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L’AMOROSO PENSIERO

PROLOGO

Voi ch’ascoltate in rime sparse il suono è il sonetto di apertura del Canzoniere, racconta di una storia
d’amore giovanile ora conclusa, si narra coi sentimenti di allora ma giudicando in negativo passione e
desiderio che fanno perdere lucidità razionale. Frustrazione e alienazione sono i frutti amari e dolorosi
dell’amore. Lui si vergogna della sua illusione amorosa ed è anche pentito di essersi lasciato travolgere dalle
passioni terrene. Il libro racconterà quanto sia stata lunga e penosa la strada che dall’amore per una creatura
mortale ha portato all’amore per Dio. Lui vuole comporre una sorta di romanzo, tramite l’assemblaggio di
componimenti lirici ciascuno dei quali è in sé autonomo e autosufficiente. Il libro mostrerà come sia
cresciuta la consapevolezza del soggetto innamorato, fino al rigetto e alla condanna morale di quel legame
che lo aveva incatenato. Dopo il sonetto proemiale ci sono 4 sonetti a tema amoroso. Nel primo di questi 4
sonetti Petrarca è pronto a ricevere l’amore mentre nel secondo, strettamente legato a quello antecedente
perché entrambi riguardano una stessa scena ma in due momenti diversi, il poeta viene ferito mortalmente da
quel colpo che lo coglie impreparato. Mentre i primi due sonetti parlano dell’innamorato e della dinamica del
suo innamoramento, i secondi due danno alcune informazioni sulla donna che lo fece innamorare, cioè
Laura. È certa la sua esistenza e che fosse una nobile e sappiamo che Petrarca la incontrò per la prima volta
nella chiesa di Avignone, città in cui poi la stessa Laura morì di peste. Il terzo sonetto ci informa sul fatto che
come Dio, incarnatosi in Cristo, sceglie di nascere in un luogo modesto, così Laura è nata in un piccolo
paese. Il parallelismo fra Cristo e Laura è puntuale: Cristo è luce che rischiara le profezie, Laura è un «sole»;
entrambi nascono in luoghi defilati; entrambi sono doni divini. Il poeta racconta di partire da Avignone con i
fulmini ma passando dal luogo in cui era nata Laura non aveva più paura. Petrarca mette a confronto cose
contraddittorie, nel sonetto dell’innamoramento Laura è in opposizione al sentimento religioso, in questo
Laura è iscritta in un piano provvidenziale. Nel quarto sonetto il poeta fa arrivare il lettore al nome
dell’amata componendo le sillabe iniziali di alcune parole del testo, nelle quartine troviamo Laureta e nelle
terzine Laurea. Petrarca usa moltissimi giochi di parole che riguardano sia l’aspetto fonico che quello del
significato (lauro= alloro). Lui, perciò, fa anche riferimento al mito di Dafne, in cui si parla di una donna
amata e della gloria personificata nella corona d’alloro. Il mito sembra stato scritto proprio per lui, Dafne
come Laura è la donna amata e Apollo come Petrarca è l’amante innamorato della donna.

Dopo questi sonetti ne troviamo altri con la stessa struttura 1+4. Nel primo sonetto Lauro è il simbolo di
frustrazione erotica, la donna fugge, si nega e si trasforma, all’innamorato che la desidera rimangono solo le
bacche amare di una pianta. Il desiderio è follia errore, sviamento e domina del tutto il soggetto. La storia
d’amore inizia come follia irrazionale e perdita di morale e come impotenza. Seguono 4 sonetti vagamente
connessi al tema amoroso scritti per degli amici. Il primo di questi 4 venne inviato a un amico studioso e
scrittore per pregarlo di non abbandonare una sua “magnanima…impresa” letteraria, nonostante i tempi non
fossero favorevoli. Infatti la natura umana è quasi sopraffatta dai vizi e nessuno coltivava più amore per la
sapienza, il volgo è interessato non alle arti liberali ma solo alle attività proficue. Il secondo accompagna il
dono di una coppia di volatili catturati nella piana dove Laura era nata; il terzo accompagna il dono di un
frutto primaverile che nasce sotto terra e l’ultimo è una lettera con la quale Petrarca invita un Colonna
residente a Roma a raggiungerlo a Valchiusa.

Struttura dei primi 10 sonetti: 1+4, 1+4, un prologo classico si allarga in un secondo in cui i lettori sono
informati che quel libro era contemporaneamente di Laura e dei Colonna. Ai Colonna deve tutto, sono loro
ad aver organizzato la sua incoronazione poetica quando ancora era un poeta quasi sconosciuto. A guastare i
rapporti interviene l’affare di Cola di Rienzo, tribuno che aveva preso potere a Roma. Petrarca però non
aveva esitato a diffondere epistole in prosa e egloghe in latino con le quali si schierava a favore del nemico
dei suoi protettori, tradimento che porta alla rottura temporanea con la famiglia e alla separazione dal
cardinale. Stefano il Giovane riporta la vittoria militare sui nemici. Petrarca invia al suo signore sonetto di
congratulazioni incitando a non deporre la spada e a mantenere la pace nella città e ciò può avvenire
solamente con l’uccisione dei nemici dei Colonna.

