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LA SCAPIGLIATURA

La Scapigliatura è un gruppo di scrittori che operano nello stesso periodo, gli anni Sessanta-Settanta
dell’Ottocento, e negli stessi ambienti (il centro principale è Milano, ma vi sono manifestazioni analoghe
anche a Torino e a Genova) e che sono accomunati da un’insofferenza per le convenzioni della letteratura
contemporanea, per i principi e i costumi della società borghese, e da un impulso di rifiuto e di rivolta, un
atteggiamento anticonformista che si riflette sia nell’arte che nella vita.

Il termine “Scapigliatura” fu proposto per la prima volta da Cletto Arrighi nel suo romanzo La Scapigliatura
e il 6 febbraio, a designare un gruppo di spostati e ribelli alla loro classe di provenienza che amavano vivere
in maniera eccetica e disordinata. Era un termine letterario arcaico che veniva riportato in vita, per fornire
un equivalente italiano del francese bohème. Il termine fu impiegato come autodefinizione da questi stessi
scrittori anticonformisti.

La bohème parigina

Il termine “scapigliatura” si è detto l’equivalente italiano del termine francese bohème. Bohème, bohemiens
significavano propriamente vita zingaresca e zingari, poiché si credeva che questi nomadi provenissero dalla
Boemia.

A Parigi, a metà Ottocento assunsero questo appellativo di “zingari” quegli artisti che disprezzavano una
società fondata sul mercato e sulla produttività. Per questo essi scelsero, come forma di protesta, modi di
vita irregolari, disordinati, ostentando il rifiuto dei valori e delle convenzioni borghesi. Si viene così a creare
il mito, schiettamente romantico, dell’artista povero, che vive una vita libera e scioperata nelle soffitte
parigine, tra amore e culto disinteressato dell’arte.

Gli Scapigliati e la modernità

Con il gruppo degli scapigliati compare per la prima volta nella cultura italiana dell’Ottocento, il conflitto tra
artista e società, che era l’aspetto costitutivo del Romanticismo straniero. Esauritosi ormai il ruolo degli
intellettuali e avviatosi con l’Unità il processo di modernizzazione economica e sociale dell’Italia, che tende
a declassarli e ad emarginarli, nascono anche negli artisti italiani gli atteggiamenti ribelli , il mito di una vita
irregolare e dissipata come rifiuto delle norme morai e delle convenzioni correnti (“maledettismo”).

Gli scapigliati assumono un atteggiamento ambivalente: da un lato il loro impulso originario è di repulsione
e orrore poiché sono ancorati a valori del passato quali la Bellezza, l’Arte, la Natura, l’autenticità del
sentimento; dall’altro lato però, rendendosi conto che quegli ideali sono ormai perduti irrimediabilmente,
essi si rassegnano a rappresentare il “vero”, vale a dire gli aspetti della realtà presente. Gli scapigliati
definiscono questo atteggiamento “dualismo” (titolo di una famosa poesia di Arrigo Boito). Essi si sentono
divisi tra Ideale e Vero. E la loro opera è proprio l’esplorazione di questa condizione di angosciata
perplessità, di disperazione esistenziale che in taluni, non si limita agli scritti ma si trasferisce nella vita
vissuta: Praga muore corroso dall’alcol, Igino Ugo Tarchetti consunto dalla malattia, dalla febbrile attività,
Pinchetti si suicida.

La Scapigliatura e il Romanticismo straniero

Questa situazione di disagio accomuna gli scapigliati alla situazione dei romantici europei. Ne deriva che la
Scapigliatura recupera tutta una serie di temi romantici, che la nostra letteratura del primo Ottocento non
aveva conosciuto: l’esplorazione estrema dell’irrazionale e del fantastico, della dimensione del sogno e
dell’allucinazione, il macabro e l’orrore, il satanismo, ma anche il culto mistico della bellezza. Il “nero”
romantico era la percezione delle forze terribili che si erano scatenate nel mondo moderno ed esprimeva
l’angoscia e la paura che esse provocavano. I modelli a cui guardano gli scapigliati sono in primo luogo i
romantici tedeschi, come il fantastico Hoffmann, l’umorista Jean Paul. Ma il loro vero e proprio nume è
Baudelaire, il poeta che aveva cantato l’angoscia della vita moderna e l’irraggiungibile ideale. Un autore che
esercita grande fascino è anche Poe, con i suoi racconti fantastici e orrorosi, con la sua vita disordinata e
maledetta”

