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LUCANO

Non scrive opere filosofiche come lo zio Seneca, ma un’opera epica, legata a fatti veramente
accaduti della battaglia di Farsalo.
Nasce nel 39 da una famiglia agiata e fu portato a Roma da ragazzo, dove studiò con i maestri
stoici insieme al poeta satirico Persio.
Quando Nerone lo accolse a corte, entrò nella corte dei letterati e divenne questore. Nel 60,
durante i Neronia, recitò le laudes Neronis.
Lucano acquisiva sempre più importanza all’interno del circolo: Nerone per gelosia lo fa così
allontanare. Lucano verrà poi fatto suicidare in seguito alla Congiura dei Pisoni a 26 anni.
La Pharsalia (o Bellum Civile) si divide in due parti: una prima fu scritta quando era in amicizia con
Nerone e vi è una visione positiva che porta anche al paragone tra Augusto e Nerone; gli altri 7 libri
furono pubblicati grazie alla moglie di Lucano e la prospettiva storica è diversa, visto il
cambiamento nel rapporto tra Nerone e Lucano, e vi è un forte avvicinamento alle idee
repubblicane.
È un’opera aperta, in quanto poi l’autore cambia anche idea su Nerone.
Rispetto all’Eneide, nella Pharsalia vi è un’epica storica. Gli eroi non sono guidati dal fato e non c’è
una visione positiva come in Virgilio: anche Lucano affronta un discorso con un uomo
dell’oltretomba, ma mostrerà un destino di sciagure. L’opera è più un’anti-eneide, sia perché non vi
è interferenza con gli dei sia per la visione negativa. Ci si focalizza su tre personaggi, Cesare,
Pompeo e Catone Uticense. Cesare viene presentato in una prospettiva fortemente negativa: è un
tiranno dal carattere smodato e facilmente irritabile, paragonato dunque a Nerone. Pompeo è un
personaggio ricco di sfaccettature e simpatico al poeta: ha comunque qualche corresponsabilità
sulla violenza civile. La figura totalmente positiva è Catone Uticense, luogotenente di Pompeo e
leader anti-cesariano dopo la morte del generale. I libri non scritti di Pharsalia erano probabilmente
dedicati proprio all’Uticense. Viene presentato come un uomo profondo, con un’etica civile e con
ideali stoici: alla fine non si uccide per allontanarsi dal mondo, ma come protesta contro Cesare.
Diviene così un simbolo di libertà anche nel Purgatorio.
Nell’opera vi è totale assenza di divinità: il mondo è in realtà governato dal destino; nella Storia è
fondamentale il caso e la fortuna. Il poeta sostiene la sua tesi con la battaglia di Pharsalo, in
quanto gli dei sarebbero sicuramente intervenuti vedendo Cesare vincere.
L’irrazionale è comunque presente nell’opera grazie a pratiche oscure: Sesto Pompeo ad esempio
si rivolge ad una maga negromante, che resuscita il cadavere di un soldato per fargli profetizzare
la fine tragica delle forze pompeiane.
Nel proemio è presentata la critica alle guerre fratricide:
-QUIS FUROR, O CIVES, QUAE TANTA LICENTIA FERRI
GENTIBUS INVISIS LATIUM PRAEDERE CRUOREM-
Quale follia, o cittadini, che uso sfrenato delle spade; offrire sangue latino a genti nemiche!
Vi è inoltre un’analogia con Leopardi, il quale sosteneva che ci dovessimo unire tutti contro il
nemico comune
PERSIO
Aulo Persio Flacco nacque a Volterra nel 34 e morì a 28 anni in seguito alla Congiura dei Pisoni.
Persio perse il padre a sei anni e la sua educazione fu affidata alla madre, per poi trasferirsi a
Roma. Qui frequentò le scuole retoriche e si avvicinò alla dottrina stoica: in particolare, subì il
fascino del maestro stoico Anneo Cornuto; Persio lascerà la biblioteca che gestiva e alcune
somme in denaro proprio a quest’uomo. L’uomo era una delle poche figure maschili incontrate
nella sua vita, in quanto cresciuto in una casa di sole donne.
Scrive 6 opere satiriche: i suoi componimenti sono in esametri e non hanno lo stesso numero di
versi. Ogni lavoro è anticipato da dei choliambi: il poeta dichiara il suo rifiuto verso la poesia
solenne, a cui vuole contrapporre la satira per condannare ogni vizio della sua età. Questi versi
sono trimetri giambici scazonti. Non è sicuro però che sia stato lui a scriverli.
