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STORIA DEL TEATRO

IL TEATRO GRECO

Le origini
Le cerimonie religiose anticiparono lo sviluppo del teatro, in particolare le cerimonie in onore di
Dioniso, le Grandi Dionisie. La tragedia (da trágos, capro) ebbe infatti origine dai cori del
ditirambo, l'inno cantato e danzato durante queste cerimonie. Il ditirambo divenne una forma
teatrale con la nascita della figura dell'attore, un personaggio (corifeo, il capocoro) distaccatosi dal
coro con il quale dialoga. Infatti, il termine greco per indicare l'attore è hypocrités, ovvero
“interprete”, “colui che finge” ma anche “colui che risponde”. Il teatro divenne un momento
fondamentale delle celebrazioni rituali, a cui partecipavano tutte le classi sociali. Gli spettacoli
svolgevano infatti una funzione educativa e conoscitiva, che permetteva di confrontarsi con i temi
fondamentali dell'esistenza.
All'interno delle Grandi Dionisie, oltre alle tragedie, vennero inserite due nuove forme
drammatiche: la commedia e il dramma satiresco. Anche la commedia (da kómos, corteo festivo) ha
una probabile origine rituale, poiché deriverebbe dai canti dei cortei in onore di Dioniso. I drammi
satireschi erano componimenti a carattere comico-grottesco, caratterizzati dalla compresenza di
eroi e satiri (uomini-capri seguaci di Dioniso, con coda, orecchie e corna ferine, per interpretare i
quali gli attori indossavano delle maschere) e strutturati come una tragedia, ma intessuti di volgarità
ed espliciti riferimenti sessuali. Erano di fatto parodie dei temi eroici ed elevati, infatti avevano la
funzione di alleviare la tensione dopo le tragedie.
Durante le Grandi Dionisie si svolgevano degli agoni drammatici, competizioni tra drammaturghi in
cui ogni autore proponeva una tetralogia, composta da tre tragedie e un dramma satiresco. Alla fine
del festival i migliori poeti ricevevano un premio. A ciò seguiva l'agone comico, a cui si partecipava
presentando una sola commedia a testa.
Poiché il teatro era un importante evento civile e religioso, l'organizzazione delle rappresentazioni
era a carico della città e di un cittadino facoltoso che si assumeva gli oneri finanziari.
La drammaturgia attingeva i suoi soggetti dalla mitologia. Il coro era una caratteristica essenziale e
aveva la funzione di esporre l'antefatto e descrivere alcune azioni avvenute fuori scena (come quelle
violente), ma soprattutto di commentare la situazione, interagendo con i personaggi. Nella tragedia
rappresenta spesso la gente comune della città; nella commedia era spesso composto da animali e
potevano essere presenti anche due cori.
I primi drammaturghi di cui si ha notizia risalgono al VI secolo a.C., ma fu nel V secolo che il
dramma antico prese definitivamente forma. I tre autori più noti di tragedie furono Eschilo, Sofocle
ed Euripide.

Eschilo
Fu il primo a dare all'arte drammatica una forma specifica, separandola dal canto, dalle danze e
dalla narrazione epica. Per questo motivo è considerato il padre della drammaturgia greca e, di
conseguenza, del teatro occidentale.
Le sue tragedie trattano di personaggi nobili e di tematiche fondamentali nella vita dell'uomo, in
uno stile poetico elevato, in cui il coro svolge una funzione molto importante, ossia l'espressione dei
temi essenziali attorno ai quali ruota la tragedia. Prima la tragedia era recitata da un solo attore, che
coincideva con l'autore e interagiva con il coro; Eschilo aggiunse un secondo attore, creando i
presupposti per uno sviluppo drammatico dell'azione attraverso il dialogo, e ridusse il numero dei
coreuti. Le sue tre tragedie, che compongono l'unica trilogia del teatro greco giunta fino a noi (la
trilogia dell'Orestea), sono ispirate al mito degli Atridi: Agamennone, Le Coefore, Le Eumenidi.

Sofocle
Perfezionò la tecnica drammatica inventata da Eschilo, ma si distinse per il maggior

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approfondimento del carattere dei personaggi, la sua attenzione verso l'individuo e la catastrofe
finale che caratterizza l'azione. Introdusse il terzo attore, permettendo una maggiore possibilità di
interazioni fra i personaggi, e preferì rielaborare il mito in singole tragedie piuttosto che inserirlo
nelle trilogie tradizionali. Gli eroi delle sue tragedie lottano strenuamente contro il destino
individuale. Tra le sue opere vi sono: Edipo Re (la tragedia della conoscenza) e Antigone.

Euripide
E' considerato il più moderno per via del suo atteggiamento scettico nei confronti delle divinità e
per la maggiore umanità e verosimiglianza psicologica dei personaggi, in particolare quelli
femminili. I suoi personaggi sono dunque più vicini alle persone reali e questo abbassamento del
livello della tragedia era considerato disdicevole. Le sue opere furono criticate anche per altri
motivi: la debolezza dell'intreccio, il drastico ridimensionamento del ruolo del coro (ha una
funzione testimoniale, è impotente), ma soprattutto il ritratto degli dei come personaggi simili agli
uomini nelle loro debolezze.
I personaggi di Euripide, soprattutto quelli femminili, hanno una psicologia complessa e tormentata.
Tra le sue opere vi sono: Medea, Ippolito, Le baccanti, Le troiane. Euripide accentua gli elementi
spettacolari e affida spesso la risoluzione dei conflitti all'intervento degli dei, che però sono entità
lontane dal mondo degli uomini. La musica acquista sempre più peso e ha la funzione di
sottolineare il pathos. Il coro tende a perdere la sua funzione originaria, poiché i suoi interventi non
sono più connessi all'azione drammatica ma diviene un elemento spettacolare.

Aristotele
Fu il primo a cercare di definire le caratteristiche della tragedia greca. Individuò sei elementi
costitutivi della tragedia: l'intreccio o favola, i caratteri, il pensiero (l'espressione dell'argomento),
l'elocuzione, il canto e la mesa in scena. Ispirandosi a quella che lui considerava la tragedia
esemplare, l'Edipo Re di Sofocle, propone il modello del “dramma di crisi” o “dramma della
catastrofe”, in quanto l'azione inizia poco prima del momento culminante della storia, con l'eroe
che sta già lottando contro le forze avverse. Elemento fondamentale dell'intreccio è l'agnizione (il
riconoscimento, passaggio dalla non conoscenza alla conoscenza). Lo spettatore viene informato
tramite l'esposizione dell'antefatto. Vi sono pochi personaggi, nobili, che devono esprimersi in un
linguaggio elevato, adeguato al loro status, e una sola azione principale (unità d'azione); la vicenda
si svolge in un breve lasso di tempo (unità di tempo) e spesso in un solo luogo (unità di luogo). Di
quelle che sono state chiamate le tre unità aristoteliche, Aristotele ha espresso esplicitamente solo
la prima, le altre due sono state desunte dalla sua poetica successivamente.
La catarsi (purificazione dalle emozioni) a cui lo spettatore dovrebbe giungere, secondo alcuni
studiosi, è un processo di immedesimazione e identificazione con l'eroe che soffre da parte dello
spettatore; secondo altri, invece, è un processo che avviene quando lo spettatore scopre le ragioni
della rovina dei personaggi, ovvero la loro colpa. Infatti, l'eroe delle tragedie greche soffre a causa
di una colpa, che può derivare da una responsabilità morale o da un difetto nel carattere, per
esempio un eccesso di orgoglio (hybris), come nel caso di Edipo. Determinante è però anche il fato,
a cui i personaggi sono inevitabilmente soggetti.
La struttura della tragedia è composta da: prólogos (fornite informazioni sull'antefatto e sul
contesto), párodos (entrata del coro), episodi (sviluppo dell'azione), intercalati dagli stasimi (danze
del coro) e infine l'éxodos (uscita del coro).
Mentre Platone aveva condannato il teatro in quanto mímesis (imitazione di un'imitazione),
Aristotele rivendicò la superiorità della tragedia (che richiede dialoghi e azioni) rispetto al poema
epico (che presuppone una semplice narrazione).

Aristofane e la commedia antica


La commedia è caratterizzata da ambientazioni fantastiche e da un intento satirico, non aveva un
numero limitato di personaggi né si svolgeva in un breve lasso di tempo e in un solo luogo, ma si
ispirava a fatti politici e culturali contemporanei, che volgeva in satira, presentando personaggi in

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cui si potevano ravvisare figure note e riconoscibili della società del tempo (ha un intento
pedagogico, non è puro divertimento).
Ha una struttura simile a quella della tragedia, con un prologo, degli episodi che si alternano con i
canti del coro e un esodo. L'episodio centrale è l'agone, in cui i personaggi si confrontano in un
dibattito, esprimendo le loro opinioni e visioni del mondo. Un altro momento fondamentale è la
parabasi, in cui il coro si rivolge direttamente agli spettatori, facendosi portavoce del poeta o di un
personaggio, infrangendo l'illusione scenica per sottolineare la natura fittizia della rappresentazione.
Il coro è composto da uomini con costumi fantastici o di animali.
Ci sono pervenute solo le commedie di Aristofane, tra cui Le nuvole, Gli uccelli, Le rane,
Lisistrata, che rispecchiano la fase di declino di Atene intorno alla fine del V secolo a.C. E hanno
un intento provocatorio e polemico: uno dei suoi bersagli polemici fu la guerra del Peloponneso
contro Sparta. Utilizza un linguaggio licenzioso e ricco di allusioni oscene. Le sue ultime commedie
sono spesso incluse fra le “commedie di mezzo”, opere di transizione tra la commedia antica e la
commedia nuova, del tutto estranea agli argomenti politici e di attualità.

Gli edifici teatrali


Erano edifici molto grandi e a cielo aperto, costruiti sul declivio di una collina.
Gli spettacoli duravano tutta la giornata, sfruttando la luce diurna, e vi potevano assistere tutti i
cittadini liberi, dapprima gratuitamente poi pagando un prezzo d'ingresso e ricevendo l'assegnazione
del posto.
La struttura di questi edifici è costituita da:
• théatron: gradinate semicircolari dove sedevano gli spettatori (le gradinate più vicine
all'orchestra erano riservate alle autorità politiche e religiose)
• orchestra: dove si svolgevano le danze del coro, aveva una forma circolare (come si può
vedere nel teatro di Epidauro) e al centro, in origine, si trovava un altare, a conferma del carattere
sacrale delle rappresentazioni
• skené: baracca in legno usata dagli attori per cambiarsi, la cui parte anteriore serviva da
ambientazione generica (al tempo di Eschilo la skené non esisteva ancora e lo sfondo era costituito
dal paesaggio naturale)
• párodoi: entrate laterali per il coro
• loghéion o proskénion: piattaforma rialzata addossata alla skené dove recitavano gli attori;
secondo alcuni studiosi, gli attori stavano invece insieme al coro nell'orchestra

La scenografia, gli effetti speciali, la recitazione e i costumi


Lo sfondo generico delle tragedie era il palazzo reale (con tre porte per le entrate e le uscite), ma le
commedie necessitavano di una certa varietà di luoghi. Aristotele attribuì a Sofocle l'invenzione
della scenografia (l'arte di dipingere le scene), ovvero di decorazioni da porre sulla parte anteriore
della skené attraverso l'uso di pínakes (pannelli di legno dipinti o coperti di stoffe) o períaktoi
(prismi triangolari che potevano essere ruotati per mostrare una diversa ambientazione su ciascuna
faccia).
La mechané era un congegno, nascosto alla vista degli spettatori, che veniva utilizzato per far
scendere gli dei dall'alto per la risoluzione di un conflitto (da qui l'espressione deus ex machina, per
indicare una soluzione inattesa del problema). Poiché non venivano rappresentate scene di violenza,
l'ekkyklema serviva a trasportare i morti sulla scena.
Spesso i drammaturghi, come Eschilo, recitavano nei propri drammi, in particolare quando la
tragedia prevedeva ancora un solo attore. Ogni attore poteva recitare più parti e ciò era reso
possibile dall'uso della maschera, che, al tempo stesso, impediva all'attore di immedesimarsi nel
personaggio e implicava la veicolazione dei sentimenti attraverso la voce e i gesti (mancanza di
naturalezza); anche i membri del coro indossavano tutti la stessa maschera.
I costumi avevano un carattere convenzionale e le parti femminili erano recitate da uomini.
Gli attori erano cittadini liberi e godevano di grande prestigio e privilegi, diventando presto dei
professionisti.

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L'epoca ellenistica
Fu in questo periodo, che va dal regno di Alessandro il Grande alla conquista da parte romani (IV-II
secolo a.C.), che avvenne la fioritura del teatro classico. Gli attori divennero sempre più popolari e
importanti, tanto che i testi drammatici persero il loro legame con la ritualità religiosa e divennero
sempre più delle forme di intrattenimento, in cui centrale era l'esibizione degli attori. Dunque, il
teatro ellenistico non era più espressione del coinvolgimento collettivo nella vita della pólis, come
lo era stato il teatro di epoca classica, e ciò si può spiegare con il declino della pólis stessa, che
avvenne proprio in quest'epoca.
Per quanto riguarda gli edifici teatrali, le gradinate in pietra rimpiazzarono i posti a sedere in legno,
la skené fu ampliata e alzata, le aperture vennero separate da colonne e l'orchestra assunse una
forma a ferro di cavallo.
Le rappresentazioni non erano più affidate a ricchi cittadini, ma allestite da funzionari pubblici
finanziati dallo Stato.
Il professionismo degli attori divenne sempre più richiesto, tant'è che comparvero le prime
corporazioni di attori, che si definivano “artigiani di Dioniso”. I costumi divennero sempre più
imponenti e le maschere fortemente caratterizzate nei tratti e nelle espressioni.
Apparvero due nuovi generi a carattere più popolare: il mimo e le farse fliaciche. Il mimo era
praticato da professionisti nomadi, tra cui anche le donne, che usavano il corpo in funzione
spettacolare. Le farse fliaciche erano diffuse soprattutto nell'Italia meridionale (per questo definite
anche “italiote”) e sviluppavano in chiave comica le vicende eroiche delle tragedie.

Menandro e la commedia nuova


La commedia nuova abbandonò l'ambientazione fantastica e la satira politica e sviluppò temi più
quotidiani, presentando intrecci basati su situazioni familiari e realistiche delle classi medie. Si
concentrò sulle vicissitudini e sui vizi dei comuni cittadini, privilegiando un modello di intreccio
che si affermerà nel teatro moderno: due innamorati che non riescono a congiungersi a causa di
ostacoli esterni o di complicazioni che poi si risolvono. L'amore non è più ridotto a mero impulso
sessuale, ma è un sentimento nobile destinato a trionfare: non c'è più posto per l'oscenità e la
scurrilità. I personaggi sono fortemente tipizzati e in essi prevale un tratto caratteriale.
Il coro perde la sua funzione (già scemata con Euripide) e la sua reminiscenza si ritrova nei canti e
nelle danze che inframezzano gli atti.
Ci sono pervenute solo le commedie di Menandro, che per molto tempo fu conosciuto
principalmente attraverso le commedie di Plauto e Terenzio modellate sulle sue.

IL TEATRO ROMANO

Le origini
A Roma il teatro era un fenomeno di importazione e non rappresentava più un momento di
confronto con i temi profondi dell'esistenza. Il teatro divenne puro intrattenimento, un'occasione di
svago. Difatti, invece di dedicarsi maggiormente al genere più elevato, la tragedia, i romani
privilegiarono la commedia e forme di intrattenimento più popolari. Gli allestimenti erano
manifestazioni grandiose di potere e ricchezza, seconda una strategia politica definita panem et
circenses, che contribuì alla riduzione del teatro a puro intrattenimento.
Tra gli eventi che concorsero alla nascita del teatro a Roma vi sono le feste religiose degli Etruschi
e i ludi, feste a carattere rituale e religioso istituite da Tarquinio il Vecchio. I ludi erano organizzati
da pubblici magistrati, che assoldavano le compagnie di attori. Il dominus, il capocomico, che era di
solito anche l'attore principale, stipulava gli accordi economici, comprava i testi drammatici e
provvedeva ai costumi. Poiché varie compagnie erano assoldate per ogni festa, vi era un'atmosfera
di competizione.
Le compagnie erano formate da almeno sei attori maschi e non seguivano la regola di Orazio dei
tre attori in scena. Gli attori indossavano delle maschere ed erano schiavi o liberti, tranne il

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dominus. Tuttavia, anche gli attori romani si riunirono in corporazioni e molti divennero ammirati e
ben remunerati e dunque rispettabili. La cattiva fama degli attori cominciò in epoca imperiale,
allorché prevalsero forme spettacolari più leggere, molto popolari ma estremamente volgari, e la
loro considerazione sociale e morale subì un sostanziale peggioramento.
Le commedie romane erano modellate su quelle di Menandro, ma venne eliminato il coro, venne
aggiunto un accompagnamento musicale ai dialoghi e gli intrecci divennero ricchi di equivoci e
fraintendimenti. Sia le tragedie che le commedie erano strutturate in parti recitate e parti cantate.
Nel III secolo a.C. fiorirono alcuni generi teatrali popolari: le atellane (rappresentazioni comiche e
volgari in gran parte improvvisate e con tipi fissi), il fescennino (un componimento comico e
scurrile di derivazione etrusca) e la satura (una miscela di elementi comici e seri).
Con il crollo dell'impero il teatro cessò di esistere come istituzione, a causa delle invasioni
barbariche che portarono alla distruzione e dispersione del patrimonio culturale e artistico. Tuttavia,
un fattore che contribuì al declino del teatro fu l'affermazione del cristianesimo: la Chiesa si oppose
fin da subito al teatro, in cui ravvisava un legame con il culto pagano e che riteneva moralmente
deleterio in quanto mostrava esempi di vizi rappresentando comportamenti sregolati e lussuriosi. La
Chiesa condannò a più riprese il teatro e gli attori, ma essa stessa sarà promotrice della rinascita del
dramma durante il Medioevo.
Si suppone che il primo drammaturgo di origine romana sia stato Nevio, ma sono giunte sino a noi
solo le opere di Plauto, Terenzio e Seneca.

Plauto
Fu il commediografo romano più popolare, tanto che le sue commedie continuarono a essere
apprezzate a lungo. L'azione consiste di solito nell'amore contrastato di due giovani e infine
realizzato grazie agli intrallazzi dei servi astuti o di inattese circostanza favorevoli. I personaggi
sono caratterizzati da un'accentuata caratterizzazione comica. La lingua è ricca di contaminazioni
plebee, allusioni oscene e giochi di parole. Tre le sue commedie si trovano: l'Aulularia, il Miles
gloriosus e i Menaechmi (incentrata sugli equivoci che derivano dallo scambio d'identità tra due
gemelli).

Terenzio
I suoi testi presentano una maggiore caratterizzazione psicologica dei personaggi, nonché una certa
raffinatezza ed eleganza di espressione nonostante le tematiche spesso licenziose. Attinse
liberamente alle commedie greche (pratica comune tra i suoi contemporanei), ma venne accusato di
plagio. Terenzio affidò la difesa delle proprie opere ai prologhi, distaccandosi dall'uso tradizionale
del prologo come esposizione dell'antefatto. Impiega spesso una doppia trama, ponendo due
coppie di personaggi in una situazione simile, a cui reagiscono a seconda del loro carattere e della
condizione sociale. Le sue opere erano molto apprezzate dal pubblico colto, ma gli spettatori di
estrazione popolare preferivano forme di intrattenimento più immediate e volgari, come le
commedie di Plauto. Terenzio infatti utilizza uno stile più letterario e i suoi personaggi hanno una
maggiore complessità psicologica e spessore morale. Nel finale la morale viene sempre riaffermata
e l'ordine ristabilito. Tra le commedie: l'Andria, l'Eunuco e Adelphoe.
Dopo la sua morte, il genere della commedia subì un declino, confermato dal fatto che nessuna
opera è giunta fino a noi. Il pubblico iniziò a preferire forme di intrattenimento più spettacolari e
meno impegnative.

Seneca
Fu l'unico autore tragico dell'epoca imperiale e le sue otto opere giunte fino a noi sono le sole
tragedie romane sopravvissute e sono tutte basate su miti greci: Le troiane, Medea, Edipo, Fedra,
Tieste, Ercole furente, Le fenicie, Agamennone. Le sue tragedie sono cruente e spettacolari e
soddisfano il bisogno del pubblico romano di provare forti emozioni immediate. Le scene violente
sono mostrate sul palcoscenico e costituiscono anzi i momenti culminanti della rappresentazione. I
personaggi non hanno una colpa o un difetto nel carattere, ma sono trascinati verso la catastrofe da

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una passione ossessiva e esprimono i loro pensieri ed emozioni in lunghi monologhi.
Le sue opere hanno avuto una grande influenza sulla drammaturgia europea: la struttura in cinque
episodi inframezzati da canti corali (infatti il coro c'è ma non è strettamente connesso con l'azione
drammatica) divenne il modello dominante di tragedia e Shakespeare riprese l'impiego di esseri
sovrannaturali, la rappresentazione delle azioni violente sul palcoscenico e l'uso dei soliloqui.

Orazio
Fu il critico drammatico più importante dell'epoca romana, autore dell'Arte poetica, in cui analizza
le caratteristiche che dovrebbero possedere la tragedia e la commedia. I due generi dovevano restare
distinti. I testi drammatici dovevano essere in cinque atti, potevano comparire sulla scena solo tre
personaggi alla volta e gli dei dovevano intervenire a risolvere l'intreccio solo se strettamente
necessario; il coro doveva essere usato per portare avanti l'azione, per stabilire il tono morale
dell'opera e dare buoni consigli ai personaggi. Le commedie dovevano essere utili e piacevoli,
avendo come principale intento quello di educare dilettando.
Molto importanti sono il decorum, la consonanza del linguaggio e del comportamento dei
personaggi alla loro condizione, e la misura, un'equidistanza dalle emozioni più estreme.
Altrettanto importante è attenersi a tutto ciò che è verosimile, evitando gli eccessi, le invenzioni
fantastiche e la satira offensiva.

