In Italia il romanzo subì l’influsso del Realismo europeo, delle teorie sull’arte e sulla letteratura del Positivismo e della poetica del Naturalismo: Flaubert, Zola, Dickens, Dostoevskij, Tolstoij furono, nella seconda metà dell’800, autori molto letti e ad essi spesso si ispirarono i nostri narratori. Soprattutto l’ambiente culturale di Milano esaltò Zola, non solo per le sue qualità di romanziere, ma anche per i contenuti delle sue opere, nelle quali venivano rappresentati e condannati, in nome del progresso, i mali della società. Allo stesso tempo la poetica naturalista francese e i romanzi di Zola, al loro arrivo in Italia suscitarono vaste discussioni. Aderirono alla nuova scuola il critico Francesco De Sanctis e il critico e narratore Luigi Capuana. Dall’espressione italiana del Naturalismo sorse il movimento culturale e letterario il Verismo, che non organizzò mai una scuola vera e propria. Se il centro di diffusione del Verismo fu Milano, dove più forti erano i contrasti sociali derivati dalle trasformazioni economiche, i suoi maggiori rappresentanti furono meridionali, giacché era nel Sud che si riscontravano in maniera più macroscopica quelle condizioni di arretratezza e di degrado che i veristi intendevano denunciare. Oltre allo squilibrio tra Nord e Sud, esistevano anche tra le varie regioni italiane profonde differenze culturali, dovute dalle diverse vicende storiche. Il Verismo, pertanto, ebbe un carattere regionale, talora provinciale. Il primo teorico del Verismo fu il catanese Luigi Capuana. Come critico letterario del «Corriere della Sera», contribuì a diffondere la conoscenza di Zola, recensendone le opere. Dapprima entusiasta divulgatore del Naturalismo francese nei due volumi di Studi sulla letteratura contemporanea, Capuana se ne allontanò poi a partire dal saggio Per l’arte in cui riaffermava i valori della fantasia e dell’immaginazione. Questo saggio venne pubblicato nel 1885, che oltre a costituire un importante contributo per l’approfondimento delle idee di Zola, affrontò il problema di come giungere anche in Italia a un romanzo che rispecchiasse in modo nuovo il mondo contemporaneo. Esso, non doveva essere l’imitazione di quello francese e nemmeno deve essere inserito nel solco di quelli italiani pubblicati fino ad allora, ma centrato sulla realtà presente d’Italia, che si attenesse allo studio del vero e a quello dell’ impersonalità, senza tralasciare la fantasia e l’’immaginazione. Quindi le indicazioni fondamentali della poetica verista elaborata da Capuana sono: • Abbandonare il romanzo storico – politico per il romanzo dei costumi contemporanei; • Scegliere la vita italiana come materia di rappresentazione artistica e ritrarla «dal vero» • Seguire il canone dell’impersonalità privilegiando la tecnica narrativa del dialogo • Non rinnegare la fantasia e l’immaginazione facoltà che creano nella narrazione «un effetto di colorito, di rilievo, di movimento, di vita vera. Di Capuana scrittore viene anche ricordato il suo primo romanzo naturalista, Giacinta, dedicato a Zola; in esso si narra la storia di una donna che, violentata da bambina, ne subisce il trauma per tutta la vita, fino al suicidio. Il romanzo fu riscritto secondo il canone dell’impersonalità e riedito nel 1886. Il capolavoro di Capuana è il marchese di Roccaverdina, opera in cui l’autore, sotto l’influsso del Realismo russo, rappresenta la crisi spirituale di un uomo attanagliato dal rimorso di aver compiuto un omicidio. La Scuola Verista Se il teorico del Verismo fu Luigi Capuana, il caposcuola fu considerato il siciliano Giovanni Verga (1840- 1922), che espresse i principi della sua poetica nella prefazione alla novella L’amante di Gramigna e in quella al romanzo I Malavoglia, nella novella Fantasticheria e in varie lettere inviate nel 1881 a Capuana e ai critici Felice Cameroni e Francesco Torraca, recensori dei Malavoglia. Essi possono cosi riassumersi: • Il racconto deve avere la caratteristica di fatto realmente accaduto • lo scrittore deve sostituire agli effetti romanzeschi una ricostruzione scientifica dei processi psicologici • La psicologia dei personaggi deve emergere dai loro gesti e comportamenti • lo scrittore deve sparire dal racconto e mettere il lettore «faccia a faccia» con il fatto «nudo e schietto» (canone dell’impersonalità) • Dal canone dell’impersonalità, il punto di vista si trasferisce all’interno dell’ambiente descritto e il narratore assume la mentalità e il linguaggio dei suoi personaggi. • C’è anche il divario fra le visione delle cose del narratore (personaggio) e quella dello scrittore (autore) e questo procedimento prende il nome di