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LETTERATURA LATINA

LA TRAGEDIA E LA SATIRA

PACUVIO
Dopo Ennio, la tragedia a Roma ebbe una grande influenza grazie a Pacuvio. Pacuvio era il figlio di una
sorella di Ennio, nacque a Brindisi nel 220 a. C e morì a Taranto nel 130 a. C.
Di Pacuvio ci sono pervenuti 12 titoli di tragedie d’imitazione greca, tratte dai modelli tragici ateniesi del V
secolo a. C, si conosce anche un titolo di praetexta, Paulus, che trattava molto probabilmente della grande
vittoria di Lucio Emilio Paolo sul re macedone Pèrseo, a Pidna nel 168 a. C.
I frammenti che si conservano sono in tutto 400 e da essi emergono caratteristiche simili al teatro tragico di
Ennio e che si possono considerare tipiche di tutta la tragedia romana: Pacunio nell’adattamento dei
modelli greci tende ad accrescere e a caricare di pathos e la sublimità. Egli privilegia, sul piano sia dei
contenuti sia formale, l’eccezionale, lo straordinario e l’abnorme e accentua, sino alla deformazione, i
sentimenti e le emozioni. L’accentuazione del pathos si manifestava con l’insistenza su particolari orridi e
raccapriccianti, destinati a commuovere o impressionare il pubblico.

ACCIO
Lucio Accio fu anch’egli un importante esponente della tragedia. Nacque a Pisarum (Pesaro) nel 170 a. C,
era figlio di un liberto e visse a Roma dedicandosi alla letteratura sotto la protezione di personaggi illustri
come Galleco. Non conosciamo con certezza la sua data di morte che si colloca approssimativamente
intorno all’85 a. C.
Di Accio ci sono pervenuti un 750 versi e 45 titoli di tragedie, di cui due praetexta:
 Brutus in cui era esaltato Lucio Giunio Bruto che aveva cacciato da Roma Tarquinio il Superbo;
 Aeneadae sive Decius con doppio titolo, “Gli Eneadi ovvero Decio”, dedicata al console che nella
terza guerra sannitica aveva votato agli dei inferi la propria vita per propiziare la vittoria romana.
Nei frammenti di Accio si ritrova le caratteristiche della tragedia romana ovvero la ricerca esasperata della
sublimità, l’enfasi retorica, l’accentuata sentenziosità e il gusto dell’orrido. Quest’ultimo si manifestava a
pieno in due sue tragedie:
 Atreus in cui narra la storia di Atreo che per odio verso il fratello Tieste gli imbandiva le carni dei
figli;
 Tereus in cui narra la storia di Tereo che si cibava, ignaro, del figlio di Iti, offertogli in pasto dalla
moglie Procne per vendicare la violenza arrecata a sua sorella.
Queste tragedie mettevano in scena vicende mitiche di cannibalismo involontario e inconsapevole e inoltre
Accio rappresentava in modo esemplare la figura del tiranno spietato, sanguinario e odioso incarnato nella
figura di Atreo.

