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La struttura del testo drammatico

Lo spettacolo teatrale è suddiviso in atti, formati da più scene. Il termine atto rappresenta che alcune
azioni accadono tutte nella casa di un personaggio mentre le scene sono singoli svolgimenti dove agiscono
gli attori. Un aspetto evidente è la mancanza del narratore perché le parole sono pronunciate dagli attori
sotto gli occhi del pubblico quindi vi è una comunicazione immediata. Nel testo drammatico la narrazione
è costituita dai dialoghi, a loro volta formati dalle battute. La durata del teatro consiste nel rapporto fra il
tempo del racconto e il tempo della storia, cioè il modo in cui gli avvenimenti sono rappresentati nella
finzione narrativa e la loro coincidenza con il tempo reale. Nel teatro, il tempo della storia e quello del
racconto coincidono, perciò la forma della durata temporale è la scena. Gli intervalli fra gli atti segnalano
il passare del tempo e servono anche per cambiare gli sfondi o l’ambiente. I luoghi preferibilmente non
devono essere numerosi perché possono comportare difficoltà tecniche ed elevati costi. Il numero dei
personaggi deve essere proporzionato alle dimensioni del palcoscenico. Il carattere di un personaggio si
capisce in base alle parole e al suo comportamento.
Lo specifico del testo drammatico
Il testo drammatico è una forma di comunicazione scritta da un autore, è destinato a un destinatario che
è un lettore o uno spettatore. Le didascalie, dal greco insegnare, sono dei suggerimenti che offre l’autore
ai personaggi sulla recitazione per indicare la loro entrata e uscita di scena. Luigi Pirandello aiutava con
maggiore esattezza sia il regista sia il lettore a immaginare la scena dell’azione. Viceversa Carlo Goldoni,
nelle sue didascalie scriveva frasi brevi che indicavano soprattutto la posizione e i movimenti dei
personaggi. Quando il drammaturgo pensa di non poter inserire nel dialogo tutte le informazioni relative
alla storia aggiunge gli a parte che sono battute corsivo o tra parentesi, come le didascalie. Il personaggio
sta pensando in quel momento, li pronuncia ad altra voce ma è convinto che nessuno lo sente.
I performativi e i deittici
Le frasi di un testo drammatico sono performative, cioè ordinano di fare qualcosa e danno le istruzioni
necessario affinché il linguaggio diventi azione. La performatività è una caratteristica di tutto il testo
drammatico, comprese le didascalie. In genere gli ordini sono scritti in neretto, lo scrittore li impartisce
al regista e allo scenografo per la messinscena del testo. I deittici, dal greco mostrare rendono più preciso
il contest entro cui avviene la comunicazione. Essi sono pronomi personali, aggettivi possessivi e
dimostrativi, indicano con esattezza i gesti dei personaggi e i tempi e i luoghi della loro azione.
La messa in scena
La messa in scena di uno spettacolo teatrale ben riuscito è il risultato di un abile gioco di squadra. E’
costituita dall’autore dell’opera a cui si affiancano i registi e gli attori, coordinati da personale specializzato
tra cui costumisti, trovarobe, esperti del suono, attrezzisti.
Il regista
Il regista è la persona incaricata di coordinare e dirigere i vari momenti dello spettacolo. Il regista è libero
di interpretare un testo drammatico come meglio crede. Può anche mettere personaggi vestiti moderni
ad esempio con dei jeans in un ambiente di oltre duemila anni fa, infatti ciò che conta è l’attualità del
messaggio dell’opera.
Gli attori
Gli attori sono l’anima del teatro perché recitando non possono permettersi momenti di stanchezza, di
cedimento o di disimpegno. L’attore non rischia di dimenticare le battute perché ripete la parte per molte
repliche, questo causa agli attori una fatica fisica notevole, non per niente sono ammirati dal pubblico. Il
bravo attore ha la capacità di passare da un ruolo all’altro.
