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666, IL NUMERO DELL’ANTICRISTO.

GIOVANNI CONOSCEVA IL SUO NOME?


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RENATO AMMANNATI

CRITERI D’INTEPRETAZIONE DELL’APOCALISSE


L’Apocalisse è l’ultimo libro del Nuovo Testamento ed uno dei più enigmatici documenti
della Bibbia. Nel corso dei secoli sono stati scritti innumerevoli commenti e condotte
numerose ricerche per afferrare il significato generale dell’opera, ma fino ad oggi non è
stata raggiunta dagli studiosi un’interpretazione condivisa.
I criteri di lettura si muovono attualmente tra due estremi:

• le immagini del libro richiamano solo avvenimenti storici del tempo dell’autore, il
quale li avrebbe reinterpretati in chiave religioso-escatologica, rendendoli
indecifrabili attraverso l’adozione di un complesso sistema di simboli;
• le immagini rivelano solo eventi che non si sono ancora compiuti.

Un criterio di lettura intermedio suppone invece che i fatti già avvenuti al tempo dello
scrittore si ripeteranno in scala più vasta nei tempi della fine,1 mantenendo lo stesso
significato religioso-escatologico degli avvenimenti che sono stati fonte di ispirazione per
Giovanni.
Scopo di questo breve scritto è mostrare come Giovanni non si sia ispirato ad alcun
avvenimento a lui contemporaneo per realizzare le immagini simboliche di uno dei più
enigmatici e commentati capitoli dell’Apocalisse, il tredicesimo.
Se nel XIII capitolo Giovanni avesse fatto riferimento ad avvenimenti storici ben precisi del
I secolo, le immagini simboliche sarebbero dovute essergli completamente chiare. E invece
Giovanni, come vedremo, non aveva alcuna idea del loro significato.

1Davide Valente, L’archeologia e l’Apocalisse,


www.naiot.it/ArcheologiaBiblicaPDF/ArcheologiaEApocalisse01.pdf
666, IL NUMERO DELL’ANTICRISTO - Renato Ammannati Pagina 1
GIOVANNI DI PATMOS E IRENEO DI LIONE
L’autore dell’Apocalisse si presenta col nome di Giovanni e rivela di aver ricevuto
l’esortazione a scrivere un libro mentre si trovava a Patmos, un’isola di fronte alle coste
dell’attuale Turchia. L’interpretazione corrente è che Giovanni fosse stato esiliato laggiù
per aver predicato il Vangelo (Ap 1,9).
In che periodo avvenne il soggiorno forzato di Giovanni a Patmos, la composizione
dell’Apocalisse e la sua diffusione in Asia minore? La fonte più attendibile per ottenere
notizie a riguardo è Ireneo di Lione.
Ireneo era nato intorno al 130, probabilmente a Smirne, in Asia Minore, ed aveva ricevuto
una solida formazione religiosa frequentando la scuola di Policarpo,2 vescovo di Smirne, il
quale era stato a sua volta discepolo di Giovanni l’Apostolo,3 la persona che una
consolidata tradizione identifica come l’autore dell’Apocalisse. Ireneo aveva inoltre
conosciuto Papia,4 vescovo di Gerapoli, a pochi chilometri da Laodicea. Laodicea era
un’altra delle città che, insieme a Smirne, Giovanni aveva menzionato. Alle autorità
religiose della città era stata certamente inviata una copia dell’Apocalisse, secondo le
indicazioni che Gesù stesso aveva dato al veggente: «Quello che vedi, scrivilo in un libro e
mandalo alle sette chiese di Efeso, di Smirne, di Pèrgamo, di Tiàtira, di Sardi, di Filadèlfia
e di Laodicèa» (Ap 1,11). Papia era stato discepolo di un altro Giovanni, soprannominato il
Presbitero e distinto dall’Evangelista e dall’Apostolo, al quale un’altra tradizione fa risalire
la paternità dell’Apocalisse.5 Infine Ireneo aveva studiato presso Melitone di Sardi, forse
vescovo di quella città, anch’essa menzionata nella lista delle sette destinatarie della
rivelazione giovannea.
Avendo frequentato Policarpo e Melitone, Ireneo aveva certamente avuto contatti con le
comunità cristiane dell’Asia minore che avevano ricevuto da Giovanni una copia del suo
libro. Ireneo non poteva dunque essere completamente all’oscuro della reale identità
dell’autore dell’Apocalisse, delle vicende a lui legate, di alcuni dettagli dell’opera e,
naturalmente, del significato stesso dell’opera. E, infatti, nel suo libro Adversus haereses,
Ireneo fornisce importanti informazioni su tutti gli aspetti sopra menzionati. Innanzitutto
rivela che l’Apocalisse comparve verso la fine del regno di Domiziano.6 Figlio di
Vespasiano, Domiziano fu l’ultimo imperatore della dinastia flavia. Successe al fratello Tito

