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Ugo Fabietti
senso cio non metaforico) significa mettere a contatto una cosa con
il sacro, renderla sacra.
Sul significato della parola sacer
Il cristianesimo ha finito per identificare la dimensione della
sacralit con quella della santit, ma nel mondo latino, da cui
provengono i termini sacro e santo, (sacer e sanctus), non era cos.
Emile Benveniste2 ci ha spiegato il significato di queste due parole
che solo in circostanze speciali potevano trovarsi riunite per
indicare la medesima cosa. Sacer attributo divino ma anche
ambiguo. Significa infatti consacrato agli di, ma anche caricato di
una contaminazione incancellabile, augusta e maledetta degna di
venerazione e suscitante orrore. Nellantica Roma homo sacer era il
condannato a morte che, come tale, era portatore di una vera e
propria contaminazione. Esso era separato dalla societ degli
uomini, era altro. Come tale era consacrato agli di nel senso
che aspettava soltanto di essere tolto dalla fera terrena.
Benveniste dice anche che i termini che definiscono luniverso
religioso latino sembrano formare delle coppie. In latino abbiamo
infatti, oltre a sacer, il termine sanctus.
Questultimo, che col cristianesimo ha subito, come dicevamo, una
identificazione con sacro, designava in origine ci che proibito
da una pena (sanctio, sanzione). Leges sanctae: leggi inviolabili.
Sancire vuole dire infatti anche per noi circoscrivere il campo di
applicazione di una disposizione e metterla sotto la protezione di
una legge, una volta magari di un dio, invocando sul trasgressore la
punizione divina. E ci che dipende da un interdetto imposto dagli
esseri umani, quindi potrebbe essere assimilato per molti aspetti al
tabu polinesiano3.
E. Benveniste, Vocabolario delle istituzioni indoeuropee, Einaudi, Torino 1969.
Sebbene con le dovute differenze. Nellarea polinesiana tabu (tapu) pu essere una
proibizione che nasce da un atto formale di un capo, persona sacra lui stesso, secondo la
concezione latina del sacer. Gli veniva attribuito infatti un potere (mana) ambiguo e pericoloso.
Il capo polinesiano era tabu lui stesso. La nozione polinesiana di tabu sembra esprimere,
entrambi i significati di sacer e di sanctus, ma non nel senso in cui questi due termini si trovano
riuniti nella visione cristiana, bens come una parola in grado di indicare il sacer e il sanctus
cos come erano intesi dai latini (pericoloso, ambiguo potente il sacer; vietato, off limits, il
sanctus). Lo stesso Benveniste avanza lipotesi che la coppia sacer-sanctus possa essere derivata
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Sancta, nel mondo latino, sono le cose che non sono n sacre n
profane ma che sono confermate da una certa sanzione . Ci che
sottoposto a sanzione sanctus anche se non consacrato agli di
(cio non sacer di per s).
2. Tylor: il sacrificio come dono
Dovendo fissare un punto di partenza per la nostra trattazione del
sacrificio abbiamo deciso di riferirci a E. B. Tylor che, nel suo
Primitive Culture del 1871, dedica largo spazio alla comparsa del
pensiero religioso e, allinterno di questo, si sofferma abbastanza a
lungo sul tema del sacrificio.
In Primitive culture del 1871 Tylor definisce la religione come la
credenza negli spiriti soprannaturali. Si tratta dunque di stabilirne
lorigine, e naturalmente levoluzione che, nel tempo, ha portato il
selvaggio a farsi prima sacerdote e poi filosofo, dove per
questultimo la credenza negli esseri soprannaturali
definitivamente sostituita da una fede nelle possibilit che gli umani
hanno di trascendersi e di elevarsi al di sopra delle superstizioni.
