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MANUALI “IL DIO CAPOVOLTO” autori: Bruno Maggioni e Ezio Prato, nuova edizione; Pierpaolo Caspani “Chi è Gesù”.

Teologia Fondamentale I CFU 5_______________


07/02/2022
Prima parte, che serve a definire che cosa è la teologia fondamentale, e lo faremo anche attraverso un percorso storico che ci aiuterà a focalizzare
l’attenzione sulle idee di fondo e, poi in particolare, sui documenti del Magistero che si sono occupati di questioni di Teologia Fondamentale. In una
parte successiva, prenderemo in considerazione il discorso della RIVELAZIONE e della sua credibilità e nell’ultima parte toccheremo il tema della
fede.
I tre grandi blocchi sono: 1-LA TEOLOGIA FONDAMENTALE;
2- LA RIVELAZIONE (versante OGGETTIVO della fede) e la sua credibilità;
3- LA FEDE (versante SOGGETTIVO della fede)

Poi ci saranno alcuni documenti del Magistero:


 24 aprile 1870, DEI FILIUS 1CONCILIO VATICANO I

 18 novembre 1965, COSTITUZIONE DOGMATICA2 SULLA DIVINA RIVELAZIONE DEI VERBUM del 18 novembre 1965
 poi faremo cenni ad altri documenti di Giovanni Paolo II;
 Benedetto XVI DEUS CARITAS EST, PORTA FIDEI e LECTIO MAGISTRALIS in Regensburg il 12 settembre 2006;
 29 giugno 2013-Enciclica3 LUMEN FIDEI, anche se papa Francesco utilizza il testo preparato da papa Benedetto XVI.

ARGOMENTI: La rivelazione nella Bibbia- principio estetico: LA BELLEZZA del CRISTIANESIMO- Il cuore del Cristianesimo: Mistero
Pasquale Risurrezione e Crocifissione di Gesù- Verifica esistenziale (corrispondenza antropologica della rivelazione continuità e discontinuità)-
Fede e Fiducia

1
COSTITUZIONE DOGMATICA Dei Filius (24 aprile 1870) (vatican.va);
2
dei verbum (vatican.va);
3
Lumen fidei del 29 giugno 2013 di papa Francesco (vatican.va),
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INDICE……………………………………………………………………………………………………………………………………

DEFINIZIONE TEOLOGIA FONDAMENTALE E QUADRO GENERALE ………………………………………………………… pag.

LA SECOLARIZZAZIONE …………………………………………………………………………………………………………….. pag.

Teologia e Spiritualità …………………………………………………………………………………………………………………… pag.

IL CRISTIANESIMO ……………………………………………………………………………………………………………………. pag.

Breve storia della Teologia fondamentale ………………………………………………………………………………………………... pag.

APOLOGIA CLASSICA ………………………………………………………………………………………………………………… pag.

Rinnovamento religioso e spirituale XX sec. ……………………………………………………………………………………………. pag.

CONCILI VATICANI

- DEI FILIUS 1870 …………………………………………………………………………………………………………………………………. pag.


- DEI VERBUM 1966 ………………………………………………………………………………………………………………………………. pag.

POST VATICANO II ..……………………………………………………..……………………………………………………………. pag.

- Benedetto XVI …………………………………………………………………………………………………………………… pag.


- LUMEN FIDEI …………………………………………………………………………………………………………………... pag.

LA RIVELAZIONE cap. 1 manuale ……………………………………………………………………………………………………... pag.

IL CUORE della RIVELAZIONE: DIO CAPOVOLTO cap. 3 manuale ………………………………………………………………... pag.


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Teologia Fondamentale I CFU 5_______________

Che cosa è la Teologia Fondamentale? Partirei da una domanda: che definizione di Teologia potreste dare? LA TEOLOGIA COME SAPERE
CRITICO DELLA FEDE. Questo implica che prima della Teologia c’è la fede. La Teologia interviene in seconda battuta, laddove c’è l’esperienza
della fede per capire in profondità che cosa è la fede. E’ il sapere che ci interroga cosa sappiamo ma è un sapere critico, cioè è un sapere che mette in
atto e si avvale di procedimenti della ragione e dell’uomo, perché in realtà già la fede stessa è un sapere. L’esperienza della fede ci ricorda, quando
vedremo la bona fides, non è qualcosa di totalmente oscuro, cioè non è una rinuncia al sapere ma già nell’esperienza della fede c’è un sapere e su
questo sapere la teologia appunto riflette tecnicamente per approfondirlo, sistematizzarlo e così via. LA TEOLOGIA FONDAMENTALE SI
OCCUPA DEL FONDAMENTO DELLA FEDE E DELLA FEDE COME FONDAMENTO, cioè si chiede qual è il fondamento della fede, che
cosa c’è a fondamento della nostra fede ma allo stesso tempo la fede è un fondamento. Quindi è sempre importante tenere ed essere consapevoli di
questa relazione tra fede e teologia, in particolare tra teologia fondamentale e fede. Questa teologia fondamentale ha due istanze:
-L’ISTANZA APOLOGETICA, si preoccupa di difendere la fede cristiana dagli attacchi che gli sono rivolti. Sin dalle origini la fede cristiana è stata
sottoposta a degli attacchi, pensate ai filosofi pagani Gelso che scrive contro il cristianesimo, attacchi anche dall’interno dell’esperienza stessa pensate
alle varie eresie che hanno richiesto una esplicitazione elaborazione del sapere contenuto nella fede;
-L’ISTANZA MISSIONARIA, si tratta di dire a chi è al di fuori della fede il senso della fede stessa. Normalmente si prende come origine del discorso
della teologia fondamentale il testo della I LETTERA DI PIETRO, Cap. 3, vers. 14-15. Siamo in un contesto dove Pietro scrive a delle Comunità
che subiscono persecuzioni. 44<< E chi potrà farvi del male, se sarete ferventi nel bene? 14Se poi doveste soffrire
per la giustizia, beati voi! Non sgomentatevi per paura di loro e non turbatevi, 15ma adorate il Signore,
Cristo, nei vostri cuori, pronti sempre a rispondere a chiunque vi domandi ragione della speranza che è in
voi>>. Quest’ultima frase è stata individuata come il nucleo da cui scaturisce la teologia fondamentale, pronti a rendere sempre ragione della speranza.
La fede mette a noi speranza di cui ci è chiesto di rendere ragione; a chi?
 Prima di tutto ragione a noi stessi. Su cosa si fonda la nostra speranza e fede? E’ un’esigenza di capire, andare in profondità, di esplicitare le
ragioni delle nostre scelte e anche della fede.
 In secondo luogo significa di rendere ragione all’interno della Chiesa, a rendere ragione gli uni e gli altri. Aiutare chi si pone domande e
magari fa fatica ad avere ragione.
 In terzo luogo si tratta di rendere ragione della propria fede di fronte a chi questa fede non la vive o non la condivide. Questo può esplicitarsi
nella forma dell’annuncio, tipo nella forma apologetica o nella forma missionaria o entrambi. Questa istanza universale – missionaria è presente

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Bibbia.net: 1Pt 3,14-18 (lachiesa.it)
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negli stessi testi evangelici. Pensate al finale del Vangelo di Matteo, 28, 18-22, <<io sono con voi fino alla fine del mondo andate dunque
annunciate il Vangelo insegnando loro tutto ciò che io vi ho comandato battezzandovi nel nome del Padre, Figlio e Spirito Santo>>.
In qualche modo, il cristianesimo deve esplicitare le sue ragioni nei confronti di altre concezioni della realtà e questo valeva allora, agli inizi della
storia della Chiesa e vale all’epoca dei padri della Chiesa, attraversa tutti i secoli della storia fino ad oggi e anche oggi si tratta di esplicitare le
ragioni della nostra fede nel contesto in cui siamo.
La teologia in generale, in particolare la fondamentale, è sempre legata ad un contesto proprio perché ha il compito di esplicitare le ragioni della
fede deve farlo in contesti diversi. Un conto era esplicitare le ragioni della fede nel mondo dell’antichità, I-II secolo, un conto è farlo nel medioevo,
fondamentalmente cristiano, un conto è farlo nel nostro contesto.
Allora io vorrei in modo introduttivo provare ad esplicitarvi ALCUNI ASPETTI DEL NOSTRO CONTESTO POST-MODERNO.
La nostra società viene caratterizzata con delle espressioni diverse ma tutto sommato simili. Si parla di Post Modernità, è iniziata con Cartesio
(centralità del soggetto, “Cogito Ergo Sum” ecc.). Adesso siamo in un tempo di post-modernità. Qualcuno preferisce parlare di Modernità
Avanzata. Un’altra espressione, che ha avuto successo, espressione di un sociologo “Modernità Liquida” (Zygmunt Bauman). Qual è l’idea di fondo?
Il liquido non ha forma ma prende la forma del contenitore nel quale è immerso. Per BAUMAN questa liquidità è la caratteristica fondamentale del
nostro tempo; non ci sono delle identità, delle ideologie o delle strutture così definite, tutto è liquido può cambiare da un tempo all’altro. Si può
preferire una delle tre definizioni.
 Vediamo alcuni elementi che caratterizzano questa nostra fede. Un primo da prendere in considerazione è la FRAMMENTAZIONE.
Che vuol dire? Vuol dire che sono finite le ideologie totalizzante sul senso della vita e della storia. Nel secolo scorso, queste ideologie
hanno dominato in qualche modo (il marxismo, il positivismo e illuminismo ecc.). Oggi invece è molto difficile trovare una visione così
complessiva della realtà, restano dei frammenti di senso. Non c’è un unico senso oppure diverse ideologie che propongono un medesimo
senso ma ci sono frammenti di senso in una cultura profondamente segnata da pluralismo e relativismo. Non c’è più una verità assoluta
ma ci sono soltanto delle verità relative-deboli. Non un’unica grande verità che vale per tutti ma frammenti di verità, una verità debole.
Questo, certamente, ha dei rischi ma può avere anche delle opportunità: la pluralità, il rispetto dell’altro e così via non devono essere
disprezzati per le altre caratteristiche meno positivo. Questo è un discorso che deve valere per il nostro tempo, non c’è un tempo tutto va
bene tutto è positivo, ogni tempo porta ai suoi rischi e alle sue opportunità.
 Un secondo elemento che caratterizza il nostro tempo, di cui stiamo percependo ormai con decisione i suoi limiti, è l’individualismo. Il
soggetto post-moderno è l’individuo chiuso in sé stesso. Il soggetto moderno era il soggetto che rivendicava la sua autonomia libertà. Ma
questo ideale di autorealizzazione del soggetto esagerato portato alle estreme conseguenze ci fa cadere nel narcisismo se non addirittura
nell’autismo, non ovviamente come patologia ma questo soggetto chiuso in sé stesso e spesso diviso in sé stesso perché una parte domina
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la logica del piacere consumo di un’emotività superficiale e dall’altra c’è una razionalità tecnica che sembra essere in direzione
completamente diversa. Anche qui la modernità (cfr. Zygmunt Bauman) si manifesta. I legami tra le persone compresi, anzi soprattutto, i
legami affetti sono fluidi. E’ difficile trovare legami che tengano nel tempo. Tutto sembra instabile, incapace di misurarsi con la durata,
la prova e di aprirsi ad una vera dimensione comunitaria, anche se questa esigenza della comunità emerge proprio perché percepiamo tutti
i limiti e anche le conseguenze disastrose di un individualismo esasperato che fa contrappeso alle ideologie autoritarie del nazismo,
comunismo e fascismo del secolo scorso; lì l’individuo non esisteva proprio esistevano le masse.
Parte 2 (registrazione min. 36.15)
Il soggetto post moderno comunque non è più il soggetto illuministico di cui tutto è illuminato dalla ragione. Il soggetto è complesso perché spesso è
dominato appunto da questa tensione. Una volta l’individualismo, le comunità e il razionalismo esasperato. C’è la crisi anche dell’umanismo o
umanesimo. I filosofi hanno detto che alla morte di Dio segue la morte dell’uomo e infine la crisi della metafisica; sembra che la metafisica deve
essere completamente ricercata.
Un altro elemento che sembra caratterizzare la nostra epoca, che spesso diventa elemento dominante, è la TECNOSCENZA che mette insieme la
scienza e la tecnica che ormai non così facilmente separabili. Qualcuno dice, addirittura, che la tecnica più che la scienza a dominare il sapere. La
tecnica pervade ormai ogni aspetto della vita; non tocca solo più gli aspetti esteriori dell’uomo ma condiziona anche la stessa identità o può
condizionarla di più. Pensiamo alle biotecnologie, ingegneria genetica che possono condizionare manipolare e intervenire nei processi stessi della
generazione, es. clonazione. Certe visioni che apparivano fino a qualche decina di anni fa che apparivano fantascientifiche oggi le sentiamo come una
minaccia che, in qualche modo, incombe sulla nostra umanità. L’uomo è capace di intervenire sul patrimonio genetico. Qualcuno parla di immortalità
perpetua, cd. rivoluzione Genetica Nanotecnologie Robotica quando sarà compiuta la vita dell’uomo potrà avere una durata illimitata, già oggi si è
allungata la vita e si potrebbe allungare definitivamente centinaia di anni, poi ci sono questioni, è l’idea che in fin dei conti, noi siamo delle macchine
quando c’è un pezzo che non va bene lo si sostituisce con un altro pezzo di ricambio tecnologico e così via o addirittura creazione di nuove specie
umane o più umane transumane. Queste forse sono ancora cose che pensiamo lontane ma ci sono altre più vicino a noi, pensate le relazioni umane
nell’epoca dei social network molte opportunità positive ma allo stesso tempo dei rischi.

Il problema è che l’egemonia della tecnica, secondo Galimberti, potrebbe portare a tre effetti:
-Il primo è il SUPERAMENTO DELL’ETICA, la domanda non è più tanto è giusto è lecito ma la domanda è possibile o non è possibile? La tecnica
in un certo senso non si propone dei fini. L’unico suo fine è il potenziamento, tutto ciò che è possibile fare è giusto farlo.
-Il secondo SUPERAMENTO è quello della RELIGIONE.

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Sempre Galimberti scrive la religione morirà non è un auspicio né tanto meno una profezia ma è già un fatto che sta attendendo il suo compimento.
Per fortuna ci sono delle resistenze che contrastano ciò. La tecnica rischia di assumere una dimensione sostitutiva della religione. La salvezza si cerca
lì più che nel rapporto religioso. Sarebbe bello vedere che cosa è successo in questi anni con il Covid-19 con esiti opposti chi fa il punto della scienza
e della fede che sia tutto un complotto altri esaltano ciò come unica fonte di salvezza forse hanno un problema con entrambe le dimostrazioni.
-Poi il problema del superamento del senso (min. 9.04); ricercare un senso ma un senso non c’è.
-un altro elemento di crisi di coscienza sono LE NEUROSCENZE; che, almeno alcuni suoi rappresentanti, pretendono di spiegare tutto l’umano
come un semplice prodotto dell’umano. La coscienza è ridotta al cervello; emozioni, sentimenti e pensieri sono semplici combinazioni di reti neurali.
La libertà e la responsabilità non esistono più. Sono tutte previsioni che emergono, non bisogna semplificarle con la scienza ma molti a partire da
questi costruiscono delle visioni appunto eliminano tanti aspetti la tradizione religiosa ma non solo. La differenza umana per alcuni non esiste più, è
l’evoluzione umana ha fatto sì che l’uomo sapiens prendesse il dominio sulla terra, sono tesi negative l’evoluzione con la sua capacità. Ecco in questo
contesto come si pone la religione? Come viene vista? Ci sono atteggiamenti diversi permangono alcuni atteggiamenti che ci vengono ancora dalla
modernità. Alcuni di questi atteggiamenti portano al rifiuto di Dio che può avvenire in forme diverse. C’è il rifiuto di Dio, in nome della scienza.
Pierre-Simon Laplac, matematico, fisico, di fronte a una domanda di Napoleone che gli chiedeva “ma che posto c’è per Dio nel nostro sistema?” e
rispondeva “noi non abbiamo bisogno di Dio. La scienza spiega tutto”. Era anche il mito della scienza ottocentesca, oggi crollato questo mito di
scienza che la scienza potesse arrivare al sapere.
C’è il rifiuto di Dio in nome della libertà. Un po' quello critico di quelli che venivano chiamati “i maestri del sospetto” (Feuerbach, Karl Heinrich
Marx, Freud e Nietzsche ecc.). Dio è una proiezione, costruzione dell’uomo che tiene schiacciato il mondo e allora bisogna liberarsene per essere
liberi. L’idea è che non c’è posto per Dio e per l’uomo insieme: se c’è Dio non può esserci l’uomo e se c’è l’uomo non può esserci Dio.
Oppure ancora il rifiuto di Dio in nome del dolore. Il Papa Francesco nell’intervista con Fazio ha risposto citando Dostoevskij, se c’è il dolore dei
bambini se anche c’è il biglietto per il Paradiso c’è il rifiuto.
Si è passati dal rifiuto all’indifferenza, senza porsi il problema di Dio.

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Una riflessione interessante è la SECOLARIZZAZIONE di Charles Taylor come caratteristica del nostro tempo. Ci ha proposto di distinguere tre
accezioni di secolarizzazione.
 Secolarizzazione come declino e progressiva scomparsa del cristianesimo nel mondo contemporaneo.
Partendo da questa costatazione che molte persone si allontanavano dalla Chiesa e dalla pratica cristiana; alcuni autori hanno teorizzato
l’inevitabile scomparsa del cristianesimo e della religione nella società moderna e post-moderna. La religione è vista come un residuo del
passato un relitto in uno stato infantile del mondo che bisogna lasciare alle spalle. Ha significato una progressiva scomparsa, indebolimento e
scomparsa del cristianesimo nel mondo contemporaneo. C’è un secondo senso.
 Secolarizzazione intesa come differenziazione delle diverse sfere sociali e la loro progressiva autonomizzazione. Cosa vuol dire? La
politica, scienza, l’economia, l’arte, la morale; queste sfere sociali avevano una loro unità attorno anche al discorso religioso. Invece, si
differenziano e diventano autonome. La religione diventa uno dei tanti ambiti della vita che non svolge più una funzione egemone ma anzi
tende ad essere emarginata; è una delle tante sfere sociali, come tutte le altre.
 Secolarizzazione quel fenomeno per cui la fede di Dio diventa sempre più un’opzione esclusivamente personale, caratterizzata da una
dimensione anche differenziata spesso parziale o graduale; ciò è in sintonia con l’individualismo. La religione è una mia faccenda, (es. sì io
sono cattolico però del cattolicesimo prendo questo e quest’altro) e non mi sento vincolato a prendere tutto e non mi sento in colpa se queste
cose non le condivido; questo porta anche spesso al rifiuto all’istituzione religiosa o anche qui adesione parziale alla Chiesa o addirittura il cd.
“super markel” religioso odierno (ci sono diverse religioni).
Assieme a queste cose, questi processi di secolarizzazione bisogna dire paradossalmente dall’altra parte c’è un forte ritorno della religione.
Questa è la caratteristica post-moderno che condividono delle cose molto diverse e non capisci come stanno insieme però stanno insieme nella società
e nella vita delle persone che sembrano all’opposto. Interessante questo ritorno alla religione.
Un primo interesse è la spiritualità. Che cosa ci sia in questa parola spiritualità? Fa anche un po' di shick parlare di spiritualità. Una spiritualità non
necessariamente religiosa, ascendentale, non aperta al mistero di Dio, una spiritualità interessata al mistero dell’uomo o al benessere, scelgo ciò che
mi fa stare bene. A volte ci sono delle canzoni che hanno questa spiritualità. Un altro aspetto è l’attenzione dei mass media ai leader religiosi mondiali
(es. il Papa non solo nei cattolici). C’è una ricerca di luoghi ed esperienze dove toccare fare esperienza del sacro, esempio santuari i pellegrinaggi certi
luoghi ritenuti sacri anche molto locali, c’è questa esigenza, c’è questo desiderio di entrare nel sacro, una nostalgia dimensione dell’esistenza che si
manifesta in modi diversi.

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Il nostro tempo per noi è ancora caratterizzato dal pluralismo religioso, la globalizzazione e così via ha rimescolato le carte e diventa quasi
obbligatorio confrontarsi, il che può andare in direzioni diverse.
 Una prima direzione che può prendere è quello del fondamentalismo che diventa ostile agli altri (es. fondamentalismo islamico, in India
molto forte, nei paesi buddisti e c’è anche un fondamentalismo cristiano, nel Nord America).
 Individualizzazione, sincretismo, ognuno si fa la sua religione può diventare un Nomadismo religioso e qualcuno lo teorizza.
 Rifiuto scettico: ci sono tante religioni questo è segno che sono false, non può esserci una verità religiosa.
 Atteggiamento è quell’atteggiamento pragmatico, che forse in forme diverse, è quello più diffuso, tutte le religioni sono pari cambia il nome
di Dio.
Sono tutte possibilità presenti che dicono di una realtà nuova e una difficoltà a confrontarsi con questa realtà, sono tutti atteggiamenti che contengono
elementi di rischio molto alto.
Parte 2.
3° parte. La teologia non è un qualcosa che vive in un mondo a sé ma vive nel mondo in cui si trova ad essere contemplata. Tanto più la teologia
fondamentale deve in qualche modo proprio dare delle risposte a rendere ragione della fede e della speranza anche al mondo contemporaneo nel quale
siamo inseriti.
RAPPORTO TRA TEOLOGIA E SPIRITUALITA’. Prima vi accennavo alla domanda di spiritualità del nostro tempo, a volte questa domanda di
spiritualità trova una risposta al di fuori della fede cristiana come se nella fede cristiana ci fosse altra cosa e non ci fosse una vera risposta alla questione
della felicità. Questa situazione che porta alcune persone a qualificare la teologia considerandola solo come ragionamenti astratti lontani dalla vita
che non ha niente a che fare con i desideri delle persone ha anche delle sue motivazioni storiche.
La teologia sia in grado di arricchire la spiritualità e che la spiritualità trovi nella teologia delle radici solide. Se la teologia e la spiritualità vanno una
da una parte e una dall’altra questo è negativo per tutte e due. La teologia diventa qualcosa di arido di freddo che non parla alla vita e la spiritualità,
allo stesso modo, diventa qualcosa totalmente soggettivo in balia di emozioni più o meno superficiali. Tenere insieme teologia e spiritualità credo che
sia una sfida importante.
Nei primi secoli, nell’età patristica, sostanzialmente questa distinzione non c’era. I teologi erano anche dei maestri spirituali, i maestri spirituali erano
anche teologi; anche le figure papali, pensate a San Agostino, è uno dei più grandi pensatori e teologi della storia ma anche certamente maestro di
spiritualità oppure Basilio, Gregorio Magno. Fondamentalmente non c’era tutta quella distinzione.

