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FRANCESCO GUICCIARDINI

VITA
Francesco Guicciardini nasce a Firenze nel 1483, è appartenente a una famiglia aristocratica e per
tradizione partecipe alle vicende civili e politiche della città. A 15 anni intraprende gli studi giuridici ma ben
presto lascerà Firenze per studiare a Ferrara e poi a Padova, laureandosi infine a Pisa nel 1505 in diritto
civile. Una volta tornato a Firenze intraprende la professione di avvocato.
Nel 1508 si sposta con Maria Salviati (figlia del capo dell’opposizione) e sono proprio di questi anni le prime
riflessioni storiografiche e i primi incarichi diplomatici.
La sua prima opera è Storie Fiorentine (titolo dato dagli editori moderni, così come per tutte le opere di
Guicciardini): una ricognizione storiche che analizza la storia di Firenze dal 1494 al 1509. Lavorerà a
quest’opera tra il 1508 e il 1511 e l’anno successivo riceverà il suo primo incarico diplomatico ovvero
ambasciatore di Firenze presso il re di Spagna Ferdinando il Cattolico. Egli si trattiene in Spagna per circa un
anno, a questo periodo risale anche la prima bozza della serie dei Ricordi. Dall’esperienza in Spagna
nasceranno Diario di Spagna e Relazione di Spagna.
Nel 1514 Guicciardini rientra a Firenze, dove si sono insediati nuovamente i Medici, e riprende la
professione di avvocato stringendo rapporti sempre più stringenti con la famiglia dei Medici.
Nel 1515 incontrerà papa Leone X, che l’anno successivo lo nominerà governatore di Modena, e nel 1517
governatore anche a Reggio. Nel 1521 conoscerà Machiavelli, i due stringeranno subito amicizia
scambiandosi anche numerose lettere, inoltre in questo anno inizierà la stesura di un Dialogo del
reggimento di Firenze la sua opera politica più importante.
Con l’elezione di papa Adriano VI i suoi poteri si restringeranno, ma quest’ultimo muore dopo pochi mesi e
viene eletto Giulio de’ Medici sotto il nome di Clemente VII, per Guicciardini, amico personale del nuovo
papa, si aprirà una nuova stagione politica: nel 1526 è chiamato a Roma come consigliere papale. I suoi
sforzi si concentreranno sulla Lega di Cognac e sarà nominato luogotenente generale delle truppe del papa,
partecipando anche alla campagna di Lombardia. Il sacco di Roma sancisce il definitivo fallimento della lega
di Cognac fortemente voluta da Guicciardini.
Nel 1527 torna a Firenze, dove fu restaurata, per la terza ed ultima volta, la repubblica e Francesco
Carducci, a lui sfavorevole, lo costringe a lasciare nuovamente la città. Chiuso nella sua tenuta di
Finocchieto (Firenze) si dedica all’attività letteraria: scriverà Cose Fiorentine (composte tra il 1528 e il 1530)
e compone alcuni scritti in difesa del proprio operato politico, inoltre riprende a lavorare ai Ricordi.
Nel 1529 torna a Roma, al servizio di papa Clemente VII, ed è questo il periodo in cui lavora alle
Considerazioni sopra i discorsi del Machiavelli e ancora ai Ricordi. Nel 1530 Firenze viene invasa dalle
truppe di Carlo V e quindi Guicciardini ritornerà a Firenze per aiutare a restaurare il potere della famiglia
de’ Medici. Al ritorno al potere dei Medici Guicciardini inaugura una nuova stagione di incarichi politici che
terminerà quando morirà papa Clemente VII e salirà Paolo III Farnese. Ritirandosi nella sua villa, fuori
Firenze, Guicciardini si dedica alla stesura di Storie d’Italia, iniziata nel 1537, rifiutando una serie di incarichi
politici. Nel 1539 viene colpito da una malattia e muore nel 1540 senza aver terminato la revisione del suo
lavoro storiografico.

