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Nardìn

Teologia Sacramentaria – 2011

INIZIAZIONE CRISTIANA.

Nuovo Testamento
Nei vangeli non è descritta una prassi battesimale, ma è presente la terminologia. Essa può
eventualmente aiutarci ad individuare itinerari battesimali,
Marco 1,8: il battesimo in acqua e Spirito: il battesimo si svolge per immersione nello Spirito. I
paralleli di Lc e Mt aggiungono: “fuoco” per indicare il riferimento al giudizio escatologico. 10,38-
39: il battesimo e il calice di Gesù (la sua morte) sono nel futuro il battesimo e il martirio dei discepoli.
Fino a qui, dunque, mancano elementi di un cammino. Però è chiaro che il battesimo cristiano è
immersione nello Spirito, ha valenza escatologica ed è in rapporto alla morte di Gesù. Mc 16,15-18:
il mandato di battezzare in cui gli imperativi indicano un orizzonte assoluto: 15: andate, tutto,
predicate, ogni. 16: chi crede – battezzato (unico soggetto complementare, più che due azioni
successive) contro chi non crede. 17-18: nel mio nome (dunque è presente) c’è la guarigione con
segni evidenti e rilevanti: scaccia demoni (il regno c’è) lingue nuove (Spirito) prende in mano serpenti
(dominare il male) bere veleno senza danno (vita senza morte) malati guariti (Cristo è presente).
Questi tre momenti del deutero-finale marciano sono in correlazione diretta: credere, essere battezzato,
segni. Il battesimo, dunque, è manifestazione, non esaurendo, del credere, in cui si evidenziano
quattro momenti: cristologico (mio nome), pneumatologico (lingue) ecclesiologico (segni e annuncio)
antropologico (risorti, vita nuova, segni).
Matteo: in Matteo il riferimento al battesimo è sempre e solo a quello di Giovanni. Ma in 28,19:
comando di battezzare: “mi è stato dato il potere” (Gesù è Kyrios) “andate” (cristologia ed
ecclesiologia) “ammaestrate” in due modi “battezzate” (trinità) “insegnando” e poi c’è l’inclusione
cristologica “io sono con voi fino alla fine del mondo” indicando che battezzare e insegnare sono i
modi di tale presenza. Per Mt il battesimo è una tappa importante dell’iniziazione, ma non disgiunta
dall’insegnamento, che essendo dopo il battesimo indica la necessità dell’impegno.
Atti: luogo in cui Lc affronta la questione del battesimo. L’insieme dei riferimenti fa capire che Lc
abbia evidenziato alcuni dei tanti momenti battesimali secondo uno schema intenzionale. Così i primi
tre riferimenti sono: 3000 giudei a Gerusalemme (pentecoste), molti samaritani (Filippo) e l’etiope.
Suggerendo così uno spostamento da Gerusalemme al mondo.
Importanti i due battesimi riferiti a Pt che ci permettono di individuare uno schema di fondo:
Pietro a Pentecoste (Giudei) e Cornelio (Pagani):
1) Dono SS a Apostoli e lingue – Predicazione di Pt – Pentimento presenti – Battesimo – Vita
comunità
2) Azione SS su Pt e Cornelio – Predicazione di Pt – Venuta SS e lingue – Battesimo – Vita comunità
Perciò: SS prepara il cuore – Predicazione – SS agisce – Battesimo – Azione comunitaria
Da ciò è evidente che il Battesimo serve per inserirsi nella comunità. Ma tale adesione è automatica?
Il battesimo di Filippo e i samaritani aiuta a comprendere che non basta il battesimo per conferire lo
SS, ma c’è la necessità dell’imposizione delle mani degli Apostoli che permette il dono di Dio. I
Samaritani sperimentano comunque la gioia, come segno del battesimo, ma essa non è ancora la
pienezza profetica data dallo SS. Inoltre l’episodio di Simon Mago ci fa comprendere che nulla è
automatico o scontato.
È dunque evidente che per Atti vi è uno schema di iniziazione: agire di Dio – rito del battesimo
accompagnato da altri momenti – strumenti d’ingresso come la predicazione, lo SS, il dialogo
personale.
Paolo: 1 Cor 10,1-13 è il testo più importante autoriale in cui ricorre il verbo battezzare. In esso vi è
una visione tipologica tra il passaggio nel mar rosso-manna e acqua della roccia e il battesimo-
eucaristia: il cristiano rivive nella sua iniziazione l’esodo di Israele. Questo è il cammino costante
della vita cristiana. Ma non bastano i doni del deserto per salvarsi, come non bastano i sacramenti!

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Qui vediamo inoltre che battesimo ed eucaristia sono intimamente legati come un unico processo di
aggregazione da cui scaturisce la vita in Cristo.
1Pietro: Anche qui, come in Pl, il riferimento è all’AT e a Noè: le acque eliminano il male che prima
circondava e soffocava coloro che sono stati salvati nell’arca.

Per ricapitolare: nel NT manca una struttura precisa dell’iniziazione, è coinvolta la comunità intera,
chiamata alla missione verso gli altri, i segni sono manifestazione della Presenza di Dio e il battesimo
non è sufficiente per una vera adesione.

Padri della Chiesa


I PdC concepiscono l’IC attraverso tre momenti: catecumenato (preparazione previa), sacramenti
(battesimo, confermazione, eucaristia), mistagogia (preparazione successiva).
Catecumenato: tempo di noviziato pedagogico, di crescita di tutta la persona orientata in forma
radicalmente nuova verso Dio e la Chiesa. Storicamente è un’istituzione ecclesiale di tipo pastorale-
liturgico dalla fine del II al VII.
Fonti: Scritti canonici e liturgici (Traditio e Conc Elvira), catechesi battesimali pre e post (Ambrogio,
Cirillo, Crisostomo, Teodoro), scritti dottrinali (Ireneo, Tertulliano, Clemente), libri liturgici
(Gelasiano).
III secolo
Traditio di Ippolito: Descrive cinque fasi: Ingresso e primo esame con testimoni (padrini) che
dicono motivo della conversione, stato di vita, mestiere. Tre anni di lit.Parola. Elezione e secondo
esame su morale e giudizio de catechisti e padrini (quaresima). Periodo battesimale nella settimana
prima di Pasqua (digiuno). Riti d’iniziazione: giovedì abluzioni, ven-sab digiuno, veglia di preghiera,
canto del gallo: tolto satana, unzione, triplice credo con immersione, confermazione del vescovo e
comunione.
De baptismo di Tertulliano: è la più antica esposizione completa sul battesimo, prototipo per le
future catechesi mistagogiche e prolungamento della traditio. In essa è affermata una prassi liturgica
e una dottrina battesimale. Si richiede una accurata preparazione, almeno come quella dei culti ai
demoni. Perciò fin dall’inizio occorre una veloce istruzione su dottrina e morale insieme ad un esame
per entrare nello stato di catecumeno. Fede perfetta è requisito per il battesimo! È qui simile a Pelagio
e fa precedere la lex credendi alla orandi. Secondo lui noi siamo immersi non per porre fine ai peccati,
ma perché vi abbiamo messo fine e moralmente siamo già lavati. I primi capitoli parlano molto
dell’acqua e del fatto che in essa, come Cristo Ichtys, dobbiamo permanervi: essa è di poco conto,
perché ciò che conta è il fatto che in essa Dio opera. Il battesimo è seconda nascita, liberazione dal
diavolo (cristologia). Uscito dall’acqua il neofita trova la comunità quale madre della nova nativitas,
avendo sconfitto il male. C’è una concezione soteriologica dei diritti del demonio (fino ad Anselmo,
Cur Deus Homo) che in realtà sono falsi perché egli è mentitore. Ad ogni modo l’acqua non basta,
anche se per l’invocazione dello SS ha forza santificante: è necessaria l’acuqa, l’impegno e la fede.
Perciò occorre un giuramento, come il soldato dell’imperatore è assoldato con un signaculum
esteriore, così il cristiano lo è col signaculum fidei che è il battesimo.
L’elemento dell’acqua: fecondità (rigenerazione) acqua (spirito) creazione (battesimo), ma anche
distruzione (liberazione) acqua (spirito) creazione (battesimo): con essa viene indicata la distruzione
del peccato e la nuova creazione ad opera della Chiesa madre come figli di Dio.
Origene: la struttura è simile a quella di Ippolito, ma qui è contenutisticamente una rilettura attraverso
le prefigurazioni dell’AT: liberazione dall’Egitto (lasciare il paganesimo), attraversata nel deserto del
mar rosso (catecumenato), ingresso in Terra santa attraverso il Giordano (battesimo). Questo si può
fare grazie alle due interpretazioni: rudes (letterale) e perfecti (allegorica).
IV-V secolo. Fase decadente.
Si ha con la svolta costantiniana e l’editto di Teodosio del 380 in cui il cristianesimo diviene religione
di stato. Si ha un’ampia diffusione del cristianesimo e dunque del catecumenato che permette di essere

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riconosciuti civilmente. Inoltre si hanno le invasioni barbare che legano la conversione del capo alla
conversione di tutto il popolo: vi sono perciò battesimi di massa.
Ciò porta a ridurre il battesimo al solo periodo quaresimale e, tendenzialmente, a lasciarlo come
ultimo atto della vita, divenendo scadente. A ciò, però, si contrappone una raccolta eccellente di
catechesi, dovuta a ottimi vescovi che così tentano di supplire alla riduzione del catecumenato.
V-VI secolo.
Continua la decadenza con l’aumento dei pedobattesimi, dovuta alla precarietà della situazione e
dunque ad un’alta mortalità. Ciò porta a dover pensare a nuovi momenti oltre la Pasqua in cui
battezzare. Ma com’è possibile dare un sacramento che è a conferma della fede? L’aspetto positivo è
il fatto che il catecumenato lo fanno i genitori in nome del bambino. In tal senso diventa essenziale
la parentela spirituale.
VII-IX secolo. Alto medioevo.
Carlo Magno impone alla Chiesa una uniformità liturgica romana. In tal senso sono importanti il
sacramentario Gelasiano (VIII) e le inchieste ai metropoliti sul modus celebrandi. Si evidenzia che
fino al XII secolo i sacramentari avevano una celebrazione unitaria dei sacramenti delliniziazione.
Ma in realtà, nel tempo, comincia a scindersi tale unità. Il primo sacramento a slegarsi è la
confermazione per tre motivi: il catecumenato è ormai in decadenza, il battesimo è amministrato da
sacerdoti e l’unzione non è ritenuta necessaria in ordine alla salvezza. Inoltre il battesimo è percepito
più per gli aspetti laici che non per i religiosi (Christianitas è civile ed ecclesiastica società insieme).

Per ricapitolare: il CA permette alla Chiesa di manifestare ciò che essa è in concreto. Ma oltre ad
accogliere persone nuove, ma Chiesa da esse viene anche mutata in una interazione feconda. Il CA è
inteso come iniziazione alla storia della salvezza tra Dio e Satana: il catecumeno entra nel mistero di
Dio perché egli è amore. Il Ca introduce anche alla comunità di salvezza: i Padri sono attenti più che
al singolo, al popolo di Dio impegnato nella via della salvezza che dunque può sostenere i propri
membri: un corpo di penitenti in preghiera reciproca. Il battesimo è il sacramento della fede:
christianus è anche il catecumeno, ma per accedere al battesimo occorre aprirsi alla conversione e
alla fede. Esso può essere dilazionato finché la Chiesa lo ritiene. Ma una volta amministrato esso
diviene dimensione permanente della vita ecclesiale. Il CA è anche espressione vitale della Chiesa
che genera divenendo madre (non esiste madre senza figli). Ed espressione della paternità spirituale
di Dio padre che invia il Cristo sposo, che è rappresentato sacramentalmente dall’Episcopo ministro;
ma tale paternità è anche garantita dai padrini e dai catechisti: Cristo e Chiesa, perciò, si uniscono per
generare nuovi figli.
L’obiettivo è entrare nella Chiesa attraverso i sacramenti che aprono ad una vita nuova, alla missione,
alla crescita di fede e al cambiamento di vita.
Esso è costituito a tappe: kerygma, catecumenato, quaresima, settimana pasquale: un cammino
esperienziale di conversione del cuore in cui catechesi, liturgia e ascesi sono i punti fondamentali.

Concilio Vaticano II
Iniziazione è in eo: entrare dentro, e indica i riti attraverso i quali si entra nell’associazione misterica,
per cui alla fine del processo l’iniziato è un essere trasformato.
Oggi si conoscono diversi tipi di iniziazione: riti di pubertà, società segreta, vocazione mistica: in
tutti e tre vi è una morte e una rinascita, perché non si può modificare uno stato senza abolire il
precedente.
Il CVII parla esplicitamente dei tre sacramenti dell’iniziazione cristiana che hanno unità intrinseca e
che hanno portato all’Ordo initiationis christianae adultorum (72 e 78). Perciò solo in secondo tempo
questa iniziazione viene a includere il catecumenato.
In prospettiva teologia abbiamo: catechesi, catecumenato, vita cristiana. Cronologica, invece: iniziati
verso i sacramenti e iniziati dai sacramenti: catechesi, catecumenato, liturgia, mistagogia, vita
cristiana, secondo lo schema: l.credendi, nuntiandi, orandi, credendi, nuntiandi.

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Se questo vale per gli adulti, per i bambini, invece, il rischio è quello di vedere i sacramenti
strumentalmente come riti di passaggio dello sviluppo.
Invece la natura dell’iniziazione cristiana è quella della fede e dei sacramenti: il contenuto
dell’iniziazione è uno solo: il mistero pasquale di Cristo che muore e risorge. E ciò in accezione
fortemente comunitaria.
Occorre ad ogni modo evitare di considerare l’iniziazione solo come i tre sacramenti (aspetto
oggettivo): essa è anche iniziazione cosciente e progressiva della fede.
La ragione dell’iniziazione ha vari motivi: antropologicamente l’uomo non è un essere isolato e
mediante i riti viene introdotto nella comunità. Inoltre la realtà cristiana ha per esigenza propria la
necessità di una iniziazione: Dio si è rivelato in modo progressivo secondo una pedagogia divina,
perché la fede non è una eredità o un’automatismo.
Il fatto di aver introdotto l’iniziazione ha portato a sette conseguenze a livello di ricomprensione dei
sacramenti: interdipendenza dei sacramenti con la fede, unità dei tre sacramenti, non si nasce cristiani
ma lo si diventa, non si è improvvisamente cristiani ma progressivamente, non si diventa cristiani
isolatamente ma entro una comunità, non si diventa cristiani con il solo proprio impegno ma anche
con l’apporto della comunità, non si è mai perfetti ma sempre in cammino.
Oggi esistono due modelli rituali. Uno per bambini (69) che distanzia nel tempo i sacramenti pur
connettendoli in unità, nell’ordine: battesimo, cresima, eucaristia, anche se poi la prassi pastorale li
ha modificati. E il modello per gli adulti, il cui riferimento è Ippolito.. Esso è costituito da quattro
tempi forti e tre gradi: Precatecumenato (primo approccio, senza forzature), I passaggio per fare un
catecumeno, Catecumenato (catechesi per la conversione e la fede, non per i sacramenti), II Elezione
della Chiesa, Purificazione ed illuminazione (incontri di preghiera per liberare dal male), III riti
sacramentali nella notte di Pasqua, Mistagogia (aiutare il neofito a prendere coscienza del mistero
che è in lui.
C’è il pregio di unire l’iniziazione, scandita da tre gradi forti dei momenti rituali, alla Pasqua.

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BATTESIMO.
Esso è il preludio della vita cristiana: la conversione a Gesù è ad esso legata fin dall’inizio. Con esso
si costruisce la chiesa e ciò trascendendo le barriere confessionali. Non è la fede del ministro o del
destinatario, ma l’assicurazione stessa di Dio, che non è legato alla nostra coscienza o spiegazione.
Ma cosa c’entra un’aspersione con il rapporto che l’uomo intrattiene con Dio? Non basta dichiarare
di voler entrare nella chiesa?

Antico Testamento
Simbolismo dell’acqua: è visto negativamente come segno di morte: Dio permette la vita ponendo un
limite alle acque, in esse vi sono i mostri marini, Israele si salva dall’acqua e nella nuova creazione
l’acqua non ci sarà.
Ma è anche visto positivamente come vita: è un bene per la creazione, scaturisce dalla roccia nel
deserto, rende gli alberi fruttuosi, si è anelanti dei costi d’acqua.
E ancora positivamente come purificazione: Naaman è purificato dalla lebbra, chi è impuro deve
lavarsi per rientrare nella comunità, con l’acqua si avrà un cuore nuovo e il dono dello SS (Ez). In tal
senso la purificazione può essere fisica (malatttia) cultuale (sangue) morale (peccato.

Abluzioni: per chi è culturalmente impuro e per chi compie riti di purificazione (vasche vicino alle
Sinagoghe). Questo tipo di pratica veniva ripetuto tutte le volte che si riteneva utile.

Battesimo dei proseliti: veniva fatto una volta per entrare nel popolo.

Battesimo di Giovanni: amministrato, perciò non segno della sola propria volontà, ma anche dono
di salvezza, una volta, riprende i bagni rituali però in chiave profetico-etica. Questo battesimo è molto
importante per la comunità cristiana delle origini, perché Gesù chiese che gli venisse amministrato.

Nuovo Testamento
Sinottici e Atti: è una realtà fina dall’inizio presente. Ma quale la concezione?
Fin dagli inizi: Pietro a Pentecoste, Filippo in Samaria, battesimo di Saulo, 1 Cor 12,13 suppone che
la comunità sia già stata battezzata.
Continuità e discontinuità con il giudaismo, nel quale il battesimo cristiano si inquadra senza
confondersi: Qumran: era solo per i privilegiati; Proseliti: auto battesimo e solo per pagani; Battista.
Il battesimo cristiano è: amministrato “nel” nome di Gesù: lui solo conferisce fondamento e fine al
battesimo: da lui discende la salvezza e col battesimo si stabilisce con lui un nuovo rapporto.
Il battesimo inoltre suppone già il Cristo predicato e creduto secondo la sequenza temporale:
predicazione, fede, battesimo. Dunque, l.orandi è anche l.credendi: il Cristo predicato è il Cristo
creduto, come necessità per ricevere il battesimo. Ciò lo si capisce per esempio a Cesarea dove pur
avendo ricevuto lo SS, Pietro comunque poi passò ad amministrare il battesimo.
Il battesimo infine opera la remissione dei peccati e comunica lo SS. At 2,38.

