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TERENZIO 98

LA VITA
Non abbiamo dati certi sulla vita di Publio Terenzio. Nacque probabilmente nel 186
a.C. non a Cartagine, come vuole la tradizione, ma in un’altra zona dell’Africa
settentrionale, come indica il «cognome» Afer. Fu condotto schiavo a Roma dal
senatore Terenzio Lucano, del quale ricevette il nomen una volta affrancato.
Quindi i Tria nomina del commediografo erano Publius Terentius Afer. Nella capitale
Terenzio entrò in rapporti di amicizia con Scipione Emiliano, attratto dal suo circolo e
Gaio Lelio, e ne condivise gli interessi culturali filellenici, che manifestò nelle sue
commedie. Terenzio morì giovane, nel 159 a.C. dopo aver rappresentato gli
Adelphoe (I fratelli), secondo una tradizione, durante o dopo il naufragio della nave
che trasportava preziosi originali di commedie acquistati in Grecia.
LE TIPOLOGIE DI COMMEDIE
Terenzio si dedicò al genere comico, come fece anche Plauto, scrivendo tra il 166 e il
160 a.C. 6 fabulae palliate di titoli greci.
Terenzio non applica precise tipologie di commedia, non risalta più la commedia
della beffa e anche la figura del servo stesso. Non esiste più neanche la tematica del
doppio, ma ritiene molto centrale la commedia dell'agnizione e la commedia dei
caratteri.
LA COMOEDIA DUPLEX
Una caratteristica ricorrente nelle commedie di Terenzio trame basate sul doppio
intreccio. Cioè lo sviluppo di due storie, che alla fine trovano lieto fine comune. Ciò
non lo fece per rendere le trame più complesse, ma l'intento era quello di non
cadere negli stereotipi.
UNA COMOEDIA STATARIA
Tipica delle commedie terenziane è infine la tendenziale staticità e il fatto che esse
risultino basate più sul contenuto dei dialoghi che sull'azione scenica. Infatti fu
definita una commedia stataria, cioè statica, che era poco movimentata.
I PERSONAGGI E I TEMI
Terenzio è autore di un teatro naturalistico, in cui l’attenzione è concentrata sulla
psicologia dei personaggi. Tende ad alterare i caratteri dei personaggi tradizionali,
come accade in particolare nel caso del servus che, nonostante alcuni aspetti simili,
perde la funzione di architetto dell’inganno. In generale in Terenzio il personaggio
assume nel corso dell’azione una sua individuale fisionomia, molto più credibile e
differenziata tra loro. Inoltre Terenzio attribuisce al teatro anche una funzione
educativa, portando il pubblico alla riflessione del mondo e della vita.
TRAME NUOVE
Terenzio approfondisce anche il tema amoroso, l’amore contrastato e il rapporto tra
i padri e figli. Se in Plauto la figura dell’adulescens era quella di fare beffe di fronte
alla severità del padre vecchio, Terenzio invece propone una educazione differente
fondata non più sull'autorità del paterfamilias, ma sul rispetto reciproco e
sull'affetto.
HUMANITAS
Queste tematiche vengono trattate in modo nuovo e originale, incentrate sul
concetto dell'humanitas. Due sono gli aspetti essenziali dell’umano in Terenzio:
humanitas e il senso del dovere nei rapporti sociali, innovativo rispetto alla
philanthropía greca.
I MODELLI E LA STRUTTURA
Le commedie di Terenzio si presentano molto più simili a quelle del greco Menandro
e alcuni autori della Commedia Nuova di età ellenistica. A differenza di Plauto
elimina quasi del tutto la musica, i lazzi verbali, e la rottura dell’illusione scenica per
rendere la vicenda più verosimile.
PROLOGO E POLEMICA LETTERARIA
A differenza di quanto accadeva nel teatro da Euripide in poi, Terenzio non usa il
prologo per esporre l’antefatto dell’azione drammatica, ma per polemizzare contro
i suoi avversari letterari ed esporre i suoi principi di poetica.
Le opere teatrali di Terenzio, troppo aperte alle novità, incontrarono l’ostilità dei
conservatori e uno scarso interesse del pubblico, legato a forme teatrali più vicine al
gusto italico. Terenzio subì soprattutto le critiche di Luscio Lanuvino.
Le accuse erano fondamentalmente tre: aver usato troppo liberamente la
contaminatio; aver commesso plagio, utilizzando personaggi e scene di commedie
greche; e aver scritto le sue commedie

