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CANTI DIVINA COMMEDIA RIASSUNTI (V-X)

CANTO V

Tempo: venerdì santo 8 aprile 1300, ultime ore.

Luogo: cerchio 2°: lussuriosi. Una landa priva di luce, battuta da tremende raffiche di vento.

Personaggi: Virgilio, Dante, Minosse, Paolo Malatesta e Francesca di Rimini, Didone, Cleopatra, Elena, Achille, Paride, Tristano.

Lussuriosi= Sono peccatori che hanno ricercato le soddisfazioni dei sensi contro ogni regola, abbandonandosi smodatamente alle
passioni, tanto da sottomettere la ragione al talento. Li colpisce un vento furioso che non si acquieta, non conosce sosta e
sospinge trascinandoli rovinosamente per tutto il girone.

Il secondo cerchio e Minosse


Dante giunge nel secondo cerchio all'ingresso del quale è posto Minosse, giudice infernale, che, dopo aver ascoltato dai dannati
la confessione delle loro colpe, attribuisce a ciascuno il luogo di pena meritato attorcigliando la sua coda attorno al corpo tante
volte quanti sono i cerchi che i dannati dovranno scendere per ricevere la loro punizione. Accortosi della presenza di Dante,
Minosse tenta di intimidirlo, ma, a difesa del poeta, interviene con forza Virgilio, tacitando il rabbioso demone con la recisa
affermazione che il viaggio ultraterreno di Dante avviene per esplicita volontà di Dio.

I lussuriosi
Le anime di questo cerchio, i lussuriosi, sono condannate a essere incessantemente travolte da una vorticosa bufera di vento,
perché in vita sottomisero la ragione all'impeto dei sensi. Virgilio indica al suo discepolo alcuni fra i più celebri amanti di ogni
tempo, da Semiramide a Elena di Troia, da Cleopatra a Tristano.

Paolo e Francesca
Colpito dall'immagine di due anime che procedono insieme, Dante chiede e ottiene dalla sua guida di poter parlare con loro. Le
anime escono dalla schiera dei dannati e gli si avvicinano rapide e leggere come colombe che volano verso il nido. Si tratta dì
Francesca da Rimini e Paolo Malatesta, gli infelici cognati che, complice la lettura della storia d'amore tra la regina Ginevra e
Lancillotto del Lago, furono travolti da una violenta passione che fu la causa della loro morte.

Il racconto
È Francesca stessa a raccontare tra lacrime e sospiri la dolorosa vicenda, ricordando il bacio ardente del cognato e la tragedia che
ne seguì. I due amanti, infatti, scoperti, furono uccisi da Gianciotto, legittimo consorte di Francesca e fratello di Paolo. Mentre
Francesca narra la vicenda, Paolo piange in silenzio e Dante, in preda a una profonda commozione, perde i sensi.

CANTO VI
Tempo: venerdì santo 8 aprile 1300, verso la mezzanotte.

Luogo: 3° cerchio: golosi. Una pioggia incessante di acqua sporca, neve e grandine cade sulla terra che esala fetore.

Personaggi: Virgilio, Dante, Ciacco, Cerbero

Golosi = Sono riversi a terra, flagellati dalla pioggia etterna maladetta, fredda e greve; su di essi infierisce il demonio Cerbero,
graffiandoli, scuoiandoli e squartandoli.

Il terzo cerchi: fra i golosi


Riprendendo coscienza dopo lo svenimento per la vicenda Paola e Francesca, Dante si accorge di essere nel terzo cerchio. La
colpa dei dannati, in vita, è quella di aver amato troppo i cibi raffinati e ora sono martellati da un'incessante pioggia fetida, mista
a grossa grandine e neve, e urlano di dolore con la testa nel fango puzzolente.

Cerbero
Custode del terzo cerchio è Cerbero, demone a tre teste dagli occhi rossi. Egli latra furioso e scortica e scuoia con le unghie gli
infelici dannati. Vedendo i due poeti, il mostro ringhia paurosamente contro di loro, mostrando i denti. Virgilio si china, afferra
una manciata di fango e la getta nelle bocche spalancate del mostro, che si zittisce.

Ciacco
Dante e Virgilio non possono fare a meno di camminare sopra i dannati che giacciono distesi nel fango, percossi dalla pioggia.
Uno di essi, levatosi a sedere al passaggio dei poeti, rivolge la parola a Dante, chiedendogli se lo riconosca. Ricevuta risposta
negativa, dice di essere nato a Firenze, città piena d'invidia, di chiamarsi Ciacco e di essere stato condannato a scontare in quel
luogo i peccati della gola.

