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PATROLOGA FONDAMENTALE SEC.

IV (Mara)
INTRODUZIONE
Il IV secolo vede il verificarsi di una separazione tra Oriente e Occidente, tra l'area di
lingua greca e quella di lingua latina. Abbiamo pertanto due "patrologie", che presentano una
enorme fioritura di autori. Da ci consegue un primo problema, ovvero la necessit di
individuare un metodo di studio. Altaner e Quasten hanno scelto di utilizzare un criterio che
divide gli autori in base alla loro area geografico-culturale; tale metodo presenta per lo
svantaggio di riunire autori che si sono occupati di tematiche assai differenti tra di loro. La
prof. Mara sceglie invece un criterio tematico, che porter a dividere il corso nei seguenti
capitoli:
1. Quadro storico-politico-culturale della situazione del IV sec., indispensabile per
contestualizzare i Padri e per cogliere il loro interagire con la cultura e le idee della loro epoca.
I Padri risentono della cultura ambiente, la utilizzano ed in parte la trasformano. Il IV sec. si
presenta come l'inizio di grandi novit:
prima del 310 i Padri si collocano nel rispetto dell'autorit costituita (cfr. Rm), ma la
contestano a motivo delle persecuzioni e della rigida divisione in classi sociali.
gli imperatori del IV secolo (tranne Giuliano l'apostata, 361-363) sono tutti cristiani. I
Padri devono quindi riflettere su come proporre ai cristiani il rapporto Chiesa-impero. Si
forma allora una teologia politica, ovvero una riflessione sulle reciproche prerogative e
limitazioni dei due poteri.
prima del IV secolo non si pensa a dare una storia delle comunit cristiane. Ma nel
pensiero del tempo un popolo senza storia un non-popolo: si iniziano allora a scrivere delle
Cronologie (ovvero delle messe in parallelo degli avvenimenti dell'impero e di quelli
ecclesiali), cui fanno presto seguito delle Historiae vere e proprie (a partire da Eusebio di
Cesarea). Muta per il genere letterario: la storia non si occupa pi solo di generali, guerre e
imperatori; entrano invece, come soggetti storici, la plebe, le donne, i bambini...
in questo contesto importante considerare come viene vista dai Padri la progressiva
decadenza di Roma (che nel 410 sar messa al sacco dai Vandali): per alcuni si tratta di un'
enorme disgrazia, per altri si tratta semplicemente di un passaggio storico.
2. La cronografia, la storiografia, la biografia: come i cristiani si appropriano di questi
generi letterari noti all'antichit, e con quali esiti per le forme stesse (cfr. ad es. il De viris
illustribus di Gerolamo).
3. Fenomeni religiosi che si impongono nel IV sec.: proposte di salvezza per l'uomo cui
il cristianesimo deve rispondere (es.: il Manicheismo).
4. Conseguenze della persecuzione di Diocleziano: nella Chiesa, soprattutto africana, si
rivitalizza un problema mai sopito: nasce cos il donatismo. Vi nella Chiesa una esigenza di
purezza, di ascesi, di impegno serio per l'essere cristiani. Insieme al donatismo nasce anche il
monachesimo, come risposta alle esigenze suddette. Donatismo e monachesimo vogliono
rispondere alla stessa domanda di "purezza", ma hanno esiti ben diversi. Atanasio, scrivendo la
vita di Antonio, ha il grandissimo merito di recuperare all'interno della Grande Chiesa la vita
monastica, attenuandone la caratteristica di rifiuto della gerarchia.
5. Nasce la poesia cristiana: con molte fatiche, necessarie per liberarsi dai pregiudizi
tematici e formali che screditavano la poesia pagana agli occhi dei fedeli. Ha per contenuto la
vittoria di Cristo e l'amicizia cristiana.
6. Nel IV secolo nasce una riflessione sull'essere cristiani: la teologia, ovvero un
discorso su Dio che si tenta a partire anche da categorie filosofiche. Tutto questo crea non
pochi problemi, come ad esempio l'arianesimo, gli pneumatomachi... La riflessione della
Chiesa su questi movimenti origina i grandi Concilii: Nicea (325), Costantinopolitano I (381);
e molti Sinodi locali.
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7. Il grande numero di conversioni non rende pi sufficiente l'istruzione


"personalizzata" che si basava sulla confessione di Ges come Figlio di Dio e sulla conoscenza
della Bibbia. Nascono allora le Catechesi, pi sistematiche.
8. La novit del cristianesimo si spiega solo a partire dalla Bibbia: nascono cos
moltissimi Commentari biblici. Dopo la fine dell'attesa della Parusia come imminente, bisogna
trovare un insegnamento che permetta ai cristiani di vivere i tempi lunghi della storia. Abbiamo
cos, nel III sec., moltissimi commenti al corpus paolino. Contro le deviazioni dualiste bisogna
difendere la bont della creazione: si commenta cos moltissimo la Genesi.
9. L'attivit omiletica: si ormai diffusa la struttura liturgica, e ci si sofferma sulle feste
dei martiri, del Salvatore e di Maria. Molte omelie hanno per oggetto il commento dei Salmi.
10. L'attivit conciliare, con il problema delle diverse teologie soggiacenti ai due ambiti
greco e romano.
Bibliografia generale:
*
Ambito storico-politico: Danilou-Marrou, Nuova storia della Chiesa, vol. 1, parte
II. Per il confronto con le correnti religiose "esterne" al cristianesimo vedasi: Grant,
Gnosticismo e cristianesimo antico.
*
Ambito teologico: Kelly, Il pensiero cristiano delle origini, parte III.
*
Ambito cristologico: Grillmeier.
*
Rapporti Chiesa-Impero: H. Rahner, Chiesa e struttura politica nel cristianesimo
primitivo (offre un'idea generale, soprattutto per le origini); Barbero, Il pensiero politico
cristiano, Torino,1962. Da leggere e portare all'esame (criticando le parti meno condivisibili):
Momigliano (ed.), Il conflitto tra paganesimo e cristianesimo nel IV secolo, La Nuova Italia,
Firenze. Da leggere anche: Dodds, Pagani e cristiani in un'epoca di angoscia (la prospettiva
diversa da quella di Momigliano). Si segnala anche: R. Raimondon, La crisi dell'impero
romano, Mursia, Milano 1975 (sulla crisi religiosa del paganesimo).
QUADRO STORICO-POLITICO
303-5: persecuzione di Diocleziano.
311-13: editto di tolleranza di Galerio, Licinio, Costantino.
392: editto di Teodosio, rimasto unico imperatore: mette al bando il paganesimo e proscrive
ogni culto non cristiano. Nell'arco di un secolo il cristianesimo diventa, da perseguitato che
era, persecutore nella figura dell'imperatore cristiano.
I cuatro editti di persecuzione di Diocleziano (cfr. HE, VIII ed Eusebio, I martiri di
Palestina):
1. 303: proibizione del culto; confisca dei libri (Bibbia e liturgia) e dei vasi sacri;
confisca delle Chiese. E' la prima volta che si confiscano i libri sacri. Decio (250) e Valeriano
(257) obbligavano ad un atto di culto. Nel 257 (muore Cipriano) chi si professa cristiano deve
rinunciare ai beni e viene incarcerato. Diocleziano fa arrestare i capi delle comunit, e per la
prima volta vede nel possesso dei libri sacri l'elemento fondante dell'esistenza dei cristiani. I
cosiddetti traditores verranno poi considerati scomunicati dai donatisti, ed i sacramenti
celebrati da essi invalidi. Diocleziano comprende che, una volta tolto ai cristiani il riferimento
ai libri sacri (per noi: alla Rivelazione), essi non avrebbero pi avuto motivo di fare comunit.
2. Arresto dei capi delle Chiese.
3. Liberazione dei prigionieri che offrono libagioni e sacrifici (HE VIII, 6,10).
4. Come Decio, richiede a tutti i sudditi un atto di culto pagano. Notiamo una
escalation in questi editti, che hanno lo scopo di individuare i cristiani per annientarli. Eusebio
ci mostra, per, come gli ordini non fossero applicati ovunque con la stessa severit.

Nonostante questa persecuzione, il numero dei cristiani non diminu, bens si accrebbe: di
conseguenza, Diocleziano abdic nel 305.
Avvenimenti civili:
306 inizia la dinastia dei costantinidi (fino al 363).
311 primo editto di tolleranza di Galerio (HE VIII,17,1; cfr. Latt., De mortibus, 36): ogni
suddito pu adorare il dio che preferisce.
312 Costantino sconfigge Massenzio e resta unico Augusto d'Occidente.
313 Licinio sconfigge Massimino e resta unico Augusto d'Oriente.
324 Costantino sconfigge Licinio ad Adrianopoli: resta unico Imperatore.
337 morte di Costantino avvenimenti ecclesiali.
311 inizi storici dello scisma donatista.
313 primo sinodo romano convocato per decidere quale sia la vera Chiesa a Cartagine
("cattolica" o donatista).
314 Sinodo di Arles, con papa Silvestro, convocato per il medesimo motivo.
325 Concilio ecumenico di Nicea.
330 Costantino fonda Costantinopoli.
Il problema dell'inizio della decadenza dell'Impero romano va collegato con il regno di
Diocleziano e la sua abdicazione: questo il punto di arrivo di una lunga crisi dovuta anche a
delle trasformazioni della mentalit romana ed alle difficolt conseguenti all'enorme estensione
dell'Impero (Orazio dice: suis et ipsa Roma viribus ruit, ovvero: la stessa Roma cade a causa
della sua estensione). Il problema della decadenza anche dovuto alla decadenza della
religione dell'Impero. Il culto imperiale era stato inteso come l'unico legame possibile per
mantenere l'unit tra la pluralit di popoli e di regioni che costituivano l'Impero. Lo stesso
imperatore non pi solo proclamato figlio di una divinit, ma egli stesso divino. Cos il
titolo di pontifex maximus rappresenta l'unificazione del potere religioso e di quello politico
(secondo Varrone, pontifex deriva da pontem facere, ovvero fare da ponte, aprire un
cammino...).
A questa divinizzazione si giunge perch essa viene considerata vantaggiosa per
l'Impero: porta pace ed unit nel bacino del Mediterraneo. Augusto aveva pensato di
restaurare il costume per mezzo dell'idealit religiosa che stabiliva per tramite del culto
imperiale: con lui compare il titolo di Kyrios riferito all'Imperatore.
Pi tardi, i Severi e Diocleziano accentuano il carattere orientalizzante del culto
imperiale: chiedono espliciti atti di culto, nella convinzione che il credere comune nello stesso
principio divino, superando le differenze religiose locali, accomuni tutti nel riconoscimento di
un principio superiore celeste rappresentato in terra dall'Imperatore.
Prima di ricorrere al culto imperiale per rafforzare la coesione dell'Impero, lo stesso
scopo era stato perseguito con altri mezzi. All'inizio ci si era serviti delle strade per portare
ovunque, come fattore unificante, il diritto romano; ben presto, per, ci si era accorti che molti
dei suoi principi si raccordavano a concezioni dell'uomo e della vita difficilmente condivisibili
in altri contesti culturali (notiamo a questo proposito come, ad esempio, il concetto romano di
giustizia si riconducesse fondamentalmente alla difesa della propriet privata, mentre per il
cristianesimo tale impostazione era inaccettabile, dacch costringeva alcuni a restare privi del
necessario sostentamento. Altri esempi potrebbero poi venire offerti dal diritto sepolcrale....).
Il fallimento del tentativo di unificazione basato sull'universalizzazione del diritto
romano pone nella necessit, dal momento che si vogliono evitare conflitti per motivi non
essenziali quali le controversie giuridiche, di trovare un altro fattore di coesione. Si decide
allora di puntare sulla religione: ad ogni popolo viene permesso di mantenere i propri dei (che
anzi sono accolti nel Pantheon di Roma), purch si accetti di porre, al di sopra di essi,
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l'Imperatore, divinit suprema e fonte di unificazione. A questa regola non possono sottostare i
Giudei, che per rivestono un ruolo assai importante per l'economia dell'Impero. Si fanno loro
concessioni in questo senso, ma li si relega nei ghetti e si proibisce loro di fare proseliti
attivamente. Un simile trattamento sembra prospettarsi, almeno al suo nascere, anche per il
cristianesimo: la forte spinta missionaria che esso presenta, per, non lo rende assimilabile al
Giudaismo; prende cos il via l'epoca delle persecuzioni, seppur diverse nei tempi e nei modi.
Si pu allora notare quanto la tolleranza che l'ideologia imperiale rivendicava come
caratteristica della romanit (cfr. la polemica di Ambrogio contro Simmaco, a proposito della
risistemazione dell'ara della Vittoria a Roma) fosse invece dettata unicamente dall'interesse
politico-economico.
L'abdicazione di Diocleziano segna l'acme del processo di decadenza che stiamo
considerando, dal momento che essa gravida di conseguenze negative per la teologiaideologia politica imperiale.
All'inizio dell'Impero il valore militare a decretare la scelta dell'Imperatore: un
generale era proclamato Augustus dai propri soldati e confermava questa investitura se
riusciva a sconfiggere i concorrenti. Quando l'Impero assume proporzioni enormi, Diocleziano
opera un passaggio: l'investitura dell'autorit non viene n dall'esercito n dal Senato, bens
dalla divinit. Ma proprio Diocleziano, abdicando, mette in crisi questa concezione: come pu
una divinit abdicare? Il fallimento della persecuzione un vero e proprio scacco per la
divinit; non resta che l'abdicazione, parimenti incompatibile con lo "status" divino.
Costantino, mostrando un abilissimo intuito politico, trasferisce il principio della
divinit imperiale nella discendenza. Nel 324, con abile mossa, Costantino rinuncia al titolo di
pontifex maximus per assumere quello di "vescovo di quelli che stanno fuori"
(=e)pi/skopoj tw=n e)kto/j), in contrapposizione ai vescovi effettivi, che sono "vescovi
di quelli che stanno dentro"). Con l'assunzione di questo titolo egli inizia a stabilire una
distanza tra la gerarchia cristiana ed il laicato, affermando la propria autorit su quest'ultimo.
Prova di questo cambiamento di titolo, che per la prima volta contrappone stato e gerarchia
ecclesiale, una moneta coniata dallo stesso Costantino: in essa si vede la colomba dello
Spirito santo, i cui raggi vanno a colpire la testa di Costantino, che si proclama figlio di Dio.
Siamo di fronte ad una "trasposizione" della scena del battesimo di Ges nel Giordano.
Costantino si presenta cos come il primo punto di riferimento di una politica imperiale che
tiene in considerazione il cristianesimo. All'elemento di debolezza del potere politico-religioso
imperiale costituito dall'abdicazione di Diocleziano, Costantino oppone il conetto della
figliolanza divina dell'Imperatore (cfr. una moneta del 323-4). Intendeva essere un alter
Christus?
Costantino non esprime mai questa pretesa: si limita ad assumere dal cristianesimo una
serie di idee che gli permettono di sostituire alla tetrarchia la monarchia, nella quale vuole
mostrare e richiamarsi al monoteismo cristiano. Cos egli assume tutti i poteri nell'Impero:
pensa ed attua un regime politico di monarchia assoluta.
CONSTANTINO:
Bibliografia essenziale su Costantino:
*
A. Piganiol, L'Empereur Constantin, Paris 1932: tuttora insuperato per alcune
intuizioni politiche.
*
Farina, L'Impero e l'Imperatore cristiano in Eusebio di Cesarea: la prima teologia
politica del Cristianesimo, Zurigo 1966.
*
A. Alfldi, Costantino tra paganesimo e cristiansimo, Bari 1986.
*
A.H. Jones, Costantino e la conversione dell'Europa, 1948 (ma ai tempi di Cost.
l'Europa non esisteva!).
*
S. Mazzarino, L'impero romano, Bari 1973.
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Da Costantino prende l'avvio l'intervento degli imperatori cristiani nei problemi


dottrinali, a tal punto che in seguito la situazione della Chiesa sar condizionata dall'ascesa al
trono di un imperatore ariano o niceno: gli imperatori niceni, infatti, tenderanno a non
intervenire nelle discussioni teologiche (Valentiniano: "Laicus sum"; ma il suo socio Valente,
filoariano, convocher tre concilii per far deporre Atanasio).
Costantino figlio di Costanzo Cloro e di Elena. In giovent combatte valorosamente
contro i Persiani, e nel 306, alla morte del padre, acclamato imperatore dalle sue truppe. Nel
310: sconfigge presso Marsiglia Massimiano. Nel 312: combatte contro Massenzio e lo
sconfigge a Ponte Milvio. In questa occasione, secondo una tradizione gi attestata dai
contemporanei, Costantino, dopo aver avuto una visione, fa porre sugli scudi dei suoi soldati il
monogramma cristiano (XP) come segno e garanzia di vittoria. La tradizione del simbolo
posto sugli scudi attestata unanimemente, mentre quella della visione (accompagnata dalle
parole "in hoc signo vinces) riportata solo da Eusebio e Lattanzio. E' legittimo chiedersi,
dunque, se l'impiego del monogramma cristiano (e della successiva "conversione") fu davvero
suggerito dalla visione, o se dipendesse da un calcolo politico. Tale questione non a tutt'oggi
risolta: lo storico non pu fare altro che cercare ed esaminare gli eventuali "effetti" della
visione. Dopo la vittoria su Massenzio, in effetti, Costantino fu favorevole ai Cristiani.
Eccone alcune testimonianze storiche:
313: disposizioni di Costantino e Licinio sulla libert di culto (il c.d. "editto" di Milano).
324: sconfitta di Licinio: Costantino resta unico imperatore, e traduce nella monarchia
universale terrestre, sul piano teologico-politico, la monarchia celeste dell'unico vero Dio.
Delle sue vittorie su Massenzio e Licinio, lo stesso Costantino si preoccup di fornire una
spiegazione "teologica", dichiarando che i due furono puniti per aver perseguitato i cristiani di
oriente.
Vediamo ora alcuni provvedimenti di Costantino a favore dei cristiani:
creazione di strutture che aiutino a conservare l'unit della Chiesa cristiana: cursus
publicus offerto ai vescovi (che avevano avuto i beni confiscati), che per diviene anche un
mezzo di controllo, dacch Costantino crede fermamente che l'unit della Chiesa sia
importante per l'unit dell'impero.
provvedimenti in favore del clero: immunit ecclesiastica (prima esisteva solo per i
sacerdoti pagani); conferimento di valore civile alle sentenze emesse dai vescovi (che per li
fa entrare nell'amministrazione della giustizia civile).
misure contro gli scismi e le eresie (314: decreti contro i Donatisti; in seguito contro gli
ariani), motivate dal fatto che Costantino vuole mantenere il favore della Chiesa cattolica. Per
l'imperatore tutto ci che sta fuori dalla monarchia come una "eresia" politica: per questo
egli favorevole ai cattolici ma cerca di conquistarsi anche i pagani ( interessante notare
come per Orosio siano "eresie" tutti i popoli non nell'impero, poich sono al di fuori della
monarchia terrestre, riflesso di quella celeste. Per questo alcuni Padri identificano la caduta di
Roma con quella del cristianesimo).
Costantino, inoltre, centralizza l'amministrazione statale e, con i titolo "vescovo di
quelli di fuori" accosta-oppone al potere dei vescovi sugli affari ecclesiali, il suo potere sui
laici.
Nel 330 Costantino celebra la dedicazione di Costantinopoli, nuova Roma, unendo nelle
cerimonie riti pagani e cristiani. Con la fondazione di Costantinopoli ha origine un fenomeno
religioso che creer gravi problemi in seno alla Chiesa. Un canone del Concilio di
Costantinopoli (381) proclamer questa citt degna degli stessi privilegi religiosi di Roma
(pur lasciando a questa il primato di onore). Il canone 28 di Calcedonia (451) ribadir che
Costantinopoli ha gli stessi privilegi di Roma perch la nuova Roma, ma tale canone sar
approvato dal Papa solo con il Concilio Lateranense II (1139. Cfr. il Canone 5 di tale
Concilio). Il discorso avviato da Costantino vuole sottolineare che Roma capitale della
Cristianit solo perch stata anticamente centro dell'impero, e quindi a suo parere non ci
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sarebbero problemi a sostituirla con Costantinopoli quando l'antica Roma viene invasa. Sar
la tesi propugnata poi da Fozio in vista dello scisma. Da questo modo di pensare derivano poi
anche tutte le difficolt nei rapporti tra chiesa d'oriente e d'occidente, e tra queste ed il potere
politico (notiamo come l'allontanamento da Roma abbia poi creato sempre chiese nazionali. Il
primato di Roma si fonda invece su di un motivo religioso: il martirio di Pietro e Paolo ed il
primato della carit).
Negli ultimi anni della sua vita, Costantino si avviciner sempre pi alle posizioni
ariane.
Influsso religioso di Costantino. Si manifesta soprattutto in due direzioni:
1. L'intervento contro i Donatisti. Costantino non comprende chiaramente quale sia la
vera chiesa in Africa, e chiede consiglio a papa Milziade. Convoca poi il sinodo di Roma
(313), che condanna Donato. Questi presenta appello, e si ha cos il sinodo di Arles (314):
papa Silvestro vi manda dei legati, e viene ribadito il giudizio dato a Roma. La scelta di
Costantino in favore dei cattolici quindi essenzialmente basata su motivi politici: i donatisti
provengono dalla Numidia, regione sempre ribelle verso il potere imperiale, la cui chiesa ha
pure caratteri antiromani. Cos non avverr per l'arianesimo: quando l'imperatore lo vedr
diffuso ovunque, non avr problemi nel preferirlo.
2. Il Concilio di Nicea: Costantino vi ha una parte predominante (cfr. Di Berardino nel
volume Costantino il Grande, sul Convegno di Macerata 1990), e come aveva fatto gi ad
Arles, spinger per l'unificazione della data della Pasqua per motivi politici.
Costantino ebbe tre figli: Costante e Costantino II (di fede Nicena); Costanzo II, filoariano,
eliminer i due fratelli, rimanendo nel 351 unico signore dell'Impero.
CONSTANZO II (351-360):
Bibliografia:
*
S. Mazzarino, L'impero romano, Bari, Laterza 1973.
*
Gigli, L'ortodossia, l'arianesimo, la politica di Costanzo II, 1949.
353 Concilio di Arles
355 Concilio di Milano
356 Concilio di Beziers
357 Concilio di Sirmio
Costanzo vuole che i vescovi condannino Atanasio. Si rifiutano di farlo Lucifero di
Cagliari, Ilario, papa Liberio, che saranno tutti esiliati. Tiene dunque tre concilii in Occidente
(tranne Sirmio), perch i vescovi dell'oriente erano gi filoariani (il partito pi forte era quello
degli omeusiani [il Figlio simile al Padre]; vi erano poi gli anomei [il Figlio creatura del
Padre]. Per Ario il Figlio non era coeterno al Padre, ma anteriore al tempo). Scopo di
Costanzo II ancora una volta l'unit religiosa dei cristiani.
GIULIANO (360-363):
Poco prima della morte di Costanzo II (360) viene proclamato augusto Giuliano,
generale delle Gallie, che si scontra con lui nel 361 e ne esce vincitore. Giuliano vuol far
rivivere l'impero romano con la propria religiosit pagana. Notiamo in lui due linee
fondamentali:
una forte avversione nei confronti di qualsiasi tipo di scisma-eresia che possa turbare la
pace; per questo far rientrare in sede i vescovi niceni esiliati da Costanzo. Non gli interessano
in alcun modo le dispute teologiche, ma ha il solo desiderio di ristabilire l'ordine pubblico.
il desiderio di ristabilire un impero pagano, ovvero moralmente superiore a quello cristiano.

