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La teologia di Atanasio di Alessandria

PT 226

Prof. Camplani, Alberto


15.X.99
A. è un vescovo che tende a difendersi e ad attaccare, usa la parola scritta in modo spesso molto fine per dare una
visione della teologia e della teologia degli avversari che non sempre è decifrabile immediatamente e che non sempre
corrisponde alla realtà delle posizioni del dibattito cristologico e trinitario. Per questo il discorso della geografia della chiesa
atanasiana è importante a livello teologico perché alcune prese di posizioni mutano a seconda delle circostanze. A. non è stato
un grande teologo alla maniera di Origene, né di Basilio, Gregorio di Nissa o Nazianzeno.
Ha usato lo scritto per un discorso pratico di politica ecclesiale e di autodifesa. Solo in alcuni casi di elaborazione di
nuovi teologumeni, è il caso delle epistole sullo Spirito santo dove effettivamente A. ha aggiunto cose nuove alla sua
concezione unitaria e a quella trinitaria di tutta la chiesa.
Scopo del corso è descrivere la teologia nel suo dinamismo: la teologia nel contesto del dibattito trinitario del 4 secolo
e la teologia di A. sullo sfondo della teologia alessandrina. percorso non abituale. I manuali e le monografie solitamente non
trattano del suo rapporto con la tradizione alessandrina o comunque marginalizzato.
A. si inserisce in una chiesa, Alessandria, che ha visto una singolare crai tra una scuola catechetica e l'episcopato. Che
rapporto c'è tra questo modello episcopale di alta levatura culturale e l'episcopato atanasiano? Rottura o continuità? Quanto vi è
di origeniano in A.? Caliamo A. nella tradizione della chiesa cui appartiene.
Lista delle edizioni e traduzioni in lingue moderne delle opere di A.
A. è stato figura centrale nel mondo di confessione cattolica e perciò è stato molto studiato, molto tradotto; abbiamo
ottime edizioni critiche. Restano fuori le orazioni contro gli ariani che sono culmine dell'attività teologica a. e anche l'epistola
sullo Spirito santo.
Lessico del Müller; CD-Rom Thesaurus linguae graecae;
A. può essere analizzato sotto una pluralità di punti di vista. Abbiamo l'A. teologo e l'A. uomo di chiesa che entra
vivamente nel dibattito ariano con tanti limiti ma anche con alcune intuizioni. Dal 396 in poi abbiamo un disegno storico
magnifico dell'A. egiziano: egli è parte di una chiesa egiziana molto vasta, con circa 150 episcopati che egli domina in modo
quasi completo. Blocco monolitico che in futuro giocherà un ruolo specifico nelle controversie cristologiche.
Cosa è avvenuto prima di A.? A. ha dei predecessori, in particolare Alessandro di Alessandria. Quale continuità e
quale discontinuità tra il giovane A. che compone contra gentes e il de incarnatione verbi e il suo predecessore. Che rapporto
c'è dal punto di vista della cristologia e della teologia trinitaria. Sulla antropologia non abbiamo nulla di Alessandro di
Alessandria.
Per capire la figura di A. non si può non partire da Demetrio, la prima figura storica di vescovo che emerge dal buio
dei primi secoli del cristianesimo egiziano. Molti dei personaggi di Egitto sono tutti nomi di gnostici. le figure più
culturalmente significative culturalmente erano figure di maestri gnostici. Solo con Clemente e Origene (O) che troviamo
maestri di orientamento non gnostico, i quali cercano di proporre un superamento dello gnosticismo che doveva essere molto
diffuso ad Alessandria e nei ceti elevati. Ciò che resta oscuro è la funzione della gerarchia ecclesiastica. Non abbiamo tracce di
una gerarchia ecclesiale. Lo stesso Clemente alessandrino non ci dà l'idea di una chiesa strutturata. Ciò che importa a Clemente
è il rapporto maestro- discepolo. Ciò non vuol dire che non esiste gerarchia, ma che essa non ha ancora forza culturale e non ha
attinto a livelli sociali alti (i livelli di cui la storiografia antica si occupava in modo esclusivo).
Demetrio è la prima figura di vescovo che ci sia nota, che riesce insieme con O a riportare i ceti di alto livello sociale
al superamento della fase gnostica. Tutta la teologia origeniana è una grande risposta allo gnosticismo come si era configurato
in Egitto, esegesi, le speculazioni teologiche su Cristo, sulla preesistenza, la dottrina del Logos ecc…
L'operazione di Demetrio-O è fondamentale: lì nasce la chiesa di Alessandria, quando attraverso l'apertura della
scuola catechetica di O e il suo secondo livello, riesce a trainare gran parte dell'elite culturale e sociale su un'altra sponda di
carattere teologico ed ecclesiale, di sottoporre al controllo del vescovo quei circoli che vivevano soprattutto questo rapporto
disincarnato ecclesialmente tra maestro e discepolo. O è uomo di Chiesa a differenza di clemente. L'insegnamento di O è
controllato dal vescovo, fino allo scontro. Questa rottura non fa scomparire la caratteristica dell'episcopato di Alessandria e
cioè la stretta unione tra scuola catechetica e episcopato. Dopo la partenza di O a da Alessandria vi è la direzione episcopale da
parte di scolarchi. Tutti i vescovi erano direttori della scuola. Vi è stata questa congiunzione che mancava ad Alessandria tra
cultura cristiana, teologia e gerarchia ecclesiale.
Sotto Dionigi capiamo l'evoluzione della figura del vescovo di Alessandria. Dionigi interviene contro posizioni
sabelliane in teologia trinitaria interviene contro le tradizioni millenaristiche di Nepote. Il vescovo di Alessandria con Dionigi
assume non solo il controllo della sede episcopale di Alessandria, ma comincia ad assumere i tratti di un metropolita che si
sente autorizzato a controllare l'attività delle comunità che non sono sottoposte giuridicamente ma che a poco a poco lo
diventeranno (Libia, centro Egitto sono controllate dal vescovo). Il vescovo in una prima fase è eletto e scelto dai presbiteri
della chiesa alessandrina, ma poi sarà eletto anche al di fuori di questa cerchia elitaria. Alessandria era divisa in sette od otto
parrocchie, gestite da presbiteri di Alessandria che avevano un ruolo fondamentale nella predicazione. Questi presbiteri a poco
a poco, man mano che si formano strutture episcopali e la chiesa egiziana comincia a stabilire una sua gerarchia in tutta la parte
del Nilo, cominciano a perdere autorità. Questa struttura presbiterale forte che ha una origine giudaica e trova delle
profondezze anche nella chiesa di Roma è una struttura arcaica che pian piano perde potere. Acquista sempre più potere invece
il vescovo e l'autorità monarchica di questo vescovo, sia all'interno della chiesa alessandrina sia in tutto l'Egitto. Ci troviamo
all'inizio del IV sec davanti ad un fenomeno impressionante: una gran parte dell'episcopato egiziano riconosce al vescovo di
Alessandria il diritto di fare ordinazioni episcopali senza che vi sia alcuna struttura intermediaria, quali i metropoliti.
Normalmente, es. Siria-Palestina, il vescovo deve essere eletto da tre vescovi vicini e a volte col parere del metropolita, capo di
una piccola provincia.
Ad Alessandria lo sviluppo tardo della gerarchia e dell'episcopato, ha giocato in favore del potere del vescovo di
Alessandria al quale tutti i vescovi (70-100) sono sottoposti. Il vescovo di Alessandria non sempre accetta quello che una
cittadinanza ha deciso circa il vescovo locale e può scegliere di sua iniziativa un vescovo anche contro il parere della città e dei
vescovi vicini.
Assistiamo ad un doppio processo: da una parte la cultura cristiana si integra con l'episcopato, dall'altro l'episcopato
alessandrino si sente autorizzato ad intervenire su questioni di altri episcopati tanto da assumere un ruolo monarchico su tutto il
territorio egiziano. la crisi meliziana, contrariamente a quanto si è sostenuto fino a poco tempo fa, non ha nulla a che fare con
la crisi dei lapsi o i confessori, di disciplina ecclesiastica provenienti dai problemi della persecuzione di Diocleziano. La crisi
meliziana, di Melizio di Licopoli, è una attività contro la centralizzazione del potere che sta avvenendo sotto l'episcopato di
Pietro e che continuerà successivamente, in nome di un modello più arcaico e più diffuso nelle altre regioni del cristianesimo.
Lo sviluppo tardo delle strutture ecclesiastiche in Egitto e ad Alessandria: tardo ma veloce, perché nella disdetta di
Protasio, periodo da 260-alla persecuzione di Diocleziano è successo qualcosa che è oscuro per noi ma che dobbiamo
ammettere: uno sviluppo rapido della gerarchia ecclesiastica in tutto l'Egitto, la formazione di strutture gerarchiche molto forti
in tutta la valle del Nilo a discapito di quei gruppi che vivevano ai margini della chiesa (gnostici e manichei). Finchè le
strutture episcopali non erano molto forti questi gruppi non avevano ostacoli, perché non c'era una vera e propria ortodossia
diffusa a livello di insegnamento e predicazione. La vita di questo gruppi fu molto feconda. La saldezza di questa struttura
episcopale invece determina sicuramente la fine dello gnosticismo e la marginalizzazione del manicheismo. Vi sono zone che
sembrano aver conosciuto il cristianesimo solo tramite il manicheismo. Con il IV secolo vi è la rapida rievangelizzazione di
queste zone.
Con A. il quadro episcopale dell'Egitto è chiaro. E' una grande L: sviluppo verso est, piccolo sviluppo verso ovest e
profondo sviluppo verso sud, sia del cristianesimo che dell'episcopato. A. è sempre molto interessato alle questioni del sud
Egitto.
Ad est c'è il problema della Libia: la Pentapoli (cinque città che avevano una antica tradizione cittadina di polis
autonome). Questa zona è molto interessante per tutti i vescovi di Alessandria.
Cosa succede durante l'episcopato di Alessandro? La corrente episcopale meliziana contesta l'autorità e la
centralizzazione dell'autorità del vescovo di Alessandria a favore del modello secondo cui un vescovo può essere eletto dai tre
vescovi circumvicini. Lo scisma meliziano sotto Pietro e Alessandro prende circa metà dei vescovi. In definitiva resta un
problema grosso. Lo scisma è tutto concentrato nella valle del Nilo. Dal 318-321 vi è un altro problema, non di ordine
ecclesiastico: Ario. Il problema non è solo teologico ma anche ecclesiale. Alcuni vescovi della Libia hanno aderito
all'arianesimo. Certo Ario è un problema perché con la sua predicazione influenza il popolo ed è sentito pericoloso dai vescovi
di Alessandria, ma l'arianesimo ha anche esiti a livello di gerarchia. La chiesa di Pietro e di Alessandro è fortemente in crisi,
perché ancora vede una certa divisione tra episcopato che si rifà all'inizio ed episcopato che si rifà al vescovo di Alessandria.
Allo stesso tempo nell'unica zona in cui poteva avere forza (una parte del delta e Libia) nasce ora il problema. A. è erede di
questa situazione molto difficile. Le due linee direttrici della politica atanasiana saranno il recupero del melizianismo e la lotta
contro arianesimo che si concretizza con atti che oggi ci stupiscono: creazione di episcopati in zone desertiche (stazioni
militari) perché lì vicino c'era un episcopato ariano a cui si voleva togliere potere. Lo stesso farà Teofilo contro Dioscoro di
Armopoli.
Questa è la situazione a grandi linee: crisi, tentativi di negoziazione con i meliziani (Nicea 325, 327) non sono riusciti,
diffusione dell'arianesimo.
A. ha 30 anni quando diventa vescovo. Riemerge lo scisma meliziano. Anni dedicati a questa controversia. Il
problema ariano non sembra avere la pregnanza che assumerà dopo il 3337, dopo la morte di Costantino.

La cultura teologica
Il rapporto tra episcopato e O: ciò che segue e gli scolarchi filo-origeniani hanno proseguito alcune sue linee di
pensiero. Una cosa è quando c'è una scuola, altro è quando questa cultura è fatta propria dal capo di un episcopato. Dobbiamo
pensare che Dionigi fosse un origenista. La posizione di Dionigi antisabelliana, è origeniana: teologia delle tre ipostasi
(rapporto tra P F SpS come tra tre esseri sussistenti e non come estrinsecazione di un'unica ousia). La teologia delle ipostasi
origeniana è molto complicata, anche il subordinazionismo origeniano va percepito sempre in termini molto dinamici e non
come l'istituzione della subordinazione finale del F al P. Vi era comunque nell'insegnamento di O una insistenza sulle persone
divine non riscontrabile in altre zone del cristianesimo: P e F sono persone divine che agiscono in accordo ma comunque
distinte. Questa impostazione è quella che resta ad Alessandria. E' una impostazione che come altri elementi del pensiero
origeniano ha fatto difficoltà. Un secolo prima che la libia diventasse ariana vi erano molti sabelliani che criticavano le
posizione di Dionigi tanto da accusare a Roma il divisismo in materia trinitaria di Dionigi di A. Quei sabelliani non potevano
essere persone da scarsa cultura, né la denuncia a Roma poteva essere fatta se non da notabili egiziani.
La concezione materialistica delle cose ultime contro la concezione spirituale è rimasta tale anche in Dionigi di
Alessandria.
Da una parte abbiamo lo sviluppo e il mantenimento delle posizioni di O, dall'altra abbiamo zone in cui queste teorie
fanno difficoltà. L'impostazione di questo Nepote era piuttosto materialistica, ma anche ben documentata (esegesi
dell'Apocalisse). Non si tratta di sensibilità popolare, ma di ceti di notabili.
A poco a poco su queste diverse posizioni teologiche l'origenismo moderato dei vescovi alessandrini si è imposto:
Dionigi …ecc…
Agli inizi del IV sec. l'episcopato egiziano era in gran parte conformato alle direttivi culturali sane. Questa ipotesi ci
aiuta a spiegare cosa succede agli inizi del monachesimo egiziano con cui A. ebbe un rapporto particolare. A. percepisce la
novità di questo messaggio e la possibilità di integrare il monachesimo all'interno della gerarchia ecclesiastica per sostenere la
sua causa e la sua visione ecclesiologica. Una delle grandi scoperte e rivalutazioni di questo secolo dal 67 in poi sono le lettere
di Antonio che da alcuni venivano considerate false perché A. afferma nella Vita Antonii che Antonio non conosceva le lettere.
Antonio delle lettere è uno che ha dei capisaldi dell'origenismo:
- l'idea che tutti gli uomini siano partecipi di una ousia noverà, una sostanza unica e spirituale che a seconda del
livello della gravità del peccato si incarna più o meno materialmente nel cosmo. Questa non più che essere una idea derivata da
O.
- l'idea che la risurrezione in ultimo luogo sia spirituale, del cuore
- l'idea che tutto debba ritornare a questa ousia noverà, che è dominata da Cristo che è immagine del P e che viene
riconsegnata al P
Tutte queste idee sono applicate ad Antonio alla sua comunità monastica, i suoi discepoli, che rappresentano l'Israele
spirituale secondo la sua terminologia destinato ad una gnosi, destinato non solo a conoscere e ad apprendere il Cristo visibile -
cioè dell'incarnazione - ma anche ad attingere al Cristo spirituale. Applicazione monastica di una teoria che senza incertezze,
per terminologia va fatta risalire ad O.
Antonio è fondatore del monachesimo ed ha una posizione particolare all'interno delle impostazioni teologiche
possibili all'inizio del IV sec. L'Antonio delle lettere appare un origenista che tace alcuni punti importanti (non parla di
essenza, non parla dell'apocatastasi, dell'anima di Cristo). Lo schema si combina con un altro schema che è quello tradizionale
della storia della salvezza: l'uomo creato ad immagine di Dio, che crea nella sua mente e nella sua vita una ferita che sembra
irreparabile e incurabile per cui interviene Mosè, i profeti, Cristo che infine attraverso il suo sacrificio e il suo insegnamento
riesce a guarire questa ferita. Egli interviene non solo a livello storico ma anche ad un altro livello che può essere attinto da una
ogni fedele veramente "gnostico").
Abbiamo in Antonio due schemi: uno tradizionale e uno origeniano della preesistenza che viene storicizzato
(problema del primo uomo e problema dell'ousia con la caduta prima della storia).
In a: abbiamo qualcosa che ricorda l'origenismo: l'idea di un adamo preso in virtù della grazia del Logos da una
contemplazione continua di Dio e del mondo divino il quale proprio perché dotato di un corpo sente anche l'esigenza di
guardare le cose del cosmo e di staccare la sua visione di Dio e dirigerla verso le cose terrestri. Anche qui c'è un gioco sottile
tra elementi origeniani ed elementi più tradizionali della storia della teologia cristiana, più biblici (l'idea dell'uomo come uomo
ad immagine di Dio perché il suo intelletto è ad immagine di Dio, che però sente l'attrazione del corpo: nous-psychè, anche il
passaggio lessicale è ovviamente origeniano) . Cade l'idea di una incarnazione delle anime che sia corrispettiva al grado di
peccato di queste anime perché l'uomo è creat con corpo-anima-nous, nel nous risede il kat'eikona ma nellostesso tempo il
paradiso atanasiano in cui vive adamo è simbolico, è un paradiso i cui tratti materiali sono totalmente trascesi, diventano
simbolo della tensione umana verso il divino e della tensione umana verso il prprio corpo simbolo della sua creaturalità molto
particolare in tensione tra due poli diversi. In A non si può parlare di escatologia se non in alcune espressioni particolari. Il
nous è ancora qalificante l'uomo. La conoscenza di Dio è possibile alle origini. Ma non vi è più possibilità agli uomini di
conoscere Dio P se non con l'incarnazione. Il ruolo dell'incarnazione in A. è fortissimo, molto più forte che in Antonio perché
c'è stato un cambiamento importante . Cristo non è più quello che è attingibile attraverso la gnosi, che si incarna non solo nel
passato nella storia ma anche attualmente nello spirito e nel Logos, ma il Cristo che l'incarnazione come questo momento
privilegiato per cadere sotto i sensi dell'uomo e per spiegarsi totalmente agli uomini (Cristo fenomenico, Cristo dei miracoli
che manifesta la sua divinità nella storia che diventerà il grande tema atanasiano in cui si perde la dimensione mistica e in cui
si accentua la funzione del dato sensibile dell'incarnazione che diventerà patrimonio di tutte le chiese e soprattutto della chiesa
monofisita (il Logos che investe la storia, che si manifesta e diventa uomo Gesù Cristo e lì manifesta appieno la sua divinità
investendo tutta la storia). Quindi all'inizio del IV secolo erano possibili tante tradizioni all'interno della tradizione origeniana
che non possiamo più chiamare origenista in senso stretto ma che sicuramente in senso largo è origeniana. Quando parliamo di
origenismo non parliamo solo dell'apocatastasi, della dottrina dell'anima di Cristo, o della preesistenza, e altre (che spesso O ha
proposto solo zetetica), ma è qualcosa di più vasto: è una concezione dell'uomo che è kat'eikona nel suo nous, e di una
concezione del divino che è smaterializzato; di una Trinità che non è solo manifestazioni in tre modi di una unica ousia ma che
dà peso alle personalità e alle funzioni di queste personalità nella storia salvezza non solo nell'economia attuale ma anche in
quella che ha preceduto la creazione dell'uomo. Parliamo di una serie di riflessioni ed elementi culturali forti tra le quali si può
scegliere. In Antonio è ancora chiara l'idea di una preesistenza, ma abbiamo visto che questa idea della preesistenza di una
ousia noverà degli uomini entra in conflitto con l'idea biblica della creazione dell'uomo e della storia dell'uomo lungo l'AT.
L'apocatastasi non sono presenti in Antonio.
In Pietro di Alessandria tenta tutta la dottrina della risurrezione origeniana, o comunque della corporeità che si modula
a seconda degli stadi della storia della salvezza e dell'azione mistica e vediamo invece professare la risurrezione della carne e il
destino dell'uomo post mortem in modo comune da Ireneo in poi, ove non vi è nulla di origeniano. Ma allo stesso tempo
vediamo un inasprimento della dottrina delle tre ipostasi. Un Pietro che combatte una dottrina importante di origine ma che
non abbandona la ricchezza di prospettiva culturale di O.
Un A. che fa cadere totalmente la dottrina della preesistenza e la rimodula all'interno del discorso biblico rendendo
naturalmente simbolica Genesi e quindi facendo entrare l'origenismo in una vicenda storia che diventerà una storia della
salvezza…
Anche all'interno del discorso trinitario possiamo immaginare una pluralità posizioni: l'importanza di O è per la
distinzione tra P e F, distinzione che a noi moderni ha fatto problema ma che in Origene questa distinzione e coeternità di due
principi era un grosso punto di dubbio per la teologia cristiana. Per cui il F non è solo funzionale dell'economia o in vista di
essa ma è un modo di concepire Dio nella sua essenza, come amore che si celebra e si dà. Allo stesso tempo O ha dato motivo
ai subordinazionisti, tipico della fase prenicena: il F è interiore al P. Anche i passi di O sono diversi: il F è più distante dal P di
quanto non lo sia dalle creature, in un altro viceversa.
La prospettiva è gerarchica in cui il P è principio e il F riceve e restituisce l'atto dell'escatologia origeniana pè anche
una forma di escatologia perché l'atto finale non è che la consegna del regno al P da parte del F. Anche qui ci possono essere
problemi: c'è chi poteva allontanare il F dal P, chi li avvicinava. Il problema tra rapporto tra Logos F e il divenire. Il problema
del divenire si pone già agli gnostici ad o e poi ad Ario e Alessandro A. Il Logo nell'atto di incarnarsi entra in contatto con il
divenire
Che statuto ha il divenire all'interno della personalità del F? Come porre il rapporto tra divenire e F in rapporto al P
che non è toccato dal divenire? In termini economici e sostanziali? Il logos entra il contatto col divenire per gli uomini, la in
termini sostanziali ci sono due diverse sostanze.
Anche nel caso di Ario c'è una scelta nell'ampio spettro delle possibilità della teologia origeniana. Gli esiti ariani
difficilmente possono essere fatti risalire ad altra fonte che non alla teologia alessandrina. Ma il IV secolo per una serie di
eventi storici ed ecclesiali, si apre ad una serie di novità sociali ecclesiali, comunità nel mondo di recepire la fede, che rendono
questo dibattito trinitario in qualche modo più lacerante.
Immaginando Ario che dice in una scuola filosofica che vi era un tempo in cui il P non era P e che il F viene dalle
cose che non sono. Sono tute forme di cui possiamo trovare antecedenti sia in scrittori cristiani che in scrittori pagani. Dirlo in
una scuola è altro che dirlo in una chiesa.
Alessandro dice lo stesso: che P e F sono da sempre coesistenti e Ario dice che dire questo è impossibile. Bisogna dire
due ingeniti.

Nella crisi ariana mi sembra che sia intervenuto questo elemento: la discussione teologica ha perso l'elemento di
ricerca e ci si è sentiti autorizzati a dire le stesse cose che si dicevano a scuola all'interno della chiesa alla presenza di un
uditorio. Il pubblico cambia, c'è un ingresso sempre maggiore della massa. Non c'è più l'elite, ma predicazioni che devono
mandare il messaggio ad un uditorio molto più vasto. Sono battezzati e non battezzati. Le reazioni dell'uditorio possono
cambiare molto a secondo del livello. Non è detto che chi predica sappia distinguere bene tra ciò che può essere detto in una
scuola e ciò che deve essere detto in una chiesa o che abbia percepito il passaggio dalla chiesa dei pochi alla chiesa dei molti.
Tra il 319 e il 321 le speculazioni che potevano rimanere i una scuola episcopale vengono presentate ad un uditorio
più vasto e ciò implica preoccupazioni pastoriali che portano allo scontro e alla definizione di ortodossia.
Il concetto di ortodossia del IV secolo.
Il passaggio importante è appunto l'attività di Demetrio e O: allo gnosticismo deve essere data una risposta, questa
risposta è quella vera ed è incarnata in modo ecclesiale ed è controllata dalla chiesa. Nel corso degli anni questo concetto
cambia. Nel 325 c'è il tentativo di definire una ortodossia antiariana. Una ortodossia antiariana diventa stabile con riferimento
preciso alla fede di CN solo negli anni 350.
A. ha dato un grande contributo ma non sempre così felice. Certamente le meditazioni sullo SpS è importante, ma il
tradizionalismo di A. la paura di accogliere le novità che venivano da fronti a lui ecclesialmente avverse, lo portano ad una
chiusura negli ultimi anni che gli impedisce di vedere l'evoluzione e la fecondità dottrinale del gruppo degli omeusiani che
stanno cercando il rapporto possibile tra una ousia e tre ipostasi. A. si oppone spesso anche per motivi personali (difendere
l'omousios per lui voleva dire anche difendere l'unica …) e la definizione tre ipostasi non gli sembrava accettabile. Il
contributo di A. è stato parziale ma va visto sempre dinamicamente e dialetticamente.
Certamente se analizziamo la teologia A. nel contesto della sua vita non possiamo farne un grandissimo teologo come
Basilio o altri della seconda metà del IV sec. Il suo contributo al CN e omousios e allo SpS è importante, ma ha posto anche
impedimenti (Costantinopoli) all'unione.

