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PETRARCA

10-13/05/2022

LIRICA MODERNA, VITA ed EPISTOLARIO

FRANCESCO PETRARCA (1304 – 1374)

Francesco Petrarca, come anche Boccaccio, è un preumanista, che si è interessato soprattutto ai classici come, per
esempio, Cicerone e Virgilio.

La lirica moderna

Petrarca è considerato il fondatore della lirica moderna, ovvero un’espressione dell’interiorità (che riguardi
l’amicizia, l’amore, la politica, etc.).

 La lirica è la poesia dell’espressione dei sentimenti, che si può concretizzare in un sonetto, una canzone, una
ballata, etc.;
 L’epica è la poesia della narrazione delle imprese e delle gesta.

La lirica è l’espressione di una nuova interiorità divisa tra:

- I richiami terreni: ciò che gli piace del mondo, cioè soprattutto Laura (quindi l’amore per una donna; la
parola Laura allude anche al lauro, che è l’alloro, simbolo della gloria poetica) e la gloria poetica (il desiderio
di essere riconosciuto sulla terra come grande poeta → riuscirà a ottenere l’incoronazione poetica);
 L’aspirazione a dio: allude a un percorso di elevazione spirituale, che per Petrarca è sempre ostacolato dai
richiami terreni. Di questa tensione lui continua a parlare nella sua interiorità, soprattutto in due opere
molto diverse tra loro:
▪ Il Canzoniere: è la raccolta unitaria delle liriche da lui compiuta, in uno stile medio (lo stile medio è
quello che caratterizza questo autore);
▪ Il Secretum: scritto in latino.

La tensione costantemente presente nelle liriche di Petrarca è quella tra i richiami terreni e l’aspirazione a dio.

La vita

La vita di Petrarca dà la chiave di lettura della tensione che lo caratterizza e di ciò che succede nelle liriche:

- 1304: nasce ad Arezzo; è toscano, ma non fiorentino;


- 1312: si trasferisce ad Avignone perché suo padre è legato alla corte pontificia. Il periodo in cui Petrarca viva
è quella fase importante in cui il papato si trasferisce nella città francese (Cattività Avignonese);
- 1316-1326: si dedica agli studi di diritto prima a Montpellier (in Francia) e poi anche a Bologna, dove incontra
anche altri intellettuali comunali;
- 6 aprile 1327: Petrarca incontra per la prima volta Laura in una chiesa ad Avignone;
- 1337-1340: pur restando legato alla corte pontificia, decide di trasferirsi a Valchiusa (vicino ad Avignone, in
Provenza), dove può dedicarsi con tranquillità all’otium letterario studiando e scrivendo. Questo è il primo
dei suoi luoghi dell’anima, ovvero luoghi in cui lui trova tranquillità, serenità e riesce a concentrarsi sulla sua
attività letteraria.
In questa fase inizia anche a lavorare al Canzoniere raccogliendo delle liriche da lui già scritte e, soprattutto,
iniziando a dare loro un ordine. Redige ben dieci edizioni, partendo con un piccolo nucleo di poesie a cui
viene dato un ordine molto particolare, scrivendo altre liriche e dando nomi diversi alle liriche ivi contenute.
Finisce la sua vita dando più o meno una veste definitiva al Canzoniere, ma è un’opera che lui continuerà a
rielaborare sia per quanto riguarda le liriche, che il loro ordine, perché vuole dare loro un senso particolare:
la successione in quest’opera è molto significativa e cambia nel corso delle dieci redazioni.
Solo successivamente inizia a comporre anche il Secretum;
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- 1342-1343: vive un momento profondo di crisi spirituale, nel quale compone liriche per noi molto importanti
che riflettono ciò che prova. Petrarca ha un fratello (a lui molto legato) che, a un certo punto della sua vita,
decide di farsi monaco certosino, compiendo una scelta radicale. Petrarca vede nella scelta del fratello una
scelta sicura, in cui decide di dedicarsi a uno stile di vita volto all’ascesi spirituale, a Dio. Petrarca, allora, in
questo momento, entra ancora più in crisi, perché si sente incapace di scegliere: viene così lacerato dalla
tensione di produrre un’esistenza più dedita a Dio e il suo interesse per i beni terreni (Laura e la gloria
poetica).
Questo problema riflette un passaggio epocale nel cambiamento della visione del reale: Dante non aveva
questi problemi, perché era un uomo del Medioevo (convinto dei due poteri universali, della priorità del
potere spirituale) e aveva delle certezze (visione teocentrica del reale: tutto dipende da Dio); Petrarca,
invece, è quell’intellettuale che mostra un passaggio/un cambiamento nel pensiero e nella mentalità,
ammettendo che ci sono beni terreni a cui l’uomo fatica a rinunciare.
Quindi, questa sua interiorità tormentata esprime un momento di passaggio, che prelude alla rivalutazione
di tutto ciò che è terreno, che nella visione medievale era considerato un’ombra della realtà, ma che verso la
seconda metà del Trecento inizia a essere rivalutato;
- 6 aprile 1348: Laura muore per peste. La sua morte manda Petrarca ancora più in difficoltà, perché capisce di
essere stato attratto dalla tensione per una creatura effimera destinata a morire, anziché aver dedicato
attenzione alla sua anima e all’ascesa verso Dio.
Qui cominciano dei dubbi: è verosimile che l’abbia incontrata il 6 aprile e lei sia morta sempre il 6 aprile? Noi
pensiamo che Laura sia esistita veramente, perché a un certo punto Petrarca mette una nota della sua morte
su un suo libro annotandone anche la data (chiamata nota obituaria).
Per tanto tempo la critica ha pensato che Laura fosse un personaggio di invenzione letteraria che, con il suo
nome evocativo, esprimesse la tensione tra realtà concreta e materiale e realtà spirituale, ma questa nota ha
fatto pensare a una ragazza veramente esistita;
- il Canzoniere (1350-1351): continua a lavorare al Canzoniere riorganizzandolo. Si pensa che in questa fase
(ma non si ha la data), proprio dopo la morte di Laura, lui capisce ancora di più che i beni terreni sono
effimeri, destinati a durare poco, e che quindi per l’uomo è pericoloso dedicare loro troppa attenzione,
perché lo distraggono dal curarsi della propria anima e di elevarsi verso Dio. Si convince sempre di più di aver
speso male il suo tempo prima della morte di Laura, perché speso a penare e contemplare una creatura
terrena, cioè una creatura destinata a morire.
Si pensa che a questo momento di ulteriore crisi che segue la morte di Laura possa essere attribuito il
sonetto proemiale del Canzoniere, sonetto che apre la raccolta e che fornisce la chiave di lettura di tutta la
raccolta.
- Si sposta a Firenze e a Milano, dove è ospite dei Visconti e dove trova una piccola abitazione in cui riesce
intensamente a dedicarsi all’otium letterario (producendo anche altre nuove opere, tra cui I Trionfi, scritti in
volgare);
- 1370: si ritira ad Arquà, uno dei suoi luoghi dell’anima dove riesce a concentrarsi e a continuare la sua
attività letteraria (come Valchiusa in Francia). Qui continua sempre a lavorare al Canzoniere aggiungendo,
spostando, ridefinendo e facendo nuove versioni delle liriche (cambiando parole e collocandole in un ordine
differente). Libri di critica moderna petrarchesca ricostruiscono tutte e redazioni del Canzoniere, secondo un
lavoro non solo formale, ma anche in grado di far comprendere il messaggio che le liriche vogliono
trasmettere. Secondo questa ricostruzione:
 nella sua prima redazione pare che abbia messo come prima lirica la poesia Apollo, s’anchor vive il
bel desio, che si ricollega al mito di Apollo e Dafne (mito utilizzato da Petrarca per rielaborare la sua
esperienza non solo poetica, ma anche amorosa). Impostare la raccolta con quel sonetto vuol dire
offrire una chiave di lettura più classicista;
 probabilmente dopo gli anni ’50 del Trecento, scrive quello che per noi è il sonetto proemiale: Voi
ch’ascoltate in rime sparse il suono, che offre una chiave di lettura della sua esperienza diversa
(meno legata al mito classico e maggiormente concentrata sul tema del pentimento.

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Petrarca aveva un copista: Giovanni Malpaghini. La maggior parte di cose a noi giunte, sono scritte da
Malpaghini con, però, autografi petrarcheschi;
- 1374: muore ad Arquà.

L’epistolario

Petrarca dalla giovinezza alla morte scrive più di 500 lettere in latino e scritte in prosa (tranne le Epistolae metricae,
scritte in esametri). Questo fa comprendere il rapporto che ha con la lingua volgare, da lui utilizzato per scrivere il
Canzoniere e I Trionfi (opera dedicata a Laura). Petrarca, dunque, è bilingue, nel senso che usa due codici linguistici
diversi (volgare e latino).