Il ragionamento di Tylor, che si muove nel clima culturale
dellevoluzionismo britannico, pu essere sinteticamente espresso
in questo modo. Gli esseri umani sanno di avere un corpo vivo. Ma
il corpo muore, la vita lo abbandona. Al tempo stesso, nei sogni, gli
esseri umani hanno limpressione che esista un loro doppio, il quale
lascia il corpo temporaneamente per farvi ritorno con la ripresa
dello stato di veglia. Cos questo doppio che si distacca dal corpo, e
dove va la vita quando il corpo muore? Esso sopravvive allessere
umano perch nei sogni non soltanto il proprio doppio che
appare, ma anche quello dei defunti (Tylor lo chiama il fantasma). E
qui che, secondo Tylor, nasce la credenza negli esseri
soprannaturali: il fantasma del morto e il doppio del vivente sono
alla base di ci che noi chiamiamo anima, soffio vitale, pneuma
(greco), ruh (arabo) ecc. e che deve essere stata alla base della prima
credenza negli esseri sovrannaturali. Lanimismo quindi il nome
da una nozione a doppia faccia: positiva (perch caricata da presenza divina) e negativa
(perch vietata agli uomini).
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esseri soprannaturali, per cui i riti sono molto spesso dei tentativi di
controllarne la manifestazione. Tipico il caso della danza della
pioggia, interpretata a lungo come un tentativo maldestro, perch
illusorio, di manipolare la natura; o anche della preghiera con cui ci
si rivolge alla divinit per ottener e da essa dei favori.
Anche il sacrifico pertanto, in questa prospettiva, diventa un dono
fatto agli esseri soprannaturali: un atto rituale cio mirante ad
ingraziarsi quelle forze che gli umani credono essere allorigine del
mondo e della vita.
In Primitive Culture (pp. 395-410) Taylor espone una teoria del
sacrificio che prevede unevoluzione del rito in tre fasi: dono in senso
stretto, omaggio e abnegazione.
Sacrifice has its apparent origin in the same early period of culture and its
place in the same animistic scheme as prayer, with which through so long a
range of history it has been carried on in the closest connexion. As prayer is a
request made to a deity as if he were a man, so sacrifice is a gift made to a deity
as if he were a man.
The suppliant who bows before his chief, laying a gift at his feet and making
his humble petition, displays the anthropomorphic model and origin at once of
sacrifice and prayer. But sacrifice, though in its early stages as intelligible as
prayer is in early and late stages alike, has passed in the course of religious
history into transformed conditions, not only of the rite itself but of the
intention with which the worshipper performs it. And theologians, having
particularly turned their attention to the rite as it appears in the higher
religions, have been apt to gloss over with mysticism ceremonies which, when
traced ethnographically up from their savage forms, seem open to simply
rational interpretation..
In now attempting to classify sacrifice in its course through the religions of the
world, it seems a satisfactory plan to group the evidence as far as may be
according to the manner in which the offering is given by the worshipper, and
received by the deity. At the same time, the examples may be so arranged as to
bring into view the principal lines along which the rite has undergone
alteration. The ruder conception that the deity takes and values the offering for
itself, gives place on the one hand to the idea of mere homage expressed by a
gift, and on the other to the negative view that the virtue lies in the worshipper
depriving himself of something prized. These ideas may be broadly
distinguished as the gift-theory, the homage-theory, and the abnegation-theory.
Along all three the usual ritualistic change may be traced, from practical reality
to formal ceremony. The originally valuable offering is compromised for a
E.B. Tylor, Primitive Culture, London 1871. Gordon Press, N. Y. 1977, vol. II, pp. 375-376.
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the common man's present to the great man, to gain good or avert evil, to ask
aid or to condone offence, needs only substitution of deity for chief, and proper
adaptation of the means of conveying the gift to him, to produce a logical
doctrine of sacrificial rites, in great measure explaining their purpose directly
as they stand, and elsewhere suggesting what was the original meaning which
has passed into changed shape in the course of ages.
It will be noticed that offerings to divinities may be classed in the same way as
earthly gifts. The occasional gift made to meet some present emergency, the
periodical tribute brought by subject to lord, the royalty paid to secure
possession or protection of acquired wealth, all these have their evident and
well-marked analogues in the sacrificial systems of the world
We do not find it easy to analyse the impression which a gift makes on our own
feelings, and to separate the actual value of the object from the sense of
gratification in the giver's good-will or respect, and thus we may well scruple
to define closely how uncultured men work out this very same distinction in
their dealings with their deities. In a general way it may be held that the idea of
practical acceptableness of the food or valuables presented to the deity, begins
early to shade into the sentiment of divine gratification or propitiation by a
reverent offering, though in itself of not much account to so mighty a divine
personage. These two stages of the sacrificial idea may be fairly contrasted, the
one among the Karen9 who offer to a demon arrack or grain or a portion of the
game they kill, considering invocation of no avail without a gift,' the other
among the negroes of Sierra Leone, who sacrifice an ox " to make God glad
very much, and do Kroomen good." 10
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Tylor sembra comunque far capire che ogni fase del sacrificio porta
con s aspetti della fase precedente, aspetti che, nella prospettiva di
questo autore, dovrebbero costituire delle sopravvivenze,
sebbene esse mantengano pur sempre una loro funzionalit anche
in epoche successive della storia umana.