22.X.99

Una via importante per spiegare Atanasio è quella di rintracciare gli antecedenti alessandrini, nella chiesa di cui lui è
parte e in cui dopo il pridodo delle persecuzioni è stato istruito. Atanasio rappresenta un problema storiografico enorme non
soloo per la sua biografia e politica ecclesiale e religiosa, ma anche eprchè presenta uno stato della teologia del della fine del
primo quarto del quarto secolo che decve essere spiegata. Perché tante novità? Da cosa sono causate? Cosa è rimasto in
continuità?
Atanasio presenta uno stato della teologia alla fine del primo quarto del IV secolo. Perché tante novità rispetto alla
teologia di Origene e allo sviluppo teologico della II metà del IV sec. Da cosa sono state causate? Cosa è cambiato e cosa è
rimasto in continuità. Quali rapporti ci sono tra il modello dell'ortodossia atanasiana e Origene? Il metodo è dialettico:
troveremo elementi di continuità e discontinuità. La discontinuità può essere spiegata in due modi diversi:
a) la pressione del dibattito teologico esterno ad Alessandria (elementi allotri)
b) discussioni interne alla teologia alessandrina.

Apologia Contra Gentes, de incarnatione:

Alcuni passi che ci illuminano sugli elementi di continuità tra Origene e Atanasio.
Quest'opera contra gentes è la prima metà di un'opera bipartita (Contra gentes, de incarnatione). Il titolo stesso ci fa capire che
si tratta di un'opera di genere apologetico. Si rifà ad una lunga tradizione lontana nei secoli ma che vede ancora in Origene
delle manifestazione notevoli (Contra Celsum). Vede in Eusebio di Cesarea, un grande diffusore (Theophania). La apologia ha
cambiato di funzione da come era nel II-IIIsec. Ora, nel IV sec. ha scopo diverso.
Datazione
I dibattiti degli studiosi non hanno dato esiti sicuri. Atanasio deve essere nato attorno al 300, infatti le accuse dei miliziani
quando viene ordinato nel 329 riguardano la sua eccessiva giovane età perl'episcopato. Doveva essere poco più giovane di 30
anni. La violenza di questa accusa può essere giustificata così.
Il grande problema di questa opera è che non troviamo tracce del simbolo niceno e della polemica antiariana. Non c'è
omousios, ariani, o termini che designano i discepoli di Ario. C'è chi ha pensato che l'opera sia stata composta prima del 320.
Chi la data poco prima di Nicea.
Da una allusione altri hanno pensato che si trattasse di un'opera composta in esilio (primo esilio 335-7) e cioè dopo il CN e con
il dibattito ariano completamente aperto. Ma allora perché mancano allusioni al CN e agli ariani? Sono obiezioni che possono
essere superate.
Il primo capitolo ci dà l'impressione del clima teologico e spirituale di Atanasio da giovane.

L'opera si apre così: la gnosi della religione e della verità…


- gnosi = importante in ambito alessandrino a aprtire da Valentino in poi. Gnosis che ha due elementi fondamentali
- perì tes eusebeias: culto, religione
- verità di tutte le cose che esistono: la verità della struttura dell'universo, motivo tipico alessandrinod ella gnosis
come percezione approfondimento e conoscenza dell'universo e della sua origine. Come elemento importante della teologia e
che con la teologia instaura un legame privilegiato. Teologia è e presuppone la possibilità di domandarsi il perché dell'essere,
delle strutture del reale.
Questa gnosis non ha bisogno dell'insegnamento degli uomini perché è autosufficiente, autoevidente. Perchè urla, grida (come
la sapienza) la sua esistenza attraverso le sue
ergois: lavoro, cosa, opera.
Si manifesta attraverso due canali: opere ed insegnamento di Cristo (negli evangeli e sul Cristo nella tradizione episcopale e
dei didascaloi)

Vale la pena confrontare questo inizio con l'altra opera apologetica che è il contra celsum di Origene. Contesto più
drammatico:
Gesù Cristo anche ora tace… ma si difende nella vita dei suoi discepoli
Anche qui troviamo due poli ben chiari
- insegnamento di Cristo
- la vita (dei suoi veri discepoli)
Il contesto è più drammatico perché qua le false accuse sono soprattutto quelle di Celso e comunque del mondo pagano. Contro
queste accuse si deve scendere in campo con tutto l'armamentario teologico di cui Origene dispone. Cristo in quanto didascalos
ha già una volta dichiarato il suo insegnamento attraverso AT e NT, allo stesso momento c'è un altro elemento che è la vita dei
discepoli.
Bisogna vedere se queste opere di cui parla Atanasio siano uguagliabili con la vita dei veri discepoli. E' schema molto
frequente in queste apologie, ma anche nelle opere più tarde di Atanasio (Vita Antonii) quello secondo il quale il paganesimo
viene sconfitto nel momento in cui Cristo si incarna opera nel mondo e manda i discepoli ad annunciare il vangelo a tyutti i
confini del mondo. Schema molto semplicistico che convive con un altro schema secondo il quale il cristianesimo sta a poco a
poco vincendo contro l'idolatria, il cristianesimo sta conducendo una battaglia che ormai è già vinta. Questi due schemi trovano
un punto di incontro nella incarnazione di Cristo: la vittoria sull'idolatria e sul paganesimo si dà a partire dall'incarnazione, si
tratta solo di condurre le ultime battaglie (già e non ancora). Per opere però Atanasio intende anche un'altra cosa: potrebbe
essere o l'elemento cristologico da solo a distruggere il paganesimo o la predicazione e la diffusione del cristianesimo che è
destinato a superare le obiezioni dei pagani. Sarebbe quindi la vita dei discepoli.
Vi è un altro elemento molto forte: le opere del Logos stesso incarnato. Non si può escludere questa interpretazione. Le opere
sono tutte quelle manifestazioni fenomeniche che danno con immediata evidenza all'uomo l'idea che Cristo è Dio. I miracoli,
l'autorità con cui Gesù parla, il suo rapporto privilegiato col padre anche quando è uomo: sono tutti elementi che mettono in
rilievo la divinità del Gesù storico. L'incarnazione allora permette da una parte le opere dall'altra la didascalia: Cristo è
didaskalos (tradizione secolare e alessandrina) e anche nelle sue opere e miracoli (elemento meno presente nella teologia
alessandrina). Cosa cambia rispetto allo schema origeniano, se è possibile interpretare questi erga come miracoli e
dimostrazioni evidenti della divinità di Cristo? Cambia totalmente il peso che viene dato al Cristo storico, alla sua vita in terra.
Cristo fa conoscere la divinità in modo pieno nel momento in cui è incarnato, nel momento in cui dimostra che l'uomo, il corpo
che ha assunto non è semplicemente il corpo, un semplice uomo ma è manifestazione piena anche della divinità.
Tuttavia poiché vuoi ascoltare…
Nella scrittura troviamo la verità sull'umanità-divinità di Cristo, sulla nascita dell'universo e dell'uomo. C'è una riduzione del
fattore ermeneutico rispetto a quanto accade normalmente nella teologia alessandrina. Tuttavia vi sono molte opere dei nostri
cari didascali composte a questo scopo: A. dopo aver dichiarato l'evidenza, e l'autosufficienza delle verità delle scritture
ricorda che vi sono i didaskaloi: la lunga catena degli scolarchi di Alessandria. Atanasio riconosce nella tradizione che lo
precede un peso quasi paritetico all'esegesi scritturistica e alla gnosi (teologia e conoscenza di Dio), ma ha anche appena
dichiarato che le scritture sono autosufficienti.

Quando Atanasio sospinto da elementi esterni deve studiare teologia (A. ha avuto una sua formazione ma poi nel cosrso della
controversia ariana ha sentito il bisogno di riandare a ripercorrere le teologie del passato e tira fuori Origene, Teognosto …
tutti i maestri alessandrini). Quando deve parlare dello spirito santo sente l'esigenza di andare a rivedere queste opere e non
altre, le opere della sua tradizione. In Atanasio si collocano più elementi e teologie ma non dobbiamo dimenticare la
percezione che ha avuto della sua teologia come parte della sua tradizione regionale (dell'episcopato di Alessandria).
Le persone e gli elemnti locali nella teologia del IV secolo hanno ancora un peso molto forte nella tradizione di ciascuna
chiesa. Un Giovanni Crisostomo sente per esempio bisogno di commentare unc redo che non è quello di Nicea ma quello
locale. Solo con i cappadoci e nel V secolo si avrà una apertura maggiore.
Ci sono elementi di Ireneo nella teologia di Atanasio.
Ma poiché non abbiamo in mano le composizioni dei didascali è necessario che… (frase incriminata). Perché non si sospetti
come irrazionale la fede in Cristo è un tema tipico dell'apologia. Dimostrare la razionalità delle fede. Il contesto nel quale si
fanno queste affermazioni è però molto diverso da quello degli apologisti e cambia anche un po' il senso. Obiezioni pagane
contro la croce reazione della comunità rispetto a quete obiezioni. E' impossibile non riconoscere in colui che è andato sulla
corce il Logos di Dio e salvatore dell'universo. Intanto immediatamente abbiamo l'uso della parola Logos che ha uno statuto
importantissimo nella teologia di Atanasio. Questa è la prefazione: gli elementi sono a) apologetica. L'apologetica cristiana
nasce da un gruppo di minoranza che deve trovare un punto di dialogo con al cultura pagana. Il dialogo assume i toni pacifici
come Giustino o a volte più agguerriti come in Taziano. Comunque nella apologetica antica abbiamo sempre l'impressione che
gli intellettuali cristiani stiano cercando di entrare in consonanza con le idee culturali circostanti. Dialogo con un mondo in cui
essi sono minoranza sia sociale che culturale. In Origene i termini sono ormai già cambiati: si tratta di difendersi da accuse
attaccando e smontando con lo stesso metodo filosofico e retorico le accuse contro le verità cristiane di Celso. In Atanasio i
pagani sono diventati solo delle proposizioni contro la fede, hanno perso storicità. >Non sono più l'altro cui si va incontro per
persuaderlo per trovare un punto d'incontro, per rendere comprensibile la propria ideologia e il proprio credo. Rappresentano
ormai un elemento marginale in un contesto ecclesiale che tende a coincidere sempre più con il contesto della società. Questa è
la percezione che si avverte come più evidente in questo approdo. Ora l'apologetica ha cambiato. Diventa discorso interno alla
chiesa per marginalizzare ciò che è esterno che non ha più quel peso culturale che invece i primi cristiani percepivano nei
confronti del paganesimo. Come si può non credere - questa è la domanda di Atanasio - dopo tanti eventi.
Inizia poi un discorso sull'uomo sull'origine del male. Accenna a problemi teologici.
All'inizio non esisteva il male, perché per lui il male non è altro che assenza del bene, prodotto del libero arbitrio dell'uomo che
sceglie di crearsi i propri idoli, di divinizzare il mondo.
Il kat'eikopna è il nous che è in grado di guardare nella psychè. E' chiaro che non possiamo dire come in Origene che gli
intelletti siano il principio di identificazione dell'uomo, ma sicuramente c'è una forte accentuazione della dimensione che ciò
per cui l'uomo è a somiglianza di Dio non è il corpo ma il nous.
Abbiamo una definizione assolutamente apofatica di Dio, il quale è bello e buono e crea l'uomo secondo la propria immagine
attraverso il proprio Logos, Logos che è immagine. Dio - immagine di Dio = Logos - l'uomo = kat'eikona. L'uomo non è
immagine di Dio ma è secondo l'immagine di Dio. L'unica immagine di Dio è il Logos. Poiché il kat'eikona coincide con il
nous, il Logos non può essere definito nous. Atanasio è sistematico: non c'è un luogo in tutta l'opera di Atanasio in cui Cristo
sia definito nous. La definizione era invece fin da Filone nella tradizione alessandrina fino a Origene, soprattutto lo si trova
nella lettera di antonio e in uno degli insegnamenti di Silvano.
Cristo non può più essere definito Nous e l'uomo non piò più essere definito immagine.
La somiglianza (homoioseos) per Atanasio è identico a immagine. Homoiosis è equivalente.
Episteme e theoria sono gli elementi più tipici di cui l'uomo è stato dotato nel moemnto della creazione. All'uomo viene data
anche la ennoian (idea, nozione dell'eternità) e gnosis (conoscenza, familiarità profonda).
La tautotes è l'identità: l'uomo stato creato in modo da avere conoscenza e familairità profonda con Dio, con l'eternità divina,
ma non per questo è meno uomo. Non per questo abbiamo un concetto di divinizzazione. La demarcazioen qui rispetto al
pensiero tradizionale di Alessandria è abbastanza forte: l'uomo è già creato con il corpo, che non è la conseguenza di un
peccato. Non è un elemento negativo di per sé. Diventa negativo quando diviene il centro dell'attenzion dell'uomo, quando
viene divinizzato. L'uomo resta uomo: esiste una netta distinzione tra Dio creatore e l'uomo creato. Creaturalità che non può
essere trascesa (questo è vero anche in Origene ma con sfumature molto più significanti di quelle che troviamo in Atanasio).
Alla fine dei tempi nella apocatastasi origeniana è vero che la creatura resta creatura (perché creaturalità e corporalità sono
molto vicine, sono concetti correlati) ma a è anche vero che c'è in Origene la tendenza a superare questa creaturalità.
In Atanasio c'è l'insistenza sul fatto che l'uomo deve mantenere la sua tautotes, la sua identità di genere umano diverso da Dio.
La charis di Dio costituisce l'evidenza maggiore della diversità dell'uomo da Dio. L'uomo infatti avendo una grazia che gli
deriva da colui che gliela ha donata, non è un elemento prodotto dagli sforzi dell'uomo, non è un elemento connaturato alla
fysis dell'uomo ma è comunque elemento che deriva dall'esterno. Ha anche una potenza di conoscere anche essa non sua ma
che deriva dal Logos del Padre. Purezza: non macchia di peccato ma anche di ignoranza. L'anima è come uno specchio in cui il
nous è in grado di guardare Dio. L'unica cosa che può theorein è l'icona del padre.
L'idea di un uomo che è creato con il corpo ma che ha anche la possibilità grazia alla charis e alla dunamis derivante dal Logos
di contemplare, è capace di ekstasi, che sarebbe semre presente se nonnci fosse il corpo, i sensi, con cui Dio stesso però ha
fatto l'uomo. In Origene i noes cadono e producono i diversi gradi di corporeità. In Atanasio nulla di questo: l'uomo che vive
nell'eden (che per Atanasio è simbolico), ha una tensione tra il corpo e la psyche -nous. Il corpo comincia ad assumere il suo
peso e converte la psychè-nous verso la visione dei sensi. Tutto il discorso antipagano dell'introduzione non va spiegato
storicamente, come polemica con qualche pagano, ma come elemento interno e necessario alla sua teologia: l'uomo divinizza il
mondo e se stesso, il suo corpo, perché fin dalle origini esistenzialmente percepisce una tensione tra questa estasi continua e
allo stesso tempo il peso del corpo. Discreta novità rispetto ad Origene. I Antonio c'è ancora l'idea che in qualche modo che la
ousia noerà, questa alleanza, misxis di tutti gli intelletti, si è allontanata da Dio e si è resa corporea.
Par 2: suo proprio Logos= Idios; patrikos; theos [cap 46:] vero Figlio, potenza del padre, parola, potenza e sapienza (tipici
epiteti alessandrini). , non per partecipazione, non sono qualità dall'esterno, ma esgli stesso è il Logos, la Potenza del padre.
Immagine. Unico F. Eikon aparallaktos tou patros (termine già usato nella tradizione alessandrina= immagine che non ha nulla
di diverso rispetto al modello se non l'essere immagine ). Tutti questi epiteti hanno una loro storia abbastanza facile da
rintracciare. Certo singolarmente possono essere fatti derivare da tante tradizioni diverse, ma trovare una costellazione così
unitaria non può far pensare alla riflessione di Origene nel de principiis (1,2).

Non sappiamo se Atanasio quando scrive quest'opera avesse letto il De principiis, sicuramente aveva appreso dalla tradizione e
insegnamento catechetico alcuni elementi importanti del de principiis. La prima distinzione su cui Origene batte l'accento è
sapere che altra è in Cristo la natura della sua divinità… altra la natura umana assunta … Cosa significa unigenito figlio di
Dio? E' chiamato con molti e diversi nomi a seconda delle circostanze e delle opinioni di coloro che lo nominano .
Correlazione tra sapienza, Logos, unigenito, ecc. vengono attribuiti al medesimo essere. e potenza. Primi elementi di una teoria
ortodossa della preesistenza della seconda persona. Questo distingue Origene dai maestri gnostici di Alessandria per i quali
sapienza, salvatore, Cristo erano diversi. Per la rima volta ad Alessandria in modo filosofico vengono postulati due principi:
distinzione in Cristo di una umanità e divinità e all'interno del Cristo preesistente la correlazione degli epiteti di sapienza e di
primogenito ecc…
L'elemento antignostico più evidente è che la sapienza costituisce l'elemento più alto del Cristo, mentre nello gnosticismo la
sapienza è l'elemento ultimo del Cristo, l'elemento che indica la sua debolezza (incarnazione).

Problema della coeternità nella controversia ariana: i tempi. I tempi sono dopo il F? Sì. Ma anche per Ario. Per Ario il dopo
non è cronologico in senso mondano, lo stesso Ario dice che attraverso Cristo tutta la creazione è passata. Cristo è lo strumento
del padre, la divinità del secondo grado quindi anche gli eoni, i tempi ecc.. Per Ario il problema è nel fatto che si possa
postulare un tempo tutto divino che trascende le nostre categorie temporali, in cui si può mentalmente concepire una
posteriorità del F rispetto al P. C'è un elemento estrinseco in Ario rispetto alla tradizione origeniana, ma non è un discorso sulla
cronologia. Esso viene dalla riflessione medio e neoplatonica sul problema del Dio ingenerato. Il Dio ingenerato trascende
qualsiasi categoria e in un certo senso può essere capito come anteriore alla sua stessa autoriflessione (nel nous, nell'intelletto,
seconda ipostasi plotiniana). Il nous viene dopo l'Uno perché in qualche modo costitusce un atto dell'uno, un atto riflesso
dell'Uno. Ma se la divinità è l'unico ingenerato in senso assoluto, può essere uno solo. Tutto ciò che è correlativo a lui deriva
da lui.
Il problema è che la seconda ipostasi non ha un essere in se stesso ma deriva il suo essere da un altro. Il problema a questo
punto diventa: come chiamiamo questi due essere? Dove passa la linea di demarcazione? Tra l'Uno e ciò che deriva da lui
oppure tra la seconda ipostasi plotiniana e il resto? A seconda di dove si mette questa demarcazione cambia tutta la prospettiva
anche della teologia cristiana. In Ario c'è un elemento in più: una riflessione particolarmente rigorosa sul concetto di ingenito.
Se Dio e ingenito sono due categorie che possono essere conguagliate allora tutto ciò che non è ingenito non è neanche Dio
allo stesso titolo del Dio supremo; dipende dal Dio supremo per un atto che ha dato luogo a questo essere, posteriore (anche se
all'interno di un tempo divino che non è cronologizzabile) prodotto dell'atto della sua volontà, o dell'autoriflessione del P.
Se Dio è ingenito tutto ciò che trae l'essere dall'ingenito è posteriore e deriva da un atto di volontà. Il Logos cristiano è anche
quel Cristo che si è incarnato e che ha avuto un rapporto con il divenire anche molto profondo. Tutto il problema è dove si
mettono i confini tra essere e divenire. I Origene è tutt'altro che chiaro. Per lui il Logos sta dalla parte dell'essere chiaramente e
tutto ciò che deriva da lui (noes ecc.) appartengono al divenire). Per gli gnostici invece vi è addirittura un divenire all'interno di
Dio che costituisce Dio solo alla fine di un processo.
Il logos che rapporto ha con l'ingenito? Atanasio: Dio è questo rapporto, il P non può essere senza il F. Origene concepisce un
rapporto eterno tra P e F, allo stesso tempo c'è anche un discorso sull'ingenito.
Quando passa il neoplatonismo e si diffonde le contraddizioni origeniano per cui anche il mondo doveva godere di una sua
eternità (l'onnipotente non poteva non essere mai stato creatore, signore del mondo) si percepiscono le contraddizioni e
abbiamo delle cadute: alcuni suoi teologumeni cadono ma l'edificio sistematico di Origene diventa in parte inspiegato. Non ha
una sufficiente coerenza speculativa. Cadono i noes, cade l'anima di Cristo e resta l'edificio con poche basi.
Problema dell'eternità del mondo, dell'eternità della materia.
Il pensiero origeniano sul F è una sistematizzazione degli epiteti della scrittura. Le epinoiai, le qualifiche del F, le nozioni,
devono essere, anche se disperse nei meandrei della scrittura, devono avere una loro coerenza. Sapienza e Logos sono i due
epiteti fondamentali. Anche in atansio c'è una maggiore accentuazione più che in O. Queste epinoiai sono anche la scala
ascendente che Dio vuole per conoscere il F. La teologia Origeniana è una teologia descrittiva che pone il problema di Dio al
modo delle scuole filosofiche e allo stesso tempo è mistica: il Logos e le epinoiai sono gradini che l'anima può percorrere nella
sua ascesa verso Dio.