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A un certo punto si inizia a parlare di un “DIVORZIO” TRA TEOLOGIA E SPIRITUALITA’. Questo divorzio alcuni lo collocano nel Medioevo,
con il passaggio dalla teologia monastica alla teologia scolastica. Certo le grandi sintesi di Bonaventura o Tommaso d’Acquino sono ancora molto
ricche di spiritualità e non solo di teologia. Di lì in poi progressivamente si sarebbe consumato questo divorzio si sarebbero aperte delle strade che
tengono alla separazione. 5Von Balthasar ha scritto un famoso articolo “Teologia e Santità” che riflette su ciò, questo sdoppiamento tra teologia e
santità o tra teologia e spiritualità. Per BALTHASAR la causa di questo sdoppiamento fu l’assunzione del concetto di verità filosofica all’interno
del sapere teologico. BALTHASAR in fin dei conti dice abbiamo preso questa idea di verità dalla filosofia e non più dal sapere di Giambattista 6Vico
e, piano piano, questo ha aperto le porte al razionalismo che si svilupperà poi nella teologia. Una proposta molto interessante di ripensare questo
rapporto tra teologia e spiritualità, pur mantenendo la distinzione ma non la separazione, è quella che ha fatto don Giovanni Moioli, teologo
scomparso.
“La teologia spirituale dopo Moioli” di Paolo Martinelli,7 vescovo ausiliario di Milano. Partendo dalla costatazione della contrapposizione tra
Monti e Magistri riteneva che nella tradizione occidentale vede il formarsi di una letteratura che oppone la scienza, ossia teologia, ed esperienza,
mistica-spirituale dei credenti. Moioli dice questo va a toccare in realtà qualcosa di non banale secondario ma qualcosa assolutamente decisivo va a
toccare proprio il problema della natura della fede o di quel sapere della fede. Perché c’è stato questo sdoppiamento, secondo Moioli? Piano piano
la teologia si è occupata solo più dell’ambito oggettivo e ha sempre più trascurato il versante soggettivo. Si è creata una separazione tra
l’elaborazione del dato rivelato, della rivelazione, e l’appropriazione dei credenti. L’idea è questa: c’è la rivelazione di cui però il credente, ciascun
credente, deve appropriarsi noi dobbiamo far nostra la rivelazione di Dio. Si è creato progressivamente questo iato da un lato la rivelazione di Dio, il
dato oggettivo, che è diventato l’ambito della teologia e dall’altro l’esperienza soggettiva che è diventato l’ambito della spiritualità. La teologia ha
ristretto il campo della fede da comprendere (quel sapere critico), solo al dato obiettivo e ha trascurato, invece, il fatto che la fede è sì quel dato
Il Concilio Vaticano II ha concepito il problema e
oggettivo è quella oggettività cristiana ma quella oggettività della fede vissuta dai credenti.
ha cercato soluzioni di recuperare questo rapporto tra teologia e spiritualità. Noi lo vedremo studiando la DEI VERBUM. Vedremo che
queste due dimensioni oggettiva e soggettiva sono recuperate insieme, non del tutto, ma sono abbastanza recuperate insieme.
Anche in altri documenti… Mostrare la pertinenza teologica dello spirituale, cioè l’esperienza spirituale dei credenti ha un valore teologico e,
dall’altra, dimostrare la pertinenza spirituale del teologo, ossia la teologia, ha un valore spirituale. Bisogna ristabilire una circolarità virtuosa tra il
teologico e lo spirituale, uno ha bisogno dell’altro e ciascuno aiuta l’altro. La teologia sostiene ed aiuta la vita spirituale e come la vita spirituale dà
vita linfa alla teologia.

5
Teologia e santità - A partire da Hans Urs Von Balthasar libro, Anton trukelj, San Paolo Edizioni, maggio 2010, Von Balthasar Hans - LibreriadelSanto.it
6
Giambattista Vico: vita, pensiero e libri | Studenti.it
7
PAOLO-MARTINELLI-La-teologia-spirituale-dopo-Moioli.pdf (ftismilano.it) pagg. 333-343. RIVISTA TEOLOGIA (della Facoltà) del 2014.
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MOIOLI fa questa riflessione a partire dal cuore del cristianesimo. Che cosa c’è al cuore del cristianesimo? L’autorivelazione di Dio in Gesù
Cristo morto risorto e datore dello spirito (cfr. DEI VERBUM). Dio rivela sé stesso in Gesù Cristo, in particolare nella sua Pasqua, e Gesù Cristo, a
sua volta, consegna lo Spirito. Però questo centro non si limita al discorso oggettivo ma questo centro della rivelazione è rivolto all’uomo. La
rivelazione è per l’uomo ed è offerta e diretta all’uomo chiamato alla salvezza e alla comunione piena con Dio. Quello che abbiamo chiamato
l’oggettività della fede, cioè il manifestarsi della verità in Gesù Cristo, non può essere concepito per quello che questo manifestarsi vuole come
obiettivo che è la fede dei credenti, che è l’appropriazione credente. LA TEOLOGIA DEVE OCCUPARSI DI TUTTO QUESTO PROCESSO DELLA
RIVELAZIONE MA ANCHE DELLA FEDE DELL’UOMO, PERCHE’ la rivelazione RAGGIUNGE IL SUO OBIETTIVO, in un certo senso è
pienamente rivelazione, QUANDO c’è QUALCUNO che LA ACCOGLIE per vero. Se nessuno avesse accolto la rivelazione di Dio o riconosciuto
nella fede Gesù Cristo come figlio di Dio, di fatto la rivelazione non ci sarebbe stata. La rivelazione è tale quando qualcuno la accoglie come tale.
NON PUO’ ESSERCI FEDE SENZA RIVELAZIONE MA NON C’è RIVELAZIONE SENZA FEDE. La prima parte “non c’è fede senza
rivelazione” se Dio non si fosse rivelato noi non crederemmo in lui, noi crediamo in lui perché si è rivelato si è fatto conoscere è venuto ad incontrarci;
e viceversa, “non c’è rivelazione senza fede” se la rivelazione vuol dire togliere il velo perché possiamo vedere il volto di Dio allora se questo velo
rimane e se nessuno, attraverso la fede, in qualche modo lo toglie la rivelazione non si compie. Ad esempio noi crediamo perché c’è qualcuno che ha
creduto prima di noi, perché c’è qualcuno che ha accolto nella fede la rivelazione di Gesù. Se nessuno avesse accolto nella fede la rivelazione di Gesù
sarebbe rimasto probabilmente non sarebbe neanche citato da nessuno, se per caso lo fosse sarebbe citato come uno che ha subito un processo ingiusto
e condannato a morte e sarebbe finito lì ma qualcuno ha accolto la rivelazione.
In termini classici, si diceva Fides qua/fides quae8 che indica i due aspetti della fede.
.
-FIDES QUA/ Creditur, Fede che è creduta
-FIDES QUAE/Creditur, Fede che noi crediamo

Dalla voce Fides qua/fides quae di R. Fisichella, dal Lexicon. Dizionario teologico enciclopedico, Piemme, Casale Monferrato, p. 419.
Termine tecnico di derivazione patristica e medievale con il quale si è soliti designare le componenti dell'atto di fede. Fides qua indica l'atto stesso
con il quale il credente, sotto l'azione della grazia, si affida a Dio che si rivela e ne assume il contenuto come vero es. il credo. Fides quae indica il

8
https://www.gliscritti.it/antologia/entry/192 Pié-Ninot, in La teologia fondamentale, Querinaina, Brescia, 2007, p.176, offre come riferimenti, Agostino, De Trinitate, XIII,2
ripreso da Tommaso in II IIae, q.2 a.2
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contenuto della fede che viene accolto; le diverse verità di fede che sono accolte e credute come un tutt'uno, in un solo atto. Non c'è separazione
tra fides qua e fides quae; entrambi i termini, infatti, vogliono specificare i diversi momenti di un unico atto. Nel credere, ognuno accetta un contenuto
che lo impegna; la fides qua, pertanto, non astrae dalla fides quae, ma da essa è determinata. La fides quae, a sua volta, rimanda alla fides qua come
all'atto fondamentale mediante il quale il credente, nella sua libertà, accetta di affidare sé stesso pienamente alla rivelazione di Dio.
La fede attraverso la quale crediamo che esprime l’adesione personale a Dio, l’atto personale attraverso il quale i credenti si appropriano della
rivelazione. Non possiamo scollegarli ma sono uniti, la fede cristiana è la rivelazione creduta non è solo qualcosa che sta lì e non coinvolge il
soggetto. La teologia fondamentale si occupa di entrambe queste due dimensioni, anzi per certi aspetti questa terminologia classica è un po'
rischiosa perché parte già da una distinzione che se esasperata porta a quel “divorzio” tra teologia e spiritualità; invece dovremmo vedere come
queste due cose sono unite, cioè la dinamica della nostra fede Dio che si rivela e qualcuno che la accoglie, ove il discorso dottrinale è inserito all’interno
del processo complessivo.
Si potrebbe inserire la congiunzione et? Si ma bisogna cercare di tenere insieme queste due dimensioni. La teologia fondamentale deve occuparsi di
tutte e due.
Che passo in più fa la teologia spirituale? Nell’ambito della fede vissuta dal soggetto, di cui la teologia fondamentale si occupa in modo molto
generale, andrà a vedere concretamente nella storia come è avvenuta questa appropriazione nella storia dei credenti. Ad esempio San Francesco
d’Assisi, Santa Teresa d’Avila, ha fatto propria la stessa fede nel suo modo particolare e così via. Stessa fede ma per la singolarità e l’azione dello
Spirito produce figure diverse di quella stessa fede con tratti comuni e singolari che dipendono dalla singolarità delle persone e dal dono dello Spirito.
Questa seconda parte - le concrete figure che si sono generate nella storia saranno oggetto del corso di teologia spirituale. Noi ci fermeremo su questa
visione più generale su come avviene l’appropriazione soggettiva della rivelazione, che è la fede.

RIASSUNTO: LA RIVELAZIONE è L’INIZIATIVA DI DIO, LA FEDE è LA RISPOSTA DELL’UOMO: POSSONO ESSERE giustamente
DISTINTE MA NON SEPARATE. Il divorzio tra teologia e spiritualità le aveva separate occupandosi solo del versando oggettivo trascurando o
minimizzando il versante soggettivo. Oggi le teniamo insieme l’oggettivo è finalizzato a produrre un soggettivo e la teologia spirituale ci indica quali
sono stati questi diversi tipi di soggettivo che si sono creati nel corso della storia.
FINE 7/02/2022

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MANUALI “IL DIO CAPOVOLTO” autori: Bruno Maggioni e Ezio Prato, nuova edizione; Pierpaolo Caspani “Chi è Gesù”.
Teologia Fondamentale I CFU 5_______________
-14/02/2022- Oggi entriamo nel nostro tema cercando di fare un po' di storia pe vedere come si è progressivamente formata e che struttura ha acquisito.
La teologia fondamentale non esisteva nelle Università. Perché? Nel Medioevo avevamo un regime di cristianità. Pensiamo all’Europa occidentale
fondamentalmente. Tutti erano cristiani, quindi i contatti all’esterno erano ridotti. Quindi non si sentiva l’esigenza di una disciplina che si interrogasse
con altre religioni od opposizioni. Più tardi nascerà questa esigenza fino ad arrivare alla disciplina. Questo non vuol dire che alcune questioni non ci
fossero. Fin nell’epoca post-testamentaria, poi patristica, le istanze apologetica e quella missionaria erano presenti. Già nell’epoca patristica il
confronto è significativo con il giudaismo con il paganesimo con la sapienza della filosofia. C’erano delle opere dedicate a questi confronti es. Giustino
che scrive le sue apologie, conobbe questa istanza di difendere il cristianesimo. In questi primi secoli intensi dibattiti. Quando il cristianesimo diventa
religione di Stato9 e c’è scomparsa del paganesimo, più avanti nel medioevo, questa istanza si percepisce di meno ma non scompare, es. San Tommaso
d’Aquino, oltre la Summa Theologica, ha scritto una Summa contro i pagani, 10 l’Imperatore Emanuele paleologo, ripreso da papa Benedetto XVI,
tiene un discorso con i pagani. Il tornante decisivo è la controversia contro il protestantesimo. Ci saranno altri fattori che riporteranno in auge questa
necessità. Con la riforma protestante avviene una frattura cristiana dell’Europa cristiana, frattura tra cristianesimo occidentale e orientale con le
chiese ortodosse ma anche in territori più occidentali con la riforma protestante si genera una frattura. Se c’era stato un cristianesimo, dà lì in poi ci
sono due cristianesimo che coesistono in un unico continente. Dopo Lutero e cosi via l’Europa è segnata da guerre di religioni tra cattolici e
protestanti. Qual è l’autentico cristianesimo, quello cattolico o protestante? Le due istanze quella difensiva o d’attacco e missionaria o propositiva
all’altra forma di cristianesimo diffusa in Europa. Hanno anche delle variazioni significative. Il protestantesimo mette l’accento sulla dimensione
più soggettiva, anche sulle dimensioni della fede, è la testimonianza interiore dello spirito. Il Cattolicesimo della riforma o controriforma sottolinea
di più l’elemento oggettivo, se per i protestanti per i cattolici sarà il deposito delle verità rivelate formulate anche in maniera oggettiva custodite dalla
tradizione della Chiesa. Il protestantesimo accentua l’aspetto soggettivo, separando questi due aspetti che invece non dovrebbero essere separati in
quanto l’una non può vivere senza l’altra. Se la religione rivelata produce questi danni, è fonte solo di guerre e violenza, come possiamo superare
questa situazione? Forse quello che dobbiamo fare è mettere da parte la fede rivelata e porre una fede fondata sulla ragione. Se mettiamo da parte

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Il Cristianesimo Religione di Stato nell'Impero Romano (elementari.net)
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Summa contra Gentiles
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quella rivelata e se cerchiamo una fede naturale questa potrebbe essere un fattore per l’unità di questa Europa insanguinata. Con l’idealismo, la seconda
domanda è: La religione vera è quella rivelata o naturale? Piano piano 1700, il secolo dei lumi, si afferma l’illuminismo che nelle sue posizioni
più estreme mette in dubbio non solo la religione rivelata ma anche la stessa in quanto tale, si va verso l’ateismo che fino a quel momento non c’era
o era un fenomeno marginale. Oggi sembra naturale nascere atei e poi cercarsi una religione, invece in passato si nasceva religiosi al massimo l’ateismo
veniva dopo. ATEISMO => Ha senso la religione oppure no, è giusto credere in Dio oppure è giusto essere atei? Nuova disciplina
APOLOGETICA, sforzo metodico di giustificare la fede cristiana, metodico per rispondere a quelle domande che la storia dalla riforma luterana in
poi ha fatto emergere anche nel cristianesimo occidentale. Il primo TRATTATO DI APOLOGETICA viene considerata l’opera di un irlandese
HOOKE, insegna a Parigi, nel 1754 pubblica un’opera “Religionis Naturalis Et Revelatae Principia” Costituirà la forma tipica dell’apologetica
classica per il suo scapo, tripartito, diviso in tre parti: la prima riprende le tre domande in senso diverso; quella che viene chiamata triplice
“demostratio”: 1° RELIGIOSA, prove dell’esistenza di Dio, la lotta all’ateismo. Rendere e difendere la religione es. San Tommaso, esistenza di Dio;

2°CHRISTIANA, contro le altre religioni si dimostrerà che la vera religione è quella cristiana;

3°CATTOLICA, in particolare contro i protestanti, si dimostrerà che la vera religione cristiana è quella cattolica.

Di per sé la storia ha posto prima con urgenza la questione cattolica, con la riforma protestante, poi si è posta con l’idealismo la questione quella
cristiana e poi quella religiosa con ateismo. Rimarrà invariato fino al Concilio Vaticano II. Ancora oggi i manuali di teologia fondamentale sono
organizzati seguendo questo schema.

VERWEYEN che organizza la sua opera “la parola definitiva di Dio” (è un modo per la rivelazione di Dio) in tre domande:

-PERCETTIBILE? Se Dio si rivelasse mediante parola l’uomo sarebbe in grado di percepirla?

-PRONUNCIATA? Questa parola è stata effettivamente pronunciata?

-PRESENTE? Continua ad essere presente nella storia come e dove?

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In realtà, con HOOKE siamo già avanti (1754) però c’era stato un precedente nel 1593 il francese CHARRON? “Le tre verità contro gli atei eretici,
giudei, musulmani”. Non si parlerà più di apologia ma teologia fondamentale. L’apologetica ha questa caratteristica più difensiva, invece la teologia
fondamentale di dialogo e così via. In realtà c’era stato un precedente della teologia fondamentale nel 1713 Pichler. Questa denominazione acquisterà
più in avanti. Certi modi di pensare comuni sono ancora influenzati dall’apologia classica, esempio fede e ragione. E’ durata almeno quattro secoli.

Qual è il nodo da cui parte il discorso dell’apologia? Parte dal confronto, soprattutto dell’illuminismo. Si costruisce su un’idea di separazione, od
opposizione, tra fede e ragione. Qual è Il contrario della ragione? E’ l’irrazionalità. Qual è il contrario della fede? L’incredulità. La fede viene associata
all’irrazionalità. L’idealismo considera la fede come se fosse il contrario della ragione e viceversa, perché viene associata all’irrazionalità. Da un
punto di vista illuministico vale questa idea, se c’è la ragione non può esserci la fede. Se c’è la fede non può esserci la fede. Sono due cose separate
addirittura opposte. Quest’idea ancora non è superata ancora oggi come il luogo comune che bisogna mettere da parte la ragione per credere. La fede
non ha nulla a che fare con la ragione. Questo presupposto dell’illuminismo è qualcosa con cui deve confrontarsi anche la teologia. La teologia
cade nel tranello, confrontandosi e combattendo con il razionalismo e illuminismo non si accorge di questa opposizione tra fede e ragione e
anziché respingerlo lo accetta acriticamente. Quest’idea di ragione moderna separata che non ha nulla a che vedere con la fede. C’erano degli
antecedenti anche nella teologia stessa (es. scolastica, Rasoio ecc.). C’è una responsabilità anche interna della teologia stessa. La teologia forse senza
rendersi conto cade nella trappola e accetta e come cerca di svolgerla (?) non volendo rinunciare alla fede e alla fede, un dono di Dio. La storia della
teologia cristiana ha sempre riconosciuto il valore della ragione. Non vuole rinunciare alla fede neanche alla ragione, da una parte si accetta che la
verità sia un’idea, o solo un’idea, e dall’altra parte si rifiuta di ammettere che la ragione sia l’unico criterio della verità. Per gli illuministi l’unico
criterio era la ragione separata dalla fede. Questo viene limitato perché non può essere la ragione l‘unico criterio della verità ma la verità è un’idea in
realtà insieme non ci sono. Allora se si tratta di tenere insieme due cose, che in realtà insieme non ci stavano insieme, come si farà? Si darà uno spazio
ad entrambi fede e della ragione. Questi due spazi sono separati? Come avviene questo?

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 SCHEMA DELL’APOLOGETICA CLASSICA (ἀπολογία).

E’ uno schema che l’apologetica classica elabora e che si fonda tra IL FATTO e il CONTENUTO della RIVELAZIONE. Del fatto della rivelazione
si occupa la ragione mentre del contenuto la fede; in uno c’è il fatto e nell’altro c’è il contenuto. Come si dimostra? Con tutta una serie di elementi.
In primis, l’esistenza di Dio e si recupereranno 11 le cinque prove di San Tommaso. 12 In modo particolare quelli che verranno chiamati i segni
esteriori di credibilità sono due: MIRACOLI e PROFEZIE. Perché ci servono per dimostrare il fatto della rivelazione? Si manifesta una potenza
che può essere solo di Dio. Le profezie se degli oracoli che erano stati profetizzati secoli prima si realizzano nella vita di Gesù c’è una manifestazione
di sapienza che va al di là di tutte le possibilità capacità umane. Si pensa che attraverso la ragione si possa dimostrare il fatto della rivelazione. (Se
crede che Gesù è il figlio rivelato di Dio, allora la conseguenza logica è che le cose che lui ci ha detto le dobbiamo credere), ecco il passaggio dal
fatto al contenuto se Dio ha parlato a Gesù bisogna credere. Nella Chiesa c’è un magistero che garantisce la verità di quei contenuti. Cosa c’è nella
rivelazione? Quelle verità inaccessibili per la ragione dell’uomo che Gesù ci ha fatto conoscere. In questi due passaggi l’apologetica pensava che
poteva contrastare il fideismo e il razionalismo; il primo svaluta la ragione quella fede cieca senza porsi domande. Perché viene contestato? Viene
contestato il fideismo perché finisce nel razionalismo, il fatto della rivelazione si dimostra con la ragione e, quindi, non è fideismo; viceversa il
contenuto si crede e quindi c’è una dimensione in cui la ragione non può essere il criterio e viene contrastato il razionalismo. C’è qualcosa che è il
compimento della ragione che va oltre, che sono quei contenuti inaccessibili alla ragione che noi riceviamo da Gesù mediante miracoli e profezie. La
fede si fonda su una dimostrazione della ragione, finiamo di cadere nello stesso razionalismo che questo modello tendeva contrastare. Il contenuto
della fede si comprende a prescindere della ragione, anche se sento che va contro la mia ragione (cfr. trattato di Newman). Accettando criticamente
quella distinzione tra fede e ragione volendo tenendole insieme le tiene insieme ma separati, ci sono due spazi uno alla fede e uno alla ragione, il
primo viene prima ma allora diventa una forma di razionalismo, fondiamo la fede sulla dimostrazione della ragione, diventa una forma di razionalismo
e il contenuto della fede lo prendiamo così come è e la ragione non c’entra e diventa fideismo.