L’epistolario petrarchesco è compreso in cinque raccolte: quattro d’autore e una messa insieme dopo la sua morte.
Tutte le sue raccolte sono ispirate alle lettere di Cicerone (sia nella struttura che nella lingua, dove cerca di ricostruire
il latino classico) e per lui costituiscono una sorta di autoritratto ideale: all’interno di queste lettere Petrarca fa
emergere la sua personalità, ma è chiaro che vuole dare di sé l’immagine di un uomo riflessivo, concentrato
soprattutto sullo studio, ma anche aperto a una visione della sua realtà contemporanea.

1. Le Familiari: comprende 350 lettere scritte ad amici e parenti suddivise in 24 libri, che abbracciano un
periodo che va dal 1325 al 1361 (ma che, in realtà, comprende tutte quelle scritte fino al 1366);
2. Le Sine nomine: comprende 19 lettere sempre scritte tra il 1325 e il 1361, prive, però, del nome dei
destinatari. Esse sono dedicate a scottanti questione politiche (per lo più alla critica della corruzione papale):
la censura dei nomi dei destinatari serviva a metterli in salvo da eventuali ritorsioni;
3. Le Senili: comprende 125 lettere sempre suddivise in 17 libri, che abbracciano lettere scritte dopo il 1361;
4. Le Variae: comprende circa 75 lettere da lui scartate e raccolte dai posteri dopo la morte del poeta;
5. Le Epistolae metricae: comprende 66 lettere suddivise in 3 libri. Si tratta di lettere scritte in forma poetica,
cioè in esametri (la lingua è anche in questo caso il latino).

Petrarca scrive molto più in latino che in volgare, perché vuole un ritorno al classico (anticipando quello che sarà
ripreso da Boccaccio, che studia il greco). Crede profondamente che la lingua della comunicazione colta debba
essere il latino.

Il latino per Petrarca è la lingua personale, la sua lingua di comunicazione con anche gli amici (come lo è stata per
l’ambito scientifico).

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16/05/2022

RAPPORTO CON LA POLITICA, SECRETUM, L’AMORE PER LAURA SOTTO ACCUSA, ERANO I CAPEI D’ORO A L’AURA
SPARSI, ALTRE OPERE

Petrarca e la politica: un intellettuale cosmopolita che approfondisce la tematica civile

Petrarca è l’esempio di un intellettuale cosmopolita, che non partecipa mai in modo alla vita politica di una
particolare città (al contrario di Dante, che aveva un legame speciale con Firenze). Questo perché nasce in Toscana,
poi si trasferisce in Francia e dopo si sposta in tante altre città italiane, con nessuna delle quali ha un legame speciale
come quello che Dante aveva con la sua città natale (che è stato costretto ad abbandonare). Petrarca si sente legato
alla cultura italiana in modo duplice: da una parte a quella latina (appartenente alle radici) e dall’altra quella volgare.

Tuttavia, si dedica ad approfondire la tematica civile: riflette all’interno delle varie opere, spesso in latino,
sull’aspetto civile, pur non esprimendo mai questo suo interesse nella pratica.

Il Secretum

Il titolo completo del Secretum è De secreto conflictu curarum mearum (“il segreto conflitto delle mie ansie”).

Si tratta di un testo intimo e privato, che scandaglia la sua interiorità tormentata, scritto in latino nel 1347 (appena
prima della morte di Laura).

È una sorta di dialogo immaginario tra:

- Francesco (cioè lui);


- Sant’Agostino: aveva scritto Le confessioni, opera in cui rifletteva su sé stesso e che è diventa il modello per
Petrarca.

Il dialogo dura tre giorni e si svolge alla presenza della Verità (nel senso di figura allegorica), che presiede al dialogo
in cui Francesco si confronta con Sant’Agostino. Da questo dialogo emerge la famosa questione delle tensioni
terrene, quelle che vengono definite le due catene, perché sono ciò che tiene legati ai beni terreni il poeta. Queste
due catene sono:

1. Laura: quindi l’amore per la donna da lui amata;


2. La gloria poetica.

Dunque, Petrarca è lacerato internamente perché ha una tensione verso la dimensione divina: vede gradualmente
l’esempio del fratello, il quale fa la scelta radicale di diventare monaco certosino, e capisce che c’è chi è più forte di
lui e riesce a fare una scelta definitiva. Lui, invece, non ci riesce, ed è l’espressione di quella tensione che configura
un nuovo interesse dell’uomo per i beni terreni, a cui però non c’è una conclusione. Il conflitto, infatti, rimane
aperto, perché Petrarca non riesce a trovare una vera soluzione: lui non sceglie e la sua tensione diventa sempre più
intensa, perché ha capito di aver rivolto troppo interesse a una creatura terrena (quindi effimera) che l’ha distratto
dalla dimensione divina (lo vedremo anche nel Canzoniere, dove ci sono le poesie scritte solo la morte di Laura).

A tre giorni corrispondono tre libri:

1. Il legame eccessivo ai beni terreni;


2. Il peccato di accidia e debolezza di volontà: nel dialogo con Sant’Agostino emerge che il poeta è afflitto dal
peccato di accidia, ovvero l’essere incapaci di decidere (diverso dall’ignavia, peccato peggiore e più radicale,
che è il non schierarsi, ovvero l’assenza di forza interiore di decidere e di prendere posizione);
3. Le due catene: che sono l’amore per Laura e per la gloria e fama poetica (ovvero i riconoscimenti che si
possono avere come poeti).

L’amore per Laura sotto accusa, Francesco Petrarca, Secretum III (pag. 501)

Il brano qui presentato in traduzione italiana è tratto dalla parte iniziale del terzo libro del Secretum. Francesco ha
confessato ad Agostino il proprio amore per Laura, sostenendone il significato positivo; ma Agostino non accetta
questa interpretazione, e piuttosto tenta di persuadere il poeta della colpevolezza della sua passione. Francesco
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afferma che l’amore per Laura lo ha istigato al bene e indirizzato all’amore verso Dio, creatore di tale bellezza;
Agostino replica che in realtà in Francesco l’amore per la creatura ha preso il posto di quello per il Creatore, con
inversione colpevole.

Questo brano offre un esempio efficace della struttura del Secretum: il punto di vista di Agostino si contrappone a
quello di Francesco guadagnando a poco a poco terreno ma faticando assai ad annullarne le resistenze, e anzi non
giungendo mai a una completa resa di esse.

Da questa lettura emerge come Sant’Agostino in realtà è come un alter ego di Petrarca, come se Petrarca si
sdoppiasse interiormente in due voci (→ moderna coscienza):

- una che mostra le tecniche per l’innamoramento di Laura;


- l’altra che critica questa passione e che ne mostra i risvolti negativi.

Per la prima volta all’interno di un’opera si presenta una sorta di interiorità, ovvero la presa a dialogo delle due voci
della sua stessa coscienza; Agostino qui non ha tanto il ruolo di personaggio vero e proprio, ma quello di mostrare
un lato della sua coscienza. Per Petrarca l’amore per Laura l’ha indirizzato al bene, invece Agostino gli fa notare che
egli ama più la creatura del Creatore, e questo è sbagliato.

In mezzo al dialogo compare un verso di Ovidio, poeta latino. I classici della latinità entrano nella sua composizione
per aggiungere valore a quello che sta dicendo: è talmente intriso di cultura classica (in particolare quella latina) che i
versi sgorgano liberamente a causa della sua memoria poetica. Tutto quello che lui dice si lega fondamentalmente a
quello che ha studiato, cioè soprattutto i classici latini (Ovidio e, più spesso, Seneca e Cicerone), a differenza di
Dante, che ha studiato la cultura classica ma attinge maggiormente alle sacre scritture.

Questo accade anche nel Canzoniere, in cui spesso ci sono versi che ricalcano trasposizioni di citazioni latine:
Petrarca ha talmente interiorizzato lo studio che, quando compone, lascia trasparire questo stesso studio.

• “Sostenendone il significato positivo”: con questa affermazione vuole mostrare come Laura l’abbia più volte
rasserenato, gli abbia mostrato i luoghi della natura in modo sereno (→ rimando a Chiare fresche et dolci acque), e
quindi presenta Laura come per lui una fonte di ispirazione poetica.

• “Laura ha distolto il tuo animo dall’amore dei beni celesti, ed ha volto il tuo desiderio dal Creatore alla creatura”,
riga 106: ecco l’accusa principale. Laura ha distolto il poeta.

• “E questa sola è stata sempre la via più facile verso la morte”: si ragiona sempre del fatto che ha rivolto la sua
attenzione alla creatura e non al Creatore, sbagliando, perché è stato attratto solo dalla bellezza corporea.

Petrarca, però, afferma che non è vero, perché, anche quando Laura è diventata meno bella (cioè quando il tempo
ha lasciato tracce sulla sua bellezza fisica), il suo amore non si è spento → questa è una parte molto interessante
perché si introduce il tema della memoria, un tema fondamentale già visto nella memoria dei classici.

