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GIOVANNI BOCCACCIO (1313-1375)

ANNI GIOVANILI: Boccaccio nasce a Certaldo (Firenze) nel 1313 e qui inizia a
interessarsi agli studi letterari.

1327-1339: il padre (ricco mercante) porta con sé il figlio a Napoli, dove si è trasferito
come rappresentante della compagnia dei Bardi, potenti banchieri fiorentini, sperando
che il figlio si appassioni al mondo delle banche e delle finanze; però il l’interesse per la
letteratura prenderà il sopravvento nella vita del poeta. Quelli napoletani sono anni di
intense letture (classici latini e greci) e di produzione cortese-cavalleresca; inoltre è ben
accolto alla corte di Roberto II d’Angiò dove stringe amicizia con personalità importanti
e nello stesso tempo condivide anche la vita spensierata ed elegante dei giovani
aristocratici. Il soggiorno napoletano è importante perché consente allo scrittore
un’osservazione attenta della varia umanità presente nella città campana che Boccaccio
rappresenterà nel Decameron; inoltre a Napoli incontra una donna, con lo pseudonimo di
Fiammetta (figlia naturale del Re), questo incontro è ripreso in una delle opere minori
del Boccaccio, il “Filocolo”.

ANNI DELLA MATURITA’: Nel 1340, a causa della crisi della compagnia dei Bardi, il
poeta ritorna a Firenze; questo periodo è intervallato da alcuni viaggi da parte di
Boccaccio prima a Ravenna e poi a Forlì.

Nel 1348 torna nuovamente a Firenze e qui ha modo di vivere da vicino gli effetti
negativi della peste che descriverà successivamente nel “Decameron”, la sua opera
maggiore.

La scomparsa del padre e l’obbligo di provvedere al fratellastro Jacopo, lo spingono a


rimanere stabilmente a Firenze e ad adattarsi alla vita borghese della città.

Determinante fu per lui l’evoluzione spirituale causata dalla morte di molte persone a lui
care (tra cui la figlia Violante, a soli 5 anni) a causa della peste che gli procurano un
profondo mutamento interiore; di conseguenza conosce il poeta Petrarca.

Boccaccio fa amicizia con Petrarca nel periodo fiorentino dove lo incontra per la prima
volta nel 1350; è importante l’amicizia tra i due scrittori perché Boccaccio si allontana
da un tipo di letteratura dedita al piacere e si avvicina a una letteratura più impegnata, di
tipo morale e religioso. Pare, inoltre, che in questo periodo Boccaccio abbia ricevuto
l’ordinazione sacerdotale.

ULTIMI ANNI: A causa di alcuni dissidi con le autorità della città di Firenze e per
sfuggire alla peste, Boccaccio decide di ritirarsi nella sua villa a Certaldo, nei pressi di
Firenze; qui egli condurrà una vita appartata, dedita alle letture, agli studi e alla
composizione delle opere erudite. L’ultimo incarico attribuitogli da parte del Comune di
Firenze è, nel 1373, il commento alla “Commedia” di Dante; a causa poi della salute

malferma muore in povertà nel 1375. In una chiesa di Certaldo si trova ancora la sua
tomba che reca un’epigrafe in latino in cui si legge: “La sua passione fu la nobile
poesia”.
VITA DI F. PETRARCA (1304-1374)

Scrittore e poeta del ‘300, diverso da Dante e pre-umanista in quanto anticipa l’Umanesimo perché
si si rifà molto ai poeti del classicismo (per esempio Virgilio, Cicerone, Orazio e Sant’Agostino).
Rappresenta una nuova figura di intellettuale perché, a differenza di Dante, viaggiò molto; scrisse,
inoltre, sia opere in volgare e sia in latino.

ANNI GIOVANILI: nasce ad Arezzo nel 1304, il padre era un notaio fiorentino, guelfo bianco,
anche lui condannato come Dante alla confisca di tutti i suoi beni.

Nel 1312 si trasferisce con la famiglia in Provenza (sud della Francia), nel frattempo era nato suo
fratello Gherardo a cui Petrarca rimarrà sempre legato; vivono ad Avignone sede papale, un vivace
e raffinato centro di cultura. Qui il poeta compie i primi studi di grammatica e retorica, poi viene
mandato a Montpellier a studiare legge; completa poi gli studi giuridici a Bologna nel 1320 e
proprio qui scopre la sua passione per i classici e la poesia in volgare.

ANNI DELLA MATURITA’: Nel 1326 muore il padre e Petrarca ritorna ad Avignone dove nel
1327 (il venerdì santo) nella Chiesa di Santa Chiara incontra Laura, la figura femminile celebrata
nelle sue poesie e se ne innamora subito (non si sa però se questa figura sia realmente o meno
esistita).

Nel frattempo abbraccia la carriera ecclesiastica per risolvere, anche, la sua situazione economica e
diventa cappellano presso il cardinale Giovanni Colonna. Inizia in questo periodo a viaggiare e nel
1337 giunge a Roma che il poeta ama profondamente perché nutre il desiderio di vedere la città
tornare a essere il centro della cristianità in quanto la sede papale era Avignone.

