Prerequisiti
1. Conoscere il contesto storico-culturale in cui operò Catullo;
2. saper leggere, parafrasare e commentare un testo letterario;
3. conoscere le principali strutture della lingua latina;
4. saper analizzare il testo a livello lessicale, morfologico e sintattico.
Obiettivi
Approfondire la conoscenza del liber catulliano, dal punto di vista della forma e dei
contenuti; imparare a scandire e leggere l’endecasillabo falecio.
Metodologia
1. Lezione frontale;
2. lettura, analisi e commento dei testi letterari proposti;
3. confronto e dibattito con l’intera classe.
Tempi previsti
5 ore
Strumenti
Manuale scolastico, materiale fotocopiato, appunti, schemi riassuntivi.
Motivazione didattica
La scelta dei due carmi dedicati al passer, che sono tra i più celebri della raccolta
catulliana, nasce dall’esigenza di far conoscere alla classe, a cui già si è proposto di
esaminare poesie di Catullo, un altro e più originale modo di celebrare la donna amata,
attraverso oggetti o animaletti a lei vicini. Inoltre, si cercherà di far comprendere ai
ragazzi che la tematica, già cara alla tradizione alessandrina, subisce nel poeta in esame
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un vero e proprio stravolgimento, perché, ancora una volta, per Catullo ogni cosa che
ricordi Lesbia diventa tramite per celebrare e cantare il suo amore.
Contenuto
Nei carmi 2 e 3, Catullo – riprendendo una consuetudine della produzione
epigrammatica alessandrina, quale quella di dedicare componimenti poetici ad
animaletti o oggetti legati alla persona amata – rivolge la sua poesia al passero di
Lesbia. Tuttavia, com’è tipico della poetica catulliana, il modello originale subisce
notevoli variazioni, perché in realtà all’autore sta a cuore unicamente il rapporto con la
sua donna.
Catullo, componendo il carme 2 si pone un fine immediato, che è quello di raggiungere
la sua Lesbia, perché la poesia erotica è omaggio alla donna; la poesia è l’unico mezzo
che il poeta, convenzionalmente povero, ha per conquistare l’oggetto del suo desiderio.
Sempre nel carme 2, Catullo delinea una situazione d’amore non facile, caratterizzata
dalla sofferenza, dal dolor, che accomuna il poeta e la donna, la quale, sempre a detta di
Catullo, trastullandosi col dolce passer, cerca consolazione dalle sofferenze amorose.
Il carme 3 delinea una situazione nuova: il passer muore e Catullo invita Veneri,
Amorini e uomini dotati di grazia a piangere la sua triste fine. Il modello catulliano è
rintracciabile, ancora una volta, nell’Anthologia Palatina e, in particolare, nel VII libro,
che contiene un’intera sezione di carmi dedicati alla morte di animali. Qui Catullo
costruisce un impianto retorico perfetto, ma ancora una volta si discosta dalla tradizione
perché si percepisce un sottofondo ironico e anche perché il tema centrale non è la
morte del passer ma gli effetti che questo avvenimento provoca su Lesbia: anche un
carme funebre si trasforma in una dichiarazione d’amore.
CARME 2
3
cum desiderio meo nitenti
carum nescio quid libet iocari –
et solaciolum sui doloris,
credo, ut tum gravis acquiescat ardor:
tecum ludere sicut ipsa possem
et tristis animi levare curas!
***
Traduzione
O passero, gioia della mia donna – con cui è solita scherzare, che suole tenere in
grembo, alle cui beccate è solita offrire la punta del dito e del quale (sottinteso cuius) è
solita suscitare acri morsi, quando al mio desiderio sfolgorante (Lesbia) piace
trastullarsi con un non so che di gradito – e lieve consolazione per la sua sofferenza
d’amore, io credo, perché allora si plachi l’intensa fiamma (d’amore): o se io potessi
scherzare con te come lei e alleviare i tristi affanni dell’animo!
Ciò è tanto gradito a me quanto tramandano che sia stato alla fanciulla veloce il pomo
dorato, che sciolse la cintura a lungo legata.
CARME 3
Traduzione
Piangete, Veneri e Amorini e quanti tra gli uomini hanno un animo leggiadro. È morto il
passero della mia fanciulla, il passero, delizia della mia fanciulla, che ella amava più dei
propri occhi: infatti era dolce come il miele e conosceva la sua padrona tanto bene come
una fanciulla conosce la propria madre e non si allontanava dal suo grembo ma,
saltellando tutto intorno, ora qua ora là, continuamente pigolava verso la sola sua
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padrona. Adesso egli se ne va verso una via tenebrosa, laggiù, da dove dicono che non
ritorni nessuno. Maledizione a voi, malvagie tenebre dell’Orco, che divorate tutti gli
esseri graziosi: e mi avete sottratto un passero tanto bello. O azione malvagia! O
sventurato passero! Per causa tua ora gli occhi della mia fanciulla sono gonfi e arrossati
a causa del pianto.
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Norat, posto in chiusura del verso 6, è forma sincopata per noverat; si tratta di un
piuccheperfetto con valore di imperfetto.
Il termine puella del verso 7, a differenza che negli altri casi, non indica Lesbia, ma in
generale una fanciulla.
Circumsiliens, al verso 9, deriva da circum più salio e significa saltellare; è unito a
usque, usato come avverbio per indicare continuità.
Il verbo pipiabat, che chiude il verso 10, è onomatopeico e sta ad indicare il pigolio del
passero, si tratta di un neologismo catulliano.
Dal verso 11, Catullo abbandona la dimensione del ricordo del passato per dedicarsi al
racconto della situazione presente, dal quale scaturisce il sottofondo ironico; infatti, il
poeta costruisce un carme altisonante, sul modello dell’epicedio ellenistico, ricco di
formule, termini e immagini solenni che appaiono in forte contrasto con l’avvenimento
di scarsa importanza. Da questo contrasto scaturisce quindi l’ironia. Riprendendo un
topos della poesia alessandrina, Catullo descrive la situazione del passer nell’Ade.
Il nesso qui nunc, posto in apertura del verso 11, e l’uso del tempo presente sottolineano
il contrasto tra passato e presente.
Tenebricosum è termine polisillabico, usato per conferire solennità al discorso, si tratta
inoltre di un altro neologismo catulliano.
At, in apertura del verso 13, è usato anche quando ci si rivolge d’improvviso a qualcuno,
nelle preghiere o nelle maledizioni (come in questo caso).
Orci, che apre il verso 14, è usato nel linguaggio solenne – a partire da Ennio – per
indicare gli Inferi. Sempre al verso 14, il termine bella, che deriva da bellus, è sinonimo
di pulcher e appartiene al linguaggio comune.
Miselle, al verso 15, è diminutivo vezzeggiativo di miser, riferito a passer.
Flendo, nell’ultimo verso, è gerundivo ablativo con valore causale (da fleo).
Ai ragazzi, sarà poi chiesto di rintracciare i verbi, riconoscerne il tempo, trascrivere e
imparare i paradigmi.