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ROMANTICISMO - ITALIANO

Origini del Romanticismo e contesto storico


All’inizio dell’Ottocento gli eserciti di Napoleone entrarono da
invasori in molti Paesi europei, portandovi, però, nello stesso
tempo, gli ideali di libertà e indipendenza che avevano animato il
primo periodo della Rivoluzione Francese.

Dopo la definitiva sconfitta di Napoleone nella Battaglia di


Waterloo (1815) le potenze vincitrici (Austria, Russia, Prussia e
Inghilterra) si riunirono nel Congresso di Vienna con due obiettivi:

• ripristinare la situazione politica precedente la Rivoluzione


Francese, creando così una situazione di equilibrio territoriale
tra i vari Stati;

• soffocare gli ideali rivoluzionari diffusi in tutta Europa.

Tuttavia, nonostante la Restaurazione imposta dal Congresso di


Vienna, tra il 1820 e il 1848 in quasi tutta Europa esplosero moti di
varia natura:

• in alcuni casi i rivoluzionari chiedevano ai monarchi il


riconoscimento, attraverso una carta costituzionale, di
maggiori libertà e diritti per i sudditi;

• in altri casi, le richieste di maggiore libertà si univano a quelle


di giustizia sociale e di maggiore rappresentanza politica
anche per le classi più povere;

• infine, nei Paesi ancora sottomessi a potenze straniere, come


l’Italia, l’obiettivo era l’indipendenza nazionale.

Romanticismo definizione
Il sostantivo italiano romanticismo deriva dal tedesco. Infatti in
Germania Friedrich Schlegel, già nel 1798 fissò l’uso del termine
Romantik per distinguere la poesia inquieta, drammatica, propria
dei moderni, da quella armoniosa e composta, propria degli
antichi.

Dalla Germania, il Romanticismo si diffuse nei primi vent’anni


dell’Ottocento in Inghilterra con il termine Romanticism, in
Francia con Romantisme e in Italia con Romanticismo,
influenzando la cultura e le arti del periodo.

Il Romanticismo in letteratura
In Italia la formazione del movimento romantico fu stimolata da un
articolo di Madame de Staël (Sulla maniera e l’utilità delle
traduzioni, 1815), in cui si invitavano gli italiani ad aprirsi alle
correnti più vive della letteratura europea.

Intellettuali come Giovanni Berchet, Pietro Borsieri, Silvio Pellico


accolsero con favore le tesi dell’articolo e nel 1818 diedero vita a
un giornale, “Il Conciliatore”, che si propose di diffondere le nuove
idee letterarie e di stimolare il progresso civile dell’Italia.

Dal programma del giornale, steso da Pietro Borsieri, e dalla


Lettera semiseria di Grisostomo al suo figliolo (1815) di Giovanni
Berchet, principale manifesto del Romanticismo italiano,
emerse l’esigenza di una cultura moderna, che si rivolgesse ai ceti
medi (il «popolo») utilizzando una lingua più semplice e colloquiale
di quella tradizionale e che concorresse al progresso civile e
morale concentrandosi sul “vero”.

• in campo politico, vi si opposero i dominatori austriaci (e Il


Conciliatore dovette cessare le sue pubblicazioni), perché i
romantici erano anche patrioti, cioè persone che si
proponevano come obiettivo l’indipendenza dell’Italia;

• in campo letterario, contro i romantici si schierarono i


“classicisti”, i quali sostenevano che:

1. la vera arte poteva essere solo imitazione della perfezione


raggiunta in età greca e latina;

2. la lingua utilizzata degli scrittori e dai poeti doveva essere


sempre ispirata ai modelli trecenteschi e alle regole
dell’Accademia della Crusca.