DESIDERIO E FRUSTRAZIONE

Il venerdì santo in cui Petrarca incontrò Laura non le confessò il suo amore. Quando lo fece Laura lo rifiutò e
lei iniziò a cambiare atteggiamento: copre i suoi capelli biondi con un velo e non lo guarda più. Petrarca così
spera che da anziana lei possa risarcirlo con qualche sospiro. Desiderio è parola ricorrente e ossessiva.
Essenzialmente è desiderio di reciprocità; nel fondo, desiderio di possesso. L’amore è una «passione» che
mira al possesso fisico dell’oggetto desiderato. Petrarca in una sestina si augura che Laura non gli si
sottragga come aveva fatto Dafne ad Apollo e che accetti di passare una notte insieme. Nel Secretum
Franciscus afferma che nel suo amore non c’era “mai stato niente di turpe, niente di osceno, e infine niente di
colpevole” Agostinus lo rimbecca dicendo che lui, prima di tutto, aveva “amato un corpo”. A prescindere da
quale sia stata la realtà dei sentimenti di Laura, per giustificare una conversione Petrarca deve costruire un
mito erotico nel quale abbiano spazio anche i peccati dei sensi. Dopo la sestina c’è una canzone detta delle
“trasformazioni”; questa utilizza alcune favole delle Metamorfosi di Ovidio e racconta come l’amante sia
trasformato in cigno, sasso, fonte, selve, cervo come punizione in quanto non cessa di manifestare con parole
e scritti il suo desiderio e di chiederne il soddisfacimento. Ultima metamorfosi esemplata riguarda quella del
cacciatore Atteone che colto da Diana a vederla fare il bagno, lo trasforma in un cervo e lo fa inseguire dai
suoi stessi cani, punendolo poi con un peccato della vista. La scena della donna che fa il bagno nuda venne
riutilizzata più volte dal poeta. “Chiare, fresche e dolci acque” è ambientata a Valchiusa, dove spesso i turisti
facevano il bagno.

Francesco è caduto preda di una passione che gli ha tolto il libero arbitrio, cosa di cui lo rimprovera anche
Agostinus nel Secretum, è una “voglia” feroce che produce solo angoscia di cui non può liberarsi e lo
perseguita anche quando Laura non è presente. In un altro componimento Petrarca dice che come all’estremo
della vita un vecchio trova la forza di andare a Roma per vedere il volto di Cristo dipinto sulla Veronica, lui
con la stessa intensità ricerca nelle altre donne l’immagina vera (Veronica: vera icona) di Laura. In un
componimento seguente Amore conduce a comportamenti socialmente riprovevoli fra cui fuggire dalla
compagnia degli uomini. Cammina per i campi da solo, è una specie di fuga, effetto della pazzia amorosa.
Rifuggire dai luoghi frequentati non è la soluzione, anzi, intensifica l’ossessione. Ma sono stati gli astri a
infondergli tal desiderio che non si estinguerà fino alla morte e lui rimarrà sempre fedele al “dolce lauro”.
Desiderio è una “fera voglia”, il suo oggetto un’“aspra fera” che strugge. Laura è insensibile come una
pietra, viva (selce o pietra focaia), fredda e dura ma capace di accendere con le sue scintille il fuoco
amoroso. Il rapporto fra i due è una lunga guerra di sospiri senza “pace né triegua”. Lei si comporta come
una donna onesta ma per il poeta è durezza e mancanza di pietà. Il desiderio non conosce valori etici. Il poeta
la accusa di non essere capace di amare se non sé stessa. Lo specchio diventa avversario dell’amante. Laura è
descritta solo in alcuni particolari (“capei d’oro”, “bel viso”, “begli occhi”) ma non abbiamo ritratto a tutto
tondo. Ridotti al minimo gli accenni alle virtù morali e alle doti intellettuali. Laura non viene dal Cielo e non
è testimonianza di perfezione paradisiaca quindi non esercita azione benefica sul suo amante. Laura
onnipresente ma anche assente, non è una persona ma è un’entità che agisce con forza attrattiva e repulsiva.
Quando è presente sembra assente, invece acquisisce pienezza nel ricordo.

Eppure all’inizio colloca una poesia che dice il contrario: Francesco benedice il luogo e il momento in cui
per la prima volta ha visto Laura e ringrazia di aver avuto tale onore e il puro pensiero amoroso lo conduce a
Dio e gli fa disprezzare il piacere dei sensi. Lei lo guiderà su un cammino di salvezza. Queste sono poesie
opposte e inconciliabili, come i ritratti di Laura, malefica e benefica, a volte coesistenti nello stesso
componimento. Laura malefica molto presente dall’inizio di una canzone, qui pensa anche che in vecchiaia,
venuto meno lo stimolo dei sensi, Laura possa consolarlo mostrandosi più benigna. Gli resta solo da pregare
che lei lo ricambi ma è impossibile. Le dame della poesia medievale quasi mai corrispondono l’amante, per
cui il tema del pianto è diffuso, così come quello del dolore che conduce alla morte. Per Guido Cavalcanti la
morte spesso è una conseguenza dell’amore. Ma è una morte metaforica della vita distrutta dalla passione,
anche morte morale, di perdita del raziocinio. In Petrarca c’è uno sfondo di reale sofferenza, in una canzone
infatti parla del suicidio: se fosse convinto che la morte lo liberasse dal tormento, si ucciderebbe ma non lo fa
perché pensa sarebbe solo un passaggio dalle pene amorose a quelle infernali alle quali un suicida è
condannato. Chiama Amore a ucciderlo ma questo contraddice ciò che aveva scritto in un altro
componimento che racconta che in passato una donna sfinita per l’amore si era suicidata ma Francesco non
prega Laura di liberarlo perché amarla è la strada che conduce alla salvezza, infatti le sofferenze che Laura
gli infligge sono il mezzo sicuro per salvarsi l’anima. Come il lauro è sempreverde e mantiene intatte le sue
foglie, così Laura conserva il suo pudore. Il lauro non è colpito da fulmini, lei non è scossa da pulsioni
sessuali.

