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DE

BREVITATE
VITAE
Lucio Anneo
Seneca
Riassunto
Seneca, De brevitate vitae
Introduzione: Il De brevitate vitae è il decimo dei Dialoghi di Seneca. Venne
composto probabilmente poco prima del 24 Gennaio del 50 d.C. 

Struttura e contenuto: L'opera è dedicata a Pompeo Paolino, cavaliere originario di


Arles e prefetto dell'Annona. Con un dialogare vivace e discorsivo, Seneca comincia da
subito a criticare quanti si lamentano per la brevità della vita umana, non risparmiando
nemmeno personaggi famosi per la loro sapienza come Ippocrate, fondatore della
medicina “scientifica”, e il filosofo Aristotele (capitolo 1). A detta di Seneca l'esistenza
umana non è breve, ma viene resa tale dalla nostra incapacità di adoperare il
tempo che ci è stato assegnato in maniera proficua. Molti infatti sprecano i propri giorni
negli affari pubblici (i negotia), ora impegnandosi in una campagna elettorale, ora
ascoltando i propri clienti, ora contendendosi un’eredità. Tutto questo avviene perché non
ci si rende conto del fatto che il tempo è il nostro bene più prezioso. Gli uomini sono
spesso restii a dare il proprio denaro, ma concedono con facilità il proprio tempo, non
rendendosi conto che è proprio questa l'unica cosa per cui sia giusto essere avari (capitoli
2-3).

Gli occupati - così Seneca definisce, quasi con disprezzo, le persone impegnate in attività
non essenziali - sprecano il presente, che è l'unico tempo veramente in loro possesso, e
rimandano alla vecchiaia il momento in cui potranno finalmente dedicarsi all'otium.
Seneca rafforza questa sua teoria citando le parole di tre celebri occupati che lasciarono nei
loro scritti lamentele di questo tipo: l'imperatore Augusto, il retore Cicerone e
il tribuno della plebe Livio Druso (capitoli 4-6).  Ma non sono solo
i negotia a consumare il tempo degli uomini. Anche le attività svolte nel tempo libero
(gli otia) possono rivelarsi un ostacolo al nostro vivere. Tra queste attività possiamo
contare i banchetti, l'attenzione nei confronti della propria capigliatura e del gioco della
palla, e persino l'eccessiva erudizione storica riguardante fatti di scarsa importanza o in
certi casi addirittura meritevoli di essere scordati, come le notizie riguardanti i sanguinosi
giochi del circo (capitoli 12-13).

L'unico modo per usare in maniera proficua il proprio tempo consiste dunque
nel ritirarsi a vita privata e dedicarsi alla filosofia, la sola attività che consente a chi
vi si applica di conoscere il pensiero degli uomini più saggi dell'antichità, con cui possiamo
dialogare come se fossero nostri contemporanei, rendendoci di fatto simili a un dio
(capitoli 14-15). 

Seneca vuole diffondere il sapere filosofico tra persone che non erano
“addette ai lavori” e proprio per questo motivo dovevano avere un linguaggio
semplice e vicino al parlato, un’argomentazione non troppo complessa e alla portata di
tutti e privilegiare temi di natura etico-morale. Il discorso non aveva inoltre una struttura
predefinita, ma l'autore improvvisava sfruttando gli spunti che venivano tratti
dall'argomento stesso della diatriba. Frequenti erano anche i riferimenti alla vita
quotidiana, che svolgevano la funzione di rendere maggiormente comprensibili i concetti
più difficili e di attirare l'attenzione dell'uditorio.

Anche all'interno del De brevitate vitae Seneca fa uso di tutte queste strategie.


Frequentissimo è infatti l'utilizzo di esempi, tratti sia dalla vita quotidiana della nobiltà
dell'epoca, sia da personaggi famosi come appunto Augusto, Cicerone e Druso. Il continuo
utilizzo di domande retoriche e una preferenza per la paratassi invece che per
l'ipotassi, tipico della costruzione del periodo senechiana, rende il suo scritto di lettura
veloce e simile al linguaggio parlato. Caratteristica anche l’abilità con cui Seneca concentra
il proprio pensiero in brevi frasi epigrammatiche e sentenziose, da cui proviene il
netto appello al lettore affinché non sprechi i giorni della sua vita.

Anche la dedica dell'opera a un personaggio proveniente dal ceto degli equites e


probabilmente non esperto di filosofia serviva a tenere volutamente il tono generale della
conversazione a un livello medio, evitando tecnicismi o questioni eccessivamente
specialistiche. Ma Paolino era pur sempre un personaggio di estrazione elevata e questo
fatto escludeva una delle caratteristiche proprie della diatriba, ovvero l'uso di un
linguaggio volgare.

ETÀ DEL PRINCIPATO


SENECA
 Seneca è il filosofo che conclude l’età augustea, Seneca muore sotto il principato di Nerone.
E’ filosofo molto importante, conosciuto. Nasce a Cordoba. 4 a.c-65 d.c. Il Principato di
Nerone termina nel 68 d.c.. Nasce a cordoba, viene da famiglia di rango equestre, il padre
arriva a roma insieme alla famiglia, si dedica a studi filosofici e retorici e il padre fu a roma
un maestro di retorica. Si divide tra Seneca vecchio e giovane
 Fino al primo secolo a.c., autori erano o latini o italici. Dal I secolo d.c in poi il baricentro di
impero è sempre Roma, ma a Roma giungono anche pensatori e filosofi da periferie. Ispania
era provincia, provincia romana da molto tempo: dopo la seconda guerra punica, dal terzo
secolo a.c.. Anche Fedro, che abbiamo visto, è un autore di origine Tracia, solo che fedro era
giunto a roma come schiavo, mentre Seneca giunge a Roma assieme a famiglia del padre,
famiglia di rango equestre, di censo alto e poi con interessi culturali e linguistici romani
 Attività oratoria, forense, entra in senato mentre al potere c’è Caligola, Claudio e poi
Nerone. La sua vicenda biografica è legata molto alla casa imperiale. In impero il
potere e controllo di principe nei confronti di attività letteraria e culturale era molto forte e
quindi da Tiberio in poi soprattutto gli intellettuali dovevano mantenere il più possibile
buoni rapporti con l’imperatore, se volevano avere la possibilità di pubblicare e non avere
problemi dal punto di vista di circolazione delle loro opere. Durante il regno di Caligola
arriva a grande reputazione, poi nel 41 la principessa sorella di Caligola, viene accusata
da….e la cosa travolse anche Seneca, per cui fu relegato in solitudine aspra di Corsica,
mandato in esilio, per questioni di gelosie personali tra Messalina e sorella di Caligola. Poi
torna per intercessione di Agrippina e diventa maestro di giovane Nerone. La sua vita è
prima segnata da vicinanza con corte e poi esiliato in Corsica. Andare in esilio in Corsica
non era positivo, Corsica era vista come regione selvaggia, pochi centri abitati, difficile da
raggiungere via mare, con navi di epoca affrontare il Tirreno con burrasche non era
passeggiata. Quindi essere mandati in esilio in Corsica era un vero e proprio
allontanamento, castigo forte e poi per un intellettuale come Seneca, si trattava di essere
isolati dal resto del mondo. 
 Era isola difficile da raggiungere, anche se complessivamente vicina a costa italiana, con
pochissimi centri abitati e tutti inferiori culturalmente e neppure paragonabili con Roma,
senza biblioteche, senza possibilità di lettura, esilio in Corsica era vera a proprio esilio,
tanto è che le lettere che Seneca scriveva erano di forte sofferenza e filosofia era modo per
poter affrontare questi disagi e difficoltà
 Motivo: perché viene esiliato? era un oppositore politico, al regime? Viene esiliato per
gelosia. Seneca non si sa bene cosa centrasse in mezzo, possiamo pensare che ci fosse un
amante: un secolo prima si discuteva per congiura di catilina, mentre adesso si parla di
relazioni amorose. Tutto si gioca ormai sul piano personale. Esilio in Corsica è momento in
cui Seneca approfondisce molti aspetti relativi a filosofia e necessità pratica di filosofia e
inizia a pensare che filosofia è importante se agisce in vita di uomo, se diventa aiuto e da
questo esilio in Corsica dice che FILOSOFIA ha bisogno di uno stile comunicativo
più aperto, che filosofia sia un dialogo non un trattato, conversazione colta, solo così la
filosofia può agire in vita pratica di individuo. Quando torna a Roma, suo ruolo
diventa molto importante, perché giovane imperatore Nerone ha bisogno di maestro e lo
diventa Seneca, che diventa precettore, consigliere, maestro, colui che affianca il giovane
imperatore nell'amministrazione dello stato. Quindi Seneca riacquista e rafforza una
posizione di forte potere e interesse. 
 Ma la corte di Nerone è un luogo pieno di insidie. Viene scoperta una congiura contro
Nerone, portata avanti dal senatore Pisone e alcune voci dicono che c’era anche Seneca,
forse è vero. Nerone crescendo pian piano si emancipa e si allontana dagli insegnamenti
filosofici di Seneca e lo vuole allontanare. Molto probabile che in questo momento Seneca si
sia avvicinato anche magari solo ideologicamente a questo partito anti-neroniano, viene
accusato di questo e che siano fondate o meno queste accuse, seneca si toglie la vita
suicidandosi, prima di cadere nelle mani dei pretoriani di nerone. Ultimo suo atto è
quello del suicidio del filosofo stoico, che manifetsa la sua autonomai e indipendenza,
avgendo con pieno controllo di sua vita e sua morte. Suicidio stoico veniva
organizzato, lui si taglia le vene davanti a famigliari, immergendosi in vasca di acqua
calda, morte abbastanza lenta, e durante quetsa agonia, uomo ha tutto il tempo per
congedarsi e salutare amici e parenti
 Nella sua vicenda cogliamo tutte le contraddizioni e i punti salienti della Roma e del potere
imperiale di quegli anni. Gli ultimi tre anni del principato di Nerone saranno molto aspri. 
 La filosofia deve avere stile comunicativo, incidere in società, nella vita di tutti gli uomini.
Seneca scrive per questo delle epistulae. Generi che lui usa: epistulae, dei dialoghi e
anche dei brevi trattati. Il de brevitate vitae è un breve trattato che riguarda il tema
della brevità della vita e concetto di TEMPO, viene scelto perché è importante per la
riflessione interdisciplinare. Trattazione di brevità di vita, tempo e trattazione su come
uomo possa affrontare questo tema

