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LEZIONE 1
FRANCESCO PETRARCA: LA VITA

1) Francesco Petrarca nacque ad Arezzo il 20 luglio 1304, da una famiglia fiorentina di


condizione borghese. Il padre era stato mandato in esilio dopo che la parte nera si era
impadronita del potere in Firenze.
a) nel 1312 la famiglia Petrarca si trasferì ad Avignone dove allora risiedeva il Papato
b) Francesco nel 1316 fu inviato a studiare all’università di Montpellier
c) All’età di 16 anni col fratello Gherardo fu inviato a Bologna che era allora la patria degli
studi giuridici, per essere avviato agli studi forensi
d) Nel 1326 tornò ad Avignone senza aver compiuto gli studi e avviato alla sua vera vocazione:
quella letteraria. Qui condusse vita dissipata e mondana, riscuotendo grande successo per le
sue doti di arguzia.
 I suoi maestri letterari erano i classici Virgilio e Cicerone, per la raffinatezza formale
delle loro opere
 Ma molto venerato era anche S. Agostino, e in particolare la sua opera Confessiones che
egli teneva sempre con se.
NB: già negli anni della giovinezza erano quindi presenti le due tendenze fondamentali della
sua opera futura: culto dei classici e intensa spiritualità cristiana, tendenze che sempre
Petrarca cercò di conciliare
2) La lingua in cui pensava e scriveva abitualmente era il latino, ma parallelamente coltivò
anche il genere della poesia in volgare, sulle orme degli stilnovisti.
a) la lingua volgare, per lui sradicato da ogni municipalismo italiano, era dunque un omaggio a
una tradizione poetica già affermata.
b) Seguendo gli stilnovisti volle raccogliere tutta la sua produzione letteraria intrecciandone i
motivi accanto a una figura femminile a cui diede il nome di Laura
 Il nome era carico di suggestione: infatti rimandava al lauro, la pianta sacra ad Apollo,
dio della poesia
 L’incontro con Laura avvenne secondo il poeta il dì sesto d’aprile del 1327, in una
chiesa di Avignone.
 Si è molto discusso sulla effettiva realtà di questo amore, arrivando anche a dubitare
dell’esistenza storica di Laura
 Oggi si ritiene che alla base vi sia un’esperienza reale, seppur rappresentata da un
episodio piuttosto effimero, di scarsa importanza, che il poeta caricò in seguito del
valore di un simbolo
 Simbolo letterario di valenza stilnovistica
 Simbolo intorno al quale Petrarca radunò tutti gli elementi della sua vita interiore, le
sue aspirazioni, le sue debolezze, le colpe, i ripiegamenti del proprio Io e le sconfitte.
3) Accanto alle aspirazioni letterarie rimaneva vivo nel Petrarca il desiderio della sicurezza
materiale, e questa aspirazione allora poteva essere, per un giovane intellettuale privo di beni
propri e che non esercitasse una professione propria, la carriera ecclesiastica
a) per questo motivo Petrarca prese gli ordini minori, che non implicavano la cura delle anime,
ma portavano rendite lucrose
b) ottenne così la protezione del Vescovo Colonna, personaggio eminente della curia papale, e
per anni fu al servizio del fratello di questi, Giacomo Colonna.
c) Al bisogno di tranquillità si contrappose il desiderio e la curiosità di conoscere,
intraprendendo numerosi viaggi che lo portarono in luoghi dove potesse arricchire la sua
cultura (biblioteche di monasteri, abbazie, scoprendo testi dimenticati di classici europei e
italiani, dando inizio alla disciplina della filologia)
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d) In contraddizione con questa esigenza di viaggiare, albergava nel Petrarca la necessità di


