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STORIA DEL TEATRO E DELLO SPETTACOLO

LEZ. 1 – 14.09
ESAME: Tre domande su Testi e argomenti fatti a lezione.
LIBRI: Testo di base “Storia del Teatro”, Cesare Molinari + Testo a scelta
CONTENUTO: Si analizzano gli elementi costitutivi dello Spettacolo teatrale in relazione al Contesto
Culturale, Sociale e Produttivo che lo ha espresso.
Cronologia: Storia + Geografia: ripercorriamo la storia del Teatro in Europa, privilegiando il TEATRO
DRAMMATICO/TEATRO DI PROSA/TEATRO PARLATO, definito spoken drama in inglese.
Esso ha origine in questo modo, ovvero puntando sull’elemento della parola, nell’Antica Grecia (fine VI –
inizio V secolo a.C.), dove affondano le radici del Teatro occidentale.
Bisogna superare i limiti di una disposizione lineare degli argomenti.
SPAZIO SCENICO  Termine generico: può essere qualsiasi luogo (dove si svolge qualcosa davanti a un
Pubblico)
CONTENUTO DRAMMATURGICO  Locuzione generica: con esso si intende qualcosa di diverso dal TESTO
DRAMMATICO (composto in battute e didascalie generalmente)
DEF. TEATRO (DRAMMATICO): cosa consideriamo Teatro?
«[…] il Teatro è il luogo in cui le cose accadono dal vivo, in un incontro-confronto tra persone, in un intreccio
di compresenza fisica e di scambio di emozioni».
Si ha una comunicazione tra ciò che avviene in un luogo chiamato Teatro e un Pubblico che interagisce con
lo Spettacolo.
«[…] qualcosa che possiamo chiamare "Teatro" può darsi ovunque, in ogni luogo e in ogni condizione,
perché a definire l'evento è l'azione che si compie».
cit. Luigi Allegri, Prima lezione sul Teatro, Roma-Bari, Laterza.
Secondo i Greci dell’antichità ciò che viene detto. Si ha una grande importanza della parola.
L’ATTORE è agente della parola (concezione diversa da quella che diventerà prevalente nei secoli successivi
dove l’Attore è PROTAGONISTA  Termine greco)
La concezione è che ciò che deve fare il protagonista non è portare sé stesso ma portare un discorso.
La seconda definizione include non solo luoghi diversi, ma anche eventi diversi rispetto a quelli teatrali
(gare sportive, concerti, una lezione, la nostra vita quotidiana reale o virtuale).
Ciò che differenzia i rapporti interpersonali nella vita quotidiana da quelli che si stabiliscono tra le persone
presenti a un concerto/gara sportiva/Spettacolo teatrale è la natura del rapporto che si stringe tra il
PERFORMER (chi parla, chi agisce) e il PUBBLICO.
PERFORMER  Termine generico: ha un’ampiezza semantica ampia, non connota troppo precisamente.
TEATRO  Termine che deriva dal Greco Théatron.
Esso, in particolare deriva dal sostantivo Théa: l’atto di guardare. Tale sostantivo è associato al suffisso
locativo tron e va a significare LUOGO PER GUARDARE (luogo + azione fisica: a quello serve quel luogo).
SPETTACOLO  Sostantivo che deriva dal verbo latino spectare, guardare (azione fisica non associata al
luogo)
Esso, rispetto a Teatro, fa riferimento in modo più circoscritto all’evento, a ciò che accade.
IMMAGINE: Sophilos, I giochi in onore di Patroclo, 580-570 a.C.
Esso è un frammento che mostra solo quello che è inquadrato.
Questa immagine antica ci mostra il Théatron: vi sono degli spalti. C’è una scalinata con gli Spettatori che
assistono a una cerimonia particolare ovvero le feste commemorative per la morte di Patroclo, durante le
quali si celebrano i Giochi Olimpici.
Tale episodio viene raccontato nell’Iliade, e viene qui illustrato e ci si immagina come potesse essere
rappresentato questo evento spettacolare.

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Vediamo che il Pubblico assiste attivamente a questa parte di Spettacolo.
Molte informazioni che si hanno sulle Pitture vascolari le ricaviamo dai vasi stessi, perché esse sono
riportate sul Vaso come se fosse una didascalia.
Di solito conosciamo anche il nome del Decoratore/Vasaio (vasi di Artisti che erano rinomati).
Il nostro oggetto di studio è lo SPETTACOLO: l’evento dove interagiscono e si coagulano gli elementi
fondamentali, primi fra tutti l’Attore e il Pubblico.
Lo Spettacolo è composto anche da altri elementi: il Testo, gli elementi materiali/fisici come la Scenografia
se c’è, la forma del Teatro o dello spazio che ospita l’evento.
La finalità principale dello studio della Storia del Teatro non è ricostruire un dato evento con esattezza
filologica, ma ciò che interessa alla Storiografia del Teatro è, attraverso l’analisi degli elementi che
interagiscono nell’evento, di dimostrare le Forme Spettacolari, le pratiche sceniche in uso in un
determinato Contesto Socio-Culturale e geografico.
Il compito dello storico del Teatro è quello di ritrovare tracce, frammenti di memoria e di assemblarli,
avendo chiaro che ciò che egli ottiene è una Ricostruzione parziale e soggettiva, provvisoria; si tratta di una
interpretazione. Ciò significa che degli Stessi Dati/Documenti uno storico può avere una interpretazione che
differisce da quella di un altro storico.
Inoltre, nel corso del tempo si acquisiscono fonti e se ne perdono altre, perciò, il lavoro dello storico è
sempre in cambiamento.
Quindi l’interpretazione deriva dal rapporto tra molte componenti, come ad esempio, la natura delle fonti
documentarie, i criteri di selezione delle fonti stesse, la Cultura, le Inclinazioni, la Personalità dello Storico.
Per molto tempo la disciplina della Storia del Teatro è stata ritenuta sovrapponibile con quella della Storia
della Letteratura teatrale ovvero la storia dei TESTI LETTERARI, dei TESTI TEATRALI.
Questa sovrapponibilità è stata da tempo messa in crisi, ma ha alla base delle forti motivazioni. Cioè l’idea
che il Testo contenga in qualche modo lo Spettacolo e quindi ci sia una sovrapponibilità tra Testo e
Spettacolo è basata su motivi solidi.
1. La Rappresentazione teatrale è considerata l’univoca traduzione scenica del Testo (quando c’è)
In senso più estensivo, una specifica messa in Scena può essere ritenuta una delle possibili interpretazioni
di un determinato Testo.
Per molto tempo, chi si incaricherà di mettere in Scena un Testo di un autore diverso da sé stesso, cercherà
di metterlo in Scena secondo quelle che lui ritiene essere state le intenzioni dell’autore. Si cercherà di fare
questo ma senza riuscirci, perché la messa in Scena è sempre diversa.
In entrambi i casi, al Testo drammatico viene attribuito il primato assoluto: quindi lo Spettacolo risulta
essere un prodotto derivato.
Secondo questa impostazione quindi il Testo teatrale contiene già al suo interno lo Spettacolo.
Questo rapporto, ovvero lo Spettacolo come prodotto derivato del Testo, sarà molto variabile nel corso de
tempo e sarà messo in crisi alla base dichiaratamente/volontariamente verso la fine del 1800.
2. Il secondo motivo è di ordine materiale  La rilevanza attribuita al Testo teatrale dalla Storiografia
è dovuta al fatto di essere considerata l’unica traccia forte, l’unico reperto che può essere
conservato e tramandato oltre, in qualche caso, all’Edificio teatrale.
Questa posizione degli Storici comportava l’esclusione di Generi e Forme Spettacolari che hanno per loro
natura un rapporto particolare o talvolta inesistente con un Testo drammatico precedentemente
predisposto.
ES. di non rapporto forte con un Testo predisposto precedentemente: SPETTACOLARITÀ DIFFUSA 
concetto/definizione coniata da Storici del Teatro con riferimento specifico ai lunghi secoli del Medioevo,
quando l’istituzione teatrale non esiste più, ma continua a esistere lo Spettacolo e Performer che realizzano
Spettacoli.

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GIULLARI  Termine ampio: si tratta di Performer che realizzano da soli o in piccole Compagnie Spettacoli
che portano in giro, ma non sono Spettacoli inseriti in spazi specifici o in istituzioni.
In Grecia si hanno invece Spettacoli inseriti in istituzioni ovvero Attività di carattere drammatico che si
inseriscono in una forte istituzione che li promuove, li organizza e li controlla.
ES. Di non rapporto forte con un Testo predisposto precedentemente: COMMEDIA DELL’ARTE  fenomeno
che nasce come TEATRO DEGLI ATTORI E DEL PROFESSIONISMO TEATRALE, senza aver bisogno di spazi
appositi per messa in Scena degli Spettacoli e servendosi di Testi che non sono Testi scritti
precedentemente e poi imparati a memoria (Testi non costituiti da battute da imparare a memoria)
La pratica della Commedia dell’Arte funziona secondo metodi differenti, che non fanno riferimento né a
luoghi specifici né a Testi preordinati.
ES: di non rapporto forte con un Testo predisposto precedentemente: FESTE POPOLARI (ma anche Funzioni
religiose, parate militari, eventi sportivi e cerimonie rituali)  forme che solo nella seconda metà del ‘900
sono diventate oggetto di studio degli Storici del Teatro. Esse erano dominio dell’Antropologia Culturale,
poi diventate interessanti per gli Storici del Teatro, che hanno ampliato il loro raggio di interesse.
Il V secolo a.C. (499-400 a.C.) è riconosciuto dagli Storici come il Secolo d’Oro della Grecia e in particolare
della Città-Stato di Atene non solo per il Teatro.
La rilevanza dal punto di vista teatrale è legata all’affermazione dello Spettacolo drammatico, che nel V
secolo a.C. si stabilizza in forme che costituiscono la base storica e mitica su cui si costruirà la tradizione
teatrale del mondo occidentale.
DEF. DRAMMA (da Wikipedia)
«Il Dramma (dal Greco δρᾶμα, “drama” = azione, storia) è una forma letteraria che include parti scritte per
essere interpretate da Attori. In senso lato è un intreccio narrativo compiuto e destinato alla
Rappresentazione teatrale. Può essere in forma verbale scritta […] oppure improvvisata da un Attore, o
ancora in forma di narrazione non verbale, tramite la gestualità o la danza».
In questa definizione si include anche ciò che non è verbale ma è narrazione: quindi la Danza o anche la
Gestualità (Mimo moderno: esiste nel passato, sia in Grecia che a Roma, anche un Genere di Mimo che è
molto diverso come lo consideriamo oggi).
Il sostantivo Dramma deriva dal verbo greco drao che significa “agisco”. Tale Termine rimanda alla modalità
comunicativa attraverso la quale una storia predeterminata viene raccontata o rappresentata sulla Scena.
Questa forma di comunicazione si basa su un Testo scritto che possiede delle caratteristiche strutturali che
lo rendono adatto alla rappresentazione scenica (Testi concepiti per la rappresentazione) e meno adatta
alla lettura. Leggere Testi teatrali è noioso rispetto a una forma narrativa non realizzata sulla base del puro
dialogo.
N.B. Dramma non è sinonimo del Genere teatrale della Tragedia come avviene nel parlato comune.
Né l’aggettivo Drammatico sarà riferito alla gravità o alla forte emozione che suscita un evento o una
situazione triste o dolorosa.
TRAGEDIA  Genere drammatico.
DRAMMA  Termine generico: significa Testo drammatico in senso generale, senza riferimento al Genere.
Quindi, è Dramma anche la Commedia, perché definisce la forma non il Genere, non il contenuto.
GENERI DRAMMATICI nella Grecia del V secolo a.C.
Vi sono tre Generi drammatici, che si affermano all’interno di un Contesto istituzionale, dove si recitano
Testi preordinati nella Grecia di Atene nel V secolo a.C. che per lungo tempo sono stati considerati i Generi
canonici: nella Grecia del V secolo a.C. si fissa il canone della Drammaturgia.
- TRAGEDIA
- COMMEDIA

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- DRAMMA SATIRESCO: si qualifica attraverso l’aggettivo satiresco (esso trova la sua precisa
identificazione nell’aggettivo).
Modificandosi nel tempo, oggi abbiamo comunque come forti riferimenti la Tragedia e la Commedia.
Il Dramma Satiresco verrà quasi a scomparire già nel V secolo a.C.; ma poi sarà ricercato nel Rinascimento,
dove si tenterà di riportare sulle Scene il Teatro dell’antichità. Si sentirà l’esigenza, a fronte della già
certezza di cosa sia Commedia e di cosa sia Tragedia, e della visione che resta alla struttura degli Spettacoli
dell’antichità, di trovare un corrispettivo per il Dramma Satiresco.
Gli Spettacoli drammatici, nel V secolo a.C. ad Atene, erano inseriti nell’ambito di Manifestazioni festive di
carattere religioso e socio-politico promosse e organizzate dallo Stato.
Tali Manifestazioni festive si svolgevano con cadenza annuale ed erano in parte finanziate dallo Stato stesso
e in parte da singoli cittadini ateniesi.
- GRANDI DIONISIE (DIONISIE CITTADINE)  le più prestigiose di queste manifestazioni festive, le
quali si svolgevano verso la fine di marzo e duravano cinque/sei giorni.
Erano celebrazioni in onore di Dioniso: Dio del Vino, della viticoltura, dell’ebbrezza, dell’estasi, della
rinascita.
Attraverso queste celebrazioni si libera si dà sfogo all’energia vitale. È l’inizio della primavera, l’inizio della
rinascita.
Quel periodo dell’anno coincideva con l’apertura della stagione della navigazione dopo la pausa invernale
quindi, in un periodo in cui ad Atene c’era un forte afflusso di commercianti e viaggiatori.
Le Grandi Dionisie non sono celebrazioni esclusivamente riservate alla popolazione ateniese di sesso
maschile, ma sono aperte anche a stranieri, commercianti e viaggiatori, che in quel periodo cominciavano
ad arrivare ad Atene.
Anche nell’organizzazione e tra le finalità di queste celebrazioni c’è quella di proporre la propria Cultura, i
propri usi e costumi a un Pubblico non ateniese.
Esse diventavano anche una vetrina, la quale doveva proporre quanto di meglio si era prodotto e preparato
nel corso di quasi un anno.
Si trattava infatti di festività a cadenza annuale, le quali richiedevano una lunga preparazione, anche perché
gran parte dei partecipanti a queste festività erano cittadini comuni e non Professionisti.
Vediamo qui una compresenza nell’organizzazione di Spettacoli (e di altro Genere di cortei e processioni
realizzate in queste occasioni) di PROFESSIONISTI e DILETTANTI.
DILETTANTE  Termine usato soprattutto nel Rinascimento per identificare una persona che non pratica
professionalmente una Attività, anche se vi si dedica (non con accezione negativa: non significa scarsa
qualità/preparazione).
La presenza di Dilettanti giustifica la necessità di una lunga preparazione per gli Spettacoli, che andavano a
completare e a integrare anche la finalità stessa di questi festeggiamenti.
- LENEE  Feste che si svolgevano in pieno inverno, verso la fine di gennaio. In quel periodo, in città
c’erano pochi stranieri; per questo le feste avevano dimensioni di importanza più limitate.
- PICCOLE DIONISIE (DIONISIE RURALI)  queste manifestazioni non avevano luogo ad Atene, ma si
svolgevano in provincia, negli oltre cento dèmi dell’Attica.
Esse si svolgevano a dicembre, ma anche in periodi diversi e avevano durate diverse in ogni luogo.
DÈMOS  Distretto, provincia, popolo
MAPPA dell’Attica e della Grecia nel V secolo a.C.
La regione dell’Attica si trova nel Peloponneso. Essa è costituita da più di cento province = dèmi, dove si
svolgevano le Dionisie rurali.

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TAVOLA (1) del VI – V secolo a.C.
Si ritiene che le Rappresentazioni delle Tragedie prima di tutto (in senso cronologico) abbiano iniziato a
essere inserite nelle Grandi Dionisie dalla metà degli ultimi anni del VI secolo a.C.
1° AGONE (gara/concorso) TRAGICO: 534 a.C.
La caratteristica degli Spettacoli tragici, fin dall’inizio, all’interno delle Grandi Dionisie, è quello di essere una
GARA: ci sono dei concorrenti ovvero gli AUTORI (ma anche tutto lo Spettacolo e chi vi partecipa) e c’è un
vincitore.
1° AGONE COMICO: 486 a.C.  In quell’anno le Commedie vengono incluse nelle Grandi Dionisie, ma esse,
in queste giornate dedicate agli Spettacoli, avevano meno spazio rispetto alle Tragedie.
La Commedia invece era il Genere principe delle feste Lenee. In una prima fase si ha quindi la collocazione
unica delle Commedie nelle Lenee; ma poi vengono inserite nelle Grandi Dionisie.
I TEMI trattati nelle Tragedie attingono ai miti, la cui origine risaliva a un lontano passato e anche alla storia
molto recente (quasi di attualità).
Attraverso la rievocazione e la rilettura di eventi storici e mitici, la collettività si confrontava col proprio
passato, anche recente, costruendo e rafforzando la propria identità e modificandola nel tempo.
Il fatto che fosse lo Stato a promuovere e a finanziare queste feste che non avevano un carattere
commerciale, cioè non si pagava per entrare, indica che gli si riconosceva una Funzione civile e pubblicitaria
di notevole rilievo.
Le feste avevano prima di tutto una Funzione sociale stabilizzante: la Comunità che partecipa ad Attività
comuni piacevoli rinforza i vincoli che la tiene legata.
Il DIVERTIMENTO permette inoltre un allentamento delle tensioni che concorre alla stabilità sociale
(dipende da come queste tensioni si allentano).
Si parla di divertimento anche con riferimento agli Spettacoli tragici, e non solo a quelli comici come si
potrebbe pensare.
«[…] per gli Ateniesi il fine e il metro di valutazione della poesia è la capacità di «rendere migliori i cittadini
nelle loro comunità» (cit. Aristofane, Rane, 1009-10) e assicurare con ciò il bene dello Stato [...]».
cit. Giulio Paduano, Il Teatro antico, Roma-Bari, Laterza, 2005, p. 6.
Da questo brano vediamo un’importante tipologia di forte documentaria ovvero i Drammi stessi che ci sono
giunti (in questo caso una Commedia): la Drammaturgia è anche una fonte utile per trarre informazioni
ulteriori.
Aristofane è il principale autore e commediografo che inserisce nelle sue Commedie dei riferimenti
all’utilità degli Spettacoli. Egli fa degli inserimenti meta teatrali: cioè la Commedia parla del Teatro stesso.
Si tratta di Testi che, al di là della loro Funzione spettacolare, contengono e possono essere usati da noi che
leggiamo come fonti per conoscere qualcosa di più anche sulla pratica del Teatro.
Aristofane si scaglia spesso e prende in giro Euripide (suo contemporaneo, l’ultimo dei tragici greci del V
secolo a.C.) e nel fare questo, Aristofane ci racconta di lui. Ad esempio, egli ci dà delle indicazioni su un
gusto, che Aristofane condanna, per un’eccessiva Spettacolarità, un eccessivo affidarsi a elementi extra
testuali (effetti speciali che erano in qualche misura presenti anche nel Teatro dell’antichità).
TAVOLA (2) del VI – V e IV secolo a.C. 
Scansione in senso cronologico

in MARRONE  Principali riferimenti storici;


in ROSSO  Principali figure/drammaturghi di
cui conosciamo le opere;
in BLU  Riferimenti al 1° Agone
tragico/comico;
in ROSA  Riferimenti ai principali filosofi.

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Con l’introduzione del 1° Agone comico si ha l’istituzione di un concorso tra commediografi.
I Generi non concorrono tra loro, ma seguono due canali separati.
Il tutto si svolge nello stesso luogo ovvero il Teatro di Dioniso (Atene).
Aristotele: vive e opera alla metà del IV secolo a.C., un periodo nel quale i grandi tragici e Aristofane sono
morti.
Una delle fonti principali della Trattatistica che è stata usata per fondare quella rinascita del Teatro Antico
nel Rinascimento è un filosofo che ha vissuto almeno un secolo dopo.
Egli parla di qualche cosa che lui ha conosciuto e in parte ancora conosce perché muoiono questi Autori ma
non muoiono le loro opere. Questo è il motivo principale per il quale conosciamo questi Autori e non molti
altri Autori che hanno partecipato alle Grandi Dionisie e quindi agli Agoni tragici/comici.
Come consociamo questi Autori? Perché veniva tutto documentato su pietra.
Questo ci permette di conoscere tutti i partecipanti, tutti gli Spettacoli rappresentati nel V secolo, i vincitori;
queste informazioni ci danno la misura di questi avvenimenti e della loro importanza e di quanti Autori ci
fossero di cui non sappiamo nulla.
Ci sono giunte le opere di questi Autori perché esse hanno continuato a essere rappresentate anche nel IV
secolo. E perché Licurgo (390-323 a.C.) ha deciso di far trascrivere su papiro i Testi di questi Autori.
La trascrizione è indicativa del valore che Licurgo e altri danno a quelle opere e non ad altre. Perciò esse
vengono trascritte perché è riconosciuta l’importanza di queste opere; ma anche perché, dato che la
pratica teatrale era andata modificandosi, si era realizzato il rischio che questi Testi “originali” venissero
sempre più corrotti dall’uso e dispersi (anche se tali Testi già ai tempi di Licurgo non erano quelli che erano
stati rappresentati per la prima volta)  C’erano Testi che venivano modificati per realizzare Spettacoli
almeno in parte diversi; Testi che venivano anche smembrati e riassemblati negli Spettacoli.
Ci saranno sempre tentativi di conservazione a fronte di naturali pratiche teatrali che modificano, disfano e
ricompongono i materiali per realizzare Spettacoli in parte diversi.
Ciò che viene trascritto da Licurgo è già naturalmente diverso rispetto a un secolo prima.
Sono quelle le opere che Aristotele vede e giudica. Anche se lui aveva a disposizione fonti che noi non
abbiamo più, le quali si sono disperse col tempo.
Aristotele è una delle poche fonti che abbiamo che racconta del Teatro, in particolare della Tragedia del V
secolo a.C. (non parla della Commedia) ed è una importante fonte nell’Umanesimo e nel Rinascimento.
DEF. TRAGEDIA (da un passo della Poetica di Aristotele)
«Tragedia, dunque, è mimesi (= imitazione) di un’azione seria e compiuta in sé stessa, con una certa
estensione; […] in forma drammatica e non narrativa; la quale, mediante una serie di casi che suscitano
pietà e terrore, ha per effetto di sollevare e purificare l’anima da siffatte passioni».
cit. Aristotele, Poetica, IV libro, 1449b, 23-25; 26-29. Trad. di Manara Valgimigli.
L’argomento trattato è serio, non è qualcosa di cui si può ridere.
Si tratta di un’azione compiuta in sé stessa ovvero che comincia e si conclude nello spazio di quel Testo; non
ha un finale aperto (come succederà molto tempo dopo). L’azione non lascia in sospeso; essa deve avere un
inizio, un mezzo e una fine.
La Tragedia, mediante una serie di avvenimenti che producono dei sentimenti/passioni quali pietà,
commozione e paura, ha come effetto/Funzione/scopo quello di sollevare e purificare l’anima.
L’effetto descritto da lui costituisce la sua interpretazione di quella che ancora oggi conosciamo come la
FUNZIONE CATARTICA della Tragedia  Lui applica il concetto già esistente di CATARSI al Teatro.
La Catarsi non è finalizzata all’elevazione etica o a sublimare/incanalare le emozioni con un distacco dalla
realtà; esso è un Termine da mettere in relazione con l’uso medico del Termine come rimozione delle
impurità.

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DEF. CATARSI (da Treccani)
CATARSI s. f. [dal Greco κάϑαρσις «purificazione», der. di καϑαίρω «purificare»]. – Nella Religione greca,
nella filosofia pitagorica e in quella platonica, indicava sia il rito magico della purificazione, inteso a
mondare il corpo contaminato, sia la liberazione dell’anima dall’irrazionale.
In particolare, secondo Aristotele, la purificazione dalle passioni, indotta negli Spettatori dalla Tragedia.
Catarsi ha in origine il significato primo di PURIFICAZIONE e veniva usato in termini medici.
Come funziona questo meccanismo della Catarsi indotto dalla Tragedia?
Le vicende tragiche/dolorose dei Personaggi, delle azioni inscenate provocano nello Spettatore emozioni di
paura e di compassione (= partecipazione emotiva).
Queste emozioni cessano con la conclusione della Tragedia, ossia con l’interruzione dell’illusione scenica,
con l’interruzione dell’incredulità.
È chiaro che tutti quanti sappiamo che quanto si mette in Scena non è vero, ma siamo disposti comunque a
farci coinvolgere: questa è una decisione che prendiamo nel momento in cui entriamo in un luogo dove si
svolgono questi Spettacoli.
In questo modo, alla fine dello Spettacolo, lo Spettatore si trova in uno stato interiore diverso rispetto a
quello che aveva all’inizio: in lui è avvenuta la Purificazione  Si tratta di una sorta di medicina, è una sorta
di vaccino che provoca effetti più o e meno forti nell’immediato, ma che ha la Funzione di guarire.
N.B. Si ha quindi una Purificazione da potenzialità emotive di segno negativo, le quali non sono state
indotte dalla Tragedia, ma erano già presenti nell’essere dello Spettatore.
Questo è l’elemento che differenzia fondamentalmente l’atteggiamento dello Spettatore, differenzia la
concezione della Funzione della Tragedia per i Greci rispetto a quella che si stabilirà a Roma qualche secolo
dopo (quando diventa Impero e si afferma la Chiesa cristiana).
A Roma questi Spettacoli saranno visti con un segno negativo perché si riterrà, a differenza che in Grecia,
che le passioni, i sentimenti, le sensazioni negative vengono indotte dalla Tragedia stessa.
Quindi lo Spettatore che va a Teatro viene condizionato dallo Spettacolo. Egli in sé non ha queste
potenzialità negative, ma gli vengono “inoculate” dalla Tragedia.
È lo Spettacolo che viene condannato perché ammala lo Spettatore  questa è la posizione diversa che si
avrà nella Cultura romana, imperiale su questo punto.
L’effetto che l’interruzione dello Spettacolo produce è quello di un alleggerimento, di un allentamento della
tensione che porta sollievo.
Questo articolato Spettacolo tragico non si compone mai solo di una Tragedia, ma di tre Tragedie e un
Dramma Satiresco (a completamento del Ciclo di Tragedie).
Il Dramma Satiresco (Spettacolo di cui si sa poco, perché i Testi non ci sono giunti) che conclude la giornata
di Spettacoli è una sorta di Epilogo della Tragedia che serve all’alleggerimento.
C’è quindi anche questa appendice, la cui Funzione è difficile da valutare perché i Testi non ci sono giunti.
Così descritta, la Catarsi sembra configurarsi come un’esperienza meramente individuale; mentre è
fondamentale che essa venga condivisa dall’intera Comunità (che non comprendeva le donne né come
Attrici né come Spettatrici, e dalla quale erano esclusi anche Servi e Schiavi), la quale si consolida attraverso
la partecipazione a un comune coinvolgimento emozionale.
Le feste in onore di Dioniso, comprendenti gli Spettacoli teatrali (vi erano anche altre Attività),
permettevano di perpetuare un ricco Patrimonio Culturale fatto di pratiche rituali molto antiche, al tempo
stesso rinnovandolo in modo straordinariamente originale.
Gli Spettacoli drammatici diventano parte integrante della vita della Comunità ateniese che, di anno in
anno, attende alla prosecuzione degli Spettacoli teatrali partecipando attivamente, non solo come Pubblico.

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AGONE TRAGICO (GRANDI DIONISIE)
L’organizzazione generale dell’Agone tragico e delle Grandi Dionisie era affidata all’ARCONTE EPONIMO: il
Primo Magistrato di Atene (una sorta di Sindaco che stava in carica un anno) che dava il proprio nome a
quell’anno in cui era in carica.
Ogni Arconte aveva quindi la possibilità di lasciare un buon ricordo di sé. Egli aveva un’unica occasione per
organizzare le Grandi Dionisie, quindi doveva impegnarsi al massimo perché era un momento Culturale di
grande rilievo.
Aristotele nel Testo La Costituzione degli Ateniesi (LVI, 2-3) dice che l’Arconte sceglieva tre COREGHI: essi
erano ricchi cittadini ateniesi che si sarebbero fatti carico di buona parte delle spese per l’Allestimento degli
Spettacoli.
Ad Atene, il COREGO o CORAGO era colui che oggi sarebbe chiamato Produttore.
Egli non era solo colui che ci metteva i soldi, finanziava, ma aveva tutto l’interesse di controllare che i suoi
soldi venissero spesi bene e che il risultato gli procurasse un ritorno di immagine forte.
All’Agone drammatico, inserito nelle Grandi Dionisie, potevano partecipare tre POETI TRAGICI: essi, se
volevano partecipare al concorso, con dovuto anticipo, si rivolgevano direttamente all’Arconte con una
domanda rituale  Gli chiedevano di poter avere un CORO.
Questa richiesta di rito ci dà la misura di quanta importanza avesse il Coro, per più di metà del V secolo a.C.,
per la realizzazione dello Spettacolo tragico.
Si chiede ciò che è essenziale per lo Spettacolo tragico.
L’Arconte sceglieva tre Poeti facendosi aiutare in questa scelta e a ognuno assegnava un Corego ovvero un
finanziatore/produttore.
Durante le feste, ognuna delle dieci tribù che componevano la popolazione di Atene presentava due CORI
DITIRAMBICI (uno di adulti e uno di ragazzi per ogni tribù).
Ogni Coro era formato da 50 Coreuti il cui compito era di danzare e cantare.
Questi Cori non servivano solo per esser impiegati negli Spettacoli tragici, ma originariamente e ancora nel
V secolo erano destinati a partecipare ad altri momenti delle feste (in particolare ai DITIRAMBI).
Essi continuano ad essere chiamati Cori ditirambici dando la priorità di importanza alla Funzione che
svolgono in questi riti, all’interno delle Grandi Dionisie (e poi vengono usati negli Spettacoli tragici).
Gli Attori (quando iniziano ad esserci, non dall’inizio) venivano pagati dallo Stato ed essi erano gli unici
Professionisti.
Gli Spettacoli, essendo organizzati una volta all’anno, avevano un carattere eccezionale e quindi serviva un
notevole investimento finanziario e una grande preparazione.
Ogni Autore/Poeta tragico presentava al Pubblico una TETRALOGIA ossia un insieme di Drammi formato da
tre Tragedie recitate in successione e un Dramma Satiresco (questo è l’Epilogo di tutta la Tetralogia).
Le Tragedie erano generalmente collegate l’una all’altra; di Tetralogie complete ce ne sono giunte
pochissime.
Nel momento in cui le Commedie vengono ammesse nelle Grandi Dionisie, non è certo se a esse venisse
dedicata un’intera giornata o se venissero distribuite nei vari giorni dedicati agli Spettacoli.
Alla fine di queste giornate avveniva la premiazione: una giuria composta da rappresentanti delle dieci tribù
premiava sia il Corego, sia il Poeta autore della Tetralogia vincitrice.
A partire dall’anno 450 a.C. cominciò a essere premiato anche il miglior Attore. Questo non perché si
riconosca tardivamente il merito che l’Attore protagonista ha nella buona riuscita dello Spettacolo, ma
perché fino a non molto tempo prima il protagonista coincideva con l’Autore/Poeta tragico.
Il Poeta tragico non era solo autore del Testo ma anche Primo Attore/Protagonista dello Spettacolo. Egli,
fino a un certo momento, è l’unico Attore.

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Gli Attori in ogni Tragedia arrivano al numero massimo di tre; questo è il raggiungimento di un’evoluzione
che inizia dalla fase in cui c’è un solo Attore ovvero il Poeta.
Quindi, premiando il Poeta si premia anche l’Attore protagonista.
Ciò cambia quando Sofocle deciderà di non partecipare più come Attore per motivi personali ovvero perché
egli riteneva di non avere una voce adatta, sufficientemente forte per sostenere uno sforzo notevole, cioè
quello di recitare un’intera giornata e inoltre non sapeva danzare.
Quindi era importante non solo per il Coro ma anche per gli Attori saper danzare
Nel momento in cui gli Autori arretrano nella partecipazione diretta allo Spettacolo emerge come figura
diversa dall’Autore, l’Attore protagonista che comincia a essere non l’autore ma un’altra persona.
Tutte queste informazioni le possiamo ricavare dalle iscrizioni lapidee.
Da queste iscrizioni che conserviamo il Poeta viene chiamato DIDÀSKALOS che significa insegno, istruisco:
quindi ISTRUTTORE, MAESTRO.
L’Autore scrive, interpreta e insegna.
A chi insegna?  Al Coro: l’altro elemento fondamentale dello Spettacolo.
Per un certo periodo di tempo vi è solo un Attore; il Coro diventa così l’interlocutore.
Nel momento in cui si ha un’interlocuzione tra due elementi parlanti/cantanti/danzanti si ha il Teatro, si ha
una Rappresentazione teatrale.
LEZ. 2 – 21.09
AGONE TRAGICO  Concorso tragico tenuto all’interno delle festività delle Grandi Dionisie.
L’organizzatore delle Grandi Dionisie e dell’Agone tragico è l’Arconte Eponimo (Primo Magistrato di Atene
che è in carica un anno e dà il proprio nome di gestione della città di Atene all’anno in corso).
L’Arconte sceglie tre Coreghi, tre ricchi cittadini che finanzieranno in parte le Grandi Dionisie e l’Agone
tragico, e sceglie tre Poeti tragici, i quali propongono le proprie opere (si parla di Poeti tragici perché
inizialmente partecipano alle gare solo le Tragedie; poi ci sarà anche l’Agone comico con le Commedie).
I Poeti tragici si rivolgono all’Arconte chiedendo un Coro: c’è una domanda rituale per poter proporre le
proprie opere nella speranza che esse vengano accettate.
All’Agone e alle Grandi Dionisie partecipano dieci tribù  La città di Atene è divisa in dieci tribù e ognuna
procura due Cori ditirambici. Tali Cori partecipano sia a riti e alle altre forme di festeggiamento organizzate
per le Grandi Dionisie e in più hanno un ruolo centrale negli Spettacoli drammatici (Tragedie e Commedie).
Ogni Poeta tragico presenta una Tetralogia = tre Tragedie + un Dramma Satiresco.
Didàskalos è il nome attribuito, nelle fasi di organizzazione dell’Agone tragico, ai Poeti perché esso significa
Insegnante/Maestro del Coro (didàsko: verbo che significa «Io insegno»)
Egli insegna prima di tutti, anche in senso cronologico, quando ancora non ci sono Attori oltre al Poeta che
per primo partecipa come unico Attore agli Spettacoli drammatici.
Domanda rituale  Il Poeta chiede il Coro perché esso era un elemento sempre presente nelle
Rappresentazioni drammatiche e ne costituiva l’elemento fondante originario.
TAVOLA (3) del VI – IV secolo a.C.
Abbiamo una scansione cronologica in rapporto ai principali Poeti tragici che conosciamo (Eschilo, Sofocle,
Euripide) e al Commediografo Aristofane; questo in rapporto al periodo storico in cui si svolgono gli Agoni.
Sia gli Agoni drammatici sia altri festeggiamenti che si svolgono nell’ambito delle Grandi Dionisie, compresi i
riti di carattere religioso, si svolgono all’interno del Teatro di Dioniso.
«Quanto al Coro, bisogna considerarlo come uno dei Personaggi del Dramma; e deve essere parte integrale
del tutto e deve partecipare all’azione; non come in Euripide, ma come in Sofocle».
cit. Aristotele, Poetica, XVIII libro, 1456a, 25-26
TAVOLA (4) del VI – IV secolo a.C.
Notiamo che Aristotele vive nel IV secolo (384-322 a.C.) quando i Tragediografi e il Commediografo di cui
conosciamo un numero maggiore di opere sono già morti.
Va considerato anche questo elemento, non per considerare inaffidabile e screditare le informazioni che ci
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dà Aristotele. Egli ha assistito a molte più opere di quelle che ci sono giunte a noi, ma in una fase in cui
comincia (ma anche prima del IV secolo era già iniziato) il FENOMENO DELLE RIPRESE.
Le opere proposte durante le Grandi Dionisie, per la natura di questo Festival, non prevedono Repliche.
Potranno essere poi diffuse e proposte al Pubblico magari nelle Dionisie Rurali dell’anno successivo, ma non
è il carattere proprio della manifestazione.
Uno Spettacolo non è mai uguale a sé stesso: si segue un copione, l’obiettivo è quello di ripeterlo uguale,
però esso non è mai uguale a sé stesso.
Lo Spettacolo non viene replicato, avviene raramente nel V secolo ma non ad Atene.
Questo dato fa sì che sopravvivano soltanto un numero abbastanza piccolo di opere che, al di fuori di Atene
e successivamente al ritiro o alla morte dei Poeti, verranno riprese.
D’altra parte, non solo nella composizione e nella scrittura, ma anche nella preparazione dello Spettacolo, è
importante il Poeta/l’Autore perché è didàskalos. Perciò egli deve mettere in Scena, deve istruire il Coro,
non ha bisogno di istruire sé stesso perché è già istruito (fino al momento in cui non cesserà di essere parte
attiva nello Spettacolo, cioè fino alla metà del V secolo quando il Poeta Sofocle deciderà di non essere più
parte attiva, recitando come Attore nello Spettacolo).
In quel momento, l’evoluzione anche del numero degli Attori che partecipano nello Spettacolo è già andato
avanti.
Aristotele, per quello che ne può sapere vedendo le Riprese, potendo leggere e avendo acceso a molti più
Testi rispetto a quelli che possiamo vedere noi, dice che il Coro è importante non come Euripide lo utilizza,
ma così come in Sofocle ancora viene utilizzato.
Euripide è quasi contemporaneo di Sofocle. La loro produzione finisce nello stesso momento, anche se
Sofocle è più anziano. Però Aristotele vede un cambiamento tra Sofocle e Euripide.
Nelle Tragedie di Sofocle e di Eschilo, il Coro prende parte all’azione diventandone talvolta il Personaggio
principale.
Sia nelle Tragedie che nelle Commedie (dove è anche presente il Coro), il Coro è sempre ben definito e
caratterizzato dal punto di vista sociologico, anagrafico e anche psicologico.
ES: I Vecchi Argivi  Gruppo di anziani della città Argo.
ES: Le Troiane  Danno il nome alla Tragedia, il cui Coro è costituito da schiave di Troia.
ES: Le Supplici  Coro presente che dà il nome a una Tetralogia Le Supplici: sono figure femminili che
costituiscono il Coro delle Supplici in una rielaborazione del 2017 della Tragedia di Eschilo.
È un gruppo che si presenta al Pubblico come un gruppo omogeneo, la cui omogeneità viene evidenziata
anche dal Costume e dalla Maschera che si indossava (essa viene indossata da tutti i Personaggi e a maggior
ragione dagli Attori, i quali in molti casi devono interpretare più Personaggi: è anche una necessità quella di
usare le Maschere per caratterizzare i diversi Personaggi).
I Cori li possiamo vedere in numerosi Documenti/Testimonianze iconografiche.
ES: Coro tragico. Grecia (Attica), 500-480 a.C. – Cratere a colonne a figure rosse. Basilea, Antikenmuseum
Basel und Sammlung Ludwig.
Si tratta di un Vaso dell’inizio del V secolo che presenta un Coro non coinvolto in un’azione drammatica.
{*} È definito un Coro tragico, non in relazione alla Tragedia, ma in relazione al corteggio di Dioniso di cui
fanno parte, quindi, al momento in cui si festeggia Dioniso, non attraverso lo Spettacolo drammatico ma
attraverso i riti.
I Cori ditirambici (non esiste solo questa Categoria) erano i Cori che si esibivano nei riti in onore del Dio
Dioniso, a cui è dedicata la manifestazione delle Grandi Dionisie e poi venivano impiegati anche negli
Spettacoli drammatici.
Le figure si muovono in sintonia perfetta, l’effetto che il Coro deve dare è quello di essere un Personaggio
plurale, dove l’individuo non ha senso se non inserito nel gruppo di cui fa parte.
Sembra che i Coreuti stiano eseguendo una danza in onore della divinità Dioniso, ovvero il simulacro della
divinità che vediamo a sinistra (è una statua che rappresenta la divinità).