Francesco chiede, Laura rifiuta; Francesco si dispera, Laura resta indifferente. Copione immutabile, stallo, se
non per qualche sparso episodio. Il Canzoniere è composto anche da riferimenti a fatti della vita quotidiana
di ciascuno dei due protagonisti: un esempio è quando Petrarca è partito e nel viaggio si guarda indietro per
respirare l’aria del posto in cui è rimasta l’amata. Poi Laura parte con temporale estivo, torna e piange,
ancora maltempo. L’episodio fornisce lo spunto per un trittico unitario di sonetti: ogni volta che Laura-
Dafne, amata da Apollo si allontana da Avignone, c’è maltempo anche in estate ma si placa al suo ritorno.
Ma in quel momento non si era reso conto Apollo del ritorno perché stava piangendo e quindi non era venuto
fuori il bel tempo. Non sappiamo la causa del suo dolore ma sembra tratto da evento reale. Dopo il sonetto in
cui il poeta invoca la morte, si apre con sconsolata affermazione su quanto la sua vita sia diventata fragile e
provvisoria dopo che una partenza lo ha separata dal suo bene. La speranza di rivedere Laura lo aveva
sostenuto per un po’ ma poi svanì, la lontananza aumenta la nostalgia e non può fare a meno di pensare e
scrivere al suo amore. Trova curioso come gli uomini provino piacere ad amare qualunque cosa li faccia
piangere. Laura descritta nelle sue virtù fisiche e morali, è conferma del fatto che lei prenda vita nell’assenza
e lontananza. Alla fine del Canzoniere ci sono 15 testi con annotazioni cronologiche che scandiscono il
tempo del servizio amoroso e mette in risalto l’immutabilità del desiderio nel trascorrere del tempo.

ABBAGLIATO DAL BELLO

Nel primo Canzoniere le poesie a Laura vivente sono 145. A metà, circa, c’è un trittico di sonetti, dei quali i
due estremi narrano un viaggio per mare lungo le coste toscane, quello centrale gli effetti di Roma
sull’animo del poeta. Scritti nel 1337 ma l’ordine cronologico del libro non rispetta quello degli eventi
biografici. Il viaggio è presentato come una fuga da Amore mentre la fine del viaggio è il ritorno in prigionia.
Scrisse una lettera in versi a Giacomo Colonna in cui dice che i viaggi lo avevano curato dal tormento di
Amore. Scrive a Lello di Piero di Stefano che nel suo cuore la cenere amorosa è ancora calda e teme che
incendio possa divampare ancora. Scrisse a Orso dell’Anguillara, apre parlando della sacralità di Roma. Il
componimento in cui si svela il dissidio interiore, Roma lo spinge al pentimento e alla salvezza ma il ricordo
di Laura fa capolino a traviarlo.

70- prime 3 stanze sono un compendio della situazione di Francesco, Laura rifiuta anche di ascoltare le sue
preghiere (le poesie) e lui fantastica su un futuro in cui sarà lei a incitarlo nell’amore, poi alla fine si ravvede,
riportato alla realtà. Quei sogni sono irrealizzabili perché Laura ha il cuore troppo duro per ascoltarlo e non
gli resta che “indurire” il suo cuore come quello dell’amata. Svolta: sia il desiderio di essere corrisposto che
l’impossibilità di soddisfarlo appaiono, in un momento di improvvisa lucidità, come delirio e colpevole
autoinganno. Non sono Laura e il fato i colpevoli della sua sofferenza ma lui stesso che ha alimentato dentro
di sé un desiderio smodato. Le creature sono tutte buone perché opere di bontà divina. È lui il colpevole che
non coglie la sua spiritualità e si arresta alle forme corporee. È la finitezza della natura umana a far sì che il
suo occhio non penetri la scorza fisica e quando scorge lo splendore dell’anima non resiste a tanta luce. In
quest’ottica la durezza di Laura è la giusta risposta alle sue richieste improprie e quindi se lui riuscirà a
convertirsi a un amore disinteressato, questo sarà mezzo di elevazione. È come se volesse portare a una
specie di termine la storia d’amore. Le stanze della canzone si chiudono con una citazione a famose canzoni
romanze di Dante, Cavalcanti ecc…

