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STORIA DEL TEATRO E

DELLO SPETTACOLO
STORIA DEL TEATRO E DELLO SPETTACOLO
APPUNTI DELLE LEZIONI
- Vajont di Marco Paolini (spettacolo che ci permette di modificare la nostra idea
comune di teatro);
Una drammaturgia narrativa
Una performance in stretto contatto con gli spettatori
Un attore-narratore-testimone
Uno spazio naturale e adattato per l’occasione
Un tempo modellato dal calendario sociale
Spettatori in presenza e spettatori mediali
- La definizione di teatro: è la rappresentazione di un testo, attuata da attori
professionisti (elemento parziale, perché vi è stato nella storia tanto testro
dilettantistico) e mediata da un regista (attitudine molto recente perché tale
figura esiste da soli centocinquanta anni; lo spettatore attuale è figlio del suo
tempo ed è stato modellato dal cinema, è uno spettatore audiovisivo che
pertanto dà per scontato il regista, perché nell’audiovisivo il regista è
obbligatorio; in teatro no), su un palcoscenico posto in un teatro (non è necessario
avere un teatro fisico, un edificio), di fronte a un pubblico pagante (non è vero che
il pubblico è sempre pagante).
Questa prima definizione di tetro è storicamente parziale e non può essere
considerata omnicomprensiva.
- Ecco perché dobbiamo passare alla definizione sottostante:
Teatro è l’esplicarsi di un testo attraverso un corpo nel perimetro della scena, in
un contatto diretto e irripetibile con il gruppo, in un dato contesto spaziale, in un
tempo festivo.
- Gli elementi del teatro:
1. SPAZIO
3 Articolazioni dello spazio come elemento del teatro:
(1) Luogo teatrale: il luogo dove avviene la performance teatrale; in
2500 anni di storia del tetro, per luogo teatrale abbiamo in mente una
pluralità di luoghi;
(2) Spazio scenico: lo spazio dove agiscono gli attori e dove
tendenzialmente non entrano gli spettatori;
(3) Spazio rappresentato: lo spazio rappresentato è quello spazio che lo
spettatore accetta di vedere sul palcoscenico; può essere suggerito da
segni poveri, limitati; questa convenzione, valida e accettata in teatro,
non è valida nell’audiovisivo. In teatro funziona l’inverso: tanto è più
semplice il segno, quanto più lo spettatore è disposto a mettersi in
gioco per colmare la scena con il suo immaginario.
Lo spazio come elemento che determina la relazione tra attore/i e
spettatore/i: ci sono almeno quattro schemi con i quali noi possiamo
comprendere il rapporto fra attore e spettatore; tali schemi possono anche
essere mescolate nella storia.
a. Schema frontale: lo spettatore è di fronte all’attore;
b. Schema circolare: lo spettatore circonda l’attore; es. Vajont di Marco
Paolini
c. Schema anulare: gli spettatori sono al centro, mentre l’azione si sposta;
es. passione medievale (varie tappe della vita di Cristo; lo spettatore è
in centro della piazza, e le azioni si snodano);
d. Variabilità della storia: gli schemi sono desunti dall’analisi del reale,
sono strumenti, non leggi universali; pertanto, si combinano e variano
tra loro.
Remote Milano: format riproposto in tutto il mondo, senza nessun attore;
apparente passeggiata per Milano; il gruppo veniva provvisto di cuffie con
una voce in cuffia registrata che impartiva delle indicazioni, o poneva delle
domande; tramite questa passeggiata si ripercorrevano luoghi di grande
valenza simbolica: il luogo della conservazione della memoria dei defunti
(Cimitero Monumentale), il luogo del viaggio, del transito (Stazione di Porta
Garibaldi), dei luoghi residenziali, dei luoghi della cura (la Cappella del Fate
Bene Fratelli), fino ad arrivare a un reparto del Fate Bene Fratelli. La voce
in cuffia poneva delle domande e delle sfide allo spettatore, implicando
necessariamente lo sprofondamento in una dimensione esistenziale, e tutto
il percorso era a ritroso nelle tappe dell’esistenza dell’uomo.
