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L'ingresso degli eserciti francesi nel 1796 segna in Italia una svolta storica di grande

importanza: crollano i vecchi Stati assoluti, si formano nuovi organismi politici, prime le
cosidette „repubbliche giacobine“, po strutture statali più vaste come la Repubblica
cisalpina che diventa Repubblica Italiana, ed infine Regno d'Italia. Quando si afferma il
regime napoleonico, altri organismi secolari, come il Regno di Napoli, passano sotto il
dominio dei congiunti di Napoleone. Notevoli estensioni del territorio italiano sono
annesse direttamente allo Stato francese.

IL NEOCLASSICISMO

Nel classicismo dominante in Italia durante l’età napoleonica, anche se il gusto e le


forme espressive continuano una tradizione secolare, sono tuttavia ravvisabili elementi
nuovi: per questo si è soliti designarlo come Neo-classicismo.

(Con il termine Neoclassicismo si usa indicare il periodo in cui avverrà il recupero della
civiltà classica antica, caricandola di nuovi valori: si parla di un „nuovo classicismo“, per
contrapporlo al „classicismo“ greco-romano, ma sptrattutto al „classicismo“
rinascimentale. )

Un classicismo archeologico si era diffuso all’interno della letteratura tardo-arcadica,


nella predilezione per argomenti mitologici, e ad esse si aggiungeva la morbidezza
erotica propria del gusto degli affreschi e dei mosaici antichi.

(Nel periodo neoclassico l'uomo si smarisce nel pensiero, si ha un ritorno al passato solo
da un punto di vista artistico.)

Alle scoperte archeologiche si aggiunsero gli studi di arte classica, che suscitarono un
vagheggiamento entusiastico della civiltà e della bellezza antiche.

Essenza di questa bellezza espressa dall’arte classica erano una «nobile semplicità» ed
una «calma grandezza» che nascevano dal dominio delle passioni e dall’armonia interiore.

A questo modo di guardare all’antico si aggiunse poi il classicismo rivoluzionario. I


protagonisti della Rivoluzione francese vedevano in Atene, Sparta, Roma un modello di
vita repubblicana libera, virtuosa, sobria e forte, che volevano far rivivere nel presente;
per cui s’identificavano negli eroi antichi e si atteggiavano e parlavano come essi.

Questo classicismo rivoluzionario nell’età napoleonica si trasforma in scenografia


grandiosa, di parata. Non si celebrano più le virtù repubblicane e libertarie, ma si tende
ad assimilare il regime napoleonico alle forme imperiali romane.
IL PREROMANTICISMO

Negli ultimi decenni del Settecento e nei primi dell’Ottocento si riscontrano nella
cultura italiana anche tendenze che esteriormente appaiono opposte a quelle
neoclassiche. Se il gusto neoclassico, nella letteratura come nelle arti, è caratterizzato
dalla compostezza e dalla calma, dalla serenità e dal dominio del mondo passionale, dalla
contemplazione di un bello oggettivo, ideale, queste altre tendenze, che si possono
riconoscere all’interno stesso delle opere di scrittori neoclassici come Monti,
Pindemonte e Foscolo, si manifestano al contrario come esasperazione passionale e
soggettiva, concentrazione gelosa sull’io, amore per il primitivo, il barbarico e l’esotico,
per atmosfere malinconiche e tenebrose, dominate dall’idea e dalla presenza ossessiva
della morte, e, infine, come predilezione per una natura grandiosa e tempestosa,
selvaggia e desolata.

(Lo stile “preromantico” è caratterizzato da un’esasperazione passionale e soggettiva,


concentrazione sull’io, amore per il primitivo e per atmosfere
lugubri, malinconiche e tenebrose, dominate dall’idea ossessiva della morte, e una natura
grandiosa e tempestosa, specchio dell’ansia interiore.)

Simili tendenze penetrano in Italia già a fi ne Settecento, essenzialmente per


suggestione di opere straniere che hanno larga diffusione in Europa e che vengono
tradotte anche in italiano.

Il romanzo goethiano scaturisce da un movimento letterario attivo in Germania tra il


1770 e il 1785, lo Sturm und Drang, che costituisce un preannuncio del futuro
Romanticismo. Si trattava di un cenacolo di giovani intellettuali inquieti e ribelli, quasi
tutti amici del giovane Goethe.

Motivo dominante dello Sturm und Drang era la passionalità primitiva e


selvaggia, un’ansia di libertà assoluta che infrangesse ogni limite segnato dalle leggi o
dalle convenzioni sociali; di qui derivava anche il culto del «genio», delle grandi
individualità, insofferenti di ogni costrizione. Sul piano letterario ne scaturiva il rifiuto
di ogni classicismo, l’insofferenza di ogni regola, ritenuta mortificante, l’idea dell’arte
come libera espressione senza freni della genialità individuale.