Le canzoni 71, 72, 73 sono rivolte agli occhi dell’amata, la giudica positivamente. Il desiderio è irrefrenabile
e non teme più le pene dell’inferno, parlando così ancora di suicidio; rimprovera il proprio dolore perché lo
distrae dal lodare l’amata. Gli occhi di lei sono un faro per condurlo alla virtù anche se lui non è degno.
Agostinus lo fa ammettere che non è vero che di quella donna lui avesse amato “non tanto il corpo quanto
l’anima” era solo amore sensuale, e anche se Laura gli avesse insegnato a guardare in alto sarebbe stato lo
stesso peccaminoso perché lo aveva allontanato dall’amore celeste per Dio. Il vero amore non chiede e non
vuole essere contraccambiato, è disinteressato e si appaga solo nel lodare e contemplare oggetto del
desiderio.

STANCHEZZA, MEMORIA, NOSTALGIA

Il libro non ha un andamento lineare, questo perché molti componimenti vennero scritti tempo prima e
furono difficili da inserire tra i testi più recenti. La seconda parte delle rime in vita presenta nel suo insieme
un aspetto più ordinato della prima. Le figure dei protagonisti appaiono meno contradditorie; i riferimenti
agli episodi della vita quotidiana sembrano meglio integrati nel racconto. In un testo dice di essere troppo
stanco per sottostare all’amore e di pensare sempre a Laura. In una sestina la sua vita viene descritta come
una barca esposta ai pericoli del mare. Sperando di attraccare a un buon porto aveva affidato la direzione alla
brezza (Laura) prima soave, poi lo conduce a scogli. A lungo aveva vissuto come un cieco, senza alzare lo
sguardo e controllare dove lo stesse portando la vela. Dio però lo degna di salvarlo dal naufragio e gli mostra
il porto. Non è sicuro di raggiungerla, la barca è fragile, la vita breve, il viaggio lungo, invoca l’aiuto del
Signore. Nel sonetto successivo lui è stanco della vita e del suo peso, Cristo era venuto a salvarlo poi uscito
dal suo orizzonte, ma echeggia ancora il suo invito a seguirlo.

Le poesie dopo la svolta riprendono e amplificano i motivi della crisi spirituale. Allo stesso modo si sviluppa
un nuovo ritratto di Laura come creatura celeste, infatti c’è una lode al ritratto di Laura miniato da Simone
Martini, il quale deve essere andato in cielo a ritrarla per dare testimonianza in terra della vera bellezza. Di
questo ritratto si parla anche nel Secretum. Viene descritta come divina e celestiale con una voce angelica.
Con il cambiamento di Laura cambia anche il desiderio di Petrarca, il quale non è estinto e può ancora
indurlo a invidiare la condizione dei morti che hanno varcato il fiume Acheronte ma lui non accusa più
Laura. Stanco e rassegnato, non combatte più contro di lei ma contro sé stesso, dentro di lui il desiderio è in
contrasto con la ragione. L’occhio si è abituato a fissare solo lei e tutto il resto sembra opaco. Per uscire da
questa situazione ci vorrebbe volontà che lui non ha. In questo blocco narrativo c’è distanza fra i due: lei
chiusa nella sua celestiale perfezione, lui concentrato sul disagio interiore. Chiaro che le pene d’amore
mascherano e assieme svelano più profonde e laceranti ferite esistenziali. Il poeta che rimane prigioniero
della sua irrisolutezza.

Nel Secretum Agostinus accusa Franciscus di essere un vecchio innamorato e come di solito i capelli bianchi
scaccino certi pensieri amorosi per lasciare spazio alla meditazione. Franciscus si compiace del fatto che
Laura invecchia assieme a lui, Agostinus lo rimprovera ancora di “non aver mai cambiato l’anima mentre il
corpo incessantemente si trasformava”. Nel Canzoniere il tono è diverso, l’amore persiste nel ricordo, il
tempo trascorso non svilisce il presente ma valorizza il passato. La distanza temporale e spaziale proietta
Laura in una dimensione fantastica che soppianta e annulla la realtà presente. Anche se il fiore della
giovinezza appassiva visibilmente con il passare del tempo, con gli anni cresceva la bellezza dell’animo. Il
ricordo della bellezza fisica vince l’apprezzamento di quella dell’animo. Non meraviglia, allora, che il
sonetto dedicato per l’appunto alla rovina della bellezza di Laura si rovesci paradossalmente nella più
ispirata e partecipe celebrazione della sua divina avvenenza. In cui si parla del decadimento della bellezza di
Laura, si rovescia, paradossalmente, nella celebrazione della sua divina avvenenza. La vecchiaia non può
annullare tutto l’immaginario che si è costruito. Francesco fantastica che anche Laura sospiri per la
separazione e che, una volta che lui sarà morto, torni a Valchiusa e cerchi il luogo dove lui l’aveva vista
bagnarsi nel fiume ma di lui, morto d’amore, non resterà che polvere fra le pietre. E allora lei piangerà sulla
sua tomba e con le preghiere otterrà da Dio la salvezza per lui. Un altro componimento è indirizzato a quelli
che si stanno innamorando e agli innamorati, intima loro di tornare indietro perché, anche se lui si è salvato,
solo un innamorato su 1000 riesce a farlo. Il tema di Laura innamorata non sviluppato nel Canzoniere ma nei
Trionfi; appare a Francesco la notte post morte e gli rivela di averlo sempre amato ma di non averlo
dimostrato per salvare la sua anima.

