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Italiano.

Gabriele d’annunzio.
Nasce a Pescara, si trasferisce a Roma, ma attratto dalla vita
mondana si allontana dagli studi, per poi comporre e
pubblicare “Il piacere”, romanzo che ebbe molto successo.

Si avvicina e condivide la teoria nietschana del superuomo.

La poetica dannunziana è molto vasta e divisibile in tre


momenti produttivi della sua vita.

Il primo è l’estetismo: D’Annunzio intendeva la vita come opera


d’arte, in uenzato indubbiamente nella ricerca quotidiana del
bello. La bellezza in questo periodo è il valore assoluto, ricerca
ultima del poeta vate. L’arte veniva intesa come espressione di
bellezza in totale libertà, così come la vita pratica svolta
all’insegna della ricerca del bello in assoluta libertà, seguendo
la propria idea di purezza estetica.

Il secondo momento produttivo della poetica dannunziana è il


panismo. Per panismo intendiamo il superamento del distacco
del rapporto uomo-natura. Pan, dio greco della natura, è in
ognuno di noi, l’uomo si mescola con elementi naturali,
diventando parte del gioco naturale, immerso all’interno del
corso del mondo. Emblematico è il componimento “La pioggia
nel pineto”. L’uomo diventa natura, nel tentativo di ergersi sugli
altri, lo scopo del componimento è quindi superomistico.
L’uomo si fonde con la natura grazie all’interazione di
quest’ultima col soggetto. Le mani, i volti, i vestiti e la
vegetazione del sottobosco vengono bagnati dalla pioggia vera
protagonista che supera il rapporto distaccato tra natura e
uomo.

Il terzo momento della poetica dannunziana è il Superomismo.


Il superuomo, introdotto da Nietzsche, è una gura per la quale
non valgono le regole morali e i comportamenti delle altre
persone. Nulla viene riconosciuto universalmente per via della
posizione elevata che vuole assumere sulla realtà. Il
superuomo di D’Annunzio segue l’idea di eroe tradizionale e
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cioè colui che al di sopra della realtà tutto può. Questa
condizione, però, porta lo stesso all’isolamento nel Vittoriale,
solo per la propria visione di vita, lontano dal contatto con la
morale comune.

Luigi Pirandello.

È uno dei maggiori esponenti della cultura italiana


novecentesca. Pirandello, come anche Italo Svevo, nelle sue
opere coglie perfettamente la crisi morale dell’io dei primi anni
del novecento. Sono anni di trasformazioni, nulla di ciò che era
ritenuto veritiero in passato è accettabile in questi anni. Nella
sua opera il mondo non è più conoscibile con occhio razionale,
i valori sono soggettivi e vi deve essere libera interpretazione
da parte del singolo nei confronti della società. Pirandello vede
tutta la realtà come nzione, non vi è più alcuna certezza.
Interessanti sono le modalità con le quali decide di narrare le
imprese di Mattia. L’ironia diventa fondamentale nel romanzo.
Accoglie la visione bergsoniana, secondo la quale l’ironia è il
distacco vero dalla realtà.

Nel suo romanzo più celebre, “Il fu Mattia Pascal”, viene


esposta la narrazione della crisi personale di un uomo,
situazione ascrivibile in chiave universale a tutto il contesto
storico in questo periodo. Mattia vinta la lotteria e scoperto il
suicidio di un uomo scambiato per egli stesso dalla moglie e
dalla madre, si trasferisce a Roma sotto il falso nome di
Adriano Meis. Qui si innamora della glia del proprietario di
casa, per poi inscenare nuovamente il suicidio. Girerà l’Europa,
ed è solo ora che si rende conto di quanto il suo io sia
diventato inconsistente. Mattia o Adriano non ha più alcuna
certezza, è smarrito nella ricerca di se stesso, sforzandosi di
trovarla lì dove non vi è nemmeno più un briciolo di memoria.
L’estraniamento costruisce un muro di vetro tra Mattia e la sua
vera identità. Spaesato da questo senso di vuoto interiore,
decide di ritornare nel paese d’origine. Arrivato scopre che la
moglie si è risposata con un uomo dal quale ha avuto un
bambino. Mattia non esiste più, non è altro che un forestiero in
cerca di ricostruzione morale personale, che guarda la realtà
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distaccatamente, senza potervi interagire realmente. Tutto è
solo un lontano ricordo, non più un ancora alla quale
aggrapparsi, bensì una nube che non lascia intravedere nulla
chiaramente.