Alla polemica tra classicisti e romantici parteciparono anche, in


modi diversi, tre autori molto importanti per la storia della
letteratura italiana:

• Ugo Foscolo, che pur ispirandosi all’arte classica introdusse


nel nostro Paese molte tematiche tipiche del Romanticismo;

• Giacomo Leopardi, che rinnovò profondamente la forme e i


contenuti della poesia italiana;

• Alessandro Manzoni, autore del romanzo storico I promessi


sposi, in cui oltre ad affrontare tematiche morali e civili, offrì
un modello di lingua italiana scritta moderna e comprensibile
anche ai ceti popolari.

Caratteri del Romanticismo


I caratteri principali del Romanticismo italiano furono:

• la rivalutazione della fantasia, della passione e del


sentimento; per i romantici infatti ogni uomo si distingueva
dagli altri proprio per la forza delle sue passioni. Il
Romanticismo fu quindi il periodo degli amori appassionati,
degli slanci patriottici, delle ribellioni al potere costituito: in
altre parole, del gesto eroico individuale come affermazione
di sé e della propria volontà;

• l’esaltazione dei concetti di patria e di nazione, intesi come


una comunità di persone, il popolo, unito da vincoli di lingua,
religione, tradizioni e valori condivisi da tutti. Lo scrittore
italiano Alessandro Manzoni scrisse che la patria doveva
essere «una d’arme, di lingua, d’altare, di memoria, di sangue
e di cor». Ne deriva la rivalutazione della Storia, intesa come
patrimonio delle tradizioni di un popolo e come riscoperta
delle “radici” della propria identità;

• l’esigenza di dare vita a un’arte popolare, legata alla storia e


ispirata alla realtà concreta della vita umana;

• la concezione della Storia come processo evolutivo, per cui


ogni epoca trova le sue radici in quella precedente: è per
questo motivo che gli intellettuali romantici rivalutarono il
Medioevo, considerandolo non più un periodo di ignoranza e
superstizione, come avevano fatto gli Illuministi ma, al
contrario, il momento in cui erano state poste le basi
dell’Europa moderna;

• la rivalutazione della religione cristiana come espressione del


sentimento religioso individuale e come radice culturale
comune a tutti i popoli europei.

Le differenze tra Romanticismo italiano e


Romanticismo europeo
Romanticismo italiano e Romanticismo europeo – Non si
trovano tra gli scrittori italiani quegli atteggiamenti di delusione, di
insofferenza violenta, di rivolta che caratterizzano tanti scrittori
europei.

Nei paesi stranieri lo scrittore romantico è essenzialmente


antiborghese, spesso in modo esasperato, e si rivolta contro la
stessa matrice da cui proviene.

Ciò può spiegare le profonde differenze di temi e forme


espressive tra il Romanticismo italiano e il Romanticismo
europeo (per un approfondimento sul Romanticismo europeo
clicca qui), soprattutto l’assenza di quegli aspetti esasperatamente
irrazionalistici, fantastici, mistici, satanici, “neri”, che in altri paesi
erano l’espressione del conflitto tra l’intellettuale e il contesto
sociale.

Al contrario, in coerenza con la funzione positiva ancora esercitata


dagli intellettuali italiani, l’orientamento dominante del nostro
Romanticismo del primo Ottocento è l’aderenza al «vero»,
l’impegno per il progresso civile, sociale, economico, l’intento di
rivolgersi proprio al pubblico delle classi medie con forme letterarie
“popolari”, per interpretarne i gusti e i valori.

I generi letterari del Romanticismo


I generi letterari più praticati dagli artisti romantici furono:

• la poesia lirica, attraverso la quale i poeti esprimevano


inquietudini, ansie, desideri e speranze, cioè il proprio mondo
interiore. Temi cari ai poeti romantici furono, ad esempio, la
contemplazione di paesaggi suggestivi e la meditazione sul
destino proprio e di tutti gli uomini;

• il romanzo storico, cioè una lunga narrazione in prosa in cui


le vicende immaginarie dei protagonisti sono collocate in un
determinato periodo, ricostruito con precisone e coerenza.
Le radici teoriche 

Le radici e le giustificazioni teoriche della cultura romantica affondano nella


grande filosofia idealistica tedesca che aveva come grande padre Kant, il cui
sistema filosofico prevedeva l'io come il legislatore dell'universo.