DE BREVITATE VITAE: DIDASSI


 Alfonso Traina: uno dei commenti più autorevoli e importanti su questa opera. 
 “dimmi come tratti il tema presente e io ti dirò che filogofia sei”
 Per lo stoicismo, unico modo con cui tempo si manifesta è il PRESENTE, unica realtà è
questa, in cui si gioca attraverso le nostre scelte, felicità e libertà di assentire a ordine
cosmico
 “anche lo stoico…kierkegaard"
 Molti filosofi sostengono che lo stoicismo, la filosofia di Seneca è alla base dell'albero
esistenzialista, di quella filosofia che vede in fine ‘800 Kierkegaard e inizio ‘900
Heidegger
 “....referas”: anche se non in modo semplice. In fisica stoica, la teoria degli incorporali è
importante, insieme alla riflessione sul VUOTO. Gli incorporali fanno parte della
dimensione nella quale si agita, nel vuoto cosmico, la spiritualità, affettività, emotività.
Universo e uomo sono fatti da corporalia e incorporalia, parte corporea e parte di affettività
 “Haec, Lucili virorum optime, quo minus legas non deterreo, dummodo
quicquid legeris ad mores statim referas”: Lucilio è molto spesso un interlocutore
dei dialoghi, è un amico di Seneca più giovane, cui molto spesso Seneca si riferisce,
usandolo come interlocutore privilegiato, tutti gli uomini devono essere istruiti sulla via di
filosofia
 “Non ti distolgo, o Lucilio, migliore tra gli uomini (mio ottimo amico/migliore degli
amici), dal leggere queste cose, purché tu applichi subito alla morale qualunque cosa tu
abbia letto” oppure “Queste cose, mio ottimo Lucilio, non ti sconsiglio di leggerle, purché
applichi ogni tua lettura alla morale”.  
 La filosofia non ha un senso se non si applica alla morale, ovvero a delle usanze, a dei
costumi di vita. 

Venerdì 7 gennaio 2022


 Età del periodo imperiale. Età giulio claudia: con Seneca si chiude età giulio claudia, perchè
Seneca vive sotto claudio e nerone, l'ultimo imperatore di dinastia Giulio claudia. In sua
esperienza c’è il paradigma del potere, nel senso della complessità della situazione:
rapporto tra intellettuale e potere si gioca dal punto di vista personale, nel senso delle
simpatie o antipatie, così come si era vista in personalità di seneca: età giovanile, precettore
di nerone, poi cade in disgrazia e si suicida quando viene ritenuto responsabile di una
congiura nei confronti di imperatore. Filosofo particolare. In filosofia di Seneca si
mescolano tematiche stoiche e anche epicuree, ma soprattutto Seneca è un intellettuale
convinto che la filosofia debba incidere sul comportamento delle persone, non può essere
solo una meditazione astratta, deve incidere nelle vite delle persone e deve, da questo punto
di vista, usare un linguaggio il più possibile fruibile, accessibile. Seneca infatti scrive
prevalentemente delle epistulae, ovvero delle lettere oppure dei trattati in cui l'interlocutore
sia direttamente chiamato in causa. Da questo lo stile è comunicativo, i periodi sono
molto brevi, costruiti per lo più paratatticamente, con prevalenza di coordinate e
con termini tratti anche da campi semantici come quelli economici, della compravendita,
della vita quotidiana, anche da mondo di affari o dal mondo mercantile, perché possano
acquistare una maggiore incisività, affinché possano essere maggiormente compresi
 La filosofia che entra in vita quotidiana: a un livello divulgativo, ma una divulgazione
partendo sempre da un livello alto. 
 De brevitate vitae: il tema fondamentale è il rapporto dell’uomo con lo scorrere del tempo e
con il tempo come dimensione fondamentale della nostra vita umana. 
 DE BREVITATE VITAE:
 “maior pars mortalium…destituat”: la forma del vocativo di Paoline, il destinatario
dell’opera. Di lui non sappiamo molto: ma non è importante che l'opera sia dedicata a lui,
ma importante è sapere che è forma dialogica. Dialogo è la forma che lega il saggio,
seneca con il pubblico di riferimento. Dal punto di vista sintattico: i verbi sono 5.
Conqueritur è presente, gignimur è presente. La maggior parte di noi/mortali, o
paolino, (malignitate = ingenerosità, avarizia, la cattiveria della natura) si lamenta della
malignità/avarizia/ingenerosità della natura, per il fatto che (il passivo indica
responsabilità della natura) siamo stati generati in un breve spazio di tempo (anafora quod
quod, tam tam. Anfora: in prosa di seneca c’è andamento ritmico, che è fondamentale in
ogni stile dialogico e comunicativo. Sintassi ritmica). Poi: velociter, rapide: sono degli
avverbi che fanno riferimento allo scorrere del tempo. Lo scorrere del tempo è indicato:
spatia temporis. Per il fatto che questi spazi di tempo che ci sono stati dati sono rapide e
velociter. L'uomo secondo Seneca ha del tempo una percezione riferita a intervalli di
tempo che si vive, spazio diventa quindi intervallo, è così che l'uomo percepisce lo scorrere
del tempo, come vari intervalli e questi scorrono tanto rapidamente e velocemente “adeo ut”
(introduce una consecutiva→ questo legittima uso del congiuntivo presente. Verbo
destituere rappresenta la vita/natura come una che tradisce, ci sottrae. Un congiuntivo che
va spiegato è quello prima, decurrant: capire perché Seneca passa da indicativo a
congiuntivo): che uomo si lamenti e che sia nato è affidato a indicativo. Invece il decurrant:
quando esprime una sua propria opinione, non usa indicativo, il caso della certezza
oggettiva per tutti. 
 Destituat significa “piantare in asso”, termine che fa parte del linguaggio: sermo
communis. La vita ci pianta in asso molto spesso in ipso apparatu: è meditazione che
Seneca fa sul fatto che il tempo viene sottratto a uomo molto spesso in ipso apparatu,
ovvero nel bel mezzo dell’attività. 