straniamento. La teoria dell’impersonalità, però, non nega ogni rapporto tra lo scrittore e l’opera; è solo un procedimento tecnico che gli permette di conseguire l’effetto artistico per il quale nella narrazione non si avverte la sua presenza (eclissi dell’autore) Ricordiamo altri scrittori veristi: • Matilde Serao: nata in Grecia ma vissuta a Roma e a Napoli, fu giornalista, scrittrice e autrice di novelle e romanzi. Ella aderisce al Verismo nel periodo tra il 1880 e il 1909. Nelle sue opere ci offre un’immagine concreta e viva della città partenopea, anche per l’influsso dei veristi siciliani. Animata da un forte impegno sociale e culturale e fu attenta alle condizioni di vita delle classi povere, ma descrisse anche i salotti borghesi e aristocratici. Studi di ambiente possono essere definiti i due racconti lunghi che si ricollegano a esperienze autobiografiche: Scuola normale femminile e Telegrafi di stato. Un’importante inchiesta giornalistica dal titolo Il ventre di Napoli le fornisce il materiale per il romanzo Il paese di Cuccagna, che illustra la follia collettiva napoletana per il gioco del lotto. • Federico De Roberto: formatosi alla scuola di Capuana e di Verga, nato a Napoli ma vissuto quasi sempre in Sicilia, terra d’origine della madre. Fu scrittore di novelle e di romanzi nei quali studiò soprattutto la natura del sentimento amoroso e i caratteri della femminilità. Fu amico di Verga e Capuana e accettò i principi di poetica verista accentuandone l’impassibilità e lo sforzo per raggiungere una rappresentazione oggettiva, anche se, influenzato da un autore francese, Paul Bourget, cercò di approfondire l’indagine psicologica dei personaggi. Il suo romanzo più celebre è I Viceré dove riuscì a raggiungere un buon equilibrio fra queste tendenze diverse. In questo romanzo si narrano le vicende di una nobile famiglia siciliana sullo sfondo degli avvenimenti storici che portarono all’Unità d’Italia. Talora nell’opera, pur improntata al canone dell’impersonalità, traspare la condanna dell’autore contro la meschinità e l’arrivismo della nobiltà. Altre opere importanti sono una raccolta di novelle come La sorte, Documenti umani e Processi verbali e romanzi come Ermanno Raeli, Messa di nozze e L’imperio. Unica eccezione è il racconto La paura in cui descrive gli orrori della guerra con toni privi di retorica e bellicismo. • Grazia Deledda: nacque in Sardegna e vissuta a lungo a Roma, pose al centro delle sue pagine il mondo rurale e pastorale della sua isola, descrivendone le tradizioni arcaiche e la natura selvaggia. Si discuteva se la sua opera doveva collocarsi all’area del Verismo o a quella del Decadentismo. Certamente le prime raccolte di novelle, Fior di Sardegna e Racconti sardi, e il primo romanzo La via del male sembrano legate a una poetica verista e rendono testimonianza di una civiltà e di una cultura sarda pressoché ignorata. Ma le opere maggiori quali Elias Portolu, Canne al vento, La madre sono piuttosto romanzi psicologici e presentano il tema del peccato e dell’espiazione (già presente del resto nel primo romanzo). Anche la Sardegna, ritratta dapprima in termini naturalistici, appare poi trasfigurata miticamente nei suoi costumi, nelle sue tradizioni, nelle passioni dei personaggi. Nell’indagine psicologica die protagonisti delle novelle e dei romanzi deleddiani si sente l’influenza della narrativa realista francese inglese, ma soprattutto il fascino della letteratura realista russa. Il successo, in Italia e all’estero, della sua vastissima produzione valse il premio Nobel nel 1926. • Il senese Federigo Tozzi, pur essendo vicino alla letteratura naturalista e verista, manifesta le inquietudini tipiche di una nuova sensibilità, che la critica avvicina a quella di Svevo e di Pirandello. • Antonio Fogazzaro: presenta tendenze sia romantiche, sia realistiche, sia decadenti. Uno dei suoi romanzi più fortunati, Malombra, fu pubblicato, con grande consenso di pubblico, nel 1881, lo stesso anni dei Malavoglia di Verga. I principi della poetica verista In mancanza di un manifesto programmatico, la Prefazione ai Malavoglia di Giovanni Verga, fu ritenuta la più completa dichiarazione di poetica verista. I principi basilari sono: • L’opera letteraria e artistica deve costituire un «documento umano» • Deve avere vita autonoma perciò l’autore deve scomparire (principio dell’impersonalità e dell’eclissi dell’autore • Il linguaggio deve adeguarsi al vero ed essere perciò schietto e semplice. Allo stesso tempo, deve saper riprodurre il modo di parlare e di pensare dei personaggi e perciò adottare una pluralità di registri stilistici che si adattino ai