Sei sulla pagina 1di 42

CASADEI, "Il novecento"

Letteratura Contemporanea
Università degli Studi di Milano
41 pag.

Document shared on www.docsity.com


Downloaded by: yvan93 (vendita93@live.it)
PROFILO DEL XX secolo
L’evoluzione nel tempo della letteratura novecentesca non è lineare ma più facilmente
rappresentabile come insiemi circolari che si intersecano in alcuni punti ed allontanano in altri;
intersezione di più poetiche coesistenti seppur distanti.
Sull’evoluzione della letteratura novecentesca hanno pesato fattori socio-culturali e politici
evidenti e meno:
- nel ventennio fascista la circolazione è stata impedita o limitata e quindi il dibattito
culturale è stato condizionato dal rapporto intellettuali-politica. Eppure sempre nel
ventennio fascista rimane vivo l’interesse per il confronto letterario con altri paesi Europei
soprattutto da parte di alcune riviste come Solaria (Gadda, Montale…).

- dopo la fine della seconda guerra mondiale il rapporto degli intellettuali con la politica
volgeva fortemente all’adesione alle ideologie di sinistra.

- L’influenza di Benedetto Croce fece sì che la letteratura italiana non si aprisse a stimoli
provenienti dagli altri paesi Europei (rimane legata agli ideale estetico-idealisti). Eppure in
contrasto con l’etica crociana molti giovani propongono letture e valutazioni autonome dei
nuovi scrittori (Debenedetti, Contini…).
Per una scansione del Novecento si possono mettere in rilievo i temi portanti di un periodo ma
senza dimenticare
- le minoranze in contrasto con la tendenza di quel periodo; anzi spesso i più grandi
capolavori del Novecento sono fuori dalle linee di tendenza del loro periodo (Coscienza di
Zeno, Il partigiano Johnny).
- il rapporto fra letteratura italiana e tendenze internazionali (perché spesso la formazione
dei nostri intellettuali avviene a stretto contatto con movimenti e autori d’avanguardia
attivi altrove, soprattutto Parigi e poi Stati Uniti). È una continua interazione (esempio:
Pirandello corregge sei personaggi in cerca di autore sulla base dei contatti con i registi ed i
movimenti d’avanguardia del teatro europeo).
CARATTERI FONDAMENTALI
1. Interazione fra lingua nazionale (sempre più consolidata dalla creazione di un sistema scolastico
di base) e dialetti. Questa interferenza arriva a particolari forme di espressionismo (ex Gadda).
Dalla seconda metà del secolo la scelta del dialetto diventa forzata e difensiva perché fuori tempo
e diventa plurilinguismo colto perdendo un po' della sua vivacità (ex Pasolini). La vivacità inizia ad
essere data più che dai dialetti, dai gerghi (ex gergo giovanile).
2. Divaricazione del destino della poesia e della narrativa. La poesia è dotata di una propria
tradizione che comporta un confronto diretto con i modelli a partire da Dante, Petrarca, Leopardi.
La prosa è continuamente rinnovata come se azzerata (Mengaldo le chiama “costanti ripartenze”).
Non è vero che non abbiamo prosatori di alto valore (forse più sul racconto breve che romanzo)
ma è vero che la prosa non svolge in Italia (a differenza di altri paesi Europei) la funzione di
proporre una ricostruzione della società nel suo insieme. Questo avviene sicuramente per la
difficoltà di trovare una lingua che fosse comune ma non artificiosa. Non è mai avvenuta una

Document shared on www.docsity.com


Downloaded by: yvan93 (vendita93@live.it)
sintesi efficace tra il come e il cosa scrivere nei romanzi. Nella poesia invece ci si rifà alla tradizione
nazionale di coniugare linguaggio aulico (o antiaulico ma comunque marcato) e linguaggio
referenziale (nominare oggetti e situazioni…).
Questa concretezza di fondo allontana la lirica italiana da quella francese (simbolismo sempre più
astratto) e la avvicina a quella inglese (Eliot, metafisica).
Nel contempo sempre negli anni venti si rafforza una linea antinovecentesca/antinovecentista
che trova riferimento nel canzoniere di Saba. (stile semplice).
Anni 50: nuova riflessione sul linguaggio e sui suoi limiti (vedi strutturalismo) e sulla
demistificazione ideologica della cultura da parte del capitalismo
3. Comparsa di nuovi generi. Progressiva influenza del cinema (Visconti-Rossellini-De Sica con il
neorealismo). Nascita di una poesia popolare che prevale su quella colta (ex testi per musica).
Prosa saggistica e riflessioni sulle tragedie etiche e sociali (ex Levi).
LINEE INTERPRETATIVE
I. PRIMA GUERRA E PRIMO DOPOGUERRA
- spartiacque fra XIX e XX secolo (1903 poesia, 1904 prosa)
- caratteri fondamentali di avanguardie e movimenti sperimentali (che allontanano la
letteratura italiana dagli echi ancora presenti del decadentismo e mettono in luce tratti
come inettitudine e volontà rivoluzionaria dell’io).
II. TRA LE DUE GUERRE
- tendenza al classicismo paradossale (lavoro originale sui canoni della tradizione).
- linea metafisica o oggettuale
- ermetismo (versione italiana del tardosimbolismo a volte fuso con elementi di surrealismo)
- realismo deve ricorrere ad una prosa molto elaborata (prosa d’arte) ed è anche molto
osteggiato dal fascismo. Tali limiti saranno superati da Gadda ( quer pasticciaccio e la
cognizione) proponendo un plurilinguismo e pluristilismo.
III. SECONDO DOPOGUERRA
- spinta al racconto delle vicende passate e necessità dell’impegno dell’intellettuale
(soprattutto per gli scrittori appartenenti a ideologie di sinistra).
- nuove forme di realismo e progressivo abbandono dell’ermetismo
- sempre maggior peso delle città più attive nell’ industria editoriale
IV. DAI PRIMI ANNI ‘60
- stagione fortemente sperimentale (vedi Gruppo 63) ma i prodotti migliori vennero da
ambienti si rivoluzionari ma con intenti non puramente distruttivi
- rapido passaggio al postmoderjnismo quando le spinte sperimentali si smorzano.
V. ATTUALITA’
Di fronte all’estetica di massa, l’essenziale si coglie nello stile e nei dettagli.

Document shared on www.docsity.com


Downloaded by: yvan93 (vendita93@live.it)
I. TRA MODERNISMI E AVANGUARDIE: 1900-1919
Il Novecento letterario italiano inizia canonicamente nel 1903 per la poesia quando escono i Canti
di Castelvecchio di Pascoli (che narrativizza l’impressionismo e aumenta la nomenclatura degli
oggetti) e Alcyone di D’Annunzio (con componenti moderne come la filosofia Nietzschiana e
l’esuberanza linguistico-retorica).
Tre correnti poetiche attaversano poi questi modelli e si impongono come dominanti:
1. crepuscolarismo. Si rifanno a modelli tardosimbolisti italiani e simbolisti franco-belgi che
fondevano malinconia e consapevolezza della marginalità della poesia nella società
borghese. La protesta contro la mercificazione dell’arte avviene dal basso quindi senza
ricerca di un sublime (come in D’Annunzio e nei decadentisti). Maggior autore: Guido
Gozzano (con cifra lirica connotata dall’ironia). Il crepuscolarismo non è una linea di rottura
e trasgressività.
2. avanguardismo. Intende rompere i rapporti con le forme più tradizionali e di maniera sia
attraverso le opere sia attraverso le dichiarazioni di poetica. Alcuni giungono a rifiutare
l’arte stessa in quanto istituzione stabilendo che il sublime artistico è costituito dal
rovesciamento parodico della funzionalità quotidiana (vedi Fontana di Duchamp che è un
orinatoio capovolto). Forme più o meno distruttive dal dadaismo al cubismo…
3. espressionismo. È un movimento d’avanguardia caratterizzato da una deformazione dei
codici espressivi e dei soggetti delle varie arti, sviluppatosi soprattutto in germania e nei
paesi di lingua tedesca a partire dal 1905. Scrittori sperimentali italiani vicini al movimento
espressionista sono i Vociani (legati alla rivista fiorentina La Voce), attiva con diverse serie
tra il 1908 e il 1916 ma influente anche in seguito.
L’influenza del pensiero di Croce su poesia-non poesia portò per anni a guardare con diffidenza la
letteratura moderna e la prosa narrativa che però non portò ad un totale rifiuto del romanzo. Va
considerata la prosecuzione di alcuni filoni inaugurati nell’800 specie quello decadente (come
modello: Il fuoco di D’Annunzio). Si comincia ad imporre un’editoria pronta a stampare testi capaci
di raggiungere un vasto pubblico (ex Cuore). In questo modo risulta raro il tentativo di elaborare
una prosa narrativa sperimentale o originale (eccetto casi isolati e capolavori come Pirandello e la
riscoperta del filone narrativo umoristico.
La fine di questa stagione varia in base ai punti di vista. DI sicuro lo scoppio della prima guerra
mondiale costituisce un limite e insieme un banco di prova per molte avanguardie (soprattutto
quella futurista che appoggiò l’entrata in guerra e poi l’avvento del fascismo). Diversa è la rezione
di altri autori (ex vociani-espressionisti osteggiano la guerra e propongono intense opere
autobiografiche, come Allegria di Naufragi).
Il vertice della produzione sperimentale su un altro versante, quello teatrale, viene toccato nel
1921 con Sei personaggi in cerca di autore: Pirandello punta sulla riflessione metateatrale e sulla
scrittura di testi in cui le sue ossessioni vengono quasi allegorizzate nella riproduzione scenica (ex
rapporto tra vita e forma).
I vincoli imposti dal fascismo comporteranno un progressivo ritorno all’ordine (con differenti e
versatili sfaccettature).

Document shared on www.docsity.com


Downloaded by: yvan93 (vendita93@live.it)
POESIA
Crepuscolarismo
La letteratura si stacca dal filone tardosimbolista ancora rappresentato da Pascoli e d’Annunzio
con una prima tendenza controcorrente: il crepuscolarismo (termine introdotto da Borgese per
indicare un atteggiamento spirituale) che non è un gruppo coeso ma si declina nelle varie regioni
italiane. Questo atteggiamento si basa sulla presa di coscienza della lateralità dell’arte e della
letteratura nel mondo borghese -capitalistico che comporta non un tentativo di riscatto con
l’autoesaltazione e lo sforzo da ubermech ma il ristringimento della prospettiva vitale alle piccole
cose quotidiane, alla banalità accettata ora con malinconia ora con ironia. A questo si accosta un
linguaggio ordinario al limite del denotativo oppure con un abbassamento dell’aulico a prosaico
con effetti marcatamente ironici (“un coso con due gambe detto guidogozzano”). La poesia delle
piccole cose ha un antecedente nella Scapigliatura e in Pascoli ma ancora di più nel filone
tardosimbolista Francobelga. I crepuscolari però rinunciano a coprire di valori simbolici gli oggetti
quotidiani, e semmai li nominano e li descrivono in quanto espressione di una cultura sempre più
emarginata e di una sensibilità piccolo-borghese legata alle “buone cose di pessimo gusto”.
Costruzione dell’io poetico crepuscolare sul tema dell’inettitudine.
Fra i primi a distinguersi: Sergio Corrazzini. Prevale il sentimento doloroso dell’impossibilità di far
poesia soprattutto nella raccolta “piccolo libro inutile” in cui prevale il sentimento doloroso
dell’impossibilità di fare poesia e la rivendicazione di una sincerità che porta al rifiuto di artifici
retorici. “Io non sono un poeta\ io non sono che un piccolo fanciullo che piange”. A ciò si
accompagna una scelta metrica piuttosto semplificata e un uso linguistico-stilistico medioo.
In altri autori quali Govoni e Moretti prevale l’elencazione monotona di oggetti e situazioni prive
di rilevanza. Nel primo il catalogo è la forma metrica preferita, nel secondo prevale la
sottolineatura del vuoto esistenziale quindi la poesia ha la funzione del “niente da dire”.
Guido Gozzano prende una via distinta dalle precedenti: propone i temi già visti ma in una chiave
ironica, riuscendo così a demistificare le mitologie del sublime simbolistico-decadente. L’io
Gozzaniano rifiuta l’io gabrieldannunziano, rivelandosi “un coso con due gambe\ detto
guidogozzano”. L’abbassamento del nome proprio a nome comune indica il raggiungimento del
nadir, posizione opposta allo zenit del sublime io dannunziano (antisublime o sublime dal basso).
Si trova in Gozzano la rivendicazione etica del doversi distinguere dai miti già romantici o
decadenti, tratta quindi versi tradizionali ma con voluta libertà, quasi corrodendoli, con un
evidente gusto per il paradosso (camicie\Nietzsche). L’eros in Gozzano o è del tutto censurato
oppure ipotizzato in rapporto a donne irraggiungibili oppure ridotto ad avventura prosaica con
modeste servette. Si coglie nelle poesia Gozzaniane un fondo di distruttismo nichilistico, che
impedisce ogni azione davvero degna di questo nome e che non porta al suicidio solo in virtù di un
distaccamento ironico.
Il futurismo
È la prima e più consapevole avanguardia italiana, che nasce in rapporto alle tendenze
sperimentali più avanzate d’Europa (Parigine). Proprio a Parigi infatti si forma Marinetti, ideatore
delle eversioni futuriste e che con l’aiuto di Apollinaire farà uscire il Manifesto del futurismo, sulla

Document shared on www.docsity.com


Downloaded by: yvan93 (vendita93@live.it)
rivista Le Figaro, il 20 febbraio 1909. Marinetti indica come slogan i punti principali di questa
avanguardia
- rifiuto totale di ogni forma della tradizione
- accettazione ed esaltazione del presente (fatto di macchine e velocità)
- forza e violenza
- spinta verso il futuro in quanto espressione di un movimento incessante e rivoluzionario
Le dichiarazioni di poetica sono spesso più interessanti delle opere stesse.
Nel manifesto del 1912 Marinetti esprime alcune dichiarazioni di poetica in stretto merito alla
poesia:
- eversione sintattica
- eliminazione di aggettivi e avverbi
- abolizione punteggiatura
- uso dominante dell’analogia per avvicinare con velocità cose distanti
- immaginario di ambito tecnologico e non naturalistico
- parole in libertà (estremizzazione di questa poetica) che è eversione totale del testo poetico già
iniziata da Lucini nell’800 con il versoliberismo.
Seguaci più fedeli di Marinetti saranno Folgore e Buzzi.
In realtà le opere più significative del futurismo vengono da altri autori, e addirittura da tendenze
dissimili da quelle Marinettiane. Per esempio una variante ha come centro Firenze, meno
industrializzata di Milano ma colta e dinamica (Papini con la sua rivista “Lacerba”, Soffici,
Palazzeschi). Lacerba anche se all’inizio è critica su certi punti Marinettiani, poi aumenta la
convergenza di fondo sostenendo l’interventismo. Soffici è un valido sperimentatore e in lui si
coglie bene l’intersezione con l’attività pittorica. Palazzeschi approda al futurismo dopo esordi di
ascendenza pascoliano-crepuscolare. Ma l’approdo è dovuto ad una carica eversiva e beffarda
intrinseca a questo autore (“E lasciatemi divertire!” da L’incendiario, dove il poeta è un
saltimbanco che dissacra l’idea canonica di lirica). Le pulsioni anarchiche implicite nei suoi testi si
colgono adeguatamente pure in opere successive. La sua sostanziale anarchia si si conferma nel
1914 quando decide di non appoggiare l’interventismo e si apparta dal gruppo.
Nel complesso il futurismo si configura come il più forte tentativo di rifiutare integralmente le
forme della tradizione. Ma alla lunga non potevano non cadere nella ripetitività del gesto
dissacrante e distruttivo. Nonostante i limiti oggi evidenti il futurismo fu il primo movimento
italiano veramente capace di affiancarsi alle principali correnti d’avanguardia Europee.
Linea espressionista
Contini sull’espressionismo: “Tendenza a far interagire codici linguistici e stilistici diversi per
ottenere effetti dissonanti e originali” . L’uso di molteplici varietà linguistiche di italiano e di un
lessico raro sino ai neologismi, insieme ad una sintassi spezzata e complessa, si trova in numerosi

Document shared on www.docsity.com


Downloaded by: yvan93 (vendita93@live.it)
autori Europei di inizio secolo, che si potrebbero confrontare con quelli dell’espressionismo
propriamente detto che sarebbe quello sviluppatosi in Germania dal 1905. La linea espressionista
italiana e l’espressionismo avanguardistico nelle sue molteplici configurazioni hanno somiglianze
ma anche divergenze: l’espressionismo europeo è più attento ad un’analisi della modernità
(macchine, industria, estetica del brutto…) mentre quello italiano è meno politico-rivoluzionario.
L’espressionismo italiano vede la maggior parte dei suoi autori collaborare con la rivista fiorentina
La voce. La scrittura dei vociani si esplicita soprattutto nella forma del frammento (testi brevi ed
intensi dalla forte evocatività e dalla tensione lirica anche nell’impiego della prosa). Spesso lo
scopo era quello di indagare nell’interiorità spirituale (molti vociani erano attenti alle correnti
filosofico-religiose antipositiviste, come la filosofia di Bergson). In questa prospettiva uno dei più
rappresentativi fra i vociani è Clemente Rebora, milanese che nelle sue raccolte (Frammenti lirici)
esprime con forza una propensione all’analisi esistenziale acuta e insieme drammatica: la sua forza
è dovuta all’uso di un linguaggio aspro e denso, sicchè riprese colte e neologismi si inseriscono in
un ritmo martellato, ricco di rime ravvicinate e frequenti ripetizioni. Vengono raggiunti effetti
fonici di intensità violenta, che si accompagnano ad una percezione sofferta dell’insignificanza del
vivere.
Fra gli autori vociani meritano di essere ricordati almeno Giovanni Boine (che scrive “poemi in
prosa” sulla scorta di Baudelaire e Rimbaud che esprimono sentimenti lirici in frasi brevi ma
intense, prosastiche ma scandite da forte ritmicità) e Piero Jahier
All’ambiente vociano si accosta anche Dino Campana nella cui opera principale (Canti Orfici) si
colgono tanti influssi diversi come quello futurista e quello dei poeti maledetti francesi.
Anche Camillo Sbarbaro pubblica per le edizioni de “La Voce” ma ha ben poco di espressionista-
vociano, ha una nettezza perentoria che conferisce classicità al dettato. Sottolinea però la volontà
di manifestare riflessioni interiori, spesso scaturite da eventi occasionali. Questo scavo etico dal
contrastato nichilismo trova in Leopardi il diretto antecedente e modello. Ha capacità di impiegare
forme tradizionali ma senza pedanteria, e una lucida ma non gridata analisi della sofferenza
esistenziale. Sarà preso a modello (persino da Montale).
GIUSEPPE UNGARETTI (1888-1970)
Questo poeta si colloca nel campo della sperimentazione di matrice avanguardista. Di origini
lucchesi, visse a lungo ad Alessandria d’Egitto e poi studiò a Parigi entrando in contatto con molti
esponenti delle avanguardie quali Apollinaire. La sua formazione è eterogenea ed estranea ai più
importanti centri culturali italiani. Si scontrano interessi letterari ma anche politici (volontario in
guerra…). Al termine del conflitto Ungaretti stringe forti rapporti con l’ambiente fiorentino dove
pubblico Allegria dei naufragi e poi con l’ambiente di Roma dove si iscrisse al partito fascista. Con
il tempo inizia ad impiegare una metrica più canonica e immagini dense di simblismo
(specialmente in Sentimento del tempo). Successivamente continuò ad allargare la sua coscienza di
classici italiani e stranieri grazie ai numerosi viaggi all’estero e ad un intensa attività da traduttore.
Le sue opere non ottennero più consensi pari alle prime. La sua opera Vita di un uomo fu
continuata sino alla morte con il sostegno di critici e interpreti.
L’allegria