11
Tommaso: Le cinque prove dell’esistenza di Dio – Il bipede implume
12
SAN TOMMASO D'AQUINO: LE CINQUE PROVE DELL'ESISTENZA DI DIO | Roby Photos (robyphotosmv.altervista.org)
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 LIMITI MODELLO APOLOGIA CLASSICA. CRITICITA’.

Ha un esito fideista e razionalista. E’ molto discutibile separare fatto e contenuto, come facciamo a parlare del fatto della rivelazione senza parlare
anche del contenuto. Noi dobbiamo cercare di evitare quelle posizioni fideiste che svalutano la ragione umana perché la ragione umana è un dono di
Dio e non va disprezzata ma neanche accettare quelle posizioni razionaliste secondo cui l’unico criterio è la ragio ne. Questo modello è di tipo
dualistico: un doppio dualismo: il primo gnoseologico il dualismo tra fede e ragione, nell’uomo ci sono due modalità di conoscenze radicalmente
separate una della fede e una della ragione. Questo dualismo di fatto si fonda su un dualismo più ontologico, che è il dualismo tra naturale e
soprannaturale. L’ordine naturale che ha una compiutezza in sé, è l’ordine della ragione, mentre il soprannaturale diventa qualcosa che si aggiunge.
Se noi gli teniamo separati diventa pericoloso per la fede stessa ma perché è necessario è soprannaturale se il naturale funziona sufficientemente bene.
Cosa serve la fede se si vive bene anche senza. Il naturale ha una sua compiutezza in sé. Individualismo o dottrinalismo - intellettualismo. In fin dei
conti, in cosa consiste la rivelazione? A qualcosa che fa riferimento all’intelletto. Il processo che porta alla fede è un processo intellettualismo. Si
arriva a credere come? Dimostrando l’esistenza di Dio ecc. Nell’uomo ci sono altre facoltà, caratteristiche, per quanto l’intelletto possa avere la sua
importanza. Qui ci sarebbe una questione antropologico, se corrisponde la prologia delle facoltà (si distinguono le facoltà principalmente l’intelletto
e la volontà, in subordine il sentimento ma che non ha un ruolo essenziale)13. E’ un modello che nasce da tante separazioni divisioni ma anche tra le
varie facoltà umane. La rivelazione è un insieme di dottrine mentre la fede è un’adesione a queste dottrine. E’ ritenerle per vere. Che cos’è la fede…
Inoltre, questo modello è un modello astorico e non biblico. In questo modello la bibbia ha poco. Non entra tanto in gioco nel processo di genesi
della fede. Esempio Gesù e il lebbroso. L’apologia avrebbe parlato della potenza di Dio, nel miracolo, soprannaturale. Non vediamo la misericordia.
Prima non si parlava della trinità ma un Dio perfetto. Dio è trinità comunione di persone, io dovrei cercare di viverla e realizzarla con gli altri. Se io
non sento che questi contenuti non hanno valore per la mia vita poi questa segue altri percorsi. Questo è il problema dell’apologia il Credere ritenerle
vere ma non percepirle nell’esistenza.

13
Le virtù intellettuali, morali e teologali - FMGB Prov (fmgb-prov.it)
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PUNTI CRITICI DEL’APOLOGETICA CLASSICA. Questo estrinsecismo diventa un oggettivismo, ossia poca attenzione al soggetto credente,
a come si arriva alla fede e cosa vuol dire vivere la fede per un credente. Inoltre, questo modello è un modello che è astorico e abiblico. In questo
modello la bibbia entra poco in gioco, negli angoli e nelle profezie. Per il resto, non entra molto in gioco nella genesi della fede. Se doveste parlare di
un miracolo, esempio Gesù che guarisce un lebbroso come ne parlereste (?)… L’apologia avrebbe detto la potenza di Dio ecc. vede in un miracolo la
potenza straordinaria di Dio, invece noi vedremmo la Misericordia di Dio. Entrambe ci sono ma in modi diversi (Gesù chiede al lebbroso di non dirlo
a nessuno, non lo utilizza come prova della potenza divina che opera in lui). Il rischio dell’apologetica era quello di utilizzare la bibbia non come
base del discorso teologico ma che conferma di un discorso che prosegue indipendentemente dalla bibbia. E’ poco biblico ma anche poco storica. Noi
oggi abbiamo più consapevolezza della Storia d’Israele e di Gesù, in particolare della sua morte e resurrezione. PARTONO TUTTI DALLA
SEPARAZIONE TRA FEDE E RELIGIONE. POSSIAMO AGGIUNGERE ALTRE SEPARAIONI.

 Nel concetto moderno di ragione la verità è separata dalla libertà. Se noi pensiamo alla verità cristiana questa ha bisogno della libertà, che
si rivela, se la libertà non la accoglie liberamente la verità cristiana non si può manifestare. Qui è in questione l’idea stessa di verità. La verità
cristiana è destinata alla libertà e vuole essere accolta.
 Verità e storia. L’illuminismo diceva 14LESSING “le verità storiche dato che sono contingenti non possono servire come prova delle verità
di ragione che essendo queste necessarie”. Il Cristianesimo si fonda su una vicenda storica, su eventi storici. Se separassimo verità e storia il
Cristianesimo è fuori. Se la verità è quella… Il paradosso di un Eterno che si manifesta nella storia, di un tutto che sta in un frammento. Es.
La vicenda storica di Gesù. Le verità storiche non possono avere valore universale, la sfida pretesa del cristianesimo è proprio questo. Le verità
della storia sono contingenti. Come può quella vicenda avere un valore universale? La verità assoluta di Dio si rivela in quella storia, è ciò che
l’illuminismo non accoglie. Quella storia è la rivelazione della verità universale. Noi diciamo l’incontrario quella storia è la rivelazione.
 Verità ed emozioni. La verità cristiana ha forte contatto con le emozioni. Qual è il comandamento di Gesù? “Amore” Dio è amore, bisogna
amare Dio per amare il prossimo, la gente arriva a credere a Gesù con i suoi affetti, dalla speranza di incontrarlo ecc., e non con un teorema

14
Gotthold Ephraim Lessing - Wikipedia
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Che cos’è l’umanità senza queste verità? Dietro al discorso all’apologetica classica assume criticamente dall’illuminismo ci sono queste separazioni,
c’è un impoverimento del cristianesimo e dell’umanità.

Già nell’800 e 900 ci sono alcuni pensatori che si rendono conto di questa apologetica classica e tentano di aprire delle strade diverse.

Antonio ROSMINI, Beato Cardinale, ora Santo, Newman; filosofo francese BLONDEL, inizio ‘900 ROUSSEPOT, Gesuita, tentano un
rinnovamento dell’apologetica, perché si rendono conto dei suoi limiti.
Maurice BLONDEL15 vissuto tra 1861 e 1949. Intellettualismo ed extrinsecismo. Vuole provare ad aprire un’altra via, che viene chiamata
APOLOGETICA dell’IMMANENZA – dall’uomo O INTEGRALE, che tenta di coinvolgere tutte le dimensioni. Il suo obiettivo è di fare
un’apologetica alla vita cristiana con al centro il dato eucaristico sacramentale. Parte da un’attenzione al soggetto umano, alle sue
disposizioni in vista dell’adesione della fede. Il punto di partenza è proprio significativamente diverso. [Potrebbe rientrare anche Pascal? Per
certi versi, sì]. L’analisi dell’azione umana porta alla costatazione di uno scarto inevitabilmente porta a un divario tra le aspirazioni dell’uomo
e il carattere che resta incompiuto delle sue realizzazioni, divario tra volontà volente (aspirazioni) e voluta (le sue realizzazioni). Questo scatto
conduce l’uomo all’Apologetica della soia, o ascolto, in questo scarto dell’uomo il soprannaturale emerge come ciò che è assolutamente
necessario e, insieme, assolutamente impossibile. Il Soprannaturale è assolutamente necessario perché senza di esso l’uomo non può uscire
ma è anche impossibile perché non può essere prodotto, conquistato ottenuto dall’uomo. Questa analisi che resta sul piano dell’imminenza e
lì il soprannaturale emerge ciò che è impossibile all’uomo non può ottenerlo con le sue forze. E’ un discorso filosofico che vuole mostrare una
possibile apertura al discorso della fede e al compimento soprannaturale. Lo sentiamo più vicino al nostro modo di pensare, sarà ispiratore di
alcuni tentativi percorsi della teologia fondamentale che saranno sviluppati nel XX sec.

21/02/2022 |Nell’800 alcuni pensatori, iniziano ad elaborare altre giustificazione della fede. In particolare, Blondel con l’apologetica dell’immanenza
o ascolto.

15
L’AZIONE e, in particolare, 1893; “Lettera sulle esigenze del pensiero contemporaneo in materia di apologetica” del 1893.
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Cardinale John Henry NEWMAN16 vissuto tra il 1801 e 1890. Era un anglicano, attraverso i suoi studi sulla patristica e sui primi secoli si è avvicinato
al cattolicesimo, recentemente è stato anche canonizzato. Anche Newman, simile a Blondel, aveva la preoccupazione di difendere fedi semplici.
Allora tenta un’altra strada, facendo una distinzione tra ciò che richiama l’assenso nozionale e assenso reale. Il primo attiene all’uomo la sfera
intellettuale mentre il secondo coinvolge l’uomo in tutte le sue dimensioni. Dietro c’è la critica, del modello dell’apologia classica. Il secondo
coinvolge l’uomo. Le stesse proposizioni, le stesse verità possono essere oggetto di entrambi. Dice che la teologia è il campo dell’assenza intenzionale
mentre quella pratica l’assenso reale. Oggi forse discutibile. COME SI ARRIVA ALLA CERTEZZA IN CAMPO DI FEDE? Non si arriva alla
certezza della fede in maniera scientifica ma tramite di un insieme convergente di probabilità. Singoli elementi presi separatamente non danno
la certezza. Rispetto a lui, io preferisco ricorre al cumulo di probabilità ma diversi elementi ci portano alla certezza. Non è un cumulo solo quantitativo
ma anche cumulativo. Dice si può arrivare alla certezza di fede. I singoli elementi non danno la certezza ma tutti insieme ci danno una certezza
(esempio un cavo di fili). Questo accumularsi di probabilità dà una certezza. Un’altra via. Per questa via sono importanti delle disposizioni morale (la
preghiera, l’amore) poi sono tanti questi fili (le scritture, bibliografia dei santi ecc.). Con tutte le sue ricchezze messe insieme.

16
Grammatica dell’assenso | DISF.org
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Ispirato da Newman ma che fa un passo in avanti è un gesuita Pierre ROUSSELOT (1877-1915) ha scritto due articoli poi uniti “gli occhi della fede”
prende una linea che va in direzione opposta dall’apologetica classica. Sottolinea il carattere attivo e sintetico dell’intelligenza umana e la capacità
umana di procedere in modo induttivo, cioè da una serie di indizi di segno convergenti arrivare alla conoscenza di un fatto, persona o
situazione (es. supponiamo che ci sia stato omicidio e sul luogo del delitto arrivano due agenti che indagano sul caso e vedono i medesimi indizi,
però uno dei due riesce a collegarli e a scoprire chi è il colpevole e l’altro no). Questa capacità di interpretare i segni collegarli tra di loro per arrivare
alla conclusione di fede dove queste intuizioni, che a partire dagli elementi a disposizione arriva alla fede, è data all’uomo dalla luce della fede. Ecco
gli occhi della fede… la luce della fede non percepisce cose diverse ma le cose che percepiscono tutti allo stesso modo ma illumina il significato di
questi segni e gli converge in una direzione dove c’è una circolarità tra i segni -indizi e conclusioni; da un lato i segni portano alla conclusione e
dall’altro è la conclusione che consente di capire i segni-indizi. Questa è una linea che è simile a Newman. C’è uno spazio in più non sono solo
giustapposti nel caso, come diceva Newman, ma c’è questa intuizione (cd. occhi della fede) che consentono di giungere alla conclusione e la
conclusione nasce dalla fede che porta in quella direzione perché qui non siamo più nell’extrinsecismo qui siamo in una prospettiva intrinseca cioè
è da dentro che si percepisce la luce della fede ed è la fede che fa vedere che bisogna credere. Mancava questa sottolineatura della luce della fede.
Il rischio, in Newman, è che, non con una dimostrazione ma con questo accumularsi convergente di probabilità, lasciasse questo giudizio di
credibilità ancora esterno invece Rousselot dice che il giudizio di credibilità è interno alla fede stessa, cioè non c’è un qualcosa che viene prima
della fede che ti fa arrivare alla fede è dall’interno della fede che nasce il giudizio di credibilità. La fede viene prima, in questa circolarità l’uno
influenza l’altro e viceversa. Dicevamo dell’apologia classica che il fatto della rivelazione si dimostra, c’era un giudizio che veniva prima della fede,
il contenuto si rileva. La posizione di Newman fa un passo in avanti oltre all’intellettualismo ecc. ma è ancora una posizione un po' estrinseca metto
insieme tutte le probabilità, non faccio dimostrazioni, vedo se mi convince e poi credo. Invece Rousselot dall’interno della fede valuto la credibilità
e non dall’esterno, altrimenti c’è sempre qualcosa prima della fede. Però non dice come entrare nella fede? In questa circolarità tra segni e disposizione
interiore, conoscenza e amore ossia si percepisce la fede perché si ama Dio e la facoltà di conoscere genera amore. C’è una circolarità. Non bisogna
mai andare al fideismo. La ragionevolezza della fede è intrinseca alla fede stessa. Dall’interno della fede noi percepiamo la credibilità fede. Non
parlerà più di segni ma della figura di Cristo. Questa luce della fede non viene da noi ma dalla figura di Cristo, anche quella luce che ci mostra parte
dalla figura di Cristo.
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FATTORI DI RINNOVAMENTO ALL’INIZIO DEL XX SEC. 900 Concilio Vaticano II. Alcuni movimenti, es. liturgico, biblico e patristico.
Rinnovato impulso agli studi teologici consente un nuovo accesso alle fonti della rivelazione. L’apologia classica si era spostata, era poco biblico. LA
SVOLTA ANTROPOLOGICA. Ogni verità rivelata ha un significato per la persona, è importante far vedere come la rivelazione ha un significato
profondo. Altri sottolineano l’aspetto ermeneutico. L’uomo rivela Dio ma rivela Dio a sé stesso. Tutto ciò confluisce nella DE VERBUM in cui viene
presentata la rivelazione non in termini dottrinali ma in termini di auto comunicazione cioè Dio gli comunica sé stesso all’uomo e la fede diventa la
risposta. Sempre nel Vaticano II possiamo richiamare la costituzione della Chiesa nel mondo contemporaneo. C’è tutta un’analisi antropologica. Cristo
è la chiave della vita umana. Con il Concilio Vaticano II si ha il passaggio dall’antropologia classica alla teologia fondamentale. Non è citata nel
Concilio Vaticano II. Deve costruirsi una sua identità. Di cosa si deve occupare? Ateismo (De Gaudium), il rapporto con le religioni cristiane, il
confronto con le ideologie (es. in quel tempo marxismo), confronto con le discipline umanistiche, con le scienze naturali, del confronto con l’arte e
filosofia.

FIDES ET RATIO GIOVANNI PAOLO II 1988 GIOVANNI II (conclusione del Concilio Vaticano II nel 1965).

67. La teologia fondamentale, per il suo carattere proprio di disciplina che ha il compito di rendere ragione della fede (cfr 1 Pt 3, 15), dovrà farsi
carico di giustificare ed esplicitare la relazione tra la fede e la riflessione filosofica. Già il Concilio Vaticano I, recuperando l'insegnamento paolino
(cfr Rm 1, 19-20), aveva richiamato l'attenzione sul fatto che esistono verità conoscibili naturalmente, e quindi filosoficamente. La loro conoscenza
costituisce un presupposto necessario per accogliere la rivelazione di Dio. Nello studiare la Rivelazione e la sua credibilità insieme con il
corrispondente atto di fede, la teologia fondamentale dovrà mostrare come, alla luce della conoscenza per fede, emergano alcune verità che la
ragione già coglie nel suo autonomo cammino di ricerca. A queste la Rivelazione conferisce pienezza di senso, orientandole verso la ricchezza del
mistero rivelato, nel quale trovano il loro ultimo fine. Si pensi, ad esempio, alla conoscenza naturale di Dio, alla possibilità di discernere la rivelazione
divina da altri fenomeni o al riconoscimento della sua credibilità, all'attitudine del linguaggio umano a parlare in modo significativo e vero anche di

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ciò che eccede ogni esperienza umana. Da tutte queste verità, la mente è condotta a riconoscere l'esistenza di una via realmente propedeutica alla
fede, che può sfociare nell'accoglienza della rivelazione, senza in nulla venire meno ai propri principi e alla propria autonomia(90).17

Alla stessa stregua, la teologia fondamentale dovrà mostrare l'intima compatibilità tra la fede e la sua esigenza essenziale di esplicitarsi mediante
una ragione in grado di dare in piena libertà il proprio assenso. La fede saprà così «mostrare in pienezza il cammino ad una ragione in ricerca
sincera della verità. In tal modo la fede, dono di Dio, pur non fondandosi sulla ragione, non può certamente fare a meno di essa; al tempo stesso,
appare la necessità per la ragione di farsi forte della fede, per scoprire gli orizzonti ai quali da sola non potrebbe giungere» (91).18

RIVELAZIONE – FEDE - TRASMISSIONE (Cap. Iv n. 6).

Contesto culturale e religioso contemporaneo;

la rivelazione;

la fede e la Chiesa;

presentazione correnti nel XX secolo sulla credibilità e rivelazione.

17
90) «La ricerca delle condizioni nelle quali l'uomo pone da sé le prime domande fondamentali sul senso della vita, sul fine che ad essa vuole dare e su ciò che l'attende dopo la
morte, costituisce per la teologia fondamentale il necessario preambolo, affinché, anche oggi, la fede abbia a mostrare in pienezza il cammino ad una ragione in ricerca sincera della
verità». Giovanni Paolo II, Lettera ai partecipanti al Congresso internazionale di Teologia Fondamentale a 125 anni dalla « Dei Filius » (30 settembre 1995), 4: L'Osservatore
Romano, 3 ottobre 1995, p. 8.
18
Fides et Ratio (14 settembre 1998) | Giovanni Paolo II (vatican.va)
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Cfr. La fede provata di Franco Ardusso

La categoria della rivelazione costituisce il principio di comprensione ed unitario del cristianesimo. Questa di per sé non è unica. Ad esempio
altro criterio potrebbe essere la parola di Dio, non solo nel senso di sacra scrittura ma più esteso come Dio che parla. Altro parlare storia della salvezza.
Rendere come categoria unitaria del cristianesimo quella di salvezza. Altro quello della tradizione, che vuol dire consegna che continua nel segno
della Chiesa. Questa scelta è stata fatta dai documenti del magistero. Rivelazione è già una categoria libera. Es. l’Apocalisse. Nella storia fino
all’apologetica classica questa categoria non ha avuto una grande importanza. Da un punto di vista più laico ha diversi sensi. La rivelazione di qualcosa
oppure un sentimento soggettivo, oppure la rivelazione fa riferimento a qualcosa di dogmatico fideista a cui si oppone l’autonomia della ragione. La
scelta del Vaticano I di utilizzare la rivelazione è stata una scelta coraggiosa. Questa rinnovazione si contrappone al pregiudizio illuministico che
attaccava dall’altra parte si contrappone a un’idea più romantica, che riduce il cristianesimo senso dell’infinito. Come categoria sintetica e specifica
dell’oggetto della fede cristiana, discorso della fede. Poi si inserisce in un quadro quello dell’apologia classica.

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COSTITUZIONE DOGMATICA DEI FILIUS* DEL SOMMO PONTEFICE *PIO IX 24/04/187019

CAP. I Dio creatore di tutte le cose CAP. II La Rivelazione CAP. III La Fede CAP. IV Della Fede e della Ragione

Non c’è il confronto con il protestantesimo, una delle critiche all’apologia classica era la dualità dell’ordine naturale e poi la fede. Queste due
dimensioni sono separate e l’ultimo capitolo tenta di unirle. Sull’ordine naturale si inserisce l’ordine soprannaturale e si tratterà di mettere insieme la
fede e la ragione. Alcuni dei presupposti sono presenti già dallo schema dei capitoli. NATURA E SOPRANNATURA/ RAGIONE E FEDE. Da una
parte c’è una condanna di tutta la cultura contemporanea, ci dà la percezione di un clima difensivo del sentirsi assediata anche da un punto di vista
naturale. Condannando queste dottrine si è costretti di confrontarsi. 28/02/2022 Qui nel Vaticano I non c’era un elemento critico della Chiesa, tutto
veniva esaltato come un grande motivo di credibilità in cui sembra che la Chiesa non avesse nessun punto debole. Oggi siamo consapevoli che non è
più così (Cfr. pag. 5 Dei Filius) PASSAGGIO TRA DEI FILIUS VATICANO I e DEI VERBUM VATICANO II: sono due documenti dedicati
alla rivelazione ma i modi di parlarne sono diversi, ove c’è un’evoluzione ma questo non vuol dire che per questo tema quello che ha detto il Vaticano
I non vale più ma viene inserito in un contesto più ampio in cui resta la verità del Vaticano I ma viene inserito in uno sguardo diverso e più allargato
nel significato. LA RIVELAZIONE NEL VATICANO I è UN INSIEME DI DOTTRINE IL VATICANO II non negherà questo però dirà la
RIVELAZIONE E’ QUALCOSA DI PIU’. Ultima parte della De Filius è dedicata alla Chiesa.

Cfr. paf. 7 DEI FILIUS <<la fede… dalla fede>>. Rapporto tra scienza e fede non solo non c'è contraddizione se ognuna procede bene nel suo
ambito. DIO E' SIGNORE DELLE SCIENZE. ANCHE LA SCIENZA TROVA LA SUA ULTIMA ORIGINE IN DIO. SIAMO NELL'800 DOVE
LA CHIESA VIENE ATTACCATA X ESSERE CONTRARIA ALLA SCIENZA è UN ATTO DI CORAGGIO. UNA BUONA SCIENZA PU'
DIVENTARE UNA STRADA VERSO DIO. PER CERTI ASPETTI QUESTO TESTO IN QUESTE FRASI E' PIU' AVANTI DI QUELLO CHE
DIRA' IL VATICANO II. Sullo sfondo c'è il caso Galileo da lì in poi è stata criticata di essere contraria alla scienza. Il VALORE DELLE SCIENZE
VIENE CONOSCIUTO COME UN POSSIBILE CAMMINO VERSO DIO. ANCHE IL VATICANO II PARLERA' DI AUTONOMIA.