isolarsi dal mondo, per indagare nel chiuso del proprio mondo interiore, approfondendo la
conoscenza di se.
 Emblematica in questo senso è l’esperienza dell’ascesa al monte Ventoso (narrata in una
epistola delle Familiari). Per questo rimandiamo al testo a pag. 674-678.
 Assorto nella meditazione in compagnia del fratello Gherardo, apre a caso le
Confessiones e legge un passo che lo folgora: “E vanno gli uomini a contemplare le
cime dei monti, i vasti flutti del mare, le ampie correnti dei fiumi, l’immensità
dell’oceano, il corso degli astri, e trascurano se stessi”
 Questa pagina diviene per Francesco la sintesi del suo travaglio interiore, sospeso fra il
richiamo dei beni terreni e il bisogno di una vita più pura indirizzata al perfezionamento
interiore
 Per questo motivo si ritira a Valchiusa, poco lontano da Avignone. In questo clima di
otium letterario si dedica alla lettura dei classici, alla scrittura e alla meditazione. In
questo ritiro nascono quasi tutte le sue grandi opere, lontano dal rumore mondano e dalle
occupazioni politiche, alla ricerca di una vita autentica.
4) Ma non solo preoccupazioni ascetiche stanno dietro al ritiro dalla vita mondana di Petrarca. In
lui era sempre vivo e presente il desiderio di ricevere gloria, riconoscimenti, onori letterari.
a) questo suo desiderio venne appagato, quando fu incoronato poeta a Roma, in Campidoglio,
nel 1341.
b) Subito dopo però subì una violenta crisi religiosa, accentuata anche dalla scelta del fratello
che si ritirò nella certosa di Montrieux
c) A questo si aggiunse la vergogna per la nascita della figlia naturale, Francesca, che diviene
per lui simbolo di contraddizione tra la scelta religiosa e l’attrattiva per i piaceri mondani.
d) Egli non risolse mai il suo conflitto interiore, e può essere ricordato come il poeta del
“dissidio”.
5) A questo si aggiunse anche la necessità di impegnarsi politicamente e civilmente. Egli
sentiva vivamente i problemi del suo tempo e mirava ad incidere nei fatti dell’epoca nel suo
ruolo di intellettuale.
a) per questo usò il suo prestigio per perorare la causa del ritorno del Papa a Roma
b) e per incitare l’imperatore Carlo IV di Boemia perché scenda in Italia a ripristinare l’autorità
imperiale
c) si entusiasma così per il frainteso progetto politico di Cola di Rienzo, che restaurata la
repubblica romana mirava a riportare questa città alla antica gloria, facendola centro di una
rinnovata cristianità. Petrarca si mise anche in viaggio per raggiungere Cola e fargli da
consigliere, ma giunto a Genova lo raggiunse la notizia della degenerazione dell’azione del
tribuno romano.
6) Nel 1347 Petrarca lascia polemicamente la corrotta curia papale di Avignone.
a) soggiorna tra il ’48 e il ’51 in Italia, in cerca di una sistemazione più confacente alle sue
aspirazioni.
b) Nel ’50, di passaggio a Firenze conosce il Boccaccio e stinge legami con un gruppo di
intellettuali fiorentini, che già si presentano come precursori dell’Umanesimo e che vedono
in lui il proprio maestro.
c) Nel ’56 accettò gli inviti del signore di Milano, Giovanni Visconti, dal quale è impiegato
come ambasciatore in occasioni particolarmente importanti. Nella sua casa di campagna si
dedica alla rifinitura di parecchie sue opere.
d) Nel ’61 si rifugia a Venezia, per sfuggire alla peste scoppiata a Milano.
e) Nel ’67 passa a Padova, dove è accolto con grandi onori dai signori del luogo i da Carrara.
f) Trascorre gli ultimi anni in compagnia della figlia Francesca, assorto nelle attività più care,
studiare e scrivere
7) Muore ad Arquà nella notte fra il 18 e 19 luglio 1374.
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LEZIONE 2
PETRARCA, L’INTELLETTUALE

1) Petrarca rappresenta una nuova figura di intellettuale, rispetto ai precedenti:


a) non è più l’intellettuale comunale, legato ad un preciso contesto cittadino, ma un
intellettuale cosmopolita, che viaggia molto. Rispetto a Dante, fiorentino in esilio a vita,
Petrarca si sente piuttosto legato all’Italia (non come ente politico, si badi bene, ma come
riferimento culturale e letterario)
b) non è più l’intellettuale che partecipa attivamente alla vita politica del suo comune; egli ha
accettato pienamente il ruolo di intellettuale cortigiano, legato alla Signoria.
 In questo ruolo si presta come consigliere di grande prestigio e autorevolezza, che
esercita una funzione pubblica;
 In cambio ottiene rendite, onori pubblici, protezione.
 Con le Signorie non ha rapporti istituzionali, resta più che altro un ospite illustre; non ha
bisogno di piegarsi al potere, perché indipendente dal punto di vista economico.
c) in questa indipendenza economica si può vedere delineata anche la figura di intellettuale
chierico, colui che trae beneficio dalle proprie rendite ecclesiastiche e può così dedicarsi con
profitto e a tempo pieno agli studi
 conduce vita agiata grazie alle sue proprietà
 può accedere a tutti i libri (manoscritti!) che vuole
NB: il suo prestigio è dipendente anche dalla notevole importanza che ha assunto in questo
periodo la letteratura, che viene considerata la più alta manifestazione dello spirito umano,
l’attività in cui trova la massima espressione l’humanitas
 il letterato fa rivivere il mondo antico
 è modello di vita civile e spirituale
 con i suoi scritti si assicura l’immortalità presso i posteri
d) proprio per l’alto valore della letteratura, l’intellettuale non può asservirsi a fini pratici, ma
deve esercitare un’attività assolutamente disinteressata
 per questo motivo Petrarca disprezza le “arti meccaniche”, ovvero il sapere tecnico e
scientifico
 le lettere, che apparentemente non sono necessarie, in realtà concorrono a formare la
vera conoscenza di se e confortano l’animo, rendendolo saldo di fronte ai colpi della
Fortuna
 per Petrarca il poeta è il sacerdote di un vero e proprio culto ed ha il potere di consacrare
all’immortalità se stesso e coloro di cui tratta.
2) Questa concezione che Petrarca prende dalla Pro Archia, di Cicerone, riportato alla luce
proprio da lui, sarà alla base dell’Umanesimo, il movimento filosofico-culturale e artistico
immediatamente successivo al poeta aretino; alla base c’è l’idea che l’uomo è al centro
dell’Universo con i meriti di ciò che crea con la sua attività culturale e artistica, per migliorare
l’umanità

L’HUMANITAS

1) per Terenzio (commediografo latino) si tratta di quelle nobili caratteristiche dell’animo umano,
che sono alla base della filantropia (= amore per l’umanità).
2) Per Cicerone si tratta di ciò che rende l’animo umano superiore alle altre creature grazie alla
cultura; solo la cultura rende l’uomo simile a Dio, che ha gli ha dato questa “scintilla”, che gli
fa sentire il senso di appartenenza al genere umano e che lo invoglia a guardare con
benevolenza agli altri uomini: il perfetto uomo è il perfetto oratore, cioè l’uomo che unisce una
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solida cultura alla sensibilità umana.


3) Per Seneca, si tratta di quelle qualità dell’animo umano, dello spirito umano, che fanno sì che
l’uomo si caratterizzi in senso nobile in quanto “non fa agli altri quello che non vorrebbe fosse
fatto a se stesso”, colui, insomma, che cerca la felicità propria attraverso la ricerca della virtù,
che abita in ognuno di noi, e che sta a noi scoprire.
4) Per Petrarca, il concetto è simile a quello ciceroniano; l’uomo che ama l’umanità è quello che
mette al servizio dei propri simili le proprie capacità culturali.
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LEZIONE 3
OPERE RELIGIOSE E MORALI

1) Petrarca scrisse solo due opere in volgare; il resto della sua produzione è in latino. Questa
produzione può essere divisa in 2 parti: opere religioso-morali e opere umanistiche.
2) Opere di polemica filosofica:
a) Invectivae contra medicum quendam, De sui ipsius et multorum ignorantia quendam
 Petrarca esprime il suo profondo dissenso dalla filosofia scolastica, che pretendeva di
indagare la realtà ordinandola in schemi enciclopedici, in modo da classificarla e
comprenderla
 L’unica cosa che si può indagare è l’animo umano, esplorare l’interiorità dell’uomo per
insegnargli a sopportare le miserie della sua esistenza e indicargli l’autentica via alla
salvezza.
 Il maestro non è S. Tommaso (come per Dante), ma S. Agostino (“in interiore homine
habitat veritas”)
 Si acuisce il distacco con Dante:
 Per Dante c’era un’incredibile fede in un ordine perfetto che racchiudeva tutte le
manifestazioni della realtà
 Per Petrarca esiste invece la rinuncia ad affrontare il mondo esterno e la tendenza a
rinchiudersi in se stesso, nel proprio io.
b) il Secretum
 concepito nel 42’-43’, al culmine della crisi religiosa
 titolo completo: De secreto conflictu curarum mearum (Il conflitto segreto dei miei
affanni), ovvero il contrasto tra le passioni, gli impulsi dell’animo, la tendenza alla
contemplazione e il desiderio di gloria mondana; un libro dinamico, moderno, non
statico come quelli del Medioevo.
 L’opera è divisa in 3 libri, è strutturata come un dialogo tra Francesco stesso e S.
Agostino. Il dialogo si svolge alla presenza di una donna bellissima (allegoria della
Verità) che non prende mai la parola (il modello letterario è il De consolatione
philosophiae di Boezio).
 Lo scrittore si sdoppi in entrambi i personaggi che sono proiezioni della suo
interiorità lacerata: Agostino rappresenta il valore della coscienza, che fruga
nell’animo di Francesco mettendone in rilievo le debolezze e le miserie, ma
soprattutto le contraddizioni; Francesco rappresenta la fragilità del peccatore,
disposto ad imparare, ma riluttante a staccarsi dai beni mondani
 Nel primo libro: Agostino rimprovera Francesco della debolezza della volontà
 Nel secondo libro: passa in rassegna i sette peccati capitali (in particolare
soffermandosi sull’accidia)
 Nel terzo libro: esaminate le 2 colpe gravi: il desiderio di gloria terrena e l’amore per
Laura: in particolare la discussione si fa aspra a proposito di Laura: Petrarca ritiene
che l’amore per Laura sia stato spirituale e fonte di virtù, per Agostino da qui ha
avuto inizio la degradazione morale del poeta.
 L’obbiettivo di questo libro è raggiungere la pace interiore, ma quando si conclude tutte
le contraddizioni del poeta restano comunque aperte; il poeta non riesce a delineare una
soluzione definitiva come Dante che attraversato la selva oscura approderà alle certezze
della visione in Dio; Petrarca è l’uomo della crisi
 Questa crisi non è solo un dato biografico individuale, ma assume un più vasto
significato storico: Petrarca è il rappresentante di un’età di trapasso che vede il
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disgregarsi dell’età medievale, ma è ancora lontana dai nuovi canoni