Gli edifici teatrali


Al tempo di Plauto e Terenzio non esistevano edifici appositamente adibiti alle rappresentazioni.
Queste venivano allestite in teatri temporanei di legno, la cui costruzione era affidata a ricchi
cittadini. Nonostante i censori fossero contrari all'edificazione di teatri permanenti, che avrebbero
potuto corrompere la morale e i costumi dei romani, Pompeo costruì un imponente teatro in pietra,
il primo edificio permanente. Successivamente ne vennero costruiti altri, come il teatro di Marcello,
e il teatro divenne un'istituzione rappresentativa della civiltà romana. I teatri romani erano edifici
autoportanti.
I teatri erano frequentati da tutte le classi sociali e gli spettacoli erano gratuiti.
La maggior parte delle conoscenze sull'architettura dei teatri romani deriva da Vitruvio, che
enuncia le differenze tra gli edifici greci e romani e sottolinea l'importanza dell'acustica,
particolarmente curata nei teatri romani. Riprendendo la struttura architettonica degli edifici greci, i
teatri romani erano composti da:
• cavea: le gradinate semicircolari corrispondenti al théatron greco, che potevano essere
coperte da una tela
• orchestra: semicircolare (dimezzata); non fungeva più da luogo delle danze, ma ospitava i
sedili per gli spettatori illustri e gli ufficiali pubblici
• scaena: costituita dal pulpitum (un grande palcoscenico rialzato), sul quale si ergeva la
scaenae frons (la facciata della scaena), molto elaborata, ornata di statue e composta da colonne e
porte; l'auleum (una sorta di sipario) non nascondeva tutta la scaenae frons ma celava gli attori alla
vista degli spettatori prima dell'inizio della rappresentazione, il siparium era invece una tela dipinta
posta sulla scaenae frons per modificarne l'aspetto; dalle porte laterali (le párodoi greche) entravano
in scena i personaggi
• vomitoria: canali sottostanti la cavea da cui entrava il pubblico

Altre tipologie di edifici teatrali sono: l'anfiteatro, un teatro raddoppiato, con le gradinate che
circondavano completamente l'area scenica, formando un'arena centrale in cui si svolgevano
spettacoli cruenti come i combattimenti dei gladiatori (Colosseo); il circo, una sorta di anfiteatro
allungato utilizzato per i giochi e gli agoni sportivi (Circo Massimo); l'odeon, un piccolo edificio
quadrangolare dove si svolgevano recitazioni di testi poetici. Questi edifici sono stati costruiti per
ospitare gli intrattenimenti popolari, come corse dei carri, combattimenti, esibizioni di ginnasti,
naumachie.
Altre forme spettacolari erano il mimo, di origine greca e diffusosi grazie agli attori girovaghi,

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presentava spettacoli licenziosi e ricchi di allusioni sessuali, gli attori non indossavano la maschera
e si esibivano anche le donne; e il pantomimo, in cui un attore interpretava tutti i personaggi
danzando e mimando l'azione senza parlare. Entrambe sopravvissero molto più a lungo delle altro
forme teatrali.

IL TEATRO MEDIEVALE

Le origini
Grazie agli amanuensi dei monasteri che permisero la trasmissione della drammaturgia antica, la
memoria del teatro antico non si perse del tutto. Tuttavia, il teatro come istituzione non esisteva più
e gli edifici teatrali vennero lasciati andare in rovina, determinando una certa confusione relativa
all'architettura teatrale e alla funzione del teatro stesso e dell'attore. Anche l'immagine della tragedia
e della commedia subì alterazioni e semplificazioni.
Il teatro come rappresentazione di testi drammatici rinacque grazie alla Chiesa: durante il Medioevo
la presenza della Chiesa era dominante e così anche nella drammaturgia, in massima parte a
carattere religioso. Le rappresentazioni ebbero luogo dapprima proprio nei monasteri e nelle chiese:
dal rito della messa si sviluppò il teatro religioso medievale. La sua origine viene fatta risalire a un
breve dialogo cantato sulla Resurrezione di Cristo, inserito all'interno del rito liturgico e denominato
Quem quaeritis (Chi cercate?). Esso fu inizialmente concepito per i monaci che assistevano alla
messa e partecipavano attivamente alla rappresentazione, ma in seguito diede vita a cerimonie
spettacolari complesse, probabilmente rivolte a un pubblico più esteso.
Il Quem quaeritis presupponeva una distinzione di ruoli tra i preti e i fedeli, tuttavia in certi
momenti il pubblico dei fedeli partecipava attivamente all'evento e i fedeli diventavano loro stessi
degli attori. Non si può parlare dunque propriamente di rappresentazione, di teatro. Si tratta di un
dramma liturgico fra rito e teatro.
I costumi avevano una valenza puramente indicativa e non pretese di verosimiglianza. Anche i
luoghi erano rappresentati in modo indicativo e, con l'aumentare della complessità, i drammi
liturgici, iniziarono a richiedere sempre più luoghi scenici. Emerge così la tendenza a dislocare i
luoghi in varie parti della chiesa, secondo un principio che prefigura la struttura scenografica dei
misteri.
I drammi religiosi erano scritti e rappresenti in latino, ma a partire dal XIII secolo si iniziò a
recitarli nelle lingue volgari parlate dalla gente comune: nacquero così i misteri.

I grandi cicli dei misteri


I misteri erano incentrati sulla storia di Cristo e su episodi del Vecchio Testamento e della vita dei
santi; non facevano parte di una cerimonia religiosa, ma venivano rappresentati come spettacoli
autonomi, all'aperto, dati gli allestimenti sempre più elaborati, e su strutture temporanee; non si
trattava inoltre di singole scene, ma di veri e propri drammi, talvolta presentati come parti di una
sequenza più ampia che costituiva un ciclo. Si trattava di grandi eventi a cui assistevano tutti i
cittadini e che avevano un forte intento pedagogico e morale; erano organizzati dalle associazioni
religiose e la loro rappresentazione richiedeva parecchi giorni. In Inghilterra erano invece allestiti
dalle corporazioni dei mestieri, a cui venivano assegnati in base alle rispettive competenze e così la
rappresentazione diventava un'occasione per gli artigiani di mostrare le loro abilità.
Nella loro messa in scena venivano usati allestimenti fissi, ma in alcuni paesi (come Inghilterra e
Spagna) veniva impiegati palcoscenici mobili, ovvero dei carri che attraversavano la città. In questi
casi, gli attori recitavano sul palcoscenico sopraelevato, ma potevano anche scendere per strada,
mentre durante lo spostamento restavano fermi in posa, come dei tableaux vivants o scene mute.
Queste ultime erano delle vere e proprie forme spettacolari, con attori in costume, collocati in vari
punti della città.
Gli attori erano dilettanti, scelti fra i cittadini, e benché il mestiere di attore fosse ritenuto
infamante, recitare in un mistero era considerato l'adempimento di un dovere civico e morale. Non
in tutti i paesi le donne potevano recitare. Gli attori erano scelti anche in base al physique du rôle,

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ovvero alla corrispondenza delle loro caratteristiche fisiche con quelle del personaggio, ma
potevano recitare più parti. Dovevano prestare giuramento sulla loro disponibilità a recitare e
dovevano interrompere il loro lavoro, ricavandone un danno economico. I costumi erano puramente
indicativi.
La scenografia prevedeva una serie di mansiones, che rappresentavano luoghi diversi compresenti.
In riferimento alla loro funzione rappresentativa, le mansiones sono state definite dagli storici
“luoghi deputati”. Quasi sempre presenti erano l'Inferno e il Paradiso. Per questa organizzazione
dello spazio è stato introdotto il concetto di scena multipla e simultanea. Le mansiones potevano
essere disposte lungo il perimetro di una piazza oppure circolarmente oppure ancora potevano
essere allineate una accanto all'altra. Gli spettatori dovevano considerare l'area scenica come uno
spazio neutro, che poteva essere investito di un diverso significato a seconda dei momenti.
A causa della complessità delle rappresentazioni dei misteri, si diffuse la pratica di ricorrere a un
sovrintendente che si occupasse della messa in scena, il direttore di scena, antecedente del
direttore del teatro. Egli svolgeva anche la funzione di narratore fra i vari episodi e di suggeritore.
I drammi ciclici differiscono molto dalla struttura del “dramma di crisi”: sono caratterizzati da una
giustapposizione e moltiplicazione di storie che coinvolgono numerosi personaggi, da una struttura
episodica, da frequenti mutamenti di tempo e luogo e dalla mescolanza di comico e tragico.
Mentre in Italia si affermavano l'Umanesimo e il Rinascimento e avevano luogo le prime
rappresentazioni di commedie erudite ispirate all'antichità e si applicavano alla scenografia i
principi della prospettiva pittorica, nel resto d'Europa i grandi cicli dei misteri raggiungevano il
massimo sviluppo. In Italia, infatti, quello dei misteri fu un fenomeno episodico e più contenuto,
soprattutto fiorentino. Le sacre rappresentazioni italiane non erano fondate su una concezione
multipla e simultanea dello spazio: lo spazio, ancora investito di significati simbolici, era unificato,
prefigurando la scena sintetica rinascimentale.

I morality plays
Si trattava di un nuovo genere che nacque in Inghilterra all'inizio del XV secolo: erano drammi
allegorici sulla vita umana, con personificazioni dei vizi e delle virtù insieme ai personaggi biblici e
finalità didattiche. Sono stati definiti “drammi per stazioni”, poiché durante il suo viaggio il
protagonista si trova a fronteggiare una serie di prove. Il Vice (Vizio) è spesso rappresentato come
un diavolo che cerca di condurre il protagonista alla perdizione, stabilisce una complicità con il
pubblico e ha una connotazione comica, ma viene sconfitto dal trionfo del bene.

Il teatro profano
Intorno alla fine del Medioevo emersero nuovi generi drammatici a carattere profano, come le farse,
le sotties (dialoghi scherzosi su temi sociali e politici, incentrate sulla figura del sot, sciocco) e i
sermons joyeux (parodia dei sermoni). Le farse erano caratterizzate da un'estrema vivacità
dell'azione e da una comicità volgare, erano rappresentate nelle piazze su palchi improvvisati e con
allestimenti essenziali e gli spettatori appartenevano alle classi sociali più basse. Frequenti erano i
riferimenti a personaggi reali o a categorie professionali, di cui si faceva satira.
Un altro genere di spettacolo erano le performance dei giullari, gli unici professionisti dello
spettacolo, che si guadagnavano da vivere facendo divertire il pubblico. Il termine giullare
includeva una vasta gamma di intrattenitori: cantastorie, suonatori, mimi, pantomimi, buffoni,
giocolieri, acrobati, danzatori, equilibristi ecc. Il giullare non interpretava un personaggio
drammatico, ma si esibiva in prove di abilità o con animali ammaestrati o con marionette. Agiva
prevalentemente da solo, ma esistevano anche piccole compagnie a carattere familiare, e si esibiva
per strada, nelle piazze, nelle taverne, ma anche a corte in occasione di eventi importanti.
I giullari venivano accusati di tenere un comportamento licenzioso, incitando al riso, alla lussuria e
al peccato; venivano spesso raffigurati come esseri deformi, in quanto la deformità fisica alludeva
alla degenerazione morale, al peccato e all'alleanza col male; oppure venivano assimilati ad animali
immondi, come la scimmia. Un'altra accusa a loro rivolta era il fatto di essere girovaghi e dunque
difficilmente controllabili e di essere inutili e dannosi. Tuttavia, se il giullare cantava le imprese

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gloriose dei condottieri o narrava i miracoli dei santi, allora svolgeva una funzione positiva poiché
trasmetteva valori edificanti.
I giullari si riunirono in corporazioni, che rappresentavano un primo riconoscimento ufficiale della
professione, ma il loro reinserimento nella società avvenne attraverso le corti e la protezione degli
aristocratici mediante la loro integrazione in una categoria servile, come avvenne per i menestrelli,
i suonatori. Alcuni giullari riuscirono a stabilirsi in modo permanente presso le corti, dando vita
alla figura del buffone di corte. All'ascesa economica di quest'ultimo però corrispondeva un basso
riconoscimento sociale a causa della sua condizione di diversità, che lo poneva al di fuori delle
regole e delle convenzioni. Egli infatti si fingeva pazzo per godere di una sorta di impunità
espressiva, tant'è che nelle varie lingue volgari sarà chiamato “folle”.
In seguito alla rivalutazione umanistica della follia, la figura del buffone acquisì nuove connotazioni
positive e cominciò a rappresentare l'altra faccia della saggezza, preludendo alla figura del fool
shakespeariano.

I TEATRI DEL RINASCIMENTO

Il Rinascimento è l'epoca che va dal 1400 al 1650 e che vede il trionfo dell'Umanesimo e il
recupero della cultura antica, grazie al ritrovamento di antichi manoscritti: l'aggettivo “neoclassico”
indica appunto la riproposizione delle forme artistiche greche e romane. Altri aspetti importanti di
quest'epoca sono la secolarizzazione e diverse invenzioni, come la stampa e la prospettiva. Il
Rinascimento inglese iniziò in ritardo rispetto a quello italiano e quest'epoca è definita
“elisabettiana” poiché fu durante il regno di Elisabetta I che il Rinascimento inglese raggiunse
l'apice. In Spagna, invece, quest'epoca è chiamata siglo de oro. A causa di disordini civili e religiosi,
in Francia il Rinascimento fiorì più tardi che negli altri paesi e rivelò una forte influenza dei modelli
italiani.

ITALIA

Il teatro erudito e la riscoperta della drammaturgia antica


Fino al XV secolo continuarono a essere rappresentati drammi religiosi, le sacre rappresentazioni, e
commedie, dette elegiache, a imitazione di quelle di Plauto. Tuttavia, a partire dal '500, si
cominciarono a scrivere commedie e tragedie, ispirate a quelle greche e latine, non più in latino ma
in italiano. La tragedia ebbe un successo più modesto, poiché le rappresentazioni erano spesso
inserite all'interno di eventi celebrativi, come le nozze. Tra gli autori di commedie vi sono Ludovico
Ariosto, Pietro Aretino, Giordano Bruno, Niccolò Machiavelli (La Mandragola) e Ruzante; mentre
tra quelli di tragedie vi sono Trissino e Torquato Tasso.
Le commedie rinascimentali erudite sono incentrate sull'amore contrastato di due giovani e su
peripezie comiche, equivoci, beffe e travestimenti, situazioni piccanti e allusioni oscene.
Il teatro di corte rinascimentale si sviluppò all'interno della dimensione celebrativa della festa, in
occasione di festeggiamenti per eventi eccezionali nella vita dei nobili. Venivano dunque allestiti
spettacoli teatrali, concepiti come un'esaltazione del potere e della magnificenza dei nobili, del loro
mecenatismo e della loro raffinatezza culturale.
Grazie all'uso della prospettiva la scenografia acquisì un'illusione di profondità e tridimensionalità.
Essa rappresentava spesso una città e poteva essere impiegata per altre rappresentazioni. Dalla
scena multipla e simultanea medievale si passò alla scena unificata, che consisteva appunto in una
sintesi prospettica della città, elevata a città ideale.
Prima della costruzione di edifici teatrali veri e propri, gli spettacoli venivano allestiti in spazi
riadattati, come cortili e sale dei palazzi nobiliari; poi nel XVI secolo venne costruito il Teatro
degli Uffizi, il primo teatro permanente, destinato ancora esclusivamente a un pubblico di corte.
Gli intermezzi erano brevi composizioni basate su favole mitologiche, che venivano rappresentate
fra un atto e l'altro della commedia, ma nel corso del '500 assunsero una sempre maggiore
dimensione spettacolare. Inizialmente concepiti per intrattenere il pubblico tra i vari atti, gli

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intermezzi divennero dunque spettacoli a se stanti e l'attrazione principale della rappresentazione.
Un'altra forma teatrale sorta nel Rinascimento fu la pastorale, di ambientazione bucolica e
incentrata sulle vicende sentimentali di pastori e creature mitologiche, i cui amori contrastati si
risolvevano infine felicemente. Non conteneva elementi scurrili, ma si fondava su una concezione
sentimentale dell'amore, mescolando tuttavia elementi alti e bassi, comici e tragici. Le azioni
violente avvenivano fuori scena. Ne è un esempio l'Aminta di Tasso, in cui è presente anche un coro
che commenta la vicenda e interagisce con i personaggi. La pastorale venne però soppiantata da un
nuovo genere, il melodramma.
Il dramma in musica o melodramma è il genere teatrale caratteristico dell'epoca barocca ed ebbe
origine nel 1600 da un'iniziativa di accademici fiorentini nell'intento di far rivivere l'antica tragedia
greca. Poiché gli accademici credevano che la tragedia greca fosse cantata, inventarono il “recitar
cantando”. Il melodramma è infatti composto da parti cantate, come le arie (monologhi dei
protagonisti incentrati sulla dimensione sentimentale), e da recitativi, in cui i personaggi dialogano
tra loro. Gli allestimenti riflettevano la spettacolarità barocca. Autore del melodramma era
considerato il compositore e non il librettista. L'enorme successo di questo genere aprì la strada al
divismo dei cantanti e delle cantanti (le virtuose).
Nel corso del rinascimento fiorirono molte riflessioni teoriche sul teatro. Secondo i neoclassicisti,
gli autori contemporanei avrebbero dovuto imitare i modelli drammatici antichi. Le loro riflessioni
si basavano sui precetti di Aristotele e Orazio, che tuttavia interpretarono in senso prescrittivo
(come norme) piuttosto che in senso descrittivo (come descrizione della drammaturgia del proprio
tempo). I neoclassicisti affermarono i concetti di decoro e verosimiglianza e codificarono le tre
unità aristoteliche, insistendo sulla necessità di rispettarle; affermavano che la tragedia e la
commedia non dovevano subire commistioni e distinsero i due generi in base alla condizione dei
personaggi e all'opposto sviluppo dell'azione, rilanciando un luogo comune diffuso nel Medioevo;
sostenevano che l'intento di ogni opera drammatica era principalmente didattico e, per rispetto della
verosimiglianza, bandirono alcune convenzioni e stratagemmi del teatro classico, come il coro, il
deus ex machina e i soliloqui, per ovviare ai quali fu introdotta la figura del confidente con cui
l'attore principale esprimeva i suoi pensieri. I precetti formulati dai neoclassicisti erano troppo rigidi
per essere applicati e infatti non sempre vennero rispettati, in particolare l'unità di luogo era in
contrasto con la diffusione dei frequenti mutamenti di scena a vista che amava il pubblico. Paesi in
cui questi precetti vennero quasi completamente ignorati furono l'Inghilterra elisabettiana e la
Spagna del siglo de oro, mentre in Francia, con l'Académie Française, ebbero un'enorme influenza.

La prospettiva e i mutamenti di scena


Sebastiano Serlio scrisse un trattato che teorizzava le innovazioni scenografiche sperimentate nelle
rappresentazioni accademiche e di corte. La prospettiva era applicata alla scena mediante il sistema
delle quinte angolari, così chiamate perché erano cinque per ogni lato del palcoscenico, o serliane.
Esse erano costituite da pannelli dotati di un angolo ottuso ed erano dipinte con disegni in
prospettiva e poste una dietro l'altra. Serlio individua tre tipi fondamentali di scena: tragica, comica
e pastorale. Nella prima si vedono palazzi nobiliari, nella seconda case cittadine e nella terza un
ambiente campestre.
Il limite delle quinte angolari era che non potevano essere spostate per i cambiamenti di scena a
vista durante lo spettacolo e poiché i mutamenti scenografici divennero sempre più frequenti e
apprezzati dal pubblico furono adottate varie soluzioni, tra cui l'impiego dei períaktoi, i prismi
triangolari girevoli introdotti nel teatro greco, su cui venivano montate le quinte, che venivano fatte
ruotare mostrando di volta in volta uno dei tre lati; e delle quinte piatte, tele dipinte collocate sui
due lati del palcoscenico in posizione digradante fino a ricongiungersi nel fondale, che venivano
spostate tramite guide collocate sul palco e nella parte superiore.
Un nuovo sistema per i mutamenti di scena fu introdotto da Torelli: un meccanismo ad argano
grazie al quale un'intera serie di quinte poteva essere rimossa simultaneamente girando delle ruote
con una manovella.
Data la spettacolarità del teatro rinascimentale, vennero inventati congegni per realizzare effetti

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speciali, come macchine per i voli, chiamate “glorie”. Vennero fatti anche i primi tentativi di creare
un sistema di illuminazione del palcoscenico, ricorrendo a candele e lampade a olio, collocate
direttamente sul palcoscenico e anche nell'area occupata dal pubblico.

Gli edifici teatrali


Gli architetti rinascimentali, come Leon Battista Alberti, cominciarono a studiare i monumenti
antichi e l'architettura teatrale, che per secoli erano stati ignorati.
Il primo vero e proprio edificio permanente costruito nel Rinascimento fu il Teatro Olimpico di
Vicenza, inizialmente progettato dall'architetto Andrea Palladio. Palladio fu influenzato dallo studio
del trattato di Vitruvio e perciò il Teatro Olimpico fu progettato come un teatro romano, con cavea o
auditorium che racchiudeva l'orchestra semicircolare, palcoscenico rialzato su cui si ergeva
un'imponente facciata ispirata alla scaenae frons romana e che richiamava un palazzo nobiliare con
tre aperture, dietro alle quali vennero collocate delle costruzioni di legno dipinto in prospettiva, la
cui altezza diminuiva in proporzione alla distanza, creando un effetto illusionistico.
Altri edifici sono il Teatro di Sabbioneta e il Teatro Farnese di Parma, in cui è stato introdotto un
elemento innovativo, l'arco di proscenio, che divideva la zona occupata dal pubblico dall'area
scenica e che serviva anche per occultare i macchinari per i cambiamenti di scena e gli effetti
speciali. L'arco di proscenio si affermò come elemento tipico del teatro all'italiana.
Questi edifici erano teatri accademici o di corte, che si differenziavano dai tipici teatri all'italiana,
ossia i teatri pubblici aperti al pubblico pagante costruiti a partire dal XVII secolo: erano dotati di
scenografia a quinte e fondale, sipario e arco scenico e l'area destinata al pubblico era molto più
estesa e organizzata in platea, palchi e gallerie. Nella platea gli spettatori (borghesi) stavano in
piedi, chiacchierando e muovendosi liberamente; i palchi, che circondavano l'area e si estendevano
su più ordini tramite una struttura ad alveare, erano occupati dagli spettatori più abbienti
(aristocratici); infine, le gallerie sovrastavano i palchi ed erano dotate di banchine su cui sedersi, ma
la visuale era ridotta, per questo erano occupate dalle classi più popolari.

La commedia dell'arte
Sviluppatasi nel '500, segnò la vera e propria rinascita del professionismo teatrale. La nascita del
teatro moderno ebbe origine con la costituzione delle prime compagnie di comici (“fraternal
compagnia”) che si unirono per esercitare il mestiere, vere e proprie imprese commerciali
finalizzate a ricavare un guadagno. Nel tempo, le compagnie si dotarono di un capocomico, ma la
loro struttura rimase sostanzialmente comunitaria. La commedia dell'arte nacque in Italia, ma grazie
al nomadismo delle compagnie si diffuse anche in altri paesi europei, in particolare in Francia, dove
nacque la compagnia dell'Ancien Théatre Italien, ottenne un grande successo. Le performance
vengono modificate e adattate di volta in volta ad un pubblico straniero diverso.
Il termine “commedia dell'arte” fu impiegato per la prima volta da Goldoni nel '700, che intendeva
per “arte” il senso medievale di mestiere, corporazione, attività artigianale. Prima dell'introduzione
di questo termine, gli spettacoli erano definiti “commedie degli zanni”, in riferimento alle maschere,
cioè ai personaggi comici, o “commedie all'improvvisa”.
I comici dell'arte si rivolgevano soprattutto a un pubblico popolare e il loro era una spettacolo
povero, quasi privo di scenografia, che si basava sulle loro abilità istrioniche, ma potevano essere
ingaggiati per recitare anche a corte. Con il nomadismo dei comici dell'arte nacque il “mercato del
teatro”, un mercato mercenario che offriva vere e proprie rappresentazioni (in ciò si distinguevano
dagli intrattenitori con i quali spesso condividevano gli spazi).
I comici dell'arte ottennero la protezione dei principi e dei signori, che fornivano loro dei
lasciapassare per muoversi più liberamente e delle lettere di presentazione (“lettere patenti”) per
offrire i loro spettacoli ad altre corti, facendo loro svolgere una funzione diplomatica. Da fenomeno
povero e popolare, la commedia dell'arte si trasformò in una struttura professionale organizzata e
riconosciuta. Allo stesso modo, i comici da individui emarginati divennero personaggi rispettati e
ambiti dalle corti d'Europa.
Il nucleo originario della commedia dell'arte era costituito dal duetto comico fra servo bergamasco

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(Zanni), l'antenato di Arlecchino, e padrone veneziano, da cui deriva Pantalone, che parlavano nel
loro dialetto. Alla base dell'intreccio vi erano comunque i due innamorati che non riuscivano a
coronare il loro sogno ed erano aiutati dal servo astuto. Si potevano dunque distinguere parti serie,
come quelle degli innamorati, e parti comiche o maschere, in quanto gli attori delle parti comiche
indossavano maschere a mezzo volto. Anche il registro linguistico utilizzato era diverso: linguaggio
elevato e letterario nelle parti serie e dialetto nelle parti comiche. Recitavano anche le donne.
I personaggi comici erano tipi fissi, nel senso che le loro caratteristiche restavano immutate nelle
varie commedie. Arlecchino era lo zanni sciocco (anche Pulcinella era il servo sciocco),
caratterizzato dall'avidità, dalla paura di essere bastonato e dalla sue capacità acrobatiche e
riconoscibile dal costume rattoppato, consono alla sua condizione sociale; Brighella era il servo
astuto. I costumi divennero nel tempo sempre più raffinati e ciò corrisponde al processo di graduale
raffinamento della commedia dell'arte, che finisce per nobilitarsi.
L'improvvisazione era un elemento caratteristico della commedia dell'arte, infatti i comici non
avevano come punto di partenza commedie interamente scritte, ma un canovaccio o scenario, in cui
erano descritte le singole scene e le azioni ma non le battute dei personaggi. L'improvvisazione
presupponeva un lungo training, un perfetto affiatamento tra i comici e doti di inventiva. Gli
innamorati si preparavano alla parte mediante gli zibaldoni, raccolte di testi letterari che servivano
ad assimilare frasi eleganti e forbite; le maschere invece elaboravano un loro repertorio comico. Gli
scenari potevano essere pubblicati dopo che la commedia era stata rappresentata, ma, poiché non
esisteva il diritto d'autore, la pubblicazione esponeva i comici a eventuali plagi. Successivamente i
comici cominciarono a scrivere testi teatrali interamente distesi per conferire alla loro arte una
dignità letteraria.