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La presa di Roma nota anche come breccia di Porta Pia
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CONTESTO VATICANO II

 PAPA GIOVANNI XXIII INDICE UN NUOVO CONCILIO VATICANO II, la cui indizione suscita molta sorpresa sembrava che il

concilio Vaticano I avesse detto tutto soprattutto perché aveva definito nella “La Pastor Aeternus” Costituzione dogmatica20 due
DOGMI riferiti al papa: IL DOGMA DELLA GIURISDIZIONE UNIVERSALE e il DOGMA DELLA SUA INFALLIBILITA’.

GIOVANNI XXIII indice il Concilio Vaticano II nella consapevolezza che il papa ha questa possibilità di fare delle determinazioni infallibili ma
questo non vuol dire che il papa debba fare tutto lui. Una volta che è stato indetto vengono incaricate delle Commissioni che preparavano i testi su
cui il concilio si sarebbe espresso. TRA I DIVERSI ARGOMENTI SI AVVERTE LA NECESSITA’ DI PROSEGUIRE LA DEI FILIUS SULLA
RIVELAZIONE E FEDE PIU’ NEL SENSO DELLA TRADIZIONE, CIOE’ DELLA TRASMISSIONE DELLA DIVINA RIVELAZIONE. COME
AVVIENE LA TRASMISSIONE DELLA RIVELAZIONE DELLA FEDE? DELLE FONTI DELLA RIVELAZIONE CHE SAREBBERO LA
SCRITTURA. LA SCRITTURA E’ LA TRADIZIONE. I PADRI CONCILIARI SENTONO L’ESIGENZA DI RITORNARE SUL TEMA DELLA
RIVELAZIONE. E’ vero che già la DEI FILIUS è stata dedicata a questo tema PERO’ SENTONO CHE NON ERA SUFFICIENTE E CHE ANDAVA
APPROFONDITO. HA IL Capitolo II CHE HA COME TITOLO “LA TRASMISSIONE DELLA DIVINA RIVELAZIONE” questa sarebbe dovuto
essere il titolo nella bozza preparatoria. IL PRIMO CAPITOLO, che non c’era nella bozza primaria, VIENE DEDICATO ALLA RIVELAZIONE.
QUESTO PRIMO CAPITOLO DELLA DEI VERBUM SI PONE QUEL RAPPORTO DI CONTINUITA’E DI DISCONTINUITA’ RISPETTO
ALLA DE FILIUS. C’E’ UNA CERTA CONTINUITA’ MA ANCHE UNA DISCONTINUITA’, non nel senso di contraddire quanto affermato dalla
DE FILIUS ma come vi dicevo prima di inserirlo in un contesto più ampio di allargare gli orizzonti della rivelazione, un concetto più ampio, non più
soltanto un insieme di dottrine ma sarà anche di più corrispondente alla rivelazione biblica. IL TESTO VIENE APPROVATO IL18 NOVEMBRE
1965, quasi alla fine del Concilio. LA SUA STORIA E’ COMPLESSA, SEGNO CHE SIAMO IN UN DOCUMENTO CARDINE.

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Pastor Aeternus (18 luglio 1870) (vatican.va)
Pastor Aeternus - Wikipedia
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L’intervento diretto del Papa. In una votazione quasi i 2/3 dei padri votano contro vogliono che lo schema sia rivisto. NEL REGOLAMENTO DEL CONCILIO C’ERA LA
REGOLA CHE UN TESTO POTEVA ESSERE RESPINTO SOLO SE ERA RESPINTO DA PIU’ DEI 2/3. VISTO CHE ERANO UN PO’ MENO SI SAREBBE DOVUTO
ANDARE AVANTI CON LO SCHEMA VECCHIO. SI E’ CREATA UNA SITUAZIONE DIFFICILE. CI FU UN INTERVENTO DIRETTO DEL PAPA GIOVANNI XXIII
CHE FECE RITIRARE QUEL TESTO, sul quale i voti negativi erano stati quasi i 2/3, E RINOMINO’ UNA NUOVA COMMISSIONE CON UN NUOVO SCHEMA. (Questo
piccolo documento io penso che sia il più importante). C’è il cuore da cui dipende tutto quanto. Il risultato, frutto di tendenze, per il Capitolo I n. 2 è straordinario.

NOVITA’ del PROEMIO

NEL VATICANO I LA PREOCCUPAZIONE ERA QUELLA DI CONDANNARE GLI ERRORI CONTRARI ALLA FEDE; QUI INVECE
L'INTENZIONE è QUELLA DI PROPORRE AL MONDO LA GENUINA RIVELAZIONE. Condannare le dottrine del mondo o fare una
proposta al mondo, quella del Vangelo. "L'ASCOLTO DELLA PAROLA" qui la parola non è la bibbia ma è la parola fatta carne ed è Gesù
che va oltre la bibbia, che è un'attestazione. E' un clima quasi di preghiera, contemplazione nel VATICANO II mentre nel I c'era una
preoccupazione diversa. RINVIO ALLA PRIMA LETTERA DI GIOVANNI, la parte più ampia del proemio. C'è al centro della proposta che
il concilio vuole fare al mondo. Non è solo rivolto alla Chiesa ma al mondo perché il mondo “credendo, ascoltando ami”. Il mondo non è da
condannare ma al quale annunciare la salvezza, la rivelazione di Dio in Gesù Cristo. Al centro di questo annuncio c'è Gesù Cristo, al Vaticano
I non c'era questa centralità. FEDE-SPERANZA-CARITA' (virtù teologali), San Agostino21. Ricchezza della bibbia e dei padri della Chiesa. LA
PRIMA META’ DEL XXI sec. era stata caratterizzata da questi movimenti di rinnovamento, es. la patristica, ritorno alle fonti dei padri, biblico e
liturgico. E’ stato un intervento di Saverio che sottolineava come comparisse la parola amore. C’è questo ritorno a queste fonti. “SEGUENDO LE
ORME DEI CONCILI DI TRENTO e VATICANO I” la DEI VERBUM non vuole fare una rottura con gli altri concili ma vuole seguire le orme.

LE VISIONI DEI DUE CONCILI VATICANI SONO OPPOSTE ma questa contrapposizione la si può notare nell’Antico Testamento e Nuovo es.
San Giovanni il mondo è da amare che ha dato Cristo ma è anche quello che lo ha rifiutato. Il Vaticano I sottolineava l’aspetto negativo del mondo
mentre il Vaticano II sottolinea anche l’aspetto positivo.

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Cf. S. AGOSTINO, De catechizandis rudibus, 4,8: PL 40, 316
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7/03/2022 CAP. I n. 2 cfr. << Piacque a Dio nella sua bontà e sapienza rivelarsi in persona e manifestare il mistero della sua volontà (cfr. Ef 1,9),
mediante il quale gli uomini per mezzo di Cristo, Verbo fatto carne, hanno accesso al Padre nello Spirito Santo e sono resi partecipi della divina natura
(cfr. Ef 2,18; 2 Pt 1,4) >>. Il Vaticano I diceva cfr. << Tuttavia piacque alla Sua bontà e alla Sua sapienza rivelare sé stesso e i decreti della Sua

volontà al genere umano attraverso un’altra via, la soprannaturale, secondo il detto dell’apostolo: “Dio, che molte volte e in vari modi parlò un tempo

ai padri attraverso i profeti, recentemente, in codesti giorni, ha parlato a noi attraverso il Figlio” (Eb 1,1-2) >>. COSA VUOLE REALIZZARE

QUESTA RIVELAZIONE DI DIO? LO SCOPO DELLA RIVELAZIONE? VUOLE APRIRE AGLI UOMINI AD AVERE ACCESSO AL
PADRE PER MEZZO DI CRISTO. IL DISCORSO E’ TRINITARIO. NELLA DE FILIUS QUESTO DISCORSO NON EMERGEVA. DA UN
LATO, LA RIVELAZIONE E’ OPERA DELLA TRINITA’. IL PRIMO MODO IN CUI SI PARLA DELLO SCOPO DELLA RIVELAZIONE E’
L’ACCESSO AL PADRE CHE DIREI ESSERE UN MODO DI PRESENTARLA IN MODO GIOVANNEVOLE; NEL VANGELO DI
GIOVANNI C’E’ QUESTA SOTTOLINEATURA DI CRISTO CHE VIENE DAL PADRE E CHE TORNA AL PADRE E CHE CI DA’ ACCESSO
AL PADRE es. cap. 14 la domanda di Filippo “mostraci il volto di Dio” e lui dice (Gesù) “avete visto me avete visto il Padre”. C’è un secondo modo.

COME POSSIAMO DESCRIVERE IN UNA PAROLA L’ESSERE PARTECIPI DELLA NATURA DIVINA? DEIFICAZIONE O
DIVINIZZAZIONE, LA RIVELAZIONE HA QUESTO SCOPO. Questo modo di parlare del mistero cristiano che è tipico del cristianesimo
d’Oriente. I padri orientali insistono su questo aspetto. Dio si è fatto uomo perché l’uomo diventi Dio. Probabilmente, si sente anche qui che a questo
concilio hanno partecipato rappresentanti del cattolicismo orientale e osservatori provenienti da altre Chiese. Siamo nel cuore della nostra fede: il
monoteismo. Siamo chiamati ad entrare nel mistero stesso di Dio, a partecipare a questa vita intima di Dio. Il che è inconciliabile nell’islamismo,
visto la distanza tra Dio e le sue creature es. il paradiso islamico. Ci introduce al mistero di Cristo con un linguaggio anche biblico.

LA RIVELAZIONE E’ VISTA OFFERTA DI UNA COME RELAZIONE D’AMORE DI DIO CON GLI UOMINI CHE MIRA AD UNA
COMUNIONE ETERNA, che non ha più fine. Vediamo come è avvenuta concretamente.

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<< Questa economia della Rivelazione comprende eventi e parole >>. QUESTA ECONOMIA - IL DIALOGO - AVVIENE CON PAROLE ED OPERE
CONNESSE INTRINSECAMENTE. LE OPERE DANNO CONCRETREZZA ALLE PAROLE E LE PAROLE ILLUSTRANO IL SENSO DELLE
OPERE. Es. l’Antico Testamento, Mosè. Gesti simbolici. Geremia prende la cintura e la mette nel fiume. QUESTO AVVIENE ANCHE NEL NUOVO
TESTAMENTO, nella vita di GESU’ es. l’ultima cena, c’è il gesto dello spezzare il pane e le parole, tutto rimanda a quell’evento della Croce; i
Miracoli. La parabola del padre misericordioso. Ci sono dei fatti della vita di Gesù che ne danno concretezza, es. Gesù che va a mangiare a casa dei
peccatori, questo è un gesto che se non fosse accompagnata dalle parole quale la parabola del padre misericordioso sarebbe ambiguo così come se ci
fosse soltanto questa parabola ma non ci sarebbe una prassi o azioni da parte di Gesù sarebbe una bella utopia senza riscontri. GESTI E PAROLE
INTRINSECAMENTE CONNESSI. LA RIVELAZIONE E’ QUALCOSA DI STORICO E SACRAMENTALE, come continuiamo a viverla nei
sacramenti es. battesimo, eucarestia (NEI SACRAMENTI C’E’ UN GESTO CHE CI AVVICINA AL MISTERO DI DIO INVISIBILE, SENZA
QUELLA CONCRETEZZA DEL GESTO NON SAREBBE PERCEPIBILE).

Cfr. << La profonda verità, poi, che questa Rivelazione manifesta su Dio e sulla salvezza degli uomini, risplende per noi in Cristo, il quale è insieme
il mediatore e la pienezza di tutta intera la Rivelazione>>. QUI c’è il PRINCIPIO CRISTOLOGICO che NON ERA EVIDENTE NEL VATICANO
I, cioè Cristo non è solo il mediatore ma lui stesso è la pienezza della rivelazione. Questo vuol dire che nella vita di Gesù tutto è rivelazione di
Dio. TUTTE LE AFFERMAZIONI CHE FACCIAMO CON DIO SE NON SONO COMPATIBILI CON CIO’ CHE SAPPIAMO DI GESU’ NON
CI DICONO NULLA, TUTTA LA VERITA’ DI DIO E’ACCESSIBILE TRAMITE GESU’.

IL N. 2 – CAPITOLO 1- E’ UNA SINTESI BIBLICA, TEOLOGICA E SPIRITUALE DEL CRISTIANESIMO. QUAL’E’ L’ORIGINE,
L’OGGETTO DELLA RIVELAZIONE? DIO che comunica sé stesso, che si fa conoscere, DIO come TRINITA’. Il suo mistero che vuole realizzare
la salvezza di Dio. QUAL’E’ LO SCOPO? L’accesso al Padre e la sua Comunione. QUAL’E’ LA NATURA? E’ RELAZIONALE, un dialogo
un’offerta di comunione. QUAL’E’ LA MODALITA’? STORICO-SALVIFICA, si realizza nella storia, E SACRAMENTALE, cioè con parole e
gesti connessi intrinsecamente. LA RIVELAZIONE AVVIENE NELLA STORIA MA ANCHE CON LA STORIA, NELLA SUA PIENEZZA E’
UNA STORIA DI DIO CON GLI UOMINI E’ UNA STORIA IN GESU’. PER NOI LA RIVEAZIONE SI PONE ALL’INTERNO DEL POPOLO

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D’ISRAELE IN GESU’. I DESTINATARI CHI SONO? TUTTI GLI UOMINI. QUAL’E’ L’ORIENTAMENTO? E’ CRISTOLOGICO, CRISTO è
colui verso il quale e nel quale si compie tutta la rivelazione.

N. 3 Genesi- V. T.- LA CREAZIONE. Pensate alla Dei Filius, che differenza c'è? E’ INSERITO ALL’INTERNO DELLA RIVELAZIONE. NEL
VATICANO I PRIMA LA CREAZIONE E POI LA RIVELAZONE; L’ORDINE NATURALE, da un lato, e L’ORDINE SOPRANNATURALE,
dall’altro. QUI IL DISCORSO DELLA CREAZIONE è MESSO INSIEME AL DISCORSO DELLA RILEVAZIONE. LA STESSA CREAZIONE
E’ UNA RIVELAZIONE.

N. 4 N. T. E’ una ripresa di quegli eventi e parole connessi di cui al N. 2: i segni, es. i sette segni del Vangelo di Giovanni, anche il fatto di Gesù di
andare dai peccatori, anche quest’ultimo è un segno. I SEGNI del VATICANO I: MIRACOLI e PROFEZIE, segni esterni di credibilità. Qui si
amplia anche alle PAROLE DI GESU’ MA, SOPRATTUTTO, LA SUA MORTE E RESUREZZIONE, quindi, IL SEGNO MAGGIORE E è
LA SUA PASQUA. Riguarda tutta la vita di Cristo che trova il suo apice la Pasqua. QUINDI UNA RIVELAZIONE CHE INIZIA CON LA
CREAZIONE DEL MONDO, PROSEGUE CON LA STORIA DI ISRAELE, TROVA IL SUO VERTICE IN GESU’ E CULMINA NEL MISTERO
DELLA PASQUA (MORTE, RESURREZIONE E DONO SPIRITO SANTO).

N. 4 cfr. << l’economia cristiana… nostro Gesù Cristo>> (una lettura di San Giovanni della Croce in cui fa parlare il padre “nel mio figlio Gesù vi ho
dato e detto tutto”). Si parla di “rivelazione pubblica” per distinguerla da quelle private che non sono pubbliche e non tutti sono tenuti a seguirle e che
aiutano alcune persone. Il punto è che se ci fosse bisogno di altro vorrebbe dire che mancherebbe qualcosa alla rivelazione di Gesù. DAL PUNTO DI
VISTA OGGETTIVO E' COMPIUTA IN GESU', ossia LA RIVELAZIONE SI E’ CONCLUSA CON GESU’ E LA SUA PASQUA perché HA
TROVATO COMPIMENTO CON GESU'.

Gli ultimi due n. 5 e 6 sono dedicati al tema della fede, tranne l’inizio n. 5, sono una sintesi della DE FILIUS capitoli 3 e 4 la fede, della fede e della
Ragione. in che cosa consiste la fede? In questo abbandonarsi tutto intero... Come era considerata nel Vaticano I? Una virtù soprannaturale, ritenere
vere le cose rivelate da Dio. Qui nel II cos'è? E' abbandonarsi a Dio. A un modello di RIVELAZIONE corrisponde un modello>FEDE e un modello

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di >TRADIZIONE. Vaticano I: MODELLO DI FEDE: UN INSIEME DI DOTTRINE: MODELLO DI FEDE: RITENERE PER VERE QUELLE
DOTTRINE: MODELLO DI TRADIZIONE: TRASMETTERE INTEGRE QUELLE DOTTRINE.

Qui qual è il modello di rivelazione: l'offerta di una relazione > corrisponde a ciò l'abbandono. (A un modello di fede come relazione corrisponde un
modello relazionale di fede. Ci viene presentata come offerta di una relazione e la fede diviene una risposta di abbandono, fiducia, adesione quindi
categorie relazionali e non più intellettuali. Viene sottolineato tutto l'intelletto, la fede, la mia libertà, la mia storia, il mio corpo. La fede è qualcosa di
totalizzante. Viene sottolineata la libertà. (cosa dice Gesù “la tua fede ti ha salvato”). (Risposta alle obiezioni… E’ vero che la fede può avere delle
gradazioni. Questi attimi di fiducia nella persona di Gesù ci sono nella vita delle persone). Inserisce una definizione biblica di fede che non viene
sviluppata perché questo? Proprio per l’evoluzione della consapevolezza teologica sulla rivelazione era andata più avanti mentre sulla fede la
riflessione teologica faticava ancora. Quello che manca qui sulla fede la troviamo nella LUMEN FIDEI.

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Cosa succede nel periodo successivo al Vaticano II? La parte sulla rivelazione viene ritenuta acquisita. Sulla fede ci sono degli sviluppi che abbiamo
visto al numero 5 cap. I della De Verbum. Il parlare della fede in termini relazionali diventa di uso comune, il che vale anche per noi oggi.

Es. DEUS CARITAS EST di papa Benedetto XVI, ove utilizza la categoria dell’incontro, cfr. << Abbiamo creduto all'amore di Dio — così il cristiano
può esprimere la scelta fondamentale della sua vita. All'inizio dell'essere cristiano non c'è una decisione etica o una grande idea, bensì l'incontro con
un avvenimento, con una Persona, che dà alla vita un nuovo orizzonte e con ciò la direzione decisiva >> oppure PORTA FIDEI al n. 11 quello che
hanno fatto gli apostoli cfr. << Pagina dopo pagina si scopre che quanto viene presentato non è una teoria, ma l’incontro con una Persona che vive
nella Chiesa >>. Il Catechismo è preoccupato di evitare l’equivoco che le dottrine non contano più niente, la fede è anche questo l’assenso alle verità
che Dio ha rivelato, ma inserite all’interno della rivelazione come relazione. C’è la dimensione ecclesiale della fede. Spesso riduciamo la fede ad un
atto individualistico. Il Catechismo aiuta a capire come sono sbagliate quelle affermazioni individualistiche. La fede è un atto personale possibile in
quanto c’è una Chiesa ma non individualistico, ha in sé una dimensione comunitaria. Nessuno si è dato la fede da sé stesso. FEDE E RAGIONE.
Viaggio Apostolico a München, Altötting e Regensburg: Incontro con i rappresentanti della scienza nell’Aula Magna dell’Università di Regensburg
(12 settembre 2006) | Benedetto XVI (vatican.va). La ragione si è autolimitata a partire da Kant, cioè la ragione si è identificata soltanto con la ragione
scientifica ma non è tutta la ragione. Una sintesi fra empirismo e razionalismo. Cfr. pag. 6 << Nel sottofondo c'è l'autolimitazione moderna della
ragione, espressa in modo classico nelle "critiche" di Kant, nel frattempo però ulteriormente radicalizzata dal pensiero delle scienze naturali. Questo
concetto moderno della ragione si basa, per dirla in breve, su una sintesi tra platonismo (cartesianismo) ed empirismo, che il successo tecnico ha
confermato. Da una parte si presuppone la struttura matematica della materia, la sua per così dire razionalità intrinseca, che rende possibile
comprenderla ed usarla nella sua efficacia operativa: questo presupposto di fondo è, per così dire, l'elemento platonico nel concetto moderno della
natura. Dall'altra parte, si tratta della utilizzabilità funzionale della natura per i nostri scopi, dove solo la possibilità di controllare verità o falsità
mediante l'esperimento fornisce la certezza decisiva. Il peso tra i due poli può, a seconda delle circostanze, stare più dall'una o più dall'altra parte. Un
pensatore così strettamente positivista come J. Monod si è dichiarato convinto platonico. Questo comporta due orientamenti fondamentali decisivi per
la nostra questione. Soltanto il tipo di certezza derivante dalla sinergia di matematica ed empiria ci permette di parlare di scientificità. Ciò che pretende
di essere scienza deve confrontarsi con questo criterio. E così anche le scienze che riguardano le cose umane, come la storia, la psicologia, la sociologia

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e la filosofia, cercavano di avvicinarsi a questo canone della scientificità. Importante per le nostre riflessioni, comunque, è ancora il fatto che il metodo
come tale esclude il problema Dio, facendolo apparire come problema ascientifico o prescientifico. Con questo, però, ci troviamo davanti ad una
riduzione del raggio di scienza e ragione che è doveroso mettere in questione >>. Questo sarebbe il criterio della verità, ciò che pretende di essere
scienza si deve confrontare con tale metodo e tutto il resto non realizzano tale canone della scientificità, tra cui la teologia, questo criterio combinazione
di matematica. Non dobbiamo accettare questa riduzione della ragione moderna, ciò che dicevamo dell’apologia la distinzione tra scienza e fede.

