Dinastia Giulio-Claudia:
Augusto aveva designato Tiberio come suo successore. Tiberio ha una pessima nomea, ma
fu migliore di come venne ricordato, poiché cercava di tenere tutto sotto controllo.
Dopo Tiberio vi fu Caligola (figlio del fratello di TIberio, Germanico), uomo dispotico, pazzo,
solitario.
Claudio
-zio di Caligola
-politica equilibrata nelle forze sociali e lucida, accorta in campo economico, rispetto della
tradizione
-favorisce la romanizzazione
-incarichi a liberti greci→ malcontento aristocrazia e ceto equestre
-risana le finanze
-realizza grandi opere pubbliche
-4 moglie Agrippina, adotta Nerone (precedenti nozze di Agrippina)
-muore nel 54 forze avvelenato da Agrippina accordatasi con Burro
Nerone
-17 anni imperatore
-”quinquennio aureo” (54-59) governo Agrippina-Burro-Seneca→ politica moderata seppur
con spiccate connotazioni assolutistiche
-Nerone assolutismo dispotico, megalomane e sanguinario, dedito a sfrenatezze (uccide il
fratellastro Britannico e 59 madre, 62 muore Burro in circostanze non chiare e sostituito da
Tigellino ostile a Seneca e secessus e anche prima moglie Ottavia)
-Contrasto princeps-senato aperto descritto da Tacito (descrive Nerone sfarzoso, mirante
alla popolarità e culto divino della persona)
-riforme politica estera e economia (riforma monetaria di alleggerimento peso monete d’oro
e d’argento, cambiando il rapporto di vantaggio tra le due, e sedate rivolte)
-64 incendio di Roma e sospetto che fosse causa di Nerone per costruire la Domus Aurea
-prima persecuzione dei cristiani (incolpati dell’incendio)
-65 congiura di Gaio Calpurnio Pisone (famiglia aristocratica senatoria) ma fu sventato il
complotto (Seneca costretto a suicidarsi)
-ribellione al regime di Nerone dalle province (Gallia) fino in Spagna (Servio Sulpicio Galba
acclamato imperatore da truppe e poi dal senato fu nominato capo del principato)
-Nerone fu abbandonato anche dai pretoriani mentre fuggiva da Roma si diede alla morte
per non cadere nelle mani degli inseguitori
CONTESTO CULTURALE
DA TIBERIO A CLAUDIO
Tiberio e Caligola→conflitti intellettuali-potere dure repressioni, censura storiografica per
tenere sotto controllo l’attività letteraria e non divenissero stimolo di dissenso e opposizione
Con Tiberio:
-condannata al rogo opera filorepubblicana di Cremuzio Cordo, per aver esaltato i cesaricidi,
fu processato e prima della condanna si suicidò
-condannata al rogo opera Mamerco Emilio Scauro per lesa maestà e perseguitato per
allusioni tiranniche
Con Caligola:
-all’esilio un retore che aveva “declamato” contro i tiranni
-Fatto bruciare vivo un poeta per una battuta con doppio senso
Tutti gli imperatori della dinastia giulio-claudia si dedicavano volentieri alla letteratura ma
nulla è rimasto della loro produzione letteraria (non risulta nemmeno essi abbiano realizzato
una loro politica culturale: no corte imperiale un centro d’irradiazione di cultura aggregando
intorno a sé un gruppo di intellettuali)
NERONE
-Rigogliosa fioritura letteraria (opere di Seneca, romanzo di Petronio…) anche con caratteri
di novità e di originalità
-Nerone promuove le lettere e le arti (politica culturale) ed è il più interessato e appassionato
della dinastia giulio-claudia (come Augusto)
-Appassionato di poesia scrive un poema mitologico: i Troica (vicende troiane)
-Intraprende iniziative tendenti all’ellenizzazione della cultura e del costume (ludi di tipo
greco: Neronia, criticate dai tradizionalisti scandalizzati che l’imperatore costringesse ad
esibirsi in pubblico e che lui stesso desse l’esempio esibendosi)
-Amava esibirsi nelle recitationes sia a corte sia in teatro (riscuoteva ovviamente successi e
intensificò queste attività specialmente quando si liberò di Seneca)
-67-68 tournée in Grecia (concorsi sportivi, poetici e musicali a suo onore nelle città)
-Stimola la ripresa delle lettere (letteratura come divertimento e piacere sofisticato e
politicamente disimpegnato)
SENECA
Lucio Anneo Seneca nacque a Cordova, in Spagna, nel 4 a.C. (forse) da una ricca famiglia
provinciale di rango equestre.