La profezia di Ciacco
Mostrandosi addolorato per la sorte di Ciacco, Dante gli domanda quale sarà il futuro di Firenze, tormentata dalle lotte tra le
fazioni, quali siano le ragioni di tali discordie e se tra i fiorentini esista qualche uomo giusto. Ciacco profetizza allora che la lotta
fra Bianchi e Neri si concluderà con la vittoria finale dei Neri attraverso l'aiuto del papa Bonifacio VIII. Pochissimi sono gli uomini
giusti e restano inascoltati perché Firenze brucia ormai di superbia, invidia e avarizia. Dante chiede ancora se Farinata, il
Tegghiaio, Jacopo Rusticucci, Arrigo, il Mosca e altri ragguardevoli fiorentini gustino le gioie del Paradiso o soffrano le pene
dell'Inferno, venendo a sapere che tutti sono dannati e che potrà incontrarli nei cerchi più bassi.

Le pene dei dannati dopo il giudizio


Finito questo, Ciacco si sdraia nel fango e Virglio spiega che non si alzerà mai più da lì fino al giorno del Giudizio Universale. Dante
domanda a Virgilio, se dopo la sentenza finale, i tormenti delle anime, aumenteranno o diminuiranno e Virgilio gli conferma che
le pene dei dannati aumenteranno.

CANTO VII
Tempo: sabato 9 aprile 1300, prime ore.

Luogo: cerchio 4°: avari e prodighi; cerchio 5’: iracondi e accidiosi.

Il quarto cerchio, definito lacca, è una fossa probabilmente vasta e pianeggiante, vigilate da Pluto;

il quinto (vigilato da Flegias) è invece costituito dalla palude Stigia, una lorda pozza di acque nere e fangose.

Personaggi: Virgilio, Dante, Pluto

Il demone Pluto
Il canto inizia con le urla rabbiose di Pluto indirizzate ai due poeti, ma Virgilio intima al demone di tacere e di non opporsi al
decreto divino che ha voluto il viaggio di Dante attraverso l'Inferno.

Il quarto cerchio: tra avari e prodighi


Scesi nel quarto cerchio, luogo di pena degli avari e dei prodighi, Virgilio e Dante vedono i dannati, divisi in due schiere, spingere
col petto grossi massi, percorrendo il cerchio stesso in senso opposto. Dopo un inevitabile scontro tra i due gruppi, i dannati
urlano violentemente, attribuendosi l'un l'altro la colpa. In questo assurdo faticare e penare sta il contrappasso per chi nella vita
non faceva fatto altro che accumulare o disperdere ricchezze

Anime di ecclesiastici dannati per avarizia


Virgilio spiega che entrambe le schiere dei dannati sono costituite da uomini che non furono capaci di gestire con misura il
proprio patrimonio; quelli che si trovano alla sua sinistra e hanno la testa rasata sono ecclesiastici (papi e cardinali) puniti per la
loro avarizia. Il giorno del Giudizio universale risorgeranno con il capo rasato, mentre i prodighi avranno i pugni chiusi.

Il ruolo della fortuna nella vita umana


Dante domanda quindi alla sua guida che cosa sia la fortuna e Virgilio gli spiega che essa è la responsabile dei beni materiali e ha
un compito pari a quello delle divine intelligenze, che fanno sì che gli influssi dei nove cieli giungano in tutto l'universo. Come una
ruota distribuisce i beni agli uomini, mutandone, a suo piacimento, la destinazione. I due poeti giungono quindi sull'orlo del
quinto cerchio.

Il quinto cerchio: nello Stige, fra iracondi e accidiosi


Qui una fonte d'acqua ribollente e scura scende giù per un fossato fino alla palude dello Stige. Seguendone il corso, essi si
trovano al cospetto degli iracondi e degli accidiosi. Sono anch'essi separati in due schiere; i primi stanno in superficie, ignudi,
insozzati dal fango, e si percuotono e addentano crudelmente l’un l’altro. I secondi sono interamente ricoperti dal fango che, al
contrario, non bruciarono mai di quell’ira santa che deve ardere nel cuore del giusto. Non hanno volto né voce: semplici bolle
sulla superficie dell’acqua stagnante, dichiarano la loro presenza e il loro tormento.
I due poeti giungono infine ai piedi di una torre.

CANTO VIII

Tempo: sabato 9 aprile 1300, prime ore.