Document shared on www.docsity.com


Downloaded by: yvan93 (vendita93@live.it)
Ha una gestazione elaborata: al nucleo costituito dal Porto sepolto (1916) si aggiunsero varie
sezioni con il titolo Allegria di naufragi (1919). Questa sarà poi sottoposta a numerose varianti e
pubblicata nel 1931 come Allegria. Le forti novità della versificazione tipica Ungarettiana sono già
presenti nel porto sepolto come l’alta funzione della poesia (ascendenza simbolista lontana
dall’ironia crepuscolare ma anche dall’oltranzismo futurista). La magia della parola lirica brilla tra
l’inesauribile segreto del mistero poetico e il nulla ( “mi resta quel nulla di inesauribile segreto” ).
La poesia è capace di sublimare il niente dell’esistenza del singolo. E’ un niente che si sostanzia
nelle poesie scaturite dal dramma bellico dell’autore, soldato di trincea per il quale la morte si
sconta vivendo, che si trova buttato vicino ad un compagno massacrato a cui la vita pare una
corolla di tenebre. La ricerca dell’inesauribile segreto inizia dal bisogno di affrontare un dramma
personale che porta spesso l’io a domandarsi del suo rapporto con Dio o quale sia un luogo a cui
appartenere. Valore simbolico e insieme salvifico della parola poetica: ed ecco perché molto
spesso U. fa coincidere la parola singola con il verso. La frantumazione della metrica tradizionale
ridotta a versicoli, mira a donare autonomia agli aspetti fonico-semantici. La compattezza de ll
porto sepolto viene in parte persa con Allegria di naufragi in cui accentua l’utilizzo di analogie e
metafore ardite , eliminando elementi cronachistici. Sebbene l’antecedente di questi procedimenti
è parzialmente rintracciabile nelle teorie futuriste, il risultato appare molto diverso perché non
mira ad uno sradicamento beffardo dell’istituzione letteraria ma anzi mira a ridare un senso forte
all’esperienza del singolo individuo.
Il sentimento del tempo
Nelle versioni successive dell’allegria Ungaretti riduce gli oltranzismi e riporta molti versi ad una
scansione più piana. È un segno: il poeta ha iniziato una parabola esistenziale che l’ha portato non
solo ad aderire al fascismo ed al cattolicesimo ma anche a riscoprire l’importanza della tradizione
letteraria italiana ed europea. Sentimento del tempo esce nel 1933 e il gusto per l’analogia tende a
farsi più manierato, ricco di risonanze raffinate che derivano da un’attenta lettura di Petrarca e
Leopardi. Si attenuano i riferimenti all’esistenza vissuta. La poesia assume un valore sublime in sé
e tende a creare miti e metafore preziose, al limite del barocco. Anche la metrica viene condotta a
misure consuete, il lessico risulta depurato e squisito. Forte dimensione mitologizzante.
LA NARRATIVA E IL TEATRO
Rispetto alla poesia il quadro della narrativa italiana appare molto più vario e privo di linee
preminenti. Dovuto a una situazione di fatto: la narrativa italiana ha una tradizione molto meno
forte rispetto alla lirica e dominata da un unico modello (I promessi sposi).
Principali nuclei:
- Nel primo 900 la narrativa più stimata e venduta è ancora quella di D’Annunzio e
Fogazzaro.
- Si fanno notare anche scrittori adatti ad un’editoria in espansione. (De Amicis)
- Ci sono opere che intersecano la tradizione del realismo-verismo ottocentesco con una
nuova sensibilità per la psiche umana e per l’inconscio (Grazia Deledda).
- Testi più significativi che fanno categoria a sé: Pirandello.
- Narrativa espressionista: Federigo Tozzi.
La narrativa espressionista è ricca di asperità e vocaboli rari. In generale gli scrittori
espressionisti e in particolare quelli legati alla rivista La Voce impiegano il frammento o il

Document shared on www.docsity.com


Downloaded by: yvan93 (vendita93@live.it)
poema in prosa ovvero una prosa lirica. La narrativa espressionista più stimata è quella di
Tozzi. Adolescenza segnata dal dispotismo del padre e dissesti finanziari della famiglia,
Tozzi arriva a alla scrittura del suo primo romanzo a 30 anni: Con gli occhi chiusi. Trama:
Pietro ama Ghisola e la idealizza senza accorgersi che la ragazza non è pura ed ingenua
come lui vorrebbe. Solo alla fine, trovandola gravida in una casa di appuntamenti, egli
viene colto da una violenta vertigine e cessa di amarla.
La resa narrativa è di grande efficacia, basata sull’accostamento di rapidi quadri, spesso
caratterizzati da punti di vista diversi e a volte deformanti, tanto che i particolari appaiono
dilatati, mentre il normale flusso temporale viene sconnesso. Forti teorie di William James
sul flusso di sensazioni che formano la psiche umana. Stato incerto tra realtà ed
idealizzazione. Componenti oniriche e fortemente drammatiche si sostanziano di uno stile
secco e nervoso, ricco di toscanismi arcaici.

Il teatro e il melodramma
Il teatro italiano nel primo Novecento risulta ancora legato a schemi realistico-veristi. Continua il
successo del genere teatrale da sempre più fortunato in italia: il melodramma, di cui massimo
esponente è Giacomo Puccini. Non va dimenticato il successo del teatro Dannunziano.
Il teatro dei futuristi tenta un’innovazione violenta ed avanguardistica che propone testi in libertà,
parodie, battute satiriche o paradossali per scandalizzare il pubblico borghese. Più duraturi sono i
risultati di autori ricollegabili all’espressionismo per l’uso di una teatralità grottesca, fra i quali va
citato il siciliano Pier Maria Rosso di San Secondo.

LUIGI PIRANDELLO (1867-1936)


Luigi Pirandello nasce ad Agrigento e studia tra Palermo e Roma dove conosce lo scrittore verista
Capuana. La vocazione letteraria si manifesta con la pubblicazione di libri di poesie, alla quale fa
seguito nel 1891 una laurea a Bonn sul dialetto Agrigentino. In Germania approfondisce la
conoscenza di autori come Goethe e Schopenhauer. Tornato a Roma inizia a scrivere con
continuità saggi, novelle e romanzi: i dissesti economici della sua famiglia e la malattia mentale
della moglie segnano profondamente questa fase della sua vita. Pirandello riflette con pungente
intelligenza sui temi essenziali del suo tempo, come il rapporto fra arte e scienza, e poi a poetiche
in apparenza eccentriche come quella dell’umorismo, cui dedicherà un saggio importante nel
1908. È narratore e drammaturgo acclamato in Italia e all’estero. La sua adesione al fascismo nel
1924 non sarà priva di contrasti. Nel 1934 viene premiato al Nobel per la letteratura.
Produzione narrativa
Dopo varie prove poetiche Pirandello inizia a scrivere novelle e romanzi quali L’esclusa o Il turno.
C’è un’apparente oggettività tardoverista ma si colgono già spunti sintomatici della poetica
pirandelliana, come l’impossibilità di stabilire verità oggettive e la necessità di cogliere i lati
nascosti delle varie personalità, superando le apparenze e le finzioni. La propensione Pirandelliana
alla costruzione di intrecci in cui il caso strano diventa occasione per un’analisi netta e originale
della psicologia umana viene poi a incontrarsi con ampie riflessioni sull’umorismo che si
concretizza subito in un innovativo romanzo: Il fu Matia Pascal. Questo romanzo è l’opera in cui

Document shared on www.docsity.com


Downloaded by: yvan93 (vendita93@live.it)
Pirandello abbandona la ricerca naturalista-verista e intraprende una ricerca di tipo umoristico,
seguendo certamente l’esempio dell’autore inglese Laurence Sterne. La stravaganza della vicenda
fornisce la base umoristica che permette poi a Pirandello di indagare temi per lui fondamentali:
- contrasto insanabile tra vita e forma in cui la vita è costretta, in cui l’individuo è costretto a causa
delle convenzioni sociali
- contrasto tra persona e personaggio (maschera).
- accettazione umoristica di uno sguardo distaccato la realtà concludendo che la vita non conclude
e che ogni certezza è relativa. (Il relativismo viene indicato nella premessa seconda proprio come
la condizione dell’uomo moderno dalla rivoluzione copernicana in poi).
- umorismo come accettazione del contrario
- antipositivismo e antirazionalismo, cui si contrappongono la tendenza al vitalismo e l’interesse
per le pieghe oscure della psiche
- rifiuto della concezione realista del romanzo, con trame ben architettate e personaggi credibili in
favore di una scomposizione del personaggio (che diventerà sempre più forte nel teatro).
Le novelle
Alla narrativa breve Pirandello si dedicò sin dal 1894, mentre nel 1922 progettò Novelle per un
anno che dovevano riunire tutta la sua produzione in 24 volumi. Sono racconti di caratteri e temi
molto differenziati: sono individuabili novelle comiche, drammatiche, surreali… Le più apprezzate
sono quelle in cui un elemento assurdo che serve a demistificare i luoghi comuni permette di avere
punti di vista straniati sulla realtà. Nella scrittura Pirandelliana sono frequenti monologhi o dialoghi
e questo ha favorito la loro riscrittura per il teatro.
Produzione drammaturgica
Pirandello cominciò a dedicarsi al teatro con costanza dal 1910, dopo un lungo e fruttuoso
impegno nella narrativa. Le prime prove appaiono legate al mondo siciliano ma viene approfondita
la costruzione del personaggio teatrale che può riuscire ad incarnare perfettamente le riflessioni
dell’autore (in particolare riguardo alla funzione dell’umorismo), liberatoria e dissacrante nei
confronti delle forme e delle convenzioni sociali: non a caso, un fortunato dramma di questo
periodo rielabora delle parti de Il fu Matia Pascal. Un ulteriore passo avanti viene segnato con la
produzione del 1917-18 che affianca a testi regionalistici i primi drammi grotteschi (ex Così è (se vi
pare)). La ambientazione borghese lascia sempre di più il posto a situazioni allucinate in cui non è
possibile distinguere tra vero e falso, perché la verità stessa, come già affermato dal Pirandello
narratore, è relativa. In questi drammi che nel 1918 l’autore comincia a raccogliere con il titolo
Maschere nude, mira a demistificare le certezze e a rompere le sclerotizzazioni: fondamentale
l’uso dei dialoghi caratterizzati da un linguaggio enfatico e ripetitivo, che ne sottolinea
l’andamento raziocinante. Pirandello svuota così dall’interno tutte le convenzioni del teatro
borghese.
Sei personaggi in cerca d’autore

Document shared on www.docsity.com


Downloaded by: yvan93 (vendita93@live.it)
1921, in scena a Roma e Milano. Il dramma appare rivoluzionario: l’intera azione riguarda la natura
stessa della finzione teatrale. Paradossalmente solo le idee potenziali dell’autore, non ancora rese
atto, sono vere e autentiche.
Nei drammi dell’ultimo periodo Pirandello gioca sull’inconscio e sulla possibilità di liberarlo
interamente dalle repressioni morali e sociali. Questa forza si troverebbe nell’arte (rappresentata
dagli attori), capace di azioni simboliche e quasi magiche.
LA CRITICA E IL DIBATTITO CULTURALE
L’idealismo di Benedetto Croce e la critica letteraria
Il dibattito culturale nei primi decenni del Novecento è vivace ed innovativo. La critica ufficiale
vede però instaurarsi progressivamente il predominio del filosofo idealista Benedetto Croce. Croce
teorizzò che la critica doveva rimanere autonoma da qualsiasi finalità pratica: in particolare la
letteratura doveva ricercare la liricità in senso assoluto. Attacca la sperimentazione letteraria.
Croce diviene un punto di riferimento per la cultura antifascista e le sue idee riguardanti la critica
hanno sempre maggior diffusione. La loro rigidità bloccò per molto tempo lo sviluppo di una critica
accademica attenta alle nuove discipline applicabili allo studio letterario, come la sociologia, la
psicanalisi… Al di là di una critica di stretta osservanza estetico-crociana si ebbero studi di carattere
erudito-documentario o strettamente filologico.
La critica militante: le riviste
Fuori dall’accademia numerosissimi letterati sono impegnati in riviste militanti, come gli animatori
della più volte citata “La voce”. Questi non mantennero una posizione univoca e stabile nei
confronti della critica. Prezzolini ad esempio, uno dei direttori, si avvicina alle teorie crociane che si
potevano coniugare in qualche modo con il frammentismo tipico vociano. Altri personaggi di
spicco invece si allontanano dalle posizioni crociane per una valorizzazione dei giovani autori e
delle loro sperimentazioni. Altre riviste attive a firenze nel primo novecento sono Leonardo, Il
Regno, ed Hermes. Spesso queste riviste hanno una breve durata e ricompaiono dopo la prima
guerra mondiale ma con posizioni molto mutate (specie riguardo all’interventismo e allo
sperimentalismo letterario, in favore della non belligeranza e del ritorno all’ordine).

II. RILETTURE DELLA TRADIZIONE (1919-1945)


Introduzione al periodo
Finisce la prima guerra mondiale e insieme a lei la forza propulsiva delle avanguardie.
Ragionevolmente la fase delle sperimentazioni non terminò di colpo: a livello Europeo diede alcuni
dei risultati più importanti, ora spesso inquadrati sotto la dicitura “ modernismo” (vedi capolavori
Eliot e Joyce). Questi e altri capolavori di quegli anni non erano volti solo alla novità ma tendevano
invece a costruire un rapporto con la tradizione, sentita non come patrimonio stabile e
rassicurante ma grande repertorio da riacquisire e da cui estrarre i materiali adatti per sostenere la
frammentarietà del presente. La tradizione ritorna ad agire in modo straniato, ovvero attraverso
citazioni, allusioni o persino parodie: per far si che la tradizione sia recuperata bisogna
reinterpretarla e questa tendenza si coglie tra molti dei maggiori autori che scrissero tra le due
guerre.

Document shared on www.docsity.com


Downloaded by: yvan93 (vendita93@live.it)
L’unica nuova avanguardia di questo periodo può essere considerata il surrealismo, iniziato a
Parigi nel 1924 con un manifesto. A differenza delle altre avanguardie non partiva da una polemica
contro le istituzioni artistiche o contro la riduzione dell’arte a oggetto di mercato ma prendeva
spunto dalle teorie psicanalitiche (freud e poi jung) per dare spazio a tutte le dimensioni della
creatività, derivati dall’inconscio e non dalla razionalità. I risultati in ambito letterario sono
rappresentati dai tentativi estremi della scrittura automatica.
L’avvento del fascismo condizionò ben presto il dibattito culturale. Il margine per una libera
espressione delle opinioni politiche si annullarono nel 1925. A parte Croce, furono pochi i punti di
riferimento per i non fascisti, spesso costretti all’esilio (come Gramsci). La non adesione al
fascismo il più delle volte riguardò la scelta di temi lontani dalla retorica del regime, a volte astratti
e simbolici, come quelli dei poeti inquadrabili nella corrente dell’ermetismo. Molti furono invece
gli autori che aderirono al fascismo.
Le tendenze del periodo fra le due guerre furono varie:
- reazione contro le avanguardie e in favore di un ritorno all’ordine e al classico, anche attraverso
la prosa d’arte (“La Ronda”).
- sperimentazione ma sempre in rapporto con la tradizione (ex Montale)
- la linea della prosa d’arte che dovrebbe ricondurre i vari sperimentalismi primonovecenteschi a
una scrittura stilisticamente raffinata, lirica e colta, viene ben presto contrastata da una volontà di
tornare ad una narrazione diretta (Sostenuta da Antonio Borgese). Viene messa in pratica dai
precocissimi Moravia o Vittorini…
(pochi autori di narrativa sapranno mostrare un respiro narrativo ampio e un’effettiva originalità.
Tra questi pochi c’è sicuramente Italo Svevo, 1923, con La coscienza di Zeno e Gadda con il suo
plurilinguismo).
LA POESIA
Il ritorno all’ordine classicista
Avviene (principalmente a partire dalla rivista romana La Ronda) una rivalutazione delle forme
canoniche. (Fra i principali promotori: Emilio Cecchi). Spesso La Ronda si appoggiò al partito
fascista.
Le poetiche fra anni 20 e 30
La Ronda opera per un periodo molto circoscritto ma fa da modello per molte altre poetiche che si
sviluppano tra 1920-30. Restano anche sotto il regime fascista degli spazi per un dibattito anche
sulle letterature straniere (ad esempio nella rivista “900”) mentre le componenti sovversive
antiborghesi del primo fascismo rimangono vive in alcune riviste laterali quale “Il Selvaggio”.
La cultura fiorentina era la più vivace e variegata in quegli anni sia per la presenza di quasi tutti gli
intellettuali di spicco, sia per la capacità di fondare e sostenere poetiche innovative grazie alle
riviste “Solaria” e “Letteratura” e grazie alle numerose case editrici. Sempre nei limiti imposti dal
regime ma fu aspro il dibattito fra i letterati più aperti al confronto con gli altri paesi europei e
quelli che invece puntavano alla “religione delle lettere”, in un totale distacco dall’impegno
politico ed a una scrittura criptica e simbolista, definita “ermetica”.