Gli idealisti si spinsero oltre: l'io  da legislatore diviene il creatore. Ora i


romantici sembrano proprio rovesciare l’assunto kantiano. Prima il principio
del limite era l’elemento dominante, con il Romanticismo è proprio il
superamento del limite, la ricerca di ciò che è Assoluto, Eterno, Immutabile a
essere il carattere massimamente distintivo. Dunque possiamo dire che è
l’Assoluto o l’Infinito il protagonista principale dell’universo culturale
romantico. Fu questa la via battuta da Fichte, Schelling ed Hegel che, su tale
base, arrivò all’affermazione che tutto quello che è reale è razionale e tutto
quello che è razionale è reale. 

Il disinteresse per la realtà empirica determinava spesso nei romantici una


condizione di squilibrio e d’insoddisfazione che nasceva dal contrasto tra il
reale e l’ideale, sentito come qualcosa d’irraggiungibile, che si poteva
talvolta affermare con la negazione di se stessi; ciò determinava una
concezione della vita come dramma in cui l’uomo romantico diventava
l’uomo delle due anime perennemente in lotta fra loro. L’uomo, soprattutto
l’artista, si creava allora un modo privato in cui vivere come evasione dalla
realtà in cui era immerso, ma che non comprendeva: da ciò la tipologia
dell’artista genio come vittima di un modo meschino (il modello fu Tasso) o
come ribelle, maledetto e dissacratore (Byron), frutto di un’incapacità
d’inserimento sociale.

CARATTERI GENERALI DEL ROMANTICISMO TEDESCO

In Germania, questo insieme d’idee e il modo di interpretare la storia, la vita


e la natura umana portarono a un vero e proprio movimento culturale che si
sviluppò tra il 1770 e il 1785, lo “ Sturm und Drang”.

“Sturm und Drang” è il titolo di una commedia di Friedrich M. Klinger del


1776. Letteralmente queste parole significano “tempesta e assalto” o anche
“tempesta e impeto”. Il titolo di questa commedia divenne il simbolo di tutto
il movimento, perché il tratto più tipico delle opere degli Stürmer è appunto il
violento contrasto di sentimenti.

In particolare, il binomio “Natur! Genie!”, vale a dire “Natura! Genio!”,


divenne il grido passionale ripetuto anche come vera e propria parola
d’ordine.

La natura è intesa come energia vivente, come forza che permea tutta la
materia rendendola viva. Tale forza, proprio perché essenzialmente spirituale,
può essere colta attraverso la sensibilità dell’uomo che si pone in sintonia
con essa. Anche qui il tema dell’Infinito, che come già detto è il tema cardine
del Romanticismo, incide in modo significativo, portando a una concezione
del mondo fisico molto diversa da quella nata con la scienza galileiana ed
esaltata dall’Illuminismo settecentesco.

Come sappiamo, da Galileo in poi, la Natura era stata prevalentemente


interpretata come un ordine oggettivo di fenomeni e di relazioni tra essi,
misurabili e quantificabili in termini matematici. La Natura era così apparsa
come un mondo meccanico, ordinato, retto da leggi proprie e quindi privo di
qualsiasi finalismo di tipo aristotelico o rinascimentale. Kant aveva dato voce
a questa interpretazione del mondo naturale affermando che l’unica
conoscenza valida di esso è quella matematico-fenomenica.

Per i romantici, la concezione della Natura si apre a un’idea i cui tratti


caratteristici possono così riassumersi:

organicismo: la Natura è un Tutto organizzato e le parti che lo


compongono esistono solo in sua funzione (allo stesso modo in cui cuore,
fegato, cervello etc. sono parti in funzione dell’organismo vivente ...);

vitalismo: la natura è una forza dinamica vivente , dotata di energia;

finalismo: la Natura persegue degli scopi, è strutturata in vista di


determinati scopi immanenti o trascendenti;

spiritualismo: la natura è anch’essa qualche cosa di spirituale, ossia uno


“spirito in divenire”;

concezione dialettica: la Natura è organizzata secondo coppie di forze


opposte, formate da un polo positivo e da uno negativo, e costituenti delle
unità dinamiche.