Lo spazio è un luogo in cui si rappresentano le gerarchie.
(l’organizzazione del teatro all’italiana è una proiezione dello spazio delle
gerarchie sociali);
Ogni spazio porta con sé delle valenze, dei significati, che vanno a
ricadere sull’azione stessa!
Siena, Montichiello: idea di teatro, il “teatro povero”: autodramma scritto e
inscenato, sulla base di una loro personale esperienza, dalla comunità del
paesino senese di Montichiello.
2. TEMPO
Il tempo come elemento del teatro:
(1) Il tempo esterno o del contesto: in quali tempi del calendario
comune va a collocarsi il teatro? A seconda delle epoche, in diversi contesti
temporali. Il tempo esterno del teatro, per secoli, è stato
esclusivamente un tempo festivo. Il calendario sociale lo ammetteva
come situazione cogente in tempo festivo (es. le Grandi Dionisie),
legandolo alla festa religiosa. In quale contesto temporale oggi si situa
il teatro, qual è il suo tempo esterno oggi? Oggi il tempo del teatro è un
tempo dello svago, per cui esso viene messo in relazione al tempo del lavoro,
perché oggi il calendario sociale dominante è quello dominato dal lavoro.
Siamo tutti adepti alla religione del lavoro. Non è più come nella
Grecia Antica, dove il teatro con il suo portato sacro permetteva
l’interruzione del tempo del lavoro mettendo in condizione tutti i
cittadini, anche i più fragili, di potervi prendere parte (tramite il
pagamento di un rimborso per la giornata di lavoro persa). Oggi il
calendario festivo complessivo si è indebolito. L’inizio di questo
processo può essere collocato a partire dallo scoppio della Rivoluzione
Francese, allorché vennero abolite le feste religiose e inventati nuovi
calendari (nuovi mesi, Germinale, Brumaio > Zola). Il teatro da quel
momento è diventato un oggetto culturale, ossia un prodotto di
vendita, e ha smesso di essere un’esperienza.
Il tempo esterno è il tempo del CONTESTO in cui si situa
l’azione teatrale.
(2) Il tempo interno: la performance teatrale funziona mediante un
andamento temporale; il tempo interno corrisponde alla durata; il
tempo interno è il tempo della durata; nelle culture orientali è normale
avere performances che durino ventiquattro ore;
Il tempo interno è il tempo della DURATA dell’azione teatrale.
(3) Il tempo rappresentato: è il tempo che lo spettatore vede scorrere
nell’azione teatrale (una storia rappresentata in 24 ore, in due anni, in
alcuni decenni, come l’Odissea); è il tempo che io vedo
rappresentato sulla scena; talvolta, il tempo interno (o durata della
pièce) viene fatto coincidere con il tempo rappresentato; talvolta,
mediante l’ellisse temporale, avviene l’opposto: viene creata una
distanza tra tempo rappresentato e tempo interno (o durata); la durata
è simbolica (Quod, una delle più interessanti pièce di Beckett, per
raccontare la percezione esistenziale del tempo, e dura venti minuti in
totale).
Il tempo rappresentato è il tempo della AGITO sulla scena.
(4) Il tempo delle prove: è quel tempo che precede i tempo della
performance, in cui il tetro si costruisce, si sedimenta, diventano opera
d’arte; nel tempo delle prove il gruppo teatrale sviluppa quelle
relazioni che rendono fruttuoso il gruppo stesso, è il tempo della
costruzione dei soggetti, che per rendere visibili i propri mezzi e le
proprie intenzioni devono esserne consapevoli, devono padroneggiare
le loro capacità e metterle a frutto in vista della performance artistica
in costruzione; il tempo delle prove è un tempo specifico del teatro,
dello strumento dell’arte del teatro, un tempo che ad esempio non c’è
il cinema; il cinema costruisce immagini, e anche il teatro lo fa; ma lo
spartiacque, è che l’immaginazione dello spettatore, di fronte alle
invenzioni registiche e attoriali, è stimolata alla risposta immediata
(sia essa di totale immedesimazione o di totale distacco dalla scena),
cruda, tridimensionale, dove per tridimensionale si intende l’effetto
psichico reso mediante la sinergia di ritmi, voci, gesti, ovvero segni di
carne, uniti al potere evocativo della parola. Il teatro unisce cielo e
terra.