Document shared on www.docsity.com


Downloaded by: yvan93 (vendita93@live.it)
Ermetismo
Il filone tardosimbolista della lirica pura riprende forza trovando un antecedente nell’Ungaretti del
sentimento del tempo. Il termine ermetismo vuole sottolineare il carattere oscuro, ermetico, di
questo tipo di poesia, che però presenta caratteristiche in qualche modo distanti a seconda
dell’area:
- da una parte si può individuare un ermetismo di giovani autori toscani legati alla rivista
“Frontespizio” e in particolare al critico Carlo Bo. Questi contrappongono i valori religiosi e
umanistici della poesia alla crudezza del regime fascista, non senza correre il rischio di cancellare la
realtà storica concreta.
- Da un’altra parte si distingue l’ermetismo degli autori del sud, animato da una metaforicità
accesa ed analogie ardite, non prive di alcuni contatti con il surrealismo.
Tra le varie tendenze si rileva il tratto comune di un uso astratto e fortemente simbolico del
linguaggio, che riduce la possibilità di identificazione di oggetti o situazioni concrete. (esponenti
più importanti: Quasimodo, Gatto, che operano a contatto con la rivista “Solaria”).
- altri autori toscani propongono un ermetismo più colto nel quale risuona l’insegnamento di
Mallarmè. Qui assume ruolo predominante il giovane Mario Luzi, che si può considerare
pienamente ermetico solo per le sue primissime raccolte.
- Ai margini dell’ermetismo si collocano autori che pure ebbero contatti stretti con gli ermetici ma
non si inoltrano nella metaforicità irrazionale, seppure ricchi di evocazioni mitiche e oniriche come
in Sinisgalli.
Nell’immediato dopoguerra quasi tutti gli ermetici furono spinti ad abbandonare i temi più
rarefatti per affrontare in modi a volte stilisticamente fin troppo retorici i temi del conflitto
mondiale e della ricostruzione. (esemplare: La vita non è un sogna, Quasimodo).
Lirica narrativizzata
Impiega versi lunghi alla maniera dell’Americano Walt Whitman. Esemplare è Lavorare stanca di
Cesare Pavese.
La poesia dialettale
I dialetti erano avversati dal regime fascista (che puntava ad un purismo anche linguistico). La
scelta del dialetto in questo periodo può risultare spontanea perché la lingua italiana era
conosciuta ancora da una sola minoranza colta, ma in realtà gli autori dialettali sono quasi tutti
colti e la scelta linguistica appare spesso dettata da ragioni peculiari come la difesa di culture
minacciate, l’opposizione esplicita all’italianizzazione forzata, o sentimenti diversi spesso
contrastanti con il regime fascista. Giotti, Marin, Noventa tra i più importanti.
UMBERTO SABA (1883-…)
Umberto Poli (dal 1910 pseudonimo “Saba”) viene abbandonato dal padre durante l’infanzia e vive
a Trieste con una rigorosa madre israelita e dall’affettuosa nutrice Beppa Sabaz. La poesia di Saba
si distingue sin dalle prime prove per l’apparente semplicità e cantabilità, superficie pacificata
sotto la quale si nascondono grandi conflitti: “quante rose nasconde un abisso!”. Dal 1929 segue

Document shared on www.docsity.com


Downloaded by: yvan93 (vendita93@live.it)
una terapia psicanalitica che rende più consapevole l’uso straniato di una stilizzazione, che si
presenta da subito troppo semplice per essere ingenua. Ha una formazione culturale eterogenea,
ma furono molte le letture personali tra cui quella di Nietzsche. Egli cercò sempre un integrazione
con il popolo italiano, ma mentre si definiva “italiano tra gli italiani”, il regime fascista lo
emarginava con le leggi razziali. SI innamora nel 1909 di Carolina WOlfler, si sposano ma la loro
storia presenta varie crisi. Saba rimase fuori dai circoli letterari più influenti nonostante l’appoggi
di autorevoli come Montale, Debenedetti, Sereni…La sua poesia a partire dagli anni Cinquanta fu
assunta come modello dalle varie tendenze antinovecentiste, caratterizzate da una poesia
semplice e onesta, capace di costruire un rapporto franco con il lettore.
1911-12  escono due raccolte molto apprezzate: Casa e campagna, Trieste e una donna.
Saba rimane legato alla sua Triste, mitteleuropea ma laterale in ambito italiano, nonostante alcuni
contatti con la rivista “La Voce”. Ecco perché le liriche delle prime raccolte appaiono
assolutamente fuoritempo rispetto alle avanguardie. L’idea stessa di un Canzoniere risulta
conservatrice e le forme metriche preferite da Saba sono quelle chiuse. Per questo il suo successo
all’inizio non è sancito, nonostante l’apprezzameno di numerose riviste quali “solaria”.
Le sue poesie di maggior valore sono quelle che fondono una stilizzazione classicista con una
scelta di immagini inconsuete e stranianti (A mia moglie, testo in cui la moglie viene paragonata
ad animali non nobili come una pollastra, una giovenca…L’amore inoltre non si esplicita in una
liricità sublime ma in un affetto quotidiano singolare e profondo). L’insieme dei testi assume la
struttura di piccoli romanzi. Le dissonanze nella cantabilità si accentuano man mano che le sezioni
proseguono, anche i titoli diventano più contrastivi e ossimorici, riflettendo un tipico tema
Sabiano: la conflittualità inevitabile tra sessi. Saba mira ad una poesia da lui stesso definita onesta,
di una leggerezza che diventa chiarezza e definizione, espressione classica di una sensibilità
contrastata e moderna. Vuole riassumere nel canzoniere delle tappe biografico-esistenziali da lui
stesso non ancora comprese e per questo il metodo non è quello della selezione alla Petrarca ma
dell’inclusività spuria alla primo ottocento.
Dopo la prima pubblicazione del canzoniere, Saba appartato e avverso al fascismo entra in
contatto con alcuni giovani intellettuali e scrittori. In questi anni si avvicina alla psicanalisi e più in
generale alla cultura europea contemporanea, introducendo così nella sua poetica maggiori
elementi di modernità , grazie ad un impiego più ardito della similitudine, ad un aumento
dell’allusività e ad un uso calcolato del prosastico. Una nuova tappa è segnata dal secondo
canzoniere, uscito nel 1945, nel quale confluiscono le raccolte successive al ’21 e qui vengono alla
luce i traumi infantili grazie ad un incontro poetico fra il Saba bambino e il Saba adulto.
Nella versione del 45 il canzoniere è diviso in tre grandi sezioni, che possono simboleggiare le tre
principali età dell’uomo. In questa versione Saba ha lavorato ad una risistemazione complessiva,
soprattutto in rapporto al tema dell’amore e a quello della guerra, della quale ha
progressivamente una visione profondamente diversa rispetto alla fine del primo conflitto
mondiale. Rilevante in questo senso è la sezione Cuor morituro, angosciata e dissonante, volta ad
una cruda denuncia. I contatti diretti con Ungaretti e Montale portarono Saba a scrivere versi
senza esplicitazione di nessi connettivi e la sua lirica assume un po' di più una componente della
migliore oscurità moderna.

Document shared on www.docsity.com


Downloaded by: yvan93 (vendita93@live.it)
Dal 1948 in poi nella vita di Saba si fa spazio una forte insoddisfazione esistenziale, che si
manifesta in numerose crisi nevrasteniche. La sua poesia si incupisce definitivamente, con
numerosi riferimenti al tema della morte.
Altre opere. Saba fu anche un ottimo prosatore. Scrive molti racconti brevi su storie legate al
ricordo del mondo ebraico nonché ai fatti autobiografici. Spiccano i testi di Scorciatoie e raccontini
nei quali le occasioni fornite dalla vita quotidiana vengono interpretate in modo inatteso con uno
spiccato gusto per l’aforisma.
Ernesto è un romanzo uscito postumo che parla dell’iniziazione omosessuale di un ragazzo narrata
con levità e naturalezza, grazie ad un uso del dialetto triestino molto delicato e rivelatore. Qui si
osserva ciò che Saba poi scriverà: “l’arte vive del proibito, di quello che non osa venire in altra
forma alla luce del giorno”.
EUGENIO MONTALE (1896-…)
Nasce a Genova e vive un tipo di istruzione molto eterogeneo ma ricco: letteratura a lui
contemporanea (sia italiana che europea), classici, arte, melodramma, filosofia (in particolare
Bergson)… Sin dall’adolescenza Montale cercò di avvicinarsi alla cultura italiana più vivace,
dapprima come lettore (per esempio dei pezzi giornalistici di Cecchi) e poi come recensore e
autore di articoli già importanti, come Stile e tradizione, 1925, pubblicato sulla rivista torinese “Il
baretti” di Gobetti. Proprio Gobetti fu poi l’editore di ossi di seppia. Altre due amicizie influenti per
lui sono Sbarbaro e Solmi.
Ossi di seppia risultano un libro molto particolare nel panorama coevo, senz’altro
antiavanguardista ma allo stesso tempo non legato ad un’idea tradizionalista di poesia: per tentare
di definirne il carattere dominante, la critica più recente ha iniziato ad impiegare la categoria del
classicismo paradossale. Si tratta di una formula creata da Montale stesso in riferimento a Saba
ma in Montale è più forte l’uso di schemi tradizionali espliciti ma insieme corrosi che accolgono
elementi modernisti. Ad esempio la metrica Montaliana conta un elevato numero di versi
endecasillabi e settenari ma spesso ipometri o ipermetri. Anche le rime regolari sono numerose
ma spesso si alternano con assonanze e consonanze che impediscono una cantabilità facile come
quella di Saba. Le peculiarità formali degli ossi sono importanti perché le varie e a volte
eterogenee componenti di questa raccolta vengono tenute insieme appunto da una
personalissima stilizzazione. A ciò si accompagna l’aspetto tematico-contenutistico, che ha
costituito uno dei motivi della larga fortuna di questa raccolta. L’io lirico degli ossi si presenta
come soggetto debole e inetto che però non si limita ad enunciare la sua propria condizione con
malinconia o ironia bensì confronta la sua posizione con quella moderna dell’intero genere umano
e denuncia il “male di vivere”, la sofferenza esistenziale di chi è ormai privo di una fede certa e di
una voltà di agire, ma ciononostante continua a cercare il miracolo, la possibilità di incontrare il
divino e quindi la salvezza dalla rete della quotidianità. Ci sono qui una serie di azioni mancate o
speranze deluse ma magari realizzate per qualcuno dei suoi interlocutori. Per certi aspetti si tratta
di un rovesciamento della mitologia D’Annunziana, e lo stesso paesaggio ligure, scabro e assolato,
è una realtà ben più dura e dissonante rispetto a quella evocata dalla Versilia dannunziana. Si deve
aggiungere che Alcyone costituisce un modello per Montale per lo meno sul piano della
strutturazione spazio-temporale (suddivisione in 4 sezioni, a loro volta divise). L’ultima sezione
forma un microromanzo sulla perdita dell’infanzia e quindi sulla perdita di un contatto diretto e

Document shared on www.docsity.com


Downloaded by: yvan93 (vendita93@live.it)
puro con la natura, giungendo alla coscienza della crudeltà della vita. Rilevanti anche i confronti-
dissensi con Leopardi. La forza di Montale sta nell’alternanza di tonalità e registri, ma tutti
controllati dalla potente stilizzazione insieme classica e moderna. Memorabili, non a caso, molte
chiuse delle liriche.
Le occasioni vengono scritte a Firenze dove Montale si trasferisce ed entra in contatto con quasi
tutti i più autorevoli critici italiani di quel periodo. Fireze è una città aperta (nei limiti imposti dal
regime) e dinamica e Montale quindi entra anche in contatto con le linee di tendenza più forti in
Europa, soprattutto grazie alle riviste maggiormente aperte dal punto di vista culturale (come
“solaria”) . La vicinanza con questo ambiente spinge il poeta ligure ad una rilettura dei grandi
classici corroborata dalla vicinanza di giovani esperti come Contini o dalla stesura di traduzioni di
poeti stranieri classici (Shakespeare). Qui incontra due donne importantissime per la sua vita e la
sua poesia: Drusilla e Clizia. Se gli Ossi erano ancora un insieme segnato da una chiara classicità
benchè paradossale nella sua realizzazione, le occasioni si orientano verso l’oscurità tipicamente
otto-novecentesca, che tuttavia risulta molto diversa da quella degli ermetici o di Ungaretti.
L’oscurità moderna delle Occasioni non deriva da un simbolismo forzato o da un surrealismo
antirazionale ma da una condensazione dei passaggi, da un tacere l’elemento generatore della
lirica per concentrarsi sui suoi effetti, e insomma un procedere per metonimie, per dettagli che
stanno al posto del tutto. Si rafforza in questa seconda raccolta l’importanza degli oggetti che però
non sono più ricavati dalla natura e poi caricati di un significato simbolico ma sono più di
frequente frutto di lavoro artigianale o tecnico. In questi passaggi si coglie l’adesione ad un tipo di
poesia “metafisico”: una poesia rivalutata in quel periodo da Eliot e che non mirava a nascondere
la realtà storica e biografica, ma semmai a farne la fonte concreta di una poesia “oggettiva”,
portatrice di un valore universale e non solo dei sentimenti dell’io. Lo stesso montale riconosce
per sé l’importanza di questa linea metafisica e fra l’altro valorizza il rapporto tra poesia e prosa,
ritenendo la seconda un grande semenzaio (luogo in cui crescono i germogli) per la prima. Con le
occasioni Montale fa una personalissima lettura della lirica Europea: le fonti si moltiplicano e
svolgono il ruolo di arricchimenti colti oppure allusioni ai grandi modelli stilistici e di pensiero della
lirica occidentale. Le scelte lessicale sono preziose ma anche ampie (telegrafo…). Mai i testi
Montaliani risultano volutamente ambigui o irrazionali, è sempre possibile un’interpretazione
letterale. Spicca l’esaltazione del tema moderno dell’epifania, occasione che porta lo svelamento
delle verità oltre le apparenze. La struttura è data da 4 sezioni introdotte da una lirica proemiale.
Molti temi oltre alla struttura sono simili agli ossi, ma sono modificati per la consapevolezza della
necessità di difendere la cultura consegnataci dalla tradizione, che permette di superare le
difficoltà della storia.
La bufera e altro. Senza occasione di continuità Montale dopo le occasioni scrive componimenti
che alludono alla seconda guerra mondiale, raccolti tra il 42 e il 45, in due plaquettes nominate
Finisterre. Da questa serie di testi deriva la prima sezione della terza raccolta montaliana, uscita
nel 1956 con il titolo “bufera e altro”. Montale aveva attraversato una breve fase di impegno
politico nel Partito d’azione e si era poi trasferito a Milano diventando caporedattore del “corriere
della sera”. L’attivit giornalistica lo porta ad incontrare artisti, scrittori e in generale realtà culturali
europee ed extraeuropee, ma questo in realtà con comporta una apertura nei suoi testi, la Bufera
assume tratti manieristici e barocchi. Sono più frequenti i testi interpretabili in sendo allegorico
(vedi Iride). La struttura si complica: le sezioni sono sette e a volte inframmezzate da testi in prosa.
L’io lirico che si nasconde sotto la maschera di personaggi dubbiosi come il “povero nestoriano

Document shared on www.docsity.com


Downloaded by: yvan93 (vendita93@live.it)
smarrito” alla fine preferisce ritornare alle incertezze ma anche alla concretezza della vita terrena.
Nella parte finale della bufera, l’io inizia a coincidere spiccatamente con quello biografico. Inoltre il
tema della disarmonia e del male di vivere si sostanzia nella storia presente pur aspirando ad
assumere valore universale. Per descrivere le storture del presente, l’io-poeta adotta un linguaggio
basso-comico, intriso di termini ed espressioni volutamente prosastici, che anticipano
l’impossibilità di una lirica alta nella società di massa.
Satura
Dal 1963 dopo un silenzio poetico molto lungo, Montale inizia a scrivere con una frequenza ed
un’abbondanza inconsuete. Il risultato di questa fase è un libro molto diverso dai prcedeti: Satura,
1971. Montale afferma che questa nuova fase corrisponde al verso della lirica di cui prima aveva
dato il recto, ovvero una sorta di rovesciamento ironico, a volte apertamente parodico, dei suoi
temi antecedenti. Lo stile diventa quindi comico-satirico (anche se il termine satura indicherebbe
la varietà degli argomenti e degli stili). Sono molti però i testi satirici in cui si combattono le
assurdità della società di massa, i luoghi comuni, le posizioni ideologiche massimaliste, le arti
neoavanguardiste… .La cronaca fornisce il materiale per l’elaborazione poetica. La prosa insomma
acquisisce il sopravvento sulla lirica, e l’io-poeta diventa ironico esaminatore delle storture sociali.
I tratti riscontrati in Satura si ripropongono poi nelle raccolte successive, tutte riunite in L’opera in
versi. L’impossibilità di una poesia alta nella società di massa risulta ribadita mentre i temi
diventano più moralistico-sociologici: la perdita dell’identità individuale, la falsità delle convenzioni
a partire da quella del tempo, il trionfo della spazzatura. I punti di forza di questa fase stanno forse
in quei componimenti che meglio riescono a coniugare il nuovo stile basso e mescidato con una
riflessione non scontata sui destini dell’umanità e dell’arte.
NARRATIVA, TEATRO E CINEMA
Narrativa fra anni 20 e 30
Poco dopo la fine della prima guerra mondiale emersero nella narrativa italiana due linee
contrastanti:
1. Prosa d’arte (promossa da “La ronda”) che prende spunto dal frammentismo dei vociani ma la
inserisce in strutture più solide cioè racconti o novelle. È una narrativa raffinata, fortemente lirica e
in genere breve. Questa linea viene seguita da autori come Cardarelli e Bacchelli. Parecchi di
questi autori si riunirono intorno alla rivista Solaria (Loria, Comisso, Banti, Bilenchi). L’esito più
alto di una linea fondata su una scrittura raffinata e addirittura complessa (che svaria dalla prosa
d’arte all’espressionismo) fu quello di Carlo Emilio Gadda.
2. Nuovo tipo di realismo sostenuto da Borgese che nel 1921 pubblica un libro definibile romanzo
a pieno titolo, Rubè, nel quale si cercava di interpretare il comportamento degli italiani nel periodo
bellico e postbellico attraverso quello di un giovane moralmente disorientato. Il precoce
antifascismo di queste posizioni (che fa Esiliare il suo autore) si coniuga con la ricerca di un nuovo
realismo che ponesse in primo piano la realtà storica e insieme la psicologia profonda dei
personaggi. Questo appello di ritorno alla narrativa non fu particolarmente accolto dall’alta cultura
italiana, che continuò a preferire una prosa breve e raffinata. Nonostante ciò, alcuni giovani autori
tra anni 20 e 30 propongono romanzi in parte di tipo realistico, anche se, dati i limiti imposti dal
regime, per una vera nascita di questa narrativa occorrerà attendere il 1943-1944. Il caso più