Lunedì 10 gennaio 2022


 Trattato sulla brevità della vita. Primo capitolo è di introduzione a questa riflessione sul
tempo come dimensione fondamentale della nostra esistenza. Il testo inizia in medias
res, senza ulteriori preamboli, senza nessuna anticipazione e premessa dal punto di
vista teorico e filosofico: si entra in medias res. Il linguaggio è molto scorrevole e dal punto
di vista del lessico non c’è adesione a un linguaggio tecnico e filosofico, ci sono invece modi
di dire, come destituat (piantato in asso) che appartiene al sermo quotidianus e commuis.
La filosofia deve essere compresa e incidere nella vita di tutti 
 La maggior parte delle persone si lamenta della malignità della natura. Maggior parte di
umanità: c’è allitterazione
 Malignitas della natura è la parola chiave, che è grettezza e malignità, indifferenza della
natura, ingenerosità. E’ un lamento continuo: conqueritur. Il lamento è queror,
lamentarsi. Cum querere: tutti si lamentano insieme, come se questo fosse un pensiero
comune, un lamento continuo, di tutti, collettivo. La maggior parte si lamentano perché
(subordinata di tipo causale di tipo dichiarativo) noi veniamo al mondo (gignimur) destinati
a uno spazio di vita molto breve e perché questo spazio di vita scorre via molto velocemente
e così precipitosi. In realtà la vita sono intervalli e si parla spazi di vita, in modo tale che,
eccetto che per pochi, per gli altri la vita ci pianta in asso proprio quando siamo in ipso
apparatu, nel mezzo dei preparativi: ovvero quando non siamo ancora pronti e questo a
prescindere dal momento in cui la morte possa sopraggiungere su di noi, nessuno è pronto
a morire, tutti si trovano ancora in apparatu. 
 La vita durava mediamente meno, era dato di fatto. Anche se durante l'impero romano, la
vita media, nei primi secoli di impero era attorno ai 60 anni, che non era così male. In storia
di umanità si giunge ai 60 anni come vita media vicino alla guerra mondiale, tenendo
presente che allora la vita media era legata a stato di vita di ognuno: 
 Moriri quando si è in apparatu: quando si è ancora nei preparativi, quando ci si sente
ancora non pronti per…
 “Nec huic publico, ut opinantur, malo turba tantum et imprudens volgus ingemuit”: E di
questo non è che solo si lamenta il volgus imprudens, persone che non hanno cultura.
Questo sentimento (affetto, atteggiamento) evoca le lamentazioni anche di uomini molto
illustri, da cui quella famosa massima di molti medici. “Vitam brevem esse, longam
artem” → E’ breve la vita, l’arte è lunga: sentenza viene da Ippocrate, fondatore greco
della medicina. E allo stesso modo, da qui l’accusa assolutamente non adatta, secondo
Seneca, a un uomo tanto intelligente, di Aristotele nei confronti di natura. Lo stesso
Aristotele si lamenta come il volgo sciocco: anche un saggio come lui se la prende
come la natura. 
 Qui viene riportata quella che è la massima di Aristotele, attraverso questa infinitiva: Agli
animali la natura ha concesso un esistenza così lunga da arrivare (saecla = generazioni):
agli animali ha fissato un termine di vita più lungo di quanto lo abbia dato
all’uomo. Invece per l’uomo è fissato un termine molto inferiore. Per gli uomini nati per
cose così alte e grandi è stato assegnato un termine inferiore di tempo: l'uomo vive meno
molto spesso di molti esseri viventi. Ecco la massima senecana: non abbiamo poco
tempo, ne perdiamo molto (Non exiguum temporis habemus, sed multum
perdidimus). Momento in cui il filosofo interviene, con lessico semplice e a portata di
tutti. Perdere tempo è un'espressione che usiamo ancora oggi a livello quotidiano. Qui
assume un elevato valore filosofico ed esistenziale. Verbo perdĕre (perdo, perdis, perdidi,
perditum perdĕre) veniva usato in latino in relazione a perdita di qualche cosa di materiale,
viene sentito in modo molto concreto: perdiamo tempo. Questo discorso e frase hanno
significato se li colleghiamo al primo periodo di questo capitolo, là dove abbiamo visto
parlare di spatia temporis, di intervalli di tempo. 
 Non dobbiamo perdere tempo: La vita è abbastanza lunga: invece la vita è
sufficientemente lunga e con abbondanza ci è stata assegnata per portare a termine rerum
maximarum, cose grandi e se tutta è spesa in modo opportuno, se viene messa a frutto
(collocaretur). Anche qui verbo collocaretur (colloco, collocas, collocavi, collocatum,
collocare) viene da linguaggio economico: Anche oggi, quando dicono: asta DEI BENI
DEL TESORO HA COLLOCATO una somma pari a… Dal punto di vista finanziario
significa: mettere a frutto dei beni del tesoro e persone li hanno acquistati. 
 La vita deve essere messa a frutto. Vengono acquistati ideli beni del tesoro così chi compra
fa un investimento, ne vuole ricavare un guadagno
 “sed ubi…”Ma quando la vita diffluit (in generale riferito a acque del fiume) scorre
attraverso negligenza, quando non viene messa a frutto (ubi e ubi: dal punto di vista
retorico fa un’anafora) impenditur è verbo economico: usato da banchieri. Metafora
del denaro; sotto la spinta dell'estrema necessità, quando non abbiamo capito che
trascorreva, sentiamo di averla già persa. 
 Differenza tra intellegere e sentire: Spesso l'uomo non comprende (intellegere, ovvero
comprendere). Intellegere è capire razionalmente e sentire è percepire
emozionalmente. Noi non abbiamo capito che il tempo trascorreva e lo sentiamo adesso
che lo abbiamo perso, ma questo non avviene solo quando si è anziani e vecchi, questo
avviene in ogni momento della nostra vita, perché l'uomo vive solo nel presente della vita.
Uomo deve agire razionalmente, capire che il tempo sta scorrendo e non
sentire che è passato.
 E’ così: non abbiamo ricevuto una vita breve. Non dobbiamo incolpare dei o logos o natura
di averci dato una vita breve, siamo noi che l'abbiamo fatta breve e è breve e potrà essere
breve anche se sarà vissuta 80 e 100 anni: se l'abbiamo sprecata, è stata lunga
temporalmente, ma vissuta poco perchè è priva di significato. La vita può essere breve:
il saggio dovrebbe essere colui che non potrà mai accusare la natura di dargli
una vita breve, perché non è lei che dà significato alla vita, indipendentemente
dalla oggettività della lunghezza della vita
 Noi non siamo poveri di questa, ma siamo troppo dissipatori, prodighi di vita: così anche
delle ricchezze molto ampie e regali, quando giunsero a un malum dominum, a un
padrone inconsapevole, a un padrone non adatto, sono dissolte in un momento. 
 E anche se fossero modiche le opes, ricchezze, se sono state affidate a un buon custode, uno
che ne fa un buon uso, crescono con buon uso. Le ricchezze possono crescere con l’uso,
possono dare frutti: e così, la durata della nostra vita si espande, si allarga per colori che ne
dispongono bene. Tutti i verbi usati e tutto lessico in questo periodo è tutto tratto da un
ambito tecnico e finanziario: disporre di un bene→ significa poterne fare quello che si
vuole, averne la piena proprietà, disporre di un bene. Usufrutto, fruirne, farlo rivalutare
 Scopo di Seneca è quello di insegnare all’uomo di disporre il più possibile della sua vita per
rendere più largo il senso della sua vita