Giuliano avvia la sua politica con il ristabilimento dell'educazione pagana nelle scuole,
e questa sua azione provoca oggi molte polemiche relative al suo effettivo significato.La
tradizione cristiana lo ha sempre ritenuto un persecutore, basandosi soprattutto sul decreto di
allontanamento dei cristiani dalle scuole. Abbiamo su questo due documenti:
1. La Constitutio Magistros studiorum del 17.6.362 (Codex Theodos. XIII,3,5), che
stabilisce come gli insegnanti debbano eccellere per moralit di vita, eloquenza e competenza
scientifica. Stabilisce allora che la nomina dei professori nelle citt dell'impero passi attraverso
due fasi: il placet delle curie municipali (sempre in mano ai pagani) e la nomina personale
dell'imperatore. Questa legge non fa un riferimento specifico ai maestri cristiani, ma ad essa
segue, dopo breve tempo, una lettera inviata dall'imperatore ai docenti cristiani dell'Oriente.
2. La Ep. 61. Questa lettera ha l'aspetto di una circolare che spiega la Constitutio, ed in
essa Giuliano si esprime con molta chiarezza. Egli dice che, per bene insegnare, vi
innanzitutto la necessit di una assoluta coerenza tra gli insegnamenti e le personali
convinzioni del docente, poich chiunque pensa una cosa e ne insegna un'altra ben lontano
tanto dalla genuina educazione, quanto dall'onest. Ne consegue che una fondamentale
esigenza di rigore morale impedisce agli insegnanti di avere convinzioni personali inconciliabili
con l'esercizio della professione. Ci vale in particolare per coloro che spiegano ai giovani i
testi antichi: retori, grammatici, sofisti. L'imperatore afferma che chi disprezza gli di degli
autori classici, non pu validamente commentarne le opere. Per questo, gli insegnanti che
vivono tale dicotomia devono, per onest, scegliere se rivedere le proprie posizioni o lasciare
l'insegnamento, tanto pi che ora, cadute le leggi che limitavano il culto pagano, non ci si pu
pi nascondere dietro il pretesto di una carente libert religiosa.
Giuliano non abrog, dunque, la liceit del cristianesimo, ma ristabil tutte le divinit
pagane; non imped l'esistenza nell'impero di altre religioni, ma viet l'insegnamento ai maestri
cristiani. I giovani cristiani, invece, potevano frequentare le scuole pubbliche, ma dovevano
accettare l'insegnamento pagano.
Scopo di Giuliano anzitutto quello di difendere l'esercito e l'impero da quella che
ritiene una "moda" cristiana (tra il 325 ed il 360 vi era stato un boom del cristianesimo): i
barbari premono ai confini e l'impero non ha pi una solida unit. La nuova unit basata sul
cristianesimo, che si era iniziata a costruire, era stata infranta dalle controversie postnicene. Di
fronte a questi problemi Giuliano non chiede per s onori divini, ma torna a proclamare la
validit di un Impero pagano e tollerante, e punta alla moralizzazione delle strutture pubbliche.
C'erano state molte conversioni facili, a motivo dei benefici accordati ai cristiani, che avevano
portato ad una vasta corruzione; Giuliano vede in questa razza di cristiani un pericolo per
l'unit dell'impero: vuole dunque riportare al paganesimo questa massa rapidamente
"cristianizzata".
Al presente, i due documenti di Giuliano sulla scuola vengono valutati diversamente: la
constitutio non menziona esplicitamente i cristiani, e la lettera 61 sempre stata vista come
una circolare esplicativa.
Recentemente stata proposta una tesi, secondo la quale Giuliano non aveva
intenzione di perseguitare i maestri cristiani, dal momento che i due documenti dovrebbero
essere considerati separatamente. Se si fa della constitutio un documento isolato, da essa
risulta che scopo dell'imperatore era assicurare moralit e competenza. La lettera 61, se
staccata dalla constitutio, diventa allora una lettera privata che richiama i maestri al loro
dovere: non ci sarebbe quindi una legislazione persecutoria. Questa la tesi di S. Pricoco
(L'editto di Giuliano sui maestri, in "Orfeus" 1 [1980], 362ss).
Quale itinerario seguire in una critica storica? Si richiede innanzitutto la conoscenza
dello status quaestionis sugli studi relativi, ed uno studio sulle fonti e testimonianze
contemporanee (pagane e cristiane).
1. Consideriamo allora le testimonianze degli scrittori cristiani del IV secolo:
Orationes IV- V di Gregorio di Nazianzo (Invectivae contra Iulianum, dell'inverno 363364), che rimprovera a Giuliano di aver privato per legge i cristiani della parola.
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Ambrogio (Epp. 17- 18, contro Simmaco, del 384) confuta la relatio di Simmaco
(prefetto di Roma) ricordandogli che Giuliano ha perseguitato i cristiani togliendo loro
l'insegnamento. Secondo Ambrogio, quindi, vi fu una legge giulianea di persecuzione verso i
maestri cristiani.
Chronicon di Eusebio-Girolamo, anno 363. Riferisce le dimissioni dall'insegnamento di un
sofista cristiano (Proeresio, maestro di Basilio e Gregorio Nazianzeno), e dichiara che le
dimissioni furono dovute alle leggi di Giuliano. Proeresio aveva poi avuto una concessione
eccezionale dall'imperatore per continuare a insegnare.
Agostino (Conf., VIII,5) riporta le dichiarazioni fattegli da Simpliciano, che gli raccont
come Vittorino avesse dovuto lasciare l'insegnamento. Lo stesso Agostino, nel 386, prima di
andare a Cassiciaco per prepararsi al Battesimo, cerca un modo "elegante" per smettere
l'insegnamento; aspetta allora la chiusura delle scuole per la vendemmia.
2. Scrittori pagani:
Ammiano Marcellino (Rerum gestarum libri..., XXII) parla dell'attivit legislativa di
Giuliano e accenna alla legge che proibisce l'insegnamento ai professori cristiani.
Dall'esame delle testimonianze concludiamo come non sia sufficiente la conoscenza
della storiografia moderna, se non unita alla lettura delle testimonianze contemporanee.
Giuliano resse l'impero per soli due anni (acclamato nel 360, diviene imperatore nel
361 e muore in combattimento contro i Persiani nel 363). Gli succede per breve tempo (un
anno) Gioviano, cristiano di fede nicena, che interrompe il processo di ripaganizzazione. Ebbe
per scarso peso politico: si limit ad una attivit di pace nei confronti dei Persiani.
VALENTINIANO I (369-375):
Nel 364 viene acclamato imperatore un ufficiale dell'esercito che aveva combattuto in
Pannonia, Valentiniano, che regna fino al 375. Cristiano niceno, sente subito (365) l'esigenza di
far collaborare con s il fratello Valente (ariano) cui affida la parte orientale dell'impero, che
viene cos di nuovo diviso. La diversa fede dei due fratelli augusti segna un periodo assai
significativo nel costruirsi della frattura tra oriente ed occidente.
Valentiniano I segue la grande linea degli imperatori romani, e non interviene nelle
discussioni teologico-dottrinali: si limita a ricercare anzitutto la pace dell'impero. Cerchiamo
ora di comprendere la sua politica. Sozomeno (HE, VI) ci dice che, richiesto di un intervento
antiariano, rispose "Laicus sum. Come laico non mi lecito giudicare in questioni di fede".
Valentiniano I ratifica l'elezione episcopale di Ambrogio (374), ma gli resta distante. Da parte
sua, Ambrogio ebbe quasi timore di questo imperatore: quando Valentiniano ripudia la prima
moglie (madre di Graziano) per sposare la filoariana Giustina, Ambrogio non dice una
parola. Nell'epistola 21, Ambrogio fa il panegirico di Valentiniano I, e ne esalter il
cristianesimo scrivendo al di lui figlio Valentiniano II. Alla morte di Valentiniano I, Ambrogio
prende posizione contro Giustina, ma non le rinfaccer mai il ripudio che le permise di
sposare l'imperatore. Caratteristica della politica di Valentiniano I la sua presa di posizione
contro i pagani.
Bibliografia:
*
J. Gaudement, L'Eglise dans l'Empire Romain, Parigi 1958.
*
Soraci, L'imperatore Valentiniano I, Catania 1971.
VALENTE (364-378):
Regge l'impero dal 364-5 fino al 378. E' filoariano, e la sua politica religiosa assai
diversa da quella di Valentiniano I. Valente pienamente interventista in campo dottrinale:
studia, si dice teologo, favorisce gli ariani in Oriente. Nel 365 emana un editto con cui rimanda

in esilio i vescovi niceni fatti rientrare da Giuliano. Basilio e Gregorio di Nazianzio riferiscono
che questo imperatore perseguitava chi non aderiva al credo ariano.
Sozomeno (HE VI, 14), Gregorio Nazianzeno (Orat. 25), Basilio (Ep.243) denunciano
la persecuzione di Valente contro i non ariani (365).
369: finita la guerra gotica, Valente inizia una nuova persecuzione contro i non ariani.
L'occasione gli offerta dalla morte del vescovo ariano di Costantinopoli, Eudosso, e dalla
lotta per la sua successione.
Bibliografia:
*
Palenque, Saint Ambroise et l'Empire Romain, Paris 1933.
Vi furono cos fino al 392 trenta anni di netta separazione tra oriente e occidente, una
separazione di lingua e di terminologia teologica che port a radicalizzare le posizioni
antiariane ed antinicene. L'occidente tenta una teologia politica che separa chiesa ed impero,
mentre in Oriente si accentua l'identificazione tra potere politico e potere religioso: il
Patriarca di Costantinopoli sar per lungo tempo la longa manus religiosa del potere
imperiale. Si nota nello stesso tempo l'inizio della formazione delle chiese nazionali. Quando
Valente sostituisce i vescovi niceni con quelli ariani, egli si arroga un diritto di nomina che era
sempre stato delle Chiese e del popolo cristiano.
Valentiniano I, invece, si limiter a ratificare l'elezione fatta dal popolo (cfr. il caso di
Ambrogio). La separazione oriente-occidente, ariani-niceni venne accentuata dal fatto che le
catechesi impartite dai vescovi creavano anche nel popolo le divisioni sulla fede.
L'unico punto comune tra Valentiniano I e Valente fu una politica fortemente
antipagana. Le conseguenze di questa linea politica si avranno con il successore di
Valentiniano I, Graziano.
GRAZIANO (375-383):
Tenta di seguire la politica religiosa del padre (Valentiniano I), incentrata sulla
neutralit, ma si imbatte nella figura di Ambrogio, acerrimo nemico di Valente, che si fa
scegliere come precettore dottrinale dell'imperatore stesso. Ambrogio, quindi, incide
fortemente sul mutamento della posizione religiosa imperiale. Graziano aveva avuto una
raffinata educazione letteraria, ma era digiuno di teologia; Ambrogio gli dedica il De Fide, ove
mostra come la retta fede sia quella cattolica nicena. Sempre a Graziano dedicato il De
Spiritu Sancto (cfr. nel 381 il Concilio Costantinopolitano I contro gli Pneumatomachi), in cui
dichiara in qualche modo la divinit dello Spirito Santo, dicendolo uguale al Padre ed al
Figlio. La terza opera dedicata a Graziano il De No, dove Ambrogio, in modo allegorico,
esalta Graziano come uomo giusto.
Ambrogio ha dunque praticamente in mano sua Graziano. Nel 381 Teodosio convoca
il primo Concilio ecumenico di Costantinopoli. L'occidente sar rappresentato solo da due
legati papali, perch nel frattempo Ambrogio ha ottenuto da Graziano di convocare il Concilio
di Aquileia (381). Il motivo della convocazione risiede nel fatto che nella zona dell'Illiria
confinante con l'impero di occidente vi erano tre vescovi ariani convinti di cui Ambrogio
voleva disfarsi.
Ambrogio, infatti, sa che la rimozione dei vescovi niceni operata da Valente contro la
retta fede, e teme che questi vescovi possano "inquinare" anche l'occidente; d'altronde, egli
non ha potere su di loro, ed allora chiede a Graziano di farsi regalare da Teodosio quella
porzione di Illirico. Teodosio accetta, ed allora Ambrogio pu servirsi di Graziano per
convocare il Concilio di Aquileia, nel quale, poi, agir assolutamente in prima persona.
Dal 378 imperatore d'Oriente Teodosio, cattolico convinto. Costui emana nel 380 un
editto che fa tremare la cristianit orientale: proclama che la fede dei suoi sudditi deve essere
9

quella di Pietro, perch vuole ingraziarsi il Papa ed i vescovi occidentali. Ma per gli Orientali
la fede trinitaria degli occidentali era gracile e differente dalla loro tradizione teologica.
Ambrogio pu quindi destituire rapidamente i tre vescovi ariani, dimostrando una non
comune intelligenza politica. Nel 382 Ambrogio replica, chiedendo a Graziano di convocare
un Concilio a Roma contro i Priscillianisti. Priscilliano verr poi ucciso, prima vittima di un
omicidio fatto dall'imperatore su richiesta della Chiesa: tutto fu causato dall'invidia di alcuni
vescovi spagnoli per la sua predicazione ascetica, che ne provoc la destituzione e l'uccisione.
Ambrogio ed il Papa protestarono contro questo delitto, ma d'altra parte Graziano aveva
promulgato (dietro l'influsso di Ambrogio) una legge che proscriveva l'eresia (cfr. il Codex
Theodos. XVI, 5, 5).
Bibliografia:
*
Gigli, Il regno dell'imperatore Graziano, Roma 1962.
TEODOSIO (378-395):
Succede dapprima a Valentiniano, imperatore d'oriente (378). Con il suo primo editto,
gi ricordato, capovolge la politica religiosa in oriente, provocando sconcerto: alcune
espressioni di fede in lingua latina tendevano ad una forma di monarchia trinitaria,
sottolineando pi l'unit che la trinit di Dio; l'oriente, invece, sottolinava maggiormente la
distinzione tra le Persone divine.
381: Concilio Costantinopolitano I contro Pneumatomachi ed Eunomiani. Codex
Theod. XVI: prescrizioni contro eretici e pagani: ai primi vengono tolti i luoghi di culto.
381: Editto contro gli eretici. Due episodi sono fondamentali per comprendere il
controverso rapporto tra Ambrogio e Teodosio:
389: Il vescovo cattolico di Callinico sollecita i fedeli a bruciare la sinagoga ed il
tempietto pagano dei Valentiniani. Teodosio interviene dicendo che anche Ebrei e Valentiniani
devono avere rispetto per il loro culto, dal momento che non sono eretici, e multa il vescovo,
intimandogli di ricostruire a sue spese sinagoga e tempietto. Ambrogio interviene
immediatamente, dicendo di assumersi personalmente tutta la colpa del vescovo di Callinico
ed invitando Teodosio a multare lui, invece di quello. Secondo lo storico moderno questo
intervento appare indiscutibilmente intollerante, ma la nostra lettura deve andare oltre,
considerando il valore politico del fatto. Alla fine Teodosio stesso fa ricostruire, a sue spese,
tempietto e sinagoga, ma questo evento segner negativamente i suoi rapporti con Ambrogio.
Dobbiamo notare che Ambrogio e Teodosio erano ambedue cattolicissimi, ma ciascuno
di loro tende a limitare gli ambiti d'intervento del "rivale". Di fatto, la "vittoria" di Callinico
segner l'inizio del declino in campo politico di Ambrogio. Dal 389 al 391 Teodosio isola
Ambrogio, impedendogli la conoscenza delle notizie politiche.
390: a Tessalonica si tengono i giochi del circo, ai quali doveva partecipare un
famosissimo auriga, che intratteneva per rapporti omosessuali con il suo cocchiere. Tali
rapporti erano stati proibiti da un editto di Teodosio, ed allora il prefetto impedisce all'auriga
di correre; questo provvedimento determina la rivolta della folla inferocita, che assalta e mette
a soqquadro la prefettura, mentre il prefetto trascinato per strada dagli esagitati. Teodosio,
allora, escogita un tranello: facendo mostra di voler riprendere i giochi fa riaprire il circo, ed
entrare quanti avevano il biglietto valido per lo spettacolo precedente (5000 persone ca.). Una
volta che gli spettatori sono nel circo vengono sprangate le porte, e si lascia libero spazio alla
feroce vendetta dei soldati: auriga, cocchiere e folla vengono trucidati fino all'ultimo uomo.
Ambrogio, venuto a sapere il fatto, scomunica Teodosio, e con questo atto
praticamente gli toglie l'assenso della popolazione cristiana, rimproverando all'imperatore di
aver commesso un peccato enorme (la strage) per farne evitare un altro (l'omosessualit).
Ambrogio ha pure buon gioco nel rinfacciare a Teodosio di averlo fatto isolare: dice infatti di
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aver tentato di inviargli delle lettere per fermarlo, le quali per furono intercettate prima di
arrivare a destinazione dalla rete di controllo che lo stesso Teodosio aveva fatto stendere
intorno ad Ambrogio. Teodosio si piega a chiedere perdono, ma nello stesso tempo applica
gravi sanzioni ad Ambrogio: gli toglie i benefici e le sovvenzioni, e mostra simpatie maggiori
verso i pagani. In effetti, la strage fu ordinata da Teodosio soprattutto per motivi politici: dare
soddisfazione alla rabbia delle truppe (ariane in massima parte) che avevano visto i loro
compagni uccisi dalla folla assetata di sangue. Lo stesso Ambrogio, poi, aveva s protestato
contro l'uccisione delle vittime, ma nello stesso tempo aveva condannato l'uccisione di
cristiani niceni (la folla) da parte di ariani (le truppe).
Bibliografia:
*
K. Baus, Il divenire della Chiesa imperiale nell'ambito della politica religiosa
dell'impero, Milano 1983. Cap. VI: Lo sviluppo dei rapporti Chiesa-Stato nel IV secolo.
COME I CRISTIANI HANNO VISTO L'IMPERO
La riflessione cristiana sul rapporto da mantenere con l'autorit civile nasce gi nel II
secolo con Ireneo, Teofilo, Tertulliano ed Origene. Il loro punto di partenza la Scrittura, ed
in particolare due serie di testi. La prima serie di testi riconosce valore all'autorit ed alle
istituzioni della societ civile:
*
Sap 6,1-11:
Ascoltate, o re, e cercate di comprendere; imparate, governanti di tutta la terra.
Porgete l'orecchio, voi che dominate le moltitudini e siete orgogliosi per il gran numero dei
vostri popoli. La vostra sovranit proviene dal Signore; la vostra potenza dall'Altissimo, il
quale esaminer le vostre opere e scruter i vostri propositi; poich, pur essendo ministri del
suo regno, non avete governato rettamente, n avete osservato la legge n vi siete comportati
secondo il volere di Dio. Con terrore e rapidamente egli si erger contro di voi poich un
giudizio severo si compie contro coloro che stanno in alto. L'inferiore meritevole di piet,
ma i potenti saranno esaminati con rigore. Il Signore di tutti non si ritira davanti a nessuno,
non ha soggezione della grandezza, perch egli ha creato il piccolo e il grande e si cura
ugualmente di tutti. Ma sui potenti sovrasta un'indagine rigorosa. Pertanto a voi, o sovrani,
sono dirette le mie parole, perch impariate la sapienza e non abbiate a cadere. Chi
custodisce santamente le cose sante sar santificato e chi si istruito in esse vi trover una
difesa. Desiderate, pertanto, le mie parole; bramatele e ne riceverete istruzione.
Tale testo si affianca ad altri tre testi:
*
Rm 13,1-7:
Ciascuno stia sottomesso alle autorit costituite; poich non c' autorit se non da
Dio e quelle che esistono sono stabilite da Dio. Quindi chi si oppone all'autorit, si oppone
all'ordine stabilito da Dio. E quelli che si oppongono si attireranno addosso la condanna. I
governanti infatti non sono da temere quando si fa il bene, ma quando si fa il male. Vuoi non
aver da temere l'autorit? Fa' il bene e ne avrai lode, poich essa al servizio di Dio per il tuo
bene. Ma se fai il male, allora temi, perch non invano essa porta la spada; infatti al servizio
di Dio per la giusta condanna di chi opera il male. Perci necessario stare sottomessi, non
solo per timore della punizione, ma anche per ragioni di coscienza. Per questo dunque dovete
pagare i tributi, perch quelli che sono dediti a questo compito sono funzionari di Dio.
Rendete a ciascuno ci che gli dovuto: a chi il tributo, il tributo; a chi le tasse le tasse; a chi il
timore il timore; a chi il rispetto il rispetto.
*
Pr 8,15-16:

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Per mezzo mio regnano i re e i magistrati emettono giusti decreti; per mezzo mio i
capi comandano e i grandi governano con giustizia.
*
1Tm 2,1-2:
Ti raccomando dunque, prima di tutto, che si facciano domande, suppliche, preghiere
e ringraziamenti per tutti gli uomini, per i re e per tutti quelli che stanno al potere, perch
possiamo trascorrere una vita calma e tranquilla con tutta piet e dignit.
Il secondo filone di testi tende a distinguere tra la bont dell'autorit e le persone
concrete che tale autorit incarnano:
*
Os 8,4:
Hanno creato dei re che io non ho designati; hanno scelto capi a mia insaputa. Con
il loro argento e il loro oro si sono fatti idoli ma per loro rovina.
Gi nella Scrittura, quindi, inizia una chiara distinzione tra l'autorit (che viene da Dio)
e le persone che rivestono questa autorit (che possono peccare e non essere gradite a Dio).
Ha poi una grande importanza il brano evangelico di Mt 22,15-22 (// Mc 12,13-17; Lc
20,21-25):
Allora i farisei, ritiratisi, tennero consiglio per vedere di coglierlo in fallo nei suoi
discorsi. Mandarono dunque a lui i propri discepoli, con gli erodiani, a dirgli: Maestro,
sappiamo che sei veritiero e insegni la via di Dio secondo verit e non hai soggezione di
nessuno perch non guardi in faccia ad alcuno. Dicci dunque il tuo parere: lecito o no
pagare il tributo a Cesare?. Ma Ges, conoscendo la loro malizia, rispose: Ipocriti, perch
mi tentate? Mostratemi la moneta del tributo. Ed essi gli presentarono un denaro. Egli
domand loro: Di chi questa immagine e l'iscrizione?. Gli risposero: Di Cesare. Allora
disse loro: Rendete dunque a Cesare quello che di Cesare e a Dio quello che di Dio. A
queste parole rimasero sorpresi e, lasciatolo, se ne andarono.
L'interesse degli studiosi per questo logion testimoniato da un'abbondante
letteratura, di cui indichiamo alcuni esempi:
il brano esprime un rimprovero di Ges ai Giudei, che si occupano pi degli interessi terreni
che di quelli di Dio (Dibelius, Roma e Cristo, 1941). Interpretazione antigiudaica.
Ges riconosce il potere politico romano (Staufer, 1952).
Cristo assume una posizione neutrale rispetto ad un fatto essenzialmente politico (S.
Mazzarino, 1973: si noti che tale studioso era di area comunista, e che il clima politico italiano
di quei tempi spingeva per una frammentazione dell'impegno politico dei cattolici!).
Il logion vuole essere una pacifica rivoluzione nei confronti della concezione teocratica
del Giudaismo, che vedeva nel monarca un mediatore tra JHWH ed il popolo (Barbero, Il
pensiero politico cristiano dai vangeli a Pelagio, Torino 1962).
L'esame dei commentatori moderni ci mostra come ogni interpretazione corrisponda ad
un filone ideologico seguito dagli esegetici!
Esaminiano ora le interpretazioni precostantiniane di questo versetto. Notiamo che il
logion assume un significato monocorde, ovvero quello di una catechesi sul rapporto dei
cristiani con il mondo, rappresentato dalla societ civile. Tale rapporto si basa innanzitutto
sull'invito alla conversione, possibile se si toglie dall'uomo l'immagine di questo mondo (=
l'immagine di Cesare).
Ignazio, Magn. 5,1: Dovete abbandonare la via che porta alla morte, quella degli infedeli,
per avere grazie a Cristo l'mmagine del Padre. Per fare ci bisogna restituire al mondo tutto
quanto porta l'effigie del mondo.
Ireneo (AH): Mai i Profeti e gli Apostoli hanno chiamato Dio e Signore altri se non il vero
Dio. Questa affermazione va contro gli imperatori divinizzati, dacch "si chiama Cesare
Cesare, si confessa Dio come Dio.
Tertulliano, Adv. Marc. IV, 38: necessario restituire a Cesare le sue monete, ovvero
acquistare quella libert che consente di restituire l'uomo al suo Creatore.
Clemente Aless., Ecl. Proph. 24: bisogna abbandonare la figura dell'uomo terrestre perch
l'imago Dei che in lui possa rivolgersi al Padre.
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Origene, In Matth.Evang.17,28: restituire a Cesare significa restituire al principe di questo


mondo, per rendere a Dio l'uomo che gli appartiene.
Notiamo dunque che i Padri dell'epoca precostantiniana hanno interpretato questo
brano evangelico soprattutto come riferentesi al singolo cristiano di fronte all'Impero.
I Padri del IV secolo, invece, sono partiti da queste affermazioni per proporre un
discorso sul rapporto tra il Cristianesimo ed il potere politico. Essi vivono in un'epoca nella
quale il cristianesimo assecondato dal potere civile, ma questo non risolve le difficolt. Nel
356 il vescovo Ossio di Cordova scrive a Costanzo (filoariano - la lettera riportata da
Atanasio, Historia Arianorum 44), affermando la sovranit dello Stato sulle cose temporali,
ma anche l'indipendenza della Chiesa dallo Stato in materia di fede.
Non si parla ormai pi del singolo, ma della Chiesa in quanto comunit riconosciuta,
capace di stare di fronte all'Impero, e la riflessione dei Padri latini sar fortemente influenzata
dal diritto romano (cfr. Ambrogio). In oriente il discorso si affina con una distinzione in base
alla quale per il potere accade come per le facolt dell'anima: vengono da Dio, ma se ne pu
fare un uso cattivo. In questo senso Basilio e Gregorio Nazianzeno dichiarano lecito il non
obbedire ad una autorit che a sua volta non obbedisca alla giustizia divina.
Una figura di particolare interesse, in questo campo, l'Ambrosiaster, che presenta una
teologia politica con forti reminescenze giudaiche. Ci soffermiamo brevemente su di lui.
Questo scrittore deriva il suo nome dalla pseudoepigrafia dei suoi commentari a Paolo, che
erano traditi sotto il nome di Ambrogio. Nel XVI secolo, Erasmo da Rotterdam, ed altri,
dimostrano come lo stile delle quaestiones Novis et Veteris Testamenti e dei Commentaria in
Pauli epistolas sia assai diverso da quello di Ambrogio. Sull'identit del loro autore vi sono
varie ipotesi, tuttora non definitive: si va dall'attribuzione ad un certo Isaac, ebreo romano
convertito all'epoca di Damaso, che avendo inutilmente appoggiato Ursino se ne va poi in
Spagna e torna al Giudaismo (la cui damnatio memoriae ne avrebbe colpito solo il nome, e
non le opere). Per altri si tratta di Simpliciano, pagano neoplatonico che ebbe un ruolo
decisivo nella vita di Ambrogio e di Agostino, ma tale ipotesi si basa solo sulla di lui passione
per Paolo e sulla mancanza di opere a lui ascritte.
L'Ambrosiaster commenta Mt 22,21 nel suo commentario alla lettera ai Romani:
esorta i cristiani a pagare le tasse come segno di sottomissione allo Stato gradita a Dio.
Questo Autore non parla di compenetrazione tra le autorit, ma commenta solo la prima parte
del logion, valorizzando la sottomissione politica del cristianesimo: l'Imperatore quasi
vicarius Dei. Afferma che si pagano le tasse perch i magistrati sono ministri di Dio per tale
compito, affinch gli uomini sappiano di agire sotto un'autorit voluta da Dio. I principi sono
soggetti a Dio, che dona a chi vuole l'autorit.
La teoria del sovrano quasi vicarius Dei si trova anche altrove nell'Ambrosiaster, ed
ritenuta talmente ovvia da non avere bisogno di spiegazioni. Tale concezione teocratica
dell'Ambrosiaster sarebbe indizio delle sue ascendenze giudaiche.
Bibliografia:
*
sul tema del quasi vicarius Dei: Carlyle, Il pensiero politico medioevale, Bari
1956. Il titolo papale Vicarius Christi sarebbe, secondo l'ideologia imperiale, inferiore a
quello dell'Imperatore; Ambrogio cercher di darne un'interpretazione diversa. Ottimo articolo
sul tema quello di M. Maccarrone, Vicarius Christi. Storia del titolo papale, in: Lateranum
(1952).
AMBROGIO:
Lo ricordiamo come il grande mediatore del pensiero teologico orientale in Occidente.
Non ha la vivacit intellettuale e la simpatia di Agostino, ma attraverso di lui che al grande
Ipponate arriva la teologia di Govanni Crisostomo e di Origene.

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Ambrogio il primo vescovo che riflette sui rapporti tra la comunit cristiana ed il
potere civile: constata che la Chiesa assume delle responsabilit in ambito civile, e si chiede
come formare in tale prospettiva i cristiani. La sua interpretazione di Mt 22,21 si trova nel
Sermo contra Auxentium, 30-33 (Aussenzio il vescovo ariano chiamato da Giustina
imperatrice a Milano per la cura pastorale delle truppe e della corte imperale, compreso
l'imperatore Valentiniano II. Giustina chiede una basilica per gli ariani e Ambrogio rifiuta).
Rispondendo all'ordine dell'imperatore Ambrogio chiede se per occupare la basilica questi pu
forse presentare una moneta con l'effigie di Cesare. Dice di riconoscere nella Chiesa solo
l'immagine del Dio invisibile che il cristiano, e che dar un luogo di culto, ma non la basilica.
Ambrogio aggiunge di non rifiutare il tributo all'imperatore, dal momento che i fondi
economici della Chiesa sono soggetti al tributo imperiale. Se le esigenze dei poveri esigessero
anche la requisizione dei terreni della Chiesa, questo non troverebbe obiezioni da parte sua.
Come Cristo obbediente all'autorit, cos anche lui, Ambrogio, ma tale obbedienza non
implica la sottomissione totale della Chiesa a Cesare.
E' da notare che le grandi eresie sorgono proprio all'interno dell'interpretazione del
rapporto Chiesa-impero:
Ireneo dice contro gli Gnostici che l'origine del potere non diabolica, anche se il potere
strettamente collegato con il peccato, reso necessario dalla condizione postlapsaria.
Ambrogio conviene su questo quando afferma che la sottomissione al potere politico
ricorda continuamente all'uomo l'esistenza del peccato originale.
Ambrogio commenta anche Rm 13,1-4 nella trattazione delle tentazioni di Cristo: secondo
Lc 4,5-6 sembra che il diavolo abbia il potere di dare a Ges i regni della terra. Ma ci
contrasta con l'affermazione di Paolo secondo cui ogni potere viene da Dio. Ambrogio spiega:
il potere che il diavolo esercita nel conferire l'autorit sta a significare che il NT dichiara come
ogni potere umano, nel suo esercizio, finisca col soggiacere all'ambizione del peccato. Da Dio
viene l'istituzione dell'autorit, non il suo conferimento o uso: proprio nell'uso del potere
che possono intervenire le potenze del male e l'ambizione personale. Solo chi usa bene del
potere che viene da Dio suo ministro. Ambrogio, dunque, sposta la valutazione sulle persone
che incarnano l'autorit. In questo senso, seppure con degli adattamenti, egli ripropone il
pensiero dei Padri cappadoci.
Basilio (Omelia su Pr 8) afferma la legittima istituzione dell'autorit, ma anche la stretta
correlazione esistente tra il valore giuridico di questa e la giustizia con cui opera.
Gregorio di Nazianzo afferma la superiorit della Chiesa sullo stato in virt del parallelismo
anima : corpo = Chiesa: Impero.
Concludendo, notiamo come il potere imperiale abbia visto nei cristiani uno strumento
per l'unit dell'impero; i cristiani, invece, hanno guardato all'imperatore dapprima come a colui
che ha autorit pur essendo necessario staccarsi da lui per convertirsi realmente (il tema del
distacco da Cesare); in seguito si elaborata una differenziazione del discorso, distinguendo
tra l'origine (divina) del potere e coloro che lo incarnano (soggetti al peccato).
Bibliografia:
*
M. G. Mara, Bibbia e storia nel IV secolo, Antichit Altoadriatiche 21.
CRONOGRAFIA, STORIOGRAFIA E AGIOGRAFIA
Ci chiediamo innanzitutto quali siano state le esigenze storico-religiose che hanno
portato allo sviluppo dell'interesse dei cristiani per queste opere, e che li hanno spinti a dar vita
a cronografie, storie della Chiesa, vite dei santi. Individuiamo quattro interessi:
1. Far conoscere la versione ebraico-cristiana della storia che i neofiti dovevano
imparare a considerare come la loro storia, luogo della storia della salvezza.

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2. Mostrare l'antichit del cristianesimo, anzi, la sua anteriorit al paganesimo: risale fin
dalle origini della creazione. In seguito si assumer un punto di partenza pi storico: la
vicenda di Abramo; ma sempre con lo scopo di dimostrare che il cristianesimo non un mito
n una religio novissima.
3. Presentare la storia in modo da farne trasparire la dimensione provvidenziale: dare
speranza ai cristiani mediante il rimando escatologico importante soprattutto in tempo di
persecuzione.
4. Di fronte alle eresie, stabilire come criterio di ortodossia la successione apostolica
ininterrotta (liste episcopali).

Cronografie:
Nascono prima del IV secolo: ne abbiamo esempi (ancora per non organici) in alcune
parti degli Stromata di Clemente Aless., poi nelle Cronache di Sesto Giulio Africano (intorno
al 230), ed in Ippolito (234). La Cronaca di G.S. Africano una messa in parallelo della
Bibbia con la storia greca, dalla creazione fino al 221. Questa ed altre simili opere verranno
poi impiegate da Eusebio, che nel 303 scrive la sua Cronaca divisa in due parti: nella prima
espone i sistemi cronologici di Caldei, Assiri, Ebrei, Egiziani e Greci, mentre nella seconda
dispone in tavole sincroniche gli avvenimenti pi importanti della storia universale e di quella
sacra. Eusebio inizia da Abramo, ovvero abbandona l'idea del prototipo storico-antropologico
(Adamo), dando alla sua opera una maggiore caratteristica di scientificit.
Abbiamo poi, nel 354, il Cronografo romano, attribuito a Dionisio Filocalo (calligrafo
di papa Damaso), dal contenuto vario. Serve da base ad altri scrittori, e riporta l'elenco dei
prefetti di Roma, dei martiri (con nome e data), dei papi da Pietro a Liberio (354) e degli
imperatori fino a Licinio (321). Contiene anche una descrizione di Roma divisa per regioni.
Nel 380 Girolamo scopre a Costantinopoli la Cronaca di Eusebio, la traduce e la
accresce dei fatti avvenuti in Occidente, aggiornandola fino al 378. Abbiamo poi, nel 403, la
Cronaca universale di Sulpicio Severo, che va dalla creazione fino al 400 d.C.
Storiografia:
La cronaca costituisce il primo tentativo di dare cittadinanza agli eventi
biblico-cristiani mediante il confronto con le date, da tutti verificabili, della storia civile; essa
per non porta ancora alcuna forma di commento ai fatti.
La storia ecclesiastica il passo successivo: partendo dai documenti, frequentemente
riportati (contro l'uso classico), si d preminenza ai fatti cristiani, e le date degli avvenimenti
civili servono ormai solo da riferimento cronologico.
Il primo tentativo storiografico quello di Lattanzio, De mortibus persecutorum
(copre gli anni da Diocleziano a Massimino, 303-313): l'A. vuole mostrare la corrispondenza
tra la cattiveria degli imperatori e la punizione divina, e presenta un Dio tremendo e
vendicativo.
Eusebio di Cesarea d inizio, consapevolmente, ad un nuovo tipo di storia: dalle
origini della Chiesa alla sconfitta di Licinio (324). La sua Storia ecclesiastica nasce nel
periodo in cui il cristianesimo diventa un fenomeno dominante, e quindi scrive la storia di una
nuova nazione, celeste e divina, le cui guerre tendono non alle conquiste militari ma alla pace
spirituale ed i cui combattenti hanno di mira la difesa della verit contro le persecuzioni e le
eresie. Egli sostituisce alla retorica ed ai discorsi inventati una narrazione scarna e piena di
documenti, diventando il modello degli storiografi cristiani successivi.
Nel IV sec. abbiamo:

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Atanasio: scrive con intento storiografico le sue tre Apologie contro gli Ariani (una quarta,
pseudoepigrafa, non sua, e Simonetti contesta l'autenticit anche della terza), dirette a
Costanzo II (357). Nel 358 ultima la Storia degli Ariani, richiestagli dai monaci presso i quali
era in esilio, che copre gli anni 335-357.
Gelasio di Cesarea scrive alla fine del secolo una Storia ecclesiastica che andata perduta,
e continuava l'opera di Eusebio. Pare che fosse usata da Rufino di Aquileia che traduce
Eusebio e continua fino al 395.
Tra gli altri continuatori di Eusebio ricordiamo Socrate (380). Teodoreto di Ciro scrive le
Storie dei monaci, prima opera storiografica che non ha per soggetti uomini di potere e
guerrieri.
Un posto a parte merita Girolamo, con il suo De viris illustribus. Egli vuole opporre alla
cultura pagana le grandi personalit del cristianesimo, e fa una storia per personaggi. Riprende
cos una storiografia che Eusebio aveva abbandonato.
Orosio un personaggio ambiguo, che termina nel 417 le sue Storie, iniziate con le origini
ed aventi una apertura universale.
Agiografia:
La pi antica forma della biografia cristiana quella degli Atti e Passioni dei martiri: si
vogliono presentare alle comunit dei modelli, eroi ed atleti di Cristo. Alla loro venerazione si
associa presto quella dei vescovi e degli asceti, ed il passaggio alle loro biografie segnato da
Ponzio, con la Vita di Cipriano.
Nel IV secolo non abbiamo pi atti dei martiri: gli imitatori di Cristo proposti come
modelli sono gli asceti ed i monaci.
Atanasio scrive la VitaAntonii (357) per i monaci, presentando il suo personaggio
come modello di vita perfetta. Si ispira alle classiche biografie degli eroi e dei saggi, ma crea
un nuovo tipo di biografia.
Nel 370 Evagrio Pontico traduce in latino la Vita Antonii, divulgando in Occidente
l'ideale della vita monastica. Gerolamo, sulla sua scia, scrive tre biografie: le Vite di Paola
(376), Malco (390) ed Ilarione (391). Del 379 la Vita di Macrina scritta dal di lei fratello
Gregorio di Nissa, un gioiello della letteratura agiografica antica.
Nel 397 Sulpicio Severo scrive la Vita di san Martino, che diventa un modello
letterario citato da Paolino di Milano (autore della Vita Ambrosii). Del 430 la Vita Augustini
di Possidio, che riferisce fedelmente i fatti e cerca di togliere ogni elemento miracolistico.
IL DONATISMO
Premessa: Il donatismo appare una diretta conseguenza dell'evolversi dei rapporti tra i
cristiani e l'impero. Pi in generale possiamo dire che siamo di fronte a tre fenomeni che sono
frutto di una medesima riflessione sulla salvezza: Manicheismo, Donatismo, Monachesimo.
Secondo il Manicheismo la salvezza giunge attraverso la semplice conoscenza della
rivelazione (cfr. gnosticismo, anche se qui manca la divisione degli uomini per nature diverse),
e pu essere, seppur nelle diverse reincarnazioni successive, forse per tutti.
Secondo il Donatismo, per la salvezza necessaria l'assoluta purezza, che solo questa
chiesa pu offrire, dal momento che essa sola possiede Sacramenti validi ed efficaci. I donatisti
chiedono il ritorno alla testimonianza del martirio, ed esasperano il discorso ecclesiologico
facendone una realt puramente umana. Tale ecclesiologia errata deriva in ultima istanza da
errori cristologici, e si colloca al di fuori della grande Chiesa.
Anche il Monachesimo una forma di protesta contro la chiesa costantiniana, che
chiede il ritorno ad una vera e completa vita cristiana, ma tale movimento rimane nell'ambito
della grande Chiesa. E' la stessa esigenza, dunque, ad originare esiti totalmente diversi.

16

Cause del donatismo e sua storia in breve:


La causa immediata si ritrova nella persecuzione di Diocleziano (303-5). Alla fine di
essa ritorna il problema gi emerso ai tempi di Decio (persecuzione del 249-250): non tutti i
cristiani sono rimasti integri nella prova, e vi sono i lapsi. Possono questi ultimi essere
riammessi nella Chiesa?
Il peccato di apostasia pu essere perdonato? Una risposta possibile a partire da una
riflessione sulla comunit cristiana. Ai tempi di Cipriano la struttura ecclesiale fortemente
percepita cone valore, e ci si chiede se la Chiesa pu rimettere tutti i peccati. Se la Chiesa il
corpo mistico di Cristo, posso ammettere che vi siano peccati irremissibili? Se ve ne sono,
allora Cristo capo che non pu rimetterli, e la Chiesa viene considerata solo come una
societ umana, poich viene messa in discussione la presenza in essa del Cristo glorioso.
Bibliografia:
*
Fremde, The Donatist Church. Fremde e Pincherle considerano il Donatismo come
frutto di un'esigenza religiosa, ma aggiungono che a rendere meno chiaro questo discorso vi
il sovrapporsi di influenze nazionalistiche e antiimperiali.
*
Brisson, Autonomisme et Christianisme dans l'Afrique romaine, Paris1958, si discosta
da questa linea e pensa al donatismo come ad un fenomeno prettamente politico-sociale. Si
concordano le due tendenze a partire dal fatto che il donatismo, collocandosi al di fuori della
grande Chiesa, crea problemi di ordine disciplinare, e tale collocazione deriverebbe da fattori
sociali e nazionalistici.
Al termine della persecuzione dioclezianea si ripresenta il problema dei lapsi, ed in pi
si aggiunge la figura dei traditores dei libri sacri o liturgici, ovvero di coloro che avevano
obbedito al primo editto dioclezianeo. I donatisti offrono la loro soluzione come diretta erede
dela riflessione ciprianea, e vantano cos una ascendenza pienamente ortodossa e di grande
valore.
La persecuzione in Africa non fu n leggera n breve; richiese eroismo a molti gruppi
di cristiani, che continuarono a restare uniti celebrando l'eucaristia nonostante i molti martiri
(cfr. gli Acta Saturnini). Nel 311 Mansurio, vescovo di Cartagine, venne accusato di essere un
traditor, e gli si chiese di presentarsi a Roma per discolparsi. Dal papa venne riconosciuto
innocente, ma durante il viaggio di ritorno mor lasciando la sede vacante.
Nel 312 Cartagine si presentava come un luogo di grande influsso romano (molti
senatori ed alti funzionari venivano da Roma a svernarvi), elevato al rango di provincia per
poter essere sfruttato economicamente. Le truppe di stanza vivono a spese dei berberi, in gran
parte cristiani, e la Numidia una delle zone pi oppresse. Nel 312 i vescovi numidi sono gi
circa 100, fortemente legati al popolo ed avversi all'impero. A Cartagine, invece, le famiglie
romane sono molte, e desiderano un vescovo filoromano. Alla morte di Mensurio, alcune
famiglie filoromane e romane sostengono come vescovo Ceciliano, arcidiacono della Chiesa di
Cartagine ma avversato dai pastori numidi, che viene eletto. Ceciliano era malvisto da una
influente matrona, cui aveva impedito di visitare i cristiani in carcere onde evitare problemi
con le autorit imperiali. Costui viene consacrato in fretta, senza attendere i vescovi numidi, al
cui primate spettava per tradizione la consacrazione del vescovo di Cartagine. Al loro arrivo, i
vescovi numidi dichiarano invalida la scelta di Ceciliano per due motivi: non ha rispettato la
consuetudine e si fatto ordinare, tra gli altri, dal vescovo Felice di Aptungi, accusato di
essere stato traditor (lo stesso Ceciliano viene accusato di tale delitto). Ceciliano viene
allora deposto dai numidi, che eleggono al suo posto Maggiorino (lettore e cappellano di
Lucilla, la matrona avversa a Ceciliano), a loro legato. Alla fine del 312, cos, vi sono a
Cartagine due Chiese cristiane: una cattolica, con a capo Ceciliano, ed una donatista (cos
detta da Donato, che presto sostituir Maggiorino).
Nel frattempo Costantino rimasto unico padrone dell'occidente, e decide di restituire
ai cristiani i beni confiscati. Qui nasce il problema: a chi vanno restituiti i beni confiscati
17

precedentemente alla Chiesa di Cartagine? Costantino li restituisce a Ceciliano, ma


Maggiorino (e poi Donato) chiede all'imperatore di convocare un Concilio, che stabilisca quale
a Cartagine la vera Chiesa. Costantino fa intervenire papa Milziade (anch'egli africano e,
secondo i donatisti, filoromano), che nel 313 d ragione a Ceciliano. I donatisti ricorrono in
appello e chiedono un nuovo Concilio, lontano da Roma e con vescovi non africani: viene cos
celebrato il Concilio di Arles (314), che tenta dapprima di deporre ed esiliare ambo i
contendenti per eleggere un nuovo vescovo che riconcilii gli animi. Questa disposizione viene
per del tutto ignorata, e ne viene emanata una seconda che si occupa dei presbiteri,
chiedendo che vengano radiati dall'ordine sacro e non possano pi celebrare quanti sono
accusati, in modo documentato, di essere traditores.
Abbiamo qui soggiacente una concezione dei Sacramenti, gi di Cipriano, che fa
dipendere la loro validit dalla santit del celebrante. Sulla questione del Battesimo degli
eretici la Chiesa africana aveva acceduto (seppur con difficolt) alla posizione della Chiesa di
Roma (papa Stefano); tale fatto per aveva creato una effettiva frattura con quanti si
richiamavano strettamente a Cipriano.
Nel 315 Felice di Aptungi assolto dall'accusa di essere stato traditor. Nel 316
abbiamo un decreto costantiniano severissimo contro i donatisti, che vengono anche assaltati
durante un'assemblea. Nel 320 il diacono Nundinarius di Cirta accusa i vescovi donatisti di
essere anch'essi traditores, mettendoli in seria difficolt.
Nonostante questi fatti, la chiesa donatista continua a svilupparsi, e nel 336 Donato
pu convocare a Cartagine un Concilio al quale prendono parte 270 vescovi donatisti (siamo a
meno di 20 anni dalla nascita di Agostino), e Girolamo deve ammettere che il donatismo
ormai la religione di quasi tutta l'Africa.
Nel 347 Paolo e Macario, funzionari imperiali, vengono in Africa con il pretesto di
fare elargizioni alle Chiese. In realt hanno il compito di organizzare una grande persecuzione
antidonatista. Donato non li riceve, chiedendo loro cosa vi sia in comune tra la Chiesa e
l'imperatore, ma la loro opera, fatta di massacri e di violenze (cui i donatisti rispondono
puntualmente), segna la rottura definitiva tra questa setta e l'impero. In questa circostanza
compaiono i circumcelliones, piccoli proprietari ed agricoltori che integrano le loro magre
entrate lavorando nei terreni delle famiglie romane e della Chiesa cattolica: vengono accusati
di violenze ed ubriachezza, e diventano una sorta di "braccio secolare" del donatismo,
dedicandosi anche ad agguati ed attentati contro i vescovi cattolici.
Tra i personaggi donatisti pi importanti, ricordiamo Parmeniano vescovo (+ 392),
che d una stabile struttura alla chiesa donatista. Alla sua morte si verifica uno scisma tra i
donatisti: due personaggi si contendono la sua successione, ovvero Primiano, numida rozzo
ed esasperato, e Massimiano, parente di Donato, uomo intelligente e moderato. Al concilio di
Bagi (nella Numidia del sud, anno 394) 310 vescovi numidi primianisti scomunicano
Massimiano, consumando lo scisma interno. La durezza di Primiano provoca la reazione di
Teodosio, che emana dei durissimi decreti antidonatisti. Ma neppure essi possono impedire
che negli anni 390-395 la chiesa donatista sia al suo massimo splendore.
Dottrina donatista:
Verte sulla natura della vera Chiesa, ed i donatisti si considerano i veri continuatori
della Chiesa d'Africa esistente prima di Diocleziano e rifacentesi all'autorit di Cipriano. Sono
conservatori nella liturgia, non accolgono le nuove festivit, mantengono la bibbia africana
rifiutando la Vulgata. Rimangono fondamentalmente una fraternitas, il cui compito
principale combattere il demonio. Aspirano al martirio, anche volontariamente ricercato. La
loro dottrina combina elementi della riflessione tertullianea (sulla dimensione spirituale della
Chiesa), della quale accettano anche le espressioni per noi montaniste (il montanismo non fu
totalmente in conflitto con le idee della grande Chiesa, e non venne subito individuato come
dottrina deviante), e del pensiero di Cipriano. Di questi condividono le opinioni circa

18

l'importanza dell'integrit della Chiesa, ed a lui si appellano per sostenere la loro teologia del
Battesimo.
Secondo i donatisti le Chiese non africane, in comunione con Ceciliano, sono
apostate, ed il vero cristianesimo sussiste solo nella loro setta. Vedono la Chiesa come fons
signata, hortus conclusus, ed usano la Bibbia (soprattutto il Ct) per individuare le note
caratteristiche della vera chiesa. Ottato di Milevi affermer poi che essi hanno capito cosa sia
la vera Chiesa, ma non l'hanno saputa riconoscere storicamente.
Solo i sacramenti amministrati da un prete donatista sono validi, ed il Battesimo
conferito da non donatisti come amministrato da un morto; per questo ribattezzavano i
cattolici che passavano dalla loro parte. Riprendono da Cipriano anche una solida tradizione
che d grandissima importanza alla figura episcopale (quod nos [episcopi] volumus, sanctum
est): il vescovo l'intermediario tra il popolo cristiano e Dio, un uomo biblico che ha
sempre il vangelo sulla bocca ed il martirio nel cuore.
La separazione dai lapsi e la persecuzione da parte dell'impero erano considerate dai
donatisti come segno della loro retta fede, e costoro ricercavano attivamente il martirio.
La loro dottrina pu essere riassunta in due affermazioni:
1. I peccatori pubblici, particolarmente i vescovi ed i preti, non appartengono alla Chiesa.
2. Fuori della vera Chiesa i Sacramenti non possono essere amministrati validamente.
Queste due affermazioni contengono errori di ecclesiologia, ma anche di cristologia.
Ottato di Milevi (De schismate donatistarum) risponde ai cinque libri di Parmeniano
intitolati Tractatus, scritti durante il regno di Giuliano che aveva abolito ogni decreto contrario
ai donatisti (362), insieme a dei Salmi destinati all'uso liturgico (molto popolari).
Contenuto dei libri di Parmeniano: dapprima (1,l) discute del Battesimo, che unico,
inefficace se amministrato da un eretico. La vera Chiesa (2,l) ha come segno fondamentale la
successione apostolica: la cattedra a rendere importante ci che il vescovo dice. Altra nota
lo Spiritus, che manca alla Chiesa cattolica. Tra le parabole usate per dimostrare le loro tesi,
i donatisti prediligono quella del banchetto nuziale (Mt 22,14: l'invitato senza veste, cio non
santo pur appartenendo alla Chiesa, il cattolico, che viene gettato fuori. Ottato risponder
che solo Dio santo). Ottato, invece, predilige la parabola della zizzania: neanche gli apostoli
e i discepoli possono separarla dal grano, fino a quando Dio stesso sapr distinguerli. La vera
chiesa permixta per volont di Cristo, e solo alla fine vi sar la separazione.
La risposta completa di Ottato di Milevi si trova nel suo (ca. 365) De schismate
donatistarum, opera in sei libri pi un settimo aggiunto in seguito.
1 libro: storia dello scisma ( la prima composta, pi di 50 anni dopo il 312!).
2 libro: c' una sola Chiesa, quella unita alla cattedra di Pietro.
3 libro: le disposizioni imperiali contro Donato non furono suggerite dalla Chiesa cattolica
(ma noi sappiamo che dietro a Costantino c'era forse Ossio di Cordova).
4 libro: i cattolici non si sono macchiati del sangue dei donatisti, come questi sostengono.
Commenta il salmo 104 per rispondere all'analogo commento di Parmeniano.
5 libro: contro la ripetizione del Battesimo: il sacramento agisce di per s.
6 libro: sul fanatismo dei donatisti.
7 libro (ca. 380): i traditores devono essere giudicati con mitezza.
La risposta di Ottato si pu cos riassumere:
1. La vera Chiesa quella cattolica, dacch la cattolicit ne requisito indispensabile. L'unit
si fa in Pietro, che siede sulla cattedra di Roma.
2. La Chiesa un corpus permixtum per volont di Cristo stesso.
3. Riguardo ai Sacramenti, Ottato afferma: Hic, Christus, est qui baptizat. Agostino dir poi
che il rito significa esternamente l'effetto della grazia prodotta direttamente da Cristo.

Agostino antidonatista (397-406):


19

Nel 397 scrive Contra partem Donati libri II. Del 400 il De Baptismo contra
donatistas libri VII, opera fondamentale che riassumiamo.La Chiesa non ha dato ancora tutte
le soluzioni sul Battesimo. Agostino offre le sue:
a) L'intenzione del ministro non richiesta per la validit del Battesimo, sia amministrato
nella Chiesa che amministrato dagli eretici.
b) L'intenzione del soggetto non richiesta quando il Battesimo viene ricevuto nell'ambito
di una comunit cristiana (cfr. il caso del pedobattesimo).
c) Nel caso il Battesimo sia conferito fuori da qualsiasi Chiesa, si dovrebbe chiedere a Dio
una rivelazione per sapere se accettarlo o no.
Agostino difende anche il fatto che una cosa non avere il Battesimo, altro non
averlo utilmente. Nel Contra Cresconium, 4,12,19, troviamo la sintesi agostiniana: il
Battesimo tale non per merito di coloro ai quali amministrato, ma per virt e santit
propria e di Colui che l'ha istituito. Commentando Gv 6, Agostino afferma: ...battezzi pure
Giuda: Cristo che battezza. Nel De Baptismo,4,17,24, Agostino fa sua l'espressione di
Cipriano "extra Ecclesiam nulla salus", ma aggiunge che vanno prima definiti i confini della
Chiesa. Ci sono infatti vari modi di appartenenza alla Chiesa:
il modo della piena comunione: essere compaginati nell'unit e possedere la carit.
il modo della comunione non piena: unit senza carit (peccatori) carit senza unit (i giusti
fuori dalla Chiesa).
Vi una caratteristica della Chiesa, infatti, che la rende allo stesso tempo storica e
metastorica (escatologica), visibile ed invisibile. L'errore fondamentale dei Donatisti sarebbe
allora quello di non aver compreso che non possibile verificare la santit del singolo o della
Chiesa solo a partire dai dati visibili esternamente.
Ticonio:
Bibliografia: su Ticonio abbiamo molti studi fino al 1970 ca.; c' poi un vuoto di oltre 15 anni,
dopo il quale segnaliamo tre studi:
*
G. Gaeta, Le regole per l'interpretazione della Scrittura da Ticonio ad Agostino, in:
"Annali di storia dell'esegesi" 4 (1987) 107-116.
*
Idem, Studio sul Liber regularum di Ticonio, ASE 5(1988) 103-124.
*
P.C. Bori, La recezione delle regole di Ticonio da Agostino ad Erasmo, ASE 5(1988)
125ss.
Ticonio ha influenzato l'esegesi biblica di Agostino, ed in seguito fino ad Erasmo. E' un
laico teologo, dissidente dal donatismo, che non ha per mai accettato di passare alla chiesa
cattolica, che egli ritiene infestata dai traditores. In due opere si schiera a favore
dell'interpretazione scritturistica dei cattolici, e questo gli attira le ire di Parmeniano, che in
una lettera lo invita a ritrattare (378). Al suo rifiuto segue (380) la scomunica, e le due opere
incriminate vengono distrutte (il fatto che non ci siano pervenute mostra quale fosse all'epoca
la potenza dei donatisti). Di esse abbiamo per, tramandatici da Agostino, i titoli: De bello
intestino, che contiene una esposizione delle tesi di Ticonio (ca.370) ed Expositiones
diversarum causarum, dove egli difende le sue tesi (ca. 375). Ecco le sue idee:
1. L'universalit un carattere costitutivo della vera Chiesa.
2. Contro la pretesa donatista della Chiesa perfetta, Ticonio mostra che anche tra di
essi ci sono buoni e cattivi, richiamandosi a quanto avvenne nel Concilio di Bagai (380) con la
frattura tra Primiano e Massimiano e la defenestrazione di quest'ultimo. La sua tesi si riassume
nella questione se la Chiesa sia la comunit dei perfetti o la citt del mondo.
3. Sull'efficacia del Battesimo, Ticonio sostiene che essa non pu dipendere dalla
condizione morale del ministro, confutando cos i principi in base ai quali i donatisti
affermavano l'invalidit dei Sacramenti amministrati da un sacerdote indegno. Per sostenere la
tesi della presenza nella Chiesa di buoni e cattivi, si serve dell'immagine biblica di Esa e
Giacobbe che lottano nel grembo materno.
20