Famiglia di retori (preparavano i politici a discorsi in pubblico, alla retorica…) e studiò anche
in Egitto.
A Roma svolse la sua istruzione retorica e filosofica (nelle “Epistole e Lucilio” ricorda i suoi
maestri: Fabiano, Attalo, Sozione per i costumi sobri e rinunce a cose considerate indizio di
mollezza (tanto che Seneca usava solo l’acqua fredda e inaugurava l’anno nuovo con una
nuotata sul Tevere) → vita contemplativa poi abbandonata per non dispiacere a suo padre.
Intraprese il cursus honorum e rivestì la questura.
Grandi abilità oratorie ma rapporti difficili con il imperatori:
-Caligola progettò di farlo uccidere, poi desistette solo perchè una donna lo aveva convinto
che Seneca era malato e sarebbe morto in poco tempo
-Claudio nel 41 a.C. lo accusò di adulterio con Giulia Livilla e lo condannò all’esilio.
Solo nel 49 a.C. fu richiamato a Roma grazie alla nuova moglie di Claudio, Agrippina.
Sempre grazie ad Agrippina Seneca diventa il precettore di Nerone (figlio che Agrippina
aveva avuto da un matrimonio precedente e che aveva fatto adottare da Claudio)
Contribuiva al potere politico istruendo Nerone (nel 54 Nerone divenne imperatore non
ancora diciottenne e Seneca consigliere imperiale) → in realtà il potere lo avevano Seneca,
Agrippina e il prefetto del pretorio Burro.
Il sapiens contribusce comunque alla politica romana senza essere immischiato negli intrighi
del palazzo (posizione di distanza e di distacco) → non fa politica attiva
Incarico di Seneca: educare Nerone, incidendo di conseguenze nella società; per i primi anni
Nerone impara a stare il mondo ma poi cambierà strada tanto che Seneca sarà costretto a
suicidarsi.
Seneca è legato al tema del rapporto tra l'intellettuale e il potere dinastico (a seconda di
come va questo raccordo, gli intellettuali si comportavano e venivano trattati).
Nel “De clementia” Seneca esprime la speranza di rendere Nerone un sovrano esemplare
(solo illusione)
Nel 59 fece uccidere la madre (Seneca sicuramente in qualche misura complice e
corresponsabile) → posizione di Seneca si fece sempre più debole
Nel 62 morì Burro e fu sostituito da Tigellino → SECESSUS: Seneca si ritira a vita privata
per ragioni di età e salute→ ultimi anni dedito agli studi e all’attività letteraria (come fin dalla
giovinezza aveva aspirato e che aveva sempre lodato e raccomandato)
Nel 65 fu accusato (non si sa se fu complice o meno) di complicità nella congiura pisoniana
(di Gaio Calpurnio Pisone) contro l’imperatore e fu costretto a suicidarsi
Morte con coraggio, serenità e nobiltà d’animo (“MORTI FILOSOFICHE” di Socrate)
Suicidio stoico→ costretti a suicidarsi, anche il suicido appartiene a questo ambito del
distacco, forma di resistenza, ribellione SUICIDIO POSITIVO (come Catone). Morti gloriose
in cui l’uomo afferma sé stesso. Imperturbabilità (non si smuove dalla sua coerenza)
Molte sue opere sono perdute e di altre ci sono solo frammenti (“Moralis philosophiae libri”,
“De matrimonio”...)
PENSIERO
Concetto fondamentale: la vita non è breve, sono gli uomini a renderla tale, sprecandola.