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ES: Coro tragico di donne. Italia (Taranto), 425-375 a.C. – Frammento a figure rosse. Würzburg, Martin
Wagner Museum.
Esse vengono mostrate come donne, ma in realtà le donne non partecipavano agli Spettacoli, ai Cori e
nemmeno come spettatrici.
Nelle Tragedie e nelle Commedie ci sono Personaggi femminili ma vengono interpretati da uomini.
Qui la qualità del frammento non permette di vedere l’uniformità del Costume.
Vi è un elemento che in queste decorazioni spesso viene utilizzato  Una delle donne (quella centrale)
indossa la Maschera: sembra che sia il suo viso, perché l’effetto complessivo della Maschera, in molti casi,
soprattutto per quanto riguarda i Coreuti, deve dissimulare il fatto che si tratti di una Maschera. Tanto più
nelle raffigurazioni iconografiche, perché il Coro deve avere un suo Realismo, anche se i Cori possono
essere composti da Personaggi come i Satiri: sono Cori molto frequenti negli Spettacoli drammatici e in
altre forme di Spettacolo non drammatico.
Mentre la figura centrale indossa la Maschera, le altre due a sinistra della figura centrale la tengono in
mano (cerchio bianco che tengono una con la mano destra e una con la mano sinistra protesa verso l’alto).
Anche dall’altro lato, a destra della danzatrice col Costume al completo, vi è una figura che porta nella
mano sinistra la Maschera.
Le MASCHERE (sia dei Coreuti che degli Attori) non coprivano solo il viso; erano dei caschi che venivano
calzati sulla testa e dovevano avere delle caratteristiche per cui queste Maschere dovevano rimanere ben
ferme, perché soprattutto i Coreuti ma anche gli Attori danzavano e quindi la Maschera doveva essere ben
fissata sul capo. Nel caso dei Coreuti, non dovevano essere Maschere troppo ingombranti.
Le origini della Tragedia sono tra le questioni più indagate e controverse della Storia del Teatro Antico.
Una delle ipotesi più accreditate vede la Tragedia greca come evoluzione del Canto Lirico Corale chiamato
DITIRAMBO  I Cori ditirambici sono i Coreuti che eseguono un Canto Lirico Corale chiamato Ditirambo.
Il Ditirambo costituisce uno degli elementi rituali usati nella parte di celebrazione religiosa, nell’ambito
delle Grandi Dionisie.
Si tratta di Cori impegnati nelle Rappresentazioni drammatiche e nei Ditirambi.
I Coreuti del Coro tragico, che fanno un passo di danza davanti al simulacro di Dioniso, stanno eseguendo
questi riti, i quali sono anteriori alle prime notizie dello Spettacolo drammatico: sono espressioni rituali più
antiche che continueranno a sopravvivere e che non cesseranno quando si evolverà il Ditirambo in
Spettacolo drammatico.
«[…] la Tragedia ripete la sua origine dai cantori [Exarchontes] del Ditirambo, la Commedia dai cantori de’
Canti fallici, i quali sono in uso ancor oggi in parecchie città».
cit. Aristotele, Poetica, IV libro, 1449a, 11-12.
In questo brano, Aristotele parla del Ditirambo  La Tragedia è un’evoluzione dei Cantori [Exarchontes] del
Ditirambo (Genere di Canto e Danza corale), mentre la Commedia dei Cantori dei Canti fallici.
Falloforie: processioni esistenti che potrebbero aver avuto un ruolo all’interno degli Spettacoli comici.
Aristotele riserva alla Commedia un ruolo ancillare, non specifica molto degli elementi costitutivi della
Commedia, ma aggiunge a volte come postilla, per creare la simmetria rispetto al discorso sulla Tragedia.
I Cantori del Ditirambo e i Cantori dei Canti fallici continuano a esistere e ad essere praticati ancora oggi, al
di là dello sviluppo che hanno all’interno degli Spettacoli drammatici (lo si vede nella documentazione
iconografica anche tarda=)
DEF. EXARCHON (tradotto con Cantore): letteralmente significa colui che inizia, colui che dà il tono
(CORIFEO, Capo del Coro).
ES: Nei Cori come li intendiamo oggi, di solito c’è il Direttore del Coro, ma potrebbe anche non esserci.
Ci deve essere sempre qualcuno, di solito il Direttore del Coro, che dà il tono a tutte le sezioni del Coro (ai
soprani, ai tenori, ai bassi e ai contralti).

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ES: Nelle orchestre, chi dà il tono/ la nota in base alla quale tutti si accordano può essere il Direttore
d’Orchestra o il primo violino (elemento del Coro).
Il Corifeo, ad un certo punto, potrebbe essersi assunto il compito di alternare al Canto del Coro un Canto
monodico (solista) di carattere lirico narrativo.
Di conseguenza, il Canto del Coro potrebbe essere diventato una sorta di ritornello. Quindi, si amplia la
Funzione del Corifeo.
Secondo questa ipotesi, l’Exarchon, ad un certo punto, sarebbe diventato un’entità autonoma rispetto al
Coro, finendo per l’impersonare direttamente il Personaggio che in precedenza raccontava/narrava le
azioni usando la terza persona  Il Corifeo impersona e parla in prima persona.
N.B. Usando la prima persona e alternando non più il proprio racconto, ma la propria interpretazione
all’intervento del Coro, si dà vita a un nucleo drammatico.
Dove c’è il dialogo si ha una Forma Drammatica di interlocuzione.
In generale, il Coro commenta e pone anche delle domande al Personaggio.
È quando accanto al Coro appare un Attore, ovvero intorno agli ultimi decenni del VI secolo, che si può
parlare più propriamente di Tragedia.
TAVOLA (5) del VI – IV secolo a.C.
Secondo un’ipotesi diversa formulata da Diogene Laerzio nel II-III secolo d.C., il Primo Attore non si sarebbe
staccato dal Coro, ma vi si sarebbe aggiunto e questo elemento che si aggiunge potrebbe essere
identificabile in Tespi  Poeta del VI secolo a.C. che potrebbe essere da considerarsi l’inventore della
Tragedia ma di cui non abbiamo notizie di qualche solidità né sue opere (sappiamo solo che è esistito).
Secondo questa idea, Tespi potrebbe aver portato a compimento un processo forse già in precedenza
avviato. L’apporto di Tespi forse consistette nell’aggiunta di un prologo e di alcune battute dette da un
Attore (forse lui stesso) che poteva interpetrare più Personaggi.
Poi, in seguito a un’innovazione introdotta da Eschilo nell’anno 500, gli Attori diventarono due.
Infine, essi si stabilizzarono diventando tre con Sofocle.
In questo modo, si completa e si stabilizza la formazione del cast di partecipanti (Attori e Coro) e non dei
Personaggi, che saranno più numerosi rispetto al numero degli Attori che rimarrà sempre al massimo di tre.
«[…] Eschilo portò da uno a due il numero degli Attori; diminuì l’importanza del Coro, e fece del dialogo la
parte principale. Tre Attori introdusse Sofocle e aggiunse la decorazione della Scena».
cit. Aristotele, Poetica, IV libro, 1449a, 16-19.
Quando Eschilo aggiunge un Attore, i due Attori possono dialogare tra loro. Per questo, il Coro diminuisce la
sua importanza. In ogni caso cambierà il suo ruolo.
Il numero massimo di Attori sarà tre:
- 1° Attore: PROTAGONISTA (unico dei Termini che è giunto a noi, è sopravvissuto con il significato di
persona che ha un’importanza preminente in un Contesto): il Termine è legato al concetto di gara,
legato al Contesto dell’Agone  Ha la prerogativa di interpretare un solo Personaggio – il principale
- 2° Attore: DEUTERAGONISTA  Interpreta 2 o più Personaggi
- 3° Attore: TRITAGONISTA  Interpreta ancora più Personaggi.
Si stabilisce una gerarchia degli Attori e di conseguenza si crea anche una gerarchia dei Personaggi che
permarrà.
Nei secoli successivi, il numero di Attori aumenterà molto rispetto a questa formulazione del V secolo.
Ma nel Teatro seicentesco, settecentesco, ottocentesco (nel ‘900 e oggi in misura minore) avremo Attori
che interpretano più parti
Quindi, il numero degli Attori non corrisponde necessariamente, quasi mai al numero dei Personaggi.
Gli Attori sono di un numero inferiore rispetto ai Personaggi perché ci sono Attori (non i più importanti) che
sono FIGURANTI (le Comparse nel Cinema).
Nel Cinema, le Comparse all’interno dei film non compaiono una volta sola, ma compariranno in Personaggi

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diversi più volte (a volte non parlano, rimangono sullo Sfondo), perché fanno parte di una folla quindi il
Pubblico non guarda loro.
Lo Spettacolo tragico nasce nel Contesto delle festività religiose in onore di Dioniso. Il Culto di Dioniso è
originario del Medioriente e solo intorno al XIII secolo a.C. fu introdotto in Grecia, in particolare nella città
di Eleutere.
TAVOLA (6) del VI – IV secolo a.C.
Un collegamento dei riti a lui dedicati con la Tragedia è certo, anche se non sono chiari i passaggi intermedi.
Lo storico Erodoto (484-425 a.C.) con riferimento ai riti in onore di Dioniso, parla di CORI TRAGICI  Coro
tradizionalmente legato al seguito, al corteggio di Dioniso. {*}
I Cori tragici sono gli elementi che, nel culto di Dioniso, seguono/fanno parte di chi sta intorno alla divinità,
anche nei cortei/sfilate/processioni.
Si parla di Cori tragici al di fuori del Contesto teatrale, ma i nessi non sono chiari.
Il Termine Tragedia viene usato per lo Spettacolo tragico.
Esiste prima il Coro tragico decontestualizzato dalla Tragedia e dopo lo Spettacolo drammatico viene
definito tragico e non viceversa.
Si fa riferimento al Coro tragico utilizzando una serie di Termine a seconda della configurazione dei singoli
Coreuti del Coro tragico.
- SATIRI: Uomini-capri (Personaggi importanti nella Cultura, nella Ritualità e nella Teatralità greca
dell’antichità)
- SILENI (meno frequentemente): Uomini-cavalli
- TRÀGOS: Capro, Caprone  CORO TRAGICO: Coro di capri
- ÁIDŌ: Canto
- TRAGOIDÍA (Tragedia = Tràgos + Áidō): Canto dei Capri
- I Poeti tragici proponevano al Pubblico ognuno di loro una TETRALOGIA (3 Tragedie + 1 Dramma
Satiresco).
Un elemento della Tetralogia, quello conclusivo, ha nel suo qualificarsi come Genere l’aggettivo satiresco.
Quindi, i Cori tragici composti da Satiri sono presenti, hanno un’importanza evidente perché questo quarto
elemento della Tetralogia viene chiamato Dramma Satiresco.
Dei Drammi satireschi però non abbiamo molte informazioni perché, a differenza delle Tragedie, essi non
sono stati riproposti nelle Riprese.
Così come il Coro nel corso del V secolo, ad esempio nelle Tragedie di Euripide, va diminuendo la sua
importanza diventando un Intermezzo di Danza negli Spettacoli tragici, così la stessa evoluzione e destino
ha il Dramma Satiresco, dove ad essere protagonisti non erano gli Attori ma con tutta probabilità erano i
Cori. Essi erano i Cori che partecipavano alle Tragedie o forse altri Cori (Cori di Satiri: perché è forte,
essendo nel nome, l’indicazione che ci manda verso la definizione di un’importanza dei Satiri, da farci
pensare che i Cori di Satiri fossero talmente importanti da essere protagonisti di quella sorta di Epilogo,
forse satirico, dove si mettevano in qualche modo anche in discussione i temi seri che venivano svolti nelle
Tragedie: non si sa per certo).
Esso poteva essere una modalità non di diminuire la serietà dei temi trattati nel corso delle Tragedie, ma
anche per mostrare la relatività di ciò che nella vita umana ci angustia, ci addolora; questo non per sminuire
i dolori che vengono rappresentati nelle Tragedie, ma per alleggerire, per darci un punto di vista diverso
attraverso una visione satirica del tema che si è trattato seriamente in precedenza.
Questa è un’ipotesi perché non ci sono giunti Drammi Satireschi.
IMMAGINI di SATIRI
ES: Satiro. Grecia (Atene), 460-450 a.C. – Fondo di kylix a figure rosse. Boston, Museum of Fine Arts.
Il Satiro come Personaggio mitologico, come Personaggio rituale/teatrale, e come Personaggio legato a
Dioniso, Dio del Vino.
La figura del Satiro nell’iconografia ricorre molto. La frequenza con cui troviamo raffigurata nei manufatti
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anche del VI e soprattutto del V secolo, la figura del Satiro ci dà forse una misura sproporzionata della sua
importanza, che è comunque grande, perché il Satiro, facendo parte del corteggio di Dioniso, era un
soggetto ideale per essere raffigurato in quei recipienti atti a contenere il vino (ve ne erano tanti).
I tanti contenitori dove veniva scelto per analogia tra immagine e contenuto la figura del Satiro, per una
questione statistica, sono sopravvissuti alla distruzione in un numero elevato.
Ne abbiamo un numero che ci racconta dell’importanza nella Cultura di questa figura, ma anche in misura
eccessiva.
Nell’immagine vediamo il Satiro che sta cavalcando un otre che si suppone contenga vino (immagine buffa,
satirica del Satiro).
Egli ha alcune caratteristiche costanti: le caratteristiche somatiche rimandano solitamente a un essere
ferino; il Satiro è metà uomo e metà capro, con elementi del cavallo (la coda cavallina in questo caso, ma a
volte richiama la coda del capro).
Gli elementi ricorrenti sono: la fisionomia in generale, la coda, la nudità e il fallo eretto (uno degli elementi
costanti che qualificano l’immagine del Satiro).
Qui possiamo pensare che l’intenzione del Decoratore fosse quella di raffigurare il Satiro della Mitologia
perché è un essere soprattutto uomo con caratteristiche animali, che non può esistere nella realtà né nel
Contesto rituale, né nel Contesto teatrale se lo si vuole raffigurare realisticamente.
Abbiamo però molte raffigurazioni realistiche.
ES: Pittore di Niobe, Pandora e Satiri (Lato B). Italia (Altamura), 460-450 a.C. – Cratere a calice a figure
rosse. Londra, British Museum.
I Satiri sono compresi nella fascia più bassa del Vaso (vi sono due fasce).
Vediamo alcune caratteristiche che ci fanno ricordare del Satiro visto prima e altre che differenziano queste
immagini di Satiri dai precedenti: c’è la nudità, ma c’è anche una sorta di mutanda nera indossata dai
Coreuti/Satiri. La mutanda serve a coprire le nudità vere della persona e anche come supporto per riuscire
a reggere alcuni elementi che devono essere sempre presenti nel Costume del Satiro: in questo caso la coda
(che si intravede solo nell’ultimo Personaggio a sinistra che è di profilo) e il fallo eretto.
Qui il Decoratore è stato discreto: in molte raffigurazioni il fallo è molto più in evidenza.
Il riferimento che ora si può fare è ai Canti fallici, dove si portava in processione non il simulacro di Dioniso,
ma un simulacro del fallo, come in tante Civiltà è un rito di fertilità.
La presenza della mutanda nera segnala che non si vuole raffigurare la Mitologia, ma che si vedono uomini
travestiti da Satiri, in ambito rituale, nel corso di un rito, ma anche con qualche riferimento teatrale forse,
dato che a questa altezza cronologica i Satiri sono anche a Teatro.
Vi è anche nella fascia in basso al centro un AULETA: egli era il musicista che componeva anche le musiche e
che offriva l’accompagnamento musicale. Egli suona l’Aulos, un flauto a doppia ancia (si vede in molti
Documenti iconografici dell’epoca). Esso era uno degli accompagnamenti strumentali sia dei riti che degli
Spettacoli teatrali.
L’artificio della mutanda, il Decoratore decide di evidenziarla: avrebbe potuto scegliere di dare un’idea poi
non corrispondente alla realtà, ma di correggere ciò che nella realtà del Teatro non era possibile correggere
cioè mostrarli come se fossero nudi. Invece egli vuole evidenziare che si tratta di Attori travestiti: questo
vale per la parte inferiore del corpo.
Al contrario, ciò che nell’immagine non è evidenziato come artificio è il fatto che i Coreuti indossano delle
Maschere: questo perché esse erano costruite come delle sorte di caschi che comprendevano anche i
capelli (le corna in questo caso), che dovevano essere presenti nel Costume del Satiro.
ES: Pittore di Leningrado, Danza di Satiri (Grecia), 400 a.C. – Calpide a figure rosse. Boston, Museum of Fine
Arts.
Anche in questo caso, il Pittore ha voluto evidenziare l’artificio.

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ES: Polione, Coro di Satiri citaredi. Grecia (Attica), 420 a.C. – Cratere a campana a figure rosse. New York,
The Metropolitan Museum of Art.
Qui abbiamo un Coro di Satiri citaredi ovvero che suonano, che sono anche strumentisti e accompagnano
sia il Coro ditirambico che in altro Contesto.
Essi hanno anche sorta di Capo Coro che sta davanti a loro, come se dirigesse ciò che nei movimenti e nella
musica dovevano realizzare i Coreuti.
Qui i Coreuti sono anche connotati dalla parrucca bianca, da una Maschera che li connota come vecchi,
anche se essi non necessariamente sono vecchi.
ES: Vaso detto di Pronomos. Italia (Ruvo di Puglia), 410 a.C. ca. – Cratere a volute a figure rosse. Napoli,
Museo Archeologico Nazionale.
Questo è uno dei Documenti iconografici più importanti. È un Vaso della fine del V secolo, tutto dedicato al
mondo dei Satiri, che ci è giunto integro.
A fronte della grande importanza nella Storia del Teatro di questo Vaso, non esiste oggi una riproduzione
buona.
Il Vaso (come quasi sempre succede) ha due facce/lati, entrambi leggibili  Lato A e Lato B.
Del Vaso, solitamente, viene visto e analizzato quello che è stato deciso arbitrariamente essere il Lato A.
È un Vaso molto ricco, commissionato sicuramente da una persona importante, che poteva possedere un
manufatto di grande valore. Esso viene chiamato in questo modo dal committente stesso.
Il committente, ovvero Pronomos è la figura centrale: l’Auleta che è seduto e sta suonando l’Aulos.
Questo lo sappiamo perché c’è scritto quindi sappiamo che è lui.
Vediamo un cast completo e anche un Coro tendenzialmente al completo.
IMMAGINE  Vediamo una raffigurazione su una superficie non curva che in qualche modo distorce questi
elementi.
È presente un impianto compositivo che vede un gruppo di Personaggi collocato nella fascia in alto e un
gruppo di Personaggi collocato nella fascia in basso.
Un elemento interessante è che il Pittore non decide, come in altre immagini viste, di raffigurare i Satiri tutti
allo stesso modo.
Abbiamo dei Satiri con la Maschera in mano (i due
all’estrema destra sia in alto che in basso). Anzi, quasi tutti
sono senza Maschera.
A indossare la Maschera è il Satiro a sinistra dell’Auleta, il
quale sta compiendo un passo di danza.
Sappiamo per certo che egli indossa la Maschera perché
gli altri Coreuti ce l’hanno in mano, la tengono in modi
diversi tra loro, tanto che ci fanno vedere com’è fatto il
retro/il profilo/il davanti della Maschera.
Della Maschera, ci vengono mostrati tutti i lati e ci viene mostrata anche indossata in quell’unico caso.
Oltre ai Coreuti ci sono anche i tre Attori, i quali tengono anche loro la Maschera in mano.
L’Attore a sinistra e l’Attore a destra tengono la Maschera con il braccio teso verso il basso (stessa
posizione).
L’altro Attore (quello centrale) è seduto, e tiene in mano una Maschera femminile. Si tratta di un Attore,
che almeno tra i suoi Personaggi, interpreterà anche un Personaggio femminile.
Il Protagonista è probabilmente l’Attore con l’abito più ricco (quello a sinistra).
Centralmente, nella fascia in alto, vediamo Dioniso e Arianna. Abbiamo la loro presenza, non in persona,
ma come presenza che ha un significato correlato con la natura dell’immagine: è l’immagine di un Coro e di
Attori impegnati in uno Spettacolo dedicato a Dioniso. Quindi non sono delle presenze reali, ma i numi
tutelari che presenziano in ogni manifestazione dedicata a Dioniso.

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Cosa stanno facendo? In quale momento i Coreuti (Satiri) e gli Attori vengono colti?
Non si tratta di un momento dello Spettacolo, perché non c’è un’azione coerente nella quale i Coreuti siano
tra loro coinvolti: essi non stanno svolgendo una Danza (Coro non sincronico) e soprattutto la preparazione
non è accurata come dovrebbe essere se si trattasse di un momento dello Spettacolo, proprio perché quasi
nessuno ha la Maschera.
Inoltre, il secondo Coreuta da destra in basso ha la Maschera in mano ma ha una veste che non fa parte
dell’Apparato Costumistico del Satiro. È quindi un Satiro che si deve ancora svestire, indossa ancora l’abito
con cui è andato nel luogo dove si terrà lo Spettacolo.
Si potrebbe pensare che si tratti di un FUORISCENA – un Genere di raffigurazione che solo nel tardo ‘700
verrà scelto come soggetto iconografico possibile, per mostrare la vita degli Attori e del Teatro.
Esso, per quell’epoca, è un soggetto piuttosto raro, ma non l’unico tra quelli che ci sono giunti.
Esso ci mostra qualche cosa che non è né lo Spettacolo né il rito in corso; è VITA TEATRALE.
Ci viene mostrato un aspetto diverso: potrebbe essere un momento precedente lo Spettacolo come fa
pensare il Coreuta già perfettamente pronto per lo Spettacolo, il quale accenna un passo di danza (Danza
Sikinnis, che comprende anche questa posizione).
Meno probabilmente, potrebbe essere anche un momento successivo allo Spettacolo. Ma è poco probabile
perché molti Coreuti hanno un atteggiamento di attesa; alcuni parlano tra loro (le due figure all’estrema
sinistra).
IMMAGINE: Si compone e si completa l’indicazione dei
Personaggi.
C’è il Papposileno: il Personaggio con la Maschera da anziano in
mano, il quale potrebbe essere il Capo Coro: egli ha un Costume
diverso. Si tratta del Sileno anziano: il più grande non solo per
l’età, ma anche come autorità.
(Sileno è considerato quasi sinonimo di Satiro ma viene usato
meno; Papos è anche il nonno).
C’è una possibile identificazione dei Personaggi che gli Attori incarnano: Laomedonte, Esione, Eracle.
Per Eracle (Ercole) lo possiamo capire da alcuni attributi come il Costume, la clava.
Vi sono anche il Poeta Demetrios con i suoi Testi su pergamena e il Citaredo Charinos, il quale completa
l’apparato di strumentisti che accompagneranno lo Spettacolo.
È possibile ipotizzare per quale tipo di Spettacolo si stanno preparando gli Attori e i Coreuti.
La risposta più ovvia potrebbe essere che essi si stiano preparando per un Dramma Satiresco. Ma sappiamo
per certo che i Cori di Satiri intervenissero anche nelle Tragedie, quindi potrebbe essere una Tragedia.
I Cori di Satiri erano una costante nei Drammi Satireschi, quindi, questa immagine potrebbe riferirsi al
Dramma Satiresco, oppure potrebbe riferirsi alla Tragedia, dove il Coro potrebbe essere costituito da Satiri.
Non sappiamo a che tipo di Genere potesse riferirsi, ma certamente è un Contesto teatrale.
ES: Pittore di Phiale, Coreuti che si vestono, 475- 425 a.C. – Pelike a figure rosse. Boston, Museum of Fine
Arts.
Trattiamo il tema della COSTUMISTICA e il Vaso sembra volerci fornire delle informazioni importanti.
Con la stessa intenzione, il Pittore vuole raffigurare la vestizione del Coreuta a destra aiutato dal Coreuta a
sinistra, già perfettamente nella parte (già indossa il Costume e la Maschera). Il Coreuta a sinistra permette
di dare un senso a quella testa (è una Maschera) sul pavimento, che è uguale nelle sembianze fisionomiche,
e che indosserà il Coreuta a destra che è chiaramente in ritardo. In quel momento, egli si sta infilando degli
stivali con la punta ricurva all’insù, che l’altro Coreuta già indossa.
Il Coreuta di destra non ha ancora completato la vestizione perché l’altro gli porge il drappo, il mantello che
completerà il suo Costume; e dovrà infine calzare anche la Maschera.
Si vede anche che i Coreuti indossano una fascia sulla testa, che serve sia per fissare meglio la Maschera, sia
per trattenere il sudore che nel corso dello Spettacolo poteva provocare.

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Uno dei dettagli interessanti che ci mostra il Vaso è come potevano essere fatte le calzature, ben visibili
anche nel Vaso di Pronomos.
I Coreuti potevano essere a piedi nudi (tipicamente i Satiri) o indossare (come, ad esempio, Eracle: uno dei
Personaggi più importanti) dei calzari simili a degli stivaletti. Sono calzature che danno l’impressione di
assoluta morbidezza.
Il Contesto spettacolare cioè il Genere a cui si riferisce questa Scena non è un Dramma Satiresco, ma
probabilmente una Tragedia, con un Coro di altra natura.
IMMAGINI di MASCHERE
ES: Maschera tragica maschile (Italia, Magna Grecia), ante 350 a.C. – Terracotta. Lipari, Museo Archeologico
Eoliano.
ES: Maschera tragica di giovane uomo (Grecia), sec. III-II a.C. – Terracotta Parigi, Musée du Louvre.
Le Maschere avevano la Funzione di connotare il Personaggio perfettamente, ma esse non dovevano essere
d’intralcio ai Coreuti e neanche agli Attori, i quali a volte potevano compiere qualche passo di danza.
Essi quindi non erano statici, dovevano avere un Costume che permettesse i movimenti nell’area scenica.
Le Maschere dovevano essere resistenti e venivano adattate all’Attore che le doveva indossare. Esse
dovevano essere leggere, quindi erano costruite in materiali come sughero, carta pesta, legno leggero (tutti
materiali deperibili). Per questo, delle Maschere originarie non abbiamo nessun reperto che ci sia giunto.
Si hanno manufatti come questi che si riferiscono al periodo del IV – II secolo a.C. (di cui non abbiamo
Testi).
ES: Maschera comica di vecchio, sec. II-I a.C. – Terracotta. Parigi, Musée du Louvre.
ES: Maschera di comica di servo, sec. II a.C. ca. – Terracotta. Atene, Museo Archeologico
ES: Maschere femminili, 350 -250 a.C. Terracotta. Lipari, Museo Archeologico Eoliano.
ES: Maschere maschili, 350 -250 a.C. Terracotta. Lipari, Museo Archeologico Eoliano.
ES: Maschera comica di etera (Grecia), 150 a.C. ca. Terracotta. Parigi, Musée du Louvre.
ES: Maschera comica di vecchia, 320-300 a.C. – Terracotta dipinta. Parigi, Musée du Louvre.
Sono Maschere tutte dipinte. La Maschera diventa poi anche un elemento decorativo molto utilizzato.
Queste Maschere di terracotta, di dimensioni molto piccole, sono state ritrovate nelle sepolture. Il defunto
che veniva defunto, se era amante del Teatro, poteva farsi arredare la tomba con gli oggetti che gli erano
stati cari, con i simboli delle passioni che può aver coltivato durante la vita.
Quindi, nelle sepolture di secoli successivi, sono state ritrovate molte Maschere.
Dal punto di vista delle fonti documentali, esse sono importanti perché ne abbiamo trovate di molto
differenziate tra loro, che ci hanno permesso di stabilire, con riferimento ai secoli successivi al V, quali
fossero le tipologie di Personaggi di una Drammaturgia che non ci è giunta (soprattutto le Commedie  una
parte della Storia della Commedia greca che sappiamo essere stata una Drammaturgia molto fiorente, di
cui non ci è giunto quasi nulla. Il Commediografo di cui ci sono giunte le opere è Aristofane).
ES: Attore tragico (Italia, Rieti), sec. II d.C. – Avorio dipinto. Parigi, Bibliothèque du Petit Palais.
Si tratta di un Attore tragico, così come appariva nel II secolo d.C. (epoca di Roma Imperiale).
Questi Documenti hanno dato l’idea che l’Attore tragico si presentasse in questo modo, che indossasse i
COTURNI (calzature con la suola alta) e una MASCHERA con un alto ONKOS (la capigliatura che è parte
integrante della Maschera).
Si pensava che la figura dell’Attore tragico fosse soggetto a questo sovradimensionamento per farlo
apparire materialmente molto grande e importante e molto statico, perché con un Costume di questo
Genere non ci si muove sul Palcoscenico.
Ci sono anche descrizioni dello stesso periodo riguardanti gli Attori tragici che si trovano sul Palcoscenico e
che si dondolano avanti e indietro perché non riescono a muoversi  Descrizione ironica.

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La fama che, attraverso la documentazione del periodo, acquistarono gli Attori tragici e la Descrizione del
loro aspetto fu retrodatato fino al V secolo. Per molto tempo si pensava che fosse una caratteristica propria
della Tragedia antica e quindi dell’Azione scenica; e quindi del possibile rapporto tra i Personaggi e il Coro.
Cosa che in virtù dell’analisi dei Documenti si è vista essere inesatta.
Gli stivaletti che abbiamo visto nelle immagini precedenti sono realmente chiamati Coturni però sono
totalmente diversi da quelli che vediamo raffigurati in questa immagine dell’Attore tragico.
Ed è con la nozione che si trattasse di calzature molto elevate, che si è pensato a lungo parlando di Coturni.
Il Coturno è poi diventato simbolo/idea del Genere della Tragedia come Genere serio, alto, paludato, che
invece nel V secolo era molto diversa.
LEZ. 3 – 28.09
TESTO  Esso è tratto dall’Odissea di Omero (VIII secolo a.C.) e ci serve per introdurre il discorso del Luogo
Teatrale/Scenico, della conformazione dei Teatri in uso nel V secolo a.C. e anche successivamente in area
greca e greco-ellenistica (tra la fine VI – V e IV secolo a.C.)
«Ma su, voi che siete i migliori Danzatori Feaci, danzate, perché l’ospite racconti ai suoi cari, tornato a casa,
quanto siamo più bravi degli altri nell’Arte navale, e a correre, nella Danza e nel Canto. (…)
Tutti e nove si alzarono gli arbitri scelti del popolo, che nelle gare preparavano bene ogni cosa, spianarono
un Coro, allargarono bene il campo di gara.
S’accostò l’Araldo recando la cetra sonora a Demodoco, ed egli avanzò fino al centro. L’attorniavano
giovani nel primissimo fiore, esperti di danze: scandirono coi piedi la danza divina. Ulisse guardava il
balenare dei piedi e stupiva nell’animo.»
cit. Odissea (VIII, 250 sgg)
Ulisse, figlio di Laerte, è arrivato, alla fine delle sue peregrinazioni durate dieci anni, all’Isola dei Feaci. La
visita ai Feaci è l’ultima fase del suo viaggio quindi, la storia di Ulisse, nel Contesto dell’Odissea, si sta per
concludere.
Egli è in incognito e viene accolto come un ospite, come si usava accogliere i pellegrini che arrivavano dal
mare in condizioni precarie.
In onore dell’ospite, vengono organizzati sul momento delle Danze, oltre alle gare nelle quali si sono già
prodotti nel brano precedente. I Feaci vogliono mostrare all’ospite quanto sono bravi nell’Arte navale, nelle
Arti sportive e ora anche nelle Danze. A queste Danze è necessario che si prepari ciò che serve ai Danzatori
ovvero spianare un Coro.
Qui ricorre il Termine CORO che significa anche il luogo fisico nel quale si svolge un’Attività performativa.
Si tratta di un Coro che viene spianato lì per lì, uno spazio creato sul momento.
Anche nel caso della Danza, del Canto che seguiranno, si parla di Campo di Gara (Termine che si riferisce a
un’Attività che metta alla prova, non che ci sia un premio, ma mette alla prova le capacità di chi si produce
in queste Attività).
Come nelle Grandi Dionisie, si accolgono gli ospiti stranieri affinché poi diffondano la fama delle Attività che
vengono svolte ad Atene, così qui troviamo già questo Contesto.
Cosa canta Demodoco, che è l’Aedo (cantore Professionista che raccontava i Canti epici dell’Antica Grecia e
che accompagnava il Canto con il suono della cetra)? Egli suona, canta e racconta le storie epiche.
In questo caso, questa storia diventata epica è di grande attualità al tempo, è vicina nel tempo, perché
Demodoco canta della Guerra di Troia, canta di Ulisse, il quale è l’ospite in incognito.
Ecco perché Ulisse guardava la Danza e stupiva nell’animo. Egli cercando di non farsi vedere dai presenti si
copre il volto con il mantello e si mette a piangere, cosa che non aveva mai fatto nel corso del racconto fino
a quel momento.
L’effetto che questo racconto ha la capacità di produrre, anche in chi il racconto lo conosce bene perché
l’ha vissuto, è ancora maggiore di quello che i fatti stessi hanno prodotto mentre si sono svolti.
Soltanto ascoltando il racconto, Ulisse prende coscienza della sua propria storia e del ruolo che ha avuto in
questa storia.

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Nel racconto, si ricorda la Guerra di Troia, perché il racconto dei suoi dieci anni lo farà lui dopo, nel
momento in cui viene chiesto di dire chi è.
La sua reazione, ovvero le sue lacrime e la sua commozione eccessiva per un Personaggio che si ritiene
possa essere estraneo, stranisce, suscita curiosità e per questo gli viene chiesto di rivelarsi.
Naturalmente, non è soltanto il fatto che si sta parlando di lui nella Guerra di Troia fino a quando di lui si
sono perse le tracce, ma è anche la modalità con cui viene narrato il racconto a provocare la commozione di
Ulisse.
Questo evento provoca un’inversione di parti, cioè da quel momento è Ulisse che, in un flashback, inizia a
raccontare e ricordare tutto quello che gli è successo nel corso di quei dieci anni  Da ascoltatore diventa
lui stesso narratore.
Il Coro è un luogo che si crea per l’esibizione: un Coro significa preparare il terreno adatto per la Danza,
significa anche disporre il Pubblico presente intorno.
ES: Questo si fa più o meno spontaneamente in occasioni come il Teatro di Piazza, in cui vi sono Performer
che giocano con il fuoco e il Pubblico che si dispone intorno.
Il terreno è stato preparato per renderlo adatto alle Attività che si svolgeranno.
DEF. SPAZIO SCENICO/TEATRALE
«[…] uno Spazio Teatrale, specie quando si istituisce in edificio, contiene sempre una precisa idea di Teatro e
per questo iscrive nella propria struttura architettonica principi e valori che sono solidali con quelli della
Società che lo produce».
«[…] nella forma del Teatro sono leggibili le linee della struttura sociale, i meccanismi di potere e
le gerarchie di ogni Cultura».
cit. Luigi Allegri, Prima lezione sul Teatro, Roma-Bari, Laterza, 2012, pp. 89-90.
In questo brano, Luigi Allegri introduce il discorso dello SPAZIO TEATRALE in generale.
È molto importante il rapporto spaziale tra lo Spettacolo e il Pubblico e, per quanto riguarda il Pubblico,
l’organizzazione gerarchica dei posti nell’uditorio del Teatro, i quali possono gerarchicamente essere
definiti con modalità variabili.
Nel caso del Teatro Greco, dalle prime forme che conosciamo del VI secolo fino al Teatro ellenistico, lo
spazio per il Pubblico è organizzato in un modo che non definisce così nettamente le differenziazioni sociali
che il Pubblico poteva avere; questo perché in questi Teatri il Pubblico era relativamente omogeneo.
Questa relativa omogeneità, pur comprendendo una vasta fetta della popolazione, rendeva poco necessaria
una netta suddivisione dei posti a Teatro.
TAVOLA (7) del VI – I secolo a.C.
Nel corso di questi secoli, parliamo oggi a proposito di alcuni Teatri più importanti.
1. Teatro di Thorikos (Attica): VI – V secolo a.C.
2. Teatro di Dioniso (Atene): V – IV e I secolo a.C.
3. Teatro di Epidauro: IV – III secolo a.C.
Dalle immagini si vede come lo Spazio Teatrale sia organizzato con modalità differenti; si vede come la
conformazione dei Teatri, delle grandinate, degli spazi dedicati al Pubblico non seguono uno schema unico
come invece gli storiografi ritenevano fino a qualche tempo fa, pensando che il modello che si afferma
abbastanza tardi rispetto al periodo aureo della produzione drammaturgica greca (V secolo a.C.), ovvero
nella seconda metà del IV secolo a.C., sia un modello che potesse essere anche retrodatabile.
IMMAGINE  La Cavea/Théatron del TEATRO DI THORIKOS ha una pianta irregolare e curvilinea perché si
adatta, come tutti i Teatri greci, alla conformazione del terreno, aiutandosi anche con dei contrafforti che
vengono costruiti per dare una maggiore regolarità alla Cavea e per sorreggere laddove il terreno non ha la
conformazione adatta.
Il Coro (spiazzo) che vediamo antistante la Cavea ha una forma approssimativamente rettangolare.
Una caratteristica fondamentale/costante del Teatro Greco  Sfruttare la conformazione collinare del
terreno.
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Il Teatro generalmente si colloca fuori dalla città; questa caratteristica lo distingue dal Teatro Romano.
I Romani costruiranno i luoghi per gli Spettacoli all’interno del tessuto urbano, mentre in Grecia erano
sempre collocati al di fuori dalla città.
Anche i Romani in alcuni casi utilizzeranno la conformazione del terreno.
ES: Il Teatro di Fiesole poggia sulla collina: strutturalmente la Cavea è simile al Teatro Greco, mentre invece
lo Spazio Scenico è coerente con il modello che i Romani elaboreranno sul modello greco.
Si tratta di un’evoluzione: spesso i Romani adatteranno a un diverso uso che faranno dello spazio, dei Teatri
preesistenti.
Il TEATRO DI DIONISO ad Atene, nel V secolo, aveva una forma diversa rispetto a quella che assumerà nel IV
secolo e anche poi più avanti nel tempo, in virtù delle modifiche che i Romani gli apporteranno e che ci
consegnano il Teatro nella forma e nello stato di conservazione che possiamo vedere anche oggi.
IMMAGINE  Ipotesi ricostruttiva del primo Teatro di Dioniso (München, Deutsches Theatermuseum)
Lo spazio centrale è poi nell’Edificio greco definito Orchestra: il luogo dove il Coro si esibisce e agisce.
Nel V secolo si ipotizza che l’Orchestra e le panche per il Pubblico potessero avere una forma rettangolare,
altrimenti anche una forma trapezoidale, ma non circolare.
IMMAGINE  Ipotesi ricostruttiva del Teatro di Dioniso nel IV secolo a.C.
L’Orchestra assume nel IV secolo sicuramente un aspetto perfettamente circolare, nello stesso periodo in
cui governa Licurgo. Durante il suo Governo il Teatro di Dioniso viene a strutturarsi come
contemporaneamente altri Teatri si andavano strutturando: ovvero con un’Orchestra perfettamente
circolare e con, di conseguenza, la Cavea che abbraccia per più della sezione di semicerchio, cioè abbraccia
questo cerchio più della linea del diametro.
Si perfeziona anche l’Edificio Scenico, cioè quell’edificio che vediamo opposto alla Cavea.
PIANTA del Teatro di Dioniso nel periodo di Licurgo (338-326 a.C.)
Il Teatro fu ricostruito probabilmente varie volte.
Questa Ricostruzione è maggiormente documentata, perché è parzialmente testimoniata nonostante
l’intervento dei Romani anche nel Teatro che ancora si vede.

