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Orazio

Vita
Orazio nacque nel 65 a.C. a Venosa. Il padre era un Opere
liberto e a Roma, Orazio diventa ESATTORE NELLE • un libro di Epodi
VENDITE ALL’ASTA. Nonostante la condizione sociale, gli • due libri di Satire
fu assicurata la migliore educazione. Inoltre, intorno ai • 4 libri di Odi
vent’anni si recò in Grecia a perfezionare gli studi. La sua • due libri di Epistole.
carriera si interrompe per arruolarsi, nel 43 a.c. È il primo poeta latino che accompagna la
Nell’armata repubblicana di Bruto, uno dei cesaricidi. poesia alla POETICA, come spiega nell’EPISTOLA AI
L’esperienza si concluse con la rotta di Filippi = FASE DI PISONI = lui consegna infatti un libretto sulla
PROTETSTA E IMPEGNO POLITICO. struttura e e sulla scrittura dei componimenti,
Torna a Roma grazie ad un’amnistia, ma qui diventa l’ARS POETICA. Ciò si vede principalmente nelle
SEGRETARIO DI UN QUESTORE (SCRIBA QUAESTORIUS) poichè Odi, in cui usa la CALLIDA IUNCTURA -> prende
gli erano stati confiscati tutti i beni. IMPORTANTE -> 38 parole quotidiane che, accostate a termini a cui
A.C. Amico Virgilio (lo conosce pk anche lui aderisce non vengono mai legate, assumono un
all’epicureismo e lo incontra a Napoli) lo presenta a significato totalmente diverso da quello
Mecenate = grande amicizia, lo fa entrare nel circolo dei letterale. + testi frutto di ripensamento
suoi amici, gli regala una villa (che accetta volentieri pk continuo xò c’è spontaneità che fa sembrare
non gli piace la vita a Roma es. Finti poeti e persone che che li scriva di getto. Inoltre, dopo la morte di
gli parlavano solo x essere raccomandati a Mecenate = x Virgilio lui è il più rappresentativo della
questo scrive Il seccatore), vengono prob sepolti insieme. propaganda augustea, tanto che scriverà il
Nell’8 a.c. Mecenate muore e Orazio lo seguirà lo seguirà CARMEN SECULARAE che era un inno recitato
due mesi più tardi. principalmente nelle feste religiose, cittadine…
= scrive del SECOLO D’ORO.
Gli Epodi
17 componimenti, tra il 41 e 30, ordinati secondo il metro. Titolo = x forma metrica (epodo è il verso + corto che segue a
un verso + lungo) e x il tono aggressivo che tradizionalmente è associato alla poesia giambica greca es. Archiloco e
Ipponatte. Qst aspetto solo in qst opera, inf. legati alla fase giovanile e di conseguenza alle difficili condizioni di vita
dopo esperienza a Filippi. A questa condizione di disagio è quasi naturale collegare asprezze polemiche, toni carichi,
linguaggio poetico violento.
Orazio dichiara di aver trasformato in poesia latina gli scritti di Archiloco ma comunque reclama anche i diritti
dell’originalità : egli ha = l’ispirazione aggressiva ma contenuti diversi, che invece non solo riguardano argomenti
legati al tempo e alla realtà in cui vive, ma esprimono anche una SENSIBILITÀ NUOVA, nutrita di poesia romana e
filosofia ellenistica, oltre che di lirica greca arcaica e classica. (=come i neoteroi)

Le Satire
Detti anche Sermones. Tono= discorsivo, argomento= morale. Qst tematica NO AGGRESSIVO ma benevolmente
ironico e autoironico. -> in qst modo inizia a costruire quell’IO LIRIRCO riflessivo, realistico e moderato che si ritrova
con profondità maggiore nelle Odi.
2 libri: 1^ ha 10 componimenti, forse nel 35. 2^ insieme agli Epodi nel 30, 8 componimenti.
