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Capitolo primo

La nuova politica

«Ogni rivoluzione crea nuove forme politiche, nuovi miti, nuovi riti»

Ad ogni cesura storica, le vecchie tradizioni devono essere adeguate alle nuove esigenze. Nel caso specifico
del fascismo, lo stile fascista fu il momento culminante di una nuova politica fondata sulla sovranità
popolare: il concetto, nato nel 18° secolo, con Rousseau trovò un sinonimo più preciso nella definizione di
volontà generale, una condizione che si realizza solo quando il popolo agisce come forza collettiva e si
manifesta la natura dell’uomo come cittadino.

La volontà generale diventa così una religione laica, ossia il culto del popolo per se stesso, con un proprio
sistema di leggi, miti, simboli, cerimonie (in definitiva, una liturgia). La follia incomposta del popolo
divenne un movimento di massa:

Nuova politica = Oggettivazione della volontà generale

• Durante il fascismo, fu proprio l’insieme di miti e culti a fornire al movimento una base solida attraverso cui
operare, ponendosi come alternativa alla democrazia parlamentare. Le tradizioni avviate dal fascismo
davano al popolo l’idea di partecipare attivamente alla vita pubblica e politica. Il pensiero politico
fascista si configurava più come un atteggiamento che come un sistema, caratterizzato da riti e liturgie che
costituivano la parte nucleare di una dottrina politica, molto più che la parola scritta. Neanche il Mein Kampf
divenne mai la Bibbia del movimento nazista, perché le idee in esso contenute erano già state tradotte in
forme liturgiche.

• In Germania, l’esaltazione della volontà generale ha inizio nel 19° secolo per due ordini di fattori: il sorgere
del nazionalismo - fondato sul Volk e sul suo schema di miti e riti - e l’apparire dei movimenti di massa che
richiedevano uno stile politico con l’obiettivo di trasformare la folla in una forza politica. Il partito
ufficiale di uno stato poteva agire da mediatore tra il capo e i suoi seguaci, ma furono le nuove istituzioni
della religione laica a fornire uno strumento di controllo sulle masse, trainate dalla cifra di verità che il
simbolismo nazionale della Germania era in grado di suscitare: i miti diventavano concreti per tramite di
simboli operanti, non relegati alla sola dimensione del linguaggio. In una visione romantica, i simboli
conferivano al popolo un’identità. Il nazionalismo, che in origine coincise con il romanticismo, fece dei
simboli l’essenza del nuovo stile politico e dei monumenti un mezzo di autoespressione nazionale. In
questa visione del mondo, l’aspetto artistico divenne essenziale e miti e simboli giocarono un ruolo
fondamentale nella dissimulazione e adulterazione del passato e nel tentativo di trasformare l’azione
politica in azione drammatica.

Estetica — i criteri estetici fissarono la forma e la struttura dei cerimoniali e dei monumenti nazionali:
«gli atti di devozione devono avvenire in un contesto bello», ecco la cifra drammatica della nuova
religione laica, contrariamente al nazionalismo ottocentesco che la rifiutò perché fuorviante dell’ordine e
della gerarchia. Il fatto artistico diventa fatto politico, e l’estetica della politica salda miti, simboli e
sentimenti delle masse.

Propaganda — termine usato impropriamente, in riferimento alla campagna condotta dai diversi
movimenti ideologici, perché denota un carattere artificioso in contrasto con la loro natura religiosa. La
popolarità della letteratura e dell’arte naziste non rese necessario il doverle validare tramite un’azione
terroristica e manipolatoria della coscienza popolare.

Azione inconscia delle folle — acquisire identità nell’interdipendenza con le altre particelle in un
universo ordinato.
Punti principali della Storia tedesca:

• I periodo, 1813 — 1871


Dalle «guerre di liberazione» contro Napoleone all’Unità tedesca.

Nei primi anni del 19° secolo il governo tedesco appariva frammentato. Il Congresso di Vienna (1815) aveva
creato una Confederazione di 39 stati, così i sistemi di governo imposti dalla sua diffidenza nei confronti del
nazionalismo fornirono alla nuova politica una base per la lotta: democrazia e nazionalismo contro le
istituzioni.

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• II periodo, Secondo Reich, 1871 - 1914


Periodo di crisi per la nuova politica. Il “cancelliere di ferro” Bismarck creò il Reich secondo la sua
visione della Realpolitik, in cui si esaltava il potere dello stato a svantaggio dell’unità spirituale. Il
conservatorismo di Bismarck non arginò le divisioni sociali.

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• III periodo, Terzo Reich


La repubblica tedesca diede impulso alla nuova politica, e il 1918 sancì l’inizio della vera età della politica
di massa, affermata come manifestazione del fermento rivoluzionario e necessità politica.

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• IV periodo, il trionfo del nazionalsocialismo, 1933


Decade il governo parlamentare, ma si conservano le tecniche della politica di massa

Capitolo secondo

L’estetica della politica

Fu in ragione di uno snobismo letterario (snobisme du absolu — termine coniato da uno scrittore
francese per descrivere quello snobismo letterario/intellettuale alla ricerca di eroi da idolatrare — a far
convergere molti nelle braccia del fascismo. Divenne l’elemento basilare della nuova politica, poiché il
culto per i miti ricchi di significato si fondava sulla certezza della loro eccezionalità. Gli adepti del fascismo
si spingevano fuori dall’ordinarietà della vita quotidiana, nella partecipazione ad una religione laica della
politica che culminava nella comunione di uomini e natura in occasione di cerimonie private e pubbliche.
Le festività tramite i simboli portava alla luce il mondo della totalità, della coesione e della bellezza, l’
elemento unificatore della società secondo Schiller: un assoluto atemporale, punto di convergenza di
atteggiamenti umani divergenti. Il tentativo che aprì il XIX secolo fu quello di creare un’estetica del bello,
eliminando l’accidentale per dare all’uomo la consapevolezza di un’esistenza superiore. Vischer, nei volumi
redatti tra il 1846 e il 1857, ipotizzò una transizione verso la bellezza in due fasi:

• La fantasia dell’uomo
• L’anima dell’uomo

La bellezza è un modo di guardare alle cose e alla vita che porta


alla luce l’idea assoluta, vero fondamento dell’esistenza.
La bellezza, secondo Vischer, si rifugiava nel cuore degli uomini come antidoto al caos borghese del
presente, pronta a venir fuori solo mediante i simboli: l’anima umana avvertiva l’urgenza di trasformare il
mondo pervadendolo di una bellezza oltre la razionalità per consentire all’uomo di sentirsi a casa nel
mondo. I sei volumi furono di ispirazione per la letteratura popolare della seconda metà del secolo: nella
visione di Marlitt, la bellezza dava uno scopo alla vita, faceva dell’anima un’entità sensibile proiettata
all’ordine e all’armonia e, in virtù della sua funzione rigeneratrice, si legava strettamente all’arte.
Il concetto del bello arrivava dall’antica Grecia: Winckelmann affermava che la bellezza fosse presente
nelle proporzioni quanto nell’interezza, nell’unità che collega in tutto i singoli dettagli, e si manifestasse in
tre funzioni principali:

• esaltazione di ordine e armonia


• esaltazione del “tipo ideale” di umanità
• esaltazione della perfezione della forma (secondo i canoni greci di nobile semplicità e serena grandezza)

Dal XVIII secolo la bellezza si espresse attraverso uno stereotipo che si sarebbe concretizzato nel “tipo
ariano” esaltato dai nazisti. Furono inventati strumenti atti a misurare le esatte proporzioni del volto umano
e classificare, sulla base dei risultati, il valore degli uomini (classificazione in specie umane): la forma
ideale era quella statuaria greca, ai vertici della scala dell’umanità, mentre i cosiddetti “negri” furono relegati
ad anello di congiunzione tra uomo e bestia. Nacque su questa tendenza una forma prototipica di eugenetica
razziale, volta a frenare qualsiasi contaminazione tra razze. Il simbolismo, nella visione di Gustav Carus,
stabilì un nuovo modello ideale dell’uomo germanico: alto, biondo, dagli occhi azzurri e con l’incarnato
chiaro, elementi che riflettevano la forza vivificante del sole stesso.

L’ideale della bellezza si diffuse anche tramite importanti gruppi sociali e politici, e nel messaggio veicolato
da monumenti nazionali eretti in quel periodo. La nazione dimostrò la volontà di mantenersi unita
attraverso templi e dipinti ispirati all’antica Grecia, autorappresentazioni della nazione tedesca che
dimostravano l’ascendente della Grecia sulla Germania. Nella costruzione dei monumenti nazionali, tuttavia,
la visione originaria di Winckelmann subì un importante mutamento: nella traduzione in pietra del
sentimento nazionale proposta dagli architetti, il classico si fuse con il monumentale, a supporto della
necessità di esaltare la grandeur nazionale: in primo piano, il carattere eterno della germanicità,
condensato in monumenti visibili da grandi distanze che dominavano l’ambiente circostante (influenze:
romana, piramidi egizie).
Il monumentale, da momentum (ispirazione all’azione, movimenti di massa), riuscì a risolvere un’esigenza
pratica: accogliere il popolo in ampi spazi durante cerimonie pubbliche (Kultraum, spazio del culto volto
ad innalzare l’uomo oltre la routine). La nuova religione laica del Volk (popolo) fuse insieme elementi
romantici e classici, una sintesi profonda atta ad esaltare il carattere più intimo della nazione: i romantici
condivisero, oltre all’evoluzione del classicismo verso il monumentale, anche la tendenza alla
sublimazione degli effetti della natura e all’amore dello straordinario. Sono un esempio le Torri di
Bismark, costruite a cavallo tra 19° e 20° secolo, a glorificazione del Cancelliere che aveva conseguito
l’unità tedesca, o il crescente entusiasmo per i modelli egiziani, alle cui piramidi era affidato il compito di
rappresentare il misterioso, il sacro, il magniloquente.

I monumenti nazionali chiarificano l’unione tra il concetto di bellezza e nuova politica. Ma non si
devono dimenticare gli altri simboli:

• fiamma sacra: simbolismo risalente a tempi remoti, quando con fuoco e fiamme si combattevano i demoni
in ripresa dell’idea che la fiamma collegasse terra e cielo (origini cosmiche e divine della fiamma).
Nell’uso cristiano, il fuoco simboleggiava per molti interpreti della Bibbia l’amore di Dio o lo Spirito
Santo. Nella simbologia germanica, la fiamma sacra assunse un’intonazione religiosa romantica,
ponendosi al centro del rito nazionale nella pretesa di sostituirsi all’altare cristiano nell’affermazione di
una religione laica. Simboleggiava la rinascita, la vittoria della luca sulle tenebre, la purificazione.
• simbolo della quercia germanica: utilizzato per la causa dell’autorappresentazione nazionale
• bandiera: uno tra i più antichi simboli politici, durante l’alto medioevo si instaurò uno specifico rapporto
tra croce e bandiera, e quando divenne simbolo più nazionale che dinastico, colori e forma assunsero un
significato decisivo (nero-rosso-oro, simbolo del Reich)

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