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“IL PRINCIPE”

INTRODUZIONE ALL’OPERA: Con il Principe si assiste quasi alla nascita di un nuovo genere letterario: non
più una dissertazione filosofica o scientifica, ma un SAGGIO, in cui l’autore sostiene e dimostra una sua tesi
personale. Ai suoi tempi l’opera fu uno scandalo, perché:

1) Mette in crisi i valori religiosi;

2) Rifiuta quelli convenzionali laici della trattazione quattrocentesca, che elencava le virtù morali di cui il
“principe” doveva essere espressione;

3) Nel testo di Machiavelli la morale del principe dipende invece dal successo della sua politica, e quindi
anche dalla sorte dello stato stesso.

Da quest’opera nascerà dunque il termine MACHIAVELLISMO, con la famosa citazione spicciola e nata da
una sorta di fraintendimento del messaggio machiavelliano: “il fine giustifica i mezzi”. Nonostante questo, si
riconosce al Machiavelli il merito di essere stato uno dei primi –se non il primo in assoluto- teorico
oggettivo e scientifico della politica. Uno “scienziato della politica”, come spesso è stato definito, capace di
osservare il comportamento umano e di fondare su ciò le sue teorie. Può sembrare strano, poi, che
nell’opera, accanto a realismo e logica spietati convivano anche immaginazione e prospettive utopistiche.
Ma anche se ciò è contrario alla definizione di scienziato, non lo è comunque a quella di saggista. E’ più
corretto dunque riferirsi a Machiavelli non come scienziato, ma come PRIMO SAGGISTA E PENSATORE
DELL’ETA’ MODERNA. Oltre a questo, Machiavelli è stato definito anche MAESTRO DEL SOSPETTO, poiché
nella sua opera invita a GUARDARE SOTTO LE APPARENZE E LE CONVINZIONI SOCIALI E CULTURALI.

PUNTI CHIAVE DEL PRINCIPE: Il Principe è un manifesto politico nato per risolvere la crisi italiana e creare
un nuovo stato, ponendo così fine all’inettitudine dei gruppi dirigenti e sconfiggendo le avversità della
“fortuna”.

Per realizzare questo –sostiene Machiavelli- occorre utilizzare il REALISMO, che si prefigge come scopo
guardare in faccia la realtà, o meglio attenersi alla VERITA’ EFFETTUALE.

La FORTUNA determina in larga misura le vicende umane, e l’uomo può opporle solo la VIRTU’ (ingegno,
prudenza e audacia). In certe occasioni occorre un atteggiamento impetuoso, in altre cauto, e sapersi
adattare alle circostanze è spesso difficile. Ma poiché la “fortuna è donna” –afferma Machiavelli- essa
preferisce in genere i GIOVANI ed IMPETUOSI ai vecchi e prudenti.

La moralità del principe consiste nel fare il bene dello stato, e poiché dunque il principe deve ubbidire
soltanto alla “ragion di stato”, può usare a tal fine anche strumenti moralmente riprovevoli. Questo non
significa che debba essere amorale: il principe può essere sia PIETOSO che CRUDELE, se questo è
necessario. Dev’essere ora BESTIA, ora UOMO (ferinità ed intelligenza), conoscere l’INGANNO e l’ASTUZIA
della volpe, e avere la FORZA del leone.

Il trattato ha, nonostante questo, una prospettiva decisamente utopistica. Lo stile con cui è scritto ha
nell’insieme sia rigore dimostrativo che intensità appassionata.

STRUTTURA:

1) COMPOSIZIONE: L’opera venne scritta all’epoca in cui Machiavelli si trovava confinato nel suo podere. In
una celebre lettera indirizzata a Francesco Vettori, ambasciatore di Firenze a Roma, datata 10 dicembre
1513, Machiavelli annuncia infatti di aver concluso un opuscolo, indicato con il titolo “DE PRINCIPATIBUS”, e
di volerlo dedicare a Giuliano de’ Medici. Il trattato verrà poi indicato dall’autore con titoli diversi (De’
principati, Principe….), ed assumerà il proprio titolo definito solo a partire dalle prime edizioni a stampa.
2) IL GENERE: L’opera è un trattato sul sovrano ideale, tema comune nella trattatistica medievale, che aveva
conosciuto nuova fioritura nel ‘400.