Da qui discende la concezione del genio, cioè dell’uomo che s’innalza al di


sopra dei propri simili, non per superiori capacità intellettuali o per cultura,
ma perché estremamente sensibile ai messaggi della natura: sa
comprenderne la forza, sa riviverla in sé come sentimento profondo, come
tempesta violenta (perché violenta e ricca di contrasti è la forza vivente della
natura).

Il genio, infatti, deriva il suo potere dalla natura stessa: ne è espressione, è


letteralmente parte della sua forza e s’incarna nella figura, tipicamente greca,
del Titano, dell’eroe che s’innalza sui viventi perché la sua potenza è
smisurata; ma anche nella figura del Viandante, dell’uomo che non abita la
terra rinchiudendosi in piccoli spazi e nella routine quotidiana, ma la percorre
liberamente, alla ricerca di se stesso e della forza intima delle cose, senza
mai fermarsi, senza accettare limiti. Il cammino del Viandante spesso non è
qualcosa di connotabile fisicamente, un "luogo" reale, tangibile; al contrario,
egli è un avventuriero dello spirito, un essere che va alla ricerca di se stesso,
o meglio dell'indefinibile, di ciò di cui l’anima rende certi dell'esistenza, ma
che sfugge a ogni disamina razionale.

La figura del Viandante è l’immagine di colui il quale si sposta a piedi, quasi


mai a cavallo, che giace in ripari di fortuna la notte e riprende il suo cammino
il giorno successivo, attraversando prati verdi, colli boscosi, villaggi sotto
cieli sempre plumbei e ostili. Il Viandante si muove solo raramente in
compagnia ed è quindi prevalentemente solo.

Il Titanismo, invece, esprime un atteggiamento di sfida e di ribellione, proprio


di chi si propone di combattere, pur sapendo che alla fine sarà perdente e
incapace di superare le barriere del finito. Di conseguenza il Titanismo porta,
talvolta, al suicidio, visto come atto di sfida estrema verso il destino.
L’atteggiamento opposto e complementare al titanismo è il Vittimismo, ossia
la tendenza a sentirsi schiacciati da forze superiori come il Destino, la
Natura, la Società.

Altro mezzo al quale i romantici fanno ricorso per appagare la loro sete di
infinito e di assoluta libertà spirituale è l’Arte.

Questo perché nel mondo dell’Arte l’uomo è perfettamente libero, immune


da ogni costrizione e da ogni limite. Egli crea una realtà nuova, fuori dal
tempo e dallo spazio, indipendente dalle leggi che regolano il mondo delle
cose, infinita e immortale. In essa l’uomo ha la coscienza immediata della
sua infinita creatività e della sua capacità di superare tutte le contraddizioni.

Nel termine “arte” i romantici racchiudevano la poesia, la pittura, la musica,


tutte le forme espressive. L’arte ideale era quella che non creava barriere tra i
generi letterari e le arti figurative. Le opere dei romantici, soprattutto degli
esponenti del primo Romanticismo, sono un insieme di generi e discipline
diversi: si trovano racconti, retorica, filosofia, dialoghi, lettere, pittura e
immagini.

Tuttavia il primato dell’arte è soprattutto merito della poesia e della musica.


Anzi è sempre più la musica a divenire, nel mondo romantico, la “regina delle
arti”, anzi l’arte romantica per eccellenza, poiché sprofondando l’ascoltatore
in un flusso indeterminato di emozioni e di immagini gli fa vivere l’esperienza
dell’infinito.

