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FRANCESCO PETRARCA

VITA
Francesco Petrarca nasce ad Arezzo il 20 luglio del 1304, suo padre si era trasferito a Firenze per praticare la
professione di notaio. Egli era vicino ai guelfi bianchi e amico di Dante. Gli anni dell’infanzia sono anni
tranquilli, nel 1311 a Pisa incontrerà l’esule Dante, nel 1312 con la famiglia si trasferirà ad Avignone nel Sud
della Francia (sede della curia papale). Qui Francesco intraprenderà gli studi di grammatica, dialettica e
retorica sotto la guida dell’esule toscano Convenevole da Prato.
Nel 1316 inizia gli studi di diritto civile presso Montpellier, nel 1316 ma qualche anno più tardi si trasferirà
con il fratello Gherardo a Bologna, dove intreccerà un importante rapporto di amicizia con Giacomo
Colonna. Lascerà gli studi giuridici mostrando maggiore interesse per la letteratura. A Bologna avviene
l’incontro con la tradizione della lirica in volgare, ed è in questo periodo che si avvia agli studi filologici e
matura la passione per il mito di Roma antica. A seguito della morte del padre, nel 1326 si trasferisce ad
Avignone lasciando definitivamente gli studi giuridici.
Al 6 Aprile del 1327 Petrarca, nella chiesa di Santa Chiara ad Avignone, fa risalire un evento capitale per la
sua vita e per la sua opera: l’incontro con Laura. L’identità di tale Laura resterà incerta, al punto che anche
gli amici più stretti metteranno in dubbio la sua esistenza.
Tra il 1328 e il 1329 Francesco prende gli Ordini minori per garantirsi una rendita economica.
Nel 1330 è al servizio della famiglia romana dei Colonna, questo gli permette di dedicarsi agli studi e
frequentare un ambiente internazione di intellettuali e letterati.
L’intensa attività di studi è intervallata da frequenti viaggi tra Francia ed Europa settentrionale, nei corsi dei
quali fa importanti scoperte filologiche. Proprio durante questo periodo Petrarca coltiva l’attività letteraria,
scrivendo epistole in versi, lettere in latino e liriche d’amore in volgare e inizieranno a circolare in modo
disorganico e frammentario.
All’amore e lo studio dell’antico si accompagna una spiccata sensibilità verso le grandi questioni etico-
politiche del tempo. Petrarca si reca a Roma ospite dei Colonna, e la visione di Roma gli suscita un senso di
riscatto etico, civile e morale, e molto probabilmente risale a questo periodo la prima raccolta di liriche in
volgare .
Francesco una volta ritornato ad Avignone comincerà a soffrire il clima fatta di corruzione proprio di quel
luogo e per questo motivo deciderà di trasferirsi presso Valchiusa, ed è proprio qui che verranno alla luce
diverse opere importanti come Africa e De Viris Illustribus (Gli uomini illustri).
Nel 1345 in fuga da Parma assediata da Visconti e Gonzaga compose la canzone civile più nota Italia mia
(confluita poi nel Canzoniere).
Nel 1343 la crisi interiore di Petrarca si accresce maggiormente, dopo la nascita della seconda figlia da una
donna ignota e dopo che il fratello Gherardo si dà alla vita monastica. Tutto ciò accresce la sua crisi
interiore che è diviso tra il desiderio di gloria e l’aspirazione alla vita contemplativa e questo si riflette nei
Sette salmi penitenziali, composti tra il ’42 e il ’43.
Diversi eventi successivamente, come ad esempio il contrasto con la famiglia Colonna, lo porteranno a
ritirarsi in Valchiusa e dedicarsi principalmente alle stesura di opere, queste sono: De otio Religioso, De Vita
solitaria, Bucolicum carmen culminando nel Secretum.
Nel 1348 in Europa si diffonde la peste e la notizia della morte di laura e di molti suoi amici porterà Petrarca
alla mutatio animi (trasformazione dell’animo) in cui il poeta matura di raccogliere le sue liriche in volgare
in un libro unitario (il Canzoniere) e di riunire allo stesso modo tutte le sue lettere in latino negli epistolari.
Successivamente si trasferisce a Firenze, su invito di Boccaccio, dove vedranno la luce opere come i
Triumphi (la sua seconda opera in volgare) e le Sine Nomine (Senza Nome).
Successivamente si trasferirà a Milano su invito dei Visconti creando delusione nei suoi amici letterati per
aver rifiutato di trasferirsi a Firenze. Nel 1361 Petrarca abbandona Milano e alterna periodi a Padova e a
Venezia, con quest’ultima stipulerà un importante accordo ovvero in cambio dell’ospitalità Petrarca donerà
allo Stato la sua preziosa biblioteca. Morirà nel 1374.
IL PENSIERO
Petrarca incarna un nuovo modello di intellettuale, riconoscendosi nel letterato apolide e cosmopolita che
non si identifica nei ristretti orizzonti di una specifica città comunale, ma guarda a una cultura più ampia e
“internazionale” in cui si intrecciano esperienze di varia natura.
Petrarca ha come modelli l’esperienza agostiniana e la Vita nova di Dante, distanziandosi tuttavia da
quest’ultima per un importante elemento: l’incessante dialogo con se stesso lo porta a svelare dubbi,
esitazioni oscillanti fra corpo e anima, amore per Laura e amore per Dio, senza che il conflitto interiore,
sempre esibito, si risolva e trova una soluzione pacificatrice.