Modello di riferimento = Lucilio, il quale aveva fissato 2 tratti fondamentali della poesia satirica, 1) la scelta
dell’esametro come forma metrica 2) uso della satira come strumento dell’aggressione personale. Dunque, la satira
di O era ‘luciliana’ ma allo stesso tempo non sottovalutava le differenze che li separavano es principalmente le
divergenze relative allo stile, criticando in Lucilio la sciatta e abbondante facilità. Comune interesse = DIATRIBA, di
tradizione ellenistica, cioè la predicazione filosofica popolare vivacizzata da dialoghi, aneddoti,
personificazioni,xò all’aggressività O sostituisce l’esigenza di analizzare e indagare i vizi mediante l’osservazione
critica e la rappresentazione comica delle persone. Qst ricerca morale NON X TUTTI ma x pochi come circolo
Mecenate + non attaccava classi sociali alte come L ma un piccolo mondo di irregolari es artisti, cortigiane,
affaristi, filosofi di strada ecc (anche pk era figlio di un liberto).


Obiettivi fond della ricerca morale : AUTARKEIA (l’autosufficienza
interiore) e METRIOTES o AUREA MEDIOCRITAS (la moderazione), tutti e due
concetti importanti nell’epicureismo ((se x Lucrezio inoltre era da
diffondere, x lui è un contenuto di vita, centrale, che si piega alla poesia,
non gli interessano aspetti dogmatici)). METRIOTES presente già appunto
in Grecia, sintetizzato con il motto MEDEN AGAN, “non vi sia nulla di
troppo”.
Le Odi
Lirica matura, l’io saggio si presenta come un poeta saggio e maturo, ma anche malinconico e umano. Raccolta di 3 libri
pubblicata nel 23 a.c. Varietà di metri (es strofa alcaica o saffica). 1^, + antico, un canto di gioia x morte Cleopatra,
ultimo riferimento al ritorno di Augusto dalle campagne militari in Gallia. Talvolta O giustappone temi simili o crea dei
veri e propri cicli es ’odi romane’, ma criterio fav di organizzazione è variatio. Odi quasi sempre impostazione dialogica.
In qst caso rivendica il titolo di ALCEO ROMANO, rapporto di IMITATIO cioè rispetto della lex operis, regole del genere
letterario, e del decorum letterario, adeguare forma al contenuto, xciò non dipendente o priva di originalità. This
ricerca dell’originalità sopr a inizio componimento che partono con motto/citazione e poi procede in maniera
autonoma.
DIFF con ALCEO : 1) A era aristocratico impegnato politicamente 2) in Orazio interesse x res publica è solo un’”immagine
letteraria” 3)A scrive x i simposi 4) O scrive x la lettura.
Si ispira anche a Saffo in parte, inf immagina lotta Alceo e Saffo in cui vince A, e a Pindaro che gli suggerisce idee come
la coscienza della funzione poetica o apprezzamento della saggezza etico-politica. -> qst richiamarsi alla lirica ricarica
greca esprimeva volontà di allontanarsi dall’alessandrinismo dei neoteroi nonostante gli rimangano alcuni spunti x
temi e sopr la cura formale, il LABOR LIMAE.
Punto centrale meditazione filosofica = coscienza dell’UNICITÀ e della
BREVITÀ della vita, concezione che deriva da visione materialistica
dell’epicureismo x cui no vita anima dopo morte, xciò necessità di
APPROPRIARSI DELLE GIOIE DEL MOMENTO. = famoso motto CARPE DIEM ->
non va frainteso come banale invito al godimento: in O l’invito al
piacere non è separato dalla consapevolezza acuta che quel piacere
stesso è caduco, come caduca è la vita dell’uomo. Questa meditazione
può talvolta tradursi in canto della propria serenità: la felicità
dell’autarkeia, la condizione del poeta-saggio, libero dalla follia umana.