con la collaborazione di amici o addirittura essere un semplice prestanome. A


queste critiche l’autore rispose direttamente nei prologhi delle sue commedie
dell’Andria, dell’Eunuchus e degli Adelphoe.
LA LINGUA E LO STILE
Egli uniforma la lingua delle sue commedie al tono medio della conversazione
quotidiana fra le persone colte. Terenzio sa differenziare sottilmente il linguaggio a
seconda dei vari caratteri. Il poeta avvia in questo modo il processo di stilizzazione e
selezione della lingua letteraria latina, in funzione dell’uso della classe dirigente, che
culminerà un secolo dopo con Cesare e Cicerone. Quanto alla metrica, le opere di
Terenzio sono caratterizzate da una relativa semplicità, conformemente al modello
menandreo: i metri lirici mancano infatti quasi del tutto.

CESARE 312
LA VITA
Gaio Giulio Cesare nacque a Roma nel 100 a.C. Apparteneva alla gens Iulia che era
una famiglia tra le più illustri di Roma, vantando la discendenza da Julo, detto anche
Ascanio, figlio dell’eroe Enea e nipote della dea Venere, ma era ormai decaduta.
Mentre la famiglia paterna era legata a Mario e al partito democratico, quella
materna era politicamente vicina a Silla e agli oligarchici
Cesare mostrò sin dall’inizio le sue simpatie per il partito dei populares («amici del
popolo», «democratici»), che si opponeva a quello degli optimates («ottimati»,
«oligarchici»).

Va chiarito che questa contrapposizione non corrispondeva al moderno «conflitto di


classe», poiché populares e optimates erano due consorterie politiche trasversali fra
le diverse classi sociali. Potevano così verificarsi i casi di un aristocratico come
Cesare, che militava nel partito «popolare», e di un plebeo come Cicerone, che
rappresentava il partito «oligarchico».
Nell’82 respinse l’ordine di Silla di divorziare dalla moglie Cornelia e si allontanò da
Roma. Dopo la morte di Silla nel 77/76 tornò a Roma e intraprese una brillante
carriera politica per annullare le conseguenze della dittatura sillana. Diventò
questore nel 68, edile curule nel 65 e pontefice massimo nel 63.
Fu eletto pretore nel 62 e nel 61 ottenne la propretura della Spagna Ulteriore, che
sfruttò per pagare gli enormi debiti accumulati. Eletto console nel 59 promosse con
Pompeo e Crasso un accordo politico segreto, il cosiddetto primo triumvirato. Riuscì
così a farsi conferire il comando della Gallia Narbonese, della Cisalpina e dell’Illirico
con quattro legioni per cinque anni. Terminò le sue campagne militari con la
conquista della Gallia Transalpina. Quest’impresa gli procurò un vasto potere
personale, gli garantì un esercito fedele e una posizione politica di assoluto
prestigio.
Intanto a Roma fu eletto console con poteri straordinari per il 51, Pompeo
controllava la città. La scintilla per lo scoppio della guerra fu la richiesta avanzata da
Cesare al senato di potersi candidare come console per il 49 senza presentarsi a
Roma e conservando l’esercito.