INGHILTERRA

Il dramma elisabettiano
Prima dell'avvento del regno di Elisabetta I erano rappresentati a corte e nei palazzi aristocratici gli
interludi, brevi intrattenimenti drammatici scritti e messi in scena da attori professionisti per
rallegrare feste e banchetti. Sempre più popolari divennero anche i drammi accademici,
rappresentazioni universitarie, spesso considerate la causa del successivo sviluppo delle compagnie
di fanciulli. Tra gli autori di questi drammi accademici vi fu Marlowe, a cui è riconosciuto il merito
di aver perfezionato un elemento che diventerà essenziale nel teatro elisabettiano e che sarà
utilizzato anche da Shakespeare, il blank verse, un sistema giambico a cinque accenti, e l'utilizzo
del “verso potente”, uno stile poetico che rende difficile la traduzione. Tra le sue opere si può citare
L'ebreo di Malta.
Il dramma elisabettiano subì l'influenza soprattutto delle tragedie di Seneca: l'ossessione per la
vendetta, le morti in scena, personaggi sovrannaturali. Inoltre, esso seguì il modello del dramma
medievale (struttura episodica, molti personaggi, vari luoghi e tempi, molte azioni, palcoscenico
neutro), senza curarsi degli ideali neoclassici. I drammaturghi inglesi infatti preferirono creare
trame parallele o secondarie e mescolare comico e tragico, personaggi elevati e personaggi popolari.
Poiché gli autori erano pagati per ogni testo che vendevano alle compagnie, dovevano scrivere in
fretta, producendo più opere possibile, per questo la scrittura a più mani era una pratica comune
nell'Inghilterra elisabettiana.
Quando Shakespeare fece la sua comparsa sulla scena teatrale sul finire del XVI secolo, si era
ormai affermato un modello drammaturgico definito. Egli entrò a far parte della principale troupe di
Londra, i Lord Chamberlain's Men (poi ridenominata King's Men), e, oltre a recitare e a scrivere, si
occupava anche della messa in scena delle sue opere. Le sue opere sono caratterizzate da
eterogeneità: ha scritto tragedie, commedie, drammi storici e problem plays o dark comedies (che
combinano un intreccio da commedie con tematiche serie e persino tragiche). Le sue opere
esemplificano al meglio il modello medievale (trame strutturate per episodi, azioni che spaziano da
un luogo all'altro, alternanza di scene brevi e lunghe, comiche e tragiche) e sono caratterizzate da
un'enorme ricchezza lessicale, metafore, musicalità del verso e diversi registri linguistici. I drammi

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non venivano scritti per essere pubblicati, ma per essere rappresentati, infatti la loro edizione
ufficiale avvenne sette anni dopo la morte di Shakespeare a opera di due attori della compagnia. Il
motivo principale della non pubblicazione dei testi drammatici riguarda l'assenza del diritto
d'autore. Le opere attribuite a Shakespeare sono state a lungo oggetto di un dibattito sulla loro
paternità, in quanto alcuni studiosi non ritenevano Shakespeare, un uomo dalla cultura limitata, in
grado di scrivere simili drammi.
Il corpus delle opere di Shakespeare può essere diviso in varie fasi. La prima comprende le opere
giovanili; la seconda comprende alcuni drammi storici (Enrico IV, Enrico V), alcune commedie (Il
mercante di Venezia, Sogno di una notte di mezza estate) e la prima tragedia (Romeo e Giulietta);
alla terza appartengono Amleto e le problem plays o dark comedies; la quarta fase corrisponde a
quella più matura ed è caratterizzata da una prevalenza delle tragedie (Re Lear, Otello, Macbeth);
l'ultima fase include la commedia La tempesta, l'unica opera in cui sono state rispettate le tre unità
aristoteliche, e l'ultima opera, il dramma storico Enrico VIII.
Shakespeare impiegava spesso la doppia trama e la figura del fool, il buffone di corte che
rappresenta la follia, o meglio la saggezza della follia, e ha la licenza di dire ciò che vuole,
denunciando la follia di chi si crede saggio attraverso giochi di parole e facezie. Famoso è il Fool di
Re Lear. Nelle opere di Shakespeare inoltre l'esistenza umana viene spesso paragonata a una
rappresentazione, ricorrendo alla metafora della vita come teatro.

Gli edifici teatrali


E' probabile che non esistesse una tipologia comune e diffusa di teatro, ma una grande varietà di
soluzioni architettoniche. In termini generali, si può affermare che non erano utilizzati l'arco di
proscenio e la scenografia prospettica e si possono distinguere due diversi tipi di edifici teatrali: i
teatri pubblici e i teatri privati.
I teatri pubblici potevano ospitare un gran numero di persone e avevano la parte centrale a cielo
aperto, infatti si ritiene che gli antecedenti di questi edifici siano stati gli spazi destinati ai
combattimenti degli orsi o i cortili interni delle taverne. Furono costruiti fuori dalle mura della città
di Londra per sfuggire alle limitazioni dovute alla cattiva fama di immoralità del teatro: ponendosi
direttamente sotto la giurisdizione della Corona, i teatri beneficiavano di leggi meno severe, tanto
più che la regina Elisabetta era favorevole al teatro e finanziò l'attività teatrale. Il Globe, che
ospiterà la compagnia di Shakespeare, divenne il più importante teatro dell'epoca, che venne
distrutto da un incendio e poi ricostruito.
A causa della penuria di fonti non si può stabilire con certezza quale fosse la forma architettonica
dei teatri pubblici, ma alcuni edifici erano di forma poligonale, altri a pianta circolare.
L'organizzazione interna presentava però alcuni elementi comuni. Il palcoscenico era una
piattaforma rialzata e fortemente aggettante verso la platea, che lo circondava su tre lati ed era uno
spazio neutro che poteva rappresentare luoghi diversi. Sul lato posteriore del palcoscenico si ergeva
la tiring house, che svolgeva funzioni analoghe a quelle della skené greca, poiché serviva agli attori
per cambiarsi e come deposito di accessori ed elementi scenografici, e sulla sua facciata (che
presenta qualche analogia con la scaenae frons romana) erano collocate le porte di entrata e di
uscita degli attori. Un ulteriore spazio celato alla vista del pubblico era l'inner stage o discovery
place, in cui avvenivano scene improvvisamente rivelate agli spettatori. In uno spazio sopraelevato
si svolgevano alcune scene, come il dialogo fra Romeo e Giulietta al balcone. Questa versatilità e
polivalenza dello spazio scenico era funzionale ai frequenti mutamenti del luogo di azione.
Gli spettatori assistevano alle rappresentazioni dalla platea, dove stava il pubblico popolare
indisciplinato, e dalle gallerie. Di solito c'erano tre ordini di gallerie dotati di posti e sedere e una
parte di quello inferiore era suddiviso in specie di palchi, denominati “stanze dei signori” poiché
ospitavano gli spettatori più abbienti. Durante l'epoca elisabettiana il teatro divenne un'arte di
massa, estesa a larghi strati della popolazione, e per questo il pubblico era estremamente
eterogeneo. Prima e durante gli spettacoli venivano venduti cibo e bevande.
I teatri privati erano interamente coperti, di dimensioni inferiori e aperti a tutti, sebbene l'elevato
prezzo del biglietto impedisse di fatto l'accesso alle classi popolari. Il primo ad essere stato costruito

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fu il Blackfriars. Questi edifici erano stati adibiti esclusivamente alle rappresentazioni delle
compagnie di fanciulli, che facevano concorrenza ai teatri pubblici, finché i King's Men non
cominciarono a utilizzarlo durante la stagione invernale.
Il pubblico della platea non si disponeva su tre lati, ma assisteva allo spettacolo frontalmente e
seduto sulle panche. Gli spettatori illustri potevano sedere direttamente sul palcoscenico. Sempre
più frequente divenne l'impiego di una scenografia che mostrasse elementi indicativi
dell'ambientazione, attraverso per esempio accessori ed elementi scenici usati in senso metonimico,
ma anche attraverso le parole degli attori, tanto che si è parlato di “scenografia verbale”. La facciata
neutra della tiring house serviva da sfondo generico e l'entrata e l'uscita dei personaggi indicava
convenzionalmente un cambiamento di luogo. I costumi non avevano alcuna pretesa di accuratezza
storica, ma erano ispirati alla moda dell'epoca.

Le compagnie elisabettiane e la recitazione


Intorno alla metà del '500 anche in Inghilterra nacquero le prime compagnie itineranti, che si
esibivano soprattutto negli interludi, tant'è che questi attori professionisti erano chiamati players of
interludes. Per sfuggire alle leggi contro il vagabondaggio le compagnie si posero sotto la
protezione di un signore, assumendone il nome. Durante il Rinascimento la monarchia intensificò il
controllo sul teatro, infatti la regina Elisabetta aveva stabilito che tutte le opere e le compagnie, il
cui numero fu limitato per legge, dovevano passare sotto il controllo di un funzionario reale.
La maggior parte delle troupe erano a partecipazione azionaria e al loro interno si potevano
distinguere: gli azionisti, ovvero i componenti più importanti che acquisivano quote di proprietà e
ricevevano compensi corrispondenti alla loro percentuale e che dipendevano dagli incassi e dalla
fortuna dell'impresa; gli attori che recitavano in parti minori e che erano assunti per un tempo
determinato a una paga prestabilita; e gli apprendisti, ovvero i giovani che volevano imparare il
mestiere, a cui erano spesso affidate le parti femminili. L'assenza di attrici era dovuta
probabilmente ai pregiudizi morali che le assimilavano alle prostitute. Ciò aveva implicazioni nella
drammaturgia shakespeariana, dove i travestimenti sono ricorrenti. In particolare nelle commedie
molte sono le donne, astute e capaci, che si travestono da uomini, dando luogo, nella pratica
scenica, a un doppio inganno, ovvero un uomo che interpretava la parte di una donna travestita da
uomo.
I Lord Chamberlain's Men erano la troupe più famosa di Londra. Successivamente la compagnia
passò sotto la protezione del re Giacomo I e cambiò il proprio nome in King's Men e si sciolse
quando i puritani chiusero i teatri.
Gli attori recitavano in più parti e i personaggi comici erano molto tipizzati. Il principale attore
comico era spesso definito clown. La preoccupazione degli attori non era quella di offrire una
recitazione accurata e realistica, ma di pronunciare correttamente le proprie battute. Agli attori
venivano consegnati copioni che contenevano solo le loro battute e le chiavi, ovvero l'ultima frase
dell'interlocutore, per sapere quando attaccare. Le prove erano ridotte all'essenziale, il suggeritore
svolgeva perciò una funzione indispensabile. Soprattutto i comici erano soliti improvvisare.

Il dramma durante il regno di Giacomo I e Carlo I


Le forme teatrali che era fiorite durante il regno di Elisabetta I continuarono in queste due epoche,
che videro però l'elaborazione della commedia degli umori da parte di Ben Jonson, in cui ogni
personaggio era caratterizzato da un tratto dominante o umore che determinava la loro personalità e
i loro comportamenti, e il masque, un costoso intrattenimento di corte organizzato dall'aristocrazia,
il cui principale autore fu ancora Ben Jonson. Il masque aveva analogie con gli intermezzi italiani e
favorì l'introduzione della pratica scenica italiana in ambito inglese attraverso per esempio
l'introduzione di effimeri archi di proscenio, sistemi per il cambiamento di ambientazione e
scenografie prospettiche, grazie allo scenografo Inigo Jones, che collaborò con Ben Jonson.
Comprendeva personaggi mitologici e allegorici e il re vi svolgeva la parte dell'eroe; la musica e la
danza erano molto importanti e ancor più la spettacolarità, che prevedeva scene elaborate e
macchinari. La magnificenza e la ricchezza degli allestimenti divennero sempre più ostentate.

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Infatti, Ben Jonson riteneva che il suo contributo letterario fosse messo in ombra dall'eccessiva
elaborazione scenica e spettacolare e per questo ebbe alcune dispute con Inigo Jones.

SPAGNA

Il teatro religioso e il teatro profano


Una caratteristica peculiare del teatro spagnolo è la lunga compresenza del teatro religioso e di
quello profano, che fiorirono nello stesso periodo, durante il XVI secolo. I drammi religiosi erano
rappresentati nelle chiese come parte del rito ed erano scritti per celebrare il potere dei santi
sacramenti, da qui il nome di autos sacramentales. Essi combinavano elementi delle moralità e dei
misteri medievali, potevano essere basati su vicende sacre o profane, includevano personaggi
umani, sovrannaturali e allegorici e avevano la funzione di insegnamento morale e religioso. Fra il
teatro religioso e quello profano vi erano delle affinità, infatti tutti i più importanti autori del siglo
de oro scrissero degli autos sacramentales. Successivamente gli autos furono proibiti poiché si
riteneva che avessero sviluppato in modo eccessivo gli aspetti spettacolari e profani, come le farse e
le danze che li inframezzavano, a scapito di quelli religiosi.
Dapprima gli autos erano organizzati dalle associazioni religiose, poi questo compito venne assunto
dalle autorità cittadine che ingaggiavano compagnie di attori professionisti. Queste dovevano dare
una rappresentazione in anteprima davanti al re e un'altra davanti alle autorità cittadine, poi, dopo la
messa in scena vera e propria, portavano la pièce nei paesi vicini e nei teatri pubblici, ricavandone
ulteriori guadagni. Le rappresentazioni avvenivano su carri mobili a due piani, dotati di accessori e
macchinari, finché la capienza limitata del palcoscenico mobile non indusse a recitare su una
piattaforma fissa.
Un altro genere a carattere religioso erano le comedias de santos su episodi salienti della vita dei
santi, che richiedevano una scena duttile per i notevoli spostamenti geografici e cronologici.
Dapprima si usava rappresentare commedie latine nelle università, poi il teatro si affermò come la
forma di intrattenimento più diffusa in vari luoghi e occasioni: a corte, nelle piazze, nei cortili
interni delle case. Non esistevano ancora infatti teatri permanenti.
Le commedie spagnole presentavano una mescolanza di comico e tragico, anche per cercare di
soddisfare le esigenze del pubblico, erano strutturate in forma episodica e non rispettavano le regole
neoclassiche. Dunque, per certi aspetti, la drammaturgia spagnola è simile a quella inglese. Le
tematiche principali riguardavano il conflitto tra l'amore e l'onore con vicende avventurose. La
messa in scena era elaborata e la rappresentazione era preceduta da un prologo, sotto forma di
monologo o breve sketch, mentre fra un atto e l'altro vi erano degli intermezzi cantati o recitati. Tra
i drammaturghi si ricordano: Cervantes, Guillén de Castro (Cid, eroe spagnolo), Tirso de Molina
(creatore del personaggio di Don Giovanni), Lope de Vega (contemporaneo di Shakespeare),
Caldéron de la Barca (il più popolare e amato a corte).
I comici dell'arte italiani divennero popolari anche in Spagna e influenzarono i drammaturghi del
siglo de oro.
Il professionismo teatrale nacque con le compagnie girovaghe, che cominciarono a venire
ingaggiate dalle municipalità cittadine durante le feste. Il governo regolamentava l'attività teatrale e
tutte le compagnie dovevano essere provviste di una licenza. Includevano anche le donne. L'autore
drammatico vendeva il manoscritto al capocomico, che aveva il diritto di tagliarlo e rimaneggiarlo a
suo piacimento, poiché ne diventava proprietario.
L'opposizione della Chiesa al teatro fu più blanda che in altri paesi, anche perché le istituzioni
religiose ne ricavavano proventi. Infatti le confraternite religiose riconobbero il potenziale
commerciale del teatro e iniziarono ad affittare gli spazi alle compagnie, inoltre furono proprio le
confraternite a fondare i primi teatri. Da occasione speciale legata alle festività religiose e civili, il
teatro iniziò a diventare un'attività commerciale di ricreazione. L'opposizione della Chiesa, tuttavia,
si fece sentire ugualmente: considerava gli attori come persone immorali e inaffidabili, soprattutto
le attrici, la cui presenza sulla scena era stata più volte limitata per legge.

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I corrales
Erano teatri pubblici, spesso di proprietà degli istituti religiosi, simili a quelli elisabettiani: spazi
aperti con gallerie e palchi coperti. Costruiti all'interno dei cortili fra le case erano dapprima delle
strutture temporanee, ma successivamente divennero spazi adibiti in modo permanente alle
rappresentazioni.
Il palcoscenico era una piattaforma eretta sul lato opposto dell'entrata. Vicino ad esso veniva
installata una fila di sedili, che divennero in seguito delle panche. Queste erano separate dal cortile
(patio), occupato dalla gente del popolo che stava in piedi (come nella platea dei teatri inglesi).
Lungo i lati del patio erano situate delle gradinate sopraelevate, sopra le quali si trovavano stanze
che facevano parte di abitazioni private che venivano impiegate come palchi. Le donne sedevano in
una galleria situata sul lato opposto del palcoscenico a cui si accedeva da un'entrata separata. Sopra
c'era una fila di palchi riservati agli ufficiali del governo e ancora più sopra era situata la galleria per
il clero. Venivano venduti cibo e bevande. I vari ceti sociali si stratificavano senza mescolarsi.
L'elemento principale della scenografia era un edificio scenico a più livelli costruito sul fondo del
palcoscenico con una funzione simile alla tiring house elisabettiana. Sulla sua facciata si trovavano
le porte per le entrate e le uscite degli attori. La scenografia aveva soprattutto una funzione
metonimica, di indicazione non illusionistica del luogo in cui si svolgeva l'azione, funzione svolta
anche dai costumi. I costumi erano abiti contemporanei, ma talvolta i personaggi storici e mitologici
avevano costumi più elaborati. L'uso dei macchinari scenici per gli effetti speciali divenne sempre
più massiccio.
Gli attori recitavano più parti, ma erano specializzati in un certo ruolo, poiché le commedie erano
basate su personaggi tipizzati. Lo stile di recitazione era espressivo, volto a enfatizzare i momenti
patetici.

FRANCIA

La drammaturgia neoclassica
Prima della massima fioritura del teatro francese, che avvenne nel XVII secolo, dopo la
promulgazione dell'editto di Nantes, i misteri venivano allestiti ad opera di una confraternita
religiosa, che costruì il primo teatro permanente, l'Hôtel de Bourgogne.
La nascita del teatro neoclassico francese si può ricollegare all'istituzione, intorno alla metà del
'500, dell'associazione letteraria della Pléiade, intenzionata ad affermare i principi neoclassici.
Tuttavia, il genere più affermato in questo periodo era la tragicommedia, che a differenza della
tragedia che si affermerà in seguito, non rispettava le tre unità aristoteliche.
La farsa era un altro genere diffuso, incentrato su pochi personaggi fortemente tipizzati, spesso
appartenenti a una determinata categoria professionale. Ricorrente era infatti la satira dei mestieri e
delle donne. I personaggi femminili erano tra l'altro recitati da uomini e ciò accentuava la loro
connotazione grottesca. Le situazioni era volgari e il linguaggio ricco di doppi sensi.
Fu a partire dalla metà del XVII secolo che il teatro francese aderì totalmente al modello
drammaturgico neoclassico e alle forme architettoniche e scenografiche italiane. Il cardinale
Richelieu promosse l'istituzione dell'Académie Française, che aveva la funzione di arbitro ufficiale
nelle dispute letterarie e intellettuali e dunque destinata a pronunciarsi anche su questioni relative
alle opere drammatiche, come avvenne a proposito del Cid di Corneille. A Corneille vennero
contestati: la mescolanza dei generi, poiché un'azione tragica si risolveva in un lieto fine; la
violazione dell'unità d'azione; il trionfo di un eroe spagnolo nel momento in cui la Francia era in
guerra contro la Spagna; l'apologia del duello, che un'ordinanza aveva appena vietato.
Successivamente, Corneille si attenne alle regole neoclassiche, tanto che le sue opere divennero dei
modelli di aderenza ai principi neoclassici ed egli entrò a far parte dell'Académie Française.
Corneille venne tuttavia soppiantato da Racine, con cui gli ideali neoclassici trionfano e che
divenne il direttore dell'Académie Française. La sua opera Fedra divenne la tragedia esemplare del
neoclassicismo: la vicenda è concentrata in poche ore e in un luogo limitato e inizia nel momento di
crisi, dunque è spiegata mediante un antefatto. I personaggi delle opere di Racine sono travolti dai

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loro stessi sentimenti e passioni che non riescono a padroneggiare e che li inducono all'azione e il
loro tormento è interiorizzato. Le azioni esteriori vengono sostituite da un'introspezione psicologica.
Con Racine si affermò così la tragedia sentimentale, in cui la politica svolge un ruolo marginale.
Molière fu il drammaturgo che ha maggiormente influenzato il teatro moderno. Le sue commedie
suscitarono un certo scalpore poiché ridicolizzavano le manie e i vizi della società del proprio
tempo. Egli ottenne tuttavia un enorme successo di pubblico, nonché il favore dell'aristocrazia e
della corte. Tuttavia, il Tartufo, sull'ipocrisia dei falsi devoti, fu aspramente criticato e censurato
perché considerato un attacco alla religione.
Molière era un uomo di teatro completo come Shakespeare, infatti, oltre a scrivere, dirigeva la
messa in scena delle sue commedie e vi recitava come attore comico. Fondò anche una compagnia,
a cui il re concesse il privilegio di potersi fregiare del titolo di Troupe Royale. Egli rispettava le
regole neoclassiche, ma era stato anche influenzato dalla commedia dell'arte nella caratterizzazione
dei personaggi. La sua grande invenzione furono infatti i caratteri, in cui prevaleva un tratto
dominante della personalità e di cui faceva satira.
Molière inventò una nuova forma spettacolare che divenne di moda a corte alla metà del '600, al
tempo di Luigi XIV, la comédie-ballet, in cui si combinavano recitazione, musica, canto e danza.
Ancora più spettacolari erano i ballets d'entrées, intrattenimenti di corte simili ai masques inglesi, a
cui prendeva anche il re.
Verso la fine del XVII secolo, ci fu una svolta conservatrice e puritana: il re Luigi XIV cominciò
a recarsi sempre meno a teatro e cacciò i comici italiani da Parigi, influenzato anche dalla sua
amante, molto religiosa.