ELEMENTI del TEATRO GRECO ELLENISTICO


1. THÉATRON o CAVEA o KOILON  «Luogo da cui si guarda», formato da kòilon, cioè Gradinate in
pietra (esse erano state probabilmente già introdotte in precedenza: vi è notizia di un incidente che
era occorso a queste strutture in legno, che aveva provocato la caduta degli Spettatori, quindi
avevano iniziato a costruirle in modo più sicuro e permanente in pietra).
2. ORCHESTRA  «Luogo in cui si danza». È il luogo in cui per lo più il Coro danza e agisce.
È un luogo in cui specialmente nelle Tragedie più antiche, ma per gran parte del V secolo, anche gli
Attori possono trovarsi.
Il luogo dove si collocavano gli Attori per tutto il V secolo è un luogo collocato non molto più in alto, forse
solo un gradino o forse allineato con il Coro.
Gli Attori si possono trovare fisicamente vicini al Coro, anche perché il Coro, soprattutto in alcune Tragedie
precedenti a Eschilo, interagisce e interloquisce con l’Attore, quindi, deve trovarsi in prossimità.
3. SKENÈ  Edificio Scenico, Scena (radice da cui tutti i sostantivi/aggettivi derivano).
4. THYMÈLE  Altare di Dioniso: è un elemento presente al centro dell’Orchestra. Esso non ha una
reale Funzione durante gli Spettacoli ma è una presenza simbolica, è il centro di tutto.
Quindi, nel V secolo, il Teatro non è usato per Funzioni religiose ma, ad Atene, viene allestito
accanto al Tempio di Dioniso. Quindi, il Tempio è preesistente al Teatro.
Vediamo gli elementi che costituiscono Skenè, che nel IV secolo è molto più articolata di quella che
supponiamo fosse la Skenè del V secolo:
5. PROSKÈNION  Proscenio sopraelevato sul piano dell’Orchestra. Esso nel IV secolo è sicuramente
più elevato rispetto al V secolo; questo perché i Teatri che vengono costruiti sono di dimensioni

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sempre più grandi (anche il Teatro di Dioniso viene ampliato) per ospitare un Pubblico sempre più
vasto. LOGHÈION  «Luogo da cui si parla», ossia il Palcoscenico, la pedana lignea per gli Attori.
Proskènion: rappresenta tutta la pedana più o meno rialzata, è tridimensionale.
Loghèion: è il piano del Palcoscenico, è bidimensionale.
Quindi il Proskènion è sopraelevato, da un lato per dare una maggiore visibilità agli Attori e dall’altro lato
perché non è più necessario come prima che esso si trovi sullo stesso piano dell’Orchestra, proprio perché
nel tempo il Coro perde la sua rilevanza, fino ad essere relegato spesso come un elemento poco più che
accessorio allo Spettacolo tragico nel IV e nel III secolo a.C.
Per questo motivo, in epoca ellenistica e più avanti nel tempo, gli Attori cominciano ad avere quell’apparato
costumistico che abbiamo visto descritto in una statua del II secolo d.C. (alti Coturni, Onkos) per
sovradimensionare la figura dell’Attore, anche con Costumi e rigonfiamenti per creare, nei limiti del
possibile, un’immagine abbastanza proporzionata, anche se non era molto proporzionata. Questo perché la
figura tendeva a essere molto alta, ma non tanto voluminosa, a meno che non lo fosse l’Attore di sua
natura.
Queste variazioni nel tempo ci dicono anche che, così come gli stivaletti leggeri dei Documenti del V secolo
ci dicono che gli Attori dovevano essere in grado di danzare, di muoversi con agilità, in un Teatro di epoca
ellenistica, si rendeva non più necessario un grande movimento degli Attori sulla Scena, i quali, con quei
Costumi e quei calzari, non potevano muoversi con agilità.
N.B. È una scelta che viene fatta e non un limite del tempo  Lo Spettacolo va strutturandosi in questo
modo; è un tipo di Recitazione che si affida sempre di più alla parola rispetto all’azione.
6. PARASKÈNIA  Elementi aggettanti che fiancheggiano il Loghèion (sono parte integrante della
Skenè – sono l’entrata laterale alla Scena). Non è una Parete di Fondo uniforme quella posteriore
agli Attori, ma è un edificio che, a metà del IV secolo, si dota di questi avancorpi avanzati.
In sostanza, si comincia a chiudere lo Spazio Scenico.
Gli Attori che, in ogni caso, anche nei Teatri successivi diversi, tenderanno a recitare al limite della linea del
Proscenio, si trovano a recitare in uno spazio almeno parzialmente chiuso su tre lati (dietro e lateralmente).
7. PÀRODOI (singolare: PÀRODOS)  Due Corridoi d’accesso all’Orchestra e alle gradinate, al Teatro.
Da questi Corridoi laterali entrano sia il Doro sia gli Spettatori, perché, data la conformazione del
Teatro, non c’è un accesso, come ci sarà nel Teatro Romano, il quale sarà completamente diverso
dal punto di vista costruttivo.
Alla fine dello Spettacolo, allo stesso modo, usciranno il Coro, gli Attori e il Pubblico, sempre da
questi Corridoi.
ES: Scena di Spettacolo tragico: Ifigenia in Tauride di Euripide, 330-320 a.C. – Cratere a figure rosse. Parigi,
Musée du Louvre.
Non vi sono molti Documenti iconografici che mostrano il luogo dello Spettacolo tragico. Vi sono invece,
molti Documenti figurativi coevi a questo che illustrano altri Attori che recitano un’altra tipologia di
Spettacolo, molto legata alla Tragedia.
Nella Pittura vascolare vediamo il Proskènion, il Loghèion su cui sono poggiati i Personaggi e due avancorpi
laterali (sono due parti del Proskènion) che troviamo nel IV secolo cioè i Paraskènia. Essi sono anche
funzionali a realizzare delle vere e proprie porte, quindi, si rendono funzionali per lo Spettacolo stesso.
Tornando all’ipotesi ricostruttiva del primo Teatro di Dioniso del V secolo, l’Edificio Scenico era un edificio
che poteva fungere da Sfondo all’Azione scenica degli Attori e del Coro, che in questa Ricostruzione si
immaginano sullo stesso piano (non c’è distinzione l’area dell’Orchestra e lo spazio occupato dagli Attori,
che hanno alle spalle la Skenè).
La Skenè, in questa fase e anche successivamente, poteva essere dotata di pitture e di meccanismi
scenografici che verranno descritti molto più tardi da quella che diventerà una delle fonti fondamentali,
insieme ad Aristotele, nel periodo tra Umanesimo e Rinascimento ovvero Vitruvio (Architetto e Ingegnere,
Consulente militare di Giulio Cesare – periodo: fine del I secolo a.C.).
Vitruvio descrive alcuni meccanismi che sarebbero stati in uso nei Teatri antichi.
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Una Skenè anche molto semplice, che col tempo si va articolando in modo abbastanza complesso, può sia
presentare delle Pinakes (dipinti che adornano, che creano un’Ambientazione per lo Spettacolo).
Questa Skenè continuerà anche a svolgere la Funzione basilare di consentire le entrate e le uscite di Scena
dei Personaggi e di consentire agli Attori di cambiare Costume, Maschera, laddove, nel caso del
Deuteragonista e del Tritagonista, debba cambiare Personaggio durante lo Spettacolo.
Essa ha la Funzione pratica sia per il cambio del Costume/Maschera, sia per le entrate/uscite dei
Personaggi. E diventano anche simboliche.
Possono essere presenti anche più di una uscita: nel Teatro Romano saranno 3 + 2.
ES: Un’entrata/uscita diventa simbolica della casa di un Personaggio. Vedendo un Personaggio che esce da
lì, una volta che il Pubblico ha l’informazione, sa che corrisponde a quel significato.
IMMAGINE  Policleto il giovane, TEATRO DI EPIDAURO (Grecia), IV sec. a.C. (340 a.C. circa)
Il Teatro di Epidauro viene usato ancora oggi per dei Festival durante l’estate.
Si tratta di un Teatro che nel tempo si è conservato (restaurato), il quale per la sua posizione geografica, nel
Peloponneso, in una zona che per i Romani non fu di vitale importanza, dove non si stabilirono, quindi, lì
non modificarono i Teatri Greci.
Quindi, da questi Teatri non modificati radicalmente possiamo risalire al modello che si va fissando:
un’Orchestra perfettamente circolare e una Cavea che abbraccia per più della metà l’Orchestra.
Degli Edifici Scenici (Skenè) non rimangono che le mura perimetrali, perché essi erano edificati in materiali
lignei che poi venivano anche modificati nel tempo.
Quasi sempre, per quanto riguarda i Teatri Ellenistici, possiamo ipotizzare da diversi Documenti come fosse
articolata/strutturata la Skenè, ma di Skenè non ne sono sopravvissute, salvo quelle poi modificate dei
Teatri successivi dei Teatri Romani.
Dall’immagine seguente del Teatro di Epidauro vediamo i Pàrodoi, i Corridoi d’accesso al Teatro.
Vediamo cosa è rimasto del Teatro di Dioniso dopo intervento dei Romani.
IMMAGINI  Teatri Ellenistici del IV secolo – III e I secolo
ES: Teatro di Delfi (Grecia), sec. IV a.C.
ES: Teatro di Delos (Grecia), sec. III a.C.
ES: Teatro di Kas (Turchia), sec. I a.C.
Questo modello continua a essere seguito ed è presente anche già quando i Romani sono intervenuti.
IMMAGINE  Veduta dall’alto del Teatro di Dioniso e di ciò che lo circonda. Siamo fuori città ai piedi del
Partenone, che è preesistente.
È un’area molto vasta che, in epoca ellenistica, fu molto ampliata per quando riguarda la Cavea, la quale nel
V secolo doveva essere molto più piccola.
IMMAGINE  Il Teatro di Dioniso (500-100 a.C.)
Vediamo la modifica che viene apportata al Teatro di Dioniso (e a molti altri Teatri Greci).
L’Orchestra, che con i Romani assume altro significato/Funzione, viene ridotta della metà.
Inoltre, in epoca romana, rispetto al modello greco, interviene un’altra modifica che riguarda la Skenè, la
quale si chiamerà in altro modo ovvero Scaenae Frons.
L’elemento più degno di nota è che, rispetto ai Teatri Ellenistici, in cui il Proskènion era andato innalzandosi
sempre di più, il Proskènion si va invece abbassando; esso torna ad abbassarsi ma non perché il Coro
riacquisti la Funzione che aveva soprattutto nel V secolo, ma perché l’Orchestra viene utilizzata anche per il
Pubblico più importante. C’è una distinzione tra i posti del Teatro.
In virtù della presenza del Pubblico più scelto che si trova anche nell’Orchestra, si abbassa il Proskènion per
renderlo più visibile e lo si avvicina riducendo della metà l’area dell’Orchestra  Lo Spettacolo si avvicina al
Pubblico.
Questa è una caratteristica del Teatro Romano, insieme ad altre caratteristiche strutturali tutte sue.
TAVOLA (8) del VI – IV secolo a.C.
Si ha la cronologia che riguarda i Testi Drammatici (Tragedie e Commedie) che ci sono giunti.

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Le nostre conoscenze dei Testi Drammatici relativi alla Tragedia si affidano quasi esclusivamente alle opere
dei tre grandi Autori del V secolo:
- 7 opere di Eschilo
- 7 opere di Sofocle
- 18 opere di Euripide
Per quando riguarda la Commedia antica:
- 11 opere di Aristofane: unico autore di cui ci sono giunte opere integrali
C’è una galassia di frammenti di altri Autori che conosciamo anche perché c’è la documentazione relativa ai
Festival, non solo le Grandi Dionisie, ma anche le Lenee.
Conosciamo per altra via l’esistenza e la produzione di altri Autori ma tali opere non sono state conservate.
I 32 Drammi complessivamente rimasti di questi Tragediografi possono sembrare un corpus consistente,
ma si deve considerare che nel V secolo furono scritte più di mille Tragedie.
Il fenomeno delle Riprese era conosciuto già nel V secolo, anche se non era ancora molto praticato. Esso
ebbe poi un particolare sviluppo nel IV secolo.
ES: Eschilo, quando ancora era in vita, fu rappresentato in Sicilia nel V secolo tramite il fenomeno delle
Riprese, in virtù del successo che poco prima aveva avuto l’opera.
Licurgo nel IV secolo ebbe un importante ruolo nella conservazione dei Testi: egli si rese conto che si
stavano perdendo a causa del rimaneggiamento che ne veniva fatto da parte di chi li metteva in Scena.
N.B. Quindi, da un lato si ha questa volontà di conservazione; dall’altro vi è l’idea di inserimento all’interno
delle Grandi Dionisie, oltre a Tragedie in gara, anche di almeno un’opera del Repertorio precedente del V
secolo (Tragediografi di cui abbiamo parlato).
Queste due decisioni sanciscono l’inizio del Classicismo  Sofocle, Eschilo ed Euripide diventano dei classici
a cui si riconosce autorità, valore e un’importanza come parte rilevante della Cultura, della tradizione e
della storia della Cultura greca.
Quindi, questo è un atteggiamento rispetto alle opere di questi Autori che, nel V secolo, solo raramente si
era visto e con altri obiettivi.
Nel IV secolo c’è un valore diverso di queste opere: ovviamente esse vengono ancora apprezzate, ma da
parte degli organizzatori e dello Stato c’è la volontà che assumano e conservino questo valore nella Cultura
greca.
Nel IV secolo (è già da un po’ che avviene), quando molte opere cominciano ad essere rappresentate in
mancanza dell’Autore (Riprese), il compito che era stato a lungo appannaggio dell’autore, cioè quello di
Istruttore, Maestro passa agli Attori, in particolare al Protagonista che poteva essere coadiuvato dal Corifeo
o da un vice, una figura di aiuto Regista.
N.B. Il Primo Attore è l’Organizzatore dello Spettacolo e ne diventa anche Autore.
Bisogna pensare al ruolo registico come un ruolo fondamentale, anche quando non è precisamente
identificabile in una persona, come a un vero e proprio Creatore dello Spettacolo.
STRUTTURA della TRAGEDIA GRECA
Dalle opere che ci sono giunte, è possibile ricavare una serie di elementi che stabilisce le costanti strutturali
della Tragedia.
La Tragedia è composta da parti cantate e da parti dialogate ed è strutturata secondo degli elementi fissi.
Come deduciamo da un Testo quali sono le parti cantate e quali quelle dialogate? Dal metro con cui sono
scritti i versi. Le parti cantate sono scritte in un metro diverso rispetto al metro con cui sono scritte le parti
che sappiamo con certezza essere dialogate perché appartengono ai Personaggi.
Le parti cantate sono per lo più assegnate al Coro mentre il dialogo avviene tra i Personaggi oppure, nelle
Tragedie più antiche, tra il Personaggio e il Coro.
Il Coro è ormai inesistente nelle Tragedie più tarde di Euripide.
Molte Tragedie presentano questa struttura:

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- PROLOGO (Prólogos)  Le Tragedie iniziano con un Prologo, ma nella Drammaturga novecentesca
di nuova composizione raramente è presente: la sua Funzione è quella di informare gli Spettatori
degli antefatti, di ciò che è accaduto precedentemente ovvero alcuni eventi significativi che sono
successi prima dell’apertura del Dramma.
Esso può presentarsi in forma di dialogo tra più Personaggi o come monologo di un solo Personaggio
(questo avverrà sempre più frequentemente nel tempo).
Assumerà valenze diverse nel corso del tempo, come commento generico, come momento in cui un
Personaggio, che non necessariamente fa parte della Trama dello Spettacolo, si rivolge al Pubblico (questa è
una prassi comune in particolare nel Settecento).
Tra il Seicento e il Settecento, il Prologo si rivolge al Pubblico: chiede, si affida alla misericordia del Pubblico
nel giudizio che vorrà dare dello Spettacolo.
- PARODO (La Párodos)  Si riferisce a una parte del Teatro ovvero al Corridoio percorso dal Coro al
suo ingresso. Párodos è il Canto del Coro quando passa materialmente in questo Corridoio, entra e
si colloca nell’Orchestra.
In questa parte, in cui il Coro è da solo in Scena, nell’Orchestra, il Coro racconta, espone e commenta gli
avvenimenti di cui siamo già informati, la situazione di partenza.
- EPIDOSI (Epeisodia)  Episodi alternati a Stasimi: elemento molto distintivo della Tragedia.
- STASIMI (Stasima)
Alla Párodos seguono un numero di Episodi che possono variare da tre a sei: gli Episodi, ossia i dialoghi e
l’Azione scenica attraverso i quali si sviluppa la vicenda, sono separati da Canti corali eseguiti dal Coro.
Questi Canti sono definiti Stasimi, strutturalmente e per Funzione simili al Párodos.
Il Coro rimane sempre in Scena dall’inizio alla fine, però, nel corso degli Episodi, è come se scomparisse
dalla vista pur rimanendo presente nell’Orchestra, non è coinvolto nell’azione, a meno che come nelle
Tragedie più antiche non ci sia una comunicazione con l’Attore.
- ESODO (Éxodos)
L’alternanza tra Episodi e Stasimi sarà uno degli elementi che verranno più studiati e anche più fraintesi nel
corso dell’Umanesimo e del Rinascimento, quando si cerca di ridare vita alla Tragedia antica.
Fraintesi perché le soluzioni che verranno adottate per strutturare lo Spettacolo così come si riteneva che
fosse strutturato nell’antichità produrranno risultati diversi, addirittura portando nell’arco di un secolo, tra
fine del Quattrocento e fine del Cinquecento, alla produzione e alla nascita di ciò che ha dei collegamenti
con la Tragedia antica, ma che è un Genere abbastanza diverso che è il MELODRAMMA  Esso sarà il frutto
ultimo del tentativo di riportare in vita la Tragedia dell’antichità, seguendo strutturalmente le indicazioni
che i Testi Drammatici e l’interpretazione della Trattatistica suggeriva loro.
Questi tentativi falliti fallirono nel tentare di riportare in vita quel tipo di Spettacolo; ma è un fallimento che
si può giudicare anche molto positivamente, perché fa nascere qualche cosa che è ispirato all’antico ma che
poi è qualche cosa di nuovo come è il Melodramma e come sono il DRAMMA REGOLARE e il DRAMMA
ERUDITO cinquecenteschi.
Ne sappiamo poco ancora oggi della Funzione esatta del Coro e anche in epoca rinascimentale non ne
sapevano di più.
La Drammaturgia Regolare e la Drammaturgia Erudita si iniziano a produrre all’inizio del Cinquecento.
Essa si definisce “Regolare” perché segue le Regola aristotelica.
Aristotele, oltre a parlarci della Funzione del Coro, della Catarsi e di altri elementi del Teatro, elabora le TRE
REGOLE ARISTOTELICHE, le quali sono Categorie umanistico-rinascimentali.
- UNITÀ DI TEMPO: «[…] la Tragedia cerca quanto più può di tenersi entro un sol giro di sole o lo
sorpassa di poco […]»

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La Tragedia che cerca di tenersi entro un sol giro di sole in epoca umanistico-rinascimentale viene
interpretata come riferimento alla vicenda che viene messa in Scena. Quindi, l’intreccio che viene inscenato
non può avere un tempo che superi quello delle 24 ore; la storia di quei determinati Personaggi si deve
svolgere esclusivamente per 24 ore (un tempo drammaturgicamente breve).
Questo è il significato che viene ritenuto dagli studiosi/umanisti un vincolo alla storia che si svolge nel
Dramma.
Con tutta probabilità, la nozione, il significato che oggi si attribuisce a questa frase è che materialmente lo
Spettacolo, e non la vicenda narrata nel Testo, non potesse concludersi dopo il tramonto. Esso doveva finire
anche un po’ prima del tramonto, perché il Pubblico doveva avere il tempo di tornare a casa.
Con questo, Aristotele ci dice che non si può interrompere lo Spettacolo per riprenderlo il giorno dopo, e
siccome si deve finire entro il tramonto, entro il tramonto di quel giorno deve essere concluso.
Ci può dare anche l’idea che forse la pratica in quel periodo fosse diversa e quindi questa è un’esortazione a
non spezzettare in puntate lo Spettacolo.

- UNITÀ DI LUOGO: «[…] nella Tragedia non è possibile imitare più parti di un’azione, che accadono
simultaneamente, ma soltanto quella parte che si svolge sulla Scena […]»

Aristotele dice che la Tragedia deve essere rappresentata completamente entro i limiti della Scena, limiti
fisici, materiali.
L’interpretazione dei Teorici umanisti fu invece che gli eventi rappresentati nella Tragedia si devono
svolgere tutti nello stesso luogo. Nella rappresentazione non sono previsti quindi cambiamenti di sena.
Questo, negli Spettacoli rinascimentali, diventa un diktat talmente forte che nel giro di un decennio
trovarono il modo di aggirarlo.
Secondo gli Umanisti, la vicenda che deve essere compressa in 24 ore, deve anche svolgersi in un unico
luogo.
Vedremo come nel Rinascimento si cercherà di individuare, in questi decenni in cui sarà obbligatorio in
Italia e poi in Francia, un luogo aperto che potesse essere polifunzionale (ES: Piazza; via della città).
Non si poteva scegliere come unico luogo l’interno della casa di un Personaggio, perché non tutto poteva
avvenire nella casa del Personaggio. Allora, si strutturavano i Drammi di nuova scrittura in modo tale che le
vicende potessero essere rappresentate in un luogo aperto.
- UNITÀ DI AZIONE: «[…] abbiamo già stabilito che la Tragedia è mimèsi di un’azione perfettamente
compiuta in sé stessa, tale cioè da costituire un tutto di una certa grandezza. Un tutto è ciò che ha
principio e mezzo e fine. […] poiché è mimèsi di azione, deve esser mimèsi di una azione che sia
unica, e cioè tale da costituire un tutto compiuto; […]»
cit. Aristotele, Poetica, V libro, 1449b; XXIV libro, 1459b; VII libro, 1450b, VIII libro, 1451a.
La Trama deve raccontare un fatto unico che abbia un inizio, uno svolgimento e una conclusione, senza
finali aperti.
Questo principio, alla base della maggior parte dei Testi, venne poi interpretato intendendo che il Dramma
dovesse trattare di un unico avvenimento, senza trame secondarie (subplots), senza digressioni che
distogliessero l’attenzione dal tema trattato.
Nel Rinascimento si iniziò a sgarrare abbastanza presto, sistematicamente.
ES: Drammaturgia elisabettiana  Essa non sgarra, ma segue un’altra tradizione spettacolare
drammaturgica che si stabilisce nel corso del Medioevo.
Da una parte, si ha una tradizione che discende dalla Spettacolarità medievale, dall’altra, nel Rinascimento,
si ha una Spettacolarità che vuole discendere dall’antichità classica: questi due poli entreranno in conflitto.
Noi ora stiamo parlando di un polo della Drammaturgia; poi vedremo come nel Medioevo si andrà
formando l’altro diverso principio/concetto di Drammaturgia.
Riguardo la genesi della Commedia, la lettura della Poetica di Aristotele non è di particolare aiuto.
Nel romando di Umberto Eco Il Nome della Rosa, viene ulteriormente romanzato questa circostanza della
scarsa attenzione che Aristotele avrebbe riservato alla Commedia. Si ipotizza che, in realtà, ci fosse un
capitolo dedicato alla Commedia che poi, in epoche successive, per influenza del Cattolicesimo, sarebbe

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stato distrutto, o comunque occultato, nascosto, negato perché la Commedia distoglie, ancor più della
Tragedia, il buon cristiano dai doveri che gli impongono una condotta e una maggiore sobrietà e serietà di
comportamento.
Dalla lettura integrale della Poetica si ricava poco circa la genesi della Commedia. I pochi elementi rimasti
che ci sono pervenuti, indicano che il filosofo possa aver delineato una struttura sostanzialmente
simmetrica a quella della Tragedia.
Egli afferma infatti che la Commedia deriverebbe dagli Exarchontes (coloro che danno l’avvio all’azione, che
danno il tono), i quali intonano i Canti durante l’effettuazione di un Corteo rituale che viene definito
KÓMOS  dal quale deriva probabilmente il Termine Commedia.
Probabilmente questo Corteo rituale dedicato a Dioniso, così come i Cori ditirambici (il Ditirambo è
dedicato a Dioniso), in origine si svolgesse nell’ambito di riti stagionali con cui si celebrava e si invocava
anche la Fertilità della terra.
Durante questi riti, chiamati anche FALLOFORIE, veniva portato in processione un simbolo fallico.
A questi cortei partecipava un Coro formato da persone, spesso travestiti da animali, che cantavano e
danzavano.
Con riferimento a questi Cori legati alle Falloforie, ma possibilmente anche poi ai Cori che saranno presenti
nelle Commedie, così come abbiamo visto a proposito dei Cori rituali oppure dei Cori che fanno riferimento
ad un livello mitologico, abbiamo molte Testimonianze vascolari.
ES: Coro di galli. Italia (Vulci), 490 a.C. – Anfora a figure nere. Berlino, Staatliche Museen.
Abbiamo i Coreuti uomini (lo si vede dai piedi, dalla forma) travestiti da Galli che sfilano preceduti
dall’Auleta.
I Galli sono delle forme di ibridi come abbiamo visto essere anche i Satiri.

In questo caso, possiamo datare la Pittura a circa il 490 a.C. soprattutto per la tecnica decorativa utilizzata:
è una tecnica antica poi soppiantata da una a figure rosse, che facilita maggiormente la definizione delle
figure (volti, espressioni).
Un Coro di questo Genere poteva appartenere alla dimensione rituale, come abbiamo visto con i Satiri,
(sono visibilmente uomini travestiti) oppure alla dimensione teatrale: sono contigue.
ES: Pittore di Gela (attr.), Coro di uccelli. Italia (Vulci), 510-490 a.C. – Oinochoe a figure nere. Londra, British
Museum.
Molto spesso, questi vasi venivano ritrovati in area italiana, non perché siano di produzione italiana, ma
perché sono stati portati nelle aree che erano state conquistate, soprattutto la Magna Grecia nell’Italia
meridionale.
Vediamo un Auleta a sinistra e un Uccello, chiaramente un uomo travestito, in piena Attività frenetica. Egli
sta realizzando la sua Danza molto energica, e così anche le altre figure che si vedono nel resto del vaso.
Qui la cosa interessante, come era possibile vedere anche nel caso di alcuni Satiri, è che il Pittore decide di
mostrare l’artificio perché si vede chiaramente che le braccia sono braccia umane a cui sono fissate le ali.
Non ne avremmo bisogno, perché lo capiremmo che sono uomini travestiti, ma mostra anche come
avrebbe potuto mostrare l’altro lato, come si vede in un’altra figura, cioè la parte dell’ala. Invece, egli
decide di mostrare l’interno del braccio fissato all’ala.
Una delle opere di Aristofane si intitola Gli Uccelli perché è presente il Coro di Uccelli.
Si è pensato se ci fosse una relazione tra immagini di questo Genere e Aristofane, cioè se questo e altri vasi
che mostrano queste figure avessero una relazione diretta con Aristofane. In realtà, è più vero il contrario,
nel senso che Aristofane include nelle sue Commedie molti Cori che esistevano già nei riti, nei Kómoi.
Quindi, egli accoglie, utilizza e dà un significato diverso ai Cori rituali che svolgevano le Falloforie.
Il rapporto che c’era tra alcuni Cori delle Commedie di Aristofane, rispetto ai Kómoi, alle Falloforie è lo
stesso tipo di rapporto che ci doveva essere tra i Cori tragici e i Cori ditirambici, che svolgevano altre parti
delle celebrazioni rituali dello stesso periodo delle Grandi Dionisie o in occasioni diverse.

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ES: Coro di cavalieri. (Grecia), sec. VI-V a.C. – Anfora a figure nere. Berlino, Staatliche Museen
C’è l’Auleta che precede i Coreuti che sono dei cavalieri e che cavalcano degli uomini travestiti da cavalli.
I Cavalieri è il titolo di un’altra Commedia di Aristofane.
ES: Coro di uccelli. (Grecia), 420-410 a.C. – Cratere a calice a figure rosse. Malibu, Ca., J. Paul Getty Museum
In questo vaso della fine del V secolo, vediamo un Coro di Uccelli con i Coreuti e l’Auleta al centro.
L’interpretazione che non può essere diversa.
STORIA della COMMEDIA GRECA
La storia della Commedia Greca viene suddivisa in tre fasi:
- COMMEDIA ANTICA: V secolo a.C.
- COMMEDIA di MEZZO: IV secolo a.C.
- COMMEDIA NUOVA: fine IV-III secolo a.C. (dalla morte di Alessandro Magno nel 323 a.C. fino alla
metà del III secolo a.C.)
Nel V secolo si colloca la fase della Commedia Antica, di cui conosciamo le opere di Aristofane e qualche
frammento di altri Autori.
Aristofane si suppone abbia scritto una quarantina di Commedie, ma a noi, ce ne sono giunte soltanto 11.
Sono solo le opere di questo autore a fornirci informazioni sulla struttura della Commedia Antica e sugli
argomenti trattati.
Una caratteristica fondamentale della Commedia di Aristofane, a livello tematico, è quella di fare
riferimento diretto a eventi e a problematiche connesse alla realtà sociale della città, all’oggi.
Già con lui e poi in futuro, è una caratteristica peculiare il rivolgersi della Commedia all’oggi, per riderci su o
per fare una Satira, anche mordace, o anche per criticarla, come è peculiarità proprio delle Commedie di
Aristofane e forse non solo delle sue, in epoca antica.
Questo riferimento critico all’oggi, alla realtà di Atene può essere stato il motivo per cui, almeno in una fase
inziale, con riferimento al V secolo, le Commedie non venivano presentate nel corso della Grandi Dionisie,
cioè quando un Pubblico anche di stranieri era presente, ma soltanto nell’ambito delle Lenee.
Successivamente furono accolte anche nelle Grandi Dionisie.
Quindi, da un lato si ha il non voler esporre a chi non fosse cittadino di Atene i panni sporchi che venivano
raccontati nelle Commedie, all’altro bisogna anche considerare che potessero non essere apprezzare, cioè
che non venivano capite da chi non era del posto; questo perché potevano esserci dei riferimenti anche
non dichiarati a Personaggi e a fatti che i cittadini di Atene conoscevano, ma non chi non era della città.
Anche oggi accade che la Satira venga più facilmente capita da chi è contemporaneo, da chi vive e conosce i
Personaggi a cui si accenna obliquamente. Se non si conoscono i fatti che vengono criticati, non si può
cogliere nemmeno l’umorismo che ci può essere negli Spettacoli.
Ognuna delle Commedie di Aristofane ha una Trama abbastanza esile che prende avvio da un argomento
principale: l’Elogio della Pace o la Polemica contro la Guerra. È questo l’argomento al centro della
Commedia gli Acarnesi e della Lisistrata, Commedia nella quale le donne, che costituiscono il Coro, indicono
uno sciopero del sesso per indurre gli uomini a finire la guerra.
Quella che è stata definita Commedia di Mezzo e poi anche la Commedia Nuova sono costruzioni
storiografiche cioè il periodo definito Commedia di Mezzo è un periodo del quale non sappiamo nulla della
produzione nuova dell’epoca.
Della Commedia Nuova conosciamo solo un autore/esponente, Menandro (342-291 a.C.) ma non per la sua
produzione di cui ci è pervenuta solo un’opera integra: il Dyskolos (il Misantropo) del 316 a.C., bensì per il
fatto che lui e alcuni Autori di epoca romana, di poco successivi, si dichiararono suoi traduttori.
Abbiamo poi le Commedie di Autori romani che si ispirarono fortemente alle opere precedenti.
Publio Terenzio Afro (190-159 a.C.), Commediografo romano venne anche accusato di plagio: lui si
considerava Traduttore perché tradusse le opere dal greco, non le spacciava per sue anche se noi le

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consideriamo sue. Esse sono una Testimonianza di questa fase della Commedia Nuova, sempre che
Menandro fosse un modello della scrittura drammaturgica della Commedia dell’epoca.
STRUTTURA della COMMEDIA
- PARÀBASI
- AGONE
- EPISODI
LEZ. 4 – 05.10
Il IV secolo a.C. è un periodo di grande diffusione della Cultura ellenica, del Teatro. Quest’ultimo, entrando
in contatto con altre Culture e con il naturale evolversi delle Forme Spettacolari, vede cambiare la propria
Funzione e i sistemi di produzione degli Spettacoli. Il Teatro non ha più quel forte legame con la Religione,
con la ritualità sacrale che aveva nel V secolo a.C.
L’interesse del Pubblico si orienta sempre di più verso gli elementi visivi e verso la Recitazione degli Attori
quindi verso quegli elementi più materiali, esteriori, che per questo sono meno apprezzabili, però il valore
viene attribuito più allo Spettacolo in sé che al contenuto, che si ricollegava più strettamente nel V secolo
alla Religione.
Gli Spettacoli sono sempre meno o non sono più collegati alle occasioni festive in onore di Dioniso; adesso
sono legati per esempio alle celebrazioni delle vittorie militari.
Gli Spettacoli aumentano quantitativamente e di conseguenza il Teatro diventa un’Attività quasi
completamente professionale.
MAPPA della Penisola italica nel V-IV secolo a.C. (secolo di maggiore fortuna, periodo classico del Teatro)
In quel periodo appartenevano alla Grecia alcuni territori, che conosciamo come Magna Grecia, ovvero: le
aree costiere della Sicilia, della Calabria, della bassa Campania e delle Puglie  Territori dove la Cultura
greca si inserisce.
[Ancora quando Eschilo era in vita, una delle sue Tragedie era stata rappresentata al Teatro Greco di
Siracusa perché era uno dei territori occupati dai Greci.]
Sugli Attori del IV secolo abbiamo interessanti notizie, che non abbiamo riguardo agli Attori del V secolo.
Queste notizie sono ricavabili quasi esclusivamente dai Documenti iconografici, i quali riguardano piccole
Compagnie teatrali che percorsero in quell’epoca (IV secolo) i territori della Magna Grecia.
Questi Attori erano chiamati FLIACI (Phlýakes) che significa BUFFONI. Essi allestivano Farse buffonesche
chiamate a loro volta FLIACI o FARSE FLIACICHE. Anche il Genere può essere chiamato Fliaci.
Questi Attori erano Attori itineranti che si spostavano nelle aree della Magna Grecia e che si esibivano
utilizzando dei semplici Palchi di legno: questo lo sappiamo attraverso Pitture vascolari che ci sono giunte in
discreta quantità e che ci mostrano (nel V secolo ad Atene mai viene evidenziato) l’aspetto che riguarda lo
Spettacolo in corso.
ES: Nel Vaso di Pronomos viene raffigurato un Cast (insieme di Coreuti e Attori) colto non nel pieno dello
Spettacolo, ma in un momento precedente o successivo a questo.
In questi vasi, troviamo invece immagini di Attori che si stanno esibendo su un Palco  Ecco perché
sappiamo che venivano usati dei piccoli Palchi; non sappiamo in quali spazi venivano inseriti, ma è possibile
che venissero usati gli stessi Teatri che erano stati via via stati costruiti in Grecia e nei territori occupati dalla
Grecia, nel periodo ellenistico e oltre, fino a quando al dominio greco subentra il dominio dei Romani.
ES: Scena ispirata a Eracle. Italia (Gela), 350 a.C. – Skyphos a figure rosse. Milano, Museo teatrale alla Scala.
Il vaso raffigura un piccolo Palco con una scaletta per accedervi e vediamo raffigurati i Personaggi tipici delle
Farse Fliaciche: vi sono Personaggi maschili che portano delle Maschere caratterizzate da espressioni
grottesche. Essi indossano un Costume costituito da una corta tunica con numerose imbottiture per
simulare un volume più ampio, per mostrarsi grassi, con la pancia prominente e hanno spesso un lungo
fallo posticcio.

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ES: Pittore di Digione (attr.), La nascita di Elena. Italia (Puglia), 370 a.C. ca. – Cratere a campana a figure
rosse. Bari, Museo Archeologico Provinciale.
Il vaso è della prima metà del IV secolo. Vediamo un Palco appena accennato in basso; i Personaggi hanno
delle Maschere grottesche, anche differenziate – c’è una Maschera di vecchio con un’ascia in mano – e
delle tuniche voluminose, imbottite. Essi hanno anche un fallo posticcio raffigurato in modo esagerato e
indossano una sorta di calzamaglia completa che vuole simulare la nudità (le gambe simulano e anche
relativamente alle braccia, essi indossano delle maniche)  Il Pittore è attento a mostrare che è una
simulazione.
Anche nei Satiri c’è questa simulazione laddove si volesse evidenziare il Costume, il travestimento.
Vi sono degli accessori scenici, funzionali alla rappresentazione: una Porta collocata lateralmente da cui si
sta affacciando un Personaggio femminile
Il titolo, che non è quello che troviamo citato nel vaso, potrebbe essere appropriato. Questo perché spesso
le Farse Fliaciche, e traiamo queste informazioni dai vasi stessi, trattavano di tematiche e di Personaggi
mitologici, naturalmente portati in parodia.
Il tema della nascita di Elena è un tema molto conosciuto, presente nella Drammaturgia, nei racconti.
La parodia può essere compresa dal Pubblico solo quando questo conosce bene il tema che si sta
parodiando, di cui si sta facendo la parodia. Se non si conosce mito della nascita di Elena, questa
raffigurazione burlesca non la si può capire.
Quindi, chi osserva il vaso sa, per averlo sentito nei racconti e per il fatto che è un tema che a Teatro spesso
si propone, che Elena nasce da Leda il Cigno e perciò viene raffigurata mentre sta uscendo dall’uovo del
cigno.
Il significato che si può dare al Personaggio vecchio, che con l’ascia sembra intenzionato ad abbattersi su
Elena, potrebbe essere un classico tema misogino, perché Elena fu la causa scatenante della Guerra di Troia
e di tutta la catena di sventure che si abbatterono sulla città in seguito allo scatenarsi della Guerra.
In questo caso, il Personaggio vecchio cerca di risolvere alla radice il problema cioè se Elena viene uccisa
alla nascita non si verificheranno tutti gli eventi infausti di cui si ritiene la causa, responsabile.
Il rettangolino in alto simula un altro accessorio di Scena (lo sappiamo perché è stato interpretato meglio in
altre immagini): si tratta di una Finestra praticabile, che si colloca in una Tela di Fondo. C’è sicuramente una
Tela di Fondo dove viene praticato questo foro rettangolare, che servirà a dei Personaggi per sporgersi.
ES: Asteas, Scena comica. Italia (Paestum), 360-330 a.C. – Cratere a campana a figure rosse. Città del
Vaticano, Museo Gregoriano Etrusco.
Nel vaso vediamo raffigurati un Vecchio (con la Maschera con i capelli e la barba bianchi) e un Personaggio
che identifichiamo dai suoi attributi come Mercurio  Si intrecciano Personaggi e temi mitologici.
Il Vecchio ha l’intenzione di collocare una scala (nella quale si è incastrato con la testa) sulla Finestra per
raggiungere la bella fanciulla che vive in quel luogo e che si affaccia alla Finestra (non è un quadro).
Da un lato vi è il riferimento mitologico al Personaggio di Mercurio; dall’altro lato viene proposto un tema
ricorrente che rimarrà nella Drammaturgia, nella Commedia e nella Farsa soprattutto, cioè l’anziano, spesso
anche ricco, che corteggia una giovane.
Nella Commedia, queste dinamiche, questi corteggiamenti vanno sempre a finire male: il Vecchio, nella
migliore delle ipotesi, viene imbrogliato  Si rimette a posto quello che sarà considerato nel tempo
l’ordine naturale delle cose ovvero che i giovani che devono stare con i giovani.
Quindi si ha una Società che è organizzata secondo alcuni valori, alcuni schemi, che nella Commedia spesso
vengono trasgrediti, evidenziando immediatamente che sono elementi fuori posto.
Una Scena di questo Genere potrebbe finire con il Vecchio che tenta di salire sulla scala e poi cade
rompendosi l’osso del collo.
Queste situazioni si ritrovano nella Commedia romana di ispirazione greca, nella Commedia dell’Arte e
avanti nel tempo, adattando le situazioni a contesti diversi.
ES: Ambrose I Francken dis., La Serenata di Pantalone. Italia, sec. XVI. – Tempera. Collezione privata.
tempera del XVI secolo
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Questa tempera mostra la stessa situazione del vaso precedente: c’è un Vecchio che cerca, servendosi di un
Servo che gli fa da scaletta, di raggiungere la donna sporta dalla Finestra (costruita come era costruita nel IV
secolo a.C. cioè con una Tela di Fondo con un’apertura praticabile).
Vi sono altri Servi che aiutano: ad esempio, uno fa la serenata.
Però risulta sempre un corteggiamento destinato a fallire: la dama lo raggira e lo prende in giro.
Le Farse Fliaciche erano dette anche ILAROTRAGEDIE (Hilarotragoidiai) che significa TRAGEDIE ALLEGRE:
questo per sottolineare che i temi e i Personaggi erano spesso tratti dalle Tragedie, che nel corso del IV
secolo vengono smembrate e rappresentate dagli Attori in sketch; sono testimoniati anche dei recital in cui
l’Attore si produce in brani celebri; anche per questo motivo, il Pubblico non conosceva la Tragedia intera,
ma la singola Scena/episodio o i Personaggi.
Quindi, confidando su questa popolarità, venivano realizzate queste Farse.
Alcuni Autori della Magna Grecia provarono anche a trascrivere i Testi che venivano rappresentati.
Rintone di Siracusa (323-285 a.C.) visse a lungo a Taranto e tra il IV e il III secolo diventò famoso in questa
Attività. Fu sentita quindi la necessità da parte di qualcuno di trascrivere questi Testi, che non sappiamo
originariamente in che forma si presentassero. Però questi Testi non sono sopravvissuti.
ES: Asteas, Scena comica. Italia (Paestum), 350-340 a.C. – Cratere a calice a figure rosse. Berlino, Staatliche
Museen.
Nella Pittura vediamo gli Attori collocati su un Palco sopraelevato; tra essi c’è un Vecchio che si avvinghia a
una cassa (contenente i suoi soldi, le sue proprietà). Una Scena identica a questa la ritroveremo in altre
occasioni  Questo diventa uno dei topoi classici e più antichi della Commedia: il VECCHIO AVARO.
TAVOLA (9) del VIII – I secolo a.C.
Questa tavola cronologica mette a confronto, dal punto di vista degli eventi storici, la Grecia e Roma.
Vediamo una scansione degli eventi di ciò che accade alla Grecia in rapporto a Roma nei secoli a.C.
Si tratta di storie che si svolgono parallelamente e che si intrecciano tra loro.
Linea della GRECIA  Si ha la colonizzazione greca della Magna Grecia e della Sicilia che risale al 750 a.C.
circa e si compie nel 550 a.C. (nel V secolo la Grecia possedeva già quei territori della Magna Grecia e
questo spiega perché molte Testimonianze vascolari sono di vasi che sono stai ritrovati in Magna Grecia).
Nel IV secolo, si ha poi Alessandro Magno (356-323 a.C.) che è un punto di snodo importante.
Nel III secolo, in particolare nel 272 a.C. avviene la Conquista di Taranto: alla perdita di importanza di Atene
succede la conquista, da parte dei Romani, prima dei territori della Magna Grecia con la conquista di
Taranto (la Magna Grecia fino alla conquista di Taranto è un dominio politico e Culturale greco) e poi la
conquista della Grecia nel 146 a.C.
Linea di ROMA  Il Teatro e la Spettacolarità a Roma vengono trattate successivamente alla trattazione del
Teatro Greco, in parte perché la Spettacolarità romana molto si lega a quella greca, ma la Spettacolarità
romana è preesistente all’influsso diretto della Grecia, soprattutto nei territori non della Magna Grecia.
La Spettacolarità romana ha una storia che risale al periodo monarchico, e ancor più al periodo della
Repubblica.
[Dove la Linea diventa viola, ci mostra il passaggio dall’epoca repubblicana, che riguarda anche la Grecia in
quell’ultimo periodo quando viene conquistata da Roma, all’epoca imperiale, che, dal punto di vista
spettacolare, vede dei cambiamenti abbastanza importanti].
Si ragiona su tempi molto lunghi, quindi tutte le variazioni, anche a livello Culturale/teatrale, avvengono
secondo tempistiche di lunga durata.
La Cultura greca classica ed ellenistica esercitò una notevole influenza sulla Cultura romana, che assorbe e
rende funzionale alle proprie esigenze Culturali il Teatro Greco.
N.B. Il Teatro latino però non è solo un Teatro di imitazione, legato al Teatro Greco.
Certamente il Teatro non fu un fenomeno marginale, di poco rilievo nella vita quotidiana dei Romani, anche
se essi si dedicarono sempre, con maggiore passione, ad Attività come le Gare sportive e i Giochi gladiatori.
A Roma, l’Attività Spettacolare inizia sotto l’influenza della Cultura etrusca, che fu forte nei primi secoli

