In Italia, rispetto la Francia la letteratura in volgare si diffuse in un
contesto politico molto frammentario sia dal punto di vista politico che culturale. Nel Duecento non esisteva una letteratura uguale per tutta la penisola, ma vi erano varie produzioni regionali, solo alcune riuscirono ad imporsi. L’unica cosa che avevano in comune queste produzioni era l’uso del volgare. Le principali sono:
La poesia religiosa La poesia Lirica
a sua volta comprendeva la Scuola
siciliana, la poesia siculo-toscana, il dolce stil novo e la poesia comico-realistica.
La produzione di testi a carattere religioso fu produttiva nella parte d’Italia
tra Toscana, Umbria e Marche e la parte del Lazio centro-settentrionale, fino ad arrivare al monastero di Monteccassino. Tra tutte le regioni italiane, l’Umbria conobbe un profondo fervore spirituale e qui nacque l’ordine dei Francescani, fondato da Francesco d’Assisi.La poesia religiosa si sviluppò nel corso del XIII secolo, la sua origine per convenzione è indicata con la composizione del Cantico delle Creature di Francesco d’Assisi. Esso era una lode a Dio e a tutto ciò che lui ha creato, in volgare per far sì che il messaggio arrivasse a tutte le persone , anche quelle meno colte. In seguito con Jacopone da Todi, la lauda assunse un tono più elaborato. Francesco d'Assisi Francesco d’Assisi nacque ad Assisi tra il 1181 e il 1182 da una famiglia agiata. Il padre, Pietro Bernardone era un ricco mercante. Compì buoni studi imparando il latino e il francese. Trascorse una giovinezza spensierata e mondana. Si racconta che Francesco d’Assisi, mentre si trovava in preghiera sul monte del Verna, ricevette le stimmate e la “certificatio” cioè l’approvazione di Dio del suo operato che gli preannunciava la salvezza eterna. Proprio la mattina dopo questi fatti, si dice abbia scritto, un volgare, il Cantico del Frate Sole o delle creature. .Questo componimento, scritto in volgare umbro, è il primo componimento letterario scritto non in latino, con un contenuto originale e che abbia un autore. Il Cantico è una preghiera in forma di lauda, scritta per i frati e per l’educazione dei fedeli. La società cortese Il termine “cortese”, nell’età carolingia, aveva il significato di “proprietà terriera”, “signoria”. Quindi questo termine era collegato alla corte ed era legato ai valori che si sviluppavano all’interno di essa. Nella società feudale, per cortesia si intendeva la qualità che caratterizzava un animo nobile, che poi su di essa si fondava il codice di comportamento della cavalleria. Tale cortesia si contrapponeva ai villani, cioè coloro che vivevano in maniera rozza, che a quel tempo venivano considerati i contadini Oggi tale termine significa gentilezza e cordialità.Nella società cortese determinante è il ruolo della donna, che diviene il simbolo stesso della “cortesia” e della “ gentilezza”. Secondo la loro concezione la donna aveva la capacità di ingentilire tutti coloro che entrano in contatto con lei, che diviene il principale oggetto dell’amore “cortese”. Le corti si moltiplicarono, e ognuna era caratterizzata da un particolare tipo di intellettuale laico, perché ormai egli è ben lontano dalla religione. La lingua della nuova cultura è il volgare, perché il pubblico della corte era diverso, anche ormai per la presenza delle donne. Nacque una letteratura in volgare, basata sulla poesia lirica e sul romanzo cortese, che riprendeva temi della letteratura classica e li adattava al contesto sociale di quel momento. L'amor cortese L’amor cortese appare per la prima volta nelle liriche dei trovatori provenzali, ma poi troverà ampio spazio nella letteratura in lingua d’oil ma anche nella letteratura italiana e germanica. Gli aspetti che sono rimasti fissi nel tempo dell’am,or cortese sono: La donna viene vista da colui che la ama come un essere irraggiungibile, quasi un essere divino. Quindi l’uomo si sente inferiore rispetto alla donna amata, quindi si pone nei suoi confronti come un servitore. L’uomo è totalmente devoto alla sua donna e non le chiede nulla in cambio, quindi