3) DIFFERENZA TRA IL PRINCIPE E GLI ALTRI TRATTATI: le differenze con gli altri trattati dell’epoca sono
presenti sia sul piano teorico, che tematico, che ideologico. Machiavelli resta fedele alla tradizione solo per
quanto riguarda la scelta del titolo, i capitoli di cui si compone e l’organizzazione generale dell’opera.
Machiavelli capiva infatti che le sue proposte anticonformiste avrebbero avuto maggior risultato se
presentate in modo convenzionale.

4) STRUTTURA DELL’OPERA: L’opera si compone di 26 capitoli, ciascuno dei quali con un titolo in lingua
latina. Tuttavia è possibile distinguere nel testo 4 sezioni tematiche di disuguale ampiezza: quattro
differenti nuclei tematici implicitamente presenti nel testo. 1° ) DIFFERENTI TIPI DI PRINCIPATO E UN
NUOVO PRINCIPATO DA CREARE; 2°) MILIZIE MERCENARIE E MILIZIE PROPRIE; 3°) LE VIRTU’ CHE SI
ADDICONO AD UN PRINCIPE; 4°) ESORTAZIONE FINALE AI MEDICI, ESAME DELLA SITUAZIONE ITALIANA E
CONSIDERAZIONI SUL POTERE DELLA FORTUNA NELLA VITA DEGLI UOMINI. Alcuni capitoli, poi, sono punti
di particolare rilievo nella trattazione:

La dedica a Lorenzo de’ Medici, che definisce la situazione di Machiavelli in rapporto al potere costituito e
in cui l’autore espone un giudizio complessivo sul proprio testo.

 Il capitolo VI, che volge l’attenzione sulla fondazione di un nuovo stato.


 Il capitolo XV, che dà inizio ad una serie di riflessioni sulle qualità necessarie al principe e sulla
pratica di governo. Qui Machiavelli avverte che la sua impostazione sarà del tutto nuova rispetto
alla trattatistica precedente.
 Il capitolo XXVI, che contiene l’EXORTATIO finale. Questo capitolo è diverso dagli altri, di
andamento lucidamente ragionativo, poiché caratterizzato dalla prevalenza dell’aspetto emotivo.

LA DEDICA: Nella dedica dell’opera il Machiavelli si rivolge al figlio di Lorenzo de’ Medici, offrendogli l’opera
in cui sono riassunte le imprese dei grandi uomini, meditate attraverso una lunga esperienza delle cose
moderne e una continua lettura delle antiche. E’ una sorta di imitazione del “DISCORSO A NICOCLE” di
Isocrate per il re di Salamina. Era infatti, nel ‘400, il più conosciuto SPECULUM PRINCIPIS dell’antichità.

TIPOLOGIA DEI PRINCIPATI: Quest’argomento viene affrontato nel primi 11 capitoli dell’opera. Nel
secondo, si fa un breve accenno agli stati ereditari, più facilmente conservabili di quelli nuovi, poiché il
principe manterrà il suo stato a meno di qualche impedimento o forza straordinaria. Nel terzo si parla
invece dei principati misti. Nel quarto e nel quinto si approfondisce la questione del principato nuovo,
formato da province recentemente annesse. Nel sesto si dice invece che la conquista di nuovi principati può
realizzarsi con armi proprie e attraverso la virtù del principe, oppure (ma siamo già al settimo capitolo) con
armi altrui e per fortuna, come è accaduto al Duca Valentino. Nel settimo si prende in considerazione il
principato governato esclusivamente con la crudeltà, il che produce la diminuzione del consenso da parte
del popolo. L’ottavo e il nono capitolo hanno per tema il consenso dei cittadini e il rapporto fra questi ed il
principe. Nel decimo si parla invece delle forze dei principati, che possono essere messe in campo contro i
nemici esterni. L’undicesimo capitolo tratta invece del principato ecclesiastico, che fonda la sua forza sulla
religione ed è, per questo, posto fuori da ogni campo di indagine.