Accanto all’arte e strettamente intrecciata con essa, un’altra esperienza


decisiva per i romantici è stata la Religione, vista anch’essa come via di
accesso privilegiata al reale e come un sapere immediato, che, andando
oltre i confini della ragione kantiana, riesce a cogliere il Tutto, l’Assoluto,
l’Eterno. Fine supremo dell’uomo religioso è diventare tutt’uno con l’Infinito.

A questo punto occorre procedere con l’analisi degli altri grandi temi che
hanno caratterizzato l’epoca: l’Amore, la nuova concezione della Storia, la
Filosofia politica, la Sehnsucht e l’Ironia.

L’Amore è uno dei temi prediletti dai romantici (((del quale si sono interessati
poeti e filosofi quali Schlegel e Fichte, Hölderlin e Schleiermacher, Novalis e
Hegel))). La prima caratteristica dell’amore romanticamente inteso è la
globalità, ovvero la ricerca di una sintesi fra anima e corpo, spirito e istinto,
sentimento e sensualità.

Ciò si accompagna a una rivalutazione della figura femminile che,


abbandonati falsi pudori ed emancipata dal modello del matrimonio
tradizionale, sappia personificare una donna nuova e superiore, capace di
amare con tutta la pienezza del suo essere, senza altri freni alla passione se
non all’infuori della sua “fedeltà interiore”. L’amore è stato per quasi tutti i
romantici un’esperienza fondamentale: per mezzo di esso hanno creduto di
poter uscire da ogni costrizione del quotidiano e del reale, dell’umano e del
terreno e di poter vivere una vita divina. Era la ricerca di un’evasione dal
grigiore del quotidiano. L’amore appare ai romantici come il sentimento più
forte e come l’estasi suprema, ovvero come la “vita della vita stessa”.

Il secondo tema romantico è la nuova concezione della storia. Per


l’Illuminismo il soggetto della storia era l’uomo, in grado di costruire e
guidare la storia con la ragione. Per il Romanticismo, invece, il soggetto della
storia risulta essere la Provvidenza. L’esito fallimentare della Rivoluzione
francese e dell’impresa napoleonica aveva contribuito a generare l’idea che
a “tirare le fila” della storia non fosse l’uomo o la società, ma una potenza
extra-umana e sovra-individuale. Per i Romantici quindi la storia è il prodotto
di un soggetto provvidenziale assoluto, che si viene progressivamente
realizzando e rivelando nella molteplicità degli avvenimenti, di cui costituisce
il momento unificante e totalizzante. Occorre inoltre considerare un’altra
differenza fondamentale con l’Illuminismo in questo ambito: mentre
l’Illuminismo guarda al mondo storico in modo critico e problematico,
volendo liberarsi del passato in cui scorge errori, ignoranza, pregiudizi e
violenze, il Romanticismo, giustificando il passato, carica di valore assoluto
le istituzioni basilari quali la famiglia, i ceti sociali, la Chiesa e infine lo Stato.

Strettamente legato al tema della storia è quello della politica. E’ nel


romanticismo, infatti, che nasce il concetto di Nazione, definito in termini di
elementi tradizionali quali la razza, la lingua, il costume, la religione.

Se il popolo in senso settecentesco è la coesistenza di individui che vogliono


vivere insieme, la nazione, in senso ottocentesco, è la coesistenza di
individui che devono vivere insieme, nel senso che non possono non farlo
senza rinnegarsi. In tal modo dalla “volontà generale” di Rousseau, pensata
in termini di “contratto sociale”, si passa, nel Romanticismo, al concetto di
“nazione”, intesa come “Spirito del Popolo”.

Per comprendere al meglio lo spirito romantico tedesco occorre


assolutamente analizzare una delle espressioni maggiormente distintive,
Sehnsucht.