3. TESTO
La nozione di testo teatrale è una nozione complessa, non ci possiamo ridurre a
definirlo univocamente. È chiaro che siamo partiti da una nozione di evento teatrale
come composizione di segni e di azioni nella relazione corporea fra l’azione e lo
spettatore. Da questa definizione derivano delle conseguenze ricadenti anche
sulla testualità del teatro.
Partiamo dalla definizione di Sisto Dalla Palma – già docente in Cattolica, attore e
organizzatore teatrale – che ha fornito una nozione tripartita di drammaturgia.
Dalla Palma afferma che nel Novecento in particolare si assiste a una esplosione delle
forme drammaturgiche, che potevano avere tre declinazioni in relazione ai contesti in
cui venivano praticate e alle modalità con cui venivano praticate. La drammaturgia
può infatti essere secondo lui:
a. Grafo-centrica da grafos, fa per lo più riferimento alla drammaturgia scritta,
legata quindi a una parola fissata sulla carta, predisposta da un autore, casomai
offerta da un regista a degli attori, preparata per la messa in scena e quindi, sul
finire, giunta all’incontro dello spettatore; è un tipo di drammaturgia legata
alle funzioni autoriali (funzione che, a seconda delle epoche storiche, si
sposta su diversi soggetti entranti nell’orbita della funzione artistica di
autore); la drammaturgia grafocentrica è quella che altresì vede la
dominanza del codice verbale, la centralità della parola che deriva
dall’invenzione dell’autore; parole chiave di tale drammaturgia: scrittura,
testo, autore; qui il testo si costituisce in modo autonomo rispetto alla
scena;
b. Sceno-centrica: è una drammaturgia che non nasce a partire dalla scrittura,
dal codice verbale, bensì come drammaturgia direttamente sperimentata sulla
scena; la priorità non è quella cronologica dell’autore che scrive, ma è quella
degli attori che cuciono l’andamento di un’azione teatrale; osservando il
dualismo tra scrittura letteraria e scrittura scenica per il teatro, qui abbiamo
una priorità della scrittura scenica; qui la scena costituisce il testo;

c. Eccentrica o para-teatrale: il termine “drammaturgia eccentrica” viene


utilizzata da Dalla Palma per sottolineare la prassi teatrale al di fuori del teatro
professionale (ecco perché eccentrica) in quanto va a fiorire ai confini del
sistema; essa riguarda la drammaturgia festiva, l’area rituale, la prassi del
cosiddetto teatro sociale (=gruppi in cui l’esperienza teatrale può essere
esperienza di benessere e di crescita non solo personale ma anche del gruppo
stesso, in una reciprocità); qui a volte, il testo non c’è e viene
intenzionalmente evitato;

Testo teatrale/Testo performativo: queste due nozioni riguardano il teatro ma tra


loro vi è una differenza; il testo teatrale è l’insieme di battute e didascalie; vi è una
ulteriore definizione da fare tra didascalie esplicite e didascalie implicite; le prime
sono scritte, generalmente in corsivo; le seconde sono nascoste nelle battute, è
implicita in quanto non è esplicita nel suo statuto di didascalia, ma è funzionale
in quanto didascalia; il testo teatrale è una scrittura preventiva costituita in
genere da un autore; il testo performativo è la nozione funzionale a raccogliere le
informazioni d ciò che accade nell’incontro tra attori e spettatori, è la composizione
di azioni (anche le azioni verbali) e di segni che accadono nel rapporto tra attore
e spettatore; la nozione di testo performativo è stata proposta per le prime volte
da Eugenio Barba, che parla di testo come testura, ovvero alla tessitura; “tessere parole
sulla carta porta al testo scritto”.