ORDINAMENTO MILITARE: L’argomento era già stato trattato diverso tempo prima, quando Machiavelli si
era impegnato per dotare la repubblica fiorentina di truppe proprie per evitare il ricorso alle armi
mercenarie. Nel principe Machiavelli dedica tre capitoli a contrastare le tesi favorevoli alle truppe
mercenarie. Infatti:
1) Solo le armi proprie possono garantire la sicurezza dello stato;
2) Le armi mercenarie possono rivelarsi pericolose;
3) Anche le armi AUSILIARIE (fornite da alleati: mercenarie o proprie) sono altrettanto insicure.
Inoltre il principe viene consigliato di non distogliere mai il pensiero dall’esercizio della guerra. Il principe
non deve infatti stare in ozio nei periodi di pace, affinché “quando si muta la fortuna, lo trovi parato a
resisterle”.
LE QUALITA’ E LE VIRTU’ NECESSARIE AD UN PRINCIPE: Nel Principe di Machiavelli si assiste ad un modo
differente di porre il problema morale: nel rispetto della “verità effettuale” sta infatti la virtù del principe.
Vizio e virtù mutano in questo testo radicalmente di significato rispetto a quello della tradizione e dell’etica
comune.

Il primo problema che l’autore si pone è: è più utile al principe essere LIBERALE o PARSIMONIOSO? La
liberalità è la disponibilità a spendere con noncuranza, valore della civiltà cortese e disvalore nella civiltà
mercantile. Secondo Machiavelli è meglio la parsimonia, con la quale si evita di sperperare le ricchezze
dello stato e di opprimere fiscalmente i sudditi. La parsimonia farà sì che il principe sia apprezzato da molti
e quindi LE AZIONI DEL PRINCIPE SARANNO VALUTATE SULLA BASE DELLA LORO EFFETTIVA EFFICACIA E
RAPPORTATE AL PROBLEMA DEL CONSENSO, ALLA DIALETTICA TRA POPOLO E PRINCIPE.

Il secondo problema: è più utile la crudeltà o la pietà? Se ogni principe può desiderare di essere
considerato pietoso e non crudele, tale pietà, se usata male, può risultare generatrice di disordine, e quindi
dannosa. Inoltre LA CRUDELTA’ E’ SPESSO NECESSARIA. Decidere fra l’una e l’altra non è sempre facile.

La conclusione è dunque che il principe SAVIO deve saper usare la crudeltà ed essere temuto, ma sapere
anche evitare di incorrere nell’odio del suo popolo.

Altro rovesciamento dell’etica tradizionale si ha riguardo alla fedeltà e alla lealtà del principe, da sempre
considerate virtù lodevoli. Secondo Machiavelli, però, LA POLITICA E’ UN’ARTE CENTAURESCA, E DUNQUE
CHE IL PRINCIPE SAPPIA ANCHE RICORRERE ALLA VIOLENZA E ALL’INGANNO.

Come evitare poi l’odio del popolo, e conquistarne invece il consenso? Machiavelli parla a questo riguardo
di “azioni utili” affinché i sudditi non rappresentino una minaccia: se è opportuno armare o disarmare i
sudditi, tenerli divisi e costruire fortezze, e se è possibile ottenere il consenso con spettacolari imprese (es.
Ferdinando d’Aragona, che ha conquistato la roccaforte di Granada ed unificato la Spagna nel segno della
riconquista cattolica, facendo in questo modo anche un ottimo USO POLITICO DELLA RELIGIONE). Infine
Machiavelli si interroga riguardo la scelta dei collaboratori del principe e la necessità di difendersi dagli
adulatori.

ULTIMA PARTE: Nel capitolo XXIV Machiavelli affronta l’argomento relativo alle cause della perdita dello
stato da parte dei principi italiani, cosa che –se il principe seguirà invece i consigli da lui sopra citati- a lui
non accadrà mai. Queste cause sono UMANE e SOCIALI.

Riguardo i principi italiani, Machiavelli sostiene che essi hanno sempre inutilmente sperato che gli
occupanti stranieri facessero sorgere nell’animo dei sudditi il rimpianto del loro governo. Inoltre si sofferma
a commentare riguardo il consenso che essi non sanno creare neanche in tempo di pace.