IL PENSIERO
L’intensa attività politica e diplomatica di Guicciardini è uno dei presupposti fondamentali della sua
scrittura. La sua partecipazione attiva alla politica europea, la frequentazione diretta dei principali
protagonisti di quel tempo e una profonda capacità di analisi delle dinamiche politiche sono alla base della
forte aderenza al reale caratteristica della sua scrittura. Nella sua scrittura, e maggiormente nei Ricordi,
politica e diplomazia costituiscono un osservatorio privilegiato.
Alla base dell’indagine storica di Guicciardini vi è una riflessione sulle cause della situazione italiana
contemporanea, ed è possibile individuare almeno due punti sui quali si concentra la riflessione di
Guicciardini:
1) Le cause della crisi politica italiana  Per ciò Guicciardini individua l’avvio della instabilità politica
italiana nella discesa in Italia del re di Francia Carlo VIII.
2) Le forme di governo, con particolare riferimento a Firenze La riflessione sulle forme di governo è
orientata a ragionare sui meccanismi della gestione del potere, attraverso i due poli della
repubblica popolare e dell’assolutismo del potere mediceo. Guicciardini è sostenitore di una forma
di governo misto.
Sia nelle opere storiche sia nelle opere di carattere privato egli è portatore di una visione del mondo
disposta a cogliere la complessità del reale. Ne deriva una scarsa fiducia nelle regole generali e nei modelli
degli antichi, cioè per Guicciardini ciò che accade non può essere valutato sulla base di schemi già
preesistenti, in quanto il continuo e imprevedibile cambiamento delle condizioni esterne mette in crisi ogni
certezza acquisita.
La sola modalità per accedere alla conoscenza risiede nella registrazione dei dati dell’esperienza, che
permette di seguire la normale variazione delle cose del mondo e costituisce l’unica forma realizzabile di
aderenza alla realtà. Guicciardini chiama discrezione quel misto di intuito, prudenza e pragmatismo che,
attraverso l’analisi dei singoli casi e dati dell’esperienza, garantisce la conoscenza del reale.
La storia si mostra infatti fatta di eccezioni e casi particolari, ognuno nuovo e irrepetibile, quindi da studiare
ed esaminare nella sua individualità e autonomia rispetto al resto della storia degli uomini. L’attenzione
dell’osservatore si concentra sulla misura minima dell’agire umano: il particolare, che per Guicciardini è la
propensione del singolo ad agire in funzione del proprio utile personale, ma è anche il singolo caso
dell’esperienza individuale.
La scrittura stessa di Guicciardini riflette l’esigenza di un’analisi della realtà orientata alla distinzione e alla
scomposizione: la frammentarietà del reale si rispecchia nella natura ramificata della scrittura. Registrare i
frammenti innumerevoli e diversi dell’esperienza significa anche accettare che essa si presenti come
contraddittoria. Questa contraddittorietà ostacola l’elaborazione di disegni unitari e coerenti del mondo e
costituisce, quindi, un limite oggettivo alla conoscenza assoluta.
I titoli delle opere di Guicciardini sono stati assegnati dagli editori moderni e nessuna di esse è stata
stampata mentre l’autore era anche vivo.