Dall’Inghilterra si diffuse la moda della poesia “cimiteriale”, che ebbe diffusione in


Italia: ne risentì Ippolito Pindemonte che aveva avviato la composizione di un poemetto
sui Cimiteri, in ottave, quando la lettura dei
Sepolcri di Foscolo lo dissuase dal continuare; ed essendo il carme foscoliano diretto in
forma di epistola in versi proprio
a lui, riprese l’argomento come risposta ai versi dell’amico.
Dall’Inghilterra invece si diffuse le “poesia cimiteriale”, in cui si celebra l’importanza dei
cimiteri e si evidenziano i lati più oscuri dell’animo. In Italia l’esponente principale fu
Pindemonte, amico di Foscolo. Pindemonte era cattolico e credeva nel contatto tra i parenti
vivi e i morti, mentre Foscolo invece era materialista, e proprio questo gli darà lo spunto per
scrivere i Sepolcri.
Neoclassicismo e Preromanticismo sembrano tra loro inconciliabili eppure si trovano negli
stessi anni, nello stesso autore e addirittura nelle stesse opere, in realtà essi scaturiscono da
una radice comune e cioè una crisi articolata in due fasi:la prima è quella dell’Antico Regime
con il riformatismo illuministico, la seconda è quella dell’età napoleonica caratterizzata da
speranze e delusioni. In tutti i e due i movimenti si subisce lo stesso contraccolpo, gli artisti
attraversano le stesse fasi: delusione, rifiuto della realtà e della storia; quindi cercano
un’alternativa all’esistenza che delude, che per i neoclassici è rappresentato dall’ideale di
bellezza e di armonia, e per i preromantici è rappresentato dalle profondità dell’io.

Il preromanticismo è un movimento letterario sorto in Europa nel corso del secondo 1700, in
totale opposizione al neoclassicismo.
La nuova letteratura è caratterizzata dall'esaltazione dell'individualità singola e del
sentimento, dalla confessione lirica dell'io, ripiegato in una malinconica solitudine, pervaso
da un senso drammatico e doloroso del vivere e da una concezione pessimistica della realtà,
in contrasto con certi aspetti troppo approssimativamente ottimistici dell'Illuminismo. 
La tristezza e l'inquietudine preromantiche si esprimono in visioni notturne, lugubri,
sepolcrali, in meditazioni meste sulla morte e in una visione sentita come forza selvaggia e
misteriosamente consonante con il sentimento umano. 
Assume i caratteri di vero e proprio movimento uno dei momenti più forti del
preromanticismo, lo "Sturm und Drang" ("Tempesta e assalto"), che polemizzò aspramente
contro il razionalismo della cultura francese dominante in Germania e contro il classicismo,
definiti artificiosi, falsi e antinazionali, e accusati di soffocare la libera creatività dell'artista
con la loro minuziosa e arida precettistica. I giovani dello "Sturm und Drang" esaltarono
l'individualità, la passionalità, la fantasia e la libertà assoluta della creazione dell'artista e
manifestarono il loro disaccordo con la società borghese = anticonformismo. Tra le opere
prodotte nel clima dello “Sturm und Drang” ebbero un successo europeo I dolori del giovane
Werther di Johann Wolfgang Goethe che, insieme alla Nuova Eloisa di Rousseau,
costituiscono il punto di riferimento fondamentale dell’Ortis di Foscolo.
PROBLEMATICITÀ DEL CONCETTO DI PREROMANTICISMO

Per tutte queste manifestazioni culturali che abbiamo elencato si suole parlare di
Preromanticismo, poiché i loro aspetti salienti si ritroveranno poi, nei primi decenni
dell’Ottocento, nella letteratura romantica. Il concetto e il termine sono stati
contestati, in quanto impoverirebbero la nozione di Romanticismo, che possiede ben altra
ricchezza e complessità; di conseguenza tali manifestazioni sono state viste come
fenomeni ancora del tutto interni alla cultura dell’Illuminismo.
In realtà le tendenze esaminate non tollerano di essere ridotte entro quei confi ni: esse
sono indubbiamente già i sintomi di una visione del mondo e di una sensibilità nuove; sono
infatti, a fine Settecento, il riflesso delle inquietudini di un’età che avverte come sia
ormai prossimo a crollare un ordine secolare, non solo nelle sue strutture politiche,
sociali, economiche, ma anche in quelle culturali.
Nella seconda metà del Settecento siamo sulla soglia di due grandi rivoluzioni, che
sconvolgeranno dalle radici tutto l’assetto europeo: l’una politica, quella francese,
l’altra economica, quella industriale, che dall’Inghilterra si diffonderà per tutta l’Europa
nel corso dell’Ottocento. Il Romanticismo sarà appunto il frutto culturale maturo di
questi sconvolgimenti rivoluzionari. La nozione di Preromanticismo ha dunque
una sua validità storiografica, purché si dia rilievo caratterizzante al prefisso
pre: le tendenze esaminate sono, cioè, indizi, sintomi, che pre-annunciano ciò che
maturerà in seguito.