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dopo la Fondazione della città avvenuta alla metà dell’VIII secolo, il 21 Aprile 753.
Le Feste religiose etrusche comprendevano esibizioni musicali, danze, monologhi, acrobazie e giochi.
TAVOLA (10) del VIII – I secolo a.C.
I primi LUDI ROMANI ossia le feste più antiche, che però non comprendono ancora le Rappresentazioni
sceniche, risalgono al VI secolo a.C. sotto il Governo etrusco di Re Tarquinio Prisco.
Secondo lo storico Tito Livio vissuto nel I sec a.C. (59-17 a.C.), i primi LUDI SCENICI si sarebbero svolti nel
364 a.C. a opera di Attori etruschi, che si sarebbero esibiti danzando al suono del flauto. Mentre le prime
RAPPRESENTAZIONI DRAMMATICHE risalgono al 240 a.C.
Egli racconta le cirostanze e motivi per cui furono organizzati questi Spettacoli ossia i Ludi Scenici:
«La pestilenza infuriò tanto in questo [365 a.C. circa], quanto nell’anno successivo […]. fra i tanti tentativi
fatti per placare l'ira dei celesti vennero anche istituiti degli Spettacoli teatrali, fatto nuovo per un popolo di
guerrieri i cui unici intrattenimenti erano stati fino ad allora i Giochi del Circo. Ma a dir la verità si trattò di
una cosa modesta, come accade all’inizio di ogni Attività, e per giunta importata dall’esterno.»
Tito Livio sottolinea che si tratta di Spettacoli e di forme che non appartengono alla Cultura romana; quindi,
non furono Spettacoli di grande importanza come accade all’inizio di ogni Attività  Egli dà una sua idea di
come le Forme Spettacolari possano avere un’evoluzione: cioè si inizia con cose piccole, di importanza
limitata, e inoltre sottolinea che è qualcosa che non faceva parte della Cultura di Roma.
«Senza parti in Poesia, senza gesti che riproducessero i Canti, alcuni Danzatori fatti venire dall’Etruria
danzavano al ritmo del flauto, con movenze non scomposte e caratteristiche del mondo etrusco.»
Egli sottolinea senza gesti che riproducessero i Canti, quindi ha in mente tipo di Danza che, nei suoi gesti, è
tesa a esprimere i concetti che vengono cantati: una sorta di traduzione nel gesto, nella Danza del
significato delle parole espresse nel Canto.
Egli dice che essi non avevano questa caratteristica, cioè i gesti/Danza erano svincolati da questo rapporto.
Si ha quindi la Danza (a ritmo del flauto con movenze composte: Danze aggraziate) e la Musica.
«In seguito, i giovani [romani] cominciarono a imitarli, lanciandosi nel contempo delle battute reciproche
con versi rozzi e muovendosi in accordo con le parole.» […]
Questa è la linea evolutiva che secondo Tito Livio avrebbe avuto questo tipo di Spettacolarità.
«Agli Attori Professionisti nati a Roma venne dato il nome di Istrioni, da Ister che in Lingua etrusca vuol dire
Attore. Essi non si scambiavano più, come un tempo, versi rozzi e improvvisati simili ai Fescennini, ma
rappresentavano Satire ricche di vari metri, eseguendo melodie scritte ora per l'accompagnamento del
flauto e compiendo gesti appropriati [alla musica].»
cit. Tito Livio, Storie, VII, 2-3.
Egli introduce l’elemento della denominazione di questi Attori: ISTRIONI.
Egli crea un paragone, una connessione tra la forma del Fescennino che appartiene al passato rispetto
all’intervento di questi nuovi Attori Professionisti a Roma. Ma per questo nuovo adattamento della forma
importata dall’Etruria, vengono scritti Testi adeguati, non rozzi come invece erano nel passato i Fescennini;
e tali Testi erano composti da versi e melodie che si accordavano con movimenti e gesti appropriati alla
musica, al senso delle parole.
DENOMINAZIONI di ATTORE
- LUDIO/LUDIONES  Iniziale terminologia teatrale latina che sta per Attore, Danzatore.
Questi Termini sono direttamente ispirati/legati alla Lingua etrusca: dapprima, cronologicamente,
emerge la definizione Ludiones.
- HISTRIO (ISTRIONE da Ister che è il Termine etrusco)  Termine che sarà frequente nella Roma
repubblicana soprattutto.
Questo è il Termine etrusco che Tito Livio attribuisce ai Romani, precisando che quello era il Termine che
usavano gli Etruschi e che anche i Romani usano per gli Attori romani, permanendo nel nome questa origine
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altra, non romana, non autoctona.
Questo atteggiamento ci sarà anche nei confronti del Teatro drammatico greco: questo voler tenere la
distanza, pur accogliendo nella propria Cultura la Drammaturgia ed elaborano poi forme proprie derivate
dalla Drammaturgia greca.
- ACTOR (sostantivo che deriva dal verbo latino Ago, Actum, Agere che significa CONDURRE) 
Termine attualmente più utilizzato e che viene usato anche a Roma, ma che ha una diffusione
abbastanza tarda nel senso di Attore di Teatro.
In ambito teatrale, nel suo significato originario, l’Attore non è soltanto Colui che agisce ma anche Colui che
conduce, che porta avanti la Trama, l’intreccio, la storia rappresentata in forma dialogata.
Benché questo sostantivo Actor compaia in una Commedia del II sec a.C., è un Termine a cui viene sempre
preferito Histrio.
HISTRIO, all’epoca, non ha ancora la connotazione negativa che assumerà successivamente; ma comunque i
Romani lo percepiscono come estraneo alla propria Cultura.
Histrio nella forma Istrione o nell’aggettivo Istrionico è usato anche in italiano: Istrionico più essere un
Attore di mediocre capacità, ma comunque di presunzione di eccellenza; un Attore che tende a enfatizzare
la propria Recitazione; un Attore di cattiva qualità; oppure, in senso figurato cioè usando l’aggettivo non in
ambito teatrale, indica qualcuno che ha atteggiamenti esageratamente teatrali, in riferimento ai
comportamenti nella vita di tutti i giorni; ma anche chi simula, chi finge in modo plateale: «Gli piace fare
l’Istrione/Quello è un Attore nella vita»  Quest’accezione negativa, nei primi secoli in cui il Termine viene
usato, non c’è; ma la assumerà nel tempo per motivi Culturali.
- HYPOCRITES  Termine greco che già nel V secolo definisce l’Attore in generale: esso significa
originariamente Colui che risponde, Colui che interpreta, dato che il verbo Crino significa
DISTINGUERE, DISCERNERE, Giudicare.
Crino è anche la radice di Critica, che significa la capacità di Capire, di Esaminare, di Saper Distinguere, di
dare un’appropriata forma a ciò che dice.
Non è un caso che la definizione generica di Attore abbia al proprio interno la radice Crino: si tratta
dell’Attore che dà un senso a ciò che dice, sceglie quale senso dare alle parole che dice.
Il modo di esprimere si concorda a questa interpretazione. Interpretare cioè usare gesti, toni di voce
adeguati alle parole: le parole si devono capire e interpretare per poterle esprimere e recitare in modo
adeguato. Questo lo si trova nella parola che designa l’Attore in greco.
Questo contenuto etimologico spinge a ritenere che il concetto di Interprete sia, in questo caso, più vicino a
quello di Spiegazione, di Esegesi che non a quello di Sostenere una parte, proprio perché viene usato anche
con valore sacrale: il Sacerdote che interpreta l’oracolo o le parole del Dio.
L’interesse di questa parola non sta solo nel suo significato nella Lingua greca, quanto nella storia che avrà
questo Termine successivamente.
In nessuna Lingua moderna, la parola Hypocrites è stata accolta come sinonimo di Attore. In tutte le lingue
che hanno ricevuto questa parola (compreso l’italiano) essa ha un’accezione negativa  Ipocrita è
sinonimo di Colui che finge: egli non finge di essere un’altra persona, cioè l’ipocrita non si traveste nel fisico
per imitare o per trarre in inganno, e non è semplicemente un bugiardo, uno che racconta bugie; ma
l’Ipocrita è Colui finge di provare sentimenti ed emozioni che in realtà non prova.
Questa spiegazione non necessariamente si separa dal senso che la Recitazione può avere dell’Attore,
perché secondo alcuni, l’Attore deve fingere efficacemente emozioni e sentimenti, dissimulando la finzione,
per presentarli al Pubblico: deve essere una finzione, un’imitazione convincente.
Vi sono Teorici, già nel Settecento ma anche nel Novecento, che riterranno essenziale che l’Attore provi
davvero sentimenti ed emozioni, perché soltanto provando realmente quel sentimento, esso può essere
espresso non come finzione ma come verità.
La considerazione sociale degli Attori nella Società romana è tuttora oggetto di dibattito tra gli Storici
Secondo alcuni, la maggior parte degli Attori erano schiavi posseduti dal Capo della Compagnia, definito
DOMINUS GREGIS, un uomo libero.
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Altri osservano che molti Attori divennero dei divi, ammirati e ben remunerati, quindi considerati
rispettabili. Però, coloro che conquistavano fama e rispettabilità (data dall’essere accolti in ambienti
rispettabili) erano poche eccezioni e a volte, in alcuni periodi storici, questa eccezione non esiste. A volte
chi esercita la Professione dell’Attore soggiace a uno stigma sociale, che riguarda tutti coloro che esercitano
un’Attività Spettacolare  Già in periodo imperiale, l’atteggiamento verso il Teatro e verso gli Attori andrà
virando verso una condanna sempre più marcata, soprattutto in corrispondenza con il diffondersi della
Religione cristiana.
Esopo e Roscio furono due Attori che vissero nel I secolo a.C. e accumularono una fortuna.
Roscio frequentava persone prestigiose; infatti, uno dei suoi amici era Cicerone l’Oratore, che da Roscio
prendeva lezioni di Oratoria.
N.B. Queste considerazioni vanno calate sul lungo periodo, che comprende il periodo imperiale quando la
considerazione sociale dell’Attore va peggiorando.
Da una città dell’Etruria Fescennium, potrebbe derivare il nome di quella composizione dialogata in versi
rozzi e a volte osceni detta FESCENNINO: si trattava di veloci scambi di battute che si ritiene fossero molto
presenti nelle Feste per la mietitura/vendemmia e nella Roma repubblicana si estesero poi a numerose
occasioni sociali come le Feste di matrimonio.
I versi Fescennini divennero nel tempo sempre più frequentemente insulti, maldicenze, attacchi personali
contro le famiglie aristocratiche e contro gli assenti, fino a costringere all’emanazione della Legge Romana
delle 12 Tavole, che tentò di porre un freno alla diffusione di questa usanza.
All’influenza etrusca si aggiunsero gli apporti delle regioni dell’Italia meridionale, che Roma conquistò tra il
IV e il II secolo a.C. Roma è una grande importatrice di Cultura, di Forme Spettacolari.
ES: Dalla città della Campania Atella (territorio prima dominato dalla Grecia), proviene la Farsa detta
ATELLANA importata a Roma nella prima metà del III secolo a.C., a seguito della conquista nel 343 a.C. di
Capua.
Forse derivata, ma comunque ben intrecciata alla Farsa Fliacica, la Atellana era una breve composizione, in
buona parte improvvisata, con Personaggi fissi, ognuno dei quali caratterizzato da una propria Maschera e
da un proprio Costume.
- MACCUS: lo Sciocco
- BUCCUS (Personaggio caratterizzato da una grande bocca): il Chiacchierone, il Goloso/Famelico
- PAPPUS: il Vecchio stupido  Ritroviamo la radice che avevamo trovato in greco.
Il Vecchio nelle Farse e nella Commedia è stupido, avaro, imbroglione o sporcaccione (perché aspira a
corteggiare chi non dovrebbe essere alla sua portata, secondo certe norme sociali).
Il Vecchio nella Commedia dell’Arte assumerà un significato che non è necessariamente legato all’età, ma
alla posizione sociale: è comunque una persona adulta che ha una certa posizione e che, dal punto di vista
finanziario, è benestante o ha un’autorità di altro tipo (si intende Vecchio nel senso ampio del Termine).
- DOSSENNUS: il Gobbo imbroglione, astuto
Stiamo anticipando le forme che i Personaggi fissi della Commedia dell’Arte avranno.
Sono collegamenti giusti, ma dai quali è opportuno anche mantenere delle distanze: non si deve dire
automaticamente che certi Personaggi, che emergono con particolare evidenza nel XVI secolo, siano i
discendenti diretti di questi Personaggi; ma sono Personaggi che fanno parte delle dinamiche sociali della
vita quotidiana, della gente comune (la Commedia si occupa di questo).
Troviamo un quartetto con questi Personaggi  Maccus e Dossennus formeranno una coppia: essi sono
spesso i Servi al servizio del Vecchio (Pappus) che è ricco e avaro e hanno modalità e Funzioni diverse.
I due Servi nella Atellana si differenziano tra loro e sono tra loro complementari: uno è sciocco, credulone e
combina dei guai; invece, l’altro è astuto, furbo e ripara ai danni che lo Sciocco ha creato.
Abbiamo pochi Documenti figurativi che possono fare riferimento a questi Personaggi.
Rispetto agli Attori (Fliaci) del III secolo a.C. e agli Attori romani che agiscono negli ultimi secoli della

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Repubblica, gli Attori della Farsa Atellana usano una Maschera che lascia una parte del viso scoperta cioè la
bocca: la MEZZA MASCHERA.
Questa mezza Maschera verrà poi adottata anche nella Commedia dell’Arte .
ES: Hièron, Il Personaggio di Maccus. Italia, 75-25 a.C. – Terracotta. Parigi, Musée du Louvre.
ES: Attore di Farsa Atellana (?) Italia (?), sec. I d.C. – Terracotta. Parigi, Musée du Louvre.
Successo dell’Atellana a Roma fu così grande tanto da diventare il Genere preferito dei Dilettanti, i quali la
proponevano spesso alla fine degli Spettacoli tragici (Farsa finale).
Essa raggiunse l’apice della popolarità nel I secolo a.C. per poi lasciare la propria posizione di privilegio a
vantaggio di un altro Genere: il MIMO che avrà grande successo in Età imperiale.
Il MIMO e il PANTOMIMO sanno i Generi spettacolari (drammatici) preferiti dai Romani, che sostituiranno
completamente altri Generi di ascendenza greca come la Commedia e la Tragedia.
L’Atellana è un fenomeno di lunga durata insieme ad altre forme. Una fortuna del Teatro drammatico di
ascendenza greca che si esaurisce nel II-I sec a.C.
Quindi, dopo il Mimo e il Pantomimo romani avranno maggiore spazio nella Spettacolarità drammatica nei
primi secoli dell’Impero.
TAVOLA (11 e 12) del VI – III secolo a.C.
Questa Tavola propone molte delle Forme Spettacolari presenti a Roma, collocate in senso cronologico.
- LUDI ROMANI  Nel 364 a.C. vengono istituiti i LUDI
SCENICI, all’interno dei quali, in tempi diversi, vanno a
inserirsi MUSICI E LUDIONES (provenienti dall’Etruria e
poi diventati romani), VERSI FESCENNINI (provenienti
dall’Etruria, ma poi perfettamente assimilati nella
Spettacolarità romana, infatti, vengono inclusi nei Ludi
Scenici), FABULA ATELLANA (originaria della Campania,
avrà una lunga fortuna; essa ha un’influenza dalla FARSA
FLIACICA (proveniente dalla Magna Grecia, i cui elementi
si riversano nella Fabula Atellana).
Queste forme che vanno ad affollare la Spettacolarità romana cioè i Ludi Scenici a partire dal 364 a.C.
L’unica forma che viene ritenuta autoctona romana e viene compresa anch’essa nei Ludi Scenici è la
SATURA (LATINA), considerata la prima Forma Drammatica della Romanità, anche se risente dell’influenza
etrusca.
L’origine della parola è controversa, ma sembra probabile la connessione al Termine con cui veniva definita
una Pietanza, un piatto che veniva offerto agli Dei e che conteneva una ricca mescolanza di primizie.
Il Genere letterario e teatrale avrebbe assunto questo nome perché il suo carattere distintivo (come quello
della Pietanza) era la varietà ed eterogeneità degli elementi che la componevano: Musica, Canto, Danza,
Recitazione.
Si può pensare che fosse una sorta di Spettacolo di Varietà (Il Varietà era un Genere anche teatrale all’inizio
del Novecento, che si è poi riversato nella Televisione e adesso è un po’ in decadenza; ma negli anni
Ottanta assunse il Termine di Contenitore televisivo: un luogo all’interno del quale si esibiscono vari
Performer con varie specialità) ovvero un insieme eterogeneo di elementi separati tra loro.
Nel III secolo a.C. la Cultura romana viene a contatto e gradualmente assimila i modelli greci.
Le prime Rappresentazioni teatrali dove è attestata presenza di Drammi (RAPPRESENTAZIONI
DRAMMATICHE) di derivazione greca hanno luogo a Roma nel 240 a.C. con l’Allestimento di un’opera di
Livio Andronico (280-200 a.C.), un autore di cui rimane qualche frammento, i titoli di 8 Tragedie e di 3
Commedie. Egli è un Personaggio importante perché nasce a Taranto, è di Cultura greca, va a Roma dopo la
Caduta di Taranto (quindi è di Lingua e Cultura greca ma conosce il Latino: è bilingue) e fa rappresentare lì
un Dramma teatrale che tradizionalmente è considerato la prima opera letteraria scritta in Lingua latina, di
cui lui è Autore.
Egli compose in seguito altre opere traducendole da Eschilo, Sofocle ed Euripide. Ebbe possibilità di avere
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le loro Tragedie, non sappiamo in quale forma, dato che non abbiamo le sue opere. Quindi, non sappiamo
come si rapportassero queste traduzioni rispetto agli originali.
Il periodo di maggior fioritura della Drammaturgia latina di diretta ispirazione greca si ha in epoca
repubblicana, in particolare con i due Commediografi più conosciuti Plauto (III-II sec. a.C.), e Terenzio (II
sec. a.C.). A loro si aggiunge Menandro che, dal punto di vista della Storiografia teatrale, appartiene al
periodo della Commedia Nuova (ma si tratta di costruzioni e periodizzazioni artificiose perché del periodo
della Commedia nuova conosciamo solo Menandro, di cui abbiamo un’opera: il Dyskolos del 316 a.C.).
Menandro lo conosciamo per via indiretta attraverso le opere di Plauto e Terenzio.
Terenzio fu anche accusato di aver plagiato opere di Menandro: egli confessa dichiarandosi suo traduttore,
aggiungendo il fatto che, quello di cui lui era accusato era ciò che facevano tutti cioè copiare altri Autori.
Sembra infatti che Plauto copiò molto da Menandro.
Di Plauto ci sono pervenute 20 Commedie intere e frammenti di un’altra. I contemporanei gli attribuirono
un numero elevato di Commedie, indice della grande popolarità che ebbe durante la sia vita.
Tra Umanesimo e Rinascimento fu Plauto, più che Terenzio, a diventare l’Autore di riferimento per la
produzione di Spettacoli di fine Quattrocento, in particolare adattamenti e traduzioni in volgare; e inoltre,
divenne anche il modello per la Drammaturgia di nuova composizione del primo Cinquecento.
Si traggono soggetti, storie e la struttura drammaturgica da Plauto per cominciare a scrivere Commedie
secondo le caratteristiche dei Personaggi.  Plauto e Terenzio vengono recuperato e messi in Scena alla
fine del Quattrocento e soprattutto Plauto diventa il modello per la Drammaturgia Regolare ed Erudita del
primo Cinquecento.
[Le Commedie Erudite di primo Cinquecento diventano le trame su cui la Commedia dell’Arte costruisce i
propri Spettacoli].
Il salto cronologico è grande però i riferimenti ci sono tutti, soprattutto attraverso la Drammaturgia, e
attraverso i Performer che nel corso del Medioevo continuano a esibirsi.
N.B. Si ha questa operazione Culturale di recupero dei Testi che porta alla nuova composizione di
Drammaturgia all’inizio del Cinquecento.
I temi privilegiati da Plauto sono quelli dell’amore contrastato a cui spesso si intrecciano scambi di persone,
il riconoscimento di persone:
ES: Il giovane povero che si è invaghito della figlia del Personaggio ricco e importante; quindi, è un’unione
impossibile perché i ceti sociali sono troppo lontani. Ma poi si scopre che egli in realtà non è povero ma è il
figlio perduto del Re  C’è il riconoscimento e tutto torna a ricomporsi nel modo migliore, finisce bene.
ES: La giovane viene data in sposa dal padre al Vecchio, ma lei è innamorata di un altro giovane  C’è
l’amore contrastato.
Dopo il 100 a.C. la Commedia cessa di essere un Genere vitale, mentre la Tragedia fu apprezzata dai Romani
più a lungo, anche se non si ha notizia di alcuna Tragedia nuova allestita dopo il 29 a.C.
Quindi, della Commedia sappiamo abbastanza sia perché abbiamo le opere di Plauto e Terenzio, sia perché
esse sono state poi direttamente portate sulle Scene nel Quattrocento.
Della Tragedia sappiamo solo che aveva molto successo: fu un Genere vitale più a lungo della Commedia.
Nonostante questo maggiore successo è difficile formulare delle valutazioni sulla Tragedia perché nessun
Testo tragico è sopravvissuto.
Ma a giudicare da alcuni frammenti, dai titoli e dalle critiche dei contemporanei (sono le fonti che
abbiamo), sembra che la maggior parte delle Tragedie fossero adattamenti delle opere greche.
I Testi delle Tragedie che ci sono giunte sono le più tarde a opera di Seneca (I sec. d.C. cioè tra Repubblica e
Impero): di lui abbiamo 9 Tragedie, che però non furono mai allestite/messe in Scena a Roma  Si tratta di
un paradosso. Abbiamo comunque le sue Tragedie perché ad esse viene attribuito valore letterario e quindi
vengono recuperate e nel tempo trascritte.
Seneca insieme ai Tragici greci sarà uno degli Autori più influenti nella Drammaturgia di nuova
composizione di ambito spagnolo, inglese (Elisabettiano), e francese.
I temi e i Personaggi senecani saranno molto utilizzati dai Drammaturghi di molti secoli dopo.
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Vediamo quindi un’influenza dei Commediografi romani che molto dichiaratamente si rifacevano alla
Commedia greca, e vediamo Seneca anche lui molto legato alle Tragedie greche antiche.
Edifici per lo Spettacolo – Il TEATRO
Nonostante il successo e l’attenzione del Pubblico nei confronti delle Rappresentazioni drammatiche, a
Roma, il Senato fu a lungo contrario alla costruzione di Teatri stabili in pietra.
Gli Spettacoli era dunque allestiti in strutture di legno, erette in occasione delle Feste, nell’ambito delle
quali venivano organizzati gli Spettacoli.
Si tratta di strutture simili a quelle raffigurate in molte Pitture vascolari (IMMAGINI delle Farse Fliaciche).
ES: Pittore di MacDaniel (attr.), Scena farsesca. Italia (Puglia), 380-370 a.C. – Cratere a campana a figure
rosse. Londra, British Museum.
In questo vaso della prima metà del IV sec. a.C., la Prospettiva è diversa: non vediamo il Palco frontalmente
ma lateralmente.
Vediamo la struttura del Teatro: c’è una Tela di Fondo fisata in una cornice, viene raffigurata una piccola
tettoia per proteggere gli Attori dalle intemperie.
IMMAGINE  La Scena farsesca sul vaso la vediamo tradotta, per quanto riguarda gli elementi
architettonici nella Ricostruzione a sinistra.
Essa mostra come, dal punto di vista del Pubblico, poteva presentarsi il Palco, con la scaletta che collega il
Palco e il piano dove sta il Pubblico e gli elementi praticabili sullo Sfondo (una Porta, delle Finestre).
Laddove ci fossero dei Teatri della Grecia ellenistica preesistenti (non a Roma), questi Palchi potevano
essere collocati all’interno dei Teatri.
Fino a tutta l’epoca repubblicana, gli unici Edifici teatrali in pietra esistenti erano quelli delle zone greco-
ellenistiche; spesso erano gli stessi Teatri greci, nel frattempo, modificati dai Romani (ES: Teatro di Dioniso
ad Atene) o anche nuovi Teatri costruiti secondo gli stessi criteri con cui venivano modificati i vecchi Teatri
greci  Questo non succede a Roma. I Teatri in pietra a Roma cominciarono ad apparire nella prima metà
del I secolo a.C.
Fu soltanto nel 55 a.C. che a Roma ne fu uno edificato da Pompeo, destinato a rimanere a lungo un caso
unico nella città  TEATRO DI POMPEO
Questo perché non si voleva dare una struttura fissa a un edificio che ospitasse una Drammaturgia/Forme
Spettacolari di ascendenza non romana.
La Tragedia e la Commedia hanno successo per lungo tempo tra il III e il II secolo a.C. anche a Roma, ma il
Senato non permette che vi siano luoghi permanenti che vengano adibiti all’uso teatrale.
IMMAGINI di TEATRI
ES: Il Teatro di Pompeo: esso non esiste più (è stato assorbito dall’edilizia comune, da edifici abitativi), ma
da una veduta aerea è possibile vedere ciò che resta, cioè il perimetro di base, che può essere riconosciuto
dall’alto nella zona di Campo dei Fiori.
Vediamo la struttura a semicerchio della Cavea, questo perché la modifica fondamentale che viene
apportata ai Teatri greci classici ed ellenistici è il ridimensionamento dell’Orchestra perché essa non ha più
la Funzione di ospitare il Coro, ma viene utilizzata per ospitare il Pubblico più importante, gerarchicamente
parlando, della Società.
Il Teatro di Pompeo aveva probabilmente una grande Cavea tutta di pietra ed era un Edificio autoportante:
questa è una delle caratteristiche principali dell’Edificio teatrale romano rispetto a quello greco, perché dal
punto di vista ingegneristico, era possibile edificare una Cavea sostenuta da una serie di arcate sovrapposte
(il principio costruttivo è simile a quello degli Stadi moderni).
ES: Zenone di Teodoro, Il Teatro di Aspendos. Turchia (Serik), 155 d.C.
Qui vediamo che la Skenè si attrezza, diventando una grande parete opposta alla Cavea.
Il Teatro Romano ripropone la versione modificata del Teatro ellenistico e aggiunge degli elementi
fondamentali soprattutto per quanto riguarda la Scena.

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LEZ. N° 5 – 12.10
Nonostante l’Attività teatrale a Roma abbia avuto una buona fortuna nel III-II secolo a.C., nella città di
Roma, non di costruiscono Teatri in pietra permanenti; gli Spettacoli venivano realizzati sempre in Teatri
provvisori.
I Teatri in pietra iniziano a essere costruiti in un periodo nel quale l’Attività propriamente drammatica, cioè
la messa in Scena di Tragedie e Commedie, scritte sui modelli greci, non avevano più fortuna. E nella
capitale, anche quando iniziano a essere costruiti, essi sono pochi.
CARATTERI PRINCIPALI dei Teatri
Esse contraddistinguono tutti i Teatri costruiti ex novo oppure costruiti modificando i Teatri greci-ellenistici
(era capitato al Teatro di Dioniso ad Atene). Si tratta di una forma di appropriazione dei luoghi di Cultura dei
territori che vengono conquistati  È un adattamento alle proprie diverse necessità della Cultura romana.
IMMAGINE  Il TEATRO di BOSRA, Siria, sec. II d.C.
Questo è uno dei tanti Teatri costruiti nei territori che, nel tempo, vengono conquistati da Roma
Vi è una quantità elevata di Teatri (e non solo) che venivano costruiti per le Legioni romane di istanza nei
vari territori conquistati. In questi luoghi troviamo tanti Edifici teatrali, o ciò che ne resta, ciò che è stato
ritrovato attraverso degli scavi avvenuti nel tempo.
N.B. Non c’è da stupirsi del fatto che quelli che si sono conservati in modo migliore si trovino in località
nelle quali non si è dato, nei secoli successivi, un insediamento urbano che abbia deciso di riutilizzare o
anche di distruggere ciò che era stato costruito nei secoli precedenti.
Quindi, nelle località, che non sono diventate importanti dal punto di vista politico, è più facile ritrovare
questi monumenti.
A volte, in Africa settentrionale, nei Paesi che si affacciano sul Mediterraneo, alcuni Teatri sono stati scavati
perché erano stati completamente sommersi dal terreno, dagli accadimenti di carattere meteorologico,
perché si trovavano in luoghi semi o completamente abbandonati.
Anche per questo, si trovano Edifici teatrali in queste località e non in tante altre città nei territori europei
conquistati dai Romani, dove essi costruivano un articolato complesso di Edifici per gli Spettacoli (Teatri,
Stadi, Circhi, Anfiteatri).
ES: A Parigi erano presenti questi edifici per gli Spettacoli ma non è rimasto nulla.
Il Teatro di Bosra è utile per identificare gli
elementi che compongono l’edificio, i quali si
trovano sempre negli Edifici teatrali
sopravvissuti.
Nell’odine inferiore, sono collocati gli Ingressi
al Teatro collegati con un sistema di Scale che
permettono di raggiungere ogni settore della
Cavea  Sistemi di Ingressi ai Teatri che
rielaborano il sistema dell’Edificio greco che
consisteva di due Corridoi chiamati Pàrodoi.
Nell’Edificio teatrale romano i Pàrodoi si suddividono in quelle che sono chiamate VERSURAE: c’è un
Ingresso di accesso all’ORCHESTRA semicircolare, e ci sono altre Versurae che permettono l’accesso laterale
al Palcoscenico.
La Struttura muraria della Cavea si congiunge alle estremità laterali con la linea del Proscenio, formando un
perfetto emiciclo che racchiude l’Orchestra, non più spazio riservato al Corso ma viene usata per ospitare
gli Spettatori più in vista/privilegiati.
Alla Cavea non si accede solo attraverso le Versurae, le quali permettono l’accesso all’Orchestra.
Gli altri Spettatori accedono attraverso un sistema di Ingressi chiamati VOMITORIA, con un sistema che
ancora oggi è usato per molti spazi per gli Spettacoli (Stadi).
Questo è possibile perché il Teatro Romano è un Edifico autoportante, è un vero e proprio Edificio che
sorregge la Cavea attraverso un sistema di Arcate sovrapposte. Questo permette, anche attraverso un
sistema interno di Scale, di accedere ai vari ordini di gradinate della Cavea.

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Il Palcoscenico con la grande parete chiamata SCAENAE FRONS è molto più articolata rispetto a quello che
possiamo pensare fosse la Skenè greca. Per la Skenè possiamo formulare solo delle ipotesi perché, essendo
costruita in materiali deperibili, nessuna Skenè è giunta a noi, se non qualche traccia delle sue mura
perimetrali che erano in pietra.
Nell’Edificio teatrale romano, anche per mania di grandezza, ma soprattutto per un motivo di statica
dell’Edificio, la Scaenae Frons si erge fino all’altezza massima della Cavea. La Scaenae Frons avrà le
dimensioni che si decide di dare alla Cavea.
Essa era riccamente addobbata di marmi, di statue che, nel tempo, sono state rubate quando i Teatri sono
caduti in disuso, ovvero quando Roma ha perso il dominio dei vari territori.
Nel primo ordine della Scaenae Frons, la quale è organizzata in vari Ordini di Colonnati, si vedono le
Colonne. Degli altri due Ordini vediamo solo dei resti.
La parete della Scaenae Frons, oltre a essere organizzata con delle decorazioni, presenta tre Ingressi  Al
centro, un Ingresso più ampio e più riccamente decorato chiamato PORTA REGIA. Lateralmente alla Porta
Regia, con dimensioni e decorazioni meno magniloquenti, si trovano le HOSPITALIA.
Questi sono gli Ingressi, a cui si aggiungono le Versurae, usate durante lo Spettacolo. Essi servono a far
capire al Pubblico chi è il Personaggio che entra da quell’Ingresso. Il Personaggio più importante sarà colui
che esce e rientra dalla Porta Regia (rimangono dei punti di riferimento).
Le Versurae indicano rispettivamente, in senso generico, l’Ingresso e la direzione verso la Città e la
direzione verso una direzione opposta (può essere il Porto).
ES: Si sa che se arriva il messaggero, entrerà dalla Versura che indica la provenienza da lontano, da fuori.

N.B. Il passaggio che prima era comune per il Coro, gli Attori e tutto il Pubblico si suddivide. Lo Spettacolo è
nettamente separato dal Pubblico privilegiato. Poi c’è un’ulteriore divisione, funzionale ma anche
gerarchica, del Pubblico che accede attraverso le Versurae e del Pubblico che accede attraverso i Vomitoria.
Nella parte sommitale della Scaenae Frons e della Cavea si trovava un Colonnato chiamato PORTICUS che
creava la zona perimetrale praticabile, sopra la quale poteva essere steso e fissato il VELARIUM: una
copertura, che utilizzò il sistema delle vele delle navi per coprire o scoprire settori diversi o l’intero Teatro,
soprattutto per riparare dal sole, dalla luce piuttosto che dalla pioggia.
Il Palcoscenico detto PULPITUM, tangente al diametro dell’Orchestra, è collocato circa ad altezza d’uomo,
per consentire una buona visibilità anche agli Spettatori seduti nell’Orchestra.
Il livello del Palcoscenico nel Teatro del V secolo a.C. in Grecia era all’altezza o quasi dell’Orchestra, a
sancire la possibilità di usare entrambi gli spazi: lo spazio è quasi unico tra il Palcoscenico e l’Orchestra.
In periodo ellenistico, quando l’Orchestra nel Teatro Greco tende ad avere, quando è presente, una
Funzione poco più che decorativa, come Intermezzi tra i dialoghi, il Palcoscenico, anche in virtù del fatto
che i Teatri vengono costruiti di dimensioni molto grandi, va elevandosi. Anche gli Attori si addobbano con
Costumi che sovradimensionano le loro dimensioni proprie.
Guardandolo in modo evoluzionistico, a questa fase ne sopraggiunge un’altra in cui nel Teatro Romano,
adattandosi alle diverse esigenze che si vanno modificando, il Palcoscenico si abbassa ad altezza d’uomo.
Il Palcoscenico è ormai uno spazio separato da quello degli Spettatori (Orchestra), molto più di quanto fosse
stato diversi secoli prima.
IMMAGINE  Il TEATRO di MARCELLO – PALAZZO SAVELLI, Roma, 13-11 a.C.; sec. XVI
Vediamo una veduta dall’alto dell’esterno del Teatro.
Si tratta dell’ultimo Teatro costruito nella città di Roma, dopo il Teatro di Pompeo.
Questo Teatro in parte di può ancora vedere: sopravvivono ancora due ordini di Arcate sovrapposte alle
quali si aggiungeva una terza Arcata, che è stata inglobata in un edificio costruito nel XVI secolo.
Questo edificio si chiama sia Teatro di Marcello perché si compone di elementi oltre che del perimetro che
è rimasto lo stesso, sia Palazzo Savelli, quindi è un abuso edilizio che, in molti casi, si è sanato per il
trascorrere del tempo.
Questo è un riutilizzo che, dalla caduta dell’Impero Romano d’Occidente in poi, si vede in molti edifici.