Document shared on www.docsity.com


Downloaded by: yvan93 (vendita93@live.it)
clamoroso di romanzo nuovo, certo a suo modo realistico ma soprattutto umoristico-sperimentale
arriva nel 1923 da uno scrittore appartato e a lungo trascurato: Italo Svevo.
2b. Realismo degli anni 30. È un realismo più legato alla volontà di documentare la vita italiana,
come ad esempio in Gente in Aspromonte di Corrado Alvaro che collaborava con Bontempelli
nell’elaborazione della rivista “900”: il mondo dell’aspromonte viene rievocato con il filtro dolce
dei ricordi, ma insieme emerge nella sua durezza. Tra realismo e decadentismo si muovono i
racconti di Sodoma e Gomorra di Curzio Malaparte. Altri furono animati da una volontà di
documentazione (Silone, Fontamara, 1933) o di documentazione polemica contro tutte le
dittature come Un anno sull’altipiano di Lussu.
IL TEATRO E IL CINEMA
In ambito teatrale le novità del periodo fascista sono limitate, ma prosegue fino al 1936 la
parabola di Pirandello, e mentre il melodramma, dopo la morte di Puccini, stenta a rinnovarsi,
vengono proposti drammi tra il grottesco e il surreale, come quelli di Bontempelli; oppure
rivisitazioni del filone regionalistico in dialetto (vedi Eduardo de Filippo), prosecuzione del teatro
realistico ottocentesco. Per quanto riguarda il cinema, fu usato come strumento di propaganda,
puntando a valorizzare attori e registi italiani. Il cinema degli anni 30 diventò un polo di attrazione
per molti letterati: molti si inserirono nella neonata cinecittà, la cui direzione fu affidata dal
governo fascista al critico Cecchi. Si andavano formando registi e attori che avrebbero dato vita al
grande neorealismo cinematografico.
ITALO SVEVO (1861-1928)
Italo Svevo è lo pseudonimo di Hector Schmitz, nato nel 1861 a Trieste da una famiglia di
ascendenza ebraica. Il padre, commerciante, lo avviò agli studi tecnici e presto Svevo dovette
impiegarsi in una banca. Tuttavia continuò a coltivare la sua passione per la letteratura di molti
classici italiani e tedeschi. Trieste era ancora sotto il dominio asburgico, influenzata dalla cultura
mitteleuropea, però marginale rispetto ai più autorevoli centri culturali italiani, come Firenze: la
stessa conoscenza dell’italiano fu per Svevo una conquista, rispetto all’uso di un dialetto molto
mescidato. Il giovane aspirante scrittore si interessò di politica e di filosofia (soprattutto
Schopenauer e Darwin). Iniziò intanto a pubblicare recensioni e racconti: molto interessanti quelli
pubblicati sul quotidiano irredentista “L’indipendente”, come ad esempio il primo edito (Una lotta)
che già presenta un tema tipicamente sveviano: la sconfitta degli eccentrici nella lotta darwiniana
di sopravvivenza alla vita. Svevo continua a scrivere e pubblicare nonostante i contrasti familiari.
Gli insuccessi letterari e il cambiamento lavorativo spingono Sevo ad allontanarsi dalla letteratura,
anche se continua a scrivere in segreto alcune opere. Nel 1906 Svevo inizia a studiare inglese con
James Joyce e sempre in quel periodo entra in contatto con le teorie di Freud. Durante la guerra fa
continuare l’attività della sua azienda a fatica e subito dopo la fine della prima guerra mondiale
pubblica il suo capolavoro che grazie a Joyce ottenne ottimi riscontri a Parigi, e fu valutata
positivamente anche in Italia, grazie ad intellettuali come Montale. Proprio quando la sua fama
iniziava a crescere Svevo morì per un incidente d’auto.
Una vita, 1892
Il titolo provvisorio era Un inetto e già spiega il carattere di Alfonso, il protagonista, che come molti
personaggi di fine 800 è un modesto impiegato di banca incapace di portare a compimento i suoi

Document shared on www.docsity.com


Downloaded by: yvan93 (vendita93@live.it)
sogni, generati da letture filosofico-letterarie. Dopo una serie di traversie dovute all’amore per
Annetta Maller decide di suicidarsi. Influssi evidenti sono quelli di Stendhal, Flaubert e Zola.
L’inettitudine radicale di Alfonso pare soprattutto un’applicazione delle teorie di Darwin nelle quali
il debole soccombe. La scelta del suicidio invece sembra un’estremizzazione delle posizioni di
Schopenauer sulla necessità di sopire la volontà di continuare ad esistere. Alfonso rinuncia persino
a spiegare la sua scelta in una lettera ad Annetta.
Senilità, 1898
Più raffinata capacità di introspezione psicologica. Emilio Brentani (scrittore) si innamora della
popolana Angiolina che però nel tempo si rivela una rozza e innamorata di Stefano Balli (scultore e
amico di E.). Anche la sorella di Emilio è innamorata di Balli. Emilio arriva precocemente alla
senilità cioè in uno stato di impossibilità d’azione ma solo di sogno. Si coglie anche qui la
contrapposizione deboli-sognatori e realisti-forti, darwinianamente più adatti alla vita. Aspetto
interessante: inaffidabilità del racconto di Emilio che ha una prospettiva falsificante e sviante: il
fatto stesso che Emilio si senta ancora giovane e impreparato viene demistificato dalla voce
narrante che lo descrive adulto.
La coscienza di Zeno
Svevo ha un lungo silenzio poetico per via degli insuccessi ma in questo periodo si avvicina alla
scrittura di tipo umoristico, che scrive racconti e fiabe su personaggi singolari, con dialoghi arguti
ma prospettive stranianti. Un’ulteriore spinta alla conoscenza della cultura inglese viene a Svevo
dall’incontro con Joyce. Nel 1919 stende il suo capolavoro. Nel frattempo lo scrittore ha
conosciuto meglio le teorie Freudiane che gli permettono di approfondire le sue idee sull’animo
umano, intrecciandosi con quelle dell’evoluzionismo. Il risultato è assolutamente qualcosa di
nuovo in cui Zeno Cosini e la terapia del dottor S. si intrecciano in una trama apparentemente
casuale in blocchi di narrazione unilaterale, umorale o addirittura falsa del protagonista. Zeno è un
personaggio nevrotico e mentitore, soggetto a problemi psicosomatici e portatore di teorie a dir
poco singolari che però interpreta bene i lati oscuri del reale. Ciò che gli manca è la certezza di un
destino, tipica dei romanzi ottocenteschi; al suo posto rimangono supposizioni, ipotesi, teorie: la
sua propria è che tutti gli uomini sono ammalati e che la salute non esiste. Non esistono deboli e
forti ma malati consapevoli e meno. Il malato può riscattarsi nell’amore fisico o nel reale
materiale. Lui alla fine si ritiene guarito e questa condizione umoristicamente felice non conferisce
al testo una vera chiusa perché la dialettica di verità e menzogna può continuare anche dopo la
provvisoria chiusura.
CARLO EMILIO GADDA (1893-…)
Nasce a Milano da una famiglia altoborghese ma si trova in difficoltà economiche. La madre lo
spinge agli studi ingegneristici. Si arruola volontario allo scoppio della prima guerra mondiale.
Viene fatto prigioniero dopo la sconfitta di Caporetto. La sua sanità mentale è minata da questi
episodi ed ancor di più dalla morte in battaglia del fratello Enrico. È costretto a svolgere la vita da
ingegnere ma inizia già negli anni venti a scrivere ampi abbozzi di romanzo ed alcuni importanti
trattati (pubblicati postumi). Una riflessione che inizia in questo periodo ma sarà fondamentale per
tutta l’opera Gaddiana è quella relativa ai rapporti tra i vari registri linguistici , da quello aulico-
tradizionale a quello tecnico-scientifico a quelli popolari, dialettali e gergali. In questi testi
cominciano ad emergere alcuni nuclei narrativi poi ossessivamente ripetuti nella produzione di

Document shared on www.docsity.com


Downloaded by: yvan93 (vendita93@live.it)
Gadda, per esempio quello della persona retta ma incapace di difendersi, o quello della donna
casta e impaurita uccisa violentemente, o più in generale quello dei comportamenti dell’intera
società nei periodi di profonda crisi, come una guerra terribile o un dopoguerra all’insegna della
violenza. Gadda aderisce al fascismo più per un nevrotico bisogno di ordine assoluto che per
ideologia. Pubblica la prima raccolta di racconti nel 1931. I buoni riscontri e l’approvazione della
rivista “solaria” non consentono comunque a Gadda di abbandonare il lavoro di ingegnere, che lo
porta a collaborare con il Vaticano e conoscere l’ambiente romano. Continua a scrivere brevi testi
inseribili nel filone della prosa d’arte. Nel 1936 muore la madre e poco dopo inizia a scrivere uno
dei suoi maggiori romanzi: la cognizione del dolore.
La cognizione del dolore
Pubblicata in parte sulla rivista fiorentina “la letteratura” tra il 1938 e il 1941, mette in evidenza
non solo alcuni dei temi più forti della poetica Gaddiana ma anche la sua difficoltà a chiudere
definitivamente le opere, tanto che quasi tutte le più lunghe restano allo stadio di abbozzo o
comunque incompiute. Questo implica una questione di poetica: la trama non è il punto essenziale
di un romanzo ma esso vive della sua capacità conoscitiva, cognitiva, ovvero della sua possibilità
di interpretare il mondo attraverso il linguaggio. Egli dichiara infatti di aver bisogno di tutte le
facoltà linguistiche, compresi i sinonimi più lambiccati, la mescolanza delle lingue e degli stili. È
l’unico modo di riuscire a rappresentare l’infinita complessità, ovvero la baroccaggine del mondo.
E’ autore alla ricerca di una sua via per singula enumerare ed omnia circumspicere. Insieme a
questo c’è una fortissima volontà di giudizio, che riguarda tanto i comportamenti umani consueti,
quanto le storture più gravi e ingiuste.
La cognizione si apre nel fantastico paese sudamericano del Maradagal, simile alla Brianza, in cui
imperversano reduci di guerra che mai hanno visto il fronte, profittatori, speculatori: e il povero
protagonista don Gonzalo Pirobutirro, ingegnere che vive con la vecchia madre, deve subire
ingiustizie di ogni tipo, diventando sempre più nevrotico ed esasperato. C’è una sottile alternanza
di parti satirico-grottesche ed altre dolorose e drammatiche , come il dialogo tra Gonzalo e un
medico in cui il primo rivela il suo male oscuro. Conclusione non conclusa ma tragica con
l’immagine della madre agonizzante. La complessità nevrotica di Gonzalo non è dovuta solo al
rapporto filiale ma anche alla sua incapacità di adattarsi all’imperfezione del mondo, alle
ingiustizie ed ai soprusi. Non può sapere la causa del suo male perché come sempre in Gadda le
cause sono molteplici ma intanto quel male “lo si porta dentro di sé per tutto il fulgorato
scoscendere d’una vita, più greve ogni giorno, immedicato”. Il linguaggio varia sia di stile (tragico,
lirico, comico, satirico…) che di registro (alto, basso…) e persino di lingua (falso spagnolo,
fiorentino colto, napoletano…). Tale miscela non rimane però puro virtuosismo perché proprio con
lo strumento linguistico Gadda riesce a sostanziare la sua “cognizione” (latinismo per conoscenza
sicura) della vita.
Quer pasticciaccio brutto de via Merulana
Negli anni della seconda GM Gadda soggiorna prima a Firenze e poi a Roma dove compone questo
suo secondo romanzo (edito parzialmente su “Letteratura” nel 47 e poi in volume nel 57). IL testo
si presenta in forma di giallo, incontrato su un delitto avvenuto a roma in pieno regime fascista.
Vittima: Liliana Balducci. Commissario: Ciccio Ingravallo. Il giallo Gaddiano più che puntare alla
scoperta di indizi e spiegazioni, procede per deviazioni (le “inopinate catastrofi” sono fruto di

Document shared on www.docsity.com


Downloaded by: yvan93 (vendita93@live.it)
“tutta una molteplicità di causali convergenti”); insomma più che un’indagine reale è un’indagine
conoscitiva (tanto è che il responsabile del delitto alla fine non è confermato e nella redazione
cinematografica il colpevole cambia). Rispetto alla cognizione del dolore qui domina una
narrazione più consequenziale, che procede però alternando al romanesco popolare di fondo
molti linguaggi e gerghi, compreso quello malavitoso. Inserite in questa polifonia ci sono delle parti
stilisticamente molto marcate come quella tragica e molto barocca della descrizione del cadavere
di liliana. La trama è una sorta di canovaccio molto libero: le deviazioni dall’inchiesta principale
sono numerose, innanzitutto per seguire un furto di gioielli, poi per approfondire la biografia di
alcuni personaggi e poi per proporre lunghe e minuziose descrizioni, non prive di risvolti
scientifico-filosofici, che ampliano i dettagli tanto da rendere l’insieme incongruo. Il barocco del
mondo trionfa e dietro ai delitti si celano forze oscure, violente, tra eros e odio, comunque in
grado distruggere qualunque ordine e qualunque difesa razionale e morale. Gadda non mancò di
indirizzare la sua vena polemico-satirica verso un obiettivo preciso: il fascismo. Anche nel
pasticciaccio agisce una volontà giudicatrice (che trova in Manzoni, Eschilo e Tolstoj gli antecedenti
più diretti).
LA CRITICA E IL DIBATTITO CULTURALE
La cultura sotto il fascismo
Come si è accennato nel corso dell’intero capitolo, sebbene il regime fascista condizionasse il
dibattito culturale, rimanevano ridotti margini per una discussione, purchè limitata a temi privi di
ricadute politiche. In posizione opposta al nume tutelare dell’idealismo liberale, Benedetto Croce,
si schierò Giovanni Gentile, egli pure di formazione idealista, ma sostenitore del valore assoluto
dello stato: il suo apporto al regime fascista fu determinante per una vasta riforma scolastica, la
cui impalcatura ha retto sino ai giorni nostri. Avversari del fascismo furono Gobetti e Gramsci, una
delle menti più lucide del Marxismo italiano, destinato a morire nelle carceri del regime, non senza
aver scritto delle riflessioni nei suoi Quaderni, molti dei quali dedicati al ruolo sociale della
letteratura. Nostante le restrizioni furono numerose le riviste attive: “Solaria” che si dedicò alla
presentazione dei nuovi autori europei, “Letteratura” diretta da Alessandro Bonsanti e per certi
versi prosecuzione di solaria. Amche la romana “900” di Bontempelli riuscì a proporre traduzioni di
scrittori stranieri, dimostrando di superare nei fatti l’autarchia tipica del fascismo.
Grazie all’appoggio del regime durante il Ventennio si rinforzarono la cultura popolare e quella di
massa. In questi anni, a fianco dei giornali, il mezzo di comunicazione più diffuso ed efficace
diventò la radio, alla quale collaborarono scrittori e letterati. Se del successo ormai ampio del
cinema si è già accennato, vanno ricordate le nuove collane dei testi ad ampia tiratura: i gialli, i
neri, i rosa… Va infine menzionato un altro tipo di cultura popolare: quella della musica leggera, i
cui testi erano ancora lontani da una valida elaborazione.
La critica
I critici militanti più quotati nel periodo fra le due guerre sono già stati citati: Emilio Cecchi,
Giuseppe a.Borgese, Carlo Bo, Giuseppe De Robertis, Giacomo Debenedetti, e chiaramente
Benedetto Croce. Va notato che aumentano gli studiosi dalla solida formazione che studiano
anche la letteratura contemporanea: il primo e più celebre resta Contini

III. I NUOVI REALISMI E L’IMPEGNO DEI LETTERATI (1945-1962)

Document shared on www.docsity.com


Downloaded by: yvan93 (vendita93@live.it)
Introduzione al periodo
Dopo la conclusione della seconda guerra mondiale e delle dittature nazifasciste, la rinascita della
cultura italiana ed europea avviene in uno scenario internazionale profondamente modificato. Gli
accordi di Jalta sanciscono una divisione delle aree di influenza delle ideologie liberali-
capitalistiche e comuniste. L’Europa si trovò divisa tra due blocchi, con una lacerazione
emblematica, quella della Germania. L’italia, paese di frontiera e a contatto diretto con i paesi
comunisti, più di molte altre nazioni fu influenzata dalla politica statunitense e governata da un
partito conservatore e moderato (la DC).
In questo momento di trapasso, difficile e appassionante, moltissimi scrittori avvertirono il bisogno
di far sentire la loro voce: proprio l’impegno fu la richiesta prioritaria di quegli anni, soprattutto da
parte delle ideologie progressiste, che cercarono o un consenso incondizionato (stalin e il controllo
dei paesi comunisti), oppure una nuova riflessione seguita da un’azione politica di rottura nei
confronti degli schemi borghesi. Questa seconda linea fu accolta da molti intellettuali . Questo
avvenne in francia con maggior forza. Qui ad esempio Sartre e Camus (esponenti
dell’esistenzialismo) cercarono forme di impegno nuove e divergenti ma ricche di stimoli per
l’intera Europa. In Italia finalmente si aprirono ampi spazi per un libero dibattito: nacquero riviste
proposte da scrittori ed intellettuali, i giornali e le radio proposero eventi culturali di livello e le
case editrici cominciarono a tradurre opere fondamentali della contemporaneità, dal 1954 anche
la televisione gioco un ruolo di diffusione della cultura non secondario. In linea con il resto del
mondo la tendenza narrativa più forte fu quella del realismo, ma questa tendenza non implicò un
ritorno a schemi ottocenteschi: la fase delle avanguardie non era passata invana, si colgono
elementi sperimentali e modernismi in quello che chiamiamo allora neorealismo. In ogni caso
molte delle opere che oggi conisderiamo più importanti del periodo tra la fine della guerra e gli
anni 60 (Pasolini, Calvino, Fenoglio…) interpretano la tendenza al realismo in modi spiccatamente
personali. Di fronte ad un’ampia fioritura della narrativa, la poesia dovette trovare nuove strade.
Quasi tutti gli esponenti dell’ermetismo, per esempio, sentirono il bisogno di rinnovare il loro stile ,
accantonando la ricerca di temi raffinatissimi per affrontare i drammi del presente. Pochi ci
riuscirono in tempi brevi: i risultati migliori arrivarono alla fine degli anni 50 con Luzi. Anche i poeti
lontani dal filone ermetico rinvigorirono la propria poetica, arrivando a risultati di alto valore
nell’ambito della poesia semplice antinovecentesca, come nel caso di Caproni. Vanno ricordate le
tensioni neorealistiche e sperimentali sino allo sbocco ideologico-civile della raccolta Le ceneri di
Gramsci.
Se la narrativa mostra una notevole vitalità, bisogna tuttavia notare che in questo stesso periodo si
assiste ad uno spostamento degli interessi del pubblico verso il cinema, ormai sempre diffuso e
forte. (Rossellini, De Sica…). È indicativo dell’importanza del cinema che quasi tutti i nuovi scrittori
collaborino con l’azienda cinematografica o per trasporre i loro romanzi o per scrivere
sceneggiature originali, come quelle che vennero scritte per Fellini da Flaiano. La forza d’urto del
cinema italiana non può però essere ancora paragonata con quella di Hollywood che va
costruendo uno star-system con produzioni sempre più costose e divi osannati. L’industria
culturale inizia sempre di più a rivolgersi al pubblico di massa.