Luogo: cerchio 5°: iracondi e accidiosi (il cerchio, vigilato da Flegias, è costituito dalla palude Stigia, una lorda pozza di
acque nere e fangose); mura della città di Dite. Virgilio e Dante intravedono da lontano le torri di una città infuocata
e giungono sotto le porte vigilate da migliaia di diavoli.

Personaggi: Virgilio, Dante, Filippo Argenti, Flegiàs, demoni

Iracondi e accidiosi
Immersi nelle acque limacciose della palude Stigia, sono separati in due schiere, i primi stanno in superficie ignudi,
insozzati dal fango e si percuotono crudelmente l'un l’altro, perché in vita fecero soffrire gli altri, ora fanno soffrire se
stessi. Gli accidiosi che, al contrario, non bruciarono mai di quell'ira santa che deve ardere nel cuore del giusto: non
seppero apprezzare la bellezza della loro vita, ora sono immersi sempre nella stessa palude fangosa e non possono
più vedere nulla.

Il quinto cerchio e il demone Flegias


Due fuochi che si accendono su un'alta torre, ai quali risponde un'altra fiamma lontana, suscitano l'attenzione di
Dante. Il poeta scopre allora, su indicazione di Virgilio, che si tratta di segnali rivolti al nocchiero Flegias, il diavolo
traghettatore delle anime sulla palude quale, in risposta, rapido come un baleno, giunge sulla sponda dove si trovano
Dante e Virgilio. Flegias urla all'indirizzo di Dante la sua soddisfazione di poter traghettare un nuovo dannato, ma
Virgilio lo disillude, dicendogli chiaramente che dovrà accontentarsi di traghettarli soltanto sull'altra riva.

Alterco di Dante con Filippo Argenti


Durante la traversata, un dannato, Filippo Argenti, sollevatosi dalle acque fangose, dopo un violento battibecco con
Dante, cerca di rovesciare la barca. Virgilio però lo allontana con aspre parole e loda il poeta che ha inveito contro
questo spirito maledetto. Questi poi, in un coro di urla e di rabbia, viene afferrato da altri dannati che, con
soddisfazione di Dante, ne fanno strazio.

Le mura della città di Dite


Di lì a poco Dante, preavvertito da forti lamenti, avvista le torri della città di Dite che, rosseggianti, si levano in alto.
La barca giunge sulla sponda e Flegias urla ai due poeti di scendere: si trovano ormai vicini alla porta della città.
Subito ne escono pila di mille diavoli che sbarrano l'ingresso ai due poeti, domandando come mai Dante, ancora vivo,
si trovi in quel luogo. Virgilio chiede di parlare con loro, ma ottiene di potersi avvicinare da solo: i diavoli, infatti, si
mostrano determinati nel rimandare indietro Dante che, impaurito, invoca l'aiuto della sua guida.

Virgilio e Dante respinti dalla città


Virgilio non riesce tuttavia a ottenere il permesso di entrare ma conforta Dante, rivelandogli che presto, aiutati da un
misterioso personaggio, entrambi entreranno nella città di Dite.

CANTO IX

Tempo: sabato 9 aprile 1300, prime ore del mattino.

Luogo: cerchio 6°: eretici. Entrati nella città di Dite, Virgilio e Dante si trovano in una vasta pianura, disseminata di
tombe fra le quali sono accesi fuochi che le fanno arroventare.

Personaggi: Virgilio, Dante, Furie (Megera, Aletto, Tesifone), Medusa, Messo celeste, demoni.

Eretici = Sono sepolti nelle arche infuocate, da cui escono lamenti, e sono divisi in gruppi a seconda della setta di
appartenenza.

In attesa del Messo celeste


Accorgendosi che Dante è pallido di paura, Virgilio abbandona il risentimento che gli dipinge il volto, mentre attende
inquieto il Messo celeste. Dante gli chiede allora se le anime del primo cerchio scendano talvolta fino al fondo del
baratro infernale. Virgilio risponde affermativamente e rassicura il poeta fiorentino dicendogli che egli stesso conosce
quei luoghi per esserci già stato quando fu evocato dalla maga Eritone, per richiamare l'anima di un traditore
dell'ultimo cerchio dell'Inferno.