dell’Umanesimo e Rinascimento.
 Petrarca sente ancora forte il richiamo ai valori ascetici, ma non può aderire
interamente ad essi; sente il fascino di una concezione di vita ispirata all’integrale
accettazione dei valori terreni, ma non riesce a conciliarli con le aspirazioni dello
spirito.
 Questo suo travaglio non lascia però traccia nel suo latino, che è armoniosamente
strutturato sull’esempio del classici: nella pagina scritta trova la sua catarsi quel dissidio
che sul piano morale è irraggiungibile; in altre parole: l’equilibrio del dissenso,
mancante sul piano morale e biografico, riesce miracolosamente a concretizzarsi nella
pagina scritta.
c) De vita solitaria
 Scritta pochi anni dopo il Secretum, esalta la solitudine
 Non quella totalmente ascetica degli eremiti
 Ma quella rallegrata dalle bellezze della natura, dalla conversazione con poeti e eletti
amici, ma soprattutto dalla presenza dei libri, poiché “senza il conforto delle lettere
la solitudine è esilio, carcere, tormento; al letterato invece è patria, libertà, diletto”
 Non solo la preghiera, ma anche lo studio dei classici e l’esercizio della poesia
 Non c’è inconciliabilità tra classici e cristianesimo: la saggezza che si trova nei libri
antichi (di cui Petrarca fu massimo filologo) è un’anticipazione delle verità cristiane.
 Se Dante risolveva la compatibilità con l’allegoria, Petrarca ritiene che non sia
necessario reinterpretare i classici per conciliarli con il cristianesimo; ciò che i
classici hanno detto concorre ad educare e ammaestrare l’animo.
 Leggere i classici non è una perdita di tempo, dietro a vanità profane, ma utile
esercizio per edificare il proprio io.
 L’ideale cristiano della rinuncia al mondo si concilia con quello classico dell’otium
letterario
 L’attività intellettuale migliora se stessi e l’esercizio della cultura non distoglie dalla
perfezione cristiana, ma va nella stessa direzione (Umanesimo cristiano)
d) De otio religioso: appassionato elogio della vita monastica, accompagnato dalla
consapevolezza che il rigore ascetico, pur auspicabile, resta per lui irraggiungibile.
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LEZIONE 4
LE OPERE UMANISTICHE E IL RAPPORTO CON IL MONDO CLASSICO