Document shared on www.docsity.com


Downloaded by: yvan93 (vendita93@live.it)
Dalla seconda metà degli anni cinquanta si assiste ad una sempre più netta polarizzazione tra
cultura di massa e d’elite Quest’ultima torna a proporre testi inquietanti e sperimentali, come la
narrativa e il teatro dell’irlandese Beckett, o la poesia espressionista-surrealista di Celan.
Negli Stati Uniti cominciano a farsi strada esperienze letterarie e modelli di vita alternativi a quelli
capitalistici, specie con i giovani della beat generation, che saranno punto di riferimento per tutte
le forme di ribellione degli anni 60.
In Italia si prepara il terreno per una nuova fase avanguardistica, che esploderà con molte
pubblicazioni e iniziative culturali nell’anno simbolo 1963.
LA POESIA
Il clima del dopoguerra: Mario Luzi
L’immediato dopoguerra propone nell’ambito della poesia una modifica degli equilibri delle linee
dominanti. L’ermetismo lascia spazio ad una lirica molto più diretta e concreta al limite della
retorica (come si vede in Quasimodo, o Ungaretti che si distacca dalle atmosfere rarefatte di
Sentimento del tempo). Il modello più seguito dai giovani autori sarà Montale, mentre Saba sarà
riferimento dei poeti antinovecentisti o antinovecenteschi.
Come caso esemplare seguiamo l’evoluzione di uno dei più rappresentativi esponenti
dell’ermetismo fiorentino: Mario Luzi. Raggiunge un apice manieristico con la raccolta Avvento
notturno e poi piano piano inizia ad avvicinarsi ad una poetica sostanziata di riferimenti alla realtà
sin dalla seconda metà degli anni 40, soprattutto con la raccolta Onore del vero del 1957 fino al
culmine di questa produzione segnato da Nel magma. Si tratta di una raccolta in cui i dubbi
esistenziali dell’io-lirico (vicino a quello autobiografico) vengono esaminati in componenti
polifonici e dai versi spesso lunghi e non regolari: domina una volontà di autoesame e
compresione etica che spazia dalla religione, all’impegno politico…con la presenza di vocaboli
colloquiali non impreziositi o smorzati. Nelle raccolte successive prosegue in parte questa caratura
stilistica, mentre nelle ultime prevale una tendenza all’astrazione e al dettato mistico-religioso.
Luzi è stato anche saggista ed autore di testi teatrali.
Linee principali:
- Il neorealismo in poesia si sostanzia nei caratteri quotidiani e nei riferimenti storici concreti
mentre da un punto di vista formale prevalgono tecniche prosastiche (versi lunghi,
linguaggio semplice…). I poeti neorealisti si possono dire anticipati da Pavese in Lavorare
stanca, e non si distanziano da precisi modelli quali Whitman e Lee Master. Questi modelli
vennero applicati innanzitutto ai racconti della Resistenza, poi a quelli delle condizioni del
proletariato: temi scelti a partire da un’esigenza di impegno sentita da molti, per esempio
dal lucano Scotellaro, che con la sua raccolta postuma (è fatto giorno) riuscì a dare il
miglior esempio di lirica neorealista e politicamente schierata ma ricca di umori derivati dal
folklore.
Va sottolineato che l’ampia disponibilità tematica permette di affiancare molti poeti a
questo filone neorealista; d’altra parte la fisionomia formale scarsamente definita fa sì che
elementi ancora ermetico-simbolisti permangano fra i neorealisti (metafore…).

Document shared on www.docsity.com


Downloaded by: yvan93 (vendita93@live.it)
- La linea antinovecentista è la linea dello stile semplice che aveva trovato in saba il maggior
esponente. Rifiuta le forme tipiche del 900, e in particolare le sperimentazioni
avanguardistiche.
o Penna. Nelle sue liriche più alte domina una percezione fresca ed apparentemente
ingenua degli attimi vitali, spesso connotati dalla dialettica fra nascita e
appagamento/frustrazione dei desideri. Questa dialettica porta come a distillare il
reale sino ad una percezione cristallina, che trova gli esisti migliori in poesie
brevissime, dal tono aforistico e dal linguaggio depurato: “forse la giovinezza è solo
questo/ perenne amare i sensi e non pentirsi”.
o Caproni. Dopo una fase di impegno politico, prima nelle file della resistenza e poi
nella sinistra socialista, Caproni torna a pubblicare gruppi di poesie che
confluiscono in una delle sue raccolte più preziose: Il paesaggio di Enea. In essa la
chiusura e la stilizzazione formale si accentuano come difesa umanistica nei
confronti di una materia terribile quale quella delle repressioni naziste. Questa
chiusura formale racchiude temi autobiografici ed è accentuato l’evento minimo da
cui scaturiscono improvvise rivelazioni, in genere drammatiche e a volte sospese tra
mito ed ironia. Nelle raccolte successive arriva ad una costruzione teatral-narrativa
in versi con i dialoghi di personaggi-maschere. Il tendenziale nichilismo di caproni
assome sempre di più un tono lucido e pacato, che prelude all’ultima fase della sua
poesia, di matrice teologico-filosofica. Il nulla domina la realtà ma questa certezza
viene nascosta o modificata dal linguaggio, dalle parole che risultano un altro dei temi-
obiettivi delle ultime liriche caproniane: l’io poeta sa che il negativo è dietro la parola e
allora l’unica risposta è il disincanto della consapevolezza di essere chiusi in un cerchio
invalicabile, lontani da una qualunque definitiva verità.
o Bertolucci trova la sua voce più esatta a partire dal 1951 con La capanna indiana,
quando la descrizione della vita nelle campagne supera i limiti del microevento per
aspirare ad una dimensione più largamente narrativa, quella del poemetto. Forse
raggiunge il suo risultato più alto con Viaggio d’inverno che racconta della
condizione agiata di un proprietario terreno che si scontra con il presente dello
spaesamento a Roma e l’io lirico risulta decentrato al limite della perdita
dell’identità. Sia arriva ad uno stile semplice con un organizzazione strutturale e
sintattica complessa, non priva di versi lunghi e prosastici. In seguito prediligerà
proprio la dimensione narrativa, arrivando a proporre un romanzo in versi. .
- Poesia dialettale è rinnovata grazie ad una nuova presa di posizione a difesa delle culture
regionali dopo l’italianizzazione forzata. Ben presto è la relativa specificità delle varie
regioni a diventare meno evidente, sia per la maggior facilità di rapporti economico-sociali
e sia per la più forte scolarizzazione legata ad una diffusione capillare dei mezzi di
comunicazione di massa (TV, 1954). La tradizione dialettale è quindi espressa da zone
laterali e non da grandi città. Esempio principe è Tonino Guerra che propone una visione
degli eventi dal basso, popolare e anarchica, ravvivata da forti scoppi fantastico-fiabeschi:
questi tratti continueranno a caratterizzare opere successive in prosa o in versi. Da un’area
ancora più laterale viene Albino Pierro che fonda la sua poetica su un impressionismo
fortemente musicale in contrasto con la durezza arcaica del dialetto impiegato.
- Linea lombarda. All’interno del movimento volto ad ottenere nuovi tipi di realismo è stata
ipotizzata da Luciano Anceschi una specifica linea caratterizzata non solo da una

Document shared on www.docsity.com


Downloaded by: yvan93 (vendita93@live.it)
propensione alle realtà quotidiane e da un linguaggio prosastico appena percepibile
ritmicamente ma anche da un sentimento etico-civile molto pronunciato. Vittorio sereni è
il poeta più rilevante di questo gruppo. Altri che si distinguono sono Luciano Erba e Giorgio
Orelli. Nelo Risi coniuga l’impegno sociale e politico con un gusto a volte grottesco-satirico,
a volte surreale.
- Gruppo Officina. Decisamente più marcata la poetica di autori che si radunano intorno a
questa rivista fondata da Leonetti, Roversi e Pasolini. I presupposti della rivista sono il
rifiuto dell’ermetismo ma anche del neorealismo. Viene invocato un nuovo
sperimentalismo che deve unire una stilizzazione aperta (plurilinguismo e pluristilismo) e
una lettura della società sulla scorta del pensiero di Gramsci, tale quindi da unire gli
intellettuali alla loro classe in modo organico. In pratica viene recuperata la tradizione
italiana dell’espressionismo, oltre a quella pascoliana, sempre in funzione
antinovecentesca cioè contro il simbolismo chiuso e artificioso.

LA NARRATIVA, IL TEATRO E IL CINEMA


Le tendenze e i centri culturali
La narrativa nel secondo dopoguerra riceve un forte impulso per la volontà di raccontare i terribili
fatti bellici. È da notare che la prima risposta alla nuova esigenza di realismo non viene dai romanzi
ma dal cinema: efficace intersezione tra spinta documentaria e capacità di montaggio dal vivo.
(Rossellini, De Sica, Visconti). Al modello cinematografico si ispirano molti degli scrittori realisti o
neorealisti di questa fase. Sono numerosi i testi scritti per offrire una testimonianza e quindi
incentrati non sulle esigenze artistiche ma su quelle di un’immediata documentazione (solo in
pochi casi i due aspetti si contemperano, ad ex Se questo è un uomo).
La riacquisizione della libertà di stampa e il dibattito politico e culturale sulla rifondazione dello
stato italiano dopo la fine del fascismo favorirono la nascita di un’ editoria vivace, promossa da
intellettuali di varia formazione, molto spesso schierati con le sinistre ma con posizioni autonome
e spesso contrastanti con quelle dei partiti. Vicenda esemplare fu quella della casa editrice fondata
dal piemontese Giulio Einaudi (figlio del grande economista e presidente della Repubblica Luigi).
Nelle sue varie sedi coinvolse filosofi, storici, letterati da ogni parte d’italia (fra cui dapprima Elio
Vittorini e Cesare Pavese) poi il più giovane Italo Calvino e molti altri, che consigliarono sia
traduzioni di romanzi e saggi sia la pubblicazione dei nuovi scrittori. La vicinanza ai partiti di
sinistra non impedì ad Einaudi di assumere spesso posizioni critiche, che si accentuarono per molti
dopo l’invasione militare dell’Ungheria nel 1956 da parte dell’Unione Sovietica (per esempio in
questa circostanza Calvino abbandona il partito comunista). Negli stessi anni altri editori seguirono
invece linee diverse : alcuni si schierano da parte dei conservatori e liberali, altri favoriscono lo
sviluppo di collane a larga diffusione. Per quanto sia ancora minore, inizia a diffondersi una
narrativa in cui i personaggi relativamente semplici interpretano una realtà italiana ricca di vizi da
cittadino medio o di virtù da popolo delle campagne. Questi aspetti, che saranno ripresi ed
incarnati nella “commedia all’italiana” cinematografica, emergono in testi di grande successo,
come la saga di Don Camillo e Peppone dal 1948 ad opera del gran polemista e giornalista
Guareschi. L’aspetto della traducibilità cinematografica del romanzo diventa sempre più rilevante
nel corso degli anni 50 e spesso decreta il successo o meno di un’opera. Fra i primi a tener conto di

Document shared on www.docsity.com


Downloaded by: yvan93 (vendita93@live.it)
questa situazione si può annoverare un romanziere tra i più autorevoli dagli anni 20 agli anni 60:
Alberto Moravia.
Alberto Moravia
Di origini ebraiche, nacque a Roma nel 1907. A causa di una grave forma di tubercolosi, fi costretto
per tutta l’adolescenza a lunghi periodi di isolamento e qui si sviluppò la usa passione per la
scrittura. - PRIMA STAGIONE MORAVIANA: Già nel 1929 pubblicò quello che resta il suo
capolavoro: gli indifferenti. Si tratta di un opera di un realismo singolare, senza storia perché
quasi priva di agganci ad un tempo definito, e infondo più simile alla struttura della tragedia che
non a quella del romanzo. Michele Ardengo è il protagonista (anche se passivo) la cui madre è
amante di Leo, abile profittatore il quale ha ipotecato la abitazione dell’amante ma vorrebbe
lasciarla per la figlia carla. Michele arriva, incapace di azioni decise, a sparare a Leo con una pistola
scarica. Il gesto tragico diventa grottesco, e permette così di cogliere anche simbolicamente il
presupposto di tutto il testo Moraviano: la borghesia è ormai priva di valori e i giovani si adattano,
disposti a compromessi perché indifferenti a tutto. Moravia si rivela quasi un più attento
interprete dell’interiorità piuttosto che un realista a tutti gli effetti. Negli anni successivi, il giovane
scrittore continua a pubblicare abbondantemente, nonostante le difficoltà crescenti a causa delle
leggi razziali, senza però decidersi per un unico stile, anzi passando da racconti realistici ad altri
fantastico-surreali. Dopo aver sposato nel 1941 la scrittrice Elsa Morante, Moravia pubblica un
altro capolavoro: il romanzo breve Agostino. È la storia di un adolescente della buona borghesia
che, durante una vacanza in Versilia viene iniziato dai ragazzi popolari alla vita concreta e al sesso:
la fluidità della trama nasconde molte implicazioni psicoanalitiche, soprattutto nel rapporto tra il
ragazzo e la bella madre.
- SECONDA STAGIONE MORAVIANA. Inizia a proporre testi sempre più legati alla storia italiana del
dopoguerra, soprattutto con La Romana e La ciociara che segna il momento di più forte adesione
alle ideologie di sinistra.
- TERZA STAGIONE. La fama di Moravia negli anni 60 è ormai sancita, sia dalle vendite sia dalle
trasposizioni cinematografiche. Proprio allora lo scrittore sente il bisogno di rinnovarsi, cercondo
di adattare alle nuove istanze del romanzo sperimentale i suoi temi costanti, in particolare l’analisi
del vuoto esistenziale e morale della borghesia, nonché del rapporto fra denaro, sesso e società,
letto sulla scorta di Freud, Marx e Sartre. Nasce così ancora oggi un testo ben valutato dalla critica,
La noia, storia del contrastato rapporto tra Dino, un pittore privo di ispirazione, e la sua vitalissima
modella Carla.La conclusione porterebbe alla necessità di contemplare più che sperimentare la
vita: l’idea dietro la quale si nasconde un crescente pessimismo, oltre che una sfiducia nella
possibilità di un cambiamento esclusivamente politico del sociale.
- QUARTA STAGIONE. Nel periodo fino al 1990, dopo opere ancora più sperimentali, Moravia
tende a ripetere in varie forme le sue posizioni, giungendo di rado a risultati innovativi (si può
ricordare l’analisi psicoanalitica che arriva a toccare la genesi del terrorismo negli anni Settanta in
La vita interiore). Scava con il suo freddo bisturi nel marcio e anatomizza i mali della borghesia.
ELIO VITTORINI
L’attività letteraria del siciliano Elio Vittorini inizia durante il Ventennio fascista: lo scrittore infatti
operò a Firenze come organizzatore culturale, prima di trasferirsi a Milano e di aderire alla lotta