Cesare temeva infatti di cadere in mano ai suoi nemici, ma la richiesta andava


contro una precisa norma, tesa appunto a prevenire la possibilità che qualcuno
potesse far valere il suo potere militare nella competizione politica.
Il senato rifiutò, dichiarando Cesare fuori legge e promulgando il senatus consultum
ultimum del 7 gennaio 49, con il quale affidava a Pompeo il comando dell’esercito.
Il 10 gennaio del 49 a.C. Cesare varcò in armi il Rubicone, fiume che segnava il
confine tra la Gallia Cisalpina e Roma, contro le truppe consolari di Pompeo, cosi
scoppiò la guerra civile. La vittoria definitiva su Pompeo e il partito senatorio fù a
Farsàlo nel 48 a.C e Cesare, dopo la fuga di Pompeo in Egitto, diventò signore di
Roma.
Di ritorno a Roma, Cesare venne nominato tribuno e consul sine collega, e nel 44
a.C. fu eletto dittatore a vita, ma mantenne un atteggiamento conciliante nei
confronti della nobilitas senatoria, evitando vendette personali. Nonostante ciò un
gruppo di senatori, contrari alle sue riforme istituzionali, organizzò una congiura e
Cesare, il 15 marzo del 44 a.C., fu assalito e ucciso.
LE OPERE
Nonostante spendesse la massima parte della sua vita nelle attività politiche e
militari, Cesare si dedicò a una vasta e varia attività letteraria. Compose infatti
poemi, un’opera grammaticale, orazioni, epistole, opere storiche.
Circa le composizioni giovanili di Cesare abbiamo testimonianza di una tragedia
Oedipus, e un poemetto Iter, resoconto del «viaggio» compiuto da Roma in Spagna,
prima della battaglia di Munda (46 a.C.), appartiene invece agli anni della maturità.
Nel 54, durante la campagna Gallica, Cesare compose i due libri del De analogia
(«L’analogia») e li dedicò a Cicerone. Il trattato, di cui resta una trentina di
frammenti, in cui vi sosteneva l’importanza del rispetto delle regole linguistiche.
L’Anticato, in 2 libri, composto agli inizi del 43, appartiene al genere libellistico-
biografico: Cesare lo scrisse per replicare al Cato di Cicerone, allo scopo di
presentare il suicidio di Catone a Ùtica come il rifiuto dell’uomo giusto per
eccellenza di vivere sotto la tirannide di Cesare.
I COMMENTARII: gli unici scritti di Cesare giunti fino a noi sono due opere storiche.
Primi in ordine di composizione sono i Commentarii de bello Gallico, in 7 libri, sono
il resoconto della campagna che Cesare condusse in Gallia dal 58 al 52.
I Commentarii de bello civili narrano, in 3 libri, gli avvenimenti degli anni 49 e 48,
che portarono alla fine della res publica oligarchica. Per quest’opera, che fu
composta a guerra finita, verso il 45.
Diversi autori completarono la narrazione delle guerre di Cesare, andando a
costituire il cosiddetto Corpus Caesarianum. Il luogotenente Aulo Irzio compose
l’ottavo libro del De bello Gallico, comprendente le operazioni militari che Cesare
condusse negli anni 51- 50, tra la guerra gallica e quella civile, e il Bellum
Alexandrinum, che tratta la guerra contro gli Egizi e contro Farnace, combattuta da
Cesare nel 48-47. Il Bellum Africum e il Bellum Hispaniense, invece, dedicati
rispettivamente alle guerre contro i pompeiani in Africa e in Spagna del 46-45, sono
di autore ignoto. Il Bellum Hispaniense appare particolarmente interessante per la
storia della lingua latina, in virtù del livello espressivo popolare, nel quale si
manifestano tendenze che saranno caratteristiche delle lingue romanze.
I COMMENTARII, TRA OGGETTIVITÀ E AUTOCELEBRAZIONE
Con Cesare invece il genere dei Commentarii si innalzava al livello della storiografia
vera e propria, per l’elaborazione dello stile e la ricchezza delle informazioni,
ma conservava l’identità tra l’autore e il narratore delle azioni storiche.
Tratti distintivi del commentarius erano oltre il carattere autobiografico, la
ristrettezza dell'arco cronologico, l'assenza di problemi e di una illustrazione degli
antefatti, la totale assenza di discorsi diretti e la scarsa cura stilistica e retorica.
I Commentarii cesariani costituiscono la prima opera storiografica latina di carattere
veramente «pragmatico». Si concentrava su eventi bellici e militari ed era presente
una certa drammatizzazione degli eventi.
Quindi Cesare non concepì i testi come une semplice raccolta di materiali provvisori
bensì come un’opera autonoma, quindi egli volle conferire al commentarius una
piena dignità letteraria.
I Commentarii cesariani non erano un resoconto storico imparziale, infatti forniva al
pubblico la propria versione dei fatti. Egli risalta il valore del suo esercito e le
proprie personali capacità. Inoltre nei confronti dei nemici sconfitti, egli ha un
atteggiamento di clementia. Scelse di scrivere in terza persona per sembrare
imparziale e non scredita mai i suoi nemici per esaltare sé stesso, usa quindi una
narrazione apparentemente distaccata.
Essendo che Cesare fu sia l’autore che il protagonista degli eventi narrati, comportò
dei dubbi sull’attendibilità storica dei commentarii, ma studi più recenti hanno
dimostrato la sostanziale veridicità. I testi sono un’interpretazione soggettiva ed
esistono casi in cui l’autore deforma parzialmente gli eventi per renderli a lui più
favorevoli.