La chiesa post-pasquale ha iniziato da subito a battezzare per due motivi: lo chiede Gesù e Gesù
stesso si è fatto battezzare. Il modo però è da subito diverso: dona salvezza, è nel nome, si lega alla
Pasqua.
Mt 28,19s: verso l’80: andate e battezzate nel nome della Trinità (apax). La didachè conosce anche
la formula degli altri vangeli. Mc 16,15s: verso il 150: è ancora gesuana.
Ad ogni modo tutti i testi sono conformi nel dire che il battesimo è direttamente collegato a Gesù.
Inoltre, il battesimo di Giovanni è decisivo, perché esso è riletto con caratteri post-pasquali: Gesù è
riconosciuto come Figlio e lo Spirito si posa su di lui. La grande novità, però, ora è il fatto che sia
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amministrato nel nome. Inoltre, se per Giovanni il battesimo era il segno di un giudizio imminente,
per la comunità primitiva, la risurrezione di Gesù era letta come momento escatologico decisivo.
È dunque evidente da tutto ciò che se vi sono tracce che rimandano alla vita di Gesù prima della
Pasqua, ora però esse vengono rilette dalla professione di fede nella risurrezione.

Paolo:
Per Paolo il battesimo suppone il kerigma e la fede: lex orandi e lex credendi. Inoltre il battesimo è
inizio della nuova fondamentale relazione con Cristo. Lo si capisce dall’uso di “sun” con-morire con-
risorgere. E di “in” Cristo, che indica una intima unione (a differenza di atti in cui c’è “nel nome”.
Da tale nuova relazione si origina: remissione dei peccati, dono dello SS e nuovo popolo.
Nella predicazione pre-paolina il concetto della salvezza nella morte e risurrezione e l’idea di
battesimo come inserimento nella salvezza erano separati e giustapposti. Pl unisce intimamente queste
due concezioni attraverso il simbolismo dell’immersione-emersione di Rm 6,1-11: siamo inseriti
nella morte (comunione profonda con il crocifisso) e nella resurrezione (camminiamo nella vita nuova,
rivestiti di Cristo. Ci saremmo aspettati con-risorti- aspetto ontologico, invece abbiamo “camminiamo
in” per indicare oltre all’aspetto ontologico, anche quello esistenziale, perché se è vero che siamo
stati salvati, ora dobbiamo comunque portare a compimento la nostra trasformazione). Allora morte-
risurrezione significano la liberazione dal peccato, perché morti alla legge, ora viviamo sotto la grazia.
Morte-risurrezione è dunque evento causativo della remissione dei peccati (ora lui vive in noi, rivestiti
di Cristo) e del dono dello SS che ci costituisce un solo corpo e forma dunque la comunità.
Infine per Pl è importante il rapporto tra fede-battesimo: la prima prepara (credendi-orandi), suppone
e approfondisce il battesimo e nasce e si alimenta da esso (orandi-credendi).

Paralleli religionistici: cosa distingue i culti misterici dal battesimo cristiano?


Corso naturale nascere morire – privo di storia – ultraterreno – salvezza in modo magico – contenuti
labili – coinvolgenti.
Vita Gesù – svolta storica fondamentale – su questa terra – salvezza sacramentalmente – precisa
confessione semplicità.
Le distinzioni sono dovute al fatto che l’identità cristiana è specifica, avendo come idea di fondo la
fede nel Risorto.

Giovanni:
3,1-15: Gesù dice “rinascere dall’alto” (Dio pone le condizioni) “dall’acqua e dallo Spirito”
(compimento dell’AT, lo SS trasforma l’uomo e permette di seguire la legge) “dal seno materno”
(espressione della misericordia).
1 Gv 5,6-8: non è direttamente battesimale ma parla di due eventi storici di Gesù: battesimo e morte,
che ricapitolando la sua vita la pongono tutta nell’ottica della redenzione. Gesù è venuto con acqua
(battesimo) e sangue (morte). Ma anche se questi due eventi sono testimoni della vita redentiva di
Gesù, immediatamente creano scandalo. È solo con lo Spirito che si giunge alla verità: infatti (verso
7) vi sono tre testimoni: acqua (battesimo) sangue (eucaristia) e questi due sacramenti sono vie
permanenti dello Spirito. Che siano i sacramenti lo capiamo dall’uso di “eisin”, perciò del fatto che
acqua e fuoco sono permanenti.
Per Gv dunque il battesimo causa la nostra rinascita, testimonia l’opera redentrice di Gesù e l’opera
che lo SS rende a Gesù, perché il tutto è sotto l’aspetto pneumatico che in Paolo (più cristologico) è
sfuocato.

È evidente da tutto ciò che nel NT la prospettiva è squisitamente cristocentrica: salvi “in” e istituito
“da”.
Ma la prospettiva trinitaria, è dunque assente?
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Trinità nel NT: ci sono alcuni passi molto espliciti.


È chiaro, però, che quando Lc parla di “nel nome di Gesù”, tale battesimo non può che essere ricevuto
soltanto nella fede in Dio Padre, il cui Figlio Gesù viene confessato per fede (Romani 1,3-4), perché
soltanto partendo dal Padre si può capire chi fu Gesù prima-dopo Pasqua.
Così si capisce che non c’è una tensione cristologico-trinitaria, ma una semplice evidenza in alcuni
luoghi maggiore che in altri. Del resto Mt 28 è esplicito nell’affermare che il comando di Cristo è
trinitario.
La patristica va in questa stessa direzione.

Padri e ME
La cristologia e la trinitaria nei Padri ha momenti di minore evidenza (in Ambrogio si parla ancora in
termini cristologici) e di maggiore: prime controversie trinitarie IV sec e ad Arles si afferma che solo
la formula trinitaria è valida.

Didaché: in essa i due orizzonti crist-trin sono giustapposti, rendendo difficile capire il rapporto tra
la fede e la formula utilizzata. Si afferma che si è battezzati trinitariamente, ma non con quale formula;
altri accenni alla trinità sono la professione di fede e la triplice aspersione. Ma quando si parla
dell’eucaristia si afferma che ad essa accedono solo i battezzati “nel nome del Signore”.
Giustino: è invece solo trinitario. È la prima testimonianza diretta del fatto che si è battezzati “nel
nome di Dio”. Si tratta però di una formula che lui ricava dalla tradizione, dal momento che Spirito
Santo non affiora mai nello stesso contesto in altri suoi scritti.
Traditio di Ippolito: anche qui è solo trinitario, addirittura tutto il rito e l’intera vita cristiana
sarebbero sotto il segno trinitario.
Ambrogio: De S sancto: leggendo lui capiamo che il problema non è ancora stato risorto all’inizio
del IV secolo, tanto che “chi è stato battezzato nel nome di Gesù” non deve essere ribattezzato se in
esso si comprendono le tre persone. Ma chi è battezzato così, ormai va bene.

Da qui nascono diverse teorie di pensiero che prenderanno piede nel ME: il battesimo nel nome di
Gesù è valido sempre, è stato valido per il privilegio degli apostoli, non è mai stato valido.

“Nel nome di Gesù”


Ugo di san Vittore: è valido sempre, perché è la fede nel Dio trinitario che conta e la formula è
secondaria (forma è diverso da formula).
Gilberto: mai valido, perché si contrappone all’esplicito comando di Mt 28 ed è più importante il
principio di autorità (forma=formula).
Tommaso: ST IIIq66: è stato valido. La causa efficiente principale è Dio Trinità, la strumentale è il
ministro. “Io ti battezzo” “in nome P, F, SS”. Dunque la forma è anche causa formale e dunque causa
del sacramento e perciò deve corrispondere alla formula.
Se gli Apostoli hanno battezzato diversamente, è perché avevano uno speciale e limitato privilegio.

È dunque evidente che la “forma trinitaria” nei Padri è data da tre domande, professioni e immersioni,
mentre nella Scolastica dall’identità con la formula: P, F, SS.

Cosa garantisce l’effetto: importanti per capire sono le questioni sorte con gli eretici.
Anzitutto Agostino: ciò che da senso e sostanza è la fede che si articola in modi differenti. È evidente
che nel caso in cui un testo non riveli alcuno sfondo trinitario (nemmeno implicito) tali testi non sono
idonei. Ad ogni modo la Chiesa ha il potere di fissare in modo normativo la formula.

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Ma lo stato del ministro conta? O solo l’azione di Dio? Nella disputa sugli eretici ci sono posizioni
diverse.
Cipriano vorrebbe che il battesimo venisse ripetuto. Gli eretici sono peccatori che dunque non hanno
lo SS e perciò non possono darlo: extra ecclesia nulla salus, anche se pronunciassero giusta la formula.
Stefano I, invece, afferma che non si debba ripete: basta una penitenza e l’imposizione delle mani
del vescovo per indicare la piena comunione con lui. Per lui chi realizza gli effetti è Cristo stesso, non
la santità del ministro. Così sia a Costantinopoli che a Treno si stabilità che le disposizioni del ministro
e del destinatario non sono essenziali e non c’è bisogno di ribattezzare.

Agostino chiarisce meglio la questione, distinguendo validità e fruttuosità.


È valido se: forma trinitaria, da un cristiano o anche da e in un eretico (è sempre dono di Dio).
È fruttuoso se l’eretico rinuncia agli errori (la fruttuosità non è mai automatismo).
Il battesimo è unione perfetta con Cristo e, per lui, con la Trinità (non si ripeta!): il carattere è
indipendente dallo stato di grazia e perciò si imprime anche negli eretici. Ma, del resto, esso non si
perde mai, nemmeno in peccato mortale.
Perciò un battesimo correttamente amministrato appartiene a Cristo e alla sua sposa.
Occorre, per la fruttuosità, la conversione: per questo ad un bambino che non giunga alla fede, il
battesimo non serve a nulla.
Infine :se il battesimo possa essere amministrato anche da un non cristiano: Agostino rimanda la cosa
ad un concilio.

Innocenzo III: afferma che per il battesimo occorre la libertà della persona: se essa non vuole, è
invalido, se non vuole, ma acconsente esso è valido. Lettera al vescovo di Arles 1201.

Scolastica
Se i Padri avevano problemi pastorali ed esterni (eresie) da risolvere, nel XIII la prospettiva è
accademia: nasce l’università: sistematica (Summa) scientifica (Aristotele: causa e ilomorfismo).

Tommaso: ST IIIqq66-72.
A differenza di Bonaventura che assume la prospettiva della promessa e dunque parte dal sacramento
(segno per ricordare a Dio tale promessa), Dio, uomo, invece Tommaso ricorre al concetto di causa
strumentale: Dio, sacramento, uomo.
Tommaso ha una impostazione sequenziale che va dal Sacramentum Tantum (segno esterno, gli
strumenti dell’acqua e la formula di aspersione che svaniscono dopo l’amministrazione) – Res et
Sacramentum (l’effetto intermedio e permanente che è il carattere) – Res Sacramenti (il fine ultimo,
l’effetto di grazia giustificante e santificante che rimane come gratia habitualis, ma che si può anche
perdere).

Se il primo deriva da Agostino, il secondo e terzo derivano dal Damasceno De fide orthodoxa: la
fede non è necessaria per il sigillum, cioè la custodia dell’anima per il bene, ma è necessaria per la
rigeneratio et illuminatio, cioè la vita nuova.

Tommaso dice che la causa efficiente è la formula, mentre strumentale è il ministro ed entrambe
rientrano nella formula trinitaria. Il ministro del resto è strumento di Cristo che non battezza in forma
propria e questo ci fa capire che chiunque è in grado di battezzare, anche un pagano se ha però
intenzione di fare ciò che la chiesa fa e rispetta la formula.

Inoltre, l’iniziazione è necessaria per la salvezza: però esiste anche il battesimo di desiderio. Ad ogni
modo non bisogna differire il battesimo dei bambini, mentre bisogna aspettare per amministrare

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quello degli adulti. Per questi ultimi è necessario il catecumenato (conoscere la fede) e la liturgia (la
veglia di Pasqua), essendo necessaria la fede per essere battezzati.

Gli effetti sono: liberazione dal peccato (pena e colpe), incorporazione a Cristo e al suo corpo la
Chiesa, illuminazione nella verità e per il bene agire, la rigenerazione. Il battesimo è dunque il
fondamento di una vita morale e spirituale.

Tommaso sul battesimo è molto chiaro, preciso, è riferimento per i posteri, evidenzia la divisione tra
i sacramenti dell’iniziazione.

Firenze: 1439
Riprende Tommaso e da organicità ai sacramenti.
Il battesimo è definito come porta della vita spirituale, incorpora a Cristo e Chiesa, permette l’accesso
al regno.
La materia: acqua. Forma: I o III persona o anche deprecativa (io, è battezza, sia).
Causa: principale: Trinità; strumentale: ministro (ordinario e straordinario).
Effetti: tolta la colpa originale, tolte le colpe attuali, tolte le pene.
Anche qui i sacramenti dell’iniziazione sono isolati, per cui per esempio nel Pont.Romano l’eucaristia
è spostata all’età di ragione.
Tutto ciò è confermato anche a Trento.

Trento e Lutero
Il concilio non ha a tema un capitolo sulla questione, ma si limita, in diversi passaggi, a rigettare le
tesi di Lutero: affermando che è un vero sacramento in cui la fede è importante.
I temi in cui viene trattato sono: peccato originale, giustificazione, settenario, penitenza. Inoltre ci
sono 14 canoni.
1 diverso rito dal Battista 2 rinascita non simbolica, ma reale 3 Ch ha dottrina esatta 4 anche un eretico
battezza 5 necessità del battesimo 6-10 non sono perdonati i peccati futuri 11-13 unicità del battesimo
14 contro Erasmo: adulti battezzati da piccoli sono comunque tenuti a vivere come tutti gli altri
cristiani.
Il canone 6 è sulla giustificazione: sacramenti sono necessari, contengono la grazia, non sono solo
segni esteriori, per la grazia non basta la sola fede.

La questione è affrontata da Lutero in merito al peccato originale.


Per la cattolicità il battesimo toglie ogni macchia ed è necessario per i bambini perché ad essi si
applica lo stesso merito di Cristo. Inoltre rimane sì la concupiscenza, ma essa non è peccato, piuttosto
una prova.
Si tratta di un passaggio dalla nascita da Adamo, alla figliolanza divina per mezzo di Cristo e
necessario è il lavacro di rigenerazione. Non è solo un togliere i peccati, ma è essere santificati dalla
grazia e ricevere i suoi doni: diventare giusti. Vi è certo una grazia preveniente, ma occorre anche
prepararsi con la penitenza e la volontà di ricevere il battesimo.
Le cause della giustificazione sono: grazia di Dio e vita eterna (finale), misericordia e SS (efficiente),
passione di Cristo (meritoria) battesimo (strumentale).

Per Lutero, invece, si ha giustificazione: si tratta di una semplice remissione del peccato come atto
giuridico, per cui il battezzato rimane comunque peccatore: peccator in re, iustus in spe. E ciò che
giustifica è la fede (soggetto che crede che Dio ci salva) non il sacramento (ex opere operatum è
magia) che però è aggiunto da Dio per la fede.

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Prof. Nardìn

La dottrina di Trento non è né originale (Tommaso) né sistematico-organica (contro la riforma). Qui


non si analizza il Battesimo in relazione all’iniziazione cristiana, ma solo in riferimento al peccato
originale e alla giustificazione. Eppure si ebbe un rinnovo della pastorale: Rituale Romano Paolo V
1604: battesimo venga fatto subito. Il catecumenato non è più richiesto. Catech. romano 1566:7 anni
confermazione, 11 I eucaristia

Età contemporanea e Vaticano II


Nel 900 sorge il problema se il battesimo sia da legare alle celebrazioni misteriche o sia
prolungamento di Giovanni. Per quanto le radici culturali siano affini, è chiaro dagli studi che fin
dall’inizio il battesimo cristiano è in rapporto alla professione di fede nel risorto ed al conferimento
dello SS.
Un secondo problema è legato al rapporto fede-battesimo, soprattutto riguardo ai bambini. Barth:
sarebbe una defezione dal cristianesimo apostolico. Ma per la chiesa, il battesimo è consacrazione e
con esso il battezzato riceve una importante dignità. Un terzo problema la necessità per la salvezza e,
quarto, una visione più personalistica.

Il Vaticano II inserisce la riflessione sul battesimo soprattutto nella LG indicando due prospettive che
necessariamente devono andare insieme: cristologia (uniti alla Pasqua, conformati a Cristo, adozione
a figli in SS, adoratori del Padre) ed ecclesiologia (inseriti nella Chiesa, popolo di Dio, chiesa grembo,
sacerdozio battesimale, importanza del laicato, tutti chiamati alla santità, nuovo catecumenato,
aspetto ecumenico).

