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Alla fine del Secretum, Petrarca prenderà atto del fatto che dovendo riunire i frammenti sparsi della

sua
anima, non riuscirà a risolvere la sua condizione. L’opera successiva, il Canzoniere, verrà dunque definito
rerum vulgarium fragmenta, frammenti di cose volgari. Essi riprendono la promessa fatta a Sant’Agostino,
ossia recuperare i frammenti sparsi della sua anima.

L’opera è composta da 366 componimenti: 29 canzoni, 9 sestine, 7 ballate e 4 madrigali. La critica dice:

 Da un lato che si tratta di 366 componimenti perché 365 sono i giorni dell’anno, più uno
rappresentante l’introduzione.

 Dall’altro si tratta di 366 componimenti perché l’idea di scrivere il libro gli venne nel 1348, un anno
bisestile in cui morì anche Laura, la donna amata da Petrarca.

- Questo numero così importante ci fa pensare che esista un progetto iniziale già chiaro all’autore. -

I componimenti raccontano in maniera diacronica la vita e l’esperienza dell’autore. Nel testo egli li definisce
“fragmenta”, ossia un qualcosa di sparso e incompiuto che porta spesso il lettore fuori strada.

Tutte le volte che Petrarca si riferisce alle rime del Canzoniere parla di rime sparse, per suggerire l’idea che
non esiste un progetto iniziale ma le mette insieme sulla base delle sue personali suggestioni.

La realtà della preparazione di quest’opera è che Petrarca vuole creare un canzoniere che prenda questi
frammenti e queste rime sparse e che faccia ordine, risolvendo la divisione tra amore terreno e amore
divino. Esse nascono dalla suggestione della sua anima, la quale è altalenante tra cielo e terra.

L’incipit è costituito da un sonetto proemiale; mentre l’explicit è costituito da una canzone nella quale,
tramite l’esaltazione della Vergine e la chiamata alle sue armi, si risolve il problema.

Petrarca lavora a lungo sui sonetti, modificandoli e arrivando all’edizione definitiva che sia nell’ordine da lui
voluto.

Del Canzoniere abbiamo due manoscritti:

- Vaticano latino 3196, che è il più antico in quanto presenta ancora delle incertezze;

- Vaticano latino 3195, che è l’ultimo consegnato per la diffusione del testo. E’ in parte autografato da
Petrarca e affidato poi a Giovanni Malpaghini.

Il volgare restava la lingua nella quale era più consono esprimere i sentimenti privati di un autore. Questo
libro ebbe un gran successo tra i suoi contemporanei, in quanto man mano che Petrarca scriveva venivano
redatte delle copie da regalare ai suoi amici.

Nel 1501, Pietro Bembo curò un’edizione del Canzoniere arrivataci ai giorni nostri e che rese Petrarca
famoso in tutto il 500. Bembo riuscì ad isolare i modelli linguistici sui quali si potevano esemplare le opere
italiane: Petrarca per la poesia e Boccaccio per la prosa.
Nel 1500, un edizione del Canzoniere vuole la distinzione tra le rime in vita e le rime in morte di Madonna
Laura. Ciò andava contro la volontà di Petrarca, il quale non voleva esistesse una disposizione cronologica
ma una disposizione complessiva che raccontasse la storia.

Esiste però un punto in cui il libro viene diviso: il componimento 263. E’ stato scritto quando Petrarca aveva
circa 45 anni, il momento in cui si era abbandonata la gioventù e l’uomo aveva iniziato a vivere da adulto.
Rappresenta dunque il punto dopo il quale leggiamo un Petrarca diverso, che si avvia verso la pacificazione.

Il Canzoniere non può essere letto e compreso senza tener conto di Laura.

Laura non è una persona reale ma un personaggio, perché si ritiene che incarni solo l’idea dell’amore che
Petrarca aveva. Questa donna potrebbe essere chiunque, e ciò non cambia l’amore che Petrarca prova per
lei.

Petrarca costruisce il personaggio dicendo che conosce questa donna nel 1327 ad Avignone. Laura in
quanto toscana tornerà poi a Firenze e lì morirà a causa della peste fiorentina.