LE AZIONI SONO L’ELEMENTO GENERATORE DEL FATTO DI FAR
TEATRO. COS’E’ IL TEATRO? AGIRE IN SCENA!
Testo come tessere azioni nel tempo;
Antonin Artaud, ne Il teatro e il suo doppio, liquida il teatro logocentrico: com’è
possibile, dice lui, che in Occidente tutto ciò che non è contenuto nel dialogo, tutto ciò
che non è discorso o parola, debba rimanere in secondo piano? Nel 1931, anticipatore
di tutto. Com’è possibile che l’Occidente non sappia vedere una prospettiva diversa
rispetto a quella del teatro dialogato? Nel ’31, Pirandello (che finisce di rivederli
nel ’28) aveva già scritto da dieci anni i Sei personaggi in cerca d’autore. Artaud dice in
particolare che “il teatro è una poesia per i sensi, una poesia dello spazio”, una prospettiva
in cui il teatro esiste per la sua specificità di azione, non luogo deputato al racconto o
all’esibizione della Parola. Il teatro, dice, è un luogo fisico e concreto. Di fatto Artaud
anticipa in questo testo quelli che sono i risultati della semiotica in teatro negli Anni
’80.
Scrittura preventiva/Scrittura consuntiva: il testo può essere il frutto di una
scrittura preventiva, ovvero una scrittura compiuta prima dell’azione teatrale,
oppure di una scrittura consuntiva, una scrittura costituita dopo l’evento scenico; in
questo secondo caso la componente verbale dell’azione teatrale viene fissata dopo. La
scrittura consuntiva è tipica per esempio della drammaturgia d’attore (es. la
Commedia dell’Arte).
Testo è quell’insieme di linguaggi concepiti e utilizzati nei quali si manifestano
tutte le materie della vita. Il teatro propone mondi possibili. Ci offre dei mondi
possibili. Noi in teatro usiamo tutte le materie della vita (il corpo, i costumi, gli
oggetti, lo spazio, la musica, le voci). Il testo dell’evento teatrale è il risultato della
composizione di segni e azioni che si manifesta nella relazione tra attori e
spettatori, e questo è il testo performativo, composto.
In teatro spesso abbiamo la prevalenza di alcuni codici sugli altri. La prevalenza di
uno o più codici determina il risultato scenico finale. Se a prevalere è il codice corporeo
in forma di danza, avremo il genere danza/balletto. Se vi è la prevalenza della parola
cantata con la musica, avremo il teatro d’opera. E così via.
A seconda della prevalenza di uno o più tipi di segni abbiamo diversi generi
teatrali.
Testo drammatico/Testo recitativo: il testo drammatico è l’insieme delle battute e
delle didascalie predisposto per essere pronunciato e interpretato dagli attori; il testo
recitativo è quel testo composto per esser detto, ma che non prevede la dimensione
dialogica, è costituito dalle parole che devono essere dette.
L’autore, uno snodo problematico
Spesso, nel mondo contemporaneo, la funzione autoriale è legata alla regia, quella
capacità di costruire relazioni fra gli attori che collaborano alla creazione
scenica. La relazione tra attore e spettatore è una relazione in presenza in cui però
anche lo spettatore ha un ruolo attivo, in quanto egli è co-creatore di quanto
accade attraverso le azioni che si svolgono sulla scena. All’inizio del Novecento
si diffonde la figura del regista, figura che non costituisce un elemento del teatro
perché estremamente recente. Però la regia oggi è un elemento atteso nel panorama
di un evento teatrale. La regia è diventata una delle funzioni più importanti del
teatro da un secolo e mezzo, perché il regista è colui che imprime una forma di
comprensione di lettura di un testo e la propone sulla scena. Giorgio Strehler
aveva ad esempio un’idea di regia critica, un approccio approfondito
all’interpretazione di un testo. È la dinamica di chi cerca un’autenticità nel gesto che
si trova solo nel continuare a variare tale gesto. Questo lavoro implica un totale livello
di fiducia fra chi lavora alla creazione teatrale.
