100, 1. 45 - Rm 11, 5-10. 46 - Sal 24, 10. 47 - Rm 11, 33. 48 - Gv 6, 28-29. 49 - Gal 2, 16. 50 - Ef 2, 8-9. 51 - At 10, 4. 52 - Rm 10, 14. 53 - Sal 126, 1. 54 - Gv 6, 29. 55 - Gv 6, 36. 37.

56 - Gv 6, 43-46. 57 - 2 Cor 4, 13. 58 - Cf. Ez 11, 19. 59 - Cf. Rm 9, 23. 60 - Rm 9, 18. 61 - Rm 9, 19. 62 - Rm 9, 20-21. 63 - Is 54, 13. 64 - Gv 6, 45. 65 - Rm 9, 18-23. 66 - 1 Cor 1, 18. 67 - 1 Tm 2, 4. 68 - Sal 84, 7. 69 - Cf. Mt 5, 44. 70 - CIPRIANO, De oratione domin. 18. 71 - Mt 6, 10. 72 - Cf. Fil 2, 13. 73 - Rm 10, 1. 74 - Gv 6, 44. 75 - Gv 6, 60-66. 76 - 1 Cor 1, 31. 77 - Rm 11, 33. 78 - Rm 9, 20.

79 - AGOSTINO, Ep. 102, 14, 15. 80 - Ef 1, 4. 81 - AGOSTINO, Ep. 102, 15. 82 - Ef 2, 9-10. 83 - Is 45, 11 (sec. LXX). 84 - Rm 1, 28. 85 - Gn 17, 4-5. 86 - Rm 4, 16. 87 - Rm 4, 20-21. 88 - Ab 2, 4. Rm 1, 17. 89 - Rm 14, 23. 90 - Eb 11, 6. 91 - Rm 4, 16. 92 - 1 Cor 10, 12. 93 - Rm 10, 9. 94 - ILARIO, Ep. 226, 2. 95 - Rm 8, 13. 96 - Rm 8, 14. 97 - 1 Cor 12, 11. 98 - Ez 36, 27. 99 - Cf. Ez 36, 31. 100 - 1 Tm 2, 5. 101 - PROSPERO, Ep. 225, 5

102 - 2 Cor 5, 10. 103 - Sal 13, 1. 104 - Cf. Gv 6, 54. 105 - Sap 4, 11. 106 - Cf. Sap 4, 7. 107 - Ez 18, 24. 108 - Gb 7, 1 (sec. LXX). 109 - Rm 11, 34. 110 - Rm 9, 14. 16. 111 - Sap 4, 11. 112 - CIPRIANO, De mort. 3. 113 - CIPRIANO, De mort. 15. 114 - CIPRIANO, De mort. 26. 115 - Ez 36, 27. 116 - 1 Tm 2, 5. 117 - Rm 9, 20. 118 - Gn 3, 25. 119 - Rm 1, 1-4. 120 - Eb 12, 2. 121 - Cf. Lc 14, 16-20. 122 - 1 Cor 1, 23-24. 123 - Rm 8, 28. 29. 124 - Rm 9, 12.13.

125 - Rm 11, 25-29. 126 - At 4, 24-28. 127 - Cf. Gn 32, 25-32. 128 - Rm 11, 7. 129 - Gal 3, 16. 130 - Rm 11, 17. 131 - Rm 11, 5. 132 - Mt 20, 16. 133 - Gv 6, 45. 134 - Gv 6, 39. 135 - 1 Gv 2, 19. 136 - Gv 15, 16. 137 - Cf. Sal 58, 11. 138 - Ef 1, 4. 139 - Rm 8, 30. 140 - Gc 2, 5. 141 - Ef 1, 3-12. 142 - Ef 1, 3-4. 143 - Ef 1, 5-6. 144 - Ef 1, 7-9. 145 - Ef 1, 11-12. 146 - Cf. Fil 2, 13. 147 - 1 Cor 3, 21.

148 - 1 Cor 1, 31. 149 - Rm 8, 28. 150 - Rm 11, 29. 151 - Rm 9, 12. 152 - Gv 15, 16. 153 - Ef 1, 13-16. 154 - Gal 6, 7. 155 - 1 Ts 2, 13. 156 - Col 4, 2-4. 157 - 1 Cor 16, 8. 9. 158 - Gv 6, 66. 159 - Mt 13, 11. 160 - 2 Cor 2, 12-13. 161 - 2 Cor 2, 14-16. 162 - 2 Cor 2, 16. 163 - Col 4, 3. 164 - At 16, 14. 165 - At 4, 28. 166 - 1 Sam 10, 26; 1 Cr 12, 18. 167 - ILARIO, Ep. 226, 7; Cf. De corrept. et gr. 14, 15. 168 - Sal 118, 36. 169 - Sal 36, 23. 170 - Prv 8, 35 (sec. LXX).

171 - 1 Re 8, 57-58. 172 - Bar 2, 31. 173 - Ez 11, 19. 174 - Ez 36, 27. 175 - Prv 20, 24. 176 - Prv 21, 2. 177 - At 13, 48.

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