Il nome Laura è un senhal, in quanto il suo nome indica altro e ha varie etimologie:

- L'aura è l'aria intesa come un segno positivo ovvero la primavera;

- L’auro è l’oro che rappresenta il colore dei capelli della donna;

- Lauro è l'alloro che simboleggia incoronazione poetica ovvero la massima ambizione di un poeta.


Quest’ultimo si ispira al mito di Apollo e Dafne.

Laura rappresenta tutto ciò di cui ha bisogno il poeta, e l’unica cosa che non risolve è la distanza tra il poeta
ed il mondo spirituale. Essa rappresenta la perfezione della vita terrena e dunque lo allontana dal pensiero
di Dio. Si crea dunque una differenza totale tra Beatrice e Laura.

- Laura = Perfezione della vita terrena.

- Beatrice= Perfezione della vita spirituale.

Laura è definita il primo giovenile errore: porta il poeta in uno stato di continuo vagabondare intorno
all’amore che prova per lei, distraendolo dalla figura di Dio.

Petrarca è consapevole che esiste qualcosa che spiega ciò che non riusciamo a comprendere, la fede. Egli
vive in un tempo in cui la fede crea delle difficoltà nella gestione della vita quotidiana. Quando si avvicina
alla fede c’è sempre qualcosa che lo lega alla terra, ossia l’amore di una donna che vince sul desiderio di
pacificazione.

L’opera è caratterizzata da una lingua piana e regolare. Questo perché Petrarca è un grande conoscitore del
mondo classico e si esprime in latino perfettamente.
La complessità del Canzoniere non è facile da riconoscere all’interno del libro perché la maggior parte dei
sonetti si presta ad una lettura piana ed immediata uguale per tutti.

“Voi ch'ascoltate in rime sparse il suono...”

Questo è il sonetto proemiale, scritto quasi a metà dell’opera. Il poeta da il giudizio di ciò che ci racconterà.

Si tratta di un sonetto classico di 14 versi endecasillabi divisi in due quartine e due terzine.

Esso inizia con “voi”, un vocativo: esso costituisce una novità in quanto rende la poesia una poesia
dialogica, dedicata ad un pubblico in grado di comprendere poesie d’amore e che interverrà più volte per
confortare l’autore.

Abbiamo numerosi enjambment: il senso di un verso anziché concludersi si prolunga nel verso successivo,
creando un ritmo concitato che crea un coinvolgimento emotivo.

In questo sonetto è molto importante l’utilizzo dei tempi verbali:

- utilizza l’imperfetto, un azione continuata nel passato; il presente e il passato remoto.

La seconda quartina si conclude con il compimento di un lungo periodo che ritarda la frase principale,
riproducendo la durata reale della sua esperienza.

Per Petrarca il perdono è più importante della pietà in quanto esso ricevuto da chi lo può capire
rappresenta il superamento dell’errore, del primo giovenile errore. Egli però riduce il perdono alla
speranza, e ciò significa che non si ritiene ancora fuori da tale errore.

Infatti la terzina inizia con un avversativa, che indica un forte riferimento al tempo. Solo adesso che Laura è
morta si rende conto di come è stato una favola l’amore che provava per lei. Probabilmente allude al fatto
che se Laura fosse esistita sarebbe sicuramente stata una donna sposata, al tal punto di essere messo in
ridicolo e al punto di provare vergogna di se stesso.

La vergogna è un altro sentimento importante, in quanto ci si vergogna di qualcosa solo quando si è


razionalizzato ciò che si è compiuto.
L’ultima terzina ci testimonia l’atmosfera malinconica estesa per tutto il sonetto: ora che egli ha
razionalizzato il suo errore, coglie come frutto di tale errore soltanto la vergogna.

Dopo la vergogna c’è il pentimento, che avviene perché riconosce che tutto ciò che è terreno è soltanto un
sogno breve che è destinato a finire.

L’ultima parola del sonetto è proprio “sogno”. Per quanto brutto e doloroso, il giovenile errore
nell’immaginario del poeta e del lettore come un sogno, ossia un qualcosa di irrazionale e di spontaneo che
non controlliamo. Petrarca rinnega Laura, ma non riesce ancora a farne a meno.

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