Ora, però, vediamo un altro tipo di memoria, cioè il fatto che spesso le descrizioni della bellezza di Laura sono
filtrate attraverso il ricordo, perché all’interno della poesia non ci sono tanti riferimenti a dei momenti vissuti ed
elaborati istantaneamente, ma la sua bellezza è soprattutto ricordata. La poesia più famosa che parla di ciò è Erano i
capei d’oro a l’aura sparsi

• “che quanto più essa si è avanzata in età, io sono rimasto tanto più saldo della mia opinione. Poiché, sebbene il
fiore della sua giovinezza appassisse visibilmente con il volger del tempo, cresceva con gli anni la bellezza dell’animo
suo, che come mi offri l’occasione di amarla, così mi diede la perseveranza nel mio proposito”, riga 118: Francesco si
giustifica dicendo che non è vero che è stato attirato dalla bellezza fisica, perché anche quando Laura, diventando
più vecchia, è diventata meno bella, lui è rimasto continuamente attratto dalla sua bellezza interiore.

Erano i capei d’oro a l’aura sparsi, Francesco Petrarca (pag. 546)

Sono trascorsi molti anni dal giorno del primo incontro con Laura e dall’innamoramento, ma l’amore del poeta non
diminuisce, nonostante il progressivo venir meno della bellezza fisica della donna.

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L’innamoramento è rievocato con intensità e al momento stesso con tono quasi favoloso, venendo a coincidere con
un passato lontano e come bruciato dall’innalzamento compiuto nel tempo dai ricordi del poeta. Sui segni fisici
concreti dominano la stilizzazione e la raffigurazione astratta; e fa solo eccezione lo straordinario attacco, tutto
concentrato sul particolare fisico dei capelli biondi mossi dal vento: segno pregnante di identificazione dell’amata,
anche per il rafforzamento del senhal “l’aura”

Il primo verso rievoca con la parola “l’aura” il senhal con cui lui chiama la sua donna. Probabilmente lei si chiamava
anche Laura, ma lui gioca nelle liriche con il suo nome scrivendolo in modo diverso. Questo perché è difficile
identificare Laura con un personaggio: spesso si identificava con una che aveva avuto molti figli, cioè una che ha
avuto anche una vita matrimoniale felice → probabilmente è la donna a cui Petrarca si rivolge.

Questo sonetto è noto come sonetto 90, perché situato alla posizione 90 del Canzoniere.

Gli estremi temporali di questo componimento sono 1339-1347. Sicuramente è stato composto prima del Secretum,
ma si fa fatica a datarlo. Non abbiamo una data definitiva di rilascio, ma 10 anni in cui si presume che Petrarca abbia
lavorato a questo sonetto: questo è il problema della maggior parte delle liriche del Canzoniere, poiché l’autore ha
continuato a lavorarci, spostando e sistemando i componimenti. Proprio per questo, quindi, per noi è molto difficile
avere l’idea di quando è stata scritta la prima volta la poesia, poi risistemata, e poi risistemata ancora. Questo
problema di datazione si riferisce alla maggior parte delle liriche, ma non a tutte.

Già dal primo verso capiamo come Petrarca non stia descrivendo la bellezza di Laura in quel momento, ma la stia
ricordando, tant’è vero che dice erano.

I temi presenti in questo sonetto sono:

 Tema della memoria: lui ricorda la bellezza di Laura, di averla amata e che questo amore era dettato non
solo dalla bellezza fisica, ma anche dalla sua interiorità. In questa poesia, infatti, dice che, anche se la
bellezza di Laura è sfiorita, lui la ama lo stesso.
La bellezza di Laura è filtrata attraverso il ricordo: i tempi verbali che predominano, infatti, sono imperfetti;
poi ci sono dei passati remoti, che esprimono azioni puntuali e momentanee (arsi e fu quel ch’io vidi mettono
in primo piano il momento dell’innamoramento) e, infine, ci sono dei presenti, che sottolineano il passaggio
temporale dal passato al presente, quando gli occhi di Laura non avevano più quella luminosità che avevano
nel passato;
 Tema della donna angelicata: questo tema viene ripreso solo nella descrizione esteriore, perché Laura
nell’interiorità non ha la stessa presa sul poeta che aveva, invece, la vera donna angelo, che era quella che
faceva migliorare l’interiorità del poeta indirizzandolo verso ogni virtù. Questo perché Laura rappresenta la
tensione per i beni terreni a cui l’uomo fatica a rinunciare → stiamo andando verso un nuovo clima
culturale, dove la vera realtà terrena attrae l’uomo (e questo sarà il percorso che si vede verso il
Quattrocento).

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SONETTO PARAFRASI COMMENTI
Erano i capei d’oro a l’aura sparsi I capelli biondi erano sparsi al vento
che ’n mille dolci nodi gli avolgea, che li faceva avvolgere in riccioli
e ’l vago lume oltra misura ardea E brillava oltre misura quella luce tenue
di quei begli occhi, ch’or ne son sì di quei begli occhi, e ora ne sono così privi • fin dalla prima quartina vediamo la contrapposizione dei capelli d’oro e la bella luce
scarsi; dei suoi occhi che brillava oltre misura quando era più giovane, con gli occhi che oggi,
che è invecchiata, sono così privi di quella luce. La data del loro primo incontro risale al
6 aprile 1327, mentre qui siamo tra il 1339 e il 1347: sono passati una decina di anni e
Laura non è più così giovane; di conseguenza anche la sua bellezza è sfiorita
e ’l viso di pietosi color’ farsi, e il viso di Laura mi sembrava avere quel • era un volto così bianco come quello di qualcuno che che prova compassione
pallore della compassione (una virtù)
non so se vero o falso, mi parea: non so se per davvero o per sbaglio:
i’ che l’esca amorosa al petto io che nel petto avevo predisposizione ad
avea, amare,
qual meraviglia se di sùbito arsi? Cosa c’è di meravigliarsi se mi infiammai • qui non c’è il gioco passato-presente, ma il gioco della pelle di laura, che era bianca, e
subito d’amore quando vidi Laura? l’innamoramento

Non era l’andar suo cosa mortale, il suo incedere non era da persona • andamento descrittivo
terrestre, • “l’andar suo”: il suo modo di camminare, il suo incedere
ma d’angelica forma; e le parole Ma come un angelo; e le sue parole
sonavan altro, che pur voce Avevano un suono diverso da quello della • Laura ha tutte le sembianze di una donna angelo: Petrarca riprende il topos
humana. voce degli uomini stilnovistico. Siamo esattamente in quella moralità, solo che sappiamo che Laura è
argomento di discussione innanzitutto con Agostino nel Secretum: secondo Petrarca
Laura non ha la funzione della donna angelo (cioè condurre verso Dio), ma ne ha
solamente le sembianze. Infatti, ella lo mantiene legato ai beni terreni, impedendogli di
dedicarsi a quella dimensione spirituale che produrrà quella sua tensione sempre
presente sia nel Secretum che nell’Ascensione al monte ventoso

Uno spirto celeste, un vivo sole Uno spirito divino, un sole vivo
fu quel ch’i' vidi: e se non fosse or Fu quello che io vidi: e se ancora ora non è
tale, più così
piagha per allentar d’arco non La ferita non guarisce per il fatto che l’arco • l’ultimo è l’unico verso difficile
sana. che ha scoccato la freccia che ha • “per allentar d’arco”: è una causale implicita
determinato la ferita si è allentato • metafora: Petrarca sta dicendo che la sua ferita di amore non può guarire anche se la
persona che l’ha generata è meno bella. La sua ferita resta profonda, anche se ciò che

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l’ha fatto innamorare di Laura inizialmente (la bellezza esteriore) è svanito

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Le altre opere

Le altre opere di Petrarca si distinguono:

 In volgare: oltre che il Canzoniere, abbiamo i Triumphi, un poema allegorico in terzine dedicato a Laura
rimasto, però, incompiuto;
 In latino:
− In versi: tutti i componimenti in versi sono importanti, ma tra tutti spicca un poema epico in esametri
rimasto incompiuto sulla guerra annibalica, intitolato Africa. Ricorda molto i poemi epici della
classicità (tra cui l’Eneide).
È importante sapere che Petrarca l’ha composto perché nel 1341 Petrarca aspira all’incoronazione
poetica e la ottiene, venendo incoronato a Roma poeta laureato dopo essersi sottoposto per 3 giorni
all’esame più terribile a cui ogni poeta potesse sottoporsi: quello di Roberto d’Angiò.
Roberto d’Angiò di Napoli, era considerato il sovrano più saggio per eccellenza. Petrarca,
volontariamente, si sottopose a un esame durato 3 giorni per vedere se fosse all’altezza
dell’incoronazione; viene riconosciuto come tale e nel 1341 in Campidoglio riceve l’incoronazione.
Proprio in quell’anno, nel 1341, lui aveva composto principalmente opere in latino (il Canzoniere non
lo conosceva ancora nessuno), e anche e soprattutto per questo viene riconosciuto poeta laureato.
Ciò accade perché non c’era ancora una netta prevalenza del volgare sul latino, e la cultura della
penisola era ancora una cultura profondamente bi-linguista (l’unica opera famosa in volgare era la
Divina Commedia).
Africa era l’opera tramite cui lui pensava di meritare il riconoscimento di grande poeta, perché in
quel tempo la cultura era ancora molto basata sul latino, ma noi oggi lo apprezziamo soprattutto per
la sua scrittura in volgare (soprattutto per il Canzoniere).
− In prosa:
 Opere di erudizione storica: De viris illustribus, Rerum memorandum libri;
 Opere di argomento morale: De vita solitaria, De otio religioso. Sono tutte opere che hanno
come modello quello di Cicerone. Ci offrono una trattazione più profonda del suo pensiero
riguardo argomenti da lui trattati anche nelle liriche;
 Scritti polemici: Petrarca ha anche un atteggiamento critico o addirittura di invettiva in alcuni
contesti. Invectiva contra medicum, etc.