Mercoledì 12 gennaio 2022


 PARAGRAFO 2
 Nel primo capitolo : lo stile di Seneca non è complesso sintatticamente, ma
lessicalmente sì, con termini che vengono presi dal linguaggio comune e settoriali come
quelli del mondo economico e finanziario e che quindi vengono usati per dare al discorso
una maggiore concretezza e incisività: il tempo deve essere largamente impiegato e i termini
visti l'altro giorno sono tratti dal linguaggio economico, finanziario, di capitalizzazione di
acquisire un guadagno. 
 “Quid de rerum naturā querimur? Illa se benigne gessit: vita, si uti scias, longa
 est”: tono dialogico sempre. il trattato è dialogo dedicato a Paolino. Perché ci
lamentiamo del rerum natura? Querimur termine già presente anche nel primo paragrafo
 “Illa se benigne gessit: vita, si uti scias, longa est”: la natura si comporta con generosità
(benigne = avverbio): la vita nell'eventualità in cui tu sappia bene usarla (scias, utor è
usare): la vita è lunga se la sai usare bene. Tu, il dialogo, il chiamare direttamente il
destinatario per dare maggiore incisività e concretezza al discorso: i periodi
sono molto brevi: 
 “alium insatiabilis avaritia, alium...alius,....alium…omina mali…iactabit”: notiamo dal punto
di vista sintattico un periodare breve, molto frantumato. Noi leggiamo attraverso i punti e
virgola, le pause, nei testi latini antichi non esistevano invece segni di punteggiatura. Punti
e virgole non esistevano. In base a che cosa riconoscevano la chiusura di un
periodo? Dal ritmo della frase. Discorso complesso: i testi antichi non avevano alcun
segno di interpunzione, segno di punteggiatura. I segni di punteggiatura sono stati inseriti
dopo e sono importanti per edizioni scolastiche. 
 Loro scrivevano tutto di seguito e si intuiva quando terminava un periodo a seconda,
soprattutto in grandi scrittori come Cicerone, dal ritmo. In Cicerone soprattutto perché
aveva struttura di frasi molto articolata e architettonica. I versi delle poesie
 Versus deriva da vertere che significa andare a capo
 Quello che distingueva prosa da poesia è che la poesia andava a capo, l’altra no. 
 Facciamo finta che non ci sia alcun segno di punteggiatura. 
 Il rientro di questa frase è dato da anafora di alium, che non è sempre perfetta perchè
cambia sempre desinenza. Figura retorica che in laitno esprime ripetizione di
parole con desinenze diverse: POLIPTOTO: è la figura retorica che esprime
ripetizione e identifica la ripetizione di termini uguali, dello stesso termine present però con
terminazioni diverse, ovvero declinato.   
 Inizia qui una sorta di rassegna: come funziona struttura argomentativa di Seneca? perchè
ci dobbiamo lamentare della natura? 
 Onzia con alium, alius...: Sorta di rassegna di esempi concreti di persone per le
quali la vita non è lunga, comunque sia la propria durata. Tutto il testo si fonda su
questo: non è tanto la lunghezza degli anni da vivere, che determina il senso della vita,
quanto il come si vive, il come la si mette a frutto, indipendentemente che sia durata 40 o
80 anni: è il senso che si dà alla vita che la fa sentire lunga o meno. C’è un tempo oggettivo,
misurato con strumenti come clessidra, orologio. C’è poi interpretazione soggettiva, analisi
introspettiva, significato di vita è introspettiva di propria esistenza, di come si è. Unico
momento in cui l'uomo vive è il presente: il tempo relativamente condividiamo lo
stesso tempo, questo essere qua a quest'ora. Unico momento in cui l'uomo vive è il
presente, passato c’è e appartiene a ricordi e esperienza. Seneca dice quindi: è chiaro che la
vita del prof è più lunga della nostra, se però la dobbiamo confrontare sul senso del
significato del peso del metterlo a frutto, la prof potrebbe vivere come intensità e significato
anche meno di noi. E’ riflessione che ha tutta la sua validità. 
 E’ la riflessione di vita che è importante per Seneca. Nel capitolo precedente dice che non
deve essere lasciata scorrere come acqua di un fiume, come semplice necessità che non vede
completa e continua la nostra partecipazione.
 C’è chi è posseduto da un insaziabile avarizia: una insaziabile avarizia tiene qualcuno,
ovvero lo possiede completamente, c'è chi vive solo per avidità di avarizia, avidità di
accumulare, di denaro. 
 Alium in supervaquis laborisburs…: manca il verbo ma è sempre temet. Il soggetto è
sedulitas: “operobas sedulitas” è interessante: significa diligenza, operosità dura. Ci
sono persone che vivono possedute da insaziabile avarizia; un’altra invece è completamente
posseduta da una faticosa attività, diligenza in attività inutili (supervacuis:
eccessive). Potrebbe vivere in questo modo. Sedulus: sedula è persona che è sempre
puntuale, precisa. 
 La sedulitas è: mentre avarizia indica avidità di possesso, guadagno e accumulo
e potrebbe essere vista come valore negativo. Avarus è colui che è ricco e accumula
per sé stesso e manca di generosità, d'altra parte essere sedulo è atteggiamento che può
essere considerato positivo. Quindi la sedulitas appartiene al campo semantico considerato
all'epoca di Seneca e adesso anche positivo: essere puntuali, accorti nell’eseguire i compiti,
portarli a termine con attenzione, questo è aspetto positivo. 
 Bisogna vedere qui cosa significa SUPERVACUIS: inutile, superfluo. Perché non dire
di no al proprio datore di lavoro se questo mi dà compito in più da fare durante il fine
settimana? perché lo si fa? perché è eccessivo, è solo questione sindacale? La valutazione di
quello che è eccessivo è ancora una volta soggettiva, a meno che non ci siano discorsi di
regolamentazione. Labor in latino indica il lavoro ma anche la faccia
 Il lavoro diventa a un certo punto eccessivo quando non lascia tempo alla
riflessione, l'uomo vive in sorta di inerzia, vede scorrere la propria vita e non riesce a
concretizzarla e darle un senso. Un altro è immerso nel vino: qui andiamo su altri esempi. 
 C’è ossimoro dal punto di vista retorica operosa sedulitas, ossimoro intellettuale,
non tanto come campo semantico, ma noi siamo di fronte alla presentazione di un contrasto
e Seneca ci mostra una situazione che dal punto di vista intellettuale è
paradossale. 
 Paradosso lo rende ancora più incisivo: unica cosa dice→ quando hai 60 e 70 anni e a un
certo punto ti volgi indietro e dici: “non ho avuto tempo per amici, sport, famiglia” → dopo
è troppo tardi, la vita è fatta secondo Seneca di paradossi e senso di vita va
vissuto in maniera tale da non farsi domanda quando stai per morire. 
 Seneca ci parla: argomento è molto attuale, le cose che dice che sono molto attuali
 Altoe è immerso nel vino, gonfio di vino (“alius vino madet”→ da madeo, mades, madui,
madēre), altro torpet, è intorpidito da inerzia: si lascia andare e questo provoca
assopimento, torpore. 
 C’è variatio: c’è poliptoto per cui c’è alium, alius accusativo e nominativo e c'è
variazione del soggetto. Un'ambizione sempre sospesa, un'ambizione sempre da verificare,
in tensione logora un altro, un'ambizione sempre dipendente dal giudizio degli altri.
Un'ambizione sempre sospesa dal giudizio degli altri logora un altro. Anche qui
ambitio: ambizione è considerata valore positivo. Ambitio: avere desiderio di emergere.
Ambitio è un termine che in latino era legato all’uso elettorale, cioè cercare dal
punto di vista elettorale consensi. Ambitio in latino come significato originario viene dal
campo elettorale. Poi in uso odierno significa raggiungere un traguardo. Attenzione:
Ambizioso non ricerca un traguardo solo per sé stesso, ma lo ricerca per raggiungere
consenso. Ho raggiunto traguardo e poi ne guadagno ammirazione, sguardo e
considerazione. Ambizioso è colui che raggiunge il traguardo e poi sul podio è felice di farsi
lodare e ammirare. Ambitio viene da ambito elettorale: cerco consenso perché voglio
diventare console. Ambizioso vuole essere anche riconosciuto da altri, non solo per se
stesso. 
 Solo che ambitio di questo tipo è sempre suspensa - dipende sempre dal giudizio
degli altri: qui Seneca ragiona come Epicureo→ in filosofia epicurea uomo deve essere
autonomo dal giudizio degli altri,  è questa la sola felicità, autonomia dal giudizio di altri
 Altro: cupiditas praeceps, che vuol dire a capofitto, precipitare significa cadere con la
testa. Un desiderio a capofitto di mercanteggiare, di commerciare circa omnis terras, un
desiderio a capofitto di riuscire a mercanteggiare attorno a ogni terra, per ogni mare con
speranza di denaro. 
 Un desiderio a capofitto, sfrenato di mercanteggiare conduce uno ad andare per ogni terra e
per ogni mare con speranza di denaro. 