In particolare nel Canzoniere Petrarca intreccia la grande lezione di Agostino con la tradizione della lirica
d’amore, il risultato sarà l’invenzione del codice lirico- moderno. Infatti a partire da lui il genere lirico si
definirà sempre di più come linguaggio privilegiato dell’interiorità, voce dell’io che si sdoppia e dialoga con
se stesso, rivelandosi così il soggetto del canto poetico.
La poetica di Petrarca è caratterizzata da delle caratteristiche inconfondibili:
 L’attenzione al testo, egli compone, seleziona e dispone le singole parti di un’opera e queste
vengono trascritte e messe in pagina con una straordinaria cura questo perchè nella forma e nella
struttura del libro deve poter ricostruirsi il senso della vita interiore dell’autore. Ogni parola del
testo viene perfezionata e limata per renderla più prossima possibile all’intento dell’autore, in
quanto depositaria di una verità umana e culturale da trasmettere ai lettori di ogni tempo. Non a
caso infatti di Petrarca si possiedono molto autografi ed è infatti il primo autore della letteratura
italiana ad aver lasciato una grande quantità di notizie su di sé poichè affida alla sua intera
produzione la sapiente costruzione di un autoritratto ideale da consegnare ai futuri lettori.
 La ricerca della perfezione nella scrittura, questo si traduce principalmente in una riscrittura
continua, creando così varie redazioni di uno stesso libro.
 La vocazione all’autoanalisi è una chiave di lettura fondamentale di tutta l’opera petrarchesca, e
che lega in un progetto unitario sia le opere in latino che quelle in volgare.
Petrarca attribuisce un alto valore alla letteratura, considerandola il tramite della lezione degli antichi e il
principale veicolo di civiltà e di educazione morale, quindi il letterato o poeta ha un ruolo importantissimo.
Egli di conseguenza esalta anche la funzione dell’intellettuale, collocandolo in una dimensione ideale e
proponendolo colme interlocutore privilegiato dei potenti in quanto depositario di una missione
civilizzatrice affidata alle lettere, in pratica essi fungono da mediatori e testimoni nel proprio tempo della
cultura del passato, assicurandone così la trasmissione a generazioni future. Petrarca si identifica in un
nuovo modello di letterato cioè il letterato apolide e cosmopolita, che non si identifica nei ristretti orizzonti
di una specifica città comunale , ma guarda ad una cultura più ampia e “internazionale” in cui si intrecciano
varie esperienze di varia natura.
Sul piano delle scelte culturali e letterarie la posizione di Petrarca si caratterizza per un rifiuto del presente,
a cui il poeta oppone un rapporto privilegiato con la cultura classica. Il classicismo petrarchesco nasce dalla
passione dell’autore per l’antichità, trasmessagli da padre e si traduce in un’intensa ricerca presso archivi e
biblioteche al fine di riportare alla luce antichi codici, restituendo voce all’antichità. In linea con la cultura
medioevale i classici continuano ad apparirgli come fonte di saggezza e di exempla di virtù,ma nelle loro
parole cerca principalmente una lezione di umanità, una cultura che parla all’uomo e lo educa. Questo suo
lavoro fa di Petrarca il vero primo filologo moderno, egli mette a punto un nuovo modo di leggere i testi
classici, basato su una sistematica e agile annotazione a margine dei codici.
Petrarca tenta di attuare una conciliazione tra cultura classica e dottrina cristiana, nella convinzione che
l’animo umano non muta nel tempo e che le sue oscillazioni e i suoi dubbi attraversano epoche e culture
perché sono proprie ed interne all’umanità. Questo suo intreccio di interessi culturali si riflette nelle scelte
linguistiche: Petrarca è uno scrittore “bilingue”, poiché adotta sia il latino sia il volgare e li usa nella
consapevolezza della loro difformità. Tuttavia se guardiamo nell’insieme della produzione petrarchesca,
l’uso del latino è decisamente superiore a quello del volgare, quest’ultimo lo utilizza sono in due opere al
quale dona anche un titolo in latino: il Canzoniere (De Rerum Vulgarium Fragmenta) e i Trionfi (Triumphi).
Per Petrarca il latino è la lingua della cultura a cui affidare il compito di fare dell’intellettuale la coscienza
civile e morale ricollegandosi ai grandi maestri del passato, ma è anche lingua d’uso familiare. Il latino che
utilizza Petrarca cambia da quello di Dante poiché modella lingua e stile direttamente sui testi classici,
soprattutto su quelli di Cicerone, raggiungendo così esiti di complessiva eleganza.
Il volgare invece è lingua popularis, che si presta alla fruizione da parte di un pubblico comune.
Il latino viene considerato superiore rispetto al volgare in ragione del diverso tipo di pubblico a cui le due
lingue si rivolgono: per il latino un pubblico più colto e scelto, per il volgare un pubblico più ampio e meno
elitario. Ciononostante anche il volgare poetico viene sottoposto a un’opera di attento raffinamento, per
depurarlo da qualunque tratto regionale troppo marcato, fino ad ottenere un linguaggio altamente
selezionato e filtrato.

IL CANZONIERE
Il Canzoniere è il libro di tutta una vita che ha impegnato Petrarca dall’età giovane fino alla morte, ed è il
primo libro lirico a carattere organico e unitario della tradizione lirica europea.