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Questa idea della divinit come nume tutelare del gruppo era gi presente negli studi dello
storico francese N. D. Fustel de Coulanges (1830-1889). Ne la La cit antique del 1864, uno studio
comparato sullorigine delle istituzioni politico-religiose di Atene e di Roma, Fustel de
Coulanges sostenne che la societ era allinizio fondata su basi teocratiche. La discendenza
comune e la co-territorialit, sebbene elementi fondamentali nella costituzione della comunit
politica (la citt), erano tuttavia secondarie rispetto al culto comune delle divinit tutelari. Gli
stessi legami parentali, primo vincolo politico tra gli esseri umani, erano ci che consentiva di
assicurare la continuit del culto domestico, ed erano pertanto secondari (bench funzionali)
rispetto a questultimo. Si era parenti innanzitutto perch si tributava un culto ad un
antenato comune. Tali idee, unitamente a quelle di Smith sul sacrificio, sarebbero confluite poi
ne Le forme elementari della vita religiosa di mile Durkheim. In questo libro del 1912, fondato in
larga misura sulletnografia allora disponibile, Durkheim present la sua teoria del culto del
totem come celebrazione dellunit del clan e forma aurorale di religione, facendo del rapporto
tra il totem e il clan il punto di partenza della sua visione dei rapporti tra societ e religione.
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in cui latto di culto cementa il legame tra lui e il suo dio, tale atto cementa
anche il legame tra lui e i suoi fratelli in una fede comune.
Abbiamo cos raggiunto un punto della nostra discussione a partire dal quale
possibile tentare una stima generale del valore etico del tipo di religione che
stato descritto. Il potere della religione sulla vita duplice: da un lato tale
potere consiste nella associazione di essa con particolari norme di condotta a
cui assegna delle sanzioni sovrannaturali; ma soprattutto tale potere consiste
nel determinare il tono generale e la tempra delle menti degli individui, che in
tal modo vengono spronate al coraggio e a pi alti ideali, e le eleva al di sopra
della brutale servit nei confronti dei istinti fisici insegnando agli uomini che la
loro vita e la loro felicit non sono il semplice trastullo delle cieche forze della
natura, ma che un potere pi alto li sorveglia e si prende cura di loro. In quanto
fonte ispiratrice di comportamento, questa influenza pi potente della paura
nelle sanzioni sovrannaturali, dal momento che funge da stimolo, mentre
questultima semplicemente regolativa15.
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cement is nothing else than the actual life of the sacred and kindred animal, which
is conceived as residing in its flesh, but especially in its blood, and so, in the sacred
meal, is actually distributed among all the participants, each of whom
incorporates a particle of it with his own individual life.
The notion that, by eating the flesh, or particularly by drinking the blood, of another
living being, a man absorbs its nature or life into his own, is one which appears
among primitive peoples in many forms [] 17
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Hubert, H. e Mauss, M. Saggio sulla natura e funzione del sacrificio, Morcelliana, Brescia 2002.
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Durkheim, ne Le forme elementari della vita religiosa (1912) definir addirittura il sacro come
linsieme delle cose separate, intedette, le quali sono oggetto di credenze e di pratiche
collettive (di qui la celebre definizione di religione come sistema solidale di credenze e di
pratiche relative a cosa sacre, cio separate, interdette, le quali uniscono in ununica comunit
morale, chiamata Chiesa (nel senso di ecclesia, comunit) tutti quelli che vi aderiscono (p.97).
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Hubert H. e Mauss M. Lorigine dei poteri magici e altri saggi di sociologia religiosa, Newton
Compton, Roma 1977, p. 19 (ed. or 1906).
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Questo tema della continuit della vita nonostante la morte si ricollega a quello della morte
come condizione per poter pensare la vita e la rinascita, un tema che, come vedremo pi avanti,
tutte le religioni elaborano indistintamente ancorch in forme anche molto diverse tra loro.