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17/05/2022

ASCENSIONE AL MONTE VENTOSO, CANZONIERE: STRUTTURA E TEMI, MITO DI APOLLO E DAFNE, CHIARE FRESCHE
ET DOLCI ACQUE

L’ascensione al Monte Ventoso, Familiari, Francesco Petrarca (pag. 495)

Questa lettera è rivolta a Dionigi di Borgo San Sepolcro, frate agostiniano che regalò al poeta una copia delle
Confessioni di sant’Agostino, decisive per la sua storia interiore. La lettera reca la data del 26 aprile; mentre l’anno –
il 1336 – si ricava dall’affermazione secondo cui sarebbero trascorsi dieci anni dal momento in cui Petrarca aveva
lasciato Bologna, il che avvenne nel 1326. Il 26 aprile 1336 coincide con il giorno di Venerdì Santo, il giorno di
pentimento che precede la Pasqua e la Redenzione. Si tratta dunque di un giorno intensamente simbolico per la
cristianità, cosicché già questo particolare rivela la natura allegorica del testo. Sulla base di numerosi argomenti, è
stata però negata la datazione suggerita dall’autore, proponendone una molto più tarda (1352-1353, dopo la morte
di Laura) in cui la lettera, quanto meno, sarebbe stata rivista.

Il racconto di un’ascensione sul Monto Ventoso in compagnia del fratello Gherardo diviene per il poeta occasione di
rappresentare in chiave allegorica la propria vicenda esistenziale. La conquista della vetta diviene metafora della
conquista della salvezza, o almeno dell’anelito verso di essa.

Il Monte Ventoso è un alto monte che si trova in Provenza, vicino a Valchiusa (doveva ha vissuto per un certo
periodo l’autore). La gita compiuta con il fratello diventa per lui un’occasione di trasporre allegoricamente la salita.
L’ascesa affrontata in due modi diversi indica due modi diversi di vivere:

fratello Gherardo Francesco Petrarca


ha la volontà di mirare alla vetta (volgersi verso
percors senza tergiversare, compie un percorso lineare,
Dio), ma trova difficoltà in questo cammino, per
o sicuro e dritto verso la meta
cui si ferma più volte e sceglie alternative.
ha compiuto una scelta di vita decisa: farsi vuole mirare all’ascesi spirituale, ma è trattenuto
allegoria
certosino dai beni terreni ed effimeri

Il Canzoniere

Petrarca voleva essere ricordato per le sue opere in latino, ma in realtà noi lo ricordiamo soprattutto per il
Canzoniere: 366 liriche in volgare composte come macro-periodo tra il 1342 e il 1374 (anno della sua morte).

Il Canzoniere è un diario ideale dell’amore per Laura, dove ideale non vuol dire utopico, ma è la rielaborazione
letteraria del suo innamoramento per Laura (la tematica amorosa prevale ma ci sono anche altri temi altrettanto
importanti).

È un’opera unitaria, una novità: si tratta della prima raccolta organica unitaria solo di poesie (di liriche). Altro poeta
che aveva dato un ordine preciso e una storia è stato Dante, con la Vita Nova, la quale, però, non era composta solo
di liriche, ma era un’alternanza di prosa e poesia.

Il vero titolo dell’opera è Rerum vulgarium fragmenta, ovvero “frammenti di cose in volgare”. Questi frammenti
sono i frammenti sparsi della sua anima, che però lui sceglie di esprimere con il volgare (→ lingua scelta per la sua
interiorità); sono quei frammenti tramite i quali esprime le contraddizioni dell’io poetico, la sua lacerazione
interiore e la sua interiorità tormentata.

Il Canzoniere: la struttura

La suddivisione che prevale è:

1. Rime “in vita” di Laura: rime composte finché Laura era ancora in vita;
2. Rime “in morte” di Laura: rime composte dopo che Laura è morta.

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Le liriche nel Canzoniere sono 336, da lui non suddivise (non divide le liriche prima e le liriche dopo la morte di
Laura). Ma allora, se la maggior parte delle liriche non è precisamente databile, come si fa ad attuare questa
distinzione? Noi capiamo quali sono state scritte prima e quali dopo perché c’è un primo sonetto di compianto per
la morte di Laura che sembra segnare lo stacco (Oimè il bel viso, oimè il soave sguardo (pag. 566)). Noi non
sappiamo se l’ha composto quando Laura è morta (1348) o dopo, ma è il primo sonetto di compianto verso l’amata.

Inoltre, subito dopo c’è anche una canzone molto lunga e difficile che anticipa in qualche modo la condizione diversa
in cui il poeta si trova al momento della morte di Laura: una condizione di pentimento molto forte per quello che ha
fatto, cioè dedicarsi di più alla creatura che al Creatore.
Stesso ragionamento riguarda il sonetto proemiale Voi ch’ascoltate in rime sparse il suono: viene messo all’inizio, ma
non è il primo a essere stato composto. Infatti, la sua scrittura risale a dopo gli anni ’50, anche forse dopo la morte di
Laura, ma viene messo all’inizio per dare a tutta la raccolta una chiave di lettura particolare incentrata sul
pentimento.

Questo sonetto si lega ed è intrecciato, infine, con la canzone finale alla Vergine. Il Canzoniere si conclude con una
canzone dedicata alla Vergine, messa a confronto con la preghiera alla Vergine fatta nell’ultimo canto del Paradiso
nella Divina Commedia, che porta Dante ad avere la visione di Dio. Questa preghiera alla Vergine posta alla fine del
Canzoniere fa capire che Petrarca, nonostante abbia visto anche la morte di Laura, non si è dissuaso completamente
di aver fatto male a inseguire l’amore per Laura. Nella preghiera alla Vergine, infatti, vengono sottolineati alcuni tratti
della figura femminile che ancora ricordano la donna terrena: la Vergine stessa, per come è descritta, ha una fisicità
che non ci aspetteremmo (anche se poi Petrarca le chiede lo stesso di elevare il suo animo).

Anche il Canzoniere non ha una vera e propria conclusione: Petrarca non è totalmente pentito di tutto quello che
ha fatto. Dopo la morte di Laura è più pentito, ma in realtà non rinuncia mai completamente a dire che l’amore per
l’amata l’ha anche portato a gioire.

I temi del Canzoniere

I temi del Canzoniere sono:

1. Amore per Laura: Laura viene lodata come una donna angelo, ma ne ha solo le sembianze, non la funzione. È
una figura idealizzata, creatura mortale e oggetto di un amore infelice (→ siamo nel pieno dell’AMOR
CORTESE, sempre non realizzato e ricambiato). Il nome Laura allude:
à Alla donna amata che rappresenta la passione terrena;
à Al lauro poetico, ovvero la gloria poetica, concretizzatasi con Petrarca nel 1341, data della sua
incoronazione poetica a Roma dopo il lungo esame che ha sostenuto con il re Roberto d’Angiò.
Le parole lauro e Laura vengono ritrovate all’interno delle liriche, però sempre scomposte (l’aura, la brezza;
l’auro, l’oro; alloro, pianta che simboleggia la gloria poetica).
Il tema di Laura, allora, rappresenta il legame con i beni terreni, quella dimensione che precede
l’affermazione della cultura umanistica. L’amore verso la donna è vissuto con senso di colpa perché
allontana da Dio. Nelle prime liriche del Canzoniere, infatti, Laura è vista come una passione terrena che lo
distoglie da Dio; quando la donna muore, il poeta riflette ancora di più sulla caducità dei beni terreni e sul
fatto che ha investito troppa attenzione su questi beni effimeri → sarà proprio la morte di Laura che
indirizzerà il poeta verso Dio, facendo accentuare il suo senso di pentimento (che però non è mai radicale e
non arriverà ma a una soluzione definitiva);
2. Spazio e tempo:
à Laura è soggetta al tempo: Laura invecchia, al contrario delle donne angelicate che non erano
soggette, all’interno del Dolce Stil Novo a una trasformazione fisica. Questo è un nuovo elemento
che compare e che dimostra che ha una natura mortale ed effimera.
à Laura è perlopiù assente:
 Nella vita reale è assente, perché è una figura lontana che Petrarca raramente ha davanti,
ma che presenta solo nel ricordo;
 Nella morte è il suo spirito che viene rievocato dalla memoria del poeta.