Nell’opera di cui ho la foto afferma che non è stato mai ispirato dai canoni della poesia elevata. Si
definisce un mezzo-paesano: la sua poesia vuole polemizzare contro i poeti contemporanei che
scrivono solo per soldi.
1 SATIRA: è un attacco alla produzione letteraria del tempo ed è in forma di dialogo tra il poeta ed
un interlocutore fittizio. Persio non vuole scrivere per soldi, ma vuole rappresentare la realtà: si rifà
dunque anche ad Orazio e Lucilio.
2 SATIRA: viene scritta sotto forma di un’epistola indirizzata all’amico Plozio Macrino per il suo
compleanno. Persio affronta il problema del rapporto tra uomo e dio. Ci parla delle preghiere, che
possono anche essere semplici sussulti di cuore e non necessariamente delle invocazioni ad alta
voce; i voti alle divinità inoltre possono essere considerati inutili se eccessivi, in quanto è
necessario offrirsi col cuore puro agli dei; i sacrifici non devono esser fatti per apparenza, ma
rimanendo puri e onesti.
3 SATIRA: è una esortazione alla filosofia. C’è la scena di una persona che rimprovera un ragazzo
di stare a poltrire fino a tardi per non studiare. Dopo aver ricordato la sua esperienza personale, il
poeta dice ai giovani che devono istruirsi per comprendere il vero senso delle cose e critica chi non
vuole studiare.
4 SATIRA: si basa sul topos conosci te stesso (nosci te ipsum). Si apre con un dialogo tra Socrate
e Alcibiade: Socrate lo rimprovera di volersi dedicare alla politica senza disporre dei mezzi
adeguati, se non che della bellezza. Bisogna essere capaci dei ruoli che si rivestono ed esorta
ognuno di noi a concentrarsi su ciò che sappiamo fare.
5 SATIRA: abbiamo la forma epistolare ed è dedicata al maestro Cornuto. La satira si può
considerare un protrettico, un antico genere letterario con cui si esortavano le persone ad
avvicinarsi alla filosofia, in questo caso quella stoica. Tale visione può assicurare agli uomini la
vera libertà dai vizi.
SATIRA 6: é sempre in forma di epistola ed è dedicata all’amico Cesio Basso. Il poeta si dichiara
lontano dall’avarizia e dalla prodigalità, in quanto ogni uomo deve raggiungere il giusto mezzo e
saper bene utilizzare le ricchezze che accumula. Ciò è da attuare soprattutto pensando agli eredi i
quali, pensando di aver ricevuto poco, possono compiere ingiustizie.
Persio riceve un’educazione molto severa e per questo diventa nemico del vizio, per raggiungere
invece la virtù. Si appoggia dunque alla filosofia stoica.
Persio attinge l’aggressività da Lucilio, rivolgendola più al vizio che alle persone (simile ad Orazio).
Mentre Orazio veniva coinvolto nel vizio che criticava, Persio si esclude da quelle prediche e le
rivolge solo agli altri. Talvolta sfrutta la iunctura acris, tecnica in cui si passa da un argomento
all’altro senza un percorso logico e che è prettamente una sua peculiarità.
ROMANZO LATINO
Anticamente, gli antichi indicavano in vari modi lo scrivere storie. Ci si può sicuramente rifare al
romanzo greco, ma quello latino ci si distacca: il primo si basava su un tema fisso che era
solitamente un amore tra due persone che, dopo molte peripezie, si concludeva con un lieto fine.
L’amore è visto come un sentimento casto che si conclude con il matrimonio.
Intorno alla tematica amorosa vi era poi l’avventura, che veniva vissuta in spazi aperti (mare) e
ingannevoli; il viaggio diviene dunque occasione per crescere e migliorarsi.
La sorte è il motore della vicenda ed ha accezione negativa, in quanto è la responsabile dei
peregrinaggi continui dei protagonisti.
Nel MONDO LATINO, il romanzo é portato avanti da due esempi: il Satyricon di Petronio e le
Metamorfosi di Apuleio. Si tratta più di un insieme di novelle, che si rifanno alle Fabule Milesiae (da
Aristide di Mileto) basate su realismo ed erotismo. Non si raccontavano più amori casti, ma anche
omosessuali.