Teatro come spazio e luogo di mondi possibili. Tutto il teatro di Shakespeare è stato
interpretato da Girard come teatro dell’invidia.
4. ATTORE
L’attore nel tempo
I codici espressivi utilizzati dall’attore: oltre ai codici vocali, l’attore utilizza
mimica, gestualità e prossemica.
a. Mimica: codice visivo riguardante il volto;
b. Gestualità: codice visivo riguardante tutto il corpo;
c. Prossemica: sposamento nello spazio;
Naturalmente la prossemica riguarda sia la posizione dell’attore nello spazio
che il suo spostamento nello spazio. La prossemica indica dunque il
rapporto tra lo spazio dell’attore e lo spazio scenico, ossia quello in cui
il soggetto in scena agisce. Più precisamente la prossemica riguarda vari
aspetti: non solo il rapporto del singolo attore con lo spazio (ogni posizione
nello spazio ha un differente significato); l’uso dello spazio segue codici
simbolici. Alla prossemica può riguardare anche il rapporto dell’attore con
altri attori (in che rapporto stanno questi spazi?), ma anche la distanza tra
attore e spettatore.
L’attore con lo spazio, l’attore con gli altri attori, l’attore con lo
spettatore. C’è tuttavia una quarta dimensione che la prossemica
analizza, un quarto rapporto da lei espresso: il rapporto tra spettatore e
spettatore, anche per via della forma dello spazio teatrale.
L’attore (da agere) è colui che agisce. Lo spettatore è colui che guarda
(da spicere = guardare). Theatron viene dal greco guardare, letteralmente
designa il “guardatoio”. L’attore è sia lo strumento che lo strumentista,
perché come unico strumento di lavoro è il suo corpo, con tutti i tipi di azioni
che esso può produrre, mediante due canali: azioni fisiche e azioni vocali
(non verbali, perché vocali è un’accezione un po’ più ampia).
Lo spettatore può fare tre tipi di azioni: guardare, partecipare, o fare
anch’egli delle azioni.
L’attore può dare vita al personaggio, ma il personaggio non è
obbligatorio. Il termine personaggio è un termine tecnico, non va usato
in senso lato. L’attore può interpretare:
a. Una funzione
b. Una parte
c. Una maschera
d. Un ruolo
e. Un personaggio
Vi sono differenti tipi di gesti usati dall’attore, a seconda di diverse categorie
espressive all’interno delle quali la gestualità si declina:
1. Gesto pratico: è il gesto con cui l’attore si esprime in modo simile alla
vita quotidiana, enfatizzandolo in quanto deve rendersi visibile a tutto il
pubblico;
2. Gesto comunicativo (deittico, iconografico, cinetografico): il gesto
comunicativo vuole mettersi a servizio delle funzioni comunicative della
parola; l’attore ha una capacità di agire usando contemporaneamente una
serie di canali espressivi (voce, gesto, prossemica); il gesto comunicativo
è quello che accompagna la parola, per lo più enfatizzandola; abbiamo
almeno tre tipologie di gesto comunicativo:
(I) Il gesto deittico: in linguistica, la deissi è il rapporto tra le
parole e lo spazio; i dettici sono indicatori che nel sistema
linguistico condiviso indicano una serie di caratteristiche dello
spazio; il termine viene dal verbo greco “indicare”, da cui deriva
anche la parola “indice”; (questo è il tuo telecomando!)
(II) Il gesto iconografico: è un gesto descrittivo, utilizzato per
esprimere le proprietà dell’oggetto (la porta era grande così!)