Gli edifici teatrali e la messa in scena


L'Hôtel de Bourgogne era un edificio lungo e stretto con un palcoscenico su uno dei lati. Di fronte
c'era il parterre, dove gli spettatori stavano in piedi, e tutt'intorno c'erano le gallerie e i palchi. Esso
fu il primo teatro permanente costruito dopo quelli degli antichi romani, ma il primo teatro francese
all'italiana fu il Palais Royal, voluto da Richelieu: era un edificio rettangolare con il palcoscenico
su un lato e le gallerie sugli altri tre ed era dotato di un arco scenico e di macchinari per i
cambiamenti scenografici.
Il re affidò la trasformazione del palazzo reale, il Petit Bourbon, in un teatro all'italiana
all'architetto italiano Torelli, che vi installò il sistema a quinte piatte scorrevoli su guide, realizzato
anche al Palais Royal. Con Torelli dunque si affermò in Francia la scenografia all'italiana.
Come nel teatro barocco italiano, i macchinari scenici divennero fondamentali per suscitare
meraviglia nel pubblico, tanto che venne costruito un nuovo teatro in un'ala aggiunta al Palazzo
delle Tuileries, chiamato appunto Salle des machines.

Le compagnie
Avevano una struttura a partecipazione azionaria, non dedicavano molto tempo alle prove e gli
attori dovevano provvedere ai loro costumi, che consistevano in abiti contemporanei o in abiti
storici convenzionali.
Quando il re ordinò la fusione della compagnia di Molière con quella dell'Hôtel de Bourgogne,
nacque la Comédie Française, il primo teatro sovvenzionato e direttamente controllato dallo stato,
con il compito di riproporre il repertorio di Corneille, Racine e Molière. Frequentato dalla nobiltà
parigina, rimase a lungo un teatro di corte, che doveva rispecchiare i valori e gli ideali della classe
dominante. Gli attori si dividevano in sociétaires (soci), pensionnaires (in attesa di divenire
azionisti) e gagistes (stipendiati).
Alla fine del '600 i teatri parigini si ridussero a tre grandi istituzioni: la Comédie Française, l'Opéra
(un teatro aristocratico per i drammi in musica) e l' Hôtel de Bourgogne.
Gli spettatori dei teatri pubblici appartenevano a tutte le classi sociali, ma gli spettacoli divennero
sempre meno fruibili dalle classi popolari a causa degli aumenti del prezzo del biglietto e al fatto
che alcuni teatri erano di fatto riservati all'aristocrazia e ai borghesi facoltosi.
Anche in Francia gli attori non godevano di una buona reputazione e il teatro era visto dai moralisti

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come qualcosa di negativo, in quanto fondato sull'illusione e la falsità. Gli attacchi diminuirono solo
grazie all'istituzionalizzazione del teatro portata avanti da Richelieu, ma ripresero dopo la sua
morte.

I TEATRI DAL 1660 AL 1875

Il '700 è l'epoca dell'Illuminismo, l'800 è il secolo del Romanticismo, del progresso e della
rivoluzione industriale. In ambito teatrale vi furono importanti trasformazioni che posero le basi del
dramma moderno: innovazioni alla messa in scena, nuove tecnologie che perfezionarono la
scenografia, la luce a gas, i costumi sempre più accurati dal punto di vista storico. Il teatro divenne
un'industria con il conseguente emergere della figura dell'impresario e l'affermazione dei grandi
attori.

IL TEATRO INGLESE DELLA RESTAURAZIONE

Il teatro della Restaurazione


Con l'instaurazione del governo puritano di Cromwell i teatri vennero chiusi per undici anni: i teatri
elisabettiani furono smantellati e gli attori perseguiti. Tuttavia, alcuni spettacoli continuavano a
essere allestiti clandestinamente, proponendo versioni abbreviate di commedie e tragedie e cercando
stratagemmi per aggirare i divieti. La situazione cambiò nel 1660, quando venne restaurata la
monarchia. L'attività teatrale riprese, ma con mutamenti rispetto all'epoca elisabettiana: la riduzione
del numero di teatri, la predominanza dell'aristocrazia, la comparsa delle attrici e l'introduzione
della scenografia all'italiana con quinte piatte in prospettiva e arco scenico. Alla comparsa delle
attrici sulla scena corrispose una rivoluzione analoga in ambito letterario. Un gruppo di autrici di
opere teatrali divenne noto con il nome di female wits, che, usato dapprima in senso negativo (è
tratto dal titolo di una satira su tre di loro), acquisì poi una connotazione più positiva che ne
sottolineava l'importanza.
Un genere tipico della Restaurazione è la tragedia eroica, incentrata su questioni d'amore e d'onore
con personaggi eccezionali che compivano azioni straordinarie. Successivamente, emerse la
cosiddetta tragedia della Restaurazione, in cui vengono rispettate le regole neoclassiche. I
drammaturghi della Restaurazione rielaborarono pesantemente le opere di Shakespeare, adattandole
al nuovo gusto neoclassico e dotandole di un lieto fine. In realtà, il genere tragico non godeva di una
gran popolarità, poiché il pubblico preferiva divertirsi. Infatti, il genere più in voga erano le
commedie di costume (comedies of manners) che, ispirandosi alle opere di Molière, sono
incentrate sulle consuetudini e sulle manie dell'alta società, facendo satira delle convenzioni sociali
e dell'apparente rispettabilità. La loro struttura combina caratteristiche del teatro elisabettiano e del
teatro neoclassico. I personaggi altolocati sono infatti moralmente riprovevoli e abili nel manipolare
il linguaggio e le apparenze; sono fortemente tipizzati e i loro nomi indicano il tratto fondamentale
della loro personalità o i loro intenti. I maggiori autori sono Wycherley, Etherege e Congreve.
Oltre alle commedie di costume, c'erano le commedie umoristiche, che si rifacevano alle
commedie degli umori, e le commedie di intrigo, con trame complicate, vicende amorose e
peripezie.
Il pubblico dell'epoca della Restaurazione apparteneva alle classi più elevate, le stesse di cui si
faceva satira nelle commedie di costume. Dunque solo una piccola parte della società si recava a
teatro e i drammaturghi scrivevano espressamente per questo gruppo ristretto.
Il sistema a partecipazione azionaria che caratterizzava le compagnie elisabettiane venne sostituito
da un sistema a contratto, con cui gli attori venivano assunti per periodi determinati a salario fisso.
Gli attori imparavano il mestiere attraverso l'apprendistato e di solito si specializzavano in una
determinata gamma di parti. Per aumentare i loro introiti si faceva una serata, detta “beneficiata”, in
cui ogni attore principale della compagnia poteva incassare tutti i proventi. I drammaturghi
facevano raramente parte delle compagnie e assistevano alla prima prova della pièce, ma la
preparazione era affidata al direttore della compagnia, che di solito era anche uno dei principali

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attori. Le attrici, nonostante il successo e un certo benessere economico, mantenevano una
posizione sociale subordinata e godevano di una pessima reputazione. Le prove erano
approssimative e i costumi per lo più contemporanei, adatti dunque alle commedie ma non alle
tragedie ambientate nel passato. Per queste venivano utilizzati accessori e parti del costume per
caratterizzare i personaggi storici, ma non vi era alcun intento di accuratezza storica. Emersero varie
figure di manager o impresari, che possedevano quote del teatro e delle compagnie che
amministravano.
Alla fine del XVII secolo avvenne una svolta moralista: il contenuto licenzioso delle commedie
venne smorzato e le pièce cominciarono a porre l'accento sulle questioni morali, gettando le basi dei
drammi sentimentali del XVIII secolo.

Gli edifici teatrali


I tre edifici teatrali più degni di rilievo di quest'epoca erano: il Lincoln Inn's Fields, il Dorset
Garden e il Drury Lane, che combinavano caratteristiche tipiche dei teatri italiani e di quelli
elisabettiani. Tutti i teatri erano edifici chiusi, dotati di un arco scenico che separava il palcoscenico
dalla sala e di una suddivisione in platea, palchi e gallerie. Gli spettatori della platea sedevano su
panche; la platea era inoltre leggermente inclinata per permettere una maggiore visibilità. Il
palcoscenico era diviso in due parti: quella anteriore (proscenio) era abbastanza aggettante e
ospitava delle porte che conducevano dietro le quinte, mentre quella posteriore ospitava la
scenografia.
Come già accennato, era stata introdotta la pratica scenica italiana, con quinte piatte in prospettiva.
La differenza stava nel fatto che queste non venivano manovrate mediante il meccanismo ad argano
che Torelli aveva escogitato per ottenere rapidi cambiamenti di scena, ma ogni elemento della
scenografia doveva essere spostato manualmente dai macchinisti. I cambiamenti di scena
avvenivano sotto gli occhi degli spettatori poiché il sipario non veniva mai calato durante la
rappresentazione.
Per l'illuminazione venivano usate le candele che illuminavano sia l'area scenica sia lo spazio
riservato agli spettatori. Vi era anche un'illuminazione che correva lungo la parte anteriore del palco
(le cosiddette luci della ribalta).

IL TEATRO DEL '700

L'Inghilterra
Nacquero nuove forme di teatro popolare. Una di queste è la ballad opera, in cui i dialoghi si
alternavano a canzoni, i personaggi appartenevano alle classi popolari e vi erano accenni satirici ai
temi sociale e politici del tempo. Un'altra è la commedia sentimentale, che riflette l'ottimismo
dell'epoca in quanto è influenzata dall'affermazione del pensiero illuminista. Essa era simile alle
commedie di costume della Restaurazione, ma al contrario di quelle tendeva a riaffermare i principi
della moralità borghese: i cattivi venivano puniti e i buoni ricompensati. La commedia sentimentale
fu trasformata radicalmente da alcuni drammaturghi che rivendicavano la superiorità delle
commedie capaci di far ridere il pubblico o cercavano di trovare un equilibrio tra l'esaltazione delle
virtù borghesi e la satira della società.
Quando il re cominciò a concedere patenti, senza rispettare le restrizioni all'attività teatrale
dell'epoca della Restaurazione ai soli teatri muniti di licenza, venne promulgata una legge per
regolamentare nuovamente la produzione teatrale, secondo la quale, solo due teatri, il Covent
Garden e il Drury Lane, erano autorizzati a rappresentare opere drammatiche, provocando la
rovina di molte piccole compagnie.

La Francia
Si sviluppò una forma grammatica popolare, nota come opéra comique, simile alla ballad opera
inglese, in quanto usava canzoni popolari che si alternavano al dialogo e proponeva una satira delle
questioni sociali e politiche del momento. Nel corso del secolo, l'opéra comique divenne sempre

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meno satirica, meno comica e più sentimentale, preludendo al mélo.
Anche in Francia si affermò un tipo di commedia sentimentale, il cui principale intento era suscitare
forti emozioni e lacrime, per questo era definita commedia lacrimevole. Come in Inghilterra, anche
qui alcuni drammaturghi si allontanarono dalla commedia sentimentale, per concentrarsi sulla satira
sociale e politica. Tra questi, Beaumarchais, famoso per il personaggio di Figaro, il servo astuto de
Il barbiere di Siviglia, in cui rappresentò una tensione di classe, che vide i personaggi di origine più
umile, consapevoli delle ipocrisie e degli abusi delle classi più elevate, vincere grazie alle loro
capacità mentali e alla loro arguzia. Implicitamente, la pièce mette in discussione la gerarchia
sociale stessa, che di lì a poco sarebbe stata travolta dalla Rivoluzione.
In Europa un tentativo di superamento dei due generi tradizionali diede vita alla tragedia borghese,
che metteva in scena le vicende di eroi provenienti dalle classi emergenti. Essa si concentrava su
problematiche familiari, privilegiando il versante sentimentale e mostrando il trionfo della moralità
delle classi medie. Ciò rispecchia l'affermazione della borghesia come forza sociale e politica. Un
altro tentativo affiancò ai due generi tradizionali una nuova forma, il dramma, che si
contraddistingueva per la tendenza ad affrontare tematiche sociali scottanti. Autori di tragedie
borghesi e drammi sono Diderot in Francia e Lessing in Germania. Diderot sosteneva l'esigenza di
superare la rigida distinzione tra tragedia e commedia per creare un nuovo genere più vicino alla
realtà, il dramma borghese. Egli scrisse anche un trattato sulla recitazione, in cui affermava che
l'attore doveva suscitare emozioni nel pubblico, senza provare egli stesso i sentimenti che
esprimeva, ovvero senza immedesimarsi nel personaggio (recitazione a freddo). Egli doveva essere
un buon osservatore dei comportamenti altrui e dei segni esteriori delle passioni, che doveva saper
imitare e riprodurre sulla scena. Ciò permetteva costanza e invariabilità nella rappresentazione del
personaggio. Questo trattato venne pubblicato in piena epoca romantica, quando dominava il mito
dell'immedesimazione dell'attore.
Nel corso del '700 il teatro francese fu assoggettato a restrizioni sulla produzione di spettacoli. Lo
Stato finanziava le tre principali istituzioni teatrali: la Comédie Française, l'Opéra e la Comédie
Italienne.
I sostenitori della Rivoluzione videro nel teatro uno strumento di educazione politica ed elevazione
culturale. Si diffusero così forme spettacolari organizzate al di fuori dei teatri, che coinvolgevano
tutti i cittadini, e si cominciò ad attribuire maggiore dignità al mestiere di attore. I teatri dei
boulevard costituivano una grande attrattiva per il pubblico di bassa estrazione sociale e avevano
inventato nuove forme drammatiche e spettacolari per aggirare il monopolio esercitato dai grandi
teatri. Successivamente, l'Assemblea Costituente abolì i privilegi dei grandi teatri e liberalizzò
l'attività teatrale. Ciò comportò una proliferazione dei teatri dei boulevard, che si specializzarono
nella rappresentazione del mélodrame e delle pantomime. La situazione cambiò quando, con
l'avvento al potere di Napoleone, furono ripristinati i privilegi e il monopolio dei teatri ufficiali sul
repertorio e la maggior parte dei teatri minori dei boulevard venne chiusa.

La Spagna
I tentativi di laicizzazione della cultura tendevano a limitare l'uso del teatro come forma di
insegnamento religioso. Fu dunque proibita la rappresentazione degli autos sacramentales e delle
comedias de santos. Si continuarono a rappresentare i testi del secolo precedente e vennero
introdotti i principi neoclassici. Tuttavia, il pubblico preferiva forme teatrali più spettacolari, come
la zarzuela, una commedia musicale simile alla ballad opera per la mescolanza di parti recitate e
cantate e a soggetto comico o tragico, e il sainete, un breve componimento drammatico a carattere
giocoso, accompagnato da musica e danze e spesso fondato sulla libera improvvisazione. Dunque,
la recitazione neoclassica, basata sulla misura e sul decoro, non riuscì ad affermarsi nonostante i
tentativi di “francesizzare” il teatro, ma continuò a prevalere il gusto del pubblico per l'espressione
accentuata e popolareggiante degli affetti.

L'Italia
Carlo Goldoni fu il maggiore commediografo italiano del secolo, esponente della commedia

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dell'arte e proveniente dalla borghesia emergente di Venezia. Egli si allontanò dalla tradizione degli
scenari per realizzare testi drammatici interamente distesi e cercò di imporre commedie più
realistiche, accantonando le maschere e l'improvvisazione, per privilegiare situazioni e personaggi
più vicini alla vita quotidiana. A tale scopo, sostituì le maschere, ovvero i tipi fissi, con i caratteri,
personaggi dotati di un'individualità e personalità definita. Egli faceva satira dell'aristocrazia e della
borghesia emergente, la cui operosità tuttavia trionfava sull'inettitudine aristocratica, come mostra
La locandiera. La Trilogia della villeggiatura è una satira delle abitudini e ambizioni borghesi: la
borghesia aspira ai privilegi dell'aristocrazia senza possederne i mezzi e si adopera per ostentare la
propria eleganza e presunta ricchezza.
Carlo Gozzi si contrappose a Goldoni per la sua rivisitazione fantastica della commedia: egli
osteggiava l'inclusione delle situazioni di vita quotidiana nelle commedie, privilegiando la ricerca
del meraviglioso e dell'artificio teatrale. Scrisse commedie fiabesche di ambientazione esotica.
Un genere che ebbe molta fortuna nel '700 fu l'opera in musica o melodramma, che sancì il
successo e la popolarità dei cantanti e delle cantanti (le cosiddette virtuose). Un nuovo genere
drammatico-musicale che emerse fu invece l'opera buffa, in dialetto, che metteva in scena
situazioni e personaggi popolari e che veniva di solito rappresentata alla fine del melodramma.
Sul versante della tragedia, Vittorio Alfieri cercò di portare avanti una riforma teatrale,
sottolineando l'importanza di un teatro nazionale e riflettendo sui limiti della situazione italiana.
Egli attribuiva la responsabilità della decadenza culturale del teatro soprattutto agli attori
professionisti, che non si preparavano adeguatamente alla parte e basavano la loro recitazione su
stereotipi espressivi. Le sue tragedie presentavano una struttura rigorosa, fondata sul rispetto
dell'unità d'azione, con pochi personaggi e un linguaggio essenziale, ed erano lontane da ogni
sentimentalismo, privilegiando un'espressione sintetica delle passioni.

La Germania
Nel '600 le compagnie tedesche girovaghe recitavano in spazi riadattati a teatro, mentre nei teatri di
corte cominciarono a diffondersi le scenografie all'italiana e il melodramma. Si diffusero le troupe
inglesi e i comici dell'arte italiani. La caratteristica principale del teatro tedesco era la varietà e la
contaminazione dei generi e dei personaggi. Un genere drammatico peculiare era il Trauerspiel, un
dramma triste che attingeva alla tematica politica e storica per sviluppare situazioni tragiche. Un
altro genere erano le Haupt-und-Staatsaktionen (azioni principali e di Stato), fondate su tematiche
politiche ma con elementi comici.
Nel '700 vi furono tentativi di riforma del teatro, volti a rinnovare la pratica teatrale attraverso un
rinnovamento del repertorio, la memorizzazione della parte da parte degli attori e prove accurate a
scapito dell'improvvisazione, con l'intento di elevare il teatro tedesco. Nel corso del secolo il teatro
acquisì un'importanza sempre maggiore, grazie anche ai sussidi statali, e fu fondato il Teatro
Nazionale di Amburgo. Naturalmente ciò implicava un controllo sul teatro da parte dei governanti.
Lessing, come Diderot, propugnava una maggiore aderenza delle opere drammatiche alla vita
quotidiana delle classi medie e l'uso di un linguaggio medio. Egli riteneva che il fulcro del dramma
fossero i caratteri, ovvero i personaggi. Protagonisti dei suoi drammi erano personaggi borghesi, le
cui sofferenze erano spesso causate da ingiustizie e soprusi dei potenti.
Un nuovo genere drammatico popolare era il dramma a forti tinte, incentrato sulle vicende
quotidiane delle classi medie.
Negli ultimi decenni del secolo si affermò il movimento letterario dello Sturm und Drang,
precursore del romanticismo, al quale si possono ricondurre alcune opere di Goethe e Schiller e la
cui idea di fondo era la ribellione contro i principi neoclassici. I drammaturghi che afferirono a
questo movimento non elaborarono un modello uniforme di scrittura drammaturgica, ma molti si
ispirarono a Shakespeare, usando una struttura a episodi, mescolando i generi e rappresentando
scene di violenza sul palcoscenico.
Goethe e Schiller ritenevano che i drammi dovessero trascendere la realtà ordinaria per rivelare la
verità ideale e contribuirono alla trasformazione delle scene tedesche lavorando insieme nel teatro
di Weimar, di cui Goethe divenne direttore. Goethe elaborò delle regole per gli attori, che

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presupponevano lunghe prove, una dizione corretta della lingua tedesca e norme di comportamento
nella vita quotidiana che rendessero gli attori modelli di decoro e socialmente rispettabili. Cercò di
estendere alcune regole di condotta al pubblico, che avrebbe dovuto solo applaudire o astenersi dal
farlo, senza esprimere altrimenti le proprie impressioni. Tuttavia, egli non fu fautore di uno stile di
recitazione più naturale, anzi riteneva che gli attori dovessero rivolgersi al pubblico e non al loro
interlocutore. Egli sovrintendeva anche agli allestimenti scenici e alla scelta dei costumi, per i quali
ricercava una certa accuratezza storica. Il Faust è il lungo poema drammatico a carattere epico a cui
lavorò per tutta la vita. Si tratta di un'opera dilatata nel tempo e nello spazio in una sorta di viaggio
interiore in cui si dibattono temi esistenziali, storici, scientifici e filosofici. E' un'opera così
complessa da essere difficilmente rappresentabile.
La funzione di sovrintendere alla realizzazione dello spettacolo è sempre esistita, ma si trattava
quasi sempre soltanto di assicurarsi che gli attori sapessero la loro parte e che tutti gli elementi della
messa in scena fossero al loro posto. La funzione di queste figure protoregistiche era considerata
accessoria e si potrebbe assimilare a quella del direttore di scena piuttosto che a quella di un
moderno regista. Tuttavia, molti storici fanno riferimento a Garrick e Goethe come ai primi registi:
essi hanno infatti cercato di imprimere una concezione unitaria alle rappresentazioni, dotandole di
scenografie e costumi appropriati, e hanno lavorato a stretto contatto con gli attori della loro
compagnia, di cui controllavano l'interpretazione dei personaggi e gli atteggiamenti durante le
prove. Goethe fu ancora più vicino al concetto moderno di regista, poiché, a differenza di Garrick,
non era uno degli attori e dunque non svolgeva una doppia funzione.