Le tre furie infernali


Improvvisamente l'attenzione di Dante viene attratta dalla presenza, sulla cima della torre, di Megera, Aletto e
Tesifone, le tre furie infernali (le Erinni), con innumerevoli serpenti per capelli e altri di colore verde che li circondano
(o li vestono). Le mostruose creature urlano spaventosamente all'indirizzo di Dante e invocano la minore delle tre
Gorgoni, Medusa, che lo tramuti in pietra. Virgilio allora esorta Dante a voltarsi indietro e lo aiuta a coprirsi gli occhi
per sottrarsi alla vista del mostro.
L'arrivo del Messo celeste
All'improvviso si ode un rumore come di vento impetuoso, che scuote la palude dello Stige e mette in fuga i dannati,
che si acquattano nel fondo melmoso. Virgilio esorta Dante a togliere le mani dagli occhi per il sopraggiungere del
Messo celeste. Arrivato alla porta della città, egli l'apre con una verghetta. Urla allora all'indirizzo dei demoni la loro
presunzione e arroganza e, ricordando che è volere di Dio che i due poeti passino attraverso la città, li minaccia di
ulteriori pene divine.

Cerchio sesto: fra epicurei ed eretici, nella città di Dite


Virgilio e Dante entrano allora indisturbati nella città di Dite. Guardandosi attorno, Dante vede una distesa
pianeggiante, punteggiata da numerosissime tombe con il coperchio sollevato, rese incandescenti da fuochi che
ardono tutt'intorno, e apprende da Virgilio che li sono puniti gli eresiarchi.

CANTO X

Tempo: sabato 9 aprile 1300, verso le quattro del mattino.

Luogo: cerchio 6°: eretici. Entrati nella città di Dite, Virgilio e Dante si trovano in una vasta pianura, disseminata di
tombe tra le quali sono accesi fuochi che le fanno arroventare.

Personaggi: Virgilio, Dante, Farinata degli Uberti, Cavalcante de' Cavalcanti, Federico II, Ottaviano degli Ubaldini

Eretici = Sono sepolti nelle arche infuocate, da cui escono lamenti, e sono divisi in gruppi a seconda della setta di
appartenenza.

Le tombe degli epicurei


Dante chiede se sia possibile vedere le anime che giacciono nelle tombe scoperchiate e Virgilio risponde che esse,
luogo di pena degli epicurei saranno chiuse il giorno del Giudizio universale.

Farinata degli Uberti


Improvvisamente una voce si rivolge all'indirizzo di Dante: è quella di un un dannato che riconosce dall'accento Dante
come concittadino e lo invita a fermarsi; il poeta si accosta impaurito a Virgilio, che lo esorta piuttosto a guardare
Farinata (perché del grande ghibellino si tratta).
Farinata, visibile dalla cintola in su, ritto nel sepolcro, fissa sdegnoso Dante e, dopo avergli chiesto chi siano i suoi
antenati, ricorda che (gli Alighieri) furono suoi fieri avversari e che per due volte li sbaragliò e li disperse. Dante
controbatte affermando che entrambe le volte essi ritornarono in Firenze, e vi rimasero definitivamente, a differenza
dei Farinata che ancora oggi non possono entrare in città.

Cavalcante Cavalcanti
All'improvviso, dalla tomba scoperchiata, si leva un'anima che chiede perché suo figlio, Guido Cavalcanti, non sia con
lui. Il poeta, riconosciuto il padre dell'amico, risponde di essere lì non in virtù dei propri meriti, ma della Grazia divina,
della quale Guido non ha tenuto conto. Cavalcanti, credendo di cogliere nelle parole di Dante l'accenno alla morte del
figlio, si lascia ricadere supino dentro la tomba, disperato.

La profezia di Farinata
Ma Farinata, senza mostrare segni di turbamento, riprende il discorso politico, profetizzando a Dante l'esilio.
Aggiunge inoltre che, pur fra la violenza delle lotte civili, egli solo, dopo la vittoria di Montaperti, si oppose alla
distruzione di Firenze. Prima di congedarsi dal magnanimo ghibellino, Dante gli chiede se i dannati conoscano il
futuro e se ignorino il presente.

I compagni di Pena di Farinata


Farinata risponde che, come i presbiti, hanno solamente la visione degli avvenimenti lontani. Dante allora lo prega di
riferire a Cavalcanti che il figlio Guido è ancora vivo. Chiede infine chi siano i suoi compagni di pena ed egli nomina
Federico II e il cardinale Ottaviano degli Ubaldini.
CANTO XII

Tempo: alba del sabato santo del 9 aprile 1300

Luogo: ambientato nel secondo girone del 7° cerchio: È un bosco fitto, buio, tetro, terrificante, dove non
crescono piante e fiori ma solo intricati e neri cespugli e dove abitano mostruose creature come le Arpie e
le cagne infernali.
Personaggi: Dante, Virgilio, Pier delle Vigne, Lano da Siena, Iacopo da Sant’andrea, un fiorentino suicida