Il Liber Regularum, opera fondamentale di Ticonio, non si presenta come un trattato di


ermeneutica biblica. Il suo autore vuole porre le basi del primo grande discorso ecclesiale, basi
che ritrova nella Scrittura. Si chiede cosa sia la Chiesa, e capisce che per rispondere bisogna
consultare la Scrittura. Ticonio contesta la commistione della chiesa cattolica con il potere
politico e propone una riflessione ecclesiologica a partire dalla parola di Dio, punto di
riferimento universale che per richiedeva delle precise regole interpretative.
Il Liber Regularum si presenta allora come l'esposizione di 7 regole non finalizzate a
spiegare i passi citati, ma a dare grandi principi di lettura del testo sacro in senso
ecclesiologico. La sua un'esegesi spirituale che parte dal testo (isolato dal suo contesto) per
provare delle affermazioni gi enunciate. Purtroppo tale opera non ci giunta nella sua
interezza (392: Liber de septem regulis; in quest'epoca Agostino presbitero da un anno, ed a
Milano vescovo Ambrogio, che propone un'esegesi spirituale-allegorica con influssi
neoplatonici. In Oriente, invece, domina la scuola antiochena), ma Agostino un estimatore di
Ticonio e ce ne d dettagliata notizia nel terzo libro del De Doctrina christiana. Scopo del
trattato di Ticonio la presentazione di regole utili per interpretare allegoricamente passi
difficili. Egli non si propone l'esegesi letterale, ma un'ermeneutica aprioristica: dapprima
enuncia la sua idea e poi ne cerca le prove bibliche.
Origene, ad es., seguiva un metodo totalmente diverso: individuava un testo e ne
proponeva diverse interpretazioni a vari livelli di lettura, senza trarre una conclusione finale.
Ticonio, invece, ha come scopo quello di comporre un trattato edificante, e quindi
propone l'esegesi allegorica di alcuni passi che confermino le sue tesi. Ogni regola cos
seguita da molte citazioni e divagazioni, volte a dimostrare la tesi che la Chiesa la citt degli
uomini nel mondo. Prima di esporre sistematicamente le regole di Ticonio, notiamo che alcuni
studiosi sostengono la non fedelt di Agostino nella trasmissione del pensiero ticoniano.
Biblografia:
*
Cazier, Le livre des Regles de Ticonius...., in: Revue Augustinienne 19(1973).
*
A. Pincherle, Nuovi frammenti di Ticonio, in: Rivista di storia e letteratura religiosa,
1969.
Le due regole fondamentali sono la 1 De Domino et corpore eius; e la 7 De diabolo
et corpore eius.
1. De Domino et corpore eius: quando la Scrittura si riferisce a Cristo, essa non fa
distinzioni fra Lui ed il suo Corpo, passando indifferentemente dall'Uno all'altro. Cos nel
commento a Dan 2,34 (il gigante con i piedi d'argilla) la pietra tagliata dal monte che annienta
i regni della terra rappresenta Cristo; ma quando essa rotola a terra e diventa un monte che
riempie il mondo, figura della Chiesa.
2. De Domini corpore bipartito: il modo di leggere la Scrittura per comprenderecosa
essa riveli sulla Chiesa. Questa regola di Ticonio verr corretta da Agostino (corpore
permixto invece che bipartito), ma si rivela comunque assai vicina alla sensibilit cattolica: la
Scrittura parla quindi della Chiesa come del Corpo bipartito di Cristo, che contiene buoni e
cattivi. Gli esempi biblici sono: Ct 1,4: Nigra sum sed formosa, dove nigra indica la
possibilit del peccato; Rm 11,28: gli Ebrei in quanto al vangelo sono inimici, ma in quanto
all'elezione sono dilecti, ovvero una stessa realt pu presentare due aspetti diversi.
3. De promissis et de Lege: questa regola si comprende alla luce della fortissima
polemica manichea contro l'accettazione del VT. Servendosi di Rm e Gal Ticonio chiarisce
come la legge mosaica sia da Paolo presentata ora positivamente ed ora negativamente.
L'apparente contraddizione si spiega sulla base del progresso dalla prima economia (quella
della Legge) a quella nuova (fondata sulla fede ed annunciata dalla promessa), ove la legge si
rivela come pedagogo a Cristo. In un contesto antignostico ed antimanicheo, Ticonio insiste
sul valore del libero arbitrio, presente con il dono della Grazia (cfr. su questo tema le diverse
posizioni che anche Agostino prende, passando dall'affermazione che nostrum est credere a
quella che credere nostrum est ex gratia Dei): richiama la concezione della Chiesa
21

permixta ed aggiunge la famosa citazione: ante praevisa merita dilexi Iacob, utilizzata dai
Manichei per negare il libero arbitrio. Egli afferma invece che Dio sceglie tra gli uomini perch
conosce gi se la risposta che essi daranno all'offerta della salvezza sar quella della fede o
quella dell'incredulit. Esa e Giacobbe, dunque, non dimostrano l'ingiustizia arbitraria di Dio,
ma manifestano l'importanza della fede.
4. De specie et genere: commentando dei passi profetici, afferma che spesso la Bibbia
passa dalla specie al genere e viceversa. Secondo l'interpretazione letterale si parla del genere,
secondo quella spirituale si parla della specie. Questo forse l'unico criterio puramente
esegetico di Ticonio, usato in funzione antidonatista. Varie citt o genti dell'AT sono figura
della Chiesa, a volte di tutta la Chiesa, altre volte di una sola parte di essa, quella buona o
quella cattiva (cfr. l'esempio di Ninive).
5. De temporibus: sulla storia, su ci che in essa accade. Propone di risolvere sulla
base della sineddoche (una parte per il tutto o viceversa) gli errori nei computi cronologici. Ad
esempio, in Gen 15,13 si legge: Allora il Signore disse ad Abram: Sappi che i tuoi discendenti
saranno forestieri in un paese non loro; saranno fatti schiavi e saranno oppressi per
quattrocento anni, ma in Es12,40 si dice che Il tempo durante il quale gli Israeliti abitarono
in Egitto fu di quattrocentotrent'anni. La contraddizione si scioglie se si pensa che solo gli
ultimi 30 anni furono di persecuzione.
6. De recapitulatione: a volte la Scrittura puntualizza in un momento significativo un
concetto pi esteso. Cos, ad esempio, gli avvertimenti escatologici ("orate semper") valgono
per tutti i tempi.
7. De diabolo et corpore eius: quando la Scrittura si riferisce al diavolo, comprende
anche il suo corpo, ovvero coloro che gli appartengono (cfr. gli oracoli contro le nazioni in Is
13-23).
Ticonio scrive anche un commento all'Apocalisse in gran parte perduto, ma che ebbe
grande fortuna fino al VII secolo. Ci sono degli studi di POSE per trovarne tracce e
frammenti in altri commentari.
IL MANICHEISMO
Fonti e vita di Mani:
Fino alla fine del secolo scorso la nostra conoscenza del Manicheismo era solo quella
mediata dagli scrittori cristiani antichi, che presentavano Mani negativamente. Alla fine
dell'800 si scoprirono le opere dei grandi storici arabi, che parlano di Mani come di un grande
missionario. Si aggiunsero poi le scoperte, nel Turkestan cinese, di documenti propriamente
manichei:
il Frammento di Saburagan, testo dedicato da Mani a Shapur I (242-272 ca.).
il Trattato dogmatico.
un Formulario di confessione di fede manichea.
un Catechismo manicheo.
vari testi liturgici.
Nel 1930 vi fu una seconda scoperta nel basso Egitto, circa 3000 fogli scritti in copto
relativi al Manicheismo e datati dal IV secolo:
i Kefalaia, ovvero punti fondamentali della dottrina manichea.
delle Lettere.
la storia dell'antica Chiesa di Mani.
4 Omelie.
parte del Commento al Vangelo vivente.
Intorno al 1950 tra i Papiri di Ossirinco fu scoperta una vita di Mani del V secolo:
Codex Manichaius Coloniensis (CMC).

22

Grazie a queste scoperte si passati dalla considerazione totalmente negativa di Mani e


del Manicheismo, data dagli eresiologi, ad una considerazione pi storica che lo vede come
una grande ed antica religione. Restava per il problema di capire perch i Padri definissero il
Manicheismo una eresia cristiana, e non una religione autonoma. Il CMC ci aiuta a capire
quale sia il punto di contatto tra manicheismo e cristianesimo. Mani viene presentato come il
figlio di Patric e di Marian (forse nome usato in funzione apologetica cristianizzante, e
comunque confermato da una formula di abiura del Manicheismo riportata in PG 1,1468),
portato a 4 anni dal padre, giudeocristiano, a vivere tra gli Elcasaiti, dai quali riceve una
educazione legata alla pratica della Legge ed al rifiuto di Paolo. A 12 anni, Mani ebbe la prima
Rivelazione: il Re dei giardini della luce gli mand la rivelazione tramite un angelo, il cui
nome significa "compagno" o "gemello". Mani tiene segreta questa rivelazione, e continua a
vivere presso gli Elcasaiti; ascolta per il Paracleto, e progressivamente si distacca dalla loro
Legge. A 24 anni riceve la seconda Rivelazione, e rompe definitivamente con gli Elcasaiti: il
24 aprile 240, data di nascita della Chiesa manichea, che coincide con l'ascesa di Shapur I al
trono di Persia. Tale coincidenza probabilmente voluta per creare un parallelismo con Ges
Cristo, la cui nascita viene fatta coincidere da Eusebio con l'epoca degli Augusti. Mani si
identifica con il Paracleto, anche se non chiaro se ne sia la vera e propria Incarnazione, o se
solo il Paracleto parli per mezzo di lui. Mani si considera, comunque, l'ultimo dei rivelatori,
dopo Ges Cristo e Paolo.
Dopo la seconda rivelazione, Mani lascia gli Elcasaiti e trova protezione per 30 anni
presso Shapur I: pu cos avere discepoli, scrivere, organizzare la sua Chiesa e i suoi
missionari. Nel 273 muore Shapur I, e gli succede il figlio Ormiz, che continua ad appoggiare
Mani fino al 274, quando viene sostituito dal fratello Vahran I, conquistato dalla religione
mazdaica. Mani viene allora perseguitato, e muore dopo 26 giorni di prigionia il luned
(giorno sacro per i Manichei) 26 febbraio 277.
Letteratura e dottrina manichea:
Il Manicheismo una religione "del libro". Mani critica i suoi predecessori dacch
questi non hanno lasciato nulla di scritto, e quindi si preoccupa di redigere egli stesso i testi
fondamentali per la sua dottrina. Essi sono:
il Saburagan (frammenti profetico-apologetici).
il Vangelo vivente, opera posta dai discepoli di Mani all'inizio del loro Canone. In questo
libro Mani dichiara di essere il Paracleto annunciato da Ges, ma l'espressione non chiara:
Mani dice che il Paracleto sceso su di lui, che parla in lui. I discepoli, per, lo acclamano
dicendo che lui il Paracleto. Per questo motivo i manichei rifiutano il libro degli Atti.
il Tesoro: forse la prima trattazione sistematica della teologia di Mani, redatta in forma
apologetica.
i Pragmateia: ciclo di miti che offrono una spiegazione popolare degli inizi del mondo,
scritti imitando Paolo.
delle Lettere.
Salmi e Preghiere.
La morale manichea prevede due codici, rispettivamente per gli eletti e per gli uditori.
Degli altri uomini, non manichei, non si parla mai. Per tutti si richiede l'osservanza dei 5
Comandamenti e dei 3 Sigilli (oris, manus, sinus).
Comandamenti:
1. La verit: proibisce la menzogna, intesa come ogni atteggiamento che contraddice la
fede religiosa manichea. Ma vengono ammesse le menzogne dette per difendere la fede (per
questo Agostino reagir violentemente a tale principio nel suo commento a Gal).

23

2. Non violenza. Collegato col sigillo della mano, proibisce ogni atto violento che
ferisca uno dei 5 elementi. Non dunque possibile ferire od uccidere piante o animali. Questo
sigillo solo per gli eletti, mentre gli uditori possono infrangerlo per preparare loro il cibo.
3. Sigillo del seno: impone agli eletti la continenza sessuale, e proibisce ogni contatto
che provochi piacere. La ragione teologica di tutto ci sta nel fatto che la riproduzione ritarda
la liberazione delle particelle luminose.
4. Purit della bocca, sigillo della bocca: vieta tutte le parole nocive: la bocca
dell'eletto deve proclamare solo la salvezza. Per gli eletti vi sono anche delle prescrizioni
alimentari che vietano carne, sangue ed alcool. Sono tenuti a molti digiuni, e la salvezza
cosmica si ottiene consumando in quantit legumi e frutta (cfr. il gemito della creazione in Rm
8).
5. Beata povert: l'eletto non pu possedere nulla per se stesso, tranne che il cibo per
un giorno e le vesti per un anno. Ci perch deve essere libero e votato solo alla preghiera.
Morale degli uditori:
1. Rispettare i 5 comandamenti, che regolano la pratica della professione di fede.
2. Pregare 4 volte al giorno, per partecipare al sigillo della bocca.
3. Fare l'elemosina.
4. Fornire cibo agli eletti, partecipando cos al sigillo della mano.
5. Digiuno ebdomadario ed annuale dal cibo, dai rapporti sessuali, dal lavoro mondano,
per partecipare al sigillo del seno.
6. Confessione dei peccati. Settimanale, il luned, ed annuale di fronte a tutta la
comunit (anche per gli eletti) dopo 30 gg. di digiuno.
Storia della salvezza secondo il Manicheismo:
La ricaviamo dal Panarion di Epifanio, cap. 66.
1. All'origine del Manicheismo non c' il monoteismo, ma un diteismo: il principio del
bene e quello del male. In questo modo vengono annullate la responsabilit personale ed il
libero arbitrio. I due principi sono coeterni, sussistenti da s ed opposti.
2. Vi una mescolanza ed una fusione dei due principi: le tenebre invadono il territorio
della luce.
3. Il principio del bene, per difendersi, emana dalla sua sostanza una Potenza, la Madre
della Vita, che a sua volta emana l'uomo primordiale ed i suoi 5 elementi. L'uomo primordiale
si riveste dei 5 elementi e va a combattere. Gli Arconti delle tenebre mangiano la sua armatura,
che la sua anima, e lo fanno prigioniero.
4. Il principio del bene emana, per venire in aiuto all'uomo primordiale, una seconda
Potenza, che estrae il primo uomo dalle tenebre lasciando per la sua anima. Con questa lo
Spirito vivente crea le stelle, il sole e la luna (creature della luce), mentre la materia crea le
piante, gli animali e la terra (opere degli Arconti del male). La materia plasma l'uomo secondo
l'immagine dell'uomo primitivo e vi incatena l'anima con la materia.
5. Il Padre invia il Figlio diletto per la salvezza dell'uomo, ed egli assume sembianza di
uomo. Compito del Figlio reintegrare le particelle di luce. Questo possibile mediante un
marchingegno da lui inventato, che alla fine ripristiner ogni cosa come era al principio,
ovvero con la totale distinzione dei due principi. Per il manicheismo non pu esistere alcuna
resurrezione dei corpi. Le differenze fondamentali dal cristianesimo stanno dunque nella
protologia (due principi opposti) e nell'escatologia (ritorno puro e semplice alle origini). La
storia della salvezza vista secondo un andamento ciclico.
Importanza del Manicheismo:
Nella storia della Patrologia e nella riflessione cristiana del IV secolo il Manicheismo
riveste notevole importanza. Sono i Manichei a portare l'attenzione su Paolo, facendone
l'elemento portante della loro cultura. Ci dovuto al fatto che il ripudio dell'educazione
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elcasaita spinge Mani a prendere come punto di riferimento Paolo. Questo spiega la grande
fioritura di commentari a Paolo cui assistiamo nel IV secolo: sono ben 15, ai quali si
aggiungono poi numerosi commenti alla Genesi, altro libro fondamentale di riferimento
(questa volta per rifiutarlo) per i manichei.
Bibliografia:
*
Betz esamina per primo i riferimenti a Paolo nel CMC.
*
Kning studia il CMC per traslitterarlo.
*
Mara, Il ruolo di Paolo nella controversia antimanichea di Agostino, "Augustinanum"
1992.
Nel CMC 18,12-15 Mani parla dell'inizio della sua missione sotto Shapur I. Descrive
la sua chiamata con la stessa formula di Gal 1,15, che poi usa altre 3 volte sempre in
riferimento a se stesso. Dice che il Padre celeste ha mostrato compiacenza per me, separato
fin dal seno materno, facendomi uscire dalla legge in cui ero cresciuto. Mani colloca il proprio
nome dopo quelli dei maestri della Rivelazione, da Adamo fino a Paolo. Descrive poi il suo
rapimento al terzo cielo con le parole di 2 Cor 12,1-5, e cita Gal 1,11-12 per descrivere la
propria missione. Afferma che nella sua vocazione intervenuto il Paracleto che in lui parla/si
incarna.
Vi dunque un chiaro intento di Mani nel presentarsi a somiglianza di Paolo. Anch'egli
scrive delle lettere, afferma che il Paracleto gli ha parlato rivelandogli il Mistero e traduce
questa rivelazione in una riforma della Chiesa di Ges dopo i falliti tentativi dei giusti (!!)
Marcione e Bardesane. E' dunque chiaro il suo intento di agire all'interno del cristianesimo.
Anche Mani muore vittima della propria missione: in Kefalaia si trova un riferimento a Rm
9,2-3, e si afferma che anche Mani ha sofferto temendo l'insuccesso della propria missione.
Egli afferma anche che gli uomini non l'hanno accolto, e come Paolo agisce in contrasto con
la corrente dominante nel suo ambiente (gli Elcasaiti) giudaizzante e ritualista. Sempre come
Paolo, anche Mani un visionario, e riceve la propria missione e l'apostolato direttamente da
Dio: il pi grande degli Apostoli e ne chiude la serie. Egli dirige la propria Chiesa in vista
della sua diffusione ovunque (Kef 154).
Non dunque casuale l'interesse del IV secolo per Paolo: il Crisostomo ha ben 244
omelie su Paolo, Efrem lo commenta ampiamente. La grande Chiesa ha dunque la
preoccupazione di restituire Paolo alla dottrina comune, e di ristabilire una reale cristologia,
non doceta.
Nelle sue molte citazioni da Paolo (Gal 1,1;1,11-12;1,15; 2 Cor 12,2-5), Mani
inserisce il titolo divino Padre della Verit: un richiamo al principio della luce e della
verit. Tale ttolo stato dapprima spiegato in riferimento ad una religione non cristiana, fino a
quando lo si ritrovato in 2 Clem. Pur "ricopiando" la biografia di Paolo, Mani ha voluto
inserire alcune varianti: l'intervento del Paracleto (cfr. larticolo di Decret in Aug. 1992), e la
terminologia non chiara sul fatto se egli sia l'incarnazione di esso o semplicemente il mezzo
attraverso cui parla. Insiste sul fatto che la venuta del Paracleto promessa nell'Ultima Cena da
Ges si avverata solo con lui, ripudiando cos il testo di At.
Tentiamo allora un riassunto schematico dei rapporti tra Mani e Paolo:
1. Mani come Paolo si presenta come apostolo di Ges Cristo (cfr. Gal 1,1).
2. Mani come Paolo ha conosciuto prigione e sofferenza prima della morte a causa
della sua missione.
3. Mani come Paolo ha provato il sentimento del fallimento della sua missione (Rm
9,2-3 cfr. con Kef 66: sono venuto in questo mondo per predicare, ma gli uomini non mi hanno
dato agio di farlo e non mi hanno accolto).
4. Mani come Paolo anticonformista, ovvero va contro la corrente dominante del suo
ambiente (Elcasaiti) ed il loro ritualismo.
5. Mani come Paolo un visionario, e le sue visioni sono garanzia della rivelazione
ricevuta.
25