Gli edifici teatrali e le compagnie


Continuarono la tradizione scenica e architettonica che aveva avuto origine in Italia nel
Rinascimento, ma la parte riservata agli spettatori venne ampliata per accogliere le nuove classi
borghesi. In Italia vennero costruiti il San Carlo di Napoli e il Teatro alla Scala di Milano. I teatri
inglesi erano diversi da quelli continentali anche se si erano avvicinati per certi aspetti al modello
all'italiana, riducendo per esempio il palcoscenico aggettante.
L'usanza di far sedere gli spettatori sul palcoscenico fu abolita. Secondo Diderot il pubblico non
doveva disturbare lo spettacolo né gli attori dovevano accorgersi della loro presenza, ma agire come
se vi fosse una parete invisibile (la “quarta parete”) fra il palcoscenico e la platea.
Anche per quanto riguarda la scenografia l'influenza italiana divenne pervasiva. I principali
mutamenti riguardano l'introduzione di una prospettiva angolare o multifocale, ovvero la presenza
di più punti di fuga che conferiva maggior ampiezza e profondità alla scenografia e dilatava
illusionisticamente lo spazio (innovazione apportata dai Bibiena, i più importanti scenografi e
architetti teatrali del '700), un'ambientazione storicamente più accurata, l'uso di accessori
tridimensionali e praticabili che porterà al realismo del box set, un dispositivo in cui vengono
ricreate le pareti di una stanza, l'introduzione delle lampade a olio e l'allontanamento dalla
tradizione neoclassica delle scenografie generiche con la raffigurazione di luoghi immediatamente
riconoscibili.
Nel '700 gli attori acquisirono un'enorme popolarità, contribuendo ad elevare il prestigio della loro
professione. In Inghilterra le compagnie era dirette da un manager, che era di solito l'attore
principale o l'autore drammatico. In Francia vi erano i teatri finanziati dallo stato e i teatri dei
boulevard diretti da un impresario o direttore del teatro. In Italia le compagnie erano dirette da un
capocomico, che spesso era anche il primo attore.
Nel corso del '700 si affermò il sistema dei ruoli, che predeterminava la gamma di parti di
competenza degli attori e permetteva agli attori di contare su un repertorio espressivo stereotipato su
cui basare le loro interpretazioni e comportava anche una gerarchizzazione della compagnia.
All'interno dei limiti stabiliti dal ruolo, gli attori avevano un ampio margine di libertà e potevano
alterare il testo improvvisando. A determinare il ruolo poteva contribuire il physique du rôle, ovvero
la consonanza fisica a una determinata tipologia di personaggi.
Gli attori provvedevano personalmente ai loro costumi, che erano per lo più convenzionali e non
accurati storicamente. Tuttavia, vi erano delle eccezioni, per esempio l'interpretazione di Shylock,

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l'ebreo de Il mercante di Venezia, da parte dell'attore inglese Macklin, che tentò di conferirgli
l'aspetto di un vero ebreo grazie all'osservazione degli ebrei londinesi. In Francia e Germania invece
venne posta una maggiore attenzione alla coerenza storica dei costumi.
Lo stile di recitazione in voga nel '700 era definito declamatorio o ampolloso, poiché si prestava
maggiormente attenzione all'abilità oratoria dell'interprete, che nella maggior parte dei casi si
rivolgeva al pubblico e non all'interlocutore, basata su modelli stereotipati di gesti e atteggiamenti, a
causa anche del tempo ridotto dedicato alle prove. Alcuni attori, tuttavia, tentarono di dare una
caratterizzazione più individualizzata e realistica del personaggio, abbandonando la recitazione
enfatica e gli atteggiamenti stereotipati, e cercarono di dare maggior importanza alle prove. Tra
questi attori vi sono il già citato Macklin, la Clairon (declamazione meno convenzionale e più
naturale, accuratezza e coerenza storica dei costumi) e Garrick. Le interpretazioni di quest'ultimo,
basate sull'osservazione della vita reale per studiare gli atteggiamenti delle persone, tendevano a
umanizzare i personaggi, abbandonando lo stile di recitazione declamatorio ed enfatico e
adottandone uno più realistico, basato sulla massima naturalezza. Esse portavano così alla luce
l'interiorità dei personaggi, mostrandone il lato più umano e sensibile. Garrick bandì dalle scene le
allusioni sessuali, richiedeva ai suoi attori una disciplina rigorosa, una preparazione accurata e
lunghe prove e introdusse una maggiore accuratezza storica nei costumi. La sua riforma della scena
comportò anche l'eliminazione dell'usanza di far sedere gli spettatori sul palcoscenico.
Nel '700 nacque la critica teatrale, sotto forma di recensioni giornalistiche degli spettacoli. I critici
erano molto temuti, poiché potevano orientare il favore del pubblico, decretando il successo o
l'insuccesso di una pièce. Si diffuse anche la claque, un piccolo gruppo di spettatori ingaggiati dal
direttore del teatro, dall'autore o dagli attori, per applaudire e manifestare la propria approvazione
durante lo spettacolo.
Un altro genere che ebbe successo in questo secolo fu la commedia metateatrale, incentrata sulla
vita quotidiana di una compagnia o sulle vicissitudini di un autore drammatico, di cui si faceva
satira. Tra gli autori, Molière e Goldoni.

L'America
Le prime notizie di spettacoli importati dall'Europa risalgono al '600 e riguardano dilettanti e
intrattenimenti popolari di vario genere. I primi attori giunsero all'inizio del '700 e pochi anni dopo
fu pubblicata la prima pièce scritta da un autore americano e venne costruito il primo edificio
teatrale permanente. I primi teatri americani subirono l'influenza della pratica architettonica e
scenica inglese. Le compagnie erano organizzate secondo un sistema a compartecipazione. La
Rivoluzione americana pose fine al teatro professionale, che venne però rilanciato dopo la
Rivoluzione stessa.

I TEATRI NELLA PRIMA META' DELL'800

I generi teatrali
Il teatro era nell'800 un intrattenimento di massa, la forma principale di svago di tutte le classi
sociali, capace di attrarre un gran numero di persone. L'incremento del numero di spettatori e dei
generi portò alla costruzione di molti teatri. Il successo del teatro decretò la sempre maggiore
popolarità degli attori e molti famosi scrittori, come Dickens, si dedicarono alla scrittura di opere
drammatiche, poiché compresero che il teatro costituiva il mezzo più rapido per raggiungere il
grande pubblico e far conoscere le proprie opere, ottenendo una certa fama. La passione per il teatro
sfociò anche in varie sommosse a Londra (aumento dei prezzi del Covent Garden), Parigi (scontro
fra classicisti e romantici alla Comédie Française) e New York (sentimento nazionalista
antibritannico contro l'attore inglese Macready). In Inghilterra l'affluenza delle classi medie indusse
l'aristocrazia ad abbandonare i teatri di prosa per privilegiare l'opera lirica.
Il Romanticismo fu un rivoluzionario movimento letterario e filosofico della prima metà del XIX
secolo, la cui nozione fu introdotta da Stendhal, innescando il dibattito tra classicisti e romantici. Le
caratteristiche del dramma romantico vennero delineate da Hugo nella prefazione al suo Cromwell:

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rivendicando la libera creatività del genio e la libertà dalle regole neoclassiche, i romantici
auspicavano il superamento dei generi e dunque la mescolanza di comico e tragico nella stessa
opera nonché un abbattimento delle limitazioni temporali e cronologiche all'azione drammatica.
Shakespeare divenne un cavallo di battaglia dei romantici. L'eroe romantico è spesso un ribelle o un
emarginato e uno dei temi più ricorrenti è lo scarto tra le aspirazioni dell'individuo e le limitazioni
imposte dalla società o dalla natura. La difesa dell'individualità e della libertà rifletteva lo spirito
dell'epoca, nato dopo la Rivoluzione americana e quella francese.
Gli autori drammatici francesi più importanti furono Hugo, Dumas padre, de Vigny e de Musset.
Anche de Vigny si può annoverare tra i precursori della regia, in quanto si occupava personalmente
della messa in scena e dava indicazioni precise agli attori. In Francia la regia emerse già nei primi
decenni dell'800, come dimostra la diffusione dei livrets de mise en scène, libretti di istruzioni che
servivano per allestire una rappresentazione nello stesso modo in cui era andata in scena a Parigi.
Mentre in Germania il Romanticismo fu preannunciato dallo Sturm und Drang e quindi dai drammi
di Goethe e Schiller, in Italia esso giunse in ritardo ed ebbe vita breve, senza avere grandi
ripercussioni a teatro. Drammaturghi romantici italiani furono Silvio Pellico e Alessandro Manzoni,
che scrisse Il conte di Carmagnola e Adelchi, ma le sue tragedie non ebbero molto successo, anche
per la mancanza di azione drammatica. Anche il Romanticismo inglese non produsse messe in scena
molto riuscite. Difatti, poeti come Coleridge e Byron scrissero drammi concepiti soprattutto per la
lettura e difficilmente rappresentabili.
All'inizio dell'800 il dramma a forti tinte si affermò nei teatri dei boulevard, sotto forma di
mélodrame o mélo, una forma drammatica popolare caratterizzata da azioni violente, colpi di scena
e suspence e dalla mescolanza di parti recitate e parti cantate. Le vicende erano spesso ambientate
in luoghi esotici o lontani nel tempo, con vari cambiamenti di scena e effetti speciali. Lo stile di
recitazione di questi drammi era meno rigidamente impostato e puntava sulla commozione e sugli
effetti patetici. I personaggi erano chiaramente delineati, con un netto contrasto fra buoni e cattivi,
ed erano facilmente classificabili in tipi. La virtù trionfava sempre, con i buoni premiati e i cattivi
puniti. Le musiche di accompagnamento contribuivano a suscitare suspence o emozioni e la fine di
ogni atto prevedeva di solito un momento culminante che manteneva desta la curiosità del pubblico.
L'intento principale era quello di emozionare e commuovere il pubblico.
I teatri dei boulevard proponevano anche vari spettacoli di intrattenimento popolare, come il
vaudeville, che comprendeva canzoni e parti recitate, con un intreccio semplice a carattere comico,
e la pantomima. Il vaudeville si diffuse anche in America, insieme ad altri intrattenimenti popolari
sviluppatesi nell'800, come il varietà, il minstrel show (attori bianchi travestiti in modo
caricaturale da neri, mescolanza di canzoni, giochi e danze), il burlesque (nato in Inghilterra,
parodie di drammi seri, nel '900 si trasformò in una combinazione di attori comici e spogliarelliste)
e il circo (Phineas Barnum esibiva essere umani mostruosi o eccezionali).

Gli attori
Gli attori inglesi più famosi all'inizio dell'800 erano Kemble e sua sorella Siddons, noti per le loro
interpretazioni fondate su uno stile classico, magniloquente ma controllato. Importante fu anche
Macready, che preparava accuratamente ogni ruolo e introdusse la “pausa Macready”, in cui si
fermava per pochi attimi per dare l'impressione che stesse pensando. Imponeva agli attori
movimenti scenici pianificati, che faceva eseguire già durante le prove. Egli fu un pioniere nel
realismo scenico: gli elementi scenici delle sue produzioni erano attentamente curati e uniformati a
una concezione unitaria del dramma. Cercò anche di estendere il repertorio e fu tra i primi a
proporre testi shakespeariani più vicini all'originale.
Gli attori romantici sottolineavano il contenuto sentimentale del testo, impiegando gesti incisivi e
enfatizzando determinati versi o parole. Uno dei più grandi attori romantici inglesi fu Kean, che si
preparava accuratamente alla parte fin nei minimi dettagli e la costruiva in modo da sottolineare le
transizioni da un sentimento all'altro con esplosivi alti e bassi. In Francia Talma anticipò il
Romanticismo, introducendo nelle sue interpretazioni lo slancio appassionato e la naturalezza
impetuosa del Romanticismo, ma la sua recitazione rimase molto misurata e più vicina alla

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quotidianità. Egli introdusse costumi d'epoca per i personaggi storici e, dopo l'avvento di
Napoleone, divenne l'idolo teatrale dell'Impero. Tra le attrici si può annoverare la Dorval, attrice
romantica per eccellenza, anche per la vita intensa e disordinata che condusse, la cui intensa
recitazione provocava forti emozioni.
In epoca romantica i trattati di recitazione respingevano la teoria di Diderot, sostenendo che la
rappresentazione richiedesse un certo coinvolgimento emotivo e dunque l'immedesimazione nella
parte. Secondo Engel vi doveva essere una corrispondenza tra passione ed espressione, secondo la
quale ogni passione o emozione aveva una propria espressione riconoscibile. Spesso dunque i
trattati proponevano una serie di stereotipi mimici da riprodurre, un repertorio convenzionale a cui
attingere.
Alcuni attori e attrici manager inglesi si possono annoverare tra i precursori della regia, come
Macready e Madame Vestris. Quest'ultima praticava uno stretto controllo sugli attori, curava ogni
aspetto della messa in scena e coordinava i vari elementi in un insieme omogeneo. Le si attribuisce
l'introduzione del box set, la scena a scatola che riproduceva un ambiente interno mediante una
sorta di scatola piazzata sul palcoscenico, formata da tre muri e dal soffitto di una stanza, con porte
praticabili. Corredava inoltre le sue scenografie di oggetti reali e utilizzava costumi quotidiani.
La pratica delle tournée coinvolse celebri attori ed intere compagnie. Aldridge, attore africano che
faceva parte della prima compagnia nera regolare americana, divenne una celebrità con le sue
tournée in Europa, a cui fu in certo senso costretto, poiché, in quanto nero, non veniva accettato
negli Stati Uniti. Insieme alle tournée, anche le repliche divennero una pratica comune. In
Inghilterra e negli Stati Uniti queste resero poco adatte alle mutate esigenze le tradizionali
compagnie di repertorio, in cui gli attori recitavano insieme per un determinato periodo in un certo
numero di drammi, che scomparvero gradualmente, lasciando il posto alle compagnie di
formazione, in cui gli attori erano assunti per recitare in un singolo dramma per tutte le sue
repliche. La fine delle compagnie di repertorio rese molto più precaria la vita professionale degli
attori e alla loro scomparsa contribuì anche la riduzione del numero di spettacoli inclusi nel
biglietto, che nel '900 consisteranno soltanto nel dramma rappresentato. In Italia, invece, erano
ancora prevalenti le compagnie stabili, in cui gli attori restavano insieme per anni o anche per tutta
la vita, proponendo i loro spettacoli nelle varie “piazze”. Questa pratica è rimasta vigente fino ai
giorni nostri, ma le compagnie contemporanee non hanno molte pièce nel loro repertorio, poiché
ormai propongono di solito uno spettacolo per stagione, che portano in giro per la penisola.

Gli edifici teatrali


L'architettura teatrale fece notevoli progressi, che condussero alla costruzione di teatri molto simili
a quelli attuali. Gli edifici teatrali vennero ampliati per accogliere il pubblico sempre più numeroso,
anche se a partire dagli anni '60 del secolo si affermò la tendenza a costruire teatri concepiti per
specifici segmenti di pubblico. L'architettura teatrale prevedeva l'arco di proscenio e la suddivisione
dello spazio adibito agli spettatori in platea, palchi e gallerie. I teatri inglesi e americani divennero
sempre più simili a quelli continentali. Il benessere del pubblico divenne la preoccupazione
principale che favorì l'introduzione della ventilazione e di sedili individuali, che resero necessaria la
prenotazione del posto.
Le nuove tecnologie nate dalla rivoluzione industriale furono applicate al teatro. La drammaturgia
richiedeva sempre più cambiamenti di scena, che indussero a inventare nuovi mezzi. In Inghilterra
fu inventato il panorama, che consisteva in scene dipinte su un lungo drappo di stoffa che poteva
essere srotolato grazie a un sistema avvolgente e che circondava il pubblico, creando un'illusione di
movimento e cambiamento di ambientazione. Il panorama venne esportato in Francia, dove fu
perfezionato e ne fu introdotta una variante, il diorama, in cui non era il telo dipinto a scorrere ma
era il pubblico posto su una piattaforma ruotante che si trovava di fronte di volta in volta a un
pannello dipinto diverso. Altre innovazioni riguardarono l'introduzione di ascensori per sollevare o
abbassare la scenografia, di palcoscenici girevoli, che permettevano di mostrare al pubblico una
scena nascondendone un'altra, e delle lampade a gas.

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La Russia
I primi segni di un'attività teatrale istituzionale in Russia risalgono alla metà del '700, con il regno
di Caterina II, che riteneva che il teatro fosse una “scuola nazionale” e cercò dunque di
promuoverne l'attività. I teatri vennero creati da parte di ricchi possidenti, che vi impiegavano i loro
servi. Il teatro, così come le tutte le altre attività artistiche, era sotto il controllo dello Stato e della
censura.
Il Romanticismo si affermò anche in Russia nei primi decenni dell'800 e a fianco delle opere
romantiche cominciò a emergere anche il dramma realistico.
Durante il XIX secolo, i teatri imperiali, che erano sotto il controllo dello zar, godevano del
monopolio sugli spettacoli, che si allentò tuttavia verso la fine del secolo, permettendo l'esistenza di
varie imprese teatrali che esercitavano la professione al di fuori delle strutture ufficiali. Anche in
Russia era vigente il sistema dei ruoli, in base al quale venivano ingaggiati gli attori.

I TEATRI MODERNI

I pensatori che ebbero maggiore influenza tra la metà dell'800 e l'inizio del '900 furono Marx,
Darwin, Freud e Einstein. I mutamenti principali consistono nell'emergere della classe operaia,
nell'estensione del diritto di voto, nell'invenzione del telefono, della luce elettrica, delle automobili,
della radio, del cinema e della televisione. In campo teatrale, i mutati gusti del pubblico si rivolsero
al dramma popolare, mentre si crearono teatri specializzati per singoli strati della popolazione,
come i teatri in lingua straniera per gli immigrati che si svilupparono negli Stati Uniti.
Alcuni storici dividono il teatro del '900 in due grandi filoni, che hanno origine dalle prime
avanguardie di fine '800: quello realista e naturalista, che cercava di portare sulla scena la vita
quotidiana, e quello antirealista, che evocava tutto ciò che va al di là della realtà materiale, come il
sogno e la sfera spirituale. Mentre il primo filone porterà all'affermazione del realismo psicologico,
incarnato principalmente da Stanislavskij, il secondo porterà a nuove tendenze teatrali affini al
simbolismo e all'espressionismo.

I TEATRI NELLA SECONDA META' DELL'800

Il teatro del grande attore


Il sistema dei ruoli si era già affermato in tutta Europa, ma il mutamento del repertorio nel corso
dell'800 ebbe un'influenza sulla sua struttura: per esempio, il ruolo del tiranno divenne sempre meno
importante e le attrici iniziarono a preferire il ruolo di amante, più importante di quello di moglie.
Infatti, nel corso del secolo, emerse una nuova drammaturgia borghese, incentrata su tematiche
familiari e coniugali, tra cui il tema del divorzio e quello della moglie infedele. Mentre nel resto
d'Europa si fece strada una maggiore attenzione alle prove e alla scenografia e si erano formate
compagnie stabili sovvenzionate dallo Stato, in Italia la situazione rimase immutata, con le
compagnie di giro, che potevano contare solo sugli incassi e quindi costrette a viaggiare, e una
misera scenografia che veniva riutilizzata più volte.
Gli attori italiani si distinguevano per lo stile di recitazione enfatico e ridondante, fondato
sull'accentuazione dei toni e dei gesti. Ma un diverso stile di recitazione cominciò a farsi strada a
partire dalla metà dell'800, quando iniziò l'epoca del “grande attore”, caratterizzata da un
accentramento dell'attenzione sugli interpreti e sulla recitazione, ponendo in secondo piano tutti gli
altri elementi che concorrono alla rappresentazione, come la scenografia. Quest'epoca coincise con
l'inizio delle grandi tournée, che accrebbero la diffusione del mito del grande attore e
trasformarono il teatro in un vero e proprio commercio. Le compagnie divennero sempre più
incentrate sull'attore principale e il teatro di prosa prese a modello la tendenza dell'opera musicale a
coinvolgere emotivamente il pubblico, innescando meccanismi di proiezione e identificazione nel
personaggio. Fu proprio il dominio del grande attore ad ostacolare la nascita della regia in Italia,
dove iniziò ad affermarsi intorno agli '20 del '900.
Gli attori di quest'epoca si rifacevano a un unico maestro, Modena, il cui insegnamento non

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consisteva nella formulazione di regole e stilemi recitativi, bensì nel lasciare liberi gli allievi di
trovare la strada dell'interpretazione, per questo contrastava il sistema dei ruoli, che generava
automatismi nell'interpretazione. Egli avrebbe voluto un teatro capace di educare e far riflettere il
pubblico e un teatro sovvenzionato dallo Stato, che gli permettesse di proporre un repertorio meno
condizionato dai gusti dominanti. Le sue interpretazioni presentavano una mescolanza di toni tragici
e comici ed erano sostanzialmente interpretazioni antieroiche, in cui poneva in rilievo ciò che il
personaggio voleva sembrare ma non era. Con Modena dunque iniziò un teatro fondato
sull'autonomia della recitazione dal testo. Egli propose senza successo le tragedie di Shakespeare,
poiché il pubblico non era ancora abituato ad opere così lontane dagli ideali neoclassici, iniziò ad
apprezzarle solo grazie ai grandi attori, seppure nei pesanti adattamenti che ne alteravano la
struttura e il senso. I suoi insegnamenti e la sua concezione del teatro, tuttavia, furono
completamente rovesciati: i grandi attori della generazione successiva, infatti, cercheranno di
affascinare il pubblico con la loro recitazione, suscitando forti emozioni e non cercando di
risvegliare il senso critico degli spettatori; inoltre, il grande attore perseguirà la logica commerciale,
che Modena cercava invece di contrastare.
I tre più importanti grandi attori che si rifacevano a Modena furono Rossi, Salvini e la Ristori. Rossi
fu considerato l'attore romantico per eccellenza, in contrapposizione al più classico Salvini. Gli
spettatori dell'800 amavano veder interpretare dai loro attori preferiti gli stessi personaggi per
poterne valutare le differenze. Rossi criticava la tesi di Diderot, sostenendo la necessità per l'attore
di immedesimarsi nel personaggio, pur ammettendo anche la necessità di trovare un equilibro tra le
passioni e di saper frenare gli eccessivi trasporti. Anche la Ristori ribadì l'importanza
dell'immedesimazione, poiché solo in questo modo poteva innescare un'identificazione emotiva
nello spettatore. Ella si considerava la protagonista assoluta dell'opera e, in effetti, tutti gli altri
personaggi e l'ambientazione erano rigettati sullo sfondo o eliminati per lasciar primeggiare il suo
talento da grande attrice.
La recitazione degli attori dell'800 era fondata sul “vero artistico”, ossia uno stile capace di imitare
la realtà depurandola dagli aspetti più sgradevoli. Questa tendenza, tuttavia, cominciò a lasciare il
posto alla ricerca di una maggiore aderenza alla verità oggettiva, in linea con le nuove istanza
naturaliste. Gli interpreti della nuova corrente verista e naturalista infatti si riproponevano di
rappresentare la realtà così com'era, senza gli abbellimenti ideali dell'arte, e sostenevano una
maggiore fedeltà al testo drammatico.
La grande interprete di fine secolo fu la Eleonora Duse, che ebbe una relazione con D'Annunzio.
Con lei D'Annunzio cercò di sperimentare un nuovo linguaggio scenico, lontano dal realismo e
dalla quotidianità. Tuttavia, spesso, dirigendo le prove, egli toglieva all'attrice ogni autonomia
interpretativa, riducendola a uno strumento nelle sue mani. In alternativa al dramma borghese,
D'Annunzio cercò di proporre dei drammi in poesia, incentrati su una concezione eroica ed
estetizzante della vita. La Duse era messa a confronto con la Bernhardt (in particolare ne La
signora delle camelie di Dumas figlio): mentre la prima preferiva gesti minimali e nervosi,
interiezioni e pause, una recitazione irrequieta e imprevedibile e non si truccava mai, la seconda
amava le pose statuarie e una recitazione enfatica, l'artificio e i travestimenti. La Duse si distaccava
dalle espressioni e dagli atteggiamenti tipici del repertorio del grande attore. Ella rinnovò infatti la
recitazione, allontanandosi dalle convenzioni e dalla retorica degli affetti per ricercare una più
intima verità nell'interpretazione della parte. La sua cifra stilistica era l'empatia attraverso la
sofferenza che le permetteva di penetrare l'essenza del personaggio.
Sarah Bernhardt era l'attrice francese più celebre della seconda metà dell'800. La sua era una
personalità irrequieta, egocentrica e dominatrice: amava mettersi in mostra, il trucco pesante, gli
abiti vistosi e le parti en travesti. Era capace di esprimere una vasta gamma di passioni, trascorrendo
rapidamente da un'emozione all'altra.
In America Booth era considerato il miglior attore, in particolare per la sua interpretazione di
Amleto, apprezzata per l'approfondimento del personaggio, l'eleganza e la mancanza di affettazione.
Come anche altri attori, infatti, aprì la strada ad uno stile di recitazione più moderno, fondato su
modelli vocali e gestuali vicini alla quotidianità. Egli era famoso anche per le sue innovazioni

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sceniche, che anticiparono gli allestimenti moderni: introdusse negli Stati Uniti il box set, creò
ambientazioni storicamente accurate e una scenografia che poteva essere sollevata mediante un
ascensore o calata dall'alto. Il suo teatro a New York è considerato il primo teatro moderno della
città, con una moderna area dell'orchestra, balconate e poltrone individuali.
Nei trattati di recitazione della seconda metà dell'800 si raccomandava agli attori
l'immedesimazione nel personaggio, tuttavia, secondo la maggior parte dei teorici, l'attore doveva
trovare un equilibrio fra l'immedesimazione e la capacità di padroneggiare l'espressione delle
passioni. Anche l'attore-manager inglese Irving, che, rivolgendosi più all'emotività, accentuava il
versante drammatico e patetico, ribadì l'importanza della sensibilità dell'attore, pur ammettendo la
necessità di un controllo dell'emotività. Irving insisteva sull'importanza di una concezione unitaria
della rappresentazione e apportò varie innovazioni nella messa in scena, come il buio in sala per
concentrare l'attenzione degli spettatori sull'interprete. Tuttavia, egli fu criticato per l'eccesso di
spettacolarizzazione delle messe in scena, ovvero l'accumulo di accessori e ornamenti che finivano
per spostare l'attenzione del pubblico su elementi secondari. Irving può essere considerato l'ultimo
esponente del teatro del grande attore in Inghilterra. Iniziò ad affermarsi uno stile di recitazione più
realistico e a decadere il sistema dei ruoli, portando alla graduale sostituzione delle compagnie di
repertorio con quelle di formazione, che contribuirono a fondare la rappresentazione sul gioco
d'insieme piuttosto che sul protagonismo del singolo interprete.