I RICORDI
I Ricordi sono brevi riflessioni che Guicciardini elaborò tra il 1512 e il 1530. Non si tratta dunque di un’opera
che segue un discorso unitario e coerente, ma un succedersi di frammenti dedicati di volta in volta a un
pensiero, a una riflessione o a un momento. Diversi sono gli argomenti in essi trattati.
Solo alcuni frammenti furono in circolazione nel Cinquecento e il titolo dell’opera non fu deciso da
Guicciardini, ma dagli autori moderni poiché nel testo Guicciardini menziona spesso la parola ricordi, che a
quei tempi poteva avere anche il significato di ammonimento, avvertimento. Il termine quindi riassume in
sé una doppia prospettiva, che è sia retrospettiva (guardare al passato) sia propositivi (indicare una via di
comportamento). In base a ciò le brevi annotazioni di Guicciardini sembrano delle riflessioni sull’esperienza
del passato mirate a una migliore gestione del futuro.
La più antica traccia dell’opera risale al 1512 in due quaderni dove erano raccolti circa una trentina di
ricordi, l’ultima versione risale al 1530 e contiene circa 221 ricordi. Tra questi due estremi vi è un complesso
laboratorio redazionale cioè singole annotazioni sono riscritte più volte, oppure cancellate o sostituite.
Nell’ultima edizione (per noi ultima ma non per l’autore) si ritrovano annotazioni fulminanti di circa una
ventina di parole che si affiancano a riflessioni più ampie.
Lo stesso Guicciardini diedi ordine e numero alla riflessioni ma nonostante ciò non è facile individuare una
struttura omogenea per tutta l’opera.
In epigrafe a uno dei quaderni si legge una frase che sottolinea la natura non sistematica di questi pensieri
che seguono il flusso della mente, lasciata libera di riflettere nei momenti di inattività, al di fuori dei
condizionamenti e dei fini pratici.
I Ricordi quindi nacquero come una scrittura privata, riflessiva e autonoma, destinata a una ristretta cerchia
di conoscenti.
Con i Ricordi Guicciardini produce un libro di frammenti: incompiuto perché non componibile; sottratta a
un disegno unitario e frammentario per seguire e registrare i dati dell’inquietudine della mutazione e della
variabilità del mondo.
La struttura non unitaria del libro corrisponde alla struttura stessa dell’esistenza umana e quindi ad una
visione non sistematica del mondo, ed è quindi la varietà dell’esperienza a determinare la frammentazione
del libro, la cui coerenza interna consiste proprio nella capacità di seguire il flusso del pensiero e il
movimento continuo del reale.
L’irrompere di categorie come l’Io, il Soggetto e la Realtà garantiscono all’opera una sua organicità di fondo
assicurata dall’intenso lavoro intellettuale di chi si applica ad analizzare e interpretare il reale caso per caso.
L’impostazione non sistematica fa sì che uno stesso argomento sia messo a fuoco progressivamente,
osservato da angolazioni diverse, e in ricordi anche distanti tra loro. Uno dei temi portanti è la
contrapposizione tra realtà dell’esperienza e carattere astratto delle regole generali, che investe in modo
significativo la riflessione sulla storia e sull’utilità del modello degli antichi, poiché Guicciardini nega agli
eventi del passato un valore esemplare (contrario a Machiavelli) poiché ogni evento si presenta sempre con
diverse variabile che è difficile analizzare secondo modelli già esistenti. Per questi motivi l’esperienza è
privilegiata in quanto capace di riflettere la “varietà delle circostanze” d’insegnare e leggere la complessità
del reale.
Dal tema della complessità e della contraddittorietà dell’esistenza derivano considerazioni sulla fragilità e
sulla precarietà della condizione dell’essere umano, soggetto a mille casualità e privato della capacità di
prevedere il proprio futuro. Per Guicciardini la fortuna è qualcosa di enigmatico che spesso determina i
risultati dell’agire umano a prescindere dalle capacità del singolo. Tuttavia, secondo Guicciardini, l’uomo
può sviluppare delle qualità che gli permettono di contenere gli effetti dell’incertezza e la fragilità del suo
essere. Sulla base dell’esperienza può affinare la capacità di discrezione, ossia di interpretazione delle
variabili in atto, e può muoversi con prudenza, ossia valutando con cautela caso per caso prima di agire.
La capacità di scomporre e analizzare la complessità degli eventi porta Guicciardini a riflettere anche sui
meccanismi di dissimulazione e mascheramento che gravano sui rapporti interpersonali, soprattutto in
ambito politico. Egli dedica molta attenzione alle motivazioni che stanno alla base di molte azioni umane,
tra queste in primo luogo la difesa del proprio interesse privato, che Guicciardini chiama il particolare, ma
anche l’ambizione e la ricerca dell’onore.
Accanto a questa analisi sull’essere umano, nei Ricordi, non mancano considerazioni sulle forme di
governo, sui meccanismi della congiura o sull’arte della guerra.
All’interno dei Ricordi possiamo notare l’intreccio di differente tradizioni: i libri dei consigli espressione di
una cultura mercantile basata sull’esperienza; i contenuti appaiono in sintonia con alcuni scrittori greci
(ES:Luciano) i quali attraverso la loro scrittura fornivano il più delle volte un modello non sistematico di
riflessione; tracce anche di opere contemporanee come Machiavelli o Erasmo da Rotterdam; infine
ricordiamo la matrice storiografica.
Nei Ricordi si assiste a un alleggerimento della sintassi e una ricerca sempre maggiore di immediatezza ma
nei ricordi più lunghi si trova anche l’andamento ricco di incisi, tipico del Guicciardini storiografico. Essendo
dei ricordi non mirati alla pubblicazione mancano infatti della formula ad effetto, che è caratteristica, in
generale, delle frasi brevi o aforismi.
Dal punto di vista del lessico si può notare la presenza di forti latinismi, che non hanno però la funzione di
elevare il discorso, ma sono legati a un’abitudine scrittoria di tipo conservativo. Vi sono anche espressioni
più colloquiali e adesioni al fiorentino vivo e parlato.
Una diffusione limitata e quasi totalmente postuma caratterizzò tutte le opere di Guicciardini, solo alcuni
dei Ricordi e le Storie d’Italia ebbero circolazione nel Cinquecento, a diversi anni dalla morte dell’autore.