PETRONIO
Le notizie sulla sua vita provengono da Tacito, il quale ci dice che scrive un’opera di nome
Satyricon, che si chiamasse Caius Publius Petronio e che fosse arbiter elegantiae presso la corte
di Nerone.
xvi annales - descrizione Petronio - pagine 428-429
La morte di Petronio ci appare più plateale rispetto a quella di Seneca, con il romanziere che si fa
aprire e chiudere le vene a banchetto: una morte più epicurea rispetto alla morte “stoica” di
Seneca.
SATYRICON
Abbiamo solo dei frammenti dell’opera, in cui tre giovani vagano di zona in zona per affrontare
varie peripezie. Nella narrazione, come ad esempio durante la Cena di Trimalcione sono inserite
delle novelle.
Alcuni studiosi pensano che non sia Petronio l’autore del Satyricon: alcuni accolgono la tesi
unionista, con la quale si ritiene che l’opera sia stata scritta dal Petronio descritto da Tacito;
secondo la tesi separatista, l’opera non è stata scritta dal Petronio della corte di Nerone, bensì da
un altro nel III secolo d.C.
Fino alla prima metà del 1600 si conoscevano solo alcuni frammenti più corti(Excerpta Breviora)
ed altri più lunghi detti Excerpta Longiora dell’opera. Nel 1654, a Traú in Croazia, fu trovato un
codice (Codex Tragurensis) che conteneva altri frammenti ed una parte ignota del Satyricon,
denominata Cenae Trymalchiones. Il ritrovamento fu fatto da Marino Statilio, il quale viene
fortemente accusato di aver pubblicato un testo falso. In realtà questi scritti erano stati già trovati
da Poggio Bracciolini nel 1423.
Satyricon è un termine di genitivo plurale greco e sottintende libri di storie di satiri: i satiri erano
figure mitologiche per metà uomini e metà capra, che compivano avventure erotiche. Satyricon lo
possiamo collegare anche con satira, con l’opera che riprende anche le satire menippee
nell’alternanza di prosa e versi (prosimetron).
Il personaggio principale è un giovane studente squattrinato di nome Encolpio (colui che sta in
grembo): narra in prima persona e racconta di un viaggio compiuto con il suo amante Gitone
(vicino di letto) e con un suo rivale in amore Ascilto (instancabile). Forse la storia inizia in una città
greca (Napoli o Pozzuoli), per poi dirigersi a Crotone, con i tre che provenivano da Marsiglia.
Encolpio frequenta la scuola del retore Agamennone a Napoli, con cui parla di eloquenza: tale arte
non è ritenuta più come ai livelli ciceroniani a causa della scarsa educazione dei giovani.
Mentre i due parlano, Ascilto scappa e poi si riunisce in un mercato dopo delle avventure: qui
devono vendere un mantello rubato, ma in compenso trovano una tunica di Encolpio in cui sono
contenute delle monete d’oro, che ottengono tramite scambio col mantello stesso. In albergo
incontrano una donna di nome Psiche, ancella della sacerdotessa Quartilla: Psiche li accusa di
aver turbato un rito del dio Priapo. Come nell’Odissea si scatena l’ira di Poseidone, qui si scatena
l’ira di Priapo. Questo dio è rappresentato come un piccolo uomo, in quanto trasformato da Era,
geloso dell’amore tra Afrodite e Zeus (rappresenta il simbolo dell’istinto sessuale). I protagonisti
dovranno così affrontare una serie di insuccessi amorosi. Dopo alcuni giorni, Agamennone li invita
a casa di Trimalcione e parte una lunga narrazione: il padrone di casa propone una gran quantità
di cibo, per mostrare agli altri la sua ricchezza acquisita da liberto. Il personaggio è da ricordare
anche per la sua stranezza, quando ad esempio fa scrivere il suo epitaffio senza essere in punto di
morte. Durante la cena vengono inoltre narrate varie novelle.
Alla fine della cena, Encolpio e Gitone litigano per Ascito: Encolpio scappa in una pinacoteca in
seguito al rifiuto e incontra Eumolpo: i due disquisiscono sulla decadenza dell’arte e sulla
distruzione di Troia. I due tornano poi alla locanda e ci sono altre avventure.
Abbandonano la città e fanno altre avventure in mare, incontrando vari personaggi come Lica e
Trifena: dopo una tempesta, la nave naufraga e i protagonisti raggiungono una spiaggia a Crotone.