Un crocevia intellettuale

Gli scapigliati, con il loro culto del “Vero”, con l’attenzione a ciò che è orrido e deforme , e con il loro
proposito di analizzarlo, introducono in Italia il gusto del nascente Naturalismo (che in Francia si afferma tra
la fine degli anni Sessanta e l’inizio degli anni Settanta). D’altra parte la tensione verso il mistero e
l’esplorazione di alcune zone buie della psiche, anticipano future caratteristiche della letteratura
decadente. In una direzione decadente va anche la loro sensibilità acuta per la mescolanza delle sensazioni,
che porta alla fusione dei diversi linguaggi artistici: Praga è anche pittore, Arrigo Boito musicista, Giovanni
Camerana è vicino a molti pittori. Anche il culto per la bellezza e per la forma anticipa per certi aspetti
l’estetismo decadente.

Un’avanguardia mancata

Nella Scapigliatura vi sono dunque le potenzialità di un gruppo di avanguardia che però, non vengono
realizzate se non in minima parte per mancanza di coraggio, di profondità di pensiero, di elaborazione
culturale da parte degli intellettuali che componevano il gruppo, ma anche per il clima sfavorevole creatosi
nell’”Italietta” postunitaria. Gli scapigliati non arrivano ad aprire veramente nuovi orizzonti conoscitivi,
quelli che invece il Decadentismo europeo e poi italiano saprà esplorare.
GIOSUE CARDUCCI

La vita

Nacque nel 1835 a Valdicastello, in Versilia, da famiglia medio borghese. Trascorse l’infanzia in maremma, a
contatto con una natura aspra e selvaggia, che fu poi oggetto di nostalgia e mitizzazione poetica. Carducci
studiò alla Scuola Normale Superiore di Pisa, laureandosi in lettere nel 1856, e iniziò la carriera di
insegnante nelle scuole secondarie.

Il poeta partecipò intensamente alla vita culturale dl tempo, collaborando ai periodici culturali più
prestigiosi, come il “Fanfulla della domenica” e la “Cronaca bizantina”. Ottenne il premio Nobel per la
poesia nel 1906, e morì l’anno successivo.

L’EVOLUZIONE IDEOLOGICA E LETTERARIA

Dalla Democrazia repubblicana all’involuzione monarchica

Carducci fu inizialmente di idee accesamente democratiche e repubblicane. Negli anni giovanili seguì con
entusiasmo le vicende risorgimentali, in specie l’impresa garibaldina. Come molti democratici subì una
delusione alla conclusione del processo unitario, col trionfo del compromesso monarchico e delle forze
moderate della Destra storica. Nei confronti del nuovo governo assunse atteggiamenti di violenta
opposizione, che gli costarono anche una sospensione dall’insegnamento. La sua attività intellettuale si
indirizzò alla polemica contro l’Italia “vile” del suo tempo, che non rispondeva agli ideali risorgimentali: si
scagliò contro la rinuncia a conquistare al nuovo Stato Roma, l’avanzata di Garibaldi verso Roma, contro la
mediocrità della classe politica. Si fece sostenitore dei diritti del popolo, la “santa canaglia”, mitizzandolo
come forza motrice della storia, capace di abbattere le tirannidi e di conquistare il mondo. Fu anche
massone, si scagliò contro la Chiesa e il papa, polemizzò contro la religione cristiana stessa, in nome di una
concezione della vita “pagana” e classica. In questa esaltazione del progresso mentale e intellettuale fu
vicino alle istanze del Positivismo. Nella maturità però, moderò gradualmente le sue posizioni. Innanzitutto
si avvicinò alla monarchia. Un evento simbolico fu l’incontro con la regina Margherita, di cui subì il fascino e
alla quale dedicò un’ode (“alla regina d’Italia Margherita”). Nel 1890 fu nominato senatore del Regno e nel
’91 inaugurò un circolo monarchico. Il suo acceso patriottismo si colorò di nazionalismo e il suo populismo
si trasformò in senso reazionario: il popolo divenne per lui strumento di imprese nazionalistiche.