1) Per capire il rapporto di Petrarca con i classici e necessario ricapitolare il rapporto che con i
classici avevano gli autori precedenti, in particolar modo Dante.
a) Dante non aveva coscienza della frattura esistente fra di lui e i classici (basti pensare agli
incontri nel Limbo e a quelli con Stazio, al ruolo di Virgilio nella divina Commedia)
b) Questo perché Dante poteva assimilare figure e temi della cultura classica adattandoli alla
propria visione della realtà. (Es. Virgilio, definito “la nostra maggior Musa”)
2) Petrarca invece sente il bisogno di restituire ai classici la loro fisionomia più autentica,
liberandoli da quella deformazione che ad essi aveva sovrapposto l’età di mezzo.
a) Nasce con questi intenti l’attività filologica di Petrarca.
 Curiosità di riportare alla luce quegli autori e quei testi che erano stati lasciati ai margini
dalla cultura medievale
 Scoperte di grande rilievo: Epistole di Cicerone ad Attico, che gli forniscono l’impulso
per ordinare la proprie lettere sul modello ciceroniano
 Correttezza dei manoscritti, di cui egli porta avanti l’edizione critica, emendando gli
errori dei copisti e parallelamente annotando i testi con chiarimenti storici ed eruditi su
persone, luoghi e fatti.
 Nasce la filologia, intesa come scienza letteraria che anticipa i lavori dei grandi filologi
umanistici.
b) La coscienza del distacco è all’origine dell’atteggiamento con cui Petrarca si rapporta agli
scrittori classici:
 Essi sono un modello insuperabile di sapienza, di perfezione stilistica
 Guarda ad essi con un misto di venerazione e di struggente nostalgia, avvertendoli come
perfetti, ma passati
 Sente il bisogno di emularli, di conformarsi al loro esempio
 La nostalgia genera in lui il bisogno di trasportarsi idealmente in mezzo ad essi, di
divenire loro contemporaneo, astraendosi dall’epoca meschina in cui gli è toccato vivere
(e qui sta un’altra differenza con Dante il quale faceva calare i i classici nel suo tempo,
considerato una prosecuzione quasi identica dell’epoca storica romana)
3) Questo culto per i classici genera tutte le raccolte epistolari di Petrarca.
a) 24 libri di epistole Familiari; 17 di Senili, risalenti agli anni più tardi
b) le lettere Sine nomine (così chiamate per ragioni di prudenza, non essendo nominato il
nome del destinatario); le Varie rintracciate e pubblicate da amici.
 Le lettere non erano destinate a colloqui confidenziali, ma erano un vero e proprio
genere letterario nel quale esercitarsi, in vista di pubblicazione, essendo intesi come
componimenti letterari.
 Il modello è quello classico degli epistolari ciceroniani
c) Si assiste in queste lettere alla trasfigurazione letteraria della realtà: c’è la necessità di
esplorarsi, di confessarsi; ma questa materia passa solo attraverso filtri letterari
 Petrarca vuole fissare un’immagine ideale del letterato e del dotto, che abbia valore di
exemplum.
 Gli elementi che lo compongono sono: la fede in una cultura disinteressata, il fastidio per
le attività pratiche, un sogno idillico di un’esistenza appartata, tutta dedita ai libri, la
consapevolezza della funzione pubblica del dotto e del sapiente.
d) La legge che presiede a queste lettere è quella che diventerà fondamentale per tutte le opere
successive di Petrarca: un criterio di selezione e di idealizzazione; ovvero la realtà viene
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selezionata in cerca solo di quella nobile e degna di essere considerata; in seguito tale parte
della realtà viene idealizzata subendo una trasfigurazione letteraria.
 Questa selezione e idealizzazione costituisce il canone principe del classicismo
petrarchesco
 E contribuisce alla rigorosa separazione degli stili che era propria della cultura antica e
che il medioevo aveva ribaltato.
 La conseguenza (contenente un potenziale pericolo per il futuro) è che con Petrarca
viene esclusa tutta una zona della realtà, quella bassa e quotidiana, che aveva avuto
spazio nelle epoche precedenti e anche con Dante (si pensi ai tre stili –elegiaco, comico e
sublime- teorizzati dal poeta fiorentino)
e) Tuttavia si avvertono anche nelle epistole le irrequietudini che costituiscono la sostanza
della psicologia petrarchesca
 Esemplare è la lettera dell’ascesa al monte Ventoso (“Ciò che ero solito amare, non amo
più […] amo, ma ciò che amerei non amare, ciò che vorrei odiare: amo tuttavia, ma
contro voglia, nella costrizione, nel pianto, nella sofferenza”)
 Appaiono i grandi motivi del pessimismo e dell’ascetismo cristiano: la fuga del tempo, il
suo precipitarsi verso la morte, per cui mentre viviamo non facciamo che morire
continuamente (cfr. Seneca); per contro l’aspirazione alla vita eterna, in cui nulla muta e
in cui nulla può finire.
4) L’ideale classico è alla base anche del poema epico Africa
a) si tratta di un poema epico in esametri latini, concepito nel ’38 e ripreso più volte senza mai
essere portato a termine
b) argomento: la seconda guerra punica, che il poeta pensava non fosse mai stata trattata dai
poeti classici (ignorava che fosse stato l’argomento di un poema le Puniche di un minore
Silio Italico, poeta del I° sec d.C.)
c) la materia è ricavata dalle Storie di Tito Livio e dall’Eneide di Virgilio
d) il proposito è esaltare le gesta di Scipione l’Africano, il vincitore di Annibale
e) ma accanto ai motivi tradizionali compaiono motivi più personali, in cui Petrarca innesta la
sua particolare sensibilità
 è il caso del lamento di Magone morente che si fa portavoce della meditazione
pessimistica del poeta: la vanità delle cose umane, la vita che corre tra illusioni
ingannevoli e continui travagli.
 Persino la gloria di Roma finisce per essere guardata da lontano, dall’infinita distanza
dell’eterno
5) Altre opere
a) il De viris illustribus, raccolta di biografie di illustri personaggi romani; scritta con
l’intento di celebrare la grandezza di Roma, sulle orme delle Storie di Livio; anche qui il
racconto storico si tinge di colori soggettivi.
b) Rerum memorandarum libri (fatti memorabili), una raccolta di aneddoti raggruppati in
categorie, al fine di illustrare vari tipi di virtù. Ancora presente il sapore degli exempla
medievali.
c) Bucolicum carmen (sul modello delle Bucoliche virgiliane)
d) Epistulae metricae, in versi trattano temi morali.
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LEZIONE 5
IL DISSIDIO PETRARCHESCO