Precisazioni sistematiche
Incorporazione nella Chiesa: la neoscolastica ha accentuato l’individualismo battesimale,
sottolineando la giustificazione, il carattere, il rapporto stringente con cristo.
Oggi, invece, si tende a sottolineare anche l’aspetto ecclesiologico, partendo dal fatto che la Chiesa è
sacramento originario. Per Rahner il soggetto della salvezza è sempre il popolo di Dio cui l’individuo
può partecipare. Il primo effetto è il rapporto con la chiesa. mentre per la scolastica il primo effetto
era il carattere battesimale in quanto res et sacramentum. Del resto chi non è battezzato non può
accedere a nessun altro sacramento! La chiesa non è una associazione di persone, ma un popolo di
convocati, unificato sotto lo Spirito. Cristo raduna la Chiesa nel battesimo: non è un ingresso, ma una
accoglienza. Per questo i ministri ordinari sono i sacerdoti (tranne nel battesimo di necessità, allora
anche pagani).
L’unità prodotta fa passare in secondo piano tutto ciò che è divisione. Non è un appiattimento, ma fra
tutti vige una vera uguaglianza quanto alla dignità e al compito dell’edificazione del corpo di Cristo,
creando comunione. Per questo le molte chiese deformano l’unità che il battesimo costituisce ed è
dovere irrinunciabile di ogni battezzato porvi rimedio.
LG: subsistit nella chiesa cattolica governata dal successore di Pietro e dai vescovi in comunione con
lui: essa dunque non si esaurisce nella chiesa cattolica. Infatti il battesimo inserisce nella comunione
dell’unica chiesa universale di Cristo, che si può trovare con diverso spessore e differenti gradi di
autenticità anche in altre comunità ecclesiali. Questo significa che non è possibile fare battesimi
ecumenici, dal momento che il battesimo stabilisce con la comunità una relazione. Il battezzato,
dunque, è chiamato a partecipare dell’intera missione della chiesa, testimone e strumento vivo, non
supporto. E ciò all’interno (costruzione) e all’esterno (missione). La distinzione si ha solo alla luce
delle specifiche vocazioni che però non sono escludenti, ma sono sottolineature.

Evento trinitario: l’incorporazione è comunione con il crocifisso risorto, perché la Chiesa ne è il


corpo. Si è messi al seguito di Cristo, non solo in senso morale ed etico. Lo SS infatti dona la capacità
di credere in Gesù. E ciò ci mette in relazione al Padre, rendendoci capaci di amarlo, insieme al

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Prof. Nardìn

comando dell’amare i fratelli. L’origine di tutto ciò è il Padre, il cammino è il Figlio, la guida lo SS:
perciò nel battesimo siamo accolti nel mistero trinitario.

Giustificazione: è misericordia, è essere ricreati. La nuova creazione è titolare dell’eredità di Cristo.


È essere dichiarati giusti: il battezzato è liberato dall’isolante chiusura in se stesso: muore al peccato
e vive in grazia.

Necessità per la salvezza: Pt a Gerusalemme parla dell’inscindibilità di fede e battesimo come vie
salvifiche per il cristiano (non però esclusive). Gv invece, sotto l’azione dello Spirito, afferma che il
passaggio è dalla fede, al battesimo, la rigenerazione e la salvezza.
È evidente che per coloro che non fanno parte della chiesa, la fede in cristo e il battesimo diventano
impostanti per la salvezza, nella misura in cui li percepistono effettivamente come tali e li accettano
o rifiutano. Ad ogni modo, nessuno può andare al Padre se non per mezzo di Cristo.
Il CVII distingue tra chi accetta Cristo consapevolmente e chi è “di buona volontà”, ma non
incorporato formalmente. In tal senso sono apprezzati gli sforzi delle altre religioni non cristiane:
sono espressione delle vie di salvezza, doni di grazia in vista dell’unica fede in Cristo.
Oggi ci sono due posizioni in contrapposizione: Lefebvre: fede e battesimo non sono posti in modo
sufficientemente esplicito come necessaria condizione secondo la radicalità evangelica. Progressisti:
abbandonare l’assolutismo cristologico: Dio ha parlato attraverso Gesù effettivamente, ma non
necessariamente. La chiave di risposta è Cristo stesso: egli è la presenza di Dio, singolre e insuperabile
e perciò escatologica (Pl insiste l’ora, l’adesso). Il nome di Dio non può essere dissociato dalla
concretezza della storia di Cristo. Infatti, anche l’azione dello Spirito si capisce nella fede in Cristo:
Dio nella Bibbia opera attraverso persone concrete, ma che si ricapitolano nella storia di Gesù.

Sacramento della fede: può ricevere il battesimo chiunque abbia un corretto atteggiamento di fede,
i limiti sono: sia in vita, non sia ancora battezzato (è definitivo inserimento in Cristo, il peccato non
compromette il sì di dio, è una volta per tutte segno della redenzione), sia un credenza (non esiste
battesimo senza fede). Per la scolastica la fede è forma, se privo di fede, il sacramento è vuoto e
inefficace.
Esistono però anche il battesimo di sangue e di desiderio.

Battesimo dei bambini: tradizione solida e ininterrotta già dall’anno 200 (Ippolito, Tertulliano che
però è contrario perché non c’è piena capacità decisionale, Origene favorevole perché ogni creatura
umana ne ha bisogno, Agostino perché non muoiano nel peccato). Ci fu una crisi nel IV perché molti
volevano morire nell’innocenza battesimale. Ma in questo periodo c’è anche forte motivazione
pastorale perché i bambini siano battezzati: Agostino: l’efficacia è solo in Cristo e viene tolto il
peccato originale.
Di contro ci sono Tertulliano, valdesi e battisti, Barth: non c’è capacità cognitiva, fede, penitenza, le
famiglie non vivono in contesti di fede, non c’è in NT.
Ma ci sono due argomenti decisivi: Convenienza e antropologico: il battesimo per alcuni limita
nell’individuo le possibilità di organizzare la propria vita secondo liberi valori, ma è anche vero che
tutta l’esistenza umana è sotto decisioni non prese da noi: l’essere umano non è chiamato a scegliere
su interventi formativi e valori fondamentali che poi lo connoteranno per sempre!
Teologico: è un atto di grazia, Dio ci lega a Cristo e ci assicura lo SS, rendendoci in modo manifesto
figli. Si mostra misericordioso e la vita del bimbo ne sarà per sempre segnata. Del resto battesimo e
fede sono opera di Dio: dobbiamo attendere entrambe da lui. La Chiesa, infine non è una alleanza.,
ma unione dei credenti, perciò il battesimo va sempre riferito al “noi” dei fedeli: il piccolo è inserito
nella comunità naturale della famiglia e allo stesso modo nella comunione di vita soprannaturale. Il
legame con i genitori fa sì che i figli vivano responsabilmente il battesimo: non si può negare a uno
la grazia della comunità come non gli si nega l’amore dei genitori.
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Prof. Nardìn

Teologia Sacramentaria – 2011

CONFERMAZIONE.
La critica fondamentale riguarda il nesso originario che esisteva tra battesimo e cresima, distinguendo
i quali si eliminerebbe ogni riferimento alla volontà di Cristo. Ma qual è il suo contenuto?
È accessorio al battesimo? Quale valore teologicamente? Non è riconosciuto dai protestanti o al più
è visto come un battesimo dello Spirito. A quale età?

Nuovo Testamento
Paolo: il sacramento fondamentale è il battesimo che diventa efficace mediante e nello Spirito. In
particolare
la 1 Cor 6.12, Ef 1 e Tt 3. Ma soprattutto 2 Cor 1,21-22: testo trinitario: è Dio stesso che conferma
(in Cristo), conferisce (unzione), imprime (sigillo), da la caparra (Spirito). Giovanni 3,5: rigenerati
dall’acqua e dallo Spirito.
È evidente che per Pl e Gv c’è stretto legame tra il battesimo e il dono dello Spirito.
In Pl fondamentale sono le due immagini di “ungere” e “suggellare”. Unzione richiama i sacerdoti
dell’antica alleanza, il re Davide, l’Unto di Dio: è comunicazione dello Spirito. Suggellare invece
indica l’accoglienza di Dio (predilezione) e l’appartenenza a Dio (proprietà) e perciò è connesso
all’idea di salvezza.

Spirito in AT: è sempre orientato alla NT!


Importanza alla missione più che alla persona, tanto che lo SS può anche ritirarsi da lei. 1 Sam 16
SS sarà in pienezza quando sorgerà il germoglio di Iesse e il Messia sarà consacrato con l’unzione. Is
11
La salvezza giungerà ai popoli e Dio metterà nel cuore dell’uomo lo Spirito. Ezechiele
Da notare però che l’unzione in NT non è legata al dono dello SS.

Atti
Vediamo che qui lo Spirito è donato dopo-senza-prima del battesimo, ad ogni modo sempre attraverso
l’imposizione delle mani e cioè attraverso la chiesa.
Pt e Gv in Samaria: hanno accolto la parola, i due apostoli sono inviati, pregano perché essi ricevano
lo SS perché avevano solo ricevuto il battesimo di Gesù. Anche Pl più o meno fa così a Efeso.
Queste prime cose ci fanno capire che la chiesa e lo Spirito (ecclesiologia e pneumatologia) si danno
solo dove c’è comunione con gli apostoli, garanti di Gesù.

Imposizione della mani:


Gn e Mt: benedizione – Nm e At: uffici e compiti – Sinottici: guarigione. È evidente dunque che Pt e
Gv si servono di un simbolo preso dalla tradizione per accogliere i neofiti nel raggio immediato
dell’attività dello Spirito e dunque della salvezza.
Tra i due gesti vi è una tensione: battesimo indica purificazione, imposizione delle mani accoglienza.
Del resto nel NT il redentore è sempre Cristo, mentre lo Spirito è Colui che rende più profonda e
vitale l’opera di Gesù in lui.

Perciò è più fedele al dato biblico l’impostazione che vede una scissione tra battesimo e SS, che viene
dato solo con l’imposizione. L’altra impostazione, invece, afferma che il battesimo da lo SS, ma non
in pienezza. Quest’ultima è però da preferire, anche perché la promessa dello SS, come compimento
di Cristo, è realizzata con l’imposizione delle mani dal giorno di pentecoste in poi.

Padri

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Prof. Nardìn

Traditio di Ippolito: l’iniziazione cristiana si svolge liturgicamente in questo modo: preparazione di


acqua e oli, tre domande, battesimo, unzione sacerdotale, ingresso in Chiesa, imposizione delle mani-
preghiera-unzione del vescovo, bacio, eucaristia. Nella preghiera si dice: rendili degni d’essere pieni
dello Spirito e invia la tua grazia.
De baptismo di Tertulliano: per lui il battesimo purifica e prepara per la ricezione dello SS che avviene
attraverso l’imposizione delle mani. Per lui non c’è slegatura tra battesimo e dono dello SS, perciò
non da intendersi come due momenti distinti.
Cipriano: III sec è il primo a riferire chiaramente lo SS all’imposizione delle mani dopo il battesimo,
riferendosi al caso dei battezzati di Samaria: gli apostoli si limitarono a dare ciò che ancora ad essi
mancava, e non venne dato dunque un nuovo battesimo. Per Cipriano dunque il battesimo è un
processo aritoclato che culmina con lo SS (imposizione e preghiera).
Fino al IX-XI l’iniziazione sarà una celebrazione articolata, un lavacro con annessi altri riti aventi lo
scopo di completare e rivitalizzare l’immersione e l’emersione dall’acqua con un complemento a
carattere pneumatologico: il modello è quello di Atti.
Dal X invece cominciano celebrazioni crismali autonome: ciò è dovuto al battesimo dei bambini, al
ministro del battesimo che è il sacerdote. L’unzione è differita in quanto “del vescovo”.
Questi cambiamenti richiedono una giustificazione teologica, anche perché si perde di vista il chiaro
rapporto che l’unzione aveva con il battesimo.il Lateranense IV affermerà che gli adulti vanno subito
unti, mentre i bambini dopo i 4 o 7 anni. Ma la prassi prima era varia: a Roma subito venivano unti,
in altri luoghi si richiedeva al massimo una settimana o la visita del vescovo.

Scolastica
All’inizio non era interessata a precisare teologicamente il sacramento come autonomo, quanto
piuttosto ad individuare la grazia del sacramento stesso.
Lombardo: il battesimo è per la remissione dei peccati, la confermazione per la fortificazione.
Tommaso: legge il dono dello SS in analogia con la vita: battesimo è rinascita, confermazione è la
maturità.
Firenze: Decreto per gli Armeni (1439): accoglie Tommaso e fa la prima descrizione organica dei
sacramenti. La confermazione è segno della maturità della fede e rende forti. L’effetto è il confessare
coraggiosamente il nome di Cristo. Vescovo è ministro orinario, presbitero straordinario (qui si aveva
presente la prassi orientale.

Riforma
Toglie alla confermazione la dignità di sacramento perché mancano riferimenti biblici, mortifica il
battesimo, non ha legami con l’eucaristia ed è vista come una semplice cerimonia perché il vescovo
ne è il ministro.

Trento
Ribadisce che è un vero sacramento, istituito da Cristo, che imprime il carattere ed è ordinariamente
del vescovo.

Vaticano II
Afferma che tale sacramento intensifica la missione e si configura come sacramento della
testimonianza, essendo signum obligativum (vincola più perfettamente alla chiesa), dispositivum
(arricchisce dello SS) e distinctivum. La cresima intensifica la missione ricevuta conl battesimo e
obbliga a difendere e diffondere la fede.
Il segno sacramentale è l’unzione del cristma sulla fronte mentre si pronunciano le paroel: ricevi il
sigillo dello SS. Inoltre si sviluppa una parallelo tra la Pasqua-battesimo e la Pentecoste-cresima.
Il C. chiede anche la riforma del rito perché appaia più chiaro il nesso con l’iniziazione cristiana.

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Prof. Nardìn

LG10: battesimo e cresima fondano la funzione sacerdotale, profetica e regale dei fedeli, in quanto
Tempio dello SS.
La valenza cristologica è nel fatto che è sacramento della testimonianza, mentre quella ecclesiologica
nel fatto che il ministro è il vescovo.

Chiesa orientale
L’unzione è fatta subito dopo il battesimo. Importante, per capire meglio questa unione, è l’indiscussa
unitarietà di Firenze in cui appare il settenario dei sacramenti tra i quali si annovera “l’unzione con il
divino myron”. Tale dottrina viene poi ribadita nel sinodo di Costantinopoli nel 1639, come un aiuto
offerto al battezzato perché viva una feconda vita cristiana. L’individuo deve progredire nella vita
spirituale e ciò avviene attraverso l’unzione che corrisponde alla imposizione delle mani attraverso
la quale gli apostoli comunicarono lo SS a Samaria.

Precisazioni sistematiche
Auer: importante il rapporto tra Pasqua e Pentecoste: la cresima coinvolge in modo più forte nella
missione della Chiesa.
Schamus: ma tutti i sacramenti stanno in rapporto a Pasqua e Pentecoste, inoltre dove c’è Cristo c’è
lo SS. Perciò la cresima è il sacramento che impegna a favore del mondo, ad extra, infonde coraggio
e sprona alla fedeltà.
Kung: la cresima non si capisce se non a partire dal battesimo. Esso, poiché è fatto da bambini,
mancando l’apporto della fede, rimane opera incompiuta ed abbisogna di un compimento che è quello
della fede. Gli effetti non sono diversi. Perciò è uno sviluppo, una conferma e un compimento del
battesimo.
Muhlen: l’imposizione delle mani si riferisce al battezzato non in ordine alla propria salvezza, ma
degli altri, dando l’energia che gli consente di testimoniare.

Certo è che la salvezza cristiana è una sola e significa comunione tra l’uomo e Dio. Gesù, dopo tante
mediazioni indirette, è l’immediatezza di Dio che può essere partecipata a tutti attraverso lo Spirito.
Perciò la specificità dei sacramenti va cercata all’interno dell’unica alleanza dell’uomo con Dio.
Se si vuole perciò collegare battesimo e confermazione senza sopprimere le differenze occorre tener
presente che risurrezione e missione dello SS, come Cristo e lo SS, sono pur sempre diversi e vivono,
in qualche modo, una tensione.
La confermazione è la festa di Pentecoste che il cristiano è chiamato a vivere. È completamento del
battesimo, conferisce lo SS che consente di impegnarci senza riserve nella missione dei Cristo, ci
raduna in unità, ci porta alla santità, ci invia nel mondo per essere chiesa apostolica. Nella
confermazione lo SS diventa ciò che fondamentalmente è per la Chiesa per ciascuno dei battezzati: è
dimensione personale della missione ad intra (santità) e ad extra (testimonianza). È l’epilogo
dell’iniziazione: entrare in sintonia con la missione di Cristo, strumento di unità.

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Prof. Nardìn

Teologia Sacramentaria – 2012

ORDINE.
Gesù non consente mai che i suoi discepoli si considerino una cerchia elitaria: la chiesa è anzitutto
comunione che si stabilisce sul fondamento e in vista di Cristo. È una comunione circolare al cui
centro c’è il Crocifisso-Risorto. Uno dolo è il popolo, e una comune la dignità per la rigenerazione in
Cristo. E se tutti non camminiamo per la stessa via, tutti però siamo chiamati alla santità, in una vera
uguaglianza di dignità e azione comune per l’edificazione del corpo di Cristo. 1 Pt 2,5-9: tutti i fedeli
formano un sacerdozio santo e regale. Se in Es 19 un regno di sacerdoti è diverso dalla nazione santa
(laici), in Pt invece si parla di “sacerdozio regale”, cioè la comunità congregata da e in Cristo, senza
che la stessa lettera si dimentichi dell’esistenza dei presbiteri (pascete il gregge). Nessun contrasto,
dunque, soprattutto a partire dall’immagine paolina del corpo, che ha un suo ordine interno e una
articolazione.

Fenomenologia del sacerdozio


Diversi contesti: deriva da sacra-dare, intendendo la mediazione tra Dio e uomo. Egli è detentore di
poteri specifici: immolazione del sacrificio (con diverse sottolineature di significato, espiatorio-
propiziatorio, e modo, cruento-animali), esorcismo (contro ogni tipo di male), oracoli (previsione del
futuro).

Tali poteri possono allargarsi e sconfinare nella politica oppure registrare una inflessione riducendosi
all’esorcismo o divenendo “cerimonieri” dell’autorità politica. Ciò dipende anche dalla dinamicità
della società. Nel caso in cui il contesto sia magico, allora il sacerdote è uno stregone.

Bibbia: la storia dell’AT descrive quattro tipologie di sacerdozio.


Pre-monarchico: azione sacrificale, in funzione anti-idolatrica, si definisce non in base all’officiante,
ma per il fatto che tutto viene offerto unicamente a Dio. Perciò le persone non sono investite di acluna
specifica missione: Abele, Caino, Noè, Abramo, Giacobbe, Gedeone, Elcana. Il sacerdote è invece
associato strettamente all’arca e al santuario, riducendosi all’aspetto oracolare, senza però che essi
siano considerati come semplici veggenti.

