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Orazio

Un poeta di umili origini destinato al successo


Orazio si colloca come un autore in linea con i dettami dell’età augustea. Anche lui, come Virgilio,
facenti parti del circolo di Mecenate, si rende portatore dei valori tramandati da Augusto. Orazio va
ricordato perché collocato all’interno del genere della satira (che secondo Quintiliano era un genere
totalmente latino: “satira tota nostra est”. Lucilio aveva individuato e codificato le caratteristiche della
satira con dei canoni: l’attacco personale, la varietà tematica, l’uso dell’esametro e la soggettività). Il
genere della satira viene ripreso da Orazio con delle novità. Le notizie sulla vita del poeta si ricavano
principalmente dalle sue stesse opere, ricche di spunti autobiografici; altri particolari si desumono da
una Vita risalente con ogni probabilità al De poetis di Svetonio.
Quinto Orazio Flacco nacque a Venosa nel 65 a.C. Suo padre era un liberto. Il poeta era dunque di umili
origini, ma di condizione economica non disagiata: poté infatti seguire un regolare corso di studi, prima
a Roma, quindi ad Atene, dove frequentò le scuole di filosofia (epicurea).
Orazio si arruolò nell'esercito di Bruto e partecipò alla battaglia di Filippi (42 a.C.).
Dopo la sconfitta dei cesaricidi, il poeta tornò a Roma, dove esercitò l'ufficio di scriba questorius, cioè
di segretario alle dipendenze dei questori. Nel 38 a.C. entrò nel circolo di Mecenate grazie all’amicizia
con Virgilio, con cui condivise sia scelte culturali ma anche di vita (come quella di non sposarsi). Fece
amicizia con mecenate che gli regalò una villa in Sabina dove il poeta amava soggiornare.

La sua produzione si colloca tra il 41 a.C. al 13 a.C.:


- Dal 41 al 30 si dedicò alla scrittura di satire che lui definisce Sermones (poiché caratterizzate da
un linguaggio molto vicino al parlato) e gli Epodi (da lui denominati giambi).
- A partire dal 23 scrive tre libri di odi a cui seguirà un quarto libro nel 13
- Nel 17 scrisse un carmen seculare, per celebrare la grandezza di Roma. Questo carmen doveva
essere cantato da 27 giovinetti e fanciulle sul palatino e sul campidoglio per celebrare le divinità
protrettici della città di Roma
- Si dedicò alla scrittura di due libri di Epistole scritte in esametri. Il primo libro scritto dal 23 al
20 a.C. e il libro scritto dal 19 al 13 a.C., costituito da due lettere lunghe che affrontano
argomenti letterari
- Scrisse anche un’epistola ai Pisoni, chiamata anche ars poetica, di cui non conosciamo la
datazione

Orazio, interprete sensibile di un’epoca contraddittoria


È stato possibile ricostruire la biografia di Orazio grazie ai tanti riferimenti contenuti all’interno delle
sue opere. All’interno delle opere emergono due messaggi fondamentali che costituiscono dei topoi
ricorrenti e che si identificano con il concetto di metriótes e di autárkeia:
- L’ autárkeia è una autosufficienza interiore a cui il saggio deve arrivare per conseguire la felicità
e consiste nella limitazione dei desideri. Quando il saggio riesce ad accontentarsi del necessario,
raggiunge questa condizione interiore.
- La metriótes è invece legata al giusto mezzo, alla moderazione cui Orazio si ispira e che
trasmette nelle sue opere. Tutto deve essere moderato, una moderazione che è sostanziale nello
stile di vita. Ma che è anche formale nelle scelte stilistiche (quando esprimerà le caratteristiche
di un banchetto si soffermerà sull’equilibrio e sulla misura).

Le sue scelte di vita e poetica sono in linea con gli ideali del regime augusteo perché Orazio ricerca
serenità, raggiungibile in un contesto di ordine e di pace garantito da augusto dopo le guerre civili.
Augusto infatti creerà un clima ottimale per la produzione letteraria. L’ideale della parsimonia e l’ideale
della fides riconducono al mos maiorum (ricercato e difeso da augusto e orazio). Orazio vive un senso di
inquietudine legato al passaggio dalla fine della repubblica all’affermazione del principato. Periodo
delicato che Orazio vive in modo angoscioso per la fuga del tempo (carpe diem)

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