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Ma, come il sacrificio del dio non esce dalla sfera immaginaria della religione,
cos si potrebbe credere che l'intero sistema sia soltanto un gioco di immagini.
Le potenze alle quali il fedele si rivolge e per le quali sacrifica i suoi beni pi
preziosi sembrano essere nulla di positivo. Coloro che non credono vedono in
questi riti soltanto vane e costose illusioni e si stupiscono che l'intera umanit si
sia accanita a dissipare le proprie forze per fantomatiche divinit.(pp. 88-90)
dai suoi di, quel carattere buono, forte, grave e terribile, che uno dei tratti
essenziali di qualsiasi personalit sociale. - Da un'altra parte, in questo stesso
atto, gli individui trovano la loro convenienza: essi conferiscono a s e alle cose,
delle quali vivono abitualmente, la forza sociale tutta intera. Essi rivestono di
una autorit sociale i loro voti, i loro giuramenti, i loro matrimoni. Circondano
di un alone di santit che li protegge i campi che hanno lavorato, le case che
hanno costruito. Nello stesso tempo, essi ritrovano nel sacrificio il modo di
ricomporre gli equilibri rotti; mediante l'espiazione, si riscattano dalla
maledizione sociale, conseguenza della colpa, e rientrano nella comunit; con la
spartizione che compiono delle
cose delle quali la societ si riservata l'uso, essi ne acquisiscono il diritto di
godimento. La norma sociale viene cos mantenuta senza pericolo per gli
individui, senza diminuzione per il gruppo. In tal modo assolta la funzione
sociale del sacrificio, tanto per i singoli, quanto per lintera collettivit. E poich
la societ composta non soltanto di uomini bens di cose e di avvenimenti,
facile intuire come il sacrificio possa seguire e riprodurre contemporaneamente
il ritmo della vita umana e quello della natura; come abbia potuto divenire
periodico secondo le scadenze dei fenomeni naturali, occasionale come i
bisogni momentanei degli uomini, e come infine abbia potuto adattarsi a mille
funzioni.
Si del resto potuto constatare, cammin facendo, quante credenze, quante
pratiche sociali, che non sono propriamente religiose, si trovano in relazione
con il sacrificio. Si parlato via via del contratto, del riscatto, della pena, del
dono, dell'abnegazione, delle concezioni relative all'anima e all'immortalit che
sono elementi che stanno ancora alla base della morale comune. Questo sta a
significare quale importanza ha per la sociologia la nozione di sacrificio.
Ovviamente, in questo lavoro, non ci eravamo proposti di seguire la nozione
del sacrificio nel suo sviluppo e attraverso le sue molteplici ramificazioni:
l'obiettivo che ci siamo prefissi era semplicemente di cercare di costituirla, di
darle un fondamento (pp. 90-91).
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Gi ai primi del Novecento era stato fatto osservare per esempio come Robertson-Smith,
parlando del sacrificio di comunione fosse influenzato dal rito dellEucarestia.
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Oggi, col distacco reso possibile dalle analisi raccolte in questo volume, ci pare
importante rilevare che la nozione di "sacrificio" una categoria del pensiero di
ieri, altrettanto arbitraria quanto quella di "totemismo", denunciata di recente
da Lvi-Strauss: una categoria costruita in modo artificiale per mettere insieme
elementi di diversa provenienza etnologica, e che ben dimostra l'egemonia
sotterranea esercitata dalla visione cristiana su storici e sociologi convinti
d'inventare una nuova scienza (p. 26).
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insegnandogli la gioia di agire in armonia con gli altri, secondo una legge
impersonale comune a tutti";" la missione del socialismo di far risorgere una
nuova solidariet morale tra gli uomini. (pp. 22-25).
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che lega il totem alle unit sociali e oscura i processi di oggettificazione e di feticizzazione
attraverso cui animali, vegetali, o minerali, diventano totem (1994:102).
34 La nozione di somiglianza di famiglia coniata da Wittgenstein potrebbe essere illustrata
nella maniera seguente. Prendiamo il caso di tre rituali sacrificali (A, B, C) al cui interno
compaiono la dimensione dellofferta (p), del dono (q), della comunione con la divinit (r) e
della comunione tra i fedeli (s). I tratti non sono mai presenti contemporaneamente in nessuno
dei tre sacrifici. Cos:
A p q
B
q r
C
r s
A non ha nessuna delle caratteristiche di C, per ha qualcosa in comune con B che a sua volta
ha qualcosa in comune con C. A e C appartengono, secondo la teoria delle somiglianze di
famiglia di Wittgenstein, alla stessa famiglia. E quindi sono legittimamente definibili come
sacrifici.