In questo libro Petrarca ripensa alla sua produzione poetica lungo l’asse di una “storia”, attraverso la quale
e nella quale ricercare il senso profondo della sua esperienza umana e culturale. Un vero e proprio libro
dell’anima, il Canzoniere adotta il genere lirico in volgare come linguaggio privilegiato dell’interiorità.
Il titolo originale del libro è Francisci Petrarche laureati poete Rerum Vulgarium fragmenta (Frammenti di
cose in volgari di Francesco Petrarca poeta laureato). La scelta del latino per il titolo, nonostante l’opera sia
scritta in volgare, ribadisce la volontà del bilinguismo e la familiarità dell’autore con la lingua classica.
Petrarca compone rime amorose in volgare forse già dagli anni universitari trascorsi a Bologna. Di questa
produzione poetica giovanile non è rimasto nulla e neanche Petrarca né fa mai accenno. Negli anni ’30
compone alcune “rime sparse” e le divulga in modo occasionale, ma solo più avanti concepirà il progetto di
farle confluire in un testo unitario.
La storia del Canzoniere inizia da due codici, autografati, noti come Vaticano latino 3196 e Vaticano latino
3195 conservato oggi a Roma nella Biblioteca Apostolica Vaticana.
Vaticano latino 3196 è considerato “il codice degli abbozzi”, cioè una sorta di copia di lavoro “in brutta” il
poeta redige prime stesure e nuove trascrizioni dei suoi componimenti lirici, annotazioni in latino e
indicazioni sulla posizione che quei testi avrebbero dovuto occupare nel libro.
Del Canzoniere possediamo anche il codice originale nella sua versione ultima, su cui il poeta lavorava poco
prima di morire e questo è il Vaticano 3195. Questo testo fu scritto per mano del copista Giovanni
Malpaghini, che lavorò sotto l’attenta regia dell’autore, e tra il 1367 e il 1374 vede all’opera Petrarca stesso.
Il Canzoniere prima di arrivare alla sua forma ufficiale ha attraversato diverse tappe evolutive. Analizzando
tutte le testimonianze autografate Petrarca si è pervenuti alla ricostruzione di nove forme, redatte
dall’autore nel corso di circa un cinquantennio.
Il Canzoniere è un racconto lirico, che ripercorre i momenti salienti dell’amore di Francesco per Laura ed
esplora gli effetti che questa esperienza ha prodotto nell’interiorità del protagonista. Questo racconto è
sillabato in366 liriche inserite in una struttura bipartita, tradizionalmente distinta in “rime in vita” e in “rime
in morte” di Laura. Questa volontà di Petrarca, di articolare l’opera in due parti,è suggerita dall’intervallo di
quattro pagine bianche lasciato intenzionalmente per dividere il libro.
I 366 testi lirici disegnano un arco anche temporale, cioè corrispondono ai giorni di un anno bisestile o 365
giorni di un anno comune, a cui si aggiunge il sonetto proemiale. Si tratta in realtà di una durata simbolica:
l’anno scandito dalle 366 “liriche- giorni” sintetizza il senso di una vita intera, che dall’errore giovanile,
dovuto al traviamento amoroso, perviene al pentimento, attraverso le fasi della vergogna e della
consapevolezza.
L’architettura del libro sembra prefigurare un percorso rettilineo e ascensionale, nel corso del quale il poeta
si eleva dalle imperfette passioni terrene verso la finale purificazione interna. In sostanza questo percorso
non è per nulla rettilineo, poiché procede per scatti in avanti e fratture, per superamenti e ritorni
all’indietro, secondo un movimento curvilineo, in cui il soggetto continua fino alla fine a sentirsi attratto dai
valori terreni senza riuscire a raggiungere la salvezza, se non raccomandandosi alla Vergine Maria, affinchè
interceda per lui e lo purifichi insieme alla sua opera. La struttura circolare del libro Canzoniere è anche
testimoniata dai legami e dalle riprese di parole ed espressioni che intercorrono tra la canzone finale alla
Vergine e il sonetto d’apertura, che aprendo l’opera già ne contiene il senso e ne anticipa la conclusione.
Il Canzoniere nella modalità della sua composizione si rivela una “struttura aperta” in cui è possibile fino
all’ultimo momento, inserire incrementi e attuare spostamenti, al cui interno ogni testo può essere letto
come una tappa della storia dell’io, ma mantiene nello stesso tempo una sua vitale autonomia.
I TEMI
Nel Canzoniere ricorrono molti temi: amore, desiderio, lode della donna e del canto poetico, evocazione
della natura, amicizia e impegno politico. Essi vengono rielaborati e rinnovati alla luce della vicenda
interiore del poeta: l’io lirico si pone infatti come il vero centro di interesse del libro, divenendo
contemporaneamente soggetto e oggetto dell’indagine poetica, generata dalla mutatio animi
(trasformazione dell’animo) che impone a Francesco di guardare con occhi nuovi al suo percorso umano e
poetico.
La composizione del libro, una raccolta armonica di “frammenti”, diventa il laboratorio di una ricerca
esistenziale e di un autoanalisi, che restituisce senso alla dimensione del passato, recuperata attraverso la
memoria. In pratica è la memoria che alimenta la poesia, perché Francesco, spinto dalla morte di laura, è
indotto a riesaminare se stesso e il suo amore per lei.