Due registi ante litteram


L'epoca del grande attore rappresenta uno dei momenti della storia del teatro in cui è venuta quasi
totalmente a mancare l'interpretazione unitaria del testo e il coordinamento dei vari elementi scenici
che la regia presuppone: gli interpreti si preparavano alla parte singolarmente, senza una concezione
complessiva, e cercavano soprattutto di far emergere le loro doti istrioniche, anche a scapito degli
altri attori.
Due importanti precursori della regia furono Wagner e il duca di Meiningen. Wagner era un
compositore d'opera, ma anche un teorico della messa in scena, secondo il quale una
rappresentazione dovrebbe essere un'opera d'arte totale, in cui tutti gli elementi sono perfettamente
integrati. Ciò è possibile se la rappresentazione è controllata da una sola persona, capace di
unificarla attraverso un controllo autoritario. Dunque, secondo Wagner, una sola persona dovrebbe
fare da scrittore, compositore e direttore. Egli mise in pratica le sue teorie per la prima volta nel suo
teatro, il Festspielhaus, occupandosi direttamente della messa in scena. Questo teatro aveva
caratteristiche molto diverse dai tipici teatri all'italiana. Non aveva infatti una struttura ad alveare,
ma si presentava come un anfiteatro con l'intento di recuperare la dimensione rituale e celebrativa
degli antichi teatri. Per accrescere l'illusione scenica, Wagner collocò i musicisti sotto la scena, nella
fossa dell'orchestra definita “golfo mistico”, nascondendoli alla vista degli spettatori, e spense le
luci in sala (possibile grazie alle luci a gas) per concentrare l'attenzione degli spettatori sulla
rappresentazione, depotenziando il versante mondano del teatro. Egli curò anche la coerenza storica
dei costumi e delle scenografie e affidò i cambiamenti di scena a macchinari che venivano camuffati
mediante getti di vapore che simulavano la nebbia.
Il duca di Meiningen rivoluzionò la pratica teatrale, sottoponendo i suoi attori a lunghe prove in
costume e con le scenografie montate, rifiutandosi di rappresentare un'opera finché non riteneva che
tutti gli elementi fossero in perfetta armonia. Per accrescere l'illusione scenica, egli puntava
sull'accuratezza storica delle scenografie e sull'appropriatezza dei costumi ai personaggi. Per evitare
il protagonismo e le pretese dei grandi attori, impiegava soprattutto giovani e dilettanti e introdusse
la rotazione dei ruoli, in base alla quale un attore che aveva interpretato la parte del protagonista in
un dramma poteva recitare una parte minore in un altro.

La drammaturgia in Francia e in Inghilterra


Una tipologia drammatica che si affermò in Francia nella seconda metà dell'800 fu la pièce bien
faite, un dramma basato su una rappresentazione realistica e approfondita dei personaggi e
incentrato su alcuni momenti culminanti, concepiti per tenere desto l'interesse del pubblico. La

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pièce bien faite enfatizza il rapporto di causa-effetto nello sviluppo dell'intreccio e di solito è
costruita attorno a una situazione di crisi, dove l'azione ruota intorno a un segreto conosciuto dal
pubblico, grazie all'antefatto che fornisce le informazioni necessarie alla comprensione dei fatti, ma
non da tutti i personaggi. Nella scena-chiave, risolutiva dell'intreccio, il conflitto fra i personaggi dà
luogo a un confronto finale. Sebbene il termine pièce bien faite abbia assunto una connotazione
negativa, originariamente era inteso in senso positivo, in quanto si riferiva alla capacità del
drammaturgo di realizzare opere di successo. La sua struttura è stata utilizzata per affrontare
tematiche sociali anche scottanti, per esempio da Dumas figlio nel dramma La signora delle
camelie. E' stata inoltre esportata in Inghilterra ed ha influenzato Ibsen.
In Inghilterra vi furono molti drammaturghi innovatori, fra cui Wilde e Shaw. Seguace
dell'estetismo, Wilde riteneva che l'arte fosse fine a se stessa e non dovesse avere una funzione e
cercò di fare anche della propria vita un'opera d'arte. Scrisse molte commedie di costume, come
L'importanza di chiamarsi Ernesto e Un marito ideale. Le sue commedie sono ambientate in salotti
borghesi, frequentati da personaggi dell'alta società, e smascherano le ipocrisie e le convenzioni
attraverso dialoghi brillanti e umoristici. Una connotazione più simbolista e decadente ha invece
Salomé.
Più impegnate dal punto di vista sociale sono le commedie di Shaw, che era anche critico teatrale e
condannava il teatro commerciale. Egli cercò di promuovere il nuovo teatro di ispirazione
naturalista, cominciando a scrivere drammi in cui esprimere le sue idee sulla politica e sulla società,
convinto che il teatro avesse il compito di affrontare i temi sociali e far riflettere gli spettatori. Le
sue commedie includevano lunghe prefazioni che ne illustravano le tematiche e che erano spiritose,
brillanti e piene di dialoghi arguti. Potrebbero essere definite commedie di costume realistiche. Tra
di esse, Pigmalione.

Ibsen e il dramma realista


Il dramma realista intendeva rispecchiare la vita quotidiana, con personaggi che agivano e
parlavano come persone comuni, focalizzava l'attenzione su problemi sociali, cercando di trovare
possibili soluzioni, e rappresentava personaggi dalla personalità complessa, condizionata
dall'ambiente.
Il fondatore del realismo è considerato il drammaturgo norvegese Ibsen, che si distinse per la sua
abilità nel sondare la natura umana e la complessità psicologica dei personaggi, concentrandosi
sulle reazioni dell'individuo alle pressioni e ai condizionamenti sociali. Ibsen affrontava temi
scottanti, mettendo in discussione l'apparente solidità borghese del matrimonio e le convenzioni
sociali dell'epoca, e i suoi drammi facevano scalpore a causa delle tematiche affrontate, come le
ipocrisie e la falsa rispettabilità borghese, la corruzione sociale, i compromessi della vita coniugale.
Casa di bambola possiede le tipiche caratteristiche dei drammi tradizionali: l'esposizione
dell'antefatto, un segreto che viene rivelato nel corso della pièce e stratagemmi risolutivi
dell'intreccio. L'aspetto più innovativo risiede nel contenuto: la protagonista comprende di aver
vissuto per anni in una prigione dorata con uno sconosciuto, che l'ha sempre trattata come una
bambina o una bambola e che per questo si sentiva in diritto di decidere anche per lei, e, con un
gesto clamoroso per l'epoca, abbandona il marito e i figli per ritrovare se stessa e la propria dignità.
Nei drammi di Ibsen il conformismo borghese e l'ipocrisia impediscono ai personaggi di realizzare
se stessi e le loro aspirazioni.
La sua ultima fase artistica comprende drammi più vicini al simbolismo, come Hedda Gabler,
un'opera profondamente tragica che termina con il suicidio della protagonista eponima.

Il movimento naturalista
Strettamente collegato al realismo, il movimento naturalista emerse in Francia nella seconda metà
dell'800 e si diffuse anche in altri paesi europei. I naturalisti ritenevano che il teatro dovesse
rappresentare una tranche de vie, un pezzo di realtà trasposto sulla scena così com'è, ed erano
contrari all'uso di convenzioni e stereotipi. La loro principale preoccupazione era la ricerca
dell'autenticità, di una rappresentazione oggettiva come un documentario. Il loro intento di denuncia

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sociale li induceva a concentrarsi sulle classi popolari e disagiate, descrivendo le misere condizioni
di vita dei lavoratori e degli emarginati. Il maggior esponente del naturalismo in ambito letterario fu
Zola, secondo cui l'ambiente (milieu) svolge un ruolo determinante nella formazione dell'individuo
e per questo è importante descriverlo e analizzarlo attentamente, anche nei suoi aspetti più crudi,
senza cercare di abbellire la realtà. Egli polemizza contro le smanie di protagonismo degli attori e la
loro recitazione declamatoria, le pose e i gesti artificiosi e le esagerazioni, auspicando una
recitazione più vicina alla vita quotidiana
I drammaturghi naturalisti incontrarono molti ostacoli nella rappresentazione dei loro drammi,
poiché i teatri non li consideravano vantaggiosi dal punto di vista economico. Per questo furono
fondati in tutta Europa teatri indipendenti, liberi dai vincoli della censura e dediti alla ricerca
artistica piuttosto che a perseguire interessi economici. Il primo e il più importante fu il Théâtre
Libre, fondato a Parigi da Antoine. Antoine cercò di ricreare a teatro un'illusione di realtà,
applicando la teoria della “quarta parete”, secondo la quale il teatro dovrebbe mostrare scene di vita
vissuta come attraverso una parete, trasparente per gli spettatori, come osservatori casuali di un
evento, ma opaca per gli attori, che dovrebbero dimenticarsi dell'esistenza del pubblico. Le sue
scenografie erano realizzate appositamente per ogni messa in scena ed erano costituite da oggetti
tridimensionali e praticabili e fonti luminose situate sulla scena per accrescere l'illusione di realtà.
Spense, come Wagner, le luci della sala. Opponendosi al divismo degli attori, Antoine ingaggiò solo
dilettanti, che dovevano collaborare a formare un insieme ben equilibrato, senza mettersi in mostra
a scapito dei compagni. Seguiva la loro preparazione e le prove, che richiedevano parecchie ore,
imponendo loro una concezione rigorosa della messa in scena e un tipo di recitazione basato su una
serie di atteggiamenti e piccoli gesti maniacali che dovevano rappresentare il carattere del
personaggio. Essendo convinto che gli attori dovessero comportarsi in modo naturale, come nella
vita quotidiana, egli era contrario ai gesti convenzionali, agli stereotipi vocali e alla
caratterizzazione in tipi.
Successivamente sorsero altri teatri di ispirazione naturalista, come la Freie Bühne a Berlino,
composta da attori professionisti, l'Indipendent Theatre di Londra, che impiegava attori
professionisti e lanciò il drammaturgo Shaw, e il Teatro d'Arte di Mosca, fondato da Stanislavskij
e Nemirovic-Dancenko.
Alle sperimentazioni teatrali si affiancarono spettacoli di tipo commerciale, prevalentemente a
carattere popolare e di intrattenimento, in particolare nei teatri americani. Il teatro americano era
dominato da uomini d'affari che si associarono in un “Sindacato” ed esercitarono un monopolio
sulle produzioni teatrali, costringendo i proprietari dei teatri a rivolgersi a loro se volevano portare
sulla scena i migliori attori e spettacoli del momento. Gli attori che non lavoravano per il Sindacato
vedevano le loro opportunità drasticamente ridotte.

DA STANISLAVSKIJ AL SUPERAMENTO DEL REALISMO

Stanislavskij e il sistema
Influenzato dalle rappresentazioni della compagnia dei Meininger del duca di Meiningen, nella sua
prima fase di attività artistica, Stanislavskij si dedicò a una cura dettagliata della messa in scena,
cercando di ricreare un'ambientazione storicamente attendibile, in linea con i principi del teatro
naturalista. Dall'incontro con Nemirovic-Dancenko nacque il Teatro d'Arte di Mosca: Stanislavskij
si sarebbe occupato della preparazione artistica degli attori, svolgendo la funzione di regista,
Nemirovic-Dancenko avrebbe curato la scelta del repertorio. Con Stanislavskij avvenne la piena
affermazione della regia.
L'intento principale di Stanislavskij era portare la vita, ovvero la verità, sulla scena, sia dal punto di
vista dell'ambientazione sia da quello della recitazione. Egli si opponeva dunque alle convenzioni e
alle approssimazioni del teatro tradizionale e criticava le cattive abitudine degli attori: le loro
smanie di protagonismo, la scarsa attenzione dedicata alle prove e al gioco d'insieme, la riduzione
dell'arte a un mestiere ripetitivo fondato sulla routine e sui cliché. Dai Meininger riprese la
rotazione dei ruoli, l'ingaggio di attori dilettanti e un certo autoritarismo registico. In seguito, però,

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la formazione degli attori e il training assunsero una vocazione pedagogica, che portò Stanislavskij
a trasformarsi da regista-despota alla Meininger a regista-maieuta in grado di aiutare l'attore a
realizzare al meglio le sue potenzialità e a liberare la sua creatività.
L'incontro con Cechov segnò il passaggio dalla prima fase, definita da Stanislavskij stesso “linea
storica e di costume” in quanto fondata sulla ricerca della verità esteriore, a una fase più matura,
fondata sulla ricerca della verità interiore, che si può definire realismo psicologico. Questo incontro
è stato determinato dal fiasco subito dal dramma di Cechov Il Gabbiano, dovuto al fatto che esso
era completamente diverso dalle pièce che gli attori erano abituati a interpretare a causa
dell'approfondimento della psicologia attraverso piccoli gesti e sfumature che avvicinava i
personaggi alla realtà, ma li rendeva anche più difficili da interpretare. Ciò era proprio quello che
attirò Stanislavskij e Nemirovic-Dancenko, che convinsero Cechov a rappresentare il dramma al
Teatro d'Arte di Mosca, dove trionfò. Il Teatro d'Arte rappresentò con successo anche i successivi
drammi di Cechov. Le sue opere mostrano il tedio esistenziale di personaggi incapaci di realizzare
le loro aspirazioni, dediti a futili occupazioni e condannati alla mediocrità quotidiana. Anche
quando compiono un atto violento estremo, come il suicidio, falliscono o lo portano a termine senza
alcuna possibilità di catarsi o di risoluzione.
Stanislavskij elaborò un sistema da insegnare agli attori per conferire alla recitazione la naturalezza
e la spontaneità della vita reale. Egli infatti si rese conto che tutte le azioni, anche le più semplici e
le più familiari, diventano forzate quando si compiono davanti ad un pubblico e si rivela necessario
dunque imparare di nuovo a fare queste semplici azioni, ossia bisogna rieducare l'attore. L'attore
deve innanzitutto credere a tutto ciò che accade sul palcoscenico e soprattutto a ciò che fa egli
stesso. Deve dunque essere mosso da un profondo senso di convinzione nelle motivazioni che lo
fanno agire e solo così può rendere naturale e convincente il proprio comportamento e aspetto
esteriore. L'attore inoltre non deve enfatizzare solo i momenti culminanti della parte, poiché nella
vita reale l'esistenza è un continuum, quindi anche la vita del personaggio deve essere continua.
Infine, è necessario sviluppare un forte senso di collaborazione e interazione con gli altri attori sulla
scena, ossia il gioco d'insieme. Egli aveva notato infatti che gli attori tendevano a deconcentrarsi
mentre parlavano gli altri e ciò, oltre a distruggere la controscena, ovvero le reazioni espressive alle
parole dell'interlocutore, interrompeva la continuità della parte.
Stanislavskij elaborò anche tecniche ed esercizi che potessero agevolare l'attore nel suo compito, a
partire dal rilassamento e dalla concentrazione. Egli osservò infatti che i bravi attori erano sempre
concentrati su una persona o su un oggetto in scena. Ideò perciò un esercizio in cui il “cerchio
d'attenzione” doveva essere circoscritto a una determinata area, estromettendo tutto il resto.
Importanti erano anche i dettagli. Un attore non deve mai esprimere un sentimento in modo
generico, poiché nella vita reale gli uomini reagiscono in base al carattere, all'educazione e a una
serie di varianti. Gli attori devono perciò ricorrere a dettagli gestuali e piccole azioni che esprimono
una determinata passione in modo coerente col personaggio, tenendo conto delle “circostanze
date”, ovvero delle condizioni ambientali, psicologiche, sociali e così via in cui il personaggio si
trova ad agire.
L'attore deve giungere alla verità interiore del personaggio, ovvero al mondo soggettivo in cui è
immerso, fatto di pensieri ed emozioni, e uno dei modi per farlo è il “magico se”: deve cioè
domandarsi che cosa farebbe in quella determinata situazione, ovvero nelle “circostanze date”, se
fosse nei panni del personaggio.
Un altro principio del sistema è che ogni azione sulla scena deve avere uno scopo, che, insieme
all'atteggiamento psicologico del personaggio, condizionerà il modo in cui sarà compiuta l'azione
stessa. Conoscere lo scopo o il compito principale del personaggio è necessario all'attore per
conferire unità e continuità alla parte, infatti, una volta che ne viene a conoscenza, l'attore può
suddividere il dramma in sottocompiti, che rappresentano ognuno uno scopo specifico che
concorrerà a determinare lo scopo principale.
Un aspetto centrale del sistema è la teoria della reviviscenza: poiché l'attore non deve fingere ma
essere il personaggio, dovrà immedesimarsi nelle sue emozioni e passioni, che rivivrà sulla scena.
Le “circostanze date” costituiscono la base di partenza, sulla quale l'attore deve innestare il

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“sottotesto”, ovvero la vita del personaggio al di là delle battute e delle azioni contenute nel
dramma. L'immaginazione è dunque essenziale per l'attore, che deve ricostruire la vita psicologica
ed emotiva del personaggio. Ciò avviene mediante il “magico se” e ricorrendo alla “memoria
emotiva”, cioè al bagaglio di esperienze vissute personalmente dall'attore durante la sua vita: le
emozioni legate ai ricordi riaffiorano quando vengono riattivate. L'attore però deve far emergere
queste emozioni al momento opportuno, deliberatamente, attraverso una tecnica cosciente di
recupero del subconscio, definita da Stanislavskij “reviviscenza”.
Stanislavskij continuò per tutta la vita a sperimentare. Infatti, nell'ultima fase della sua carriera
artistica rivide le sue teorie, rivalutando le azioni fisiche esteriori come possibili punti di partenza
per innescare il processo interiore della reviviscenza. In un'altra fase si avvicinò al simbolismo,
privilegiando la fantasia sulla ricostruzione storica. La sua continua ricerca di nuove forme e metodi
di lavoro è attestata dalla creazione del Primo Studio, il suo primo laboratorio sperimentale, al quale
ne seguirono altri.

Il simbolismo
Fu il più importante movimento che si contrappose al realismo tra la fine dell'800 e l'inizio del '900
e che ebbe origine in Francia in reazione al dominio del dramma borghese e della pièce bien faite. I
simbolisti volevano restituire al teatro la sua capacità di rivelare la vita profonda degli esseri umani,
di evocare piuttosto che rappresentare, di mostrare l'essenza delle cose attraverso i simboli. Le pièce
simboliste sono statiche, ovvero quasi del tutto prive di azioni esteriori, e, nel tentativo di evocare
l'ineffabile e l'inesprimibile ricorrono alla musica, alla poesia e alle metafore, privilegiando la
spiritualità e disprezzando la materialità. La riduzione al minimo dell'intreccio, la mancanza
d'azione e i lunghi monologhi sono i motivi principali per cui non ebbero una grande diffusione
sulle scene.
Strindberg, come Ibsen, è ricordato per i suoi drammi di ispirazione realistica, ma nella seconda
parte della sua carriera si avvicinò al simbolismo e all'espressionismo. Nei suoi drammi i simboli
abbondano e i personaggi sono personificazioni simboliche. In generale, i suoi drammi rivelano gli
aspetti grotteschi della realtà che si celano dietro l'apparenza.
Come i fautori del realismo, anche i simbolisti fondarono teatri indipendenti per rappresentare i loro
drammi, come il Théâtre d'Art e il Théâtre de l'Oeuvre a Parigi, che proposero allestimenti
antirealistici in cui la scena veniva dematerializzata, e l'Abbey Theatre in Irlanda. Tra i
drammaturghi che collaborarono con quest'ultimo scrivendo pièce simboliste vi fu l'irlandese Yeats.
Per i simbolisti, la scena avrebbe dovuto allontanarsi dalla realtà quotidiana per librarsi nell'ideale e
nell'astrazione. Per esprimere l'ideale, anche l'attore dovrebbe alleggerire la sua presenza,
diventando più neutro e rarefatto possibile e limitandosi a suggerire ed evocare. Da qui
l'apprezzamento per la marionetta e la maschera, impersonali ed emblematiche, e per tutto ciò che
può cancellare l'individualità. I simbolisti aspiravano dunque ad un'eliminazione virtuale degli
attori.
Sul versante scenografico, Appia e Craig diedero inizio alla scenografia moderna. Essi
abbandonarono la scenografia tradizionale, fondata sulla ricostruzione realistica dell'ambiente, in
quanto ritenevano che la scenografia dovesse suggerire e non riprodurre l'ambientazione, e
intuirono le enormi potenzialità dell'impiego espressivo della luce per gli effetti scenici,
sviluppando l'illuminotecnica come un'arte.
Appia affermava che nel dramma musicale l'attore ha un ruolo subordinato, non ha alcuna libertà
interpretativa e creativa, poiché la recitazione è vincolata alla partitura musicale, tuttavia svolge
comunque un ruolo importante, in quanto fa da tramite tra la musica e lo spazio: due categorie
astratte che si realizzano proprio nel “corpo vivente” che si muove sulla scena. Secondo Appia,
occorreva eliminare l'inutile ingombro dei fondali e delle quinte dipinte, sostituendoli con una scena
essenziale, senza alcuna pretesa di illusionismo.
Craig voleva affrancare il teatro dal realismo, sottraendo la scena al predominio dell'attore e del
testo per affermare l'autonomia della rappresentazione. Egli rivendicava anche l'autonomia della
funzione creativa del regista, che garantiva l'uniformità stilistica della messa in scena. Craig

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progettò una scenografia composta da elementi astratti, privi di qualsiasi intento illusionistico, che
poteva rappresentare luoghi diversi grazie allo spostamento di alcuni elementi.
Il dominio del grande attore, secondo Craig, aveva reso la recitazione l'elemento di maggior
debolezza del teatro, perciò egli propose provocatoriamente di sostituirlo con l'Übermarionette,
una supermarionetta capace di rispondere perfettamente alle indicazioni del regista. Mentre per
Appia, dunque, l'attore svolge comunque una funzione importante, per Craig è solo un elemento
ingombrante e inaffidabile. Per questo non considerava la recitazione un'arte, poiché l'arte è
l'opposto del caos, della casualità e di tutto ciò che è aleatorio e sfugge al controllo.

