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La commedia

Le origini della commedia; i caratteri della commedia attica; Sicilia e Magna Grecia; La commedia attica.

La commedia costituisce, non meno della tragedia, un’espressione fondamentale della società
ateniese: e proprio ad Atene nella seconda metà del V secolo essa raggiunse il suo periodo di fioritura.
Secondo Aristotele (Poetica 1449a), la parola commedia deriva o da κῶμη, "villaggio", e ᾠδή,
"canto", e quindi "canto del villaggio", oppure, da κῶμος, "corteo festivo", e ᾠδή, "canto", e quindi
“canto del corteo festivo”.
Per “corteo festivo” si intende quella serie di feste legate, ad esempio, alla mietitura e al ciclo agrario,
celebrando l’abbondanza del raccolto. Erano manifestazioni celebrative di questi momenti di
agricoltura, tenute in primavera. Spesso, coloro che ne prendevano parte, si travestivano da satiri
(animalesco-umano) ed erano caratterizzati da un particolare, ovvero, si mettevano dei finti membri
maschili (comunemente detti falli). Rappresentavano, dunque, la fertilità, portando in processione
una rappresentazione del membro maschile. Queste processioni prendevano il nome di falloforie. Si
può considerare tuttavia che l’elemento satiresco sarebbe un iniziale componente della commedia.
Con la seconda origine, al contrario, “canto del villaggio”, si allude alle feste di paese che si
celebravano con un’atmosfera lieta e scherzosa. La gara poetica delle piccole Lenee (da Leneo,
soprannome di Dioniso) riguardava proprio il concorso riguardante la Commedia. Le Lenee si
svolgevano fuori Atene, in aperta campagna, dunque, ha sicuramente un’origine
extraurbana/contadina (componente rurale). Ad accompagnare le manifestazioni era proprio la
musica. Esiste pertanto un vero e proprio collegamento tra la commedia e la campagna.
Ad Atene si sviluppa, pochi anni dopo, un concorso comico; la produzione della commedia è durata
di più rispetto a quella tragica, finita proprio con il tragediografo Euripide. La commedia è durata
fino al IV secolo a.C., forse, perché il pubblico voleva vedere altro invece di una tragedia. La tragedia
ha avuto quasi sempre la stessa struttura; invece, la commedia riguardava uomini veri e propri, in
carne ed ossa, le cui trame non erano mitologiche.
Sviluppo della commedia
 Commedia antica o arcaica: Aristofane, autore del IV sec. a.C. (11 commedie);
 Commedia di mezzo: Alcuni nomi e alcuni titoli – trame delle commedie non giunte. È esistito
il cosiddetto Lessico di Suda o di Suida, una sorta di elenco che registra tutti coloro che hanno
partecipato (si possono capire parzialmente le trame);
 Commedia nuova: Menandro (5 commedie quasi intere – si capiscono di cosa parlano); nomi e
frammenti sparsi.
Prima delle commedie antiche (“farse siceliote”), in Grecia, i Sicelioti avevano elaborato anche loro
delle commedie. Aristotele attribuisce a due dei suoi autori, Formide ed Epicarmo, il merito di avere
per primi costruito una trama comica; Formide è per noi solo un nome, mentre Epicarmo era
considerato uno dei grandi autori comici dell’antichità. Epicarmo, celebre per avere scritto storie
divertenti = parodie mitologiche. Con queste ultime venivano deformati i miti, in maniera divertente;
probabilmente, non c’era più il coro. Epicarmo scrive “Odisseo Naufrago”, senza dubbio, in chiave
ironica. Egli era un autore colto, come risulta dai frammenti in cui fa una parodia delle idee filosofiche
diffuse.
Sempre in Sicilia, nella seconda metà del secolo V a.C., fu attivo Sofrone, autore non di commedie
ma di mimi. Gli esempi di questo genere in nostro possesso appartengono ad un’epoca più tarda (i
mimi di Teocrito ed Eroda), ma quelli di Sofrone dovevano essere differenti, in quanto scritti in prosa.
(1) Commedia attica o arcaica (1° fase)
Un tema ricorrente è la vita che si svolge ad Atene, con personaggi in carne ed ossa, dunque,
persone il cui pubblico ne era a conoscenza (ad esempio, Eschilo, Sofocle, Euripide; personaggi
della politica, come, Cleone). Con spirito satirico mettevano in luce parodistica gli abitanti di
Atene, venendo derisi. Altresì, ci sono parti di commedie piene di insulti, facendo ridere l’intero
pubblico. Non è pensabile questa cosa se non in un clima di piena libertà di parola (ad Atene
c’era la democrazia). Parlare male di persone vere e non di divinità (Zeus, Giove, ecc…) – spirito
comico – libertà di parola. Si racconta anche che Aristofane ricevette una multa per aver parlato
male di Cleone.