29.X.99

In Origene abbiamo una sistematizzazione del pensiero precedente ma anche una grande novità. Non solo abbiamo un discorso
tradizionale sul F ma anche nuove categorie provenienti dalla filosofia platonica e stoica con cui la preesistenza del F viene
pensata.
Origene sta facendo una riflessione sui titoli scritturistici attribuiti alla seconda persona (epinoiai). Pa g 117: prima distinzione
importante
Altra in Cristo la natura della sua divinità… altra la natura umana. Distinzione normativa in tutto ilpenseiro ortodosso.
Dobbiamo esaminare Unigenito F di Dio che è chiamato con molti e diversi nomi… non esistono epinoiai del tutto paritetiche,
ma alcune indicano Dio in sé e altre che lo indicano in relazione (ta pros ti).
Sapienza è il primo epiteto che incontriamo: riflessione importante e antignostica. In questa preferenza accordata da Origene al
titolo di sofgie c'è un elemento antignostico eprchè la sofia gnostica è l'ultimod egli epiteti cristologici. Se superiamo la cortina
rappresentato dal mito gnostico possiamo pensarlo come una grande allegorizzazione mitologica di una intuizione cristologica,
dove la sofia è connessa con la creazione, è ancora la sapienza veterotestamentaria che ah una relazione privilegiata con l'atto
creativo (gnostici). E' allo stesso tempo (cfr. eclepla ek teodoto) è la carne di cirsto, intesa in senso molto largo, corpo di
Cristo, chiesa di Cristo, sofia, debolezza di Cristo, di quel crsto che si rivela anche come esito finale nella incarnazione. La
vicenda del Cristo gnostico delle origini non fa altro che togliere il Cristo della pasiosne dalla storia concreta per retroiettarlo
nella storia di Dio. Lo gnosticismo pensa che il costituirsi di Dio come assoluto, come essere assoluto non sia l'inizio di Dio.
Dio sperimenta la passione, l'abbassamento , una scissione. Solo con l'eliminazione di uan sua parte (che spiega il male nel
mondo) viene a costituirsi come Dio assoluto. Le passioni di sofia generano il demiurgo (secondo Dio= Dio del VT). Sotto
questo demiurgo si sviluppa non solo il mondo intermedio ma anche quello materiale dove c'è il male. Così il male si spiega
come un esito finale della debolezza di Dio che coincide con la sua rivelazione. Quindi abbiamao un Dio che vuole rivelarsi,
ma questa rivelazione viene percepita come passione che entra e sconvolge il mondo divino e che genera un mondo inferiore
dove risiede il male, quindi il male dipende da Dio, ovvero da quel processo per cui Dio costituisce se stesso come assoluto.
Dopo la caduta di sofia e la scissio di sofia, la crocifissione di sofia, abbiamo la storia del mondo, il VT e il recupero di una
parte di questa sofia dei semi pneumatici diffusi nella storia VT e nel mondo arcontico, recupero nella loro salvezza e
coincidenza con dDio diversa rispetto alla situaizone degliinizi. Dio si rivela e vien scisso.
Nella gnosi Dio si costituisce come fine assoluto solo alla fine di un processo dialettico. Origene capovolge, vive all'interno di
una cultura in cui lo gnosticismo valentiniano ha avuto una forte affermazione culturale. Usa molte categorie gnostiche ma ne
vuole capovolgere il significato fluidificando le definizioni gnostiche di fusis e di Dio. Non esiste più un Dio che genera a
seconda delle sue passioni tre categorie dell'essere (pneumatici, psichici, ilici) ma esiste un Dio prima assoluto già da sempre.
L'incidente non avviene più all'interno di Dio, ma all'esterno, avviene nei logoi, noes, cioè in una sostanza creata. La sofia a
questo unto è la sofia dell'antico testamento ma coincide anche con il frutto perfetto del padre, con il F. la categoria del
divenire non spiega più Dio ma spiega l'incidente percosmico, il divenire non pertiene più alla divinità ma a ciò che è creato
dalla divinità. Ci sono naturalmente delle aporie in Origene, la più grossa è il Logos e la sua relazione con i noes. Abbiamo due
interpretazioni molto diverse nella storia degli studi: i noes sono solo creati, prodotti da un atto creativo, ma allo stesso tempo
sono oggetto dei pensieri del Logos, di Dio e quindi sono in relazioe intrinseca con Dio. Origene batte sul fatto che c'è un
elemento dell'inizio dell'economia che cerca di tenere fermo e cioè quella che separa l'essere dal divenire. La sapienza in
questo paragrafo è una citazione di un testo fondamentale per tutta la controversia ariana e per Atanasio, che diventerà il centro
e di più difficile esegesi Pr 8,22-25 per tutte e due le parti. In questo brano ci sono tutti cgli elementi possibili: sapienza
generata o ingenerata? La distinzione tra creare e generare non sempre è stata così presente. Si è posta in modo acuto
soprattutto durante la crisi ariana e un po' prima davanti alla cosiddetta controversia dello pseudo Dionigi. La traduzione ektise
non sarebbe esatta; altri traduttori A,S, T traducono= mi ha posseduto.
C'è poi l'altro testo: Col 1,15. Primogenito di tutta la creazione. Non è altro ma è uno e medesimo. Qui c'è un elemento
antignostico fortissimo. Lo gnosticismo tende a sparare le figure cristiche distinguendo sapienza dall'unigenito dal salvatore.
Origene contrappone a questa divisione una intuizione unitaria perché è convinto che la scrittura vada interpretata e che nelle
pieghe della scrittura, nelle differenze di contesto, di stile ecc.. sia compito dell'ermeneuta tirare fuori una immagine coerente
di Dio concatenare le epinoiai le une alle altre.
Par 2: qualcosa di insussistente: brano importante perché un altro obiettivo polemico di Origene è la teologia modalista che
riduceva la Trinità ad una manifestazione di diverse funzioni divine. Difendendo strenuamente l'idea di una unità divina per cui
la preesistenza di Cristo viene pensata come funzione e non come persona divina da cui nasce l'enorme problema di coniugare
il dato dell'incarnazione con questa funzione. Origene come costruisce una teologia antignostica così antisabelliana e
antimodalista. Una teologia della sussistenza, la teologia delle tre ipostasi. Comunque soprattutto riguarda l'ipostasi del P e del
F.
Una volta che si sia rettamente supposto che l'unigenito figlio di Dio è la sua sapienza sussistente …esprimere o immaginare
(differenza tra archè ontologica e cronologica)
Come è possibile che Dio sia stato mai privo della sua sapienza? Argomentazione che verrà ripresa dai teologia antiariani. Il F
coincide con la sapienza. Come può essere Dio privo di sapienza? Sarebbe un Dio senza intelligenza o sapienza, irrazionale
(privo del suo Logos). Origene ha presente che esiste una possibilità di pensare una archè cronologica diversa dalla archè
mentale, ontologica che può essere soltanto percepita da ???. Egli vuole combattere la concezione che vi sia un tempo in cui il
F è nato e anche una secondarietà ontologica del F rispetto al P. L'unico elemento per cui il figlio è secondario rispetto al P è
ratto che riceve l'essere dal P.
Ci sono due parole importanti: volontà Origene polemizza contro coloro che pensano che Dio per un certo tempo nona avrebbe
voluto suo figlio e poi lo avrebbe generato. Qui il punto polemico è contro l'idea di una archè cronologica. Dio ha sempre
voluto che il F esistesse.
Nel corso del secolo e di quello successivo cosa accade? Sappiamo che una delle definizioni del F in Origene è come e mente
voluntas… il F viene paragonato ad una volontà intimamente conenssa con la mente che la produce. Si penserà sempre al F
come voluto dal P. Origene da sempre è voluto dal P. Il F dipende dalla volontà o il F è per natura distinto dal P? Dipende da
una volontà eterna di Dio o è ontologicamente connesso con il P? Per natura? Le due cose coincidono in Eusebio, ma non in
Ario né in Atanasio. Atanasio combatterà molto l'idea che il F è legato alla volontà del P perché ritiene l'esistenza del F come
tratto necessario dell'esistenza del P. tra III e. IV non c'era una distinzione forte tra volontà e natura. Il problema si pone dopo.
Il F dipende dalla volontà ma è sempre esistito e come Dio è sempre P così il F è sempre F.
Ad un certo punto c'è una riflessione su natura e volontà che porta ad una divisione: coloro che accettano che il F dipende solo
dalla volontà e chi accentua che il F è naturalmente connesso all'esistenza del P- L'essere assoluto di Dio non può essere
pensato senza figlio e chi più arcaicamente pensa ad una identità delle due cose (che volontà e natura coincidono).
L'altro termine importante di questo brano è il progredire di Dio: Origene polemizza contro coloro che pensano che Dio abbia
una archè cronologica, posteriore rispettoa quella del padre perché ci sarebbe un progresso in Dio. O. sente il problema della
immutabilità di Dio e dei suoi attributi più di altri, tanto da andare a ipotizzare l'esistenza di una creazione permanente. Il
progresso lo vedeva in coloro - gli gnostici - che pensavano ad un Dio che si costituiva solo alla fine dei tempi. Nella
concezioe gnostica il Dio prima dei tempi era definito in modo fantasioso ma che non nasconde che Dio ad un certo punto Dio
debba rivelarsi. Ciò non mette in discussione la sua immutabilità, lo gnosticismo invece sì. Il motivo per cui Sofia pecca deriva
da un atto di rivelazione di Dio che in qualche modo rompe l'immutabilità originaria di Dio. Il Dio degli inizi, gnostico, viene
visto come immutabile, ma è un Dio che ha una periferia ancora molto debole, tanto è vero che entrerà in crisi. C'è una teologia
in processo, è una teologia del progresso di Dio, della passione di Dio e del peccato di Dio. Certo Valentino non va a dire in
giro che Dio ha peccato, ma tutte le argomentazioni che usano i valentiniani (questo abisso tra P e Nous, questo processo per
cui quando si arriva a Sofia si vede sempre più che il mondo divino comincia ad avere problemi nella sua rivelazione nella sua
creazione e nell'incarnazione)…tutto questo quadro presuppone che l'inizio sia diverso dalla fine. Il Dio che si costituisce alla
fine dei tempi è un Dio che non può più entrare nell'incarnazione e che ha scisso da sé la passione, l'economia. La rivelazione
nello gnosticismo è connaturale. Diranno che era un Dio che è (o on) ma il primo atto con cui si descrive Dio nello gnosticismo
è quello di un atto al negativo, per cui Dio entra in crisi, si scinde in se stesso. Che l'inizio sia diverso dalla fine è un dato
tipicamente cristiano.
Il manicheismo si differenzia in questo dallo gnosticismo perché tende a pensare ad un inizio che è simile alla fine. L'elemento
gnostico però resta ancora nel manicheismo quando alla fine dei tempi nel bolos (=tomba della dannazione) restano ancora
imprigionate …???
Rimane ancora presente in una gandiosa visione gnostica che la divinità sia scissa. Questa scissione indica semplicemente il
dualismo del cristiano: il F proprio perché esiste dal n… cristiano dell'incarnazione non può che essere pensato come una
persona con un forte elemento dualistico. La relaizone con il P e quella con l'incarnaizone, la creazione. Questo fa sì che il F
gnostico sia completamente dinamico e in costante divenire. Il dato dell'incarnazione, tutto ciò che è terreno viene ripensato…
Invece Origene vuole …??? Distinguere l'immutabilità del P e F rispetto alla mutabilità della creazione. I termini P e F sono
quelli che meglio esprimono Dio. Dio è certamente o theos, o kurios, ma la bibbia continua a suggerire che Dio è P e siccome
P è epiteto che indica la natura di Dio allora il F deve essere sempre insieme al P ed è coeterno. Non funzione di Dio o
manifestazione ad extra di Dio ma persona sussistente.
In questa sapienza sussistente era contenuta virtualità e forma di ogni creatura… siamo al nocciolo dell'esegesi origeniana di
Prov 8 vengono messi in relazione i due termini da una aprte l'ektise e dall'altra generare (gennao). E' chiaro che origine
anticipa una soluzione che poi è adottata da qualcuno. Una soluzione che distingue i due termini. Molti li conguaglieranno,
perché la percezione tra generazione e creazione divina non verrà sempre fuori come nella controversia dei due dionigi. Per
Origene si può spiegare in modo diverso i due termini: l'incarnazione descrive la relazione tra P e F e la generazione la
descrive per antonomasia. Una generazione eterna.
Ektisen indica la sapienza in quanto contenente tutti gli elementi, i principi della creazione che sarà o che è già Se la sapienza è
generata e riceve l'essere dal padre, la sapienza del F Logos dal Padre, d'altra parte economicamente è creato in quanto
contiene i principi della creazione. C'è una distinzione origeniana tra una creazione non accidentale (noes noerà) e accidentale
(deriva secondariamente dopo l'incidente che non è più intradivino di Sophia ma all'interno della sapienza creata: il coros dei
noes). Questa sazietà platonica per cui i noes nella loro eterna estatica contemplazione di Dio provano e nel provarla si
differenziano, si distanziano e cadono in giù, verso la creazione. Si separano man mano a seconda del grado della loro caduta.
Alcuni teologi ariani diranno che l'ektise si riferisce al F in quanto nato da Maria vergine, qua homo, in quanto Cristo incarnato
e il gennao invece si riferisce al F di Dio in quanto preesistente. Questa sarà la spiegazione di Atanasio. Qui abbiamo una
soluzione particolare pensabile solo da un teologo come Origene, cioè l'idea di una creazione permanente, eterna che esiste già
nella sapienza da sempre e che poi si tradurrà dopo un incidente che avviene nel mondo del divenire in una creazione del
mondo materiale.
Il problema di Origene è che questa sapienza costituiti da noes possono essere pensati anche come le ragioni seminali che sono
intimamente collegati con gli esseri che esiteranno. Il platonismo del II e III secolo ha assorbito molti insegnamenti dello
stoicismo, e anche il neoplatonismo è un platonismo che sussume la categoria di vitalismo e organicismo storico, la sua
metafora biologica che permette di pensare in modo dinamico la concezione del logos.
Nel modo che abbiamo detto …la sapienza è parola di Dio perché rivela…
Il terzo epiteto: Logos. Dopo Figlio, sapienza in quanto archè di tutto il mondo creato. C'è un elemento sapienziale, il Logos
trasmette e rivela alla razionalità l'uomo. Il F Logos svolge una funzione gnoseologica importante. Il Logos rivela la creazione,
rivela Dio (parzialmente) agli esseri. Termine che anticipa l'economia. Sapienza ha doppio aspetto: presistente e in relazione
alla creazione. Invece Salvatore, Cristo, sono termini che indicano solo Dio F in relazione all'uomo.
Logos è detto così perché è la parola che esprime, ha carattere rivelativo.

Sinteticamente cosa succede in Origene? Esiste un confine tra l'essere di Dio e il divenire che o vuole intendere anche se
spesso è contraddittorio. Il nous di Gesù è l'elemento cui il F si unisce: l'incarnazione in vista della salvezza. Il F in primis si
incarna nel nous anima, ha una relazione strettisima con quest'anima, tale per cui quest'anima non ha mai contraddizione, viene
fusa dal calore del Logos divino, del F, ed agisce con esso in conformità (prima del tempo: quando tra tutti i noes uno in
particolare è quello di Gesù che rispetto agli altri non pecca).
5.XI.99
Nel IV secolo o già alla fine del III si ha l'impressione che la riflessione sul il rapporto tra Logos e corpo è presente e poi
Atanasio ne fa la sua formulazione.
Il problema più importante nel pensiero origeniano è salvare l'unicità di Dio (subordinazionismo) del o theos e allo stesso
tempo salvare il Logos come theos (non o theos). Cioè salvare l'unità di Dio e la divinità di Cristo. Questo è implicito nella
formulazione stessa del F e P. Un concetto molto importante è quello di partecipazione: metousia. La divinità del F non
contrasta col dogma dell'unicità e dell'unità di Dio perché solo il P è o theos in senso ontologico. Il F deriva la propria divinità
e l'essere dal P e può essere definito solo Theos (cfr. Gv, prologo): Dio per partecipazione. Ma questo non conguaglia il Logos
o il F alle creature operchè anche le creature possono essere divinizzate: il problema della divinizzazione dell'uomo in tutta la
tradizione alessandrina è sentito fortemente a differenza di altre. Quale nesso c'è tra la partecipazione del F al Dio e gli uomini?
La partecipazione a Dio di un essere creato, la sua divinizzazione è accidentale, è propria di un essere del divenir. Mentre la
partecipazione del F è naturale e non accidentale.
Che posto ha l'incarnazione nel pensiero origeniano? Abbiamo un doppio trattato: contra gentes, de incarnatione in cui il
problema fondamentale sarà l'incarnazione. A noi sembra banale vedere che Atanasio parli a lungo di questo atto di Dio, ne
faccia la base del suo modo di pensare Dio. Noi pensiamo Dio a partire da questo motivo, da questa percezione fondante
dell'incarnazione. Non è stato sempre così.
In Origene l'incarnazione gioca un ruolo importante, la sviluppa, ma il suo problema è se l'incarnazione è il punto di partenza
di Origene per pensare Dio o meno. Quando Origene descrive Dio nel de princ., la sua nozione di Dio è incentrata
sull'incarnazione o nella enuinciazione di Dio ci sono altri elementi che entrano più profondamente? Questo non vuol dire che
l'incarnazione non hanbbia una funzione all'interno della spiritualità origeniana o del suo pensiero teolgico, ma qundo si fa un
trattato dsu Dio l'incarnazione viene spostata e il centro diventa il modo di enunciar edio in rapporto col figlio. In un certo
senso l'incarnazione è uno dei modi di espressione di Dio. Se guardiamo all'incarnazione storica non possiamo non pensare che
per Origene il mondo nel quale viviamo, in cui Gesù Cristo si incarna è sentot come secondario, come esito secondario di un
incidente. La prima incarnazione per Origene è non nel corpo, ma dell'anima non peccatrice nel Gesù nous. Che cosa parla
dell'incarnazione? Le scritture, luogo privilegiato, ma esse stesse sono incarnazione. L'incarnazione la conosciamo attraverso
anche il tessuto ricco ma differentemente conformato della Scrittura.
L'incarnazione del Cristo origeniano è pensata come una degli esiti dell'attività dell'economia di Dio e si svolge in un modo
materiale che appartiene alle cose miserabili da cui l'uomo si deve liberare.
L'incarnazione appartiene all'economia, connessa con l divenire. L'incarnazione è secondaria rispetto alla caduta. Il Logos
prevede la caduta, il F di Dio prevede la caduta e quindi la prima incarnazione forse viene prima del vero e proprio peccato ma
comunque ha una forte connotazione econimica. Il problema dell'incarnazione origeniana è che Origene è il pensatore cristiano
che ha accentuato moltissimo i più livelli del creato (mondo delle idee, l'universo creato come diverso) quindi il problema del
concetto di incarnazione in Origene è il passaggio del Logos da un livello all'altro. Questo problema dell'anima di Gesù è ricco
di interesse perché per Origene è impensabile una relazione diretta tra F e mondo materiale. Ci voleva un elemento intermedio.
Il concetto filosofico di psychè forniva ad Origene tutti gli elementi necessari. La psychè in quanto derivante dal
raffreddamento del nous umano, dei noes, era derivata dal Logos, e allo stesso tempo la psychè in tutte le teorie filosofiche del
tempo di Origene era l'elemento che si univa al cosmo. In qualche modo la teoria della preesistenza dell'anima di Cristo, questa
prima incarnazione di Cristo nell'anima è una necessità metafisica di Origene: come mettere in rapporto il mondo creato con il
Logos, con gli uomini che derivano dopo una lunga vicenda dai noes decaduti? Non si possono porre in relazione due elementi
così contrastanti come il Logos e l'uomo, perché il Logos avrebbe bruciato, abbagliato l'uomo. Ci vuole l'elemento dell'anima
di Gesù, è il concetto col quale Origene può far passare il Logos-Sapienza-F da un piano dell'essere primario a quello della
creazione, secondario, creato in seguito in previsione della caduta dei noes. Quest'anima di Gesù è un'anima che non ha
peccato allora e non peccherà mai. Un'anima eroica, ubbidiente al Logos, in grado di manifestare i miracoli.
Un pensiero così ricco e sistematico genera e ha in se stesso delle tensioni (es.: problema della creazione eterna). D'altra parte
abbiamo il subordinazionismo, perché la sussistenza nel pensiero origeniano implica come conseguenza il subordinazionismo
il F riceve tutto dal P, per natura ma è un F che nella scala dell'essere entra in connessione con il divenire e per Origene questo
implica un grado interiore, anche lo SpS è ancora più inferiore: è una concezione a scalare. Fino alla concezione dell'atto finale
di Cristo della riconsegna al P del regno prima della restaurazione e dell'integrazione della apocatastasi.
Questo problema del subordinazionismo sarà avvertito per molto tempo. Una sussistenza del F che implicava una distanza dal
P, il F come molteplicità opposta e in relazione all'unità del P. Il problema della relazione tra uno e molteplice viene risolto
attraverso al teologia del Logos e la sapienza come luogo della molteplicità connesso con la molteplicità del reale.

Non sappiamo che fine hanno fatto queste intuizioni perché abbiamo poca documentazione. Sappiamo che nella controversia
dei due Dionigi DA viene incolpato di affermare il F come poiema. Per Origene il F può essere definito gennema, poiema o
ktisma. Il sabellianismo percepita acutamente questo problema dell'uso terminologico perchè finiva per fare del F Dio una cosa
fatta e attribuire la creaturalità all'intento del mondo divino mentre invece la teologia sabelliana è molto unitaria che in nome
dell'unità di Dio, della monarchia, monade, elimina la sussistenza del F preesistente. Per Origene invece è preesistente e
differente da Dio padre. Ci troviamo agli inizi della controversia ariana con due teologie derivanti ambedue da Origene molto
diverse che però fanno riferimento a moltissimi temi origeniani: Ario e Alessandro.

La cosa migliore per capire la teologia di Atanasio è prendere alcuni passi della lettera contro gli ariani
Siamo tra il 322-24.
Essi (Alessandro ha riunito un concilio di tutti vescovi egiziani e scrive ad Alessandro di Tessalonica una epistola che sembra
rivolta non solo ad Alessandro ma alla sua comunità) Essi mettendo sotto accusa
Nel IV secolo inizia davvero una intolleranza reciproca, che entra nel linguaggio dei cristiani.
Perché non volevamo rendere pubblica la cosa…
Gli ariani assimilano totalmente Cristo alle creature, agli altri uomini. Raccolgono le espressioni che riguadano la sua
economia salvifica, dipendenza, paura, ignoranza, e usano tali espressioni per descrivere lo statuto ontologico del F.
L'economia sarebbe usata dagli ariani per indicare lo statuto di inferorità del F rispetto al P. Non tutto nella polemica di
Alessandro è falso.
Perciò fratelli carissimi…
Ek ouk onton formula per indicare nelgi scritti ariani la derivazione del F dal P: il F nasce come gli esseri creati, dal nulla.
Queste formule
- vi era un tempo in cui non era
- dal nulla
sono formule che possono indicare tante cose diverse, sono comprensibili a partire da sviluppi del II e III secolo. Indicano un
certo ateismo del pensiero di Ario. Hano una storia all'interno della filosofia. Se Ario considera Cristo creato, con un atto però
particolarissimo rispetto alle altre creature, ma comunque creato, la prima affermazione riceve tutto il suo significato perché
era una formula ce indicava la relazione tra mondo e Dio nella teologia platonica in particolare nell'esegesi si dava nel medio
platonismo del Timeo. Il mito del Timeo ricevette una doppia esegesi nell'antichità. Questo è un punto fondamentale. La
narrazione del Timeo della creazione da parte di Dio indica che la creazione è iniziata nel tempo oppure è soltanto una
traduzione mitica di un concetto filosofico (eterna esistenza del mondo)? Cioè il mondo viene creato in un punto del tempo o è
sempre esistito? Il Timeo deve essere interpretato alla lettera (un punto del tempo) oppure è semplicemente un racconto che
allegorizza l'attività creativa di Dio e un ordinamento del mondo che è avvenuto da sempre? Origene pensa che il mondo è da
sempre, ma esistevano soluzioni alternative come Attico e molti altri platonici. Questi pensavano che la creazione che è
ordinamento di una materia preesistente fosse iniziata in un punto del tempo, mentre altri pensavano che fosse iniziato da
sempre e quindi erano più vicini alla posizione di O. Se si pensa il F come partecipe del divenire ed essere creato il problema si
ripone. Attico ci è noto perché distingueva un cronos, un tempo ordinato dopo questo atto della creazione e un tempo
disordinato ataktos, prima della creazione. C'è il problema della relazione tra tempo e creazione.
Nella interpretazione origeniana di Pr 8,22 c'e una chiara distinzione tra sapienza creata e generata, ma il passo è interpolato
da Rufino. Quindi in Origene si intuisce una differenza tra ktizein e gennan c'è questa distinzione tra creare e generare: la
sapienza è generata dal P, il creare viene interpretato come un generare, allo stesso tempo è anche creata perché si dice dei
piani delle creature che verranno al mondo: economia. Bisogna togliere questa idea che ci sarebbe una anticipazione origeniana
già di una interpretazione che è posteriore. Va mantenuto comunque l'idea che la sapienza sia generata e contenga in sé le
specie della creazione. Va mantenuto questo plesso di idee. Origene non interpreta il verbo ktizein in relazione alle creature
che sono nel Logos. Non lo dice esplicitamente. In Origene c'è un ampio spettro di possibilità che non vengono ancora distinte
teologicamente: la sapienza nel suo essere creata/generata è anche fondamento per la creazione. Questo proverbi 8,22-25 ha
questa doppia esegesi. Derivazione dal P e P delle future creature. Tecnicamente non sono ancora del tutto distinte. Abbiamo
una tensione in Origene tra verbo che indica la creazione e generazione che non si è ancora risolta e che apre delle possibilità
esegetiche. Apre la possibilità ad Ario. Se il testo fosse come lo leggiamo, Ario non avrebbe proposto una esegesi così forte. Di
proverbi 8,22-25. Conguagliando il gennan con il krtizein. Quando si legge il de Princ. si cade facilmente in tranelli rufiniani
soprattutto quando non c'è il testo greco. La sapienza o è un concetto molto complesso. Origene tra ktizein e gennan preferisce
la generazione, di un essere sussistente che contiene in sé anche le idee della creazione secondaria posteriore all'incidente.
Non abbiamo notizie di una grossa produzione letteraria da parte di Alessandro di Alessandria: due documenti lettera a A. di
Tessalonica e enciclica).
Perché è importante soffermarsi su questo padre alessandrino? Perché è il predecessore di Atanasio, colui che ha designato
Atanasio. Colui che rompendo con la tradizione passata che sceglieva i papi solo dai presbiteri, sceglie dai diaconi. Atanasio
quando diventa vescovo a soli 30 anni è diacono. I presbiteri di alessandri avevano grosse parrocchie in cui esercitavano
insegnamento (Ario era una di questi). Se Alessandro rompe con questa tradizione parrocchiale in cui il pastore coincideva con
il didaskalos che insegna le scruttire è una azione forte.
Le lettere sono scritte uno o due anni di distanza dal CN. Ci danno lo stato della teologia trinitaria alessandrina poco prima del
simbolo. Quindi ci danno l'idea su che basi Atanasio abbia cotruito la sua teologia trinitaria e cosa abbia cambiato rispetto ai
soi predecessori. Noi dopo Alessandro dopo il 324 non sapiiamo nulla, non sappiamo come abbia agito su di lui il CN che
presenta una impostazione abbastanza diversa da quella delle lettere.