1) Se l’unica realtà che conta è quella della propria interiorità, la sua poesia, più che come racconto
di una storia d’amore va letta come lucida analisi della coscienza.
a) La tormentata storia d’amore diviene il simbolo di una crisi più vasta, sentimentale,
intellettuale e religiosa insieme.
b) La figura di Laura diviene il centro poetico attorno al quale organizzare un’accanita
esplorazione interiore, con la stessa forza e lucidità di analisi del Secretum.
2) Ciò che caratterizza la spiritualità di Petrarca è un bisogno di assoluto, di eterno, di un
approdo stabile in cui l’anima trovi la pace perfetta
a) in contrasto con questo desiderio egli avverte l’angoscia della imperfezione delle cose
umane
b) tutto ciò che l’uomo segue sulla terra è destinato a perire, a venire meno; si tratta di illusioni
effimere, destinate a cadere con l’affermazione dell’ultima realtà: la morte.
c) La gloria, che pure Petrarca brama non è che cosa vana; l’amore non è che un sogno, la
bellezza di Laura deperisce, invecchia e muore, “nulla qua giù diletta e dura”
3) Deluso da queste aspettative, il poeta vorrebbe consegnarsi alla conversione come S.
Agostino, perciò il Canzoniere vorrebbe offrirsi come la vicenda di un’anima che si libera dalle
impurità umane e si innalza a Dio, trovando in Lui la pace e la salvezza.
a) ma il Canzoniere non è la Commedia: il viaggio non può in maniera rassicurante concludersi
con la visione di Dio e non ci si può volgere indietro “fuor del pelago a la riva”, sicuri, a
guardare “l’acqua perigliosa”
b) al mondo il poeta si sente ancora estremamente legato, come S. Agostino si sentiva ancora
troppo legato ai beni mondani tanto da esclamare “Signore, convertimi, ma aspetta ancora
un po’!”
c) per Petrarca le acque perigliose non terminano mai, anzi egli scrive il Canzoniere mentre è
ancora immerso in esse e così il dissidio interiore non trova una soluzione, e questo perché:
 il suo ideale non è il semplice rifiuto del mondo
 ma la conciliazione del divino e dell’umano:
 dare alle cose terrene l’eternità delle cose celesti, preservandole dalla corruzione del
tempo e della morte
 togliere alle gioie della terra il loro carattere peccaminoso, conferendo ad esse una
totale dignità
 Pertanto, a ben vedere, il vero dissidio è tra una concezione ascetica che impone una
totale rinuncia al mondo e il sogno impossibile di conciliare cielo e terra
4) E la conciliazione tra umano e divino sarà proprio il grande sogno filosofico del
Rinascimento.