Le commedie di Aristofane hanno un rapporto strettissimo con la città di Atene, la sua. Il pubblico
vedeva al teatro le cose di cui ne era bene a conoscenza; una sorta di vero e proprio specchio.
Questo prende il nome di parresìa (dal greco παρρησία, composto di pan (tutto) e rhema, ciò che
viene detto) nel significato letterale è non solo la “libertà di dire tutto” ma anche la franchezza
nell’esprimersi, dire ciò che si ritiene vero e, in certi casi, un’incontrollata propensione a parlare.
Raccontare tutto, persino prendere in giro il primo stratega della città, Cleone, in almeno 2
commedie di Aristofane. La sua commedia sviluppa elementi attuali come la derisione di figure
reali attaccate secondo il principio dell’ὀνομαστὶ κωμῳδεῖν (= deridere una persona con il suo
nome).

Come reagiva il pubblico? In seguito a queste commedie, Cleone comunque continuò a fare lo
stratega, fu perfino riletto. La satira rimane solo come uno scherzo; non cambia il destino politico
dei personaggi, i quali vengono derisi. Questi erano momenti di festa, in onore di Dioniso. Si nota
un ribaltamento della realtà (“A Carnevale ogni scherzo vale”).

Con Aristofane finisce la commedia e quest’ultima subisce delle vere e proprie trasformazioni.

Alcuni nomi della commedia attica:


- Cratino, generazione precedente rispetto ad Aristofane;
- Eupoli, terzo dei comici maggiori, esordì giovanissimo a soli diciassette anni;
- Platone comico (non il filosofo), contemporaneo di Eupoli ed Aristofane, autore della
commedia Faone;
- Cratete, autore più anziano di Platone comico, di cui sono noti dieci titoli e alcuni frammenti
di tradizione indiretta.

(2) Commedia di mezzo (2° fase)


Probabilmente non c’è più il coro, in quanto costava molto, dato che erano quindici elementi da
preparare. Anche nelle ultime commedie di Aristofane, infatti, scompare il coro. Malgrado la
guerra, gli spettacoli andavano avanti (tranne con la peste di Atene, nel 430 a.C.). Nelle seguenti
commedie, non si mettevano alla berlina persone reali ma figure generiche (ad esempio, il
giardiniere o il vasaio). Sono figure che si possono incontrare, personaggi – per l’appunto –
generici. Da satira politica si passa a satira generica. Così si riducono gli spettacoli, i costumi,
l’istruttore del coro, ecc.

(3) Commedia nuova (3° fase)


- Assenza del coro
- 3 attori in scena
Menandro tratta storie di famiglia, le stesse situazioni del teatro latino (II sec. a.C.) di Plauto e di
Terenzio. Il teatro latino ha come base la commedia nuova greca, con situazioni nuove e
cambiamenti linguistici. L’autore greco in questione utilizza il dialetto koinè, lingua comune, un
mix di dialetto ionico e attico.

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