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Derrida, J. Donare la morte, Jaca Book, Milano 2002 , Donare il tempo, Cortina, Milano, 1996.
Caill, A. Il terzo paradigma. Antropologia filosofica del dono, Bollati, Torino 1998 (1994).
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L'evoluzione era naturale. Uno dei primi gruppi di esseri, con cui gli uomini
hanno dovuto contrattare e che, per definizione, aveva proprio questa
funzione, era costituito, prima di tutto, dagli spiriti dei morti e dagli dei. Infatti,
sono loro i veri proprietari delle cose e dei beni del mondo e con loro, perci,
era pi necessario operare degli scambi e pi pericoloso non farli.
Inversamente, proprio con loro era pi facile e pi sicuro effettuare degli
scambi. Lo scopo preciso della distruzione sacrificale quello di essere una
donazione che va necessariamente ricambiata. Tutte le forme di potlc del
Nord-ovest americano e del Nord-est asiatico conoscono il tema della
distruzione'. Si uccidono schiavi, si bruciano oli preziosi, si buttano oggetti di
rame in mare, si applica il fuoco a case principesche, non solo per date una
manifestazione di potenza, di ricchezza e di disinteresse, ma anche per
sacrificare agli spiriti e agli dei, confusi in realt con le loro incarnazioni
viventi, i portatori dei loro titoli, i loro alleati iniziati.
Ma appare gi un altro tema, che non ha pi bisogno di questo sostegno umano
e che pu essere antico come lo stesso potlc: tale tema si identifica con la
credenza che sia necessario acquistare dagli dei e che gli dei siano in grado di
pagare il prezzo degli oggetti. Forse in nessun luogo, una simile idea si esprime
in maniera pi tipica che presso i Toradja delle Clbes. Kruyt ci dice che il
proprietario deve " acquistare " dagli spiriti il diritto di compiere certi atti sulla
" sua ", in realt sulla " loro" propriet . Prima di tagliare il proprio bosco,
prima perfino di raschiare la propria terra, prima di piantare il palo della
propria casa, bisogna pagare gli dei. Cos, mentre la nozione di acquisto
appare assai poco sviluppata tra le consuetudini civili e commerciali dei
Toradja, quella di acquisto dagli spiriti e dagli dei , al contrario, costante (pp.
26-27).
altrove Lvi-Strauss allude a quei principi inconsci che, a suo parere, sarebbero alla base del
principio di reciprocit (le strutture mentali inconsce).
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Ravera, M., Joseph De Maistre pensatore dellorigine, Mursia, Milano 1986, p. 100.
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devastatrici nate dai delitti commessi dai padri. La guerra dunque divina in
se stessa, poich una legge del mondo (SSP pp. 398-99).
Non adotto di certo l'empio assioma: Il timore, nel mondo, origin gli dei.
Mi piace notare invece che gli uomini, dando a Dio nomi che esprimono la
grandezza, il potere e la bont, chiamandolo Signore, Maestro, Padre
ecc., hanno sufficientemente dimostrato che l'idea della divinit non pu essere
figlia del timore. Possiamo osservare inoltre che la musica, la poesia e la danza,
in una parola tutte le arti piacevoli, erano chiamate a contribuire alle cerimonie
del culto; e che l'idea d'allegria si fuse sempre cos intimamente a quella di
festa, che quest'ultima parola divenne ovunque sinonimo della prima.
Lungi da me, d'altronde, credere che l'idea di Dio sia sorta in un certo momento
per il genere umano, cio che possa essere meno antica dell'uomo.
Bisogna tuttavia riconoscere, una volta salvaguardata l'ortodossia, che la storia
ci mostra in ogni epoca l'uomo consapevole di questa terribile verit: egli vive
sotto la mano d'una potenza sdegnata, e questa potenza pu essere appagata solo con
sacrifici.