Valchiusa è un teatro di felicità amorosa, contrapposto in questo a Avignone. Petrarca scrisse un biglietto col
quale invita Giovanni Colonna a raggiungerlo da Roma nella quiete della valle. Valchiusa ha potere
evocativo perché frequentata da Laura. Nelle poesie valchiusane lei è ancora viva ma si anticipano dei
moduli che Petrarca adotterà in quelle post morte. Petrarca interpreta il ruolo dell’innamorato ma non
dimentica di essere poeta e uomo di cultura. Il discorso della letteratura e della poesia si snoda lungo l’intero
Canzoniere. L’idea di fondo è che la poesia e la storiografia rendono gli uomini immortali. Petrarca si
considera uno dei pochi che seguono la via degli studi di lettere. Per lui la gloria che vince i secoli è
conseguibile con opere umanistiche in latino. E quindi le sue opere in volgare? Si contraddice nelle risposte,
quel lavoro che gli porterà fama verrà portato a termine a patto che non l’amore e la morte non producano
strappi nella tela e che lui si liberi dalla passione. Quindi amore e poesia volgare sono incompatibili col
latino e la sapienza ma altrove afferma che amore per Laura gli da stimolo intellettuale.

Tra le rime valchiusane Petrarca colloca una canzone nella quale prima parla del suo rapporto con la Gloria
iniziato in età giovanile e rinvigorito in età matura, e poi fa parlare la Gloria stessa. Questa lamenta che il
mondo che un tempo l’amava disprezza lei e la sorella Virtù e definisce Petrarca uno dei suoi “rari amici”
che raggiungerà mete gloriose. Alla fine gli consegna corona d’alloro. Novità: si sostiene che l’Amore sia
stato strumento primario grazie al quale in Petrarca si è svegliato il desiderio di gloria. Segue una canzone
scritta durante la guerra per il possesso di Parma (1344-45) fra Estensi e Gonzaga, la canzone biasima le
guerre fratricide e condanna l’uso di milizie mercenarie, perlopiù tedesche. Prima tutti i componimenti
politici avevano riferimenti a Colonna o a personaggi a loro legati. Sempre qui vanno ambientate le canzoni
vicine. Qui, a differenza di Valchiusa, il fantasma di Laura rende più insostenibile il desiderio. È vero quello
che Agostinus gli dice nel Secretum: la separazione avrebbe avuto successo solo se non ci fosse stata
speranza di ritorno, altrimenti lui si sarebbe trascinato dietro tutte le solite catene. Inoltre c’è una canzone
che esprime la situazione tormentosa dell’amante. C’è una similitudine con fonti mitiche e prodigiose di cui
parlano gli storiografi antichi, quella di chiusa col sorgente della Sorgue. Fiume sotterraneo che sgorga sotto
la rupe sempre copiose d’acque ma la sua portata aumenta in primavera. Allo stesso modo Francesco piange
di più quando la primavera rinfresca il ricordo del primo incontro. Segue consiglio di Agostino: lascia per
sempre la Provenza. Scrive un sonetto dedicati ai monaci da cui si era separato da poco, tanto più vorrebbe
tornare da loro tanto più la sorte lo tiene lontano. Gherardo aveva conosciuto la passione ma era stato liberato
dalla morte dell’amata, Petrarca scrive a riguardo un sonetto consolatorio. Gherardo segue i suoi consigli e si
fa monaco. Nel pieno lavoro del Canzoniere, scrive un’epistola nella quale narra l’ascensione al Monte
Ventoso con Gherardo, anche se finge di scriverla a ridosso dell’evento. Gherardo sale agile sul monte e fa
da guida al fratello che si attarda, prende false e illusorie scorciatoie. In questa finzione, Gherardo già
convertito e fa da modello a Petrarca.

E VEGGIO ‘L MEGLIO, ED AL PEGGIO M’APPIGLIO

Nella canzone 142 c’è una netta opposizione passato-presente. In una primavera della sua gioventù, per
difendersi dagli stimoli che un influsso astrale proveniente dal cielo di Venere esercitava su di lui, si ripara
alle fronde di un lauro e da allora, pur non avendo più trovato un albero simile, gli era sempre rimasto fedele.
Poi la Grazia lo aveva spinto a liberarsi di quell’amore, prima le strade più impervie gli parevano dilettose,
pur di avvicinarsi a Laura, ora la brevità della vita e il luogo in cui si trova gli mostrano la strada per salire in
cielo. Adesso cerca un altro Amore, prima questo luogo era Roma, teatro della sua prima crisi, Roma che col
suo aspetto sacro gli aveva fatto rinnegare l’amore come desiderio dei sensi. Tempo in cui si svolge questa
poesia: forse quello penitenziale della settimana santa, trasformazione del lauro nella corona di spine di
Cristo, cui luce simboleggiata dal cero liturgico. Se post crisi romana l’altra via era solo un’aspirazione,
adesso è ricerca in atto. Forse questa poesia venne composta a Roma in occasione del giubileo. Non esplicita
Roma qui ma si deve tenere conto il sonetto “Signor mio caro, ogni pensier mi tira” in cui il poeta chiede
scusa a Giovanni Colonna. Petrarca ambienta, in modo non verosimile, a Roma il luogo della sua seconda
crisi spirituale perché è l’opposto di Avignone. Comunque idea del pentimento è ancora lontana infatti
l’amore per Laura è un passaggio positivo verso un altro tipo di amore.