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IMMAGINI di TEATRI
ES: Teatro meridionale di Jearsh (Giordania), 81-96 d.C.
ES: Teatro di Mérida nella città di Augusta Emerita (Spagna), 16-15 a.C.  Piccolo Teatro in un
insediamento delle Legioni romane.
ES: Teatro Romano di Orange (Aurasio), (Francia), sec. I d.C.
ES: Teatro Romano di Sepino (Saepinum), Provincia di Campobasso (Italia), sec. I a.C. – I d.C.  Piccolo
Teatro in parte scavato (dai cui scavi sono emersi i resti della Cavea e restaurato in tempi recenti. Ci sono
delle casette che sono state edificate sfruttando le mura perimetrali del Teatro.
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I Romani costruivano dei complessi di Edifici per gli Spettacoli.
Durante l’Età imperiale, acquisirono sempre maggiore popolarità e diffusione le Gare ginniche che si
svolgevano negli Stadi, le corse dei cavalli che si svolgevano nei Circhi e gli Spettacoli gladiatori (LUDI
GLADIATORI) e venatori (tra Gladiatori, tra Gladiatori e animali e nel tempo Spettacoli unicamente di
animali – dal 186 a.C. Venationes) che si svolgevano negli Anfiteatri.
Gli Spettacoli venatori furono quelli che perdurano più a lungo, soprattutto in area inglese.
Edifici per lo Spettacolo – l’ANFITEATRO
L’AnfiTeatro (significa: Teatro doppio) presenta la stessa forma del Teatro replicato anche nel lato dove nel
Teatro c’è la Scaenae Frons. La forma che hanno è una ellissi.
ES: AnfiTeatro di Pola (Pietas Julia), Istria (Croazia), sec. I d.C.  L’AnfiTeatro fu riscoperto e portato alla
luce con dei lavori di scavo nel corso del Rinascimento, ovvero nel primo Cinquecento, perché fu il periodo
in cui si studiò il Teatro dell’antichità da ogni punto di vista, anche da quello dell’Architettura dei Teatri
attraverso la Trattatistica. Il Teatro fu studiato e furono eseguiti dei rilevi architettonici che possiamo
trovare negli studi che ci sono giunti.
ES: AnfiTeatro di El Djem (Tunisia), inizio sec. III d.C.  In questo si mette in evidenza un elemento ossia il
passaggio che permette di portare sull’arena di gioco gli animali feroci. Essi non entrano da alcuna Porta
Regia, né da una Porta laterale come attualmente avviene nelle Corride.
Essi vengono portati attraverso dei passaggi sotterranei.
ES: AnfiTeatro di Venafro (Venafrum), Provincia di Isernia, Molise (Italia), sec. I d.C.  Degli edifici molto
semplici, umili sono collocati lungo il perimetro, sfruttando le mura/fondamenta dell’AnfiTeatro. Vi sono
anche degli edifici che hanno delle Porte di dimensioni sproporzionate rispetto alle dimensioni dell’edificio
stesso perché sfruttano le Arcate presenti nell’AnfiTeatro.
ES: Edifici di Via Torta, Via de’ Bentaccordi e Piazza dei Peruzzi, costruiti lungo le mura perimetrali
dell’AnfiTeatro Romano di Firenze nei pressi di Piazza Santa Croce (sec. II d.C.).  Teatro di Firenze
nascosto nel tessuto urbano, nel perimetro che si descrive tra Via Torta (“curva”), Via de’ Bentaccordi e
Piazza dei Peruzzi. Gli edifici che si sono succeduti nel tempo sono stati sempre edificati lungo questo
perimetro.
Edifici per lo Spettacolo – lo STADIO
ES: Stadio di Aphrodisias, Turchia, sec. I d.C.  Ancora oggi, è ben visibile con le pietre originarie.
ES: Piazza Navona, Roma (Stadio di Domiziano, 86 d.C.) – Veduta aerea e Ipotesi di Ricostruzione  Nella
Ricostruzione si intravede anche un piccolo edificio che sembra un Teatro ma è un Odeon, ovvero un
edificio con la stessa forma del Teatro, ma di dimensioni più piccole, utilizzato per gli Spettacoli musicali.
TAVOLA (13) del VIII secolo a.C. – V secolo d.C.
Per quanto riguarda lo Spettacolo teatrale, a Roma, non assunse mai nel tempo, né per il singolo individuo,
né per la comunità, quel significato che aveva avuto per i cittadini ateniesi nel V secolo a.C., per i quali
costituiva un momento fondamentale dal punto di vista etico, civile.
Rappresentazioni di Spettacoli di vario Genere, a Roma, furono inserite all’interno delle Feste ufficiali,
anche religiose, ma non esisteva quel legame profondo tra Teatro e Culto come in Grecia; fu un legame che
rimase solo legato all’occasione esteriore, ma non profondamente sentito.
La tendenza a privare il Teatro di questo significato originario in Età imperiale divenne sempre più marcato.
La ricerca del consenso del popolo, la Politica demagogica/Culturale dei grandi Imperatori favorì, in periodo
imperiale, altri Generi spettacolari. Essa privilegiò la creazione di occasioni di divertimento, che potessero
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coinvolgere emotivamente, ma che non coinvolgessero il Pubblico in questioni, riflessioni esistenziali
importanti, come era stato invece in Grecia nel V secolo a.C. veicolato sia dalla Tragedia sia attraverso la
Commedia che criticava e prendeva in giro certi vizi, difetti, che denunciava la cattiva gestione, il cattivo
esercizio del potere. Era per questo un Genere che richiamava l’attenzione degli Ateniesi.
A Roma viene mesa in atto una strategia politica e Culturale (e che ancora oggi attribuiamo a varie
occasioni) definita STRATEGIA PANEM ET CIRCENSIS  Consiste nel procurare al popolo la base di
sussistenza, il cibo (Panem) e il divertimento del Circo (Circenses) quindi quelle tipologie di Spettacolo che si
svolgevano negli Anfiteatri, negli Stadi, e nei Circhi.
TAVOLA (14)
Tra il II secolo e la fine del III secolo, e soprattutto in periodo imperiale (l’Età imperiale inizia il 27 a.C.), le
Forme Spettacolari che soppiantarono gli Spettacoli drammatici furono il MIMO e PANTOMIMO.
Come altre Forme Spettacolari, anche il MIMO era di origine greca. Il Genere era già familiare ai Romani alla
metà del III secolo a.C., e, con grande fortuna, si afferma negli ultimi decenni della Repubblica e in Età
imperiale, ma esso era molto diverso dal suo antecedente greco.
Lo Spettacolo di Mimo, assimilato nelle forme e nei temi alla Cultura latina, poteva rappresentare un
episodio di vita quotidiana con Trama semplice e colpo di Scena finale, o poteva anche configurarsi come
Spettacolo di Arte varia, in gran parte improvvisato con Danze, Canti, Giochi di abilità (gusto per il Varietà,
visto anche attraverso la Satira, era presente da tempo a Roma).
Gli Attori, chiamati Histriones, cominciano a essere denominati MIMI: Mimo è chi esercita il Genere e il
Termine tende a essere usato anche in senso più generico. Quindi, Mimo è il Termine che soppianta
Istrione e Attore, anche con quel portato di negatività che sempre più forte connoterà chi esercita Attività
Spettacolari.
Nel periodo successivo all’Impero, dopo il 476 d.C. spesso magari in liste che possono vedere compresi
anche i Giocolieri, gli Acrobati si trovano i Mimi. Il Mimo sarà per lungo periodo usato anche come
sinonimo, presentandosi come Termine proprio dell’Attore che svolge la sua performance attraverso
l’Azione e Parola.
N.B. Gli Attori che iniziano a essere definiti Mimi recitavano senza Maschera  Caratteristica importante: la
rinuncia alla Maschera, implica che la linea di demarcazione e tra il Personaggio e l’Attore, ovvero quella
distanza considerata necessaria, anche dal punto di vista pratico nel Teatro Greco, non c’è più.
C’è una possibilità di identificazione dell’Attore nel Personaggio. Questo aveva conseguenze perché l’Attore
diventa il Personaggio.
La mancanza della Maschera permette all’Attore di proporre una infinita gamma espressiva, che il volto
reale può avere a differenza della Maschera  L’Espressività del volto va ad aggiungersi alla Gestualità del
corpo.
Gran parte dell’attrattiva di questo Genere spettacolare era data dalla presenza di interpreti di sesso
femminile: ci sono anche le MIME.
La presenza femminile fu presto associata all’oscenità e alla volgarità, che andarono caratterizzando in
misura sempre crescente questi Spettacoli che spesso si concludevano, anche su incitamento del Pubblico,
con i NUDATIO MIMARUM (Spogliarelli). Alla fine dello Spettacolo veniva richiesto alle Mime di spogliarsi:
c’era invece della Farsa finale lo Spogliarello finale.
L’altra Forma Spettacolare che si afferma in epoca imperiale è il PANTOMIMO, di cui si ha notizia a Roma a
partire dall’Età Augustea (fine I secolo a.C.).
Nel Pantomimo, l’Attore interpretava tutti i Personaggi, danzando e mimando l’azione senza parlare (è più
simile a quello che oggi definiamo Mimo).
In questo caso, l’azione viene completata con la Musica (c’è un Suonatore, Musicista che suona una Musica)
e da uno o più Cantanti.
L’Azione scenica si sviluppa attraverso il Canto (Parola) e la Danza che ha un rapporto espressivo con la
Parola (traduzione espressiva delle parole cantate già con un’espressività del cantante e interprete della
Musica)  Si tratta di uno Spettacolo composito che in qualche modo ci riporta anche alle azioni degli Aedi,

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Cantori.
ES: Canto dell’Odissea.
È interessante il fatto che questa Forma Spettacolare scompone le Funzioni di colui che agisce e di colui che
comunica materialmente il senso, il significato delle Parole: c’è una scomposizione.
Questo sarà un elemento importante nella percezione che, nei secoli successivi, si avrà dello Spettacolo
antico, in senso generale.
Per differenziare i Personaggi (non esiste un Personaggio solo, ma ci sono più Personaggi), il Pantomimo
usava una Maschera a due o tre facce (indossa e non sostituisce la Maschera), tipicamente con un lato
sorridente e un lato addolorato o anche a tre facce.
I soggetti degli Spettacoli sono di carattere mitologico o storico: quindi, ci troviamo nel territorio tematico
della Tragedia  Questo dato permette di collegare il Pantomimo al Genere della Tragedia, rendendolo
una sorta di erede a detta degli Storici (la Tragedia, il cui successo persiste più a lungo in epoca
repubblicana rispetto alla Commedia, poi si annulla e si trasferisce in un Genere che comincia a prendere
piede).
Quindi, l’interesse per i soggetti tragici c’è, si continuano a produrre Tragedie anche se non si
rappresentano (con il paradosso di Seneca).
Dopo il 400 d.C., con la progressiva decadenza dell’Impero Romano, il numero degli Spettacoli diminuì
sensibilmente per effetto degli ostacoli posti dalla Religione cristiana, che, nonostante le persecuzioni,
continua a diffondersi e ad aumentare il proprio potere.
Già alla fine del II sec d.C., uno dei primi pensatori della Chiesa cristiana Quinto Settimio Fiorente
Tertulliano (155-222 d.C., metà del II e III secolo), nel suo Trattato De Spectaculis (197-206 ca.) espone i
motivi per cui il Cristianesimo si oppone al Teatro; motivi che saranno successivamente elaborati dai Padri
della Chiesa.
La prima accusa è quella di IDOLATRIA: gli Spettacoli non vengono considerati semplici divertimenti, ma Atti
di Culto alle false divinità della Religione pagana.
Questa è un’accusa che andrà cadendo, ma il periodo di Tertulliano è un periodo in cui c’è ancora una
concorrenza tra il Culto cristiano e il Culto delle divinità pagane, anche se i Romani non erano religiosi.
Questo Termine, anche in coincidenza dell’affermarsi della legalizzazione del Cristianesimo, sarà usato più
in senso metaforico, che effettivo di Culto di altre divinità pagane.
La seconda accusa è quella che ritiene gli Spettacoli IMMORALI, realizzati per suscitare artificiosamente
passioni violente che in realtà l’uomo non ha dentro di sé: sono Spettacoli che scatenano istinti bestiali, che
degradano l’uomo, che travolgono ogni controllo etico e azzerano ogni responsabilità civile.
N.B. Nel periodo di Tertulliano, la Chiesa cristiana va acquistando potere, però gli Spettacoli erano al loro
apice di popolarità  Si tratta, da parte della Chiesa cristiana, di mettersi in competizione con una realtà
spettacolare molto articolata e popolare.
Tertulliano afferma che i gesti e i movimenti che i corpi compiono sulla Scena consacrano il Teatro a
Venere, quindi alla Lussuria.
Con le sue accuse, sottolinea come il Vizio si insinui nell’uomo attraverso i cinque sensi, soprattutto
attraverso la Vista (gli occhi): questo concetto ricorrerà spesso negli scritti dei Padri della Chiesa.
«L’ingresso dei vizi all’anima avviene per i cinque sensi, quasi fossero cinque Finestre [...]. Se qualcuno è
dilettato dai Circensi, o dalle gare degli atleti, o dalle movenze degli Istrioni, o dalle forme delle donne o
dallo splendore delle gemme, delle vesti, dei metalli, o da altre simili cose, la libertà dell’anima è catturata
attraverso le Finestre degli occhi, e si compie ciò che è stato profetizzato: “La morte è entrata dalle vostre
Finestre [che sono state lasciate incustodite].” (Geremia, IX, 21)»
cit. San Gerolamo (347-420), Adversus Jovinianum (393), libro II, 8.
Egli ci dice quali fossero al suo tempo gli Spettacoli più popolari, che vengono poi criticati e condannati: egli
parla anche di Giochi nei Circhi  I Giochi dei Gladiatori hanno una grande popolarità in Età imperiale, ma
in realtà l’hanno sempre avuta infatti le origini di queste Attività risalgono al periodo degli Etruschi. Questi
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non erano poi così cruenti, perché se lo Spettacolo gladiatorio si fosse sempre concluso con la morte del
Gladiatore o dell’animale sarebbe diventato anche uno Spettacolo dispendioso.
Nei secoli successivi, la critica verso gli Spettacoli continuerà; si deve considerare che è come una sorta di
eco che persiste e che affonda le proprie radici, anche per quanto riguarda il giudizio negativo, nell’Età
imperiale.
Si parlerà dei danni del Teatro avendo come riferimento sempre più indistinto tutta la Spettacolarità,
soprattutto del periodo imperiale, che era il periodo cronologicamente più vicino a Padri della Chiesa,
Trattatisti, Medievali che criticheranno il Teatro dell’antichità. Il Teatro dell’antichità concettualmente poi
sarà, anche nella memoria iconografica, visiva, una Spettacolarità che fa riferimento soprattutto al periodo
imperiale e all’idea di ciò che era nel periodo imperiale.
Nel 313 d.C. la Religione cristiana viene legalizzata dall’Imperatore Costantino.
Con Teodosio nel 393 il Cristianesimo diviene Religione di Stato.
Gli Spettacoli, con fortuna sempre minore, continuano fino alla caduta dell’Impero Romano d’Occidente nel
476, quando Odoacre, Generale dell’esercito romano di etnia germanica, depone l’Imperatore Romolo
Augustolo e si fa proclamare Re.
Dopo l’anno 400, erano già state eliminate le residue Manifestazioni teatrali e le Feste religiose pagane. Fu
poi la volta dai Combattimenti gladiatori. Gli ultimi a essere aboliti nel VI secolo, nel Contesto Culturale
romano, furono i combattimenti tra animali.
N.B. I motivi della scomparsa di un fenomeno Culturale e sociale così rilevante non sono ascrivibili soltanto
all’azione della Chiesa cristiana, ma anche alla decadenza dei centri urbani dell’Occidente, dovuta alle
invasioni barbariche. Quindi, quelle Legioni romane mandate a presidiare, nel corso del tempo, le varie
anche lontane colonie erano state sostituite materialmente da autoctoni, da persone del luogo.
L’Impero Romano non riesce più a governare in modo centralistico un Impero così vasto, e quindi inizia la
disgregazione, che si svolge in un tempo molto dilatato.
Nell’Impero Romano d’Oriente, l’Attività teatrale avrà una vita più lunga, soprattutto a Costantinopoli, dove
abbiamo informazioni di una persistenza più lunga di Attività Spettacolari. Questa sopravvivenza si rivelerà
fondamentale nel periodo dell’Umanesimo, quando, alla caduta anche dell’Impero Romano d’Oriente (a
metà del XV secolo cade Costantinopoli), i Bizantini, eruditi, letterati da Costantinopoli porteranno in
Occidente, In Italia, Testi drammatici, Trattatistica in versione greca che erano ancora conosciuti in
Occidente.
L’interesse per il Teatro Antico, che persiste nel corso del Medioevo, avrà un alimento molto importante
alla caduta di Costantinopoli.
Nei pressi del periodo della caduta dell’Impero Romano, ma anche prima, gli Attori vengono considerati
sempre di più alla stregua delle Prostitute, perché esponendosi agli sguardi degli Spettatori, a faccia nuda,
mercificano il proprio corpo così come fanno le Prostitute.
L’Oscenità e la Volgarità venivano considerate strettamente collegate al Genere femminile, anche quando
le donne non si esibivano sulla Scena  L’Oscenità è intrinsecamente legata al Genere femminile.
«Gli Attori, con la Danza e i loro Gesti disonesti, insegnano la Lussuria imitando femmine impudiche. […]
Tutti gli Spettacoli devono essere pertanto evitati, se vogliamo la pace della mente».
cit. Lucio Cecilio Firmiano Lattanzio (250 ca.-327 ca.), Spectacula esse potentissima ad corrumpendos
animos (La forza degli Spettacoli nella corruzione delle menti), in Epitome Divinarum Institutionum ad
Pentadium Fratrem, cap. LXIII.
La scarsa considerazione sociale e il disprezzo verso Mimi e Pantomimi non impedivano però ai più bravi di
emergere, di diventare ricchi, famosi e potenti.
ES: L’imperatrice Teodora con le dame di Compagnia, sec. VI d.C. – Mosaico. Ravenna, Basilica di San Vitale.
Nell’Impero Romano d’Oriente, nel VI secolo, l’Imperatrice Teodora prima di diventare moglie
dell’Imperatore romano d’Oriente Giustiniano era stata una famosa Attrice di Mimo.

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C’erano delle eccezioni di Attori che diventavano divi, come c’erano state nel periodo tra la Repubblica e
l’Impero a Roma.
Come si vedrà anche in seguito, fino all’Ottocento (nel 1800 iniziano a cambiare le cose) l’eccezione,
l’esempio in realtà non faceva che confermare una sostanziale considerazione negativa della classe
professionale dei Performer in senso generico.
Tertulliano pone l’accento su un elemento sul quale farà leva successivamente chiunque promuoverà
istante anti-teatrali, cioè sul rapporto tra Verità e Menzogna.
«Non ama il Falso il creatore del Vero [Dio]: per Lui tutto ciò che viene contraffatto è gravissimo falso. Per
questo, chi condanna ogni forma di imitazione istrionica, non potrà approvare chi falsifica la voce, il sesso,
l’età, chi ostenta con solenne finzione amore, ira, gemiti e lacrime. Egli ha stabilito per Legge che sia
maledetto colui che veste abiti femminili: come potrà giudicare il Pantomimo, che delle donne assume
anche le espressioni?».
cit. Quinto Settimio Fiorente Tertulliano, De Spectaculis, cap. XXIII.
Questo è uno snodo importante perché si stabilisce la Dicotomia tra Vero e Falso.
Qualsiasi azione, parola che non appartiene alla Verità creata da Dio è un Falso e quindi è da condannare.
Questa contrapposizione, che sembra un modo per condannare tutta la Spettacolarità, sarà poi usata a
distanza di diversi secoli. Già alla fine dell’Alto Medioevo, la Chiesa si avvantaggerà di questa Dicotomia che
ha stabilito, proponendo attraverso una spettacolarizzazione del Vero/Verità, ossia del Rito religioso che si
basa sulla Verità, qual è la Verità  La Verità è creata da Dio ed è raccontata attraverso il Vecchio e il
Nuovo Testamento cioè le Sacre Scritture (La Bibbia), così come attraverso gli scritti dei Padri della Chiesa
(che sono esegesi della Verità divina).
La Bibbia, dal punto di vista della Religione cristiana, non è una produzione letteraria, ma è verità storica.
Ecco che ciò che si sviluppa come ritualità nella Chiesa cristiana, ma anche dei veri e propri Spettacoli
fondati sulle Sacre Scritture è il Vero.
La Chiesa si approprierà del mezzo di comunicazione spettacolare, che tuttavia continua a condannare nel
corso del Medioevo quando il mezzo di comunicazione teatrale viene utilizzato da persone che comunicano
il Falso.
Questa discriminante tra Vero e Falso diventa funzionale a condannare tutto ciò che non viene approvato
dalla Chiesa, poi con delle deroghe che nel tempo si verranno a creare, perché si costruiranno dei veri e
propri Testi altri basandosi su Personaggi e temi della Bibbia, ma svolgendoli in un modo originale.
N.B. L’Attore è Colui che finge  Uno dei capisaldi su cui si baserà la condanna degli Attori e del Teatro.
In questa prospettiva di pensiero, il primo Attore della Storia dell’Umanità può essere considerato il
Diavolo, che per tentare Eva si camuffa da serpente.
«Tu sei la Porta che conduce al Diavolo (diaboli ianua), tu dissugellasti quell’albero, tu per prima volgesti le
spalle alla Legge divina, tu persuadesti chi il diavolo non valse insidiare, tu uccidesti l’uomo, fatto a
immagine di Dio, con tanta facilità, per il frutto della tua colpa, ovvero la morte, anche il figlio di Dio
dovette morire; e hai in mente di adornarti sopra le tuniche che indossi?».
cit. Quinto Settimio Fiorente Tertulliano, De cultu feminarum (L’eleganza delle donne), 1.
Egli definisce la Donna come la diaboli ianua (la Porta del Diavolo). La Donna è lo strumento del Diavolo,
che lui utilizza per corrompere e dannare il vero soggetto dell’azione, l’Uomo che è fatto a immagine di Dio.
Il destino dell’Umanità si compie attraverso il peccato dell’Uomo, il quale però è stato indotto al peccato
dalla Donna. Ella si è fatta tramite, strumento. Non è che perché lei è stato mero strumento la sua colpa sia
minore, anzi è il contrario.
Gli effetti della dannazione si compiono perché il soggetto che è l’Uomo cade in tentazione, ma la colpa di
questa sciagura si compie attraverso la Donna.
N.B. Questo viene poi ripreso e diventa un cardine fondamentale delle accuse rivolte a chi esercita Attività
Spettacolare.

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Nel corso dei secoli successivi, la Chiesa periste con grande accanimento nella condanna del Teatro e degli
Attori; condanne che ritroviamo negli scritti di altri Padri della Chiesa come San Gerolamo, Sant’Agostino, e
anche più frequentemente in Documenti ufficiali emanati dalle Autorità Ecclesiastiche.
Nei Documenti pontifici, l’opposizione al Teatro è costante ed è espressa in termini molto duri.
Il ripetersi delle condanne nel corso di tanti secoli segnala da un lato la loro scarsa efficacia, dato che c’è la
necessità di continuare a reiterare queste condanne e dall’altro lato, comunque, la sopravvivenza di
qualche forma di Attività Spettacolare.
Queste sono fonti importanti sia per valutare la persistenza delle Attività Spettacolari, sia per capire come si
esprimeva questa Attività Spettacolare.
N.B. Le recensioni degli Spettacoli teatrali nel corso del tempo si sono rivelate tanto più efficaci quando
esse intendevano criticare negativamente gli Spettacoli, perché la critica negativa ha la necessità di spiegare
i motivi per i quali essa è negativa e quindi di dettagliare. Le critiche negative sono più utili per gli Storici
rispetto a quelle positive, perché raccontano cosa faceva chi si esibiva.
Vi sono anche dall’altro lato fonti iconografiche che coprono soprattutto il periodo del Basso Medioevo.
Quindi, queste Attività profane vengono descritte dai Padri della Chiesa e poi spesso sono raffigurate in
Documenti iconografici.
TAVOLA (15)
Il Medioevo si divide in due parti: l’Alto Medioevo che inizia nel 476 d.C. con la caduta dell’Impero Romano
d’Occidente fino all’anno 1000 e il Basso Medioevo che va dall’anno 1000 alla scoperta dell’America nel
1492.
Per qualificare le Attività Spettacolari si è usato l’aggettivo PROFANO: questo perché, durante il Medioevo,
il Teatro avrà uno sviluppo di altro Genere da collegarsi direttamente alla Chiesa cristiana.
La Storiografia distingue le Attività Spettacolari PROFANE da quelle SACRE: una partizione che ha in sé una
componente di artificiosità che non rende pieno merito anche al carattere ibrido di alcune Forme
Spettacolari del Medioevo. Tra versante sacro e versante profano ci sono fenomeni di reciproco scambio e
contaminazioni, che ai giorni nostri sono oggetto di studio degli Storici del Teatro.
Nel Medioevo non esiste più l’Istituzione teatrale intesa come Organizzazione strutturata della Pratica
Scenica, così come era stata intesa dai Greci e in parte dai Romani; e anche gli Edifici destinati all’uso
spettacolare cadono in rovina.
Nel V secolo, alla fine dell’Impero Romano d’Occidente, molti Edifici per lo Spettacolo (Teatri e Anfiteatri)
versavano in uno stato di abbandono, mentre Circhi e Stadi venivano ancora utilizzati. Questi Edifici
vennero convertiti ad altri usi o usati come cave da cui trarne materiali preziosi da usare per costruire altre
opere.
In poco tempo si è pure persa anche la nozione di cosa fosse stato il Teatro, tanto che a partire dall’anno
1000, il Teatro dell’Antichità, soprattutto quello romano diventa una vera e propria materia di studio e di
ricerca per alcuni Eruditi.
N.B. Se però non sopravvive il Teatro come Istituzione e come Edificio, sopravvive però lo Spettacolo,
ovvero, come la definisce la Storiografia, la SPETTACOLARITÀ DIFFUSA: quindi una Spettacolarità che non fa
riferimento a luoghi e a contesti istituzionalizzati, ma diffusa.
Sopravvivono cioè le tecniche performative di Mimi, Pantomimi, Istrioni tramandate attraverso
Intrattenitori Professionisti girovaghi. Materialmente, i Performer vanno a cercare lo Spettatore.
Questi, da soli o organizzati in piccole Compagnie, proponevano i loro Spettacoli ovunque fosse possibile:
Piazze dei Mercati, Fiere, Osterie, incroci delle strade (Trivi), dimore dei ricchi Mercanti, residenze di
potenti Signori, case degli Ecclesiastici.
Queste figure professionali variamente specializzate vengono definite con il Termine generico e
omnicomprensivo di GIULLARI. Diffusi capillarmente, nonostante le condanne da parte della Chiesa, il loro
scopo era quello di sopravvivere quanto più dignitosamente fosse possibile.

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Le fonti dalle quali possiamo trarre informazioni sui Giullari sono molto varie, di carattere sia letterario che
iconografico.
Da quelle letterarie si ricavano notizie, oltre che dalla Produzione pontificia, anche da Romanzi, Cronache,
Fonti archivistiche, che fanno riferimento a permessi di rappresentazione, di svolgimento delle loro Attività
dati da altre Istituzioni.
Dalle Cronache si hanno notizie soprattutto di coloro che riuscivano a stabilirsi permanentemente presso le
Corti o le case dei Signori, anche se c’è una visione anche romantica dei Giullari come Performer che
rivendicavano la propria libertà di movimento; in realtà, coloro che poi riuscivano ad avere un impiego fisso
presso dei Signori, ben volentieri si fermavano, perché in questo modo si sottraevano a una vita precaria,
pericolosa e all’emarginazione sociale dei Girovaghi.
Coloro che si stabiliscono in un posto saranno successivamente i BUFFONI di Corte.
Le numerose specializzazioni dei Giullari trovano corrispondenza nell’ampia terminologia con cui vengono
definiti: Suonatori, Cantastorie, Mimi, Pantomimi, Buffoni, Equilibristi, Giocolieri, Prestigiatori, Acrobati,
Danzatori, Contorsionisti, Ammaestratori di animali, Marionettisti.
L’iconografia ci rivela la varietà e la versatilità di questi Intrattenitori: vediamo degli esempi di Miniature (la
produzione di Miniature si ha soprattutto in Francia) ordinati cronologicamente, affiancati da una Didascalia
che fa riferimento al luogo fisico nel quale esse si trovano.
ES: Suonatori e giocolieri, in Tropaire de Saint-Martial de Limoges, Francia, 975-1100 ca. – Miniatura. Parigi,
Bibliothèque Nationale de France.
Si tratta di una Miniatura del periodo a cavallo tra Alto e Basso Medioevo. È uno dei Documenti più antichi.
Poi la produzione continua fino all’introduzione della Stampa, quando si inizierà, all’inizio del Teatro
Moderno, ad utilizzare altri sistemi, altre tecniche artistiche per rappresentare gli Attori.
Questa Miniatura si trova in un Testo sacro.
ES: Acrobati (Capolettera S), in Priscianus, Partitiones, Francia (Saint-Benois-sur-Loire), sec. X-XI. –
Miniatura. Orléans, Bibliothèque Municipale.
Questa Miniatura si trova in un Testo di carattere sacro.
ES: Contorsionista (Capolettera D), in Vitae Sanctorum, Francia (?), sec. XI. – Miniatura. Rouen, Bibliothèque
Municipale.
ES: Suonatore e ammaestratore, in Commentario all’Apocalisse, Inghilterra, 1091-1109. – Miniatura.
Londra, British Library.
Questa Miniatura si trova in un Testo che è un’esegesi del Testo sacro dell’Apocalisse.
ES: Contorsionista, in Salterio Rutland, Inghilterra, 1250 ca. – Miniatura. Londra, British Library.
Questa Miniatura si trova in uno dei Codici illustrati: il Salterio è una raccolta dei Salmi.
ES: Acrobata e Spettatore che applaude, in Salterio Rutland, Inghilterra, 1250 ca. – Miniatura. Londra,
British Library.
Lo Spettatore ha delle sembianze di scimmia, mentre l’Acrobata è una donna (Giullaressa). Persiste
l’estensione della Professione alle donne, anche se in misura molto ridotta.
ES: Suonatore di tamburello e lanciatrice di spade, in Salterio Rutland, Inghilterra, 1250 ca. – Miniatura.
Londra, British Library.
ES: Ammaestratore di leone, in Salterio Queen Mary, Inghilterra, 1310-1320 ca. – Miniatura. Londra, British
Library.
ES: Ammaestratore di lepre, in Salterio Gorleston, Inghilterra, 1310-1325 ca. – Miniatura. Londra, British
Library.
ES: Ammaestratore di scimmia, in Breviario di Marguerite de Bar, Francia, 1302-1306. – Miniatura. Londra,
British Library.
Questa Miniatura si trova in un libro di Preghiere, commissionato da una Nobildonna.
ES: Ammaestratore di orso e Pubblico, Francia, sec. XIV. – Miniatura. Nancy Bibliothèque Municipale
Il Pubblico non ha caratteristiche somatiche di animali e sta in modo composto a osservare lo Spettacolo
dell’Ammaestratore.
ES: Combattimento di cani contro un orso, in Salterio Luttrell, Inghilterra, 1320-1340. – Miniatura. Londra,
British Library.

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ES: Jehan de Grise, Suonatore, giocoliere e acrobata, in Roman d'Alexandre, ms. Bodley 264, Fiandre
(Bruges), 1338-1344. – Miniatura. Oxford, Bodleian Library.
Questa Miniatura si trova in un Romanzo.
Vediamo la stessa Miniatura all’interno della pagina completa  Le Miniature nel Contesto del Testo e
della pagina si trovano/compaiono sempre nei margini.
N.B. Una costante è che quell’atteggiamento di condanna assoluta del Teatro e di chi pratica le Attività
Spettacolari di quei secoli non traspare da queste raffigurazioni.
ES: C’è un Salterio, nel quale vengono proposte tante immagini di Contorsionisti, Giocolieri nelle loro varie
specialità e poi, nelle pagine successive, sono illustrati il mestiere del Fabbro, del Falegname, del Contadino,
dell’Allevatore  Questo significa che gli Intrattenitori sono collocati in un Contesto complessivo di
illustrazioni di mestieri. Quindi, il mestiere dell’Intrattenitore è raffigurato nelle sue caratteristiche, con la
stessa dignità di qualsiasi altro mestiere.
Quindi, dove è andata a finire questa riprovazione di cui abbiamo parlato, se addirittura queste immagini si
trovano all’interno dei Testi di contenuto religioso che sempre avevano un Committente di ceto alto, non
necessariamente dal punto di vista Culturale, ma sicuramente sociale?
N.B. Le condanne ai danni degli Intrattenitori erano finalizzate a mettere in guardia chi si riteneva non
avesse gli strumenti Culturali per non farsi contaminare e corrompere da questi Intrattenitori cioè il Popolo.
Questi stressi soggetti che in queste Miniature vengono disegnati e delineati senza che si possa percepire
una valenza negativa, in altri contesti iconografici coevi vengono raffigurati in tutt’altro modo.
Gli Intrattenitori vengono anche raffigurati in Alto Rilievi che si trovano soprattutto all’interno o all’esterno
di Chiese della stessa epoca. Essi si trovano generalmente in zone marginali della Chiesa, ad esempio sui
capitelli delle Chiese gotiche del periodo, e vengono rappresentati con fattezze bestiali.
C’è una differenza di trattamento dello stesso soggetto.
Se il destinatario è il Committente che non si ritiene abbia strumenti critici, questo non importa. Si deve
difendere chi si decide che questi strumenti critici non li abbia, quindi l’analfabeta, l’illetterato. Quindi, si
mostra al Popolo un’immagine bestiale, diabolica: spesso essi sono raffigurati come ibridi (metà animali).
LEZ. N° 6 – 19.10
Nel XIII secolo comincia a farsi strada gradualmente un atteggiamento diverso nei confronti dei Performer
Professionisti. Non sarà questo diverso atteggiamento il segno di una totale riabilitazione della figura del
Giullare, un’immagine che poi si riverbera sugli Attori successivi.
Nella seconda metà del XIII secolo, il Frate domenicano Tommaso d’Aquino distingue questi Intrattenitori in
base al comportamento e al Repertorio (ciò che realizzano negli Spettacoli), rivalutando lo svago, il
divertimento come componente necessaria alla vita umana.
Egli liquida in modo radicale alcuni pregiudizi degli Scrittori cristiani e sostiene che non è peccato dare un
compenso agli Intrattenitori per la loro prestazione; cioè si riconosce che la loro esibizione è una merce che
va remunerata, purché in questi Spettacoli non si usino Parole e Gesti illeciti e gli Spettacoli non vengano
tenuti durante la Quaresima.
La Quaresima, nel Calendario dell’Anno Liturgico, è un periodo di 40 giorni che precedono il tempo della
Pasqua, una delle festività più importanti della Religione cristiana.
Questo periodo si suddivide in vari momenti dal punto di vista della Liturgia e degli eventi a cui questi giorni
si legano: in particolare, l’ultima settimana della Quaresima comprende la Domenica delle Palme; segue poi
la Settimana Santa (Passione di Cristo) che si conclude con la Pasqua ovvero la Resurrezione di Cristo.
San Tommaso fa riferimento a un periodo che continuerà a essere importante per gli Attori anche nei secoli
successivi, perché la Quaresima sarà un periodo di penitenza, corrispondente al significato che ha nella
Religione Cristiana, nel quale gli Spettacoli non possono essere organizzati, quindi gli Attori non possono
esibirsi. Questo divieto, ai tempi di San Tommaso, comprendeva anche altre giornate.
Questo sarà quindi un periodo di astensione forzata dal lavoro, che troveremo anche nei secoli successivi.

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Mentre poi negli altri giorni festivi il divieto comincerà a cadere, la Quaresima permarrà invece nei Paesi
cattolici come periodo di divieto agli Attori di esibirsi.
San Tommaso riconosce che i Performer hanno una Funzione nella Società e ne perimetra i modi e i tempi
(quando possono o non possono esibirsi e si pongono sanzioni su alcune espressioni spettacolari).
Nel XIII secolo, Thomas di Cobham redige un compendio delle accuse di cui sono generalmente fatti segno
gli Intrattenitori, che lui definisce con il Termine di Istrioni, indicandone tre tipologie diverse.
«Vi sono tre Generi di Istrioni. Alcuni trasformano e trasfigurano il proprio corpo sia con turpi salti o
gesticolazioni sia turpemente denudandosi, sia ancora indossando orribili maschere, e tutti questi sono
condannabili se non abbandonano il loro mestiere.
Questo primo Genere non è accettato. Essi sono giudicati turpi in quanto l’assetto naturale del corpo.
La trasformazione del corpo tipica degli Intrattenitori che si esibiscono in Spettacoli acrobatici (ES: Acrobati)
e in Travestimenti di vario Genere è fortemente sanzionata. È considerato un Peccato contro natura in
quanto l’uomo è stato creato da Dio a sua immagine e somiglianza.
Il principio è che tutto ciò che appartiene al Creato è stata creata da Dio con delle finalità precise e
specifiche.
L’Uomo stravolgendo le proprie sembianze, compie una grave offesa nei confronti di Dio, perché l’Uomo,
che fa parte del Creato come tutti gli animali e le altre creazioni, ha un rapporto speciale con Dio, perché
egli lo ha messo al vertice di una gerarchia, gli ha affidato tutte le creature del mondo.
L’Uomo, nella sua posizione, ha dei grandi privilegi ma anche delle grandi responsabilità.
Quindi l’Uomo, in virtù del fatto che è stato creato a immagine e somiglianza di Dio, nel momento in cui
distorce il proprio corpo, che è sempre una creazione di Dio – infatti nessuno è possessore del proprio
corpo e non ne può fare ciò che vuole – esce dal perimetro di ciò che può fare o non fare (ognuno ha il
proprio perimetro, la propria Funzione stabilita da Dio).
Vi sono poi altri che non lavorano e vivono in maniera criminosa, sono senza domicilio e seguono le Corti dei
signori, e con spirito calunniatore sparlano degli assenti per piacere agli altri. Anche questi sono da
condannarsi, […] sono detti Buffoni erranti, poiché a nulla sono utili se non alla crapula e alla maldicenza.
Una delle accuse è quella di essere Girovaghi, senza domicilio. Essi non hanno fissa dimora e quindi
sfuggono al controllo sociale e dalle proprie responsabilità e questo è un problema.
Nemmeno il Pellegrino ha fissa dimora, ma a lui viene riconosciuto uno scopo: egli ha una meta che a volte
è materiale, altre volte è un percorso anche solo spirituale; quindi, rientra in una zona che la Chiesa gli
riconosce, cioè gli riconosce un’utilità in questo suo scopo spirituale.
Viceversa, i Giullari viaggiano solo per vendere le proprie esibizioni, perciò, sono da condannare.
La vita girovaga non li accomuna ai Pellegrini, bensì ai Delinquenti che vivono ai margini della Comunità
sociale.
A volta i Giullari vengono paragonati ai Mendicanti, ma non sempre, perché a essi la Chiesa riconosce la
Funzione di permettere ai ricchi, attraverso l’elemosina, di riscattare i propri peccati.
Quello della vendita delle indulgenze sarà un fenomeno molto diffuso e sarà anche uno dei punti cardine
per l’uscita dalla Chiesa cattolica di Martin Lutero.
La Chiesa, nel XIII secolo, per un periodo lungo, riconosce una Funzione ai Mendicanti e non ai Giullari,
perché il Mendicante che chiede, senza offrire nulla in cambio, ha la Funzione di permettere il riscatto dei
peccati attraverso l’elemosina.
I Giullari non producono né beni spirituali né materiali, non sono dei veri lavoratori.
L’accusa di essere vani, inutili, si fonda sulla considerazione che le loro parole, azioni, gesti non sono
finalizzati a nulla di utile; anzi sono spesso dannose.
I Giullari Affabulatori sono i Peccatori di Vanità per antonomasia, specializzati nella Maldicenza, vengono
descritti come adulatori il suo scopo è spillare denaro e ottengono con la maldicenza quello che non
riescono a ottenere con la virtù.
Oltre a parlare di cose di scarso contenuto, che distolgono gli uomini da altre occupazioni e mestieri, essi
sono considerati degli Opportunisti, che mirano solo al guadagno, senza osservare alcun codice morale.
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Sulla questione dell’inutilità e del danno che portano i Giullari con i loro discorsi di maldicenza c’è da fare
una considerazione.
La Vanità si lega con il carattere girovago del Giullare  In virtù del fatto di essere Girovaghi, questi
Intrattenitori hanno una possibilità che non molti avevano in quel periodo storico, cioè quello di viaggiare,
di conoscere luoghi e persone diverse.
I Giullari, con un po’ di Romanticismo, vengono descritti come i Giornalisti del Medioevo. Perché, al di là di
condire le loro notizie con la Maldicenza e di fare degli Spettacoli delle occasioni di derisione, possono
portare informazioni da un luogo all’altro. Tanto è vero che gli Attori, all’epoca e anche successivamente,
potranno essere datori di notizie, di messaggi; avranno spesso una Funzione diplomatica. Nel tempo
saranno mandati dai loro Mecenati presso altre Corti, anche per spiare.
Questo sono elementi che fanno parte della vita di persone che hanno il privilegio di muoversi e di poter
comunicare: essi non sono i protagonisti del messaggio, ma lo strumento, il mezzo di comunicazione.
Riguardo allo sparlare degli assenti per piacere agli altri, si sparla degli assenti anche su commissione,
trattandosi di persone che non parlano per sé stesse. Quindi può essere anche lo stesso Signore, nella cui
casa l’intrattenitore si è recato, a suggerire all’Intrattenitore di parlare di questo e quello durante lo
Spettacolo.
L’Intrattenitore sa che fa piacere ai presenti se il contenuto dello Spettacolo, specialmente quando contiene
maldicenze, parla male di qualcosa, che egli sa essere malvisto dai presenti per conquistarsi le simpatie e le
risate.
Vi è poi un terzo Genere di istrioni, dotato di strumenti musicali per dilettare gli uomini, […] questi sono di
due specie.
- Alcuni […] frequentano le taverne e le Compagnie disoneste, [dove eseguono] canti per muovere gli uomini
alla lascivia, e questi sono condannabili come gli altri.
- Ma vi sono alcuni, che si chiamano Giullari, che cantano le canzoni di gesta e le vite dei santi, e portano
sollievo agli uomini sia quando sono malati sia quando sono in difficoltà, […] questi ultimi si possono
tollerare.»
cit. Thomas di Cobham, Summa confessorum (1315-1317), 6, 4, 2a. (trad. di L. Allegri, in Teatro e
Spettacolo nel Medioevo, Roma-Bari, Laterza, 1988, pp. 99-100).
Si riconosce nella tecnica, nel fatto cioè che suonano strumenti musicali, ma soprattutto nei contenuti,
finalizzati a dare sollievo a chi è in difficoltà, che hanno una professionalità più alta.
Vediamo come in realtà gli spazi aperti a un riscatto per questi Intrattenitori siano per lungo tempo molto
esigui.
Nei secoli, da parte del Clero, sono ricorrenti gli ammonimenti rivolti anche a Chierici, Monaci e Predicatori,
affinché non indulgano in comportamenti poco consoni alla Religione. Questi ammonimenti indicano che
tali comportamenti e tale gusto per lo Spettacolo erano andati diffondendosi (ma non erano mai venuti
meno) anche nel Contesto delle Celebrazioni liturgiche e soprattutto nelle Predicazioni.
Questo gusto dello Spettacolo si diffonde troppo secondo le Gerarchie ecclesiastiche e in una certa misura
si diffonde anche con il loro consenso.
Si era compreso quale potere di persuasione e di attrazione avessero le parole dei Predicatori se veicolate
attraverso opportune TECNICHE SPETTACOLARI. Non è un interesse che si rivolge al Teatro come istituzione,
ma alle Tecniche spettacolari: sono queste che interessano e che saranno impiegate come mezzi di
comunicazione finalizzati all’educazione religiosa dei Fedeli.
Già nel XII secolo, Francesco d’Assisi si definisce Giullare di Dio.
È soprattutto nel XIII secolo che c’è stata un’accentuazione della Spettacolarizzazione nelle Predicazioni.
ES: Il Predicatore francescano Tommasuccio da Foligno pare fosse dotato di abilità di Saltimbanco, che
utilizzava per attirare il Pubblico di Fedeli.
Nonostante queste aperture, le condanne formulate dagli Scrittori cristiani resteranno a lungo radicati nella
Cultura medievale.

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N.B. Sarà la Chiesa cristiana che aveva condannato così duramente il Teatro durante l’ultima fase
dell’Impero Romano a diventare protagonista anche di una rinascita del Teatro.
A partire dal IV secolo, quando il Cristianesimo viene proclamato Religione di Stato, la Liturgia si
configurava come solenne Spettacolo. È insito nel Rito un carattere spettacolare.
Dal Rito della Messa prende forma un primo nucleo drammatico da cui si sviluppa poi il Teatro religioso
medievale, che inizia nell’ambito della Liturgia, nelle scuole dei Monasteri e delle Cattedrali.
Nel X secolo, all’interno della Liturgia della Settimana Santa, cominciò a essere introdotta una forma
dialogata nelle Antifone – si trattava di versi cantati da due Cori alternati prima dell’esecuzione del Salmo.
Secondo un orientamento storiografico condiviso dalla maggioranza degli studiosi, il primo Nucleo
Paraliturgico da cui si sarebbe sviluppato poi il Teatro religioso di epoca medievale, sarebbe scaturito dalla
drammatizzazione di un elemento presente nella Messa e nell’ufficio delle Ore denominato TROPO.
DEF. TROPO (da Treccani): Composizione risultante dall’applicazione di parole al vocalizzo di un Canto
liturgico o anche dall’interpolazione, in Canti liturgici, di nuovi Testi con propria melodia (uso risalente ai
secoli IX-X).
Il Tropo era un canto corale che serviva da ornamento o da introduzione alle diverse fasi della Liturgia della
Messa o a vari momenti di Preghiera comunitaria nelle varie ore del giorno.
Si aggiungono al vocalizzo del Canto liturgico a volte anche dei nuovi Testi, che hanno una propria melodia:
sono delle aggiunte, decorazioni che si inseriscono in vari momenti della Liturgia, nella Messa e anche
nell’esecuzione di altre Funzioni eseguite nei Monasteri che scandiscono i vari momenti della giornata.
Il primo esempio di Tropo, che da Canto corale unitario in forma narrativa sarebbe diventato Canto
dialogico, sempre interamente cantato, è quello del Quem Quaeritis (Trad. Chi cercate?).
Esso era presente nella Messa del mattino di Pasqua e avrebbe dato origine, nel corso del secolo X, a una
breve rappresentazione denominata Visitatio Sepulchri.
Il Quem Quaeritis è il Tropo, che è già una estensione del Rito, ma è eseguito ancora in forma corale,
narrativa. Esso diventa una Forma drammatizzata nel corso del secolo X, dando luogo a una breve
rappresentazione denominata Visitatio Sepulchri, cioè la visita al Sepolcro in cui si rievoca l’episodio
evangelico delle tre Marie, che vanno alla tomba di Gesù per completare le operazioni di sepoltura
(Funzioni che venivano normalmente effettuate sul corpo dei defunti) e la trovano vuota. Lì appare un
Angelo che si rivolge a loro dicendo:
ANGELO: Chi cercate nel sepolcro, o Cristiane?
MARIE: Gesù nazareno che è stato crocifisso, o creatura celeste.
ANGELO: Non è qui: è risorto, come aveva predetto. Andate e annunciate che è risorto dal sepolcro.
La più antica Descrizione di questa Cerimonia è contenuta in un Testo inglese della metà del X secolo di un
Abate benedettino di Winchester, dove si trovano delle precise disposizioni per la sua corretta esecuzione:
vi sono descritte le azioni e le parole dei Personaggi e il luogo dove si svolge questa piccola
Rappresentazione: di solito sull’Altare o nella zona limitrofa.
Questa è una Descrizione interessante che contiene delle note che possiamo assimilare alle Note di Regia.
ES: La visita delle tre Marie al Sepolcro. Francia, sec. IX-X. – Rilegatura di un evangelario. Altorilievo in
avorio (particolare). Parigi, Bibliothèque Nationale de France.
Questa è una delle tante raffigurazioni dell’episodio: c’è a sinistra l’Angelo e a destra ogni Maria reca con sé
un contenitore di Incenso o di una mistura fatta con la Mirra (per cospargere il corpo dei defunti).
Le Marie hanno un aspetto abbastanza mascolino: è un’interpretazione dell’immagine un po’ eccessiva, ma
bisogna ricordare che queste celebrazioni venivano realizzate dai Monaci, dai Sacerdoti. Non c’è la
necessità di raffigurare in modo realistico le figure femminili.