Mosè: è il mediatore per eccellenza: egli ha una funzione sacerdotale in massimo grado e a lui si deve
l’investitura di Aronne e la divisione in classi sacerdotali.

Monarchico (ebraismo): il sacerdote è il mediatore principale, a lui si devono: oracoli, magistero


legislativo, il culto (sacrifici cruenti e di incenso), potere giudiziale (sia in Esodo, ma soprattutto in
Ezechiele 44).

Post-esilio (giudaismo): Israele ha una forte fisionomia cultuale: emerge il Sommo Sacerdote al
vertice della classe sacerdotale. Il sacerdote ha una accentuata funzione cultuale, perdendo l’aspetto
oracolare e magisteriale. Ciò è dovuto ad una accentuazione della sacralità sia del rito (purismo e
ritualismo) che del sacerdote stesso (separato per il culto).

Nell’AT si nota però anche un accenno in più punti del sacerdozio comunitario: Es 11, Nm 16, che
poi sarà ripreso e riletto da 1 Pt 2,9.

Nuovo Testamento
Dodici: è un gruppo (istituito) di discepoli (tralci-vite) chiamati (non autoproclamati) da Gesù (libera
iniziativa) prima della Pasqua (relazione con il ministero di Gesù).

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Prof. Nardìn

Questo gruppo viene accettato come autorità dopo la Pasqua. Dove sono nominati, si inizia sempre
da Pietro (capo) e si finisce con Giuda (il traditore), sottolineando che l’appartenenza non è in
relazione diretta con la fedeltà al dono di Dio.

Mandato profetico: Mc 3 (e Lc) afferma che la chiamata è un atto costitutivo cristologico: è Gesù
che sceglie e costituisce liberamente: prega (dimensione trinitaria) e poi ne sceglie dodici, che volle
che stessero con lui. In questo senso si comprende che il costitutivo è per stare-con. Esso non è
funzionale alla missione: la partecipazione al ministero deriva dall’essere-con.
Funzione simbolica: dodici sono le tribù dell’AT, cioè la forma storica del popolo d’Israele. Ma anche
un riferimento all’escatologia, perciò essi siederanno e giudicheranno ciascuno le dodici tribù. Mentre
il compito profetico è trasmissibile, questa funzione simbolico-escatologica non è trasferibile ad altri.

L’autorità dei dodici prima della Pasqua è: insegnare (come Gesù), andare due a due solo con
bastone (comunitaria e non solo per le proprie forze), avere potere sugli spiriti (sul male), predicare
(per convertire).
Dopo la Pasqua, invece, l’autorità è soprattutto quella derivante dalla testimonianza della risurrezione:
apparve a Cefa e ai dodici (anche se in realtà erano undici).

Apostoli: per Mc sono i dodici in riferimento al fatto che sono inviati per la missione; per Lc sono i
dodici in quanto scelti da Gesù e testimoni della resurrezione. In Lc perciò non è un compito
temporaneo, ma un servizio permanente di partecipazione alla missione di Gesù.
Esso è dunque un ministero permanente (dopo la Pasqua occorre sostituire Giuda) e autorevole (chi
vi ascolta, ascolta me; tale autorità è cristologico-trinitaria).
La comunità primitiva si stringe attorno agli Apostoli per spezzare il pane, pregare e in unione fraterna.

Paolo si considera come uno dei dodici, istituito direttamente da Dio, anche se mostra rispetto per le
“colonne” di Gerusalemme. Il suo è un mandato che consiste nell’annuncio del vangelo e nell’avere
i poteri di Cristo, cioè in suo nome. Inoltre, egli agisce sempre con autorità all’interno delle comunità.
Infatti, per lui, gli apostoli sono il “fondamento” delle comunità.
Sempre in Paolo si ha però anche un concetto molto lato di apostoli: Andronico e Giunia hanno il
compito di annunciare in itinere il vangelo. I suoi stessi collaboratori sono apostoli, alcune donne,
infine gli apostoli discepoli delle lettere pastorali che hanno il compito di presiedere un certo numero
di comunità e insegnare la sana dottrina.

Diaconi: At 6: nasce da una istanza sociale (le mense) attraverso l’imposizione delle mani
(benedizione e ministero). Tale atto permette di riflettere sull’identità stessa dei dodici (che si
dedicano alla preghiera e al ministero. In realtà ben presto vedremo che i diaconi cominciano a
dedicarsi anche alla predicazione della parola (Filippo è chiamato evangelista e Stefano faceva
prodigi e predicava). Il numero sette fa riferimento ai popoli pagani di Canaan. Tale numero è
associato ai diaconi da Ireneo.

Il NT presenta solo due testi in cui il diacono è inteso in senso ministeriale ed ecclesiale: Fil 1,1:
lettera indirizzata a vescovi e diaconi. E 1 Tm 3,8-13: in esso si dice come debbano essere i diaconi:
non doppi nel parlare, non dediti all’alcool, non avidi, conservino la fede, abbiano coscienza pura,
siano provati e sposati una volta. Tali qualità si comprendono in ordine all’opera di assistenza e cura
pastorale delle comunità.

Presbiteri e Vescovi: all’inizio non vi è netta distinzione: si tratta di sorveglianti, le cui caratteristiche
sono inserite in 1 Tm. La presenza dei presbiteri richiama l’importanza degli anziani (At), i quali sono
associati agli apostoli nelle decisioni, assumono il governo, sono chiamati vescovi, agiscono in
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Prof. Nardìn

collegio, sono direttori, inoltre siano di esempio (Pt). In 1 Tm è considerato un collegio presbiterale
che impone le mani e stabilisce i ministeri. Essi godono di una speciale garanzia giuridica. In Tt, nel
contesto in cui il discepolo di Paolo è chiamato a nominare i presbiteri a Creta (non aver fretta
d’imporre le mani) si precisano i loro requisiti (al plurale i presbiteri) ma il vescovo è nominato al
singolare.
Essi sembrano dunque, dagli Atti, come coloro che subentrano al potere degli apostoli, avendo
presbiteri e vescovi lo stesso medesimo ufficio. È dunque riconoscibile il principio di successione,
all’interno di una responsabilità diversificata.

Il regno in Mt 14-19: ecclesiologia ministeriale: il primato di Pietro evidenzia come sia Cristo a
scegliere la persona e stabilire un compito che sia per il bene di tutti. La sequela, poi, fino alla croce
(cristologia) e il farsi servi (ecclesiologia) sono il compito fondamentale. Vi è poi la sollecitudine per
il fratello che sbaglia (condanna il peccato, non il peccatore) e l’immagine dei veri discepoli: coloro
che fanno frutti morali (nuova umanità) e obbediscono al Signore.

Il testamento in Lc 24: istruzioni agli apostoli: il dato fondamentale è il fatto che il Signore sia risorto
(vr 44-46). Da ciò deriva il kerigma (47) che è riferimento alle Scritture, alla risurrezione, alla
metanoia e al perdono. Il ministero, poi, è nel nome, per tutte le genti e affidato ai testimoni del
Risorto (47-48) i quali devono aspettare per ricevere la dunamis, promessa dal Padre, a Gerusalemme
(49).

La sofferenza: è una dimensione presente in tutto il NT in riferimento al ministero: occorre rinunciare


alla famiglia, alle ricchezza, alla propria vita, al sostentamento, al matrimonio, ma tutto ciò è fatto
come accettazione per il vangelo.

Ministero nel NT: in sintesi. La fonte è Cristo stesso e il primo e fondamentale è l’istituzione dei
dodici/apostoli che ricevono autorità da Cristo per ciò che concerne l’annuncio, il governo e
l’insegnamento: essi partecipano (sono continuità prima e dopo la Pasqua e dunque testimoni) e
prolungano (con nuovi ministeri) la missione di Cristo.
I nuovi ministeri sono: presbiteri, episcopi, diaconi, profeti, maestri, evangelisti, guide, capi: è
difficile capirli perché non sono sistematizzati. Il motivo è semplice: sono ancora presenti gli apostoli,
i quali hanno l’autorità di decidere e modificare, ma soprattutto c’è una forte spinta escatologizzante.
Sta di fatto che gli apostoli hanno trasmesso ad altri il loro triplex munus (ministeri post-apostolici)
di parola(ad extra e intra)-sacramenti-carità attraverso l’imposizione delle mani.

Imposizione delle mani: Keir


AT: benedizione, comunione sacrificale, trasmissione di incarichi (Mosè a Giosuè, dopo II aC è segno
dell’ordinazione rabbinica attraverso il dono della sapienza).

NT: benedizione, guarigione, dono dello SS post-battesimale, assunzione di persone con incarico
stabile e pubblico: il segno viene ripreso dall’AT (usato per i 7, Barnaba e Paolo e poi questi due su
altri). Con l’imposizione viene trasmesso il dono che permette l’incarico (Pastorali) con valore
sacramentale: si comunica un charisma (da ravvivare ma non ripetere) e non bisogna avere fretta!

Ministeri nel NT
Diaconia: è il denominatore comune, all’interno di una vasta terminologia. Esso accomuna Gesù, i
dodici, i sette e tutti i ministeri. Si tratta di un servizio (crisologia) al servizio (ecclesiologia).
È il servizio in quanto cristo ne è fonte e modello ed esso lo rende presente (triplex munus e sofferenza
del dono totale di sé).

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Prof. Nardìn

È al servizio in quanto non è una superiorità di rango, ma sempre in ordine alla comunità e mai fuori
o sopra di essa. Esso infatti non è letto in ottica sacerdotale (come AT) né politica (pagani).

Ottica sacerdotale: iereus. In ambito greco ed ebraico indica la mediazione tra sacro (Dio) e profano
(uomo). Kohen è iereus, cioè mediatore (mai leiturgos che richiamo l’aspetto politico e civile).
Tale mediazione, nell’AT, si svolge per l’umanità: il popolo di Israele significa l’umanità. Ma a sua
volta i passaggi sono: Israele, Levi, Aronne, Sommo sacerdote, Vittima sacrificale.

Sacerdozio nel NT
Il sacerdozio di Cristo (Vanhoye): è solo nella lettera agli Eb.
Anzitutto occorre notare che Gesù è della tribù di Giuda e non di Levi, si riconosce una missione
profetica e non cultuale, è contro il formalismo e muore in condizione di maledizione fuori dalla città
(luogo impuro).

Ma l’ultima cena è caratterizzata da forti riferimenti sacrificali: il sangue dell’alleanza di Es 24, il


giorno della morte degli agnelli di Gv, “Cristo nostra Pasqua fu immolato” di 1 Cor.
Cristo è dunque presentato come il compimento dei sacrifici antichi, vittima del proprio sacrificio.
In Eb, infatti, la vittima è anche il sacerdote. E le difficoltà sono comunque tutte risolte: non è della
tribù di Levi, ma è sacerdote direttamente da Dio, trascendendo il sacerdozio e il sacrificio dell’AT.

La continuità con l’AT sta nel concetto di mediazione. La discontinuità nel concetto di sacrificio non
cultuale, ma inteso personalmente. Inoltre Gesù non si pone in ambiente di purità (staccandosi dagli
uomini) ma assimilandosi al loro peccato (croce).

Da ciò risulta chiaro che il sacerdozio di Cristo consiste nell’offerta di se stesso: egli è vero tempio,
vero culto e dunque è in questo superiore a Mosè.
Infine la sua mediazione è perfetta perché è adesione totale al Padre, ma anche solidarietà infinita con
l’uomo: egli elimina la divisione tra sacro-profano, culto-vita, sacerdozio-popolo.
Così la sua passione è vero sacrificio e Cristo è vero sacerdote. Il culto non è totalmente eliminato,
ma il primato ora non è più all’elemento esteriore, quanto all’elemento esistenziale.
Si comprende così perché nel NT il battesimo è inteso come sacrificio (offerta di sé), mentre per
l’eucaristia dovremo aspettare la didakè.

Il sacerdozio dei battezzati: ierateuma (-euma indica corporazione). Si ha in 1 Pt 2 e Ap 1-5-20. Il


riferimento è a Es 19: regno di sacerdoti.
L’ebraico indica “sacerdoti” come singoli, richiamando una classe sacerdotale distinta dal popolo
come singoli. La LXX invece traduce con “organismo sacerdotale” richiamando l’immagine del
corpo unico, esteso a tutto il popolo. Questa ipotesi non è contro il sacerdozio ordinato, ma aiuta ad
esaltare la dignità dell’intera Chiesa in cui l’ordinazione è a servizio dell’intero organismo connotato
dall’idea sacerdotale: si tratta di un sacerdozio comune, ma vissuto in modo organico e dunque
proprio.

Il sacerdozio ordinato: nel NT manca la terminologia sacerdotale per i ministri. Tre i motivi
fondamentali:
Differenza con AT: sacerdozio ereditario, culto estrinseco, purità e funzione oracolare.
Differenza con pagani: sacerdozio per elezione o pagamento, culto estrinseco, forte ascesi e funzio
oracolare.
Non ancora tematizzato il sacerdozio di Cristo.

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Prof. Nardìn

Nel NT si ha, come si è visto, un orizzonte ben definito che è quello della diakonia con fondazione
cristologico-ecclesiologica. Solo con il III d.C. si cominceranno a diffondere in modo capillare
termini sacerdotali per i ministri e soprattutto per l’eucaristia.
Ma è proprio vero che in NT non ci sono riferimenti?

Fil 2: l’impegno dell’apostolo è visto secondo la metafora sacerdotale dell’offerta: sacrificio e offerta
di fede.
Rm 1: l’impegno è qui cultuale: si tratta del culto dell’annuncio del vangelo.
Rm 15: essere ministro di cristo per l’ufficio sacro (culto) del vangelo, perché i pagani diventino
oblazione (offerta), nella purità (condizione essenziale) data dallo Spirito.

Vanhoye ha notato che tali categorie sacerdotali nel NT sono riferite solo al sacerdozio di cristo e al
sacerdozio battesimale.
Se da una parte Cristo è sacerdote in quanto è mediazione (esclusivo) e offre la propria esistenza, il
battezzato partecipa, nel sacerdozio comune, a questo secondo aspetto del sacerdozio di Cristo.
Invece i ministeri si riferiscono, in modo esclusivo, al primo aspetto, quello della mediazione,
divenendo strumenti di Cristo mediatore, non delegabili dal popolo, ma in quanto scelti da Lui stesso.
Il sacerdozio ministeriale è dunque manifestazione tangibile dell’unica mediazione di Cristo. È la
partecipazione al carisma che prolunga il ministeri dei dodici per l’edificazione della comunità, con
autorità ed esempio di fida, avendo come fondamento Cristo stesso. Il ministro è colui che, in tal
senso, rende presente l’opera salvifica di Cristo.

Padri
Clemente, Ignazio, Ireneo, Tertulliano, Cipriano, Origene, Ippolito.
Essi vedono il ministero strutturato in modo episcopale.

Clemente: interviene nel conflitto scoppiato a Corinto fra la comunità e i presbiteri, in quanto egli è
discepolo degli apostoli. Egli usa un linguaggio tipico dell’AT di divisione tra clero e laici per
diversità di uffici. Da Dio a Cristo agli Apostoli alle primizie (cioè i primi convertiti che sono i diaconi
e i vescovi) egli da a tale divisione una fondazione trinitaria, cristologica e in continuità apostolica.
E così come Dio scelse per Mosè gli aroniti, ora gli apostoli, per evitare contese di successione hanno
istituito gli episcopi come loro successori. Perciò, dal momento che viene da Dio, il loro posto è
incontestabile.
A Corinto, però, non c’è ancora un episcopato monarchico e i presbiteri sono anche vescovi. Essi
hanno il compito di presiedere l’assemblea eucaristica.
La missione è data loro da Dio, Cristo e apostoli. La successione invece è data dagli apostoli ai
vescovi-diaconi e dunque agli altri loro successori legittimamente costituiti.
E usa anche due esempi: come per l’armonia del cosmo, la Chiesa è un gregge che deve essere
ordinato. E come per i leviti, la Chiesa è un esercito i cui membri hanno funzioni diverse.
L’idea fondamentale è che sono rappresentanti preposti alla comunità che nessuno può contestare.

Ignazio: fonda l’episcopato in senso trinitario: i vescovi tengono il posto di Dio e Cristo nelle loro
comunità, dunque non parla di mandato apostolico. E la loro sollecitudine dev’essere per l’unità. Qui
si cristallizza quanto abbozzato nelle Pastorali. Si tratta di episcopato monarchico: un vescovo che ha
il posto di Dio e Cristo, i presbiteri sono attorno a lui come gli apostoli, i diaconi sono per il servizio
della comunità e del vescovo come servi della chiesa.
I motivi di tale concezione sono teologici (unità della fede e del culto) e sociologici (maggiore
funzionalità): egli è l’amministratore senza del quale nulla si può fare.

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Prof. Nardìn

Ireneo: afferma la successione apostolica ininterrotta: storica e verificabile. Ciò è di contro alla gnosi
che affermava l’esistenza di rivelazioni private e segrete lasciate da Cristo agli apostoli e questi ad
alcune persone specifiche: afferma che i vescovi sono gli unici legittimi successori degli apostoli. Il
loro ministero è segno esteriore della chiesa indivisibile e compito del vescovo è favorire l’unità di
tutte le chiese. Tali pastori sono vescovi o presbiteri (come titolo onorifico e non ministeriale riservato
ai discepoli degli apostoli). Il vescovo ha profonda dignità spirituale, ha il carisma della verità e ne
garantisce la trasmissione. La successione poi è il segno esteriore della verità che però è garantita
dallo SS.
Non fa mai riferimento a terminologia sacerdotale (solo per il sacerdozio comune) né alla tripartizione.

Tertulliano: vocabolario sacerdotale in riferimento a: vescovo “sommo sacerdote”, presbiteri (poco


usato)r battezzati.
Cipriano: Parla della triade sacerdotale.
Origene: afferma che parlare in termini sacerdotali è in continuità con la Scrittura.