“I’vo pensando, e nel pensare m’assale” tratta della meditazione sulla croce di Cristo, canzone impostata
sullo scontro drammatico di 2 istanze divergenti. Petrarca prega l’aiuto di Dio ma dispera di salvarsi perché
nel suo animo combattono pensieri tra loro ostili. La prima volta che esprime il desiderio che Laura non
fosse ancora nata. Si chiede se il piacere dato dagli occhi di una donna è tale, quale potrà mai essere che si
prova in cielo. Poi subentrano 2 nodi: amore e gloria. Il desiderio di gloria di Francesco si spegnerà solo con
la sua morte, consapevole che la gloria terrena è vana e fuggitiva e perciò vorrebbe liberarsi da questi
fantasmi per stringere la solida verità. Ma il desiderio amoroso uccide ogni altro proposito e lui non può far
altro che perdere tempo a scrivere di altri e non curarsi di sé. Ora Francesco consapevole che l’amore puro è
peccaminoso. Il passo successivo è il pentimento e la conversione, sembrano essere solo un problema di
volontà. La sensazione nel lettore è che Francesco compirà questo passo e quindi il libro manterrà la
promessa iniziale.

Signor mio caro, ogni pensier mi tira è un sonetto inviato al cardinale ed è l’ultimo componimento in vita di
Laura. Questo sonetto è un testo pubblico, da considerarsi alla stregua di un documento.

Lui scrisse anche un augurio a sé stesso: se riuscirà a perseverare sulla via della virtù per almeno altri 10
anni, forse potrà morire tranquillo rinunciando senza rimpianto al resto della vita che declina alla vecchiaia.

IN MORTE DI LAURA

Nel componimento 267 Laura è morta, Petrarca ripensa al giorno in cui si era congedata da lei e a tutte le
speranze che la morte si era portata via. Petrarca è a Parma quando nel maggio 1348 Socrate con una lettera
gli comunica la notizia. A Luglio anche Cardinale Giovanni muore. Nel sonetto 269 accumuna le due perdite
recenti. È interessante il parallelismo con l’ultimo testo in vita e con una lettera a Olimpo in cui lamenta di
aver perduto “quasi in un solo naufragio” la sua guida (il cardinale) e “quel lauro un giorno tanto verde”
“disseccato dalla repentina violenza della tempesta”. Nella versione preletteraria della lettera, quella
effettivamente spedita all’amico, ad abbattersi sul lauro era stata la peste, non una tempesta. Non dà
indicazioni cronologiche perché tutti sanno che il fatto risale al 1348.

Fra l’ultimo componimento in vita di Laura e quello in sua morte passano 3 anni di vuoto letterario. Forse
segno della conversione operante e allontanamento dall’amore, forse indica la crisi del progetto letterario
dovuta alla conversione.

Nel sonetto 268 medita il suicidio ma Laura lo prega di non smettere di celebrarla in poesia così da non
estinguere la sua fama ma a ridosso una canzone afferma che Amore sta tentando Francesco un’altra volta
per sottometterlo alla passione ma Amore potrà vincere questa seconda guerra solo se riuscirà a riportare in
vita Laura perché nessun’altra donna può avere spazio nel suo cuore. Anche nei sonetti seguenti si parla di
Amore che tende trappole.

In uno dei componimenti successivi si parla di tentazione del suicidio che però non è direttamente collegata
al lutto, la morte di Laura è uno dei pericoli e ostacoli che fanno disperare della salvezza ma non sembra il
più grave. Paura della fine e dell’annullamento sono causa di angoscia. I ricordi generano pena perché
riportano in mente dolcezze perdute. Metafora della vita come una nave, la navigazione incerta anche perché
gli occhi dell’amata, che lo guidavano, si sono spenti. La negatività pare una condizione normale della vita
del poeta, Petrarca utilizzava per definirla categorie filosofico-morali e quindi credeva che quell’inoperosità
fosse accidia, un morbo morale. “una tristezza della quale non è possibile indicare con sicurezza le cause”.
Male di cui lo accusa anche Agostinus.

In un altro testo Francesco è “sconsolato e cieco”, sprofondato in un “tenebroso terrore”, la massima


aspirazione sarebbe trovare pace che lui sa essere raggiungibile solo in cielo. Desidera morire e protesta di
non essere anche lui sottoterra insieme al corpo di Laura. La morte sarebbe un modo per raggiungerla.