LA STORIA D’ITALIA
La Storia d’Italia rappresenta, secondo gli studiosi moderni, la più grande opera della storiografia moderna.
Guicciardini la progetta e compone nella sua villa fuori Firenze, lontano dalla vita politica, tra il 1537 e il
1540. Basandosi su una grande quantità di fonti ricostruisce gli ultimi quaranta anni della storia italiana.
La Storia d’Italia si articola in ben 20 libri (divisi poi modernamente in capitoli) e copre un periodo di tempo
che va dal 1494 al 1534, dalla discesa del re di Francia Carlo VIII in Italia sino all’elezione di Paolo III come
pontefice. Alla base di questa scelta temporale sta la convinzione che la venuta di Carlo VIII abbia
definitivamente chiuso un’epoca della politica italiana caratterizzata dall’equilibrio. La discesa del re di
Francia aveva aperto un periodo di dominio straniero in Italia che sfociò nella profonda crisi che
Guicciardini sta vivendo.
Le Storie d’Italia è impostata su un’idea di progressivo declino e quindi ne emerge una visione pessimistica
della storia: Guicciardini alterna il campo lungo della difficoltà oggettiva della condizione umana, dominata
dall’incertezza e dalla fortuna, e il primo piano degli errori compiuti dai politici nella gestione degli eventi.
Questo ultimo aspetto è uno dei punti forza dell’opera. Grazie alla conoscenza diretta dei protagonisti,
l’autore ci consegna una galleria di ritratti di grande efficacia, dando prova di una notevole capacità
analitica oltre che narrativa: i comportamenti vengono esaminati nelle loro dinamiche e profonde
motivazioni psicologiche. La narrazione non è,quasi mai, slegata da un giudizio sugli uomini che quegli
eventi hanno determinato, ed è così attuata la saldatura tra descrizione e valutazione.
L’utilizzazione di fonti d’archivio,a cui Guicciardini fece continuo ricorso per scrivere le Storie d’Italia,
costituisce una delle novità dell’opera. Il metodo storico di Guicciardini è molto vicino a quello attuale, in
cui la ricostruzione degli eventi avviene sulla base di un confronto tra diverse testimonianze.
Nella Storia d’Italia, inoltre, l’uso delle fonti si riferisce a fatti in buona parte vissuti in prima persona dallo
stesso Guicciardini e si integra con i ricordi personali. Queste massa di informazioni è poi arricchita dal
confronto con altre opere simili, tipo le Istorie di Machiavelli.
Guicciardini imposta la Storia d’Italia come uno strumento di analisi politica e non di erudizione storica, il
suo fine è quello di ricostruire il passato recente per comprendere le ragioni del fallimento della politica
italiana. Di ciò ne risente anche lo stile adottato dall’autore ovvero una prosa complessa e articolata in cui
l’attenzione al particolare si coniuga con una forte valorizzazione della concatenazione tra gli eventi.
La Storia d’Italia è l’unica opera che Guicciardini aveva intenzione di destinare alla stampa ma purtroppo
morì lasciando l’opera incompiuta e parte del testo in uno stato provvisorio. La pubblicazione fu curata
dagli eredi in accordo con una commissione voluta da Cosimo de’ Medici, che aveva il compito di eliminare
dal testo le parti sgradite al principe e alla sua politica: interi brani, come quelli sul potere temporale della
Chiesa vennero censurati. Fu pubblicata a Firenze nel 1561 e privata degli ultimi quattro libri.