Negotium→ L’uomo spreca la vita in piaceri terreni, cercando ricchezza, vivendo solo di
lavoro (negotium→ deriva da otium). Gli occupati sono tutti coloro che lavorano: soldati,
mercanti… (negotium-occupati) NEGATIVO Nutre le tasche
Otium→ L’unico che sa godere la vita è il sapiens: colui che vive pienamente perchè la nutre
di altre cose e non negotium, ma lettura, pensiero, speculazione filosofica… Ozio letterario
dell’uomo sapiens e anche civis (otium-sapiens) Il saggio nutre la mente
TEMI
Tema della ciclicità del tempo: il passato è davanti a noi, il futuro è alle nostre spalle (perchè
non sappiamo cosa sia)
LINGUA E STILE
Seneca deve coniare una nuova lingua, utilizza spesso metafore economiche (mentre parla
dello sprecare la vita) e dello scorrere dell’acqua (fluo)
Riferimenti alla concinnitas ciceroniana: organizzazione e uso della lingua razionale e
ordinato
Seneca usa una “inconcinnitas”: usa una concinnitas disordinata (varie parti legate da ellissi
del verbo, figure retoriche (usa molto la variatio→ cambia il termine di continuo, sinonimi…,
figure etimologiche→ parole con la stessa origine etimologica)
Perché mentre Cicerone aveva un obiettivo, Seneca deve persuadere senza lusingare
l’ascoltatore, deve coniare una lingua nuova, quindi rivede la concinnitas ciceroniana
(pubblico di Seneca: ceto dirigente→ modifica la loro mentalità per aiutare la popolazione,
perché sono loro che hanno in mano la politica)
CORRENTI FILOSOFICHE
I DIALOGHI
Dialoghi→ dieci opere di argomento filosofico pervenute a noi (10 opere, 12 libri→ 1 opera di
9 libri e il “De ira” in 3 libri)
Non veri e propri dialoghi come platonici e ciceroniani, poiché la discussione non è tra 2 o
più personaggi in ambientazione storica
L’autore in Seneca parla in prima persona con l'interlocutore (che coincide con il dedicatario
dell’opera) → dialoghi caratterizzati dall’impostazione tipica della diatriba cinico-stoica:
impostazione discorsiva, tendenza a rivolgersi sempre al destinatario in modo diretto in una
discussione, molte domande e obiezioni di un interlocutore fittizio (portavoce delle opinioni
comuni e posizioni diverse che non sempre è il dedicatario→ presentato con formule come
“si quis dicat” )
3 discorsi rivolti alla madre Elvia e ad un liberto dell’imperatore (per consolarli)
7 discorsi sono trattati su argomenti diversi
Datazioni incerte.
-DIALOGHI CONSOLATORI
Più antico: “consolatio ad Marciam” prima dell’esilio nel 37 forse
Consola Marcia (donna dell’alta società romana) sofferente da 3 anni per la perdita del figlio
Metilio.
“consolazione filosofica” tipica della letteratura greca e latina (CONSOLATIO di Cicerone)
Riprende il repertorio per consolare chi ha subito un lutto e si impegna a dimostrare che la
morte non è un male, ma fine di tutto o passaggio a una vita migliore. (CONSOLATIO
MORTIS)
Conclude con l’elogio a Metilio e la sua apoteosi immaginando il nonno Cremuzio lo accolga
in cielo dove ci sono le anime degli uomini grandi (influsso del “somnium scipionis” di
Cicerone)
Opera ha carattere retorico (temi tradizionali e stile elaborato) → capacità di rielaborare
luoghi comuni e padronanza mezzi espressivi.
Alla fine con la PROSOPOPEA fa parlare Cremuzio Cordo
“Consolatio ad Helviam matrem” → destinataria è la madre dell’autore che soffre per la sua
condanna e lontananza
Usa la tradizione filosofica greca riguardo l’esilio: l’esilio non è un male ma solo un
mutamento di luogo (usa fonti stoiche), l’unico vero bene (la virtù) non viene tolta all’uomo
(il saggio ha come patria il mondo intero→ cosmopolitismo stoico)
Anche temi più specifici e personali: Elvia esortata a seguire esempio di donne coraggiose e
cercar conforto in studi e affetto di altri familiari e pensare al figlio sereno e dedito alla
filosofia, ricerca e contemplazione della verità
Opera ha tono di affettuosa intimità e nobile dignità e il filosofo vuole trasmettere di sé
l’immagine di un uomo che, colpito dalla sventura, mantiene una virile e magnanima serenità
“Consolatio ad Polybium” → rivolta a un potente liberto dell'imperatore Claudio in occasione
della morte del fratello (CONSOLATIO MORTIS). è inutile compiangere chi non è più in vita
perché “aut beatus aut nullus est” (o è felice o non esiste più)
Tuttavia lo scopo di Seneca (richiamo dall’esilio) e la posizione del destinatario
condizionano→ pretesto per supplicare il sovrano (tono adulatorio con elogi e encomiastico:
esalta le imprese militari)
Alla fine fa parlare Claudio con la FIGURA DELLA PROSOPOPEA per fargli rievocare
personaggi della dinastia giulio-claudia che avevano affrontato lutti con forza d’animo
Atteggiamento diverso rispetto a “ad Helviam" (non tutti ad polybium la attribuiscono a
Seneca→ difendono il filosofo dalle accuse di insincerità)
In realtà è un’opera sincera perché era una confessione di una sconfitta morale.