Document shared on www.docsity.com


Downloaded by: yvan93 (vendita93@live.it)
resistenziale. Dopo vari racconti fra il 1938 e 39, pubblica sulla rivista “letteratura” il suo
capolavoro Conversazioni in Sicilia (in volume nel 1941). Si tratta di un romanzo a sfondo
allegorico simbolico, nel quale il rientro in Sicilia del protagonista-narratore Silvestro diventa una
riflessione sia sul proprio ruolo politico sia sulla condizione dell’italia intera e in specie delle zone
più emarginate nel momento finale del regime. Gli astratti furori iniziali si dovrebbero modificare
in nuovi e più alti doveri: in effetti Vittorini sente la necessità di nuove e più alte forme di impegno
nel dopoguerra, sia ricordando la battaglia della resistenza, sia promuovendo una rivista
progressista come “Il Politecnico”. Dopo un dissidio insanabile con Palmiro Togliatti, Vittorini
rivendicò l’autonomia degli intellettuali rispetto alla politica ufficiale, e promosse iniziative in
questo senso con la casa editrice Einaudi. Fino alla morte lo scrittore Siciliano fu tra i più fervidi
sostenitori dei giovani autori, proseguendo un rinnovamento sia nei modelli (privilegiava quelli
statunitensi) sia nei temi (con una forte attenzione alle nuove realtà tecnologico-industriali).
CESARE PAVESE
A fianco di Vittorini presso l’Einaudi si pose, sino al tragico suicidio nel 1950, Cesare Pavese. Si
forma a Torino dove entra presto in contatto con tutti i giovani non affini al fascismo, riunitisi
attorno a Einaudi dal 33. Il suo primo interesse sarà la letteratura anglo-americana della quale
inizia a tradurre sia testi ottocenteschi sia modernissimi. Nelle sue prime prove si nota subito
l’influenza della letteratura anglo-normanna: Lavorare stanca, ad esempio utilizza metri lunghi ed
immagini metaforico-mitologiche . Cade in uno stato di depressione quando viene esiliato e le sue
condizioni fisiche peggiorano. Il periodo bellico lo vede appartato sulle colline del Monferrato e le
sue stesse scelte politiche non sono nette. Nel dopoguerra invece aderisce al partito comunista e
rafforza la sua collaborazione con Einaudi: i suoi interessi sono soprattutto mitologici ed
antropologici, non tanto politici, e arriva persino ad ideare nuove collane di tipo etnologico. Non a
caso il mito ritorna costantemente nelle sue opere, le quali si collocano più in una dimensione
metastorica che storica in senso stretto: gli eventi reali sono sì trattati però mai come base unica
della narrazione, alla maniera dei neorealisti più osservanti. 1941 : Paesi tuoi, romanzo in cui
l’ambientazione di tipo realista-verista lascia spazio ad aspetti simbolici e antropologici (come il
rapporto tra violenza ancestrale e amore). Nella trilogia La bella estate propone un esame della
psicologia borghese.
Le opere più famose di Pavese furono però quelle riguardanti, con i limiti sopra indicati, la storia
contemporanea ed organizzate in una tetralogia che comprende Il compagno (Corrado che non
riesce a prendere posizione nel rapporto con Cate e rinvia il momento della sua maturità), Il
carcere, La casa in collina (desolata richiesta di senso per tutti i morti in battaglia) , La luna e i falò
(terribili lotte della guerra civile che sembrano già collocarsi su uno sfondo lontano . Anche qui gli
elementi di cronaca sono reinterpretati in una prospettiva mitica, caratterizzata dall’immagine
candida e materna della luna e insieme dal fuoco rigeneratore e distruttore dei falò. I fatti non
sono mai puramente storici ma indicatori di questioni esistenziali. Ad esempio il sacrificio della
bellissima ma malvagia Santa non è tanto un fatto storico ma più l’impossibilità di trovare un luogo
nel quale non ci sia macchia di violenza, e nel quale sia possibile radicarsi definitivamente.
NEOREALISMO E MEMORIALISMO
Pratolini e Cassola

Document shared on www.docsity.com


Downloaded by: yvan93 (vendita93@live.it)
Il quadro della narrativa degli anni 40 e 50 è caratterizzati da un nuovo modo di intendere il
realismo che seppur declinato ha caratteristiche di fondo rintracciabili nella maggior parte degli
autori, il che consente di parlare genericamente di neorealismo, sebbene alla prova dei fatti siano
pochi gli scrittori inseribili entro strette categorie. Fra quelli che più di altri hanno rappresentato il
filone della narrativa neorealista, si cita spesso il fiorentino Pratolini che partendo dalla sua
esperienza diretta pubblica romanzi legati alla vita povera dei quartieri di firenze. Schematizzando
poi l’opposizinoe tra personaggi positivi (ideali di sinistra) e personaggi negativi (borghesi), arriva a
progettare una trilogia dal titolo: Una storia italiana, incentrata sulle lotte politiche e sociali fra
Otto e Novecento ma già il primo della trilogia fu fonte di accesa polemica di chi vedeva i limiti del
realismo socialista ricercato dall’autore. Carlo Cassola invece (nato a roma ma vissuto in toscana)
narra con fluidità le vicende scottanti, come le violenze della guerra e del dopoguerra nel suo
romanzo più celebre: La ragazza di Bube.
Giorgio Bassani con Il giardino dei Finzi Contini e Natalia Ginzburg con Lessico Familiare,
ricostruiscono un quadro delicato del periodo del regime fascista.
Carlo Levi è invece un esempio della Memorialistica di guerra con il suo Cristo si è fermato ad
Eboli. È un resoconto scarno e incisivo sull’esilio il Lucania che vuole dimostrare la perdurante
arretratezza di tutto il sud italia, nonostante i proclami del regime. Nel dopoguerra egli si è
impegnato anche politicamente a risolvere i problemi del sud italia, pubblicando varie opere
giornalistiche e saggistiche. Altri racconti memorialistici importanti sono quelli di Stern e Chiodi.
PRIMO LEVI
“Se questo è un uomo”, scritto “per uno studio pacato di alcuni aspetti dell’animo umano”….dai lo
so questo.
“Tregua” si apre con la liberazione dal lager a opera dell’armata rossa e narra le vicissitudini
sopportate prima di poter tornare a casa, attraverso la conoscenza di realtà impensabili e
personaggi da opera buffa.
“I sommersi e i salvati” ripensa all’intera realtà concentrazionaria, individuando aspetti sfuggiti a
lui ed ad altri singoli testimoni, per esempio l’esistenza di una vasta zona grigia di connivenza con
gli oppressori. Le stesse testimonianze non sembrano bastare a comprendere gli estremi raggiunti
dalle persecuzioni, perché coloro che li hanno subiti non hanno potuto raccontarle. I salvati allora
devono fare lo sforzo di comprendere. Ha uno stile ancora nitido ma a tratti più sofferto e nervoso.
BEPPE FENOGLIO
Nativo di Alba, si unisce alla lotta partigiana dopo l’armistizio dell’8 settembre, prima con quelle
rosse e poi con quelle Badogliane (azzurre) per una maggior affinità ideologica. Dopo la vittoria
degli antifascisti decide di scrivere un diario romanzato delle sue esperienze: Appunti partigiani,
dal timbro eroicomico e la voce gioiosa da sopravvissuto. Negli anni successivi arrivano per il
giovane le difficoltà più forti: la vocazione letteraria non è sufficiente a garantirgli un lavoro per
cui, dopo un periodo di sbandamento e di sofferenza per l’ingratitudine dello stato verso i reduci
partigiani, deve impiegarsi in una ditta enologica. Sino al 1952 non riesce a pubblicare molto ma
poi riesce a pubblicare con Einaudi I ventitrè giorni della città di Alba e viene approvata anche da
Elio Vittorini nonostante l’apparente dissacrazione della resistenza, dipinta non solo nei suoi
aspetti più nobili.

Document shared on www.docsity.com


Downloaded by: yvan93 (vendita93@live.it)
Il grande capolavoro di Fenoglio ci è stato rivelato con un testo ritrovato fra le sue carte con il
titolo redazionale Il partigiano Johnny. Esprime in modo molto più dettagliato le vicende del
partigiano Johnny rispetto a Primavera di bellezza e con un linguaggio ricco di metafore,
neologismi, costruzioni ardite, uno stile sublime adatto a rendere epico-tragica la narrazione. Qui
rielabora gli stessi episodi dei romanzi o racconti precedenti ma con tono drammatico, cogliendo
cioè l’istanza di morte celata dietro ogni impresa, seppure nobile e giusta. La guerra moderna non
è capace di dare la gloria ma solo mettere a nudo la fragilità impotente dell’uomo.
ELSA MORANTE
Come il marito anche lei si muove nell’ambiente romano, ma il suo percorso appare molto più
appartato. Ebbe un infanzia dolce e per questo spesso nei suoi scritti dà una rappresentazione
fiabesca dei rapporti familiari e molti dei suoi primi scritti sono romanzi per bambini o fantastici. Il
suo primo romanzo viene pubblicato nel 1948, Menzogna e sortilegio nel quale le passioni e le
storture dell’animo umane vengono evocate sino al parossismo. Elisa si trova con il gatto Alvaro a
comprendere quanto accade nella sua vita ma la narratrice avverte che spesso i fatti non sono
come appaiono e gli inganni sono necessari alla vita stessa dei personaggi, coinvolti in una sorta di
sortilegio stregonesco. Insomma, visione realistica e deformazione favoloso-onirica si
compenetrano. La forza del racconto sta nel suo sviluppo ossessivo: lo scontro fra le diverse
personalità con le loro passioni e le loro finzioni risente della grande narrativa melodrammatica
dell’ottocento soprattutto nel grande modello del romanzo familiare e del suo esame sulla natura
interrelazionale dei desideri. L’isola di Arturo è il secondo romanzo che esce nel 1957. IL
protagonista e narratore è Arturo che racconta da giovane-adulto le sue storie infantili ed
adolescenziali: lo sdoppiamento dei piani, benchè meno nitido rispetto al romanzo precedente è
anche qui necessario per leggere le vicende secondo varie angolature. Arturo vive con la cagnetta
Immacolatella e lontano dalla realtà storica, finendo per crearsi un modo mitico del quale si
considera un piccolo re, nato sotto gli auspici della stella di Arturo e del sovrano Bretone Artù. IN
questo spazio irrompe la nuova sposa del padre che diventa una madre sostitutiva e poi amante
sognata di Arturo. Quest’ultimo, ormai consapevole della meschinità del padre, viene iniziato
sessualmente da una vedova e poi parte dalla sua isola che sembra scomparire nel nulla. Questo
romanzo è più semplice e stilisticamente limpido de primo e acquista forza perché capace di
costruire un racconto di iniziazione-formazione che però nasconde componenti psicanalitiche
molto significative. Tipicamente Morantiana è l’avvertenza iniziale in poesia, dalla quale si ricava
che fuori dal limbo non c’è il paradiso, nel senso che solo nel limbo, l’età infantile, c’è felicità.
Dagli anni 60 la scrittrice si interessa ai problemi socioeconomici del suo tempo, non tanto per un
impegno politico esplicito ma per una riflessione sul destino dell’intera umanità. (vedi saggi: pro o
contro la bomba atomica).
Con il suo penultimo romanzo (La storia), affronta direttamente le storture che travolgono i singoli
e in particolare i deboli nella grande macchina degli avvenimenti mondiali: l’ambientazione è
precisa (Roma) ma a vicenda è un’exemplum.
LA NARRATIVA MERIDIONALE
Esempio importante: Brancat, conservatore, satirico e fuori dagli schemi che irride in uno dei suoi
romanzi più noti il comportamento dei mariti siciliani.

Document shared on www.docsity.com


Downloaded by: yvan93 (vendita93@live.it)
Un altro caso ma a sé stante è quello di Giuseppe Tomasi di Lampedusa con il Gattopardo,
romanzo storico uscito postumo per via dei rifiuti. Racconta del principe Fabrizio Salina che
attraversa il periodo traumatico della spedizione garibaldina e poi della fine del Regno delle Due
Sicilie. Il giudizio è però che ogni modifica politico-sociale non potrebbe mai mutare la sostanza
delle cose. “Tutto cambi perché nulla cambi” pare la filosofia implicita nell’opera.
IL TEATRO E IL CINEMA
L’attività teatrale
Nel teatro del dopoguerra mentre si affermano autori legati alla tradizione realistico-regionale
prende consistenza un filone incentrato sull’analisi psicologica dei personaggi, con sfumature in
prevalenza esistenzialiste o inquietamente religiose. Fra gli autori più noti si possono citare Ugo
Betti e Diego Fabbri, che riesamina le ragioni della fede cattolica attraverso un dialogo serrato.
Molti sono poi gli autori che si dedicano saltuariamente al teatro, da Brancati a Flaiano. Innovativi
risultati vengono anche dalle nuove messinscene di drammi classici da parte di fiovani registi come
il milanese Strheler; splendidi infine gli allestimenti dei melodrammi di Verdi curati da Lino
Visconti.
L’attività degli scrittori del cinema
Come si è più volte segnalato, l’importanza del cinema nel secondo dopoguerra si amplia ed a
Roma Cinecittà diventa un polo d’attrazione per numerosi scrittori, attivi come sceneggiatori. Dopo
i capolavori neorealistici di Rossellini, De Sica e Visconti i film più validi degli anni 60 vennero da
registi come Antonioni e Fellini, coadiuvati da scrittori quali Ennio Flaiano, Tonino Guerra, Pier
Paolo Pasolini. Il film-simbolo di questi anni si deve a Fellini: la dolce vita, 1960, che riesce a far
comprendere l’evoluzione della società italiana dallo stato distruzione post-bellica agli inizi del
boom economico, sottolineando la perdita dei valori tradizionali. Su un piano non elevato
artisticamente ma rilevante sul piano sociologico, si collocano i film della cosiddetta “commedia
italiana”, molto meno drammatici di quelli neorealisti e tuttavia capaci di proporre figure-tipo
incarnate da abili attori come Sordi, Gassman, Mastroianni. Molti dei film più fortunati di questo
periodo nascono da opere degli scrittori di maggior successo.
LA CRITICA E IL DIBATTITO CULTURALE
Le riviste militanti
Anche per la critica letteraria il periodo del secondo dopoguerra fu carico di nuovi stimoli. Cessato
il controllo del regime fascista, furono in molti a proporre un rinnovamento metodologico e
ideologico, magari attraverso nuove riviste. Nel 1945 iniziano le pubblicazioni del milanese
Politecnico, fondato da Elio Vittorini, che propugna nuove forme di impegno dei letterati anche
fuori dagli schemi umanistici, e un incontro di competenze diverse. Ben presto la relativa
autonomia della rivista mise in cosntrasto Vittorini con Togliatti, segretario del partito comunista.
Lo scontro portò alla chiusura della testata, ma la stessa esperienza fu continuata all’interno della
casa editrice Einaudi, dove parecchi anni più tardi Vittorini ideò un’altra rivista: Il Menabò, la cui
attività fu promossa anche da un altro punto di riferimento della politica culturale enaudiana, Italo
Calvino.

Document shared on www.docsity.com


Downloaded by: yvan93 (vendita93@live.it)
Anche la bolognese Officina si colloca su un piano di vivace interpretazione del Marxismo, nonché
dei problemi del realismo e della sperimentazione letteraria. Fu promossa da un dei più acuti
saggisti del secolo: Franco Fortini, già attivo durante il Ventennio e redattore del Politecnico.
Il verri, invece è una rivista che si ispira ad un’idea di sperimentazione più libera, fondato a Milano
da Anceschi.
La critica letteraria
Uno dei punti di riferimento della critica italiana fu rappresentato proprio da Anceschi che cercò di
affrancarsi dalla volta delle ipoteche crociane. Molte furono le ricerche che consentirono di
superare le rigide opposizioni fra poesia e non poesia, e questo pertò ad una nuova
interpretazione di autori come Dante, Boccaccio, Manzoni e Leopardi, grazie agli studiosi che per
la maggior parte coniugavano presupposti ancora crociani con un’ideologia progressista (Sapegno,
Salinari…). Solo negli anni 60 si assisterà ad un dibattito metodologico, in seguito alla diffusione
delle teorie strutturaliste e semiotiche.
Va ricordata l’importanza anche di altre riviste magari non allineate con le sinistre, come Tempo
presente, diretta da Chiaromonte e Silone.
Gli spazi culturali nei mass media
Va ricordata anche l’importanza degli interventi scritti per le terze pagine dei quotidiani, per la
radio e dal 1954 per la tv. In tale contesto i centri culturali più influenti diventano Roma, Milano e
Torino con un inevitabile declino di Firenze. L’impegno degli scrittori si concretizza pure
nell’attività rivolta ad un uditorio sempre più ampio. Fra i primi a cogliere questo aspetto vi fu uno
dei più acuti e controversi intellettuali italiani del secondo 900:
PIER PAOLO PASOLINI
La formazione culturale
Nasce a Bologna nel 1922 da un ufficiale dell’esercito e da una maestra elementare, Susanna
Colussi, originaria di Casarsa in Friuli. Sin dall’adolescenza si mostrò molto interessato alla poesia e
specie nel mondo contadino Friulano, sviluppò un forte sentimento del sacro. Studiò lettere a
Bologna ma si appassionò anche di arte e di cinema. Dopo alcune esperienze con amici a cui
rimarrà per sempre legato (Roversi e Leonetti con i quali fonda “Officina”), Pasolini compose nel
1942 la prima raccolta poetica in dialetto friulano, e subito dopo si laureò con una tesi su pascoli.
Durante la guerra non combattè nella resistenza mentre il fratello Guido fu ucciso dai partigiani di
Tito. Negli anni seguenti cominciò a farsi notare da autorevoli critici, come Contini, e si iscrisse al
partito comunista. La sua attività più intensa da scrittore cominciò negli anni 50, dapprima con il
romanzo Ragazzi di vita e poi con raccolte poetiche, sceneggiature di film, traduzioni…Negli anni
60 la sua posizion si fece sempre più difficile e scomoda perché attaccato sia dagli apparati di
partito, sia dagli intellettuali neoavanguardisti. Ciononostante egli mantiene un ruolo
fondamentale nell’ambiente culturale romano e italiano anche grazie alle amicizie con importanti
intellettuali (Moravia, Morante) e al successo internazionale dei suoi film. Con il 1968 si accentuò
la propensione alle interpretazioni controcorrente degli eventi storici e politici, come quando si
schierò a favore dei polizotti, popolani, contro i giovani ribelli figli della borghesia. Inizia così la fase
più drammatica della sua vita, pronta a sfidare ogni potere in difesa delle sue convinzioni: i diritti

