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Commedia: canto del villaggio.

Solitamente la commedia aveva un incipit e un intreccio difficili che si


scioglieva nel finale attraverso il deus ex machina o l’agnizione.

Con un macchinario era calato dall’alto il dio che, data la sua onniscienza, risolveva l’intreccio. L’agnizione
invece era il “riconoscimento”. Per esempio si scopre che una donna povera in realtà era stata
abbandonata da una famiglia ricca ecc.

Tragedia: da tragos, capretto. Il rito dionisiaco culminava con l’uccisione del capretto (capro espiatorio), il
quale rappresenta qualcosa di male, di tragico. Per l’appunto la parola tragedia. La tragedia finiva male.

Nel prologo l’autore doveva giustificare l’utilizzo dell’ Aemulatio o della contaminatio. La prima consisteva
nel copiare i testi greci mentre nella contaminatio il poeta modificava di molto la trama originale oppure
prendeva più scene comiche da più opere e poi le univa insieme.

Commedia di argomento greco: Fabula palliata (dal pallium: mantello di lana).

Menandro periodo ellenistico, scrittore preferito.

Aristofane periodo classico.

Commedia di argomento romano: Fabula togata (toga del senatore).

Tragedia di argomento greco: Fabula cothurnata (cothurni: calze).

Eschilo, Euripide, Sofocle.

Danze e cori (coro narratore esterno).

Tragedia di argomento romano: Fabula praetexta (striscia di porpora).

In generale si preferivano le opere di argomento greco per via della censura. Una sola parola di critica sulla
politica poteva comportare l’arresto.

Il teatro greco era scavato in una collina e possedeva un’acustica perfetta. Per amplificare il suono, gli
attori indossavano le maschere.

Il teatro romano era costruito in legno e spesso era smontabile. Per questo oggi non ci resta granché degli
antichi teatri romani.

Personaggio dal latino persone (da personare, fare rumore).


Livio Andronico (280-205)

Nel 240 a.C. nasce la letteratura latina. Prima di allora le uniche opere scritte in latino erano testi giuridici
(legge delle XII tavole) o le cronache degli Annales Maximi (tavole scritte dai pontefici che riassumevano gli
accadimenti principali dell’anno, erano esposti di fronte alla dimora dei pontefici).

Livio Andronico era uno schiavo greco tarantino. Dalla Magna Grecia provenivano quindi filosofi, scienziati
e scrittori teatrali. Roma, quando entrò con la cultura greca si sentì inferiore e quindi sentì la necessità di
costruire una sua cultura (Graecia capta ferum victorem cepit).

Livio era schiavo del pretore Livio Salinatore il quale lo usava per l’istruzione dei propri figli.

Egli tradusse l’Odissea in latino: Odussia. Utilizzava il verso saturnio (Saturnia tellus, il Lazio) ovvero
l’unico verso che i romani rivendicavano come proprio.

Le muse o camene erano le divinità delle arti, ispiravano gli artisti e i poeti. La parola greca “musa” fu
tradotta da Livio “camena” da carmen (cantilena sacra).

Gneo Nevio (270-201)

Il verso di Nevio fervet (ribolle). Al contrario di Andronico si sente Romano (è nato Capua, città con
cittadinanza romana e aveva combattuto nella 1 guerra punica) e quindi nuovi argomenti tipicamente
romani (praetexta: Romulus e Clastidium). Romulus, miti di fondazione. Clastidium sulla sottomissione di
popolazioni celtiche.

Il Bellum Poenicum trattava la 1 guerra punica a cui aveva anche partecipato.

Usa il termine camena (invocazione alle muse inizi delle sue opere). Il bellum poenicum iniziava con
l’invocazione, poi origini di Roma, quindi distruzione di Troia e fuga di Enea . L’amore fra Enea e Didone.
Ma la parte più corposa era storica: 1 guerra punica.

Nevio fu imprigionato ma poi rilasciato a seguito della frase: Fato Metelli Romae fiunt consules (doppio
senso di fatum: per volontà del fato o per l’avvenire fatale di Roma?) e i Metelli risposero “malum dabunt
Metelli Nevio”.