Italo Svevo.
Di origini tedesche si trasferisce in Italia, a Trieste, sotto il nome
di Italo Svevo. A seguito di un incontro con James Joyce e
Freud, intraprende la stesura del suo maggior romanzo, “La
coscienza di Zeno”. Questo romanzo inaugura la stagione
letteraria italiana, e non solo, del novecento. È il primo romanzo
mondiale nel quale l’autore intende analizzare i tratti psicologici
del protagonista, svolgendo un lavoro di psicoanalisi, introdotta
da Freud qualche anno prima.

Zeno è impiegato in banca. A seguito di disturbi mentali decide


di consultare uno psicoanalista, il dottor S., il quale
immaginariamente nel romanzo racconta la storia di questo
paziente. Ogni capitolo del romanzo ripercorre le tappe
fondamentali della vita di Zeno, sintomo di malessere interiore.
Zeno incarna a pieno la gura dell’inetto, colui che vorrebbe
ma non è in grado di agire. Il suo malessere è dettato dal suo
stato interiore nei confronti della società. Il fumo è il vizio più
grande in Zeno. Egli vorrebbe smettere, ma non riesce, così
come detesta il suo lavoro, ma teme di non poterne trovare un
altro. Il motivo delle sue nevrosi è il disagio esistenziale che egli
prova. Non è in grado di distinguere ciò che sia giusto per se
stesso. Tuttavia la malattia è ciò che lo distingue dai “sani”,
avvolto nella sua singolare “diversità”.

Giuseppe Ungaretti.
Fu uno dei padri fondatori dell’ermetismo assieme a Montale.
La poesia ungarettiana, così come montaliana, viene de nita
ermetica per via della complessità del messaggio contenuta nei
componimenti, espressa da semplici espressioni simboliche ed
aride. Si nota un forte distacco dall’articolata poesia classica. I
poeti ermetici, infatti, a ermano di voler restituire il prestigio
perso dalla poesia sempre più abusata. Ricorda la poetica
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francese di Baudelaire e quella tedesca di Rilke, per l’utilizzo di
simboli per spiegare concetti ben complessi. La poesia per
questi autori deve essere libera, ri utano schemi metrici così
come le gure retoriche. Lo scopo non è quello di realizzare
una poesia aulica, ma quello di sottolineare l’importanza
dell’espressione del pensiero. Ungaretti, arruolatosi
volontariamente per la Grande Guerra, compone poesie sulla
caducità della vita umana, in uenzato dagli scenari di battaglia.
Soldati è un componimento di soli 4 versi. I combattenti
vengono paragonati a delle foglie in autunno, in bilico tra la vita
e la morte. Non sanno quando cadranno, ma sono consapevoli
che accadrà.

Eugenio Montale.
Esponente ermetico insieme ad Ungaretti, Montale viene
in uenzato indubbiamente dal ventennio di guerre che travolse
l’Europa. Montale utilizza un espediente poetico che prende il
nome di “correlativo oggettivo”, tratto dalla poetica dell’autore
americano Thomas Eliot. Consiste nell’inserire all’interno del
testo oggetti reali che siano in grado di descrivere e suscitare
emozioni nel lettore alla sola idea dell’oggetto. Ricorrenti sono
le descrizioni del paesaggio ligure arido e ostile all’esistenza
umana.

Nella poesia “Meriggiare pallido e assorto”, vengono descritte


le ore di un caldo pomeriggio ligure, nel lasso temporale in cui
è troppo caldo per uscire in strada. Il sole è ostile e picchia sul
corpo del poeta, il quale riconoscere che vivere è come
passeggiare da soli, mentre costeggia un muro che gli
impedisce la visione dell’orizzonte. Rappresenta i doveri della
vita e la barriera che si pone tra le cose e il vero conoscimento
del senso dell’esistenza. Il male di vivere assume un’accezione
universale, e la poesia non è ciò che ci permette di alleviarlo,
bensì di conoscerlo meglio. Accetta la so erenza
consapevolmente senza accantonarla.

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Umberto Saba.
Nella poesia “A mia moglie”, Saba riutilizza forme metriche
tradizionali, ritorna la purezza e l’intimità dei sentimenti
esportati nel mondo reale. La moglie viene descritta tramite
l’utilizzo di numerosi paragoni col mondo animale. Il testo
assume le sembianze di una lode religiosa, idealizzando ed
eternizzando la gura della moglie amata.
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