Peccatori e pena: in cui sono punite le anime dei violenti contro se stessi, nella persona (i suicidi) e nelle
cose (gli scialacquatori). I suicidi sono trasformati in sterpi lacerati dalle arpie. Gli scialacquatori sono
inseguiti e dilaniati da cagne.
Nel bosco dei suicidi: le Arpie
Passato a guado il Flegetonte, Dante e Virgilio giungono nel secondo girone del settimo cerchio e si addentrano in un
fitto e tetro bosco, privo di sentieri. Gli alberi sono nodosi, contorti e sprovvisti di foglie. Sui loro rami nidificano le
Arpie, i mitici mostri dell'antichità greca. Inoltrandosi, Dante ha l'impressione di udire voci di persone nascoste dietro
gli alberi, ma ben presto spezzando, su invito di Virgilio, un ramoscello, dal quale sgorga sangue misto a lamenti,
conosce la verità: si tratta di anime di dannati, imprigionate eternamente nelle piante.

Pier della Vigna (l’anima imprigionata nel cespuglio)


Virgilio invita a parlare la pianta ancora sofferente ed essa racconta la sua vicenda terrena, con la speranza che
Dante, ritornando nel mondo dei vivi, renda giustizia alla sua memoria. L'anima è quella di Pier della Vigna, il più
ascoltato consigliere di Federico II di Svevia. Vittima dell'invidia, l'illustre cortigiano cadde in disgrazia presso
l'imperatore al punto che, sapendosi innocente, incapace di sottrarsi alla vergogna delle accuse che gli venivano
rivolte, si uccise.

Il destino dei suicidi


Le parole del dannato turbano profondamente Dante che, da un'ulteriore risposta, apprende come l'anima dei suicidi
divenga pianta nodosa e che perfino dopo il Giudizio Universale essi saranno i soli a non rientrare nel proprio corpo: il
corpo di ciascuna anima penzolerà dall'albero che la racchiude (per analogia non sono degni di avere il loro corpo).

Gli scialacquatori
Improvvisamente, annunciate da un confuso rumore, appaiono le anime nude e graffiate di due dannati (Lano da
Siena e Iacopo da Sant’Andrea) che corrono inseguite da un branco di cagne fameliche. Per sfuggire alla caccia, una di
esse si acquatta in un cespuglio della selva, ma, raggiunta, viene orrendamente dilaniata, mentre dai rami spezzati
del malcapitato cespuglio sgorga il sangue misto a dolorosi lamenti. È questa la punizione riservata agli scialacquatori,
che in vita fecero strazio del proprio patrimonio. Il cespuglio dove si era nascosto Lano appartiene a un’anima
anonima di firenze.

CANTO XV

Tempo: sabato 9 aprile 1300, verso l’alba

Luogo: cerchio 7° - girone 3°: violenti contro Dio e la natura (sodomiti). Una landa circondata dalla selva dei suicidi;
essa è costituita da un sabbione infuocato, su cui cadono falde di fuoco, come di neve in alpe senza vento.

Personaggi: Virgilio, Dante, Brunetto Latini, Prisciano, Francesco d’Accorso, Andrea de’ Mozzi

Peccatori e pena: Sono costretti a camminare senza sosta, mentre la pioggia di fuoco cade impietosa e incessante.
Inutile è la tresca delle misere mani per cercar riparo dalle fiamme. Sono i peccatori più numerosi del girone.

I sodomiti Dante sta percorrendo uno dei due argini del ruscello di sangue bollente che deriva dal fiume Flegetonte e
costeggia il sabbione infuocato. Si è ormai allontanato dalla selva dei suicidi al punto che, voltandosi indietro, non
potrebbe più vederla. Durante il percorso, incontra una schiera di sodomiti che cammina sul sabbione, intenta a
guardare nella sua direzione.

Brunetto Latini
Viene riconosciuto con grande meraviglia da uno di questi che, per attirare la sua attenzione, lo chiama e lo
afferra per il lembo della veste. Nonostante il fuoco ne abbia modificato le sembianze, con sorpresa Dante
riconosce in lui Brunetto Latini, il suo maestro. Questi chiede di poter parlare con l'antico discepolo e Dante
ottiene l'assenso di Virgilio. A Brunetto Latini, però, non è permesso, come agli altri sodomiti, fermarsi neppure
un istante, pena un ulteriore tormento. Così apprende le ragioni per le quali Dante si trova nell'Inferno.