(III) Il gesto cinetografico: è un gesto che mima un movimento
(stava correndo così!)
3. Gesto simbolico: è un gesto che non ha una immediata rispondenza con
la realtà oggettuale e corporea, ma è un gesto di natura simbolica, ovvero
traccia degli elementi nello spazio alludendo a qualcosa senza
raffigurarlo.
VOYEURISMO, PASSIONE DI VALENCIENNES.
N. B. Nello spettacolo del teatro di figura (le marionette) non abbiamo attori ma
comunque abbiamo dei soggetti che agiscono in scena, per cui con il termine attore
intendiamo il soggetto agente in scena, che è reciprocamente guardato da un altro
soggetto; senza questa reciprocità non si fa teatro.
Nel tempo, si sono sviluppate tante idee di attore diverse, così come si sono sviluppate
molteplici idee di teatro.
I modelli prevalenti con cui l’attore è stato concepito sono i seguenti:
1. Attore-interprete di una parte o di un personaggio: l’attore è considera un
interprete, ovvero si fa carico di qualcosa restituendo allo spettatore tutti gli
elementi corporei, mimici, gestuali, di prossemica e di vocalità atti ad incarnare
quella parte; l’attore spesso non si pone nella prospettiva dell’interpretazione,
spesso neanche parte da un testo scritto, caso mai è autore della sua
drammaturgia, in modo autonomo;
2. Attore super-marionetta: l’attore che è esecutore di indicazioni decisi da un
regista o un altro;
3. Attore-poeta autonomo: in tale modello la parola “poeta” viene usata secondo
il suo significato letterale, il poiein, che in greco vuol dire “fare”; l’attore è colui
che fa in autonomia, che stabilisce il proprio agire scenico, costruendo una
propria drammaturgia;
4. Attore-santo: un attore che interpreta la propria condizione e la propria azione
come sacrificio per una comunità, ove l’attore si pone come vittima cosciente
all’interno di un rito collettivo, il teatro, in cui i grandi temi e le grandi tragedie
di una comunità vengono elaborate; l’attore offra il suo corpo in vista
dell’acquisizione di un sapere collettivo.

5. SPETTATORE
Per riflettere sullo spettatore, dobbiamo prendere in considerazione i seguenti
elementi.
Lo spettatore può essere:
a. Spettatore individuale (singolo);
b. Spettatore collettivo (gruppo);
L’individualità dei singoli e l’insieme comunitario danno una risposta alla proposta
del regista, o del drammaturgo.
La partecipazione dello spettatore si articola su tre livelli:
a. Livello percettivo
b. Livello emotivo/affettivo
c. Livello logico/razionale
Di fatto allo spettatore è richiesta una partecipazione plurima, molteplice.
Al momento dell’ingresso in teatro, lo spettatore entra in una dimensione
identificata come l’orizzonte d’attesa. Entra, si siede/sta in piedi, e attendendo i
livelli della sua partecipazione si intrecciano e si attivano.
Gli attori e i registi hanno molti modi per sollecitare la nostra partecipazione (uso
artistico della luce, prossemica, canale gestuale e vocale).
Lo spettatore può altresì essere considerato attraverso gli elementi che elenchiamo di
seguito.
a. Il ruolo che il teatro occupa nel contesto di ricezione: se il teatro è un
divertimento, allora lo spettatore è un libero fruitore, pagante, di questo
divertimento; ci sono età in cui lo spettatore è un devoto partecipante a un rito
(passioni medievali o Grandi Dionisie);
b. La posizione fisica dello spettatore nello spazio: ci sono teatri in cui, come
il teatro all’italiana, gli spettatori non sono solo invitati a guardare il
palcoscenico, ma sono anche invitati a guardarsi reciprocamente; ogni spazio
teatrale implica una disposizione degli spettatori, ogni disposizione degli
spettatori implica un diverso rapporto tra gli spettatori e quindi una differente
partecipazione al fatto teatrale;
c. Le motivazioni per cui vanno a teatro: vanno a teatro perché è svago, o
perché è dovuto, o perché interessa la loro condizione di lavoro?