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I temi del Canzoniere: i motivi accessori

 Amicizia e affetti;
 Tema politico: importantissimo perché c’è una canzone che si intitola Italia mia che esprime le sue tensioni
politiche;
 Polemica contro la curia avignonese;
 Testi d’occasione: celebrano anniversari importanti.

Il mito di Apollo e Dafne (Ovidio) nel Canzoniere

Il tema dell’amore per Laura si lega continuamente all’interno del Canzoniere a un mito: il mito di Apollo e Dafne.

Con la prima freccia Cupido colpì Apollo. La seconda, invece, la scoccò verso Dafne, figlia del fiume Peneo e della
madre terra Gea. Il risultato fu che mentre Apollo cadde perdutamente innamorato della ragazza, quest'ultima
iniziò a respingerlo, fuggendo da lui.

Apollo cercò la ninfa ovunque, fino a trovarla. A nulla valsero i suoi tentativi di convincerla dei suoi sentimenti o
blandirla con le sue parole: Dafne continuò a fuggire nel bosco.

Quando Apollo finalmente la raggiunse, la ragazza chiese aiuto a Peneo e Gea perché la aiutassero. I due allora
arrestarono la sua corsa: le sue gambe si fecero pesanti, il corpo si protese verso l'alto e dalle sue mani iniziarono
a nascere foglie di alloro. Dafne si trasformò in albero di fronte ad Apollo, che abbracciò il suo tronco giurando
che da quel momento il lauro sarebbe stata la sua pianta sacra.

Petrarca si riconosce moltissimo in questo mito e, soprattutto, nella figura di Apollo (in quanto aspira
all’incoronazione poetica): Apollo, Dio del sole ma anche della poesia, desidera una donna, Dafne, che non si
concede. Proprio per questo motivo, Dafne si trasforma in ALLORO, cioè la pianta che diventa il simbolo della gloria
poetica (proprio in seguito al mito eziologico).

Il mito è quello a cui è stato dedicato il sonetto inizialmente posto in apertura del Canzoniere da Petrarca. La prima
raccolta di liriche, infatti, era dominata da questo tema (→ la storia del poeta si intreccia con il mito), poi via via
dispersosi nel corso delle progressive raccolte (dove prevale il tema del sentimento (infatti il sonetto proemiale
diventerà nella raccolta finale Voi ch’ascoltate in rime sparse il suono)).

Chiare, fresche et dolci acque, Canzoniere CXXVI, Francesco Petrarca (pag. 548)

Il poeta si rivolge ai luoghi che hanno accolto in passato la presenza di Laura e, come affidando loro le proprie
volontà testamentarie, sentendo vicina la morte, chiede di essere sepolto, appunto, in quei luoghi, anche nella
speranza che un giorno Laura stessa, tornandovi, possa essere presa infine da pietà alla vista della sua tomba. È
questa una canzone celebratissima e in effetti assai riuscita del Canzoniere, composta probabilmente tra il 1340 e il
1341. Al centro dell’attenzione sta il paesaggio, intimamente segnato dai legami con Laura e dall’abbandono
confidenziale del poeta, il quale proprio nel paesaggio trova il corrispettivo più adeguato del proprio mondo
interiore. Ma tanto il paesaggio quanto la figura di Laura sono guardati nella prospettiva del ricordo, altra
dimensione decisiva della lirica petrarchesca. Tra ricordo del passato, ondeggiamento sentimentale del presente e
dolorosi presagi della futura morte, si determina una oscillazione costante, dalla quale derivano l’armonia e la
malinconica indefinitezza del testo.

Questa canzone si lega moltissimo alla canzone 126, Erano i capei d’oro a l’aura sparsi: i temi sono molto vicini, ma si
sviluppano in ragionamenti diversi.

Chiare, fresche et dolci acque, Da’ be’ rami scendea


ove le belle membra (dolce ne la memoria)
pose colei che sola a me par donna; una pioggia di fior’ sovra ’l suo grembo;
gentil ramo ove piacque et ella si sedea
(con sospir’ mi rimembra) humile in tanta gloria,
a lei di fare al bel fiancho colonna; coverta già de l’amoroso nembo.

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herba et fior’ che la gonna Qual fior cadea sul lembo,
leggiadra ricoverse qual su le treccie bionde,
co l’angelico seno; ch’oro forbito et perle
aere sacro, sereno, eran quel dì a vederle;
ove Amor co’ begli occhi il cor m’aperse: qual si posava in terra, et qual su l’onde;
date udïenzia insieme qual con un vago errore
a le dolenti mie parole extreme. girando parea dir: Qui regna Amore.
S’egli è pur mio destino, Quante volte diss’io
e ’l cielo in ciò s’adopra, allor pien di spavento:
ch’Amor quest’occhi lagrimando chiuda, Costei per fermo nacque in paradiso.
qualche gratia il meschino Così carco d’oblio
corpo fra voi ricopra, il divin portamento
e torni l’alma al proprio albergo ignuda. e ’l volto e le parole e ’l dolce riso
La morte fia men cruda m’aveano, et sì diviso
se questa spene porto da l’imagine vera,
a quel dubbioso passo: ch’i’ dicea sospirando:
ché lo spirito lasso Qui come venn’io, o quando?;
non poria mai in più riposato porto credendo esser in ciel, non là dov’era.
né in più tranquilla fossa Da indi in qua mi piace
fuggir la carne travagliata et l’ossa. questa herba sì, ch’altrove non ò pace.
Tempo verrà anchor forse Se tu avessi ornamenti quant’ài voglia,
ch’a l’usato soggiorno poresti arditamente
torni la fera bella et mansüeta, uscir del boscho, et gir in fra la gente.
et là ’v’ella mi scorse
nel benedetto giorno,
volga la vista disïosa et lieta,
cercandomi: et, o pieta!,
già terra in fra le pietre
vedendo, Amor l’inspiri
in guisa che sospiri
sì dolcemente che mercé m’impetre,
et faccia forza al cielo,
asciugandosi gli occhi col bel velo.
Sintesi delle strofe:

1. Prima strofa: il verbo principale della strofa che trasmette il messaggio è pose, mentre tutti gli altri sono
complementi di vocazione:
∙ Acque: dove lui ricorda di aver visto Laura;
∙ Gentil ramo: gentil ramo dove a lei piacque appoggiarsi;
∙ Erba e fiori: che Laura coprì nel momento in cui si sdraiò sul prato;
∙ Aria: resa sacra dalla presenta di Laura stessa.
Qui Petrarca, quando dice Chiare fresche et dolci acque indica le acque del fiume Sorga, cioè un fiume che
passava di lì, vicino al Valchiusa. Tutti gli elementi della natura che ricordano Laura vengono richiamati
all’attenzione da parte del poeta, che chiede loro di ascoltare le sue ultime parole prima della morte →
dialogo tra poeta e paesaggio;
2. Seconda strofa: la seconda strofa è proiettata sul futuro. Lui chiede di essere sepolto lì, in quel luogo in cui in
passato ha visto Laura e in cui la natura può comprendere le sue parole;
3. Terza strofa: anche questa è proiettata nel futuro. Si augura di essere sepolto lì e che lì torni Laura (chiamata
in modi diversi all’interno del testo; per esempio, v.29, la fera bella et mansueta → ossimoro, perché una
fiera è un animale feroce, che non può essere docile. Con Petrarca ossimori e antitesi sono le figure retoriche
di significato più ricorrenti, perché mostrano il duplice lato di Laura, da una parte mansueta in quanto
creatura divina e dall’altra fera perché lo fa soffrire e lo attira verso la vita terrena anziché portarlo a un
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innalzamento spirituale), la quale, vedendo la tomba, possa provare compassione nei suoi confronti e
versare qualche lacrima, che permetta al poeta di ottenere il perdono, cioè la gloria e la salvezza in cielo;
4. Quarta strofa: l’attenzione ora si rivolge al passato. Sono strofe descrittive in cui Petrarca rievoca la bellezza
di Laura nel momento in cui l’ha vista in quel luogo → TOPOS DELLA DONNA ANGELICATA. Segue una
descrizione di Lura che è inondata dai fiori. Possiamo notare pochissimi elementi descrittivi della donna:
sappiamo solo dei vestiti, delle trecce bionde, dei fiori e che tutta questa bellezza che la circonda fa sì che lì
possa regnare Amore (perché Amore è favorito dalla bellezza fisica, in questo caso dalla bellezza di Laura).
∙ verso 44, et ella si sedea humile in tanta gloria → non si può essere umili nella gloria (antitesi, figura
retorica di significato che sottolinea ancora una volta la contrapposizione, il duplice lato di Laura);
5. Quinta strofa: descrive la reazione del poeta, che ricorda che Laura era tanto bella (→ topo della donna
angelo, ma una donna betta et mansueta, che nasconde le insidie dell’attrazione per i beni terreni) che si è
chiesto anche lui dove potesse trovarsi. Pensava di essere in Paradiso tanto era bella. Successivamente
fornisce il motivo per cui si rivolge a questa natura: dal momento in cui l’ha vista, gli piace così tanto
quest’erba (metonimia (una parte per il tutto): l’erba indica il luogo) che lui non trova pace da nessuna parte;
6. Congedo: nei tre versi del congedo il poeta si rivolge direttamente alla canzone → elemento trovato anche in
Jacopo da Lentini (dimostrazione del fatto che Petrarca ha ben in mente la tradizione).