I COMMENTARII DE BELLO GALLICO


Il De Bello Gallico è composto da 7 libri che sono il resoconto delle operazioni
militari compiute dal proconsole dal 58 al 52 a.C., narrano la conquista della Gallia
Transalpina.
Il primo si apre con la descrizione del territorio della Gallia e si analizza con
maggiore attenzione la popolazione degli Elvezi. Cesare si attiene all’esposizione dei
fatti concreti nella convinzione che la storia è il risultato delle azioni e
dell’intelligenza umana cioè di una virtus militare, si ritrova anche il tema della
fortuna. Egli tende a sottolineare il fatto di aver condotto una guerra giusta,
motivata da un’iniziale difensiva nei confronti degli Edui, volta a rafforzare la
sicurezza di Roma e a proteggere l’aristocrazia gallica. Oltre a porre in rilievo la
propria abilità strategica come condottiero, anche lo stretto legame con il suo
esercito.
Il De bello Gallico può considerarsi diviso in due blocchi:
 libri I-VII: campagna di conquista della Gallia (58-52 a.C.);
 libro VIII: organizzazione territoriale della Gallia e antefatti della guerra civile
(51-50 a.C.); il libro è attribuito al luogotenente di Cesare, Aulo Irzio.

I COMMENTARII DE BELLO CIVILI


Il De bello civili presenta, rispetto al De Bello Gallico, una minore obbiettività,
dovuta alla diversa situazione.
L’opera è costituita da tre libri, vi sono poi altri tre libri, di cui però non si conosce
l’autore, e tratta le vicende legate alla guerra civile fra cesariani e repubblicani, i
quali sono comandati da Pompeo.
Anche il De bello civili può considerarsi diviso in due blocchi:
 libri I-II: le vicende del 49 a.C. (fuga di Pompeo e dei consoli, la guerra in Italia
e in Spagna, l’assedio di Marsiglia e le operazioni in Africa);
 libro III: le vicende del 48 a.C. (la guerra in Epiro e in Tessaglia, la battaglia di
Farsalo, la fuga e la morte di Pompeo in Egitto, l’inizio della guerra
alessandrina).
Lo scopo principale è garantire l’oggettività o di un testo il cui fine principale è la
giustificazione di una guerra civile, a cui lo stesso Cesare aveva dato materialmente
inizio, oltrepassando il Rubicone, confine sacro, e trasgredendo, quindi, un ordine
del Senato. A soddisfare tale esigenza l’uso del discorso indiretto e la terza persona.
I suoi avversari, i Pompeiani, vengono presentati come corrotti e meschini, mossi da
interessi privati e rancori personali. la propria condotta viene esaltata, invece, come
esempio di moderazione e rispetto della legalità.
LA LINGUA E LO STILE
Cesare adotta uno stile semplice, basato sull’immediatezza, per trasmettere al
lettore una distaccata oggettività, data dalla terza persona singolare.
Il lessico è limitato, sono pochi i termini utilizzati, infatti sono spesso ripetuti,
predilige i vocaboli comuni, chiari e immediati.