si parla di un amore inappagato. L’amore non è platonico, infatti può assumere anche aspetti sensuali. Quello che lui prova è un amore irraggiungibile che per questo provoca sofferenza, ma allo stesso tempo gli genera una sorta di gioia ed esaltazione. L’amore di questa donna meravigliosa ingentilisce l’animo del suo uomo rendendolo più puro e meno rozzo. Quest’amore di cui parliamo è però un amore adultero perché avviene al di fuori del matrimonio. Ciò perché a quei tempi la moglie veniva scelta per motivi di eredità o economici e non per amore. Visto che quest’amore è adultero per rispetto della donna non viene fatto mai il suo nome, ma si usano delle allusioni. L’amor cortese è un amore esclusivo verso la donna , quindi nasce una controversia tra amore verso la donna e amore verso Dio. Infatti la chiesa condannava quest’amore considerandolo una forma di peccato. La società cortese quindi è piena sia degli ideali dell’amor cortese che degli ideli cavallereschi. La lirica provenzale Durante il XII e il XIII secolo, le corti feudali francesi diventarono centri di produzione di una letteratura di intrattenimento basata sui valori della società cortese. La lirica provenzale elaborò gli ideali cortesi, era una poesia cantata in pubblico e accompagnata con la musica. I poeti che la compongono venivano chiamati trovatori (trobadors, dal termine trobar che significa inventare, trovare). Gli stessi trovatori, a volte esponevano le loro opere davanti al pubblico oppure demandavano ciò ai giullari che erano cantori professionisti, dotati di una certa cultura, però sicuramente erano a un livello sociale inferiore rispetto ai trovatori. La lirica provenzale l tema principale è l’amor cortese dove l’uomo adora la sua donna e si proclama suo umile servitore, infatti la donna diventa oggetto di venerazione e a lei il poeta si rivolge senza pretendere nulla. Questo è un amore adultero perché la donna amata è sposata, allo stesso tempo è un amore che non verrà mai appagato perché la donna non tradirebbe mai il marito. Quindi si può dire che il poeta parla di un amore più concettuale che reale, più qualcosa di mentale. La scuola siciliana fu un movimento culturale che si sviluppò in Sicilia dal 1230 al 1250 presso la corte di Federico II di Svevia in essa arrivavano da ogni parte i trovatori italiani
La poesia lirica della scuola era in volgare siciliano aulico
Federico II, Imperatore del regno di Sicilia, aveva creato uno stato ordinato e pacifico. I poeti siciliani si ispirarono ai poeti provenzali per comporre poesie d'amore. Non si occuparono mai di temi legati alla guerra, poiché Federico II garantiva la pace e la serenità all'interno del suo regno. I poeti di questa corrente letteraria appartenevano all'alta borghesia, lavoravano tutti presso la corte di Federico con funzioni di organizzazione, di cancelleria, di amministrazione. La produzione poetica non costituiva quindi un lavoro, ma era una libera interpretazione dello spirito del poeta I poeti siciliani narravano la completa sottomissione alla donna, proprio come un vassallo verso il suo padrone. Alla scuola siciliana ed in particolare a Giacomo da Lentini si deve l’invenzione del sonetto, breve componimento Un poeta e notaio italiano La poesia di transizione la scuola poetica ebbe fine con la battaglia di Benevento, dove Manfredi, figlio di Federico II viene sconfitto ponendo fine alla dinastia sveva. Alcuni rimatori siciliani si trasferiscono in Toscana dove si stava sviluppando l'età comunale. Qui i rimatori si mescolano con gli intellettuali dell'età comunale dando vita alla poesia di transizione.