Nel 1882 scriveva: “E la plebe contadina e cafona muore di fame, o imbestia di pellagra e di superstizione o
emigra. […] Oh mandatela almeno a morire di gloria contro i cannono dell’Austria e della Francia o del
diavolo che vi porti”. Anche il suo anticlericalismo si attenuò; il poeta polemista democratico si trasformò,
nella seconda parte della sua vita, nel poeta ufficiale dell’Italia umbertina.

Dall’antiromanticismo classicistico all’esotismo evasivo

Prima fase) Negli anni giovanili Carducci assunse posizioni violentemente antiromantiche, proclamandosi
“scudiero dei classici”, e formando con gli amici, un gruppo che si definì degli “amici pedanti”, in cui si
ammiravano il mondo e la cultura classica, che diventa oggetto di recupero sia dal punto di vista tematico
che stilistico. Carducci, mirò alla restaurazione di un discorso poetico “alto”, che recuperasse la dignità dei
classici e disdegnò i generi prediletti dai Romanici, come ad esempio il romanzo.

Seconda fase) Più avanti, con l’attenuarsi dell’impeto polemico, si sostituisce il ripiegamento intimo,
l’analisi di momenti di sconforto, l’angoscia per l’incombere della morte, la memoria struggente degli anni
d’infanzia e della giovinezza. Compaiono anche tendenze evasive, l’abbandono alla fantasticheria, l’impulso
a fuggire dallo squallore del presente per rifugiarsi in una mitizzata Ellade di sogno. In questa evoluzione
Carducci subisce l’influenza del classicismo.
LA PRIMA FASE DELLA PRODUZIONE CARDUCCIANA: JUVENILIA, LEVIA GRAVIA, GIAMBI ED EPODI

Le prime raccolti di versi, Juvenilia e Levia Gravia, sono più che altro esercizi di apprendistato poetico. Vi si
vede all’opera lo “scudiero dei classici”, che riproduce amorosamente temi, immagini e metri degli autori
della grande tradizione italiana. È una poesia che va in direzione contraria a quella del Romanticismo.
Ben altra originalità possiedono invece i Giambi e gli Epodi. Il titolo, classicamente, allude alle forme
metriche usate dai poeti antichi, Archiloco, Orazio, per la poesia di violenta satira e invettiva. Sono le poesie
in cui Carducci sfoga le sue ire di democratico e anticlericale contro l’”Italietta” vile e indegna del presente,
contro una classe politica corrotta, ipocrita e immorale e contro l’oscurantismo della chiesa: nel 1863 scrive
l’Inno a Satana, 200 versi in cui esalta il progresso.

[L’inno a Satana è un componimento fortemente anticlericale nel quale il poeta accusa la chiesa di non aver
mai appoggiato e approvato il progresso tecnico-scientifico che Carducci identifica con Satana. Il progresso
(Satana) viene identificato come un treno a vapore, che simboleggia la vittoria del nuovo sul vecchio,
dell’inarrestabilità del processo di modernizzazione in cui l’Europa e l’Italia si trovavano in quegli anni
coinvolte]

LE RIME NUOVE

Le Rime nuove nascono da spunti intimi, privati, o dalla sollecitazione dalla letteratura e della storia. Sono
accomunate anche dalle scelte metriche, che si rifanno alle forme tradizionali della lirica italiana, usate nel
Medioevo e caratterizzate dall’uso della rima. Vi sono liriche dedicate a Omero, Virgilio, Dante, Petrarca,
Ariosto. Sono le poesie tipiche del “poeta professore”. Affini a queste sono le poesie in cui vengono
rievocati eventi storici o particolari atmosfere del passato. La rievocazione si anima sempre nel confronto
con la mediocrità del presente che si contrappone ad altre età in cui la vita era più degna e piena. Le età
che predilige il poeta sono la Roma repubblicana, il Medioevo comunale, la Rivoluzione francese e il
risorgimento italiano.