La struttura delle strofe, dunque, è:


STROFA AL PRESENTE – 2 STROFE AL FUTURO – 2 STROFE AL PASSATO

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27/05/2022

VOI CH’ASCOLTATE IN RIME SPARSE IL SUONO

Voi ch’ascoltate in rime sparse il suono, Canzoniere I, Francesco Petrarca (pag. 523)

Questo è il sonetto di apertura del Canzoniere petrarchesco, ma fu composto abbastanza tardi, probabilmente nel
1350 o poco prima. Già nella seconda redazione del libro (definita, appunto, subito prima della metà del secolo) gli è
assegnata la funzione di proemio.

Esso costituisce la effettiva conclusione del Canzoniere. L’esperienza amorosa appare ormai superata nella
prospettiva cristiana (il pentimento, la coscienza della brevità e della illusorietà dei beni terreni). Bisogna però tenere
ben presente che il Cristianesimo appare fuso, in Petrarca, con la nuova concezione dell’intellettuale come saggio,
secondo valori schiettamente preumanistici. Il peccato del poeta è anche quello di essere venuto meno alla propria
dignità.

L’opera viene presentata al lettore come il frutto di una prolungata illusione d’amore al termine della quale sta una
trasformazione del soggetto. Il coinvolgimento che l’autore chiede al lettore è sia quello stilnovistico della
competenza in materia amorosa, si, soprattutto, quello cristiano del perdono e della pietà.

Petrarca definisce il canone della lirica tradizionale, quindi in lui troviamo la definizione e il modello di quelli che
sono il sonetto e la canzone, che saranno seguiti per tutto il Cinquecento.

Un sonetto è formato da due quartine e due terzine formate da versi endecasillabi.

 Sillabe grammaticali: si ottengono con la classica divisione in sillabe;


 Sillabe metriche: le figure metriche agiscono all’interno della poesia e sono 4:
o Sinalefe: è l’unione in una sola sillaba metrica della sillaba finale di una parola con la sillaba iniziale
della parola successiva; questo fenomeno può accadere quando la parola precedente finisce in
vocale e quella successiva inizia in vocale;
o Dialefe: è il contrario della sinalefe; dovrebbe esserci una sinalefe ma, in realtà, non c’è, perché in
quel caso il poeta preferisce contare due sillabe separate;
o Dieresi: in quel caso, l’unione di due vocali non fa dittongo;
o Sineresi: due vocali che non formerebbero un dittongo, invece, lo formano.

Petrarca ha un pubblico di lettori selezionato per le sue rime sparse, cioè chiunque per esperienza possa capire le
sue pene di amore.

È un sonetto nel quale Petrarca esprime il suo pentimento per l’amore verso Laura appena dopo che l’amata è
morta, perché la sua morte gli fa capire ancora di più che ha inseguito una creatura terrena alla quale non valeva la
pena dirigere così tanto interesse (dal momento che era destinata a morire).

Il poeta anticipa alcuni aspetti dell’Umanesimo: per la prima volta, si parla di una coscienza tormentata, lacerata e
divina (→ in questo sta la sua modernità, perché solo oggi e non al suo tempo siamo consapevoli del fatto che
all’interno della nostra coscienza ci sono delle pulsioni che facciamo fatica a controllare). Questa interiorità
tormentata viene presentata da Petrarca attraverso una forma che punta all’equilibrio: per questo continua a
sistemare e riscrivere le liriche alla ricerca di quella forma che possa dare equilibrio a un contenuto che esprime
lacerazione.

Le due quartine del sonetto hanno una particolare struttura.

All’inizio si trova un complemento di vocazione, alla fine il verbo della principale e poi, all’interno, delle subordinate
→ è una sintassi molto complessa ma molto equilibrata (che è un po’ la peculiarità di Petrarca, che ricerca sempre
un equilibrio e una simmetria per esprimere lacerazione, grazie anche a figure d’ordine come il chiasmo). Questo è
possibile anche e soprattutto grazie allo studio dei classici: questa operazione è possibile grazie alla memoria poetica
dei classici che il poeta ha assimilato attraverso lo studio quasi a memoria.

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Tra i versi c’è un’armonia interna: il secondo verso, che comincia con un complemento di specificazione, rimanda al
quinto, che inizia sempre con la proposizione di → le parole a volte sono bilanciate e ripetute più volte in un verso o
in più versi.

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TESTO PARAFRASI COMMENTI
Voi| ch’a|scol|ta|te in| ri|me| spar|se il| Voi [lettori] che ascoltate in [queste] poesie sparse il • le prime due quartine sono legate molto profondamente da
suo|no suono un discorso: non c’è interruzione e la principale (con il verbo
spero) si trova al v.8
• voi: indica tutti i suoi lettori, ovvero coloro che sono disposti
ad ascoltare il suono dei suoi sospiri di amore
• le rime sparse che si trovano nel primo verso fanno
riferimento al titolo originario latino del Canzoniere: Rerum
Vulgarum Fragmenta, “frammenti di poesie volgari”
• rime sparse: sono tutte le poesie del Canzoniere
di| quei| so|spiri ond’|io| nu|dri|va ’l| co|re di quei sospiri con i quali io nutrivo il cuore
In| sul| mio| pri|mo| gio|ve|ni|le er|ro|re al tempo dell’illusione della mia prima giovinezza (si • errore: indica l’innamoramento per Laura. Lui sospirava per
riferisce all’amore per Laura), Laura quando era giovane, ed era un uomo molto diverso da
quello che è ora → sottolinea la distanza della condizione del
momento presente (pentito per ciò che ha fatto) e l’uomo
dell’epoca (molto diverso da quello che è adesso)
quand’era in parte altr’uom da quel ch’i’ sono, quando ero diverso, ma solo in parte, da quello che
sono oggi,
del vario stile in ch’io piango et ragiono del mio stile mutevole,
fra le vane speranze e ’l van dolore, con il quale io mi lamento e scrivo fra le inutili • il suo soffrire per Amore è vano perché ama una creatura
speranze e l’inutile dolore, mortale
ove sia chi per prova intenda amore, ovunque [vi] sia qualcuno che per esperienza conosca
che cos’è l’amore.
spero trovar pietà, nonché perdono. spero di trovare comprensione e perdono. • climax: lui chiede sia compassione, sia perdono per lo stile
vario che utilizza nelle sue liriche quando esprime i suoi sospiri
di amore
Ma ben veggio or sì come al popol tutto Ma ora vedo bene che fui per tutta la gente
favola fui gran tempo, onde sovente per molto tempo motivo di dicerie, per cui spesso
di me medesmo meco mi vergogno; mi vergogno di me stesso fra me; • l’effetto dell’innamoramento per Laura è la VERGOGNA,
perché si sente oggetto di derisione da arte degli altri che
vedono quanto lui è stato innamorato e quanto ora soffre
• c’è un’allitterazione della lettera m
• di me…mi: il pronome personale complemento viene
ripetuto due volte per enfatizzare il fatto che è una vergogna
che sente profondamente → mette in primo piano il suo io
tormentato dall’interesse terreno e dalla vergogna (per come
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si è sentito giudicato dagli altri)
et del mio vaneggiar vergogna è ’l frutto, e [perciò] il risultato del mio illudermi è la vergogna, • vaneggiar: vuol dire “inseguire cose vane”
e ’l pentersi, e ’l conoscer chiaramente e il pentirsi, e il capire chiaramente
che quanto piace al mondo è breve sogno. che tutto ciò che piace nel mondo è fuggevole • quello che piace agli uomini è effimero, è qualcosa che sfugge
illusione.