Ippolito: discepolo di Ireneo. Parla della consacrazione del vescovo a Roma in domenica in cui è
presente l’intera comunità per scegliere il candidato. Ma solo i vescovi impongono le mani sul
candidato perché discenda lo SS. Un vescovo, rispondendo all’invito della comunità, impone le mani
e formula la preghiera consacratoria: pasca il gregge quale sommo sacerdote, offra i doni della santa
chiesa, rimetta i peccati, conferisca ministeri, sciolga le catene, secondo la prerogativa apostolica.
I vescovi sono strumenti privilegiati di Cristo e rappresentanti della comunità. Su di essi discende lo
spirito atto a governare.
I presbiteri invece ricevono lo spirito di grazia e saggezza, sono consiglieri (a differenza dei diaconi)
ed hanno servizi ausiliari nelle liturgie. Nell’ordinazione i presbiteri impongono le mani per benedire,
invece il vescovo per ordinare.
I diaconi ricevono lo spirito di grazia e zelo: non sono consacrati per il sacerdozio, ma per prestare
servizio al vescovo. Il loro ministero è per l’imposizione delle mani ed è sacramentale, a differenza
degli altri ministeri o stati (confessore, vedove, vergini).

Sintesi eziologica della patristica


Del ministero come sacerdozio: anzitutto la sacralità si sposta in oriente sul ministro, mentre in
occidente sul ministero (culto). Tre sono le posizioni.
Schillebaekx: svolta costantiniana ha suggerito il modello civile dei sacerdoti pagani, sottolineando
l’aspetto cultuale e di purità (celibato).
Grelot: dal modello levita dell’AT, chi presiede è detto sacerdote: prima riferito al vescovo e poi ai
presbiteri.
Tillard: è cristologico: in Eb Gesù è sacerdote che compie l’ultima cena come atto sacerdotale: i
cristiani ripresentano la cena e chi presiede è visto in parallelo a Cristo.

Del ministero come sacramento:


Ordinazione è il rito liturgico (gesti e parole) che produce un definitivo effetto spirituale sull’ordinato.
Dio chiama e da i doni necessari (non è una delega della comunità).
Per Vogel: il “carattere” è stato introdotto da Agostino e solo in occidente.
Martimol: anche se non sempre c’è stata una precisa terminologia (solo da XII secolo) comunque il
gesto inequivocabile dell’imposizione delle mani si è sempre avuto. Inoltre esso non è mai stato legato
ad aspetti morali o intellettuali del ministro, considerato come semplice strumento.

Modelli del ministero: dai Padri al ME


Sacrale: mediazione/mistica. spiritualità
Cultuale: sacerdote/presidente dogmatica presbiteri: prevale in ME
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Prof. Nardìn

Ministeriale: sacramenti/parola/amore. pastorale e giuridico episcopi prevale nei Padri


Per Agostino il vescovo è cristiano “con voi” e vescovo “per voi”.
Tali modelli sono così percepiti e approfonditi:
Origene: cultuale e ministeriale e Gregorio Magno: Sacrale e ministeriale.

La prevalenza nel ME è per l’aspetto cultuale. Ciò è dovuto al fatto che dal IV secolo si cominciò ad
avere una separazione tra il sacramento e la giurisdizione a causa della ruralità. Nascono le parrocchie
e i presbiteri divengono coloro che celebrano l’eucaristia.
Il vescovo invece si trova sempre più isolato, aumentando il potere di giurisdizione di coordinamento
pastorale. Inoltre, il presbiterio perde di consistenza aumentando l’aspetto di singolarità e legandosi
ai sacramenti, in particolare l’eucaristia.
Presbitero: potestas ordinis sul corpus verum di Cristo: eucaristia
Vescovo: potestas ordinis sul corpus mysticum di Cristo: Chiesa
La prima conseguenza è il fatto che si sminuisce il sacerdozio comune e la seconda che le differenze
tra i due sono solo di giurisdizione.

Medioevo
L’idea della patristica ruotava intorno al vescovo. Nel medioevo invece si sviluppa l’idea intorno al
tema della “potestas in corpus Christi”.
Ciò porta a chiedersi se l’episcopato sia un vero sacramento.
Isidoro: ci sono 9 ministeri: episcopato-sacerdozio-diaconato (per imposizione mani) suddiacono-
salmista-lettore-esorcista-accolito-ostiario (per traditio instrumentorum). Essi sono visti in ordine al
culto e divisi tra Aroniti e Leviti, senza alcun riferimento a cristo. Il vescovo è uguale al presbitero,
ma questi è a lui sottomesso.

Lombardo: ordine è il segno che trasmette il potere spirituale e il compito insieme alla grazie: esso
è dunque un sacramento che non stabilisce solo un ruolo, ma offre anche la res sacra che ha come
effetto la grazia.
L’episcopato non è un ordine (sacramento) perché conferisce solamente una pienezza giurisdizionale.

L’eucaristia è il principio ermeneutico per leggere teologicamente e tradurre giuridicamente e


pastoralmente il ministero ordinato.

Tommaso: tutti i sacramenti sono ordinati all’eucaristia ST III q 65. E così anche tutti i ministeri
sono visti per la celebrazione liturgica. I sacerdoti consacrano, gli altri invece sono definiti in rapporto
alla distribuzione o in merito alla ricezione dell’eucaristia: diacono (da) suddiacono (vasi sacri)
accolito (materia) ostiario (allontana) lettore (istruisce) esorcista (libera dal male).
L’ordo è il potere consacratorio. Perciò in senso stretto l’ordinazione episcopale non è un sacramento
perché non conferisce in ordine all’eucaristia un potere diverso dal ministero sacerdotale. È un ordo
a sé stante, in quanto esso dispone di un potere maggiore sul corpo mistico che è la Chiesa. si tratta
dunque di una semplice maggiore ampiezza giuridisdizionale.
Tommaso fissa dunque la dottrina delle due potestà:
Ordinatio sacerdotalis da la potestas ordinis (in persona) su eucaristica (verum)
Missio canonica da potestas iurisdictionis (in persona) su chiesa (mysticum)

L’eucaristia dunque è sempre al centro, ma:


Ignazio: fonda comunità, vescovo e popolo, sacramento episcopale.
Tommaso: indipendente dalla comunità, privata, non sacramento episcopale.

Lateranense IV: solo ordinato può consacrare 1215


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Prof. Nardìn

Firenze: forma: le parole del sacerdote che agisce “in persona Christi” 1439.

Alla vigilia del CVII si chiese di approfondire meglio il ministero episcopale: il Concilio riprende la
prospettiva della chiesa antica e ridelinea la triade dei ministeri secondo la tradizione, eliminando
dunque gli ordini minori, secondo l’influenza di Pietro Lombardo.

Riforma
Lutero: De capti vitate 1520: ordinazione è sacramento ignoto a Cristo. Il cuore del ministero è il
battesimo e la predicazione e l’ordinazione è una pia usanza, ma non un sacramento. 1 Pt 2 dice che
tutti siamo sacerdoti. I preti, allora, sono servitori eletti nel nome della comunità. Tutti disponiamo
della stessa potestà su parola e sacramenti, ma per esercitarla occorre il consenso della comunità o
per chiamata dei superiori, perciò nessuno può rivendicarla come peculiarità finché non è chiamato.
In tal senso, mai persone non ordinate possono amministrare la santa Cena.
Brunotte afferma che Lutero non è uniforme e può essere considerato come in due fasi: in un primo
momento insiste sul sacerdozio comune, poi dopo il 1530 si sposta decisamente sul sacerdozio
istituito contro tendenze anarchiche.
L’obiezione di Lutero al sacerdozio è sempre in riferimento al sacrificio eucaristico: egli non accetta
che possa essere solo in funzione del II.
Lutero dice: non vi è differenza ontologica con laici, c’è solo sacerdozio comune, ogni battezzato è
papa, vescovo e sacerdote, con l’ordine si diventa guide per annunciare la parola e i sacramenti, ma
solo per amore dell’ordine e in modo delegato.

Trento 1545-1564
XXIII: De sacramentum Ordinis: proemio, 4 capitoli, 8 canoni.
Cp 1: sacrificio e sacerdozio sono uniti per divina disposizione da sempre. Ma in NT, attraverso Cristo,
viene istituito il nuovo sacerdozio.
Nel XXII cp 1 si affermava che esso era in ordine al sacrificio della Croce perché potesse ripresentarsi
sacramentalmente. Ora nel XXIII cp 1 non riprende tale questione (fondazione cristologica), ma da
fondazione religiosa partendo dalla Legge dell’AT: XXIII suppone XXII!
Il resto dei capitoli sono tomisti:
Cp 2 sette ordini. 3 sacramento è in Scrittura, Tradizione e Padri, dona la grazia (non dice però quanti
gradi, forma e rito). 4 gerarchia: il carattere definitivo è quello di Vescovi e sacerdoti. Questo capitolo
è contro la Riforma che negava la definitività, la differenza con i laici e affermava che era legato solo
alla amministrazione dei sacramenti (cura pastorale, predicazione), oltre che all’apostolicità dei
vescovi. Inoltre si afferma che non è necessario per la validità il consenso né del popolo né dei
governanti.
I canoni sono più specifici: 1 i sacerdoti non sono solo predicatori. 3 Il sacerdozio è istituito da Cristo,
non è umano o solo un rito. 4 Si riceve lo SS e il carattere. 5 La gerarchia è di istituzione divina.
Nei decreti emerge una figura di pastore molto importante, legata al sacrificio, alla predicazione,
sacramenti, buon esempio e aiuto ai bisognosi.

Dopo Trento si accentuò la configurazione del sacerdote a Cristo, inteso come aspetto proprio del
carattere sia a livello ontologico (partecipazione del suo sacerdozio) che ministeriale (operare in
persona di Cristo).
Ciò ha reso una netta separazione tra il presbitero, detentore del culto, e il laico, vivente nel mondo.
Pio XII: Sacramentum Ordinis: cambia la materia e la forma.

Vaticano II
Si sottolinea fortemente l’aspetto ecclesiologico. In tal senso si dice che in base alla comunione
trinitaria l’ordine è chiamato non solo al culto (statico), ma il ministero è anche missionario. A livello
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Prof. Nardìn

sacramentario si afferma che il vescovo è l’ultimo responsabile (SC) ed infine si afferma che
l’episcopato è la pienezza dell’Ordine (LG).
LG 18-20: successione apostolica. 21 sacramentalità. 22-23 collegialità. 24-27 triplex munus.

Si è dunque avuta una ricomprensione dell’Ordine. Ciò è visibile anzitutto nel fatto ch in PO si usa
111 volte presbitero al plurale, 7 al singolare e solo 21 volte sacerdos.

Da ministero-sacerdozio-potestas (culto e consacrazione).


A ministero-vescovo-munus (annuncio, culto, pastore).
Non vi sono più, dunque, due potestas (ordinis et iurisdictionis) ma un'unica fonte: il carattere
dell’ordinazione che offre i tre munus il cui esercizio è dato dalla missio canonica che li trasforma in
potestas.
I tria munera sono di tutto il corpo ecclesiale: chiesa, vescovo, presbiteri, laici.

Precisazioni sistematiche
Il ministero ordinato è uno speciale servizio della comune missione della Chiesa. il CVII tiene conto
di due prospettive complementari: cristocentrica (prolungamento missione di Cristo e non
conferimento comunitario) ed ecclesiocentrica (ministro è portavoce, rappresentante della chiesa):
entrambe stabiliscono la dinamica soteriologica che è nella e per la chiesa. Ratzinger e Kasper sono
i due protagonisti di questo dibattito. Del resto già Tommaso diceva che l’ordine è dato non per
rimedio del singolo, ma per tutta la chiesa.

Ministro è il vescovo, da sempre. Il presbitero può amministrare gli ordini minori o l’ordine
maggiore non sacramentale (suddiaconato).
Da alcune situazioni limite, e anche dalla riflessione protestante, si è avuta una spinta nella direzione
di considerare come riferimento fondamentale quello ecclesiale e comunitario. In particolare contro
gli episcopi vagantes, i patriottici cinesi, gli anglicani.

Destinatario è l’uomo battezzato. Non solo per ragioni storiche culturali, ma perché precisa scelta
di Cristo, anche perché non ci sono prove a favore del fatto che questa scelta non sia normativa, in
base soprattutto al fatto che la tradizione successiva è inequivocabilmente in senso normativo.
Certo si discute sulla possibilità dell’ordinazione diaconale per le donne. Ci sono stati sviluppi nella
riflessione, soprattutto ortodossa.
Il ministero diaconale del resto gode di un profilo particolare e il catechismo della Chiesa cattolica
parla del sesso maschile solo in riferimento al sacerdozio.
Diaconesse: dopo i diaconi 1 Tm parla di come debbano essere le donne. L’esegesi esclude che si
tratti delle mogli dei diaconi (visto che non si parla delle mogli dei vescovi), esse devono essere
dignitose, pettegole, sobrie, fedeli in tutto, cioè simili a quanto detto per i diaconi, anche se si
riconosce che qui Paolo non è sufficientemente chiaro. A loro sono riservate attività svolte dalle
donne. La Febe di Rm 16, diaconessa, è certamente una benefattrice. Se è vero che per il NT il
problema rimane dunque ancora aperto, però nel III secolo si ha una chiara testimonianza.
Nella Didascalia si afferma che le donne sono chiamate ad intervenire perché in alcune case occorre
rispetto per i pagani i quali non ammettono che i diaconi entrino e vedano le donne, si tratterebbe
dunque di un ministero istituito per decenza e caritativo, al fine di salvaguardare la dignità della donna
e la pudicizia del sacerdote.
Le Costituzioni Apostoliche IV secolo arricchiscono l’orizzonte con aspetti liturgici, senza che però
esse possano svolgere, si dice, compiti eseguiti da presbiteri o diaconi. Si ha l’indicazione di una
ordinazione con l’imposizione delle mani da parte del vescovo e benché faccia parte del clero, non
partecipa in alcun modo al servizio del diacono.
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Prof. Nardìn

Tra i monofisiti siriaci del V secolo la diaconessa può porsi accanto al vescovo, distribuire la
comunione alle donne, incensare, leggere il vangelo: ma tali cose sono straordinariamente demandate
nel caso di assenza degli uomini e solo in assemblee femminili.
Nicea afferma che le diaconesse sono laiche e chiamate per il servizio, ma Calcedonia conosce
l’ordinazione (forse non sacramentale) con imposizione delle mani e la necessità del celibato perché
annoverate tra i chierici.
La chiesa latina non conosce il diaconato femminile, forse perché qui le donne sono più emancipate
e maggiormente integrate nel tessuto sociale. Perciò invece che favorire il diaconato femminile,
l’occidente lo contrasta. Esiste comunque un rito per le diaconesse, ma a ben vedere sono vedove o
badesse.

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Prof. Nardìn

Teologia Sacramentaria – 2012

EUCARISTIA.
La dignità di tale gesto è nel fatto che esso è anche chiamato semplicemente “la liturgia”, in cui rito
oggettivo si combina con una profonda pietà soggettiva. L’eucaristia è fon set culmen della cui forza
la chiesa continuamente vive e cresce. La ragione principale è il fatto che la Chiesa è in Cristo come
sacramento.

Nell’eucaristia è presente il Kyrios: tutte le altre attività della chiesa sono ordinate a questa Presenza.
Anzi, proprio dall’eucaristia traspare che la chiesa è segno e sacramento dell’unione con Dio e unità
degli uomini, essendo esso “l’opera della nostra redenzione”. Inoltre l’eucaristia indica l’intreccio fra
il già e il non ancora della salvezza ecclesiale, nascosto sotto il segno che indica come la chiesa sia
comunque pellegrinante, ma ben orientata.

Se per il passato era diffuso un senso di indegnità per il sacramento, attualmente si sente la mancanza
di fame e sete eucaristica. Ciò è dovuto in parte alla sottovalutazione del sacramento della penitenza
e alla sopravvalutazione dell’aspetto agapico del banchetto che manifesterebbe principalmente la
comunione fraterna.

È chiaro che la fede tramandata ha la precedenza su ogni attività teologica. Per questo, per poter
approfondire il mistero del’eucaristia occorre tenere lo sguardo fisso sul mistero dell’incarnazione:
essa è, per così dire, la continuità dell’incarnazione nella storia. Tenendo presente questo, non
stupisce, dunque, che l’eucaristia possa aiutarti a comprendere meglio anche la Trinità, mostrando il
nexus myteriorum trinitatis, motivando, in noi, tale fede. L’eucaristia è veramente un mistero della
fede nel senso pieno: Dio che si comunica perché il Mistero sia svelato, unendoci al mistero
primordiale dal quale tutto esiste e che è la Trinità di Dio. È così evidente che ogni trattato sul
sacramento dell’altare è anzitutto via su cui si accede all’eredità di Gesù.

Prospettiva antropologica
L’eucaristia s’inserisce nell’esistenza umana trasfigurandola: dice, invera e anticipa la comunione
con Dio in modo tangibile.
L’annuncio del “vero” cibo e vite indicano l’azione del “mangiare e bere” sia a livello biologico (il
nutrirsi) che conviviale (lo stare insieme), così da esprimere e rafforzare la comunione. Il pasto è di
fatto un momento fondamentale della vita dell’uomo.

Antico Testamento: vi è l’idea di convivio. In esso si esprimono, come possibilità diverse, l’ospitalità,
l’alleanza e il perdono. Non è tollerabile la presenza di un falso amico. Nel convivio si esprime anche
la comunione con le divinità pagane (pasti sacri). Il cibarsi implica qualcosa che muore (si sacrifica),
per diventare cibo e dare la vita.

Il pasto giudaico nelle feste: ha un carattere liturgico, simile a quello pasquale. Inizialmente si alza il
pane facendo una benedizione a Dio, vie è il pasto, si alza il calice e lo si distribuisce. Alla fine delle
due benedizioni c’è una dossologia. Tale pasto implica dunque una comunione profonda sia
orizzontale (commensali) che verticale (Dio) che implica, nella partecipazione ad esso, una
benedizione a Dio.
Ciò spiega perché non è possibile mangiare con i peccatori che anzi devono essere esclusi ed eliminati.