2 Adversus haereses III 3, 4


3 Tertulliano, Praescr., 32,2; Girolamo, Vir. ill., 17,1
4 Adversus haereses V 33, 4
5 Le notizie di Papia su Giovanni il Presbitero ci sono tramandate da Eusebio di Cesarea in Storia

Ecclesiastica (3, 39, 4). Per la lista degli studiosi che ritengono il Presbitero autore dell’Apocalisse si rimanda
a Giancarlo Biguzzi, Apocalisse, Edizioni Paoline, Milano 2005, p. 37 nota 52
6
Adversus haereses V 33, 3
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(regnante dal 79 all’81) e resse l’impero fino al settembre 96, quando venne assassinato da
alcuni congiurati (senatori e guardia pretoriana). Stando ad Ireneo, pertanto, l’Apocalisse
risalirebbe agli ultimi anni dell’impero di Domiziano, quindi a prima del 96. Giovanni,
dall’esilio di Patmos, fece ritorno in Asia minore prima di quella data ed è da quel
momento che l’Apocalisse si diffuse nelle varie comunità dell’Asia minore, certamente
nelle sette citate da Giovanni. Questa informazione permette di stabilire già una prima
verità incontrovertibile: chiunque fosse il Giovanni autore dell’Apocalisse, è certo che visse
almeno fino alla fine dell’impero di Domiziano e che fu un personaggio ben noto ai
rappresentanti delle comunità cristiane dell’Asia minore della fine del I secolo.
Nell’Adversus haereses Ireneo riporta un’altra notizia importantissima: spiegando che in
circolazione vi erano copie dell’Apocalisse non concordanti, precisa che, riferendosi al
numero dell’Anticristo nel XIII capitolo, alcune di queste riportavano il numero 666
mentre altre il 616. Per accreditare il numero 666, Ireneo sostiene di aver avuto conferma
dell’esattezza del numero da alcuni che avevano incontrato personalmente l’autore
dell’Apocalisse.7 La notizia è credibile: essendo Giovanni tornato dall’esilio alla fine del I
secolo e presumibilmente morto poco tempo dopo,8 ed essendo Ireneo nato circa
trent’anni più tardi (la sua data di nascita, incerta, oscilla fra il 120 ed il 140), c’era una sola
generazione di distanza fra Ireneo e Giovanni. Se l’autore dell’Apocalisse era Giovanni
l’Apostolo, allora Ireneo fa riferimento a Policarpo, vescovo di Smirne, il quale ne era stato
discepolo. Se l’autore dell’Apocalisse era Giovanni il Presbitero, allora Ireneo fa
riferimento a Papia, vescovo di Smirne, che lo aveva avuto come maestro.

LA COMPRENSIONE DELLE IMMAGINI DELL’APOCALISSE ALL’INIZIO NEL II


SECOLO
Non è difficile immaginare quale eco dovette suscitare l’Apocalisse, di cui l’autore
garantisce l’origine divina (Ap 1,1), sulle chiese menzionate nel prologo. A Efeso Cristo
chiede di ravvedersi. In caso contrario, la comunità rischia la rimozione del candelabro,
cioè la perdita della dignità di chiesa (Ap 2,5). A Tiàtira Cristo chiede di liberarsi di
Iezabèle, altrimenti interverrà e colpirà duramente i suoi seguaci (Ap 2,23). A Sardi chiede
di ravvedersi e tornare ad essere la chiesa di un tempo, altrimenti interverrà con dei
castighi imprecisati (Ap 3,3). Alla chiesa di Filadelfia Cristo rivolge parole cariche di
sinistri presagi verso tutta l’umanità: «Poiché hai osservato con costanza la mia parola,