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19/09/2022

ANALISI DEL TESTO


S’amor non è, che dunque è quel ch’io sento?, Francesco Petrarca, Canzoniere, CXXXII)

S’amor non è, che dunque è quel ch’io sento? 1. che cosa et quale?: qual è la sua natura?
Ma s’egli è amor, perdio, che cosa et quale? 2. Se ria … tormento?: se è cosa malvagia (ria)
Se bona, onde l’effecto aspro mortale? per quale causa ogni sofferenza (appare) tanto
Se ria, onde sí dolce ogni tormento? dolce?
3. S’a mia voglia … : se per mia scelta (a mia
S’a mia voglia ardo, onde ’l pianto e lamento? voglia)...
S’a mal mio grado, il lamentar che vale? 4. S’a mal mio grado … : se (ardo d’amore) contro
O viva morte, o dilectoso male, la mia volontà...
come puoi tanto in me, s’io no ’l consento? 5. frale: fragile.
6. senza governo: senza timone.
Et s’io ’l consento, a gran torto mi doglio. 7. sì lieve … sì carca: (una barca) così leggera
Fra sí contrari vènti in frale barca quanto a saggezza, così carica di errori.
mi trovo in alto mar senza governo, 8. a mezza state: in piena estate.
9. il verno: l’inverno.
sí lieve di saver, d’error sí carca
ch’i’ medesmo non so quel ch’io mi voglio,
et tremo a mezza state, ardendo il verno.

COMPRENSIONE DEL TESTO

1. Riassumi in terza persona il contenuto della poesia: che cosa si domanda il poeta nei primi sei versi? A
quale interlocutore si rivolge ai versi 7-8? Che cosa afferma nelle terzine?
Petrarca in questo sonetto si interroga su ciò che prova con una serie di interrogative dirette: si domanda di cosa si
tratta se non è amore e se invece lo è quale è la sua natura; si chiede il motivo degli effetti così aspri se è cosa
positiva e delle sofferenze così dolci se è cosa malvagia. Ancora, si chiede il perché del pianto se è una sua scelta e
del lamento se va contro la sua volontà. Nei versi successivi si rivolge all’amore chiedendogli perché è così presente
dentro di lui senza il suo consenso e se invece egli consente perché lo addolora così tanto. Infine, nelle terzine
afferma che si trova su una fragile barca senza timone in mezzo ai venti, carica di errori, ma al contemplo leggera,
tremando d’estate e ardendo d’inverno.

ANALISI DEL TESTO

1. Nel sonetto è visibile una netta distinzione tra le quartine, in cui ogni verso (tranne il v. 7) si conclude con
un punto interrogativo, e le terzine, espresse invece in forma affermativa. Commenta questo aspetto
sintattico collegandolo al contenuto della poesia.
Questo aspetto sintattico rispecchia lo stato d’animo incerto e confuso del poeta, pieno di domande ma senza
risposte, può solo constatare la situazione in cui si trova.

2. Soffermati sulla ripetizione della congiunzione «se», in particolare nelle quartine, e sulla sua collocazione
prevalente a inizio verso. Commenta tale scelta retorica e sintattica con riferimento al contenuto del testo:
come si può interpretare la rilevante presenza della congiunzione ipotetica?
Petrarca sceglie di posizionare il se all’inizio del verso per enfatizzare il fatto che neanche lui conosce il sentimento
che lo anima, quindi i suoi dubbi. Facendo delle ipotesi cerca di fare domande più precise.

3. Il testo appare ricco di opposizioni binarie. Quali figure retoriche esprimono tale contrasto? Riporta e
commenta alcuni esempi (spiega in particolare il v. 7) e individua i campi semantici a cui appartengono i
termini in opposizione.
Le figure retoriche che esprimono opposizione e contrasto presenti in questo sonetto sono l’ossimoro presente nel
verso 7 “viva morte, o dilettoso male” e l’antitesi presente nei primi versi in cui il poeta si chiede il perché degli
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effetti negativi se amore è cosa positiva e delle sofferenze che appaiono tanto dolci se amore è una cosa malvagia. I
campi semantici che si trovano in opposizione sono: da un lato quello della vita, del piacere, del dolce mentre
dall’altro quello della morte, della sofferenza e dell’aspro. Antitesi versi 3-4: accostamenti tra aggettivi distanti tra
loro a livello morfologico.

4. La struttura binaria dominante nel sonetto è visibile anche sul piano ritmico: quasi tutti i versi sono divisi
da una cesura, tranne i versi 10, 11 e 13. In questi ultimi l’assenza di spezzature ritmiche (cui si aggiunge,
tra i vv. 10 e 11, la continuità sintattica) costituisce una sorta di anomalia che li evidenzia rispetto agli altri,
attribuendo rilievo al contenuto che essi esprimono. Commenta tale aspetto. Il ritmo complessivo appare
scorrevole o spezzato e discontinuo? Giustifica la tua risposta con esempi.
I versi 10,11 e 13 sono gli unici a non esprimere una contrapposizione: in questi versi Petrarca esprime
un’affermazione non interrotta da virgole o altri segni di punteggiatura, questo conferisce continuità e forza al
contenuto del sonetto e soprattutto un ritmo scorrevole, a differenza del resto del testo in cui appare spezzato e
interrotto, come nei versi 5-6: “S’a mia voglia ardo, onde ’l pianto e lamento? 4/S’a mal mio grado, il lamentar che
vale?

5. Considera il registro stilistico della poesia: il testo si sviluppa come un ragionamento pacato sul potere
dell’amore o dominano accenti di turbamento e passione? Giustifica la tua risposta con precisi riferimenti
al testo.
Nel testo dominano accenti di turbamento e passione: è proprio l’alternanza di aspetti positivi e negativi dell’amore
ad animare la prima parte del sonetto come nei versi 3 e 4 “Se bona, onde l’effetto aspro mortale?/Se ria, onde sì
dolce ogni tormento?” Nella seconda parte invece il ragionamento si placa e il poeta si dichiara incapace di capire
l’amore

6. A quale risultato approda l’indagine del poeta sulla natura dell’amore? Appare un sentimento
prevalentemente positivo o negativo? Rispondi facendo riferimento al testo.
Petrarca termina la riflessione non riuscendo a rispondere alle sue domande, ma illustrando la condizione negativa e
soprattutto incerta in cui si trova attraverso una metafora che lo vede a bordo di una barca fragile in mezzo al mare
(questa tensione non si risolve così come nell’intero Canzoniere) è tendenzialmente negativo ma ancora
fondamentalmente incerta.

7. A partire dal verso 10 si sviluppa una metafora piuttosto comune in letteratura e anche nell’opera di
Petrarca: spiegala. In quale altro componimento l’hai incontrata? Con quale significato e in quale diverso
contesto?
Petrarca si trova su una barca fragile senza timone in mezzo ai venti, carica di errori, ma leggera, tremando d’estate e
ardendo d’inverno: quindi disperso e in una condizione incerta. Nella metafora presente nel sonetto La vita fugge, et
non s’arresta un’hora, la metafora che vede Petrarca sempre a bordo di una barca che naviga turbata dai venti in
questo caso si riferisce alla vita che fugge e alla seguente morte, al passare del tempo, al presente e al futuro.

Vita intesa come navigazione: vita intesa come navigazione a volte molto difficile. Per Orazio la vita è mantenersi
vicino alla riva, ma comunque a una certa distanza → via di mezzo migliore per riuscire a navigare in sicurezza. Per
Petrarca è navigare senza un nocchiere, senza un timone, cioè senza la ragione. Sottolinea la mancanza di
consapevolezza, metafora di condurre la vita in una direzione (rispetto alla scelta fatta al fratello Petrarca si sentiva
inadeguato perché non capace di decidere tra i beni terreni e

Questa metafora la ricava dalle letture dei testi classici (che erano la base della sua letteratura). Metafora di matrice
classica tratta da Seneca (autore di Età imperiale) o da Orazio (autori rimasti nella tradizione medievale, perché per il
contenuto delle loro opere potevano conciliarsi con il pensiero cristiano), autori che più spesso rappresentano la vita
come navigazione. Petrarca interiorizza tanto i testi classici tanto che si parla di memoria poetica, una sorta di
interiorizzazione di espressioni e pensieri che leggeva, che fluivano nelle sue liriche; spesso troviamo queste
immagini tratte dalla tradizione classica che vivono in lui grazie alla lettura.

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8. Considera l’inizio dei versi 1 e 2 («S’amor non è…», «Ma s’egli è amor») e il verso 12 («sì lieve di saver,
d’error sì carca»). Quale figura retorica di posizione puoi riconoscere? Individuala e commentala.
Si tratta di un chiasmo con antitesi che vede gli stessi elementi in posizione reciprocamente inversa: nella prima
amore e verbo essere e viceversa, nella seconda: aggettivo, specificazione e specificazione e aggettivo.

Figure retoriche di posizione (chiasmo e parallelismo) servono per mantenere l’equilibrio: dimostrano come per lui
la letteratura sia una forma di catarsi e cioè di purificazione della propria anima; Petrarca cerca di mantenere in
equilibrio la sua interiorità tormentata e spesso lo fa attraverso queste figure.

Figure retoriche di significato (antesi e ossimoro): servono per esprimere le tensioni opposte: la tendenza al divino e
il legame ai beni terreni.