14/03/2022 LUMEN FIDEI di PAPA FRANCESCO, DOCUMENTO SCRITTO A QUATTRO MANI PAPA BENEDETTO XVI AVEVA
PREPARATO LA BOZZA che era destinata a comporre una enciclica sulle virtù teologali deus caritas est, la speranza e poi ci sarebbe stata quella
sulla fede. Francesco ha preso la bozza il testo che era stato già preparato e l’ha completata Lumen Fidei ed è una ricchezza due prospettive diverse
per altri aspetti dà un senso di disomogeneità, si percepiscono due stili diversi ma che ben si integrano nel documento finale. Due papi con sensibilità,
provenienze diverse armonizzino i loro insegnamenti in questa enciclica (introduzione, quattro capitoli e una conclusione).

Cap. I ABBIAMO CREDUTO ALL’AMORE;

Cap. II SE NON CREDERETE, NON COMPRENDERETE. Sono i due capitoli fondanti su questo discorso della fede.

Cap. III VI TRASMETTO QUELLO CHE HO RICEVUTO;

Cap. IV DIO PREPARA PER LORO UNA CITTÀ.

Noi ci fermeremo sui primi due capitoli, faremo qualche cenno al terzo e quarto che hanno prospettive nuove ma che intercettano meno il nostro
discorso fede e ragione. Come spesso avviene nei documenti pontifici, l’ultima parte è dedicato a Maria.

C’è una notevole attenzione alla cultura contemporanea. Il titolo è la luce della fede. Questo titolo potrebbe suscitare l’obiezione dei nostri
contemporanei (cfr. pag. 2 n. 2 Lumen Fidei). Contrappone la fede alla ricerca della verità, l'obiezione che vede nella fede cristiana un dogmatismo
illusorio che blocca la ricerca dell'uomo verso la verità. Probabilmente è di Benedetto XVI. Da una parte c'è l'uomo che cerca la verità invece il
dogmatismo della fede cristiana diventa buio. Nell'epoca moderna, dall'illuminismo, la luce non è della fede ma della ragione. Contrapposizione tra
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fede e ragione, se la ragione è associata alla luce, la fede invece al buio. Cfr. n. 3 pag. 2, dove c'è la luce della ragione la fede scompare e si ritira in
quegli spazi bui in cui la luce della ragione non ha dissipato le tenebre. La fede come un salto nel vuoto è una cosa che certe volte si sente oppure la
fede è stata intesa come una luce per me ma non è oggettiva, cioè che risplenda per tutti, qui c'è il tratto della nostra cultura cioè l'individualismo e il
relativismo ciò che vale per me non vale per tutti e c'è la difficoltà di una verità oggettiva ed universale. Il testo dice questo: la fede è una luce che
è capace di illuminare tutta l’esistenza dell’uomo (cfr. n. 13 dice che non bisogna accontentarsi di piccole luce, un pezzettino di cammino ma che
diventano quasi dei labirinti senza via d’uscita invece la Chiesa è una grande luce capace di illuminare l’esistenza umana. Da dove viene questa luce?
Cfr. N. 4 c'è un fascio di luce che viene dal passato, pensate al prorogo lettera di Giovanni (veniva nel mondo la luce vera) oppure cap. 8 (io sono la
luce del mondo). Queste due luci una dal passato e una dal futuro che illuminano il nostro presente. INTRODUZIONE: PROSPETTIVA DELLA
FEDE COME LUCE!

I CAPITOLO recupera quello che mancava nella De Verbum. Nella De Verbum si c’è questa bella definizione di fede (l’obbedienza della fede
attraverso la quale l’uomo si abbandona a Dio liberamente ma poi non c’era il discorso biblico perla fede come invece c’era per la rivelazione). Qui
invece c’è una ripresa del discorso biblico sulla fede, anche piuttosto ampia. Si parte da Abramo, il nostro padre nella fede. Com’è stata la fede di
Abramo? Nasce da una parola che gli viene rivolta che contiene una chiamata e una promessa contemporaneamente. Lo chiama ad uscire dalla sua
terra e la promessa la terra che gli verrà mostrata, la promessa della terra ma anche della discendenza. Il testo ci dice che la fede vede nella misura
in cui cammina, cioè la fede è una luce è un vedere che ha bisogno di camminare di affidarsi entrare nello spazio aperto dalla parola di Dio,
senza questo affidamento la fede non può vedere. Molto interessante il n. 11. Questa chiamata e promessa derivano da Dio. E' proprio qui il nodo
centrale. La parola e la promessa vengono dall'esterno, non sono prodotto dell'uomo, allo stesso tempo non le sente estranee perché le sente nella
profondità del suo essere. E' un qualcosa che viene dall'esterno ma che corrisponde a ciò che è più intimo di noi. Se noi vediamo l'unitarietà di Dio,
noi siamo da lui create cfr. Agostino "tu ci hai creato per te, il nostro cuore è inquieto finché non trovo riposo in te". Allora quella parola parla
all'inquietudine dentro di noi, a quel nucleo profondo di noi stessi che è l'immagine di Dio che ci portiamo. Allora si crea una sintonia tra questi due
elementi. La promessa ad Abramo è legata alla nascita del figlio Isacco.

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Il testo della De Verbum ricordava la storia di Israele e Abramo, anche qui c'è questa corrispondenza. Prima la fede di Abramo e poi la fede di Israele.
La fede di Israele viene associata all'esodo, nell'esodo c'è di nuovo quella dinamica vista in Abramo di chiamata e promessa. Dio chiama ad uscire per
andare verso una terra promessa. Poi c'è tutta l'esperienza del cammino verso la terra promessa, poi l'esperienza del deserto e della tentazione. Qual’
è la tentazione? E' l'incredulità. Un'incredibilità che vuol dire il non aspettare il tempo dell'attesa, molto vero per noi oggi vorremmo che le promesse
di Dio si compissero subito e facciamo fatica a vivere il tempo dell'attesa. L'altra grande tentazione è l'idolatria: il riferimento al vitello d'oro, che
nasce da questo. Mosè è andato sul monte per ricevere le tavole della legge, il popolo fa passare del tempo e non sopporta l'attesa e si costruisce questo
vitello d'oro e cade nell'idolatria. Ci sono tante voci di idoli che dicono affidati a me. Allora bisogna riconoscerle e tornare al Dio vivente. Mosè è un
mediatore tra Dio e Popolo, ma non è un ostacolo, qui la mediazione non diventa un ostacolo.

15. La fede cristiana.

17. La difficoltà di comprendere la fede. Questa è un’altra tentazione di oggi “Gesù non agisce nel mondo” perché vogliamo o ci immaginiamo
un’azione sul mondo come agiamo noi. Questo non ci deve far perdere di vista l’azione di Gesù Dio nel presente.

18. Quando parliamo di Gesù bisogna tenere insieme. Gesù è la rivelazione di Dio e manifestazione di amore, se guardiamo dall'altra prospettiva
dall'uomo a Dio Gesù è colui che si affida a Dio. Ci sarebbe la questione della fede di Gesù, questione dibattuta. Bisogna stare attenti sul punto, come
se non conoscesse il padre ma può essere interessante Gesù che si abbandona e si affida al padre è la massima espressione della fede. Gesù è la
rivelazione di Dio e la fede dell'uomo. Ci manifesta Dio nel suo amore per l'uomo e ma è anche colui che ci manifesta chi deve e può essere l'uomo,
ossia affidamento all'uomo. Vedete la singolarità di Gesù. Qui il testo lo accenna in modo prudente, non entra su questioni dibattute da teologi. Lo
spazio di questa conoscenza del padre fiducia in lui e, tramite lui, anche noi possiamo entrare in questo spazio. Classica distinzione teologia della
fede, ossia credere che è, credere a Dio, credere in Dio. La fede ci dà la salvezza che dipende, quindi, dal dono della fede. Credere in Dio vuol dire
mettere al centro la bontà di Dio, riconoscersi figli, siamo chiamati ad essere figli nel figlio. La parola di Gesù diventa la parola del credente, rinuncia
all'auto-salvezza o autosufficienza. La fede vuol dire questo non mi salvo da solo ma mi affido a colui che mi possa salvare (Min. 40.00).

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N. 21 FEDE COME DILATAZIONE DELLA VITA, tutto il contrario della lettera del filosofo all'inizio citata. La vita di un uomo che si espande in
un altro.

N. 22 LA DIMENSIONE ECCLESIALE è FONDAMENTALE.

CAP. II è una rilettura di quelle questioni tra fede e ragione. Nella Dei Filius, cap. IV, era dedicato alla fede e ragione che la De Verbum riprendeva
in maniera sintetico nei numeri 5 e 6. Qui il discorso è più ampio. Qui si intreccia con riflessioni con la cultura contemporanea. L’UOMO HA
BISOGNO DELLA VERITA’. Oggi il rischio è di pensare ad una fede che non ha bisogno della dimensione veritativa, invece ecco il testo ci richiama
a ciò n. 24. la nostra cultura fa fatica, c'è bisogno della verità perché tutto non si riduca a bei sentimenti, a volte è scomoda ma senza di essa si rischiano
degli inganni.

Cfr. N. 25 CRISI DI VERITA’. LE VERITA' del SINGOLO: Questo è vero per me e non può essere vero per un altro, la verità è sostituita
dall'autenticità. Estromettere rifiutare una verità oggettiva diventa pericolosa. LE VERITA' del SINGOLO: Questo è vero per me e non può essere
vero per un altro, la verità è sostituita dall'autenticità. Se ciò significa estromettere o rifiutare una verità oggettiva diventa pericolosa. Questo è
successo nel XX secolo che è stato caratterizzato dai totalitarismi fascismo, nazismo ecc. Questi pretendevano di imporre la propria concezione globale
e non c'era spazio per il singolo. Una verità che vale per tutti, questa era tipica dei totalitarismi, viene intesa in chiave dispotica, che annulli la volontà
dei singoli. L'equivalenza è da mettere in discussione. Se si nega a priori una verità grande rimane solo il relativismo e il discorso su Dio non riguarda
più a tutti, basti pensare a un Dio creatore questa verità vale per tutti. Possiamo aggiungere ai totalitarismi anche il fanatismo religioso in cui viene
sostenuta con forza. Questa è la conseguenza dei totalitarismi che si basavano su filosofie totalizzanti, allora questo ha creato un sospetto verso la
verità grande, vanno aggiunti anche i fondamentalismi es. islamico. Citando la lezione di papa Benedetto XVI, in Germania nel 2006, forse uno dei
modi è restituire alla ragione tutta la sua ampiezza, che può interrogarsi sui dati dell’esperienza ma che può interrogarsi anche su Dio non in modo
integralista ritornando ad esiti del passato. La verità e l’amore non si devono separare. Per noi verità e amore coincidono, Dio è amore.

Se hai un modello di verità scientifico quello non è l’unico modello, quello del vangelo propone il coinvolgimento della persona all’amore. Noi
rischiamo di essere segnati da un’idea troppo scientista. Non restringere la ragione alla ragione scientifica. Come reagire a questo relativismo di
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Dio? Il cristianesimo non rinuncia a questa verità universale che è Gesù. Qualcuno ipotizza di ritornare a forme di politeismo. Il cristianesimo risponde
attraverso il legame tra verità e l’amore! Cfr. 26 – 27 Verità e amore convivono insieme, non può esserci l'una senza l'altra.

Cfr. n. 28 La concezione biblica della fede. La verità a scapito dell'amore nel XIX - XX secolo, oggi rischiamo l'inverso. L’amore ha questa capacità
di unificare.

[Tutta la scrittura è ispirata. La verità della scrittura non è data dal suo valore alla corrispondenza storica ma dalla corrispondenza allo spirito santo.
Esempio il libro di Giona è un racconto simbolico teologico, non è un racconto che pretende di raccontare eventi storici. Vangelo Giovanni cap. 27,
dopo l’episodio di Tommaso, lo scopo dei vangeli è quello di credere in Gesù non sono delle bibliografie di Gesù perché non hanno l’interesse
storiografico ma per aiutarci a credere. Anche i testi canonici sono ispirati dallo Spirito santo e la via della salvezza].

LA FEDE E I SENSI. La fede che coinvolge l’uomo con i suoi sensi. La fede viene dall’ascolto. il Vangelo di Giovanni credere è ascoltare la parola
ma anche vedere. Udire e vedere. N. 31 anche il toccare. L'uomo si abbandona a Dio tutto intero e liberamente. La fede ci coinvolge completamente
anche i nostri sensi. Cita San Agostino. Introduce il tema dei sacramenti. Anche i sacramenti coinvolgono i sensi, es. il battesimo.

Il dialogo tra fede e ragione dai numeri 32 e seguenti.

Cfr. N. 34 Si risponde alla paura di una verità grande, diffusa. La verità del cristianesimo è quella dell'amore. La verità di Dio non possiamo pretendere
di possederla al limite possiamo farci trasportare da essa, abbiamo ricevuto un dono e sarebbe sconvolgerlo se diventassimo arroganti.

La fede e la ricerca di Dio n. 35. Riprende l’immagine dei magi. Cfr. N. 36 nasce la teologia - quel sapere critico della fede, prima c'è la fede e poi
la teologia cioè entrare dentro. La teologia cristiana è impossibile senza la fede. Una fede autentica ha questo movimento che porta alla fede. Dio non
si può ridurre ad oggetto. Esempio noi abbiamo quattro vangeli, quattro prospettive su Gesù un mistero inesauribile. Quindi ci possono essere delle
visioni diverse in teologia è normale. La teologia nasce dalla fede e da questo rapporto di amore con Dio, altrimenti diventa un esercizio astratto.
Forma ecclesiale della fede. Si può parlare di una dimensione mistica della teologia? Si nel senso ampio, ossia come mistero. C’è questa
consapevolezza di addentrare o lasciarsi coinvolti nel mistero di Dio. Quest’ultima sottolineatura della Chiesa. Non crediamo da soli, non può esserci

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un individualismo. Siamo nella Chiesa, solo dentro la Chiesa si fa la vera teologia cristiana. A ciò si collega al capitolo III – trasmissione della fede
(fondamentale II) La Chiesa, madre della nostra fede. Non si può credere da soli. L’importanza dei sacramenti per la vita e trasmissione della fede,
mettono in gioco tutta la persona e ci donano un contatto vivo con la memoria fondante di Gesù. La fede ha una struttura sacramentale. L’asse
temporale dal passato al futuro attraversando il presente, dall’avvento di Cristo ed è attesa di Cristo, e dal visibile all’invisibile che è il mistero di Dio
che ci viene donato in questa umiltà di San Francesco in un pezzo di pane. N. 45 la professione di fede che ci aiuta nel mistero in cui la celebrazione
ci addentra. Il padre nostro come modello sintesi della preghiera (qui si sente l’influenza di Benedetto XVI). Il decalogo per uscire dal deserto
autoreferenziale per aprirsi al dialogo con Dio.

L’unità e l’integrità della fede n. 47 ss. L’unità fa paura perché sembra conformità, che si contrappone alla libertà. La fede è una! La trasmissione
del deposito della fede. Noi abbiamo la tentazione di scegliere le cose che ci piacciono e lasciare altre.

DIO PREPARA PER LORO UNA CITTÀ ultimo capitolo. Sottolinea le dimensioni sociali della fede, la fede è importante anche per il bene
comune qualcosa che aiuta a costruire la città degli uomini secondo Dio << La fede fa comprendere l’architettura dei rapporti umani, perché ne coglie
il fondamento ultimo e il destino definitivo in Dio, nel suo amore, e così illumina l’arte dell’edificazione, diventando un servizio al bene comune >>.
La fede ha da dire qualcosa anche alle società al servizio del bene comune, es. la fede e la famiglia (la fede estende la vita), la fede come una luce per
la società (si parla della fraternità). Si parla del rispetto della natura, la fraternità. Senza la fede vengono meno i perché dell’esistenza. Ultima
applicazione quella della sofferenza. Ultimi due sono rivolti a Maria, la cui fede è considerata l’icona perfetta.

-FOCALIZZARE X L’ESAME L’ATTENZIONE SUI CAPITOLI I e II! Lo schema del manuale è questo: rivelazione-credibilità e fede.
Rivelazione della bibbia – NO CAP. II – come integrazione SI CAP. III il cuore della rivelazione. La credibilità in 4 parti I cap. sì, II cap. Gesù
storico no sostituirlo con “chi è Gesù”; cap. VI modelli antropologici, cap. vii confronto con culture SI; la terza parte, cap. I NO (dagli appunti) cap.
IX SI.

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21/03/2022 Cap. I del manuale La rivelazione nella bibbia

Su come viene intesa la rivelazione in alcuni libri prologo lettera agli ebrei (1, 1-4). La parola è il principale mezzo di comunicazione.

Dio parla e all’uomo toccherà mettersi in ascolto della parola. Si compie con gesti e parole intimamente connessi. Gesù è la parola definitiva di Dio,
la pienezza di tutta la rivelazione. Ascoltare e vedere:

pag. 17 inaccessibilità nel mistero di Dio, questo nome << io sono colui che sono >> è una riserva, tenere il suo nome. Dio si rivela ma la sua
rivelazione non dice che possiamo conoscere tutto di Dio. << Io sono colui che ci sono, colui che c’è >> cioè una presenza misericordiosa, buona che
accompagna l’uomo quasi come dire << io sono con te >> anticipa l’Alleanza la consegna delle tavole della legge (esodo 3).

Che cos’è la legge (pag. 18)? Sono le indicazioni per la vita, come se dicesse Dio ad Israele io ti ho liberato ora segui le indicazioni che ti ho dato. La
legge indica una direzione di vita.

Cap. 3 Genesi: il male non viene da Dio. Israele ha sempre cercato di salvaguardare ciò, viene dalla rottura dell’alleanza con Dio. Una rottura a cui
segue la risposta di Dio che vuole ritornare a questa alleanza con il Signore.

La parola che i profeti devono dire non è la loro ma di Dio.

C’è una sapienza che è la sapienza di un popolo, esempio i libri sapienziali.

1. Legge- libri sapienziali e profeti

Nei libri sapienziali Dio sembra lontano, tutto è dominato dal senso di vanità. Dio parla anche attraverso l’esperienza degli uomini, una rivelazione
attraverso l’esperienza.

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(schema personale fino a minuto 36.35 registrazione)

DIREZIONI DELLA RIVELAZIONE Antico Testamento

-TEOLOGICA, perché sappiate che io sono il signore (Esodo 10,2);

- SALVIFICA, Dio interviene nella storia non solo per farsi conoscere, ma per salvare;

-LA LEGGE, Dio manifesta ad Israele la sua volontà, le esigenze della Nuova Alleanza, la strada da seguire;

-LA PROMESSA.

NUOVO TESTAMENTO

Gesù è il rivelatore di Dio ma è anche il Dio che si manifesta.

In Giovanni è presente maggiormente il vedere nella fede, non semplicemente vedere con gli occhi. L’unica via di accesso al padre è Gesù perché egli
+è la parola che fin dal principio era presso il padre.

Cap. 14-16 è lo spirito che ci consente di entrare nello spirito di Gesù, la verità è la rivelazione per Giovanni.

La rivelazione ha una struttura trinitaria.

La rivelazione ha una struttura anche cristologica, l’AT anticipa ciò che verrà con Gesù nel NT ma nel momento in cui Dio si rivela in Gesù egli
rappresenta una novità.

L’escatologia ci mostra come si realizzano le promesse di Dio in Gesù e ci mostra la parusia di Dio.

LA STRUTTURA: - PROGRESSIVA E STORICA – ANTROPOLOGICA –MEDIATA –L’ECONOMIA DELLA SALVEZZA –


DIALOGICA/RELAZIONALE –CRISTOLOGICA –ESCATOLOGICA IN CRISTO

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CAP. III manuale Il Dio capovolto: il cuore del cristianesimo, cioè la resurrezione

Si concentra sul nucleo decisivo della rivelazione che è dato dal mistero pasquale e dalla croce. STRUTTURA CAPITOLO: il primo paragrafo è
dedicato alla Croce, il quarto l’incarnazione; il secondo e il terzo paragrafo sono il << Dio delle religioni >> e << Dio delle filosofie >>, perché il Dio
che si rivela in Gesù rispetto a questi è un Dio diverso “capovolto” che sconvolge l’idea di Dio dei filosofi o delle religioni. Questa novità assoluta
del mistero di Dio, la novità cristiana: un’idea di Dio che non poteva essere prodotta dagli uomini. Si tratta di ritornare a questo centro, Gesù e
la sua pasqua.

Qual è il centro della rivelazione, che ci dà l’interpretazione corretta su Gesù? La croce e resurrezione, vederle insieme mai separate, cioè il
mistero pasquale (cfr. De Verbum n. 4). Pag. 60 manuale, << la storia di Gesù capovolge l’idea di Dio: non più l’uomo che muore per Dio ma un
Dio che muore per l’uomo >>. Perché Gesù muore? Come dice Giovanni, è lui che dà la sua vita, non si sottrae, proprio per rivelarci che il mistero
di Dio è un mistero d’amore. Muore in modo anche infamante perché la morte sulla croce era considerata una morte per malfattori ecc. Come Dio
poteva farsi conoscere agli uomini così inchiodato, che muore nel modo più infamante? Ecco la novità sconvolgente, qualcosa che era impensabile
all’epoca di Gesù. Lettera di Paolo “scandalo per i giudei”. Per loro << il Dio dell’A. T. non poteva essere crocifisso o stoltezza per i pagani >>, es.
il “Dio motore” per Aristotele o il logos per gli stoici in un crocifisso, eppure quella è la novità del cristianesimo il capovolgimento di un Dio. C’è
questo scontro teologico: Chi è Dio? Come lo intendiamo, quale è il vero volto? Noi vorremmo che si manifestasse in una logica di dominio, che
intervenisse con potenza per eliminare il male, lasciandosi apparentemente vincersi ma vincendolo con la resurrezione.