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Prof. Nardìn

Gesù stravolge questa concezione: si elimina il peccato, non il peccatore! E lo fa stando con i peccatori,
proprio come i profeti avevano annunciato. Gesù purifica dai peccati e permette di pregustare a tutti
il banchetto messianico-escatologico.
Gesù mangia anche da risorto: per convincere della risurrezione, ma anche per indicare che nel
banchetto cristiano lui è presente. Un esempio è la cena di Emmaus: il Risorto non si possiede, ma il
pane è il segno della sua presenza. Ciò implica non solo che la Chiesa fa l’eucaristia, ma che la stessa
Chiesa nasce dall’eucaristia.

Nomi del sacramento nel Nuovo Testamento


Esistono molti nomi per chiamare questo pasto: calice del Signore (contro quello dei demoni), mensa
del Signore (e non dei demoni), Eucaristia (espressione della gratitudine per ciò che Dio compie),
sacramento dell’altare, santa messa (liturgicamente), sacrificio (da Eb), ultima cena (riferimento alla
celebrazione di Gesù), comunione (partecipazione al corpo e vincolo tra le chiese, da sinodo di Elvira
306), Santissimo (con riferimento al tabernacolo), viatico (sacramento della riconciliazione per i
moribondi).
Ma due sono i riferimenti principali.

Cena del Signore: kuriakon deipnon. È la possibilità di rivivere la Pasqua. La preghiera eucaristica
indica quattro dimensioni: morte, comunione con Cristo, con la chiesa, annuncio.

Fractio panis: klasis tu artu. È riferimento alla cena ebraica: antipasto (benedizione del I calice e
intenzione di verdure) pasto (benedizione del secondo calice, benedizione del pane, spezzare del pane
e sua distribuzione). Fondamentale era la Berakah: non è una semplice benedizione: è lode, narrazione
e dossologia. Questa sottolineatura ci fa comprendere come l’eucaristia, in tal senso, vada intesa
all’interno della storia della salvezza.

La Berakah è atto di grazie in risposta alle opere di Dio per il suo popolo. Gesù, nell’ultima cena, le
conferisce però, ora, un nuovo significato cristologico. Tale azione non è né solo rituale né solo di
gratitudine. Esso comprende lo stupore (lode, contemplazione delle opere e dello splendore di Dio,
salmo 111) ma anche la confessione (Dio è unico liberatore, I esodo, unico Signore, unico Dio, II
esodo, salmo 30).
Dalle opere di Dio (la creazione e la storia) nasce la Berakah (stupore e confessione, inizialmente a
livello extra cultuale, come nel caso del servitore di Abramo e di Jetro, ma poi con il salmo 106 entra
nella liturgia del Tempio). Ma accanto alla Berakah si riconosce anche l’estrema infedeltà umana,
che diventa richiesta di perdono e confidenza totale nella fiducia divina (salmo 106-107).
Soggetto della Berakah è la comunità (Neemia 9). Essa è: benedizione, anamnesi delle opere di Dio:
memoria-celebrazione-profezia, e dossologia. La Berakah per eccellenza è dunque quella che ricorda
la liberazione e il passaggio dell’Esodo, cioè la Pasqua.

Eventi tipologico-eucaristici dell’AT e rilettura nel NT


Legati alla Berakah, ci sono quattro eventi fondamentali della storia della salvezza. Essi sono uno
sguardo sul passato, reso presente per annunciare che nel futuro ci sarà un ulteriore e definitivo
intervento.
L’annuncio profetico di Is 43 è fondamentale: egli apre la speranza a “qualcosa di nuovo” per la qual
cosa il popolo celebrerà le lodi. Dio dimenticherà i peccati di chi non lo invoca e non fa sacrifici,
perché Dio stesso cambierà il cuore dell’uomo.

1. Pasqua di liberazione dall’Egitto: tale festa nel nord era legata ai giorni del “pane azzimo” mentre
al sud all’immagine dell’ “agnello”. L’evento dell’Egitto spinge a rileggere il tutto facendo del pane
azzimo un elemento della “fretta” della partenza e dell’agnello la “salvezza” e preservazione delle
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case. I due elementi, da agricoli e pastorizi, assumono dunque un carattere salvifico grazie
all’annuncio dei profeti.
1. Pasqua di Cristo: è il “passaggio” dal mondo al Padre, inteso come offerta di sé per la salvezza di
tutti (Gv 13). Cristo legge dunque questo evento come il Nuovo Esodo che è possibile per ogni
creatura a partire dall’evento della croce e attraverso l’ultima cena, intesa come anticipazione della
morte e risurrezione.
Questo nuovo esodo causa il cambiamento del cuore e l’eliminazione del lievito vecchio (cioè i
peccati).
Tre sono gli elementi: agnello, pane del cielo e acqua della roccia, terra promessa di latte e miele.
L’immolazione dell’agnello è cambiata qui da Gesù con l’utilizzo del pane e del vino sui quali egli
afferma: “questo è il mio corpo/sangue”. In tal senso Gesù afferma di essere il vero agnello, attraverso
il pane dato (che toglie i peccati Gv 1) e il vino versato (agnello di Ap ha i segni della passione, ma
è in piedi).
I Padri hanno riletto il passaggio del mar rosso a partire dal “pane del cielo e l’acqua dalla roccia”,
affermando che pane-eucaristia, cielo-Dio, acqua-battesimo, roccia-Cristo. E anche la “terra
promessa”, terra di “latte e miele”, secondo la pratica post-catecumenale di bere latte e miele dopo i
sacramenti, fanno capire che per i Padri la liberazione dall’Egitto è una sorta di percorso catecumenale
che indica nell’eucaristia il raggiungimento della salvezza.

2. Sacrificio dell’alleanza: è inteso sia a partire dal sacrificio di Abramo che a quello del Sinai, con
l’annuncio profetico che il Messia offrirà, finalmente, l’ “unica oblazione”.
2. Sacrificio dell’alleanza di Cristo: “mio sangue dell’alleanza” Mc-Mt, “calice della nuova alleanza”
Lc-1Cor11, “sangue della croce della nuova ed eterna alleanza” Eb-1Pt, “sangue che da la vita” Gv6.
L’eucaristia è dunque riletta come memoria dell’alleanza definitiva. Tutti i sacrifici antichi, inoltre,
vengono ricapitolati e portati a compimento sulla croce: antropologici (abele) religiosi (melchisedech)
e biblici (Abramo).

3. Banchetto di Comunione: indica la comunione con il divino ed è riletto dai profeti come il
banchetto che segnerà l’alleanza messianica.
3. Banchetto messianico: è anticipo della presenza dello Sposo, secondo quanto afferma Mt.

4. Dimora di Dio: Shekinah: indica che Dio è in mezzo al popolo, si trova in Gerusalemme e nel
Tempio, è il Dio-con-noi, ricorda la tenda del deserto (absidi delle chiese) e l’arca (l’altare). Dio è
vicino a tutti coloro che lo cercano (nome è possibilità di presenza).
4. Emmanuele: è l’incarnazione che continua nell’eucaristia (aspetto intermedio) per giungere
finalmente alla Gerusalemme celeste.

Nuovo Testamento
Fin dagli inizia la comunità ha celebrato con naturalezza l’ultima cena. Due le ragioni: Gesù durante
la propria vita partecipò spesso a conviti e, inoltre, comandò esplicitamente di farlo nell’ultima cena.
Egli è convinto dell’assoluta disponibilità del perdono per coloro che si convertono: lo si capisce sia
dalle parabole sui pasti, sia dalla vita stessa di Gesù: nessuno è escluso, non perché Gesù approvi la
vita di peccato, ma perché queste situazioni rendono concreto il suo annuncio di perdono.

L’istituzione dell’eucaristia ha una triplice dimensione. Per Gesù è l’ultima cena con gli apostoli; per
la chiesa nascente si esplica in due tradizioni liturgiche (antiochia e palestina); negli scritti si evince
un’unica tradizione con peculiarità proprie.
Storicamente l’ultima cena è “memoria e anticipazione” e perciò “profezia in atto” dell’evento
salvifico di Dio.

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Due le tradizioni: Mt 26- Mc 14 e Lc 22- 1 Cor 11.


La tradizione palestinese sarebbe anteriore al 40 d.C., mentre quella antiochena è posteriore al 45 d.C.
In tali testi si possono evidenziare sia concordanze che discordanze. Queste cose ci fanno capire come
i testi siano da leggersi in modo complementare, contestualizzato e in prospettiva globale, non slegata,
secondo l’immagine passato-Gesù-futuro.
Per Gesù la benedizione sul pane implica la memoria dell’Egitto, ma anche la sua morte (pane
spezzato) e risurrezione (corpo glorificato). Mentre quella sul vino è segno del passaggio dall’antica
alleanza a “nel mio sangue”.
Concordanze: cena con apostoli in contesto pasquale, due riti giudaici (benedizione-distribuzione
del pane e offerta del calice), Gesù pone esplicita relazione fra il corpo-pane dato e il sangue-vino
versato per, la cena è vista come banchetto escatologico, la vita di Cristo è data in riscatto, si risente
un eco della liturgia vissuta dalle comunità di origine.
Discordanze: nel palestinese le due benedizioni sono unite in modo stringente per influsso della
liturgia vissuta, mentre nell’antiocheno c’è maggiore distinzione e dunque rispetto dell’ebraicità.
L’antiocheno, però parla di “fate in memoria” indicando la necessità di ripetizione, che manca in
palestinese. Infine il palestinese parla di “sangue dell’alleanza” facendo capire che tale alleanza è
definitivamente compiuta, mentre l’antiocheno parla di “nuova alleanza”.

Banchetto pasquale? 13 Nisan: Gv-ultima cena. 14 Nisan: AT-agnelli immolati. Gv-morte. Sin-
Ultima cena. 15 Nisan: Sin-morte. Dunque nella prospettiva giovannea non si tratta di una cena
pasquale. In realtà, però, che la cena fosse pasquale non lo testimoniano solo i sinottici, ma anche
alcuni elementi propri del convito: la benedizione, l’inno di lode conclusivo che rimanda alla seconda
parte dell’hallel, Gesù non è a Betania come di solito, ma mangia la notte a Gerusalemme.

Morte e vita: è il significato che viene attribuito all’evento dalle parole di Gesù. L’inizio è di morte:
passione (sinottici) e “notte in cui fu tradito” (1 Cor): in tal senso non è possibile separare banchetto
e morte. La conclusione, invece, è di tipo escatologico: lo dimostra il versetto escatologico dei
sinottici (non berrò più il vino finché non lo berrò in cielo) e il “finché egli venga” di 1 Cor. Perciò,
oltre ad essere anticipazione della morte, il banchetto è anche celebrazione che annuncia il definitivo
banchetto escatologico.
Gesù può morire perché compie il disegno del Padre: morire per. E ritornerà glorioso grazie alla
risurrezione che è eschaton di salvezza. Il tempo intermedio è il tempo del Risorto Presente.
Far memoria: ma come è presente? I discepoli obbediscono al comando di Gesù di “far memoria”
entrando così nel dinamismo della risurrezione: il Risorto è Presente per dare la vita senza fine.
Lo sfondo biblico del far memoria: pane-vino sono il frutto della terra (promessa) e lavoro umano.
Benedizione è ciò attraverso cui passa la vita divina. Il mangiare insieme è espressione della
comunione dei commensali. La relazione esplicita tra Gesù e i doni è segno della attuale comunione
con lui.
Soggetto del memoriale: è Dio che libera dall’Egitto e ora ha risuscitato Cristo.
Corpo dato: è segno della totalità della persona di Cristo, dell’unità ecclesiale e del “per molti”
antropologico.
Memoriale AT Ultima cena Eucaristia
Memoria ricordo opere di Dio Esodo Opera di Gesù Pasqua di Cristo
Celebrazione contemporaneità Pasqua pane-vino pane-vino
Profezia anticipazione Messia morte/venuta venuta
escatologica

Per i protestanti si tratta di una semplice allegoria di carattere simbolico: i doni sono solo la
predicazione della morte, senza che ciò sia realistico.

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Nella cultura biblica non c’è allegoria in tal senso: le parabole rivelano il Regno, nella cena, invece,
Gesù rivela se stesso nel compimento della propria vita. E quando Gesù parla di sé, sempre lo fa
attraverso realtà concrete: Lazzaro, lo storpio, la Croce. Sono dunque verificabili!

Significati fondamentali
Remissione dei peccati: Gesù sedeva con i peccatori e ora con i discepoli “in remissione dei peccati”.
La cena si inquadra dunque nel convito dei peccatori. La comunione è segno della rinnovata alleanza
del Dio vicino che finalmente è venuto per perdonare.
Partecipazione al regno: escatologia: Gesù infrange la morte, il limite perché Gesù annuncia che il
compimento sarà oltre la morte. Questo convito è dunque un ponte nel tempo verso la comunione
definitiva con Dio.
Segno di Gesù: come il capofamiglia ebraico, Gesù porge ai suoi da mangiare: ma si tratta del “mio
corpo”. Ciò indica la certezza di una perenne comunione con Gesù nella sua disponibilità alla morte.
Questo è il punto più in contrasto con la teoria allegorica: non è una rappresentazione simbolica della
sua vita e morte: non è riduzione ad una predizione. Non si tratta soltanto dell’interpretazione della
morte, ma della stessa comunione permanente e santificante che qui si realizza. “Est” è Gesù stesso,
in senso realistico.
Riscatto per molti: è il senso dell’espiazione che Mc 14 ricava da Is 53. È Gesù stesso che interpreta
la sua morte in funzione salvifica! I doni sono così il pegno della realtà che il futuro riserva. Il servo
di Isaia porta il peccato di molti e intercedeva. Inoltre il sangue dell’alleanza di Es 24 ha forza
conciliativa ed espiativa.

Concezione paolina
Pl ne parla incidentalmente in 1 Cor 10-11, costretto dalle circostanze di Corinto. Per lui l’eucaristia
non gioca alcun ruolo, perché la teologia eucaristica non ha ancora conosciuto una fase elaborativa.
Perciò ciò che emerge lo è in modo irriflesso, anche se su una tradizione evidentemente consolidata.
1 Cor 10: “comunione con il Signore” nel contesto della carne sacrificata agli idoli, idolatria. Occorre
entrare in comunione con Cristo presente nei doni. Il “corpo” è presente nel pane: questo implica una
unità stretta per coloro che di esso si cibano. È chiaro che qui Pl ha a cuore questioni morali e non
dottrinali.
Pl continua poi affermando che la comunione è anche “vincolo di unità”: non libera unione di
individui: la comunione al corpo incide sulla carità che è tensione verso l’unità.
1 Cor 11: annuncio del crocifisso. Le azioni immorali di alcuni fanno vergognare gli altri: necessità
di ricordare il contenuto della Cena. Non è un semplice gesto ripetitivo, ma è annuncio
commemorativo e al tempo stesso attualizzante. Inoltre, Pl afferma anche che è una celebrazione della
speranza nel futuro in forza del “già” della comunione instaurata con Cristo. Essa, sarà dunque portata
a compimento.

Concezione giovannea
Gv parla dell’eucaristia in molti testi seguendo una sorta di schema. Vi è una inclusione di acqua-
vino (2) e acqua e sangue (19) connotata dalla presenza di Maria. Poi vi è un secondo momento legato
alla visione del pane (6) e della vite (15) in cui si afferma la necessità di rimanere con Cristo. E il
punto centrale, in cui ci aspetteremmo le parole dell’istituzione, è quello della cena in cui però
compare la lavanda dei piedi (13), segno servile e di schiavitù che afferma l’amore incondizionato.

Perché il silenzio di Gv sulla cena? Non è antisacramentalismo, dal momento che ci sono precisi testi
eucaristici in Gv: egli coglie il senso profondo del gesto dell’ultima cena (ormai conosciuto e ovvio
per tutte le comunità) nella lavanda, quale manifestazione dell’amore di Dio. L’eucaristia era del resto
già narrata nei sinottici e celebrata dalle comunità.

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A ben vedere il testo eucaristico di riferimento è Gv 6: la gente cerca Gesù (cristologia) non perché
han visto segni (teologia) ma perché sono stati saziati (antropologia): siamo nell’ambito della
religione.
Gesù ribalta l’ambito entrando nella rivelazione: “credere (antropologia) in colui (cristologia) che
Egli ha mandato (teologia)”.
Egli interpreta il testo di Es 16 e sal 77 della Manna nel deserto. Centrale è il verso 31: diede loro da
mangiare un pane dal cielo: tutto il resto del testo è semplicemente un midrash di questo. Però se la
prima parte il mangiare è sinonimo di credere e aver fede, dal verso 51 il mangiare è legato alla sua
carne e sangue. Gli effetti sono vitali e dunque vi è un richiamo forte alla cena di congedo: “se non
mangiate”, indicando dunque il cibo santo come strumento della vita divina. Dunque le due parti del
brano possono essere così descritte: all’inizio è necessario un atto di fede, per poter poi entrare
nell’ambito sacramentale.

Da tutto ciò si può concludere che la preoccupazione dei vangeli non è quella di dire che tipo di cena
fu, ma dire che la celebrazione della chiesa è la vera e definitiva Pasqua di Cristo.

Padri
I testi di riferimento per i primi tre secoli sono pochi: il canone delle Scritture, i simboli (sensibilità
occidentale) e le preghiere eucaristiche (sensibilità orientale). Dal II secolo cominciano ad emergere
indicazioni su azioni liturgiche e doni. Inoltre, da subito, il sacramento viene chiamato eucaristia e
ciò dimostra che si è avuto fin dall’inizio un approfondimento della sua comprensione.

Tre sono gli aspetti del rendimento di grazie eucaristico.


Anamnesi: Didaché. Si tratta di una lode riconoscente per la creazione, storia della salvezza, salvezza
di Cristo e sua Presenza.
Sacrificio: è visto da Giustino come preghiera (Apo I) e presentazione dei doni (Trifone) e da Ireneo
come renimento di grazie e consacrazione dei doni (Adversus).
Benedizione: è considerato così da Ippolito come rendimento di grazie e consacrazione (Traditio).