(poeti siculo-toscani) Al tema dell'amore si aggiungono il tema politico e il tema filosofico. Il maggiore esponente era GUITTONE D'AREZZO, Il dolce stil novo La maggiore scuola, fiorita nel Duecento, fu lo Stilnovo, il cui caposcuola fu il bolognese Guido Guinizzelli (1235 – 1276). La poesia nacque pertanto a Bologna. In seguito raggiunse Firenze, città originaria di molti poeti fiorentini: da Dante Alighieri a Guido Cavalcanti.... Il “dolce stil novo”, così definito da Dante nel XXIV canto del purgatorio, sottolineava la differenza tra il gruppo di rimatori cortesi e gli stilnovisti. Dante, per definire la nuova poetica, utilizzò due aggettivi: Nuova: poiché, rispetto alla poesia siciliana e ai poeti siculo – toscani, gli stilnovisti non ripeterono modi e temi di altri, bensì cercarono un contatto più personale e più sincero con l’amore e con la propria vita interiore. Dolce: la poesia ebbe e tutt’ora ha una forma armoniosa, melodica e musicale. La grande novità dello Stilnovo fu la celebrazione della donna – angelo, già i poeti precedenti celebrarono la donna come essere superiore per bellezza e moralità. Guido Guinizzelli fece un ulteriore passo, la donna non fu più celebrata come angelo ma venne proprio considerata un angelo, senza caratteristiche fisiche né nomi reali, solamente un essere misterioso, sconosciuto, che apparve proprio come un angelo. Ella operò come mediatrice tra l’uomo e Dio e allo stesso tempo, attraverso lo strumento d’amore, la donna amata predispose l’uomo innamorato a perfezionarsi moralmente: “colui che ama si purifica intimamente, avvicinandosi a Dio”. Il concetto di amore cambiò: non si parlò più d’amore carnale, ma di amore platonico. (“… Una forma di amore priva dalla dimensione sessuale, è un amore ideale”). Quest’amore fu rivolto solamente a coloro che possedevano un animo nobile e un “cuore gentile”. (L’uomo doveva dunque possedere una gentilezza d’animo e di mente) L’opera più celebre di Guido Guinizzelli fu la canzone “Al cor gentil rempaira sempre amore”, che rappresentava il manifesto del dolce stil novo, poichè erano presenti tutti gli ideali del dolce stil novo. A questa poetica stilnovista aderì Dante Alighieri, con la sua opera Vita Nuova. La poesia comico-parodica Nello stesso ambiente in cui matura la poesia del Dolce Stil Novo, si afferma un genere poetico che sembra essere l'esatto opposto della linea poetica dominate nella lirica italiana di questo periodo: si tratta della poesia comico-realistica, esponente più importante fu il senese Cecco Angiolieri. Quest corrente, lungi dal voler rappresentare la realtà, come farebbe pensare la definizione di "'ealistica", si propone in realtà di rovesciare gli schemi e le convenziordella poesia elevata, attraverso il procedimento della parodia, che consiste nel trattare con un linguaggio nobile soggetti vili e spregevoli (ad esempio la lode della donna brutta o dell'uomo deform). All'amore spirituale si sostituisce l'amore carnale, che condanna l'uomo alla dannazione, all'elogio della virtù quello del vizio, e cosi via. Si esaltano il gioco, il vino e si scrivono invettive nei confronti dei padri avari, delle donne che non si concedono, in un costante rovesciamento della poesia colta, con la quale questi testi hanno molto in comune dal punto di vista stilistico: le poesie di questi autori utilizzano un registro basso, che è quello adatto alla rappresentazione della vita quotidiana, ma non si possono considerare popolari, poiché gli autori conoscono e utilizzano gli stessi artifici retorici della poesia colta. Il loro antecedente immediato è rappresentato dalla poesia goliardica, nella quale era presente la stessa tendenza alla parodia della lirica seria. La personalità più interessante è quella di Cecco Angiolieri (1260-1313 ca). Nato a Siena, visse un'esistenza irregolare e inquieta, tra le taverne, il gioco e le donne, morendo in miseria, al punto che i figli rinunciarono all' eredità, poiché gravata dai debiti. Le sue poesie sono dedicate all'amore sensuale per una fanciulla plebea, Becchina, all'odio verso il padre avaro, alla malinconia, intesa come umor nero. Nell'Ottocento la sua vita sregolata e i temi affrontati nelle liriche hanno favorito l'affermarsi dell'immagine di un poeta maledetto, che è lontana dalla verità: in realtà queste tematiche rientrano in una convenzione letteraria e non sono autobiografiche. A dimostrazione del carattere letterario di queste opere vi è un gruppo di tre sonetti "seri", indirizzati a Dante.