 L’amore per Laura è un filo conduttore del Canzoniere. L’opera giovanile di Dante costituisce il
modello più prossimo al Canzoniere: Dante aveva per primo diviso in due parti il suo libro ponendo
al centro la morte di Beatrice, evento da cui ha origine la poesia della “lode”, un nuovo canto lirico
che non ha più bisogno della presenza fisica della donna e che segna il passaggio a una rinascita
morale e spirituale del poeta. Come Beatrice nella Vita Nova, anche Laura nel Canzoniere muore e
la sua morte è “necessaria” ai fini dello svolgimento del libro. La sostanziale differenza è che nella
Vita Nova di Dante Beatrice resta dall’inizio alla fine un’esperienza positiva, in quanto via maestra
verso al virtù; nel Canzoniere l’amante privato della presenza fisica della donna, è indotto a
riesaminare il suo amore per Laura e a comprenderne la natura peccaminosa. L’amore, quindi, per
Laura si rivela un’esperienza contraddittoria, all’insegna dell’errore, dell’attrazione verso i valori
terreni e dell’aspirazione al loro superamento. Solo da morta la donna potrà spronare l’amante
verso un vero Dio, subordinando la dimensione celeste a quella terrena e anteponendo il desiderio
sensuale a quello dell’eterno.
 Laura, nel Canzoniere, è un simbolo è una presenza-assenza che attraversa il libro e ossessiona la
mente dell’amante. Il suo profilo è fuggevole e infatti in tutta la prima parte la donna non viene mai
chiamata con il suo nome anche se quest’ultimo si nasconde in immagini o suoni allusivi (ES: lauro/
alloro). Anche il ritratto della donna non è mai completo, ma si dà solo per “membra sparse” cioè
parti corporee che stanno per il tutto, tipo i capelli, la fronte, gli occhi, il petto etc.
L’inafferrabilità di laura diventa il tema centrale in tutto il Canzoniere e infatti viene anche associate
ad immagini della mitologia classica, come quella di Dafne la ninfa inafferrabile. Tutte queste
trasfigurazioni mitiche rinviano all’idea che l’amata si sottrae all’amante e quindi il senso di perdita
e di mancanza che il poeta prova ed esprime nel suo canto poetico. Il personaggio di Laura nel
Canzoniere è soggetto a una costante metamorfosi che raffigurano i diversi aspetti dell’amore.
Nella prima parte del libro tende a prevalere l’idea di una donna-nemica e una concezione
dell’amore come passione sessuale e distruttiva. A partire dalla 70 canzone a questa immagine se
ne affianca un’altra dai tratti “stilnovistici”: i rifiuti di Laura non sono segno della sua insensibilità
ma uno spronare l’amante a volgersi alla bellezza eterna. Queste due immagini si alternano per
tutta la prima parte del libro. Solo dopo la morte di Laurea si comincerà a notare la figura di una
Laura- “beatrice”, ovvero un’immagine positiva della donna quindi il ricordo della sua bellezza e
della sua onestà può pacificare l’animo tormentato dell’amante, guidandolo sulla via del
ravvedimento spirituale.
 Altro tema centrale nel Canzoniere è quello del tempo e della memoria: il sentimento amoroso e la
bellezza femminile, sono calati in una dimensione temporale e sono soggetti all’azione corrosiva del
tempo che li trasforma. Per questo motivo il rapporto tra l’io e il tempo nel Canzoniere si esprime in
una costante oscillazione tra:
1) Passato, ovvero il piano della rievocazione dell’amore per Laura resa possibile dalle
sollecitazioni del paesaggio e dei luoghi segnati dalla presenza della donna;
2) Il presente, ovvero il piano della consapevolezza dell’errore amoroso;
3) Il futuro, ovvero il piano della speranza di ricomporre i conflitti interiori.
Tutto il libro è percorso da questa oscillazione dei vari piani temporali e si coglie principalmente
nelle liriche che trattano esplicitamente il tema del tempo.
A questa mutevolezza del tempo si oppone la doppia azione della memoria e della scrittura: grazie
ad esse l’io può provare ad arrestare la corsa degli attimi recuperando il passato e fermandolo per
sempre sulla pagina attraverso la parola poetica. In questo libro appare anche il tentativo di
sottrarre l’esperienza del passato all’azione corrosiva del tempo.
A partire dalla seconda parte il tema della mutevolezza del tempo si intreccia con la meditazione
della morte cioè alla fugacità del tempo terreno si oppone l’aspirazione alla pace, ma quest’ultima
si può raggiungere solo nella prospettiva dell’eternità, a cui l’uomo accede con la morte.
Il libro termina con la canzone alla Vergine in cui il viaggio esistenziale e letterario dell’io si
conclude, e Francesco, oramai prossimo alla morte, consegna la propria anima a Maria, nella
speranza dell’eterna pace.
 Il Canzoniere affronta anche altri temi oltre a quello amoroso, temi come l’amicizia, l’amore per la
sapienza e la passione civile e politica. In quei versi in cui tratta del tema politico evince nell’autore
la speranza di un riscatto politico dell’Italia, divisa e lacerata dai dissidi interni. Nel Canzoniere però
sia il tema amoroso e il tema politico sono in stretta relazione e questo è testimoniata dalla
canzone Italia Mia, collocata strategicamente fra componimenti che lamentano la lontananza e
l’assenza di Laura. Vi è, quindi una compenetrazione tra il dolore dell’assenza di Laura e il dolore di
un’Italia trafitta da dissidi interni.