E tuttavia saggezza, serenità, equilibrio e l’aurea mediocritas di chi sa
suffire a tutti gli accessi, niente di tutto ciò è un possesso sicuro. La
stessa aurea mediocritas è continuamente insidiata dalle tentazioni
prodotte dall’AMBITIO e dall’AVARITIA (avidità), onnipresenti nel
frenetico ambiente cittadino e dalle quali il poeta cerca riparo nel
conforto e nella tranquillità della campagna. Xciò O tende a
conservare questa saggezza conquistata faticosamente con una
pratica di vita fatta di pochi amici, pochi luoghi protetti e sentimenti
da guardare con distacco.
CAMPAGNA = logo di elezione dell’equilibrio oraziano, LOCUS AMOENUS,
paesaggio italico che ospita il convito, la natura e la vita rustica. O
chiama questo luogo-simbolo ANGULUS, che associa ai temi di morte (il
cui pensiero qui, in uno spazio privilegiato, si attenua e diventa
malinconia) e di amicizia.

Le Epistole
Ritorna con qst all’esametro della conversazione: si chiamano appunto Sermones come Satire, che come quelle
trattano di argomenti morali. 2 libri, 1^ nel 20 a.c., 2^ fra 19 e 13. Imp. il secondo pk contiene 1) epistola dedicata a
Augusto, in cui critica l’ammirazione x i poeti arcaici ed esamina lo sviluppo della letteratura romana 2) epistola ai
Pisoni, detta ars poetica, che espone teorie peripatetiche (cioè della scuola aristotelica, parte infatti dalla Poetica)
sulla poesia. Epistole sono comunque tutte di riflessioni esistenziali + tutti i componimenti hanno destinatari.
Primo libro= sembra venuto meno l’equilibrio e la fiducia in regole di saggezza che avevano sorretto il poeta nelle
Satire e nelle Odi. O non sembra più in grado di costruire né per gli altri né per sé un modello di vita soddisfacente. X
questo il poeta si ritrae lontano dalla vita sociale e poco propenso al precedente ottimismo etico.
ARS POETICA= si ispira a artes, opere in prosa contenenti istruzioni su un determinato ambito tecnico es Ars rhetorica di
Quintiliano. Gli studiosi hanno cercato di dividerla, in 3 parti: 1^dedicata al contenuto (unitario e adatto a sè), POIESIS,
2^ dedicata alla forma (ordine, stile elegante, diverso dal comune, verso e originalità), POIEMA, 3^ al poeta stesso (si
discute se poeta debba avere preparazione filosofica, poi dice che poeta deve tendere alla perfezione, che si identifica
con la grandezza, e infine discute la questione se la grandezza derivi dall’ingegno naturale o dall’arte), POIETES.
Testi
Ritorna la primavera
Solvitur acris hiems grata vice veris et Favoni
trahuntque siccas machinae carinas,
ac neque iam stabulis gaudet pecus aut arator igni
nec prata canis albicant pruinis.
Iam Cytherea choros ducit Venus imminente luna,
iunctaeque Nymphis Gratiae decentes
alterno terram quatiunt pede, dum gravis Cyclopum
Volcanus ardens visit officinas.
Nunc decet aut viridi nitidum caput impedire myrto
aut flore, terrae quem ferunt solutae;
nunc et in umbrosis Fauno decet immolare lucis,
seu poscat agna sive malit haedo.
Pallida Mors aequo pulsat pede pauperum tabernas
regumque turris. O beate Sesti,
vitae summa brevis spem nos vetat inchoare longam.
Iam te premet nox fabulaeque Manes
et domus exilis Plutonia, quo simul mearis,
nec regna vini sortiere talis
nec tenerum Lycidan mirabere, quo calet iuventus
nunc omnis et mox virgines tepebunt.
Traduzione
Vv 1-4, “Solvitur… pruinis”: L’inverno si scioglie grazie al gradito ritorno della primavera e del favonio e gli argani
trainano le navi in secco, né il bestiame gode più delle stalle, né il contadino del fuoco, né i prati biancheggiano più
di bianche brine.
Vv 5-8, “Iam… officinas”: Già Venere, originaria di Citera, conduce le danze alla luce della luna e le belle Grazie,
unite alle ninfe, scuotono in modo alterno la terra con i piedi, mentre Vulcano ardente visita le officine gravate
di lavoro dei Ciclopi.