SALLUSTIO
LA VITA
Gaio Sallustio Crispo nacque nella città di Amiternum (presso L’Aquila), all’incirca
nell’86 a.C. Ebbe una vita politica, fu homo novus e si schierò dalla parte dei
populares, cioè la fazione contrapposta all’oligarchia senatoria. Nel 52 a.C., da
tribuno della plebe, prese violentemente posizione contro Milone, l’agitatore
politico legato agli optimates, e contro Cicerone, suo difensore, nella causa per
l’uccisione di Clodio, il capo delle bande dei populares.
Collaborò con Cesare, sebbene con scarsi successi, durante le guerre civili. Alla fine
del 47 come pretore seguì il dittatore nella campagna d’Africa, dopo la vittoria gli fu
affidato il comando dell’Africa nova. In quei mesi di governo accumulò a danno dei
provinciali enormi ricchezze, per le quali a Roma gli fu mossa l’accusa di
concussione. Per evitare la condanna, consigliato da Cesare stesso, nel 44 a.C. fu
costretto a ritirarsi a vita privata negli Horti Sallustiani.
Trascorse qui gli ultimi 10 anni di vita e diede all’attività storiografica, infatti scrisse il
De Catilinae coniuratione e il Bellum Iugurthinum, e un’opera rimasta incompiuta
del progetto delle Histroriae.

LA VISIONE POLITICA E LA CONCEZIONE STORIOGRAFICA


Anch’egli attribuisce un ruolo prioritario al negotium politico rispetto all’otium
letterario, infatti nei poemi sente la necessità di giustificare la scelta di dedicarsi alla
storiografia. Dalle opere di Sallustio emerge la nuova dignità attribuita alla
letteratura e alla storiografia, portatrice di un ruolo attivo in senso civile. Come
Cicerone intende l’attività letteraria come una via a vantaggio per portare avanti
l’attività politica, attraverso l’analisi della crisi della res pubblica.
Sallustio privilegia la trattazione di singoli eventi, limitati nel tempo e recenti. Tanto
che la congiura di Catilina e la guerra contro Giugurta vengono considerate episodi
emblematici e sintomo della crisi delle strutture repubblicane. Il fatto di ricercare le
cause recenti è testimoniato dalla presenza di ampi excursus che inquadrano gli
eventi nel contesto della storia di Roma.
Sallustio attribuisce la causa della crisi della repubblica all’egoismo dell’oligarchia
senatoria che comportò alla disuguaglianza sociale. L’unica soluzione a ciò era
costituita dalla guida di un “uomo forte” in grado di rinnovare le istituzioni
repubblicane, indico come esso Cesare.

