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CALLIMACO

Callimaco è un autore importante dell’ellenismo di poesia encomiastica. Per parlare della poesia di
Callimaco dobbiamo partire da due presupposti:
1. La biblioteca, finanziata dal sovrano, diventa il nuovo centro della cultura. Si tratta di un
fatto nuovo perché la biblioteca è espressione del potere del sovrano. Di conseguenza
l’intellettuale è alle dipendenze del sovrano stesso. Cambiando il ruolo dell’intellettuale,
nasce dunque una prima forma di mecenatismo (intellettuale alle dipendenze del sovrano);
2. Il secondo presupposto è la formazione di un pubblico diverso. Il pubblico si divideva in un
pubblico colto (appassionato di poesia colta) e pubblico popolare (appassionato di
letteratura popolare come il romanzo).
Tutto questo è favorito dalla diffusione del libro in forma di rotolo di papiro. Nelle “Rane”,
Aristofane diceva che, come per i bambini serve un educatore, la letteratura deve concorrere alla
formazione del cittadino. Il principio della formazione del cittadino si fa a corte ed è circoscritto alla
dimensione intellettuale: in altri termini la letteratura si rivolge a una elite (pubblico colto). Nelle
corti ellenistiche, ad esempio, venivano recitate alcuni passi di opere di autori famosi.
Canfora sostiene che i rotoli di papiro fossero molto diffusi perché ricopiati e spesso si facevano
anche copie private. In questo senso viene meno la funzione paideutica (educativa) della
letteratura. Se viene meno la funzione paideutica della letteratura, che era quasi esclusivamente
orale, in età ellenistica tutti i generi tramandati soprattutto oralmente (epica omerica, la poesia
tragica e la poesia lirica) diventano inutili. Vengono meno, infatti, tutti quei contesti di oralità in cui
questi generi venivano trasmessi. Gli storici di Callimaco, Teocrito e Apollonio Rodio dicono che
questi poeti studiano il passato, lo rielaborano e lo dimenticano. Si parla di MISCHUNG DER
GATTUNGEN (ovvero mescolanza dei generi letterari). Lo stesso fenomeno di mescolanza di generi
lo abbiamo visto anche per i poeti latini.
Callimaco è sicuramente il più celebre i poeti ellenistici. Nasce a Cirene (il luogo di nascita è
significativo. Molti degli intellettuali studiati erano nati ad Atene. Quest’ultima, in età ellenistica,
perde la sua centralità politica e culturale per diventare una città periferica). Callimaco si vantava di
essere il discendente del mitico fondatore della città di Cirene, cioè Batto. Batto era anche il nome
del padre di Callimaco. La sua famiglia si vantava di discendere dal mitico fondatore, Batto. Molto
spesso Callimaco viene ricordato con il patronimico Battìade, cioè discendente di Batto. Callimaco
si trasferisce ad Alessandria e lavora presso la corte di Tolomeo. Compone soprattutto poesia
encomiastica (elogiativa): questa è già una grande novità. Callimaco ebbe una vita lunghissima.
Frequentò la Biblioteca di Alessandria ma non ne fu mai direttore, al contrario favorì l’incarico per
Apollonio Rodio e Eratostene.
Con Callimaco possiamo parlare di prima figura di poeta-filologo. Possiamo distinguere le sue
opere in opere per la corte e opere per la biblioteca. Tra le opere per la corte ricordiamo:

 Gli AITIA: elegie in 4 libri. Con quest’opera dà vita alla poesia eziologica: cioè spiega l’origine
di miti, nomi, usanze). In quest’opera egli trasforma la sua erudizione (cultura) in poesia. In
particolare scegli i miti meno noti e diffusi che trova in qualche autore suo predecessore;
 I Giambi;
 Gli inni: abbiamo la possibilità di leggere quest’opera per intero perché sono conservati in
un’antologia insieme a quelli omerici.
 Gli epigrammi.
Tra le opere per la biblioteca ricordiamo:

 I PINAKES: 120 rotoli dove Callimaco faceva un elenco di autori e delle loro opere. Si
trattava dunque di un vero e proprio manuale di letteratura greca.
 Una serie di scritti eruditi che riguardavano la fondazione di città, i fiumi dell’Europa, la
denominazione di popoli, venti etc.
Nelle opere per la biblioteca si capisce ancora meglio perché Callimaco sia un poeta-filologo: egli
compone e studia queste stesse opere.