Il ruolo di Petrarca nel contesto della lirica italiana è fondamentale anche nella selezione e regolarizzazione
delle forme metriche. Grazie a lui il sonetto diventa la forma privilegiata del genere lirico, infatti il
Canzoniere è composto da 317 sonetti, 29 canzoni, 9 sestine, 7 ballate e 4 madrigali. Il sonetto conosce
grazie a Petrarca una stabilizzazione delle forme, perché la maggior parte dei sonetti petrarcheschi
presentano lo schema metrico ABBA, mentre più vario risulta lo schema delle terzine. La Canzone viene
regolamentata attraverso l’adozione di un numero tendenzialmente fisso di stanze (tra 5 e 7) e la selezione
del tipo di versi, limitati all’endecasillabo e al settenario.
La lingua utilizzata da Petrarca nel Canzoniere raccoglie l’eredità della tradizione lirica romanza e la
sottopone a un’opera attenta di selezione e cura formale. All’interno di quest’opera vi sono molti latinismi,
provenzalismi, richiami siciliani e ai poeti toscani e anche ai stilnovisti (anche Dante). Questa operazione è
volta principalmente ad eliminare i tratti più locali, ed è resa possibile dalla lontananza di Petrarca da
Firenze e dalla Toscana. Il risultato è una delle lingue che influenzerà la lirica italiana per secoli, offrendo
anche un terreno d’incontro privilegiato per poeti e lettori di epoche e provenienze geografiche diverse.
Sul piano lessicale Petrarca compie un’accurata selezione dei vocaboli. Il lessico limitato a un numero
selezionato di vocaboli è molto mobile sul piano semantico grazie al sistematico ricorso alla polisemia.
All’interno del Canzoniere predomina la dolcezza e l’armonia che caratterizzano sia la lingua che lo stile ma
non va trascurata la presenza di uno stile più aspro, che Petrarca recupera dalla Commedia e dalle rime
petrose di Dante ES: Petra, Sforzare etc.
Sul piano sintattico prevale un andamento piano, giocato sulle sequenze lineari, tendenzialmente basate
sulla paratassi e legate tra loro da strumenti retorici come l’anafora, ossia la ripresa di una o più parole
all’inizio di più versi consecutivi.
Esistono all’interno dell’opera dei sonetti monoperiodici, costituiti cioè da unico periodo che si snoda
attraverso quartine e terzine. Tra verso e verso, a distendere e rallentare il ritmo, ricorre frequentemente
l’enjambement (che successivamente a Petrarca sarà ampiamente utilizzato dai poeti lirici).
Sul piano retorico- stilistico domina il ricorso all’antitesi, cioè all’accostamento di termini o concetti dal
significato opposto. Sono frequenti nelle liriche di Petrarca anche la dittologia, ossia l’andamento binario, a
due a due, dei vari elementi e il chiasmo che sono utili al fine di rappresentare in modo composto
l’andamento degli stati interiori. Petrarca ricorre spesso all’accumulazione, legata per asindeto e per
polisindeto. Il poeta inoltre riserva un’attenzione privilegiata al verso finale delle sue liriche, in cui spesso si
deposita il senso del testo in forme quasi epigrammate.

TRIONFI
Questa è la seconda opera di Petrarca scritta in volgare e in cui adotta il genere del poema in terzine, il più
idoneo a rappresentare in forma di visione allegorica il senso delle sue vicende biografiche trascorse.
La scelta del genere e del metro riportano a Dante e alla Commedia.
Il titolo originale è in latino e rinvia all’idea del trionfo romano in cui un vincitore celebra la propria vittoria
mostrando pubblicamente le prede conquistate e i nemici fatti schiavi. Sei sono i trionfi di cui il poema si
compone, articolati al loro interno in un numero vario di capitoli; inoltre ciascuno dei sei ha un titolo latino
che esplicita il valore di cui si canta la supremazia.
Le prime notizie sulla composizione dei trionfi ci portano al periodo compreso tra il 1350 e il 1360, il poema
fu portato a termine solo nel 1374, anno della morte dell’autore.
L’opera presenta un impianto narrativo, ma procede per quadri staccati, attraverso i quali Petrarca racconta
al lettore quanto precari e fuggevoli siano i beni terreni e come solo nella visione di Dio si realizzi l’unica e
stabile felicità. Come nella Commedia, autore e personaggio si identificano e anche i loro punti di vista
divergono: Francesco- personaggio ha una consapevolezza di sé inevitabilmente incompleta rispetto
all’autore che la racconta, il solo in grado di comprendere il senso della propria vicenda e di attribuirle un
valore allegorico.
1 Trionfo  L’opera inizia in Valchiusa, il 6 Aprile anno non precisato, anniversario dell’innamoramento di
Francesco per Laura. Al protagonista appare in sogno la visione di Amore che trionfa su un carro a cui sono
asserviti molti personaggi da lui sconfitti. Da questa schiera si distacca una figura che si avvicina all’autore,
ma l’identità rimarrà sconosciuta e da lì a poco anche Francesco cadrà vittima di Amore a causa di una
giovinetta.
2 Trionfo  Al trionfo d’Amore fa seguito quello della Pudicizia di Laura, per la sua virtù, non cede alla
lusinghe amorose e non ricambia il sentimento di Francesco.
3 Trionfo  Segue il trionfo della Morte sulla Pudicizia: la Morte insidia Laura che non è turbata dalle sue
minacce, ma anzi le si affida serenamente. Siamo alla vigilia di un altro 6 Aprile del 1348, l’anno della
scomparsa della donna.