7Adversus haereses V 30, 1


8 L’autore dell’Apocalisse potrebbe essere il Giovanni menzionato in Adversus haereses II 22, 5, del quale
Ireneo dice che visse fino al tempo di Traiano, imperatore dal 98 al 117. In questo caso l’autore
dell’Apocalisse visse perlomeno più di due anni dopo il suo ritorno dall’esilio.
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anch'io ti preserverò nell'ora della tentazione che sta per venire sul mondo intero, per
mettere alla prova gli abitanti della terra» (Ap 3,10). All’ultima chiesa, infine, quella di
Laodicea, sono destinate le parole più terribili: «Conosco le tue opere – dice Cristo - tu non
sei né fredda né calda. Magari tu fossi fredda o calda! Ma poiché sei tiepida, cioè non sei
fredda né calda, sto per vomitarti dalla mia bocca» (Ap 3, 15-16). Quale autorità gerarchica
e quale cristiano non avrà immediatamente contattato Giovanni, dopo la lettura
dell’Apocalisse, per chiedere spiegazioni sul significato della lettera destinata alla sua
chiesa in particolare? È assolutamente improponibile la tesi che questo scritto sia stato
accolto passivamente dalle chiese asiatiche, cioè sia stato recepito senza provocare una
forte reazione psicologica. Non solo, ma quale cristiano non si sarà domandato il
significato di altre immagini “forti”, quali ad esempio quelle contenute nel XIII capitolo,
più precisamente la testa ferita a morte della bestia marina ed il misterioso numero
dell’Anticristo, il 666? C’è da credere che Giovanni sia stato sommerso di domande sul
significato di quelle misteriose ed enigmatiche immagini proposte nel libro. D’altra parte,
trovandosi ad accreditare il numero 666 (al posto del 616), Ireneo spiega che
l’informazione sull’esattezza di quel numero gli era pervenuta direttamente da persone che
avevano visto Giovanni faccia a faccia. Ciò significa molte cose: innanzitutto che Ireneo
aveva avuto sottomano copie dell’Apocalisse con due numeri diversi e che, per risolvere
definitivamente la questione, aveva avuto la possibilità di rivolgersi a coloro che avevano
conosciuto Giovanni di persona. In secondo luogo, l’affermazione rivela anche che quelle
persone avevano una conoscenza precisa dell’originale scritto da Giovanni. Infine,
l’affermazione di Ireneo porta alla conclusione che esse non potevano non aver avuto con
Giovanni delle conversazioni incentrate su quel numero e sul suo significato al punto da
accreditare il 666 senza esitazione. Ma qui sta l’aspetto più controverso della questione.
Ireneo, tentando d’interpretare il numero 666, spiega che occorre applicare il metodo della
gematria. La gematria era un sistema di assegnazione di un valore numerico ad una parola,
ottenuto attraverso l’addizione dei valori numerici prestabiliti per ciascuna lettera. Il
problema fondamentale per questo tipo di linguaggio era però la sua approssimazione: ad
un numero potevano corrispondere più parole. E infatti Ireneo, nel momento di ricavare
dal 666 il nome dell’Anticristo, produce differenti soluzioni: Euanthas, Lateinos e Teitan.9
Ciò dimostra che Ireneo non conosceva per niente il significato del numero 666. Ma non
solo. Operando numerosi tentativi, Ireneo dimostra di non aver ricevuto alcuna
informazione utile, riguardo al significato del numero, da coloro che avevano conosciuto di
persona l’autore dell’Apocalisse. In altre parole, neanche i contemporanei di Giovanni,
9
Adversus haereses V 30, 3
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neanche quelli che lo avevano visto faccia a faccia e che gli avranno domandato l’identità
dell’Anticristo, sapevano il significato del tremendo numero apocalittico.