CALLIMACO CONTRO I TELCHINI


Per capire la portata rivoluzionaria dell’opera di Callimaco andiamo ad esaminare il proemio degli
AITIA. In questo passo Callimaco si scaglia contro i Telchini, ovvero dei demoni malvagi della
tradizione popolare dotati di capacità magiche. Essi erano gelosi di questi loro poteri. Callimaco,
menzionando i Telchini, vuole nascondere il vero nome dei suoi nemici, cioè gli altri poeti che
avevano un modo diverso di fare letteratura. Le parentesi quadre parentesi quadre vogliono dire
che manca qualcosa o che una lettera è stata integrata dall’editore. Nel passo Callimaco rifiuta la
poesia sgradevole, cioè la poesia lunga o la poesia epica. Callimaco, dunque, distingue la poesia da
“come non è” a “come sarà”. Le espressioni che fanno capire come non è la poesia sono:

 TELKINES EPITRUZOUSIN (v.1): “I Telchini borbottano”.


 OUK EN AEISMA DIENEKES (v.3): “Non ho portato a termine un solo ininterrotto poema”.
 RIFERIMENTI ALLA GRU E I MASSAGETI (vv. 14-15): rifiuto di fare una poesia lunga.
 MED MEGA AOIDHN (v.19): “non cercate che da me nasca un poema rumoreggiante”.
 ME PATEOUSIN AMAXAI (v. 25): rifiuto di percorrere le stesse strade (“le strade che
percorrono i carri”).
Le espressioni che ci fanno capire come sarà la poesia sono:

 OLIGOSTIKOS (v.9.): di pochi versi;


 LEPTON (v.11): leggera;
 MELIKROTERAI (v.16): dolce;
 TEKNE, SOFIEN (v.17): termine che rimanda al concetto di virtuosismo; TEKNE è la parola
greca che indica la sua dottrina.
 STEINOTEREN ELASEIS (v. 28): metafora del sentiero angusto e non battuto che indica la
volontà di Callimaco di essere originale.
All’interno del prologo degli AITIA sono presenti alcuni riferimenti ad autori precedenti. In
particolare:

 Callimaco si riferisce al verso 311 del libro 9 dell’Iliade quando si dice che l’ambasceria di
Achille era seduta a gracidare e borbottare (proprio come i Telchini).
 Per quanto riguarda l’immagine del carro il riferimento è chiaramente il Peana VII b di
Pindaro, dove ai versi 10-22 si raccomanda a coloro che compongono inni di non procedere
per la strada già battuta da Omero o di procedere con cavalli diversi e non altrui.
 Il riferimento ad Apollo che parla al poeta rimanda ad Esiodo che dialoga con le muse.
 Vengono citati Filita di Cos (autore di un poema epico su Cos e di un’elegia dedicata alla
Frugifera legislatrice), da cui riprende l’ideale politico, e Mimnerno, di cui ricorda la poesia
amorosa dedicata a Nannò.
 L’immagine della cicala utilizzata da Callimaco è presente anche in Esopo (favola della cicala
e dell’asino) e nel mito della cicala presente nel Fedro di Platone.
 Callimaco si oppone ad Aristotele e alla grandiosità dell’epos.

CONTENUTO DEGLI AITIA


Molto della poesia di Callimaco possiamo comprenderlo in poeti come Properzio e Ovidio che
cercano di esprimere nella loro poesia l’ideologia al potere in età augustea.
Nel primo libro degli Aitia è contenuto il frammento contro i Telchini e un sogno in cui immagina di
essere trasportato sull’elicona e di parlare con le muse.
Nel secondo libro sono presenti gli AITIA di città siciliane.
Nel terzo libro si trovano alcuni esempi di poesia encomiastica come la storia di Alcontio e Cidippe
(un’elegia eziologica) e l’epinicio della moglie di Tolomeo, Berenice. Inoltre è presente la figura
retorica della prosopopea.
Nel quarto libro è presente il passo della Chioma di Berenice (il quale si può leggere anche nel
carme 66 di Catullo attraverso le operazioni di vertere ed exprimere). A parlare è proprio la ciocca
di capelli di Berenice.
Nel quinto libro afferma di voler cambiare genere, ovvero di passare al genere del giambo (cioè
entrerà nel pascolo della musa pedestre). Il contenuto dei giambi confluirà anche nella poesia di
Orazio.
I principi fondamentali degli AITIA sono:

 L’OLIGOSTIKIA: scrittura in pochi versi;


 La SOFIA: saggezza ed erudizione;
 TEKNE: virtuosismo;
 Originalità;
 Poesia cortigiana.
I GIAMBI
Il sistema metrico del giambo prevede sequenze di sillabe breve-lunga. E’ Ipponatte che conferisce
un’unità all’opera di Callimaco. Nella prima parte dice, infatti, che Ipponatte tornerà sulla terra e
darà una coppa al più saggio tra i 7 sapienti ma loro non si riconosceranno. Il carattere dell’opera è
spudaiogeloion. In italiano è anche noto come serio-faceto; esso rappresenta l'alternanza, in una
stessa opera, di un linguaggio piuttosto elevato (anche in poesia) e di un linguaggio comico.
Il giambo 3 è un’invettiva sull’impressione del presente.
Il giambo 13 ha carattere metaletterario: Callimaco si difende dalle accuse di mescolanza di genere
e di toni.

L’EPIGRAMMA 28 (pag 220)


E’ una dichiarazione di poetica di Callimaco. Ciò che deve caratterizzare la sua poetica è soprattutto
la mescolanza di generi (POLYEDEIA). Il metro che lui preferisce è il distico elegiaco. Il
componimento gioca sull’alternanza di verbi di senso negativo e di senso positivo. Infatti il passo si
apre con il verbo EXTAIRW (odio). Dalla poetica si passa all’argomento erotico. Tra il verso 1 e il
verso 2 possiamo vedere un enjambent, in cui è presente un verbo positivo (KAIRW) preceduto da
una negazione. Anche tra il verso 3 e il verso 4 abbiamo un enjambent. Quando Callimaco dice di
odiare il poema del Ciclo si riferisce al suo odio nei confronti della poesia epica. Non gli dà gioia la
via che conduce da una parte all’altra: con questa frase Callimaco vuole mettere in evidenza la sua
idea di originalità. Anche al verso 3 è presente un verbo negativo (MISEO). Se nella prima parte il
lessico rimanda alla dichiarazione di poetica e alle sue scelte di vita, al verso la presenza
dell’amante (EROMENON) preannuncia il cambio repentino di argomento che racconta ai versi 5-6
in cui è presente un fulmen in clausola. Al verso 3 se supponiamo la pronuncia itacistica (in cui
prevale il suono dello iota) si creerebbe un gioco di suoni tipico dell’epigramma (gioco fonetico).

LA STORIA DI ACONTIO E CIDIPPE (pag 206)


Si trova nel terzo libro degli Aitia di Callimaco. Si tratta di un’elegia eziologica e parla d’amore. Si
tratta di un frammento che verrà pubblicato solo nel 1928 da Pfeiffer. E’ costituito da 49 versi. Il
testo è molto frammentario ma la storia si può ricostruire dalla lettura di Aristeneto, retore del IV
secolo, grazie al quale Pfeiffer è riuscito a riorganizzare i frammenti.
Il giovane Acontio si innamora perdutamente della Cidippe di Nasso, da lui conosciuto a Delo
durante la celebrazione di un solenne rito in onore di Apollo, e su consiglio di Eros ricorre a uno
stratagemma per conquistarla: dopo aver inciso su una mela le parole “Per Artemide, io sposerò
Acontio”, egli lancia il frutto alla fanciulla e la induce a leggere la frase, legandola a sé con quel
giuramento. Così ogni volta che stanno per essere celebrate le nozze di Cidippe con uno dei
pretendenti scelti dal padre, essa di ammala misteriosamente, finché un oracolo non rivela la
verità e i due possono unirsi in matrimonio.
Si tratta di una storia d’amore molto famosa che sarà ripresa da:

 Properzio nell’elegia 1,18;


 Virgilio nell’egloga 2;
 Ovidio nell’Eroides 20,21 (Qui il poeta immagina lettere scritte da eroine del mito ai loro
innamorati: infatti è presente la lettera di Acontio a Cidippe e la sua risposta).
Nei primi due versi del passo abbiamo il riferimento a un rito dove la sposa dovesse giacere con un
ragazzino: questo farebbe riferimento all’unione tra Zeus e sua sorella Era e in seguito alla
ierogamia tra Tolomeo e sua sorella Arsinoe.
Quando il poeta dice “Sta zitto tu cane” si rivolge a sé stesso con tono scherzoso (PAIGHNION). Il
poeta di Al verso 6, in cui si menzionano “i misteri della terribile dea”, emerge come il poeta sappia
già tutto della vicenda. L’allusione è ai misteri eleusini di Demetra, ai cui iniziati era fatto assoluto
divieto di divulgare i contenuti. Al verso 10 ci aspetteremmo un connettivo temporale ma non c’è.
Al verso 28 Apollo dialoga con il padre di Cidippe, Ceuce: Apollo parla come Callimaco e come un
medico. Fa 1 elenco di luoghi sacri alla dea Artemide con il mito a cui si riferiscono. In più è
presente la profezia che si legherà alla stirpe di Ceo. C’è un riferimento al culto di Zeus IKMIOS,
come per dire che a Ceo soffiavano i venti. Callimaco poi dice che ha conosciuto tutte queste
vicende da Semonide di Ceo. Rispetto a Semonide Callimaco non racconta tutta la vicenda ma solo
ciò che è essenziale. Non invoca la musa ma la sua stessa doctrina. La sua verità non è quella della
musa ma quella delle fonti.
Vi sono una serie di forze centrifughe che allontanano il poeta dalla sua storia;
1. Ricerca dell’aition (rituale secondo cui la sposa dovesse giacere con un ragazzino);
2. Rituale oscuro e Rapporto tra Zeus e Era;
3. Ierogamia tra Tolomeo e Arsinoe: l’unione tra questi due fu oggetto di Biasimo da parte del
poeta Sotade, il quale in un frammento diceva.
Al verso 10 ha inizio la seconda scena in cui il poeta scrive: “Ora era l’alba”. Ha inizio quindi la scena
del matrimonio, visto dal punto di vista dei buoi che dovevano essere sacrificati. C’è poi un
riferimento al morbo sacro dell’epilessia, che era la malattia di Cidippe.

L’ECALE
Si tratta di un epillio (che significa piccolo EPOS: questo rimanda all’OLIGOSTIKIA che emerge nel
prologo dei Telchini). E’ un poemetto di 150 dove si racconta 1 storia poco nota di Teseo. La storia
racconta questo. Teseo è partito per uccidere il toro di Maratona ma a un certo punto trova
l’ospitalità di 1 vecchina, che si chiama Ecale, a causa di un temporale. Teseo riesce ad uccidere il
toro, ma poi viene a scoprire che la vecchina è morta, quando decide di andare a trovarla. Teseo
decide così di organizzare dei riti dedicati a Zeus Ecalio. Questi riti presero il nome di Ecalesie. Le
caratteristiche principali della storia sono:

 La Brevitas;
 Riferimento agli aspetti poco noti della vita di Teseo;
 Presenza del motivo eziologico (ovvero il tentativo di spiegare le origini dei riti dedicati a
Zeus Ecalio);
 Presenza del motivo della FULLOBOLIA, cioò del lancio delle foglie: si tratta di un rito che
era riservato agli atleti e non a un eroe come Teseo. Perciò Teseo è anche ritenuto un
atleta.
 La storia appare un po’ confusa.
IL PUBBLICO DI CALLIMACO
Il pubblico non è più quello della città che ascolta l’aedo ma è un pubblico dotto, in particolare
quello di corte. La letteratura, dunque, ha una funzione privata, a cui si accompagnavano delle
performance orali per il pubblico ristretto della corte. Quest’ultima diventa un luogo di festival
autocelebrativi. Callimaco da una forma poetica alla celebrazione del sovrano ellenistico con
elementi di natura straordinaria. La corte da spazio alla componente encomiastica e Callimaco è il
primo a codificare la celebrazione del potere con immagini che torneranno nella letteratura latina.
In particolar modo Callimaco riprende autori precedenti. Ad esempio assimila il re a Zeus (come
anche Esiodo) e fa riflessioni pitagoriche.
GLI INNI
Gli inni di Callimaco vengono ricopiati all’interno di un codice che conteneva anche gli inni Omero,
che ci sono giunti per intero. Gli inni di Callimaco sono 6. Anche Callimaco, per quest’opera, fa uso
sia della lingua omerica sia dell’esametro. Solo il V inno è in distico elegiaco. Nel VI introduce anche
il dialetto dorico, che rappresenta una svolta rispetto alla tradizione. Callimaco, negli inni, raffigura
gli dei come esseri umani e la ieratica custodita dai re ellenistici. Egli, attraverso gli inni, celebra
indirettamente i sovrani, evidenziando i loro tratti divini e straordinari.
INNO AD ARTEMIDE (pag. 210)
Siamo dinanzi a una scena borghese. Qui ritroviamo tutti gli elementi dell’inno, secondo il DUSTIL,
tecnica con cui il poeta si rivolge alla divinità. Bambina di pochi anni, Artemide sta seduta sulle
ginocchia del padre Zeus e con vezzose moine lo convince a farle i doni che ella più desidera, fra cui
la perpetua verginità, un corteo di ninfe Oceanine, il dominio sui monti e sulle selve, arco e frecce
con cui poter cacciare le belve feroci. Il re degli dei, compiaciuto di tanta precocità, acconsente di
buon grado alle richieste della figlia e le promette altri doni più preziosi. Allora Artemide scende
giù dall’Olimpo per entrare in possesso di quanto il padre le ha assegnato: dopo aver preso con sé
una schiera di oceanine, si reca a Lipari, nell’antro dei ciclopi, cui chiede di forgiarle un arco e delle
frecce. A differenza delle ninfe che la accompagnano, la dea non è per nulla intimorita dallo
spaventoso aspetto dei giganteschi esseri, e li tratta con disinvolta familiarità, giungendo a
promettere un appetibile ricompensa per il loro risveglio. In particolare possiamo notare il
particolare al verso 26 di Artemide che vuole toccare la barba del padre ma non riesce e il padre
che sorride e la accarezza.
EPIGRAMMI DEDICATORI (pag 222)
Si tratta di 2 epigrammi dedicatori e anatematici che dovevano accompagnare l’offerta di un
oggetto. Nell’epigramma “per una conchiglia” Callimaco celebra Arsinoe con l’espediente della
conchiglia, che le era stata donata da Selenèa. Arsinoe, moglie di Tolomeo II, era divinizzata come
Afrodite e venerata in un santuario posto sulla penisola di Zefiro, vicino ad Alessandria.
L’epigramma è narrata dal punto di vista della conchiglia. Alla fine vediamo la preghiera rivolta ad
Arsinoe di essere favorevole a Selenèa. Nell’epigramma “La quarta Grazia”, Callimaco descrive un
gruppo di statuario di 3 grazie insieme a quella appena plasmata di Berenice.

LA CHIOMA DI BERENICE
Alla partenza del marito Tolomeo III, per un’ennesima campagna militare contro la Siria, Berenice
consacra in voto agli dei una ciocca dei suoi capelli che poi scompare misteriosamente dal tempio
in cui era stata collocata. Contemporaneamente, l’astronomo di corte Conone, scopre un nuovo
gruppo di stelle nel quale egli individua la forma della ciocca stessa, proclamandone il
CATASTERISMOS, ossia la miracolosa metamorfosi in costellazione. Nell’elegia è la stessa chioma a
raccontare la sua miracolosa storia. Le caratteristiche fondamentali della storia sono:

 La prosopopea della ciocca;


 L’eccezionalità del fatto cioè che la ciocca diventa una costellazione;
 Interesse di Callimaco per l’ation che vuole celebrare l’amore coniugale;
 Grande erudizione dell’autore
 Eccezionalità del personaggio negli ultimi 4 versi.

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