Vv 9-12, “Nunc… haedo”: Ora è bello cingere il capo splendente con il verde mirto o con i fiori che le terre disciolte
producono, ora è bello immolare a Fauno nei boschi ombrosi, o con un’agnella, se lo richieda, oppure, se preferisce,
con un capretto.
Vv 13-15 “Pallida… longam”: La pallida Morte bussa con equo piede ai tuguri dei poveri e alle torri dei re. O felice
Sestio, la breve durata della vita ci impedisce di intraprendere una lunga speranza. (Sestio è probabilmente Lucio
Sesto Quirino, ex commilitone di Orazio nella fila dell’esercito repubblicano sconfitto a Filippi)
Vv 16-20 “Iam… tepebunt”: Già ti incalzano la notte, i fantasmi dei Mani e la misera dimora di Plutone, nella quale,
una volta che tu sei entrato, non sorteggerai con i dadi l’incarico di re del simposio, né ammirerai il tenero Licida,
per il quale ora arde tutta la gioventù e in seguito si scalderanno le giovani vergini.
Commento
Dal punto di vista strutturale, è possibile dividere il carme in tre parti:
1) il ritorno della primavera (Vv. 1-8);
2) un’esaltazione al destinatario, che funge da cerniera tra l’incipit descrittivo e la parte più sapienzale (Vv. 9-12);
3) infine, un richiamo alla caducità della vita umana e alla inevitabilità della morte, negli ultimi versi (Vv.13-20).
Il carme si apre con una serie di immagini accostate tra loro a comporre un quadro primaverile -> prevalgono i
dettagli che sottolineano la ripresa di attività umane rimaste in sospeso durante l’inverno: -ricomincia la
navigazione, -il bestiame lascia le stalle per essere condotto di nuovo ai pascoli, -anche il contadino ritorna al
lavoro nei campi. A qst idea di laboriosità si accompagna quella della rinascita della natura, sciolta, grazie
all’azione del vento caldo d’Occidente, il Favonio, una rinascita simboleggiata dall’immagine dei prati non più
ricoperti dalla brina. Riviviscienza della natura e ripresa delle attività umane sono infine compendiate, ai vv 5-8,
da due scene di sapore mitologico: 1-le danze notturne di Venere e del suo corteggio, divinità simbolo della
fecondità e dei piaceri primaverili; 2-la visita del Dio fabbro vulcano, lo sposo di Venere, agli officine in cui ciclopi
forgiano i fulmini per Giove.
Seguono quattro versi (vv 9-12), introdotti dall’avverbio di tempo NUNC, nei quali Orazio esorta a cingersi le tempie
con i fiori primaverili e a officiare un sacrificio al dio dei boschi Fauno -> Si ritrovano qui due motivi frequenti nelle
odi = da un lato, l’invito a cogliere l’attimo e a godere subito della bella stagione; dall’altro, l’invito a rispettare gli
dei e tributare loro i sacrifici richiesti.
Orazio introduce alla fine un altro concetto fondamentale della sua sapienza: la caducità della vita terrena e
l’equanimità della morte, la quale non risparmia nessun uomo, povero o ricco che sia. La prospettiva imminente
dell’aldilà dovrebbe indurre il destinatario Sestio, uomo benestante e felice, a godersi ora tutti i piaceri del
banchetto, ai quali nella <misera dimora di Plutone> dovrà invece inevitabilmente rinunciare.