IL SUPERAMENTO DEL DISSIDIO NELLA FORMA

1) Poiché la materia è piena di contraddizioni e di tensioni interiori sarebbe lecito aspettarsi una
forma nervosa, tormentata e involuta. Invece la dizione poetica del Canzoniere è limpida,
equilibrata, armoniosa.
a) questo perché il verso per il poeta non è mai l’immediato sfogo dell’animo, del sentimento.
b) I conflitti dell’animo devono sempre passare attraverso il filtro della letteratura, di quella
letteratura soprattutto dei classici, che da sempre Petrarca ammira; solo astraendosi
dall’immediatezza del sentimento e filtrando la realtà attraverso la letteratura è possibile
giungere alla contemplazione del proprio Io
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c) Pertanto le ricche citazioni dai classici ma anche dalle Sacre scritture non sono sfoggio di
erudizione, ma di un processo in un certo qual modo spontaneo: Petrarca parla e pensa come
i suoi autori prediletti
d) Ed è grazie a questo costante lavoro di lima letterario sulla forma che egli ricompone nella
pagina scritta quel conflitto interiore che altrimenti, non potendo contemplare, non
riuscirebbe ad analizzare.
NOTA BENE: il conflitto rimane irrisolto, ma almeno è “fotografato” e può essere analizzato.
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LEZIONE 6
IL CANZONIERE

IL VOLGARE

1) E’ davvero curioso constatare come Petrarca ritenesse di ottenere l’immortalità presso i


posteri grazie alle opere scritte in latino;
a) in realtà egli voleva essere il continuatore dei classici, l’imitatore che riportava in vita il loro
gusto del bello e la magnanimità del sentire.
b) Per questo motivo ostentava minore attenzione per le sue opere in volgare, considerati
componimenti di dignità minore, tanto da chiamarle nugae (come del resto aveva fatto Catullo)
• Questa minore considerazione non è del tutto una posa esteriore o falsa: infatti, in una lettera al
Boccaccio, Petrarca considera Dante un grande poeta, ma rimpiange il fatto che non abbia usato la
lingua di Roma.
• Tuttavia Petrarca era persuaso che 1a 1etteratura 1atina avesse toccato i1 culmine della perfezione
e pertanto fosse solo più possibile imitarli riproducendone le forme; il volgare invece, presentava
ampia possibilità di terreno vergine per chi volesse raggiungere il campo dell’eccellenza
c) questo ci permette di cogliere le distanze tra Dante e Petrarca:
• Dante puntava tutto sul volgare, come lingua della prosa scientifico-filosofica e della poesia lirica
e in questa lingua decideva di scrivere addirittura il “poema sacro”
• Con Petrarca la supremazia torna ad essere quella del latino. Tuttavia un latino diverso, non quello
medievale (che non aveva coscienza di essere diverso da quello classico, ma pensava di esserne la
naturale continuazione...), ma un idioma che mirava a riprodurre il latino classico in tutta la sua
purezza (avvertendo ormai la distanza che separava il latino medievale da quello di Cicerone e
Virgilio)
• La stessa operazione capita nel volgare: quello riprodotto da Petrarca non ha nulla a che vedere
con quello di Dante, multiforme e composto da tutti i registri stilistici (elegiaco-triviale, comico,
tragico-sublime), ma quello selezionato e raffinatissimo, modellato sull’eleganza del latino classico.
• Insomma: Petrarca vuole dare al volgare la stessa dignità del latino classico!

LA FORMAZIONE DEL CANZONIERE

1) Petrarca cominciò a scrivere liriche in volgare fin dai primi anni della prima giovinezza,
continuando fino alla fine della vita. Queste redazioni parziali sono giunte sino a noi. (si possono
ricostruire ben 9 redazioni...)
2) La sistemazione definitiva risale all’ultimo anno di vita del poeta (1374) ed è contenuta nel
manoscritto vaticano 3195, in parte di pugno del Petrarca stesso.
a) avere questo manoscritto è di un’importanza straordinaria infatti permette di risalire all’originale
senza dover passare attraverso manipolazioni successive, e tutto questo per un testo comunque
antico
b) inoltre la presenza di un altro “codice petrarchesco” (il cosiddetto codice degli abbozzi,
contenente redazioni diverse con note a margine dello stesso poeta) ci permette di seguire da vicino
l’imponente e attento lavoro del poeta, alla ricerca della perfezione.
3) L’opera che si suole chiamare “Rime sparse” oppure Canzoniere
a) è costituita da 366 componimenti, in massima parte sonetti, ma anche ballate, canzoni, sestine
b) con la presenza di tutte le forme metriche consacrate dalla tradizione lirica precedente
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LAURA