Document shared on www.docsity.com


Downloaded by: yvan93 (vendita93@live.it)
degli omosessuali, la lotta contro le industrie, la distruzione dei valori autentici della civiltà
contadina. Nella notte tra il 1 e il 2 novembre 1975, Pasolini fu ucciso in circostanze mai del tutto
chiarite.
Pasolini poeta
La prima vocazione di Pasolini è quella poetica, e la sua raccolta d’esordio, Poesie a Casarsa 1942,
scritta nel dialetto friulano materno, manifesta una notevole propensione verso temi affini a quelli
del simbolismo o del surrealismo: figure ricche di significati riposti, come i fanciulli destinati alla
mosrte o il narciso del mito, manifestano una visione del monto inquieta ma insieme esuberante e
mortuaria. Molti dei moduli tipici dell’intera opera pasoliniana sono già qui presenti e saranno poi
ripresi in raccolte successive. Ma, quando l’autore entra in contatto con l’ambiente romano,
l’apertura verso una rappresentazione corale diventa evidente: nascono così i poemetti in terzine
riuniti nel 1957 sotto il titolo Le ceneri di Gramsci. Con questa raccolta Pasolini enfatizza alcune
sue convinzioni e propensioni, ormai consolidate, per esempio l’alta retorica, il mito del popolo
come portatore di un sano vitalismo, la contrapposizione ideologica nei confronti della borghesia
mediocre e conservatrice. La sua ideologia latamente Marxista e senz’altro populista viene calata
in una serie di immagini a fondo allegorico, basate su una rilettura espressionista della realtà
presente, in particolare delle borgate romane. Non mancano poi riflessioni che esprimono la
soggettività personalissima del poeta: “Solo l’amare, solo il conoscere conta/ non l’aver amato,
non l’aver conosciuto”. L’uso dell’endecasillabo e della terza rima dantesca risente di una notevole
libertà prosodica, secondo la rilettura libera della tradizione che Pasolini propone in quegli anni,
anche in ambito romanzesco.
Anche le revisioni d’autore furono numerose anche se a volte contradditorie o addirittura
autodistruttive: è il caso della Nuova Gioventù che riscrive La meglio gioventù con l’intento
esplicito di sottolineare il completo snaturamento del contesto socioculturale italiano, a causa
degli sviluppi del capitalismo.
Pasolini narratore e regista
Il Pasolini poeta mira ad una ricerca sperimentale fra lirismo e narrativa. Quasi in contemporanea
tenta una sperimentazione anche in ambito narrativo per superare i vincoli troppo stretti del
neorealismo ideologico: in effetti anche da un punto di vista politico pasolini aveva aderito alle
idee comuniste, mantenendo però una larga autonomia di giudizio e privilegiando scelte più a
favore del popolo che non del partito.
La prima narrativa pasoliniana è incentrata più sulle passioni e le pulsioni erotiche piuttosto che
sull’indagine socio-culturale (Amado mio, atti impuri…).
Quando scrive Ragazzi di vita il suo sguardo si concentra sui popolani della borgate. In otto capitoli
propone episodi cronologicamente separati, tenuti insieme dalla presenza di alcuni personaggi, fra
i quali Riccetto. Le imprese di questi ragazzi sono seguite in maniera apparentemente oggettiva:
gran parte della forza narrativa sta nei dialoghi secchi, scritti in un romanesco vivace e gergale,
mentre più volte le descrizioni sono segnate da un forte lirismo. Pasolini vuole applicare le sue
idee sul plurilinguismo ma la stilizzazione appare piuttosto monocorde. Inoltre, l’ideale di
oggettività, derivato in parte da una rilettura di Verga, è solo esteriore: risulta infondo un romanzo
picaresco, spesso drammatico e violento, in cui la posizione dell’autore trapela, ed è in generale

Document shared on www.docsity.com


Downloaded by: yvan93 (vendita93@live.it)
populista perché questi giovani possono violare la legge ma restano comunque migliori d’animo
rispetto ai borghesi capitalisti. Questo romanzo suscitò scandalo e subì un processo per oscenità
che però vide molti intellettuali schierarsi a difesa.
In seguito Pasolini continuò la sua fervida seppur scomoda attività, pubblicando Una vita violenta.
Qui Pasolini si accorge che la scrittura non è sufficiente ad esprimere tutte le sue potenzialità
narrative e dopo qualche altro abbozzo di romanzo o racconto, passa alla regia cinematografica.
In un autore che tratta in diverse forme artistiche gli stessi temi è importante segnalare la stretta
contiguità fra opere apparentemente lontane: il primo film (Accattone) deriva da un racconto
ancora ispirato al mondo delle borgate, ma riesce a stilizzare assai meglio le idee populiste grazie
ad un uso poetico delle inquadrature (specie dei primi piani) e ad un attento dosaggio delle
immagini colte (riferimenti alla pittura italiana rinascimentale) ed a un forte cortocircuito tra le
scene crude e drammatiche e il commento musicale derivato da Bach.
Sono molti i film ricchi di citazioni: basti pensare alla Trilogia della vita che si basa sulle novelle del
decameron, dei racconti di canterbury e delle mille e una notte.
Altri film nascono insieme a delle opere teatrali dello stesso Pasolini, con ampi riferimenti ai miti
ed alle tragedie greche, rilette in chiave psicanalitica, come ad esempio Medea. I capolavori
arrivano però alla fine della sua produzione artistica con delle allegorie sui rapporti fra potere,
erotismo e violenza, ambientate nel periodo finale del fascismo (ex Salò o le 120 giornate di
Sodoma). Da qui fino alla sua morte lavorò al suo capolavoro letterario (Petrolio), pubblicato
postumo e incompiuto nel 1992 in cui vengono trattati senza censure i grandi temi affrontati dal
pasolini controcorrente:
- la natura del potere politico
- l’invadenza del capitalismo
- le repressioni degli impulsi erotici
- le pulsioni di morte
- la ricerca del sacro in persone, situazioni e atti che ne sembrerebbero estranei (cioè nella
realtà più autentica e nascosta ai borghesi perbenisti)
- la creazione letteraria come espressione corporea e vitale prima ancora che intellettuale
- rifiuto dei compromessi per demistificare, anche ad un’attenta analisi socio-politica, le
storture tipiche del capitalismo avanzato
Pasolini saggista
Pasolini interviene in molti modi nel dibattito politico e culturale italiano del secondo dopoguerra.
Promotore di riviste come Officina e Nuovi Argomenti, polemista su periodici come L’espresso e
Tempo e poi addirittura invitato a scrivere sul giornale della buona borghesia milanese, “Il corriere
della sera”. L’intellettuale scomodo si dimostrò uno dei più pronti a cogliere le modifiche
sostanziali della nostra società e di quella occidentale in genere: attento anche all’evoluzione
linguistica e difensore dei dialetti, sensibile al mutamento antropologico in atto con
l’industrializzazione e poi con i mass media, interprete a volte incoerente dei fatti di costume.
Nella variegata opera di Pasolini saggista si può riconoscere una profonda vena pedagogica:
tuttavia spesso gli insegnamenti sono espressione di una costante volontà di intervento su una
realtà amatissima e insieme odiata per la sua imperfezione e per il peso troppo forte esercitato dai

Document shared on www.docsity.com


Downloaded by: yvan93 (vendita93@live.it)
poteri repressivi del sesso come delle propensioni libertarie di ogni tipo. Sono diverse le fasi di
questa produzione saggistica:
- Prima: rivolta all’analisi degli aspetti letterari e linguistici (passione e ideologia, 1960).
- Seconda: analisi socio-stilistica e ideologica (scritti corsari, 1975)
- Terza: poemetti ideologici in prosa, con mescolanza di toni e forme espressive (il caos, 1979)
ITALO CALVINO
La formazione culturale
Sotto la guida di Vittorini e Pavese, Italo Calvino, nato a Cuba nel 1923, sarà autorevole redattore
dell’einaudi e poi consulente editoriale. La sua formazione è laica e tecnica (studia agraria a
torino), e la sua militanza nella sinistra è molto precoce: combatte durante la resistenza in una
brigata partigiana comunista. Da quell’esperienza provengono i primi testi pubblicati di Calvino (Il
sentiero dei nidi di ragno). Dal 1946 inizia la sua attività di giornalista e saggista, nonché interprete
dei rapidi mutamenti della società italiana.
Nella seconda metà degli anni 50 alterna testi a sfondo fiabesco ma con chiari riferimenti storici
all’età coeva, ad altri più direttamente impegnati in ambito socio-politico . Dopo la crisi del
rapporto con il partito comunista e una fase di ripensamento della sua poetica, Calvino sceglie una
strada nuova per la sua scrittura con tendenze di tipo strutturalista. (che trova a modello Borges).
Questa fase prosegue sino alla pubblicazione del meta-romanzo Se una notte d’inverno un
viaggiatore, esempio privilegiato del postmodernismo italiano insieme al coevo Il nome della rosa
di Eco.
Muore all’improvviso nel 1985 per un’emorragia celebrale.

La produzione narrativa fino ai primi anni 60


Il sentiero dei nidi di ragno già presenta alcuni tratti peculiari di questo scrittore. La materia storica
viene volutamente filtrata da una struttura di tipo fiabesco in cui il protagonista non è un
partigiano adulto ma il piccolo Pin; e questo produce un effetto di straniamento, quasi che la
guerra sia una sorta di terribile gioco. Nonostante la sincera adesione agli ideale marxisti, Calvino
risulta in sostanza incapace di narrare una storia alla maniera dei realisti o dei neorealisti. La
vivacità intellettuale di Calvino, ben presto definito “scoiattolo della penna”, si delinea subito nelle
sue scelte personali, come scrittore e poi come saggista e anche nella sua capacità di individuare
nuovi autori con acutezza (Beppe Fenoglio…).
La fisionomia di calvino si delinea pienamente solo quando esce Il visconte dimezzato, prima parte
della trilogia I nostri antenati, composta anche da il barone rampante e Il cavaliere inesistente. In
questi testi prevalgono modelli lontani dal realismo otto-novecentesco: il modello prediletto è
quello degli illuministi francesi Voltaire e Diderot, e in generale la letteratura di tipo razionalistico-
scientifico. Le vicende singolari sono al limite della parodia e dell’ironia, e valgono per il loro
significato allegorico (ma di un’allegoria leggera) e riguardano tanto la natura umana quanto il
senso della storia. Calvino affronta indirettamente i problemi dell’intellettuale e della scrittura,
quando inserisce nel secondo libero della trilogia un personaggio che ha tratti autobiografici e che

Document shared on www.docsity.com


Downloaded by: yvan93 (vendita93@live.it)
preferisce vivere tra gli alberi anziché sulla terra e osservare da quel luogo, con partecipazione e
insieme distacco, i grandi eventi storici.
Decide poi di abbandonare l’impegno diretto nel partito comunista (deluso dalla politica dell’URSS)
ma non rinuncia ad interpretare il dibattito culturale, pubblicando alcuni dei suoi saggi migliori.
Sempre alla fine degli anni 50 lo scrittore ligure oscilla fra tentativi di avvicinarsi alla cronaca (con
scritti satirico-polemici a base surreale) e l’interesse per il fantastico, il romanzesco-avventuroso e
il fiabesco. Esemplare e conclusivo di questa fase è il romanzo La giornata di uno scrutatore, per
una volta riflesso di un’esperienza autobiografica: la visita ai portatori di Handicap al Cottolengo.
Per un razionalista come calvino, affascinato e insieme preoccupato dai lati oscuri della psiche,
l’incontro a tu per tu con esseri privi di molte funzioni intellettive costituì un forte stimolo
nell’analisi di che cosa sia bene nell’azione politica, in mancanza di una fede religiosa: “anche
l’ultima città dell’imperfezione ha la sua ora perfetta, pensò lo scrutatore, l’ora, l’attimo in cui in
ogni città c’è la città”.
La produzione narrativa semiotico-postmoderna
Dal 1964 Calvino si dedica sempre di più alla riflessione sulle modalità scientifiche e letterarie di
interpretazione della realtà. Il suo sguardo si rivolge a Parigi, dove si discute delle nuove posizioni
strutturaliste e semiologiche, ovvero di una riflessione teorico-linguistica sul linguaggio, sui segni
naturali e culturali. Avvicinandosi a scrittori e filosofi come Raymond Queneau (capo di
un’associazione di intellettuali per lo studio dei rapporti fra strutture scientifiche e letterarie),
Calvino si orienta verso la metaletteratura ovvero verso la riflessione sulle modalità di scrittura e
di interpretazione del mondo, piuttosto che verso una narrazione semplice: questa propensione
diventa più forte nei testi degli anni 60 e 70, ma va detto che essa continua per calvino a veicolare
un tentativo di rappresentare il reale, ormai sempre più complesso e stratificato, eppure non
ancora conoscibile.
Solo una delle ultime opere Calviniane, Se una notte d’inverno un viaggiatore, sembra
corrispondere in pieno alle caratteristiche del riuso parodico della tradizione letteraria precedente,
tipiche del filone più vistoso del postmodernismo narrativo.
Il primo testo che s’inserisce nella nuova poetica calviniana è la raccolta Le cosmicomiche, nella
quale, oltre ad uno stile complicato dall’uso di un lessico parascientifico, si colgono riferimenti a
scrittori fantastico-paradossali, come Borges, i cui racconti risalenti agli anni trenta e quaranta
stavano trovando un’ottima accoglienza in Europa. Ma oltre agli autori sofisticati e colti, Calvino
usa esplicitamente opere popolari per proporre ipotesi singolari di interpretazione del cosmo.
Dal 1970 in poi compaiono racconti basati su procedimenti chiamati scritture combinatorie, cioè
strutture intrecciate secondo perfette simmetrie, non senza l’influenza dell’analisi strutturalista
delle fiabe e l’influenza di un’opera molto cara a Calvino: L’Orlando Furioso.
Un esito più complesso e considerato fra i più alti di questa stagione Calviniana si coglie nelle Città
invisibili in cui si immagina la descrizione di città fantastiche, fatta da Marco Polo a Kublai Kan
durante i loro dialoghi. Il razionalista ma infondo nichilista Kublai tenterebbe di ridurre a mdelli
sempre più astratti tutto il reale, salvo poi accorgersi che come esito unico si arriverebbe al nulla.
Viceversa Polo sa bene che le sue città possono non esistere, ovvero essere proiezione di sogni e
ricordi, ma è capace di trovare sempre nuovi stimoli per interpretare il reale. “senza pietre non c’è

Document shared on www.docsity.com


Downloaded by: yvan93 (vendita93@live.it)
arco”, senza materia non ci si può interessare dell’arco. L’unico atteggiamento eticamente
sostenibile pare quello di non cedere al negativo, proseguendo la ricerca fondamentale, benchè
infinita, di una possibile verità-felicità. Le ultime opere narrative portano alle estreme
conseguenze alcune caratteristiche di questa fase. Da un lato il già citato Se una notte di inverno
un viaggiatore risulta sin troppo vicina alla logica postmodernistica della narrativa come citazione
continua; ma dall’altro i racconti brevi di Palomar riavvicinano Calvino al problema
dell’interpretazione del reale, questa volta attraverso il filtro ironico e disincantato del
protagonista-osservatore, appunto il signor Palomar
Calvino critico e saggista
La statura di calvino si misura anche tenendo conto della sua grande efficacia come saggista e
come critico. Alcuni saggi degli anni 50 e 60 esaminano questioni fondamentali della narrativa
coeva per esempio il rapporto tra letteratura e storia e la necessità di riuscire a demistificare
letterariamente la visione del mondo piatta proposta dai modelli capitalistici. Ipotizza che la
letteratura debba sperimentare tutti i linguaggi possibili per rispondere al labirinto della
contemporaneità.
In altri casi Calvino interpreta con acume le tendenze in atto nella letteratura italiana e
internazionale. Molti di questi saggi sono stati raccolti in Una pietra sopra, 1980.

V. LE VARIE FORME DEI NUOVI SPERIMENTALISMI (1963-1979)


Introduzione al periodo
Con gli inizi degli anni 60 si assiste a profonde modifiche nel rapporto fra cultura alta e cultura
popolare, sempre più al centro di attenzione dei mass media e del sistema industriale
commerciale. Esemplare il caso della musica: la musica colta e sperimentale viene confinata in
spazi ridottissimi mentre quella leggera nelle sue infinite versioni diventa indispensabile per il
pubblico di tutte le età, ma soprattutto per quello giovanile che segue nuovi idoli come Elvis
Presley, e successivamente Beatles e Rolling Stones. Una conseguenza nel medio periodo riguardò
anche la poesia: con la stagione dei cantautori, i testi delle canzoni risultarono molto più curati che
nel passato, soesso delicati componimenti amorosi, ma soprattutto ballate dure e politicamente
combattive, come nel caso di Bob Dylan. Così mentre la lirica colta vedeva diminuire il suo
pubblico, accresceva quello degli happening poetici, spesso di autori beat. Di fronte alla diffusione
dellNa cultura di massa sostenuta dal sistema capitalistico, che sfrutta la radio, la televisione e il
cinema per costruire successi e bestseller, le reazioni degli artisti sono state diverse:
1. la chiusura completa (come appunto il caso della musica sperimentale che si crea una nicchia)
2. l’interpretazione, magari grazie al riuso dei materiali di scarto delle società industriali  nuova
fase sperimentale chiamata pop art che vede impegnati artisti di varie discipline nella ricerca di
forme che prendono spunto dal presente per demistificarne gli aspetti più falsi (sintomatica
l’opera di Warhol).
La riproducibilità perfetta contrasta con l’unicità dell’evento artistico ma la dimensione umana di
artisti e star risulta appiattita, ridotta ad icona. Al di là delle valutazioni etiche è chiaro che il nuovo
sistema culturale conduce alla perdita di alcuni valori umanistici, compreso quello per l’artista di
interpretare in modo nuovo la realtà usando la tradizione perché la tradizione diventa

Document shared on www.docsity.com


Downloaded by: yvan93 (vendita93@live.it)
improvvisamente un serbatoio di citazioni analoghe alle infinite altre, proposte dai mass media. 
alcuni definiscono questo già postmodernismo anche se in realtà tale bisogna considerarlo solo
quando si esaurisce il vasto movimento di ribellione giovanile e poi terroristica contro il
capitalismo.
Nel campo della narrativa emergono scrittori che privilegiano il plurilinguismo, impiegato in varie
direzioni: da quella comico-grottesca a quella suggerita dalla nostalgia per i dialetti. Linfe fresche
cominciano ad arrivare con la scoperta degli autori sudamericani come Gabriel Garcia Marquez
con Cent’anni di solitudine.
Il teatro vive dell’estro di alcuni registri ma non compie particolari salti qualitativi; il cinema non
raggiunge gli esiti alti dei primi anni del dopoguerra; ma il dibattito culturale attraversa una fase
ricca ed intensa specialmente nel periodo delle rivolte: sino alla morte di Pasolini e all’assassinio
del politico democristiano Aldo Moro gli intellettuali, e in particolare gli scrittori, trovano uno
spazio di intervento molto ampio, che si ridurrà e modificherà profondamente nei decenni
successivi.
LA POESIA
La neoavanguardia. Edoardo Sanguineti
Agli inizi degli anni 60 esplode il fenomeno dell’avanguardia, una tendenza sperimentale molto
diversa da quelle viste fin ora perché l’eversione era innanzitutto linguistica, basata sul rifiuto dello
stile e delle forme tradizionali, al massimo usate per citazioni straniate in corrispondenza di un
rifiuto ideologico della cultura borghese, ormai non più riformabilr.
I neoavanguardisti, riunitisi ufficialmente a palermo nel 1963 (da qui il nome alternativo Gruppo
63) hanno tra loro premesse culturali simili: l’adesione al Marxismo, l’attenzione alla psicanalisi, la
strenua attenzione al linguaggio (attenzione al ginevrino F.de Saussure). Questo ampio ventaglio di
teorie, che proponevano nuovi filoni per la ricerca materialistica sui miti e sulla poesia , fu
impiegato in modi e con accenti distinti dai vari esponenti della neo-avanguardia, alcuni ad
esempio puntarono ad una generica sperimentazione culturologica (Eco…), altri invece ebbero un
intento chiaramente rivoluzionario (Sanguineti…).
Edoardo Sanguineti, il più acuto teorico della neoavanguardia, ha presupposti marxisti e
psicanalitici che si colgono con chiarezza in Laborintus,1956: qui la storia di una depressione viene
tradotta in lunghe lasse composte da versi informi (un recitativo drammatico atonale) e privi
persino di una ritmicità alla Whitman, mentre il testo appare come una concrezione di lingue
diverse e di citazioni o allusioni straniate. I modelli più tradizionali non contano singolarmente ma
vengono fusi in un unico composto che dovrebbe ricondurre al primordio bioantropologico
ovvero alla parte più profonda dell’io psicanalitico; oppure dovrebbe far emergere il kaos contro il
kosmos, nel quale il linguaggio capitalistico ha azzerato gli altri , ma rimanendo esso stesso privo di
senso e per cui solo un completo stravolgimento linguistico può ritornare a far vedere la realtà
autentica. Ne deriva un annullamento del sublime e dell’io lirico. Se la società contemporanea è
putrida palude anche la poesia non può che ridursi a magma, e qui sta il suo realismo.
Nelle raccolte successive Sanguineti ha continuato sulla linea della sperimentazione, accentuando
però i toni più ironico-satirici.