Non certo facile, a prima vista, conciliare idee in apparenza cos
contraddittorie; ma, se riflettiamo attentamente, comprendiamo benissimo
come si conciliano, e perch il sentimento del terrore sia sempre esistito accanto
a quello della gioia, senza che luno abbia potuto mai annientare l'altro.
Gli dei sono buoni, e dobbiamo loro tutti i beni di cui godiamo: dobbiamo loro
la lode e l'azione di grazia. Ma gli dei sono giusti, e noi siamo colpevoli:
bisogna placarli, bisogna espiare i nostri crimini; e, per riuscirci, il mezzo pi
potente il sacrificio (CSS p. 5).
in maniera meno esplicita: le nostre madri ci hanno concepiti nel peccato; giacch
non c' dogma cristiano che non abbia la radice nellintima natura e in una
tradizione antica quanto il genere umano (CSS p. 6).
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De Maistre cerca nei Padri della Chiesa la conferma delle sue idee.
Le trova in Origene:
Dobbiamo ascoltare soprattutto Origene, su questo interessante argomento,
sul quale aveva meditato molto. La sua ben nota opinione era che: il sangue
sparso sul Calvario non era stato utile soltanto agli uomini, ma anche agli
angeli, agli astri, e a tutti li esseri creati; cosa che non apparir sorprendente a
chi si ricorder che San Paolo ha detto che Dio ha voluto riconciliare ogni cosa
per mezzo di colui che il principio della vita, e il primogenito fra i morti,
poich ha pacificato col sangue che ha sparso sulla croce sia colui che sta in
terra sia colui che sta in cielo (CSS p. 36).
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Bataille partecip attivamente al Collge de sociologie che, negli anni trenta, cerc di
riportare il discorso etnosoiologico della scuola durkheimiana a confrontarsi con la dimensione
del sacro inteso non come religioso nel senso classico del termine, ma come qualcosa di
intoccabile e indicibile nella stessa vita quotidiana.
51 La dpense (1933), in Bataille, G. La parte maledetta, Bollati Boringhieri, Torino 1992.
52 Si ricordi linterpretazione di Geertz della lotta teatralizzata tra Rangda e Barong: una messa
in scena dellorripilante e del comico (La religione ecc.).
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Le odierne manifestazioni del terrorismo suicida sono molteplici. Un caso dei pi rilevanti
quello dei Tamil induisti dello Sri Lanka (Natali 2004).
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Tra questi rientrano quanti hanno perseguito il loro scopo sino alla fine lasciando documenti
scritti, visivi e sonori sulla propria missione, coloro che hanno aspirato a compiere atti del
genere senza riuscirci e quanti li hanno assistiti nella loro impresa.
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Un cristiano del periodo tardo-antico poteva cio essere un martire in quanto imprigionato,
perseguitato, privato dei beni e della libert. Un musulmano shayd, martire, solo in quanto
morto.
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E noto che vi sono anche dei martiri ignoti, ma questo un fenomeno ex-post, cio
istituzionalizzato da unautorit che, in quanto guida di una comunit (lo stato, la nazione ecc.),
proietta su quei morti (sconosciuti) un potere attivo nella realizzazione della comunit stessa.
67 Mbembe, A. 2003, Necropolitics, Public Culture, 15 (1), pp. 11-40.
Per politiche della morte (Necropolitics) Mbembe intende, rovesciando (in senso
complementare) lespressione biopolitiche di M. Foucault, il potere e la capacit di dettare
chi pu vivere e chi pu morire come espressione ultima della sovranit nel mondo
contemporaneo (Mbembe 2003: 11).
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Lo schema di Bloch non pu essere trasferito tout court a qualunque situazione sacrificale.
Ma se lo applicassimo qui interamente, anche a puro scopo di esercizio, e volessimo identificare
la violenza fatta su colui che subisce la trasformazione da essere umano comune a martire,
questa violenza potrebbe essere identificata con quella che il soggetto, e la sua comunit,
avvertono come subita in quanto proveniente dallesterno e che si traduce in una immagine di
s come di oppressi.
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Aijmer, G. 2000, Introduction: The Idiom of Violence in Imagery and Discourse, in Aijmer,
G. e Abbink, J. (Eds.) Meanings of Violence, Berg, Oxford and New York, p. 8.
87 Kapferer, B.1997, The Feast of the Sorcerer. Practices of Consciousness and Power, Chicago
University Press, Chicago, p. 184
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