6. Mani, come e pi di Paolo, chiude e sigilla la Rivelazione.


7. Mani, come Paolo, proclama l'universalit della Rivelazione.
Agostino, commentando i passi in cui Paolo afferma di essere Apostolo, sottolineer
puntualmente che quelle affermazioni valgono solo per Paolo.
IL MONACHESIMO
Il problema delle origini:
Iniziamo col considerare le varie interpretazioni date dagli studiosi circa la nascita del
monachesimo, in relazione al momento storico in cui essi vivevano.
1. Weingarten, Gotha 1877: Le origini del monachesimo. Individua tali origini nel
paganesimo egiziano. E' influenzato dalle scoperte archeologiche dell'epoca e da un certo
revival del paganesimo che si ebbe nella seconda met dell'800.
2. Reitzenstein, Gttingen 1916. Pubblica la Historia monachorum e la Historia
lausiaca; individua le origini del monachesimo nella sintesi tra ideale evangelico ed idee
filosofico-religiose nei secoli II-IV. Tale autore uno studioso del mondo classico, e risente
delle teorie harnackiane sull'ellenizzazione del cristianesimo.
3. Buonaiuti, modernista, vede le origini del monachesimo nell'assunzione dell'etica
paolina, che ritiene diversa dal messaggio evangelico e segnata dal pessimismo contro il
mondo, nonch da una forte visione dualistica (1928: Le origini dell'ascetismo cristiano).
4. Le origini del monachesimo sono individuate in una particolare situazione
socioeconomica venutasi a creare nell'impero del IV secolo. E' l'opinione diffusa tra gli storici
marxisti (Vlter, Tbingen 1900: Der Ursprung der Mnchtum; Gonzlez Lobo, in Spagna; in
Italia V. Mazza, in "Studi storici", 1980).
5. La riflessione protestante, con la scuola di Tubinga, riporta le origini del
monachesimo all'interno di un discorso ecclesiale. Per von Harnack, quello dell'origine del
monachesimo un problema legato all'ecclesiologia ed alla teologia dogmatica: presso i
Riformati considerato sufficiente per la santit il solo Battesimo, ed allora il fenomeno
monastico visto come una contestazione al modo di intendere la struttura gerarchica della
Chiesa ed al suo discorso circa la salvezza. Cfr. von Harnack, I Monaci, il loro ideale e la loro
storia, 1907.
6. In Inghilterra la riflessione sulle origini del monachesimo coincide con il desiderio e
l'esigenza di far rinascere l'ascetismo delle origini. Cos Chadwick, che parte da Giovanni
Cassiano (Cambridge, 1930).
7. Festugire sottolinea come le origini del monachesimo siano da ricercare all'interno
della Chiesa, nella contrapposizione tra chi ricerca la santit nell'allontanamento radicale dalla
cultura e dal mondo, e chi la vuole trovare nel dialogo con esse.
Tutti questi elementi sono in realt compresenti: il fenomeno monastico una risposta
dell'animo cristiano a certi problemi particolari, e nei secoli si adatta al loro cambiamento non
perdendo lo slancio iniziale.
8. P. Brown afferma che impossibile cercare una sola ragione all'origine del
monachesimo. Egli si interroga sul ruolo e la funzione dell'uomo santo nel mondo tardoantico.
Mette a fuoco il mutamento avvenuto tra il III ed il IV secolo nel modo di vivere il rapporto
tra l'uomo ed il trascendente, ed il potere divino. Precedentemente, questo potere divino ed il
ruolo di intercessore era riconosciuto ai martiri. Con la loro scomparsa, si cerca un altro punto
di riferimento per la mediazione con il divino: questa la funzione del santo monaco, ed i
pellegrinaggi alle tombe dei martiri vengono sostituiti da quello presso gli anacoreti. Il IV
secolo segna il momento dell'esplosione (non della nascita!) del fenomeno monastico, e questo
fatto spinge molti studiosi (Duchesne, De Vogue) a collegarne le origini con le mutate
condizioni della cristianit, alla ricerca di modelli di santit. Questi si ritrovano nelle figure

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dell'anacoreta fedele al vescovo ed alla gerarchia, e poi del santo vescovo (cfr. le molte vite
che ne vengono scritte!). Si passa cio da un discorso originario sulla santit che la trovava
nella risposta alle esigenze di Dio nel proprio stato di vita, e quindi possibile per tutti, alla
consapevolezza che esiste uno stato pi perfetto che veicola la santit.
Questo mutamento d'accento causato dalle diverse condizioni di vita: quando il
cristianesimo si massifica, le condizioni precedenti non bastano pi per essere davvero
cristiani. Il modello monastico, nato come contestazione verso la Chiesa, diviene col tempo la
risposta cercata alle esigenze della vita cristiana.
Questi diversi modelli interpretativi vengono completati da Colombas, che ricerca cosa
i monaci dicano delle proprie origini. Fino ad ora si era ignorata l'incidenza delle Sacre
Scritture nelle opere monastiche e patristiche. Ora possibile comprendere che esiste un
modello che la Bibbia: Atanasio riprende verbi e parole della vita di Ges per parlare di
Antonio. Se gli Acta martyrum si rifacevano ai vangeli della Passione, la Vita Antonii si rif
alla vita pubblica di Ges. Le vite dei monaci hanno cos la funzione di presentare modelli di
imitatio Christi non pi incentrati sul perdono e sulla sofferenza, bens sulla vita nella storia e
nel tempo presente (cfr. anche l'affievolirsi delle attese escatologiche): si richiedono modelli di
vita, e non di conclusione della vita (martiri). La lotta contro i demoni, luogo comune nella
letteratura martiriale, ora presente nella vita quotidiana, e la narrazione segue lo schema dei
vangeli: imitazione di Cristo nella preghiera, nel lavoro, nell'ascesi (cfr. Paolo). Abbiamo cos
le vite di Antonio, Malco, Ilarione, Martino, Severino, Macrina...
Diffusione del fenomeno monastico e rischi connessi:
Oriente:
a) monachesimo egiziano. Girolamo scrive la vita di Paolo di Tebe con toni fantastici,
e fa di lui il maestro di Antonio. In realt Girolamo inserisce nell'opera molti elementi
autobiografici, e fa di Paolo un campione della lotta contro la cultura classica da cui egli stesso
si sentiva fortemente segnato.
b) Apophtegmata Patrum o Gerontikn: raccolta di massime spirituali, in parte
all'interno di aneddoti, intrecciate con la narrazione di fatti meravigliosi attribuiti a monaci del
deserto egiziani, palestinesi o asiatici. Prima edizione in PG 65.
c) Historia Lausiaca di Palladio (editio princeps di Cuithbert Wutler, Cambridge 1898
e 1904; tr. it. con testo a fronte nelle ed. Valla). Palladio di Elenopoli nacque in Galazia circa
nel 363-4. Monaco verso il 386, prima in Palestina e poi in Egitto, fu introdotto alla vita
ascetica da degli anacoreti egiziani. Va poi per 9 anni nel deserto di Celle, dove incontra
Evagrio Pontico, che avr su di lui un grande influsso (HL 38). Intorno al 400 viene eletto
vescovo di Elenopoli in Bitinia. Coinvolto nella polemica antiorigenista, difende Giovanni
Crisostomo contro Eudossia, e viene per questo esiliato in Egitto. L'Historia Lausiaca viene
scritta negli anni 419-420: dedicata a Lauso, ciambellano di Teodosio II, una raccolta di
profili di asceti, uomini e donne, prevalentemente egiziani e palestinesi. Riporta ricordi
personali e notizie apprese da altri, e vuole mettere in rilievo il valore spirituale della vita nel
deserto.
d) Historia Monachorum ( PL 29) di Rufino di Aquileia, che soggiorna in Egitto negli
anni 373-80 frequentando gli ambienti origenisti (Palladio, Evagrio). E' una raccolta di
racconti pittoreschi e fantastici raccolti da viaggiatori provenienti da Gerusalemme e recatisi a
visitare gli asceti egiziani. Di quest'opera abbiamo due recensioni: quella latina ed una greca,
opera di un amico di Rufino.
e) De institutis Coenobitorum e Collationes di Cassiano. La prima opera collocata in
Egitto ma diffusa in Gallia meridionale. Nel 380 Cassiano va in Palestina, si ferma due anni in
un monastero e poi si reca in Egitto. L scrive le Collationes, considerate un vero trattato
sulla perfezione cristiana, presentata attraverso gli esempi dei monaci conosciuti dall'Autore.
Chi erano i monaci di cui si parla? Anacoreti, ovvero separati dal mondo, che vivevano
soli o in coppia e partecipavano alle sinassi liturgiche ed alle conferenze spirituali; eremiti
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(vivevano nel deserto). Costoro venivano spesso dalle classi pi semplici ed umili della societ
copta. Antonio era di famiglia contadina agiata, e non conosceva il greco. Macario il grande
era stato cammelliere, Macario di Alessandria un modesto commerciante, e Mos un ladro. La
vita monastica si configura quindi come l'espressione della misericordia di Dio nei confronti di
ciascuno. Proprio la condizione umile dei monaci fa sottolineare ad alcuni studiosi le origini
socioeconomiche del monachesimo. Solo Evagrio e Palladio provenivano da classi medie e
colte, e proprio essi ci hanno lasciato delle testimonianze scritte. Negli Apophtegmata (5) si
dice che molti monaci venivano da un mondo rozzo ed ignorante: conoscevano solo il copto,
ed erano diffidenti nei confronti della riflessione teologica.
Antonio vive non lontano da Alessandria; illetterato, ma ha nel cuore il luogo della
biblioteca: la Bibbia non va studiata, ma imparata a memoria. Questa affermazione, che si
legge nella Vita Antonii, forse una presa di posizione di Atanasio contro la scuola di
Alessandria: vuole dimostrare che anche una vita illetterata pu condurre alla santit. Non
lontano da Alessandria Evagrio, che per intende la penetrazione della Parola di Dio
come opera fondamentale nella vita dei monaci: abbiamo quindi diversi modelli di santit che
vogliono rispondere alle domande provenienti da ambienti diversi.
Gli Apophtegmata non sono discorsi teologici: parlare della fede e leggere trattati
prosciuga la devozione del monaco. Possedere dei libri era considerato un grave peccato, con
l'eccezione della Bibbia: norma di vita e codice della lotta contro il demonio. Siamo di fronte
ad una sua lettura fondamentalista. Era importante vivere la perfezione piuttosto che riflettere
sui suoi stadi. Molti anacoreti erano semplici laici: assistiamo cos ad una rivalutazione del
Battesimo. Spesso i monaci rifiutano gli Ordini, che comportavano la rinuncia alla solitudine in
quanto sono una diakonia al servizio del popolo di Dio.
Occorreva trovare un padre, in grado di iniziare alla nuova esperienza, che insegnasse
la vita nel deserto e la lotta contro il demonio e le passioni. L'insegnamento era impartito con
la parola e pi spesso con l'esempio. L'anziano doveva parlare solo se interrogato dal
discepolo.
Gli Apophtegmata sono insieme la condanna ed il castigo dell'anacoretismo del
deserto: i logia divennero presto parte di una codificazione legale, e persero il loro valore
carismatico. La parola dell'anziano era pronunciata per quel discepolo ed in quella situazione:
non era una teorizzazione, ma un insegnamento inseparabile dall'esempio concreto. Nell'orario
dell'anacoreta un posto privilegiato veniva riservato per la preghiera e per il lavoro manuale.
Quadro generale del monachesimo:
EGITTO:
Il monachesimo egiziano si caratterizza per tre filoni:
1) L'eremitismo-anacoretismo indotto (cfr. Antonio). Si fonda su tre aspetti di vita: la
preghiera (basata sulla Bibbia, da imparare a memoria e da applicare letteralmente, con una
lettura integralista); il lavoro (per il proprio sostentamento e per offrire mezzi per la carit);
l'ascesi (come lotta contro i demoni). Prende ad esempio la vita di Ges.
2) Il Corpus Pacomiano. Propugna il cenobitismo sull'esempio della primitiva
comunit apostolica (cfr. At 2;4). Ogni gesto deve essere normato dalla Bibbia.
3) Evagrio Pontico. Propone un monachesimo di stampo origenista, fortemente
intellettuale. La lettura della Bibbia compiuta secondo un'esegesi spirituale: importante
l'opera Antieretikos (libri VIII), nella quale si riportano dei passi scelti della Scrittura che
forniscono un aiuto per combattere i vari spiriti maligni preposti ai differenti peccati.
Questa variet di modelli rappresenta le risposte ad esigenze diverse. Se Antonio si
oppone all'intellettualismo della scuola di Alessandria, Evagrio si preoccupa invece di non
perderne il patrimonio di riflessione. In tutti e tre i filoni monastici comunque fondamentale
la Bibbia.

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SIRIA:
1) Troviamo innanzitutto una forma rigidissima di anacoretismo, di cui parla Teodoreto
di Ciro (che ne anche un esponente) nella sua Historia Monachorum. Descrive tre tipi di
vita anacoretica: gli stazionari, che restano sempre in piedi per periodi lunghissimi; gli stiliti,
il pi famoso dei quali san Simeone; i dendriti, che vivono sugli alberi.
2) Efrem Siro ed Afraate portano ad una unificazione della cultura e della ascesi:
mediano tra il modello di Antonio e quello di Evagrio.
3) Ad Antiochia troviamo Giovanni Crisostomo, che propugna l'ascetismo
domestico (presente anche a Roma e diffuso soprattutto tra il 350 ed il 450 ca.). Si basa sulla
ricerca della solitudine interiore, possibile anche tra le pareti di casa e si alimenta alla
meditazione della Bibbia. E' il modello che prevarr largamente tra coloro che provengono da
ambienti culturali e che spesso vengono scelti come vescovi.
CAPPADOCIA:
1) Il movimento basiliano si contraddistingue per uno studio sistematico del NT, che
produce le regole morali, divise in ampie e brevi. Le prime sono scritte in forma di dialogo, un
genere letterario assai diffuso. Quelle brevi si presentano come risposte date ai monaci (cfr.
come poi Agostino riprender questo modello letterario nella sua opera De Diversis
quaestionibus octoginta tribus). I problemi vertono principalmente sul rapporto tra la Bibbia
e la sapienza profana (un problema molto sentito da Basilio, che aveva frequentato in
giovinezza le migliori scuole "laiche" del tempo). Note caratteristiche di questa forma di
monachesimo sono la ricerca di una armonia tra il lavoro manuale (che andava valorizzato per
contrastare la cultura ambiente che lo disprezzava) e quello intellettuale (che correva il rischio,
in certi contesti monastici, di essere disprezzato e ritenuto inutile); la ricerca di una sintesi tra
la vita solitaria e l'esigenza di una presenza caritatevole nella comunit cristiana. Per questo
motivo Basilio fonda Basiliade, una "citt della carit" che cerca di rispondere alle emergenze
del tempo: orfani, bambini esposti, fanciulle da marito (che rischiavano di essere ridotte in
schiavit), viandanti (per i quali non esistevano luoghi attrezzati di sosta), ospedali. Basilio
apre cos il fenomeno monastico alla dimensione della carit nei confronti dei fratelli bisognosi
abitanti o transitanti nella sua Diocesi. Vuole che i monasteri non siano lontani dalla citt, bens
ad essa vicini, per poter praticare la carit. Tutto questo segna un'evoluzione nel
monachesimo, che prima tendeva soprattutto a contestare il rapporto Chiesa-Impero ed il
rilassamento della vita cristiana. Nella prima met del IV secolo si assiste ad una conversione
di massa: questo richiede che al Battesimo si affianchi la pratica della carit, per continuare a
testimoniare le esigenze della vita cristiana che prima venivano dettate dal solo Battesimo. Nel
De Baptismo dello Pseudo-Basilio troviamo per la prima volta un parallelismo tra le tappe
dell'iniziazione battesimale e quelle della vita monastica.
Lo schema monastico basiliano subir in seguito una duplice evoluzione: sempre pi
monaci saranno chiamati all'episcopato, ma proprio questi esporteranno il monachesimo
creando dei cenobi episcopali nei quali condurre vita comune insieme ai propri presbiteri.
Ancora una testimonianza, quindi, della grande capacit di adattamento dell'ideale monastico
alle diverse situazioni.
2) Gregorio di Nazianzio afferma che necessaria la comprensione e la valorizzazione
di tutte le diverse forme di vita cristiana: anacoretismo, cenobitismo, ascetismo domestico
vanno accolti perch dipendono dalla convinzione che solo dal Battesimo deriva la
divinizzazione del cristiano. Da ci consegue che la santit non legata ad uno stile di vita
riservato a pochi eletti: le varie forme della vita cristiana sono i modi di traduzione concreta
della realt battesimale (= santit ed elezione), e l'itinerario cristiano possibile a tutti.
3) Gregorio Nisseno si caratterizza come il grande contemplativo, che lotta affinch la
spiritualit monastica sia intesa come conforme al vangelo e non come una forma di vita
filosofica propria di persone con una notevole forza di volont. E' la fede che salva, e non il
volontarismo. Cos nella sua Vita Moysi, Mos diventa il modello della vita monastica. Il
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Nisseno preoccupato di insistere sul valore del lavoro manuale, e spiega quindi come vada
inteso il precetto della preghiera continua (2 Ts) combinato con quello dell'obbligatoriet del
lavoro. Agisce in questo modo per combattere una tendenza che si stava diffondendo nei vari
ambienti monastici: i gruppi di messaliani o euchiti. Costoro sostenevano che gli unici
compiti del monaco erano la preghiera ed il digiuno. Ma in questo modo scaricavano su altri
tutto il lavoro, creando due categorie nettamente separate di monaci: i contemplativi ed i
lavoratori.
ITALIA:
La Vita Antonii era gi letta a Milano intorno al 360-365, ma probablilmente le prime
forme di esperienza monastica erano sorte gi da prima. Esse comunque vennero consolidate
dalle conoscenze relative al monachesimo egiziano. Una forma particolare di monachesimo
occidentale, che non trova riscontro in Oriente, quella dei cenobi episcopali. Ad essa sono
legati i nomi di Eusebio di Vercelli, Zenone di Verona, Gaudenzio di Novara e Massimo di
Torino: propugnano un severo ascetismo, il servizio alla Chiesa, la riflessione intensa sulla
Parola. L'Italia del IV secolo non ha grossi centri teologici, ma la conoscenza della parola era
diffusa anche tra i laici. Il cenobio di Agostino nasce per i laici, ma successivamente si fa
strada l'esigenza di avere dei pastori teologicamente competenti, ed a loro che si rivolgono
prevalentemente le istituzioni monastiche.
Notiamo quindi come gli elementi comuni alle varie esperienze incontrate non siano
molti, ma si limitino ai cardini fondamentali del monachesimo: lavoro, preghiera, ascetismo. Vi
inoltre un forte cristocentrismo: ogni tipo di monachesimo vuole essere una proposta di
imitatio Christi che sostituisce il modello precedente del martirio.
GALLIE:
Martino di Tours il modello, ed il monachesimo si sviluppa soprattutto nella Gallia
meridionale. La forma prevalente quella dei monasteri guidati da monaci vescovi, provenienti
da ambienti culturalmente elevati. E' molto marcata anche la dimensione missionaria.
AFRICA:
Agostino non l'inventore del monachesimo africano, ma le varie forme di esso gi
esistenti ricevono da lui forma ed impulso. Importante la sua opera De opere monachorum,
dove parla del lavoro e della preghiera continua (commenta i brani in questione di 2 Ts),
contro i messaliani che erano ivi assai diffusi. In Agostino riveste grande importanza il
passaggio dal cenobio di laici (Tagaste) a quello episcopale riservato ai chierici (Ippona): ci
implica l'affermarsi della concezione del cenobio come servizio pastorale alla Chiesa, fondato
sulla comune ricerca biblica.
Torniamo ancora, per fare alcune precisazioni, sulla controversia circa l'interpretazione
dei passi di 2Ts all'origine del movimento messaliano. Le due affermazioni di base erano quella
di Lc (pregate incessantemente) e quella di 2Ts (chi non vuol lavorare, neppure mangi). Da
alcuni il "lavorare" veniva inteso in senso spirituale, riferendosi a Gv 5,17 (Il Padre mio opera
incessantemente); da altri il "neppure mangi" veniva inteso come divieto di accostarsi
all'Eucaristia. Un altro problema era posto dai passi paralleli Mt 17,21 e Mc 9,30-32, dove
Ges afferma che vi una razza di demoni, che i discepoli non hanno saputo scacciare, che si
pu vincere solo con la preghiera ed il digiuno. I messaliani sostenevano che il Battesimo non
scaccia tutti i demoni, e che solo con la preghiera si pu eliminare il demoniaco che alberga nel
cuore dell'uomo. Il grave problema teologico sotteso a questa interpretazione deviante
ancora una volta quello della sufficienza del Battesimo per la vita cristiana orientata verso la
santit.
Tale problema era sentito fortemente ed a vari livelli, e poteva dare luogo a soluzioni
devianti quali quelle dei messaliani. Ci si chiedeva se il Battesimo, prima motivo di
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discriminazioni e di sofferenze, ed ora (sec. IV) invece motivo spesso di privilegi, fosse
sufficiente per poter vivere una autentica vita cristiana. Per questo motivo molti affermavano
che il Battesimo, se non veniva accompagnato da opere ascetiche, non sarebbe bastato.
Sempre per questo motivo, nel secolo IV, assistiamo al fiorire di catechesi battesimali che
dedicano molto spazio all'enunciazione dei doveri morali conseguenti al Battesimo. Questo il
punto fondamentale: precedentemente a questa situazione la predicazione morale costituiva
parte integrante dell'annuncio, ed il Battesimo era il sigillo della Fede e della Conversione della
vita. Ora, invece, affinch il Battesimo venga amministrato si richiede al catecumeno solo
l'adesione intellettuale alla fede, e cos necessario continuare ad insistere sull'etica cristiana
anche dopo di esso. Questa divaricazione tra la fede e la morale un fenomeno preoccupante
ed avvertito nel IV secolo.
Precedentemente il Battesimo comportava un triplice mutamento nella vita del neofita:
nel rapporto con il Padre veniva "convertito" ogni precedente rapporto con la Divinit; il
rapporto con Cristo diventava normativo per i rapporti con i fratelli; il rapporto con lo Spirito
Santo comportava un mutamento nel rapporto con la propria corporeit. La morale non era
una conseguenza dell'accoglimento del Mistero trinitario, ma era l'annuncio stesso.
Il mutamento che avviene dopo la svolta costantianiana tende a fare del cristianesimo
una dottrina morale. Agostino sottolinea che la sola adesione intellettuale non sufficiente, se
non vi anche l'adesione di tutta la vita. Da qui scaturisce la domanda, se al Battesimo vadano
aggiunte delle opere ascetiche. La risposta va data a livello morale personale, non a livello di
categorie di persone: altrimenti il rischio quello del determinismo soteriologico. La
distinzione dei credenti in categorie pi o meno predestinate alla salvezza porterebbe al
dualismo manicheo; mentre concedendo troppa importanza alle opere, si sarebbe tornati
all'economia veterotestamentaria. Non era sempre facile mantenere una posizione ortodossa
tra questi due estremi, soprattutto da parte dei monaci. Vi fu anche chi combatt il
monachesimo, ritenendolo pericoloso per la purezza della fede; mentre altri sostennero che
ogni cristiano doveva impegnarsi a vivere l'ascetismo ed il celibato.
La risposta dei Padri ribadisce che la scelta di vita monastica non garanzia di maggior
perfezione, bens la risposta libera alla Grazia battesimale, messa a frutto in una particolare
vocazione.
Note di approfondimento:
Pacomio ritenuto il fondatore del cenobitismo. Nasce intorno al 290 da una famiglia
pagana, nella Tebaide superiore. Fa il militare, poi si converte, viene battezzato, e si mette alla
scuola dell'anacoreta Palmone. Dopo 7 anni di "noviziato" diventa monaco, e si stanzia sulla
riva destra del Nilo, dove presto lo raggiungeranno numerosi discepoli. Il suo motto: volont
di Dio che tu ti metta a servizio degli uomini per riconciliarli con Dio. Le sue Regole sono
divise in 4 sezioni:
Precetti ai novizi.
Precetti e norme.
Precetti e leggi.
Precetti sulle sei orazioni vespertine e sulla riunione nelle singole case.
L'organizzazione pacomiana, molto centralizzata, riflette in parte la sua esperienza di
vita militare. Tutti i monasteri dipendono da un unico superiore, ed ogni monastero diviso in
famiglie di 20-30 monaci. Tre o quattro famiglie formano una trib. Ogni famiglia ha una sua
occupazione specifica, ed il monastero, composto da vari nuclei, simile ad un villaggio. Le
regole di Pacomio vengono ritoccate nel V secolo da Shenute.
La Palestina. In quesa regione spicca la figura di Palladio, autore della Historia
Lausiaca. Costui visse alcuni anni come monaco vicino a Gerico, dove cera un importante
centro di vita monastica, legato spiritualmente ai Luoghi Santi e dedito anche all'assistenza dei
pellegrini. Monasteri famosi della Palestina furono quelli della Giudea, di Gerusalemme, di
Betlemme (quest'ultimo fondato da Girolamo).
31