-DIALOGHI-TRATTATI
“De ira” dopo la morte di Caligola (41) sono 3 libri in cui vuole combattere l’ira (impulso che
offusca la ragione e deve essere prevenuta e placata)
Mantiene una posizione stoica e va contro la dottrina peripatetica→ ira non è mai accettata
né utile, è simile alla follia (esempio di Caligola che sfoga il suo odio dimostrando la sua ira e
associandolo ad una belva assetata di sangue)
“De brevitate vitae” dopo l’esilio (49) dedicato all’amico Paolino in cui sostiene che la vita se
sai farne buon uso è lunga (vita, si uti scias, longa est), ma gli uomini la dissipano in
occupazioni frivole e vane (negotium VS otium e occupati VS sapienti, che conoscono il retto
uso del tempo dedicandolo alla ricerca della verità e della saggezza)
Gli occupati si privano della possibilità di assicurarsi l’AUTàRKEIA (autosufficienza, ossia
libertà da ogni condizionamento esteriore, che sola può assicurare la pace e la serenità)
“De vita beata” quando il filosofo era al fianco di Nerone in due parti
Prima parte→ carattere teoretico: dottrina morale stoica felicità=vita secondo natura/ragione.
Sommo bene=O virtù (contrario agli epicurei: sommo bene=piacere)
Seconda parte→ carattere polemico con implicazioni personali (respinge le critiche di chi
accusa i filosofi di incoerenza, non vivendo secondo i precetti che professano).
Accusa indirettamente i suoi nemici che avevano enormi e sempre crescenti ricchezze e vita
dispendiosa (contro dottrina stoica che promuoveva stile di vita sempl e austero)
Le ricchezze permettono al filosofo di disporre di un campo più vasto in cui esercitare le virtù
(non le ama e non soffre se ne è privato)
“De tranquillitate animi” quando era con Nerone. Dedicato all’amico Anneo Sereno che
Seneca immagina si rivolga a lui per chiedere aiuto in condizione di instabilità spirituale.
Seneca descrive sintomi e manifestazioni di un animo inquieto e insoddisfatto e propone
alcuni rimedi pratici per raggiungere la “tranquillità d’animo” (euthymìa): parsimonia,
frugalità, vita attiva per il bene comune…
“De otio” subito dopo o prima al ritiro (62). Si rivolge a Anneo Sereno affrontando tema
impegno e disimpegno (superiorità vita attiva o contemplativa? politica attiva si o no?)
Validità della scelta dell’otium (stoici: si impegno politico se le circostanze non glielo
impediscano = epicurei: no impegno politico a meno che le circostanze non impongono)
Impossibile trovare uno stato in cui il filosofo possa agire coerentemente con i suoi princ
“De providentia” datazione incerta. Risponde all’amico Lucilio in cui chiede perché i buoni
sono colpiti dai mali se provvidenza divina? Seneca risponde che non sono veri mali ma
sono prove a cui gli dèi sottopongono i buoni per il loro perfezionamento morale
“De constantia sapientis” datazione incerta. Dedicato ad Anneo Sereno. Seneca dimostra le
tesi stoica: il saggio è invulnerabile alle offese e oltraggi perchè possiede la virtù (unico bene
per lui è la virtù)
TEMI
Nei dialoghi Seneca vuole guardare la vita reale cercando di aiutare gli uomini ad adottare
un’arte di vivere (pratica) capace di smascherare falsi valori derivanti da errate valutazioni
degli uomini e scatenanti affectus (affezioni dell’animo che impediscono equ. int e felicità)
Rimedi pratici per i mali dell’anima.
Terapia: persuadere il “malato” a cambiare vita rimuovendo paure, dubbi con l’admonitio
(ammonizione, esortazione). Il lettore diventa attivamente partecipe del processo terapeu.