Il problema dell'esegesi medioplatonica del Timeo: il problema della frase c'era un momento in cui non esisteva era già
diventato oggetto di una speculazione platonica tra Dio e kosmos.
I medioplatonici su questo argomento, la creazione nel Timeo, avevano espresso due posizioni, che ci sono rese note da Proclo.
Da una aprte c'era chi aveva inteso letteralmente il Timeo. Dio comincia nel tempo la sua azione creativa. Il mondo quindi ha
un inizio del tempo e c'era un momento in cui il mondo non era. Questo sarebbe l'esegesi di attco, plutarco e molti platonici.
Dall'altro, Giamblico ecc.., avevano espresso un'altra interpretazione: allegorica. Quando il Timeo dice che Dio inizia a creare,
questa affermazione è mitica, va intesa in senso allegorico. Il Timeo non è altro che traduzione in racconto di un concetto
filosofico, metafisico per cui il mondo è eterno ed eterna è la fattività, creativa di Dio. Se dovessimo convocare Ario e Origene
in questo dibattito, Origene sarebbe per la seconda soluzione, allegorica. Esprime l'idea della creazione eterna, della coessenza
eterna dei noes creati.
Ario invece ha usato la frase era quando non era

Nelle formulazioni medioplatoniche troviamo spesso la parola chronos invece di en pote ote ou en
Questo pote poteva essere sostituito da chronos. Nei neoplatonici non troviamo questa frase ma altre formulazioni tra cui en
chronos ote ou en. L'affermazione medioplatonica appare più rozza rispetto a quella di Ario. Pote non è un sostentivo. Chronos
è sostantivo ed indica una entità ben precisa. Ario e gli ariani hanno con questo sottolineato un fatto importante: il discorso sul
tempo è discorso ambiguo che si presta a diverse articolazioni e declinazioni. Ario era sufficientemente intelliente da cogliere
in anticipo una obiezione che gli faranno di continuo: il tempo inizia dopo il F. Allorta come si fa a dire che esiste un tempo
che sta tra Dio padre e il F? Se il F è creatore dei tempi, momenti ecc.. come si fa ad ipotizzare un tempo ulteriore? Per questo
Ario probabilmente ha eliminato chronos, perché sapeva le connotazioni fisiche e materialistiche che poteva assumere questo
sostantivo. La sua concezione di tempo forse prevedeva due tempi di qualità diversa, un tempo del mondo, dell'economia V e
N testamentaria. Ed un tempo particolare che rpecede il tempo dell'economia, del divenire. Una diversa qualità di tempo.
Stead, in un recente contributo in Origeniana VII, mette in luce che Attico (faceva l'esegesi letterare ledel Timeo) in un
frammento parla di due tipi di tempo: un tempo ordinato (dopo l'inizio della creazione), un tempo ataktos (=disordinato, che
non ha ricevuto quell'ordine dato dall'atto creativo) prima della creazione. In attico possiamo supporre una presa di posizione
di questo genere: esiste una specie di sostrato di materia che vive in un tempo ataktos e che in un punto del tempo viene
ordinato così cime viene ordinato il tempo. Abbiamo poco di attico, ma non è risolta la relazione tra chronos ataktos e quello
odinato. Sono due elementi appartenenti alla stessa specie o sono due cose diverse? Non sappiamo neanche come Ario abbia
risolto questo problema. Si pone un problema di archè cronologica in Attico: il chronos come sostanza ha due qualità (ataktos e
ordinato). Oppure dobbiamo parlare di disordine temporale e atemporale?
In Ario cosa è successo? Ha capito il problema ma forse non lo ha risolto fino in fondo. E' giunto ad affermare l'archè
ontologica del F o solo la sua archè cronologica? Da una semplice frase un po' strano emerge un problema più grande. Gli
autori medioplatonici a cui faceva riferimento forse partivano da un unico tempo distinto in due parti al momento della
creazione.
La creazione dal nulla: Alessandro contesta ad Ario. Bisogna partire dalle premesse dottrinali. Quando si introducono elementi
di coerenza filosofica anche l'edificio origenaino tende, essendo fortemente fondato sulla filosofia, tende ad esagerare.
Il F è autosofia, autologos. Essere pienamente sussistente, che riceve il suo einai, per partecipazione naturale con il P a
differenza delle creature che possonoe ssere divinizzate ma solo per accidente in quanto legate al divenire.
La scrittura presenta ad Ario una moleplicità di creare e generare. Si afferma che gli uomini sono chiamati dèi, il F è creato, è
inferiore…. Ecc… Ma il prblema era come rapprotare il F al P senza che vi fossero due dèi, senza che venisse messo in
discussione la monarchia del P. La soluzione origeniana è quella della generazione eterna, fondamentale in questo discorso.
Abbiamo qui un principio che genera un altro essere eternamente e l'eternità permette di superare lì'obiezione della doppia
agennesia, della presenza di due ingenerati, perché abbiamo un essere che viene eternamente generato e un essere unico che
eternamente genera. Ma la relazione che Origene vede tra F e P è quella delle ipostasi cioè distinzione forte e relazione tra i
due che non è relazione di sostanza. Logos viene generato dal P sicut e mente voluntas si usa tra le tante immagini quella
estremaamente noetica, che ha il fine esplicito di smaterializzare il più possibile il rapporto tra padre e figlio. Questa è la
grande battaglia di Origene contro tutta la teologia precedente (pensiamo a tertualliano che affermava che il F è portio dei; le
rappresentazioni stoicamente materialistiche della rappresentazione del rapporto tra P e F). Con Origene viene la necessità di
postulare un essere eternamente coesistente con il P che allo stesso tempo però abbia una relazione non materiale non
sostanziale con il padre. Non esiste una ousia divina da cui il F prenda una parte. Semmai abbiamo un atto di donazione quasi
per grazia ma di tutto l'essere. Bon esiste un sostrato comune. Le immagini di Origene sono tutte le più smaterializzanti
possibili. Risolve il problema della sussistenza del F come essere coeterno con il P; la relazione tra P e F che è sostanzialmente
dinamica. Nella teologia seguente però c'è un problema che comincia ad essere avvertito: il rapporto tra F e creazione (diretto)
tra il F e la passione (diretto) il problema di come un essere divino che riceve l'essere dal P possa entrare in contatto con il
mondo creato.
Come dare uno statuto meno immaginifico, più filosofico e meno scritturistico al rapporto P e F. Nella tradizione origeniana
comunque il rapporto tra P e F non era pienamente risolto: ek ouk to onton. Questa affermazione di Ario va contestualizzata in
questa esigenza di chiarezza filosofica e logica circa il rapporto P e F. Le immagini scritturistiche e della mente e volontà
possono essere intese come scissione della sostanza. Se la sostanza del P, monarca non può essere comunque toccata, come
rapportare il F al P? Si usa un modello tipico delle scuole di filosofia, della autogenerazione o dalla volontà del P, e quindi di
una generazione dal nulla o meglio di una creazione (essendo dal nulla). L'affermazione ek ouk onton probabilmente non è di
Ario ma di Luciano di Antiochia. Questa esigenza che ci appare oggi così poco cristiana era una esigenza che già era presente
prima: smaterializzare il più possibile il rapporto tra F e P. Per giungere ad una comprensione filosofica di questa rapporto che
prescindesse anche dalle immagini della scrittura e di intendere la frase "dal nulla" come una affermazione che tenesse separati
completamente l'ipostasi del P da quella del F. L'affermazione di Origene è troppo generica. Se il tutto invece avviene
attraverso un atto di volontà del P che non fa riferimento alla propria ousia ma al nulla ecco garantito il carattere non materiale
di questa generazione. Ario dirà poi che impropriamente questo atto creativo si può chiamare anche come generazione, ma
l'esigenza di fondo resta quella di riuscire a postulare un essere sussistente che abbia una relazione forte con l'archpè metafisica
ma che abbia con essa relazioni non di sostanza. Quindi volontà del P ma dal nulla (il ragionamento di Ario è perfetto dal
punto di vista logico). La perfezione prescinde dalla tradizione ecclesiale e dalla scrittura perché tale ragionamento porta a dire
che tutte le immagini (luce, splendore ecc…) la teologia della luce origeniana devono essere interpretate allegoricamente.
Sarebbero una metafora perché lo scrittore non poteva spiegare meglio. Invece dal nulla garantisce la piena sussistenza, portato
ad avere un rapporto con il mondo divenire, l'economia, rispetto al P abissalmente separato dal mondo. Ario
terminologicamente cambia più volte la sua terminologia a seconda della contingenza. In sostanza però se inseriamo Ario nella
tradizione alessandrina e nelle esigenze del sistema origeniano si capisce: Dio non materiale, sussistenza personale del F, il
rapporto tra F e divenire. Ario giustifica quest'ultimo con una creazione eterna, quindi con una connessione stretta di questi
noes creati rispetto al Logos che li crea, una previsione che questi sono destinati a cadere. Un filosofo sa che la Sofia contiene
in sé le ragioni della propria caduta.
Nel litigiosissimo mondo origeniano di fine III sec inizio IV questi problemi si pongono con forza. Naturalmente c'è chi non fa
la scelta di Ario. Chi si mantiene al credo, chi mantiene il concetto origeniano di rapporto eterno tra P e F: Alessandro per
esempio. Il subordinazionismo era comune ma era più o meno accentuato. Ario lo estremizza a tal punto che mette il F dalla
parte delle creature. Il F è strettamente legato al divenire, viene creato in ragione della economia e del mondo.
Altrove si cominciava a percepire che il problema della relazione tra P e F e divenire fosse posto in modo diverso da Origene.
Sia il P che il F hanno una connessione con il divenire molto particolare. Il F è parte dell'essere come il P e solo per un atto di
grazia entra nell'economia, la crea e la salva. Resta irrisolto il problema della loro relazione.

Alessandro di Alessandria: par.11. schiaccia Ario su una cosa che non ha mai detto (= che Cristo sia una creatura come le
altre). Per Ario Cristo è creatura diversa rispetto alle altre, perché ha creato le altre creature.
Ario ha anche affermato che il Logos per i suoi meriti è stato glorificato, teoricamente è capace di virtù e vizio, ma non ha mai
commesso peccato. Alessandro quindi fa dire ad Ario ciò che non ha mai detto.
Achorista pragmata duo: possibile sinonimo di hupostasis è pragma (già usato da Origene. Si intende una cosa che è
sussistente, non una azione materiale.
Achorista: elemento nuovo. Sintetizza una buona metà della teologia di Alessandro di Alessandria. Ci sono due esseri
sussistenti che non sono separati. E' una teologia che è anche ariana: qui la separazione giunge ad una separazione delle
sostanze. Per Origene era possibile dire che eraano due ousiai, due ipostaseis e due pragmata. Ousia può avere doppio
significato (unità individuale o generale) Origene lo usa nel primo senso, cioè nel senso di ipostasi. Abbiamo scarse
testimonianze di dell'uso di ousia da parte di Origene e tutte dubbie.
Possiamo dire che per tutto l IV secolo abbiamo un tipo di teologia molto particolare, di ispirazione origeniana che postulava
tre ipostasi e tre ousiae più o meno identificando i due termini. Rispetto invece alla tradizione nata dal CN e a quelle molto più
unitive questi termini facevano molto problema.

16. il Logos di Dio non deve essere annoverato con gli esseri creati da lui, Gv dice: per mezzo di lui furono create tutte le cose.
Questa obiezione di Alessandro per Ario non valeva molto perché egli diceva che era creatura, ma che aveva creato tutte le
cose.
- Prima obiezione: esisteva già, è la teologia tradizionale: la coesistenza eterna P e F.
- le creature create attraverso di lui: non è una obiezione perché anche per Ario le creature erano create per lui
- ciò che esiste per se stesso si contrappone agli esseri creati dal nulla: affermazione filosofica di Alessandro. L'eterno si
contrappone al divenire.
Problema dell'inenarrabilità del mondo divino
26. ta pros ti. Concetto di relazione
27. viene saltato Pr 8,22-25 che Alessandro ha presente o non averbbe citato il v. 30. Ma in tuta la fase della controverisa
ariana Pr 8,22-25 ha creato problemi ai cattolici. Se diciamo che è la sapienza hanno un inizio allora Dio è stato irrazionale o
ignorante prima di creare il F . Tale obiezione era respinta da Ario perché capisce che il problema della spaienza e Logos
doeva essere risolto con una doppia impostazione: esistono due sapienze, una prorpia nel P e l'altra è la desiganzione
scritturistica dell'esistenza del F. In questo schema che è già vecchio del secondo secolo (Logos endiathetos e proforikos).
Esiste una sapienza del P interna che può estrinsecarsi in un essere sussistente. Ario deduce che esiste una sofia propria di Dio
monarche e una sussistente esterna che sono diverse.
29. l'obiezione ariana è che esistono i figli per adozione . Alessandro usa una distinzione origeniana: il F è F per natura e i figli
solo per adozione. Il F non diventa tale per virtù (Ario) ma perché è tale per natura.
37. Il F è legato all'economia. Viene generato dal nulla per volontà del padre in ordine al divenire quindi basta leggere i vangeli
in cui si parla del Logos inferiore, obbediente, fame, sete ecc.. Tutte queste espresisoni sonod a Ario un punto di forza per dire
la relaiozne stretta tra F e divenire. Creato dal nulla: per smaterializzare al massimo la generazione e per collegarlo al divenire.
Se si indicano due esseri coesistenti per Alessandro si cade nell'assurdità di dire che esistono due ingenerati oppure nel rdurre il
F e il P in unico ingenerato, una unica sostanza, una unica persona.
Somiglianza: totale tranne la ricezione e la donazione. Kata panta: Sotto tutti gli aspetti.
Immagine: può essere platonicamente una immagine degradata rispetto al modello, ma Alessandro comprende che il
platonismo della teologia dell'immagine ha dei problemi. Con CN, secondo un noto articolo, finisce il platonismo cristianao dal
punto di vista trinitario perché la logica platonisca è tale che ciò che è vero ad un livello può essere anche non vero ad un altro
livello. Invece la logica aristotelica presuppone una relazione biunivoca tra gli elementi.
45. Fondamentale. Misiteuo indica che siamo ancora in prospettiva subordinazionistica, cioè l'ipostasi del F sta ancora in
mezzo tra P e mondo.
46. Ineffabile: o ci sono due dèi o hanno relazione materiale. Alessandro evita parlando dell'ineffabilità
47.ingenerabilità: sembra in contraddizione con la mesiteousis. Il F e il P hanno una diversità sola uno è ingenerato e l'altro è
generato per il resto sono uguali.
Uso di Gv 14,28: lo usa solo Alessandro e non Ario. E' strano. E' un problema di omogeneità. Ario non lo usa perché anche se
uno è più piccolo e l'altro è più grande la loro relazione è di omogeneità di stessa sostanza: secondo la filosofia del tempo non
si possono paragonare esseri che siano difformi per ousia.
C'è una continua oscillazione tra mettere sullo stesso piano P e F diversificati solo nella relazione (ingenerazione e
generazione) e la tradizione origeniana subordinazionista che continua ad emergere.
Atanasio lo interpreterà secondo l'umanità di Cristo (qua homo).
53. Problema dell'economia: la divinità non soffre danno dalla crocifissione. Il lato economico del F è in aggiunta rispetto alla
ousia divina.
Frammento di Alessandro di Alessandria
Frammento importante. Si fa ancora accenno alla volontà. Il F ha ancora una concezione volontaristica.

Lettera a tutti i vescovi


Si sostiene che sia di Atanasio. Dubbi.

12.XI.99
Si è messa in rilievo una certa contraddittorietà della teologia di Alessandro di Alessandria. In lui ci sono due idee che
non si risolvono.
- la differenza tra P e F vista sotto l'aspetto della ingenerazione del P e della generazione del F. Coesistenza
ab aeterno di P e F e differenza rilevabile mediante la categoria di generazione e ingenerazione. Idea nuova per la teologia
alessandrina Infatti il subordinazionismo tipico di questa teologia sembra eliminato.
- Inferiorità del F rispetto al P. Il F è fusis che sta in mezzo e quindi che agisce da intermediario tra P e
mondo. Il F viene riconosciuto inferiore al P mediante il versetto di Gv 10,14. Inferiore però come qualificazione della sua
omogeneità. Gli ariani infatti non usano la citazione.
Abbiamo dunque due schemi diversi, uno nuovo e un altro più tradizionale. E' difficile per Alessandro trovare un
punto di convergenza tra questi due aspetti. Spesso gli autori cristiani non sono coerenti perché l'azione della tradizione spesso
coesiste con l'innovazione teologica e spesso lo studioso moderno deve arrestarsi davanti a questa contraddittorietà. Ciò vale
anche per Origene. Ciò vale anche per Eusebio di cesarea che è molto importante per la prima fase della teologia atanasiana.
In Eusebio di Cesarea scrive la Teologia ecclesiastica dopo la controversia ariana. Eusebio dopo il N ha dimostrato la
sua simpatia per una certa impostazione teologica anche se poi questa è in contraddizione con altri assunti della teologia
alessandrina.
Theol. Eccl. I,11 il F è di per partecipazione: motivo origeniano. Il F viene visto come passivo. Il testo è di
impostazione origeniana. Eusebio nonostante le sue posizione ambigue non riesce mai a considerare il F una creatura. Il F è
l'unico essere che Dio ha generato. Tutto ciò che riguarda il generare riguarda il F e tutto ciò che riguarda il creare riguarda il
mondo. Questo nonostante alcune posizioni della controversia ariana.
Theol. Eccl. II,14 Eus. Sta commentando una parte del prologo e le negazioni presenti sono molto significative. Dice
che Gv quando parla di theos parla del F unigenito. Questo non può essere confuso col P (punta antisabelliana e
antimarcelliana) e non è qualità accidentale ilP come lo è il mond creato. Né esiste in lui nella sua sostanza: l'ousia del P non è
quelle del F. =tipico della tradizione alessandrina. Uso di ousia molto individualizzante. Ousia e hypostasis non sono diverse
quanto all'indicazione delle persone. Anche Alessandro parla di hypostasis del F più volte. Alessandro non aveva difficoltà a
parlare di tre ipostasi, ma tre ousiai non compare mai.
Questo discorso della sostanza è importantissimo perché per la tradizione alessandrina era inaccettabile pensare ad
una ousia comune tra P e F perché sarebbe come dire una stessa persona. Quindi ci può essere somiglianza kat'ousian ma non
stessa ousia.
Da una medesima ousia non possono derivare due stessi esseri perché questa ousia ne sarebbe diminuita, subirebbe un
cambiamento, sarebbe parcellizzata.
Questo problema dell'ousia è importante perché c'è tutta una corrente del pensiero alessandrino che vuole sulla linea
di Origene togliere qualsiasi connotazione materiale alla generazione o creazione di F rispetto al P. Pensare ad una ousia
comune vuol dire riaffermare un certo materialismo, una certa scissione e quindi un mutamento di sostanza.
Marcello di Ancira costituisce una grande presenza e profonda di sabellianismo, ma che non ha ancora perso questo
carattere estremamente unitario che finisce per privare il F della sua sussistenza. Marcello di Ancira tendenzialmente definisce
il Cristo preesistente come Logos e non come tipo. Ci sono varie affermazioni contraddittorie. Il Logos può essere una
definizione del P ma il F è - se non identifichiamo P e F - una persona che ha una sua distinzione. Chi dice c'è il P e c'è il
Logos riduce il F, infatti Marcello di Ancira chiamava Cristo il F solo dal momento della nascita. Allora il Logos diventa Dio,
sussistente, ma a partire da una concezione monadica della divinità.
Per quanto riguarda la antropologia di Cristo ci sono tre ipotesi della teologia di Marcello di Ancira. L'unica certezza è
il rapporto tra il Dio prima dell'incarnazione e dopo l'incarnazione: parla di uno sviluppo di una monade in diade per un ritorno
di questa diade in monade (una fine del regno di Cristo), proposizione condannata come marcelliana. Altra posizione di
Marcello è che non si parla di generazione del Logos ma di verbi che indicano uscita del Logos dal P: c'è una impostazione
opposta a quella di Alessandria, forse ancora modalista in cui il Logos preesistente non è altro che una produzione del P. Non è
generato. La generazione vera e propria avviene nell'atto dell'incarnazione. Non va confuso Marcello coni patripassiani e i
modalisti che dicono che il P soffre sulla croce. Per Marcello dal momento dell'incarnazione ci sono due realtà diverse, ma
questo sviluppo ha radici solo economiche e non teologiche.

Altro brano di Eusebio


I,10
Chi dunque ritiene che il F sia generato dal nulla…
Eusebio pur simpatizzando con i vescovi ariani prende su un punto specifico della dottrina ariana, prende una
posizione antiariana. Eusebio è di tradizione alessandrina che è una teologia che ha un suo sviluppo. E al momento dello
scoppio della controversia simpatizza con vescovi ariani sul problema dell'ousia: non si può pensare che ci sia un unico che
deriva dall'ousia del P, quindi il F deriva solo dal volere del P. C'è perciò una certa posteriorità del F rispetto al P. Ma del resto
in Eusebio c'è l'idea che il F è prima della creazione, è dalla parte di Dio, ha con Dio un rapporto privilegiato di generazione e
non di creazione. Questo lo differenzia da Ario perché anche se Ario ammetteva che il F era diverso dalle creature perché esse
sono state create da lui, tuttavia anche questo figlio sia dal nulla, sia la prima e la più alta delle creature perché è proprio il
limite che divide ciò che è creato da Dio che Ario intende sottolineare, il limite tra essere e divenire, tra teologia ed economia.
Ario trova nella scrittura una serie di elementi che lo spingono a collocare il F nell'economia, piuttosto che dalla parte
dell'essere di Dio (che invece rimane uno e ingenerato).
In Eusebio ci sono posizioni condivisibili da Ario e altre che lo mettono nel solco della teologia alessandrina.
Questo ci serve perché probabilmente il contra gentes de incarnatione è una risposta alessandrina, atansiana ad
Eusebio di cesarea, alla sua teologia e alla proposta cristiana in generale di Eusebio di Cesarea.

Prima di commentare il simbolo di Nicea (cfr. Opiz, Urkunde…) un breve accenno ad una lettera molto importante
per capire il senso della proposta teologia di Ario: Urkunde, pag 8.

Pag 16, par 3:


Eusebio di Nicomedia, protagonista della lotta contro Atanasio, professa alcune proposizioni di Alessandro…
Non abbiamo mai sentito parlare di due ingenerati. Secondo gli ariani professare la coeternità di due principi
significa postulare due ingeniti.
Non professiamo né un unico essere viene diviso in due né qualcosa di corporeo che abbia subìto un cambiamento.
Uno solo è l'ingenerato e uno solo è l'essere che è venuto all'esistenza da sé veramente e non da una ousia dell'altro
Il problema della sostanza, non possiamo pensare ad un elemento corporeo che subisce cambiamenti. Bisogna pensare
ad un essere che non viene dall'ousi paterna ma che sussiste per la potenza dell'ousia paterna. L'importanza di questa lettera
sono le testimonianze scritturistiche che vengono usate al paragrafo 4s.
Apprendiamo dalle scritture e diciamo che è creato e fondato e venuto all'essere (tramite un processo di divenire) in
sostanza e tutto questo in una natura che si mantiene immutabile e indicibile e nella somiglianza verso colui che lo ha creato.
Resta l'idea di Cristo come immagine ma si accentua la differenza di ousia, che è differente da quella del P ed è creata.
Qui abbiamo il primo uso di Prv 8,22-25 per affermare la creaturalità del Verbo. Se invece fosse da lui come se fosse
parte di lui o come emanazione della sua ousia non avrebbe detto di essere creato e fondato. Origene è creato e viene dal nulla
oppure dobbiamo presupporre che viene da lui, ek ti in senso aristotelico forte come provenienza di un essere da un altro essere
e partecipazione all'essere del primo essere; o parte di lui o la sua emanazione che comunque comporta una diminuzione nella
ousia o un cambiamento della ousia originaria.
Pag 17: la scrittura fa uno scambio e rende sinonimi il generare e il creare infatti usa la parola generare anche per
creature che sono diverse rispetto al F. Le citazioni sono: Pr 8,22; Is 1-2; Deut 32,18. La struttura quando parla del F come
generato ne parla kata thestikos cioè in modo metaforico. In realtà abbiamo passi in cui si parla di creature generate da Dio e
proprio per questo è impossibile stabilire se il verbo generare è un verbo estremamente attivo e può indicare sia le creature che
il F così come creare può indicare F o creature. L'opzione ariana è dire che il F è in legame col divenire, è diverso dal P e
perciò è creatura. Qui alla prima attestazione accentua il crisein piuttosto che il verbo gennasthai che compare in Pr 8,25.

Il simbolo di Nicea

Interviene un linguaggio nuovo per tutte le tradizioni cristiane. Infatti fa uso di un termine non scritturistico,
homousios che ha determinato grossi problemi nella comprensione tra l'episcopato orientale da una parte e Atanasio dall'altra e
in occidente un'altra ancora
Abbiamo tre proposizioni. Quella che fa problema è quella centrale.

- Qualificazione del P: brevissimo. In questo diventerà tradizionale dedicare meno parte al P e una sezione più ampia
al F. Cosa si metteva in rilievo rispetto al P. Il problema della sua ineffabilità. Tutta la teologia apofatica, medio e neoplatonica
trovava nel primo capitolo di qualsiasi simbolo del terzo secolo una grande espressione, un modo di manifestarsi molto
dettagliato. Il problema è altro, non solo accentuare l'ineffabilità del P quasi in un piano completamente diverso dal F ma
trovare quel rapporto tra P e F. Lo SpS è trattato prima della controversia del 360 solo da Origene nel de princ. E da Eusebio di
cesarea in varie parti delle sue opere (teolo. Occl). Per il resto la riflessione sullo SpS è molto ridotta.
Atanasio quando nel 360 scrive il primo trattato sullo SpS deve partire da Origene che cira esplicitamente e in parte
anche da Eusebio ma che non cita perché costituisce la teologia che egli sente avversa (episcopato orientale).
Generato a partire dal P
Tout'estin ek ths ousias tou patros primo cambiamento notevole. In Alessandro c'era una espressioni tipo homoios ,
che esprime forte somiglianza delle due ousiae tra P e F. ma qui c'è una integrazione forte. Questo poteva essere accettabile
anche da chi pensava a due ipostasi nella misura in cui c'è una ipostasi che deriva l'esistenza dall'ipostasi del P, ma il seguito
del simbolo tende a ridurre al massimo questa possibile interpretazione e quasi a negarla.
Qui c'è accentuazione della divinità del F.
Esplicita presa di posizione vs ariani sulla creaturalità del F.
Ci sono varie qualificazioni della incarnazione di Cristo: liberatore.
Il motivo dell'incarnazione: evento salvifico è ammissione comune.
Abbassamento, prendere la carne e …?