La tragedia
Sin dalla preistoria, l’uomo aveva sentito l’esigenza di rappresentare anche sulla roccia gli eventi più
significativi della sua vita quotidiana. Il teatro, però, come rappresentazione drammatica degli eventi più
tragici dell’individuo e della società si sviluppa in particolare in Grecia, i quel periodo che noi chiamiamo
Età classica e che ha sviluppato tutte le forme di arte in maniera egregia. Fu atene, la più importnte polis
della Grecia, a ritenere fondamentale per l’educazione del cittadino la rappresentazione teatrale
soprattutto di testi tragici. Ad Atene infatti il sistema politico era quello democratico e questo sistema
non può essere realizzato senza l’accurata formazione culturale dei cittadini. Secondo, infatti, la
Costituzione di Clistene qualsiasi cittadino ateniese poteva entrare a far parte della Bulé (Parlamento)
poiché l’elezione avveniva per sorteggio. Poiché, però lo Stato non aveva scuole pubbliche, ma solo
private a cui partecipavano solo i più ricchi della città si ritiene fondamentale l’istituzione del teatro per
poter trasmettere a tutti una cultura politica e morale di base. Lo Stato, infatti, pagava il biglietto a tutti i
cittadini meno abbienti per permettere a tutti la partecipazione agli spettacoli. Indiceva, stabiliva, delle
gare su testi drammatici i cui vincitori venivano pagati con premi elevatissimi. Inoltre i greci, anche
quando colonizzarono altre terre (la Sicilia) e fondavano nuove città (Siracusa, Taormina, Agrigento,
Segesta) sceglievano i luoghi che si prestavano, per motivi acustici, alla costruzione di un teatro.
Che cosa rappresentavano invece sulla scena?
Tutto quello che ritenevano utile per l’educazione dello spettatore e per il bene dello Stato. L’evento
tragico doveva rappresentare il massimo perché aveva il compito della elevazione morale dello spettatore;
doveva inculcargli il senso della giustizia, l’amore per la famiglia e per la patria, il senso del dovere fino al
sacrificio della vita.
Il teatro tragico: dalle origini a oggi
La tragedia è mimesi, cioè imitazione, nel senso di rappresentazione fatta persone che agiscono sulla
scena. Nella tragedia vengono rappresentati argomenti eroici che suscitano pietà e terrore soprattutto di
azioni catastrofiche che coinvolgono persone legate da vincoli di parentela. Secondo Aristotele nella
rappresentazione di una tragedia si devono osservare tre regole: l’unita d’azione, l’unità di tempo e di
luogo.
L’azione riprodotta deve essere unica, cioè costituire un tutto compiuto, al punto che, spostando o
sopprimendo una parte si altera l’equilibrio dell’insieme. L’unità di tempo consiste che la scena deve
svolgersi preferibilmente durante l’arco della giornata (24 ore) e deve svolgersi nel medesimo luogo. Il
linguaggio deve possedere ritmo e armonia; in alcune parti si usa solo il verso mentre in altre il canto a
seconda del risultato che si vuole raggiungere. La tragedia produce un effetto di catarsi, che deriva dal
greco purificazione. Il processo catartico è un processo mediante il quale gli spettatori possono trarre
sollievo o purificazione le loro emozioni vedendo rappresentati sulla scena azioni che producono
emozioni di pietà e terrore.
Il dramma
Il dramma si sviluppa come testo teatrale agli inizi del 1800, il periodo storico in cui si afferma la classe
borghese. Il dramma, infatti che, come la tragedia ha un epilogo negativo, ha come protagonisti
personaggi comuni tratti dalla quotidianità, vittime soprattutto della società in cui si trovano a vivere.
Autore di testi drammatici tra i più significativi, è appunto, il grande Luigi Pirandello che nelle sue opere
ha messo in evidenza l’aspetto drammatico della vita dell’uomo comune sottoposto alle regole spiegate
della società.

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