Quinto Ennio (239-139)

Introduzione del verso Esametro in sostituzione del saturnio. Esametro lo stesso di Omero nell’Iliade e
Odissea. Esametro: sei piedi, sei unità metriche. I primi cinque formati dalla sequenza detta “dattilo” (una
sillaba lunga o due brevi) e l’ultimo piede con due sillabe (una lunga e una breve). Il dattilo può anche
essere sostituito dallo spondeo (due sillabe lunghe).

Ennio aveva tre anime: Greca, Latina e Osca. Nasce vicino Brindisi. Appartiene alla corrente filoellenica
degli Scipioni quindi favoriva l’espansionismo e la cultura greca. Conobbe Scipione durante la 2 guerra
punica. Fu sepolto nella tomba degli Scipioni.

Scrisse gli “Annales”, 18 libri per un totale di 30000 versi. Ricomincia dalle origini di Roma. Usa le
allitterazioni (soprattutto la lettera “t”) e gli scioglilingua.
Scriveva le Saturae, opere in cui trattava vari temi. Infatti la Satura era un piatto tipico romano assimilabile
alla moderna paella, per questo si parlava un po’ di tutto.

Quindi tragedie e commedie di argomento greco e tragedie di argomento romano

Scrive anche opere didascaliche e filosofiche come Evemeri e Epicarmo.

Libro di cucina (Hedyphagetica).

Fabula Atellana

Ambientazione Osca, popolazione italica considerata rozza e sporca. Linguaggio scurrile, rappresentazione
popolaresca.

Personaggi fissi: stolti ingordi (Maccus e Bucco), vecchio sciocco (Pappus), furbo imbroglione (Dossennus).

Autori: Lucio Pomponio e Novio

Tito Maccio Plauto (255-184)

Nasce a Sarsina, Umbro.

Riprende la Fabula Atellana.

Tito Maccio Plauto: Tito, il pagliaccio dai piedi piatti.

Di origine Plebea, inizialmente era un attore e riesce a guadagnare abbastanza ma a causa di un


investimento sbagliato si ritrova ai lavori forzati per ripagare i debiti.

Secondo il critico Varrone, 21 sono le opere che Paluto sicuramente scrisse mentre ce ne sono 20 dette
“spurie” ovvero di cui non sappiamo con certezza l’origine.

Stile di Plauto: più originale rispetto agli altri. Plauto=arte del far ridere, era capo comico. Rendeva i suoi
personaggi ridicoli, pieni di vizi, che usavano un linguaggio basso (il latino arcaico). Quindi per far divertire
gli spettatori, ridicolizzava i personaggi e amplificava i loro difetti.

Non avevano una morale le sue opere, chi le guardava non si ritrovava in un particolare personaggio. Basta
che fosse comica. E’ però presente la contrapposizione tra bene e male che non corrisponde però ai classici
esempi di moralità. Vinceva sempre il bene. (vinceva il servo che raggirava il soldato fanfarone, quindi il
servo bene, il soldato male).

Stile: intrecci sorprendenti, ritmo concitato, scherzi-gag, linguaggio scurrile pieno di neologismi e giochi di
parole, la musica.

Oltre alla classica recitazione anche balli e musiche.

I versi si dividevano in: De verbia (monologhi o dialoghi vivaci con la tecnica dell’”a parte”), Scenae
(dialoghi normali) e i Cantica (scene cantate).

Scriveva fabulae palliate con la tecnica della contaminatio modificando però i personaggi e le trame.

La narrazione era frizzante grazie ai giochi di parole, doppi sensi e battute improvvise; le situazioni
tipicamente romane.
Rottura della quarta parete: l’attore si rivolgeva direttamente al pubblico, utilizzando la tecnica dell’ a
parte. Quindi un attore rivelava al pubblico dei segreti mentre un altro attore presente sul palcoscenico non
prendeva parte alla scena. Per esempio nel prologo della commedia “Captivi”.