Ciò che va accentuato è la parte finale: questa espressione upostaseis ek ousias, fa problema. Infatti si condanna
coloro che affermano che il F deriva dal nulla, da un'altra ipostasi o altra ousia. E' diverso.
Intanto con questo simbolo si pone fine, almeno parzialmente, ad una teologia che postulava la somiglianza tra ousiae
diverse e la somiglianza tra ipostasi diverse. Da questo momento si sarebbe dovuto dire che il F deriva dalla sostanza del padre
e non ha una ousia sua. Già qui la svolta è epocale rispetto a quanto detto finora su Alessandro ed Eusebio.
Inoltre l'hypostasie ek ousia significa conguagliare due espressioni che potevano essere usate anche in tradizioni molto
diverse. C'è doppio significato di ousia, più individualizzante e più generico; l'affermazione homoousios poteva essere
interpretata in due modi diversi; prima del paragrafo finale del simbolo: cioè F e P appartengono alla stessa specie divina e
partecipano di una ousia generica che è solo un processo mentale per cui noi a partire da determinate caratteristiche di due
esseri possiamo affermarne la stessa ousia ma non arriva alla partecipazione ad un unico sostrato. Ci poteva essere una
interpretazione generalizzante di homoousios, ma qui, con questa espressione in cui non si può dire che il F viene da un'altra
ousia o hypostasis, si vede il significato che chi ha redatto questo simbolo ha attribuito al termine ousia e homoousios, e cioè
un significato molto unitario. Vi è una unica ipostasi del P e del F. Poi l'evoluzione della teologia prenderà altre strade, ma
dietro questo simbolo agiscono elementi di uan teologia monarchiana, unitiva molto forti. E' in contraddizione non solo con
Ario o Eusebio ma anche con Alessandro. Insomma il simbolo così com'è è tale che il termine homoousios ha un senso molto
forte, di una ousia comune, di una divinità comune come criterio qualificante del P e del F (non più per partecipazione ma per
natura). La distinzione P e F non viene accennata se non nel rapporto di generazione della stessa ousia divina.
Naturalmente qui gli storici del dogma cercano di capire da dove viene homoousios. Certo non dalla tradizione
alessandrina. Questo termine viene usato da impostazioni unitive, sabelliani, Paolo di Samosata. E i vescovi origenisti
facevano questa accusa a Paolo. Vi era in ambito antiocheno forse un personaggio che poteva aver usato questo termine in
senso forte, Eustazio di Antiochia. Questo non aveva un tipo di teologia modalista o semi-modalista come Marcello di Ancira.
Non distingueva il F e il P, ma aveva una teologia di tipo estremamente unitario.
Atanasio comincia a scrivere le cose che abbiamo sotto questo doppia influenza: Alessandro di Alessandria e il
simbolo. La cosa strana è che l'homoousios non viene usato da Atanasio almeno fino al 339-40. Ne parlerà e lo rilancerà in
ambito internazionale tra il 352-56.
Eusebio di Cesarea tornato dal concilio cerca di spiegare alla sua comunità perché accetta l'homoousios, senza fare
accenno alla parte finale del simbolo. L'homoousios entra in una fase di completo silenzio perché era termine che faceva
problema sia agli ariani che agli antiariani.
Nel simbolo è fortemente accentuato l'unica ousia e l'unica ipostasi del padre a causa della ultima sottolineatura. Che
sia stato tirato fuori in modo negativo da Ario significa che è stato usato insenso antiariano, ma il simbolo è un poco fuori dalla
tradizione teologica cristiana nota, cerca di aggiustare varie cose, ma non risolve tutti i problemi.
Non si sa se Atanasio fosse presente o assente, forse come diacono, ma non sappiamo. La questione dei primi scritti di
Atanasio è complicatissima. Il problema è stato sollevato
Il contra gentes de incarnatione è stato spostato dal 318 al 363 (impossibile?). La tradizione tarda non è più accettata
da nessuno. E' uno scritto in cui non si parla di ariani, di homoousios.
Ma forse un'ipotesi è che la lotta tra le due parti non è finita e quando Atanasio scrive quest'opera non ha di mira gli
ariani ma Eusebio di Cesarea, e l'antiarianesimo di queste due opere è evidente perché di vede bene che tutta l'accentauzione
del rapporto P e F è così insistito che è espressa in maniera velata una crititca all'arianesimo.
La testimonianza delle lettere festali (annuncio della pasqua alle diocesi d'Egitto) nelle prime 6 non c'è accenno
neanche della parola ariano e non compare mai l'homoouisios o espressioni simili. Poiché ha senso datarla tra il 329-35 così si
rende plausibile il silenzio atanasiano in quest'opera. Tuttavia alcuni credono che quest'opera Atanasio la scrive quando va in
esilio e non ha a disposizione la sua biblioteca. Forse A. considera per il momento risolta la questione ariana dal CN, mentre
invece la questione riemerge dal 330-2 in poi. Quindi il silenzio dei primi anni può essere spiegato così e il contra gente come
opera apologetica contro Eusebio di Cesarea.
Dal 339 in poi con la X lettera festale abbiamo citazioni esplicite e infine le grandi opere (contra arianos ecc…).
In tutto questo, quando sembra essere giunti alla conclusione, compare un articolo di Sted che considera la lettera
henos somatos di Atanasio, con prove terminologiche molto forti. La lettera è del 319 massimo 321. Se Atanasio scrive tale
cosa si pone il problema se fosse stato in grado di scrivere a 18-19 anni un contra gentes. Camplani pensa che le somiglianze
della seconda lettera di Alessandro con Atanasio sono forti, ma le lettere festali (X-XI) che parlano per la prima volta
esplicitamente dipendono sia dalla lettera enos somatos sia dalla lettera di Alessandro di a. ad Alessandro di tessalonica.
Questo gli fa pensare che questi due documenti per Atanasio erano per lui un riferimento di tradizione piuttosto che un
documento suo che avrebbe potuto rielabora re subito.
Abbiamo trovato un passo uguale nella II lettera di Alessandro e nel primo discorso contro gli ariani. Molto simile, si
vede che attinge. Il tipo di citazione e lo stile di rifarsi ad una autorità maggiore sembra più derivare da una possibile
dipendenza da un documento non suo che da uno scritto suo. Se si volesse accettare l'autenticità atanasiana, va detto che tutto il
documento è certamente guidato dalla teologia di Alessandro.

19.XI.99

5a riga
il re dell'universo, Dio che è al di là di ogni ousia attraverso il suo proprio personale Logos Dio crea l'uomo secondo
l'immagine
per capire come fosse strutturato e pensata questa creazione originari bisogna proseguire nella lettura, perché solo qui
si rilevano le tendenze culturali di Atanasio.
Teoreteinai: l'uomo ha la teoria, la contemplazione della realtà e una facoltà conoscitiva che gli deriva dalla sua
somiglianza Dio dà all'uomo anche la nozione e la conoscenza della sua stessa immortalità.
Atanasio non distingue come altri la creazione secondo imamgine e somiglianza, per lui sono un atto unico, per
Origene invece no. L'homoiosis è un processo che l'uomo deve subire per divinizzarsi. Ma in Atanasio no c'è una identità.
… affinché non si allontanasse dalla stretta relazione con i santi (qui c'è la frase importante) ma avendo la grazia di
colui che li aveva donati e avendo anche la sua propria dunamis, potenza derivatagli dal Logos del P in frequentazione intima
con il divino.
L'aspetto conoscitivo è riservato alla capacità dell'uomo di essere kat'eikona e definisce l'uomo in quanto tale. Questa
contemplazione eterna e continua del Logos viene riservata al nous umano se il kat'eikona…
Noi abbiamo una eikona theou che è il Logos, dallaparte di Dio. L'uomo ha una nous e parte della psyche in cui
risiede il kat'eikona. Dalla parte dell'uomo abbiamo un nous kat'eikona che rimane tale nella sua purezza grazie alla charis
continua fornitagli dal patrikos Logos e dalla dynamis. Il concetto di dunamis ricorre più volte. Essa è collegata alla charis e
rende l'uomo logikos. In un cernto senso il kat'eikona (l'essere dell'uomo fatto ad immagine di Dio che risiede soprattutto nel
nous umano) gli garantisce di essere logikos, cioè l'essere connesso in modo intimo a Cristo qua Logos. Grazie a due altre
funzioni del Logos, ciosè la grazia e la dunamis. Il nous dell'uomo allora contempla, è felice, può avere una vita immortale e
non corrotta nella misura in cui questa dunamis derivante dallla charis del Logos agisce continuamente e permanentemente in
noi.
Atanasio non è un teologo come Basilio o Gregorio di nissa e quindi cogliere queste assonanze è fondamentale per
capire quale sia la struttura antropologica dell'uomo e del Cristo incarnato.
Nella fase originari abbiamo un uomo che gode di una grazia continua, che è questo essere kat'eikona e logikos e
questa grazia continua si identifica con la dunamis sua propria attivata da Cristo dynamis. C'è una dynamis dalla aprte del
creatore che si estrinseca mediante la grazia nella dynamis dell'uomo che non è altro dell'esercizio continua dell'essere logikos
e kat'eikona.
La dynamis umana è esplicitazione della dynamis divina. La d. umana è energheia della d. divina.
Questa prospettiva poi si arricchisce: l'uomo è chiuso in questa contemplazioe statica grazie a qusta charis, dynamis,
ed è uomo non più origenianamente privo di corpo ma è uomo creato con il corpo. Laddove eikona non è come in Ireneo cioè
l'inesieme di un composto psicologico ma è riservato all'anima e al nous. Il kat'eikona atanasiano risente della tradizione tipica
di Alessandria e di Origene.
L'uomo originario teorizzato da Atanasio vive con il suo corpo ma quasi dimenticandolo. Una specie di estasi, di
unione che lo distrae continuamente dalla presenza del corpo. In una situazione di tensione e contraddittoria perché vi è un
corpo che sollecita l'uomo ma vi è il nous che dovrebbe riuscire a contemplare Dio e a trascendere la sua essenza corporea.
Questo è il quadro genesiaco di Atanasio.
Il problema del corpo è importante: attorno al 325 un teologo che ha studiato nella tradizione alessandrina ma
comincia a dare la sua importanza al corpo, cioè comincia a rispettare la lettera dei primi capitoli della genesi, ma resta ancora
questa forte ipoteca ideologica perché il corpo è creato ma si potrebbe fare come se non esistesse.
Nel contra gentes si apre un altro sviluppo: perché gli uomini hanno pecatoo e perso la dimensione originaria? Svolta
importante perché Atanasio ritiene che vi sia una certa sazietà della contemplazione continua del Logos. Che la psychè in
qualche modo faccia sentire il suo peso sul nous.
Il corpo se si distrae da Dio cosa vede? Non può che vedere il suo corpo, i suoi bisogni, il peccato, la tenebra.
Nel mondo origeniano ricordiamo che abbiamo dei noes che raffreddatisi per sazietà della contemplazione diventano
freddi, non ricevono più il Logos.
In Atanasio il discorso è demitizzato nel senso che nous e psychè sono due elementi che non hanno intervallo
diacronico tra loro perché l'uomo è creato anche con la psychè. Questa psychè dominanta dal nous è il luogo dove
maggiormente si scambiano le informazioni rta corpo e nous. Lì risiede la fragilità dell'uomo.
La psuchè può essere specchio del nous ma può diventare anche lo specchio sporco in cui il nous non vede più nulla e
la dynamis del nous è paralizzata. Ataasio pensa nel contra gentes ad una storia di cambiamento, di allontanamento dell'anima
da Dio verso il corpo perché se non guarda Dio la cosa più vicina che capita è il corpo e il creato. E' naturale. Questo è nella
stessa costituzione dell'uomo, fin dalle origini creato col corpo.
La psychè è la sede del libero arbitrio. Se la psychè non è più pura il nous potenzialmente può ancora conoscere Dio
ma essenzilamente non può più fare nulla.
Anche l'azione del Logos sul nous in un certo senso è un'azione di grazia ma non una azione che possa prescindere
dalle scelte che fa la psychè. La psychè è il luogo in cui si gioca la decadenza dell'uomo, laddove emerge la contemplazione
del corpo, del creato e spesso diventa così coinvolta a questa contemplazione e al guardare ai piaceri che la forza derivante dal
Logos sul nous cessa. Solo con un atto forte di conversione dell'uomo , della psychè si può restaurare la relazione intima tra
nous e psychè cioè il dominio del nous sulla psychè. E la guida del nous può dirigere la p. verso Dio.
La caduta dell'uomo è vista come scelta. Il male è visto in modo platonizzante, come assenza di bene e prodotto da
una scelta, di una attività spirituale, come idolatria perché la p. se guarda il corpo tende ad essere trascinata dalla
contemplazione del corpo e dalla tendenza a divinizzare il corpo e il creato. Perde la percezione della linea di demarcazione tra
creatore e creato invece nella condizione di estasi non aveva. Perdere la percezione e si divinizza l'uomo e il creato. La storia
del paganesimo per Atanasio non è altro che il prodotto di questo peccato che non fa altro che crescere e adagiarsi su se stesso,
abbandonando Dio, dandosi alla contemplazione del corpo, dandosi ai piaceri.
Mortalità e corruzione sono due termini leggermente diversi in Atanasio. La mortalità è legata al corpo, il male non è
qualcosa di in sé ma la corruzione è un processo di ritorno al nulla da cui viene la creazione. E' uno sparire dell'uomo , un
contraddire il lato stesso dell'uomo.
Atanasio nel capp 30-34 ritorna al tema dell'anima, al problema della salvezza dell'anima, e ammette che l'uomo in
linea teorica potrebbe ritornare allla condizione originaria. Nel cap 34 dice come nella dianoia gli uomini si sono volti via da
Dio e hanno fatto per se degli dei che proevnivano dal nulla così essi possono con il nous che è nella loro anima salire a Dio.
E' ammessa ancora una volta una salvezza ipotetica. Atanasio parla di una mera possibilità ma la storia sembra
trascinare gli uomini e nonnstatnte la presenza diprofeti e santi gli uomini non riesconoa cogliere questa possibilità di tornare
attraverso il nous a Dio così si apre la sezione dedicata alla divinità del Logos affermata in maniera molto più forte che in
Eusebio di cesarea o Alessandro di Alessandria. Inizia la seconda parte che è fortemente collegata alla prima. E' un quadro
bipartito, l'unità è dichiarata esplicitamente.

De Incarnazione
Il C.G è una allegoria dell'uomo contemplativo che riesce a non peccare (possibilità teorica), capacità dell'uomo di
tornare (epistrofè) verso Dio.
Quando comincia a parlare dell'incarnazione la prospettiva cambia. E' tempo di parlare dell'evento fondamentale
dell'incarnazione al cui importanza è fondamentale per la salvezza. L'incarnazione è teorizzata da Atanasio in termini semplici
e tradizionali e sicuramente con influssi anche esterni alla teologia alessandrina come per esempio Ireneo. E' probabile che
Atanasio abbia subito l'influsso del pensiero economico di Ireneo. Allo stesso tempo ci sono differenze, egli resta teologo
alessandrino che distingue e separa la relazione trinitaria tra P e F rispetto alla loro cooperazione economica. Soprattutto c'è
una riflessione dell'incarnazione e dei suoi influssi su questa precisa struttura antropologica che è abbastanza normale per la
fede. In un certo senso ci sono esigenze e istanze provenienti dalla teologia di Ireneo, cioè il significato dell'incarnazione di
Cristo preesistente che vengono rivisti da Atanasio però adeguandole all'antropologia e al discorso trinitario alessandrino.
Forse ti domandi come …
Atanasio torna a parlare degli uomini e non può non farlo perché nel contra Giovanni Crisostomo non si parla se non
pochissimo di incarnazione mentre qui Atanasio vuole ripercorrere il discorso del CG ma alla luce dell'incarnazione.
Questo argomento non è estraneo allo scopo della nostra trattazione …sottolinea la convinzione del peccato
originale(?). Legame tra corruzione e non esistenza. La morte è una tappa
della corruzione che invece conduce al nulla la creatura. L'uomo è mortale perché è nato dal nulla ma se avesse conservato la
somiglianza con Dio avrebbe conservato al sua incorruttibilità.
Dio non solo ci ha creato dal nulla…la corruzione poteva essere presente ma veniva allontanata.
6. verità di Dio, misericordia e giustizia.
Prima menzione importante dell'incarnazione come passione e ambasceria presso il P da parte dell'uomo.
Abbiamo una psychè che porta al male che ha seguito il consiglio del demonio e che non può più essere partecipe
dell'incorruttibilità. La condanna alla morte è il decreto di Dio nei cfr. dei diritti dell'uomo di questa scelta, di questa rinuncia
dell'uomo alla propria felicità. Serve il Logos incarnato. Cristo è inscindibile dal Logos del padre. L'incarnazione non è un
incarico di darsi ad un elemento inferiore. L'incarnazione è una azione di un essere divino apri al P, perché il P senza il ogos
non può esistere, che deve risolvere il problema acuto in cui gli uomini sono, la condanna, la corruzione e la possibilità di
tornare al P.
8. Qui abbiamo una delle menzioni più importanti dell'incarnazione.
Incarnazione in un corpo che è uguale al nostro. Incarnazione come creazione di un corpo la cui unicità di essere derivato dalla
vergine non toglie che sia uguale al nostro. Non semplicemente apparso in un corpo. Quando a. parla di corpo come tempio
non dobbiamo pensare alla teologia antiochena perché lui ha appena detto che il Logos non può semplicemente essere in un
corpo. Sull'incarnazione si possono dire tante cose: che il Logos compare in un corpo o che era in un corpo (cfr. Paolo di
Samosata condannato dai vescovi alessandrini). Abbiamo due elementi della concezione di Atanasio da una parte il corpo
dall'altra il Logos. Non l'uomo e il Logos ma il Logos e il corpo. La salvezza dell'uomo attraverso il corpo. Accentua molto la
decadenza dell'uomo e l'impossibilità dell'uomo di salvarsi da se stesso e la necessità dell'intervento del Logos che non è più
intervento attraverso i profeti dell'AT, che non basta, ma tramite l'incarnazione.
Il problema di Atanasio è la salvezza dell'anima. Per far questo deve acquisire il corpo. Apollinare (360-362) molto dopo avrà
una concezione simile. Rispetto ad Atanasio, Apollinare è un teorico vuole contemplare e creare una teologia e un pensiero del
composto del Cristo. Atanasio invece vuole vedere come il Logos salva l'uomo.

I due elementi fondamentali sono unione del Logos e del corpo.


La corruzione agisce sul corpo. L'uomo per Atanasio non sussiste senza corpo, a differenza di come pensava Origene.
Nella misura in cui la psychè fa in modo che il nous contempli Dio la corruzione è fermata, se questa attività non c'è il
corpo fa scomparire l'uomo.
E' importante per Atanaiso che ci sia una incarnazione tale da bloccar il processo di corruttibilità. L'incarnazione deve
essere solo in un corpo e non solo in un anima perché è l'unica possibilità ceh l'uomo ha di restaurare in sé il kat'eikona
vedendo il cosmo purificato. L'uomo è dotato di sensi fisici, l'anima traduce questi sensi in qualcosa di positivo o negativo,
scelte ecc.. Il Cristo di A. cade sotto i sensi dell'uomo, Cristo che nel suo corpo vince la morte e la corruttibilità.
La grandezza e l'importanza dell'incarnazione sta nel fatto che permette all'uomo e al nous dell'uomo di ricominciare
la contemplazione. Ma per far questo l'uomo ormai in stato di corruzione ha bisogno di vedere attraverso il corpo. Anche nella
salvezza atanasiana il corpo ha una importanza relativa, perché la salvezza è decisa e incarnata dall'anima e dalle sue decisioni
e dalle sue relazioni con il Logos incarnato. C'è una importanza che non è più alessandrina, data alla materialirtà. Ma è
importante perché ormai c'è stato il peccato. Originariamente l'iuomo non aveva bisogno del corpo, poteva trascenderlo.
Costituisce il criterio interno ….?? Questo sembra chiaro. Cosa dice nel composto ternario la categoria dell'uomo? Soprattutto
il corpo. La psychè se non si volge a Dio decide di volgersi al corpo e trascina il nous in questa cosa, si ottenebra e il problema
va risolto su questo livello. Se la storia della caduta è storia del volgersi dell'anima da Dio al corpo, l'intervento del Logos deve
essere puntato a questo problema e cioè al rapporto tra corpo e psychè. Un corpo che agisca in modo tale e viva in modo tale
che visto dagli uomini sia salvezza, cessi o faccia cessare il disordine. La fisicità è importante perché è una felicità da
trascendere, fisicità di salvezza, salvifica nella misura in cui l'unica salvezza possibile in questo momento storico è solo quella
del ci… ….creatività?????
Tutto il proble sta nel presentare che l'uomo veda con gli occhi la salvezza. La vede solo quando cioè l'eikon divina
unita al corpo e si rende strumento e oggetto di conoscenza per gli uomini ed anche acquisizione della riconoscimento della
divinità attraverso il corpo l'eikon vede dopo la catastrofe l'eikon con l'occhio del corpo. Questa visione fa sì che la psychè
possa avere sentimenti e passioni ordinate quando il corpo fisico ha visto e sperimentato la divinità nella manifestazione
gloriosa del Logos nella carne e riordinata la psychè il nous ritrovi la dynamis delle origini.
Il Logos non muore perché ha peccato, non agisce qui il decreto, ma fa sì che il decreto si realizzi nella morte di
Cristo e cessi il potere del decreto.
Il verbo vedendo che la corruzione degli uomini non poteva essere eliminata … la caratteristica che lega il Logos agli
uomini è essere del medesimo corpo (susumoi=sun + soma) gli uomini hanno lo stesso corpo del Logos. Atanasio parla di
soma che viene vivificato, o di carne logistheisan cioè una carne vivificata, per spiegare la potenza dell'incarnazione e
dell'incorruttibilità dell'incarnazione nell'eikona.
11. Creazione e decadenza dell'uomo
12. Bastava la grazia di essere stati creati per conoscere Dio … storicamente però la possibilità di conoscere Dio è
molto limitata.
I profeti anticipano l'incarnazione. Gli uomini possono guardare il cosmo o attendere da altri uomini ciò che devono
conoscere…(??).
26.XI.99