«[…] un Frate indossa una tunica bianca e si avvicina furtivamente all’Altare-Sepolcro dove si siede
stringendo tra le mani una palma. Tre altri Frati vestiti con la cappa, portando dei turiboli, si dirigono
lentamente verso il Sepolcro. Il Monaco che stringe la palma rappresenta l’Angelo e canta: «Quem
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Quaeritis in sepulchro, O Christicolae?».
Allora i tre Monaci che vestono i panni delle Marie rispondono «Jhesum Nazarenum…»; l’Angelo replica con
l’annuncio della Resurrezione e ordina alle donne di diffondere la buona novella. Le tre donne si girano
allora verso il Coro [luogo fisico della Chiesa] dicendo: «Alleluia resurrexit Dominus». Poi l’Angelo le
richiama: «Venite et videte locum»; si alza e, sollevando il velo [un velo che copre parte dell’Altare]
(et erigat velum), mostra loro il Sepolcro vuoto della Croce ove si trova ancora il sudario. Le tre donne
depongono i loro incensieri nel Sepolcro, prendono il sudario e lo stendono di fronte al Clero, prima di
deporlo sull’Altare».
cit. Descrizione della Cerimonia del Quem Quaeritis, nel Regularis Concordia di Saint Aethelwold, Vescovo
benedettino di Winchester (963-984).

Il luogo davanti al quale si svolge la parte fondamentale della rappresentazione viene definito Altare-
Sepolcro: si tratta dell’Altare che in questa specifica situazione assume la Funzione e il valore di Sepolcro,
senza particolari camuffamenti.
Anche negli Spettacoli di carattere religioso dei secoli successivi si useranno sempre dei luoghi che avranno
solo un valore simbolico, senza essere necessariamente realizzati esclusivamente per fungere da accessorio
scenico nelle varie occasioni.
Si compie una Cerimonia che comprende una serie di movimenti e di azioni. Non si tratta solo di recitare le
battute, ma di dare forma a un’Azione scenica, intesa in senso ampio.
La Cerimonia si conclude con l’inno di ringraziamento accompagnato dal suono delle campane.
Per questo Spettacolo pasquale, venivano utilizzate anche delle Edicole costruite appositamente all’interno
delle Chiese pensando al Santo Sepolcro di Gerusalemme.
ES: Edicola del Santo Sepolcro della Basilica di Aquileia, Italia (Aquileia), sec. XI.
Il Santo Sepolcro è costruito in un modo che si attiene abbastanza alle descrizioni e ad altre raffigurazioni
che in quel periodo si fanno del Santo Sepolcro.
N.B. Non si può parlare ancora di Spettacolarità in senso proprio, ma piuttosto di una Cerimonia religiosa
drammatizzata, dove coloro che vi agiscono come Officianti, Attori e coloro che vi partecipano come fedeli
Spettatori appartengono alla stessa Comunità dei Monaci. I Monaci danno vita a questa azione all’interno
delle Chiese e dei Monasteri per Monaci  C’è identità di appartenenza di chi agisce e di chi assiste.
È un ambito ancora chiuso quello in cui si comincia dare vita a queste forme.
Sono quindi Forme Drammatiche Religiose che realizzano una comunicazione di carattere elitario, tutta
interna al Clero, eseguite negli spazi e nei tempi liturgici, con azioni simbolizzate e con riferimenti ideologici
e letterarie in una lingua, ovvero il Latino, conosciuta solo dalle Classi Culturalmente elevate.
Abbastanza presto, il Pubblico destinatario degli Spettacoli si estende alla Comunità dei Fedeli, che possono
così partecipare in modo più consapevole alle Funzioni religiose.
Attraverso l’esemplificazione visiva di alcuni episodi delle Sacre Scritture, la Chiesa trova un modo efficace
di svolgere la sua Funzione Catechetica, la quale si realizza rendendo comprensibile la Liturgia e la Storia
sacra anche a un Pubblico di Fedeli semi analfabeti.
Non a caso, al contempo dello sviluppo delle Cerimonie drammatizzate, si diffondono anche le decorazioni
e i ricchi affreschi all’interno delle Chiese e i dipinti di carattere religioso
Il Binomio tra Arte Figurativa e Spettacolo sarà fondamentale per la Ricostruzione di molti Spettacoli sacri di
cui ci sono pervenute notizie.
N.B. Nel XIV secolo, i Laici cominciano a diventare protagonisti del Teatro religioso. Esso ha origine
dall’affermazione della nuova Classe mercantile. Mercanti o Artigiani, i cittadini si organizzano in
Associazioni con finalità religiose e assistenziali come le Confraternite, o in Associazioni di carattere
professionale come le Corporazioni di Arti e Mestieri.
Gli Ordini monastici dei Mendicanti, che vivono nel mondo, e che si stabiliscono nelle città, diventano le
Guide spirituali di queste Associazioni, le quali quasi mai hanno un bagaglio Culturale sufficiente per poter
creare questi Spettacoli. Gli Spettacoli dovevano essere esatti e controllati dal punto di vista del contenuto.

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Gli Ordini monastici dei Mendicanti che dispongono invece di queste conoscenze, affiancano nella
realizzazione degli Spettacoli queste Associazioni
I Laici iniziano a promuovere l’uso delle varie Lingue volgari presenti nei vari territori europei, rendendo di
facile comprensibilità Canti, Preghiere, Storie e Sermoni.
L’impiego delle Lingue volgari sarà una componente forte soprattutto nei Paesi dove poi avrà luogo la
Riforma Protestante, che useranno anche nelle Liturgie, Celebrazioni religiose (Messa) e non solo nelle
drammatizzazioni. Nei Paesi cattolici invece, nelle celebrazioni della Liturgia, persiste la Lingua latina fino
agli anni Sessanta del Novecento.
Questa nuova tipologia di Spettacoli sacri organizzati e agiti da Laici in Lingua volgare ha diffusione europea
assumendo caratteri diversi nelle diverse aree geografiche.
DENOMINAZIONI  In Italia prende forma prima la LAUDA DRAMMATICA e poi la SACRA
RAPPRESENTAZIONE: sono definizioni proprie di alcune forme.
Nel resto di Europa i Drammi religiosi assumono il nome complessivo di MISTERI (MISTERO da Misterium:
CERIMONIA, Termine generico), pur avendo caratteri diversi sotto molti aspetti.
In Inghilterra, abbiamo la denominazione MYRACLE PLAY, MORALITY PLAY (hanno caratteristiche peculiari e
non si legano in modo stretto ai Testi sacri).
In Spagna, dove il Teatro religioso, per motivazioni storiche, avrà uno sviluppo più tardivo al resto d’Europa,
verranno denominati AUTO SACRAMENTAL.
SPAZI  Vengono per lo più impiegati spazi preesistenti, destinati ad altri usi, soprattutto spazi pubblici,
all’aperto: Strade, Piazze, interno delle Chiese (questo riguarda di più le Sacre Rappresentazioni italiane)
Possono essere usati anche spazi privati: Cortili, Sale di Palazzi, Oratori.
Si tratta di spazi temporaneamente adibiti all’uso spettacolare, che vengono decorati per assumere
Funzioni e significati nuovi.
Spesso lo Spettatore si trova immerso in uno Spazio Scenico che non ha un unico punto focale tipo il
Palcoscenico, ma esso è frammentato in una pluralità di Luoghi dove si svolgono le azioni.
ES: Nel caso della Visitatio Sepulchri, lo Spazio Scenico è quello del Sepolcro, anche se i Personaggi si
muovono in uno spazio più ampio.
Lo spazio si moltiplica in tutta una serie di altri Luoghi, davanti o all’interno dei quali si svolgerà una parte
dello Spettacolo.
N.B. Sono LUOGHI FRAMMENTATI perché frammentata nel tempo e nello spazio è anche la Storia, pur
seguendo un filo logico.
Qui siamo in una dimensione diversa da quella delle Regole Aristoteliche. Non esistono le tre Unità:
esistono tanti Luoghi e Tempi diversi.
Questi Luoghi diversi sono chiamati LUOGHI DEPUTATI, Luoghi destinati all’Azione scenica.
ES: L’Altare-Sepolcro diventa un Luogo deputato all’Azione scenica.
I Luoghi Deputati sono chiamati anche:
- MANSIONES: da Mansio  in Età imperiale, definiva una stazione di posta collocata lungo un
percorso extraurbano; un Luogo dove fermarsi.
- STAZIONI  Specialmente le Stazioni della Via Crucis: è un Percorso che dà luogo a una Funzione
religiosa e quindi a una Drammatizzazione che si svolge il Venerdì Santo (il Cammino di Cristo verso
la Crocifissione).
- CASE
Cosa sono materialmente questi Luoghi?  Sono delle piccole strutture realizzate con materiali leggeri, a
forma di Edicola, come delle specie di Chioschi o delle Tribunette in legno, al cui interno vengono
rappresentati episodi di carattere religioso oppure inserti profani eseguiti da Giullari, Attori Dilettanti, che
transitando da un luogo all’altro, davano vita a una serie di Quadri spettacolari.
Questo Spettacolo passando ai Laici tira dentro anche gli unici Intrattenitori Professionisti disponibili cioè i
Giullari, quindi, potevano anche essere assoldati per alcuni inserti comici.
I Luoghi Deputati e gli Attori erano a contatto col Pubblico.
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N.B. Chi realizzava le azioni e i relativi accessori scenici avevano generalmente una disposizione e un
andamento antinaturalistico e noi non riusciremmo a seguire con facilità il significato dei vari spostamenti
che fanno gli Attori nei vari Luoghi.
Le Stazioni della Via Crucis sono un’eccezione perché esse hanno un andamento lineare.

IMMAGINE  In tutte le Chiese, lungo i lati lunghi delle Navate si possono trovare delle piccole Croci o dei
Quadri che raffigurano ognuno una Stazione della Via Crucis  Vi sono una serie di episodi che si
sviluppano secondo un andamento cronologico lineare, che vengono simboleggiati da questi Quadri e
davanti ai quali si fermerà, come Stazioni di Posta, l’Officiante della Cerimonia della Via Crucis.
Concettualmente anche la Via Crucis è equiparabile a un Mistero, che ha come soggetto ciò che accade il
Venerdì Santo, dalla condanna a morte alla sepoltura.
Gli Spettatori, rispetto alle Stazioni della Via Crucis, vedevano simultaneamente spazi diversi e lontani tra
loro ovvero vedevano tutti i Luoghi che in quella Drammatizzazione erano usati per il racconto, secondo una
TECNICA anche narrativa detta PARATATTICA, fondata sulla Simultaneità  Tutti i Luoghi si trovano
contemporaneamente nello spazio che li contiene.
Questa Tecnica presenta delle similarità alla Tecnica narrativa usata in Pittura fino al XV secolo.
ES: Prove di Mosè, Sandro Botticelli  Il Dipinto rappresenta le prove a cui Dio sottopose Mosè (Storia
sacra). È un soggetto che si presta bene alla raffigurazione secondo questa Tecnica. Vi sono sette figure di
Mosè (riconoscibile dalla tunica marrone e dalla camicia gialla).
I semianalfabeti che osservavano questi dipinti erano in grado di leggerli, avendo una conoscenza della
storia a grandi linee, ma avevano una capacità di lettura che noi non abbiamo, perché è una Tecnica che
nelle Arti Figurative poi cade, come cade la Tecnica Paratattica di messa in Scena simultanea nel Teatro.
La Tecnica Paratattica è legata, nel suo sviluppo, al Teatro di carattere religioso, ma tuttavia costituirà una
tradizione che avrà una persistenza anche nel Teatro drammatico profano, ad esempio, nella Drammaturgia
Elisabettiana e non solo nell’ambito inglese.
La composizione della Drammaturgia, per qualche tempo, sarà Testimone di una persistenza del Sistema
Paratattico, presentando nella Scrittura drammatica, e quindi anche negli Spettacoli, una molteplicità di
Trame e di Luoghi dove avvengono i vari eventi, che è in contrasto opposto alle Regole Aristoteliche che
invece contrassegneranno la rinascita anche della Scrittura drammatica alla fine del Quattrocento.
N.B. Il Teatro Moderno – e quindi recupero del Teatro Antico – si opporrà al concetto di Teatro Medievale,
ma ad un fenomeno non succederà immediatamente un altro  Si troverà una Scrittura drammatica dove
ci saranno le persistenze di questo Sistema di costruzione degli Spettacoli e delle Trame, dove troviamo
anche rappresentato l’intero Mondo.
TEMA  L’intero Mondo è spesso il contenuto degli Spettacoli sacri, come vediamo in molti Spettacoli di
epoca medievale, testimoniati in modo vario. Si tratta di Documenti e Testimonianze di epica tarda.
ES: The Castle of Perseverance, Inghilterra, 1429 ca. – Miniatura. Washington D.C., Folger Shakespeare
Library.
ES: John Wesley Harris, Ipotesi ricostruttiva dello Spazio (round) e dei Luoghi Deputati (scaffolds) per la
rappresentazione di The Castle of Perseverance, 1992.
ES: The Castle of Perseverance, Ipotesi ricostruttiva della disposizione del Pubblico.
Abbiamo da un lato un Disegno del XV secolo, ovvero il Progetto di Spettacolo  Presenta uno Spazio/una
sorta di Arena circolare, con degli appunti scritti sulla pagina stessa che danno un’indicazione precisa di
dove collocare i Luoghi Deputati. C’è anche un Testo che ci è giunto.
Dall’altro lato, vediamo un’ipotesi ricostruttiva  Una serie di piccoli Palchi con delle piccole Edicole lungo
il perimetro e centralmente il Luogo che era la Casa del Protagonista.
La Storia narra di un Personaggio multiplo: si chiama Mankind (Umanità, Genere umano), il quale vive in
una specie di Torretta, dove all’interno c’è un piccolo letto. Tutto ruota intorno al Protagonista.

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I Luoghi Deputati hanno un doppio livello: il piano terreno e la parte superiore  Piccole costruzioni,
Edicole praticati che possono essere usate in vari momenti, in vari modi diversi.
N.B. Non c’è un modello univoco per questi Spettacoli  Vengono usati Spazi diversi e speso gli stessi
Spettacoli potevano essere tenuti, con gli stessi contenuti, in Spazi diversi. Si tratta di Spettacoli che
necessitano di Luoghi messi in un certo rapporto tra loro a seconda della storia che si costruisce, ma non
hanno particolari vincoli dal punto di vista dello Spazio nel quale vengono realizzati.
In Inghilterra, vi sono delle Arene preesistenti che troveremo anche dopo nel tempo, usate anche per i
combattimenti per gli animali.
ES: Jean Fouquet, Martirio di Sant'Apollonia, in Livre d'Heures d'Étienne Chevalier, Francia, 1450 ca. –
Miniatura. Chantilly, Musée Condé.
In questo caso possiamo solo immaginare che ci troviamo in uno Spazio circolare, perché viene
rappresentata solo una porzione dello spazio.
Vi è una struttura a due piani di legno, sulla quale si collocano gli Spettatori e nella quale si inseriscono
anche i Luoghi Deputati.
A destra, intravediamo le fauci di un orso e delle figure travestite da Diavoli che stazionano nei pressi:
quello è l’Inferno. Nel lato opposto, vediamo degli Angeli con le ali seduti, che raffigurano il Paradiso.
Nei Misteri francesi, a prescindere dalla storia rappresentata, i Luoghi del Paradiso e dell’Inferno sono
sempre presenti  Sono due poli opposti, collocati lungo l’asse Est-Ovest che, anche se potevano non dare
luogo a delle azioni precise, costituivano lo spazio che comprendeva in sé tutte vicende divine e umane del
Bene e del Male, quindi il Contesto generale che comprende tutto ciò che l’essere umano realizza sulla
Terra (il Mondo intero).
Dobbiamo immaginar dalle parti visibili che ci si trovi in uno Spazio circolare. Possiamo pensare che ciò che
vediamo in primo piano, su un Palco, fosse collocato centralmente: è l’azione principale ovvero il Martirio
di Sant’Apollonia (le Storie di Martiri sono numerose, collocate nei primi secoli d.C., quando la persecuzione
dei Cristiani dava luogo al loro Martirio).
Possiamo pensare che la Martire Protagonista della vicenda sia stata precedentemente Protagonista di altri
episodi, che avvenivano in prossimità di altri Luoghi Deputati – ad esempio, in quello che vediamo sullo
Sfondo, più sviluppato in altezza, che presenta un trono vuoto con accanto una scaletta (da quel trono si
saliva e si scendeva). Quello è lo spazio che in altri momenti della rappresentazione è stato occupato dal
Re/Autorità del luogo.
Il Re è colui che ha stabilito la pena del Martirio e che si trova in quel momento della vicenda vicino alla
Martire. Il suo sembra un tentativo dell’ultimo momento di far negare la Religione cristiana alla Martire,
che però persiste e viene uccisa.
Il Personaggio a destra del Re, vestito col manto blu e un cappello e con in mano un libro e una bacchetta, è
una figura che troviamo spesso in altri Documenti  Si tratta del maestro du jeu (Maestro dei giochi)
ovvero è un Direttore dello Spettacolo. È una figura di collegamento, che in questa situazione dà delle
indicazioni sui movimenti, leggendo sul Testo che ha in mano, a tutti i vari Personaggi che partecipano allo
Spettacolo. Anche la lettura dei brani era parte integrante dello Spettacolo.
C’è inoltre una figura controversa in primo piano, a sinistra: un Personaggio che si sta grattando il sedere 
L’interpretazione è aperta: molti ci vedono un Giullare; egli compie un gesto irriverente, ma il significato
che ha rispetto allo Spettacolo immaginato (non abbiamo un riscontro che esso abbia avuto realmente
luogo in questo spazio) non lo sappiamo, se faceva parte di una reazione alla situazione o meno.
ES: Mistero della passione, Germania (Donaueschingen o Villingen), sec. XV-XVI. – Disegno.
Donaueschingen, Fürstenbergischen Hofbibliothek.
ES: Legenda di decifrazione di cosa è scritto nel foglio, per identificare i Luoghi Deputati.
Questo è il Mistero della Passione che si svolge in una città della Germania, all’interno di una Piazza che non
aveva queste proporzioni esatte, ma il Disegno è solo un foglio di lavoro che serve a dare delle indicazioni di

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massima su dove collocare i diversi elementi (vi troviamo i Luoghi con indicato il significato accanto).
Si estende in realtà la Storia a tutto il periodo della Passione (periodo più ampio).
ES: Franz Von Reiner, Ferry Windberger, Ricostruzione della Scena del Mistero della Passione di
Donaueschingen o Villingen, Austria, 1936. – Tecnica mista. Vienna, Theater Museum.
Questa Ricostruzione dello stesso Spettacolo mostra come il Disegno da cui decifriamo lo Spettacolo è
molto approssimativo e che quei Luoghi potevano presentarsi nell’effettiva Piazza ipotizzata in modo molto
più disordinato.
ES: Renwart Cysat, Mistero della Passione nella Piazza del Weinmarkt di Lucerna (prima giornata), Svizzera
(Lucerna), 1583. – Disegno. Lucerna, Bürgerbibliothek.
È un Disegno molto particolareggiato, che illustra tutto nei minimi dettagli.

ES: Disposizione del luogo della rappresentazione del Mistero della Passione nella Piazza del Weinmarkt di
Lucerna (1° giorno), (Richard e Helen Leacroft, Theatre and Playhouse, London and New York, 1984, fig. 71).

La Ricostruzione assonometrica dà l’idea di dove il Pubblico potesse accomodarsi.


In questa organizzazione spaziale, in una densità tale di luoghi Deputati, il Pubblico non poteva camminare
nel mezzo, come abbiamo visto anche nell’ipotesi dello Spettacolo inglese. Il Pubblico ha spazi dedicati e
non può invadere altri spazi.
Questi Spettacoli in quel periodo già convivono, si intrecciano e influenzano in qualche modo un Teatro
profano.
Queste Forme Spettacolari che sono tipicamente medievali entrano anche nel primo Rinascimento per
quanto riguarda l’Italia.
N.B. Questi Spettacoli possono essere anche molto lunghi e si sviluppano nel periodo della Quaresima, della
Passione in più giornate, perché il divieto di fare Spettacoli durante la Quaresima riguarda solo gli Spettacoli
profani.
ES: Hubert Cailleau, Passione di Valenciennes (1547), in Mystère de la Passion, Francia (Valenciennes). –
Miniatura, 1577. Parigi, Bibliothèque Nationale de France.
Di questo Spettacolo si conosce il Testo che consisteva di circa 50 mila versi. In quel periodo, c’era già una
Letteratura che era stata elaborata nel corso di altri Spettacoli analoghi, quindi, questo Testo viene
realizzato attraverso un assemblaggio di precedenti Testi diversi.
Esso fu messo in Scena e si svolse nel corso di venticinque giornate, di durata variabile: ci fu perciò un
grande impegno organizzativo, che implicò il coinvolgimento di tutta la Comunità.
In questo Spettacolo troviamo 169 Personaggi e 63 Attori reclutati tra cittadini di ceto medio-alto che
dovevano avere abilità nella lettura/recitazione di questi Testi. Vennero reclutati anche degli Attori
Professionisti (Giullari).
Questa Miniatura è la più famosa di una serie di Miniature. C’è un Codice di numerose Minutare che
illustrano momenti diversi dal punto di vista dello Spettacolo, secondo una Tecnica figurativa più realistica
rispetto a quella che vediamo in questa Miniatura.
Essa raffigura solo una parte dei Luoghi Deputati dandoci una indicazione della loro disposizione  Essa fa
immaginare una DISPOSIZIONE, anche rispetto al Pubblico che assisteva allo Spettacolo, ancora
PARATATTICA, perché i Luoghi sono compresenti, ma collocata su un Palcoscenico, in un rapporto frontale
anche se molto profondo, rispetto al Pubblico  Questa rappresentazione è coerente e giustificata dal
periodo in cui ci si trova (metà del 1500).
N.B. In quell’epoca, in Italia, di Palcoscenico e di Teatro ricostruito sull’impronta del Teatro Antico, e quindi
con una disposizione di Pubblico frontale rispetto al Palcoscenico, era già una realtà realizzata e diffusa,
anche al di fuori dell’Italia. Di questa realtà anche in Francia si tiene conto.

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Le ipotesi possono essere però anche diverse.
ES: Ipotesi ricostruttiva della disposizione della Scena della Passione di Valenciennes, in Richard e Helen
Leacroft, Theatre and Playhouse, cit., fig. 69.
In questa Ricostruzione, il Palcoscenico è molto profondo con i Luoghi Deputati disposti a due livelli diversi
di profondità.
ES: Luca Ruzza, Ipotesi ricostruttiva della disposizione della Scena della Passione di Valenciennes, in Fabrizio
Cruciani, Lo spazio del Teatro, Roma-Bari, 1992.
C’è chi ipotizza che questa Miniatura debba essere letta in un modo meno stringente, come una sintesi di
molti dei Luoghi fondamentali dello Spettacolo, che però nella realtà spettacolare potevano invece disporsi
in un modo che abbiamo visto più spesso essere la caratteristica degli Spettacoli di questo Genere ovvero in
uno Spazio aperto, preesistente come una Piazza.
ES: Hubert Cailleau, Mystère de la Passion (1547), Francia (Valenciennes). – Miniatura, 1577. Parigi,
Bibliothèque Nationale de France.
Alcune delle Miniature che decorano il Codice e illustrano altri momenti.
Vediamo la rappresentazione dei vari episodi che si susseguono, secondo quel Sistema narrativo visto nel
dipinto di Botticelli  Vi sono descritti sei momenti.
N.B. C’è un contrasto/differenza tra la Tecnica di rappresentazione dei Luoghi Deputati nella prima
Miniatura (spesso l’unica che gli Storici del Teatro conoscono e che viene pubblicata nei libri) e come viene
rappresentato lo Spazio Scenico nelle altre Miniature.
LEZ. N° 7 – 26.10
Italia  Parliamo del Teatro dell’Umanesimo (Quattrocento) e del Rinascimento (Cinquecento).
Le Forme Drammatiche e Spettacolari che andranno a innestarsi e a sostituire gradualmente la Teatralità
medievale, in Italia e in altri Paesi europei, prenderanno vita dalla Cultura umanistica che, dal XV secolo,
sviluppa l’interesse e lo studio per le Civiltà classiche, greca e romana.
L’espressione Studio Humanitatis è precedente al Quattrocento ma viene usato soprattutto a partire da
questo secolo, per definire lo studio dell’Uomo in una Visione antropocentrica e laica, molto distante da
quella medievale.
«La riflessione teorica sul Teatro nasce [...] dal desiderio di giungere a un recupero ideale del Teatro antico,
e prende quindi le mosse dall’osservazione dei monumenti archeologici e grafici dell’antichità classica, e
insieme dall’analisi e dalla riflessione sui Documenti della Trattatistica antica».
cit. Ferruccio Marotti (Storico del Teatro), Lo Spettacolo dall’Umanesimo al Manierismo, Milano, Feltrinelli,
1974, p. 19.
FONTI utilizzate per queste riflessioni  La riflessione sul Teatro antico in ambito umanistico si fonda sullo
studio e sull’osservazione di:
1. MONUMENTI ARCHEOLOGICI e ICONOGRAFICI: antichi Edifici, Vasi
2. DOCUMENTI LETTERARI: tra essi possiamo distinguere due tipologie:
2.1. Trattatistica: soprattutto La Poetica di Aristotele (IV sec. a.C.) e il De Architectura di Lucio Vitruvio
Pollione (I sec. a.C.);
2.2. Drammaturgia: le Commedie di Plauto, di Terenzio, di Seneca e gli Autori greci – ciò che diventa
disponibile nel corso del tempo; molti Testi erano già noti, trascritti in tutto il Medioevo.
L’interesse per i Testi della Drammaturgia classica e per gli Edifici teatrali nell’antichità si sviluppano in quel
periodo, anche se non nascono in quel periodo.
Non sono solo Testi drammatici a suscitare interesse degli Studiosi, ma anche gli Edifici teatrali e in misura
minore le Pratiche Sceniche dell’antichità, sempre più difficili da ricostruire.
Sul versante della Letteratura Drammatica, tra il XIII e il XIV secolo, cominciano a essere riscoperti Testi
dell’Antichità romana, talvolta utilizzati come modelli sui quali vengono elaborate e scritte Opere originali,
scritte in Latino e non pubblicamente rappresentate.
Seneca viene studiato nel XIII secolo.

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Per Terenzio si assiste a un processo ininterrotto dei suoi Testi (illustrati) nel corso del Medioevo.
Nel 1425, vengono ritrovate alcune Commedie di Plauto, mentre dopo il 1453, con la caduta di
Costantinopoli e la fine dell’Impero Romano d’Oriente, molti Studiosi bizantini in fuga portano con loro vari
Manoscritti di Drammi greci. Poi nel 1465, l’introduzione della Stampa in Italia, porta a una relativa
diffusione dei Testi classici anche in Traduzione – quelli maggiormente conosciuti
Tra il 1472 e il 1518, ci sarà un’Attività intensa di pubblicazione di tutte le opere fino ad allora riscoperte.
Gli Studiosi concentrano il loro interesse sul Trattato di Architettura di Vitruvio di epoca romana: è l’unico
che riguarda l’Architettura che ci sia pervenuto  Il De Architectura si diffonde grazie alla prima edizione a
Stampa nel 1486 e tra il Quattrocento e il Cinquecento, viene tradotto in Volgare e interpretato da molti
esegeti.
Di particolare rilievo il Commento, la Traduzione di Leon Battista Alberti: De re aedificatoria, Firenze, 1485
[ma: 1443-1452] e quello di Pellegrino Prisciano: Spectacula, ms (dei primi anni del 1500). Quest’ultimo è
meno noto ma è importante sul versante della Pratica teatrale.

Alberti, nel suo Commento, suggerisce la possibilità di realizzare spazi per gli Spettacoli, dando indicazioni
precise sullo Sfondo scenografico, sull’assetto della Scena, ma non metterà mai in pratica ciò che ipotizza.
Egli va anche oltre l’analisi e le interpretazioni del Testo antico di Vitruvio.
Così fa anche Prisciano che, accogliendo gli input di Alberti, va oltre, perché realizza quelli che di fatto sono
i primi Spettacoli ispirati al modello del Teatro antico.
MAPPA dell’assetto geo-politico dell’Italia centro-settentrionale nella seconda metà del XV secolo.
Le prime sperimentazioni teatrali si svolgono in due diverse tipologie di luoghi/centri: Le CORTI e le
ACCADEMIE.
I luoghi precisi nei quali verranno organizzati questi primi esperimenti sono la città di Ferrara e la città di
Roma, le quali rappresentano rispettivamente l’ambito, la tipologia di luogo, della Corte e dell’Accademia.
La Corte degli Estensi di Ferrara ospiterà i primi Spettacoli, dando vita a un’Attività anche molto intensa.
Questi Spettacoli iniziano subito con una certa frequenza. Gli ultimi quindici anni del Quattrocento vedono
a Ferrara un’Attività così intensa da essere definita come i Festival ferraresi  Per ogni stagione, ne
vengono allestiti cinque/sei di questi Festival Classici ferraresi.
Roma è il modello e anche la prima città dove il Contesto/ambito delle Accademie ospita Spettacoli ispirati
al Teatro Antico.
Queste due tipologie persisteranno e continueranno nel Cinquecento e successivamente, anche in altre
città, a produrre Spettacoli.
Poi si aggiungeranno altri contesti spettacolari, oltre alle Corti e alle Accademie, sia Professionisti che
realizzati da Dilettanti che realizzeranno Spettacoli nel corso del Cinquecento e oltre.
FERRARA
È Pellegrino Prisciano, Archivista, Bibliotecario, Diplomatico, Storiografo e Astrologo presso la Corte degli
Estensi a Ferrara, e Autore del Trattato in volgare sopracitato a farsi carico di realizzare questi Spettacoli.
Per fare ciò, egli non studia solo gli Edifici per lo Spettacolo dell’antichità, ma anche degli spazi delle città
contemporanee, come Porticati e Piazze: Spazi all’aperto come gli Spazi usati per gli Spettacoli religiosi.
Non si limita a pensare a come organizzare gli Spettacoli, collocandoli in Spazi simili a quelli dell’antichità,
ma prende in considerazione di utilizzare SPAZI APERTI. Saranno questi spazi a ospitare per primi questi
Spettacoli.
Dalla Classicità, si devono trarre Informazioni anche sui Generi drammaturgici  A questo riguardo si fa
riferimento a Vitruvio, che oltre a parlare dei Teatri dell’antichità, parla dei Generi drammatici.
Riprendendo anche questo argomento, Prisciano scrive:
«Delle tre forme di Scena.
[…] nel Teatro si praticano [si dovrebbero praticare] tre Generi: la Tragedia, dove si rappresentano i dolori
dei potenti, la Commedia, dove si rappresentano le preoccupazioni, gli affanni e le fatiche dei padri di
famiglia, la Satira dove si cantano e si rappresentano dolcezze e piacevolezze dei luoghi agresti, gli amori e
innamoramenti dei pastori; per questo motivo (ossia, per le differenze di Generi e Temi) le decorazioni di

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ognuno di essi dovranno differenziarsi.
Per il Genere tragico saranno necessarie decorazioni, Palazzi, Colonne, Insegne e altri apparati regali. Per il
comico Edifici privati e da cittadini, provvisti di Finestre e Usci a somiglianza di Edifici comuni. Per il satirico
bisogna decorarla [la Scena] con alberi, grotte, selve, monti e altri elementi campestri.»
cit. Pellegrino Prisciano, Spectacula, ms. Lat. 466.alfa. X.1.6, Biblioteca Universitaria Estense di Modena.
Egli fissa gli argomenti di pertinenza dei singoli Generi.
Tragedia: il Tema sono i dolori; i Protagonisti appartengono a ceti alti, aristocratici  GENERE ALTO, SERIO
Commedia: i Protagonisti sono quelli della vita quotidiana, cioè le Classi più basse  GENERE BASSO,
LEGGERO, COMICO.
C’è anche una differenziazione del tempo nel quale i Generi sono ambientati: la Tragedia è ambientata nella
antichità, la Commedia nel presente.
Satira: non corrisponde al Dramma Satiresco. Essa, nella pratica drammaturgica, si tradurrà nel Genere
della FAVOLA PASTORALE che corrisponde alla Descrizione che viene data della Satira.
Questo può essere il segno della necessità di avere una tripartizione nei Generi drammaturgici; ma anche il
fatto di non avere Fonti che permettano di ricostruire le caratteristiche del passato Dramma Satiresco.
Questa è una Descrizione più affine a quello che sarà la Favola Pastorale nel corso del Cinquecento, che non
al Dramma Satiresco greco, per quello che ne possiamo sapere.
Avendo anche un’attenzione per la possibilità di realizzare praticamente gli Spettacoli e accogliendo i
suggerimenti e le idee che aveva dato Leon Battista Alberti, egli fornisce delle indicazioni pratiche (intese
anche come elementi praticabili) su quali caratteristiche la Scena deve avere per ospitare in modo corretto
le vicende tragiche, comiche, pastorali.
Le Scene devono essere coerenti con l’argomento trattato nei Testi.
Si descrive per la Tragedia e la Commedia l’Ambientazione che poi sarà comune nel Teatro di nuova
composizione del Cinquecento  Ambientazione cittadina, che sia una città del passato, monumentale,
adatta a ospitare la Tragedia o che sia la città contemporanea.
La Satira è l’unico Genere che non presenta Personaggi e storie che siano collocati nell’ambito cittadino;
anche se poi, verso la metà del Cinquecento, le Scene verranno realizzate tecnicamente allo stesso modo
per tutti e tre i Generi.
TAVOLA (16) del Quattrocento (Umanesimo) e Cinquecento (Rinascimento) in Italia
Prisciano ha un ruolo fondamentale e si fa carico dell’organizzazione degli Spettacoli, patrocinati e finanziati
dal Duca Ercole d’Este, nel periodo compreso tra il 1486 e il 1502 presso la Corte di Ferrara.
N.B. QUESTI SPETTACOLI SEGNANO L’INIZIO DEL TEATRO DRAMMATICO LAICO, in lingua volgare, in Italia.
I primi Testi ad essere messi in Scena furono quelli di Plauto e Terenzio in traduzione italiana.
Il primo Testo ad essere rappresentato nel 1486 fu la Commedia i Menecmi di Plauto nel Cortile di Palazzo
Ducale.
PIANTA del 1605 che mostra i Luoghi che ospitarono a Ferrara gli Spettacoli Classici:
- Cortile di Palazzo Ducale  Ospita i primi Spettacoli del 1486-1487
- Sala Grande a Palazzo Ducale  Ospita gli Spettacoli tra 1491 e il 1503
- Sala delle Udienze a Palazzo della Ragione  Ospita gli Spettacoli nel 1502
Abbiamo una Descrizione da parte di un Testimone, che in un suo diario privato, che va dal 1476 fino al
1504, parla di vari eventi della città.
«fu recitata la Commedia I Menecmi [...] su di un Palco nuovo a forma di città, in legno, con case dipinte […]
cinque case fornite di merli, con una Finestra e un uscio per ciascuna.»
cit. Bernardino Zambotti, Diario ferrarese dall’anno 1476 sino al 1504, a cura di G. Pardi, Bologna, 1934-37.
Commedia di Plauto presenta una Scena/Ambientazione adatta alla Commedia. Essa viene costruita
materialmente, e rappresenta una città, con cinque case.
Questa Descrizione viene variamente interpretata: da un lato, c’è chi ritiene che potesse trattarsi di piccole
Edicole rappresentanti ognuna la casa di un Personaggio, quini rimandando a un’idea spaziale di Teatro
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Sacro medievale (la Scenografia si avvicina alla disposizione, anche se su un Palco lineare, di piccole casette
come per gli Spettacoli religiosi); dall’altro lato, c’è chi pensa che le case della città fossero dipinte
prospetticamente su un Fondale di legno.
Qualsiasi sia l’ipotesi corretta, la novità da sottolineare è la presenza della CITTÀ, proposta come un unicum
circoscritto, come un microcosmo che rappresenta i limiti piccoli o grandi che siano della realtà – laddove
invece gli spazi dei Misteri medievali non avevano limiti: i limiti erano quelli del mondo, che non esistevano
in realtà.
A questo Spettacolo assistono Principi, Ambasciatori ed Eruditi provenienti da tutta Italia, invitati dal Duca.
Fin dal primo Spettacolo, un elemento essenziale è quello di diffondere la fama dello Spettacolo: fama che
verrà sistematicamente vissuta con varie modalità, non solo attraverso inviti, ma anche attraverso la
commissione di relazioni che descrivono per filo e per segno questi avvenimenti, i quali vengono considerati
importanti per affermare il proprio valore anche dal punto di vista Culturale del Principe.
Successivamente Firenze prenderà il posto di Ferrara, diventando la città più importante dal punto di vista
della Politica Culturale, dell’organizzazione e della diffusione delle Attività che si svolgono in città.
In quel periodo, Firenze vive una fase storica che vede al potere Savonarola, quindi tace a livello Culturale.
In questo Cortile di forma rettangolare, che diventerà uno schema più o meno fisso, il Pubblico viene
disposto su dei Gradoni, collocati sui lati lunghi e su un lato corto, mentre l’altro lato corto ospiterà il Palco.
Per questo Spettacolo furono impegnati anche degli Ingegni, delle Macchine: sappiamo che una Nave,
durante la rappresentazione, attraversa nel senso della lunghezza tutto il Cortile.
Quindi, l’azione ha luogo non solo sul Palco, ma anche nel centro della Sala nel senso longitudinale.
«[…] poi giunse una Nave proveniente dalle Cantine e dalle Cucine, attraversò il Cortile con dieci persone
dentro, [era dotata] di remi e vela veri, fino a dove i fratelli si incontrarono.»
cit. Diario ferrarese di autori incerti, a cura di G. Pardi, Bologna, 1927-33, (Rerum Italicarum Scriptores,
tomo XXIV, parte VII), p. 121, cit. in Ibidem.

A Ferrara, nel 1499 viene allestito l’Eunuco dell’Autore romano Terenzio ed esso viene organizzato nella
Sala Grande a Palazzo Ducale.
Un altro Testimone descrive l’Apparato:
«La Scena dei Comici è [collocata], come d’abitudine, lungo le Finestre.»
cit. Lettera di Jano (Giovanni) Pencharo a Isabella d’Este, cit. in Clelia Falletti, La sperimentazione a Ferrara
negli anni di Ercole I e Ludovico Ariosto, in Teatro e Storia, n. 16, 1993.
COMICO  da qui in avanti è sinonimo di Attore di Commedie.
IMMAGINE  Nel secondo Cortile di Palazzo Medici Riccardi a Firenze, in via Larga – luogo in cui si
svolgono molti Spettacoli – vi sono delle grandi Portefinestre che possono essere un modello per
esemplificare questo significato: si intende che il Palcoscenico, il luogo usato per recitare, era collocato
davanti alle Finestre. Le Finestre erano un elemento utile per lo Spettacolo, perché erano usati come Usci,
funzionali all’Azione scenica.
Accenno alle Finestre fa venire in mente le Edizioni illustrate del periodo delle Commedie di Terenzio, che
continuano a essere prodotte in Edizioni a Stampa dopo quelle Manoscritte.
ES: Andria, Atto I, Scena 1, in: Jadoco del Badia (attr.), Terentii Comoediae, Lione, Trechsel, 1493. Xilografia.
– Parigi, Bibliothèque Nationale de France.  Scena di una Commedia di Terenzio.
Si tratta di una delle Xilografie contenuta nella prima Edizione a stampa dell’opera di Terenzio.
In queste Edizioni illustrate, si trova sempre questo tipo di impianto: si possono vedere gli Attori recitare
davanti a Porticato costituito da cinque Colonne unite da Archi, sui quali spiccano delle indicazioni indicanti
in questo caso il Nome di un Personaggio. Ogni Arco reca il Nome del corrispondente Personaggio.
Queste Finestre/Aperture giustapposte rappresentano tutte le case dei Personaggi.