Petrarca torna a Valchiusa nel 1351 ma poi ritorna in Italia nel 1353 e vi resta fino alla morte. Il racconto è
circolare: la storia ritorna dove aveva preso le mosse e là si conclude. Simbolismo che ha l’effetto di
smentire il progetto che fino a questo punto aveva dato senso alla gestione di spazio e tempo. A Valchiusa
tutto parlava di amore e lo fa anche post morte di Laura. Trasforma l’assenza in presenza, il fantasma di lei
che si evince dagli elementi della natura può lenire la pena. Si è in bilico fra evocazione memoriale e visione:
Laura non è mai stata così viva come adesso che è morta. Nelle fantasie di Francesco diventa una donna
sentimentalmente coinvolta col suo uomo, è attiva e Francesco è oggetto delle sue cure.

Nei due sonetti successivi assistiamo ad una presa di coscienza che però non aggiunge nulla di nuovo. Ci
saremmo aspettati un Canzoniere che va verso le premesse del proemio ma che invece ha promosso Laura da
antagonista a protagonista benefica.

Poi la morte di Laura viene vista come un trauma. Una perdita che costringe al silenzio, non un evento che
apre ad un’altra diversa storia spirituale. I componimenti in morte non hanno fatto altro che argomentare che
la salvezza viene proprio da Laura. Contraddizione: mancata chiusura sul binomio pentimento-redenzione
mette in crisi l’impostazione del Canzoniere e tronca ogni suo legame con la complessa finzione
autobiografica che ne era stata ispirazione originaria.

DAL CANZONIERE AI CANZONIERI

La prima edizione del Canzoniere venne scritta nel 1358. Qui inizia la crescita progressiva del Canzoniere
che finisce solo 15 anni dopo, quando è vicino alla morte. C’era il problema che più l’opera si dilatava di
testi, più era difficile ordinare i materiali. La seconda versione del Canzoniere è costituita da 204
componimenti, divise in 2 sezioni di 163 e 41. Le prime 142 si manterranno nello stesso ordine fino al
Canzoniere definitivo. Indica ai lettori che il nuovo libro è continuazione del precedente. Il primo si chiude
con la desolata costatazione che con la morte dell’amata la sua vena poetica si è esaurita e che non gli restava
che piangere. Poi ricomincia dicendo che il poeta può solo prendere atto di ciò che è riuscito a fare: poche
poesie dallo stile poco ricercato. Nel secondo libro il racconto non conosce evoluzione infatti gli ultimi
sonetti ambientati a Valchiusa confermano gli spostamenti di Francesco descritti nel primo Canzoniere. La
divisione in 2 parti si mantiene anche in quello definitivo.

IL CANZONIERE VATICANO

Nel 1366 pensa di aver trovato ordinamento stabile per molti documenti quindi li fa trascrivere in bella copia
su un codice di pergamena. Da 2 anni viveva con lui un giovane ravennate (Giovanni Malpaghini) formato
negli studi classici da un suo amico che glielo aveva raccomandato. Gli fa da segretario e copista, il poeta lo
tratta come un figlio. Gli aveva anche affidato il compito di copiare delle lettere familiari. Dopo aver fatto
ciò, questo lo incarica di copiare le poesie in morte di Laura. Ma Giovanni poi gli si parò davanti, sconvolto,
e gli dice che non scriverà mai più per lui né per nessun altro “l’ardore di scrivere si è non tanto intiepidito
quanto raggelato del tutto”. Dopo un po’ Malpaghini lascia definitivamente la casa di Petrarca,
interrompendo la trascrizione del Canzoniere. Petrarca riprende la trascrizione e nessuno ci mise più le mani,
ci lavora in fasi intervallate da pause. Questo codice è il Vaticano Latino 3195.
Contiene tutti i testi del canzoniere definitivo (366, divisi in 2 parti dalla 264) ma ordina gli ultimi 30 in
modo diverso rispetto alla sua ultima volontà.

La redazione vaticana rinuncia a costruire un libro come era stato il primo Canzoniere e con ciò rinuncia alla
narratività, costituita dalla presenza di segnali spazio-temporali e da un coerente itinerario ideologico e
psicologico. Già nel secondo Canzoniere era venuto meno intreccio fra geografia e cronologia

Il 262 è uno dei sonetti che chiudono la vita di Laura, mai elogiata come in questa stesura. Ella parla con una
sconosciuta più anziana quindi più autorevole ma sul tema della castità. Petrarca si chiede se per caso non
avesse esagerato a lodarla così tanto. Dopo il prolungato elogio alla pudicizia, nel 237 esprime il desiderio di
trascorrere un’interminabile notte d’amore con lei.

Il 366 è una Canzone della Vergine intessuta di reminiscenze e di citazioni da testi della Bibbia, liturgici,
innodici e laudistici composta sul modello della preghiera alla Vergine di San Bernardo nell’ultimo canto del
Paradiso. Qui c’è un completo rovesciamento di segno, intera vita di Francesco, fin dalla nascita, non è stata
che “affanno” e l’amore ha oppresso la sua anima ma intercessione della Vergine può trasformare il suo
dolore peccaminoso in strumento di salvezza. Invocazione a Cristo e così riprende motivo della nascita
dell’amore per Laura. Simmetria degli estremi del libro sembra suggerire che il cerchio si è chiuso. Ultima
stanza della canzone prefigura altra prospettiva: Maria prenderà il posto di Laura e sarà lei destinataria delle
rime.