4 Trionfo  Sulla morte s’impone poi la Fama, l’unica che può sottrarre all’oblio eterno la memoria degli
uomini.
5 Trionfo  Il Tempo che trionfa sulla Fama, travolta dalla fugacità del suo passaggio come ogni umana
realtà.
6 Trionfo  Alla fine sarà l’Eternità a vincere sul tempo e su ogni cosa: Francesco assiste all’ultimo trionfo
che vede affermarsi una sorta di eterno presente, in cui la contemplazione di Dio si pone come solo punto
fermo e stabile dell’universo. Tra i beati chiamati a questa straordinaria visione ci sarà anche Laura, che
trionfa al pari dell’Eternità.
I sei Trionfi rinviano ai temi centrali della produzione di Petrarca, elevati come delle allegorie attraverso il
ricorso alla “visione” e alla simbologia del numero 6, su cui tutto il poema ruota.
Nell’organizzazione interna è possibile cogliere una studiata alternanza di valori con azione negativa e valori
positivi, tipo amore negativo, pudicizia positivo, morte negativo.
Questo sistema di ricorrenze numeriche e di alternanze suggerisce l’idea che alla base dell’opera ci sia un
disegno unitario, nonostante comunque le lunghe fasi di composizione. Solo apparentemente i Trionfi
seguono un percorso ascensionale dal peccato alla salvezza; in realtà l’itinerario è quello di una parabola:
nell’Eternità, ancora una volta, il poeta immagina il volto di Laura che, come spesso accade riporta il lettore
al punto d’inizio.

IL SECRETUM
Questa può essere considerata l’opera- bilancio di Petrarca, il testo che registra la crisi interiore dell’autore
e rivela che l’esito di questa crisi fu la conversione. Petrarca penetra nella profondità della propria
coscienza per mettere a nudo le sue debolezze e sottoporre se stesso a un’indagine fitta.
Quest’opera fu scritta in latino, è in forma di dialogo in prosa e ha per protagonisti Francesco e
sant’Agostino.
Il dialogo è stato composto tra il ’47 e il ’53, a sedici anni di distanza dall’innamoramento per Laura. Siamo
quindi di fronte a un caso di retrodatazione, frequente in Petrarca, che sceglie di ambientare l’azione
diversi anni prima rispetto al momento della composizione. La vera crisi avviene nel 1348, l’anno cruciale
della mutatio animi, cioè della volontà di cambiare vita, l’obiettivo che Agostino indica a Francesco come
unica strada per la salvezza.
Petrarca articola il Secretum in tre libri, corrispondenti alle tre giornate in cui l’azione si svolge; egli rinnova
così il valore allegorico del numero trinitario e crea una perfetta coincidenza fra tempo della storia e tempo
del racconto.
Quanto ai modelli, Petrarca riprende la tradizione greco-latina del dialogo utilizzato per discutere
argomenti filosofici, in particolare i dialoghi di Cicerone. Questo modello è poi filtrato dalla conoscenza di
alcune opere autobiografiche della cultura cristiana alto- medievale, tipo le opere di Agostino.
Il dialogo basato sul confronto di più voci e posizioni, perviene invece alla verità in modo dialettico e non
univoco. Ad un’analisi più attenta emerge però che nel Secretum il confronto tra i due interlocutori non è
alla pari, perché Agostino è depositario di una verità postulata come certa, mentre Francesco pur
difendendo le sue posizioni, sa sin dall’inizio che la ragione è dalla parte del maestro.
Più che un vero dialogo, l’opera mette in scena la rappresentazione di un dibattito interiore tra due parti
dell’anima in conflitto tra loro, l’una espressa da Agostino e l’altra da Francesco stesso. Da ciò si ha la
conclusione aperta del Secretum, che si chiude con la constatazione della debolezza del protagonista.
La scelta di Agostino come interlocutore si spiega con la centralità che le sue opere avevano avuto nella
formazione di Petrarca, che vi ritrovava in lui l’ideale di una religiosità intima e profonda, basata su un
costante esame di coscienza. I due personaggi personificano due sistemi di valori umani e culturali: da un
lato quello ascetico- cristiano, identificabile con il personaggio di Agostino, dall’altro quello dell’etica
classica orientata alla virtù terrena, identificabile con il personaggio di Francesco. I due sistemi coesistono
s’intersecano nella personalità di Petrarca, generando un continuo conflitto interiore.
Nel primo libro Agostino individua nel difetto di volontà la ragione che impedisce a Francesco di attuare il
mutamento a cui aspira e consiglia di volgere il suo animo alla meditazione sulla morte.
Nel secondo libro vengono esaminati i sette peccati capitali e la disposizione di Francesco a ciascuno di essi,
ciò consente di assolvere il discepolo dai peccati della gola, dell’ira e dell’invidia, ma non tutti gli altri come
la superbia, l’accidia e la lussuria.
Nel terzo libro Agostino tocca il cuore del problema, ovvero le due ragione che allontanano Francesco dai
suoi buoni propositi: l’amore per Laura e quello per la gloria. Il primo risulta doppiamente pericoloso, sia
quando il poeta canta l’attrazione per il corpo di Laura, sia quando trasforma la donna in una sorta di
creatura angelica, cercando così di dare un senso spirituale a una passione esclusivamente carnale.
Francesco poi dimostra come complice il nome della donna, egli abbia legato il desiderio di lei a quello della
gloria. In questa parte di dialogo si affronta anche il tema della vanità e della fugacità del tempo, che
contribuisce a svelare la natura effimera degli obiettivi a cui Francesco ha piegato la propria esistenza.