Document shared on www.docsity.com


Downloaded by: yvan93 (vendita93@live.it)
Amelia Rosselli, figlia dell’antifascista Carlo, assassinato da sicari fascisti nel 1937, usa le sue varie
lingue familiari se non materne come strumento di un’espressione poetica che parte da un ambito
sicuramente prerazionale (oggi identificabile con l’inconscio non solo in quanto sede di traumi
profondi, ma anche fondamento di una capacità cognitiva di leggere la realtà in modi fuori dagli
schemi). È una profonda nevrosi che si trasfonde nei suoi testi, dove il linguaggio viene stravolto
non per motivi ideologici, bensì per veicolare una visione scomposta e disgregata di eventi e
persone, quasi come in un quadro cubista. In molti testi della Rosselli si riscontra una ritmicità
ripetitiva e una metaforicità densa ma che fornisce numerosi segnali per una ricostruzione del
senso, che pure esce dalle griglie logiche comunemente accettate, ma per costruire una cognizione
più profonda. Negli esiti migliori emergono verità psicologiche personalissime, che però gettano
una luce forte sui tanti ambiti ancora insondati dell’inconscio e del preconscio.
Andrea Zanzotto
Da un’esperienza ancora fortemente ermetica, e in parte attardata, deriva la prima produxione di
un altro poeta fra i più notevoli della seconda metà del 900. Studia a Padova dove legge poeti
romantici tedeschi, fra cui Holderlin, simbolisti francesi ed ermetici italiani. Dopo vari periodi di
depressione fa uscire la sua prima raccolta poetica, seguita nel 54 da un’altra. In queste prime
raccolte si sente l’aspirazione ad un linguaggio puro ed assoluto, che mira a trovare dietro la realtà
dei significati profondi, alla maniera di simbolismo ed orfismo. Si ha così un petrarchismo
extratemporale, che appare spiazzato in un momento di sperimentazioni e svolge una funzione
eminentemente difensiva: l’ipermanierismo nasconde l’angoscia dell’io nei confronti della storia e
la necessità di una sorta di schermo metaforico. Nel 1962 esce un’altra raccolta in cui aumenta il
contrasto fra il mondo ideale e bucolico e gli elementi del mondo esterno ormai non più
esorcizzabili. La beltà è il grande capolavoro di Zanzotto che, abbandonati i manierismi delle
raccolte precedenti, si immerge nel linguaggio come entità generatrice di infiniti sensi, ma di per
sé priva di significato. Della dicotomia instaurata da F.de Saussure fra significante e significato, è il
primo aspetto ad interessare Zanzotto, ovvero quello dei suoni liberamente connessi a creare
nuove interazioni e nuovi sensi. È chiaro l’influsso della psicanalisi e soprattutto di Lacan che
rivendicava il valore fondamentale del significante linguistico per individuare i meccanismi segreti
dell’inconscio. Zanzotto riprende anche la lezione della poesia moderna, dai grandi romantici come
Holderlin sino ai surrealisti, ovvero quella della ricerca analogica meno giustificata razionalmente,
tanto che persino le immagini apparentemente consuete si rivelano difficilmente interpretabili.
Così recita uno dei testi più noti ( La perfezione della neve): “E poi astrazioni astrificazioni
formulazione d’astri / assideramento attraverso sidera e coelos / assideramenti assimilazioni”. Solo
di accostamenti fonici e non razionali. La storia viene ricondotta alla sua componente primordiale
e quindi espressione ultima di una catena che rimanda alle origini, agli stadi inconsci ma
cognitivamente essenziali, del singolo e dell’umanità.
Nelle raccolte successive focalizza la sua attenzione sul linguaggio infantile (petèl), prima forma di
un linguaggio pregrammaticale e quindi privo di ogni organizzazione gerarchica dei significati.
Tra impegno e ironia: tra Fortini e Giudici
Fortini. Di contro alle prove più apertamente sperimentali, anche negli anni 60 e 70 escono opere
che privilegiano uno stile semplice e che evidenziano precise scelte ideologiche o morali. Fortini
nasce a Firenze da una famiglia ebraica e già citato come saggista e polemista impegnato nelle

Document shared on www.docsity.com


Downloaded by: yvan93 (vendita93@live.it)
riviste “Politecnico” e “Officina”. Come poeta raggiunge notevoli risultati con “ una volta e per
sempre”, raccolta in cui le componenti tardosimboliste e neorealiste vengono superate grazie alla
scelta di toni didattici. Un modello per lui importante è Bertold Brecht, tradotto in quegli anni da
Fortini: per lui ogni immagine resa assoluta ed autonoma da una forte stilizzazione classicistica,
rimanda al significato profondo della storia, che deve portare al riscatto degli oppressi, sebbene sia
sempre in agguato per il singolo il senso del nulla.
Giudici. Sotto l’egida di Vittorio Sereni emergono negli anni nuovi poeti ascritti alla cosiddetta linea
lombarda, o meglio autori di raccolte caratterizzate da un esame etico e da un calibrato equilibrio
fra lirica e prosa. Giudici riunisce la sua prima produzione nel volume La vita in versi,
contraddistinta da elementi autobiografici ed una delicata ironia. Fra i poeti della linea lombarda
va assunto anche Giovanni Raboni, che è stato pure critico e traduttore e scrive di situazioni
quotidiane, trattate con uno stile molto vicino alla prosa.
La poesia dialettale
La scelta di scrivere in dialetto diventa sempre meno spontanea, controcorrente e legata alla
ricerca di forme espressionistiche da contrapporre ai luoghi comuni dell’italiano standard. Fra i
risultati più importanti si possono citare quelli del genovese Franco Loi, vissuto a milano e che ha
acquistato il dialetto alla nascita però intersecato con inserti letterari e derivati dai linguaggi degli
immigrati.
LA NARRATIVA, IL TEATRO E IL CINEMA
Il romanzo realista e l’editoria
Con il 1963, anno di esplosione delle sperimentazioni neoavaguardistiche, la narrativa tradizionale
entra in una fase di incertezza. Non mancano gli autori cari ad un pubblico medio ma l’interesse
della critica e dell’editoria si rivolge verso testi che fuoriescono dai binari consueti della trama
lineare. Negli anni 70 la narrativa viene considerata meno adatta ad interpretare il presente
rispetto alla saggistica o alle varie forme di poesia popolare. È significativo però il nuovo spazio
lasciato alle donne scrittrici, sulla spinta del femminisimo e dei cambiamenti dei ruoli derivati dalle
rivolte del 1968. Sono poi numerosi i tentativi di coniugare forme narrative e saggismo, spesso per
interpretare una realtà storica drammatica e confusa, in particolare nel periodo più acuto della
lotta politica armata, che segnò l’intero decennio (anni di piombo).
La narrativa neoavanguardistica: Alberto Arbasino
Narratori vicini alla neoavanguardia. L’attività degli scrittori del gruppo 63 fu meno ampia
nell’ambito della narrativa. Oltre al già citato sanguineti, scrisse romanzi neoavanguardisti volti ad
una dissoluzione dell’intreccio e del linguaggio narrativo, il genovese Vassalli. Anche Malerba è
vicino al gruppo 63 con i suoi romanzi assurdi e paranoici.
Interessato allo svecchiamento della narrativa e della cultura italiana, indagatore sia delle opere
d’avanguardia sia della più bassa cultura di massa, Alberto Arbasino scrive un racconto incentrato
su alcuni giovani artisti che seguono le più importanti attività culturali italiane ed estere, venendo
a contatto con mondi diversissimi, dalla piccola borghesia ai migliori salotti mondani: Fratelli
d’italia. Nella sua prima versione (1963) questo antiromanzo si distingueva per l’assenza di una
trama benfatta e per l’inserimento di brani saggistici e riflessioni sul destino dell’arte nell’epoca di

Document shared on www.docsity.com


Downloaded by: yvan93 (vendita93@live.it)
massa, e per un romanzo che riproduceva il cicaleccio pseudo-intellettuale italiano insieme ai più
vistosi aspetti provinciali. Negli anni successivi fa numerosissime modifiche stilistiche: resta però
l’impianto del pastiche della mescolanza di stili, toni, episodi diversi, tenuti insieme dalla posizione
ironica, snob e moralistica dell’autore implicito. La semplicità della trama, che segue le avventure
dei giovani artisti non nasconde l’intenzione di realizzare un grande affresco della società italiana
del secondo novecento. Arbasino è un brillante giornalista-saggista, ed in molti suoi saggi o
interventi ha sottolineato la filiazione alla sua opera dal magistero di gadda; tuttavia il suo
linguaggio frutto di molteplici mescolanze, risulta privo delle punte tragiche di quello gaddiano.
Semmai arbasino costituirà un modello per i narratori degli anni novanta proprio in virtù del suo
dettato superficiale, mimesi di una realtà ormai priva di spessore.
Varie forme di espressionismo narrativo
Un gruppo consistentde di autori propone elaborazioni stilistiche che si possono definire, in
mancanza di definizioni più stringenti, di tipo espressionistico. Esse non mirano a un completo
stravolgimento delle strutture linguistiche e narrative, bensì ad una più o meno forte mescolanza
di linguaggi, per ottenere in primo luogo un distacco dalle forme più standardizzate dell’italiano.
Anche la valenza ideologica è in genere meno vistosa, sebbene non manchino tendenze satiriche o
anarchiche. Pizzuto, Bianciardi, Mastronardi. Più attenta e motivata l’attenzione linguistica che si
evince dal capolavoro di Meneghello, intitolato con evidente gioco di parole Libera nos a malo. La
rievocazione dell’infanzia e dell’adolescenza del microcosmo di un paesino si sostanzia di forme
dialettali ormai quasi sconosciute. Non si limita però alla nostalgia del passato, ma gioca invece
ironicamente sul distacco con l’abilità di un filologo-linguista nell’analizzare i significati reconditi e
primordiali delle parole.
L’autore più tipicamente espressionista di questi anni è il Milanese Giovanni Testori, il quale, dopo
una serie di romanzi e racconti ambientati nelle periferie Milanesi e fortemente realistici ( Il ponte
della ghisolfa) arriva ad una scrittura barocca e visionaria che scandaglia soprattutto i laceranti
travagli interiori: l’adesione al cattolicesimo non porta ad una moderazione di questo acceso
espressionismo.
Leonardo Sciascia
Rispetto alle varie tendenze sperimentali coeve, sciascia parte invece da una cultura e da un ideale
narrativo illuminista, e rilegge la storia con impegno polemico e forza satirica, L’opera più
importante è per lui Il giorno della civetta, 1961, nel quale Bellodi combatte a viso aperto la mafia
scoprendone ogni trama ed intrigo profondamento radicato nella sua sicilia; ma i suoi sforzi
saranno resi vani dalle implicazioni politiche: ma ancora alla fine del romanzo viene ribadita la
volontà di combattere. Nelle opere successive cammina sempre con acerbia e ironia sull’analisi dei
rapporti di potere. Nella sua ultima fase privilegia la ricostruzione di precisi eventi politici senza
dimenricare la matrice illuminista.
Volponi
Dall’esperienza diretta della realtà industriale e delle sperimentazioni per avvicinare mondo della
cultura e mondo del lavoro, Volponi si presta ad un’analisi tagliente della contemporaneità. Nato
ad Urbino nel 1924, Volponi ha lavorato fino al 1950 all’Olivetti, dove ha promosso importanti
iniziative culturali. Il suo primo romanzo (memoriale) mette a nudo i meccanismi dell’alienazione

Document shared on www.docsity.com


Downloaded by: yvan93 (vendita93@live.it)
nelle fabbriche attraverso la storia dell’operaio Saluggia, che da realistica diventa
progressivamente assurda e paranoica. È il sistema che produce tali conseguenze. Nel successivo
romanzo (La macchina del mondo) descrive l’utopia tecnologica dell’individuo isolato che però alla
fine decide di uccidersi con la dinamite. Negli anni successivi punta all’allegoria ed al discorso
satirico, utilizzando storie di animali per narrare la situazione coeva.
Parise e altri outsider
Ci sono autori dal notevole successo ma difficilmente collocabili. Ad esempio Parise, già famoso
per i romanzi e i reportage dalle terre esotiche dove svolgeva l’incarico di inviato per il corriere
della sera, raggiunse risultati alti con dei racconti brevi in forma di sillabari dedicati a singole voci
(da “amore” a “solitudine”). Sono aforismi trasportati sul piano del racconto anziché alla
dimensione fulminea. I protagonisti intuiscono una libertà profonda, non razionale ma chiara per
la sua totalità vitale.
Fra gli altri outsider: ottiero ottieri che si occupa dell’alienazione degli operai nelle fabbriche.
Le nuove narratrici
L’editoria è ora disposta a seguire i fenomeni socio-culturali emergenti ed a dare spazio a
numerose voci femminili che fino agli anni 60 avevano ricoperto un ruolo minoritario. Si tratta di
casi molto diversi fra loro, ma accomunati dalla volontà di far emergere alcune delle tante forme
di costrizione, discriminazione o violenza di cui le donne erano oggetto ancora nel periodo del
boom economico. Con le rivolte del 68 emergono voci affini a quelle del femminismo
internazionale, oppure altri fuori dal coro sia in campo etico sia politico. Nomi rappresentativi:
Dacia Marraini con memorie di una ladra; Oriana Fallaci, amica di Pasolini e del militante politico
greco Panagulis (per il quale scriverà Un uomo). Le sue posizioni provocatorie e controcorrente
trovano corrispondenza ma in senso libertario ed anarchico in quelle di una narratrice catanese:
Goliarda Sapienza, attrice per lungo tempo emarginata ed addirittura imprigionata
Il teatro, il cinema e l’affermarsi della tv
La letteratura teatrale vive in Italia e all’estero una stagione di incessanti sperimentazioni del
periodo in esame. Alcuni autori giungono al teatro dalla narrativa o dalla poesia (Testori, Luzi…),
significative risultano le prove di attori e registi e insieme scrittori: esempio Carmelo bene,
trasgressivo e volutamente eccessivo nei suoi drammi e negli adattamenti dei classici. Più
ideologico-politche le messe in scena di dario Fo, noto anche per esser stato insignito di un
discusso Premio Nobel. Egli rivendica la liberazione degli istinti, l’opposizione alle forme di
repressione…
Nel cinema continua la produzione di film tratti da romanzi. (sciascia).
Anche la televisione aumenta il suo impegno nella realizzazione di sceneggiati ricavati da
capolavori: sono per esempio rimasti celebri la versione dei promessi sposi diretta da Bolchi, e
quella di Pinocchio di Comencini.
Il ruolo sempre più persuasivo della tv si raggiungerà con la liberalizzazione delle frequenze e con
l’inzio delle tramissioni degli amittanti privati, a partire dalla seconda metà degli anni 70.
LA CRITICA E IL DIBATTITO CULTURALE

Document shared on www.docsity.com


Downloaded by: yvan93 (vendita93@live.it)
Il dibattito degli anni 60 e 70 è fervido e ruota attorno a due polarità:
1. necessità di un rinnovato impegno da parte degli intellettuali davanti ad una concreta possibilità
rivoluzionaria sostenuta dai movimenti extraparlamentari dal 68 in poi; e più in generale davanti a
forti sconvolgimenti della società italiana, sia sul piano etico-religioso che economico.
2. Rinnovamento dei metodi critici grazie alla diffusione delle teorie strutturaliste e poi di quelle
semiotiche: la spinta verso analisi sempre più razionalizzate, attente agli specifici linguistici e
narratologici. (questo non toglie i filoni critici che rimangono vivi e fervidi basati sull’ermeneutica,
l’interpretazione delle opere fondate su una larga ricognizione culturale). Vivacissime le riviste di
questo periodo: Strumenti critici (portavoce degli strutturalisti), Il quindici, militante e legata alle
neoavanguardie. Anche le nuove case editrici si impegnano a sostenere le varie tendenze.

Document shared on www.docsity.com


Downloaded by: yvan93 (vendita93@live.it)

Potrebbero piacerti anche