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In questo caso, vediamo sia un collegamento alla persistente tradizione della Scena del Teatro Sacro
medievale, sia un riferimento alla Scaenae Frons del Teatro Romano – in cui si trovano tre Aperture.
ES: Facciata della Scena (Scaenae Frons) del Teatro Romano di Jerash (Giordania), 81-96 d.C.
ES: Scena a portico con Edicola, in: Marci Actii Plauti [...] Comoediae […], Venezia, 1518. Xilografia.

Questa Xilografia illustra una Commedia di Plauto, dove troviamo elementi che rimandano al riferimento
delle Finestre. Sullo Sfondo si vede un Porticato che può essere dipinto, ma può essere anche un elemento
realmente esistente (come nella maggior parte dei casi); si vede anche una piccola Edicola a destra: viene
evidenziato che si tratta di un elemento scenico, perché consiste di due lati incernierati tra loro con una
Finestrella dalla quale si mostra uno dei Personaggi.
È un’ulteriore Testimonianza di una tipologia di disposizione scenica che sicuramente in quel periodo era in
uso e che ha un doppio rimando  Sia al modello della Scaenae Frons classica, sia al modello della Scena
Paratattica medievale, come disposizione scenica frequente nell’esecuzione dei Misteri medievali.
Anche a Venezia e a Padova, nei primi anni del Cinquecento, il Portico è la struttura su cui si fonda la Scena.
IMMAGINE  Giovan Maria Falconetto (Architetto), La loggia di palazzo Cornaro a Padova, 1524.
Vediamo il Palazzo visto dal Cortile, il quale sappiamo che fungesse da Sfondo scenografico e praticabile,
perché vi è una zona interna al Loggiato che veniva usata sicuramente dagli Attori.
Questo è una certezza perché il Proprietario del Palazzo, che aveva commissionato il Palazzo, lo aveva fatto
realizzare in modo che venisse costruito un Loggiato di questa forma.
Un Documento scritto dal Nobile Alvise Cornaro ci racconta dell’utilizzo di questo spazio: si tratta del
proprio Elogio funebre, che sarebbe stato letto al proprio funerale.
«[la Commedia – nel senso di Spettacoli] si recitava nel suo Teatro, che aveva fabbricato ad imitazione degli
antichi, che il luogo della Scena lo fece di pietra perpetuo, e l’altra parte, dove stavano gli Uditori, lo fece di
tavole [di legno] da potersi poi levare; e tutte tali Commedie riuscivano benissimo, perché aveva presso di sé
in casa sua uomini molto adatti a recitare, come fu quel famoso Ruzante».
cit. in Ludovico Zorzi, I luoghi e le forme dello Spettacolo, in Il Teatro del Cinquecento. I luoghi, i testi e gli
Attori, a cura di L. Zorzi, et alii, Perugia, Morlacchi Editore, 2006 [1982], p. 8).
Racconta di questa sua intenzione di usare questo spazio per gli Spettacoli, dotandolo di tutti gli elementi
necessari per realizzarlo.
N.B. Tali spazi venivano usati anche per altri scopi – erano spazi polivalenti usati per gli Spettacoli solo
occasionalmente, perché gli Spettacoli venivano realizzati in occasioni particolari, legati a ricorrenze, a
eventi importanti dal punto di vista dinastico (Matrimoni, Nascite, eventi lieti che riguardavano la Famiglia
nobiliare).
La Commedia era il Genere privilegiato, che veniva scelto per queste occasioni nelle Corti.
Nel Testo c’è anche un cenno a chi recitava  si dice che le Commedie riuscivano bene, sia perché lo spazio
era ben realizzato, sia perché presso la casa del Nobile, come dipendenti, o comunque pagati da lui, c’erano
uomini molto adatti a recitare.
ES: Ruzante, uno dei grandi Drammaturghi del primo Cinquecento, che è anche Attore; egli scrive e
rappresenta le Commedie.
Questa Attività drammaturgica nuova che, nei primi anni del Cinquecento, inizia a fornire Testi scritti sul
modello della Commedia romana (che a sua volta era costruita sul modello della Commedia Nuova greca)
poi acquisterà una sua autonomia.
Nelle Corti italiane, le Rappresentazioni sono solo una parte degli eventi spettacolari organizzati in
occasioni, legati ad eventi dinastici o durante il Carnevale, che si compongono di Spettacoli drammatici, di
Danze, Sfilate, Mimi, ecc.  IL TEATRO È INSERITO IN UN CONTESTO FESTIVO LAICO.
ROMA
A Roma nello stesso periodo, l’Accademia fondata nel 1465 da Pomponio Leto, diventa un centro attivo di
produzione di Spettacoli e lì si rappresentano sia Commedie di Plauto e Terenzio sia le Tragedie di Seneca.
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Si ha in questo caso una finalità diversa rispetto a quella delle Corti  Questa è una Attività tutta interna
all’Accademia inizialmente: c’è un’identità tra chi realizza, chi recita e chi assiste agli Spettacoli.
È un’Attività Culturale di Élite, perché gli Accademici sono Studiosi, Eruditi, che studiano e mettono in Scena
questi Spettacoli nella lingua originale.
Gli Spettacoli nelle Corti, quando derivano da Testi originariamente latini, sono tradotti in volgare.
Nelle Accademie, la lingua nei primi periodi sarà la lingua originale.
Poi l’Attività di questa specifica Accademia andrà ampliandosi.
Sulpizio da Veroli, Curatore della prima Edizione a Stampa del Trattato di Vitruvio del 1486, era un membro
dell’Accademia, ed è ricordato per aver curato nel 1486 l’Allestimento dell’Ippolito di Seneca, Spettacolo
commissionato da un Cardinale e recitato in Latino.
Anche in questo caso, il primo spazio usato per lo Spettacolo è un Cortile attrezzato con un Palcoscenico e
con un Velarium (un Velo che copre tutto il Cortile).
Sarà una pratica frequente quella di usare il Cortile, ma di renderlo una sorta di Sala al chiuso. Viceversa, a
volte ci sarà il vezzo di addobbare una Sala al chiuso come se gli Spettatori si trovassero in un Giardino.
Questo Spettacolo verrà successivamente replicato alla presenza del Papa e in altri luoghi teatrali della
città.  Quindi, è uno Spettacolo che non ha vincoli stretti al luogo nel quale viene originariamente
organizzato. Questa caratteristica spesso verrà meno, soprattutto quando l’Apparato scenico sarà
estremamente articolato.
Fu pubblicata un’Edizione del Dramma, dove Sulpizio da Veroli afferma che per la prima volta fu usata una
Scena dipinta, davanti alla quale gli Attori recitavano la Commedia: egli si riferisce all’Ippolito di Seneca che
è una Tragedia. Questo fa capire che i Termini Comici/Commedia assumono un valore generico, non
sempre specifico del Genere della Commedia.
N.B. Un altro episodio importante, che avviene nei primi anni di Attività a Roma, è quello dell’edificazione
del primo Teatro progettato e realizzato specificatamente per l’uso spettacolare in Età moderna.
Il Teatro viene costruito sul Campidoglio in una occasione particolare.
ES: Pietro Rosselli, Pianta del Teatro sul Campidoglio, Roma 1513. Disegno. – Londra, Sir John Soane's
Museum.
La caratteristica fondamentale di questo Edificio in legno è che esso venne costruito appositamente per
l’occasione e poi fu smontato; quindi, non è destinato a permanere come struttura da utilizzare in futuro.
Contemporaneamente all’interesse verso i Testi drammatici classici, aumenta l’attenzione per la Poetica di
Aristotele, dalla quale fu tratta la Normativa che avrebbe regolato la struttura dei Testi drammatici nei
secoli successivi  Regole che imponevano che le vicende narrate rispettassero le tre Unità, ed esse
dovevano essere osservate per tutti i Generi drammatici.
Nel corso del Cinquecento, sono soprattutto le COMMEDIE ad avere fortuna scenica, ad essere prodotte,
realizzate e ad avere successo.
I Drammi (Commedie e Tragedie) di nuova composizione saranno chiamati REGOLARI o ERUDITI.
L’Aggettivo Regolare  Sottolinea la loro osservanza delle Regole Aristoteliche
L’Aggettivo Erudito  Si riferisce al Modello classico
Sono Commedie e Tragedie scritte nel rispetto delle Regole e sul modello della Drammaturgia antica.
TAVOLA (17) del Cinquecento (Rinascimento) in Italia
La prima Commedia Regolare prodotta in Età moderna è La Cassaria, 1508, di Ludovico Ariosto, allestita
nella Sala Grande del Palazzo Ducale a Ferrara.
Dopo la messa in Scena di questa Commedia, uno Spettatore che aveva assistito allo Spettacolo, scrisse a
Isabella d’Este, figlia di Ercole d’Este, spostata con un Gonzaga e quindi trasferitasi a Mantova, la quale
voleva essere sempre al corrente di ciò che avveniva nella sua città d’origine.

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«[...] Lunedì sera il Cardinale [Ippolito d’Este] fece allestire una [Commedia] composta da Messer Ludovico
Ariosto suo familiare [...] fu impreziosita da onorevoli e buoni recitatori tutti dei suoi [della Corte], da abiti
bellissimi, dalle dolci melodie degli Intermezzi e di una Moresca [...] ma quello che è stato il meglio di tutte
queste feste e rappresentazioni, è stato la Scena dove si sono rappresentate, fatte da un Maestro Peregrino
Pittore che sta col Signore, [e che raffigurava] una strada e la Prospettiva di un paesaggio con case, chiese,
torre, campanile e giardini, che la persona non si stanca mai di guardarla tante sono le cose che contiene,
tutte di grande ingegno e ben realizzate tanto che non fu distrutta, ma fu conservata per poterla usare altre
volte.»
cit. Lettera di Bernardino Prosperi a Isabella d’Este. Ferrara, Corte Ducale, 8 marzo 1508. Cit. in M.
Catalano, Vita di Ludovico Ariosto […]. Olschki, Genève 1931, vol. II, p. 83, doc. 138.
Il Pittore citato sembra essere stato il primo a realizzare una Scenografia Prospettica (la prima di cui
abbiamo notizia) e che costituisce un Modello tipologico classico.
La maggior parte degli Studiosi pensa che Scenografia fosse costituita da una semplice Tela di Fondo, sulla
quale era dipinta in Prospettiva l’immagine di una Strada di città. Un dipinto che forniva lo Sfondo e non
un’Ambientazione tridimensionale all’Azione scenica degli Attori.
Si parla di Prospettiva ma non un c’è riferimento al fatto che era dipinta: la possibilità è che potesse essere
tridimensionale, come diventerà con certezza qualche anno più tardi.
N.B. Si tratterebbe di un primo impiego della TECNICA della PROSPETTIVA.
Il Testo ci parla anche dei Partecipanti: Ludovico Ariosto fa parte della Corte, è un dipendente degli Este.
Si parla anche degli altri elementi della Festa, oltre allo Spettacolo, cioè le Danze, gli Intermezzi.
Ma ciò che lo colpisce di più l’uomo è il luogo dove è stato realizzato lo Spettacolo: egli dice, evidenziando
come se si trattasse in un evento eccezionale, che la Scena, con tutto ciò che conteneva, era così bella, che
non fu distrutta, ma fu conservata per poterla usare altre volte.
Questo ci dice di una possibile consuetudine precedente, cioè di realizzare uno Spettacolo con un suo
Apparato, che poi veniva distrutto perché non serviva più e non valeva la pena di essere conservato.
Egli parla anche di onorevoli e buoni recitatori tutti dei suoi fornendoci un altro elemento  Sarà una
costante per tutto il secolo quello di realizzare gli Spettacoli di Corte addestrando i Cortigiani non
Professionisti (sono loro che si preparano per lo Spettacolo, quindi la loro preparazione richiedeva tempi
lunghi, in virtù del livello non professionale di questi Attori).
ATTORI DILETTANTI  Il Termine non viene inteso con un’accezione negativa, ma si sua per qualificare
questo tipo di Attore: è un Attore che svolge altre mansioni, il suo mestiere principale è un altro, è un
dipendente della Corte che dimostra attitudine, quindi, viene selezionato per recitare in questi Spettacoli.
N.B. Caratteristica che accomuna l’Attività spettacolare delle Accademie con quella delle Corti  ATTORI
NON PROFESSIONISTI.
Nello Spettacolo principale che si svolgerà nel Teatro sul Campidoglio nel 1513 si loda un Attore Dilettante
particolarmente abile, ma in quel caso gli Accademici che vengono incaricati di realizzarlo si sono già
professionalizzati, anche se nessuno di questi Attori riceverà mai un compenso per il loro lavoro.
Nel Cinquecento, cominciano ad organizzarsi e a farsi strada anche Compagnie di Professionisti. Esse, a
volte, troveranno dei punti di contatto con l’Attività di Corte, infatti alcune Compagnie, verso la fine del
Cinquecento, verranno ingaggiate e pagate per realizzare Spettacoli di Corte.
Il Dilettantismo per Spettacoli di Corte lascerà il posto nel secolo successivo all’Attività professionale.
Ma nel Cinquecento, la situazione prevalente è quella di un’Attività di Attori Dilettanti presso le Corti.
1508  DATA SIMBOLO DELL’INIZIO DEL TEATRO MODERNO, perché viene scritta e allestita la prima
Commedia italiana Regolare, sul modello dei Testi classici, e perché fu introdotta la Scenografia Prospettica.
La Scenografia Prospettica, che non ha a che vedere con alcun tipo di riferimento classico, divenne pratica
comune nelle sempre più numerose Rappresentazioni Private allestite nelle case dei Nobili e dei ricchi
Borghesi in molte città italiane.

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FIRENZE
Firenze è la Capitale dal punto di vista della Cultura teatrale nella prima metà del secolo.
TAVOLA (18) del Cinquecento (Rinascimento) in Italia
A Firenze, viene organizzato nel Luglio 1539, nel secondo Cortile di Palazzo Medici Riccardi, uno Spettacolo
importante dal punto di vista dell’evoluzione dello Spazio Scenico, in occasione del matrimonio tra Cosimo
de Medici ed Eleonora di Toledo  La Rappresentazione della Commedia nuova Il Commodo, di Antonio
Landi, scritta sul modello della Drammaturgia classica.
La Commedia viene allestita nel Cortile da Bastiano da Sangallo, Architetto di Corte: egli si fa carico per
tutto il Cinquecento e Seicento della realizzazione dell’Apparato scenico e dell’organizzazione dello spazio
per gli Spettatori (tutto lo spazio teatrale).
PIANTA del Palazzo Medici Riccardi, Firenze
Il Cortile viene ricoperto di Teli e arricchito alle pareti con Arazzi e con un Telo azzurro (Velarium) che lo
trasforma in una Sala chiusa.
Lo spazio dell’Azione, il Palcoscenico, è collocato nel lato Nord, nettamente diviso da quello degli Spettatori.
Il Pubblico maschile siede su Panche in mezzo alla Sala, mentre le signore occupano i Gradoni lungo i lati.
Gli Sposi e gli ospiti più importanti siedono sotto un Padiglione nella Loggia di fondo, sul lato Sud del Cortile.
In occasione di una Mostra a Firenze del 1980, è stato realizzato un Modello ricostruttivo di come era
realizzata tecnicamente la Scena.
ES: Ipotesi di Ricostruzione dell’Allestimento scenico di Bastiano da Sangallo (collaborazione di Giorgio
Vasari) – Modello di Ferdinando Ghelli per la Mostra La Scena del Principe. Firenze, Palazzo Medici
Riccardi, 1980).
Rispetto agi anni precedenti, essa propone una Visione Prospettica dello Sfondo scenografico, ma unisce a
questa Visione Prospettica una Profondità tridimensionale reale.
È uno spazio che ha una Profondità reale, ma viene anche realizzata tecnicamente e pittoricamente, in
modo tale da accentuare in modo illusionistico la stessa Profondità.
Questa Ricostruzione è stata possibile sulla base di descrizioni:
 Lettera di Pier Francesco Giambullari a Giovanni Bandini, pubblicata nell’Edizione della Commedia
stessa nel 1539: Documento dell’epoca.
 Giorgio Vasari, Le Vite de’ più eccellenti Architetti, Pittori et Scultori italiani, […], 1568:
Testimonianza di prima mano.
Vasari, all’epoca della realizzazione dello Spettacolo, era Allievo e Collaboratore di Bastiano da Sangallo e
subentrerà a lui nella carica di Architetto, Scenografo di Corte, diventando protagonista di una serie di
evoluzioni e innovazioni successive, degli anni Sessanta del Cinquecento  Tali innovazioni sono
interessanti per l’evoluzione della Tecnica Costruttiva dello Spazio Scenico e inoltre perché l’evoluzione
porterà la Drammaturgia e lo Spettacolo a scostarsi, derogare da quelle rigide Regole Aristoteliche che
imponevano che la storia raccontata si svolgesse nell’arco massimo di un giro di Sole e che l’Azione e il
Luogo fossero unici.
N.B. Questa modalità di costruzione della Scena rimarrà per qualche decennio la modalità vincente, perché
ha delle caratteristiche che ben si confanno con l’esigenza di osservare le Regole Aristoteliche nella
Scrittura drammaturgica  La Scenografia ha la caratteristica di essere una SCENA FISSA, cioè una Scena
destinata a fungere da Sfondo per tutto lo Spettacolo; quindi, è adatta per questa Drammaturgia che segue
le Regole Aristoteliche.
Nell’Allestimento di questo Spettacolo, si era usata una Macchina particolare che permetteva a un Sole di
spostarsi: all’inizio dello Spettacolo il Sole era a Est e alla fine a Ovest, a dimostrazione del tempo che passa
e che non supera la giornata (il Sole scandisce il tempo)  L’Unità di Tempo viene ribadita in questo modo.
Lo Sfondo della Scena raffigura la città di Pisa: che fosse Pisa è certo perché si intravedeva la Torre di Pisa.
In questo Allestimento fu apprezzato un elemento che diventerà fondamentale nell’evoluzione che porterà
allo Spettacolo Barocco del secolo successivo: ovvero la presenza di INTERMEZZI costituiti da parti danzate,
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cantate e recitate, collocati tra un Atto e l’altro: essi saranno quegli elementi che, in virtù del loro successo,
scardineranno quell’osservanza delle Regole Aristoteliche.
Gli Intermezzi non riprendevano Personaggi e Temi trattati nella Commedia, ma avevano Personaggi e
Riferimenti a sé stanti: spesso si trattava di Personaggi di fantasia, anche mitologici, che nulla avevano a che
vedere con la storia che si raccontava nella Commedia.
Questi elementi acquisteranno sempre più spazio, saranno molto apprezzati dal Pubblico. Per premiare il
successo di questi Intermezzi, si deciderà, dal punto di vista tecnico, di andare oltre alla Scena rigidamente
fissata, come vediamo in questo Spettacolo.
Gli Intermezzi esistevano anche negli Spettacoli ferraresi; quindi, da subito, la struttura della Commedia
prevedeva l’inserimento di queste parti. Ma la novità dello Spettacolo del 1539 fu che anche tra gli
Intermezzi cominciò ad esserci un legame, che non c’entrava nulla con la storia della Commedia, quindi
acquistarono autonomia.
Questo processo si concluderà soprattutto all’inizio del Seicento, dando vita al nuovo Genere del
MELODRAMMA (Opera Lirica).
CONFRONTO tra le STRUTTURE della Tragedia greca e del Dramma Regolare (o Erudito)
La Struttura che viene presa a modello è quella della Tragedia, non della Commedia.
Vi è un PROLOGO sia nelle Tragedie che nel Dramma Regolare.
Il Parodo non ha una parte corrispondente nel Dramma Regolare.
Gli Episodi alternati agli Stasimi (eseguiti dal Coro) della Tragedia corrispondono agli ATTI alternati agli
INTERMEZZI del Dramma Erudito.
All’Esodo corrisponde l’EPILOGO.
La Struttura viene stabilita non per una necessità specifica di creare gli Intermezzi, ma per dare conformità
al Modello originale; quindi, si costruisce una Struttura che prevede Atti e Intermezzi.
Fin da subito, quando si iniziano a scrivere Commedie nuove, questa è una costruzione artificiale per
aderire al Modello.
Negli Intermezzi non si sapeva cosa mettere: si tenta di creare una pausa e di inserire Canti e Danze, che
hanno sempre avuto successo, e a partire dal 1539 cominciano ad acquistare una loro autonomia.
La complessa Macchina spettacolare che i Medici promuovono è voluta per celebrare il potere raggiunto,
anche poco tempo prima, per diffondere anche fuori dalla Toscana i fasti del Casato.
Si tratta di una modalità di Autopromozione, che ha l’obiettivo di porre la Dinastia al livello delle grandi
Monarchie europee. Essa non riuscirà mai a competere con le altre grandi Casate sul piano militare,
commerciale e territoriale, ma saprà imporsi a livello europeo attraverso le Arti e la Cultura.
L’impostazione generale della Scena nel 1539 presentava i caratteri di quella che sarà definita la SCENA
ALL’ITALIANA  Caratteri saranno descritti da Sebastiano Serlio in un Trattato sull’Architettura pubblicata
nel 1545 a Parigi. L’opera ebbe una grande risonanza e influenza in tutta Europa, che attraversò anche il
Seicento. Essa venne tradotta in Latino, Francese, Inglese, Spagnolo, Fiammingo e Tedesco.
In una parte di questo Trattato, dedicato alla Prospettiva, egli parla delle Scene e dei Teatri.
Il riferimento, per quanto riguarda la Scena, è per quel metodo costruttivo che era stato messo a punto a
Firenze pochi anni prima.
«[…] nel seguente testo io tratterò delle Scene e dei Teatri che si usano ai nostri tempi, da cui sarà difficile
comprendere dove e come si debba fissare l’orizzonte delle Scene, perché è un modo diverso rispetto alle
Regole passate. […]»
cit. Premessa al Trattato sopra le Scene, in Sebastiano Serlio, Il secondo libro di Perspettiva, Parigi, J. Barbé,
1545.
Egli fa riferimento alla Tecnica della Prospettiva, ma il modo è diverso, perché essa deve essere applicata
alla realizzazione tridimensionale della Scena (Struttura complessa tridimensionale), non ad una Scena dove
la Prospettiva è pittorica; quindi, è realizzata su un Telo bidimensionale.
La Pittura serve a dare ulteriore profondità illusoria alla Scena stessa.

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Il Trattato contiene molte Illustrazioni e Disegni; esso vuole essere un Manuale: egli afferma che si tratta di
una modalità già ampliamente diffusa in Italia, ma deve essere spiegata tecnicamente perché non è facile
da comprendere.
IMMAGINE  Mostra il Teatro e l’Area della Scena vista dall’alto.
L’Area contrassegnata dalla lettera B è l’Area dove c’è la Profondità reale della Scena. L’Area con la Lettera
C è lo Spazio del Proscenio, un Palcoscenico dove gli Attori agiscono: è l’unico spazio usato da Attori e
Danzatori. La Profondità è reale, ma la profondità dell’Area B e dell’Area C sono uguali.
Gli Attori e i Danzatori potrebbero anche spostarsi nella parte B, costruita un po’ in salita per realizzare una
illusione Prospettica, ma se lo facessero la loro altezza non sarebbe più coerente con gli Edifici che si
troverebbero accanto, proprio perché lo Scorcio Prospettico è dipinto.
Gli elementi contrassegnati dalle Linee Blu e Arancioni sono chiamati TELARI/TELERI e sono collocati uno
parallelo alla Linea del Proscenio, uno ad angolo ottuso incernierato  Sono Coppie di QUINTE “SERLIANE”
collocate sul Palcoscenico, sul Fondo della Scena.
RICOSTRUZIONE delle Quinte “Serliane”  Un Primo Telero è parallelo alla linea del Proscenio e un
Secondo Telero è incernierato, collocato ad angolo ottuso. Dall’atro lato avviene la stessa cosa.
Su ogni Telo è dipinta in scorcio una parte degli Edifici; sul Fondo c’è un FONDALE BIDIMENSIONALE.
LEZ. N° 8 – 02.11
Serlio, tra le varie Illustrazioni, propone tre Modelli corrispondenti ai tre Generi: Scena comica, Scena
tragica e Scena satirica.
ES: Sebastiano Serlio, La Scena comica, tragica e satirica, in Il secondo libro di perspettiva, Parigi, J. Barbé,
1545, ff. 67v, 69, 70v. Xilografia.
Questo Trattato ha avuto all’epoca un grande valore di divulgazione dei metodi che erano all’epoca usati in
alcune città italiane, presso le Corti, che potevano finanziare Spettacoli così articolati dal punto di vista
dell’Allestimento scenico.
Il Trattato fece Scuola, quindi anche in alcuni Paesi d’Europa venne adottato questo Sistema, che ebbe un
successo più duraturo di quello che ha avuto in Italia.
Il Sistema prevedeva una SCENOGRAFIA FISSA TRIDIMENSIONALE e PROSPETTICA che viene progettata e
attuata per dare una giusta e attraente Scenografia, Sfondo scenografico alle Commedie Regolari ed
Erudite, scritte dall’inizio del Cinquecento rispettando le Regole Aristoteliche di Unità di Tempo, di Spazio e
di Azione, che richiedevano una conferma nella Scena di questa unicità  Si adotta un Impianto
scenografico adatto a questo tipo di Drammaturgia.
Egli completa il Trattato danno delle indicazioni, e in questo riallacciandosi a Vitruvio, su quali
caratteristiche generali dovessero avere le Scene per i tre Generi: ogni Genere drammatico doveva avere
una Scenografia ad hoc.
Dal punto di vista costruttivo tutto rimane uguale, ma sono diversi alcuni elementi che fanno capire
immediatamente al Pubblico a quale Genere drammatico appartiene lo Spettacolo.
IMMAGINE  Vediamo tre immagini che si riferiscono ai tre Generi drammatici: la Commedia, in alto a
sinistra; La Tragedia, in alto al centro; La Satira – Favola Pastorale (terzo Genere che cerca di dare una
corrispondenza al Dramma Satiresco dell’Epoca classica greca del V sec a.C.), in basso a destra.
Nella Scena della Commedia e della Tragedia vediamo due Scene di città: esse hanno sempre luogo in un
Contesto urbano, in una città, all’aperto perché una collocazione in un luogo aperto permette di fare quelle
variazioni nella Trama, quel gioco tra i diversi Personaggi (che si possono incontrare in una zona franca che
è una zona all’aperto di città) che non sarebbe possibile se l’Ambientazione fosse al chiuso, come può
essere una Sala di Palazzo, la quale diventa un luogo privato.
La differenza tra l’ipotesi di Scenografia della Commedia e quella della Tragedia, non riusciamo a coglierla
perfettamente, mentre invece gli Spettatori dell’epoca la coglievano.
La Scena della Commedia rappresentava una città contemporanea, medievale o primo rinascimentale. Per
connotare la città si potevano dare indicazioni precise, e inserire un Monumento che sia un contrassegno,
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riferibile a una città che si conosce.
La Scena della Tragedia doveva rimandare a un passato, non necessariamente ben determinato
cronologicamente. Spesso se si fosse voluto connotare più precisamente quella città, si sarebbe potuto
inserire un Monumento che fosse riconoscibile, come il Colosseo.
TAVOLA (19) del Cinquecento (Rinascimento) in Italia
A Firenze l’evoluzione va oltre, supera questa tipologia di Allestimento.
L’Allestimento de La Cofanaria, 1565 di Francesco D’Ambra è a cura di Giorgio Vasari (Architetto,
Scenografo di Corte e anche Allievo e Aiutante di Bastiano da Sangallo: Allestitore del Cortile di Palazzo
Medici), che allestisce questo Spettacolo e quelli che succederanno.
Egli viene incaricato di realizzare gli Spettacoli non più nei luoghi precedenti, ma nel Salone dei Cinquecento
in Palazzo Vecchio – da pochi anni era diventata la Residenza della Famiglia Medici.
L’Edificio del Governo della città diventa anche la Residenza della Famiglia Medici  C’è un’identificazione
perfetta del Governo con la Dinastia dei Medici.
Nel 1565, in occasione delle nozze di Francesco de Medici e Giovanna D’Austria per la prima volta si
allestiscono Spettacoli in questo Salone, il quale si presentava allora come adesso.
IMMAGINE  Salone dei Cinquecento, Palazzo Vecchio, Firenze.
Vediamo alcuni cambiamenti nell’Allestimento della Scena, che saranno poi fondamentali come punto
essenziale di passaggio verso l’organizzazione della Scatola scenica, che si perfezionerà all’inizio del
Seicento, mantenendo quei caratteri uguali nei secoli successivi, con riferimento ai Teatri all’italiana.
Di Teatro all’italiana, alla metà del Cinquecento, ancora non si può parlare.
Si va formando per gradi la Scena all’italiana, cioè la Scatola scenica, lo Spazio dove si tiene lo Spettacolo
che, nelle modifiche successive, a metà del Cinquecento, porta a quelle evoluzioni che si sedimenteranno in
quello che diventerà il TEATRO ALL’ITALIANA  La Scena conosce un’evoluzione nel corso del Cinquecento.
Per parlare di Teatro all’italiana non basta parlare della Scatola scenica, che è la prima parte che va
organizzando i suoi elementi verso questa definizione; ma anche la Sala, lo Spazio dedicato agli Spettatori –
nel Teatro all’italiana Platea, Palchetti, Gallerie.
Nel Cinquecento, presso le Corti, la Sala è organizzata diversamente.
Per questo matrimonio, gli Spettatori sono organizzati come erano organizzati a Ferrara e nel Cortile di
Palazzo Medici Riccardi.
Gli Spettatori sono disposti su delle Gradinate collocate nei lati lunghi del Salone.
Il Principe, con la Famiglia e con gli ospiti di maggior importanza, sono invece collocati in una posizione
perfettamente centrale, nel mezzo della Sala, un po’ a due terzi della Sala.
La CENTRALITÀ DEL PRINCIPE NELLA SALA TEATRALE è un dato importante anche tecnicamente, perché la
Scena, che è costruita prospetticamente, oltre al Punto di Fuga centrale deve avere anche il Punto di Vista
affinché sia costruita tecnicamente la Prospettiva  Il Punto di Vista geometrico è il punto dove siederà il
Principe, quindi si mette in Scena il punto di vista del Principe.
LO SPETTACOLO È LA PROIEZIONE DEL MODO DI VEDERE, DEL PUNTO DI VISTA DEL PRINCIPE e questo è
importante simbolicamente.
Quella Scena fissa, prospettica, tridimensionale può essere vista correttamente solo in un punto; se ci si
allontana da quel punto si ha una visione distorta. Quindi, chiunque non si trova nel luogo del Principe sa di
non avere la gusta visione delle cose, della Prospettiva, della Scenografia, perché ce l’ha il Principe.
La Scenografia, anche nelle sue evoluzioni, conserverà sempre questo carattere prospettico. Per un certo
periodo, varrà questo principio che il Punto di Vista ottimale è quello del Principe.
Le cose cambieranno a breve, quando non si dovrà solo più soddisfare il Punto di Vista del Principe.
N.B. LA ZONA CHE È SOTTOPOSTA ALLA MODIFICA E ALLE EVOLUZIONI È LA SCATOLA SCENICA.
Mentre la Sala, cioè lo Spazio occupato dagli Spettatori non subisce variazioni, perché non è necessario,
perché si tratta di uno Spazio teatrale privato; quindi, gli Spettatori, sebbene ci sia una Gerarchia interna
per cui c’è il Cortigiano più importante e quello meno importante, fanno parte di una Élite che non ha
necessità di distinguersi.

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Anche nel Teatro Greco non c’era la necessità di distinguersi, non c’erano grosse differenze sociali tra i
Partecipanti.
N.B. La conformazione del successivo Teatro all’italiana, per quanto riguarda la Sala – che è composta dalla
Platea, dal primo ordine di Palchi più belli, dal secondo/terzo ordine di Palchi e dalle Gallerie sovrastanti
dove si vede peggio – è una necessità che si apre quando l’Edificio teatrale diventa un luogo destinato a
ospitare Spettacoli a pagamento e quindi Spettatori paganti.
Qui invece siamo in ambito di Corte: questo spiega perché nel corso del Cinquecento, e presso le Corti
anche successivamente, non c’è bisogno di attrezzare diversamente lo Spazio per gli Spettatori.
Ciò che cambia sensibilmente è l’ORGANIZZAZIONE DELLA SCATOLA SCENICA, la parte dove veniva allestito
il Palcoscenico, in una forma permanente.
In che modo viene allestito?  Viene creato una sorta di Cornice denominata ARCOSCENICO che restringe
l’area visibile al Pubblico (nei Teatri all’italiana ancora c’è): esso è elemento necessario a nascondere alla
vista del Pubblico degli elementi soprattutto della Macchineria teatrale, che dovevano essere manovrati dal
Palcoscenico stesso o da uno spazio limitrofo, ma che non dovevano essere visti dal Pubblico.
ES: Nuvole scenografiche che dovevano essere calate dall’alto.
Si nascondeva l’area di manovra anche perché questo Salone è stato adattato all’uso teatrale e aveva già
quelle caratteristiche di dimensioni date; quindi, non era possibile organizzare tutta la Scatola scenica già
prevedendo questi Spazi di Manovra  Lo Spazio di Manovra viene creato non ampliando lo Spazio a
disposizione perché non era possibile, ma riducendolo.
Gli Spazi di Manovra vengono creati nella parte superiore, nelle parti laterali e nella parte retrostante, in
modo tale che anche sul Fondo ci fosse uno Spazio non visibile al Pubblico, che permetteva le entrate e le
uscite degli Attori ma prima di entrare nello spazio visibile del Pubblico.
Non si potevano usare le Porte come venivano usati i Portici meno un secolo prima, perché ora si usano le
Scenografie che vogliono creare un’Ambientazione verosimile.
Creando l’Arcoscenico si crea anche il SIPARIO. Essi sono elementi che andranno a costituire il Teatro
all’italiana e prendono forma nel 1565 per questo Spettacolo.
La Scenotecnica era già ampliamente sviluppata, perché era stata sviluppata con gli Spettacoli Sacri; quindi,
la Macchineria era già disponibile.
Fu Brunelleschi fu l’Architetto e l’Ingegnere che si occupò di allestimenti delle Sacre Rappresentazioni
fiorentine: egli creò una Macchineria che andò a costituire la base di tutta la Macchineria teatrale applicata
agli Spettacoli rinascimentali e di Età barocca.
Dato che si crea questo Dispositivo per manovrare meglio questa Macchineria, non ci troviamo più in
presenza di una Scena fissa come descritta da Serlio, ma davanti a qualche cosa di nuovo e di antico.
In occasione di questo Spettacolo, la Scena richiesta dalla Commedia è ancora fissa: la Scena rappresenta
come luogo d’azione Firenze.
Succede però che l’arricchimento degli Intermezzi mette in evidenza l’incongruità di mettere in Scena
Personaggi e vicende spesso di carattere mitologico in un’Ambientazione scenografica costruita su misura
per la Commedia nella quale questi Intermezzi sono inseriti.
A questa incongruità si vuole dare una risposta.
TAVOLA (20) del Cinquecento (Rinascimento) in Italia
La Strumentazione scenotecnica comincia a rinnovarsi con l’Allestimento di uno degli Spettacoli successivi:
la Commedia La Vedova di Giovan Battista Cini, curato da Giorgio Vasari nel 1569 in cui si introduce nel
Salone dei Cinquecento la SCENA MUTEVOLE.
La Scena non è più fissa, e ciò permette di fornire agli Intermezzi adeguate Ambientazioni  Si trova il
modo di rompere questo, fino a quel momento abbastanza rigido, rispetto delle Regole Aristoteliche,
almeno per quanto riguarda l’alternanza tra la Commedia che osservava ancora le Regole e gli Intermezzi.

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ES: Baldassarre Lanci, Bozzetto per la Commedia La Vedova di Giovan Battista Cini, Italia (Firenze), 1569.
Disegno. – Firenze, Gabinetto Disegni e Stampe degli Uffizi.
L’Architetto Baldassarre Lanci usa un Dispositivo scenotecnico che permette tra il Secondo e il Terzo Atto di
passare da un’immagine di Piazza della Signoria a quella di Arcetri – Località agreste alla Periferia di Firenze
 Si infrange la Regola di Unità di Spazio.
Si fornisce una diversa Ambientazione e questo non vale solo per le Ambientazioni della Commedia, ma
soprattutto anche per gli Intermezzi.
LA SCENA CONTINUA A CAMBIARE, DA UN ATTO ALL’ALTRO E ANCHE NEGLI INTERMEZZI.
Commento, Descrizione di ciò che avviene sulla Scena da parte di un Architetto, che poi mostrerà anche più
nel dettaglio con dei Disegni che tipo di Dispositivo viene usato.
«[...] veddi io ricitare una Comedia in Firenze [...] l’anno 1569, dove la Scena, […] si tramutò due volte; la
quale nel principio della Comedia rappresentava il Ponte a Santa Trinità, […]
E mi ricordo che alla prima volta che si girò la Scena, s’aprì un cielo [è l’Intermezzo], e comparvero in aria un
gran numero d’uomini in forma di Dèi che cantavano e sonavano una molto piacevol Musica, e nel
medesimo tempo calò giù una nuvola sotto i piedi di costoro, e coprì la Scena in mentre che si girò, a talché,
come ritornò in su la nuvola, aparì nella Scena la Villa d’Arcetri [...]; e fra tanto passò per il Palco il Carro
della Fama, accompagnato da molti che, cantando poi un’altra Musica, rispondevano a quella che era in
aria. […] cotali Scene […] apportono alla vista molta dilettazione e meraviglia a quelli che non sanno come
esse si siano fabbricate.»
cit. Egnazio Danti, Commentari alle Due regole della Prospettiva Pratica di M. Iacomo Barozzi da Vignola,
Roma, Zanetti, 1583, cit. in F. Marotti, Lo spettacolo dall’Umanesimo al Manierismo, Milano, Feltrinelli,
1974, p. 218.