Venerdì 14 gennaio 2022


 Capitolo II del de brevitate vitae, PAROLE CHIAVE: AVARITIA, SEDULITAS,
INERTIA, AMBITIO, CUPIDITAS, CUPIDO. 
 Cupiditas praeceps, a un desiderio che si getta a capofitto nel tentativo di mercanteggiare,
commerciare, con la speranza di guadagno
 “Numquam non” : non c’è un momento in cui non siano continuamente. Doppia
negazione diventa dal punto di vista di struttura del testo molto più forte.
Avevamo parlato prima di: ambitio è termine che viene da ambito elettorale, uomo politico
che deve avere il consenso. Famosa frase di uomo politico di prima repubblica, Giulio
Andreotti che diceva che il potere logora chi non ce l’ha: Seneca sta dicendo che
una continua ricerca del consenso logora, anni dopo nel ‘900 Andreotti dice, avendo letto
Seneca, che non segue questa massima di Seneca, magari è bella scusa per chi cerca
consenso politico
 Cupiditas praeceps: il commerciante, il mercante. Poi abbiamo il soldato. Cupido
militiae, il desiderio di fare la guerra. “quosdam torquet cupido militiae,
 numquam non aut alienis periculis intentos aut suis anxios”: il desiderio di
attività militare
 Torquet: viene da contesto concreto, sottoporre qualche cosa a una torsione, in senso
figurato significa mettere alla prova. Continuamente pericoli interni
 Intentos: da intendo→ minacciare. Certi li tormenta la passione per la vita militare
sempre o attenti ai pericoli altrui o ansiosi per i propri
 Consumo: esaurire
 Cultus: modo di vivere. Sostantivo che ha molti significati. In nota viene suggerito: corte,
ossequio. Ossequio ingratus, che non riceve nulla in cambio nei confronti dei superiori,
che determina, logora e va a sfociare in una volontaria schiavitù. Periodo molto denso: sono
vari quadri questi
 Cultus ingratus superiorum: Seneca sta parlando di uomo: sta illustrando determinati
tipi umani che consumano tempo e non mettono a frutto il tempo della loro
vita. Cultus ingratus superiorum: C’è tutto dramma di intellettuale di età imperiale.
Seneca lo aveva scontato sulla sua persona in età giovanile, era stato costretto ad andare in
esilio in Corsica, il principe esige un ossequio che non è ripagato da un punto di vista
morale ed esistenziale, mentre è ripagato dal punto di vista del prestigio e denaro e
posizione sociale e rispetto. Notiamo quindi qui, Seneca lo sa bene perché lo aveva vissuto
sulla sua stessa condizione. Poi ci sono altri, verbo detinuit = occupare, trattenere.
Trattiene affectatio = emulazione di formae alienae. Forma: di aspetto esteriore di
altrui, di bellezza altrui o la preoccupazione per la propria trattiene molti. Detinuit: la vita
viene bloccata, che non riesce a scorrere. Affettazione→ il desiderio di emulare la
bellezza degli altri o l'eccessiva emulazione per la propria. Sta delineando questo tipo di
società: mercante che vive solo con speranza di guadagno, colui che si impiega in ambito
militare e bellico, chi si consegna a un cultus ingratus nei confronti dei più potenti,
attenzione alla bellezza esteriore. Società fortemente individualista. Ci sono persone che
vietano trattenute da affectatio: ci sono persone che mettono come primo scopo la ricerca
della bellezza esteriore, o volendo imitare alcuni modelli o bellezza di comportamento o
sono bloccati nella cura del proprio corpo e della bellezza esteriore. 
 Parola chiave al centro del periodo: LEVITAS. La parola chiave è levitas, che si oppone, nel
linguaggio di filosofia stoica a paola constantia: il saggio deve stare fermo sulle sue
posizioni. Levitas è leggerezza e volubilità. Questa levitas nel mos maiorum, aggettivo levis
era destinato alle donne, uomini erano gravis, non si spostavano. Questa levitas viene
tradotta come volubilità. Questa volubilità è scontenta di sé, Seneca è molto difficile dal
punto di vista lessicale: c’è leggerezza in molte persone e questa leggerezza è scontenta di
sé. Questa levitas è vaga et inconstans, iactabit, questa leggerezza di seguire nulla di
certa, desideros, vaga di seguire nulla di certo e incostante e nello stesso tempo scontenta di
sé, getta i più attraverso continui nuovi propositi. Consilium: posizioni, propositi, punti di
vista. 
 Seneca sta rappresentando: gli uomini comuni che non sanno tenere una posizione, un
punto di vista. Sono scagliati, continuamente schiacciati, sballottati per nova consilia,
attraverso continuamente delle nuove prese di posizione. Che non hanno punti di
riferimento. 
 C’è termine che è interessante, aggettivo che in queste pagine viene riproposto e che
rimanda a gardone filosofo critico di società: a Marx, il termine alienazione. Aggettivo
alieni periculis, alienae formae. Seneca non sta anticipando Marx, però questo
termine: far dipendere. Alienare: Rinunciare alla propria identità e trasferirla in
qualche cosa di esterno. Accostamento linguistico, che si basa sul significato
dell’aggettivo. Trasferire all'esterno il centro di gravità morale e personale proprio.
 Leggo→ lo dice il commentatore. “A” è un codice. “Leggo con A, ed è lectio difficilior
rispetto a fortunae accolto dal Castiglioni”; nota che è criptica. I testi antichi sono
giunti a noi fortemente compromessi in loro integrità formale e spesso c’è non coincidenza
di alcune forme, di alcuni sostantivi e aggettivi. Quando delle parti del testo non
corrispondono, si chiamano LECTIO: lettura. Traina sta dicendo: in alcuni codici che sono
giunti a noi, in alcuni si legge formae, in altre fortunae. Quale prendere, qual è la forma
che Seneca aveva scritto? E’ questione di interpretazione del testo. Il filologo aveva deciso,
assieme ad altri filologi, che era preferibile formae era meglio di fortunae, in quanto lectio
difficilior, lettura più difficile. Fortunae è lectio facilior. Tra due lectiones, tra due
forme il filologo dovrebbe sempre privilegiare quella più difficile perché dove la
lezione è più difficile, che ha scritto è stato più attento. Funzione anche di correttore del
computer, word segnala soprattutto le lectio difficilior, poco usate. Facilior significa quelle
più comuni, usate. Forma che esce dal comune, non ricorrente e qui va l'interpretazione di
chi legge. Word corregge in base alla forma e lectio facilior. I programmi come word e drive
sono programmati per lectio facilior. 
 Quando non c’erano i computer, i filologi avevano delle liste. Tutti i testi antichi sono stati
interpretati ope ingenii: attraverso l'opera dell'intelligenza, che dobbiamo usare anche
noi, anche se il mezzo tecnologico ci aiuta molto. 

Lunedì 17 gennaio 2022


 PAROLE CHIAVE da “Ne huic publico” a “longam artem”
 Volgus imprudens = sciocco; INGEMUIT, MALO, turba, affectus: "stato d'animo", con
connotazione negativa d'irrazionalità; maximi medicorum: Ippocrate
 Imprudens : capitolo 1, paragrafo 1. Aggettivo della seconda classe di aggettivi, legato a
Volgus. Sciocco, incolto. 
 Ingemuit. Capitolo 1 paragrafo 1.  III p. singolare indicativo perfetto, del verbo ingemesco,
ingemescis, ingemui, ingemĕscere = lamentarsi, gemere
 Malo 
 Turba: da turba turbae, sostantivo femminile I declinazione. Folla, moltitudine
 Affectus: "stato d'animo", con connotazione negativa d'irrazionalità. Sostantivo maschile
IV declinazione affectus, affectus. 
 Maximi medicorum : espressione con la quale Seneca si riferisce a Ippocrate. Maximi è
aggettivo della prima classe , maximus, a, um, superlativo di magnus = grande, importante,
eccelso. Medicorum, sostantivo maschile II declinazione medicus, medici = medic
 Occupato non vive la vita, la occupa. Occupare non significa vivere
 14-15: come vero saggio vive il tempo.
 VIta affannosa degli occupati