Pag. 61 manuale. La resurrezione trasporta la vita e il sì di Dio verso ciò che si è manifestato sulla croce e nell’ascensione tutto ciò viene portato
nell’eternità di Dio. La resurrezione non annulla la croce. Questa questione del volto di Dio, chi è Dio è anche motivo ultimo della condanna di Gesù.
Le autorità civili e religiose del tempo di Gesù hanno rifiutato il volto di Dio, invece Gesù per fedeltà al volto di Dio, cioè del padre, è andato in croce.
La resurrezione non nega la croce anzi afferma l’eternità di Dio. Se Gesù non fosse risorto non sapremmo niente di lui. E’ risorto quel Gesù, quella è
la buona notizia. La resurrezione dice la verità della crocifissione, lì si svela il volto di Dio, la resurrezione è l’amore del Cristo. Bisogna tenerle
insieme la croce e la resurrezione. Il mistero pasquale ci mostra un volto di Dio diverso da quello che avremmo potuto immaginare noi. La Croce

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rivela anche la malvagità dell’uomo, il peccato. La malvagità è superata dalla grandezza dell’amore di Dio, da quel perdono che Gesù offre a tutti
anche a coloro che lo hanno ucciso. Nel volto di Dio rivelato da Dio c’è un di più impensabile.

“La storia di Gesù e la rivelazione di Dio” di Sequeri, << un invito alla teologia. La storia di Gesù è la rivelazione >> in un volume che si intitola
<< un invito alla teologia >>, Glossa, Milano, 1988 pagine da 137 a 149.22 Un testo molto ricco che ci fa entrare meglio in questo “Dio capovolto”.
Mette insieme uno sguardo complessivo sulla rivelazione biblica. Il punto di partenza è il concetto simbolo dell’ombra di Dio, che appare in vari
luoghi nell’AT e NT << l’ombra è un simbolo di custodia, protezione, tenerezza. Nascondersi all’ombra di qualcuno >>. Mette a riparo, ti protegge
da una minaccia, cfr. Salmo 121. Allo stesso tempo può essere percepita come una minaccia, un luogo dell’indistinto e quindi della possibile minaccia.
I nemici sono nell’ombra ecc. Si tratta di un simbolo ambivalente: custodia e minaccia insieme. Sequeri applica questo simbolo al testo Genesi 3,
il cosiddetto peccato originale di Adamo ed Eva. Il serpente compare si avvicina alla donna ponendole una domanda che sembra innocente, “è vero
che Dio ha detto? in realtà già è insinuante perché il comandamento che aveva detto Dio al capitolo 2 (tutti tranne uno), il serpente dice tutti. Quindi
una domanda che pone un sospetto e la donna cede. La donna fa un’aggiunta Dio non aveva detto “non lo dovete toccare”. Il serpente scopre le sue
carte dice “non morirete ecc.” Qual è la cosa che dice il serpente? Come se dicesse quello che vi ha detto Dio è perché è geloso di voi, non vuole
condividere quelle cose con voi, dominarvi tenervi schiavi ecc. In dio c’è un volto che appare ma dietro c’è un’ombra minacciosa. Il lato che resta in
ombra è minaccia e prevaricazione, volontà di dominare sull’uomo. Dovete ribellarvi, Dio è invidioso non vuole perdere le sue prerogative. La
questione è l’interpretazione del comando di Dio, perché ha dato quel comandamento lo aveva detto per dominare o altro motivo cioè come
ammonimento tipico di un genitore a un bambino? Quel divieto è espressione di una volontà prevaricatrice o protettiva? Il serpente mira alla prima.
Mettere dentro di noi il principio per cui possiamo decidere cosa è il bene e cosa è il male, ma siamo all’altezza? Nell’esperienza religiosa dell’uomo
questo sospetto verso Dio è diventato per l’uomo una sorta di seconda natura; la libertà che deriva dal male è da considerare come ferita e segnata
quella derivante dal male che resta ancora libera, c’è bisogno della grazia a che ritorni ad essere veramente libera. Questa influenza del male la si
respira nel mondo perché è segnato dal male. Quel male diventa dell’uomo nel momento in cui lo accoglie. Chi viene dopo rimane segnato da quello.
Questo sospetto di intreccia con la ragione. Nell’esperienza religiosa è contenuto questo sospetto. Ciò provoca questa ambivalenza che in modi più

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Invito alla teologia [vol_1] libro, Glossa Edizioni, 1998, Teologia - LibreriadelSanto.it https://www.gliscritti.it/approf/sequeri/sequeri.htm
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eclatanti cade in forme superstiziose, in questo Dio luce e ombra può mandarti la grazia oggi e domani la disgrazia ecc. o quando succede qualcosa di
brutto si pensa che sia una disgrazia data da Dio e non si sa bene chi sia questo Dio da un lato la grazia dall’altro il castigo.

28/03/2022 pag. 151 Articolo da leggere

in Un invito alla teologia, Glossa, Milano, 1988 pagine da 137 a 149

Il battista è l’espressione più alta dell’uomo religioso, una scelta vive nel deserto conduce una vita di preghiera. Annuncia l’avvenuta del Messia,
immaginandosi due grandi scene. Il messia si trova di fronte all’umanità e la separa in due: da una parte, il buon grano e lo mette al riparo dall’altro e
dall’altro la punizione per i cattivi. Questo è il modo in cui si immagina l’intervento di Dio che interviene per premiare i buoni e per sanzionare i
cattivi. L’ombra di Dio come custodia ma anche minaccia e punizione. Cosa succede quando arriva Gesù? Le scene si riducono, non ci sono più due
scene punizione per i malvagi e ricompensa dei buoni ma c’è un’unica scena: la salvezza. Gesù che va a mangiare dai farisei e peccatori. Si intrattiene
con i figli di Israele ma anche con la donna sammaritana. Parla con chi è sano ma incontra anche chi è lebbroso, chi è considerato un reietto. Nei gesti
di Gesù non c’è mai un miracolo di Gesù per punire qualcuno. I miracoli sono sempre gesti di liberazione dal male, indipendentemente dalla loro
appartenenza religiosa ecc. Non ci sono quelle scene che si aspettavano Giovanni Battista e gli altri. Cambia il discorso religioso. Eppure Giovanni
battista si trova in difficoltà. Giovanni battista è stato arrestato come da cap. 11 Vangelo di Matteo. La punizione di Dio non si riconosce in atti di
violenza ma di liberazione dal male. Per il Battista non è così facile accettare ciò perché la sua immagine di Dio è La seguente: Dio è a seconda degli
uomini, cioè se l’uomo si allontana da Dio anche lui si allontana. Viene sconvolto da Gesù perché non si comporta così (Cap. 5, Vangelo di Matteo).

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Gesù che va a mangiare dai peccatori. Quando le persone sono restituite ad una possibilità di vita, allora lì c’è Gesù. Dio non è a seconda di come
sono gli uomini ma che desidera per loro una possibilità di vita piena e interviene per restituirla a loro. La salvezza c’è se accogliamo l’immagine di
Gesù, invece se la rifiutassimo non potrà esserci. Gesù cerca di educare i suoi apostoli in questo modo. Pietro si sente dire da Gesù ritorna dietro di
me perché non pensa secondo Dio ma secondo gli uomini; quindi il conflitto è teologico, su chi è Dio e dove si trova. Il signore cerca di educare le
folle che l’amore di Dio si rivela nella salvezza. Vorremmo un Dio che stesse dalla nostra parte e che si schierasse contro i nemici. C’è una resistenza.
Allora Gesù ricorre alle parabole che corrispondono ad una strategia, cioè consente a Gesù di dire delle cose che in altri modi non sarebbero
accettabili ma che attraverso queste possono stimolare delle aperture (es. quella del Padre Misericordioso o del figlio prodigo Lc 15, 1-3;11-32. Uno
si ribella, l’altro si preoccupa di non tradire mai i comandi del padre ma l’idea che hanno è la stessa. Gesù rivolge tale parabola contro i farisei e
scribi). Fanno emergere il volto del Padre che solo Gesù può rivelarci. C’è un egoismo della salvezza, ciò che conta è che Dio salvi me e degli altri
mi disinteresso. Genesia 3, contrastare quell’ambivalenza e sospetto che gli uomini hanno verso Dio. Questo momento trova il suo momento
culminante nella Croce. Gesù percepisce già l’ira delle folle e non si rifugia. Qual è il ragionamento dei sommi sacerdoti? Una specie di sillogismo.
Premessa: 1. immagine di Dio premia i suoi amici e punisce nemici, 2. Gesù dice di essere l’inviato di Dio, 3. Conclusione: se facciamo fare la fine
dei maledetti, più infamanti, questa è la dimostrazione che non è l’inviato di Dio. La loro immagine è quella come quella del Battista, cioè interviene
a favore dei suoi amici e inveisce contro i nemici. C’è un tentativo di smentire Gesù. Il ragionamento è lo stesso che faranno gli apostoli soltanto che
loro giungono alla conclusione che Dio non gli consentirà di fare quella fine (Marco 8). Pensate Pietro che cerca di seguire Gesù mentre viene
processato e condannato, Pietro cade non solo per ragioni umane ma anche teologiche cioè la sua immagine di Dio non corrispondeva a quella di un
Dio in catene. Quando lo vede così non lo conosce più e lo rinnega. Come si riconosce la presenza di Dio? Dipende dall’immagine di Dio che si ha.
Se prendiamo Matteo 25, il giudizio universale, c’è il criterio dell’amore e poi quello di Dio. Se uno si chiude all’amore resta fuori non perché lo
vuole respingere ma è come una mano tesa che non si afferra. L’insegnamento contiene degli avvertimenti, come ad esempio Genesi 2 Adamo ed
Eva. Ma vanno viste nella prassi di Gesù, esempio il risorto. Nei confronti dei suoi, non rinfaccia il loro tradimento ma è “pace a voi”. Da parte di
Gesù c’è sempre una mano tesa, come ad esempio il buon ladrone sulla croce. La possibilità della salvezza è aperta anche a lui, oppure Nicodemo che
non vuole farsi vedere da Gesù di notte, lo incontra lo stesso. Nasce dal discorso dell’amore, l’amore vero chiede la libertà perché non può costringere
altrimenti non sarebbe amore. La via della morte è proprio quella del rifiuto a questo amore offerto a tutti. Dove si vede questo? Sulla Croce, Gesù
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accetta questa violenza, odio salvando i suoi, anche per salvare i suoi (Vangelo di Giovanni). Gesù si consegna, questa morte toglie ogni sospetto o
ambivalenza. Se la accogliamo fino in fondo, abbiamo un Dio dal quale non ci può arrivare alcun male.

Pag. 63. Manuale: il sacro

Il sacro ci affascina e ci fa paura, anche nell’esperienza di Israele l’arca di Noè. Da un lato è attratto dall’altro è spaventato. La grandezza della
religione è nel ricordare che c’è qualcosa di superiore all’uomo, che supera l’essere umano. Può sostituirsi a Dio stesso ne prende il posto, anziché
mediare. Il Dio è affidabile o inaffidabile? (Pag. 65) Il mistero di Dio come dedizione o dominio? Vuole dominare o che si dona? Interrogativo
decisivo della religione? Questa ambiguità fin dall’inizio dell’ombra, e poi come la vicenda di Gesù che scioglie l’ambivalenza. Dio si rivela come
colui che è affidabile, non c’è un inganno. I sacrifici nella storia degli uomini era per accostarsi a Dio. Nel cristianesimo è l’inverso. Il figlio si pone
come vittima e non carnefice. Il sacrificio gradito a Dio è fare della propria vita un’offerta a lui. Gesù sacrifica sé stesso per l’umanità e non sacrifica
nessun’altro. Questo discorso ci aiuta a distinguere il cristianesimo rispetto al Dio delle religioni e dei sacrifici umani o animali. Un’idea di Dio
capovolta proposta dalle varie esperienze religiose.

Che cosa hanno pensato gli uomini su Dio? Pag. 72. Nella storia della filosofia il cristianesimo si è intrecciato con la riflessione filosofica acquisendo
alcune categorie e dall’altro influenzando le stesse concezioni filosofiche. Si tratta di un rapporto complesso. Due prospettive di accuse che possono
essere state rivolte al cristianesimo: antropomorfismo e proiezione. Pag. 73 Giovanni Reale. Come è nata la filosofia? Marx: la religione è l’oppio dei
popoli, si è parlato di un paradiso al di là di questa vita che ha la funzione di sedare le istanze rivoluzionarie che nascono dai rapporti sociali ecc.;
Freud, la religione la accosta a rapporti familiari. Recentemente ci sono state teorie che ricollegano la nascita della filosofia all’evoluzione. Critiche
radicali che riconoscono alla religione un valore antropologico nel senso che consentono di mettere a fuoco qualche meccanismo antropologico
significativo. Qui il discorso è la verità dell’immagine. Ci si possono fare tante immagini di Dio, la vera questione è capire se ci siano immagini vere
o false. Un Dio che si è fatto conoscere tramite Gesù Cristo che è sua immagine. Qui l’immagine offerta da Gesù Cristo è la peculiarità del
cristianesimo.

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(Siamo partiti dal mistero pasquale, crocifissione e risurrezione di Cristo, poi abbiamo visto il confronto con il Dio delle religioni e dei filosofi, si
conclude il capitolo con l’incarnazione. A partire dalla pasqua i cristiani sono arrivati a capire che alla radice di questo Gesù ci deve essere un mistero
come quello dell’incarnazione, per cui Gesù è l’immagine di Dio perché lui stesso è Dio.

Pag. 78. C’è una identificazione tra Dio e uomo in Cristo Gesù. Nel cristianesimo c’è un movimento primario che è quello di Dio verso l’uomo che
si realizza nell’incarnazione che è una grandissima novità anche rispetto all’ebraismo. Il pensare che un Dio si identifichi in un uomo è una bestemmia
secondo la fede ebraica. Se è vera l’incarnazione Dio si rivela mediante la sua immagine che è Gesù. Quando si fa questo discorso non va allontanato
dalla storia di Gesù, altrimenti diventa un teorema metafisico invece l’incarnazione significa che la vita concreta di Gesù è la rivelazione
dell’autentica immagine di Dio. L’incarnazione e il mistero pasquale vanno tenuti insieme. L’incarnazione senza la storia e il mistero pasquale
rischia di diventare un discorso astratto. Si è incarnato nella storia di un piccolo popolo, Israele, ai margini). --------------------------------------------

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II PARTE MANUALE LA CREDIBILITA’ DELLA FEDE CRISTIANA secondo quattro direzioni capitoli 4-5 dedicato alla verità storica -
6-7 Per affermare che sia credibile (cfr. I lettera di Pietro) la nostra fede si svolge su fatti storici: la verità storica, cioè Gesù. Da qui nasce l’esigenza
di confrontarsi con la critica storica, cosa che fa il capitolo V che non facciamo perché si fa nell’introduzione all’AT. La verifica esistenziale, cioè da
un punto di vista esistenziale cosa ci dice il cristianesimo? Porta a compimento la nostra esistenza oppure no? In che modo parla alla nostra esistenza?
Questa è una seconda pista per mostrare la sua credibilità. Terza pista, il valore universale. Si trova in un mondo con tante culture e religioni che
possono vantare una pretesa di assolutezza e universalità come fa il cristianesimo. Come pensare il rapporto tra cristianesimo e religioni o culture?

Che tipo di valore ha rispetto a queste? Il principio estetico è proprio il Dio capovolto. L’idea di fondo: perché è credibile? Perché al cuore c’è il Dio
capovolto, questo capovolgimento dell’immagine di Dio è il vero motivo per cui può essere credibile. Nell’apologia classica c’era un discorso sulla
credibilità. Qui invece la credibilità si fonda su stesso. Il principio estetico Hans Urs Von BALTHASAR un ex gesuita, nominato Cardiale ma morì
prima (con una produzione sterminata) ci limitiamo al I volume di Gloria << la percezione della forma >> e un libretto << solo l’amore è credibile
>>. Estetica ha due significato: il riferimento alla bellezza ma anche etimologico cioè percezione. La bellezza è un qualcosa che si percepisce. Oggi
la si considera non molto come decisiva rispetto ad altre economia, tecnica ecc., oppure ornamentale. Ma che cosa vuol dire la bellezza e l’incontro
dell’uomo con la bellezza? Può esserci qualcosa di radicale?

04/04/2022

Il principio estetico: la bellezza.

L’estetico può avere anche un valore conoscitivo. Una conoscenza diversa da quella intellettuale, ci sono altre vie di conoscenza quali quella estetica.
Il simbolo è una realtà che nel suo elemento materiale fa apparire un altro significato. Non è un significato al di là ma è un qualche altra cosa. Forse
sarebbe utile interagire di più queste vie di conoscenza intellettuale e simbolica perché l’una può aiutare l’altra.

Per l’apologia i miracoli sono percepiti come una potenza, non come apparizione del mistero di Dio è un rinvio ma non c’è quella dimensione. -

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Stavamo al discorso della bellezza ritenendolo qualcosa di non essenziale, anche a livello teorico. Il pensiero di Von BALTHASAR può essere utile
per il discorso teologico.

la I, quella più banale, senza la quale non si avrebbe l’esperienza del bello,
. Bisogna percepire qualcosa per fare questa esperienza, es. in arte ci vuole un dipinto, qualcosa che abbia una dimensione materiale e sensibile
che coinvolga i nostri sensi ma non è sufficiente. Ci vuole anche l’altra dimensione della profondità in questo invisibile o insensibile deve trasparire
qualcosa di più profondo. C’è qualcosa di bello che ci travolge e percepiamo il bello perché c’è questa profondità nella dimensione materiale. C’è
un’eccedenza misteriosa. Nell’esperienza della bellezza c’è il fascino ma non c’è la sensazione di paura che possa spaventare. Altro aspetto è la
dimensione Ci vuole la sensazione di qualcosa che sia unico. La dimensione discorso della gratuità è un discorso che
può andare al di là del necessario e umile, non dipende da noi. In questa realtà materiale e sensibile, anche particolare, si coglie una dimensione di
un qualcosa che possa illuminare tutti e la vita. La bellezza può avere anche un valore conoscitivo. Un’autentica esperienza di bellezza
diversa da quella concettuale, ci sono altre vie di conoscenza oltre quella mentale/concettuale. Questa estetica è legata alla dimensione del singolo. Il
singolo è proprio una realtà che nel suo elemento materiale fa apparire un altro significato, non è un significato al di là della realtà sensibile ma è un
qualcosa che in quella realtà mostra un altro tipo di significato. Credo che possa esistere anche un fascino ambiguo.
Il concetto di bellezza tradotto in BALTHASAR (Gestalt) con forma ma è meglio tradurlo come figura. Nell’esperienza estetica divide: FORMA e
SPLENDORE. La forma corrisponde all’elemento materiale che può mimetizzarsi ed è il veicolo che mostra la profondità. Forma e splendore devono
essere presenti insieme. Se si dimentica lo splendore abbiamo una dimensione positivista o scientista, cioè ci si ferma alla materia e si rinuncia alla
dimensione del mistero; non si può eliminare la dimensione materiale e concentrarsi solo su quella spirituale dello splendore perché questo tentativo
è destinato al fallimento perché se non c’è quella forma quel splendore non lo possiamo percepire. Come percepire il rapporto tra forma e
splendore? La luce illumina l’oggetto dall’interno per Balthasar vedere Pag. 90 manuale <<il bello è in primo luogo una forma e la luce non cade
su questa forma dall’alto o dall’esterno, ma irrompe dal suo intimo. Species et lumen sono nella bellezza una sola cosa… la forma visibile non rinvia
soltanto ad un mistero invisibile della profondità, ma né è l’apparizione, lo rivela proprio mentre nello stesso tempo lo nasconde e lo vela. Il contenuto
non giace dietro la forma, non può cogliere nemmeno il contenuto. A colui al quale la forma non dà luce, rimarrà invisibile anche la luce del contenuto
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>>. Nel sacro c’è la dimensione del fascino e della paura, quest’ultimo non c’è nella bellezza. C’è un rapporto intrinseco tra superficialità e profondità,
quindi un rapporto intrinseco tra lo spirituale e il materiale. Lo spirituale si mostra nel sensibile e il sensibile deve mostrare lo spirituale, se non
facciamo ciò cadiamo in una di quelle posizioni indicate nella nota n. 9 pag. 90: il metodo storico-critico, l’altro rischio può essere quello della teologia
negativa (se non abbiamo questa unione, lo spirituale diventa intellegibile arrivando a Dio che di Dio non si può dire nulla), l’altro rischio è quella
dell’apologetica classica (pensando ai segni esteriori di credibilità: miracoli, indicazione di una potenza o meglio onnipotenza di Dio ma il miracolo
in sé non viene intesa come onnipotenza è un rinvio ma non c’è questa dimensione, e le profezie). Il simbolo tiene insieme forma e contenuto. Questo
trascendentale che Balthasar rielabora nella sua teologia estetica, resta il mistero tra essere ed ente, in quest’ultimo si sperimenta il fulcro, rivela
anche l’essere. A quale figura di riferisce? A Gesù Cristo, c’è un uomo sensibile quindi percepibile ma si manifesta in quest’uomo il ministero di Dio,
la forma all’umanità di Cristo e appare il volto invisibile di Dio. Le due cose non si possono separare l’umanità di Dio e il mistero di Dio, Gesù non
è solo uno che indica il padre ma nella sua umanità appare il mistero di Dio (es. l’ultima domanda di Filippo a Gesù di mostrargli il padre, Gesù gli
dice chi vede me vede il padre). Percependo l’umanità di Cristo arriviamo alla Gloria di Dio, es. il Vangelo di Giovanni “il verbo si fece carne ecc.”.
La gloria di Dio si manifesta nell’umanità di Gesù, questo è il cuore di estetica teologia dell’autore. Noi facciamo esperienza di bellezza che è
paradossale, il momento più alto sta nella Croce di Cristo in questa si percepisce la Gloria di Dio. La vera bellezza è la bellezza dell’amore, che
risplende nella Croce di Gesù. Questa forma ha alcune caratteristica: , non dipende da noi uomini che la percepiamo. Una seconda
caratteristica è , mantenere l’armonia tra i vari aspetti di Gesù. Tale aspetto è motivo per l’autore di criticare l’esegesi storico-
critica che frammenta la figura di Gesù. Il rischio di un’esegesi analitica è quello di far perdere questa . La misura
fondamentale di Gesù è l’obbedienza al padre, intesa nell’amore. Altra caratteristica è che è irriducibile rispetto ad altre forme. Questa forma
contiene un’immagine ma anche una forza. C’è forma ma c’è anche forza. Sottolinea l’unicità della figura di Cristo, Gesù è lui stessa la via o è lui
stesso la luce che discende dal cielo ecc. Nella rivelazione trinitaria il mistero di Dio è anche ministero di identità (tre persone riunite in Dio) ma anche
di differenza (in quanto differiscono in qualcosa). La figura di Cristo serve anche da metro di giudizio di ogni altra cosa, comprese le altre
religioni. Cristo è misura di giudizio di tutte le altre esperienze religiose, per vedere la forma di Cristo è necessario uno sguardo che si apra al mistero
per vedere nell’umanità sensibile di Cristo l’apparizione del mistero invisibile di Dio.