La profezia di esilio per Dante


Brunetto tesse le lodi del suo ingegno e gli profetizza le sventure che prossimamente lo colpiranno a causa della
cecità e dell'invidia dei fiorentini. Dante non coglie pienamente il senso delle parole del maestro e spera che la
predizione gli sarà spiegata in altro luogo da Beatrice. Risponde tuttavia di essere pronto ad affrontare qualsiasi
avversità, pur di rimanere sereno con la propria coscienza.

Gli altri sodomiti


Dopo aver ascoltato l'apprezzamento di Virgilio per le parole pronunciate, Dante chiede a Brunetto di conoscere
il nome di qualcuno dei dannati che scontano la loro colpa in quel girone. Apprende che chierici e letterati di
chiara fama pagano lì il peccato di sodomia (fra questi Francesco d'Accorso e il vescovo Andrea de' Mozzi, anche
se quest'ultimo non lo nomina direttamente). Nel frattempo Brunetto vede sopraggiungere un'altra schiera di
dannati e conclude il suo discorso con Dante, raccomandandogli l'opera che soprattutto gli ha dato fama presso i
viventi, il suo Tresor. Corre infine a raggiungere i dannati della sua schiera.

CANTO XVII

Tempo: sabato 9 aprile 1300, verso l’alba

Luogo: cerchio 7° girone 3°: violenti contro l'arte, nipote di Dio (usurai). Virgilio e Dante si trovano sul bordo del
settimo cerchio e procedono sul margine di pietra, scorgendo verso il basso il sabbione infuocato.

Personaggi: Virgilio, Dante, Reginaldo degli Scrovegni, Catello dei Gianfigliazzi, uno della famiglia degli Obriachi,
Gerione

Peccatori e pena: Su di loro cade la pioggia di fuoco: siedono lungo i bordi del girone e fissano la borsa che pende al
loro collo con lo stemma della famiglia di appartenenza. Inutile è la tresca delle misere mani per cercar riparo dalle
fiamme.

Gerione, l'orribile mostro


Virgilio indica a Dante il sopraggiungere di Gerione, l'orribile mostro con il volto dell'uomo giusto (con
sembianze normali) e il corpo di serpente, simbolo della frode. Rivolto a Gerione, che ha le zampe di leone
pelose fino alle ascelle, la coda appuntita e la pelle a chiazze colorate, Virgilio lo invita ad accostarsi all'orlo del
baratro. I due poeti allora scendono verso di lui e, vicini all'argine del pozzo infernale, vedono alcuni dannati
seduti sulla sabbia infuocata. Virgilio esorta Dante a intrattenersi con loro finché egli parlerà con il mostro
perché li aiuti a raggiungere l'ottavo cerchio.

Le anime degli usurai


Il poeta fiorentino si avvicina alle anime (si tratta degli usurai), ma, pur osservandole attentamente, non ne
riconosce alcuna, sfigurate come sono dal fuoco. Si accorge però che ciascuna porta, appesa al collo, una borsa di
colore diverso contrassegnata da un simbolo, l'insegna nobiliare della famiglia cui i dannati appartennero.
Dante riconosce un leone azzurro su fondo giallo (è uno dei Gianfigliazzi di Firenze) e un'oca bianca su fondo
rosso (quella degli Obriachi).

Un padovano tra i fiorentini


Un dannato, che porta impressa sulla borsa una scrofa azzurra su fondo bianco (Reginaldo degli Scrovegni),
rivela a Dante di essere originario di Padova, mentre la maggior parte dei dannati di quel luogo è fiorentina.
Sbraitando invita quindi il poeta ad allontanarsi, preannunciandogli la venuta tra loro di Vitaliano, suo
concittadino, e del grande cavaliere fiorentino Gianni Buiamonte, noto usuraio e bancarottiere, la cui borsa sarà
effigiata da tre becchi.

La discesa in groppa a Gerione


Dante torna da Virgilio e lo trova seduto sulle spalle di Gerione, pronto per la discesa nell'ottavo cerchio. Per il
timore che la coda del mostro possa fare del male al discepolo, Virgilio lo fa salire davanti a lui e Dante
obbedisce terrorizzato. La discesa dei due poeti si svolge sicura e senza inconvenienti, nonostante la folle paura
di Dante. Portato a termine il suo compito, il mostro si dilegua rapidamente.