LE OPERE
De Catilinae coniuratione
Con il De Catilinae coniuratione («La congiura di Catilina»), composto
probabilmente nel 42-43 a.C., Sallustio interrompe la tradizione annalistica e sceglie
la storia di tipo monografico, occupandosi di un singolo episodio di storia
contemporanea: il moto rivoluzionario organizzato dall’aristocratico Lucio Sergio
Catilina negli anni 63- 62. La congiura di Catilina rappresentava un momento
significativo degli ultimi anni della repubblica romana, nel quale Sallustio individuava
tutti i segni della crisi che ben presto sarebbe esplosa nelle guerre civili. La
narrazione dei fatti è suddivisa in 61 capitoli.
Il proemio del De Catilinae coniuratione è di carattere filosofico. Dopo i capitoli
proemiali, si apre una rappresentazione storica, con l'illustrazione degli antefatti e
la prima fase della congiura. La seconda fase della congiura, poi, vengono
condannati a morte dei catilinari.
Il De Catiliniae coniuratione è sia di carattere narrativo che descrittivo, nel primo
excursus, Sallustio ripercorre la storia di Roma, sottolineando l’antitesi tra la virtù
degli antichi e la corruzione del presente. Nel secondo excursus invece analizza la
situazione storico-politica di Roma hai tempi della congiura. Ciò permette di
presentare la congiura di Catilina come il motivo della crisi istituzionale e morale,
che porterà al principato.
Sallustio si concentra sugli eventi più significativi, inserendo anche parti
drammatiche, dando la parola ai personaggi. I protagonisti sono presentati
attraverso ritratti che rendono omaggio alla loro virtus individuale, si trova anche la
loro analisi psicologica.
Sallustio presenta Catilina sotto una luce non del tutto negativa, cioè come un
individuo malvagio e corrotto per natura, ma anche affascinante, intelligente,
coraggioso, capace di combattere e morire coraggiosamente in difesa delle proprie
idee. L’ambiguità di questo ritratto riflette due contrastanti sentimenti che agiscono
nell’animo dello scrittore: da un lato l’apprezzamento del democratico per le
motivazioni sociali all’origine della congiura, dall’altro la repulsione del senatore per
un progetto di sovvertimento totale dello Stato oligarchico.
Il ruolo di Catone è sopravvalutato, poiché l’autore vede in questo personaggio il
simbolo delle antiche virtù, da cui ha prodotto la rovina dello Stato. Viene sminuito,
invece, Cicerone, nonostante l’oratore nelle sue funzioni di console abbia affrontato
la crisi con successo, perché è nemico personale dell’autore.
Più complesso il ritratto di Cesare: incarna il rispetto delle leggi, il moderatismo e la
clementia. Per scagionarlo da ogni sospetto di complicità con i seguaci di Catilina
vengono operate trasposizioni cronologiche di alcuni fatti
Per Sallustio, solo Catone e Cesare possono salvare la res publica.
De bello Iugurthinum
Il De bello Iugurthinum («La guerra contro Giugurta»), composto verso il 40 a.C.
circa, narra in 114 capitoli un avvenimento storico antecedente la congiura di
Catilina: la guerra che i Romani combatterono dal 111 al 105 a.C. contro Giugurta,
re di Numidia.
Come la congiura di Catilina, la guerra contro Giugurta è oggetto di analisi
storiografica poiché significativa della lotta politica tra optimates e populares.
Anche in questa monografia il taglio è moralistico e apertamente politico. Giugurta
stesso, l’eroe negativo della narrazione, non ha una natura corrotta, come Catilina,
ma si corrompe a contatto con la società romana: dai Romani impara che con la
corruzione tutto è possibile e se ne serve a suo vantaggio. L’eroe positivo della
monografia è certamente il democratico Caio Mario, che è dotato, secondo
Sallustio, di tutte le doti dell’uomo grande;

Le Historiae
Le Historiae, in 5 libri, narravano le vicende dal 78 a.C., morte di Silla, fino al 67
a.C., data della vittoria di Pompeo sui pirati.
Qui troviamo il lato pessimistico di Sallustio,e il lato negativo della storia recente,
dominato da politici corrotti. L’uccisione di Cesare favorisce nell’autore la perdita di
speranza per la soluzione alla crisi della res pubblica.
LA LINGUA E LO STILE
Sallustio predilige un discorso irregolare, pieno di asimmetrie, antitesi e variazioni di
costrutto: inconcinnitas (disarmonia)
 Irregolarità e variabilità (variatio) del testo
 Periodare parattattico
 omissione dei legami sintattici
 ellissi dei verbi ausiliari
 Utilizzo di arcaismi : novos per novus, lubido per libido, omnis per omnes, -ēre
del perfetto indicativo per –erunt, claritudo per claritas

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