Per quanto riguarda il lato stilistico, si nota in particolare, la allitterazione della V al primo verso (vice veris et
Favoni), che sembra quasi riprodurre il soffio del tiepido vento occidentale. In linea con lo stile di Orazio si nota poi
l’uso dell’iperbato es al verso 6 l’intreccio delle danze condotte da Venere al chiaro di Luna è reso bene dal nesso
iunctae… Nymphis Gratiae, che mette a contatto tra loro le Ninfe e le Grazie che si tengono per mano mentre
ballano; ancora al v 8 il forte enjambement separa nettamente il complemento di specificazione dal suo referente
mettendo in risalto la figura di Vulcano. La parte centrale del carme è cadenzata dall’anafora di NUNC, che esprime
quanto sia urgente l’invito di Orazio a onorare il Dio Fauno. L’ultima sequenza è invece dominata dalla
personificazione della morte (es. PALLIDA MORS). L’inevitabilità, inoltre, e l’imminenza della morte è infine suggerita,
negli ultimi versi, dal polisindeto NOX FABULAEQUE MANES/ET DOMUS EXILIS PLUTONIA), che tratteggia con ritmo
incalzante il triste destino ultra terreno, e dall’anafora di NEC, che nega invece la possibilità di prolungare oltre la
morte i piaceri del banchetto.
Un tuono a ciel sereno
Parcus deorum cultor et infrequens,
insanientis dum sapientiae
consultus erro, nunc retrorsum vela dare atque iterare cursus
cogor relictos. namque Diespiter
igni corusco nubila dividens plerumque, per purum tonantis egit equos volucremque currum,
quo bruta tellus et vaga flumina,
quo Styx et invisi horrida Taenari
sedes Atlanteusque finis
concutitur. valet ima summis
mutare et insignem attenuat deus obscura promens: hinc apicem rapax
Fortuna cum stridore acuto sustulit, hic posuisse gaudet.
Traduzione
Vv. 1-5, “Parcus… relictos”: Da cultore degli dei parco e incostante, mentre vago a caso sebbene esperto in una
sapienza da pazzo, ora sono costretto a invertire le vele e a riprendere le rotte abbandonate.
Vv. 5-12, “namque… concutitur”: E infatti Giove, che spesso divide le nuvole con il fuoco sfolgorante, ha condotto
per un cielo sereno i cavalli tonanti e il carro alato, dal quale vengono scosti la terra bruta e i fiumi in
movimento, lo Stige e l’orrenda sede dell’odioso Ténaro e il confine di Atlante. (in qst versi CLIMAX, da quotidiano
ai confini del mondo che x loro era Atlante).
Vv. 12-16 “Valet… gaudet”: Il dio è in grado di invertire tra loro le cose più elevate e le più basse e umilia le persone
illustre, promuovendo invece gli individui più oscuri; da qui la sorte rapace strappa, con un grande frastuono, una
corona regia dal capo di una persona (hinc), mentre gode di posarla sul capo di un’altra persona (hic). (Immagini
tutte in contrasto).
Commento
Con un ribaltamento dell’ordine cronologico dell’esposizione, il carme si apre con l’annuncio di una conversione
ormai conclusa (vv. 1-5): O ha rinunciato alla INSANIENS SAPENTIA (la folle dottrina + OSSIMORO) epicurea, che, pur
riconoscendo l’esistenza degli dei e la loro natura eccezionale, ne negava ogni coinvolgimento nella vita umana e
nei meccanismi della natura; il poeta ha quindi riabbracciato la PIETÀS religiosa della tradizione romana (ciò è
presentato dal poeta tramite METAFORA della vita come navigazione + x sottolineare ritorno all’ANTICO è
sottolineato dall’uso di epiteto arcaico di DIESPIETER x indicare Giove). O spiega solo in un secondo momento la
causa di ciò (vv. 1-12) -> introdotta dal nesso causale NAM(QUE), viene riportata in qst versi la descrizione
dell’evento miracoloso che ha scosso a tal punto il poeta da riportarlo all’antica credenza negli dei = in un cielo
primaverile, sgombro di nubi, Giove ha fatto deflagrare un tuono potentissimo, che ha scosso un’estensione
amplissima della terra, penetrando fino al regno dei morti e raggiungendo i limiti of the worlddddd. Tutto ciò ha
richiamato alla mente del poeta l’onnipotenza di Giove nei confronti del destino umano (ciò attr callida iunctura
al v 12 IMA SUMMIS = l’accostamento dei due neutri plurali sostantivati, indicanti le posizioni sociali + basse e ql +
alte, suggerisce efficacemente la rapidità con la quale possono essere invertite di posto dalla volontà divina) : è
infatti in grado di ribaltare a suo piacimento le sorti di ciascun individuo, mentre la Fortuna, sua figlia ed
esecutrice del suo volere, può rimuovere rimuovere corona da capo in un re per deporla subito dopo sulla testa di
un’altra persona.