9. Anche in questo sonetto è evidente che Petrarca attribuisce una particolare funzione alla letteratura.
Quale è questa funzione e come viene raggiunta? Soprattutto, attraverso quali espedienti retorici?
Riconosco il chiasmo: le parole agli estremi del verso appartengono allo stesso campo semantico, lo stesso vale per
le parole subito prima e subito dopo la cesura. Le figure retoriche di posizione come chiasmo e parallelismo servono
in Petrarca per mantenere l’equilibrio, dimostrano come per lui la letteratura sia una forma di catarsi, cioè di
purificazione della propria anima; lui cerca di mantenere in equilibrio la sua interiorità tormentata, e spesso lo fa con
queste figure. Spesso esprimono le tensioni opposte, d’altra parte gli permettono di contenerle, mantenendole in
equilibrio.

INTERPRETAZIONE COMPLESSIVA E APPROFONDIMENTI

1. Qual è il tema dominante del sonetto? Commentalo e spiegalo con riferimento ad altri testi e
componimenti di Petrarca a te noti (uno in particolare) in cui risulta particolarmente evidente.
Analisi della sua condizione interiore di cui si chiede la natura. Questo sonetto lo collego a Pace non trovo e non ho
da far guerra  tema dei duplici effetti dell’amore

2. Considera che questo sonetto è stato composto probabilmente tra il 1345 e il 1347. Dove può averlo
composto il poeta? Dove soggiornava in quel momento? Perché?
A Valchiusa in Provenza, dove si sceglie una dimora isolata in cui dedicarsi allo studio dei classici, alla letteratura;
poco dopo si trasferisce a Parma. Nel 1348 Laura muore, e adesso siamo appena prima della morte di Laura.

SONETTO PARAFRASI COMMENTI


La vita fugge, et non s’arresta una La vita fugge e non si arresta neppure un • tema della caducità della
hora, attimo, vita
et la morte vien dietro a gran giornate, e la morte la segue a grandi passi,
et le cose presenti et le passate e il presente e il passato
mi dànno guerra, et le future anchora; mi tormentano, così come il futuro;

e ’l rimembrare et l’aspettar m’accora, e il ricordo [del passato] e l'attesa [del


futuro] mi angosciano,
or quinci or quindi, sí che ’n veritate, ora da una parte ora dall'altra, a tal punto
che in verità
se non ch’i’ ò di me stesso pietate, io mi sarei già liberato da tutti questi • qui Petrarca pensa al
pensieri [mi sarei ucciso], suicidio
i’ sarei già di questi penser’ fòra. se non avessi pietà di me stesso.

Tornami avanti, s’alcun dolce mai Ritorno a pensare se il mio cuore triste
provò mai dolcezza [nel passato];
ebbe ’l cor tristo; et poi da l’altra parte e poi, dall'altra parte [pensando al futuro]
veggio al mio navigar turbati i vènti; vedo la mia navigazione turbata dai venti; • metafora: la metafora
della navigazione viene
utilizzata per immaginare
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cosa gli accadrà nel futuro,
in cui la situazione non è
così favorevole

veggio fortuna in porto, et stanco omai vedo il fortunale in porto e il mio timoniere
[la ragione] ormai stanco,
il mio nocchier, et rotte arbore et sarte, e rotte gli alberi e le sartie,
e i lumi bei che mirar soglio, spenti. e spente le belle luci [gli occhi di Laura] che • i lumi bei che mirar
ero solito fissare. soglio, spenti: gli occhi di
Laura sono spenti; quindi,
Laura è già morta

Metafora della navigazione


La vita fugge, et non s’arresta una hora → serve a rappresentare la conclusione della sua vita e lo preoccupa perché
non è più guidato dalla ragione, ed è privo di una guida.
Se amor non è → la metafora mostra la difficoltà a vivere in generale in un momento in cui si sente in difficoltà
perché tormentato dalle due tensioni

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TABELLA DI CONFRONTO TRA DANTE E PETRARCA

DANTE PETRARCA
Io poetico • L’io poetico di Dante rappresenta il • L’io poetico di Petrarca coglie tutte le difficoltà della vita,
noi, cioè si fa portavoce dell’umanità portandolo a essere talvolta felice dell’Amore e talvolta
spaventato dei suoi effetti
• È un io certo, solido e con delle
certezze nella dimensione • È un io lacerato, tormentato e diviso
trascendente (e quindi anche nella fede
• Per la prima volta rappresenta la coscienza interiore
cristiana). Infatti, si muove in una
direzione verticale affrontando i Regni dell’uomo, che non è sempre solida e certa, ma spesso
tormentata, travagliata e in difficoltà → modernità di
ultraterreni → pensiero tipicamente
medievale Petrarca che anticipa l’Umanesimo

Stile • Per Dante si parla di plurilinguismo • Per Petrarca si parla di unilinguismo (seconda delle sue
(per esempio, nella Divina Commedia opere, utilizza o il latino o il volgare, senza alcuna
utilizza latino, francese, etc.; contaminazione (non troviamo parole che derivano da
nell’attraversare i tre Regni si adatta alla altre lingue, ma c’è una scelta di base che rimane tale)) e di
situazione utilizzando stili differenti. unistilismo (Petrarca usa uno stile medio grazie a
Questo non vuol dire che nell’Inferno un’attenta selezione del lessico che gli permette di
sia utilizzato uno stile basso: lo stile mantenere sempre lo stesso tono pacato e uniforme,
progressivamente si innalza verso il tranne che in alcune composizioni isolate in cui il tono si fa
Paradiso, ma ci sono momenti in cui si più acceso)
riscontra uno stile alto nell’Inferno e
• Parlando del Canzoniere, troviamo una selezione
uno stile basse nel Paradiso)
notevole del lessico: Petrarca utilizza più o meno sempre
le stesse parole per esprimere la sua interiorità, parole che
poi si consolidano come parole poetiche all’interno della
letteratura italiana. Questo perché cerca di esprimere la
sua interiorità tormentata mantenendo un equilibrio nella
letteratura, e la memoria dei classici serve proprio per
recuperare questo equilibrio (nel classicismo è stato
portato a compimento totale l’equilibrio)
Rapporto • Dante ha un legame diretto con la • In Petrarca traspare dai suoi versi stessi (→ indicazione di
con i letteratura classica ma, in particolare, un legame più profondo) la memoria poetica dei classici:
modelli con Virgilio e la sua Eneide. Questo non è un legame dovuto alla volontà di seguire un modello
legame è basato sul genere letterario e (infatti Petrarca scrive sonetti e non si esprime nello stesso
l’argomento trattato: sia l’Eneide (VI modo della poesia latina), ma un legame dettato dal
libro) che la Divina Commedia ricordo dello studio che ne ha fatto Petrarca (→ questo
raccontano di due viaggi sottoforma di studio filtra a livello di riflessioni e di modalità per indagare
poema. La differenza, però, è: i sentimenti i sonetti da lui scritti)
− Eneide: poema epico • La memoria poetica è anche utilizzata per mantenere
− Divina Commedia: poema l’equilibrio all’interno della poesia: il rapporto tra Petrarca
allegorico-didascalico e i classici è ancora più profondo di quello che aveva Dante
(il quale aveva anche come fonte di ispirazione la
letteratura cristiana, come sacre scritture e ciò che
riguarda l’ultraterreno), ed è trasmesso nei suoi stessi versi

Rapporto • Dante tratta solamente una realtà • Con Petrarca si parla di cosmopolitismo: a differenza di
con il locale (Firenze, Toscana e Italia) Dante, viaggia (vive ad Avignone, Valchiusa, etc.) e NON è
potere legato a una città locale
politico • È la rappresentazione
dell’intellettuale cittadino, che vuole • È la rappresentazione dell’intellettuale cortigiano
vivere intensamente la vita politica della cosmopolita che, spostandosi di corte in corte, trova
sua città appoggio da diversi signori (come fa anche Dante nella
seconda parte della sua vita)

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• Partecipa fortemente alla politica • È anche la rappresentazione dell’intellettuale chierico,
perché a un certo punto decide di farsi tale: per avere una
• È ancora legato alle istituzioni rendita economica sicura e continuare a fare ciò che gli
universali: spera nel ritorno dell’Impero piace (studiare), accetta di prendere i voti minori e, con
in Italia per poter lasciare lo spazio alla una certa libertà personale, svolge le mansioni, per
Chiesa di dedicarsi alla cura delle anime esempio, di cappellano
tramite l’esercizio del suo potere
spirituale • Pone maggiore attenzione alla dimensione civile (tema
civile, presente anche nel Canzoniere, seppur non ne è il
tema principale) rispetto a quella politica. Scrive
un’importante canzone Italia mia inaugurando una
tradizione di poesia civile che sottolinea l’importanza
dell’impegno nel recuperare gli antichi valori all’interno
della propria società
• Vive nel periodo di declino dei poteri universali, durante
la Cattività avignonese → si percepisce sia la crisi
dell’imperatore che quella della Chiesa

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