Ignazio: per lui l’eucaristia è causa dell’unità (ecclesiologia – Filadelfia), carne di Cristo e pane di
Dio (cristologia – Smirne e roma) e medicina e antidoto per non morire (antropologia – Efeso).
L’eucaristia produce l’unità: essa non è una cosa, ma è un continuo processo di identificazione con
Cristo.

Giustino: I Apologia. Vede l’analogia con l’incarnazione. Il Logos (verbo di Dio) si fa carne in Cristo
il quale si fa alimento consacrato attraverso la sua preghiera. Per questo è impostante l’azione dello
Spirito per l’epiclesi del Logos.

Ireneo: Adv Haer. Eucaristia è consacrare i doni e rendere grazie per la creazione e la redenzione.
Egli parte dal dualismo gnostico affermando che la salvezza arriva a noi solo se ci nutriamo del suo
corpo. Ciò che rende l’azione liturgica eucaristia è il rivolgersi a Dio nell’orazione, accogliendo
quello che è l’appello di dio stesso. Il Logos opera la trasformazione L’eucaristia, come
l’incarnazione, è azione della carne (terrena) e dello spirito (celeste). Questa posizione sarà all’origine
della doppia linea che seguiranno i padri greci. Da una parte si tende a sottolineare la bontà della
creazione (antiochia), mentre dall’altra si sottolinea l’importanza dell’azione trasformatrice del verbo
(alessandria).

Padri greci
Scuola alessandrina: attenzione maggiore allo Spirito (platone) e alla comunicazione del Logos.
L’eucaristia è partecipazione alla divina essenza. Dio, attraverso l’uomo-Cristo, ha divinizzato gli
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uomini. Vi è una sostanziale svalutazione della materia: la comunione è partecipazione alla


conoscenza della verità rivelata da Dio. Non ci santifica il pane, ma la sua coscienza, il nuovo ethos
che nasce da tale conoscenza (Origene). Atanasio modera un po’ questa posizione: assumiamo il
corpo del Logos che ci comunica la vita divina.

Scuola antiochena: e cappadoci. Attenzione maggiore alla materia (Aristotele). Lo Spirito attualizza
la storia della salvezza facendo della comunione la partecipazione a tale ripresentazione. Il verbo si
rivela nella storia (originale-copia, reale e dunque non semplice ricordo). In questo senso importante
è l’anamnesi e l’azione dello Spirito che permette che la copia sia conforme all’originale (Epiclesi).
Crisostomo: la nostra eucaristia è vero corpo storico riproposto su quella stessa mensa. E Gesù stesso,
durante l’ultima cena bevve il suo sangue.

Padri latini
L’ambito loro proprio è più pragmatico: sono attenti ai doni. Ciò spiega la fisicità, il giuridismo e
l’attenzione alla presenza.
Cipriano: nelle epistole: l’eucaristia rende presente e ricorda la Pasqua. Essa è fonte e culmine
dell’unità della Chiesa.
Tertulliano: Adv Marcionem: eucaristia è il sacrificio della Croce in cui Cristo di nuovo muore. È il
sacrificio della croce sacramentale, che permette anche a noi oggi di poter parteciparvi.

Nel ME latino Ambrogio influirà sull’eucaristia, Agostino sulla teologia e Gregorio sulla spiritualità.

Ambrogio: De sacramentis, de mysteriis. Si tratta della reale carne, la stessa crocifissa e sepolta.
Rispetto alle ombre e figure dell’AT, essa è veritas et lux. L’aspetto più importante è la consecratio:
non è epiclesi del Logos o dello Spirito, ma la parola di Cristo ripetuta letteralmente ad assicurane
l’efficacia.
La parola è in continuità con: dato biblico: Elia-Cristo. Liturgico: vescovo-Cristo. Cosmologico: Dio-
Cristo.
De mys: segno sacramentale è corpo e sangue di Cristo presente oggettivamente, ma riconosciuto
solo con la fede. La consecratio invece è vera parola di Cristo.
De sac: Il sacrificio è ricordo di Cristo e cancella i peccati la sua assunzione.
È dunque chiaro che per Ambrogio non cambia solo il significato, ma vi è una trasformazinoe reale,
ma non percepibile. Ambrogio è profondamente realista: sacramento visto in se stesso.

Agostino: ha tre prospettive: realismo, simbolismo, spiritualismo. Il sacramento è visto nel suo
riferimento al soggetto. E il soggetto è la chiesa (ecclesiologia), ma anche il singolo
(antropocentrismo). Perciò l’approccio è antitetico a quello di Ambrogio. E le tre prospettive ci
devono mettere in guardia dal leggere Agostino con uno sguardo posteriore che vorrebbe dividersi
fra realismo cattolico e simbolismo protestante. Occorre sempre capire il contesto in cui scrive. Il
CVII fa propri sia il realismo che il simbolismo eucaristico, affermando che l’eucaristia è simbolo
reale.
Ci sarebbero dunque due posizioni in Agostino. In opere pastorali, le catechesi, è realista, mentre nei
trattati di dogmatica è simbolico. Ad ogni modo ci sono anche opere in cui le due posizioni sono
perfettamente unite. Realista: eucaristia è corpo e sangue di Cristo. Simbolico: eucaristia è segno
della realtà pneumatica.

Ciò si evidenzia bene nella distinzione tra realismo-sacramentum tantum-mangiare la carne e il


simboismo-res sacramenti (vero fine ed effetto)-dimorare in Cristo ed essere abitato da Lui.
A livello ontologico, mentre la res sacramenti è permanente ed eterna, i signa sono caduchi, ma non
per questo Agostino può essere considerato spiritualista. Il suo atteggiamento di fondo si muove in
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prospettiva platonica e antropocentrica: ciò spinge Agostino a valorizzare la realtà ontologica rispetto
ai segni.
Platonismo agostiniano: copia è segno esterno, che non è ombra, ma segno in cui l’originale si rende
storicamente presente. Perciò entrambe le prospettive sono importanti, nell’unitarietà. Ciò lo si
comprende per esempio nella disputa con gli eretici i quali possono certamente ricevere i signa, ma
non a loro vantaggio, bensì come danno.
Queste due sfumature di Agostino saranno al centro delle dispute posteriori.

Medioevo eucaristico
Nel IX secolo Carlo il Calvo è all’origine di una disputa eucaristica che vedrà come primi attori
Radberto e Ratramno sul modo diverso d’intendere la realtà eucaristica. Il contesto è quello franco-
geramnico in cui l’allegorismo platonico non si riesce più a comprendere per il mutato contesto di
ricezione metafisica e dunque di capacità ermeneutica. Il punto è che “esiste solo ciò che è presente
in re”, mentre la figura è “presenza non effettiva”. Perciò una cosa o è alla lettera (grammatica-
etimologia) o allegorica (retorica-significato nel contesto). Nb: trivium: grammatica, retorica,
dialettica.
Ma dunque la presenza nell’eucaristia è vera o simbolica? Se prima simbolico significava reale e con
rimando alla realtà piena, ora non è più così.

Radberto: realismo materiale, alla lettera (Alcuino, Amalario). De corpore et sanguine Domini.
Abate di Corbie, afferma che esso è corpo storico e l’eucaristia è ripetizione della passione di Cristo.

Ratramno: simbolismo spiritualista (Beda, Berengario). D.co.e.san.D. Frate di Corbie. Ha una


posizione antitetica al platonismo agostiniano. Per Ratramno la veritas è corporaliter-corpo mentre il
mysterium è spiritualiter-eucaristia. Il corpo eucaristico non è in veritate, ma in figura, mysterio e
l’eucaristia così non è vero corpo, ma solo pignus, imago. La mutatio avviene, ma sotto le figure c’è
il corpo e il sangue spirituale come pegni e immagine che, una volta assunti, significano l’entrare in
rapporto causale con la verità del sacramento, cioè la comunione con Cristo.

La Chiesa non è intervenuta perché si trattava in fondo di una disputa filosofica per la quale non aveva
ancora un apparato teologico-concettuale. Ma lo farà due secoli dopo, nel XI.

Berengario: simbolismo-spiritualista, spirito. E Lanfranco: realismo materiale, lettera.


Berengario scopre il “De corpore” di Ratramno, ma lo attribuisce a Eriugena. Ciò lo convince che
l’ermeneutica simbolica sia autorevole. Scrive perciò a Lanfranco che si trova a Roma in Concilio
1050. La lettera è letta pubblicamente e Lanfranco è chiamato ad esporre le perplessità. Il concilio
scomunica Berengario che non si presenta al sinodo indetto a Vercelli. Nel 1059 il concilio gli impone
si aggiungere “sensualiter”, ma egli risponde con un testo Contra Sunodum. Lanfranco, perciò,
compone il De Corpore e nel 1079 il nuovo concilio prende posizione a favore di Lanfranco
affermando che “substantialiter converti in veram carnem”.
Per Berengario nella consacrazione i segni diventano figura simbolica in riferimento unico al soggetto:
non è corpo in sé, ma solo per l’uomo spirituale. Per lui il corpo è la veritas invisibile, mentre il
sacramento è la figura visibile. Ma questo passaggio solo l’uomo spirituale può farlo. È chiaro che
lui estremizza Agostino (eretici non si comunicano), sopravvalutando il soggetto e il platonismo
ontologico della realtà colta dall’anima.
Lanfranco invece afferma che la sostanza terreno è il corpo del Signore, mentre le specie sono il
pane e il vino, la cui essenza è mutata (come Guitmondo).

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Prof. Nardìn

Da tutto ciò è evidente che da Agostino in poi, ciò che è mancato è stato un punto di unione tra il
sacramentum tantum e la res sacramenti, considerati spesso come due posizioni inconciliabili. Il
tentativo di superare tale posizione si ha nella riflessione sulla transustanziazione.

Transustanziazione: essa si inquadra nella concezione aristotelica dell’essere. Sostanza, entità


profonda, e accidenti, qualità mutevoli. La sostanza non è la materia, in quanto sta a fondamento della
realtà avendo carattere di stabilità. La sostanza garantisce l’identità nella continua mutevolezza,
facendo da supporto agli accidenti.
Guismondo: parla di una trasformazione di tipo sostanziale: l’essenza delle cose viene mutata.
Gregorio VII: aveva già sottoposto a Berengario nel 1079 un primo abbozzo di tale dottrina: converti
substantialites veram propriam vivificatricem carnem.
Se è confermata la dottrina di Ambrogio e Radberto, in realtà da esse, con tale dottrina, si prendono
anche le distanze. Tale dottrina è universalmente recepita dall’alta scolastica, tranne da una corrente
nominalistica che preferisce la consustanziazione (ockham) e che influenzerà la riforma. L’obiezione
a loro più forte è il fatto che le specie arrivano ad essere un mero recipiente vuoto e non un vero segno.
Dottrina: presenza di Cristo è realtà previa alla fede, risana la frattura tra sacramentum tantum e res
sacramenti, offre un nesso causale tra le offerte e la salvezza, il corpo di Cristo non può subire
influenze perché è presente nella sostanza e dunque non può patire, la simultaneità non è corporaliter
ma substantialiter, la permanenze è dell’essenza, le specie vanno adorate.

Trasformazione: pane-vino si dissolvono


Consustanziazione: pane-vino restano Riforma
Annichilimento: pane-vino scompaiono
Transustanziazione: pane-vino rimangono come accidenti. Direttamente: Trento. Per adduzione:
Scoto.

Scolastica del XIII secolo


Agostino Aristotelismo moderato Aristotele
Bonaventura Tommaso Boezio
Necessità fede fede compie la ragione fiducia assoluta nella ragione
ilemorfismo, metafisica teologia non è vero sapere

Pietro Lombardo: Summa sententiarum. Afferma che tra la realtà visibile (sacramentum tantum) e
quella invisibile (res tantum) vi è la res et sacramentum.

Tommaso: l’eucaristia è l’eredità lasciataci da Gesù. Il sacramento è


Segno: commemorativum, memoriale della passione, sacrificio di donazione, compimento di tutti i
sacrifici; communionis: con Cristo e con la Chiesa; praefigurativum: della visione beatifica e del
godimento eterno.
Simbolo: del corpo e del sangue. Esso si può comprendere solo con la fede, non con i sensi,
confidando nell’autorità divina (Sola fide, sola scriptura). Per lui, dopo la transustanziazione non può
rimanere la sostanza del pane, poiché è impossibile che essa sia il corpo di Cristo e ad essa si da
adorazione che è soltanto conveniente a Dio.
Sacramento della grazia: che dona gioia spirituale e fonda la missione perché ci si ciba di Cristo.
Soggetto: è il Signore, non il ministro che è strumento anche se indegno.

Tommaso Ugo di s.Vittore


Visibile sacramentum tantum species segno esteriore
Visib-invisib res et sacramentum veritas effetto intermedio
attualizzaz/presenza
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Invisibile res sacramenti virtus grazia


incontro/appartenen
Nel I millennio la presenza reale era finalizzata all’appartenenza della Chiesa (presenza-
appartenenza), mentre nel II si ha un’accentuazione degli effetti in senso sacrificale e individuale,
portando a considerare maggiormente il sacrificio e la possibilità dell’incontro personale con Cristo.

Ciò ha portato a considerare in modo diverso il Corpus Christi:


I millennio II millennio
Verum Chiesa: fine della chiesa Specie: presenza reale
Mysticum Specie: visibile e invisibile Chiesa: naturale e giuridico
Come conseguenza si è accentuato l’aspetto ieratico (preghiera eucaristica silenziosa, una specie per
la comunione, bassa frequenza con necessità di normarla) e l’aspetto della pietà eucaristica
(adorazioni, corpus domini, miracoli). Con evidenti deviazioni: importante è vedere l’Ostia. Il
sacrificio è visto come opera pia da compiersi il più spesso possibile, slegato da quello della Croce.

Quid mus accipit?


Tommaso: il vero corpo, perché dove si trovano gli accidenti, lì vi è anche la sostanza.
Bonaventura: non mangia il vero corpo perché è solo per uso umano, in quanto a volontà istitutiva.
L’oggettività del corpo è per Tommaso indipendente dalla fede, mentre per Bonaventura è legata alla
volontà stessa di Cristo.

Bonaventura: breviloquim. Eucaristia è sacrificio (Cristo presente), sacramento (unità della chiesa)
e viatico (ristoro spirituale).

Pietà e dottrina nel tardo medioevo: siamo in un orizzonte teologico povero (transustanziazione),
in cui mancano la dimensione biblica (storia della salvezza) e non sono coinvolti i fedeli (indulgenze
e meriti).
In questo sfondo occorre leggere la posizione che viene condannata da Costanze 1415:
Wyclif: sostanza materiale delle specie rimane anche dopo consacrazione perché gli accidenti non
rimangono senza il loro soggetto. Non presenza come nella sua persona corporale. No a ministri
indegni. No istituzione.
E la posizione di Hus: rivendica per i laici la comunione al calice. Costanza: Cristo è presente tutto
anche sotto il pane.

Riforma: I presupposti sono sola scriptura, fide, gratia. Inoltre il rifiuto del sacrificio e della presenza
reale.

Lutero: vive due fasi. Nella prima l’elemento costutituvo è la fede della persona. Dal 1520 entra in
polemica con Zwingli e dunque sottolinea la presenza reale, come fondata nella Bibbia quando si
descrive l’istituzione eucaristica e quando Paolo afferma che non è acconsentito accostarsi
indegnamente (1 Cor 11). Ad ogni modo per Lutero ciò che è necessario è la fede. Per lui la fede è
accogliere la grazia senza vantare meriti. Perciò si inserisce nella tematica della giustificazione: non
serve “togliere” il peccato, serve la fede nella giustificazione. Il sacramento è così il divino sigillo
che conferma la parola di perdono. Esso non è un sacrificio: Cristo è unico sacerdote e la Croce è
unico sacrificio. Inoltre, contro Zwingli: l’Est non è “significat”, secondo soggettivismo, ma è reale,
perché è parola efficace di Dio che ha voluto così.
De capti vitate 1520: eucaristia è dono di Dio e presenza corporale pro nobis grazie alla volontà
costitutiva di Cristo, perciò solo dalla preghiera eucaristica alla manducazione (no ad adorazione).
Mentre l’eucaristia non è opera buona per Dio né sacrificio.

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Prof. Nardìn

Egli parla di consustanziazione: compresenza delle due sostanze, come le due natura sono presenti
nell’unione ipostatica del Verbo. Eucaristia è ricordo (non rinnovo) della santa cena e memoria (non
ripresentazione) della passione. La dottrina dell’ubiquità: Cristo nell’eucaristia lega la corporeità
trasfigurata al pane e al vino: il suo corpo riempie le offerte eucaristiche

Zwingli: è contrario alla presenza reale perché afferma l’impossibilità dell’ubiquità: come può un
corpo terreno essere alla destra del Padre e nelle celebrazioni sugli altari? Egli è fortemente platonico
e imposta la sua teologia in riferimento alla redenzione unica e completa di Cristo. Lo SS produce la
fede, i sacramenti sono per la comunità utili ad esprimere tale fede che li unisce. L’eucaristia è ricordo,
ringraziamento della redenzione già operata: il pane e il vino ci dicono che i fedeli già sono stati
trasformati. Non esiste, oltre all’ubiquità, nemmeno la transustanziazione, perché Cristo è e rimane
alla destra del Padre. Non si consacrano le offerte, ma i fedeli.

Calvino: cena è dono di Dio, non atto nostro per la soddisfazione delle colpe. Egli assume una
posizione intermedia rispetto a Lutero e Zwingli (presenza reale e simbolica): non è Cristo a
discendere, ma nella cena siamo noi ad essere elevati dallo Spirito al cielo. Noi non riceviamo il corpo,
ma la vita che da lui ci proviene. Non per mezzo delle specie, ma nel ricordo della celebrazione.