Metateatro: teatro nel teatro. Al centro della trama dell’opera c’è il teatro stesso. I personaggi parlano
della trama dello spettacolo. Nell’opera “Casina”, la moglie termina la commedia perdonando il marito,
motivando questa scelta anche con il fatto che la commedia stava durando da fin troppo tempo e quindi
non era il caso di allungarla.

Due parole chiave che definiscano la forma letteraria delle opere di Plauto: fabula Palliata, fabula Atellana.

Due parole chiave che definiscano i temi prediletti da Plauto: contaminatio, quotidianità.

Due parole chiave che descrivano lo stile di Plauto: frizzante, ilare.

Due parole (anche tra quelle già scelte) che sintetizzano la poetica di Plauto: originale, popolare.

Personaggi

Vecchio: (senex) severo, ricco e avaro. Rivaleggia con il figlio per le donne, esce perdente da una scena
comica a causa del servo che lo raggira.

Schiavo: callidus (astuto). Assistente del padrone e lo aiuta in tutto e per tutto nelle sue missioni. Trova
sempre la soluzione adatta per ogni problema grazie al suo ingegno.

Giovane: senza soldi (i soldi sono del Pater familias, quindi del vecchio), innamorato e ingenuo. Il servo
deve aiutare il giovane in ogni azione perché incapace di gestire le situazioni avverse. Quindi sprovveduto
ma non sciocco.

Parassita: cerca di essere invitato a cena e fa di tutto per guadagnare qualcosa.

Sfruttatore di prostitute: non ha alcun tratto che si salva, è immorale. Fa in modo che le ragazze che
commercia non si innamorino dei giovani di buona famiglia.

Vergini, Mogli e Meretrici. La virgo è la ragazza da far sposare, è sensibile ma fedele. E’ sempre
innamorata. La moglie è la matrona dedita alla famiglia, preoccupata dai tradimenti del marito. La
cortigiana aiuta i giovani o si innamora di loro mentre raggira i vecchi. Con l’agnizione finale si scopre che
in realtà era figlia di famiglie libere, rapita da piccola e finita in loschi giri.

L’avaro, l’ancilla (collabora con la matrona), il miles gloriosus (soldato spaccone ,si dà le arie ma è un
parassita e fa lo scroccone), cocus (cuoco).

Le trame si ripetono: dalle situazioni avverse si riesce sempre a trovare una soluzione. Il giovane che si
innamora della cortigiana, grazie al servo tutto va bene. La miseria è brutta ma si riesce ad andare avanti.
L’amore porta sofferenza ma alla fine viene soddisfatto. Si riesce a placare l’ira e l’avidità del vecchio, ecc.

Il tema del doppio: due personaggi sono uguali (Gemelli, sosia). Si riconoscono soltanto alla fine della
commedia, caratterizzata in questo caso da equivoci.
Opere da ricordare

Anfitrione: Giove si innamora della moglie del re Anfitrione, Alcamena. Alcamena è seria, quindi Giove si
trasforma in Anfitrione mentre Mercurio si trasforma nello schiavo Sosia. Così sulla scena sono presenti due
mariti e due servi. Giove riesce nella sua impresa ma il vero marito torna a casa e la moglie si stupisce che il
marito voglia ancora andare a letto con lei. Così Anfitrione si arrabbia con la moglie accusandola di
adulterio. Nel frattempo Mercurio si diverte ad apparire e a scomparire, facendo impazzire il vero Sosia.
Alla fine Giove spiega come sono andate le cose e annuncia la venuta di due figli per Alcamena.

La pentola dell’avaro: Aulularia: il vecchio avaro Euclione trova una pentola piena d’oro. E’ ossessionato da
questa ricchezza e la sua unica ragione di vita diviene la conservazione del suo tesoro. Euclione ha una
figlia, promessa sposa di un vecchio di nome Megadoro. Ma la figlia dell’avaro, invaghita del nipote
Megadoro, si è lasciata trasportare dall’amore e ora è in attesa di un figlio. Quindi Euclione acconsente il
matrimonio con il giovane.