C’era un problema: conciliare 2 anime di un libro nel quale convivevano 2 distinte ideologie

1) La vicenda d’amore sfocia in una condanna e neppure l’amata, anche se incolpevole, ne esce
indenne. Se amore è illusione l’amata è creatrice di illusioni. Come si può condannare il sentimento
amoroso e allo stesso tempo assolvere l’oggetto del sentimento?
2) Concezione dell’amore di stampo stoicizzante espressa dal proemio: amore è errore, non consiste
nella sovversione dei valori cristiani ma nel prevalere delle istanze irrazionali. Innamorato erra
perché affetto da sentimenti e instabilità psicologica, è alienato. Quindi conversione/guarigione non
avverrà come anelito di salvezza ultraterrena tramite pentimento ma con riconquista razionalità.

In questo Canzoniere Petrarca non sfuma le contraddizioni ma le accentua, rinuncia alla coerenza dei
personaggi e mescola riflessioni e stati d’animo in un’apparente casualità.

In un gruppo di sonetti timore-presentimento dell’imminente morte di Laura. Nel 250 lei appare in sogno e
gli preannuncia la loro separazione definitiva, mentre lui è partito dalla Provenza. Petrarca torna in Provenza
nel 1351 e lì scrive la lunga postilla alla prima carta di guardia di un prezioso codice, sulla quale aveva
scritto parole di ricordo in occasione della scomparsa di amici.

IL CANZONIERE DEFINITIVO

Inverno 1373-74 trascritti gli ultimi componimenti, doveva pensare di aver portato a termine il lavoro su quel
libro. Continuava a scrivere poesie che elogiavano l’amata non riuscendo a chiudere il cerchio come il
proemio gli imponeva: era lui stesso a lavorare contro quel libro e non ha mai pensato a cambiare il progetto,
quindi ogni tanto infilava nella compagine testi di pentimento e canzoni piene di dubbi. Alla fine aveva
costruito una struttura in cui stoicismo e agostinismo convivevano senza danneggiare l’immagine di Laura.
Circolarità assicurata ma funzionava davvero agli occhi dei lettori? Inoltre la Canzone della Vergine era
preceduta da un sonetto malinconico e rassegnato che strideva con essa.

Durante l’ultimo inverno della sua vita decide di riordinare gli ultimi 31 componimenti, decide di collocare
accanto a ciascun componimento un numero arabo che indicasse la nuova posizione perché eliminare dal
codice le carte, riscriverne altre e legare il libro sarebbe stato lavoro lungo.
Nel 360 mette in scena un dibattimento giudiziario. Poeta-innamorato ha citato Amore dinanzi al tribunale
della Ragione per avere giustizia e a lui tocca l’arringa accusatoria. Amore gli ha fatto odiare la vita e gli ha
impedito di sollevarsi “alto da terra”. Nell’arringa difensiva Amore sostiene di essere stato lui a distogliere il
suo accusatore dagli studi giuridici ad innalzarne l’intelletto e procurargli fama, se non fosse intervenuto lui
sarebbe un avvocato come tanti. Gli ha anche dato Laura, una guida per il cielo. I ruoli sono rispettivamente
di Agostinus e Franciscus nel Secretum. Simile dibattito anche in 264. Strada del pentimento adesso si può
percorrere perché Francesco è cambiato nel fisico e nell’animo. Francesco prende atto di ciò che Franciscus
non riesce ad ammettere. Ringrazia il Signore per questo, amore è un errore di cui pentirsi. Canzoniere riesce
ad avvicinarsi al messaggio del proemio eppure Petrarca ha resistito a questo epilogo fino alla fine della vita.
A un lettore ingenuo potrebbe sembrare che Petrarca si sia rassegnato in vecchiaia ma lui negli anni’50,
durante lavoro di ordinamento del primo Canzoniere, aveva ideato i Trionfi. Nell’ordine trionfano: Amore,
Pudicizia, Morte, Fama, Tempo, Eternità. Ruolo centrale di Laura e del suo amore per lei. Fra gennaio e
febbraio 1374 fa il finale dei Trionfi: Triumphus Eternitatis, visione del Paradiso, un mondo nuovo al di là
della fine del tempo. In esso le anime dei morti recupereranno il corpo che il tempo aveva disfatto e vivranno
nella pienezza della carne e dello spirito, fra questi anche Laura. Purificato totalmente il sentimento. I tempi
di lavorazione dei Trionfi e dell’ultimo Canzoniere sono corrispondenti alla conclusione pentita del
Canzoniere era data dal proemio, dalla letteratura, non dalla vita.

Penultimo sonetto del libro computa gli anni della storia amorosa di Francesco: 21 anni, fino al 1358 ma da
nessuna parte il libro dice che in questa data lui si era liberato dalla passione amorosa. E allora perché
Petrarca lo addita come estremo della storia? La risposta non va cercata in ciò che il libro racconta ma nel
suo da farsi, infatti 1358 anno in cui ha ritoccato per ultima volta il secretum, altro libro connesso con
progetto autobiografico. Tutto quello che è venuto dopo è stata una messa a punto e completamento della
vicenda d’amore.

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