CANTO XXVI
Tempo: sabato 9 aprile 1300, verso l’alba

Luogo: cerchio 8°- bolgia 8°: consiglieri fraudolenti. La bolgia è immersa in un profondo silenzio ed è avvolta da una
fittissima tenebra in cui lampeggiano le fiamme che nascondono le anime dei dannati.

Personaggi: Dante, Virgilio, Ulisse e Diomede

Consiglieri fraudolenti: Così tradizionalmente sono appellati questi peccatori che posero la loro acuta intelligenza
non al servizio della verità ma della frode e dell'inganno. Sono soprattutto consiglieri politici e militari che diedero
spregiudicate indicazioni per far valere una causa, un partito o un personaggio.

Invettiva contro Firenze


Prima di risalire dalla settima bolgia, Dante pronuncia un'invettiva contro Firenze, rimproverandole la cattiva
fama che la contraddistingue nel mondo; infatti ne ha abbastanza dei suoi cittadini.

Nell'ottava bolgia: tra i consiglieri di frode


Dal ponte dell'ottava bolgia, in cui scontano la propria pena i consiglieri di frode, il poeta vede un'immensa
distesa brulicante di lingue di fuoco, ognuna delle quali avvolge e nasconde l'anima di un dannato. L'attenzione
di Dante è attratta da una fiamma che avanza divisa in due nella sua parte superiore.

Ulisse e Diomede
Da Virgilio apprende di essere di fronte a Ulisse e Diomede, puniti insieme per gli innumerevoli inganni orditi,
tra cui quello perpetrato ai danni dei Troiani con il famoso cavallo di legno. Prega allora vivamente la sua guida
di poter parlare con loro. Atteso il momento favorevole, Virgilio si rivolge alla fiamma biforcuta, chiedendo ad
ambedue le anime di raccontare la loro fine.

Il racconto di Ulisse
La punta maggiore della fiamma, che racchiude l'anima di Ulisse, narra che, dopo la partenza dalla terra di Circe,
né la dolcezza per il figlio né la pietà per il padre, né l'amore per la moglie riuscirono a vincere il suo desiderio
di conoscere il mondo e gli uomini. Salpò allora con un piccolo ma fedele equipaggio. Viaggiò per il
Mediterraneo e giunse fino alle Colonne d'Ercole, il confine oltre il quale l'uomo non doveva spingersi.

Il folle volo dell'eroe


Ulisse però volle proseguire: esortati i compagni, rivolse la prua verso occidente, oltre le Colonne d'Ercole. Dopo
cinque mesi di navigazione, avvistò la montagna del Purgatorio. L'equipaggio si rallegrò, ma presto l'allegria si
convertì in pianto perché dalla montagna ebbe origine un vortice che, dopo aver fatto girare la nave su se stessa
per tre volte, la fece inabissare e il mare vi si richiuse sopra.
CANTO XXXIII
Tempo: sabato 9 aprile 1300, alle ore sei pomeridiane circa.

Luogo: cerchio 9° - zona 2a e 3a: Antenora e Tolomea: traditori della patria e traditori degli ospiti. Il fondo
dell'Inferno è un lago ghiacciato, alimentato dal fiume Cocito; qui sono confitti i traditori.

Personaggi: Virgilio, Dante, Ugolino della Gherardesca (Antenora), Frate Alberigo (Tolomea), Ruggieri degli Ubaldini
(Antenora), Branca Doria (Tolomea)

Traditori: Nell'Antenora, i traditori della patria e del proprio partito stanno immersi nel ghiaccio verticalmente e ne
emergono soltanto con il capo che tengono rivolto in giù. Nella Tolomea, i traditori degli ospiti e degli amici fiduciosi
sono confitti in posizione supina; in tal modo, le lacrime ristagnano e formano un indurimento immediato, che
impedisce l'uscita delle altre lacrime, le quali, non trovando sbocco, si riversano all'interno e aggravano il dolore.

Il racconto di Ugolino della Gherardesca


Dopo aver allontanato la bocca dal pasto bestiale, il dannato si accinge a raccontare la sua fine. Sa che la
narrazione gli procurerà molto dolore, ma è certo che la sua sofferenza sarà compensata dall'infamia procurata
al traditore di cui sta rodendo il cranio. Si tratta del conte Ugolino della Gherardesca, il quale, per gli intrighi
dell'arcivescovo Ruggieri, ora sua vittima, fu rinchiuso nella torre dei Gualandi, in Pisa, con due figli e due
giovani nipoti.