Eumolpo riesce a scroccare inviti e pranzo, portando con se gli altri due. La situazione sembra
volgere al meglio, ma Encolpio si scopre impotente e, dopo essersi sottoposto a rituali umilianti,
riacquista la virilità per merito di Mercurio. Poiché gli abitanti della città cominciano a sospettare di
essere stati ingannati, Eumolpo scrive anche il proprio testamento, nel quale dichiara che la sua
(inesistente) eredità andrà a chi si ciberà delle sue carni di fronte al popolo: un abitante di Crotone,
peraltro, sembra disposto ad accettare
le condizioni. I frammenti del Satyricon terminano qui ed è impossibile sapere come proseguisse la
narrazione.
Gli elementi chiave dell’opera sono la parodia ed il realismo, descritto attraverso Encolpio e i suoi
racconti sulla Roma del tempo e sulle classi sociali. In Petronio non troviamo nessuna traccia di
giudizi moralistici, ma lui presenta tutto con genuinità e semplicità, ritraendo ciò che vede; in
Encolpio si cela probabilmente Petronio stesso, per il suo amore per il bel gusto e il suo odio verso
il volgare e l’ostentazione.
Il realismo di Petronio non ha la stessa finalità di quello moderno: quest’ultimo ha consapevolezza
storica e sociale, mentre quello di Petronio è mirato solo ed esclusivamente alla descrizione, senza
voler studiare gli uomini.
Nel mondo romano il tema amoroso era un po’ contorto: l’uomo romano aveva come massima virtù
la virilità ed infatti il tema dell’omosessualità era un po’ “in contraddizione” con i caratteri chiave
dell’educazione latina, a differenza di ciò che succedeva in Grecia dove era molto diffusa. Mentre
qui un uomo poteva vezzeggiare un altro uomo, per un romano ciò era inconcepibile in quanto
manca meno il cardine dell’ideologia romana, ovvero la dominanza. Ciò non significa che non
fosse conosciuta l’omosessualità a Roma, ma la concezione era ben diversa; sottomettere una
donna è ”naturale”, sottomettere un altro uomo della stessa classe coincideva con il dominarlo.

Con la tecnica dell’ecphrasis, si parte da un qualcosa per fare una digressione su altro. Petronio
sfrutta l’incontro di Agamennone per parlare dell’eloquenza romana e di quanto fosse in crisi a
causa delle scuole che non preparano gli studenti, in quanto non sono preparati ad affrontare la
realtà; il linguaggio deve essere inoltre vicino a quello reale e non troppo ampolloso.

Trimalchione (volgare tre volte) incarna la figura di colui che si è arricchito solo economicamente,
in quanto rimane e rimarrà sempre un volgare.
La cena di Trimalcione è proprio una parodia di tutte le opere ambientate in una sala da pranzo e
che prevedevano un discorso tra sapienti e intellettuali, come Il Simposio di Platone.
satyricon 32-33 da vedere
Durante la cena vengono narrate cinque novelle; le prime tre che hanno tematica magica: Il vetro
infrangibile, Il manichino di paglia e Il Lupo Mannaro; le ultime due sono a tema erotico e sono
narrate da Eumolpo: La Matrona di Efeso e Il Fanciullo di Pergamo.
Con il Satyricon, Petronio fa satira verso coloro che si arricchiscono ma rimangono ignoranti.
Ad un certo punto del banchetto, Encolpio vede una donna e scopre che è la moglie di
Trimalcione, Fortunata. Il commensale che glielo rivela
,Ermo Rota, ha in comune il modo di esprimersi con i proprietari di casa e confessa che lei è la
fortuna dell’uomo, in quanto lei gestisce tutte le ricchezze dell’uomo; la si può dunque paragonare
a Mazzarò di Verga.
Vengono inoltre narrate delle novelle da Nicerote.
Arriva poi Abbin, un marmista, che torna da un funerale
Il suo è un impasto linguistico molto particolare: i personagsi colti usano una lingua ricercata,
persino artifciosa, quelli umili Il latino della plebe; i liberti usano un linguaggio adeguato a loro, il
sermo vulgaris della plebe urbana. Perdio il Satyricon documenta quale divario ormai si fosse
creato tra la lingua letteraria e quella parlata dai ceti bassi. Dopo Plauto, Petronio è la
testimonianza più
importante del latino popolare e documenta già alcuni segni di quello che nel corso dei
secoli diventerà il volgare.