LUCILIO
Gaio Lucilio nacque a Suessa Aurunca da una ricca famiglia dell’ordine equestre nel 148 a. C e morì nel 102
a. C. Con la sua opera letteraria sostenne di Scipione Emiliano e Gaio Lelio, suoi amici, contro gli avversari
ma senza mai impegnarsi direttamente nell’attività pubblica. Lucilio rappresenta una nuova figura di uomo
di cultura ovvero quello di un ricco signore interessato più alla letteratura che alla politica.
Egli coltivò un’unica forma poetica di cui scrisse ben trenta libri di Saturae ovvero la Satira, di cui ci sono
pervenuti solo 1370 versi sotto forma di frammenti molto brevi tra l’altro.
L’ordine seguito nella raccolta non era cronologico infatti i libri I- XXI sono composti in esametri e furono
scritti successivamente ai libri numerati XXII- XXX, nei quali Lucilio aveva utilizzato metri tipici della
commedia, quindi nel passaggio dai libri scritti prima e quello scritti si nota la decisione di utilizzare
esclusivamente l’esametro, metro che poi diventerà il metro canonico della satira.
Con Lucilio la satira assume una fisionomia precisa: sul piano formale abbiamo l’uso dell’esametro invece
sul piano dei contenuti e del tono abbiamo il carattere soggettivo e l’attacco personale motivato da ragioni
morali.
La satira è l’unico genere della poesia latina che non ha un diretto corrispondente nel mondo greco e
questo provoca nei Romani un senso di legittima fierezza da una parte ma dall’altro una certa perplessità
sulla natura e sull’origine di questo tipo di poesia.
Ad oggi la Satira, analizzata etimologicamente, si può collegare:
1) Al popolo dei Satiri;
2) Un piatto di primizie offerte agli dèi (satura lanx);
3) Un particolare ripieno costituito da uva passa e altri ingredienti (satura);
4) Con una proposta di legge che comprendeva parecchi provvedimenti eterogenei (lex satura).
Questa analisi etimologica in realtà non mira solo a chiarire un termine ma a definirne un concetto, cioè la
satira ha un aspetto burlesco e derisorio (prima etimologia) e un carattere complesso e misto della tematica
trattata (altre tre definizioni).
In questo filone di poesia miscellanea si collocano, forse, alcune forme preletterarie come la satura teatrale
o le Saturae di Ennio che si contraddistinguono per il ricorso a una varietà di metri e contenuti, tuttavia
Orazio conferirà a Lucilio la paternità di questo genere.
All’interno della satira quindi vengono a definirsi due fasi:
 La prima fase è costituita dalle forme preletterarie ed Ennio in cui si ha un tipo di poesia composito
e variegato;
 La seconda fase invece è costituita da Lucilio, Orazio e Persio in cui si ha una poesia caratterizzata
da un aggressivo moralismo.
I TEMI E I CARATTERI DELLE SATIRE DI LUCILIO
Nelle satire di Lucilio si attestano una vasta gamma di argomenti e lo stato frammentario non ci permette di
ricostruire i singoli componimenti, ma si riesce ad indicare come nucleo centrale di una tematica
abbastanza variegata l’attenzione divertita e spiritosa per gli aspetti più comuni e quotidiani della vita.
Molti frammenti fanno riferimento con esattezza e competenza a oggetti d’uso comune, altri attestano la
narrazione di eventi sportivi condotta all’insegna di uno spiritoso realismo, altri di occasioni sociali e
mondane e fatti di cronaca che avevano destato scalpore.
Ampiamente trattato è anche il settore dell’eros e del sesso e alcuni frammenti di essi ci riconducono più
alla commedia che alla satira proiettando situazioni tipiche di essa, come il rapimento di una fanciulla o un
festino tra amanti o ancora spunti relativi all’amore per i fanciulli e alla vita coniugale.
L’osservazione della realtà per Lucilio è il punto di partenza per considerazioni moralistiche, come la
rappresentazione della vita politica romana fatta di corruzione e al quale egli contrapponeva una
descrizione del buon tempo antico in cui dominava solo la virtù. Ed è proprio alla virtus è dedicato il
frammento più lungo che possediamo di Lucilio, in cui nella prima parte è presentata da un punto di vista
teorico, come conoscenza della natura del bene e del valore delle ricchezze e degli onori; nella seconda
parte è considerata da un punto di vista pratico, come difesa di ciò che è giusto e come tutela degli interessi
della società e della famiglia.
In questo frammento, il contenuto e il lessico, dimostrano una buona conoscenza del pensiero filosofico
greco e sembra proprio di poter ritrovare in queste righe l’idea del filosofo Panezio, il quale faceva
coincidere l’utile con l’honestum ovvero la validità morale e l’utilità di un’azione sarebbero due aspetti
diversi di un'unica realtà. Molto significativo in questo frammento dedicato alla virtù è l’assenza di doveri
verso gli dei ed è questa mancanza totale della religione rivela un atteggiamento razionalista di stampo
filosofico appartenente a Lucilio.
Alla varietà e alla complessità tematica si devono associare altri elementi che emergono dai frammenti:
 L’aggressività che si esprime negli attacchi personali infatti l’impegno morale si traduce in un
atteggiamento da censore e questo spinge Lucilio a chiamare i viziosi e i corrotti per nome;
 Il Carattere soggettivo ovvero il poeta funge da spettatori o da narratori in alcuni casi, in altri scegli
di raccontare in prima persona e crea un personaggio (che possiamo chiamare il satirico) in cui
migra alcuni tratti del proprio carattere;
 Lo spirito che è una componente primaria nelle poesie di Lucilio, che era ben conscio
dell’importanza di tale elemento da definire le sue composizioni come un ludus cioè un gioco o uno
scherzo.
La lingua rispecchia perfettamente le preferenze tematiche infatti il livello linguistico adottato è quello del
sermo, del parlare comune come definisce proprio Lucilio stesso alcuni dei suoi componimenti. Lucilio
destinava la sua poesia ad un pubblico ben definito di lettori né troppo ignoranti né troppo colti quindi un
livello medio, infatti i componimenti non richiedevano un eccessivo impegno intellettuale.
Questa scelta linguistica non implica necessariamente una scarsa sensibilità per i problemi stilistici anzi il
poeta era molto interessato ad argomenti grammaticali e letterari, tanto da farne di essi il tema principale
di un’intera satira. In questa satira Lucilio con consapevolezza critica delinea gli aspetti principali della sua
poetica, in relazione e in contrapposizione alle altre forme letterarie. Egli prende le distanze dai generi
elevati, tipo la tragedia e l’epos, deridendo addirittura i poeti tragici latini attaccandone principalmente i
contenuti inverosimili e fantastici che stravolgono il verum.
In un frammento Lucilio dichiara apertamente la superiorità della sua condizione d’intellettuale, rispetto
alle attività lucrose di chi apparteneva, come lui, al ceto equestre.
Con Lucilio quindi abbiamo una nuova figura di uomo intellettuale e un nuovo genere di poesia che non è
legata a occasioni pubbliche e che non si propone di celebrare grandi idealità, ma è destinata
principalmente alla privata fruizione dei lettori il tutto accompagnato dal realismo e dal carattere
soggettivo.

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