1) La materia quasi esclusiva del Canzoniere è costituita dall’amore del poeta per una donna,
chiamata Laura, incontrata “il dì sesto di aprile”, venerdì santo, in una chiesa di Avignone.
2) Il libro ripercorre questa storia d’amore particolare, umana e terrena, sensuale e
tormentata
a) è un amore perpetuamente inappagato, oscillante tra poli opposti:
• ora il poeta tesse intorno alla figura femminile complesse architetture d’immagini anche
simboliche (giocando fra l’altro sul nome “Laura”, che richiama il lauro, pianta sacra ad Apollo,
dio della poesia)
• ora contempla l’immagine della donna che è stata creata dall’immaginazione, dal sogno, dalla
memoria
• ora lamenta la sua crudeltà e indifferenza, invocando pietà per le proprie sofferenze
• talvolta, stanco di soffrire la passione d’amore, invoca la pace e la tranquillità, elevando a Dio
una preghiera e confessando la colpa di tanto “vaneggiare”
b) il tormentato rapporto con Laura porta la consapevolezza del vaneggiare che, a sua volta,
genera la colpa, che dà origine al pentimento, il quale porta alla certezza che “quanto piace al
mondo è breve sogno”, ovvero che “tutto è vanità” (cfr. il contemptus mundi di marca
medievale)
c) Ma non è facile abbandonare Laura perché il poeta si sente sempre dominato dalla passione
che rigenera i ben noti sogni, le lacrime e i sospiri.
3) Questa vicenda ha una svolta con la morte di Laura (1348) che taglia in due il canzoniere
dividendolo in due parti: rime “in vita di Madonna Laura” e “in morte di Madonna Laura”
a) alla sua morte il mondo sembra farsi più squallido e brutto, ma non per questo la passione si
estingue
b) il poeta ha ancora davanti a sé la donna amata, che rivede come se fosse viva nei luoghi
consueti, nel locus amoenus (immaginario giardino verdeggiante pieno di tutti gli elementi tipici
della letteratura paesaggistica idillica), oppure la vagheggia in cielo
c) ma il tempo che corre e che corrompe evidenzia l’errore del poeta e sullo sfondo appare la
morte, vista non come un porto tranquillo ma come un “dubbioso passo”, pieno di insidie e
pericoli
d) il poeta sente il bisogno di rivolgersi a qualcosa di più saldo e duraturo che non gli
ingannevoli beni terreni
e) la consapevolezza di questa verità porta il poeta a concludere il canzoniere alla ricerca della
pace interiore. Ed è ‘pace” l’ultima ed emblematica parola che chiude il libro.
4) Alla base del Canzoniere vi è un’architettura unitaria, che offre al lettore un libro
compiuto. In altre parole quest’opera non è solo l’addizione di una serie di poesie in sé
indipendenti, ma ogni poesia occupa una collocazione precisa e voluta all’interno del libro.
a) alla base di esso vi è un’esperienza reale e sinceramente vissuta.
b) Tuttavia sarebbe sbagliato interpretarlo come una confessione autobiografica, come un
romanzo con una trama con un vero e proprio svolgimento che viaggia di pari passo con la vita
del poeta.
e) Quindi la vicenda che si snoda a partire dal libro non è identificabile immediatamente con la
biografia del poeta, ma deve essere considerata come una trasfigurazione letteraria, una
costruzione ideale, esemplare
d) Già nella Vita nova l’atmosfera risultava piuttosto irreale e indefinita; questa tendenza si
accentua nell’opera del Petrarca, anche se va sottolineato che:
• Laura è molto più umana delle inattingibili immagini femminili degli stilnovisti, grazie alla
dimensione psicologica più realistica.
• La sua bellezza fisica si basa su caratteristiche evanescenti e stereotipate (dolce viso, rose
vermiglie, angelico seno ecc...)
3

• L’immagine che resta in mente è quella di una donna bionda, che si staglia su un ridente sfondo
naturale, il locus amoenus (erbe, fiori, acque limpide, cieli sereni) che risale agli autori classici
e) anche gli episodi in cui si snoda questa storia d’amore presentano analoga mancanza di
concretezza e che appartengono alla tradizione della lirica d ‘amore precedente (sguardi e saluti
negati, sogni e fantasticherie, smarrimenti del poeta, colloqui con la natura, lacrime e sospiri...)
f) che ciò che è ritratto sia piuttosto evanescente lo capiamo anche dalla assoluta mancanza in
questa storia d’amore della Storia contemporanea con i suoi conflitti (ad eccezione delle canzoni
politiche Italia mia e Spirto gentil)
5) Insomma, leggendo il Canzoniere si ha l’impressione che il mondo esterno non esista e ciò che
conta sia solamente l’interiorità del poeta.

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