Registi antirealisti
In Russia, alla fine dell'800, emerse una reazione contro il realismo, che influenzò anche
Stanislavskij e molti registi, tra cui Mejerchol'd, allievo di Stanislavskij e Nemirovic-Dancenko.
La sua prima fase di sperimentazione, affine alla poetica simbolista, era fondata sulla stilizzazione e
sulla convenzione. Le sue messe in scena erano caratterizzate dall'immobilità e dall'appiattimento
della tridimensionalità dell'attore, ma in seguito egli riteatralizzò la scena. Mejerchol'd voleva che la
scena rivelasse i propri meccanismi, l'artificio, base fondante dell'arte teatrale.
Egli elaborò un nuovo metodo per la formazione dell'attore, che sfocerà nella biomeccanica:
secondo questa teoria, prima viene il movimento e poi la parola, così allo stesso modo Mejerchol'd
intendeva suscitare nell'attore un processo emotivo a partire dalle azioni fisiche.
Egli voleva ottenere effetti spiazzanti o comico-grotteschi e per questo introdusse una prospettiva
straniante nel rapporto attore-personaggio: l'attore non doveva rinunciare alla propria concezione
del mondo per immedesimarsi in quella del personaggio, doveva anzi giudicarlo. L'attore inoltre
doveva affrancarsi dal testo e reinventare continuamente l'espressività, in modo che non vi fosse un
rapporto prevedibile tra sentimento ed espressione.
Mejerchol'd, con la Rivoluzione russa, si convertì al comunismo e aderì al costruttivismo, il
movimento culturale che intendeva superare i canoni dell'arte borghese ed esaltare la classe operaia,
la tecnologia e la produzione industriale. Egli vedeva nell'attore-operaio la perfetta integrazione
dell'individuo con il sistema e nel lavoro uno strumento di nobilitazione dell'individuo-massa.
Un altro regista che si allontanò dal realismo fu l'austriaco Reinhardt, i cui grandi allestimenti,
sempre nuovi, avevano un forte impatto visivo. Egli cercò di riscoprire il versante ludico e gioioso
della creazione artistica, restituendo alla recitazione il senso di finzione: il teatro è una magia
creativa e l'attore ha il compito di trasportarci in una sfera fantastica che non finge di essere realtà,
ma che della realtà rivela la magica essenza.

Il teatro africano d'America


Nei primi anni '90 ottennero successo una serie di musical scritti, recitati e messi in scena da
afroamericani. Essi consistevano in una nuova forma di spettacolo musicale, la rivista. Per la prima
volta, i neri sulla scena erano realistici e non rappresentati in modo caricaturale. Essi fondarono
delle compagnie afroamericane, che mettevano in scena anche il vaudeville e drammi seri, e alcune
di esse durarono per un lungo periodo. Negli anni '30 e '40 il teatro afroamericano si affermò
sempre di più e si venne così a creare una generazione di artisti neri, che rinnovarono il teatro degli
anni successivi.

IL TEATRO DAL 1915 AL 1945

L'espressionismo, il futurismo, il dadaismo e il surrealismo


Si tratta delle avanguardie di inizio '900, movimenti che presero avvio dalle arti figurative e/o
letterarie per poi estendersi al teatro.
L'espressionismo nacque in Germania ed era caratterizzato da una distorsione della realtà allo
scopo di comunicare la visione inquieta dell'artista e i suoi sentimenti conflittuali. I drammi
espressionisti erano fondati sulla soggettività: l'azione drammatica veniva mostrata attraverso gli
occhi del protagonista ed era perciò alterata come in una dimensione onirica. La maggior parte di

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questi drammi contestava la società e la famiglia, nonché i valori su cui si fondavano. La loro
struttura era “a stazioni”, poiché il protagonista attraversava una serie di prove e incidenti. I
personaggi erano figure emblematiche, spesso senza un nome proprio e definite come entità
generiche. Il linguaggio era spesso telegrafico, con brevi scambi di battute. I registi espressionisti
utilizzavano cambiamenti di luce e di costumi in funzione espressiva, in modo da riflettere le
emozioni dei personaggi.
Il futurismo nacque in Italia e il suo massimo esponente fu Marinetti. Al contrario degli
espressionisti, i futuristi esaltavano la guerra e il progresso tecnologico, il culto per il coraggio,
l'audacia e il dinamismo. Dopo la guerra si schierarono a favore del nascente partito fascista. Essi
ritenevano che la nuova guerra avesse bisogno di nuove forme estetiche, svincolate dalla tradizione,
per questo pubblicarono diversi manifesti, fra cui alcuni sul teatro. Il teatro sintetico si presentava
come una rappresentazione alternativa al teatro di prosa e consisteva in scene brevi e
apparentemente illogiche, senza alcuno sviluppo drammatico, e in effetti visivi e sonori che
avevano la funzione di stupire e sconcertare gli spettatori. Il principale intento dei futuristi era
infatti provocare il pubblico, inducendolo a reagire e a partecipare attivamente allo spettacolo,
incluso nelle cosiddette “serate futuriste”. Le pièce futuriste prevedevano intrecci e personaggi
elementari, privi di spessore psicologico, e avevano uno scarso valore dal punto di vista
drammatico. Alcuni artisti concepivano l'attore come una marionetta nella mani del regista e dello
scenografo e auspicavano addirittura la sua sostituzione con un automa.
Il dadaismo nacque in Svizzera da una serie di manifesti scritti da Tzara. I dadaisti si ritrovavano
al Cabaret Voltaire, dove offrivano spettacoli provocatori sotto forma di letture pubbliche, esibizioni
musicali e di danza. Il movimento dadaista era innanzitutto una reazione all'insensatezza della
guerra, vista come una manifestazione della follia del mondo. I suoi brevi drammi sfidavano le
spiegazioni irrazionali e intendevano rappresentare il nonsense e l'irrazionalità dell'esistenza.
Qualsiasi cosa poteva divenire un oggetto artistico, come i ready-made di Duchamp.
Il surrealismo nacque all'interno del movimento dadaista e il suo massimo esponente fu lo scrittore
Breton. Secondo i surrealisti, il subconscio è il livello più alto di realtà, che i drammi dovrebbero
cercare di rappresentare. Infatti le loro pièce sembrano ambientate in mondo onirico, in cui eventi
riconoscibili si mescolano ad accadimenti fantastici. Artaud aderì inizialmente al movimento
surrealista per poi sviluppare una sua personale concezione del teatro. Egli riteneva che i testi
drammatici non dovessero essere considerati dei capolavori immutabili, ma che fosse necessario
trasformarli per farli rivivere e per renderli capaci di parlare ai contemporanei. Per lui il teatro era
soprattutto un'esperienza sensoriale estrema, in cui gli spettatori dovevano essere bombardati da
stimoli forti, capaci di scuotere le loro coscienze assopite. Elaborò perciò il concetto del “teatro
della crudeltà”, contrapposto al teatro borghese e realista: l'intento era quello di provocare sussulti
e paura nello spettatore, che doveva trovarsi fisicamente al centro della rappresentazione e la cui
stessa vita doveva entrare in gioco. Gli spettacoli erano fortemente stilizzati e ritualizzati e allestiti
in spazi riadattati a teatro.

Il teatro epico
Ebbe origine in Germania e fu introdotto da Piscator, sebbene venga spesso associato a Brecht. Le
rappresentazioni di Piscator avevano soprattutto finalità politiche, in quanto intendevano risvegliare
la coscienza di classe e provocare negli spettatori una reazione critica. Egli utilizzava materiali
documentari, come proiezioni e filmati, in cui venivano mostrati gli eventi storici che costituivano il
contesto di riferimento. Sebbene intendesse rivolgersi alla razionalità e al giudizio critico degli
spettatori, le sue rappresentazioni grandiose inducevano lo spettatore ad una partecipazione emotiva
provocata dalla spettacolarità stessa.
I primi drammi di Brecht risentivano dello stile espressionista. L'Opera da tre soldi presenta un
mondo popolato da loschi personaggi senza scrupoli, dediti al perseguimento dei propri interessi a
qualsiasi costo. Le canzoni del compositore Kurt Weil, che collaborò al dramma, inducono lo
spettatore a tracciare analogie e a esprimere giudizi nei confronti dei comportamenti dei personaggi.
Brecht si convertì all'ideologia marxista, ma, con l'avvento del nazismo, fu costretto all'esilio,

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durante il quale elaborò la sua teoria del teatro epico. Quando ritornò in Germania assunse la
direzione del teatro del Berliner Ensemble.
Brecht scrisse drammi dalla struttura episodica, ambientati in paesi lontani o epoche storiche remote
e che coprivano lunghi periodi di tempo e prevedevano vari luoghi, intrecci complessi e molti
personaggi. Tuttavia, le tematiche erano di estrema attualità sociale e politica. Lo scopo del teatro
epico, secondo Brecht, era istruire, ossia creare un'attitudine intellettuale che potesse portare al
cambiamento sociale. Per questo chiamò i suoi drammi “didattici”. Per insegnare, il teatro non
doveva coinvolgere emotivamente, ma rivolgersi all'intelletto degli spettatori e la messa in scena,
antillusionistica, doveva indurli a restare distaccati per poter osservare l'azione drammatica in modo
critico. A tale scopo elaborò la teoria dello straniamento. Per ottenere questo effetto il teatro
avrebbe dovuto abbandonare l'idea di perseguire un'opera d'arte totale (teorizzata da Wagner) e ogni
singolo elemento della messa in scena avrebbe dovuto veicolare in modo indipendente un
messaggio politico. Per la stessa ragione, le scenografie erano indicative dell'ambientazione ma non
realistiche. Il pubblico doveva sempre ricordare di essere a teatro: le fonti di luce erano visibili,
talvolta dei narratori intervenivano a commentare l'azione drammatica, le scene erano introdotte da
titoli o cartelli. Le canzoni utilizzate da Brecht non servivano ad accrescere l'intensità emotiva delle
scene, ma a commentare l'azione e veicolare un messaggio politico.
I primi destinatari dell'insegnamento dei drammi didattici erano gli attori stessi. Questi drammi
raccontavano un evento da diversi punti di vista e di fronte a un'entità giudicante, ma la conclusione
e il giudizio potevano essere messi in discussione dal pubblico, che doveva partecipare attivamente.
Dunque, mentre nel teatro tradizionale gli attori rappresentavano un avvenimento, inducendo lo
spettatore a provare sentimenti, nel teatro epico lo mostravano, facendo dello spettatore un
osservatore e costringendolo a prendere decisioni. Inoltre, mentre nel teatro tradizionale l'uomo
veniva considerato immutabile, le scene erano consequenziali e c'era una tensione riguardo all'esito,
nel teatro epico l'uomo era considerato trasformabile e modificatore della realtà, ogni scena stava
per sé e non vi era tensione riguardo a ciò che accadeva ma al come.
Brecht chiedeva agli attori di non immedesimarsi nel personaggio, ma di mostrare i comportamenti
e gli atteggiamenti e addirittura di giudicarli, poiché lo straniamento dell'attore era funzionale a
quello dello spettatore, che doveva meravigliarsi di ciò che accadeva e domandarsi il perché delle
cose. Lo stupore era infatti per Brecht un atteggiamento mentale, e non un'emozione, che serviva a
comprendere il meccanismo del mondo intorno a noi. Lo spettatore doveva dunque osservare la
rappresentazione con distacco per poter giudicare i comportamenti e tradurre poi il suo giudizio in
atteggiamento politico.
Madre Coraggio e i suoi figli rispecchia in modo esemplare le teorie di Brecht sul teatro epico. E'
ambientata in Europa durante la Guerra dei Trent'Anni ed è strutturata in episodi, con cambiamenti
di tempo e luogo. Ogni scena è preceduta da un breve riassunto di quanto accadrà e contiene
canzoni che ne commentano i temi. Il ruolo sociale dei personaggi è messo in evidenza dal fatto che
sono denominati con la loro qualifica invece che con il nome proprio. Questo dramma contiene un
messaggio politico con cui Brecht voleva dimostrare come la guerra avesse origine dalla ricerca del
profitto, dall'avidità e dall'opportunismo, su cui si fonda il sistema capitalistico e che anche Madre
coraggio persegue, senza capire che finirà schiacciata da questi stessi ingranaggi. Brecht non voleva
che il pubblico si commuovesse immedesimandosi nel dolore materno di Madre Coraggio, ma che
la giudicasse e prendesse posizione contro le sue scelte.

I teatri europei durante e tra le due guerre


In Francia Copeau promosse un teatro fondato sullo studio approfondito del testo, in quanto
riteneva che la poetica naturalista negasse l'essenza stessa del teatro, concentrandosi eccessivamente
sui dettagli e sulla scenografia invece che sui testi. Le sue teorie teatrali erano incentrate sul training
dell'attore, che doveva comprendere un attento studio del testo. Egli respingeva l'idea naturalista di
una rappresentazione oggettiva della realtà e cercava invece di infrangere la barriera convenzionale
tra attori e pubblico. Il suo teatro perciò non aveva un arco di proscenio e il palcoscenico nudo
veniva investito di significato ricorrendo a semplici pannelli ed effetti di luce. L'esperienza teatrale

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era un processo continuo, un work in progress, piuttosto che un'opera compiuta.
Il drammaturgo spagnolo più significativo dell'epoca fu Garcia Lorca, i cui drammi mostravano gli
effetti deleteri dei condizionamenti sociali e furono censurati infatti fino alla morte di Franco, ma
vennero in seguito considerati emblematici della protesta degli spagnoli contro il regime. Lo scopo
di Garcia Lorca e della sua compagnia itinerante era quello di diffondere la cultura attraverso il
teatro, i cui temi e personaggi erano concepiti per un pubblico popolare. Nei suoi drammi più maturi
emerge una maggiore attenzione alla psicologia tormentata dei personaggi e alle conseguenze
estreme di conflitti familiari e psicologici.
Diversamente dal teatro continentale, quello inglese fu prevalentemente commerciale, anche se
alcuni scrittori, come T.S Eliot, e registi furono più innovativi e sperimentarono nuovi modi per
rappresentare i classici.
In Italia il teatro di inizio '900 era ancora dominato dal grande attore, ma cominciarono a farsi
strada accenni a un teatro di regia. Durante l'epoca fascista si affermarono il varietà e
l'avanspettacolo (nato come spettacolo che precede la proiezione cinematografica) con ballerine,
cantanti e comici e dove recitò il grande attore comico Totò prima di dedicarsi al cinema.
Pirandello scrisse i suoi primi drammi in dialetto. Tra le sue pièce più note vi sono Così è (se vi
pare), in cui l'impossibilità di conoscere la verità è suggellata dalla risata finale di un personaggio
che svolge la funzione di raisonneur, ovvero di colui che osserva gli eventi in modo lucido e
disincantato, e Il giuoco delle parti, dove è ancora presente la figura del raisonneur. La sua pièce
più famosa è Sei personaggi in cerca d'autore, il cui tema è la dicotomia tra vita e forma, cioè tra
l'esistenza che assume continuamente nuove forme e il desiderio di fissarsi in un'immagine
immutabile. Mentre i personaggi vivono nella sfera ideale e immutabile dell'arte, ovvero nella
forma, gli attori fanno parte della vita, continuamente mutevole. Pirandello diffidava degli attori,
incapaci di dar vita al testo drammatico senza travisarlo e per questo saranno sempre traduttori
imperfetti. Il desiderio di fissare la propria immagine in una forma fa scaturire la necessità di
indossare un ruolo o maschera sociale, che tende inevitabilmente a soffocare la naturale fluidità
della vita. Il conflitto drammatico è spesso tra l'illusione di attingere a una verità univoca e la
relatività dei punti di vista. Un altro tema essenziale della drammaturgia di Pirandello è la
disgregazione dell'identità che può portare alla pazzia vera o simulata come unico mezzo per poter
dire la verità al di là delle convenzioni sociali. Emblematico in tal senso è Enrico IV, che dopo
essere impazzito e rinsavito si finge ancora pazzo per l'impossibilità di continuare a vivere
all'interno della società e delle convenzioni e condannando se stesso a vivere per sempre nella
finzione della follia. Pirandello fondò a Roma il Teatro d'Arte, di cui fu direttore e regista. Nella
sua ultima fase artistica, detta del “teatro dei miti”, introdusse una dimensione magico-fantastica,
come nella pièce I giganti della montagna, metafora della difficile condizione dell'artista in un
mondo insensibile ai valori spirituali e dominato dall'ignoranza e dall'avidità.
I regimi totalitari ostacolarono lo sviluppo del teatro, ma l'attività teatrale non cessò del tutto
durante le dittature. Esistevano infatti teatri sovvenzionati dallo Stato, che venivano usati come
strumento di propaganda, e spettacoli di massa che si svolgevano all'esterno e consistevano in
eventi grandiosi ed elaborati. Le opere degli autori considerati politicamente pericolosi o che si
opposero ai regimi furono invece censurate e proibite e gli artisti soppressi. Molti furono gli artisti
tedeschi costretti a lasciare la Germania, tra questi Reinhardt, Piscator e Brecht, mentre altri furono
deportati nei campi di concentramento.

Il teatro americano
Nel primo decennio del '900 la forma spettacolare che ebbe maggior successo fu il musical, ma nei
decenni successivi divennero estremamente popolari anche le riviste. Il teatro commerciale dovette
affrontare una serie di difficoltà, come la crisi economica degli anni '20 e la diffusione del cinema.
Nonostante la sua predominanza, si affermò anche un teatro più impegnato, testimoniato dalla
fioritura di una serie di piccoli teatri indipendenti, che perseguivano intenti artistici e non
commerciali. O'Neill è considerato il drammaturgo che ha portato il teatro americano alla piena
maturità, ispirandosi a vari movimenti e forme, dal realismo all'espressionismo. Egli sosteneva che

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il teatro non dovesse essere un'impresa commerciale, ma un'arte, una vocazione.
Il Group Theatre fu una compagnia teatrale a carattere non commerciale che introdusse il sistema
di Stanislavskij negli Stati Uniti. Politicamente orientata a sinistra, sperava di incitare all'azione
attraverso il teatro. Tra i suoi fondatori vi fu Strasberg e tra gli attori Stella Adler, tra i quali sorsero
dissensi sulla corretta interpretazione del sistema. Strasberg assunse la direzione dell'Actors' Studio
e rielaborò il sistema di Stanislavskij dando vita a un suo metodo, che si concentrava soprattutto sul
lavoro dell'attore su se stesso piuttosto che sulla costruzione del personaggio: focalizzandosi sulla
rimozione degli ostacoli psicologici all'espressività, Strasberg cercò di liberare l'attore dai
condizionamenti che impediscono l'espressione delle energie psichiche ed emotive. Centrale nel
metodo di Strasberg era la memoria emotiva: la preparazione della parte era un'esperienza in cui
l'attore si immergeva, rivivendo le proprie emozioni secondo modalità non molto dissimili da quelle
utilizzate nella psicoanalisi. Strasberg applicò il suo metodo con successo anche agli attori del
cinema, a cui era più appropriato data la necessità di una recitazione discontinua. Infatti, la
coincidenza fra il proprio vissuto e le emozioni da interpretare è più facile da realizzare se si tratta
di singoli frammenti, che permettono la parcellizzazione in compiti di Stanislavskij non solo
durante le prove e il training, mentre l'attore di teatro deve elaborare una tecnica che gli permetta di
mantenere l'immedesimazione nel personaggio per tutta la durata della rappresentazione. Stella
Adler non condivideva la centralità della memoria emotiva nel metodo di Strasberg, sostenendo che
Stanislavskij poneva l'accento soprattutto sullo studio del testo drammatico e del personaggio.

IL TEATRO NELLA SECONDA META' DEL '900: LA DRAMMATURGIA

L'esistenzialismo e il teatro impegnato


L'esistenzialismo è stato teorizzato da Sartre e Camus, che si erano distinti per il loro impegno
politico, partecipando alla Resistenza e aderendo al marxismo. Secondo gli esistenzialisti, l'umanità
è sola, gettata in un universo irrazionale, privo della presenza di Dio. L'uomo è chiamato
continuamente a scegliere e a prendere posizione, ovvero ad avere un ruolo politicamente attivo
nella società, poiché anche non scegliere è una scelta, e solo il fatto di assumersi la responsabilità
delle proprie scelte dà un senso alla sua esistenza. Mentre Camus si è concentrato sul concetto
dell'assurdità dell'esistenza, la concezione filosofica di Sartre ha una connotazione più legata
all'impegno politico. Il concetto di scelta, responsabilità individuale e impegno assumeva una
particolare rilevanza nella Francia occupata dai nazisti. I drammi esistenzialisti hanno una forma
drammaturgica del tutto convenzionale, ovvero simile a quella dei drammi borghesi: l'intreccio è
basato su una logica di causa-effetto e i personaggi sono umanamente verosimili.

Il teatro dell'assurdo
E' più innovativo e anticonvenzionale dal punto di vista della forma. I suoi drammi sono molti
diversi tra loro ma hanno delle caratteristiche comuni, per esempio l'assurdità delle azioni umane,
che non si possono spiegare logicamente e razionalmente. La loro struttura è episodica e illogica,
spesso sembra non succedere niente e il dramma ha una forma circolare, poiché si conclude nello
stesso modo in cui è iniziato. I personaggi non sono realistici e sulle loro caratteristiche sono fornite
pochissime informazioni. L'ambientazione è spesso un luogo strano e irriconoscibile o un luogo
surreale, che improvvisamente viene messo a soqquadro. Il linguaggio è spesso telegrafico e
sconnesso, mentre i dialoghi sembrano privi di senso compiuto, al punto da impedire la
comunicazione tra i personaggi. Gran parte della drammaturgia europea del secondo dopoguerra è
incentrata sulla difficoltà dei rapporti umani e sull'incapacità di comunicare dei personaggi, tanto
che spesso l'intreccio si riduce a una banale conversazione quotidiana.
Le pièce di Beckett sono incentrate sulla routine quotidiana e mettono in evidenza l'ottusità e la
futilità delle azioni umane, nonché l'incapacità degli uomini di comunicare. In Aspettando Godot
due barboni si dedicano a semplici azioni quotidiane e aspettano l'arrivo di un fantomatico Godot,
che in qualche modo dovrebbe risolvere i loro problemi o comunque dare una svolta alla loro
esistenza ripetitiva e priva di senso. Altri due personaggi sono un ricco proprietario terriero e il suo

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servo, tenuto al guinzaglio. L'ambientazione è semplice (una strada di campagna e un albero) e
sempre la stessa nei due atti. L'azione è ciclica e si ripresentano sempre le stesse situazioni
quotidiane e dialoghi simili. Alla fine di entrambi gli atti arriva un ragazzo che comunica un
messaggio del signor Godot, che dice che oggi non verrà, ma sicuramente domani. Tragicità e
comicità si intrecciano indissolubilmente, tanto che lo stesso Beckett la definì una tragicommedia. I
due barboni hanno infatti un versante clownesco, che conferisce alla pièce un ritmo veloce, quasi
cabarettistico. Proprio in questa ambivalenza risiede la modernità dell'opera. Secondo alcuni, Godot
rappresenta un riferimento a Dio, ma Beckett ha volutamente lasciato indefinita la sua figura e il
senso da attribuire all'attesa dei due barboni. Se la maggior parte dei personaggi di Beckett sono
afflitti da decrepitezza, menomati o limitati nelle loro funzioni vitali, nelle opere più tarde si assiste
addirittura a una disintegrazione dell'unità dei personaggi stessi, ridotti in alcuni casi a una bocca o
a un grande orecchio.
Nelle pièce di Ionesco i personaggi sono spesso caricaturali e hanno perso il controllo della loro
esistenza, mentre le azioni drammatiche sono spinte fino al ridicolo. Per sottolineare la futilità della
comunicazione umana, egli utilizza un linguaggio apparentemente privo di senso. I rinoceronti è
una satira del conformismo sociale, poiché tutti gli abitanti di un paese si trasformano in
rinoceronti. Per Ionesco, il teatro non doveva avere alcun intento didattico, ma intrattenere e
illuminare l'esistenza da punti di vista non convenzionali.
Le pièce di Pinter sono prive di una spiegazione razionale e di solito non viene esposto un antefatto
che giustifichi quanto accade, né il carattere dei personaggi viene illustrato secondo comuni criteri
psicologici. I dialoghi riproducono le pause, le incertezze e l'incoerenza di una conversazione
quotidiana. A differenza degli altri due drammaturghi, tuttavia, Pinter crea un mondo drammatico
che ha un'apparenza di verosimiglianza. Le opere della prima fase sono state definite “teatro della
minaccia”, poiché i personaggi si comportano in modo inspiegabile e assurdo, creando
un'atmosfera incombente d'angoscia. Molte pièce si svolgono all'interno di ambienti
apparentemente rassicuranti e tranquilli, da cui affiorano tuttavia tensioni e problemi, spesso a causa
dell'arrivo di un estraneo. Nelle opere successive la classe sociale dei personaggi diventa sempre più
elevata e prevale il tema dello sdoppiamento dell'identità, mentre le ultime opere sono caratterizzate
da un forte impegno politico e civile.
Associato al teatro dell'assurdo è il drammaturgo Genet, che si oppose radicalmente alle
convenzioni della società borghese e considerava l'esistenza umana priva di senso. Genet usava
spesso nelle sue opere i giochi di ruoli e privilegiava gli emarginati, come lui, e le devianze.