La storia sacra vista da Atanasio:


creazione originaria, peccato dell'uomo della sua anima che non è che il punto di inizio di una sequenza di azioni
peccaminose e idolatriche. Idolatria del corpo e della creazione. Necessità per l'uomo di crearsi degli dèi che non esistono.
Possibilità per l'uomo di percorrere ancora due vie fondamentali. L'osservazione della creazione per scoprire qualcosa che va al
di là della creazione, la creazione come simbolo della creazione divina o ordine della creazione che dovrebbe rimandare ad un
ordine dell'azione divina e poi la profezia dell'antico testamento che però non sono percepite dagli uomini nella maniera
corretta. La profezia è importate. Il profeta è l'uomo che si presenta davanti ad altri uomini. E'un modo che Dio ha per far sì
che l'uomo purificato totalmente sul sensibile possa vedere/ascoltare attraverso il sensibile delle parole di Dio. Insufficienza di
questa rivelazione per la profondità della mortalità e della corruzione dell'uomo e necessità di una incarnazione reale dove il
logos creatore delle origini colui che aveva impresso la sua immagine dell'uomo e la sua sfragis in tutta la creazione o la eikon
assumono il corpo, attraverso il quale manifestarsi (la teologia atanasiana È una teologia della manifestazione) e corpo tramite
il quale combattere gli effetti della corruzione. In quanto Logos creatore Logos di vita il F può combattere dall'interno del
corpo umano la corruzione e la mortalità. Quindi se attraverso la sua manifestazione gloriosa può attirare lo sguardo dell'uomo
e invitarlo di nuovo alla contemplazione di Dio, attraverso la sua morte corregge antropologicamente gli effetti della
corruzione. Ci sono due livelli per pensare il concetto di incarnazione atanasiano: la manifestazione di un essere divino e non
solo un discorso di epifania ma correzione degli effetti della corruzione che sono particolarmente evidenti nel corpo dell'uomo.
Ambedue questi aspetti non possono essere che sussunti sotto questa unione del Logos divino con un corpo. Non si pone il
problema teologico dell'anima di Cristo. Nella tradizione alessandrina resterà un problema fino a Cirillo; sebbene ammessa
l'anima di Cristo essa non costituisce un ??? soteriologico. In questo Cirillo resta vicino ad Apollinare e ad Atanasio.
Pag 62: allo stesso modo il santissimo figlio di Dio è venuto …per restaurare l'immagine …rigenerazione e
restaurazione dell'anima nella sua conformità all'immagine. Restaurazione, tramite l'incarnazione, dell'immagine offuscata….
Come si può convertire ciò che non si vede?
Le tappe della storia dell'uomo non derivano da una nozione precisa del peccato originale dell'uomo (come Agostino o
Paolo). C'è solo il piegarsi dell'uomo del nous verso le cose sensibili. E' un atto collocato in un tempo che noi non conosciamo
perché il paradiso atanasiano del CG è un paradiso simbolico. In un certo punto del tempo c'è un passaggio di coscienza e il
grande dramma cristologico origeniano viene ridotto ad una conversione della coscienza da Dio verso il creato. Non esiste un
peccato originale che qualifichi l'uomo nella storia, ma un procedere dell'uomo sulla via dell'errore, cioè sulla via percorsa in
modo evidente da questo atto di coscienza: il distacco dalle cose dello spirito, dalla contemplazione stabile del Logos, il
distacco dalla grazia da cui deriva questa contemplazione stabile. Ci sarebbe potuta essere un'altra via ma non c'è stata.
Atanasio constata realisticamente la storia dell'uomo, la possibilità c'era ma non c'è stata. La storia è una serie di azioni
discendenti da quell'atto di epistrofè verso il sensibile anche se il libero arbitrio dell'uomo avrebbe potuto portare l'uomo verso
un'altra dimensione. La corruzione è così grande che diventa necessaria un'azione che non sia più quella della presenza del
Logos nella presenza dei profeti ma un atto molto più decisivo. Gli uomini hanno come ripetuto quell'autocoscienza di Adamo.
Non si tratta di una dottrina molto forte del peccato, non è paragonabile ad un Origene o Agostino. Ha carenze teologiche
anche nei cfr. di Ireneo, il discorso della necessità del peccato dell'uomo ha uno statuto diverso. Per Ireneo Cristo non si
incarna solo per il peccato dell'uomo ma per lo stato imperfetto anche della prima creazione dell'uomo, stato infantile. In
Ireneo c'è un doppio aspetto dell'uomo originario: la'spetto peccaminoso ma anche dell'imperfezione voluta da Dio creata
dall'uomo. Il peccato è la felix culpa di un bambino ancora immaturo. Perché Ireneo ci tiene tanto a distinguere la kat'eikona
dalla homoiosis? Perché l'omoiosis, il processo che porta dall'immagine di Dio all'omoiosis è un processo di maturazione, di
economia della salvezza. L'uomo da solo anche se non avesse peccato difficilmente avrebbe raggiunto l'immortalità e
l'incorruttibilità C'era bisogno che l'incorruttibilità andasse verso l'uomo. Per portarlo da uno stato di infante ad uno della piena
maturazione della creazione. Tutto questo era previsto nell'atto di Dio, della creazione dell'uomo e della stessa incarnazione. Ci
sarebbe stata ugualmente l'incarnazione? L'uomo è immagine della vera statura dell'uomo che è Cristo. L'incarnazione è
prevista fin dalle origini. La salvezza dell'uomo comprende l'incarnazione. L'uomo è immagine non del Dio invisibile o del
Logos in senso alessandrino ma immagine del Cristo incarnato e che si incarnerà. L'incarnazione è prevista fin dalle origini.
Dio crea l'uomo imperfetto perché viva un'economia di salvezza mediante l'incarnazione prevista fin dalle origini. L'uomo ad
immagine è l'uomo ad immagine del Cristo incarnato prima che questo fatto storico si realizzai. L'uomo corpo ed anima è
l'immagine di Cristo incarnato. Pre questo l'eikon di ireneo è completamente all'opposto dell'eikon alessandrina, perché è
immagine nel composto anima-corpo del Cristo che si incarnerà.
L'altra impostazione come quella di Atanasio deriva dalla caduta di tante teorie origeniane che avevano una loro
coerenza e dal blocco (dramma precosmico, noes e loro raffreddamento in psychai) caduta questa teoria della preesistenza che
a sua volta derivava da una delle qualifiche di Dio, cioè al sua eterna ???tazione. Resta che bisogna ripensare l'uomo a partire
dalla bibbia la quale dice che l'uomo è creato corpo e anima e nous, che l'immagine resta sempre quella origeniana cioè l'anima
nous diventa kat'eikon e non il corpo sensibile, e che la caduta e il passaggio dal nous alla psychè si realizzi come atto di
coscienza all'interno dell'uomo. Ora la differenza con ireneo: abbiamo un uomo creato che è in grado di vivere per grazia nella
contemplazione di Dio e che trascende una parte della sua persona, cioè il corpo. Un alessandrino non aveva e non poteva
avere l'idea di un essere che doveva essere portato a maturazione, perché l'anima ha tutto alle origini. Quindi anche il
significato dell'incarnazione cambia. Il nous non è legato profondamente all'incarnazione di Cristo. L'economia
dell'incarnazione si dà nella misura in cui c'è questa perversione della volontà umana che si ripete nella storia senza riuscire ad
attingere più alcuna delle sue possibilità: contemplazione, ascolto dei profeti, autocoscienza ecc..
Atanasio ha letto Ireneo: motivo della incorruttibilità che riguarda sia il copro che l'anima non è motivo alessandrino
ma viene ripreso da Ireneo. Anche il motivo della concentrazione della storia sacra nell'incarnazione non è solo prodotto di
questa frammentazione del mondo origeniano, ma ha una tale coscienza in Atanasio che non esiste più una pedagogia del
divino verso l'uomo che coinvolge il paganesimo e la storia profetica. Non c'è preparazione evangelica come c'è in Eusebio. Le
teofanie VT sono poco valorizzate da Atanasio. Il Logos quando agisce in maniera salvifica è solo nell'incarnazione. Le
teofanie veterotestamentarie non sono vera incarnazione della parola. Questo divide Atanasio dal suo avversario Eusebio. Per
a. l'unico atto soteriologico è l'incarnazione e in questo senso riduce tutto il resto; l'azione del logos nella storia ha un unico
evento. C'è l'accentuazione di un elemento della tradizione alessandrina che è l'storica. Nella tradizione alessandrina vi erano
altre incarnazioni: nella scrittura, nell'anima dell'uomo, la presenza di Cristo non secondo la carne ma secondo lo spirito. La
sua è sicuramente una teologia riduttiva perché ha interesse a tirar fuori tutti gli elementi significativi che tendevano ad essere
relativizzati.
15. Come un bravo maestro…importanza di questo testo per capire buona parte della teologia atanasiana. Necessità
dell'incarnazione è legata al fatto che l'uomo dirige il suo sguardo verso il basso e non è più in grado di guardare verso il Logos
e quindi deve vedere qualcosa con la sua sensibilità. Un autore che faceva una proposta estremamente relativa al corpo finisce
per accentuare l'importanza del corpo di Cristo ancor più di quanto facesse Origene. Storicamente non c'è nulla di così
eccezionale. Tutto deriva dal fatto che c'è stato quell'atto di coscienza dell'epistrofè verso il sensibile quindi c'è necessità di una
salvezza che passi attraverso il sensibile. Il presentarsi del Logos dell'eikon unito direttamente ad un corpo affinché l'uomo
riconosca la divinità di questo essere in primo luogo, veda questa eikon cioè il Logos direttamente legato al corpo, lo veda
sensibilmente e quindi attraverso l'eikon veda Dio padre.
C'è una insistenza particolare sul fatto che le opere di Cristo permettono all'uomo di differenziare l'uomo Gesù da tutti
gli altri eroi del passato. E' un motivo molto caro ad Atanasio e centrale nella sua polemica antiariana cioè la vita,
l'incarnazione non è solo un atto per cui il logos unisce direttamente al corpo. L'incarnazione Va vista nella sua incarnazione
storica, cioè i vangeli che ci insegnano che Cristo (unione Logos-corpo) compie miracoli, opere grandi a scopo pedagogico e
gnoseologico: mostrare che gli uomini hanno a che fare con un uomo particolare che sperimenta come tutti gli uomini le
miserie della condizione mortale, ma è in grado grazie alla presenza della divinità di trascenderla completamente. In un certo
senso la teologia atanasiana è parte di quella teologia di Cirillo e il monofisismo che tende a vedere la storia come investita
totalmente dall'incarnazione e dalla presenza del Logos. E' un divino che arriva nel mondo, il mondo viene consacrato: questo
è tipico di tutta la tradizione egiziana posteriore. Ben diverso dalla tradizione che accentuava al mediazione di Cristo
(sacerdote) capace di portare l'uomo dalla catastrofe verso Dio proprio perché uomo. Qui l'intuizione teologica è
profondamente diversa. La salvezza si produce nella misura in cui c'è un essere divino che stravolge ed entra nella storia e la
consacra.
Con Atanasio nasce questo modo di pensare all'incarnazione come ad un entrata di un essere divino nella storia che la
investe e la santifica trasportandola vero il sacro.
Nelle ultime righe del paragrafo 16 oltre al modello epifanico (Cristo attira gli sguardi dell'uomo, entra profondamente
nella causa fondamentale della corruzione dell'uomo; lo sguardo di coscienza viene completamente capovolto di significato
grazie all'incarnazione. Guardare alle cose sensibili, guardare l'uomo Cristo alle sue opere e ai suoi miracoli, aiuta l'uomo a
passare ad un'altra dimensione. L'incarnazione si inserisce proprio nell'atto peccaminoso dell'uomo aiutandolo.
L'atra dimensione dell'incarnazione è quella della restaurazione del kat'eikona, vincita sulla corruttibilità Da una arte
restaura dall'altra si manifesta.
L'arianesimo come lo pensa Atanasio tende a mettere sullo stesso piano la sofferenza di Cristo, la sua paura e i sui
miracoli ecc. attribuendole tutte ad una medesima economia Atanasio invece distingue tra miracoli e grandi opere, la morte che
Cristo sperimenta e la sofferenza invece…????

Il problema qui è il distinguere in Cristo i due aspetti fondamentali: divinità (miracoli) e umanità (passione). L'aspetto
della divinità è assolutamente necessario. La teologia atanasiana è parzialmente coerente, poco argomentata sul piano
filosofico e retorico ma sicuramente è una teologia che ha una forte dimensione soteriologica. Solo il Logos è il salvatore e
solo il Logos incarnato può salvare l'uomo. Solo un essere divino che ha una relazione particolare con il padre può salvare
l'uomo.
Una obiezione forte in Atanasio stesso è che la salvezza dell'uomo può provenire solo da un essere talmente divino
che è della stessa sostanza del P.
Par 20,4: nessun altro poteva …
Autozoè: è la vita in sé.
Pag. 64: dunque corpo che condivide la comune natura …soltanto la vita in sé, la dynamis in sé può vincere nel corpo
la corruttibilità.
Noi moriamo in Cristo, non più di morte come prima
L'uomo sensibile, nonostante la manifestazione del verbo e questa dimostrazione quasi senza contraddizione della sua
divinità, può ancora essere oggetto di ???enza (giudaismo e paganesimo). Il credere in Cristo diventa
L'uomo vede il composto Logos-corpo che agisce in modo spettacolare nella chiesa. Una chiesa straordinario per stile
e potenza di vita. Il problema dell'uomo è quello di dare fede a questa realtà. La fede è qualcosa di non riflesso, di irrazionale
ma per Atanasio diventa strumento di conoscenza e sostituisce quella che era la gnosis di adamo alle origini. La sostituisce in
modo profondo perché è l'uomo sensibile che viene attirato dalla potenza di Cristo, che se dà fede ricompone i movimenti
sconnessi della propria anima e restaura il kat'eikona. Da questo momento la conoscenza, e qui abbiamo un rinnovamento
grazie all'incarnazione, non è più solo legata al nous ma è una conoscenza dell'interezza dell'uomo, conoscenza di Dio da parte
dell'interezza dell'uomo. Fede è credere nella divinità di Cristo credere nella risurrezione, cioè credere nella fine di una
condizione corporale ma che la fine della condizione corporale non sia l'inizio della corruzione. Compiere opere che siano
adeguate a questo nuovo statuto dell'anima e del nous. Mentre la gnosis delle origini veniva a prescindere dal corpo, anzi
tenendo il corpo fuori, e veniva per un atto di grazia del Logos divino, questa nuova conoscenza invece coinvolge l'uomo nel
suo insieme ed ha una dimensione ???, perché è fede, fede che può nascere in chiunque al di là della sua preparazione sociale
ed etica.
Perché moriamo?
21. Perché la morte è inerente alla condizione temporale, ma questa volta la morte è legata alla resurrezione, cosa che
prima non poteva avvenire. Mentre prima il rischio era che i semi di cui l'uomo è composto si disperdano e vadano verso il
nulla, adesso i semi vengono ricomposti ed hanno la possibilità della incorruttibilità.
Il seguito del paragrafo 21: perché Cristo ha bisogno di essere crocifisso mentre poteva morire naturalmente?
Teologia della croce di Atanasio La morte non avrebbe differenziato il Cristo dagli altri e non era possibile che la corruzione
fosse ??? in Cristo. Egli infatti è creatore in sé, non poteva morire di morte naturale, doveva morire per opera di altri.
36. Malattia: non poteva morire di malattia. Ebbe fame ma non fu consumato dalla fame. Il
22. Problema della morte data da altri.
25. Sulla croce. La morte del Signore era una morte tipica del maledetto.
Che si potesse dare una finta morte: era bene che Gesù fosse morto per tre giorni o non si sarebbe creduto che fosse un
atto, tutte le azioni di Cristo sono viste attraverso questa pedagogia continua dell'uomo.
55.effetti storici del verbo secondo due schemi:
-nel momento dell'incarnazione finisce il paganesimo,
-nel momento dell'incarnazione inizia la decadenza del paganesimo
Atanasio vede questa vittoria del paganesimo attraverso l'evidenza della crescita del cristianesimo attraverso
l'affermazione e l'evidenza della crescita della chiesa. Chi crede oggi a cosa deve credere? Non più nel Gesù Cristo che non
hanno potuto vedere ma
- Lettura ecclesiale del vangelo
- Prosecuzione della chiesa
Dalle opere dei fedeli si può dedurre l'opera di Cristo.

Non c'è peccato delle origini che segna la storia dell'uomo, ma una ripetizione di un medesimo peccato. Atanasio non
è teologo del peccato originale. Il peccato è sempre lo stesso. In Atanasio il passaggio è di carattere molti intellettuale, non c'è
l'idea del mantenimento (come in Agostino) della propria identità esistenziale.
La necessità dell'incarnazione è legata allo stato reale dell'umanità. E' una necessità storica: poteva essere evitata se
l'uomo non avesse peccato. Ma l'uomo ha peccato. Dio prevede il peccato dell'uomo, prevede anche l'incarnazione quindi, ma
essa è una delle economie possibili e non l'unica. Abbiamo visto gli effetti: incarnazione e comunione stretta del Logos con il
corpo, il Logos è anche zoè e serve ad attirare l'uomo che ha ormai piegato il suo sguardo verso il basso tramite il sensibile e
portarlo verso l'alto. Primo aspetto gnoseologico. Qualsiasi persona può riconoscere in quell'uomo, in quel vangelo, in quella
chiesa la presenza di una divinità che viene per vincere in sé in quel corpo, nel suo corpo, la corruzione e la morte. Speranza
nella resurrezione. Per Origene i vangeli sono parte di quella incarnazione, sono anch'essi incarnazione del verbo e in quanto
parola e testo scritto ??? esegesi a due livelli…???. L'incarnazione reale origeniana avviene nel mondo della tenebracos'
qualsiasi segno può essere trasceso e può essere oggetto di diverse interpretazioni. L'incarnazione di Cristo è descritta in un
libro, il libro va letto secondo le regole di un libro. L'uomo conosce l'incarnazione attraverso qualcosa di scritto che come
statuto ha quello di possedere molteplicità di significati. Il fatto storico perde il suo realismo per diventare parte di quell'atto
letterario che è l'incarnazione di Cristo nelle parole dell'uomo. In Atanasio la situazione è capovolta. C'è una accentuazione del
realismo del vangelo perché il vangeli sono dimostrativi,. Si leggono perché contengono se ben analizzati la chiave della
corporeità del Logos, della verità del corpo di Cristo e della sua divinità. Non è più il testo suscettibile di interpretazioni ma
testo di fede, che dichiara e dimostra la realtà dell'incarnazione.

3.XII.99
Le opere antiariane.
Le lettere festali che a aprtire da Alessandria annunciavano la data della pasqua. Alessandria era uno dei centri
riconosciuti coem più competenti dal punto di vista della riflesisone dello studio della data pasquael in relazione all'equiizio.
Ad Alessandria vi erano forse degli astronomi competenti anche rpesso la cancelleria episcopale che potevano calcolare il
momento dell'equinozio e quindi poi si traevano le date della pasqua. Alessandria è sempre stata un punto di riferimento da
questo punto di vista. Si faceva in modo che cadesse smepre posteriormente all'equinozio. Le lettere festali sono quelle lettere
mandate dall'vescovo alle diocesi d'Egitto. Le cancellerie episcopali dell'epoca erano organizzate in modo che le lettere
partissero e arrivassero in tempo per annunciare la pasqua. Atanasio nel 334 comincia ad annunciare ufficialmente anche la
quaresima anche se questa era annunciata ma in modo meno ufficiale.
Le lettere pasquali sono interessanti perché registrano bene la catechesi atanasiana rivolta ad un pubblico non di
professionisti o intellettuali ma più vasto di quello dell'de incarnatione e poi registrano la psicologia del vescovo lungo la sua
movimentata carriera episcopale. Atanasio è esiliato nel 335-7 a Treviri in Germania, nel 339 è di nuovo in esilio a Roma
(significativo anche per la teologia occidentale) e torna ad Alessandria nel 347. Il terzo esilio dal 356-361(2) e poi due piccoli
esili posteriori. Esili causati dal rapporto particolare che Atanasio ha con l'episcopato orientale da cui non è ben visto. Anche
vescovi come Eusebio di Emesa, che ci hanno lasciato trattati teologici di impostazione fortemente origeniana,
individualizzante della Trinità comunque appaiono ortodossi. Atanasio era da giovanissimo diventato vescovo e aveva con
energia trovato un rapporto privilegiato con Roma. Era in un territorio particolare dell'impero per allora, cioè il granaio per
tutta la parte orientale dell'impero romano. Il rapporto con il potere fu sempre molto conflittuale. Di tensione continua che ha
provocato anche questi esili e cacciate. Tutto questo viene registrato nelle lettere festali: il clima psicologico che cambia, le
sofferenze dell'esilio, la gioia del ritorno. Il tipo di catechesi: non si possono presentare le eresie, l'arianesimo, in modo
dettagliata ma si deve subito presentare le cose in modo più significativa possibile. Le lettere festali sono anche di scadenze
annuali e ci permettono di controllare parzialmente anche l'opere maggiori. Le prime opere antiariane di Atanasio sono la X e
XI lettera festali di Atanasio.
Perciò la potenza di Dio non possiede la guarigione…si trasforma in accordo della forma della proprietà dell'anima
di ciascuno…: un brano del genere ricorda che il Logos è in grado di adattarsi alle tre categorie di cristiani. Il tema è
perfettamente origeniano. Unico caso in cui incontriamo con forza un tema origeniano. Ma ora abbiamo la svolta di
conseguenza quando la parola è seminata…Abbiamo una traduzione dei tre livelli: i laici, e gli asceti. Rottura del motivo
origeniano del progresso spirituale e il suo recupero all'interno della pratic< della virtù e dello stile di vita cristiano in ambito
ecclesiale. In termini di mistici cade l'idea di un progressivo perfezionamento dell'anima e del nous quale via privilegiata per la
salvezza. Il motivo che sostiene tutta la mistica origeniana è di carattere gnoseologico-religioso e mistico che qui invece
scompare. Questo è importante. Lo schema che regge una vita virtuosa è sempre uno schema di carattere gnoseologico-
religioso. Cioè l'inabitazione del Logos nell'anima dell'uomo è una inabitazione progressiva, scelta costantemente dall'uomo in
relazione allo stile di vita e in relazione anche al suo progresso intellettuale e approfondimento delle scritture e dialogo
intellettuale con il Logos non visibile spirituale. Lo schema mistico è di base e la pratica delle virtù è solo il corrispettivo
epifenomenico. Invece in Atanasio lo stile di vita manifesta la presenza del Logos a seconda delle possibilità di ciascun uomo
ma non vi è l'idea di un progresso mistico gnoseologico. Tanto che le tre categorie origeniane che sono anzitutto spirituale, in
Atanasio sono invece tradotte in uno schema ecclesiale tradizionale. Cade una mistica vera e propria. La divinizzazione
atanasiana è conseguenza di una incarnazione fisica e non di una sua inabitazione progressiva e sempre maggiore nell'uomo.
Altri paragrafi contro gli ariani: schema soteriologico molto classico. L'economia è per qualcuno, per l'uomo, per noi,
non è qualcosa che è inerente all'essenza del F. Non abbiamo una teologia della sostituzione ma una teologia della solidarietà
del corpo dell'uomo con quello di Cristo. Cristo con la sua incarnazione sacrifica, sperimenta la morte nel suo corpo e tutti gli
uomini con lui sperimentano questa morte (unico elemento che non viene tolto dall'incarnazione) per rispondere e adempiere il
decreto di Dio di condanna e quindi sperimentare la salvezza. Si incrocia il rito pasquale dell'esodo con quello soteriologico
atanasiano.