Vi è però anche un gruppo di poesie, in cui si esprime la volontà di fuga in un’Ellade mitizzata come mondo
di pura bellezza, per dimenticare la realtà contaminata del mondo moderno. Affine a questo moto di fuga
verso l’Ellade antica è la rievocazione della propria infanzia e della propria giovinezza. Questa mitizzazione
della giovinezza si proietta costantemente nel paesaggio dell’amata Maremma che, nella sua fisionomia
aspra e selvaggia, diviene quasi la proiezione lirica della soggettività del poeta.
PIANTO ANTICO (da Rime nuove)

Fu scritta nel 1871, in memoria del figlio Dante, morto l’anno precedente.

Metro: odicina anacreontica, composta di quattro quartine di settenari, di cui l’ultimo tronco. Rime: ABBC; il
verso tronco rima con i versi conclusivi delle altre strofe.

L’albero a cui tendevi


la pargoletta mano,
il verde melograno
da’ bei vermigli fior,

nel muto orto solingo


rinverdì tutto or ora,
e giugno lo ristora
di luce e di calor.

Tu fior de la mia pianta


percossa e inaridita,
tu de l’inutil vita
estremo unico fior,

sei ne la terra fredda,


sei ne la terra negra
né il sol più ti rallegra
né ti risveglia amor.

LE ODI BARBARE

Nel 1877 uscì un primo libro di Odi barbare, in cui Carducci abbandonava i metri tradizionali italiani,
cercando di riprodurre quelli classici. Ad esso seguì un secondo libro nel 1882 e un terzo nel 1889. Queste
poesie, che appartengono allo stesso periodo di produzione delle Rime nuove, presentano anche gli stessi
motivi, rievocazioni storiche e patriottiche, spunti intimi e autobiografici. Vi si accentuano semmai le
tendenze evasive, a rifugiarsi nel passato come paradiso perduto di forza e di bellezza, per dimenticare il
presente.

IL NATURALISMO FRANCESE

I fondamenti teorici

Gli scrittori veristi italiani, compreso Verga, per elaborare le loro opere prendono le mosse dal Naturalismo,
che si afferma in Francia negli anni Settanta dell’Ottocento ed è espressione dello sviluppo della ricerca
scientifica e delle applicazioni tecnologiche.

Taine

Il pensatore da cui soprattutto trasse i suoi fondamenti teorici e le sue formule il movimento letterario del
Naturalismo fu Hippolyte Taine. La sua concezione era ispirata ad un rigoroso determinismo materialistico
ed affermava che i fenomeni spirituali sono prodotti della fisiologia umana e sono determinati
dall’ambiente fisico in cui l’uomo vive. Taine stesso applicò tali concezioni alla letteratura, auspicando che
essa si assumesse il compito di un’analisi scientifica della realtà, sulla base del principio deterministico
dell’influenza della “razza”, dell’”ambiente” e del “ momento storico”. Nel 1865 scriveva che il romanzo,
come la critica, è una “grande inchiesta sull’uomo, su tutte le verità, tutte le situazioni, tutte le fioriture,
tutte le degenerazioni della natura umana. Per la loro serietà, il loro metodo, la loro esattezza rigorosa […]
entrambi si avvicinano alla scienza”.