Mercoledì 19 gennaio 2022


 Affectus: parola italiano derivata da questa quando abbiamo fatto idilli: situazione
affezioni del mio stato d’animo. Affectus = stato d’animo
 Apparatu è termine che significa preparazione. Usiamo più la parola preparativi.
Ricevere in apparato: ricevere qualcuno in casa e accoglierlo con grande prestigio e
abbondanza. 
 Apparato: viene usato raramente con questo significato→ Lectio difficilior
 Apparato usato soprattutto in campo medico: insieme di organi e relazioni tra queste
 Attollere: gergo militare. La frase era: vitia urgent. I vizi, cattivi comportamenti
premono e circondando da ogni dove e non permettono né di rialzarsi né di fronte alla
realtà. E’ una metafora di tipo militare. Sono talmente potenti che impediscono
all’uomo di rialzarsi
 Auris: termine di uso comune. La filosofia non ha bisogno di espressioni specifiche, di
linguaggio settoriale. Non prestare orecchio alle tue parole. E’ di uso colloquiale
 Benigne è avverbio. A tale concetto si contrappone all’espressione de naturae malignitate
del primo capitolo
 Circumfundo: accerchiare, circondare. si parla di clienti che accerchiano la persona molto
occupata nella vita che non li lascia vivere. 
 A quanti la folla dei clienti che si riversa tutto intorno non lascia nulla di libero, tempo
libero. Avere molti clienti in società romana: essere molto prestigiosi, essere molto potenti.
Più una persona ha clientes, che hanno bisogno per chiedere favori, più significa questo
essere potente. Rovesciamento del costume e concetti socialmente dominanti. Più una
persona è potente, più ha clienti. Folla di clienti non ti lascia tempo libero dice
Seneca. Il numero dei clienti attestava il prestigio di una persona, ma allo stesso tempo ne
rendeva la vita più occupata e manava libertà
 Dementissima: nei confronti della mancanza e brevità della vità
 Derigant: in contrapposizione con leggerezza che viene espresso nella frase precedente.
Nella frase prima si parla di levis. Derigant: indirizzare il corpo della propria vita. 
 Divitiae: Aggettivo graves a cui è riferito. Per quante persone le ricchezze sono pesanti,
nel senso che avere il peso comporta vivere e gestire il denaro e non occuparsi di altro. Da
qui il grave di fisica, il peso della ricchezza esistenziale. 
 Seneca diventa precettore di Nerone: La sua posizione a corte è privilegiata e Seneca
vive in modo molto sfarzoso e con lusso. Essere precettore del principe gli dava
chiaramente prestigio e stile di vita assolutamente elevato. Quindi molti suoi nemici lo
accusavano di avere sostanzialmente uno stile diverso da quello che lui sosteneva e portava
avanti nelle sue riflessioni e trattati. 
 Il sapiens, il saggio deve essere anche modello ed esempio di vita per gli altri? 
 Educere sanguis: come perdita, svuotamento e perdita della forza vitale. 
 Fastidio: si lamentano della superbia dei potenti. In italiano ha un significato diverso.
Fastidio qui è superbia, alterigia, senso di superiorità anche ostentata
 Fata: destino, riferito a chi non sta seguendo a pienamente la sua vita, destino che non
aspetta nessuno. Fata dobbiamo tradurlo al singolare. Per latino è plurale perché è l’insieme
di avvenimenti connessi al destino. Il destino coglie gli uomini occupati, li
sorprende, il destino - ovvero il momento della morte - li colpisce tra il torpore
e gli sbadigli. Ci sono molte persone che vengono colte dal destino dopo aver condotto
una vita tra il torpore, il dormire e lo sbadigliare, ovvero senza aver mai fatto nulla di
concreto 
 Fortuito: se questi provano momento di quiete, loro ondeggiano nel mare come dopo il
mare rimane l’agitazione. C'è una certa volutatio anche dopo che è cessata la tempesta.
Anche questa è una similitudine tratta dal contesto quotidiano
 Formae→ Discorso: molti sono trattenuti al non agire perché rivolgono pensiero a altri.
Lectio facilior e deficilior. Guardando testo di Traina: lectio difficilior rispetto a fortunae.
Formae è lectio difficilior. Il commentatore che ricorre a fortunae lo fa perché è più
ricorrente nel linguaggio. 
Venerdì 21 gennaio 2022
 PARAGRAFO III
 Gli uomini sono grandi dissipatori del tempo, lo perdono senza viverlo veramente. Non è
tanto la lunghezza della vita che ne determina il senso, è soprattutto l’uso del tempo. 
 Prime frasi: esempi concreti. Uomini disputano per stabilire i confini dei loro territori.
PRAEDIA (da praedium): appezzamenti di terreni. Da sempre gli uomini non
sopportano che i loro campi siano occupati da nessuno, sia a livello di campi che di
territorio e si giunge addirittura a combattere e discutere i confini con le armi e con le
pietre. Mentre gli uomini, anche tutti gli intelletti che più risplendono (fulserunt) su
questo sono concordi (Benchè tutti gli ingegni che mai ebbero splendore siano concordi su
questo solo/unico punto, mai abbastanza si meraviglieranno di questo appannamento delle
menti umane). Nel litigare per contendersi degli appezzamenti di terra. 
 “In vitam suam incedere alios sinunt, immo vero ipsi etiam possessores eius
futuros inducunt”: permettono che anche invadano la propria vita. Mentre non
permettiamo e litighiamo in maniera molto violenta per delimitare le nostre proprietà,
permettono che altri entrino nelle loro vite. Nello stesso tempo, anzi inducono essi stessi a
farli entrare. Siamo talmente occupati tanto a proteggere i nostri beni materiali, mentre non
siamo minimamente e assolutamente preoccupati a difendere la nostra vita, anzi lasciamo
che gli altri entrino. 
 Non troviamo nessuno che voglia condividere il proprio denaro. Mentre non troviamo
nessuno che è disposto a condividere il proprio denaro, vediamo a quanti ognuno di noi
distribuisce la propria vita. Siamo avari di cose, non di noi stessi, siamo prodighi
di noi stessi. Mentre l’unico bene di cui l’uomo dispone è la propria vita e il
tempo, non le cose materiali. Sono strettamente tirati in continendo patrimonio,
iacturam temporis, profusissimi. Adstricti si contrappone a profusissimi: gli
uomini vivono tenendosi stretto alcune cose, mentre per il resto sono molto larghi. Solo nei
confronti di alcune cose l'avarizia può essere considerata salvifica e benevola. Avarizia: il
tenere ai propri beni
 Libet = piace
 Mettiamo in caso che ci sia persona che abbia vissuto molto, anche 100 anni, più di così
come dire
 Agedum: avverbio “suvvia”. “Ad computationem aetatem tuam revoca”. riconduci al
calcolo della tua vita, calcola bene quanto l’hai vissuta. Computatio: altro termine che
viene dal lessico economico, commerciale. Dal punto di vista commerciale per dividere le
entrate dalle uscite
 Computer all'inizio si chiamavano calcolatori elettronici, macchine programmate per fare
calcoli in tempi molto rapidi e da lì hanno sviluppato le altre attività. Adesso computer è
riduttivo come termine, non solo fa calcoli. 
 Riconduciti al calcolo della tua vita. Linguaggio economico commerciale: creditor è
contrario di debitorie.
 Rex come chi ha più potere su di te. Una persona che riuscisse/anche se vivesse 100 anni,
come potrebbe tornare indietro al calcolo della propria vita? Quanto di quel tempo gli è
stato sottratto dall’amante, dal padrone, dall’amico, quanto dai clienti, quanto i litigi con
tua moglie, i castighi con i servi, quanto con discursatio, visite onerose per la città
 Vita di un vir romanus di alta società che si consuma con obbedienza nei confronti del
superiore, relazione amorosa, problemi economici, liti con moglie, visite di dovere in
società, visite che si devono fare. Morbos = malattie che ci procuriamo noi, con le nostre
mani. Non le malattie fisiche: quelle che dipendono da noi stessi, ovvero quelle che ci
procuriamo attraverso stili di vita non adeguati. Se beviamo molto, problemi del fumo.
Tutte quelle malattie che ci procuriamo manu, noi, con le nostre mani, a partire dal nostro
stile di vita.
 “adice morbos, quos manu fecimus, adice quod et sine usu iacuit”: aggiungi il
tempo che sine uso = altro termine che viene dal linguaggio economico-giuridico.
Godere dell'uso, l’uso di un bene, termine economico. Se ho una casa in usufrutto, significa
che io usufruisco ma non è mia. Chi ha l’usufrutto è quello che gode dell'uso, ma non della
proprietà. Non c‘è affitto. Istituto giuridico ed economico che esiste solo nei casi tra marito
e moglie, quando soprattutto non c’è comunione dei beni: allora puoi dare bene in
usufrutto. Moglie vive in appartamento e però lei non lo può vendere. Avere completa
proprietà di un bene significa che lo puoi vendere quando vuoi
 Drammaticità: se anche una persona raggiungesse i 100 anni, il raggiungimento di questi,
potrebbe dire di avere vissuto meno anni di quelli che veramente conta. Un conto è
numerare gli anni, un conto è averli. Questo è fondamentale: in prima elementare
abbiamo imparato a numerare, poi a calcolare con operazioni. E’ fondamentale numerare
perché è importante sapere la posizione dei numeri e numeriamo su base decimale, che è
una convenzione. 
 Prima abbiamo numerato, poi calcolato. Numerare: 100 anni. Quanti anni hai vissuto?
molti di meno e questo è un discorso: e una rendicontazione che uomo dovrebbe avere, che
per Seneca è chiamato a fare in qualsiasi momento della vita, sia lui ne abbia 50 o 60… Lui
dice che il passato non c’è più, quindi è rispetto al presente che uomo vive, quanto ha
veramente vissuto? Ancora altro imperativo. Ritorna con la mente a questo: repete
memoria tecum: ritorna nella mente con te stesso
 Quando certus = quando sei stato stabile rispetto a un consiglio, quando in statu suo
voltus = a quando hai avuto la disponibilità di te stesso, a quando il tuo volto non ha
cambiato espressione…”Quam multi vitam tuam diripuerint": quanti altri hanno
distrutto la tua vita, se ne sono impossessati, “te non sentiente” = ablativo assoluto,
mentre tu non te accorgevi. 
 Quanto poco ti è rimasto del tuo. Quanto tempo hai sprecato per un dolore vano, una gioia
stolta, in un desiderio avido, un vano dispiacere, in una conversazione leggera.
 “Abstulerit, quam exiguum tibi de tuo relictum sit: intelleges te inmaturum
mori”→ capirai che muori anzitempo. Morissi anche a 100 anni, se fai la computatio vitae
tuae, ti accorgi che anche 100 anni può essere anche morte immatura, se lo hai perso in
motivi inutili
 Dunque qual è il motivo?
 “Tamquam semper victuri vivitis, numquam vobis fragilitas vestra succurrit,
non observatis quantum iam temporis transierit” → Formula molto sonora dal
punto di vista retorico: voi vivete come se dovesse vivere per sempre (prenderla il latino).
Victurit = participio futuro
 Mai vi sovviene della vostra fragilità, caducità. Shock iniziale del covid: il fatto che abbiamo
iniziato a capire come popolazione occidentale che da un momento all’altro si poteva anche
stare male e che ci fosse qualche cosa che medicina non riusciva bene a curare. 
 Perditis: verbo dal significato economico, una perdita
 Il giorno, quando invece per voi è ultimo, quando avete dato tutto a una persona o a una
attività, non l’avete dato a voi stessi
 E’ più epicureo: dà importanza all'uomo e non a lui nella società. Stoico: tempo che
uomo dà alla società è importante
 “Omnia tamquam mortales timetis, omnia tamquam immortales
concupiscitis" Dovete desiderare ogni cosa come immortali e temere ogni cosa come
mortali. Questa è una sententia. Lo stile sentenzioso. Sententia: è breve frase nella
quale Seneca riassume i suoi precetti. “Tamquam semper victuri vivitis” è altra
sentenza
 Voi vivete dice: lui no, perché Seneca assume la posizione del SAPIENS, che illustra
agli altri la via. Il sapiens è sullo stesso piano degli altri uomini, ciò che lo
distingue dagli altri uomini è la maggiore consapevolezza, il sapiens non è
immune da questi comportamenti, diversamente dagli altri uomini riesce a non essere
immerso nel seguire istinto del tempo e avere consapevolezza di quello che fa: se perde
tempo, sa di perdere tempo. 
 “A cinquant'anni mi ritirerò a vita privata”: frasi molto moderne. Lavoro fino a 60 anni, poi
smetto e chiudo
 “Et quem tandem longioris vitae praedem accipis?”: e che garanzia hai di una vita
troppo lunga? Garantire è linguaggio commerciale. Banca chiede garanzie se
chiediamo un prestito. 
 Qui sista = “Chi permetterà che queste cose vadano così come hai programmato?” Chi
permetterà che queste cose andranno come tu pensi? Perchè non farlo prima, non dedicarti
prima a te stesso?
 “Tempus bonae menti”: uomo ha bisogno di un tempo in cui la sua salute
mentale sia assicurata, che viene dalla quiete, dalla tranquillità, dalla
riflessione
 E’ concentrato prevalentemente su se stesso. Lo scrivere è la finalità della sua filosofia
 Tempus bonae menti: il tempo destinano alla tua salute interiore, mentale che viene da
equilibrio, da autarchia
 “Quam serum est tunc vivere incipere cum desinendum est?” = non si può
pensare di voler cominciare a vivere quando si sta per finire, non lo si può pensare solo
quando sei negli ultimi anni della tua vita, perchè ultimi anni della tua vita non è detto che
sia a 80-60 anni. 
 “Quae tam stulta mortalitatis oblivio in quinquagesimum et sexagesimum
annum differre sana consilia et inde velle vitam inchoare, quo pauci
perduxerunt?”. Come si può di cominciare a vivere là dove pochi sono arrivati.
 Sono espressioni e frasi e concetti che ci dicono tanto. Se dovessimo contestualizzarli anche
allora, cosa dovremmo dire?
 Come poter conciliare queste idee con apparato economico, sociale e produttivo che
richiede tempo per lavorare, per uscire di casa, per pensare ai rapporti con i superiori, a
litigare con la moglie o il marito…

