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Perch’i’ no spero di tornar giammai,

ballatetta, in Toscana,
va’ tu, leggera e piana,
dritt’a la donna mia,
5 che per sua cortesia
ti farà molto onore.

Tu porterai novelle di sospiri


piene di dogli’ e di molta paura;
ma guarda che persona non ti miri
10 che sia nemica di gentil natura:
ché certo per la mia disaventura
tu saresti contesa,
tanto da lei ripresa
che mi sarebbe angoscia;
15 dopo la morte, poscia,
pianto e novel dolore.

Tu senti, ballatetta, che la morte


mi stringe sì, che vita m’abbandona;
e senti come ’l cor si sbatte forte
20 per quel che ciascun spirito ragiona.
Tanto è distrutta già la mia persona,
ch’i’ non posso soffrire:
se tu mi vuoi servire,
mena l’anima teco
25 (molto di ciò ti preco)
quando uscirà del core.

Deh, ballatetta, a la tu’ amistate


quest’anima che trema raccomando:
menala teco, nella sua pietate,
30 a quella bella donna a cu’ ti mando.
Deh, ballatetta, dille sospirando,
quando le se’ presente:
«Questa vostra servente
vien per istar con voi,
35 partita da colui
che fu servo d’Amore».

Tu, voce sbigottita e deboletta


ch’esci piangendo de lo cor dolente,
coll’anima e con questa ballatetta
40 va’ ragionando della strutta mente.
Voi troverete una donna piacente,
di sì dolce intelletto
che vi sarà diletto
starle davanti ognora.
45 Anim’, e tu l’adora
sempre, nel su’ valore.
"Perch'i' no spero di tornar giammai"

La ballata di Cavalcanti unisce la tradizione stilnovista e quella delle ballate e delle canzoni di origine
provenzale. I temi sono di origine provenzale e si intersecano con la nuova tipologia d’amore stilnovistica.

Metro: si tratta di una ballata formata da quattro stanze di dieci versi ciascuna (endecasillabi e settenari). Lo
schema della rima è ABABB CCDDX. C’è la ripresa di sei versi corrispondenti alla sirma di ogni stanza, con schema
Abbccx (l'ultimo verso di ogni stanza presenta sempre la stessa rima x). Il tono è dimesso e tendente all'elegiaco,
conformemente alla scelta del metro (la ballata era una forma metrica meno solenne della canzone e del
sonetto). Il linguaggio è semplice e lineare, secondo le regole del trobar leu abbracciato dagli Stilnovisti.

Il poeta è in una condizione di privazione della donna.

Per molto tempo si è creduto erroneamente che questa ballata sia stata scritta da un Cavalcanti in esilio a
Sarzana. Sicuramente, se non si trovata in esilio a Salzano, si trovava fuori Firenze. Questo perché
Cavalcanti utilizza il genere della lamentatio: in base al quale la privazione dell’amore ci consente di
lamentarci proiettandoci in un futuro doloroso, contraddistinto dall’assenza della donna amata. La donna
amata probabilmente era Monna Vanna, grazie alle descrizioni di Dante. Ovviamente anche prima
dell’esilio, Cavalcanti è un personaggio politico prima di essere un poeta, dunque saranno spesso presenti
episodi in cui egli sarà lontano da Firenze.

Quest’opera è dunque un modo di comunicare il suo stato d’animo alla donna amata e confortarla riguardo
la sua distanza, perché non smetterà di amarla.

La ballata viene personificata ed il poeta si affida ad essa per raggiungere il cuore della donna. L’idea di
ballata personificata è un idea puramente cavalcantiana.

L’amore di Cavalcanti, oltre ad essere doloroso, inventa una serie di personaggi tragici. Questi personaggi,
dal latino personae “maschera”, sono in realtà oggetti o entità astratte che diventano personaggi di scena.

Infatti, le liriche di Cavalcanti sono drammatizzate: quando la Grecia scopre il teatro, la parola drama indica
sia la tragedia che la commedia. Nella letteratura italiana, drammatico e drammatizzare dovranno essere
comprese con il senso di azione scenica, e potranno essere caratterizzate da un evento di finale positivo o
negativo. Le persone drammatiche e tragiche di Cavalcanti interagiscono con il poeta, che siano
personificati o meno. In questo caso esse sono la ballata stessa, che si personifica tramite un movimento
che va da lui alla donna amata. La donna deve essere consapevole che lui è innamorato perso di lei e che la
distanza da essa rappresenta per lui un motivo di sofferenza.

 v.1: Il testo si apre con una doppia negazione: sembra che il poeta sia sicuro di non riuscire a tornare,
ma in realtà tutto ciò serve ad enfatizzare la separazione dalla donna.

 v.2: Nel secondo verso si rivolge direttamente alla ballata ed utilizza un vezzeggiativo usato come
vocativo, ballatetta. Questa ballatetta deve restare leggera e piana, non deve appesantirsi del dolore
dell’uomo ma deve solo essere spinta da tale dolore per muoversi verso la donna amata.

 v.5: Il termine cortesia è sinonimo di gentilezza all’interno della poesia stilnovista. L’aggettivo cortese
deriva dalla lirica provenzale, indicando una donna che sapeva stare a corte ed aveva un cuore cortese.
I termini cortesia e nobiltà vengono però modificati dalla poesia stilnovista: essa fa si che la gentilezza
risieda anche in un cuore che non è nobile. Questo concetto era attribuibile solo agli uomini: nel 1300
erano solo gli uomini a ricevere un’istruzione, e la nobiltà non di nascita si acquisisce solo tramite la
cultura. La parola cortesia, inoltre, potrebbe essere sinonimo di gentilezza.

 v.6: Cavalcanti ci dirà poi che la sua donna accoglierà bene questa ballata solamente perché ha un
animo gentile e sensibile.

 vv.7 e 8: La ballata deve portare la notizia dei sospiri del poeta, che sono pieni delle sue paure. Dunque
se fosse destinata a qualcuno senza cuore gentile, non sarebbe in grado di comprenderla.
Man mano che si va avanti con la ballata, la personificazione diventa sempre più interattiva.

 vv. 17 a 26: Cavalcanti ci ricorda che il cuore è il luogo abitato dagli spiriti, che difendono quest’ultimo
dall’amore stesso. Quando l’uomo si innamora, essi sbattono contro il cuore per cercare una via di
fuga. Questa condizione di agitazione porta l’uomo a metaforizzare, tramite la figura dell’amplificatio,
l’idea di morte imminente.

 vv. 27 a 36: Cavalcanti vuole mandare la ballata alla donna, per far sì che gli spiriti le portino tutto
l’amore che lui sente. Ciò potrà accadere solamente quando il poeta morirà metaforicamente, perché
non avrà la possibilità di innamorarsi di altre donne.

 vv. 37 a 44: Quando la ballata arriva alla donna sarà sbigottita perché porta con sé gli spiriti smarriti; e
deboletta perché esce piangente dal cuore sofferente dell’uomo. Tuttavia ad attenderla vi sarà una
donna gentile, pronta ad accoglierla.

 v. 41: Il plaser [donna piacente] è una caratteristica tipica della poesia provenzale.

 vv. 45 e 46: L’ultima personificazione è quella dell’anima, alla quale Cavalcanti ordina di amare la
donna ricordandole quanto valga realmente.

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