IL NUMERO DELLA BESTIA E LA TESTA FERITA E RISANATA


Se neanche i contemporanei di Giovanni sapevano a chi corrispondesse il numero 666,
suona veramente curioso e paradossale come oggi l'interpretazione più accolta da storici,
esegeti e biblisti riferisca il numero alla persona dell'imperatore Nerone. Se fosse stato
Nerone, come mai Ireneo, uno dei teologi cristiani più esperti dell’antichità in gematria,
non ha formulato questa ipotesi? E come mai ha proposto più di un nome (ma non quello
di Nerone), se la soluzione del rebus fosse risultata così facile, come i nostri esperti
contemporanei vogliono far credere?10 Lo stesso vale per le numerose variazioni a questa
interpretazione proposte da altri studiosi, che individuano nel numero altri imperatori fino
all’epoca di Giovanni.11 Come mai Ireneo non tenta l’applicazione del metodo gematrico al
loro nome? In altre parole, come mai le comunità cristiane dell’Asia minore,
contemporanee di Giovanni o di poco successive, non conoscevano l’identificazione del
numero 666 con la figura dell’imperatore Nerone o di qualche altro imperatore, pur
avendo avuto l’opportunità di parlare a Giovanni faccia a faccia? La risposta è semplice:
quella persona non corrispondeva ad alcun imperatore romano. Non era un imperatore
romano la persona che Giovanni identificava col numero 666.
Un secondo esempio di travisamento del significato di Apocalisse 13 ci è offerto
dall’interpretazione della bestia marina e della sua testa ferita a morte e risanata. Fra gli
esegeti moderni è diffusa la teoria secondo la quale la bestia rappresenterebbe l'Impero
Romano, le sette teste sarebbero sette imperatori (anche se l’elenco varia da esegeta a
esegeta) e la testa ferita a morte sarebbe Nerone, mentre quella guarita sarebbe il Nerone
redivivo, incarnato in un altro imperatore o comunque un’altra persona.12
L’interpretazione prende spunto da una nota leggenda circolante a Roma nel I secolo.
Vittima di una congiura, Nerone si era tolto la vita tagliandosi la gola nell’anno 68. Le
circostanze della sua morte diedero origine alla storia che Nerone non fosse morto, ma
avesse raggiunto il regno dei Parti, pronto a tornare per vendicarsi e distruggere Roma. Se
Giovanni avesse fatto riferimento a questa leggenda, rimane incomprensibile la ragione per
la quale Ireneo non l’abbia menzionata dopo aver citato il passo dell’Apocalisse.13 Ireneo
non conosceva il significato delle sette teste della bestia e l’identificazione della testa ferita

10 Per la lista degli studiosi si rimanda a Giancarlo Biguzzi, Apocalisse, cit., p. 266 nota 93
11 Ibidem, nota 92
12 Così ad esempio Richard Bauckham, The Climax of prophecy, T & T Clark, Edimburgo 2005, pp. 431-441
13 Adversus haereses V 28,2

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e risanata con la storiella del Nero redivivus? Strano per un uomo che aveva avuto rapporti
con le più alte cariche gerarchiche cristiane delle città menzionate nell’Apocalisse, quelle
stesse che avevano conosciuto di persona Giovanni. Più in generale, com’è possibile che
Ireneo non sapesse che il XIII capitolo descriveva in forma simbolica avvenimenti della
storia imperiale di Roma del I secolo, in particolare gli eventi riguardanti Nerone? La
risposta più sensata è anche la più banale: Giovanni non faceva assolutamente riferimento
a Nerone né ad alcun altro evento storico-politico della sua epoca. Il XIII capitolo narra
solo avvenimenti futuri e perciò sconosciuti a Giovanni. Giovanni non conosceva il
significato di tutti simboli dell’Apocalisse, certamente non di quelli contenuti nel XIII
capitolo. A chi gli domandava il loro significato, Giovanni avrà risposto: «il disvelamento
del significato del simbolo appartiene al futuro». Per questo Ireneo, pur tentando
un’interpretazione del numero 666, spiega a chiare note che sarà bene «attendere il
compimento della profezia».14

Adversus haereses V 30, 3. Per il significato del XIII capitolo dell’Apocalisse rimando al mio libro: Renato
14

Ammannati, Rivelazione e storia. Ermeneutica dell'Apocalisse, Transeuropa, Massa 2010.


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