Nel capitolo XXV si discute invece riguardo al rapporto tra VIRTU’ e FORTUNA. Nel capitolo conclusivo, il
XXVI, vi è l’esortazione finale a liberare l’Italia dagli stranieri.

L’IDEOLOGIA DEL PRINCIPE: I punti principali del trattato sono l’aderenza alla realtà e la sua osservazione.
Vengono infatti eliminati tutti i criteri di valutazione della realtà orientati ad una finalità trascendente o
provvidenziale. Ne consegue il principio cardinale della VERITA’ EFFETTUALE, propensione realistica e
mondana ad indagare la verità umana, cosa che si rileva anche fra gli scrittori del ‘300, specie in Boccaccio.
Appare dunque necessario verificare il collegamento logico tra la realtà e l’effetto che ne scaturisce, e
facendo questo è addirittura possibile prevedere gli eventi futuri.

L’opera venne scritta in una fase di acuta crisi e di sconfitta politica e militare dell’Italia, nonché di
Machiavelli. Nel trattato egli cerca dunque di spiegare il perché di una simile situazione mettendo in
discussione la pratica di certi dirigenti di Firenze e degli stati italiani in genere. Di fronte a tutto questo
Machiavelli propone una soluzione estrema: l’abbandono degli interessi particolari, i quali sono visti come
causa prima della decadenza e della corruzione italiane.

Appare chiaro dal testo il carattere niente affatto tecnico o neutrale della teoria machiavelliana. Nel suo
scritto appaiono piuttosto, uniti insieme, SCIENTIFICITA’ e PASSIONE. In lui è presente la ferma convinzione
che il conoscere la realtà storica sia intimamente connesso con la volontà stessa di trasformarla: al
fatalismo bisogna rispondere cercando di progettare e trasformare la realtà sociale e naturale.

Secondo Machiavelli, poi, i processi anche violenti di ridistribuzione del potere e di ricostruzione di nuove
alleanze sociali e la sconfitta dei ceti oligarchici e della vecchia nobiltà feudale aprono alle classi produttive
la strada per un ruolo decisivo nelle nuove istituzioni. Innanzi tutto è necessario superarre i particolarismi
dell’eredità feudale. Dopodiché viene delineata una figura di principe in grado di costruire il consenso e
rapportarsi dialetticamente al popolo ostacolando le pretese egemoniche degli ottimati. Si sta delineando,
dunque, nella mente di Machiavelli, lo STATO MODERNO.

Lo stato che egli ha in mente non è infatti tirannico o assoluto. Anzi, per Machiavelli la legittimità esige
l’eliminazione dell’arbitrio illegale rappresentato del comportamento delle fazioni aristocratiche. SI DEVE
CREARE UNA SITUAZIONE DI LEGALITA’ GRAZIE ALLA QUALE IL POPOLO POTRA’ RICONOSCERSI NELLO
STATO.

ETICA E POLITICA: Alcuni capitoli del Principe sono celebri per la loro presunta IMMORALITA’. Infatti vi
sono idee mai citate nella precedente trattatistica:

1) La concezione laica dello stato, ad esempio. Per la prima volta scompare dunque ogni elemento
provvidenzialistico o finalistico, e non vi è traccia del modello politico unitario medievale incentrato sul
binomio Chiesa-Impero.

2) Ne deriva anche una diversa concezione dell’uomo, fondata su una visione materialistica del mondo:
messa al bando ogni prospettiva trascendente, ogni fede in un dio cristiano o platonico, l’essere umano fa
integralmente parte del mondo materiale come ogni altro essere naturale. La parte ISTINTIVA e BESTIALE,
rappresentata dal centauro, è intimamente presente anche nell’uomo. Bisogna –secondo Machiavelli-
guardare senza veli alle radici ferine e ai bisogni materiali, agli “appetiti” e agli “umori” che muovono le
azioni degli uomini.

3) Nonostante i condizionamenti biologici, il ruolo dei soggetti non risulta tuttavia depresso, ma esaltato. Il
soggetto può farsi valere, ma solo a partire dalla coscienza dei condizionamenti materiali è possibile una
prassi che trasformi la società.

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