Siria e Mesopotamia sono caratterizzate da un monachesimo di particolare rigore.


Efrem (306-372) vive dapprima alla scuola di Edessa, poi viene a contatto con degli anacoreti
del deserto. Importanti sono i suoi commentari a Paolo. In Persia famoso Afraate, detto "il
saggio persiano": dapprima eremita poi superiore vescovo di un monastero. Non impone
regole, ma lascia i suoi monaci liberi nelle pratiche di ascesi, e li vuole assai vicini al popolo.
Asia Minore. Abbiamo scarse notizie anteriori al 350. Basilio (329-379) si separa dal
suo maestro Eustazio nel 373, quando lo scopre su posizioni pneumatomache. Vive in Siria e
Palestina e redige le sue Regole. Il monachesimo basiliano si diffonde in Asia Minore,
nell'Armenia romana, nella Siria settentrionale, nel Caucaso. Importante la figura di Teodoro
Studita (IX sec.).
Nell'ambito orientale si viene a creare il problema relativo ai rapporti tra i monaci e
l'autorit imperiale. I primi erano su posizioni assai forti, non trascurabili dal potere civile, ed
erano spesso beneficiari di sovvenzioni statali. Questo poteva per condurre ad una soffocante
ingerenza imperiale in ambito monastico. Troviamo qui in nuce il problema successivo della
Chiesa imperiale, e poi delle Chiese nazionali ortodosse.
In Occidente Ambrogio un grande sostenitore della vita monastica. Porta nella sua
attivit episcopale la propria conoscenza del diritto romano e delle sue lacune: critica
fortemente il giuridismo ed il ricorso alle raccomandazioni in campo giudiziario. Scrive il De
officiis ministrorum, opera importantissima, ma che contribuisce a quella separazione dei
precetti morali dall'annuncio della fede di cui abbiamo sopra parlato. Distingue i precetti per
chierici e laici.
Gioviniano ( 406, a Roma), dopo essere stato monaco si convince che l'ascesi non
giova alla salvezza. Sostiene con forza che conta solo il Battesimo: se accolto con fede, in
grado di far resistere a tutte le tentazioni. Propugna una interpretazione letteralista della
Bibbia, e desta scandalo con la sua predicazione (afferma, tra l'altro, che Maria ebbe altri figli
dopo Ges...).
LA POESIA CRISTIANA
Sguardo d'insieme:
La poesia cristiana nasce tardi rispetto agli altri generi letterari. Il cristianesimo, infatti,
guarda con sospetto alla poesia pagana, dominata dall'elemento mitologico e dall'immoralit (i
temi principali della poesia classica erano la patria, l'eroismo, l'amore e la passione).
Conseguenza di questo atteggiamento la difficolt di rinvenire un'anima propria alla lirica
cristiana, che abbia anche dei temi propri da cantare.
Il primo impulso alla poesia cristiana viene dai legami originari con la liturgia
sinagogale: inni, salmi, cantici spirituali (Ef 5,19). In seguito, la facilit con cui si memorizzano
i testi poetici rende questo mezzo espressivo estremamente utile per chi voglia propagandare
le proprie tesi: Donato, Agostino, Ario ricorsero alla composizione di canti popolari. La poesia
raggiungeva i fedeli degli strati pi popolari, ma veniva richiesta anche dai cristiani colti.
Questo interesse per i componimenti poetici si spiega con due fattori: da un lato tutta
la cultura classica era solita esprimere in versi il suo sentimento religioso pi alto, ed anche il
cristianesimo doveva fare ricorso a questa forma letteraria se voleva esprimere la propria
religiosit in termini accessibili anche ai pagani; inoltre la Bibbia, strumento principale di
diffusione del cristianesimo, esisteva in traduzioni latine rozze e sgrammaticate, difficilmente
accettabili dai pagani colti. Faceva difficolt soprattutto il procedere sintattico di tipo semitico,
quasi incomprensibile ed inaccettabile alle orecchie latine. Si pens dunque di parafrasare la
storia della salvezza, componendo versi di contenuto biblico.
Breve panorama sugli autori principali:

32

Commodiano. Ancora incerta la sua collocazione cronologica (III secolo?), ma


considerato il poeta della lingua cristiana. Sulle sue due opere (Carmen apologeticum e
Instructiones) abbiamo giudizi contrastanti, che vanno dall'attribuire loro uno scarso valore
artistico al ritenerle opera del genio latino cristiano in poesia. Le Instructiones sono dei
"cammini preferenziali" tracciati per chi vuole portarsi verso il cristianesimo: sono rivolte ai
pagani ed hanno scopo apologetico. Il Carmen apologeticum, che ci giunto incompleto, si
presenta nella forma di una apocalisse. Dopo aver descritto la creazione dell'universo e la
storia della salvezza fino a Cristo, Commodiano lamenta il non riconoscimento di quest'ultimo
da parte dei Giudei e passa poi a descrivere la fine del mondo.
Giovenco. E' il poeta che per primo si occupa di creare un genere epico cristiano.
Nasce in Spagna nel 329, e traspone poeticamente i 4 Vangeli in un'opera (Evangeliorum libri
IV) nella quale domina l'influsso di Mt (cfr. Jacques FONTAINE, La letteratura latina
cristiana, Message de la poesie chretienne..., Paris 1981).
Petronia Faltonia (Bchita) Proba. Scrive il Kentron (=centone di varie stoffe), un
componimento poetico che riunisce passi di altri autori. L'autrice una patrizia della gens
Petronia che vuole trattare dell'AT e del NT. Fonde una forma virgiliana con un contenuto
biblico.
Papa Damaso (+ 384). Principale esponente della poesia epigrafica, scrive in distici
elegiaci, sul modello dell'elogium funebre classico.
Ambrogio. Ci offre la poesia cristiana pi matura, collocata nell'innologia liturgica di
cui il maestro. Di lui abbiamo 4 inni per le ore liturgiche, 3 sulle grandi feste (Natale,
Epifania, Pasqua), 7 in onore di martiri milanesi e romani. I suoi inni sono strettamente legati
alle melodie con cui vengono eseguiti.
L'ARIANESIMO
Presentazione generale:
Nella controversia ariana, insieme trinitaria e cristologica, in gioco l'essenza stessa
del cristianesimo, come bene avevano compreso i grandi Padri della Chiesa in essa coinvolti.
Se Cristo non Dio, vana allora la nostra fede; se Cristo, Figlio incarnato, Dio, allora in
una sola divinit ci sono diverse Persone: come pu avvenire questo? Nella mente umana, ad
una persona corrisponde una natura: ci vuole un linguaggio capace di tradurre dei concetti non
altrimenti comprensibili, che rientrano in un mistero.
La controversia si origina innestandosi sulla tradizione pi antica della Chiesa. Se la
formula trinitaria di Mt 28 (nel nome del Padre, del Figlio e dello Spirito Santo) non la pi
arcaica, essa per frutto della riflessione liturgica della primitiva comunit apostolica, che
l'ha recepita come propria del pensiero di Ges Cristo ed indispensabile per amministrare il
Battesimo.
E' questo tipo di annuncio del vangelo che i Padri del IV secolo sono impegnati ad
approfondire e spiegare. Non si mai sentito dire che uno sia nello stesso tempo uno e tre: si
accetta il mistero, ma si vuole intuirne la possibilit, dal momento che si capisce
immediatamente come non si tratti di una triplice divinit. Il rischio quello di distruggere il
monoteismo (cfr. le reazioni monarchiane e modaliste): bisogna salvare l'assoluta trascendenza
di Dio ed affermare la differenza dal paganesimo. Un altro problema sorge a proposito della
cristologia: come pu accadere che nel Figlio di Dio ci possano essere due nature?
Questa controversia coinvolge tutta la Chiesa, con i suoi personaggi di spicco. A
Oriente troviamo Atanasio, Alessandro di Alessandria, Basilio, Gregorio Nazianzeno, Gregorio
Nisseno, Cirillo di Gerusalemme, Luciano di Antiochia, Eusebio di Cesarea, Eusebio di
Nicomedia, Giovanni Crisostomo. In Occidente spiccano i nomi di Ilario, Mario Vittorino,
Ambrosiaster, Ambrogio, Lucifero di Cagliari, Girolamo, Agostino, Gregorio di Elvira,
Eusebio di Vercelli.

33

Per comprendere il quadro teologico in cui ci muoviamo, utile accennare alle


differenze nella comprensione trinitaria tra Oriente ed Occidente.
A partire da Origene, i Padri orientali affermano che l'unico ingenerato il Padre. Ma
Origene non fa coincidere la nozione di ingenerato con quella di Dio: anche il Figlio e lo
Spirito rientrano nell'ambito della divinit. Dopo il 250 Dionigi sosterr lo schema origeniano
(cfr. figura), parlando di una gradatio puramente mentale esistente tra le tre Persone. Si
inizia a pensare ad una sola ousa con tre hypostaseis.
Ario afferma che la ousa divina solo del Padre: fa coincidere la nozione di
ingenerato con quella di Dio, e riduce al solo Padre il possesso della ousa divina.
La posizione di Roma notevolmente diversa: alla posizione di Dionigi di Alessandria
si contrappone quella di papa Dionigi, che contesta l'affermazione dell'esistenza di tre
hypostaseis, temendo una confusione che potrebbe far pensare a tre divinit. Il problema
nasce dal fatto che a Roma con hypostasis si intende una realt di per s sussistente.
La visione trinitaria di Roma erede del monarchianesimo: Padre, Figlio e Spirito
santo sono posti assolutamente sullo stesso piano, con il rischio di farne solo tre modi di
essere dell'unica Divinit, creando non pochi problemi circa la verit dell'Incarnazione. Tra le
ragioni della sussistenza a Roma di posizioni tendenzialmente monarchiane c' quella dovuta
ad un forte influsso politico. L'ideologia politica dominante quella del monarchianesimo
assoluto (pare che lo stesso Costantino scrivesse ad Alessandro di Alessandria per imporgli di
smettere di preoccuparsi per le dottrine ariane e non dividere la Chiesa solo per conflitti di
interpretazione). A partire da questa motivazione politica, la stessa concezione della persona
umana ad essere in gioco: il termine della fede cristiana, infatti, la Trinit; Cristo la via per
questo cammino, il rivelatore della Trinit. La conversione al cristianesimo deve dunque
necessariamente comprendere la diversificazione del rapporto con le tre Persone trinitarie:
credere che Dio Padre significa cambiare il proprio rapporto con la Divinit; credere che
Dio Figlio significa cambiare il proprio rapporto con i fratelli; credere che Dio Spirito
Santo significa cambiare la comprensione del rapporto con il proprio corpo: tutto l'uomo che
viene salvato. Non dunque pi possibile parlare di Dio senza specificarne la tripersonalit (lo
stesso Agostino corregger le proprie tendenze di pensiero monarchiano con la riflessione sulla
propria esperienza personale).
Lo schema "romano", dunque, non parte dalla politica, bens da una difficolt di
pensiero, di filosofia, di espressione per dire il Mistero. Il discorso politico ha tuttavia il suo
peso: monarchianesimo e modalismo sono un problema (cfr. SIMONETTI, Alle origini
dell'arianesimo). Simonetti coglie alle origini dell'arianesimo un problema esegetico posto
dall'affermazione di Ges: "Il Padre maggiore di me". Ad Antiochia, patria dell'esegesi
puramente letterale, si tende a dare di questo testo un'interpretazione arianeggiante.
L'arianesimo nasce quindi come disputa fra le scuole di Alessandria e di Antiochia ove la
prima, invece, sostiene la necessit di distinguere quando Ges parla in quanto uomo e quando
in quanto Dio. L'eresia, allora, si manifesta ancora una volta come irrigidimento su di un solo
aspetto dell'interpretazione del vangelo. La fatica da compiere invece quella di salvare ed
accogliere la pluralit con cui nasce l'annuncio cristiano.
La dottrina di Ario e la risposta di Atanasio:
Ario nasce in Libia, ed discepolo di Luciano di Antiochia. Compagno di studi di
Eusebio di Nicomedia (che gli dar rifugio dopo la scomunica di Nicea), diventa poi diacono
ad Alessandria nel 308, e gli viene affidata la chiesa pi importante della citt. Per la sua non
comune intelligenza e facondia, alcuni lo vorrebbero vescovo di Alessandria, ma ragioni di
convenienza gli fanno preferire Alessandro, sul quale convergono anche i voti del partito di
Ario: proprio per questo motivo Alessandro tarder a denunciarne la predicazione.
L'arianesimo una eresia trinitaria che coinvolge la cristologia. Le sue radici si trovano nella
controversia dei due Dionigi (riguardante, come abbiamo visto, l'uso del termine
hypostasis). Ario si richiamava ad una cristologia in qualche modo adozionista (cfr. Paolo di
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Samosata), che per salvare il monoteismo assoluto negava la vera divinit di Cristo. Intorno al
320 Ario il prete pi influente di Alessandria, ma il suo insegnamento, che accentua il
subordinazionismo della scuola alessandrina per cercare di "razionalizzare" il Mistero, solleva
delle critiche.
Alessandro invita Ario a non predicare pubblicamente e a non diffondere i suoi canti
"dottrinali", ma costretto ad intervenire pi incisivamente a causa delle critiche dei
monarchiani. Nel 318 Alessandro convoca le parti in causa per discutere, ma non si approda a
nulla. Allora indice il primo concilio regionale, al quale prendono parte 100 vescovi egiziani:
Ario e i suoi partigiani vengono scomunicati. Nel 325, in seguito al continuare della polemica,
abbiamo il Concilio di Nicea.
Tra i suoi scritti segnaliamo:
Thalia (banchetto): ce ne rimangono alcuni passi. Opera composta durante il soggiorno di
Ario presso Eusebio di Nicomedia.
Lettere ad Eusebio di Nicomedia che si trovava presso Eusebio di Cesarea.
Lettera ad Alessandro contenente una professione di fede.
Professione di fede diretta a Costantino.
Circa i passi scritturistici addotti nella polemica cfr. il seminario relativo. Notiamo da
ultimo che dall'eresia ariana derivano gli Pneumatomachi (360 in Egitto; 370-80 in Asia
Minore) e gli Apollinaristi (370 ca.).
Atanasio:
E' colui che meglio scorge il pericolo dell'arianesimo. Ma l'espressione omousios non
felice, non biblica. Segna l'ingresso della teologia nella Chiesa (?), mediante l'uso di un
termine mutuato dalla filosofia. Atanasio il vescovo di Alessandria che succede ad Alessandro
(328), dopo essere stato il suo segretario a Nicea.
Opere di Atanasio:
1. Contro pagani ed ebrei: Contra Gentes (opera polemica contro il politeismo);
Oratio de Incarnatione Verbi (tratta della necessit dell'Incarnazione per la redenzione).
2. Opere relative alla controversia ariana. Si parlava tradizionalmente di quattro
discorsi di Atanasio a Nicea, ma del primo si dimostrata la non autenticit. Esiste una
controversia tra Simonetti e Kannengiesser circa l'autenticit del terzo. In questi discorsi
abbiamo una esposizione del Simbolo apostolico; una Apologia contro gli Ariani; una
Apologia diretta a Costanzo, in cui respinge le accuse dell'Imperatore di avergli messo contro
il fratello; una Storia degli Ariani diretta ai monaci che lo ospitarono durante l'esilio.
3. Opere che manifestano l'attenzione di Atanasio nei confronti del movimento
ascetico. Vita Antonii, De Virginitate, Lettera sulla carit fraterna e sulla temperanza; due
lettere a Serapione di Tmuis, rispettivamente sulla morte di Ario e sullo Spirito Santo.
4. Lettere festali sulla data della Pasqua, contenenti istruzioni catechetiche ed
esortazioni pratiche.
5. Tomus ad Antiochenos (362), con il quale informa gli antiocheni e tutta la cristianit
circa gli esiti del Concilio di Alessandria del 361.
Dottrina di Atanasio:
Ario insegnava, sulla scia di Origene, che Dio aveva avuto bisogno del Logos come
strumento della Creazione: Atanasio lo confuta affermando che Dio non cos limitato od
orgoglioso da non potere o non volere creare senza un intermediario. Ario sosteneva che il
Figlio una creatura: Atanasio afferma che lo stesso nome di Figlio comporta l'essenza del
Padre: ci si pu chiamare Padre solo in quanto si ha un Figlio. Se Cristo afferma che il Padre
pi grande di lui, lo fa solo per indicare che il Padre l'origine (i Latini direbbero che qui
Cristo parla in quanto uomo). La dottrina di Atanasio appoggiata fortemente sul concetto di
redenzione. Nella polemica, oltre ai passi usati da Ario, Atanasio fa un largo uso del vangelo
di Giovanni, i Sal 35,10 e 44,12 e 1Cor 8,6.
35