La questione lascia tuttavia irrisolto il conflitto. L’allievo sa che il maestro ha ragione, ma rivela
l’impossibilità di mettere in pratica la lezione e rinvia al futuro il progetto di ravvedimento.
Il Secretum quindi racconta un viaggio che si svolge nella coscienza del protagonista.
Per Petrarca la volontà non segue spontaneamente l’intelletto.

GLI EPISTOLARI
Gli epistolari occupano una posizione di rilievo nella produzione di Petrarca, che ricorre frequentemente
alle lettere per tessere una fitta rete di relazioni con intellettuali di tutta Europa. L’interesse di Petrarca per
il genere epistolare è motivato dalla sua passione per la cultura classica, ma anche il ruolo centrale che
ebbe la pratica dell’amicizia.
La produzione epistolare di Petrarca, tutta in lingua latina, si compone di diverse raccolte in prose e in versi;
appartengono al primo gruppo le Familiarium rerum libri (Le Familiari), le Senilium rerum libri (Le Senili) e le
Sine nomine (Senza Nome); al secondo le Epystolae (Epistole). A completamente vi sono quelle lettere che
non categorizzate in questi due gruppi che sono Variae o Dispersae.
Petrarca ebbe un ruolo centrale e decisivo nella rielaborazione del genere epistolare che verrà trasmesso
alla cultura umanistica.
Le Familiares e le Epystolae sono progetti paralleli al Canzoniere, si trattava principalmente per il poeta di
recuperare il passato e di ridefinire la propria immagine alla luce della trasformazione interiore che si era
prodotta in lui. Questo comporta un lungo e complesso lavoro sulle antiche carte, che erano circolate
sparse e frammentarie e che lui selezionerà e organizzerà in veri e propri libri. Il progetto comporta che le
singole lettere siano sottratte all’esigenza comunicativa per cui erano nate e riorganizzate in vista del posto
e del significato che dovranno occupare nel libro. Le lettere sono scelte e disposte in base a criteri artistico-
letterari e un preciso disegno ideologico- morale.
Fra i temi affrontati, centrale è l’esplorazione e il confronto fra l’io passato e quello presente, che fa
emergere le varie sfaccettature della personalità del poeta: l’inquietudine fisica e morale, i “fantasmi
d’amore” e il conseguente senso di vergogna e pentimento, il senso della fuga del tempo che rende
precaria e drammatica la vita terrena dell’uomo. Oltre a ciò abbiamo il richiamo costante ai classici,
l’esaltazione della dignità della letteratura e la polemica con gli altri saperi, il mito della vita solitaria e il
disprezzo per il vulgus.
Rispetto all’epistolografia medioevale sono molto evidenti i tratti innovativi delle lettere di Petrarca: al “voi”
medievale si sostituisce il “tu” per influsso di Cicerone e Seneca; le formule di apertura e di chiusura
vengono semplificate; vengono eliminate gli appellativi troppo solenni ed è introdotta la datazione in stile
classico. Petrarca principalmente pone al centro il colloqui intimo con i suoi corrispondenti e la messa a
nudo di se stesso. Inoltre l’adozione del latino al posto del volgare denota e rafforza la volontà di Petrarca
di innalzare il livello della comunicazione e di delineare l’orizzonte di un pubblico raffinato e colto.
Le Familiares  Il titolo completo della raccolta è Familiarum rerum libri (Libri di cose familiari) con una
leggere allusione allo stile piano e discorsivo che le caratterizza. La raccolta si compone di 24 libri che
riuniscono ben 350 lettere. La molteplicità dei destinatari rivela la ricchezza delle relazioni umane e
intellettuali intessute da Petrarca e questo ci dona l’immagine di una feconda comunità culturale. Petrarca
dialoga con personaggi reali ma anche immaginari, infatti negli ultimi tre libri avvia un dialogo con Cicerone,
Virgilio e Seneca.
Le Seniles e Le Variae  Sono progettati dal 1356 e raccolgono tutte le lettere scritte dal 1361 fino al 1374,
il loro nome è Senilium rerum libri. La raccolta si compone di 17 libri, in cui sono ordinate 128 libri. Il XVIII
avrebbe dovuto contenere la sola Posteritati (Ai posteri) ma rimase incompleta. Lo sfondo di queste lettere
è il dolore per alcuni lutti personali e da un fastidio sempre più forte nei confronti della vita pubblica. Qui
abbiamo meno lettere a impianto trattatistico- morale mentre risultano più frequenti i richiami alla
dimensione autobiografica. Molte lettere Petrarca non le inserì nelle Seniles, ma sono arrivati a noi grazie
ad ammiratori e studiosi del poeta e questi vanno sotto il nome di Variae (Disperse).
Le Sine Nomine  Si tratta di 19 lettere, scritte fra il 1342 e il 1359, queste lettere furono escluse dalle
Familiares e così furono raggruppate in una piccola silloge dal titolo Sine Nomine (Senza Nome). Questa
scelta del poeta potrebbe essere spiegato con ragione di opportunità politiche, infatti queste lettere hanno
il tema comune della polemica contro la corruzione della corte papale ad Avignone. Tra i vari destinatari
troviamo Benedetto XII oppure l’imperatore Carlo IV.