livelli culturali dei vari personaggi (regressione) Giovanni Verga riprese da Zola e da Balzac l’idea di comporre un ciclo di romanzi. Secondo il suo originario progetto il Ciclo dei Vinti doveva essere composto da cinque romanzi che dovevano documentare la società dal più basso al più alto livello. L’intento era quello di dimostrare che il progresso umano si attuava secondo una legge naturale che vedeva vincere il più forte sul più debole. Verga tuttavia non riuscì a portare a termine il ciclo: si fermò ai primi due libri che descrivono il mondo dei poveri pescatori (i Malavoglia) e la vita di un capomastro che riesce a crearsi una fortuna (Mastro- Don Gesualdo), lasciando incompiuti quelli che dovevano descrivere il mondo delle classi più elevate. Differenze tra Romanzo Naturalista e Romanzo Verista Il Romanzo Verista italiano accoglieva quindi l’insegnamento di Zola, ma lo interpretava in maniera meno costrittiva. Per quanto riguardava le idee: • Al contrario del romanzo naturalista, quello verista non è animato dallo slancio ideale e dall’intento di contribuire alla formazione di una coscienza sociale: il suo scopo è conoscitivo, è quello di approdare a una scienza del cuore umano; • Alla concezione fiduciosa e ottimistica tipica dei naturalisti francesi si contrappone nei veristi italiani una visione profondamente pessimistica della vita: non è possibile cambiare la società: • Il romanzo verista non respingeva quella concezione in cui il comportamento dell’uomo è determinato dalla sua costituzione fisica, dalle circostanze ambientali e sociali in cui vive, ma lo interpreta in modo meno meccanico e lo apre all’influenza di altri fattori, culturali, mentali e psicologici, che caratterizzano ciascun individuo o gruppo umano. Per quanto riguarda la materia narrativa: • Il romanzo naturalista è normalmente ambientato nelle metropoli industrializzate francesi e si concentra sulle condizioni di vita del proletariato urbano; il romanzo verista trattava il mondo contadino italiano, misero e arretrato. E cosi la ricerca scrupolosa della verità spingeva i romanzieri veristi a esplorare in profondità il mondo che meglio conoscevano, cioè quello delle loro regioni di provenienza. Ne emerse che l’Italia anche se unita, in realtà era divisa in modi particolari e diversi, che i romanzieri veristi ebbero il merito di mostrare. Le opere e le novità stilistiche verghiane Quindi l’ambiente siciliano dei contadini e dei pescatori venne descritto da Giovanni Verga nelle novelle delle raccolte Vita dei campi (1880) e Novelle rusticone (1883) e nei grandi romanzi I Malavoglia e Mastro- don Gesualdo. In queste opere emerge il ritratto di una regione sconvolta dal fervore etico delle lotte risorgimentali, eppure rimasta immutata, incapace di riconoscersi in un’Italia nuova e unita, orgogliosamente esaltata dal mito positivista del progresso. Dal punto di vista narrativo Verga avvia la dissoluzione delle strutture compositive del romanzo ottocentesco. Per realizzare questa innovazione nella forma del romanzo, che si discosta anche dai canoni della poetica di Zola, Verga ricorre ad alcune tecniche narrative che danno alla sua opera grande originalità. • La prima è l’eclissi dell’autore, cioè la sua scomparsa del racconto: non sentiamo più la voce esterna che descrive ordinatamente, spiega o commenta le azioni e i pensieri dei personaggi • A quella dell’autore Verga sostituisce le voci dei personaggi: sono loro che «narrano» la loro vicenda attraverso i propri dialoghi, i propri pensieri, sono loro a mettersi a nudo davanti al lettore nel proprio ambiente. Questo meccanismo è definito regressione perché in questo modo scompare ogni formi di superiorità (intellettuale o sociale) da parte dell’autore e il narratore e lo scrittore diventano due individui distinti. • Questo meccanismo di distinzione permette di mettere a fuoco i valori della comunità e dei personaggi protagonisti, che in genere sono l’interesse, l’avidità, la violenza. Essi sono accettati senza esitazioni dai personaggi, mentre rivelano agli occhi dello scrittore prima, e del lettore poi, la loro assurdità, suscitando lo straniamento ossia un’impressione di estraneità • Il linguaggio usato tende il più possibile all’oggettività e all’accurata riproduzione di ciò che pensano e vedono i protagonisti • Queste tecniche trovano tutte realizzazione attraverso la sintassi. Verga adopra due accorgimenti come la paratassi e il discorso indiretto libero, ossia la tecnica attraverso cui nella narrazione vengono inseriti direttamente i pensieri e le parole dei personaggi senza sottolinearli con i segni e le espressioni abituali.