Le posizioni teologiche al Concilio di Nicea:


Ario e i suoi seguaci: costituiscono un'area variegata.
All'estrema sinistra troviamo i Collucianisti (Eusebio di Nicomedia ed altri ex-allievi di
Luciano di Antiochia): superavano Ario, negando addirittura che il Figlio fosse stato "generato
dal nulla".
Al centro-sinistra c' Eusebio di Cesarea: subordinazionista moderato, propone l'utilizzo
della formula biblica senza alcuna innovazione terminologica.
Vi sono poi dei conservatori timidi ed incerti: preferiscono l'uso solo dei termini biblici. Tra
di essi troviamo Cirillo di Gerusalemme: egli afferma che voler definire il rapporto
Padre-Figlio con un termine filosofico e non rivelato significa poter incorrere in errori, dacch
i termini filosofici non sono compresi da tutti allo stesso modo.
Al centro-destra troviamo Alessandro, Atanasio, Ossio di Cordova: propongono come base
la formula proposta (simbolo battesimale?) da Eusebio di Ces., moderatamente
subordinazionista e terminologicamente biblica, ma con alcuni aggiustamenti: Dio vero da Dio
vero, generato non creato, omousios al Padre.
All'estrema destra troviamo Eustazio di Antiochia e Marcello di Ancira: legati a Roma,
preferiscono accentuare l'unit della sostanza, restando fermi sul principio della monarchia.
Sfumano molto la differenziazione delle Persone, cadendo in una forma di
modalismo-sabellianismo.
Alessandro non condivide la non-coeternit del Padre e del Figlio asserita da Ario, e
sottolinea la differenza esistente tra la figliolanza per adozione (uomini) e quella per
generazione (Verbo). La figliolanza per generazione non si d n per scissione n per
effusione, ma in un modo inesplicabile.
Alessandro alessandrino e dunque subordinazionista, ma riduce questo carattere della
sua formazione sviluppando il tema del Figlio vera immagine del Padre e riflesso indivisibile
della sua Luce: riesce cos a superare la temporalit insita nell'immagine umana di padre e
figlio.
Eusebio di Cesarea. La sua posizione era stata espressa gi prima di Nicea. E'
fondamentale nel suo pensiero il concetto di monarchia, sia nell'accezione teologica che in
quella politica. Si preoccupa che l'esistenza del Figlio non pregiudichi la monarchia divina, e
tende a sottolineare pi la funzione del Logos (strumento del Padre per la creazione) che non i
suoi rapporti con il Padre. Afferma pure che il Figlio ha tutto dal Padre, ma non giunge ad
assimilare il Figlio ad una creatura. La dimestichezza di Eusebio con Costantino aveva fatto
intuire al vescovo che gli Imperatori avevano un rifiuto totale dell'idea del triumvirato,
conclusosi sempre tragicamente. Per Costantino era importante che la posizione di Dio Padre
fosse collocata in preminenza, chiaramente e senza perplessit.
Eustazio di Antiochia. Propugna un monarchianesimo asiatico di stampo moderato.
Parla di tre prosopai per definire l'individualit all'interno della natura divina. Polemizza con
la cristologia logos-sarx, di tipo discendente, dove domina il Logos a scapito della piena
umanit. Parla dell'unione di divinit e umanit in Cristo nei termini dell'inabitazione del Logos
nell'uomo Ges.
Marcello di Ancira. Radicalmente opposto ad Ario, afferma un monarchianismo
economico: ammette le distinzioni nella Trinit solo in relazione alle operazioni ad extra. Dio
una Monade indivisibile, ed il Logos non ha sussistenza personale.
Ossio di Cordova. E' il consigliere di Costantino, e di lui non ci rimangono scritti,
anche se ebbe una parte notevole al Concilio di Serdica, dove si approv una professione di
fede di stampo monarchiano. Possiamo allora dedurre che a Nicea Ossio fu pi vicino agli
asiatici che non alla Logostheologie di Alessandro (cfr. Simonetti, La crisi ariana..., pp.
55-76).
Dopo Nicea (335-355):
36

Sotto la guida dei due Eusebii si crea un fronte antimonarchiano: Eusebio di Cesarea
preoccupato che si imponga una teologia che sfuma troppo le differenze tra le Persone.
Eusebio di Nicomedia ha invece altre mire: trasforma la difesa antisabelliana del suo omonimo
cesariense nella sistematica eliminazione dall'oriente dei vescovi niceni; infatti convinto che
omousios sia un termine che porta al monarchianesimo. L'oriente sta dunque diventando
ariano: filoariani sono i vescovi e gli imperatori (Costanzo II). Si susseguono le destituzioni,
condotte in piena armonia da Costanzo II ed Eusebio di Nicomedia. Si giunge fino al Concilio
di Tiro-Gerusalemme (latrocinio di Tiro) del 355, che depone Atanasio (va in esilio prima a
Treviri, ove scrive la vita Antonii). Il fronte filoariano prevarr in Oriente per circa un
ventennio, ed i Concilii sarano dominati dagli imperatori: 353 Arles; 355 Milano; 356 Beziers.
Questi ed altri concilii (341-351) giungono ad elaborare sette diversi simboli di fede, alla
ricerca di una formula filoariana che venga accettata dai niceni. Dopo questi sinodi solo in
pochi restano fedeli a Nicea: Lucifero di Cagliari, Ilario, papa Liberio, Ossio di Cordova,
Eusebio di Vercelli. Lucifero, Ilario ed Eusebio vengono esiliati in Oriente. Ilario ne approfitta
per studiare a fondo la terminologia teologica, e si convince che il termine omousios non
l'espressione pi esatta del rapporto Padre-Figlio (pi tardi anche Atanasio converr su
questo).
Si giunge cos allo scontro frontale. L'arianesimo si radicalizza con il diacono Ezio di
Antiochia, che identifica tout-court l'essenza divina con la nozione di Ingenerato (Ario non
l'aveva fatto espressamente): allora il Figlio non consustanziale, ma del tutto diverso. Da qui
il nome di anomei. Eunomio vescovo di Cizico aderisce alla dottrina di Ezio. Contro gli
Anomei si crea un fronte che cerca una formula capace di esprimere il rapporto di somigilanza
tra Padre e Figlio. Le soluzioni proposte sono due:
1. Il Verbo in tutto simile al Padre: non della stessa sostanza, ma di una sostanza
simile. Questi sono gli omeusiani, il cui capo Basilio di Ancira.
2. Gli omeusiani meno subordinazionisti dicono che il Figlio simile al Padre secondo
le Scritture: sono gli omeisti.
Nel 337 muore Costantino, favorevole a Nicea. Gli succede Costanzo II, filoariano.
Con Giuliano (360) i niceni godranno di un periodo di tolleranza. Valentiniano (366-7),
imperatore di Occidente, niceno ma non si interessa ai problemi teologici ("Laicus sum");
Valente (364-378), imperatore di Oriente, filoariano ed attivamente impegnato nella
soppressione dei vescovi niceni. Con l'avvento di Teodosio (379), spagnolo e niceno, le sorti
dell'arianesimo cadono.
Nel 381, al Concilio di Costantinopoli, trionfa la dottrina dei Cappadoci, mentre gi nel
379 una proclama di Teodosio aveva imposto a tutti i sudditi la stessa fede di Pietro. In
Occidente Ilario e Ambrogio confermano la fede nicena (restano solo alcune minoranze di
origine gotica).
QUESTIONI DI PNEUMATOLOGIA
Rispetto alla cristologia, per la pneumatologia abbiamo una documentazione pi
scarsa. Sulle ragioni di questo fatto vi sono posizioni diverse:
Simonetti. L'esistenza di una riflessione pi binaria che trinitaria fino al IV secolo va
attribuita al fenomeno montanista, che ha fortemente condizionato la Grande Chiesa nella
riflessione sullo Spirito Santo.
Studer afferma (giustamente) che non corretto sostenere che fino al IV secolo non si
parl dello Spirito Santo. Dello Spirito Santo si parla fin dal NT e nei Padri Apostolici.
Piuttosto, bisogna distinguere la riflessione sullo Spirito Santo dalla sua presenza nella
coscienza ecclesiale, che non viene mai meno. Il motivo del minore sviluppo della
riflessione pneumatologica, secondo Studer, sta nell'esigenza avvertita fin dalle origini di
giustificare lo stesso nome di cristiani: la prima discussione affrontata dalla primitiva comunit

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apostolica vert fin da subito sulla persona di Ges Cristo, a riguardo della cui identit si
rifletteva.
Mara. Analizzando la Lettera a Diogneto vi trov un riferimento esplicito allo Spirito
Santo (la Verit "salta" [skirtao] nel cuore dei fedeli: stesso verbo usato da Lc e Gv a
proposito dello Spirito Santo). A partire da questo episodio, la Prof.ssa Mara propone di
riesaminare le due posizioni. Dopo il Montanismo si parla poco della presenza dello Spirito
Santo a causa di un processo importante: le comunit cristiane delle origini avvertono
l'esigenza di sottolineare ci che esse gi sapevano, ovvero che non si pu fare dello Spirito
Santo il termine della fede. Lo Spirito Santo semmai l'inizio della fede. Il montanismo
aveva prospettato la manifestazione dello Spirito Santo come il vero compimento della
rivelazione (Montano aggiunge al NT i suoi oracoli), e cos pure aveva fatto il manicheismo.
Nel IV secolo il panorama cambiato: proprio la patente riflessione sulla Trinit porta a dover
affrontare anche il discorso sullo Spirito Santo. Dai pochi frammenti che possediamo
apprendiamo che per Ario lo Spirito Santo non altro che una ipostasi totalmente dissimile sia
dal Padre che dal Figlio: la prima creatura creata dal Figlio nel tempo.
Posizioni in Oriente:
Eusebio di Cesarea. E' filoariano e segue uno schema subordinazionista. Lo Spirito
Santo una ipostasi, sussistente ed esistente per se stessa. E' il terzo della Triade, ma Eusebio
non si esprime troppo: utilizza in una gradazione di subordinazione l'interpretazione di Gv 1,3:
lo Spirito la prima delle cose create dal Figlio.
Cirillo di Gerusalemme. E' in una posizione di centro, e preferisce l'uso di formule
bibliche anche a proposito dello Spirito Santo. Sostiene che quest'ultimo rientra nella Trinit
ed il mezzo attraverso il quale il Figlio partecipa alla Divinit del Padre. E' agente di
santificazione, Essere divino ed ineffabile.
Atanasio. Offre l'elaborazione pi completa: lo Spirito Santo totalmente divino,
consustanziale al Padre ed al Figlio. Negli anni 358-60 deve prendere posizione contro gli
"eredi" di Ario (Pneumatomachi o Tropici [da tropos = figura]) dietro istanza di Serapione. I
Tropici precedono le posizioni degli Pneumatomachi.
Gregorio Nazianzeno. Nell'Orazione 31 ci offre un panorama delle varie dottrine
devianti sullo Spirito Santo fino al 380. Presenta gli Pneumatomachi-Macedoniani (da
Macedonio, vescovo di Costantinopoli), ed afferma che lo Spirito Santo Dio, dichiarando la
difficolt di parlare della sua origine in rapporto al Figlio. Al par. 5 dell'orazione citata afferma
che la difficolt sta nell'affermare contemporaneamente la consustanzialit dello Spirito Santo
al Padre e al Figlio e la sua distinzione dal Verbo.
Basilio. Dapprima afferma di non poter parlare espressamente della Divinit dello
Spirito Santo. Parla di oikonoma, o dispensatio, e preferisce la via negationis: lo Spirito
Santo non una creatura. Nel De Spiritu Sancto dice che lo Spirito uno con la natura divina,
ma non arriva a dirlo espressamente Dio.
Posizioni in Occidente:
Fino ad Agostino non abbiamo contenuti dottrinali innovativi sulla questione
pneumatologica. Ambrogio, nel De Fide, afferma che le Persone Divine sono un Unum.
Mario Vittorino parla di tre Persone, e definisce lo Spirito Santo copula e anello tra Padre e
Figlio: in qualche modo anticipa Agostino, ma ha una prospettiva ancora statica.
Agostino, nel De Trinitate, afferma che quanto si dice di Dio si deve di poter dire di
tutte e tre le Persone: esse hanno la medesima sostanza, ma si distinguono nell'ambito
intratrinitario. Agostino introduce cos una dispensatio anche nella Trinit immanente. Il
Padre genera il Figlio, generato dal Padre, e lo Spirito il dono comune del Padre e del Figlio.
Agostino assimila la processione al dono.

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QUESTIONI DI CRISTOLOGIA
Il punto di partenza quello delle immagini bibliche (1Cor 24; Col 15).
1) La cristologia nasce su questo sfondo biblico (cfr. l'introduzione del Grillmeier). Nel
secolo XIX si cerca di elaborare un ritratto storico di Ges mediante l'uso delle tecniche
storiografiche, rifiutando metodologicamente il dogma dell'Incarnazione, inattingibile dallo
storico. Si cerca cos di trattare la vita di Ges come quella di un uomo qualsiasi. Lo
Schweizer (Tubinga 1906) esamina il processo che va dalla storicizzazione in poi, analizzando
come i vari secoli si sono rapportati a Cristo e sottolineando i limiti dell'approccio storicistico.
2) Si torna cos, in ambito protestante, alla riflessione teologica sui dati
neotestamentari, sostenendo la necessit di riconoscere come fatto storico che la fede
riconduce a Ges di Nazareth, predicato dagli Apostoli come Cristo e Risorto. Si parte dunque
dalla fede degli uomini che hanno annunciato il vangelo.
3) Una terza via di approccio viene suggerita da Bultmann e Conzelmann: si tratta di
una interpretazione esistenziale, che ricerca cosa Cristo dice a me, e salvaguarda in questo
modo la dimensione di eternit del Risorto. Questi tre modi di approccio sono chiamati ad
integrarsi.
La cristologia dei primissimi secoli si esprime in forme semplicissime, partendo da una
riflessione sui Nomi e sui Titoli cristologici (cfr. Danielou e Cullmann e l'opera di Cirillo di
Gerusalemme).
Le eresie cristologiche del II-III secolo (Ebioniti-Adozionisti) partono da una persona
umana che variamente viene considerata adottata da Dio o resa degna della presenza del
Logos. I Doceti estremizzano il ruolo del Logos, fino a rendere solo apparente l'umanit di
Cristo.
Nel IV secolo troviamo una esplicita riflessione con due grandi linee di pensiero in
cristologia: lo schema logos-sarx (cristologia dall'alto) e quello Logos-anthropos (cristologia
dal basso). La tensione tra questi due mondi domina la cristologia da Origene al Concilio di
Efeso. Gli antecedenti della crisi del IV secolo vanno ricercati nelle dottrine di Paolo di
Samosata, chiaramente adozionista, che negava la verit dell'Incarnazione. Era rappresentante
di una cristologia divisiva, che sosteneva l'inabitazione del Logos nell'uomo Ges. Secondo gli
avversari di questo personaggio, tutte le funzioni dell'anima di Cristo sono svolte dal Logos
incarnato in un corpo umano privo di anima (schema logos-sarx). Questa cristologia era
diffusa nell'area origeniana (Egitto, Palestina, parte dell'Asia Minore) e teneva in secondo
piano l'umanit di Cristo. Ario porta questo tipo di cristologia a conseguenze estreme:
attribuisce al Logos le passioni umane che i Vangeli attribuiscono a Cristo, per affermare
l'inferiorit della natura divina del Logos rispetto al Padre.
Gli Apollinaristi posero il problema della completa umanit di Cristo, della sua unit:
per affermare la divinit di Cristo sminuivano la completezza della persona umana di Ges.
Nello schema logos-sarx proposto da Apollinare convergono due eresie ed un propugnatore
dell'ortodossia: l'arianesimo, l'apollinarismo ed Atanasio, che attribuiva un ruolo secondario
all'anima di Cristo. Secondo Atanasio, il Logos si incarnato in un corpo umano con un'anima
morticina, non operante: ogni azione di Cristo viene considerata unicamente divina.
Con la sconfitta dell'arianesimo e dell'apollinarismo questa corrente si attenua:
l'umanit completa di Cristo viene elevata ad articolo di fede: vero Dio e vero uomo.
La cristologia del IV secolo si orienta a riconoscere pi idoneo lo schema
logos-anthropos; si presenta per il problema della coesistenza delle due nature in Cristo.
In questo campo si scontrano per qualche decennio queste due cristologie: Eustazio,
niceno, afferma che il Logos dimora nell'uomo come in un tempio. Atanasio, a partire da Gv
1,14, afferma che il Logos divenuto uomo, non: entrato nell'uomo. Il problema di base
soteriologico: ci che non viene assunto non viene sanato. Se il Logos non diviene realmente
uomo, l'uomo non assunto e non pu essere salvato. Nello stesso tempo, solo Dio pu

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salvare l'uomo, per cui il Verbo deve essere assolutamente divino. L'Incarnazione del Verbo
viene allora compresa come la dimensione sponsale della natura umana con quella Divina:
l'Incarnazione deve essere completa per rendere possibile la salvezza.
Atanasio afferma che il Verbo dimora come in un tempio nel corpo che si plasmato, e
che usa come organon, strumento. Il Verbo diviene carne, non: si trasforma in carne. Egli
vede il Logos come principio animatore del corpo.
Secondo Apollinare Dio abita nell'uomo, ma non un uomo: la natura umana e
corporea di Cristo viene dalla Vergine, e diventa divina solo grazie all'unione della divinit:
Cristo dunque un uomo celeste (cristologia angelica). Apollinare parla di una compositio
di Cristo, ma con una sola fysis e ousa: il Logos, sorgente di vita, assorbe la vita umana.
Vi un solo prosopon, e la natura umana di Cristo incompleta: manca del nous.
Eustazio di Antiochia oppone alla cristologia logos-sarx quella logos-anthropos:
separa talmente le due nature da giungere quasi a dividerle, affermandole ambedue come
complete. Anche di Nestorio si dir poi che vuole fare due Cristi. Per Eustazio Cristo un
uomo che porta Dio, non un Dio rivestito dell'uomo: non si pu dire che Dio morto.
Marcello di Ancira utilizza lo schema logos-anthropos, ma si attira un'accusa di
adozionismo: Cristo un uomo su cui, nel Battesimo, scende lo Spirito Santo.
Cirillo di Gerusalemme inquadra Cristo nella storia della salvezza, e fa uso dei titoli
cristologici.
Basilio usa la terminologia tradizionale, ma si avvicina agli antiocheni, parlando della
carne di Cristo portatrice della divinit, resa santa dall'unione a quest'ultima. Afferma la
communicatio idiomatum, ovvero l'intercambio delle caratteristiche tra le due nature.
Gregorio Nisseno e Gregorio Nazianzeno spostano il discorso sulle due nature di
Cristo: danno ormai per scontata la divinit del Salvatore. Cercano di spiegare unit e
distinzione delle nature con categorie stoiche: dottrina della mescolanza. Il Nisseno, all'interno
del tema dell'homo adsumptus, parla della morte di Cristo come della separazione dell'anima
dal corpo, e non della divinit dall'umanit (Gv 19: et emisit spiritum). La divinit non
abbandona l'umanit al suo destino.
Nel pensiero di Ilario vediamo una schematizzazione in tre fasi dell'esistenza di Cristo:
Preesistenza, Kenosis, Esaltazione. Il suo un approccio storico, preferito all'analisi statica
delle due nature.
Nel IV secolo si afferma dunque la cristologia logos-anthropos, soprattutto grazie
alla spinta della domanda soteriologica.

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