I precursori

Honoré de Balzac è l’autore della Commedia umana, in cui analizza la natura umana e le sue eccezioni
patologiche. Modelli letterari della scuola naturalista furono i romanzieri realisti degli anni Cinquanta e
Sessanta. In primo luogo Gustave Flaubert, l’autore di Madame Bovary, per la sua teoria dell’impersonalità
(scriveva: “l’artista deve essere nella sua opera come Dio nella creazione, onnipotente e invisibile, sì che lo si
senta ovunque, ma non lo si veda mai. E poi l’Arte deve innalzarsi al di sopra dei sentimenti personali e delle
suscettibilità nervose. È ormai il tempo di darle, mediante un metodo implacabile, la precisione delle scienze
fisiche”). In secondo luogo i fratelli Edmond e Jules de Goncourt, per la cura nel costruire i loro romanzi in
base a una documentazione minuziosa e diretta degli ambienti sociali rappresentati per l’attenzione
dimostrata ai ceti inferiori. Esemplare è il romanzo di Germinie Lacertex, che analizza la degradazione fisica
e psicologica di una serva isterica.

La poetica di Zola

Tali esigenze di trasformare il romanzo in uno strumento scientifico e di rappresentare la realtà in tutte le
sue forme, furono riprese da Emile Zola. Le concezioni che stanno alla base della sua narrativa si trovano
nel romanzo sperimentale del 1880. Lo scrittore sostiene che il metodo sperimentale delle scienze, deve
essere applicato anche alla sfera spirituale e agli atti intellettuali dell’uomo. Di conseguenza la letteratura e
la filosofia devono entrare a far parte delle scienze adottando il metodo sperimentale (il romanzo diventa
come il resoconto di un’esperienza scientifica esposto al pubblico).

La scienza, sostiene Zola, non ha ancora trovato tutte le leggi che regolano la vita passionale e intellettuale
dell’uomo, ma due principi si possono affermare: l’ereditarietà biologica e l’influsso esercitato
dall’ambiente sociale, che modifica continuamente i meccanismi della vita individuale. La conclusione a cui
approda il suo discorso è questa: come il fine della scienza sperimentale è far sì che l’uomo diventi padrone
dei fenomeni per dominarli, così anche il fine del “romanzo sperimentale” è impadronirsi dei metodi
psicologici per poi poterli dirigere. Il romanziere ha quindi un fine importantissimo: aiutare le scienze
politiche ed economiche per migliorare la società.

Il ciclo dei Rougon-Macquart

Queste concezioni prendono vita nell’opera principale di Zola, i Rougon-Maquart, storia naturale e sociale
di una famiglia sotto il secondo Impero. Si tratta si un ciclo di venti romanzi, pubblicati tra il 1871 e il 1893,
in cui lo scrittore traccia un quadro della società francese del secondo Impero attraverso le vicende dei
membri di una famiglia. Le sue intenzioni sono espresse con chiarezza nella prefazione al primo libro dei
romanzi. Il principio di interpretazione di tutte le vicende dei personaggi è la legge dell’ereditarietà; grazie a
questo intento scientifico e medico, al centro dei romanzi stanno spesso casi patologici dovuti a tare
ereditarie, come ad esempio nel protagonista di Germinal, che patisce le conseguenze dell’alcolismo dei
genitori cadendo in accessi di follia irresponsabile. Abbiamo anche intenti sociali e politici, infatti Zola vuole
dare un quadro completo della società francese il tutti i suoi strati sociali e ambienti caratteristici. Lo
scrittore si documenta con scrupolo estremo, studiando di persona gli ambienti, raccogliendo una massa
imponente di documenti e testimonianze dirette.

L’atteggiamento ideologico dello scrittore in questi romanzi è decisamente progressista, da un lato


violentemente polemico verso la corruzione e l’avidità dei ceti dirigenti e verso l’ottusità interessata della
piccola borghesia, dall’altro, pieno di interesse per i ceti operai, artigiani, contadini, di cui sono denunciate
le condizioni subumane di vita. Zola riproduce con crudezza gli aspetti più ripugnanti degli ambienti
popolari quali l’alcolismo, la violenza e la degradazione morale.

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