La donna è mobile
Quis multa gracilis te puer in rosa perfusus qui nunc te fruitur credulus aurea, qui semper
liquidis urget odoribus grato, Pyrrha, sub vacuam, semper amabilem sperat, nescius
antro? cui flavam religas comam, simplex aurae fallacis. Miseri, quibus intemptata nites.
munditiis? Heu quotiens fidem Me tabula sacer votiua paries indicat uvida
mutatosque deos flebit et aspera nigra suspendisse potenti vestimenta maris deo.
aequora ventis emirabitur insolens,

Traduzione
Vv. 1-3, “Quis… antro?”: Quale gracile ragazzo, cosparso di profumi liquidi ti insegue, in mezzo a molte rose, sotto la
grotta gradevole, o Pirra?
Vv. 4-5, “Cui… munditiis?”: Per chi raccogli i biondi(/rossi) capelli, semplice nelle eleganze?
Vv. 5-12, “Heu… fallacis”: Ahi, quante volte (il ragazzo) piangerà x la venuta meno della fedeltà e x la mutevolezza
degli dei e, inesperto, ti stupirai della distesa marina agitata da neri venti, (lui) che ora ti gode splendida come l’oro,
crede in te, che spera che tu sarai sempre disponibile, sempre amabile, inconsapevole del vento ingannevole.
Vv. 12-13, “Miseri… nites”: Infelici coloro ai quali splendi non ancora toccata.
Vv. 14-15, “Me… deo”: La parete consacrata mi ricorda, con la tavoletta votiva, che io ho dedicato al potente dio del
mare le mie vesti bagnate. (Tabula votiva = si tratta di una tavoletta appesa sulla parete di un tempio, nel quale
veniva raffigurata l’occasione che aveva indotto il dedicatario a fare l’offerta: in qst caso la tavoletta riporta il
naufragio metaforico a cui Orazio è sopravvissuto xk ringrazio Dio di essersi salvato la donna).
Commento
Nel carme risultano coinvolti 3 personaggi: il poeta; Pirra, l’amata da cui si è recentemente allontanato; nuovo
amante della donna. O si rivolge alla fanciulla aprendo l’ode con 2 interrogative in cui compone il quadro di un
appuntamento galante tra il ragazzo e la fanciulla: prevalgono le notazioni olfattive -> il profumo di cui si è cosparso
il capo il puer, l’odore delle rose, e ql visive -> chioma bionda/rossa della ragazza, in un contesto piacevolmente
primaverile. TUTTAVIA al v 5 il tono idilliaco della prima strofa si converte in accenti di amara disillusione.
Introducendola con l’interiezione Heu, O formula una previsione dell’esito infelice delle speranze che ora il giovane
nutre nei confronti della ragazza = la FIDES di Pirra cioè il rispetto del patto d’amore verrà infatti meno, cogliendo di
sorpresa il povero puer, ancora inesperto delle cose d’amore (vv 5-8). Nella strofa successiva, attr due relative
introdotte dall’ANAFORA di QUI, il poeta ritorna dal futuro minaccioso al presente, descrivendo l’ingenua fiducia del
giovane definito CREDULUS. Qst parte si chiude con una considerazione sull’amara delusione che attende chiunque
venga sedotto dallo splendore di Pirra senza conoscerne in anticipo la volubilità.