Neoclassicismo e Preromanticismo, nelle caratteristiche che li individuano, appaiono


tendenze culturali tra loro antitetiche e a prima vista inconciliabili. Eppure esse si
trovano compresenti negli stessi anni, entro la personalità di uno stesso scrittore,
addirittura, a volte, all’interno della stessa opera. Lo si è già verificato, per la
generazione di fine Settecento, in Alfieri; si verifica ancora in Monti e soprattutto in
Foscolo. Si pensi solo al fatto che Foscolo è autore di un romanzo “werthe-
riano”, l’Ortis, caratterizzato da un’esasperata veemenza passionale, dalla
concentrazione sull’io, dalla presenza ossessiva della morte, ma è anche l’autore del
capolavoro supremo del Neoclassicismo italiano, le Grazie.

In realtà, Neoclassicismo e Preromanticismo sono fenomeni diversi che scaturiscono


da una stessa radice, manifestazioni complementari di una stessa crisi di fondo. Una
crisi che si presenta in due fasi storiche: in una prima fase, durante gli anni Settanta-
Ottanta del Settecento, la crisi dell’ancien régime, nonché del riformismo illuministico
che era stato l’estremo tentativo di salvarlo, introducendo il nuovo per conservare le
strutture dello Stato e della società dell’assolutismo; poi, negli anni napoleonici, quella
delle illusioni rivoluzionarie, delle speranze in una rigenerazione totale del mondo. In
entrambi questi momenti si riscontrano sul piano culturale contraccolpi omologhi, per
cui scrittori dell’età napoleonica seguono percorsi spirituali già seguiti decenni prima da
scrittori che avevano attraversato la crisi dell’Illuminismo: delusione, distacco
dall’attivo impegno civile, rifiuto della storia, fuga in un altrove diverso dal presente e
più autentico. E in entrambi questi momenti si affacciano insieme tendenze
classicheggianti e tendenze preromantiche.
Entrambe vanno allora viste come la ricerca di un’alternativa all’esistente che delude:
per il Neoclassicismo l’alternativa è l’ideale della bellezza e dell’armonia, lontano dagli
orrori e dagli scacchi della storia; per il Preromanticismo, sono le profondità dell’io, la
natura sentita in termini di comunione con la vita del soggetto, il primitivo come sede di
autenticità vitale. Non conta tanto, dunque, la diversa direzione della fuga, quanto il
bisogno che ne sta alla base, comune alle due tendenze.

I puristi di più rigida osservanza furono il napoletano Basilio Puoti, alla cui scuola studiò
Francesco de Sanctis, ed il veronese padre Antonio Cesari, che curò la ristampa del
vocabolario della Crusca. Posizioni più moderne e aperte assunse invece Pietro Giordani.
Il suo purismo non fu rigido come quello di Cesari: il suo ideale fu piuttosto quello di un
dignitoso e sobrio classicismo formale, che si rifacesse alla limpidezza dello stile greco.
Giordani era di orientamento laico, progressista e patriottico, ed affermò l’eisgenza di
una letteratura ispirata ad elevati sentimenti morali e all’idea della rinascita nazionale. A
questi principi patriotici si oppose poi il Romanticismo che apriva la cultura italiana alle
influenze straniere. Per le sue idee subi anche persecuzioni negli anni della
Restaurazione. Alla rigidezza pedantesca del Purismo reagi anche Monti in una sua opera,
in cui sosteneva l’esigenza di una lingua letteraria nazionale che non si fermasse al
trecento, ma mettesse a frutto gli apporti di tutti i grandi scrittori in nome di un
eliquilibrio fra il rispetto della tradizione e libertà espressiva.

La lingua letteraria continua una tradizione ormai secolare: poeti e prosatori si rifanno
sempre ai modelli illustri e scrivono in una lingua aulica, lontanissima da ogni possibile uso
parlato. Questo conferma che la letteratura è un fatto d’élite, rivolta a pochi, ad una
piccola cerchia di persone colte, che condividono con lo scrittore la cultura, i gusti, il
linguaggio. Un pubblico di lettori comuni, non letterati, è ancora del tutto embrionale.

Il tradizionalismo classicistico è ben esemplificato (spiegato) dalla teoria linguistica del


Purismo, che si afferma in questa età. La questione della lingua era un dibattito ormai
secolare, che risaliva al primo Cinquecento. Il Purisnmo, come reazione alla libertà
linguistica, per cui si erano battuti gli illuministi, si rifaceva appunto a Bembo e
propugnava (difendeva) l’assoluta purezza della lingua, che doveva essere depurata
(purificata) da ogni forestierismo e da ogni neologismo. Il modello doveva essere cercato
nella lingua del Trecento, il cui lessico e i cui modi espressivi erano ritenuti
perfettamente in grado di rispondere alle esigenze della cultura moderna.

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