d. Il tipo di comportamento che lo spettatore è tenuto ad avere o interessato
ad utilizzare: gli spettatori hanno diversi possibili codici di comportamento; il
vero teatro all’italiana nasce nei primi decenni del Seicento (le sue anticipazioni:
Teatro Olimpico di Vicenza e Teatro di Sabbioneta); i codici di comportamento
del teatro seicentesco o settecentesco (conversare, mangiare, dormicchiare)
sono molto diversi da quelli del teatro contemporaneo; circa nell’Ottocento i
codici che noi siamo abituati a rispettare e a pensare si sono consolidati (essere
attenti, in silenzio, nella penombra). Nel teatro all’italiana non esiste
illuminazione elettrica, si usano le candele e l’illuminazione a gas. L’elettricità
è la rivoluzione copernicana del teatro. Il nostro livello di percezione
luministica è completamente diverso a quello di un tempo. Il cambiamento
avviene proprio con Wagner, che con il suo teatro, fissa precisi parametri.
Specialmente nel Novecento, lo spettatore è stato l’oggetto di grandi riflessioni da
parte dei teorici del teatro, secondo due grandi assi, polari: la prima polarità vede
lo spettatore come soggetto che deve provare emozioni forti, che deve essere
tempestato, stimolato alla partecipazione intensa; questa polarità fa quindi leva
sulla stimolazione percettiva dello spettatore; la seconda possibilità, su cui
soprattutto Brecht si è soffermato elaborando il concetto di straniamento, è quella
dello spettatore come coscienza critica. L’idea è che lo spettatore non sia a teatro
per essere stimolato dal punto di vista affettivo o emotivo, non sia lì per identificarsi,
bensì sia a teatro per mantenere viva la sua coscienza critica, mediante
l’osservazione distaccata di ciò che accade in scena. Quindi lo spettatore osserva,
valuta le vicende e analizza come queste potrebbero cambiare, sviluppando
quell’atteggiamento critico che dovrebbe essere poi trasportato, secondo Brecht,
nell’intervento politico nella società in cui appartiene.
Vedi: Codice Minaggio – Trampolino e Baltram
Spazio scenico! Luogo di apparizioni (in cui compaiono i soggetti in scena) questo
spazio si oppone alla platea e ai palchi (aventi diversi ordini). Questi ultimi sono spazi
di contemplazione individuale, laddove invece la gradinata sottolinea la dimensione
collettiva. I palchi sono micro-cellule, per cui è normale che in ognuno nel Settecento
vi fosse l'insegna della famiglia.
Elettricità! Rivoluzione Copernicana del teatro
Nel teatro all’italiana troviamo una platea tendenzialmente una platea ugualitaria.
Tuttavia, lo spazio scenico è nettamente separato dagli spettatori.
L'ulteriore elemento presente è la chiusura del teatro con un soffitto dipinto come un
cielo. Sul palcoscenico, la scena si definisce soffittata, perché chiusa da questa sorta di
soffitto ligneo decorato. (cerca immagine scena soffittata). Questo spazio è la
realizzazione di un ideale umanistico voluto dagli accademici olimpici, ed è una sorta
di rappresentazione cristallizzata di una idea di teatro (perché la scena è fissa). Non è
un contenitore neutro questo spazio, è un contenitore determinato e contingente.
Siamo negli anni 50 del Cinquecento.
Il Teatro Olimpico di Vicenza è una delle tappe fondamentali che condurrà
all'istituzionalizzazione del teatro all'italiana.
Il teatro all'italiana
Quali sono le caratteristiche di questo spazio che diviene un modello esportato in tutta
Europa? Anche nelle culture teatrali aventi propri spazi (es. Teatro elisabettiano e
teatro del siglo de oro) giungono trasformazioni dovute alla comparsa del teatro
all'italiana.