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Minuto 43.00 Quali sono le vie di giustificazione che sono state percorse in passato? La prima è quella cosmologica. 1963 Solo l’amore è credibile.23
La concezione degli antichi era ma mancava qualcosa che desse senso a ciò, questo punto unitario viene offerto dal cristianesimo che
offre il logos- pagine 96 e 97, manuale. Con l’età moderna abbiamo l’interesse all’uomo (Cartesio, cogito ergo sum) la scienza moderna (Galileo ecc.)
diminuisce il cosmo non operano più forze superiori inafferrabili ma può essere indagano dalla ragione umana. Questa è la prima via, una seconda via
che Balthasar individua si collega alla svolta moderna ed è . Entrambi sono delle riduzioni perché riducono il cristianesimo a qualcosa
più limitato della grandezza che ha il cristianesimo, perché in uno il criterio di misura diventa il cosmo nella via antropologica c’è il rischio che il
criterio di misura del cristianesimo diventa l’uomo; il cristianesimo non è fatto solo per rispondere all’esigenza del cosmo ad avere un centro unitario
o all’esigenza dell’uomo di trovare una risposta alle sue domande. -----------------------------------------------------------------------------------------------
Nel breve libro Solo l’amore è credibile (1963) il teologo svizzero Hans Urs von Balthasar precisa la sua posizione teologica nel contesto della storia
della teologia cristiana. La teologia dell’età patristica, medievale e rinascimentale ha battuto la via cosmologica, presentando il cristianesimo
come il compimento dell’interpretazione del mondo data dall’antichità. La teologia dell’epoca moderna ha operato uno spostamento e pratica la via
antropologica: il cristianesimo si presenta come la più profonda interpretazione dell’uomo. Ma, per von Balthasar, sia la via cosmologica sia
la via antropologica sono delle interpretazioni riduttive, in quanto assumono il cosmo e l’esistenza umana come criteri di giustificazione del
cristianesimo, che invece ha in sé ed esibisce da sé la sua giustificazione. La terza via, la via balthasariana, è la via dell’amore:
«Solo l’amore è credibile». Nella rivelazione cristiana è l’amore assoluto di Dio, che in Cristo da sé si fa incontro all’uomo;
Dio si autopresenta in Cristo nella gloria del suo amore assoluto. Questa via assume il nome di Estetica teologica, non nel senso di una teologia
estetica, che mostri come il cristianesimo promuova il senso estetico e le arti; ma in senso più forte sia soggettivo sia oggettivo. La fede cristiana,
nel suo polo soggettivo, è percezione e visione della Forma (Gestalt), come polo oggettivo, quale appare nella figura storica del Cristo,
come Verbo di Dio fatto uomo, rivelazione della gloria di Dio e della sua volontà salvifica universale.
Qual è l’essenza del cristianesimo? Mai, nella storia della chiesa, il rimando ad una pluralità di misteri da credere ha soddisfatto come risposta ultima:
sempre si è mirato a un punto unitario in cui trovasse la sua giustificazione la richiesta che vien fatta all’uomo di credere: un lógos anche se di carattere

23
www.teologiafermo.it/it/balthasarsoloamorepdf/ Editrice Queriniana | HANS URS VON BALTHASAR (1905-1988): <br>«SOLO L'AMORE È CREDIBILE»
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e natura particolari, ma però così persuasivi, anzi così tr avolgenti ed irresistibili che, balzando fuori dalle “contingenti verità storiche” conferisca loro
il carattere di necessità. Sì, miracoli e profezie che si realizzano vi hanno la loro parte (benché il loro valore e potere interpretativo appaia
considerevolmente ridotto fin dai tempi della critica biblica dell’illuminismo), ma il punto di riferimento cui essi rimandano si trova collocato al di là
di essi. La patristica, il medioevo, il rinascimento, i cui epigoni arrivano sino all’epoca presente, hanno collocato questo punto sul piano cosmico,
inquadrandolo nella storia dell’universo; l’era moderna, a partire dall’illuminismo, l’ha invece trasferito su un piano antropologico.
Se il primo tentativo risulta limitato e confinato entro i termini del tempo e della storia, il secondo è fallito proprio come impianto:
quel che Dio intende dire all’uomo attraverso Cristo non può ricevere sistemazione né nel mondo nel suo insieme, né nell’uomo in particolare;
esso è assolutamente teologico, anzi, meglio ancora, teo-pragmatico: atto di Dio nei confronti dell’uomo, atto che si spiega dinanzi all’uomo e per lui
(e soltanto così può trovare in lui e con lui la sua spiegazione). Di questo atto va detto ch’esso è credibile soltanto come amore:
intendiamo l’amore stesso di Dio, la cui manifestazione è quella della gloria di Dio.
L’autocoscienza cristiana (e quindi la teologia) non può essere spiegata mettendovi a fondamento e giustificazione una sapienza acquisita per divina
rivelazione che sublimi e trascenda la cognizione religiosa umana (ad maiorem gnosim rerum divinarum), o l’uomo preso e individualmente e come
entità sociale, che perviene soltanto attraverso la Rivelazione e la Redenzione a una coscienza definitiva di sé (ad maiorem hominis perfectionem et
progressum generis humani), ma unicamente può essere spiegata giustificandola come l’autoglorificazione dell’amore divino: ad maiorem divini
amoris gloriam. Nell’Antico Testamento, questa gloria (kābhôdh) consiste nella presenza dell’augusta maestà di Jahvé nella sua alleanza (e –
trasmessa per il tramite di questa – in tutto il mondo), nel Nuovo Testamento questa sublime gloria si spiega come l’amore di Dio in Cristo che
discende nell’abisso estremo di tenebra e di morte. Questo quid extremum (la vera escato-logia), che se si concepisce tutto in termini di cosmo e di
uomo è assolutamente inimmaginabile, può essere percepito nella sua realtà soltanto accogliendolo come l’“alterità assoluta”.
Questo abbozzo servirà perciò anche a chiarire le linee direttive e gli scopi del mio più ponderoso lavoro intitolato: Gloria, un’“estetica teologica” nel
doppio senso di una dottrina soggettiva della percezione e di una dottrina dell’autointerpretazione oggettiva della gloria divina. Quest’abbozzo servirà
a mostrare che questo metodo teologico, ben lungi dal rappresentare un sottoprodotto irrilevante e superfluo del pensiero teologico, ha invece il diritto
e il dovere di avanzare la pretesa di essere collocato come unico metodo definitivo al centro della teologia, laddove la verificazione cosmologica ed
antropomorfa può tutt’al più essere ammessa come punto di vista di carattere complementare.
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E con questo resta specificato che quanto viene qui chiamato col nome di “estetica” è inteso come un qualcosa di puramente teologico, cioè come
l’intuizione, possibile soltanto nella fede, della gloriosa manifestazione dell’amore assolutamente libero di Dio.
Hans Urs von Balthasar,
Quest’opera 241 costituisce il tentativo di sviluppare la teologia cristiana alla luce del terzo trascendentale, di completare cioè la considerazione
del verum e del bonum mediante quella del pulchrum. L’introduzione mostrerà in che misura il pensiero cristiano sia stato impoverito dalla perdita di
questa prospettiva che un tempo permeava così potentemente la teologia. Non si tratta quindi, a motivo di una vaga e nostalgica malinconia, di farla
scivolare su una carreggiata laterale, tranquilla e poco frequentata. Si tratta piuttosto di riportarla sulla strada principale, abbandonata, senza per questo
voler affermare che la prospettiva estetica debba sostituire, per il futuro, nella conduzione della teologia, quella logica ed etica. I trascendentali infatti
non sono assolutamente separabili e la dimenticanza di uno di essi non può che avere un effetto distruttore sugli altri. È meglio quindi, proprio per
l’interesse comune, non bollare a priori questo tentativo – di più esso non può e non vuole essere – come “estetismo”, per sbarazzarsene subito, ma
cercare in primo luogo di prestare ascolto a ciò che esso vuol dire.
[…] Una “estetica teologica”, per mantenere un giusto equilibrio, dovrebbe prolungarsi in una “drammatica teologica” 2
e in una “logica teologica” 3.
Se la prima ha come oggetto soprattutto la percezione della verità (Wahrnehmung) della manifestazione divina, la drammatica teologica dovrebbe
trattare soprattutto il contenuto di questa percezione, l’agire di Dio con l’uomo, mentre la logica dovrebbe avere come oggetto la modalità
espressiva divina (più esattamente: divino-umana e quindi sempre già teologica) di questo agire. Soltanto allora il pulchrum apparirebbe al posto nel
tutto strutturato: come la maniera in cui il bonum di Dio si dona e può essere affermato da lui e compreso dall’uomo come verum. Dio non ha dato ad
Abramo in parole formulate il primo comando a credere: ciò che questi percepì come vero fu la verità di un’azione di Dio nei suoi confronti; soltanto
secoli dopo forse quest’azione si è espressa come parola umana. E questo non già nel senso di «all’inizio era l’azione» di Faust e Fichte, giacché il
dramma tra Dio e l’uomo è sempre già parola-significato-lógos. Si tratta però di una parola che avviene e che non può essere ridotta alle semplici
dimensioni di una parola di testimonianza.

24
La trilogia: Teo-fania, Teo-drammatica, Teo-logica Glaubhaft ist nur Liebe, 1963. Trad. it. di Mario Rettori, Solo l’amore è credibile, Borla, Torino 1965,
11-13.
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Hans Urs von Balthasar, Herrlichkeit. Schau der Gestalt, 1961.
Trad. it. di Giuseppe Ruggieri, Gloria. La percezione della forma. Una estetica teologica, Jaca Book, Milano 1975, 3-5.

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La terza via per Balthasar è quella de che ha due esperienze dell’uomo, il primo accostamento è quello personalistico cioè l’incontro con un
altro tu, altra libertà. Quella libertà dell’altro rimane per me un mistero, un amore che mi è donato lo posso intendere solo come un miracolo che non
dipende o deriva da me. Una prima via per percorrere una strada diversa da quella cosmologica e antropologica è l’amore. Altra via è quella estetica.

Quando facciamo l’esperienza con un’opera d’arte è un miracolo che non dipende da noi, questo ci può aiutare a comprendere cosa succede nella
rivelazione Gesù si rivela il che non dipende da noi e che noi possiamo accettare o meno, c’è qualcosa di gratuito non riducibile che ci viene
incontro svelandoci la maestà del mistero di Dio. L’incontro con l’altro e la bellezza convergono nell’amore. Diventa tutto ciò singolare nella figura
di Gesù Cristo perché è la stessa maestà dell’amore assoluto che nella rivelazione con l’uomo ci viene incontro, il cuore della rivelazione è proprio
l’amore assoluto. La parola va intesa come amore assoluto. Diventa molto critico l’autore rispetto ai modelli antropologico e cosmologico perché
riducono l’infinità del mistero di Dio che ci viene incontro nella rivelazione. (Può essere vero per alcuni modelli antropologici ma non per tutti quelli
che sostengono come l’uomo sia aperto all’infinito). Quest’amore deve essere percepibile per l’uomo ed è importante. In un certo senso, trascura il
momento antropologico vedendo l’uomo più in una chiave passiva di ricettore passivo della rivelazione. C’è qualcosa che ci viene incontro che
possiamo da una parte percepire e dall’altra essere rapiti, percepiamo e veniamo rapiti e più veniamo rapiti e più percepiamo. Anche qui l’analogia
con l’opera l’arte più la si percepisce e più si viene rapiti, così nella rivelazione dell’amore assoluto in Gesù Cristo.

La percettibilità dell’amore. Come l’amore di Dio può essere percepito? Viene riconosciuto soltanto dall’amore. Fa cenno all’amore della mamma e
il suo bambino, “Dio si manifesta come amore” l’amore assoluto nel volto di Gesù Cristo. L’essere umano viene paragonato al bambino. (Prof.
osservazione critica. Secondo me è un limite, gli studi mettono in luce come i bambini sono attivi nei confronti delle madri e non basta il sorriso. E’
giusto mettere il primato dell’amore di Dio ma non è sbagliato interrogarsi sulle condizioni che aiutano l’uomo).

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Questo principio estetico come ardine della riflessione sulla credibilità del cristianesimo, che nasce come confluenza della bellezza e dell’amore, (lo
scenario di fondo è: come facciamo a dire che è credibile, quali ragioni possiamo sostenere per giustificarlo?) Gli autori del manuale ritengono che
sia il principio estetico in aiuto. La rivelazione cristiana si spiega da sé, a differenza dell’apologetica classica che sosteneva di fondarlo su una
dimostrazione previa della ragione, invece Balthasar sostiene che porta in sé le ragioni della sua credibilità, non è illuminato da qualcos’altro.
Ancora di più se mettiamo il Dio capovolto come cardine della rivelazione cristiana. La trascendenza si identifica con la dedizione, l’amore assoluto.
Allora può essere utile impostare il discorso della credibilità proprio sul principio estetico. Le ragioni della fede sono nella fede stessa. L’iniziativa di
Dio si giustifica in sé stessa. Il principio estetico insieme alla verità storica, verifica esistenziale e valore universale. Il cristianesimo è credibile perché
è Dio stesso che si fa conoscere, si giustifica in sé stesso e non in altro fuori di lui. Dio viene incontro a tutti però bisogna accogliere l’uomo può dire
di sì o no. La verifica esistenziale c’è questo primato dell’iniziativa di Dio e poi la risposta dell’uomo. Il valore universale, questa pretesa di assolutezza
della rivelazione di Cristo che si deve confrontare con le altre culture e religioni. Il principio estetico ha questa forza.

Il capitolo successivo è quello della verità storica, da sostituire con il libro Chi è Gesù di Caspani Pierpaolo.

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Il capitolo sesto – la verifica esistenziale o via antropologica si occupa della corrispondenza tra rivelazione e l’esperienza dell’uomo. C’è una
corrispondenza tra lo stile della rivelazione e la forma dell’esperienza dell’uomo? Il contenuto della rivelazione trova una corrispondenza nelle
domande dell’uomo? Il come della rivelazione corrisponde al come dell’uomo e il che cosa della rivelazione corrisponde alle domande dell’uomo?

 La questione è verificare se la struttura della rivelazione e quella antropologica possano trovare una corrispondenza.
 , Dio instaura un rapporto con l’uomo. La rivelazione è qualcosa di più rispetto alla creazione. Questa struttura
dialogica, di relazione della rivelazione corrisponde molto bene alla struttura dell’uomo in quanto la parola è tipica dell’uomo ed è l’espressione
più alta della relazione, l’uomo muore nell’isolamento e vive nel dialogo. La rivelazione ha esattamente questa struttura una parola che si
rivolge all’uomo e che attende una parola in risposta. La seconda è il discorso della conoscenza. Nell’uomo ci sono due forme di conoscenza:
la prima alle cose che trova la sua espressione nella conoscenza scientifica, la seconda delle persone richiede l della persona
stessa cioè la persona deve rivelarsi, farsi conoscere altrimenti non abbiamo accesso all’interiorità di una persona. Una testimonianza che
richiede una fiducia. Precede quella per gli oggetti, esempio i bambini sono interessati prima ai volti e poi agli oggetti. Ha una struttura che si
lega a questo tipo di conoscenza legato alla testimonianza, Dio dà testimonianza. Continua nella testimonianza degli apostoli, poi si deposita
nel nuovo testamento e alla Chiesa ed è una testimonianza che richiede fiducia nel testimone. Una terza corrispondenza è quella tra
. L’uomo vive una storia. Il particolare e l’universale, questa storia di un popolo (Israele) che culmina
ed è la storia di una persona e si manifesta qualcosa di universale che riguarda tutti gli uomini, questa avviene nella fede. L’uomo è attivo in
questa rivelazione, nell’accogliere, assimilare e trasmetterla. NELLA STRUTTURA DELLA RIVELAZIONE E DELL’UOMO C’E’ UNA
CORRISPONDENZA MA ANCHE UNA NOVITA’, da una parte la continuità e dall’altra anche la discontinuità, anche il discorso tra AT e
NT c’è una continuità nel NT rispetto all’AT ma anche novità.

Il modello antropologico: compimento e l’eccellenza, è un modo per dire continuità e discontinuità. La rivelazione porta a compimento i
desideri dell’uomo ma porta anche novità.

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Si parla di modello antropologico al singolare le domande dell’uomo e le risposte della rivelazione, se lo intendiamo in questo modo le critiche di
Balthasar hanno ragione; se le risposte della rivelazione fosse solo funzionale alle domande dell’uomo sarebbe un riduzionismo e rendere le domande
dell’uomo come criterio di misura del cristianesimo. (Secondo me, prof., si dovrebbe parlare al plurale di modelli antropologici). Alcuni modelli sono
così domande dell’uomo e risposte della rivelazione. Quali sono le domande? Possono essere molto diverse, esempio l’unità. Altra domanda è la
trascendenza, l’uomo avverte questa esigenza di andare oltre, e quindi il cristianesimo è in grado di rispondere oppure al desiderio di amare mostrando
cos’è l’amore e indicando all’uomo la via per essere amato e imparare ad amare nel messaggio o vita di Gesù, la ricerca della verità ecc. Il cristianesimo
porta ad un compimento della vita dell’uomo ma bisogna mostrare, aiutare le persone ad intuirlo. Dimensione sociale e politica del cristianesimo nella
teologia politica, teorie della liberazione. Il primo rischio è quello considerarlo come un insieme di valori, certo che ci sono ma c’è il rischio di
dimenticarsi che il cristianesimo è l’evento di un uomo e di Dio, Gesù CRISTO. Non è solo una risposta alle domande dell’uomo ma c’è una continuità
e un’eccedenza, basti pensare al Dio capovolto. Non solo risponde le domande dell’uomo ma le sconvolge, opera una rottura altrimenti si ricade nelle
obiezioni del Dio dei filosofi che vedono nella religione una proiezione dei desideri dell’uomo. E’ importante che risposta alle domande o desideri
dell’uomo ma che sia anche di più, ci deve essere questa profonda corrispondenza tra il cuore dell’uomo e della rivelazione. Se non parlasse al nostro
cuore non ci offrisse una possibilità di compimento non ci interesserebbe.

MANUALE:

Pagine 91-102 Balthasar

Pagine 155-168 verifica esistenziale cap. VI

Lez. 2/5 pagg. 169-194 verifica esistenziale

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Valore Universale cap. VII Lezione 9/05/2022

Il Cristianesimo ha questa pretesa di universalità che Gesù sia la rivelazione definitiva di Dio, che sia la via di accesso unica al mistero di Dio, come
va valutata questa assolutezza? Il punto di partenza è il Dio capovolto, cuore della rivelazione cristiana, perché altrimenti si rischia di andare in luoghi
in cui non si capisce bene come uscirne. Il testo in primis parla del carattere assoluto del cristianesimo. Cosa si intende e come vede essere interpretata?
L’assolutezza implica l’origine divina, la sua validità perenne ed universale, potremmo dire la sua “obbligatorietà”. Un discorso di questo tipo suscita
nel nostro tempo molte obiezioni alcune già a partire dall’illuminismo ad esempio la tesi secondo cui una verità storica non può avere valore universale.
Certamente ci sono modi sbagliati di considerare l’assolutezza del cristianesimo.

Dobbiamo distinguere a seconda se si parla del Cristianesimo, Cristo o della Chiesa. Queste realtà sono connesse e hanno qualcosa di assoluto ma
in diverso modo. Non va pensata in modo astratto o per categorie generali ma a partire dal cuore del cristianesimo. Il discorso dell’incarnazione si
allarga significa anche che Dio si fa storia entra nella cultura degli uomini, Gesù era un ebraico. Non va pensata al di fuori della storia ma all’interno
della storia, è un’ascendenza che si dà nell’imminenza. Ad esempio Atti degli Apostoli versetto 4 il discorso di Pietro dopo la guarigione dello
Storpio25. In Gesù c’è la salvezza, si ha la manifestazione ultima decisiva dell’intervento di Dio per gli uomini è chiarissima ma questa
assolutezza non toglie che si dona nella relatività della storia. La vicenda di Cristo è segnata dalla relatività storica addirittura estrema la morte.
Siamo al cuore del cristianesimo questa coincidenza di assolutezza e relatività. In Gesù l’assolutezza di Dio si manifesta nella sua relatività storica. Il
mistero Gesù figlio veramente Dio e veramente uomo. Diventa poi assolutezza del cristianesimo inteso come suo annuncio e poi della Chiesa. Hanno
questa assolutezza in quanto per trasmetterla agli uomini. Continuano ad essere segnati dalla storicità. L’assolutezza del cristianesimo e della Chiesa
sono la conseguenza della fede nell’incarnazione. In essa si intrecciano livelli diversi: quella del mistero di Dio che si rivela in Gesù, nella storia e
Chiesa. Essa è segnata nella storia ed è forgiata dalla sua relatività. Ad esempio, Gesù ha guarito dei lebbrosi ecc. ma non tutti i lebbrosi del suo tempo
il che dimostra una relatività. Eppure questa è la via per raggiungerla, noi diciamo che noi giungiamo attraverso la relatività. In Cristo c’è questa

25
Atti 4 CEI - Pietro e Giovanni davanti al sinedrio - Bible Gateway † Atti capitolo 4 - Bibbia Online eBible.it
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coincidenza tra assoluto e relativo. La pretesa di assolutezza porta in sé già il relativo quindi non lo considera insignificante, ani quel relativo diventa
il luogo necessario della manifestazione dell’assoluto.