Il conquistatore beffato: Miles gloriosus

Il “soldato fanfarone” si vanta delle sue imprese militari, ma in realtà nasconde la sua natura da sciocco e
vanesio. Di nome fa Pirgopolinice. Compra una cortigiana amata però da un altro giovane. I lservo di
questo, per aiutare il padrone, beffa il soldato, facendogli credere che una vecchia ricca si sia innamorata di
lui, quando invece era già sposata. Alla fine il marito di quest’ultima scopre l’adulterio e bastone
Pirgopolinice.

Il servo più astuto: Pseudolus

Il giovane senza un quattrino è innamorato di una cortigiana ma il padre disapprova. La ragazza sta per
essere venduta a un soldato ma lo schiavo Pseudolus interviene e si fa consegnare la ragazza facendosi
pagare. Nel finale il padre e il figlio si riconciliano.

Catone (234-149)

Nasce a Tuscolo. Nel 214 prende parte alla 2° guerra punica, lì conobbe Flacco. Divenne Censore nel 184.
Fu soprannominato “Il censore” perché era molto severo nel far rispettare le regole. Nel 195 diviene,
assieme a Flacco, console. Di origine plebea, egli era Homo Novus.

Era conservatore, andava contro gli Scipioni tanto che fece cacciare da Roma Scipione. Voleva far
rispettare il Mos Maiorum e lui per primo dava l’esempio alla popolazione su come ci si doveva comportare
e punendo chi trasgrediva i suoi ideali. Nel 215 varò la lex Oppia (tribuno della plebe Gaio Oppio). Dopo al
sconfitta di Canne, Catone riteneva non fosse opportuno mostrare lo sfarzo e quindi vietò alle donne di
indossare più di mezza oncia d’oro, vietò l’uso delle carrozze in città e inserì il divieto di indossare abiti dai
colori troppo accesi. Paragona le donne alla “plebe” e pensava che troppo potere dato in mano alle
donne sarebbe stato fatale.
Da tradizionalista, non era favorevole neppure all’espansionismo romano, tranne che per Cartagine. Alla
fine delle sue orazioni infatti diceva: Carthago delenda est. Infatti poco prima di morire fece avviare la 3°
guerra punica, con la quale Cartagine fu effettivamente distrutta. Ma Catone morì 3 anni prima di ciò.

Nelle sue orazioni adottava uno stile poco studiato, disadorno (soleva dire rem tene, verba sequentur
proprio a sottolineare il rifiuto per la retorica greca). Quindi è molto più importante la morale di un uomo
che la sua retorica.

Scrive la prima opera storica in latino: Origines, composta da 7 libri. Trattava la storia di Roma dalla
fondazione fino all’epoca in cui viveva, quest’ultima trattata più approfonditamente. Lui non dava molta
importanza ai singoli personaggi storici né ai meriti personali. Proprio come vuole il mos maiorum, tutte le
azioni personali sono subordinate alla collettività. Piuttosto Catone descriveva le imprese di personaggi
umili: la Virtus, caposaldo del Mos Maiorum, non è quindi ottenibile soltanto dai nobili. I popoli italici
furono altresì importantissimi per Catone, nello scopo di sviluppare Roma nella potenza che era diventata.

Fu uno scrittore di opere pedagogiche, descrisse l’educazione da lui impartita al figlio (Libri ad Marcum
filium), come modello da adottare per tutti i giovani romani. Espone anche tutte le artes necessarie al
cittadino. Faceva appello a diffidare dei modelli greci in quanto perversissimi. Scrisse anche un’opera
morale tradizionalista (Carmen de moribus) in cui celebrava i costumi tradizionali romani.

Scrisse anche un trattato tecnico. Il De agri cultura (prima opera in prosa latina pervenuta a noi per intero).
Sempre richiamandosi al mos maiorum, afferma che l’agricoltura è un’attività utile a formare i cittadini e
soldati. L’agricoltura per catone è la migliore forma di investimento. Quindi emerge la mentalità
pragmatica e imprenditoriale di Catone, eliminare i servi improduttivi (malati, inabili) perché sono un peso
morto. Ma le ricchezze che si ricavano non sono per lusso personale, bensì per il bene della famiglia e
della repubblica. Le priorità sono di due tipi: morali ed economiche.

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