Il teatro all'italiana è innanzitutto un monumento nella città, una costruzione
autonoma che nella sua autonomia induca la necessità di un luogo per un'azione
collettiva vissuta come necessaria, indispensabile.
Le caratteristiche:
Il palcoscenico è sopraelevato, staccato dal piano della platea, perché deve avere un
sottopalco, uno spazio sotto il palcoscenico ove inserire le caratteristiche macchine
sceniche. (tecnologie che realizzano alcuni tipi di azioni occupando anche la verticalità
del palcoscenico, le botole, etc), che animano l'azione sul palcoscenico.
Vi è un diaframma che separa la scena dalla sala. Esso viene detto arco scenico o
frontespizio. Circondano il palcoscenico, funge da cornice. Possiede una funzione
ulteriore: nella parte superiore presenta una chiusura che veniva sfruttata dai cantanti
per amplificare naturalmente la propria voce (una vera e propria tecnica teatrale).
Nel teatro all'italiana (cosa che nel teatro Olimpico di Vicenza non è presente poiché
vi è ancora una mescolanza con il modello classico, seppur rielaborato) troviamo i
palchi su diversi ordini e la platea. I palchi sono spazi di contemplazione individuale,
enfatizza do la dimensione individuale dell'esperienza di fruizione, laddove invece la
gradinata pone l'accento sulla dimensione collettiva della fruizione. I palchi sono
micro-cellule e parcellizzano il teatro, fino a divenire un prolungamento del salotto
del palazzo di famiglia.
Questo è uno degli elementi cruciali del teatro del Rinascimento: la nuova riflessione
sull'edificio teatrale, a partire dalla trattatistica classica (Vasari riflette a partire da
Vitruvio), ciò che conduce alla sperimentazione di una serie di tappe di costruzione di
edifici teatrali (es. Vicenza), come il Teatro di Parma e di Sabbioneta, luoghi che
testimoniano questa fase di sperimentazione. Dal pieno Seicento in poi, si giunge alla
definizione del teatro all'italiana e alla sua propagazione.
La Commedia dell'Arte
Data precisa (correntemente accettata dagli studiosi) per la nascita della commedia
dell'arte! = 1545, a Padova, tale data proviene da una fonte ben definita: un atto
notarile.
Seconda data da ricordare 1565: prima rappresentazione della commedia dell'arte ove
sappiamo di per certo che avesse recitato una donna! La donna si afferma per la prima
volta nella Commedia dell'arte, le viene finalmente riconosciuta una dignità scenica
pari all'uomo, ovvero il fatto che anch'essa possa avere un "plusvalore" artistico pari
a quello dell'uomo (e non solo, come voleva il teatro medievale, provocare perdizione
nello spettatore).
La commedia dell'arte è un fenomeno teatrale di lunga durata: almeno 2 secoli e
mezzo. Goldoni infatti effettua la sua riforma teatrale a partire dalla commedia
dell'arte, ciò che testimonia come essa fosse ancora ben viva!
I comici dell'arte non fanno solo commedia! Fanno tutto: tragedie, commedie, favole
pastorali (da ricordare l'Aminta di Tasso e il Pastor Fido di Guarini), e anche il
melodramma, nato alla fine del Cinquecento a Firenze e sviluppatosi a Roma.
1598 Firenze = Nascita del melodramma
I comici dell'arte possiedono infatti raffinate abilità canore!

Schema a stella! = Topic del canovaccio tipo > Schema a stella con gerarchie attoriali
simmetriche e asimmetriche
(4 parti mobili comiche 4 parti serie)
Utilizzato maggiormente dai comici dell'arte!
Commedia dell'arte: primo spettacolo con pubblico pagante
Commedia dell'arte: il teatro oltre la festa > prima esperienza di separazione dell'arte
teatrale dal contesto festivo. Il teatro acquisisce la propria dimensione moderna!
Nascita del professionismo teatrale!

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