Le Epystolae Metricae  Sono tre libri in cui sono contenute 66 epistole, scritte tra il 1348 e il 1350 e sono
scritte in latino e in esametri, su modello del poeta latino Orazio. Questa raccolta viene terminata nel 1364
e inviata all’amico Barbato da Sulmona, a cui è dedicata. Nella lettera proemiale l’autore ricorda re Roberto
d’Angiò, oramai morto, Laura e la sua scomparsa e il progressivo affievolirsi della passione.

A partire dal 1337 Petrarca avviò un’intensa attività letteraria in latino che ha l’obiettivo di realizzare opere
epiche e storico- erudite modellate sui classici cioè si viene delineando un classicismo latino, a cui lo
scrittore affida le sue ambizioni di gloria letteraria.
Di questo progetto fanno parte l’Africa, poema in esametri latini sulle gesta dell’eroe romano Scipione
l’Africano, e il De viris illustribus (Gli uomini illustri), opera storica costruita da biografie esemplari. Queste
opere furono progettate in Valchiusa tra il 1338/39.
L’Africa  è un poema epico in esametri latini che avrebbe dovuto comprendere 12 libri, ed è dedicato alle
ultimi fasi della seconda guerra punica (III secolo a.C). La scelta del genere epico rinvia al modello virgiliano
dell’Eneide e nasconde l’aspirazione del poeta a incarnare un nuovo Virgilio. Il progetto si sviluppa intorno
al 1343, periodo in cui avviene la morte del re Roberto d’Angiò, che il poeta vedeva come un “novello
Augusto”, e periodo in cui si ha la crisi spirituale del poeta. Petrarca ritornerà più volte su quest’opera ma
resterà comunque incompleta fermandosi al nono libro, con ampie lacune e squilibri nel tessuto della
narrazione. L’insoddisfazione dell’autore viene delineate nelle postile che affiancano il testo e nella sua
determinazione a non pubblicarlo. Solo dopo il 1396 fu autorizzata, dagli eredi di Petrarca, la trascrizione
dell’autografo.
Il De virisi illustribus Il progetto iniziale era un testo su modello storico latino di Svetonio, e avrebbe
dovuto riunire le biografie esemplari di personaggi illustri della storia romana, da Romolo a Tito. Un
progetto umanistico di esaltazione della virtù antica in tutta la sua esemplarità etica. La stesura s’interruppe
nel ’43, per poi essere ripresa e revisionata agli inizi degli anni ’50, ma l’opera non fu portata a termine,
nonostante comunque Petrarca ritornasse spesso su quest’opera.
I Rerum Memorandarum libri  Un’opera incompleta,questa era una sorta di enciclopedia di fatti, gesta,
motti e sentenza antichi assunti a esempi di virtù morali, sul modello del latino di Valerio Massimo. Furono
avviati nel ’43 ma subito abbandonati e mai ripresi.

Tra il ’46 e il ’47 Petrarca a Valchiusa progetta due opere in cui lezione dei classici e meditazione cristiana
convergono e inaugurano una nuova fase di riflessione morale e religiosa. Nascono così De vita solitaria
(La vita solitaria) e De otio religioso ( La tranquilla vita dei religiosi). Petrarca cerca la sintesi tra due ideali di
vita e di cultura, mitigando la severa ascesi cristiana con l’otium dei classici latini. L’ideale di una vita
appartata ma non isolata, aperta alla visita e al dialogo degli amici più cari.
De vita Solitaria  Fu iniziato nel 1346 e destinato a essere rivisto nel 1371, è un trattato in latino in due
libri dedicati a Philippe de Cabassoles, vescovo di Cavaillon, un grande amico di Petrarca. Il primo libro è un
elogio alla vita solitaria, condotto attraverso il confronto tra la vita dell’individuo occupato e quella del
saggio solitario. Il secondo libro è dedicato a una rassegna di exempla, che servono a suffragare la validità
dell’ideale professato. Accanto al tema centrale vi sono altri motivi che verranno ripresi dalla cultura
umanistica: l’esaltazione delle virtù consolatorie della letteratura e l’orgogliosa estraneità del saggio alle
ricchezze.
De otio religioso  Questo è un altro trattato in latino e fu iniziato nel 1347, dopo la visita al fratello
Gherardo, e concluso nel 1357. L’opera sin dal titolo ci dona l’argomento centrale ovvero la sintesi tra
l’otium dei classici e l’ideale mistico-ascetico cristiano. Questo trattato esorta suo Gherardo e tutti coloro
che condividono la vita monastica a non cedere alle lusinghe del mondo e a realizzarsi nella vita
contemplativa.
De Remediis Utriusque Fortunae  Sono due libri composti in forma di dialogo tra il 1355 e il 1366. Delinea
attraversa un’ampia rassegna di exempla l’ideale di un saggio impassibile di fronte alla buona come alla
cattiva sorte. L’opera ebbe una notevole fortuna in età umanistica.
Il Bucolicum Carmen  Nel periodo compreso tra il 1346 e il 1357 si colloca il Bucolicum Carmen (Carme
bucolico) è una raccolta di 12 ecloghe, fu rielaborata fino al 1364. Petrarca si basa sul modello delle
Bucoliche di Virgilio. La particolarità del genere consiste nell’ambientazione pastorale: una campagna
armonica e stilizzata diventa la cornice ideale di incontri e dialoghi tra pastori. Petrarca indirizza questo
testo a un pubblico ben scelto che sia in grado di cogliere il messaggio nascosto sotto la finzione pastorale.

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