Trento
Tre i punti in cui è considerata l’eucaristia: presenza reale XIII, comunione XXI, sacrificio XXII.
XIII: Presenza reale: proemio, 8 capitoli, 11 canoni.
Cp.1 e c.1: vere, realiter, substantialiter: cristo tutto intero. Contro Zwingli si afferma che Cristo è nei
cieli, ma nella sostanza (immutabile in se stessa) anche presso di noi. Dunque l’eucaristia non è figura
o virtus, perché questo valeva nell’AT. Nel NT vi è la veritas della figura dell’AT.
Cp.4 e c.2: transustanziazione: conversione di tutta la sostanza (è dogma il fatto, non il termine). Il
concilio preferisce l’idea di conversio a quella di transustanziazione e si sottolinea che non è simile
all’unione ipostatica, perché l’incarnazione, croce ed esaltazione di Cristo sono avvenuti una volta
per sempre.. Ne derivano i successivi capitoli: cp.5: adorazione. 6: conservazione. 7: preparazione
adeguata. 8: uso consono.
Cp.3 e c.4: eccellenza dell’eucaristia: prima della manducazione, già è presente l’autore della santità:
diversamente da altri sacramenti che santificano solo nella ricezione. C.3: Cristo tutto intero è
contenuto in ognuna delle due specie, corpo anima, umanità e divinità, a motivo dell’unità di corpo e
sangue. Si sottolinea dunque la presenza per sempre. Ciò avviene grazie alle parole per cui sotto il
pane c’è il corpo e sotto il vino il sangue. Ma anche per naturale unione: il corpo è anche sotto il vino
e viceversa. L’anima e l’unione ipostatica di divinità e umanità lo stesso: sotto una specie è contenuto
tutto.
Cp.2 e c.5: ragione dell’istituzione: ricordo dei prodigi, onorare la sua memoria, annunziare la sua
morte finchè egli venga. Perciò esso è cibo spirituale, antidoto alle colpe quotidiane e aiuto per
preservarci dai peccati mortali. È pegno della gloria, simbolo del suo corpo, segno dell’unione nostra
in qualità di sue membra. Questo contro Lutero che affermava che l’eucaristia fosse anzitutto contro
i peccati.
Cp.5 e c.6: onorare con “latria” come si conviene a Dio.
Cp.6 e c.7: in tabernacolo va posto: come si afferma da Nicea e per i malati.
Cp.7: in peccato mortale, non ci si accosti.
Cp.8 e c.8: ricezione: peccatori solo sacramentale, di desiderio solo spirituale, preparati sacram. e
spirituale.

XXI: Comunione: proemio, 4 capitoli, 4 canoni.


Cp.1 c.1: per disposizione divina solo il celebrante può ricevere sotto le due specie (nonostante il
racconto istitutivo): si evince da una serie di citazioni di Giovanni. C.2: Chiesa ha potere sui
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Prof. Nardìn

sacramenti, fatta salva la sostanza, perciò afferma che si usi solo una specie. C.3: sotto il pane si
riceve tutto: Gesù disse: “mangiatene tutti”, non bevetene, perciò nessuna grazia è negata a chi si
comunica solo con una specie.

XXII: Sacrificio: proemio, 9 capitoli, 9 canoni, 1 decreto super petitione (Papa decide se due specie).
La riforma è contro il sacrificio perché sminuisce la Croce e l’azione redentiva.
Cp. 1: istituzione: AT insufficienza del sacerdozio levitico: necessario un nuovo sacerdozio che sia
una sola volta per tutte. Ma l’ultima cena è per la sposa, così da essere reso presente con un sacrificio
visibile esigito dalla natura umana. Esso prolunga la memoria ed applica l’efficacia salvifica per i
peccati quotidiani.
Cp. 2: I cattolici affermano l’unità di Croce-messa , anche se c’è diversità sul modo (cruento-
incruento). L’ultima cena è anticipazione della Croce: tutto ciò si ripresenta nella messa. La messa è
oblatio oblationis christi. La messa è rendere presente l’oblazione, memoria e applicazione della
salvezza, senza sminuire, moltiplicare, ripetere o completare l’evento di Cristo. C.1: vero sacrificio.
C.2: istituzione del sacerdozio è da parole “fate questo” perché offrano il sacrificio incruento. C.3:
sacrificio di lode, commemorazione, propiziatorio, giova a tutta la Chiesa, offerto per tutti. C.4:
Messa non sminuisce la Croce.
In modo incruento si ripropone ciò che solo una volta fu cruento: è propiziatorio se si è contriti e
pentiti, per mezzo della grazia e come aiuto contro i peccati mortali. Dio con tale offerta è placato:
perché i frutti della cruenta si ricevono attraverso l’incruenta. Ed essi si possono lucrare anche per i
morti.
Cp.3: messe dei santi per loro meriti. Cp.4: canone è perfetto. Cp.5 necessità di cerimonie perché
siamo uomini. Cp.7: acqua con vino: fece così Cristo, poi dal suo costato, e infine è segno del popolo
che si unisce a Cristo suo capo. Cp.8: latino è la lingua, ma si faccia catechesi.

Dopo Trento
Fondamentali divengono:
Presenza reale: transustanziazione. Trento e Tommaso: diretta. Scoto: addotta: il corpo risorto riceve
un nuovo esse hic che sostituisce quello del pane e vino.
Tale disputa si risente tra Tomisti: productio (suarez) come nuova forma di presenza del corpo di
Cristo e gesuiti: adductio (bellarmino) come nuovo esserci del corpo di Cristo.
Sacrificio: per Vasquez (gesuita) si ricava dall’AT: il sacrificio era distruzione totale della vittima.
Ciò va bene per la Croce, ma come si può dire che l’eucaristia sia sacrificio? Suarez: in
transustanziazione si distruggono le sostanze di pane e vino. Franzelin (tomista): c’è distruzione
apparente di Cristo negli accidenti. Bellarmino: manducazione.
Tale disputa era molto complicata, così dal XIX si ebbe un cambiamento d’impostazione: non ci si
riferì più all’AT concentrandosi sull’unicità dell’oblazione di Cristo e del suo rapporto con
l’eucaristia. L’oblazione è unica, personale, interiore, sulla croce. L’eucaristia è Cristo che attualizza
sacramentalemtne l’unica oblazione. Ma siccome l’evento è cena e croce, nacquero da qui due scuole
(francese e inglese).
Unità cena-croce-eucaristica: garantita da Cristo.
Mentre poco trattati sono la mensa e il sacerdozio comune che portano allo sviluppo del culto
eucaristico.
Frequenza: Giansenismo: solo chi è perfetto. Pio X: 1905: per contestazioni in Belgio: “necessità di
assenza anche dei veniali” afferma con Sacra Tridentina Synodus: eucaristia quotidiana serve per la
santificazione, contro la concupiscenza, i peccati veniali e preveniente dei mortali. Non è una
ricompensa per la bontà. Storicamente, infatti, si faceva poco perché era vietato dai giansenisti, ai
coniugi e ai commercianti. Le uniche disposizioni sono lo stato di grazia e il peccato veniale, che non
è impedimento.

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Prof. Nardìn

Età moderna
Modernismo: riprende le tematiche protestanti contestando l’eucaristia come sacrificio, come
presenza reale e il culto fuori della messa.
Pio X: Lamentabili Pascendi: invita a riconsiderare Tommaso.
Movimento Liturgico: nasce da istanze pastorali e afferma che i sacramenti comunicano la grazia
ma inseriscono anche nell’agire salvifico di Cristo. Esso si basa sulla ricerca esegetica, storica e
liturgica. Perciò i sacramenti devono essere riletti proprio in chiave storico salvifica: eucaristia è
dunque ripresentazione della croce per chè si possa vivere nella fede.
Mediator Dei: 1947. Riprende Trento in rapporto alla natura di sacrificio, ma accoglie anche le
istanze del movimento liturgico e prepara il CVII. I capitoli sono: natura di sacrificio, partecipazione
dei fedeli, comunione eucaristica (una specie) e adorazione. Sulla partecipazione sottolinea la
soggettività: rito è parallelo alla devozione, comunione spirituale e adorazione eucaristica.
Afferma che la Presenza si ha in: sacrificio, ministro, specie, sacramenti, preci rivolte a Dio. La
liturgia è vista come culto del corpo mistico di Cristo, del capo e delle membra. Tale culto è esterno
(cerimonie) e interno (spirituale). Ed è oggettivo (azioni di Cristo) e soggettivo (disposizione del
fedele). La liturgia è efficace per grazia che è incontro tra l’oggettività di Cristo e la soggettività della
nostra disposizione. È positivo di tale documento il tentativo di una considerazione unitaria tra
soggettività e oggettività.
Humani Generis: 1950. Contro la Nouvelle teol: sostanza del sacramento non va inteso nel senso
delle scienze fisiche come insieme di atomi. Ciò porta ad un simbolismo di presenza e alla fine della
transustanz.
Concetto di sostanza eMysterium Fidei: 1965. È una risposta alle critiche sulla transustanziazione
(iniziano in Olanda). Definisce gli errori del dibattito (simbolismo non è esauriente per esprimere la
presenza, la transustanziazione va bene), afferma la presenza reale e la continuità di essa anche al di
fuori della liturgia. Inoltre si afferma che la presenza reale non è però di per sé escludente. Sulla
transustanziazione va comunque affermato che non si può vanificare la precedenza ontologica per
quella funzionale, occorre dare importanza alla dimensione personale-relazione e all’unità di esse in
(ontolgocia) con l’esse pro nobis (finalità).
Le critiche nascono dal desiderio di superare la metafisica sostanzialista, rileggendo i dogmi e
riscoprendo il pensiero simbolico. Così importante è il “per noi” (fine) contro il significato (funzione).
Welte: la realtà è la relazione di senso: essa sta sempre e soltanto nel nesso di riferimento che le cose
hanno con l’essere umano. Esempio della bandiera: è il soggetto che da significato alla realtà che
vede. Perciò transustanziazione è transignificazione e transfinalizzazione (in realtà, la chiesa dice che
esse da sole sono insufficienti). Si conclude perciò che è la fede dell’uomo a fare del pane l’eucaristia.
Ma se cambiano le categorie del soggetto è possibile cambiare la realtà stessa? Non si può parlare di
transignificazione senza credere già nella transustanziazione.
Eucaristia è riletto come simbolo: cambia il significato per noi, ma non l’essenza. Così si esalta il
personalismo a discapito dell’ontologia. Il soggetto che accoglie fa!
La questione nasce dal fatto che la transustanziazione si è trovata a dialogare con la idea di
trasformazione chimico-fisica del pane di origine scientifica. Si tratta si di una trasformazione, ma
essa è dinamica, di significato, funzionale, finale, relazionale e personale, soggettiva (nuovo
significato) e oggettiva (indipendentemente c’è comunque un cambiamento). Per Ratzinger la parola
sacramentale non agisce sulla trasformazione chimico-fisica, ma è responsabile del fatto che le specie
diventino meri segni: non restano più per se stessi, ma soltanto per Lui. È la parola divina a
determinare la conversio
Per Rahner i sacramenti sono parole incarnate: eucaristia è il caso assoluto, puro e semplice.
Transustanziazione non è nulla di diverso o di più di ciò che Gesù ha detto: questo è!
Tale presenza, che precede la fede umana, è ciò che la sorregge e la giudica, stabilendo un rapporto
personale con Cristo che è la fonte dell’unità dei fedeli.

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Prof. Nardìn

Punti nodali
Autodonazione di Gesù: uper: per la vita (movente) a nostro favore (rappresentativo). È un sacrificio
personale che esprime l’amore di Dio perché possiamo diventare pienamente ricettivi e lasciarci
prendere totalmente da lui.
Salvezza: è importante per capire il collegamento tra NT e AT. Tutta la vita di Cristo è sotto il segno
della salvezza, in particolare la croce: unica e sangue che redime e unisce. Ma l’uomo deve in qualche
modo corrispondere (soggettività) vivendo in e per Cristo. Pl lo sottolinea con molti termini: ricreare,
salvare, giustificare. L’errore sta nella visione giuridica di sostituzione contro un ipotetico castigo di
Dio: tale azione è atto di amore (uper) a favore, come causa, per un rapporto. Non è “al posto”. Questo
serve per sottolineare la differenza tra AT ed eroismo pagano rispetto a Cristo. Eucaristia è
celebrazione della donazione di Cristo al Padre per la nostra salvezza alla luce di Is 53. Inoltre è
sottolineata la personalità dell’offerta: mio corpo. Il sacrificio perciò non è un dare a Dio, ma una
risposta del soggetto a Dio che ci prende. Il sacrificio unico è quello della croce. L’eucaristia è
sacrificio relativo che attualizza sacramentalmente l’unico.

Sacrificio della Chiesa: per la riforma il sacrificio non è della Chiesa, ma per Trento e per il CVII sì,
dal momento che l’agire sacramentale è di Cristo e del suo corpo mistico (LG 10-11: a nome di tutto
il popolo, tutti i fedeli partecipano al sacrificio). Significa che esso si attua nella Chiesa attraverso la
partecipazione spirituale al sacrificio di sé di Cristo.

Convergente ecumeniche: cattolici: non isolare il celebrante perché non ci siano effetti automatici.
Protestanti: non isolare il fedele perché non si danno effetti impossibili. Importante il documento di
Lima 1982 in cui si sottolinea che la cena del signore è partecipazione al sacrificio di Cristo mediante
memoria e ritualizzazione: offerta di salvezza per il presente e promessa per il futuro.

Comunità titolare e presbiteri: è la chiesa nel suo insieme, in virtù del sacrificio di Cristo i fedeli
offrono l’ostia immacolata insieme al sacerdote e con lui imparano ad offrire se stessi.
Allora il presbitero? L’offerente primario è Cristo, il secondario è la comunità: però è necessario che
ci sia comunione con l’episcopato che arriva a ritroso fino agli apostoli, attraverso l’imposizione delle
mani.

Adorazione: eucaristia è immagine e attuazione nel tempo della comunità, esprime lo sviluppo della
chiesa, è celebrazione della presenza di Cristo, è sacramento della fede nella parola efficace di Dio.
Per Trento, inoltre è necessaria la conservazione per i malati e le forme devozionali: irrobustiscono
la fede nella presenza reale, adorazione si ha anche durante la messa, esigenza tipica medievale di
contemplare.

Eucaristia ed ecumenismo: anzitutto la disputa sul ministero: necessario per i cattolici, preferibile
per la riforma. La comunione eucaristica è sempre ecclesiale se no non è concelebrare e non è
comunione. Ma per la riforma importante è la fede, non le mediazioni umana, perciò per loro è
possibile comunicarsi anche senza unità. Per i cattolici invece è fondamentale, oltre all’unione con
Cristo anche l’unione che con lui si rende nella storia, cioè nella chiesa: il segno esterno dell’unità
corrisponde così a ciò che significa. Anche qui importante il documento di Lima, per aperture sulla
necessità dell’ordinazione, la ricerca della successione apostolica e le aperture su sacrificio,
comunione ecclesiale in quanto comunione del corpo di Cristo, segno di unità ecclesiale e sorgente
di grazia.

Vaticano II
SC 1963: liturgia sempre pensata in ordine all’eucaristia. Il magistero legge così “eucaristia” ogni
volta che si parla di liturgia.
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Dal rapporto liturgia-ordine, si passa al rapporto liturgia-popolo di Dio (14-26) sottolineando la


partecipazione dei fedeli. La liturgia viene così ad essere considerata come ambito in cui la Chiesa si
manifesta come sacramento, cioè mezzo efficace di intima unione con Cristo cui tutti sono chiamati
(2).

Dalla Mediator Dei assume il concetto di presenza, esplicitando che la liturgia è esercizio del
sacerdozio di Cristo in prospettiva storico salvifica propria di AT e NT. Però fa un passo in avanti
quando afferma che nella liturgia deve partecipare tutto l’uomo (non solo la disposizione dell’anima)
tutta la comunità (non solo i singoli) tutta l’assemblea (non solo i sacerdoti) ed è importante la
comunione sacramentale (non solo spirituale).
47: messa è la pasqua 48-49: partecipazione: offrire se stessi. 50: riforma. 51: che sia biblica. 52:
omelia. 53: preghiera dei fedeli. 54: lingua. 55: due specie. 56: unità della messa. 57: concelebrazione.
Per ritus et preces non è indice di ritualismo: è coinvolgere l’uomo nella liturgia intesa come risposta
a Dio.

LG 1964: fons et culmen, tutti I battezzati offrono se stessi, mensa eucaristica è sacramento dell’unità.
UnitRedin 1964: battesimo è inizio che ci inserisce nella vita di Cristo, che però è in pienezza solo
nell’inserzione nella comunione eucaristica.

Grillo individua tre prospettive dell’eucaristica:


spirituale, personale, soggettiva: tempo del soggetto è ad libitum rispetto all’Eucaristia: vi è la pretesa
che coincida totalmente, non capendo che sotto ci sta la pretesa di una resa.
Giuridico, disciplinare, oggettivo: il tempo è imposto o irrilevante, ma anche qui si vuole ricompensa.
Liturgico, sacramentale, intersoggettivo: coscienza che il sempre del tempo liturgico non è ripetizione,
è esperire un modo diverso del tempo e dello spazio.

Sacramentum Caritatis: Ben XVI 2007.


Eucaristia è mistero da credere (trinitario-amore trinitario presente in tutta la storia, pneutamtologia-
primo dono ai credenti e riferimento a epiclesi, cristologia-Gesù è agnello immolato, ecclesiologia-
eucaristia genera la chiesa e l’unità, sacramenti-fons et culmen in essa vi è tutto il bene spirituale,
iniziazione-pienezza del percorso, riconciliazione-cammino penitenziale per dignità, unzione degli
infermi-morte di Cristo, ordine-nesso intrinseco, celibato-configurazione a cristo, matrimonio-chiesa
sposa unicità indissolubilità, escatologia-dono all’uomo in cammino verso banchetto finale, maria-
offerta di sè), celebrare ( primato: orandi su credendi, unità liturgica, adorazione, partecipazione) e
vivere (coerenza liturgica, annuncio, creato, sociale).

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