IL RAPPORTO TRA CRISTIANESIMO E CULTURE

Il Cristianesimo deve essere capace di raggiungere tutti gli uomini nel loro contesto storico. L’universalità del cristianesimo si deve manifestare in
riferimento a tutte le culture. Ad esempio alcuni gesuiti hanno cercato di diffondere il cristianesimo in Cina il che è difficile in quanto non esiste nella
lingua cinese la parola Dio. IL cristianesimo delle origini si è trovato a confrontarsi con più culture greche e romana. Ha dovuto fare i conti anche in
modo problematico, non sempre questo incontro è stato pacifico. Se volessimo usare uno slogan che può riassumere la questione potremmo parlare
operazione di “inculturazione” il vangelo, cioè esprimere il vangelo nelle culture degli uomini, e di evangelizzare le culture perché non sempre
sono in sintonia totale con il vangelo spesso ci sono elementi che si frappongono al vangelo. Irriducibilità della rivelazione alle culture cioè
deve esprimersi alle culture ma non piò essere identificata con una precisa e unica cultura, i vangeli sono stati scritti in greco e non in ebraico vuol
dire che non c’è una lingua sacra del vangelo. Dio stesso non ha voluto legare la rivelazione in un’unica lingua, anche se ha scelto la lingua greca per
i documenti canonici. Per il cristianesimo non c’è una lingua sacra perché è irriducibile in una data cultura pur dovendo necessariamente esprimersi
in una lingua e cultura. Il nodo teologico è che Dio non si è legato ad un’unica cultura, quindi irriducibilità della rivelazione. Quella relatività
è necessaria per arrivare a quell’assolutezza. La nostra cultura è un luogo in cui facciamo esperienza di Dio. Lo stesso passaggio degli Atti degli
Apostoli, esempio la questione della circoncisione loro hanno detto si può diventare cristiano senza dover accogliere quella cultura ebraica. Il
cristianesimo non è mai legato mani e piedi a quella cultura ma può esprimersi anche in altra cultura a differenza ad esempio dell’islamismo. Lo stesso
Gesù Cristo è legato ad una cultura, l’assoluto porta un a novità assoluta che va al di là della stessa cultura in cui si esprime (Lutero ha tradotto la
bibbia in tedesco per contrasto alla Chiesa cattolica). Viene citata la diversità di cultura dei quattro vangeli (es. Marco più rivolto a comunità giudaiche,
Luca rivolto ad altre comunità) https://www.bibbiaedu.it/CEI2008/nt/At/17/

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Cap. XVII Atti degli Apostoli. Paolo arriva ad Atene e vede tempi, raffigurazioni e frema dentro di sé su tali idoli. C’è un confronto con i filosofi
stoici ed epicurei26. La presenza di un altare con Dio ignoto esprime l’apertura degli ateniesi ma anche la loro ignoranza. C’è la condanna all’idolatria.
Alla fine c’è l’annuncio della novità cristiana. In conclusione, nessuna cultura è universale ma solo Cristo che trascende ogni cultura ed è la
manifestazione dell’assoluto. L’evento di Cristo sovrasta ogni cultura anche quella in cui è nato, si è espresso ed è vissuto. Luca sottolinea che un
gruppetto crede.

26
Atti degli Apostoli 17:22-31 - Commento di Matthew Henry (bibliaplus.org), Bibbia CEI 2008 | Nuovo Testamento | Atti degli Apostoli | Atti degli Apostoli | 17 (bibbiaedu.it)
171 Percorrendo la strada che passa per Anfìpoli e Apollònia, giunsero a Tessalònica, dove c'era una sinagoga dei Giudei. 2Come era sua consuetudine, Paolo vi andò e per tre
sabati discusse con loro sulla base delle Scritture, 3spiegandole e sostenendo che il Cristo doveva soffrire e risorgere dai morti. E diceva: "Il Cristo è quel Gesù che io vi
annuncio". 4Alcuni di loro furono convinti e aderirono a Paolo e a Sila, come anche un grande numero di Greci credenti in Dio e non poche donne della nobiltà.5Ma i Giudei,
ingelositi, presero con sé, dalla piazza, alcuni malviventi, suscitarono un tumulto e misero in subbuglio la città. Si presentarono alla casa di Giasone e cercavano Paolo e Sila per
condurli davanti all'assemblea popolare. 6Non avendoli trovati, trascinarono Giasone e alcuni fratelli dai capi della città, gridando: "Quei tali che mettono il mondo in agitazione
sono venuti anche qui 7e Giasone li ha ospitati. Tutti costoro vanno contro i decreti dell'imperatore, perché affermano che c'è un altro re: Gesù". 8Così misero in ansia la popolazione
e i capi della città che udivano queste cose; 9dopo avere ottenuto una cauzione da Giasone e dagli altri, li rilasciarono. 10Allora i fratelli, durante la notte, fecero partire subito
Paolo e Sila verso Berea. Giunti là, entrarono nella sinagoga dei Giudei. 11Questi erano di sentimenti più nobili di quelli di Tessalònica e accolsero la Parola con grande entusiasmo,
esaminando ogni giorno le Scritture per vedere se le cose stavano davvero così. 12Molti di loro divennero credenti e non pochi anche dei Greci, donne della nobiltà e uomini.
13
Ma quando i Giudei di Tessalònica vennero a sapere che anche a Berea era stata annunciata da Paolo la parola di Dio, andarono pure là ad agitare e a mettere in ansia
la popolazione. 14Allora i fratelli fecero subito partire Paolo, perché si mettesse in cammino verso il mare, mentre Sila e Timòteo rimasero là. 15Quelli che accompagnavano Paolo
lo condussero fino ad Atene e ripartirono con l'ordine, per Sila e Timòteo, di raggiungerlo al più presto.
16Paolo, mentre li attendeva ad Atene, fremeva dentro di sé al vedere la città piena di idoli. 17Frattanto, nella sinagoga, discuteva con i Giudei e con i pagani credenti in Dio e ogni
giorno, sulla piazza principale, con quelli che incontrava. 18Anche certi filosofi epicurei e stoici discutevano con lui, e alcuni dicevano: "Che cosa mai vorrà dire questo ciarlatano?".
E altri: "Sembra essere uno che annuncia divinità straniere", poiché annunciava Gesù e la risurrezione. 19Lo presero allora con sé, lo condussero all'Areòpago e dissero:
"Possiamo sapere qual è questa nuova dottrina che tu annunci? 20Cose strane, infatti, tu ci metti negli orecchi; desideriamo perciò sapere di che cosa si tratta". 21Tutti gli
Ateniesi, infatti, e gli stranieri là residenti non avevano passatempo più gradito che parlare o ascoltare le ultime novità.
22Allora Paolo, in piedi in mezzo all'Areòpago, disse:
"Ateniesi, vedo che, in tutto, siete molto religiosi. 23Passando infatti e osservando i vostri monumenti sacri, ho trovato anche un altare con l'iscrizione: "A un dio ignoto".
Ebbene, colui che, senza conoscerlo, voi adorate, io ve lo annuncio. 24Il Dio che ha fatto il mondo e tutto ciò che contiene, che è Signore del cielo e della terra, non abita in templi
costruiti da mani d'uomo 25né dalle mani dell'uomo si lascia servire come se avesse bisogno di qualche cosa: è lui che dà a tutti la vita e il respiro e ogni cosa. 26Egli creò
da uno solo tutte le nazioni degli uomini, perché abitassero su tutta la faccia della terra. Per essi ha stabilito l'ordine dei tempi e i confini del loro spazio 27perché cerchino
Dio, se mai, tastando qua e là come ciechi, arrivino a trovarlo, benché non sia lontano da ciascuno di noi. 28In lui infatti viviamo, ci muoviamo ed esistiamo, come hanno detto
anche alcuni dei vostri poeti: "Perché di lui anche noi siamo stirpe".
29
Poiché dunque siamo stirpe di Dio, non dobbiamo pensare che la divinità sia simile all'oro, all'argento e alla pietra, che porti l'impronta dell'arte e dell'ingegno
umano. 30Ora Dio, passando sopra ai tempi dell'ignoranza, ordina agli uomini che tutti e dappertutto si convertano, 31perché egli ha stabilito un giorno nel quale dovrà giudicare il
mondo con giustizia, per mezzo di un uomo che egli ha designato, dandone a tutti prova sicura col risuscitarlo dai morti".
32
Quando sentirono parlare di risurrezione dei morti, alcuni lo deridevano, altri dicevano: "Su questo ti sentiremo un'altra volta". 33Così Paolo si allontanò da loro. 34Ma alcuni si
unirono a lui e divennero credenti: fra questi anche Dionigi, membro dell'Areòpago, una donna di nome Dàmaris e altri con loro.
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Prologo del vangelo di Giovanni parla del logos incarnato, che è un altro modo per affermare l’assoluto nella storia ossia il tutto in un frammento.
Il logos è luce che splende nelle tenebre. Questa luce è presente nella creazione e diventa storia.

--Mettere al centro la salvezza mediante la prassi di liberazione di salvezza che gli uomini sono capaci di fare.

La posizione del magistero è quella cristocentrica. L’azione universale dello Spirito Santo nell’enciclica di Giovanni Paolo II Redemptionis Donum
(25 marzo 1984) | Giovanni Paolo II (vatican.va) .27

NI________________________

-Volontà salvifica universale di Dio, “Dio vuole che tutti gli uomini siano salvati” (1 Tm 2,4);

-Mediazione cristologica, cap. 2 versetti 5-6 “Uno solo, infatti, è Dio e uno solo anche il mediatore fra Dio e gli uomini, l’uomo Cristo Gesù, che ha
dato sé stesso in riscatto per tutti”.

-necessità della fede (Ebrei 11, 6) << Senza la fede però è impossibile essergli graditi; chi infatti s'accosta a Dio deve credere che egli esiste e che
egli ricompensa coloro che lo cercano >> Dio si può trovare anche negli atei;

-necessità della Chiesa non più intesa in senso stretto ma che collabora all’opera di salvezza di Dio (Vaticano II “sacramento universale di salvezza”);

-riconoscere una qualche salvezza per le altre chiese;

Il dialogo con altre religioni non deve deludere la verità del cristianesimo altrimenti si svuota il dialogo stesso. Qui la questione è quella della salvezza
quindi rapporto e volto di Dio. Per noi il volto di Dio è incontrabile nel volto di Gesù Cristo.

E’ possibile riconoscere qualcosa di universale e assoluto del cristianesimo? Seconda obiezione: le verità assolute sono violente perché monoteismo
sarebbe violento. Come rispondere?

27
Redemptionis Donum (25 marzo 1984) | Giovanni Paolo II (vatican.va)
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Verità relativa nel senso di essere relativa a qualcosa, cioè verità data dalla relazione pag. 225 papa Benedetto XVI << il dio filosofico è
essenzialmente rapportato a sé stesso, in quanto è pensiero esclusivamente auto-contemplante. IL DIO DELLA FEDE, invece, è fondamentalmente
inquadrato nella categoria della relazione >> 28.

La verità cristiana è assoluta ma nel senso di un’assolutezza che è relazione. Non è mai senza relazione, ciò non è relativismo. L’amore che si dona.
Questa è la verità del cristianesimo. Ciò risponde all’obiezione etica. Un’assolutezza dell’amore.

Le grandi categorie acquisiscono un significato non in astratto o generalista ma in rapporto a Gesù.

28
J. RATZINGER, Introduzione al cristianesimo, Lezioni sul simbolismo apostolico, tr. It. Di E. Martinelli, Brescia 1986, 107-108
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Lezione 18/05/2022 Cap. IX FEDE E FIDUCIA Saltiamo cap. VIII perché già visto.

Noi crediamo che tutto è stato creato da Dio nello stesso tempo crediamo di avere qualcosa da offrire ad altri uomini di altre culture e religioni. Oggi
si mette in risalto che c’è una reciprocità. Ultimo principio è quello della redenzione che ricorda che nessuna espressione dell’uomo per quanto
grande ed elevata +è già cristianesimo. Quindi continuità e discontinuità, c’è Cristo che va al di là di tutte le espressioni culturali e religiose. Ci sono
questi incontri che ci possono aiutare a purificare la nostra fede. PAGG. 232-233 PRINCIPI DELLA TRASCENDENZA, DELL’INCARNAZIONE,
DELLO SCAMBIO VITALE e REDENZIONE, quindi ricordarsi questi principi di fondo può aiutarci ad impostare in modo corretto il confronto con
altre culture e religiose.

Un grande risultato della teologia post conciliare è stato quello della questione della fede che era rimasta in uno stato un po' acerbo. Ha messo in
connessione la fiducia esistenziale con la fede cristiana. LA FEDE COME STRUTTURA ANTROPOLOGICA, fede esistenziale. Nella nostra
cultura siamo abituati a pensare che l’uomo nasce ateo e poi decida eventualmente di convertirsi. Queste riflessioni hanno mostrato l’inverso cioè che
fa parte dell’uomo, fin dalla sua genesi, in particolare la scuola di Milano, es. Sequeri ecc., ha definito coscienza come credente. La coscienza
dell’uomo è strutturalmente credente. Che cosa aggiunge la fede cristiana di nuovo a questa fiducia esistenziale?

1. passaggio: la fede come struttura antropologica. I diversi credere es. credere come opinione oppure forma di sapere o credere nei rapporti
credo in te << all’inizio non è nell’azione né sapere. All’inizio è la fede >>. Ad esempio pag. 270 atti di fede continui senza i quali non
vivremmo. Studiosi psicologi, pedagogisti ecc. hanno mostrato che per lo sviluppo di una persona sana è importante che c’è questa fiducia di
base.
2. La fiducia è importante anche per la vita sociale, es. le Istituzioni.
3. La fede innanzi al senso complessivo della vita, l’uomo prima o poi si trova di fronte a questa domanda: esiste un senso ultimo? Queste
domande hanno a che fare con il discorso di Dio.

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FEDE E CONOSCENZA. A volte sono stati messi in contrapposizione, ricordare l’apologetica classica, come se fosse la fede qualcosa che entra in
campo quando la ragione si trovi al buio. La conoscenza umana. Abbiamo spesso come paradigma quello scientifico quasi una seconda natura.
Conoscenza di tipo scientifica è rivolta alle cose o al soggetto come oggetto di indagine. Non è però tutto il paradigma della conoscenza umana, infatti
c’è la conoscenza personale cioè del personale. Quest’ultima avviene per testimonianza, fede, riconoscimento. Quest’ultima è quella fondamentale.
Questa è la prima forma di conoscenza genetica.

Verità e libertà messi in contrapposizione dall’illuminismo. La verità viene pensata come qualcosa che precede la libertà umana. La conseguenza è la
dissoluzione della libertà, l’uomo pieno di condizionamenti. Da una parte deve riconoscersi incondizionatamente superata e dall’altra come discutibile
e questo porta all’eliminazione della responsabilità morale, io mi fondo da solo e non devo essere normato. La nostra cultura è profondamente segnata
dalla verità oggettiva e dall’altra è una cultura in cui la libertà si pretende assoluta. C’è una disarticolazione di verità e libertà. 3.06.22 trasc.

(La fede cristiana è per tutti). Nota 71 pag. 301. La fede cristiana è una ripresa della fede esistenziale che riconosce il nome del padre di Gesù Cristo.
Questa disarticolazione tra verità e coscienza nasce da una concezione dispotica della verità. Il secondo motivo è quello tra fede e ragione. Per
ristabilire questa convergenza di fede e ragione, verità e libertà nasce questa teoria della COSCIENZA CREDENTE come struttura antropologica,
cioè l’uomo fin dall’inizio è orientato alla fede e, quindi, apertura a un mistero di Dio. Conoscenza personale nel conoscere le persone. Qui è decisivo
il corpo con i suoi gesti. Il corpo può essere considerato qualcosa che rende presente il tutto della persona. Noi siamo il nostro corpo ma non siamo
solo, è un simbolo della persona che è la via della conoscenza per l’assoluto. La verità dell’assoluto non la possiamo conoscere con la ragione
scientifica ma è la verità in cui noi stessi siamo immersi. Soltanto così possiamo raggiungere la verità assoluta: attraverso qualche realtà a noi
accessibile che in qualche modo rende accessibile il tutto è il modo di conoscere la verità del tutto. Partendo dall’esperienza si può arrivare alla verità
ma non fermandosi all’esperienza stessa; evidenza (vuol dire qualcosa che appare a noi) storica (riferita ad un evento) –simbolica (questo dato anticipa
e rende possibile la verità del tutto). Ad esempio la persona umana di Gesù Cristo in cui si rende accessibile il verbo di Dio. Diversa è la verità
scientifica riferita ad oggetti. Questa evidenza richiede la libertà.

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Pag. 289 << la distinzione è giusta: fede e ragione non sono sinonimi, ed evocano profili distinti della coscienza e dell’atteggiarsi dell’uomo. Distinti,
ma integrati nell’unità originaria della coscienza appunto, e nella forma storica del sapere che riguarda la verità >>29. La coscienza è in quanto tale
credente, l’aggettivo credente è ciò che definisce la realtà della coscienza. Tra l’essere nella fede e avere fede, tutto il discorso sulla fede originaria.
Avere fede implica una scelta dell’uomo. L’aver fede è la decisione che la verità di tutto è in Gesù secondo quell’evidenzia simbolica.

Pag. 290 << la fede cristiana non è altra cosa rispetto alla fede necessaria in ogni caso per vivere, ma è la forma che tale fede assume a fronte della
rivelazione storica di Dio, e dunque della rivelazione cristologica, che manifesta pienamente la verità del destino dell’uomo >>. 30 C’è questa fede che
può diventare fede cristiana, in qualche modo rimane quella fede esistenziale perché riconosce in Gesù la verità di tutto. Nell’incontro con Gesù questa
fede può diventare fede cristiana. Il discorso cristiano tocca l’uomo nella sua profondità che viene portata a compimento con Gesù Cristo.

Differenza fede esistenziale e cristiana. La fede nell’incontro con la rivelazione di Gesù cristo può diventare fede in Gesù Cristo e questa fede porta a
compimento la fede esistenziale che è generica e indeterminata. Porta a compimento quello che tu hai già ma che non si esplicita in una relazione. La
fede cristiana apporta a quella esistenziale anche ciò che non è in grado di possedere autonomamente. Si tratta di un qualcosa che non possiamo
raggiungere da soli. Non dobbiamo dimenticare la discontinuità. La credibilità del cristianesimo è quella dell’automanifestazione di Dio.

Tre tesi.

1. La struttura originariamente teologica della conoscenza: se riconosciamo la coscienza come credente la riconosciamo aperta alla totalità del
reale. Nella coscienza c’è l’immagine e idea di Dio. Il fatto stesso dell’idea di Dio è qualcosa che c’è e che costituisce la coscienza.
L’interrogativo più profondo è l’esistenza di Dio;

29
P. Sequeri, IL DIO AFFIDABILE, 129
30
G. ANGELINI, Teologia fondamentale, Tradizione, Scrittura e Teoria, Milano 1999, 570
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2. Quali sono i criteri per riconoscere il vero volto di Dio, l’ideale della coscienza; giustizia e verità dove la prima indica come le cose devono
essere per sentirle come devono essere. Riconosciamo nella storia questa mancanza della giustizia. Questo volto di Dio deve riuscire a
rispondere a questa ricerca del giusto. Pag. 296 manuale << la questione della verità e della giustizia dell’essere si può porre seriamente solo
come questione teologica >>31.

3. Verità del cristianesimo. La verità di Gesù realizza quella coscienza credente. Credibilità non solo esterna o interna, quella decisiva è quella
interna che comprende le ragioni della fede a patire dalla rivelazione e i suoi contenuti. C’è una gradualità della verità del cristianesimo. Anche
all’interno del vangelo ci sono diversi livelli della fede, es. quelli che ricevono i miracoli ecc. La teologia spirituale vede le forme in cui si è
sviluppata la fede e le varie figure di santità.

31
P. SEQUERI, L’idea della fede, 211
64
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 F. Ceragioli, Desiderio e compito, lotta e dono. Dalla relazione di riconoscimento alla relazione della fede, in C. Cacciato –
R. Siboldi (ed.), Io credo. Noi crediamo. Il dinamismo dell’atto di fede, LEV, Città del Vaticano 2013, pp. 53-80

Al cuore dell’umanità c’è il riconoscimento all’interno di questa relazione di riconoscimento si può riconoscere la presenza di Dio ed è l’apertura alla
trascendenza di Dio che può irrompere. La vita dell’uomo è orientata alla relazione che può diventare di riconoscimento. Questo succede “quando io
sento che tu senti, che io sento” quando l’individuo si sente riconosciuto nelle sue emozioni e sente che l’altro capisce quello che lui sta sentendo, cd.
sintonizzazione affettiva, l’accesso al sé dell’altro e viceversa32.

Perché succede? Avviene un’espansione della coscienza, c’è un profondo senso di gioia che tendenzialmente stimola la fiducia. Emergono l’io e
l’altro.

Quando avviene? Quando tra i due, io e l’altro, quando c’è una sintonizzazione che giunge ad una dimensione di alterità, il terzo. Le relazioni duali
rischiano di deteriorare in conflitti mentre nell’alterità non succede ciò. Questa dimensione è fondamentale perché rende possibile il riconoscimento
e quest’ultimo rende possibile di accedere a questa terzietà. Al cuore della relazione, quindi del riconoscimento, c’è una dimensione trascendentale.
Questa è la struttura delle relazioni umane. Il vero riconoscimento è il dono e non con la forza che corrisponde al desiderio dell’uomo di essere
riconosciuto e di riconoscere. Il cristianesimo nasce dalle relazioni di Gesù con gli altri, relazioni di riconoscimento es. con la sammaritana.

32
La sintonizzazione affettiva – Riconoscere le emozioni – HD Psicologia (wordpress.com)
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Le verità storiche non possono avere pretese universali

 F. Ardusso, La teologia Fondamentale, in La fede provata, a cura di V. Danna e R. Repole, Effatà, Cantalupa (Torino) 2006; pp. 23-38

 P. Sequeri, La storia di Gesù e la rivelazione dell’Abbà-Dio, in Aa.Vv., Un invito alla teologia, Glossa-Fondazione Ambrosianeum, Milano
1998; pp. 137-149

 P. Caspani, Chi è Gesù, EDB, Bologna 2013

 F. Ceragioli, Desiderio e compito, lotta e dono. Dalla relazione di riconoscimento alla relazione della fede, in C. Cacciato – R. Siboldi (ed.), Io
credo. Noi crediamo. Il dinamismo dell’atto di fede, LEV, Città del Vaticano 2013, pp. 53-80

L’inculturazione è un’esigenza del cristianesimo, nasce dall’interno stesso del cristianesimo.

X esame portate i testi del Magistero;

I e II capitolo x Lumen Fidei;

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