STORIE FIORENTINE
Furono scritte tra il 1508 e il 1509 e sono il risultato della prima riflessione di Guicciardini sulla storia di
Firenze. Trattano dei fatti della città dal trecentesco tumulto dei ciompi sino agli anni più recenti, prestando
attenzione a ricostruire le dinamiche interne degli eventi sulla base dei fatti.in quest’opera rimasta
incompiuta è gia presente uno dei tratti caratteristici della storiografia di Guicciardini ovvero la
ricostruzione storica attenta ai nessi tra gli avvenimenti. Intenti di analisi politica emergono poi dal
mutamento dello stile nella ricostruzione degli anni più recenti, la cui descrizione si fa più minuziosa e
animata da una forte partecipazione.

COSE FIORENTINE
Cose Fiorentine fu pubblicata nel 1945 ed è un’altra opera storiografica rivenuta tra le varie carte di
Guicciardini, scritta nel 1527. Il testo copre un arco di tempo che va dal 1375 sino al 1441; gli ultimi
quarant’anni sono solo allo stato di schemi o appunti. L’impianto è diverso rispetto a Storie Fiorentine:
parte della narrazione è dedicata alle origini di Firenze, sulla base di fonti eterogenee che vanno dallo
scrittore latino Plinio a Dante. Anche quest’opera si mostra scrupolosa nella esibizione delle fonti e lontana
dalla tendenza celebrativa propria di certa storiografia umanistica, al punto che la definizione di un metodo
storico, più che la valutazione storico- politica degli eventi, sembra interesse primario dell’autore.

IL DIALOGO DEL REGGIMENTO DI FIRENZE


Guicciardini scrisse numerosi interventi sui fatti politici contemporanei e sulle istituzioni fiorentine. Questo
tema verrà trattato in modo approfondito nel Dialogo del Reggimento di Firenze, scritto tra il 1521 e il 1526
per intervenire nel dibattito relativo al futuro della politica fiorentina a seguito della morte, nel 1519,
dell’ultimo discendente diretto di casa dei Medici. Idea centrale dell’opera è la riflessione sul modello di
repubblica popolare, dopo aver criticato sia la soluzione del governo di molti sia del governo di uno solo, il
dialogo prospetta una soluzione di equilibrio incarnata da un governo misto: accanto ai 150 rappresentati
del senato si dovrebbe prevedere un organo esecutivo composto da una decina di saggi; una soluzione
politica che, a detta di Guicciardini, dovrebbe assicurare un governo più stabile per tenere sotto controllo le
esigenze contrapposte della realtà cittadina.

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