Lettera X: di ritorno
Lettera XI: nuovo esilio.
Par 2: il signore della morte ha voluto abolire la morte… pasqua come passaggio dalla morte alla vita. Passo
tipicamente alessandrino. Origene insiste molto sulla pasqua come manducazione dell'agnello che più che agnello eucaristico è
manducazione delle scritture, riflessione e conversione dell'anima al Cristo. Qui resta anche in Atanasio anche se a. conosce
altre tradizioni della pasqua come quella di Melitone (Pasqua/passione).
Il corpo è reso incorruttibile attraverso la morte. Attraverso il corpo fisico, il segno manifesto possiamo vedere la
salvezza segno che è per noi ora la lettura ecclesiale del vangelo.
In queste poche frasi antiariane in cui Atanasio se la prende esplicitamente contro l'arianesimo il motivo soteriologico
è assolutamente dominante. Non esiste in Atanasio un discorso teologico che possa prescindere dalla soteriologia. In quasi
nessun teologico cristiano in verità questo esiste, ma in Atanasio intuiamo il dominio forte della soteriologia sul discorso
cristologico e trinitario. La condizione storica dell'uomo è tale che è necessaria l'incarnazione, la riunione del Logos con la
carne o il corpo. Altrimenti è impossibile o irrealizzabile per l'uomo una salvezza vera e propria che Atanasio concepisce come
ritorno ad una condizione simile ma non uguale a quella di adamo delle origini. Simile perché certamente vi è una
restaurazione dell'essere logico e del kat'eikona dell'uomo ma con una maggiore stabilità e attraverso la mediazione positiva e
importante del corpo del l'uomo ovvero dell'uomo nelle sue azioni, virtù, fede. Questa impostazione è dominante anche nelle
opere maggiori di Atanasio che sono le tre orazioni contro gli ariani.
Non si sa bene quando siano state scritte. Si oscillava tra il 338 e 358. Il de decretis nicaeni sidoni presuppongono la
composizione di questi testi. Opiz collocava attorno al 351 queste opere. Così i contro ariani dovevano essere prima del 350. L
Le due lettere sono poco citate. Traduzione siriaca.
In Atanasio abbiamo ancora molte espressioni (eternità naturale, divinità naturale) che sono desunte da Alessandro di
Alessandria e che poi compaiono poco nel resto della produzione. 338-9 sarebbe il più probabile. ???
Alcune parti forse sono state composte più tardi. I primi 10 paragrafi del discorso in cui si cita la Talia di Ario
sarebbero posteriori. C'è molta politica antiariana ma non vengono criticate esplicitamente le espressioni che riporta nel
prologo. Il prologo sembra un po' staccato e forse è stato composto dopo.
L'autenticità atanasiana del III discorso è un problema. Kanegiesser ??? la esclude. Presuppone la composizione
definitiva. Il terzo discorso ha un linguaggio e carattere scolastico, astratto che invece non è presente nei primi due discorsi
contro gli ariani e neanche nel de incarnatione.
Differenze stilistiche tra primo e terzo trattato contro gli ariani. Cfr. schema dei trattati contro gli ariani (fotocopia).
Viene presentata l'operetta di Ario scritta in versi (e prosa?)= Talia. Quando Atanasio usa la cosa sta parafrasando e
forse anche estremizzando l'insegnamento di Ario. Asterio è l'altro grande personaggio contro cui Atanasio combatte. Asterio
detto il sofista ha una prospettiva teologica particolare: Cristo creature, divinità secondaria, dipendente dalla volontà del P.
Nel primo discorso contro gli ariani: Eternità del F… Gli slogan ariani sono sempre ripetuti e criticati da Atanasio.
Poi abbiamo dal paragrafo 35 al 72 una serie di esegesi di carattere teologico su alcuni passi importanti della scrittura.
La suddivisione in libri nell'antichità era molto casuale e in effetti tutta questa sequenza è molto unitaria. Sono una serie di
passi citati Fil 1,10; in cui è evidente che Dio dà qualcosa ed eleva Cristo. Era un versetto usato dagli ariani. Atanasio lo usa
come tale. Sal 44: per questo Dio ti ha unto al di sopra dei tuoi compagni. Una vita di Gesù che viene premiata, quindi era un
versetto che poteva essere usato dagli ariani per dimostrare l'inferiorità del Logos.
Eb 3,2; Pr 8,22: primo generato di tutta la creazione nel senso che è omologo a tutta la creazione.
Oratio contra arianos 3: abbiamo tutta una parte positiva su Cristo. E' come se Atanasio, o l'autore, volesse creare una
teologia positiva dopo aver confutato i punti più difficili scritturistici addotti dagli ariani. (In particolare Pr 8,22).
Motivo dell'unità dei cristiani (Gv 17) e un ritorno all'esegesi sul verbo incarnato dove venivano citati tutti quei passi
della scrittura sulla vita di Gesù che potrebbero ricevere interpretazione ariana (crescere di Gesù, il turbamento, le lacrime, la
paura della morte) tutti elementi che erano punti forti in mano agli ariani per combattere la teologia alessandrina tradizionale.
Polemica finale contro la tesi dell'Origene del Logos secondo al volontà del padre. In tutto questo l'antropologia riceve uno
statuo importante perché il discorso trinitario di Atanasio anche se entra in discussioni esegetiche molto approfondite si
costruisce attorno alla idea della salvezza dell'uomo. Uno dei grandi problemi era che tipo di relazione resta tra Cristo e l'uomo
dopo l'incarnazione? La risposta dell'uomo non è più gnoseologica e statica ma è risposta di fede che si traduce in vita, si
esteriorizza nello stile di vita e la fede diventa conoscenza. La salvezza passa per la fede. I due passi chiariscono
l'approfondimento di Atanasio sul tema dell'incarnazione: in che modo l'uomo è salvato grazie all'incarnazione eprchè il ogos
incarnandosi salva l'uomo e in che modo abita nell'uomo.
II, 56: Se non fosse stato creato per noi non saremmo stati creati in lui. Siamo nel contesto dell'esegesi di 3,1,4.
Atanasio attribuisce le debolezze di tutto ciò che è economico a Cristo come uomo e i miracoli e la salvezza dell'uomo al
Logos. Una è il Cristo dell'economia altro e il Logos divino immutabile che si manifesta in queste opere. Già Alessandro aveva
anticipato, come Marcello di Ancira e Eustazio di Antiochia.
Se lo avessimo fuori di noi lo avremmo solo come insegnamento …se non c'è l'uomo creato non c'è possibilità di
possedere cirsto, sarebbe qualcosa di esteteriore. Se nona vesse assunto un corpo creato la salvezza sarebbe solo esteriore,
gnoseologica. Risponde a tutta una tradizione per la quale l'atto dell'incarnazione era il punto massimo di una serie di atti
soteriologici del Logos nella storia e comunque non così decisivo come per Atanasio. Cristo appariva lì in primo luogo come
maestro (Origene e Eusebio di cesarea, grande nemico nascosto di Atanasio). Il Logos è comunque nella sua incarnazione un
grande maestro, colui che porta ad estrema chiarezza e pienezza gli insegnamenti che sono stati dati agli uomini nel corso della
storia. Per Atanasio invece la cosa più importante non è l'insegnamento di Cristo ma l'atto dell'incarnazione, il suo vivere
incarnato. Il peccato, le passioni sono cose collegati tra loro. Il peccato originario per Atanasio è la mancanza di dominio sulle
passioni che trascinano l'uomo verso l'abisso.
II, 59: per adozioni sono chiamati figli … perché gli uomini sono chiamati figli e generati? Motivo dell'adozione. Nel
contra arianos si collega al discorso della divinizzazione. Due motivi sono fondamentali in quest'opera: adozione e
partecipazione alla vita divina. Motivi che interagiscono tra loro. La controversia ariana è stata molto feconda per Atanasio.
Usteron: importante più tardi. L'incarnazione per Atanasio è una delle possibilità previste da Dio per l'uomo. In senso
astratto si potrebbe dire che l'uomo avrebbe potuto risalire a Dio attraverso la contemplazione, la morale. Ma non è riuscito
concretamente. Si dà nella storia peccaminosità perché gli uomini non riescono a reagire al peccato e allo stato di corruzione e
immortalità che è conseguente. La adozione è proprio degli uomini a partire dall'incarnazione. Qualche volta si dice che adamo
è stato F d D ma la prospettiva di Atanasio è sempre che adozione e divinizzazione sinao comunque legate profondamente e
solamente all'incarnazione. Non esistono altre vie.
Lo spirito: non si parla di SpS nel de incarnatione. E' chiaro che non è estraneo ad Atanasio, perché se ne parla nelle
lettere festali. Ma qui c'è uno statuto teorico forte. Lo SpS è ciò che permette in modo concreto la inabitazione di Cristo
nell'uomo. Diventare figli e avere una partecipazione alla divinità sono possibili solo a partire orizzontalmente dalla nostra
similiarietà creaturale con il corpo creato del Logos. L'incarn. Del Logos garantisce la possibilità per tutti gli uomini di vincere
i mali: la mortalità, la corruzione che destina l'uomo al nulla. Ma accanto a questo vi è una azione più interiore. L'incarn.
Avviene storicamente una volta, ma gli effetti di questa incarnazione sono dovuti alla presenza di Cristo attraverso lo SpS nel
cuore dell'uomo. Qui lo SpS sembra fortemente dipendente dal F non tanto perché è sp del F ma perché la sua operazione non
può essere indipendente dall'incarnazione. Qui c'è un motivo profondo che va indagato: l'incarnazione del F e la presenza del
Cristo in noi, SpS sono tutti motivi profondamente legati. Se pensiamo ad Origene. Lo spirito riguarda i battezzati, coloro che
sono sula via del progresso, il F riguarda tutti gli esseri il P ha in sé le radici di tutto il creato. Abbiamo una sequenza P,F e SpS
che debilita sempre di più la sfera di elezione dell'azione di Dio nel creato. In Atanasio c'è uno schema diverso. Il F crea
insieme, lo SpS coopera con Cristo nel ritrovamento dell'uomo. Nuovas interpretazione dell'uomo attraverso questa adozione e
questa idea del kat'eikona e questa divinizzazione dell'uomo. Non c'è una dottrina della ricapitolazione coem in ireneo.
Potrebbe essere unam ripetizione di adamo in senso e con significato opposto. Non è Cristo come uomo che ripete
positivamente la vita di adamo. La vita terresre in cirsto è importante perché il Logos assume la carno e il soma e toglie la
debolezza dell'uomo facendo vedere questa incarnaz. A tutti gli uomini: visione del corpo.
Nella vita antonii si vede chiaramente quale è la prospettiva con cui l atanasio guarda la vita del santo: il vero santo è
il vero cristiano. Idea che Antonio realizzai attraverso la presenza in lui di cirsto e dello spirito santo la vita dell'uomo nuovo,
ricreato. Con un progresso che passa attraverso lo studio della bibbia, l'esercizio delle virtù, la cacciata del demoni,
l'assunzione della croce su di sé, nella perfezione che raggiunge nella sua carne e stile di vita, nel suo rapporto con cirsto.
Questa prospettiva è diversa da quella delle lettere di antonio. E' un antoonio trasformato. L'antonio delle lette è un antonio in
cui il riconosciemnto di sé come parte di una ousia noerà caduta e destinata alla restaurazione finale è fondamentale. Il Cristo
non conosiuto attraverso al carne può essere conosciuto certamente attraverso una vita monastica ma anche attraverso un
progresso spirituale sempre maggiore che è un progresso di carattere gnoseologico. Atanasio invece marginalizza molto questa
prospettiva di Antonio. Probabilmente ha conosciuto le lettere di Antonio perchè lo si vede da alcune espressioni, ma per lui la
vita del cristiano non è una vita mistica che assomiglia all'adamo delle origini. Ma è la vita di chi attraverso il proprio stile di
vita, le prospe scelte, la grazia, riesce a vincere nel suo corpo la corruzione, ad affrontare la morte senza paura, ad ordinare le
passioni e tutto questo attraverso il suo corpo. Antionio manifesta esteriormente la abitazione del Logos in lui. Proprio questa
esteriorità, materializzarsi della sua fede in atti straordinari, quale docile strumento dello spirito di Cristo è sempre presente
nella pagina atanasiana su Antonio.
14.I.2000

Ipostasi, ousia in Atanasio


Termini che nel IV secolo cominciano ad assumere un'importanza rilevante.
Lettera ad Epitteto è stata usata dalle parti in causa della controversia cristologica del V secolo sia dai
postcancedonensi ceh dagli anticalcedonensi perché è l'unica lettera in cui A. tenta di entrare nello specifico del problema del
rapporto tra parte umana di Cristo e sua dimensione divina. La prossima volta vedremo lo SpS= epistola …
Periodo dalle orationes contra arianos a l 359 (De sinodis), passiamo al 371-2 e poi torneremo al 360 per vedere la
trattazione sullo SpS.
Cfr. De orationes contra arianos.
De decretis nicaene synodi problemi cronologici 351 a 357 come limiti estremi. Da quando Costanzo diventa
imperatore unico fino alla formula di Sirmio (357); il primo concilio orientale in cui si solleva il problema della legittimità
dell'homoousios (in quanto non scritturistico). Il concilio di Sirmio costituisce un po' il momento di capitolazione generale
dell'occidente e dell'oriente alla politica mediatrice di Costanzo.
Abbiamo de sententia dionisi sul motivo per cui Dionigi di Alessandria ha dato una valutazione negativa della parola
homoousios. Importante questo per Alessandro perché abbiamo un predecessore sul seggio episcopale alessandrino che su un
termine specifico ha preso una posizione negativa in ragione della polemica contro Paolo di Samosata.
Altra opera: de synodis che ha lo stesso titolo di una opera di Ilario, e che ha una struttura non lontana da quella di
Ilario: presentazione delle formule orientali, polemica e tentativo di convincere Basilio di Ancira di accostarsi tra le file
omusiane.

Problema della terminologia.


Nelle tre orazioni contro glia riani, Atanasio parla a più riprese della derivazione del F ek ousias tou P. La formula ha
una assonanza con quanto si dice nel SN. Nel III discorso contro gli ariani si parla di tautotes tes housia=perfetta identità della
sostanza divina di P e F.
Ousia per Atanasio in questa fase è un concetto di relazione. Più volte nei brani abbiamo visto l'affermazione di una
ousia capace di generare, come la luce ha il suo splendore, come la fonte ha la sua acqua, così anche uanousia ha una sua
impronta. Necesasriamente per Atanasio il concetto di ousia implica qualcos'altro. Una impronta. Una generazione che egli
applica al rapporto tra P e F.
A. è ben attento a non cadere in uan sorta di modalismo. Più volte si aprla di una ousia, una derivazione del F da una
ousia del P ma non di identità numerica di F e P. Questa concezione viene ripetuta ancora più spesso nel terzo discorso contro
glia riani dove si sottolinea che la tautotes della sostanza non deve comportare che il F possa essere chiamato P e il P possa
essere chiamato F.
Quindi identità di sostanza da una parte ma diversità dei nomi e della derivazione. P non generato e F generato. Dal
punto di vista tecnico sono molto facili le obiezioni a questo genere di linguaggio, perché Atanasio insiste sulla derivazione
dalla sostanza del P, sulla identità di sostanza, ma quando si tratta di differenziare all'interno della medesima sostanza, ricorre
ai due epiteti di P e F che non possono essere scambiati perché implicano la generazione divina di un essere diverso dal P. Però
non esiste a livello tecnico una terminologia che poi effettivamente differenzi il F dal P. Mentre Atanasio è in grado di astrarre
dai concreti epiteti scritturistici la noziione di una identità di sostanza, non è in grado di astrarre dagli epiteti scritturistici di F e
di P perché gli manca un termine diverso rispetto al F e P (genitore, generato, ipostasi, impronta) che gli permetta di
differenziare linguisticamente e anche concettualmente bene il F dal P. Qualche volta A. attribuisce al P il termine ipostasi,
derivato da Eb. In questo notiamo la grande svolta di Atanasio rispetto ad Alessandro. Il termine ipostasi viene usato solo nel
modo in cui Eb la usa, cioè per indicare il P, ma mai viene usato per indicare il F (cioè cade con questo la teologia delle tre
ipostasi). Questo fatto risale alla recezione di Nicea. Prlare di ipostasi divfferenti er A. è come parlare di essenze diverse, di
dissomiglianza di essenza tra F e P (come Marcello di ancira, e qui infatti A lo segue). C'è una frase di Atanasio in cui si parla
di ousiai che sono diverse le une dalle altre nella Trinità. Atanasio non può più usare il termine ipostasi.
C'è un altro fatto: quando si parla di ipostasi e ousia, in qualche modo implicitamente si ammette una identificazione
dei due concetti= ipostasi significa ousiai. Pensare a più ipostasi significa pensare a più sostanze e pensare a più sostanze
significa differenziare radicalemtne il F dal P e lo SpS dal F. Abbiamo una spiegazione storica molto concreta di questa
difficoltà concettuale atanasiana. Esistono certi pronunciamenti di Ario che egli stesso cita. Esiste il simbolo di Nicea e tutto
qusto fa sì che cada il termine e il concetto qualificante per differenziare il F dal P. Concetto che tra l'altro è fatto rientrare in
una teologia che lnguisticamente risente ancora della subordinazione origeniana. nel momento in cui si mette il F sulla parità di
divinità col P si perde tutta quella terminologia che sarebbe stata utile per distinguerli, perché è una terminologia che viene
avvertita come compromessa sia a causa del SN sia per l'uso che ne avevano fatto in teologia gli orientali come Ario e Asterio.
Atanasio è conscio di questo pericolo e del fatto che parlare sempre di derivazione di ousia del P può portare ad una
sorta di modalismo e per questo abbiamo traccia di una politica antisabelliana, una politica che tendeva ad essere apologetica.
di distinguere meglio il F dal P. Le carenze tecniche, terminologiche e concettuali di A. in realtà nascondono un pensiero che
non può essere identificato con quello di Marcello. Se paragoniamo i sistemi teologici, l'insistenza stessa di Atanasio sul
concetto di generazione ab aeterno, dove per generazione intendiamo sempre generazione di un qualcosa che non è un
pensiero, un Logos ma è il vero F, questa insistenza sulla generazione non può che essere interpretata come una forma di
distinzione. Tanto più se si paragona questa prospettiva a quella di Marcello di ancira dove la vera persona del F viene fuori nel
momento dell'incarnazione. Alcuni affermazioni contrastanti di Marcello e alcuni suoi adeguamenti al linguaggio di Atanasio e
di Giulio di Roma, si percepisce che il Logos ha come due momenti: un Logos eterno in cui Dio è ancora monade e un Logos
che diventa F e realmente generato nel momento in cui c'è l'incarnazione da Maria. Se guardiamo nella prospettiva della
preesistenza questo vuol dire che Marcello tende a togliere il concetto di generazione dalla preesistenza e lo proietta solo
nell'economia. Infatti quando parla di preesistenza usa il termine Logos e nona ltri epiteti, mentre era stata proprio la pluralità
degli epiteti di Cristo preesistente che aveva permesso ad Origene di affermare la sussistenza personale del F , ne de princ.
Logos è concetto che può essere non solo una persona ma una funzione di Dio, non sussistente o sussistente solo in potenza. In
Marcello il Logos esce dal P e non viene generato dal P. Soltanto nel momento della generazione da Maria abbiamo la vera e
propria generazione, il passaggio di Dio dalla monade alla diade. Questo tipo di teologia guida l'interpretazione di Marcello di
Prv. Marcello ocmpie una esegesi teologia di Pr diametralmente opposta a quella di Ario. Per Ario l'afefrmazione creò e
generato sono la stessa cosa, riguardano il Cristo preesistente e dal momento che egli accentua il ktizein-creare rispetto al
generare è portato a vedere in questo testo dei Prv. la prova della inferiorità del F rispetto al P. Marcello sviluppa una esegesi
per cui sia il ktizein che il genna vanno riferiti al momento dell'incarnazione.
Atanasio differenzia questi due elementi. nel testo di Prv Atanasio accoglie la novità di Marcello di Ancira cioè
l'applicazione di ktizein al Cristo incarnato, dell'economia, visto nella sua dimensione di storia della salvezza, ma d'altra parte
continua a pensare che Prv indichi anche il Cristo come soggetto della vita intratrinitaria. Quindi Prv è per Atanasio testo sia
teologico sia economico, per Marcello è solo economico, per Ario è solo teologico (e in parte anche per Eusebio di Cesarea).
Perché Atanasio nel suo soggiorno romano, quando è influenzato da Marcello, sceglie però di differenziarsi su questo
punto? Atanasio sceglie questa doppia esegesi di Prv perché sente un problema nell'esegesi di Marcello e nella sua teologia:
quello di spostare il concetto di generazione soltanto al momento dell'economia. Invece per Atanasio fondamentale è il
concetto di generazione eterna che gli proviene certamente da Origene passando per Alessandro di Alessandria. Cioè la linea
origeniana moderata.
Colpisce in Marcello (frammenti riportati da Eusebio) che la politica fondamentale era contro una dottrina divisiva,
più che contro l'idea del F come poiema o come ktisma. Mentre Atanasio capisce meglio il problema di Marcello. Il problema
della teologia ariana non era soltanto quello della distinzione delle sostanze, ma il fatto che distinguendo le sostanze il F veniva
fatto passare come sostanza divina inferiore e quindi dalla parte della creazione e dell'economia. Certo oggi diciamo che il
problema è di Marcello di Ancira che infatti ha dovuto professare un suo credo a Roma nel 340-4, ha dovuto difendersi dagli
attacchi di Basilio di Cesarea. La primitiva teologia di Marcello di Ancira vista con gli occhi di oggi è altrettanto eretica come
quella di Ario, perché sostanzialmente abbiamo un'idea del Logos endiathetos e prophorikos che non è dissimile da quella da
cui partiva Ario, solo che gli sviluppi sono completamente divergenti. Mentre quella teoria serviva ad Ario a distinguere un
Logos proprio del P da una sophia e Logos sussistenti nel tempo, quindi il F dell'economia è diverso dal P, invece in Marcello
questo stesso schema non lo porta a differenziare due logosi e due sophiae, ma a mantenere al massimo l'unità della divinità.
Quello che importa a lui è questo forte monoteismo in cui anche lì'incarnazione è in qualche modo un momento di diade ma
destinata alla fine ad essere riassorbita nella monade. Quando al concilio di Costantinopoli si dice che il regno non avrà fine è
inserito contro Marcello. Marcello infatti intendeva che il F dopo l'ascensione consegnasse il regno al P e il regno del F
sparisse e fosse riassorbito dal P. L'esigenza che informava Marcello era strettamente unitaria. Si tende a negare la sussistenza.
Per Ario il problema è un po' diverso perché la differenziazione tra i due logoi e due sophiae è fatta in modo che il F
possa essere pienamente sussistente. Il F è sussistente nel tempo o a partire dal nulla ma è pienamente sussistente dal momento
in cui è, sempre. Perché Ario usa questo dal nulla? Perché per lui questo era l'unico modo di concepire una sussistenza del F
che non coincidesse con la predicazione dei due ingenerati. Il problema è che Origene ci aveva insistito molto poco.
Quindi da una parte abbiamo una teologia con l'uso dello schema del Logos endiathetos e prophorikos ai fini del
mantenimento dell'unità della divinità (momentanea diade per poi riassorbire tutto nella monade divina). Da parte di Ario
abbiamo invece il medesimo schema per far sì che il P continui ad essere dotato di una sua sophia e di un suo Logos e il F sia
pienamente sussistente ma inferiore e quindi creato.
Ci sono lontanissime somiglianze perché viene utilizzato lo stesso schema, ma poi ambedue sul concetto di
generazione sono molto diverse e molto deboli entrambe: in una la generazione è uguagliata con l'economia e nell'altro con la
creazione. Hanno però scopi opposti: uno vuole mantenere la dottrina trinitaria origeniana ad ogni costo (per Ario solo con un
F creato nel tempo, si può ammettere un essere divino sussistente accanto al P) e per Marcello invece lo scopo è togliere ogni
sussistenza alla preesistenza per mantenere la monade divina e dilatazione di questa monade in diade per essere poi riassorbita
in monade. Marcello combatte l'arianesimo perché viv vede una eccessiva sussistenza più che un problema di tempi.
Atanasio percepisce non solo questo divisismo ariano ma soprattutto il fatto che il F è spostato dalla parte della
creazione e non è in parità con il P. Atanasio, già nelle orazioni contro gli ariani, pur influenzato profondamente e pur avendo
amicizia con Marcello, capisce quali sono i pericoli insiti nella sua teologia: l'insistenza sulla generazione. Nonostante non
esista una teologia e delle concezioni filosofiche che permettano di distinguere bene il P dal F, l'insistenza di questa
generazione ab aterno, garantisce Atanasio contro un modalismo come quello di Marcello.