Al ritorno da Roma, Petrarca si stabilisce a Valchiusa (vicino ad Avignone) in una sorta di rifugio
solitario adatto allo studio e alla scrittura; al desiderio di viaggiare contrappone infatti la ricerca
della pace e della tranquillità.

Nel 1341, su consiglio del Cardinale Colonna, sceglie di farsi incoronare poeta in Campidoglio e
proprio a questa data si fa risalire la sua crisi spirituale, in seguito alla monacazione del fratello
Gherardo. Questo dissidio interiore tra il desiderio di ascesi spirituale e passione terrena lo
accompagnerà, infatti, per tutta la vita.

Mentre si trova a Roma appoggia l’impresa politica di Cola di Rienzo, un tribuno che voleva
riportare Roma alla grandezza del passato quando era stata una Repubblica, ma l’impresa di Cola di
rienzo che occupò il Campidoglio, fallisce.

ULTIMI ANNI: dopo il fallimento dell’impresa di Cola di Rienzo il poeta si allontana dai Colonna
riprende a viaggiare e dopo aver appreso la notizia della morte di Laura nel 1348 va prima a Padova
e poi nel 1350 si ferma a Firenze dove conosce Boccaccio e tra i due nasce una profonda amicizia.

Poi nel 1353 si trasferisce a Milano presso la corte di Galeazzo II Visconti (Signore di Mlano) e vi
rimane fino al 1361; dopo la peste del 1361 fugge prima a Padova e poi a Venezia.

- Nel 1370 Petrarca si stabilisce definitivamente ad Arquà sui Colli Euganei (vicino a Padova), dove
trascorre gli ultimi anni dedicandosi allo studio, alla lettura e alla scrittura; il poeta muore nel 1374
(probabilmente per una febbre) e accudito dalla figlia Francesca.

OPERE MINORI DI F: PETRARCA.

Esse sono per la maggior parte scritte in latino, soltanto due sono scritte in volgare.

LATINO: è la lingua che il poeta utilizzava per esprimersi;


VOLGARE: costituisce la lingua specialistica, quella cioè della poesia, tecnica e artificiale, non una
lingua di uso quotidiano.

Le opere scritte in latino sono sia in versi che in prosa, si possono suddividere in due grandi gruppi:
quelle religiose-morali e quelle umanistiche.

Tra le opere latine in versi la più importante è: “L’Africa”, un poema epico in esametri (sei sillabe),
in cui si racconta della seconda guerra punica e del protagonista Scipione l’Africano.

Tra le opere in latino in prosa ricordiamo:

- il “De vita solitaria” che tratta il tema della solitudine tanto caro al poeta;

- il “De otio religioso” in cui il poeta, attirato dalla vita serena e gioiosa dei monaci, elogia la loro
vita monastica, contrapponendola alla vita vana di coloro che sono influenzati dalla ricchezza e
dagli onori, però il poeta è consapevole che questo rigore ascetico è per lui un ideale
irrangiungibile;

- le epistole: “Familiares” lettere indirizzate a personaggi famosi a quell’epoca; “Seniles” lettere


della vecchiaia;

- il “Secretum” (segreto) l’opera in prosa più importante. Si tratta di un trattato morale, quello che
evidenzia maggiormente il suo dissidio interiore tra passioni terrene e spiritualità. Esso è strutturato
in forma di dialogo che vede protagonisti il poeta stesso e Sant’Agostino (filosofo) che discutono in
presenza di un testimone muto rappresentato dalla Verità; i due personaggi rappresentano i due volti
di Petrarca (Francesco simboleggia l’umanità, Sant’Agostino la spiritualità). Il dialogo, inoltre, è
diviso in tre libri e si svolge in tre giorni, alla presenza appunto di una donna bellissima, allegoria
della Verità, che non prende mai la parola. Il dialogo è tutto pervaso da un ansioso bisogno di
raggiungere la pace interiore, ma quando si conclude tutte le contraddizioni del poeta rimangono
aperte in quanto Petrarca non riesce ad approdare a una definitiva conversione (in questo aspetto si
differenzia da Dante).

Tra le opere in volgare abbiamo invece:

- “I Trionfi” (rimasto incompiuto), trattasi di un poema allegorico-didascalico, diviso in sei parti e


vicino al modello della Divina Commedia. Il poeta narra di assistere alla sfilata di varie figure
allegoriche (Amore, Morte Tempo, Eternità…) al cui seguito compaiono schiere di personaggi
esemplari, tratti dal mito e dalla storia antica e più recente. Dietro alle astratte figure allegoriche si
può intravedere, però, il riflesso della vicenda interiore del poeta e della sua anima tormentata, che
alla fine prevale sempre. Anche i “Trionfi”, dunque, anche se volessero servire da esempio, come la
Divina Commedia, per l’umanità a liberarsi dal peccato, non riescono alla fine ad apportare ad
alcuna soluzione.

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