Last strofe = O introduce se stesso, come rimarca il pronome personale Me, x spiegare come le previsioni dei vv
precedenti circa l’esito infelice dell’<3 del puer x P siano il frutto della propria dolorosa esperienza con la tipa. O
sviluppa qui la metafora del rapporto amoroso come navigazione e della fine di una storia d’amore come un naufragio
= già sviluppata nei vv precedenti attr le immagini del mare increspato da neri venti di tempesta (vv 6-7) e della
brezza ingannevole a cui viene assimilata Pirra (vv 11-12). Anche O, infatti, è reduce dal naufragio della storia d’amore
con la ragazza: a testimoniarlo sono la veste ancora bagnata e la tavoletta votiva su cui è dipinto l’episodio, oggetti
che O ha dedicato al dio del mare Nettuno as a ringraziamento x essere riuscito a sopravvivere.

Carpe diem
Tu ne quaesieris, scire nefas, quem mihi, quem tibi
finem di dederint, Leuconoe, nec Babylonios
temptaris numeros. Ut melius, quidquid erit, pati!
Seu pluris hiemes seu tribuit Iuppiter ultimam,
quae nunc oppositis debilitat pumicibus mare
Tyrrhenum, sapias: vina liques et spatio brevi
spem longam reseces. Dum loquimur, fugerit invida
aetas: carpe diem, quam minimum credula postero.
Traduzione
Vv. 1-3, “Tu… numeros”: Non chiedere (non è lecito saperlo) quale sorte gli dei abbiano riservato a me, quale a te,
Leuconoe, e non tentare calcoli babilonesi.
Vv. 3, “Ut melius…pati”: Come è meglio sopportare tutto quello che accadrà!”
Vv. 4-7, “Seu pluris…reseces”: (ordina Seu Iuppiter tribuit (sottinteso tibi) pluris (=plures) hiemes, seu ultimam, quae
nunc débilitât mare Thyrrhenum oppositis pumicibus ecc) Sia che Giove ti abbia assegnato molti altri inverni, sia che
ti abbia dato come ultimo questo che ora sfianca il mar Tirreno contro gli scogli che fanno resistenza, sii saggia,
filtra il vino e contieni la tua lunga speranza entro un breve spazio.
Vv. 7-8, “Dum loquimur…postero”: Mentre parliamo, il tempo, invidioso, è già volato via: cogli il giorno, facendo il meno
possibile affidamento su quello che verrà.
Commento
L’ode prende le mosse da un rimprovero del poeta a una giovane donna di nome Leuconoe. L’inizio, con il soggetto Tu
in posizione di prelievo, istituisce fin da subito un’atmosfera colloquiale, presentando il discorso come se fosse il
frammento di una convo svoltasi nell’intimità di un simposio immaginario (cui si allude al v 6: VINA LIQUES).
L’intro della figura femminile trasporta il discorso in una sottintesa e indefinita atmosfera sentimentale, suggerita, x
es, dall’accostamento dei 2 pronomi mihi e tibi al v 1. The girl ha interrogato gli indovini (=Babylonios numeros) x
conoscere il futuro e O la riprende x la sua credulità. Nei vv 4-7 si riscontra un’unica movenza sintattica con 3
congiuntivi: SAPIAS, LIQUES, RESECES; in mezzo, l’immagine del mare battuto dalla tempesta invernale evoca
simbolicamente i contrasti e le difficoltà della vita, e si oppone alla serenità raccolta e protetta del convito, alla
quale O invita Leuconoe. Il tono sentenzioso si accentua nell’ultimo verso e mezzo, che con una successione di brevi
membri presenta in modo particolarmente intenso la lezione esistenziale di O: di fronte all’inesorabile fuga del
tempo occorre godere del presente, senza fare affidamento sul futuro. L’invito a godere del presente è espresso con
la breve formula CARPE DIEM: spesso inteso come banale invito a godersi la vita, è invece un monito ad affrontare gli
eventi, quali che siano, mano a mano che si presentano, contando solo sul presente e cercando di coglierlo nella sua
rapida fuga -> morale senz’altro influenzata dall’epicureismo riconoscibile in 2 punti: 1) nell’esportazione a saper
sopportare ql ke sarà 2)nel consiglio di godere i piaceri che il presente può offrire = cosiddetto EDONISMO EPICUREO.

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