La morte del conte e dei suoi ragazzi


Vi rimase prigioniero alcuni mesi e poi fu condannato a morirvi per fame. La disperazione di dover assistere alla
tragica fine dei suoi ragazzi lo impietrì dal dolore. Il triste evento si consumò tra il quarto e il sesto giorno;
all'ottavo anch'egli morì. Dante allora prorompe in un'invettiva contro Pisa, che si macchiò di un delitto così
feroce.

Nella Tolomea: fra i traditori degli ospiti


Con Virgilio giunge intanto nella Tolomea, dove sono puniti i traditori degli ospiti. Questi, supini e fasciati dal
ghiaccio, sono impediti dal piangere perché le lacrime diventano vere e proprie bende ghiacciate. Uno di loro
chiede a Dante di liberargli gli occhi dal ghiaccio per consentirgli di piangere un poco. Il poeta promette il suo
aiuto, purché il dannato gli dica il suo nome.

Alberigo Manfredi e Branca Doria


Si tratta di frate Alberigo Manfredi, protagonista di una spietata vendetta consumata durante un banchetto. Egli
rivela che le anime dei dannati giungono nella Tolomea appena si macchiano di omicidio. Nel frattempo il loro
corpo, posseduto da un demonio, continua a vivere sulla terra, come è accaduto al genovese Branca Doria,
l'anima del quale giace da parecchio tempo nel gelo della Tolomea, nonostante il suo corpo sia ancora in vita.
Dante allora inveisce contro i genovesi, gente aliena da ogni buona costumanza e piena di vizi.

CANTO XXXIV
Tempo: sabato 9 aprile 1300, le sette pomeridiane circa; dopo il passaggio nell'emisfero australe, le sette di mattina.

Luogo: cerchio 9° - zona 4a: traditori dei benefattori, dell'autorità divina e umana. Il fondo dell'Inferno è un lago
ghiacciato, alimentato dal fiume Cocito; qui sono confitti i traditori. Passaggio attraverso la natural burella
dall'emisfero boreale a quello australe.

Personaggi: Virgilio, Dante, Lucifero, Giuda, Bruto, Cassio

Traditori: Nella Giudecca, i traditori sono confitti interamente nel ghiaccio, da cui traspaiono come una pagliuzza
imprigionata nel vetro. Stanno in posizione diverse: o distesi o eretti o a capofitto o rovesciati all'indietro. Poiché ogni
pur minima parvenza di umanità è esclusa, essi non possono comunicare in nessun modo. La loro condizione è il
silenzio assoluto.
Nella Giudecca: fra i traditori dei benefattori
Arrivati nella Giudecca,Virgilio svela a Dante che il re dell'Inferno è ormai vicino. Un vento fortissimo spira
contro di loro e Dante si ripara dietro la sua guida. A un certo punto Virgilio gli mostra Lucifero e, per
l'impressione ricevuta, Dante rimane come sospeso tra la vita e la morte.

Lucifero
Lucifero è enorme, al punto che l'altezza di un gigante non raggiungerebbe la lunghezza del suo braccio; nella
sua testa si possono distinguere tre facce: rossa quella centrale, bianca quella a destra, nera quella a sinistra. Per
ciascuna faccia, dal di sotto fuoriescono due ali da pipistrello e il loro movimento produce un vento che fa gelare
Cocito.

Giuda Iscariota, Bruto e Cassio


Ogni bocca frantuma fra i denti un peccatore: Giuda Iscariota la rossa, Bruto la nera, Cassio la bianca. E giunta
ormai l'ora di lasciare l'Inferno e Virgilio invita Dante ad avvinghiarglisi al collo. I due poeti si aggrappano al
vello di Lucifero e scendono fino al centro della terra; quindi Virgilio si capovolge e si muove come salendo.

Dante e Virgilio tornano sulla terra


Uscito dall'Inferno, il poeta giunge faticosamente sull'orlo di una roccia, sulla quale posa Dante e si stacca dal
vello di Lucifero. Il poeta fiorentino con stupore si accorge di vedere Lucifero capovolto, con le gambe in su, e
non sa spiegarsene la ragione. Virgilio gli rivela che ormai essi hanno abbandonato l'emisfero boreale e si
trovano in quello australe, dove è giorno quando dall'altra parte è notte. Lucifero è caduto qui dal cielo e la
terra, per paura di lui, si è ritirata dando origine alla voragine dell'Inferno che corrisponde alla montagna del
Purgatorio nell'emisfero australe. Virgilio e Dante infine, anche se stanchi, riprendono a salire attraverso un
passaggio nascosto e finalmente escono a rivedere le stelle.

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