Lunedì 24 gennaio 2022


CAPITOLO 5
 Dopo i primi tre capitoli che rappresentano l'introduzione al tema del tempo filosoifica, poi
seguono tre capitoli che sono degli esempi di uomini occupati. Occupato come aggettivo:
persone che vivono la loro vita alienandola, che significa trasferendola al di fuori di loro
stessi, dando al lavoro, all'abitazione, ricerca di successo, affidando a enti esterni il
controllo sulla loro vita e tempo. Essere occupati significa avere poco tempo a disposizione
per se stessi, quando l’uomo dovrebbe essere geloso dell'unico bene che è assolutamente e
solamente suo. Dentro la struttura filosofica del pensiero senecano hanno
grande importanza gli exempla. Ricorrere a degli esempi: exemplum si presenta
dentro il de brevitate vitae come una pausa narrativa, riassuntiva, il racconto. Sono
tutti degli exempla di limitata estensione, occupano 4, 5 e 6 capitolo, limitati come
estensione e costituiscono una sorta di conferma al discorso che era stato trattato
precedentemente dal punto di vista teorico. Ci sono molti modi dentro un testo di
introdurre gli exemplum. Potrebbe essere limitato a una sola frase, invece in questo caso
Seneca preferisce ricorrere a un impianto discorsivo, una narrazione al racconto di vita di
una persona. Gli esempi riportati sono importanti: Augusto nel capitolo 4, come esempio
di uomo occupato, Cicerone e poi nel capitolo 6 Livio Druso, che era stato un tribuno
della plebe nel 91 a.c.
 Il princeps Augusto, poi Cicerone, grande oratore e uomo politico e un tribuno della plebe -
Livio Druso. Fra questi ci soffermiamo su Cicerone
 CAPITOLO 5
 Il passo dedicato a Cicerone non è molto ampio come estensione, è abbastanza contenuto.
Scegliere Cicerone come exemplum aveva un significato doppio: Seneca è stato un filosofo e
anche oratore e chiaramente vuole confrontarsi con un uomo come Cicerone che aveva dato
un'impronta alla struttura del discorso latino e in pubblico. E sicuramente Cicerone era
l'esempio di un uomo che aveva costruito la propria vita sui principi della filosofia stoica,
sulla necessità di impegnarsi per il bene della res publica, sull’impegno e sull'affermazione
di sé e sull’ambizione. Cicerone è homo novus, neppure un cittadino romano, Sallustio
lo chiama Inquilinus urbis Romae. Grazie a studio, dedizione, ambizione riesce a
diventare console, essere grande filosofo stoico, ma sua fine sarà amara e creud
 “M. Cicero inter Catiljnas Clodios iactatus Pompeiosque et Crassos, partim manifestos
inimicos, partim dubios amicos, dum fluctuatur cum re publica et illam pessum euntem
tenet, novissime abductus, nec secundis rebus quietus nec adversarum patiens, quotiens
illum ipsum consulatum suum non sine causa sed sine fine laudatum
detestatur.”Periodo molto lungo: Solitamente Seneca scrive frasi brevi. In questa
strutturazione dell’excursus di Cicerone, sembra quasi che ironicamente voglia imitare la
scrittura. Seneca, lo capiremo alla fine, dipinge questo excursus narrativo su Cicerone in
maniera ironica e parodistica, per prendere le distanze dal suo modello di vita e nella prima
parte cerca di imitare lo stile ciceroniano. Nello stile ciceroniano è importante il ritmo della
costruzione della frase: CONCINNITAS. Espressione indicava il modo di costruire le farsi
da parte di Cicerone, con strutture solide e rapporti ben evidenziati tra principali e
subordinate
 Marco Cicerone, sballottato = iactatus tra Pompei, i Catilina e i Crassi, una parte di questi
erano apertamente nemici, una parte era  per lui amici dubbi. Mentre veniva così sballottato
assieme allo stato, fluctuatur = mentre si trovava in balia delle onde (flucti da fluctus, us)
insieme allo stato, tenet = e cercava di tenerla e di farla galleggiare mentre quella andava a
fondo/a picco, travolto (novissime abductus) alla fine non riusciva a essere questo né nei
momenti propizi, né riusciva a sopportare la situazione avversa (patiens) e non essendo in
grado di sopportare le situazioni avverse, quante volte (quotiens) (detestatur) maledice quel
suo consolato non senza motivo ma senza fine. Il grande oratore viene presentato
come un uomo in balia della sorte. I verbi, i participi e aggettivi a lui dedicati
appartengono al mondo della navigazione. Iactatus è sballottato, più che altro
scosso. Iactatio è il rullio che fanno le barche. Nello stesso tempo lui insieme allo
stato fluctuatur, era immerso tra le onde per evitare che andasse pessum - a fondo. Sono
tutte metafore che indicano la vita di città e di Cicerone con termini del mare, dove nave è
lo stato e anche vita di Cicerone, sballottata tra onde e onde erano cosititui al di fuori
della metafora dai conflitti interni. Infatti lui dice: "iactatus” sballottato tra Clodi, Pompei,
Crassi, Catilina = li usa al plurale per indicare Catilina e i suoi seguaci, Clodio e suoi
seguaci. Clodio era fratello di clodia, donna amata da catullo. Attraverso questa prima
fase, viene presentata in maniera sintetica la situazione politica del primo
secolo a.c.. Le istituzioni repubblicane facevano molta fatica a sopravvivere. Lotte
personali, Pompeo, crasso, Clodio suo nemico, Catilina il grande congiurato. Queste lotte
intestine, tra singole persone per l’esercizio del potere, indebolivano lo stato, lo rendevano
una barca traballante, ma hanno anche costituito dal punto di vista di Seneca, per Cicerone
vivere dentro un momento così conflittuale e incerto significava incolumità anche della sua
vita. Lo avrà veramente detestato il suo consolato o no? L’anno di consolato di Cicerone, 63
a.c è coinciso con anno di congiura di Catilina, è che è stato il punto della sua carriera
politica, era madismo uomo politico di stato romano, lo stato vacillava per tutte le
contraddizioni interne e discorso è anche il momento su cui lui costruisce il massimo della
sua gloria, è ma è anche il punto più alto della sua carriera dalla quale però inizia anche il
suo declino. Dopo la congiura di catilina, cicerone commette una grossa irregolarità dal
punto di vista giuridico, condanna persone senza chiedere autorizzazione al popolo per
procedere con la condanna a morte, autorizzazione che popolo concedeva sempre, era però
necessario. Cicerone lo conosceva, però probabilmente era consapevole forse troppo sicuro
di se, condanna a morte i catilinari senza rispettare quella procedura, cosa che non gli crea
problema inizialmente, ma dopo uccisone di cesare e quando va contro Antonio, la cosa gli
viene rivolta contro e subisce per quello delle ripercussioni. In tutte le opere ciceroniane lui
si è anche autoincensato, autocelebrato, cosa che lo rendeva persona sgradita a tutta la
vecchia nobiltà senatoria e i patrizi, per cui era inquilinum ubris romae.
 Sallustio: il console ha dedicato alla congiura quella orazione lunghissima…L vita di
cicerone viene presentata come vita di uomo che ha attraversato tutti i conflitti di quel
periodo storico e di è gettato tra le onde tra i crassi, i clodii i catilinari, traendone prima di
un motivo di tutto vanto personale. Quante volte ha odiato il suo consolato non senza un
motivo ma senza fine. Non sine causa, sed sine fine. C'erano pure dei motivi per ricordare
importanza di sua azione politica in lotta contro catilina, ma di questo aveva fatto un vanto
eccessivo.
 “...refovente”: che voce debole: non è solo debole, qui è sprezzante. quali Lacrimevoli parole
ci fa sentire in quelle lettere ad attico, era destinatario di molte epistole di cicerone, quando
Pompeo padre era già stato vinto e il figlio in spagna cercava ancora di ristabilire la sorte
delle armi già compromessa. 
 “qui dagam…”: seneca fa riferimento ad alcune parole che lui aveva letto nelle lettere che
cicerone scriveva ad attico, parole che secondo lui sono lacrimevoli. Sono parole da
femminuccia per lui, di uomo che scrive ad un amico quando lui ormai ha il potere, dopo la
congiura di Catilina. Flebiles  senso di sprezzamento nei confronti di Cicerone
 Mi chiedi cosa faccio qui, io indugio (moro), dimoro nel mio Toscolano semilibero.Cicerone
secondo Seneca, avrebbe scritto all’amico Attico che una volta allontanatosi dalla vita
politica mentre ormai Roma era coinvolta infatti rispetto ai quali lui non aveva più potere di
intervenire, cicerone avrebbe scritto (questa citazione non si torva in lettere: o se la è
inventata oppure è parte di lettera non giunta a noi) moror (mi indugio) nel mio Toscolano,
nei primi possedimenti di località dove Cicerone aveva una casa, semiliber, semilibero
 Rimango nel mio tuscolano semi libero. Mi trattengo nella mia vita semilibero., Semiliber
dal pdv retorico significa HAPAX: con termine hapax si indica un termine che ricorre una
sola volta. Aggettivo semiliber ricorre in letteratura latina, fino a noi conosciuta una volta
sola. 
 “ali accipit”: e in questa lettera aggiunge deicpes, di seguti alia = altre affermazioni , nella
stessa lettera a Attico in cui avrebbe detto quello descritto sopra con le quali et et et = sia sia
sia, e complora l’età precedente (complerare significa deplorare = condannare. deplorevole
è atteggiamento che risulta non accettabile) e si dispera del passato, si lamenta del presente
e dispera nel futuro. Sta prendendo molto in giro, il nostro grande oratore, quello che aveva
fondato un mito di se su quel consolato che lui lodava non sine causa sed sine fine: C’erano
stati dei motivi per lodarli, ma avrebbe dovuto fermarsi prima. Poi aggiunge altre frasi in
cui continua a lamentarsi del presente, e perché il presente di Cicerone era quello di un
uomo che non era capace usare il potere e doveva vivere lontano da Roma. Cicerone si
definì semilibero. Ma per ercole, mai il saggio sceglierà/procederà / si abbasserà ad una
definizione così umile, così bassa, di così basso livello., mai sarà semilibero, il sapiens sarà
(erit sottinteso) sempre di una libertà integra e solida: il vero saggio, non come Cicerone
non potrà ,mai dirsi semilibero. MA per Ercole il sapiens non si abbassa ad una definizione
così umile, non sarà mai semilibero: usa hapax per indicare che o si è liberi e non lo si è..
Anche nei periodi di avversità, anche nei momenti di difficoltà, il sapiens, così come lo vuole
Seneca godrà sempre di libertà integra e solida, sarà sempre autonomo, libero da vincoli,
padrone di se e altior cepersi, in una posizione superiore più alta rispetto agli altri.
Superiorità del saggio rispetto agli altri non per gerarchia o posizione sociale, ma si è
superiori agli altri per la libertà, perché la vita del sapiens non dipende da altri. Ablativo
assoluto: solutus significa senza vincoli. Essere senza vicoli che proprio la vita non dipende
da condizioni economiche, dal momento che il potere può essere favorevole o no.
 Si anche senza il potere e anche se si sta attraversando un periodo economicamente
difficile.
 Lui fa dire a Cicerone che era semilibero perché non riusciva a occupare il tempo a
disposizione, era sempre occupato, lui che non era più politico e essere con tanti clienti lo
vedeva come una perdita incommensurabile.
 Punto fondamentale: Seneca nei confronti di Cicerone è molto sdegnato. Cosa ci può essere
infatti sopra di lui, lui che è sopra la sorte?
 La sorte può essere positiva o negativa ma il vero saggio sarà sempre rispetto a ciò in una
condizione di superiorità.