L’espressione germanica “Sehnsucht”, che in italiano è resa per lo più con il


termine “struggimento”, si identifica con quell’aspirazione verso il più e
l’oltre, che non trovando confini e mete precise si risolve inevitabilmente in
un desiderio di avere l’impossibile, di conoscere l’inconoscibile, di sentire il
soprasensibile. Può ricordare la nostalgia, ma mentre questa rappresenta il
desiderio di riappropriarsi del passato, spesso legato a oggetti precisi, la
Sehnsucht è la ricerca di qualcosa di indefinito nel futuro. Più precisamente,
si potrebbe tradurre Sehnsucht con "desiderio del desiderio”. Letteralmente
quindi Sehnsucht potrebbe essere tradotto come dipendenza dal desiderio,
cioè il costante anelito che porta l'essere umano a non accontentarsi mai di
ciò che raggiunge o possiede, ma lo spinge sempre verso nuovi traguardi.

Connessa alla Sehnsucht è l’Ironia. Essa appare come una sorta di presa di
distanza dal mondo e dalla realtà finita, che consiste essenzialmente nel non
“prendere sul serio” quelle che non sono altro che manifestazioni transitorie
e passeggere dell’Infinito stesso, espressioni provvisorie di esso.

L’uomo non deve prendere sul serio le sue opere, anche se sono ispirate dal
sentimento e se provengono dall’intimo.

Tutti i temi del Romanticismo analizzati finora sono rappresentati nelle due
espressioni letterarie tipiche della sensibilità dell’epoca: il romanzo e la
poesia.

Il romanzo era la scelta privilegiata perché consentiva all’autore di esprimersi


il più liberamente possibile.

La poesia, invece, è utilizzata per accentuare il carattere introspettivo nei


contenuti e la ricerca di musicalità nelle scelte formali.

Il nuovo ruolo dell’intellettuale 


L’intellettuale non vive più fuori dal mondo reale, è immerso totalmente e
partecipa alla sua trasformazione, ne patisce le contraddizioni e trasporta la
sua esperienza nei propri scritti. Ciò succede per la nuova collocazione
sociale dell’artista, questo suo appartenere ad una classe diversa dalla
nobiltà gli permette di sentire in modo più diretto le contraddizioni della vita
nelle sue infinite sfaccettature. 

Nei sistemi sociali del passato, l’intellettuale o faceva parte dei ceti egemoni
(nobili e clero), o era ad essi sottoposto come cortigiano o protetto. La sua
funzione era quella di elaborare l’ideologia dei gruppi dominanti e di mediare
il consenso verso il potere. 

Ora, con l’avvento del nuovo sistema borghese, l’intellettuale perde la sua
posizione privilegiata, deve trovare un’occupazione per vivere e questa è
spesso poco remunerata e di poco prestigio. 

L’intellettuale è posto al centro della società, fra l’aristocrazia parassitaria e


quella borghesia imprenditoriale dominata dall’utile, dal calcolo economico
e dalla produttività. È un emarginato, egli quindi si sente incompreso e
umiliato: di qui le tematiche dell’inquietudine, del rifiuto, della fuga. 

Questa inquietudine spinge l’anima a protendersi al di là del luogo e del


momento presenti, sentiti come limiti angusti e soffocanti. Oltre alla fuga
negli abissi dell’interiorità e nella dimensione del sovrannaturale, si ha anche
una fuga nel tempo e nello spazio, attraverso l’immaginazione. 

Questo perpetuo travaglio viene incarnato nel nuovo protagonista, l’eroe


romantico, che può essere: 

• il ribelle solitario che, orgoglioso della sua superiorità spirituale e della


sua forza si erge a sfidare ogni autorità, ogni legge, ogni convenzione,
ogni limite, per affermare la sua libertà e la sua individualità; 

• oppure può essere la vittima, colui che dalla sua superiorità è reso
diverso dall’umanità comune, e per questo è incompreso ed escluso.
Immerge la sua vita nei sogni, senza mai riuscire a tradurli in azione. La
contemplazione angosciosa della propria impotenza e della propria
sconfitta lo porteranno alla contemplazione della morte e al suicidio.

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