Errores: qualità della vita dell’uomo che vede la realtà come caotica e frammentata, si sente
in balìa della fortuna e senza difese (problema causato dall’ignoranza o
dall’inconsapevolezza della precarietà della condizione umana: noi destinati a perire
riceviamo cose destinate a perire -De providentia)
-La paura della morte è immotivata: no punizione ma lex naturae (importante impiegare il
tempo nella sapientia sapendo l’imminenza della morte) concetti di “De brevitate vitae”
sapiens vs occupati. suicidio stoico
-La felicità va ricercata nella virtù: carriera politica e beni materiali sono indifferentia (nè
bene nè male e quindi bisogna darci il giusto peso per non divenirne schiavi)
-è importante avere cura della propria interiorità: l’animus (sede della ratio) è il mezzo per la
piena consapevolezza della realtà. Con la meditatio si possono intens. i rap. con l’io
-Dedicarsi alla vita contemplativa permette di giovare a sé stessi e agli altri (bisogna però
ritirarsi con dignità nel momento giusto dalle occupazioni)
-Il percorso verso la sapienza è difficile (Seneca non nasconde le accuse di incoerenza tra
parole e azioni). Seneca SA DI NON ESSERE UN SAPIENS, MA UNO DEI PROFICIENTES
(coloro che stanno facendo un perfezionamento morale, un adfectator sapientiae)
LE EPISTOLE
Genere della diatriba cinico-stoica→ scambio di vedute su qualche argomento con
interlocutori anche fittizi
Non si sa se effettivamente abbia spedito queste lettere
Le lettere a Lucilio sono state scritte per essere pubblicate (hanno veste letteraria)
3 paragrafo
Serie di interrogative indirette
Allitterazioni
“quando tibi usus...”: quando sei stato in possesso di te stesso (essere coscienti, non
sprecare il tempo, prendere decisioni da sé)
Lui lavorava sotto un padrone pericoloso (Nerone) e non doveva prendere decisioni da sé
“aevus”: termine usato da Seneca per indicare il tempo in alternativa a “tempus” (Variatio
non lessicale, ma semantica (tempus ha a che fare con il tempo fisico)
“te non sentientem”: molto forte (in ablativo assoluto) litote
“vanus dolor….laetitia…” tutti soggetti
“blanda conversatio” NO SEDUCENTE RELAZIONE (come nel libro), ma frequentare gente
inutile (blando: senza spessore, vuoto)
“tibi...tuo”: variatio e figura etimologica
“intelleges te inmaturum mori”: sentenza (tu muori prima di morire→ quando arriva la morte
sei già morto perché non senti più niente, non avverti le cose)
“inmaturum mori”: allitterazione m
4 paragrafo
“Tamquam semper victuri vivitis…” sentenza
“victuri vivitis”: poliptoto
Participio futuro che da l’idea di proiezione nel futuro
“vobis...vestra”: figura etimologica
Incastra i soggetti in mezzo alla frase
“Ille...dies”: iperbato
“Ille” sottintende dies
“mortales timetis” e “immortales concupiscitis”: antitesi
“mortales...immortales”: coppia antitetica e figura etimologica
Termina con una sententia
Il De brevitate vitae:
1. Tesi: la vita non è breve, la rendiamo noi breve
2. Binomio occupati (lavoratori: politici, mercanti, soldati) e sapienti (non sprecano
tempo, ma dedicano il tempo allo studio e alla cura di sé, coltivare studi, mente,
passioni)
Il sapiente stoico si può dedicare alla politica ma nel campo etico ed educativo (educere:
portare fuori dalle persone la parte costruens e non destruens)
3. Paolino è il destinatario e l’interlocutore del de brevitate vitae ed è il prefetto
dell’Annona, forse il suocero (padre di Paolina)
4. Date di composizione del dialogo: o 49 (quando andò in corsica) o 62 (epoca in cui si
ritirò dalla vita politica)
5. Tem del tempo: deve scorrere in modo adeguato e non scorrere come giù da una
rupe
Traduzione:
La maggior parte dei mortali, o Paolino, si lamenta della cattiveria della natura, poiché siamo
generati poiché nasciamo per un tempo brevissimo perchè lo spazio di tempo (i giorni) che
ci è concesso (che è dato a noi) passa così rapidamente a tal punto che a parte poche
persone la vita abbandona tutti gli altri mentre si preparano a vivere.
Di questa disgrazia si lamentano sia gli uomini sciocchi che gli uomini famosi
“la vita è breve, la ????????????
METTI LA TRADUZIONE
Domanda retorica
“uti”: avverbio deponente
“Illa...est”: sentenza
tu: metaforico (tu uomo, valore universale) → alta letteratura deve rivolgersi ad un tu
universale
“alium...alium..”: anafora
“alius...alius…”: anafora
“alium… alius…”: polittoto
Lunga enumerazione di alium-alius
1. soggetto: avaritia insatiabilis, alium: complemento oggetto;
2. soggetto: operosa sedulitas legata ad un tenet in ellissi e alium: complemento
oggetto
3. soggetto: alius, madet vino: ubriaco fradicio
4. soggetto: alius, inertia torpet: l’ozio che imbruttisce (inertia: compl di limitazione)
5. soggetto: ambitio (termine legato al campo semantico negativo in questo caso, però
è una vox media, che può aver un valore positivo o negativo a seconda del
contesto), alioum: complemento oggetto
6. soggetto: cupiditas mercandi (frenesia del commercio), alium: complemento oggetto
(omnis sta per omnes, è arcaico), praeceps è un avverbio rafforzativo di cupiditas.
“Lucri”: campo semantico negativo