Capitolo 14 (da studiare in italiano)


Soli omnium otiosi sunt qui sapientiae vacant, soli vivunt; nec enim suam tantum aetatem bene
tuentur: omne aevum suo adiciunt; quicquid annorum ante illos actum est, illis adquisitum est.
Nisi ingratissimi sumus, illi clarissimi sacrarum opinionum conditores nobis nati sunt, nobis
vitam praeparaverunt. 

Soli tra tutti sono sfaccendati coloro che si dedicano alla saggezza, essi soli vivono; e infatti non
solo custodiscono bene la propria vita: aggiungono ogni età alla propria; qualsiasi cosa degli
anni prima di essi è stata fatta, per essi è cosa acquisita. Se non siamo persone molto ingrate,
quegli illustrissimi fondatori di sacre dottrine sono nati per noi, per noi hanno preparato la vita.

Dedicato alla figura del saggio, del sapiente, messo al plurale perché la possibilità di vivere
cosi non è esclusiva ma è per tanti.

Prima esempi di uomini occupati che no riescono a fruire del tempo dato all’uomo, adesso
vediamo quali sono i verbi dedicati al saggio.
Vacant  vacare si oppone al verbo occupare, che Seneca usa per quelli che vivono senza
mettere in evidenza e rendersi conto che l’unico bene è il tempo e quindi lo sprecano,
occupano il loro tempo ma non lo colmano per la loro interiorità, vedono il loro tempo
sottrarsi. vacare invece significa avere del tempo libero per lo studio.

 Solo coloro che lasciano del tempo libero (ozio garantisce la quiete) per la saggezza,
sono coloro che hanno del tempo per se stessi.
 Sono i soli che vivono veramente

Tueor  prendersi cura, proteggere  i sapienti, non proteggono, non si prendono cura
con attenzione della loro età, del tempo della loro vita.

Adicere  aggiungere  i saggi aggiungono al presente anche il tempo passato cioè il


passato è una dimensione interiore del tempo, la cultura ci permette di farlo, ci permette di
rivivere e fare nostro il nostro passato quando studiamo ciò che è avvenuto nel passato.

Illis  dativo di vantaggio  qualsiasi tempo prima di loro, per loro è cosa acquisita, è
una loro acquisizione (Seneca ritorna sempre nel lessico di tipo economico, giuridico). Per
noi tutto quello che è avvenuto prima lo riusciamo a farlo nostro, acquisire un bene
significa comprarlo avere un possesso stabile e studiando la cultura da all’uomo questa
possibilità , aggiungere alla vita il tempo della vita passato , alo sforzo che gli uomini del
passato hanno elaborato.

Nella seconda riga Etas è la vita dell’uomo, un periodo di tempo definito con inizio e fine su
una linea del tempo. Ebum invece indica nella linea del tempo, una durata illimitata  due
concetti opposti. Studiando l’uomo riesce ad aggiungere alla propria esistenza limitata il
tempo illimitato del passato. Noi riusciamo a studiare fatti avvenuti molto prima di noi, li
riviviamo secondo una nostra soggettività.

A meno di non essere veramente ingrati quei gloriosi fondatori di sacre dottrine , sono nati
per noi, hanno preparato la vita per noi. Nobis dativo di vantaggio per esaltare il ruolo dei
pensatori, degli uomini di cultura di una società il loro ruolo è fondamentale, sono
Conditores, cioè fondatori di opinioni sacre, che devono essere studiate con assoluto
rispetto. Nel contesto del principato il ruolo degli uomini di cultura era particolarmente
difficile perché il principato esegue un controllo sugli uomini di cultura è molto forte. Non
si può non riconoscere l ruolo che hanno avuto gli uomini di cultura, sono stati loro che ci
hanno preparato la vita, non si può vivere senza il passato.

 Noi siamo condotti verso cose bellissime, fuori dalle tenebre, in base alla fatica degli
altri. Anche per Lucrezio la saggezza era la luce di Epicuro.

Non c’è vietato nessun secolo, non siamo esclusi da nessuna epoca. Lo studio e la sapienza
permette all’uomo di dilatare il tempi della propria vita e se ci piace uscire, superare, con la
grandezza dell’animo, le strettoie dell’umana debolezza, è koto il tempo attraverso il quale
noi possiamo spaziare. Solo lo studio è in grado di liberarci dalle nostre angosce, uscire
dalle strettoie tramite la grandezza della nostra mente. Corpo fragile debolezza fisica, la
nostra mente invece è grande.

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