I drammi realistici
I drammaturghi americani Miller e Tennessee Williams scrissero opere che si possono definire di
“realismo selettivo”, in quanto certi dettagli dell'azione, della scenografia e del dialogo vengono
posti in rilievo a discapito di altri, che vengono invece omessi. Anche l'ambientazione non è del
tutto realistica. Miller incentrò i suoi drammi sul fallimento, sul concetto di responsabilità e sugli
effetti della società sull'individuo. In Morte di un commesso viaggiatore, definita la “tragedia
dell'uomo comune”, il suicidio del protagonista è causato dal fallimento della sua esistenza e il
dramma mostra la disintegrazione dei falsi ideali del self-made man.
Un tema ricorrente nei drammi di Tennessee Williams è la piaga degli emarginati sociali, che
vivono intrappolati in un ambiente ostile e sono spesso vittime che non riescono a comprendere il
mondo in cui vivono. In Un tram che si chiama desiderio viene mostrato un ambiente degradato,
dove non c'è posto per la sensibilità e l'umanità.

Il teatro impegnato
Durante gli anni '50 emerse in Inghilterra un gruppo di artisti ribelli, conosciuti come angry young
men, ossia “giovani arrabbiati”, che nelle loro opere si opponevano alle istituzioni, in particolare
all'Impero britannico in piena decadenza, denunciando i conflitto sociali e la fine delle illusioni
politiche. Il loro maggiore esponente fu Osborne, dai cui drammi emergono la rabbia e il disincanto
delle nuove generazioni.

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Negli anni '60 in Germania sorse invece il “dramma documentario”, poiché i loro autori basavano
i loro testi su documenti storici. I drammi assumevano così una connotazione di autenticità e davano
agli spettatori l'impressione di assistere alla ricostruzione di veri eventi storici. Secondo Peter
Weiss, il teatro documentario doveva evitare qualsiasi invenzione, utilizzando materiale autentico
per riproporlo sulla scena, tuttavia alcuni avvenimenti erano opportunamente trasformati allo scopo
di ottenere determinati effetti drammatici. Gli attori dovevano pronunciare le loro battute senza
alcuna connotazione emotiva, in modo da far concentrare gli spettatori sui fatti.
Anche in Spagna emerse nel secondo dopoguerra un teatro impegnato che si opponeva al regime
franchista e affrontava tematiche legate alla convivenza sociale e alla libertà individuale.
In Italia un posto di rilievo occupa il teatro dialettale con Eduardo De Filippo, che affronta
tematiche di spessore in chiave umoristica e all'interno della quotidianità e dei piccoli riti familiari.
Tematiche ricorrenti sono le difficoltà di comunicazione all'interno dell'ambiente familiare e la
solitudine, che si trasforma talvolta in mutismo. Eduardo riesce a trasmettere il senso di solitudine e
di emarginazione di personaggi che non riescono a integrarsi in un mondo in cui ci si guarda l'un
l'altro come nemici. Le pause sono impiegate con estrema attenzione, come elementi significativi
del discorso, da cui emergono la drammaticità e la dimensione sentimentale dei personaggi.
Intorno agli anni '60 anche Pasolini si avvicinò al teatro, in cui vedeva un linguaggio antitetico ai
modelli dominanti e omologanti. Egli si opponeva al teatro borghese e auspicava una scena fondata
sul recupero della ritualità e sul linguaggio poetico, antiquotidiano, proponendo un “teatro di
parola”. Le sue tragedie rifiutano la tradizione realista per ricercare un linguaggio poetico capace di
esprimere anche la diversità e l'emarginazione.
Le opere del drammaturgo, attore e regista Dario Fo sono commedie di satira politica, che
attaccano il sistema capitalistico e le istituzioni, con riferimenti precisi ad avvenimenti e personaggi
politici. Egli utilizza la satira per sferzare il potere, recuperando la tradizione medievale dei giullari,
ma anche quella degli zanni della commedia dell'arte, grazie alla sua mimica espressiva e alla
capacità di giocare con i registri vocali, riuscendo per esempio a contraffare le voci di molti
personaggi. Per i suoi spettacoli Fo ha ideato una lingua del tutto originale, il grammelot, composta
da una mescolanza di dialetti del nord, parole onomatopeiche spesso inventate e interiezioni, e
utilizza un registro colloquiale, basso.
Il teatro latino-americano negli Stati Uniti può essere suddiviso in tre correnti teatrali, il teatro
chicano, il teatro cubano e il teatro portoricano, che si rivolgevano in particolare agli spettatori di
lingua spagnola che vivevano negli Stati Uniti. Il teatro chicano raggiunse un'enorme popolarità con
Valdéz, che scrisse testi concepiti come forme di protesta e propaganda in cui veniva rappresentata
la vita del lavoratori. Le sue messe in scena non avevano alcuna pretesa di realismo, ma anzi
rivelavano chiaramente l'artificio. Influenzato da Brecht, Valdéz intendeva trasmettere le proprie
idee politiche mediante il teatro.
Il teatro afroamericano degli anni '50 e '60 affrontava tematiche legate ai rivolgimenti sociali che
avvennero negli Stati Uniti, per esempio per influenza di Martin Luther King e dell'attivismo non
violento per l'integrazione razziale e del movimento per i diritti civili delle minoranze.
I drammaturghi africani del '900 mescolarono alcune tecniche del loro teatro tradizionale con
forme rielaborate del teatro popolare occidentale per creare opere che rievocassero le lotte
anticoloniali e attaccassero i regimi totalitari africani, determinando un crescente interesse per il
teatro come presa di coscienza civile e politica. Molti drammaturghi affrontarono il tema del
razzismo e dell'apartheid e vennero perseguitati e arrestati.

IL TEATRO DI REGIA E LE AVANGUARDIE NEGLI STATI UNITI E IN EUROPA

Italia
L'Italia del secondo dopoguerra fu dominata a lungo da quello che è stato definito “teatro di
tradizione”, che vide la piena affermazione della regia.
Visconti è conosciuto soprattutto come regista cinematografico neorealista, sebbene

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nell'allestimento di un dramma di Shakespeare privilegiò la dimensione fantastica e fiabesca,
suscitando così molte polemiche da parte di intellettuali di sinistra che lo accusarono di tradire il
suo dichiarato impegno politico.
Nell'immediato dopoguerra venne inaugurato il Piccolo di Milano, il primo teatro pubblico
sovvenzionato dallo Stato, libero dai condizionamenti del mercato e dunque più propenso a
perseguire un progetto culturale di rinnovamento teatrale, la cui direzione fu affidata a Strehler.
L'attività registica si Strehler si è sempre svolta all'insegna del rispetto della figura dell'autore,
prediligendo quindi un teatro d'interpretazione, ossia fondato sui testi, e prendendo le distanze
invece dal teatro sperimentale delle avanguardie, in cui il testo viene assunto come mero spunto o
pretesto per una libera invenzione scenica. Il suo approccio al testo può essere definito filologico:
ricreava con attenzione i costumi dell'epoca e curava la parlata dialettale degli attori.
La maggior parte dei registi italiani rimasero estranei alla rivoluzione teatrale delle seconde
avanguardie che giunse in Italia negli anni '60 con le tournée del Living Theatre, ma Ronconi per
certi versi costituì l'anello di congiunzione tra il teatro tradizionale e quello sperimentale delle
avanguardie. Le sue rappresentazioni non avevano intenti illusionistici, poiché tutti i meccanismi
erano a vista e anche la recitazione era antirealistica, e cercavano il coinvolgimento del pubblico. In
una fase successiva, egli si dedicò alla trasposizione teatrale di opere romanzesche, in cui spesso vi
è una simultaneità delle azioni e i personaggi parlano in terza persona. Il teatro di Ronconi resta
comunque maggiormente legato al testo.

Stati Uniti
Il teatro di Broadway a New York è sempre stato un teatro tradizionale a carattere commerciale,
che cerca di attrarre un grande numero di spettatori e privilegia dunque forme di intrattenimento
popolari, rappresentazioni adatte al grande pubblico: nel secondo dopoguerra gli spettacoli di
maggior successo furono i musical e le commedie brillanti. Tuttavia, gli intrecci dei musical
divennero sempre più complessi e collegati alla musica, fino a divenire anche impegnati negli anni
'60. In reazione alla natura commerciale del teatro di Broadway si sviluppò alla fine degli anni '40 il
teatro off-Broadway, il cui principale scopo era offrire una possibilità di allestimento per opere
sperimentali e innovative, scevre da preoccupazioni commerciali. Si proponeva infatti di far
conoscere nuovi drammaturghi e di riproporre pièce significative che non avevano avuto successo
nei teatri di Broadway. Tuttavia, negli anni '60 e '70 i teatri off-Broadway divennero sempre più
commerciali, abbandonando la loro vocazione sperimentale. Così, a partire dagli anni '60, i teatri
off-off-Broadway sostituirono quelli off-Broadway come centri di sperimentazione teatrale. Gli
spettacoli venivano spesso allestiti in “spazi trovati”, come capannoni industriali, e molte
compagnie avevano forti connotazioni politiche e si sono distinte per i loro attacchi al sistema
capitalistico e alla guerra nel Vietnam, tra queste il Living Theatre e The Performance Group.
Queste compagnie compirono sperimentazioni di vario genere, con rielaborazioni dei testi, esercizi
di improvvisazione, forme di partecipazione tra attori e pubblico e interazioni con diversi contesti
ambientali. Gli attori del Living Theatre sperimentavano diversi stili e tecniche di recitazione,
impiegando maschere, gesti stilizzati e convenzioni teatrali del passato, e spesso, invece di
interpretare personaggi drammatici, rappresentavano se stessi nella loro azione di fronteggiare le
istituzioni e le convenzioni sociali. Il loro attivismo politico causò loro problemi con le forze
dell'ordine e anche i loro spettacoli continuarono a suscitare polemiche, sia per gli intenti
provocatori che per la valenza politica. La compagnia era strutturata come una comunità, fondata su
principi condivisi da tutti i componenti, e auspicava un nuovo tipo di società, una comunità
anarchica più giusta e libera. Essa esportò le sue sperimentazioni all'estero con la sua tournée in
Europa.
Il “teatro ambientale” si basava sul principio che l'intero edificio teatrale fosse uno spazio
performativo e che la divisione tra attori e spettatori fosse artificiosa. La disposizione spaziale
interna del teatro cambiava per ogni allestimento. Lo spazio poteva essere costruito o trasformato
dall'uomo, ma poteva altresì essere uno “spazio trovato”, a cui l'evento performativo si adattava.
Dal riadattamento a teatro di un garage nacque infatti The performance Group. Il teatro ambientale

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riprese l'idea, su cui si fondavano gli happenings, di includere gli spettatori all'interno dello
spettacolo. Inoltre, incoraggiava le libere improvvisazioni e le rielaborazioni, o addirittura
decostruzioni, del testo di partenza.
Il teatro sperimentale nacque da un'estensione del concetto di teatro, che prevedeva una
contaminazione tra diverse forme estetiche che confluivano così in un'idea allargata di teatro. Negli
anni '60 si diffusero così happenings, performance caratterizzate da brevi azioni fisiche
accompagnate dalla proiezione di immagini e da effetti sonori e musicali. Gli happenings si
fondavano sull'idea che le manifestazioni artistiche non dovessero essere confinate nei musei e nei
teatri, ma dovessero avvenire ovunque. Di solito un happening avveniva una volta sola per
sottolinearne l'irripetibilità. Mentre nel teatro rappresentativo il punto di partenza è un testo, il
concetto di happening ne esclude di per sé l'esistenza: le azioni non volevano infatti rappresentare,
ovvero stare per qualcos'altro, ma erano fini a se stesse. Già con i futuristi e i dadaisti c'era stata
un'estensione del concetto di spettacolo, con vari tentativi di coinvolgimento attivo del pubblico, ma
con gli happenings la tradizionale distinzione tra attori e spettatori venne in alcuni casi abolita, al
punto da includere gli spettatori nello spettacolo. Caratteristiche ricorrenti degli happenings sono:
l'abbandono della struttura drammatica tradizionale fondata su nessi di causa-effetto, la mancanza di
un intento mimetico-rappresentativo, l'assenza quasi totale di parole e l'importanza attribuita agli
oggetti.

Le avanguardie in Europa
Il polacco Grotowski è uno degli esponenti più significativi della rivoluzione teatrale europea del
'900. Egli propose spettacoli sperimentali, in cui portava avanti la sua concezione antillusionistica
della scena e la rottura delle convenzioni spaziali, arrivando a eliminare in modo ancora più radicale
la separazione tra pubblico e scena. Ogni spettacolo richiedeva un particolare allestimento dello
spazio, come accadeva nel teatro ambientale, per intensificare il rapporto fra attore e spettatore. Nei
suoi esperimenti di “parateatro”, ovvero eventi che si allontanavano dal modello tradizionale di
spettacolo assumendo la forma di incontri e azioni rituali, Grotowski creò una comunione fra attori
e spettatori nella scena, che perdeva così la sua vocazione rappresentativa e mimetica. Il suo teatro
prese il nome di Teatro Laboratorio, in cui imponeva agli attori un training molto impegnativo, che
richiedeva un totale coinvolgimento fisico e psicologico e che poteva durare anni, come le prove.
L'attenzione era posta soprattutto al linguaggio del corpo e alla sua espressività. I testi venivano
tagliati, rielaborati o riscritti, a seconda delle esigenze. Il concetto di “teatro povero” elaborato da
Grotowski costituì un tentativo di definire il teatro nell'era dei mass media: il teatro non poteva
competere con la nuova arte del cinema, ma doveva le proprie potenzialità in un'altra direzione,
recuperando i due elementi essenziali alla scena, l'attore e il pubblico; gli altri elementi che
concorrevano alla rappresentazione, come il testo e la scenografia, non erano infatti ritenuti
altrettanto essenziali. Grotowski riteneva la recitazione un dono di sé, al punto da teorizzare una
sorta di attore-martire, che faceva un dono sacrificale del proprio corpo e della propria energia al
pubblico.
Allievo di Grotowski è Barba, che ha fondato un laboratorio teatrale sperimentale, l'Odin Teatret,
basato sul training e sul linguaggio del corpo. Rifacendosi a Grotowski, Barba ritiene che lo
spettacolo costituisca solo il momento finale di un lungo processo di preparazione. Da qui
l'importanza della lunga preparazione e delle prove: il training è concepito come un percorso di
maturazione per l'attore. Importante per Barba è anche il concetto di comunità teatrale. Gli attori
sono liberi di improvvisare, mentre gli spettatori sono chiamati a partecipare attivamente all'evento,
ricomponendone il senso. Gli spettatori inoltre sperimentano un'intensa esperienza emotiva e
sensoriale, data per esempio da improvvisi mutamenti di luce. Egli definisce i gruppi sperimentali
“terzo teatro”, in quanto non rientrano né nella scena ufficiale né nei movimenti d'avanguardia, ma
costituiscono “isole galleggianti”.
Il regista inglese Brook ha contribuito in modo significativo al rinnovamento del teatro del '900.
Agli inizi della sua carriera è stato influenzato dal teatro della crudeltà di Artaud, ma la sua opera
complessiva risente dell'influenza delle teorie di Grotowski, soprattutto per quanto riguarda

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l'attenzione posta sul processo di creazione artistica piuttosto che sul risultato finale. Il suo punto di
partenze è stato il desiderio di far rivivere i classici, sottraendoli alla patina di convenzioni e
stereotipi che nel tempo si erano accumulati, in particolare i drammi di Shakespeare, per i quali
chiedeva ai suoi attori un lungo e attento training, in cui cercava di valorizzare la loro corporeità.
Egli ha sempre cercato di evitare il teatro puramente commerciale, ritenendo che la scena debba
sperimentare nuove forme. Concepisce infatti il teatro come un'attività creativa gioiosa, ricca di
invenzioni sceniche, e per questo ha sperimentato varie soluzioni di allestimento dello spazio, che
determinano una diversa risposta emotiva da parte del pubblico. La sua è stata anche una ricerca
interculturale: la sua lunga attività si è sempre svolta in un contesto internazionale, con messe in
scena di spettacoli stranieri, recitati da attori provenienti da diversi paesi e che parlano lingue
diverse.
Nel secondo dopoguerra vennero applicate alla scena le nuove tecnologie e le innovazioni
illuminotecniche (per esempio il controllo della luce mediante la strumentazione informatica). Lo
scenografo ceco Svoboda sperimentò varie tecnologie, come le proiezioni multimediali e le
piattaforme mobili e impiegò nuovi materiali plastici. Le sue scenografie combinavano azioni dal
vivo con immagini proiettate su schermi (tecnica da lui definita “lanterna magica”) ed erano fondate
sul concetto di cinetica, ovvero sul dinamismo dell'apparato scenografico, che doveva cambiare
facilmente, in modo fluido, per adeguarsi al testo e allo svolgimento della rappresentazione.
Anche per il regista polacco Kantor lo spettacolo costituiva solo il momento finale di un lungo
percorso di formazione dell'attore. Il ruolo del regista veniva enfatizzato dalla sua presenza in
scena, non come personaggio ma nella funzione stessa che svolge: con un approccio
antillusionistico, Kantor interveniva infatti durante la rappresentazione a dare indicazioni gestuali e
di movimento agli attori. Egli ha definito la sua concezione teatrale “teatro della morte”, poiché
sosteneva che la scena poteva rappresentare solo ciò che era morto, a cui si contrapponeva la vita
del pubblico che assisteva allo spettacolo.
La compagnia del Théâtre du Soleil si fonda su una forte idea di comunità teatrale, che condivide
un certo stile di vita e un rigoroso training artistico. I suoi spettacoli sono il frutto di lunghe
sperimentazioni collettive e spesso vengono modificati nel corso delle rappresentazioni, facendo
dello spettacolo un work in progress collettivo. Determinante è, a tale proposito, il rapporto che si
instaura tra attori e pubblico. Per instaurare un rapporto vitale con il pubblico, talvolta gli spettacoli
vengono allestiti inserendo le azioni sceniche in mezzo agli spettatori. Al pubblico è inoltre
consentito osservare gli attori che si truccano e si vestono prima di iniziare lo spettacolo. Agli attori
sono richieste varie competenze, che vanno dall'acrobatica al canto, e la piena disponibilità a
svolgere qualsiasi mansione.
Ispirandosi agli happenings, alcuni gruppi teatrali spagnoli d'avanguardia proposero
sperimentazioni per portare il teatro fuori dagli edifici istituzionali, creando il teatro de la calle e
usando gli spettacoli come strumento di protesta e agitazione politica durante il regime franchista. Il
mutamento di clima politico e culturale che avvenne dopo la morte di Franco negli anni '70 investì
anche il teatro e, a partire dagli anni '90, la carica trasgressiva e provocatoria dei gruppi
d'avanguardia si è stemperata. Con i governi socialisti la sperimentazione si è spesso trasformata in
teatro di committenza istituzionalizzata per le grandi occasioni.
A partire dalla fine degli anni '60 sorsero anche in Italia alcuni gruppi che portarono avanti un
progetto di rinnovamento radicale del teatro, grazie anche all'influenza del Living Theatre. Le
avanguardie degli anni '60 portarono il teatro fuori dal teatro, ovvero dallo spazio tradizionale e
istituzionalizzato della scena, per creare spettacoli complessivi a cui partecipasse la comunità e
rivendicando l'autonomia dello spettacolo rispetto al testo. All'interno delle compagnie prevaleva
una struttura comunitaria e il training dell'attore costituiva un momento essenziale di crescita.
Nacquero così le prime “cantine romane”, luoghi alternativi in cui venivano portate avanti le
sperimentazioni sceniche, tra cui l'utilizzo di filmati e diapositive.
Una figura-chiave dell'avanguardia teatrale italiana è Carmelo Bene, che, rifiutando il teatro di
regia, si è riallacciato alla tradizione istrionesca del grande attore e ha basato la sua idea di
rivoluzione teatrale sull'esaltazione spettacolarizzata della propria figura attoriale. Dissacrando il

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testo drammatico per privilegiare la scrittura scenica dell'attore, Bene ha portato avanti un processo
di disarticolazione del linguaggio e un intenso lavoro sulla voce, con un effetto spiazzante di messa
in crisi del senso da parte dei suoi monologhi. Egli ha realizzato diverse riscritture sceniche
dell'Amleto, il cui intento principale è offrire una parodia dell'arte e dell'artista attraverso il
personaggio di Amleto.
Intorno alla metà degli anni '70 emerse la corrente del Teatro Immagine, i cui spettacoli erano
caratterizzati dall'impiego costante di riferimenti all'arte figurativa, contribuendo ad aprire la strada
alla preminenza del linguaggio non verbale. Tra la fine degli anni '70 e l'inizio degli anni '80
emersero invece alcuni gruppi che sono stati definiti della nuova avanguardia o post-avanguardia.
Negli anni '90 è nato in Italia un nuovo tipo di teatro, definito “teatro di narrazione”, in quanto
l'attore si presenta sulla scena con la propria identità e non nelle vesti di un personaggio,
raccontando storie invece di rappresentare un'azione. Si è cercato così di ritrovare un rapporto di
comunicazione con il pubblico, ricostruendo alcuni eventi tragici che hanno segnato il paese. Infatti
il teatro di narrazione sconfina spesso nel teatro civile, incentrato su tematiche di attualità politica e
sociale.

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