AGGIUNGI DAL LIBRO
Con la morte del loro padrone, i liberi hanno ottenuto la libertà e la possibilità di vivere una nuova
vita: la morte diventa dunque il presupposto per l’inizio di una nuova vita, con il testamento e il
funerale che rappresentano un vero e proprio rinnovamento
DINASTIA DEI FLAVI
Morto Nerone nel 68, il senatore Galba viene acclamato dalle legioni spagnole; i pretoriani però
non condivisero la scelta e così uccisero Galba per nominare Otone. Questo fu però ripudiato dalle
truppe del Reno, che preferivano Vitellio. Neanche quest’ultimo fu accettato da tutti i soldati: le
truppe dell’Egitto acclamarono Tito Flavio Vespasiano, che diede vita alla nuova dinastia.
Vespasiano riprese i rapporti con il Senato e cercò di avere gli intellettuali dalla sua parte,
soprattutto grazie alla figura di Quintiliano che divenne il primo maestro pagato dallo stato. Tornano
in auge i poemi epici e la retorica.
Alla morte di Vespasiano, sale il figlio Tito: il nuovo imperatore fu definito amor et deliciae humani
generis per la sua generosità. Durante il suo governo ci fu un incendio a Roma, una pestilenza e
l’eruzione del Vesuvio. Morì a 49 anni e lasciò il potere al fratello Domiziano.
Domiziano non riuscì a creare un buon rapporto col Senato, in quanto sperperava i soldi dello stato
basandosi sul principio panem et circenses e inoltre si faceva considerare dominus et deus. Crolla
quindi l’idea di impero aperto a tutti creata dal padre e viene così assassinato.

INTELLETTUALI DINASTIA FLAVIA


Vespasiano avvicinò gli intellettuali allo stato grazie alla figura di un retore spagnolo di nome
Quintiliano. Costui era contro l’Asianesimo e voleva che si ritornasse allo stile ciceroniano con però
la figura del vir bonum dicendi peritus, senza dare importanza alla filosofia.
Quintiliano ottenne 100.000 sesterzi per rinnovare la scuola romana e combatte l’Asianesimo ed il
modello Senecano: nella sua opera Institutio Oratoria tratta tutti questi punti e nel proemio spiega
che vuole formare l’oratore che deve essere un uomo estremamente colto e onesto, senza
avvicinarsi alla filosofia. Per parlare di problemi filosofici bisogna sapere il significato delle parole
ed è proprio qui che interviene l’oratore.
Nel libro X dell’Institutio Oratoria, Quintiliano esprime delle opinioni su ogni autore latino
importante. Su Seneca dice che bisogna salvare l’insegnamento filosofico che ha trasmesso, ma
bisogna salvaguardarsi dal suo stile troppo complesso. I giovani lo seguivano perché
rappresentava l’innovazione: se Seneca non si fosse compiaciuto di tutti i suoi procedimenti
stilistici avrebbe ottenuto gli apprezzamenti dei dotti e non quelli dei giovani.
Quintiliano sostiene inoltre che Cicerone ha unito la forza dell’oratore greco Demostene, l’eleganza
di Socrate, la forza filosofica di Platone ed ha applicato tutto ciò con grande originalità nel corso
della sua vita.
In questo periodo ci sono autori importanti come Quintiliano e Plinio il Vecchio, autore di Naturales
Historiae. Bisogna inoltre ricordare che vi è un ritorno al poema epico, soprattutto a causa della
scarsa libertà di espressione presente soprattutto sotto il regno di Domiziano. Uno di questi è Silio
Italico, autore di I Punica, e Valerio Flacco, autore di Argonautica.
La prima opera è rimasta incompiuta, comprende 17 libri e parla della Seconda Guerra Punica,
dalla conquista di Sagunto alla battaglia di Zama. Non mancano interventi delle divinità,
descrizione di giochi ed eventi funebri.
Silio Italico si ispira ad Omero e Virgilio, prendendo lo stile di quest’ultimo, e si sofferma sull’odio
tra i due popoli generato dai fatti di Didone ed Enea. Vi è l’assenza di un eroe, in quanto ci si
sofferma sulla collettività del popolo romano per la vittoria. Lo stile risente ancora del gusto del
macabro tipico della dinastia precedente.
Valerio Flacco tratta in 8 libri la storia degli Argonauti, precedentemente trattata da Apollonio
Rodio, soffermandosi più sulla psicologia amorosa. Valerio Flacco si concentra prettamente sui
tratti psicologici di Medea e Giasone.
STORIA ARGONAUTI

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