Homoousios
Il termine compare una sola volta nel discorso contro gli ariani (forse 2?). Ciò è estremamente significativo. E' usato
in un contesto probabilmente tardo quando il testo è rivisto in vista dell'edizione, e quindi non assume alcuna rilevanza nel
discorso teologico. Usa delle formule che possono sembrare nicene ma non vi è un grande insistenza su Nicea né su
homoousios.
Tutt'altro Atanasio nel de decretis nicaenae synodi. Qui loda alcuni amici non nominati che difendono l'homoousios
contro gli ariani della libia. Atanasio rilancia in grande stile una riflessione sull'homoousios che contraddistingue il credo
niceno. A. scopre in questa epoca (353-6?) che per gli antiariani il SN può diventare un riferimento importante, sanzionato da
un concilio. Documento storico che è del passato e che va rispolverato e riproposto difendendo l'uso di homoosios che secondo
quantoci riporta Atanasio nell'introduzione veniava attaccato da molti perché non scritturistico. A. ovviamente obietta che tante
disposizioni ariane come agennetos non sono scritturistiche e che spesso nella esegesi della scrittura e nella formulazione del
dogma trinitario è necessario ricorrere a termini non scritturistici quando e solo quando è necessario combattere una eresia
particolare. L'homoousios riceve da Atanasio una apologia di carattere negativo. Esso è giustificabile soltanto contro Ario e
non perché fosse un termine che avesse grande significato spirituale per i cristiani. L'unica cosa importante per a. è che si creda
che il F non è creatura, è generato e non creato, è eterno e non nato nel tempo. Queste sono le due formule su cui insiste.
Homoousios va affermato quando qualcuno dice che P e F sono ousiai diverse , lontane, scisse… A. dimostra come dionigi
aveva rifiutato l'uso di homoousios perché in quel caso sosteneva una posizione modalista (riferimento a due episodi: il
processo di Paolo di Samosata e i sabelliani).
Quando A. scrive quest'opera deve abbandonare completamente la teologia dell'homoios che tante volte ricorre nei
trattati contro gli ariani. Spesso si dice che il F è homoouis al P kat'ousian o kata panta. Da quel momento in poi Atanasio
capisce il problema della sua stessa terminologia e con il più tardo de synodis homoios viene completamente espunto dal
lessico teologico di Atanasio.
Quando Atanasio parla di materia trinitaria ne parla solo in termini di homoousios e mai in termini di homooios. La
riflessione su homoousios è uan riflessione che lo porta a precisare la sua propria terminologia. Perché Atanasio lancia
l'homoousios? E' lui il primo a lanciarlo? Dal omento in cui viene scritto il de decretis non si fa altro che parlare di
homoousios, della sua legittimità. Di homoiousios come leggero correttivo e della legittimità del SN quale riferimento unico
per i cristiani. L'iniziativa atanasiana si innesta in un contesto storico in cui in quegli anni (353-6) ritorna alle origini (325) e su
questo scrive il canone dell'ortodossia. Se un ilario molto tardo che conosce bene la teologia degli orientali dice che da poco
conosce questo simbolo di N significa che il SN dopo il 325 viene fattocadere sia da parte ariana che ortodossa. Non iene usato
come documento che sanzionasse formalmente lortodossia antiariana. Tutti l'avevano sentito problematico e in particolare ilt
ermine homoousios. Dagli anii 350 riesplode invece la riflessione du Nicea e ci si cheide di chi sia stata l'iniziativa.
la documentazione:
Liberio scrive una lettera a Costanzo nel 353 poco dopo la sua ascesa al trono episcopale di Roma in cui dice
all'imperatore che sarebbe opportuno tornare al simbolo di Nicea. Nel 355 Eusebio di Vercelli e Lucifero di Cagliari vengono
esiliati in modo un po' particolare. Il problema è quello a Milano, concilio voluto dagli occidentali per rinnovare la condanna
formalmente giustificata di Atanasio avvenuta al concilio di Tiro nel 335.
Eusebio di Vercelli, fatto interessante che dice il clima che si respira nella chiesa romana per un decennio, dice che è
disposto a condannare Atanasio solo a condizione che i vescovi presenti firmino il SN. Gesto notevole. Viene poi esiliato
assieme a Lucifero di Cagliari. Anche Ilario viene esiliato.
Eusebio capisce che il simbolo può diventare un punto, un documento su cui riunire gli antiariani. Abbiamo due
rappresentanti della teologia romana che non aveva brillato per partecipazione alla controveria ariana fino a quel momento -
basti pensar che al concilio di Serdica ci sono ancora strascichi della teologia monarchiana 8si parla di uan sola ipostasi del F e
del P). negli anni 50 la chiesa romana comincia ad aggiornarsi e capisce il significato di questo simbolo che viene scoperto e
riproposto da Liberio e Eusebio.
Ci si chiede se Atanasio che ha saputo di questi esili abbia mai conosciuto questa iniziativa oppure se Liberio e
Eusebio abbiano conosciuto l'iniziativa di Atanasio. Atanasio fa riferimento nel de decretis ad una polemica già in corso. Parla
di Costanzo come imperatore unico quindi siamo dopo il 351. E' possibile che l'iniziativa sia partita in termini poco riflessi da
Liberio ed Eusebio e probabilmente Atanasio capisce che qualcosa si sta muovendo du questo punto e scrive un'opera che ha
un doppio fine: dimostrar quanto Alessandria sia l'unica vera depositaria di una esegesi colta e documentata del simbolo niceno
(far coincidere Alessandria con il vero nicenismo) e dall'altra ha uno scopo politico, autodifesa personale (per dimostrare che
gli attacchi che si prtano contro di lui non sono altro che attacchi contro un certo tipo di ortodossia).
Atanasio parla di h non nel senso di identità numerica di P e F ma come medesima sostanza che unisce un P e un F
che sono due esseri diversi. Non c'è alcun progresso per quanto riguarda la terminologia. Con il de synodis Atanasio vuole
dimostrare quanto gli orientali abbiano sempre riproposto simboli su simboli modificando le loro posizioni e che questa stessa
simbolipoiesi non è altro che una manifestazione dell'incostanza dell'episcopato orientale nlla fede trinitaria. I documenti sono
di straordinaria importanza perché Atanasio ci conserva una serie di prediche che altrimenti sono perdute. Abbiamo la
traduzione latina di Ilario del testo greco. A. nel de synodis scritto a più riprese, ha un uno spirito molto diverso da uqelo di
ilario. Per A. i simboli derivano da ambienti e persone che al di là dell'adesione all'arianesimo si sono persi. Ilario invece coglie
nel contenuto di questi simboli - in cui il patrimonio di una città riaffiora - la possibilità di un fronte che anche se non accetta
Nicea è antiariana. La grande novità degli anni 50 è la manifestazione piena di un episcopato che è orientale, spesso avverso ad
Atanasio, ma comunque profondamente antiariano.
Nascono gli omeusiani: teologi che pensano che con il termine homoiousios, si possa trovare una via intermedia tra
homoousios che sembra per loro troppo modalista e il divisismo degli ariani. Teologi di grande levatura (Basilio di Ancira,
Teodoto di Laodicea …). Nel 358 organizzano un concilio in cui si professa una fede in cui la coeternità e la pari dignità del P
e del F sono ben mese in rilievo. A questa corrente appartiene Melezio di Antiochia che preso è mandato in esilio da Costanzo
perché a sua riflessione su prv 8 troppo vicina a quella di (Nicea? centro?).
A. nel de synodis sembra capire che si sta muovendo qualcosa di fondamentale. Nella seconda parte dell'opera si
rivolge a Basilio di Ancira, il nuovo teologo. Gli omeusiani non sono ancora gunti alla soluzione di Basilio di Cesarea, e quindi
data la somiglianza in tutala cultura dell'epoca, tra hypostasis e ousia, sono anche teologi delle tre ousiai. Teologia origeniana
ed eusebiana corretta in senso antiariano e quindi non cntiene più tracce nemmeno linguistiche del subordinazionismo che
riscontriamo in Eusebio di Cesarea. Il F e P sono detti simili secondo ogni cosa o addiruttura secondo l'ousia. Ciò che
differenzia è il nome. Non è lontana dalla prospettiva atanasiana. Ma il problema terminologico è forte. Nella teologia
alessandrina ousia ed ipostasi possono indicare la divinità, ma non necessariamente (???). Gli omeusiani capiscono che il
problema è insistere sulla perfetta somiglianza tra P e F ma non possono, non si sentono di accettare l'homoousios. Nei primi
anni 60 Basilio di Cesarea si muove all'interno della cultura però capisce che ousia e ipostasi possono essere interpretate …
Atanasio invita ad aderire dicendo: quello che hai scritto tu può essere accettabile anche per me enon capisco perché
tu che ritieni il F in tutto simile aP non possa accettare homoousios. La posizione dibasilio di Ancira viene addolcita neld e
sinodis rispetto a quella che è stata storicamente. La definizione di ortodossia ormai per atanaiso è la ricezione del SN
compreso l'homoousios.
Nel de synodis, opera tarda, Atanasio percepisce le novità. Capisce che dalla teologia omeusiana può venire un
allargamenteo del fronte antiariano, ma nello stesso tempo c'è chiusura. La teologia omeusiana assume dignità di teologia
soltanto nel momento in cui accetta il SN ed è un'epoca troppo precoce perché questo possa avvenire. Stesso succede nello
scritto famoso ??? in cui Atanasio ammette che si possa parlare di tre ipostasi nella misura in cui non dichiarano tre ipostasi
divise e accettano CN. Come accetta quelli che parlano di una sola ipostasi o una sola ousia: ha in mente un gruppo ad
Antiochia fortemente avverso al vescovo di Antiochia. A. vuole far sì che i meleziani cioè gli omeusiani si uniscano a coloro
che sostenevano l'unica ipostasi, per il momento, in lotta contro gli arinai. Se A. capisce che ci possono essere persone che
sostengono tre ipostasi e non sono ariani, la soluzione politico-ecclesiale che propone è sempre la stessa: il SN e laddove una
città è scismatica, unità col vescovo niceno.
L'apertura erso l'oriente è solo di carattere terminologico, purchè ci sinao le controporve del SN. Ciò porta al
fallimento dell'incontro con melezio di Antiochia del 363. Melezio ormai prende le redini del partito antiariano orientale
sottoscrivendo di sua iniziativa il simbolo niceno, con il chiarimento che l'homoousios per lui è uguale ad una delle
esprtessioni basilari della teologia omeusiana. A. si rinchiude sempre più nella sua teologia e nella sua prospettiva di politica
ecclesiastica. Le stesse inasistenze di basilio di cCesareaattorno al 370 perché si apra a Melezio non valgono nulla. Tanto che
Melezio verrà considerato eretico dai vescovi successori di Atanasio.
Sostazialmente si può dire che A. con l'homoousios rilancia in grande sitle il SN, anche se non è la sua iniziativa
probabilmente a lui si deve la discussione. L'epoca si chiude con una cosa strana: coloro che non avevano accettato il SN alla
fine lo accettano a costo della perdita del leadership di A. sul fronte antiariano orientale perché è la chiusura politica di
Atanasio veerso i simboli degli orientali verso coloro che sente nemici personali a portare al suo declino di leader degli
antiariani.
Basilio intanto andava elaborando la formula che sarà fatta propria dal concilio di Costantinopoli ed era favorito dal
fatto che fin dal 361-2 avevano accettato il SN. Non sembra che Basilio fosse avverso al SN, era avverso al monarchianesimo.
Non voleva la pace con i macedoniani ecc. ma aveva sempre visto nel SN qualcosa di positivo. Infatti iprimi scritti basiliani ci
mostrano un B. chiaramente teologo delle tre ipostasi ma che però sta avviandosi verso una soluzione che è quella dell'unica
sostanza. Riesce a differenziare l'ambito semantico di ousia da quello di hypostasis, cosa che in occidente accadeva grazie a
Mario Vittorino e all'esegesi di certi passi di Porfirio.
Nel frattempo 362, abbiamo un altro problema che è quello cristologico di apollinare. Un'altra polemica divide non
solo i fautori delle tre ipostasi da quella dell'unica ipostasi, ma anche uan frattura tra coloro che pensano che Cristo abbia
assunto l'uomo intero, l'uomo completo e coloro che ivece insistono sulla unità tra divinità e umanità in Cristo. Sta nascendo
una nuova epoca. Questa controversia è tutta interna al fronte antiariano. Nel fronte ariano c'è la presenza di una cristologia
Logos-sarx diffusissima, il fronte antiariano invece era ben composto da questo punto di vista. Eistazio di Antiochia, teologo
monarchiano già nel 327 dalla sua sede professava una teologia dell'uomo completo ed è un niceno radicale, strettissimo.
mentre altri teologi anche antiariani nona vevano alcun problemadi professare una cristologia Logos-sarx che era identica a
quelli degli ariani.
Apollinare prota alle estreme conseguenze l'impostazioe teologica Logos-sarx perché ritiene che l'unità di Cristo possa
essere realizzata appieno solo nella misura in cui si pensi che il nous, il Logos si congiunge al corpo senza un intermediario,
senza un'anima. Tra i discepoli di melezio di Antiochia c'era anche teodoro di altra impostazione. Ad Antiochia si concentrano
due impostazioni cristologiche.
Apollinare ha una teologia trinitaria molto nicena. La sa cristologia è molto complessa che è l'esito di una riflessione
sull'unità del soggetto Cristo che è una unità problematica. Chi è il soggetto che decide, chi è il soggetto che soffre sulla corce?
Il problema dell'anima in Atanasio non è mai posto. Atanasio se la prende con due estremizzazioni di apollinare:
-se si agginge il corpo alla Trinità si ha una quaternità e quindi il corpo deve essere consustanziale con la
persona di Cristo (idea del corpo celeste incorruttibile legato al Logos ecc…)
- il Logos diventava ossa, carne, muscoli, si materializzava nel momento in cui c'era l'incarnazione.
Naturalmente Atanasio elimina sia l'una che l'altra delle due supposte eresie, ma non se la prende mai direttaemtne con
apollinare e soprattutto non pne il problema dell'anima di Cristo. Si pone il problema dell'aniam degli uomini ma no quella di
Cristo. La salvezza dell'uomo è uan salvezza totale che riguarda corpo, anima e nous, ma il Cristo ancora nella lettera ad
epitteto è il Cristo che si unisce alla carne, al soma come organon, che nel momento che salva per la presenza forte sua del
soggetto Logos all'interno delle ipostasi. L'anima non è fattore teologico. A. non sa come rislvere un problema che vede
tuttavia sorgere. L'anima non è fattore teologico. Siamo in un punto cruciale del secolo seguente perché l'aniam è il luogo della
passione. Allora questa passione di Cristo, questa sua passione per gli uomini messe solo in una pedagogia divina verso l'uomo
oppure in una partecipazione piena di Dio alla vicenda di un uomo che è divinizzato? Il problema della teologia antiochena
sarà quella di un uomo completo in Cristo perché la salvezza è di tutto l'uomo. Ma la apori sarà quella di trovare una unità di
soggetto tra anima nous di Cristo e il Logos.
Il monofisismo invece su questo sceglierà una cosa diversa: non insisterà sull'anima di Cristo ma sull'unità di soggetto
come elemento fondamentale della salvezza. Solo nella misura in cui il Logos si investe nella storia c'è identità di soggetto,
non vi sono due volontà. La prospettiva di Atanasio è più vicina a quelal monofisita anche se del tutto irriflessa. Atanasio non
riesce a risolvere la questione prendendo a favore di apoliinare, di cui intuisce i pericoli, …

21.1.2000

Autocritica: Sirmio del 59 non esiste. Mi sono confuso con rimini e seleucia. L
La formua che poi è stata imposta da Costanzo, condannava l'uoso di ousia nelle scritture, nel 357 e affermava al somiglianza
del F e del P secondo le scritture. Sono homoioi kata tas graphas: formula di sirmio del 357.
Ancira del 358 è l'atto formale di nascita del gruppo degli homeusiani ed è anche una reaizone nei confronti di questa formula
perché è lì che si aferam l'homoiousios, con la iota, cioè la somiglianza di sostanza.

Lo spirito santo

Sviluppato per la prima volta nella controversia ariana in modo particolarmente approvondita da Atanasio nelle lettere
a serapione. Serapione che è un vescovo di Tmuis, amico di Atanasio già dal 339, uno dei vescovi su cui A. ha afatto più
affidamento. Serapione aveva segnalato ad Atanasio la presenza di persone che per quanto ortodosse, riguardo alla relazione
tra P e F, consideravano lo SpS non pari al P e al F ma una cosa creata. Dissimile dal P e dal F. Anche da altri autori prcepiamo
che lìallargamento della discussione allo spirito santo è avvenuta negli ultimissimi anni 50 in modo per noi difficile da capire.
Non sappiamo se c'è una relazione tra una parte e l'altra del mediterraneo. E' una controversia che ha avuto luogo nell'ambito
antiariano ma che è stata fatta propria immediatamente dagli ariani, nel momento in cui alcuni antiariani hanno problemi e
dubbi sullo SpS questo dubbio viene subito rifolmutalto dagli ariani estremisti e soprattutto eunomio (attivo già nel 60).
Per noi la controversia è un po' ambigua perché per quanto leggiamo dalle lettere a serapione, sembra che si tratti di
fatti egiziani, di uan corrente interna al fornte antiariano. Tuttavia ha toccato anche al di là. Storicamente possimao dire solo
che è una questione che attraversa trasversalmente i due campi in lotta (situazione molto frastagliata anche all'interno
dell'arianesimo) e il dato storico reale è che dal 355 in poi la controversia si complica per questo nuovo problema. Era logico
che nel momento in cui si riprendeva un discorso sul simbolo Niceno e torna di attualità il problema del rapporto sostanziale o
meno tra F e P, si allargasse anche allo SpS, che già nel NT è posto assieme al F.
Fino ad allora non abbiamo presente questa problematica: tutti gli ortodossi accennano alllo SpS al suo potere
all'interno del battesimo e dell'eucaristia, in contesto mistagogico-sacramentale, salvifico-economico in generale, ma non
hanno particolarmente approfondito l'altro aspetto e cioè il discorso teologico. In un lontano passato c'era chi aveva condotto
una riflessione sullo spsp più approfondita e che era decaduta: Ireneo di Lione e la riflessione teorica e teologica di Origene nel
de princ.
Esistevano in un passato che allora era avvertito come lontano degli antecedenti di carattere teologico che dovevano
essere ripresi e rielaborati o contestati al limite. In Origene lo SpS è una delle tre ipostasi di uan Trinità che o considera in
modo separato dal creato, ma nello stesso tempo il linguaggio usato da O, come poiema, pragma ecc… poteva portare alle
posizioni di chi negava o di chi qualificava lo SpS come cosa creata, fatta. Nello stesso tempo lo SpS poteva anche essere
interpretata come la terza ipostasi e quindi come meritevole di un discorso non più di carattere economico ma anche
intratrinitario. Abbiamo qui la solita ambiguità origeniana: la sua riflessione dà luogo a due interpretazioni separate che
sviluppano alcun sue espressioni prescindendo spesso dalla complessità e dalle motivazioni del suo riflettere e ricercare.
In Origene c'è uan tensione tra SpS poiema, pragma, qualcosa che viene donato dal P attraverso il F (elemento
passivo, che santifica ilc redente battezzato) e uno SpS che qualificato come hypostasi entra in un discorso sulla Trinità
(Trinità che in O spesso è definita come ciò che è eterna, immutabile in contrasto con tutto il resto del creato sia noetico che
materiale). Siccome già il Logos ha questa posizione particolare di essere partecipe della divinità per natura e allo stesso tempo
di avere una relazione stretta con il mondo noetico, tanto più lo sps che interviene in un settore molto specifico della chiesa,
nellacerimonia battesimale, quindi questa ambiguitùà si spiega anche per la sua funzione. Il Logos ha divinità naturale, per
partecipazione naturale alla divinità del P perché ha uan relazione privilegiata con la molteplicità del creato. lo spirito è
immerso diffuso con il creato sebbene si tratti di un creato eletto e santificato. Esiste una dottrina delle tre ipostasi origeniane
che pur individuando in esse degli esseri sussistenti li pone in modo molto graduato second un sibordinazionismo che era
tipico di Origene. L'aspetto a cerchi concentrici del rapporto tra Dio e dessere spiega bene la figura dello SpS: se il P ha
rapporto con l'essere tutto che da lui è stato creato e promana, il F ha relaizone con gli esseri razionali, logikoi, il nous che si è
raffreddato, lo SpS ha una sfera di azione ancora più ristretta: i credenti che hanno ricevuto ilbattesimo (che per Origene non è
soltanto il sacramenteo ma è parte di quell'itinerario di conversione della mente dell'uomo verso Dio).
Non possiamo non ricordare nella sotria delle letteratura sullo SpS Eusebio di Cesarea che prosegue la riflessione
origeniana e mantiene alcuni aspetti importanti anche se la sua cultura filosofica toglie l'aspetto sacramentale dello psp. Se il P
si occupa dell'essere generale eil F degli esseri razionali, lo SpS si occpua del mondo en merei, a pezzi, in modo particolare,
concretizza cioè e diversifica l'azione del P compiuta attraversola creazione operata dal F. Alcuni elementi della prospettiva
origeniana restano: teologia subordinazion. e percezione di una differenza degli ambiti su cui agiscono le tre ipostasi divine. La
prospettiva origeniana perde il carattere religioso, come elezione dello SpS per i fedeli battezzati, e aquista una mentalità più
filosofica. Eusebio si ispira alla dottrina neoplatonica delle processine delle ipostasi esplicitamente. Esiste un essere al di là
dell'esistenza, un nous che è il prodotto dell'autoriflessione di questo essre inesistente su se stesso. Questo nous da una parte si
apre all'esterno e si rivolge verso il mondo, dall'altra parte si riconverte verso il P, il primo essere. Esiste un'anima del mondo
che costituisce l'elemento di passaggio, la concretizzazione delle idee a livello della realtà. In Eusebio c'è una crasi tra uno
schema di storia della salvezza da Origene con la dottrina delle tre ipostasi medio/neoplatonica dove l'anima mundi è l'essere
che attualizza le idee pensate dal nous nel suo allontanarsi dal P per poi riconvertirsi. Eusebio usa anche il paragone del sole e
della luna. Cfr. Mal: il sole è il Logos e la luna è colei che raccoglie in sé le idee, i raggi del sole per riversarli nel creato.
Raggi=ideee; luce=vita : è una dottrina che è platonica e criastiana.

Torniamao ad Atanasio. Vi era un elemento nuovo rispetto al de incarnatione nel contra arianos: lo SpS viene donato
da Cristo ad ogni credente e costituisce la presenza di Cristo nei fedeli. Nel de incarn. non si parla mai di SpS: emblematico.
Nel de oratione adv. arianos formula una teologia approfondita di questo. L'ncarnazione crea la possibilità dell'uomo di essere
divinizzato, ma queta possibilità diventa realtà nella misura in cui l'uomo riesce a ricevere il dono dello SpS. Su questi puntio
poi inizia una riflessione sullo SpS. Problema del rapporto tra P e F . L anovità della epistola a serapione è che per la prima
volta abbiamo una riflessione teorica sul problema della divinitòà dello SpS.
L'originalità atanasiana è porre questo problemain modo simmetrico a quello ceh era stato posto per il F. Come il F
ha relazione di scambio e di vita, di generazione con il P cosìlo spsp ha una relazione con il F del tuto affine. Questo è il quado
in cui si muove Atanasio. Capisce che se non si fa una riflessione teorica di questo genere sullo SpS e lo si vede solo nella
dimensione sacramentale, economica, non si arriverà mai a rispondere alle obiezioni di chi ha sollevato il problema. Gli
pneumatomàchi.
Se lo SpS ha la stessa relazione che il F ha col P è fratello; oppure il P è "nonno" e il SpS è figlio del figlio… Certo
Atanasio percepisce che lo SpS ha una relazione con il F che non è una relazione di generazione né di creazione ma di
processione. Usa termini come erchomai, poezon che indicano una derivazione dal F in modo particolare che non è
assolutamente di generazione. L'insistenza atanasiana è che lo SpS ha una rapporto con il P attraverso il F. La cosa importante
è che le tre persone divine partecipano le une delle azioni e prerogative e operazioni delle altre. Qui c'è una rottira definitiva
con lo schema eriano, origeniano o di Eusebio. Le tre persone divine cioè non hanno ambiti distinti. Dio ha un rapporto
complessivo con il creato. Decide l'esistenza della creazione che viene compiuta dal F nello SpS. L'atto creativo è unico. Lo
SpS entra nella cerimonia battesimale ma non può partecipare questa il F senza il P. Tutto ciò che di specifico hanno le presone
divine (e lo hanno ) viene partecipato in modo completo anche dalle altre due persone. E' chiaro che lo SpS non si incarna ma
l'incarnazione è un arto cui partecipa il P che la vuole elo SpS per mezzo del quale si realizza. Il battesimo è una
semplificazione del credente che avviene grazie ad una rpesenza particolare dello SpS partecipata dal F in virtù
dell'incarnazione che ne ha reso possibile l'effettuazione e senza la quale non potrebbe esserci.
La divinità dello SpS è affermata con parole esplicite, la partecipazione dell'una all'operazione dell'altra persona anche
se ciascuna amntiene qualche elemento specifico.
Pag 34: testo …
lo SpS è posto sempre come dono, qualcosa che viene ricevuto e dato ma contiene un valore divino importante che è
la vita.
testo …
Lo SpS che è visto nell'essere donato dal F. Lo SpS è passivo, è sigillo e unzione, è donato, però è ciò che permette la
partecipazione dell'uomo alla natura divina. Non è la presenza di Cristo in modo immediato, non-mediato. E' la figura di Cristo
impressa nel cuore del credente che permette la partecipazione alla divinità. Siamo partecipi di Dio.
testo…
Come può essere un essere non salvato se non c'è il dono dello SpS? Non sono due schemi che si incrociano. Lo
schema soteriologico serve ad Atanasio per fare un discorso sulla assoluta divinità dello SpS. L'economia non può essere usata
qualcosa circa una affermazione di significato teologico.

se divinizza non vi può essere alcun dubbio sulla natura divina dello SpS. Non esiste mediazione di un essere che
abbia un doppio rapporto con la divinità e il creato e si pone in modo subordinato. Per ataansio il rapporto col divenire è
quell'economia che può essere compiuta soltanto dal Dio supremo che entra volontariamente in relazione col divenire. E' un
unico Dio che si estrinseca in queste tre persone che hanno uan relazione particolare vicendevole. L'idea di pericoresi è già in
nuce.
Dal punto di vista teologico:
p. 87, par 6… lo SpS è detto immagine del F
L'immagine non è qualcosa di depotenziato per Atanasio rispetto a ciò di cui è immagine. Poco platonica. ha la stessa
densità ontologica di chi produce. Il P ha una ousia e l'ousia di per sé è generatrice.

uso del termine idios che è una delle marche dello stile di Alessandro e Atanasio, marca antiariana. Idion è ciò che è
proprio, l'elemento proprio alla sostanza, non è l'elemento accidentale della sostanza ma proprio. Il F è prprio del P e lo spsp
proprio del F.

il lui la Trinità è perfetta, in lui il verbo glorifica la creazione …

Importanza dello SpS in momenti centrali del rapporto tra Dio e creazione.

La bestemmia contro lo SpS è ritenuta più grave di quella contro il FdU. Testo importante.
n.9: cfr. la relazione di atanasio con gli scritti dei maestri. L'esegesi di questo versetto è difficile. Atanasio contesta le
esegesi precedenti (Origene e Teognosto). Dice che il contesto evangelico non permette questa esegesi perché Gesù sta
parlando con persone che non sono battezzate. Inizia l'esegesi: la scrittura, l'AT e NT parlano della doppia natura del F. Il F
come persona della Trinità o il F come essere destinato all'incarnazione oppure come incarnato. Dobbiamo applicare questa
regola dogmatica molto semplice a questo versetto. Il FdU è il Gesù dell'incarnazione. L'umanità di Cristo. Lo SpS si riferisce
alla veridicità di Cristo: schema di cristologia pneumatica. Uso particolare del termine Spirito. Lo spirito può indicare anche
l'aspetto supino????
Altra argomentazione: si può usare il termine spirito per indicare la divinità del F perché la compenetrazione delle tre
persone della Trinità ammette la possibilità di predicare dell'una gli epiteti dell'altra. Quando si dice che la bestemmia è più
grave se riferita allo spsp usa il termine perchè la sua dimensione divina è pari al F. Una sora di communicatio idiomatum .
Tipico esempio di esegesi sofisticata, origeniana. Applica la regola atanasiana: tuta la scrittura ha uno scopo di presentazione
del doppio aspetto distinto. Il legame intertrinitario permette l'identità di operazione e di denominazione. Sp del P e del F. C'è
sempre una specificazione: c'è una possibilità di accostamento con un epiteto.

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