Traspare l’elemento della Meraviglia in chi non sa come queste mutazioni di Scena veloci e repentine
accadano.
Egli parla di SCENA CHE GIRA: da Firenze la Scena cambia e diventa l’Ambientazione per un momento
dell’Intermezzo; poi mentre si gira la Scena e mentre torna su la nuvola, si apre in Scena la Villa di Arcetri.
N.B. Il Dispositivo che viene introdotto, nuovo ma anche antico sono i PERIATTI (Periaktoi)  Dispostivi
scenici descritti da Vitruvio, che li riferisce al Teatro Greco del V secolo a.C., il quale si dotò anche di
elementi scenotecnici. Aristotele parla di Sofocle che introdusse la Decorazione della Scena.
IMMAGINE  I Periatti sono dei PRISMI GIREVOLI, che possono essere a base triangolare, ma anche di altra
sezione, che consentono con grande velocità di modificare l’aspetto della Scenografia che si presenta al
Pubblico.
L’immagine dell’Ambientazione scenografica si compone attraverso la corretta giustapposizione visiva dei
tre Pannelli/Lati dei Prismi collocati sulla sinistra e dei tre Lati dei Prismi collocati sulla destra.
Girando i Prismi con un Sistema a Carrucole che permetteva di girarli tutti contemporaneamente dello
stesso numero di gradi si rendevano visibili, a una velocità alta, altri sei lati dei Prismi  Questo Sistema
permetteva un cambio veloce dell’immagine della Scenografia, un gran numero di volte (non limitato a tre)
perché i lati mostrati al Pubblico erano costituiti da dei Pannelli fissati sul Prisma, che potevano essere
cambiati nella parte non vista dal Pubblico.
Vi sono Servi di Scena che stanno nel Retropalco che possono intervenire su questi elementi per cambiarli.
Questi cambiamenti consentono di superare i vincoli della Scena fissa, creando le premesse per le
successive innovazioni scenografiche e scenotecniche.
Negli anni Ottanta del Cinquecento, Cosimo de Medici affida a Vasari un lavoro di risistemazione
urbanistica di tutto il Quartiere alle spalle del Palazzo della Signoria. L’opera progettata e realizzata da
Vasari viene poi portata avanti dall’Allievo, Architetto e Scenografo Bernardo Buontalenti.
Questo lavoro porterà all’edificazione del Palazzo degli Uffizi.
TAVOLA (21) del Cinquecento (Rinascimento) in Italia
Nell’Edificio degli Uffizi, viene dedicato uno spazio a un vero e proprio Teatro  Primo Teatro a Firenze che

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viene pensato già in fase di progettazione, però di un Edificio più grande che lo contiene.
Non è un Edificio teatrale autoportante, ma è uno spazio che si pensa di dedicare al Teatro.
Questo Teatro viene inaugurato nel 1586 e diventa famoso per quello che riguarda non solo il Teatro
strettamente legato alla Commedia Erudita e agli Intermezzi, ma anche legato a un’altra Forma
Spettacolare. Questo importante Spettacolo è la Commedia La Pellegrina: è uno degli Spettacoli che fa
parte dei festeggiamenti per le nozze del Granduca Ferdinando de Medici con Cristina di Lorena.
Lo Spettacolo La Pellegrina ottenne molto successo per gli Intermezzi, composti da Ottavio Rinuccini e
curati, dal punto di vista tecnico, da Bernardo Buontalenti.
In occasione dello Spettacolo, si realizza pienamente un utilizzo non solo dei Periatti, ma anche di un altro
Dispositivo associato a essi, che soppianterà il loro utilizzo.
I Periatti sono un’innovazione che ha permesso questo cambiamento di Scena veloce, e anche di dotare
Intermezzi di un’adeguata Ambientazione, ma poi vengono superati in questo Spettacolo.
IMMAGINE  Ipotesi di Ricostruzione in Pianta del Teatro Mediceo degli Uffizi, Firenze (1589) di
Annamaria Testaverde e Saverio Balli.
Si ipotizza sulla Scena che i Periatti siano ancora usati, ma è molto probabile che assieme o in sostituzione
dei Periatti fossero già in uso le QUINTE PIATTE SCORREVOLI.
La Sala, cioè lo Spazio per gli Spettatori, è ancora strutturato nel modo già descritto in precedenza: dei
Gradoni lungo i lati lunghi e una Pedana centrale per il Principe.
ES: Funzionamento dei Periatti con le Quinte Piatte scorrevoli sullo Sfondo
Questa Ricostruzione presenta quell’ipotesi mista: l’uso dei Periatti e nella parte posteriore dei Pannelli
piatti – tre coppie di Quinte collocate sul Fondo.
Così come il Prisma girando presenta una nuova immagine al Pubblico, così contemporaneamente le prime
due Quinte sullo Sfondo si aprono e mostrano la coppia di Quinte Piatte che sta dietro.
Vi sono tre possibilità di Sfondi diversi.
Il passaggio successivo è quello di togliere i Periatti e di articolare in modo diverso le Quinte Piatte.
ES: Funzionamento delle Quinte Piatte
IMMAGINE  Ipotesi di Ricostruzione in Pianta del Teatro Mediceo degli Uffizi, Firenze (1589) di Fernando
Ghelli – Modello realizzato per la Mostra La Scena del Principe nel 1980.
Nel Modellino si immaginano le Quinte Piatte che non vanno a chiudersi, ma sono collocate a distanza e
verso il Fondo  Le Quinte erano ancorate sul pavimento e nella parte non visibile al Pubblico, nascosta
dall’Arcoscenico, ed erano collocate su Binari manovrabili dalla zona del Teatro chiamata DIETRO LE
QUINTE. Si va realizzando uno Spazio Scenico che rende congrua la locuzione dietro le Quinte. Si capisce
che è la zona a lato.
Costruendo ex novo un Teatro all’interno di questo Edificio è stato possibile realizzare un Retropalco più
ampio di quello realizzato nel Salone dei Cinquecento.
Il rapporto di dimensioni tra lo Spazio della Scena visibile al Pubblico e lo Spazio retrostante, non visibile, si
attrezza di tutti quegli Spazi che progettando un Teatro ex novo oggi si prevedono.
Il piano del Palco aveva grande una Botola centrale per la comparsa dal basso di Macchine di grandi
dimensioni. Sul Fondo c’erano Canali di vare dimensioni entro i quali far scorrere queste Quinte (sagome
sottili) oppure Macchine e di grandi dimensioni come nel Quinto Intermezzo che prevedeva l’ingresso in
Scena di una grande imbarcazione.
Con questi Mezzi scenotecnici Buontalenti porta in Scena i 6 celebri Intermezzi.
Per quanto riguarda la composizione e della cura della Musica e della Poesia (versi) degli Intermezzi,
l’Autore che se ne occupò fu Giovanni De Bardi: Poeta erudito, Fondatore di un’Accademia – esse si
dedicavano anche all’organizzazione di Spettacoli.
Gli Intermezzi erano ispirati ai Miti pitagorici, secondo i quali la Musica rappresentava l’espressione
dell’Armonia dell’Universo e dei suoi quattro Regni: Aria, Acqua, Terra, Fuoco.

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Essi avevano un preciso scopo encomiastico; attraverso la rappresentazione dell’Armonia dell’Universo,
facevano riferimenti precisi alle fortune del Casato dei Medici.
N.B. Il successo degli Intermezzi musicali, dovuto alla forza espressiva della Danza e della Musica e
soprattutto alla straordinaria capacità tecnologica e illusionistica di Buontalenti finisce per mettere in
secondo piano la Commedia  Da parte principale, essa diventa un elemento secondario.
Furono soprattutto i 6 Intermezzi musicati gli elementi spettacolari che suscitarono ammirazione.
Essi sono il punto di arrivo di una sorta di Sperimentazione allestitoria e musicale che, di lì a poco, porterà
alla realizzazione di una Forma Spettacolare che ha caratteri peculiari a sé stanti: il MELODRAMMA.
«Una volta si impiegavano gli Intermedii per completare una Commedia, ora invece si fa all'incontrario,
scrivendo la Commedia per gli Intermedii»
cit. Antonfrancesco Grazzini, detto Il Lasca, 1565
Un evidente riconoscimento del maggior successo degli Intermezzi fu la decisione di riproporli.
Si ripropose lo Spettacolo, ma non la Commedia La Pellegrina bensì gli Intermezzi, che tuttavia erano
considerati geneticamente legati alla Commedia.
Dunque, fu deciso di riproporre – in via eccezionale, dato che questi festeggiamenti non prevedevano mai
delle Repliche – gli Intermezzi con un’altra Commedia.
Questa Commedia ebbe successo, soprattutto gli Attori che presero parte allo Spettacolo.
Non erano più gli Attori Dilettanti, Accademici, seppure capaci, esperti in questa mansione della
Recitazione, ma erano ATTORI PROFESSIONISTI.
Viene chiamata una Compagnia di Professionisti dello Spettacolo e, contrariamente all’abitudine, di questo
Spettacolo di Attori Professionisti c’è anche una Descrizione.
Le Descrizioni fanno spesso riferimento agli Effetti spettacolari, che erano elementi più apprezzati, mentre
della Recitazione degli Attori non c’era mai una Descrizione.
Cesare Molinari, tirando le somme della Documentazione che abbiamo, nell’ambito del Cinquecento, con
riferimento alle Fonti descrittive, scrive:
«[…] l'interesse dei Cronisti medicei […], si concentra soprattutto sulle innovazioni scenotecniche: le
mutazioni a vista delle Scene che si riempiono di nuvole sulle quali siedono le Divinità olimpiche, il cui cielo
viene attraversato da carri o da magici voli, dal cui suolo sorgono montagne, quando non si trasforma in un
mare agitato e solcato da grandi navi.
[…] Eppure, in un certo senso quella Scena rimane vuota – vuota di Attori, ridotti per lo più ai loro Costumi,
accuratamente descritti dai Cronisti, o, nella migliore delle ipotesi, alle loro voci, e Funzioni, essi, delle
Macchine che li trasportano […]»
cit. Cesare Molinari, La Scena vuota, in Teatro e Spettacolo nella Firenze dei Medici. Modelli dei luoghi
teatrali, a cura di E. Garbero Zorzi e Mario Sperenzi, Firenze, Olshki, 2001, pp. 56-57.
ES: Bernardo Buontalenti, Figurini per La lotta tra Apollo e Pitone (Terzo Intermezzo de La Pellegrina di G.
Bargagli), Disegni di vestiture per deità, virtù mascherate ed altri oggetti coll'aggiunta di alcuni Disegni di
carri per pubbliche rappresentanze – Firenze, Biblioteca Nazionale Centrale.
Questo è un Campione delle Descrizioni dettagliate e puntali che furono fatte della Spettacolo La Pellegrina,
ma esse riguardano gli Intermezzi.
Abbiamo anche la Descrizione del Progetto dei Figurini dei Costumi che ci sono giunti: sono Disegni di
Figurini che recano delle Didascalie descrittive a uso dei Costumisti che dovevano realizzare i Costumi.
Questi Figurini sono circa una cinquantina e sono conservati agli Uffizi.
TAVOLA (22) del Cinquecento (Rinascimento) in Italia
C’è un caso tra gli Spettacoli di Corte, di cui viene descritta anche l’Azione drammatica: è la Descrizione di
questi Professionisti che si alternano agli Accademici, che prima si erano incaricati di recitare La Pellegrina.
La nuova Commedia si intitola La Pazzia di Isabella, allestita nel 1589 nel Teatro Mediceo.

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La Protagonista è la grande Attrice Isabella Andreini, Star indiscussa di una delle prime e più famose
Compagnie di Professionisti: la Compagnia dei Gelosi  COMPAGNIA DI COMICI DELL’ARTE, di
Professionisti, che già si stava esibendo in un altro Spazio sempre gestito dai Medici, che era stato adattato
in modo permanente all’uso teatrale e che era precedentemente un ex Magazzino della Dogana (zona
attigua al Teatro degli Uffizi, vicino al Porto commerciale, fluviale).
La Compagnia di Professionisti si esibisce in questo Teatro realizzando Spettacoli a pagamento.
IMMAGINE  Ipotesi di Ricostruzione del Teatro della Dogana o di Baldracca, Firenze di Ferdinando Ghelli
– Rielaborazione digitale del Modello realizzato per la Mostra La Scena del Principe nel 1980.
Questo spazio non c’è più, è stata ipotizzato in un Modellino come potesse presentarsi.
Di questo Teatrino abbiamo una Descrizione e sulla base di essa è stato fatto il Modello  Esso presentava
uno Spazio per gli Spettatori che permettesse loro di avere a propria disposizione dei posti che garantivano
una certa riservatezza.
Vengono costruite delle Strutture che nelle Descrizioni dell’epoca sono chiamate piccoli STANZINI – noi li
chiamiamo PALCHI.
La Struttura dei Palchi può essere paragonata a una Struttura ad alveare, presentando sui lati lunghi degli
Spazi dove il Pubblico a pagamento potesse distinguersi tra i loro componenti.
TEATRO A PAGAMENTO non significa apertura a tutto il Pubblico. La discriminante è la possibilità di pagare
o meno un Biglietto.
Non è un Teatro che tutti i cittadini potessero frequentare: sarà per lungo tempo una percentuale bassa.
Vi saranno poi aperture a un Pubblico più vasto, ma che mai comprende tutte le componenti della Società.
Essendo presenti in città questi Professionisti, fu deciso, pensando a una replica degli Intermezzi, di
rappresentare la Commedia La Pazzia di Isabella che ebbe tanto successo.
TAVOLA (23) del Cinquecento (Rinascimento) in Italia
N.B. La COMMEDIA DELL’ARTE è un fenomeno che era già molto diffuso e famoso  Dal punto di vista
storiografo, una sorta di data di nascita è il 1545, perché intorno alla metà del Cinquecento si iniziano ad
avere le prime notizie sull’Attività dei Comici dell’Arte.
Il 1545 è l’anno del primo Contratto stipulato dai membri di questa Compagnia.
Si usa riferirsi a questa data come simbolo della prima notizia certa di un Atto Notarile che dice che 8
Componenti di quel gruppo decidono sia di mettersi insieme per realizzare gli Spettacoli, sia di mettere nero
su bianco un Accordo articolato, con molti punti.
Il Contratto fissa alcune Regole molto precise  È questa precisione stessa a dirci che questi Attori avevano
un’esperienza alle spalle e avevano avuto anche delle sperienze negative, tali da far decidere di stabilire
con precisione queste Regole che si impegnavano a osservare.
MAPPA dell’Assetto geo-politico della Penisola italiana dopo la Pace di Cateau-Cambresis (1559)
Vi è una situazione di Sudditanza per i blocchi spagnolo e francese dei vari Ducati e Territori italiani, ma in
questa situazione di Sudditanza viene sancito un lungo periodo di Pace.
La Pace permette lo sviluppo dei Commerci  Tra i vari commerci c’è anche quello degli Spettacoli.
Abbiamo informazioni sempre più numerose, che si vanno scoprendo nel tempo, a partire dalla metà del
Cinquecento, relative all’Attività di queste Compagnie; notizie che ci parlano non tanto degli Spettacoli in sé
quanto dei loro movimenti. I Comici viaggiano quindi portano le notizie (come i Giullari).
Queste informazioni ci danno la possibilità di ricostruire anche gli itinerari compiuti dalle Compagnie.
MAPPA dei Viaggi e degli Spostamenti della Compagnia diretta dal veneziano Giovanni Tabarino, compiuti
tra il 1568 e il 1574 partendo da Venezia – Abraham Ortelius, Europae (particolare), in: Theatrum Orbis
Terrarum, Antwerp, 1570.
Questa è una Compagnia importante, che si sposta al di fuori dell’Italia e visita le Corti, cioè dei luoghi che
con la Pace sono percorribili senza pericoli.
Questo lo fanno anche altre Compagnie compresa la Compagnia dei Gelosi, che quando la troviamo nel
1589 di ritorno a Firenze, erano già reduci di tournée a Parigi; e poi ne faranno altre successivamente.

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Questo è uno dei primi Itinerari che conosciamo, ma anche altre Compagnie realizzano questi giri che
durano anni, portando i propri Spettacoli in gran parte d’Europa.
Il fenomeno della Commedia dell’Arte inizia molto presto, rispetto alle notizie che abbiamo delle
Compagnie di Professionisti, a esportare fuori dalla penisola i loro Spettacoli.
N.B. Analogo successo in Patria e poi diffusione al di fuori dell’Italia avrà il Melodramma.
Il Melodramma e la Commedia dell’Arte come prodotti della Cultura, del Teatro e dello Spettacolo italiano,
cominciano a essere esportati poco tempo dopo rispetto alla loro nascita, e diventeranno nei secoli la croce
edilizia dell’Italia.
Il Melodramma, l’Opera lirica, con tutte le sue evoluzioni, è un Genere che tutt’oggi ha successo anche
popolare al di fuori dell’Italia.
La Commedia dell’Arte compie la sua grande parabola tra la metà del Cinquecento e la fine del Settecento e
rimane tuttavia una forma, un simbolo della Cultura teatrale italiana, poi ripresa anche nel Novecento – vari
elementi della forma della Commedia dell’Arte saranno ripresi dal Teatro Russo del primo Novecento.
La fase vitale della Commedia dell’Arte come Spettacolo prodotto in modo continuativo si conclude alla fine
del Settecento.
DENOMINAZIONI di COMMEDIA dei Comici dell’Arte
- COMMEDIA DELL’ARTE: Professione [nella Commedia meta-teatrale Il Teatro comico (1750) di Carlo
Goldoni].
È la definizione più usata, ma tarda.
Commedia (in senso generico)  Si riferisce al Genere drammatico spettacolare, ma bisogna tenere
presente che il Repertorio dei Comici dell’Arte non era limitato solo al Genere comico.
Principalmente veniva richiesto loro la Commedia; tuttavia, una peculiarità di cui andavano fieri e che
evidenziavano quando proponevano i loro Spettacoli a un Committente è il fatto di dire: «Siamo una
Compagnia che può mettere in Scena qualsiasi Genere». I Comici dell’Arte devono essere sempre in grado di
offrire Spettacoli adattabili al Pubblico sempre diverso che possono trovarsi davanti.
Molti elementi che contraddistinguono la Commedia dell’Arte come fenomeno non sono particolarità e
caratteristiche solo ascrivibili agli Italiani.
ES: Amleto di William Shakespeare

Arte  Fa riferimento alla Professione


Questa Locuzione, in un testo scritto, si trova la prima volta nel 1750, in una Commedia meta-teatrale di
Goldoni, il quale cercherà di andare oltre alla Commedia dell’Arte.
- COMMDEDIA DEGLI ZANNI: Zanni è il Nome generico del Personaggio sempre presente del Servo.
Zanni, dal dialetto veneto/lombardo è una contrazione del Nome Giovanni. È come dire Tizio: non si sa o
non interessa sapere il Nome del Servo, quindi lo si chiama Zanni.
Questa Locuzione ebbe una fortuna più breve nel tempo, ma mette l’accento su un aspetto importante
degli Spettacoli della Commedia dell’Arte soprattutto del primo periodo.
Per un certo periodo questa Forma Spettacolare vien chiamata così ponendo l’accento sul fatto che questi
sono Personaggi importanti nell’economia dello Spettacolo.
- COMMEDIA ALL’IMPROVVISO
Improvviso  Fa riferimento alla Pratica Scenica, alle modalità con cui si realizza lo Spettacolo/Recitazione:
una Pratica Scenica non fondata su un Testo drammatico prestabilito.
Non ci sono Testi con Battute e Didascalie che gli Attori debbano imparare a memoria  Caratteristica
importante: IMPROVVISAZIONE (anche se non è improvvisata).
Questo è un elemento che un po’ tutti conoscono, anche se la Commedia dell’Arte non è più una Forma di
Spettacolo vitale.
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Il concetto di Improvvisazione, legato originariamente alla Commedia dell’Arte e in sé come pratica, è
qualcosa che tutti hanno ben presente, anche volendosi limitare all’ambito del Teatro.
Con Improvvisazione si intende qualcosa che non corrisponde all’effettiva pratica  Si trattava di una
Tecnica articolata e piuttosto complessa e difficile per chi non era Professionista. Essa veniva imparata e
acquisita nel tempo, fin da piccoli.
Una caratteristica fondamentale di queste Compagnie è che si trattava di COMPAGNIE FAMIGLIARI, due o
tre nuclei famigliari: esse coinvolgevano da subito negli Spettacoli i figli, i bambini anche in tenera età.
I ragazzi si formavano fin da piccoli alla Pratica Spettacolare quindi anche alla Tecnica dell’Improvvisazione.
Vediamo gli elementi di quel Contratto dettagliato che ci permettono di avere un’idea dell’organizzazione e
del lavoro di questa Compagnia e delle altre Compagnie che già operavano all’epoca.
ATTO DI COSTITUZIONE DI UNA “FRATERNAL COMPAGNIA”
1545 – Indizione 3 [Periodo dell’Anno legale], giorno Mercoledì 25, mese Febbraio, Padova, in contrada San
Leonardo, nella Residenza notarile, piano terreno.
Desiderando i sottoscritti compagni, cioè ser Maffeo detto Zanini da Padova, [e i nomi degli altri sette]
costituire una fraternal Compagnia, che debba durare fino al primo giorno della prossima Quaresima
dell’anno 1546, e che abbia inizio nella settimana successiva alla prossima Pasqua, hanno insieme concluso
e deliberato, affinché tale Compagnia possa durare in amor fraternal fino alla data stabilita senza alcun
odio rancore e divisione, di fissare e osservare […] tutti i seguenti Articoli, […] sotto la pena della perdita dei
denari di seguito indicati.
Prima di tutto hanno di comune accordo eletto come Capo, nel recitare le sue Commedie di loco in loco il
suddetto Ser Maffeo, al quale tutti i suddetti Compagni […] devono prestare obbedienza di fare tutto quello
che lui comanderà […].
[…] i Compagni predetti così d’accordo hanno stabilito e deliberato che si debba avere una Cassella, […]
nella quale ogni giorno che si guadagnerà si riponga ora un Ducato, ora più o meno, secondo i guadagni che
si otterranno; la quale Cassella non possa mai essere aperta, né da essa togliere denaro alcuno, senza
l’espresso consenso e volontà di tutta la Compagnia. […]
Inoltre, che si debba comprare un cavallo a spese della Compagnia, con il quale portare le robe dei Fratelli di
loco in loco.
Inoltre, che venendo la Compagnia a Padova […] i denari che si troveranno nella Cassella, siano divisi
egualmente. […]
I puntini indicano che questi concetti vengono ripetuti molte volte.
Durata del Contratto: meno di un anno (un anno meno quaranta giorni)  All’epoca e per lungo tempo,
anche quando si lavorerà durante la Quaresima, il periodo viene chiamato ANNO COMICO, Anno del Teatro
drammatico.
Il Contratto viene sottoscritto Mercoledì 25 Febbraio – la data di Sottoscrizione non corrisponde alla data di
inizio della validità del Contratto – ma deve iniziare nella settimana successiva alla prossima Pasqua e finire
nel primo giorno della prossima Quaresima.
Durante la Quaresima non si recita. La durata del Contratto esclude la Quaresima.
Il 25 Febbraio è il Mercoledì delle Ceneri ovvero il primo giorno di Quaresima, viene stipulato il Contratto
che avrà decorrenza dopo la Pasqua, più di quaranta giorni dopo.
Tra la data di stipula e quella di decorrenza c’è un periodo di 40 giorni in cui non lavorano. In quel periodo
che facevano le Compagnie che si erano sciolte?
I quaranta giorni successivi erano un periodo in cui le Compagnie si scioglievano e si ricomponevano,
organizzavano i giri, prendevano accordi, mettevano a punto i Contratti con le Piazze nelle quali esse
sarebbero andate  Periodo usato per l’organizzazione, perché non si poteva recitare.
Questa abitudine permarrà: anche nel Settecento-Ottocento abbiamo ampia Testimonianza di questo.
Ser Maffeo: eletto come Capo, Direttore della Compagnia.

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Viene stabilita la natura del Commercio: recitare le sue Commedie di loco in loco  Con sue si intende o di
sua composizione o più probabilmente che si recitavano le Commedie, gli Spettacoli che decideva lui.
Cassella: Cassa comune
Dopo quasi un anno, quando torneranno a Padova – la città di partenza – si dividono i guadagni, perché se
rubano i soldi rubano tutto. Prima della fine del giro, per poter aprire la Cassella, tutti devono essere
d’accordo altrimenti non viene aperta.
Perché decidono di fare una Cassa comune nella quale tutti i guadagni vengono messi e non sono invece
distribuiti equamente?

Probabilmente perché, considerata la natura di questo lavoro esercitato di loco in loco – è un’ATTIVITÀ DI
GIRO, che dura quasi un anno – la decisione di non suddividere i guadagni è una misura finalizzata a evitare
uno smembramento della Compagnia.
Uno degli Zanni era quasi sempre la Star, l’elemento di maggior successo della Compagnia ed egli poteva
ricevere un’offerta da parte del Signore/Committente presso il quale la Compagnia si era fermata.
Se egli avesse accettato, mancando poi l’elemento di maggiore attrazione, la Compagnia poteva fallire,
disgregarsi.
Quindi decidere di non suddividere gli incassi poteva essere finalizzato ad essere un deterrente dalla
decisione di qualcuno di lasciare la Compagnia per un’offerta diversa.
A proposito degli Zanni:
«Fin dal primo Cinquecento il nome [Zanni] designa i Personaggi dei Servi o Facchini [comunque uomini di
bassa condizione sociale, analfabeti] di area padana; analoghi Personaggi si trovano in area meridionale.
[…] Agli inizi, nel Settentrione, numerosi Zanni compaiono negli Spettacoli di Piazza e di Palazzo,
generalmente adoperando la Lingua bergamasca, indicativa della loro origine, sovente in comico contrasto
con quella veneziana del Magnifico […].»
cit. Siro Ferrone, La Commedia dell’Arte. Attrici e Attori italiani in Europa (XVI-XVIII secolo), Torino, Einaudi,
2014, p. 254.
Il Magnifico è un altro elemento fondante dei Personaggi che compongono la Compagnia dei Comici
dell’Arte.
Lo ZANNI  Il SERVO
Il MAGNIFICO  Il PADRONE
Nelle Commedie di Plauto e Terenzio si ritrova questa dinamica Servo-Padrone.
Questi Personaggi compaiono anche nelle Commedie Erudite di nuova composizione scritte sui Modelli
latini; esse formano il Modello degli Spettacoli dei Comici dell’Arte.
I Comici dell’Arte non imparano a memoria i Testi, ma traggono spunti per le trame degli Spettacoli che poi
mettono in Scena, cioè prendono in prestito i Soggetti, si ispirano a essi  La Drammaturgia Erudita
fornisce i Personaggi.
Servi e Padroni si connotano anche dal punto di vista linguistico.
I Servi parlano dei dialetti padani, e anche il bergamasco. Lo Zanni di lingua bergamasca è Arlecchino: è un
Personaggio particolare, il suo creatore è un Attore.
La Lingua contrassegna anche una tipologia di Padrone, il Magnifico ovvero il Mercante veneziano:
Pantalone.
N.B. Zanni e Magnifico si esibiscono in Spettacoli di Piazza e di Palazzo in Contrasti (Sketch) comici.
Le figure degli Zanni non nascono dall’oggi al domani, sono i Giullari.
Ci sono Testimonianze a proposito del fatto che sono soprattutto gli Zanni, gli Attori di maggior successo,
che sono tentati di slegarsi dalle Compagnie, di tornare a un’Attività più solitaria, perché possono essere più
autosufficienti.
A questo proposito c’è una Testimonianza del 1570:
«[...] spesso il Re vuol Commedie ancor che [gli Attori] sieno cosi cativi, anzi pessimi, che non vi è altro che il

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Zanni, che sia buono, et il Re piglia grandissimo piacere et gli dà 45 Scudi per settimana per suo vivere.»
cit. Lettera di Borso Trotti al Duca Alfonso II d’Este del 25 Dicembre 1570, citata in Otto G. Schindler, “Il
famoso Tabarino”: una Maschera italiana tra Vienna, Parigi e Napoli, in Commedia dell’Arte e spettacolo in
musica tra Sei e Settecento, a cura di A. Lattanzi e P. Maione, Napoli, Editoriale Scientifica, 2003, p. 154.
Spesso il Re vuole Spettacoli con Attori che non gli importa che siano cattivi, purché lo Zanni sia bravo.
I Nobili, tra cui il Re, apprezzano e danno la mancia allo Zanni che può essere invogliato a restare a Corte,
come facevano coloro che venivano denominati i Buffoni.
C’è un legame anche nell’attitudine di questi Attori a sganciarsi da un Contesto di Compagnia.
Questi Personaggi, Servi e Padroni, che si esibiscono in Sketch comici, sono testimoniati dalle prime
immagini che li raffigurano.
Questo sono i primi Documenti iconografici, anche se sono già dell’ultimo quarto di secolo, quando le
donne erano entrate a far parte delle Compagnie.
ES: Il Magnifico sta per mettere fine a una lite scoppiata tra due Zanni a causa di un piatto di maccheroni.
La Fame è una caratteristica fondante del Personaggio dello Zanni. Egli ha fame anche se ha mangiato per
due ore di seguito, perché è una Fame insaziabile, quindi interviene il Magnifico.
N.B. La Scenetta viene definita, nell’ambito della Commedia dell’Arte, LAZZO COMICO.
DEF. LAZZO: Il suo Etimo può rimandare al Latino Actio, oppure – come sembrano preferire i Comici stessi –
al Volgare Laccio, che meglio ne indicherebbe la Funzione strutturale nell’Economia dello Spettacolo:
costituire oltre che il punto di forza della Comicità zannesca, il «Ridicolissimo» (e non di rado osceno […])
ponte di connessione tra Episodi diversi della Trama rappresentata. […].
cit. Roberto Tessari, Il mercato delle Maschere, in Storia del teatro moderno e contemporaneo, a cura di R.
Alonge e G. Davico Bonino, I. La nascita del teatro moderno. Cinquecento-Seicento, Torino, Einaudi, p. 166.
Questa Definizione precisa ci dice che il Lazzo serve a divertire; esso è divertente di per sé anche se non
racconta nulla.
I Lazzi sono punti di connessione che, sebbene con la Trama non hanno necessariamente qualcosa a che
vedere, sono molto divertenti.
Essi sono anche utili a caratterizzare i Personaggi, perché una lite è la contesa per il cibo o per altri motivi.

ES: Il Magnifico rimprovera lo Zanni perché lo sta spidocchiando con troppo vigore.
ES: Il Magnifico canzonato dalla fanciulla e dallo Zanni. Ambrogio Brambilla, Lazzi di Comici dell’Arte
(particolare), Italia, Roma, 1575-1590. Xilografia. – Londra, British Museum.

L’ingresso della donna fa fare uno scatto alla qualità e all’apprezzamento degli Spettacoli, perché inseriva
un elemento che poteva, più efficacemente di prima, dare vita a una Storia, a una vicenda che andasse al di
là delle Buffonate, che spesso erano fine a sé stesse  C’è una Storia se c’è la donna Protagonista della
Trama amorosa.

I Personaggi femminili erano già presenti nelle Commedie, ma prima dell’ingresso della donna – datato
intorno al 1560 – erano interpretati da uomini.
Con l’ingresso della donna, che assume su di sé i Personaggi femminili, queste parti si arricchiscono
enormemente, perché la donna ha peculiarità e una gamma espressiva diversa  La donna è un elemento
importante e non accessorio, soprattutto nel Cinquecento.
«[…] entrando a far parte di una «Fraternal Compagnia» la donna Attrice […] acquisiva una personalità
civile e artigianale fino a quel momento sconosciuta, diventava una lavoratrice che chiedeva il rispetto
dovuto a un «Mestiere» o a un’«Arte», si segnalava come elemento costitutivo e determinante di un
processo di produzione collettivo destinato alla pubblica circolazione […].»
cit. Siro Ferrone, La Commedia dell’Arte. Attrici e Attori italiani in Europa (XVI-XVIII secolo), Torino, Einaudi,
2014, pp. 40-41.
Negli anni Sessanta, tra le prime notizie che abbiamo di donne Attrici, ne abbiamo due molto brave di area
emiliana (Mantova) che sono Capocomiche, sono il Capo della Compagnia.
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L’Attrice Isabella Andreini non era formalmente il Capo della Compagnia, ma era la Star e aveva pieno
potere decisionale.
Troviamo figure femminili di grande spessore dal punto di vista del Management nel Cinquecento.
LEZ. N° 9 – 09.11
Abbiamo cominciato a vedere la Composizione dei Personaggi tipici (TIPI FISSI) che intervengono nel
Fenomeno spettacolare che è stato denominato in vari modi tra cui Commedia dell’Arte. Esso è un
fenomeno di lunga durata, che va dalla metà del Cinquecento alla fine del Settecento, per cui individuiamo
come data di nascita il primo Contratto stipulato da un gruppo di uomini davanti ad un Notaio a Padova.
Le informazioni che abbiamo ricavato connotano l’Attività di tutte le Compagnie di Comici dell’Arte da quel
momento in avanti.
Goldoni cercherà di far progredire il Teatro italiano e in una certa misura ci riesce.
Ciò fa capire come la Commedia dell’Arte sia una Forma di Spettacolo, per quello che concerne anche la
Composizione dei Testi messi in scena e la Pratica recitativa, che permane con le sue proprie caratteristiche
e che connota il Teatro drammatico, di prosa, fino alla fine del Settecento.
I Documenti figurativi segnalano che i Personaggi più importanti, principali fino a un certo momento
appartengono a due categorie: gli ZANNI (Servi) e i VECCHI (Padroni); ad essi si deve aggiungere anche la
Categoria degli INNAMORATI  Categoria che di per sé esiste fin dai primi Spettacoli di cui abbiamo
conoscenza; ma essa comincia ad acquistare una particolare importanza quando, intorno agli anni Sessanta
del Cinquecento, le donne iniziano a interpretare i Personaggi femminili.
Ci sarà un breve periodo in cui vi sono Attori maschi che continuano a mantenere anche il Ruolo femminile.
Questo fenomeno lo si vede in Francia e soprattutto in Inghilterra, perché è un fenomeno che permane più
a lungo che nei Paesi occidentali.
Categoria degli ZANNI
Gli Zanni i qualificano e si distinguono l’uno dall’altro in due Sotto Categorie: lo ZANNI FURBO (1°) e lo
ZANNI SCIOCCO (2°). Essi hanno caratteristiche e Funzioni diverse.
Questa Numerazione/Graduatoria quando si tratta di definire quale dei due sia il più amato dal Pubblico,
abbia più successo e faccia più ridere, va invertita: è lo Zanni Sciocco ad essere più importante per lo
Spettacolo.
L’Attore che interpreta lo Zanni è quello che causerebbe maggior danno se dovesse lasciare la Compagnia,
se si facesse lasciato tentare da un Signore a cui piacciono le sue esibizioni; egli è il più insostituibile.
Lo Zanni Furbo e lo Zanni Sciocco hanno Funzioni diverse: entrambi hanno Funzione di obbedire agli ordini
dei rispettivi Padroni. A questa Coppia sempre presente corrispondono due Padroni, anch’essi diversi nelle
loro caratteristiche.
Nello svolgimento della Trama, che è esile, lo Zanni Sciocco ha la Funzione di rallentare lo sviluppo
dell’intreccio  Il Padrone dà al suo Servo una Missiva da consegnare al Personaggio X e lui la consegna al
Personaggio Y per errore; questo errore crea problemi, conflitti e confusione.
Lo Zanni Furbo – dopo che la vicenda è andata avanti un po’ e lo Spettatore sa l’errore commesso, per cui si
diverte a vedere lo scompiglio che sta causando questo errore – capisce come le cose erano andate e
magari se ne approfitta, ed essendo l’unico che capisce qualcosa di cosa è successo, è in grado di rimettere
le cose apposto.
È solo passato del tempo in cui il Pubblico si è divertito. Infatti, le cose si rimettono apposto e non lasciano
grossi segni.
In quel trascorrere di tempo, vengono coinvolti vari Personaggi i quali hanno creato delle situazioni
comiche, ma nello svolgimento della Trama, non è successo quasi nulla. Non sono azioni in grado di
cambiare le cose nella sostanza.
Allo Zanni Furbo e allo Zanni Sciocco corrispondono dei Nomi  Brighella, Frittellino e Scapino (Zanni
Furbi) Arlecchino, Trappolino, Mezzettino (Zanni Sciocchi).

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I Nomi corrispondono in origine a degli Attori che li hanno inventati per cui sappiamo chi sono i primi
Creatori. Poi, per alcuni dei Personaggi la loro Fortuna supera il Creatore: Arlecchino continua a essere
interpretato, verrà assunto come Personaggio da altri Attori, che a loro volta gli conferiranno caratteristiche
anche proprie.
Categoria dei VECCHI
Vi sono due Categorie di Vecchi.
Il Magnifico è la persona agiata, che ha una certa autorità, tipicamnete è un Mercante.
Questo Termine assume poi nel tempo, a seconda degli Attori che intraprendono questo Personaggio, delle
Denominazioni diverse, come ad esempio Pantalone.
Il Dottore è una persona autorevole che si distingue non in virtù dei soldi ma della propria Cultura, che
spesso si rivela una Cultura fasulla, della quale non si sa avvalere.
Esso, tra tutti i Personaggi, è quello che si distingue per la sua Verbosità: è un gran chiacchierone che parla
usando Terminologie alte, ma parla a vanvera.
I due Vecchi in un momento dello Spettacolo fanno la figura degli sciocchi, anche se alla fine il Magnifico
ristabilisce la sua autorità.
Speso si crea una situazione in cui il Magnifico, in virtù della sua posizione sociale, si innamora della
Giovane e vorrebbe sposarla
In Francia, dove questi temi vengono trattati negli stessi periodi, si vede che spesso il Vecchio vuole
concupire la Giovane e quindi è interessato più al lato sessuale che a un matrimonio.
In ogni caso, l’aspirazione del sentimentale del Vecchio va sempre a finire male.
L’Intreccio amoroso, che c’è sempre – specialmente quando la donna Attrice entra nella Compagnia – e che
è contrastato, viene coronato dal successo, anche con la benedizione e il bene placito del Magnifico, che
torna al proprio posto, il posto che l’età gli assegna.
Ache per quanto riguarda il Dottore abbiamo Attori che anteponendo il Dottor aggiungono un Nome che si
scelgono: Balanzone, Scatolone (qualsiasi cosa che preferibilmente finisca con -one), Graziano.
Questi Personaggi si conoscono perché sono legati al Carnevale: sono dei residui che sono rimasti nella
Cultura popolare. Il Carnevale si è appropriato di queste Maschere che derivano dal Teatro.
Questi Personaggi non nascono dal nulla nel Teatro e nella Commedia dell’Arte
Non c’è né una data di nascita né una primogenitura di questo genere di Personaggi: sono Personaggi che
propongono, nei loro rapporti e nelle loro dinamiche sociali, delle relazioni che troviamo anche facendo
fatica, anche nella Società contemporanea.
Analizzando con l’intenzione rivolta a riscontrare queste Categorie, anche dele Sit-Com, si riesce a trovare
la dinamica che regola questi Personaggi nella Commedia dell’Arte.
N.B. Personaggi, Dinamiche e Storie che derivano dalle Commedie Erudite, che cominciano a essere scritte
fin dall’inizio del Cinquecento: nuove Commedie che venivano prodotte e mese in scena nelle Corti.
È tutto materiale che gli Attori Professionisti, rielaborano: cioè Trame rielaborate e proposte al Pubblico con
soluzioni e variazioni potenzialmente infinite.
Si aggiunge anche un altro Personaggio: il Capitano. Esso è l’unico Personaggio singolo, che non si presenta
come Tipologia in Coppia, anche se ce ne sono vari di Capitani.
Gli altri Personaggi si trovano sempre in Coppia, cioè ne troviamo almeno due, ma possono essere anche
più Coppie. Il Capitano, invece, è un Personaggio che nel tempo sarà sempre meno presente e si presenta
come Personaggio unico, con caratteristiche sue personali.
Il Capitano viene spesso caratterizzato come Straniero: si connota come spagnolo, napoletano.
La Situazione italiana è unificata in modo labile dalla Cultura e dalla Lingua, ma non da Confini politici.
N.B. La Commedia dell’Arte è un fenomeno che si sviluppa soprattutto nel Settentrione. Poi anche il
Meridione avrò uno sviluppo simile con l’introduzione di una serie di Personaggi suoi propri (ES: Pulcinella)
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che seguiranno lo stesso Schema e lo stesso Sistema produttivo degli Spettacoli.
Ma nella seconda metà del Cinquecento, nel periodo nascente, il Capitano si connota in area centro-
settentrionale come napoletano e viene considerato Straniero.
Parlare napoletano o spagnolo a un Pubblico che li percepisce come qualcosa d’altro significa fare
riferimento alla Dominazione spagnola, che coinvolgeva anche il Nord d’Italia.
Egli inoltre è un Capitano, un Soldato, quindi si connota come Rappresentante della Dominazione spagnola.
Il Capitano si connota come smargiasso, vanaglorioso e vigliacco. Egli trascorre vari minuti a vantarsi delle
priorie prodezze e imprese passate. Poi però messo alla prova si sgonfia. Questo è motivo di divertimento e
di godimento da parte di chi lo vede fare la figura del fesso.
Il Capitano ha un’antica ascendenza perché discende dal Miles gloriosus di Plauto: c’è un Modello preciso
dal punto di vista letterario.
È un Archetipo che non costituisce l’assoluto Prototipo, ma sono Personaggi universali
ES: Il Capitano e lo Zanni non vogliono tornare nei loro Paesi di origine perché qui mangiano e bevono.
Un tratto tipico dello Zanni è quello della Fame inesauribile. E anche il Capitano si ritrova ad avere questi
tratti in comune con lo Zanni.
Il Capitano è un povero disgraziato, anche se fa il gradasso.
In questo caso, il Capitano si qualifica come tedesco (si aggiunge un’altra variante) e lo Zanni è bergamasco.
Si crede che, in origine, la tipica Parlata degli Zanni e del primo Arlecchino fosse il Bergamasca.
Anche se Arlecchino non era bergamasco: il suo probabile Creatore era di Mantova, ma connota la
Maschera con una Parlata bergamasca, che non è considerata nemmeno ai giorni nostri la parlata più
raffinata del mondo.
Questi Stereotipi sulle Parlate in questo caso hanno un collegamento con l’attualità dell’epoca.
Molti Contadini, abitanti delle montagne bergamasche, delle Prealpi, in quel periodo prima della Pace di
Cateau-Cambresis vissero periodi ripetuti di invasione, tra cui quella spagnola.
Il Nord era un territorio di continui passaggi di Truppe: non era un campo di battaglia ma una zona di
transito. Questi passaggi portavano razzie dei territori, a cui si legarono periodi di carestie.
Quindi, ci fu un processo duraturo di emigrazione dalle montagne, che venivano abbandonante anche solo
per scappare dalle zone di transito delle varie Truppe.
Essi si diressero nei territori che rimasero al di fuori di questo movimento di conquista, cioè la Repubblica di
Venezia. A Venezia questi Pastori, Contadini, scappati dalle loro zone d’origine, trovano lavoro nelle
pianure, diventando i Servi di qualcuno.
Quindi, connotare come bergamasco il Servo della Commedia dell’Arte non è scelta a caso, ma è un
Riferimento.
Se le vicende si svolgono a Venezia, laddove ci sia il Magnifico veenziano, il suo Servo è originario dalle
montagne, dalle aree impoverite.
Il Tedesco potrebbe essere un componente di quelle Truppe che scesero dalla Germania in occasione del
Sacco di Roma. In molti casi, alcuni sbandati si fermarono nei vari territori.
Il Costume del Capitano si connota come un Costume all’antica, rimarrà sempre con un riferimento a
qualche cosa di vecchio, di sorpassato  Esso è il Costume delle Guardie svizzere del Papa, le quali sono
Guardie tedesche, rimaste a protezione del Papa.
Struttura minima di una Compagnia
- Zanni  Almeno 2
- Vecchi  Almeno 2
- Capitano  Opzionale
- Innamorati  Almeno 2

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Tra le Testimonianze figurative più antiche che abbiamo, vi sono anche degli Affreschi.
ES: Alessandro Scalzi detto il Paduano, Affreschi della Narrentreppe (Scala dei Buffoni), 1575-1579 [1568]. –
Trausnitz Castello di Landshut, Germania (Baviera).
Essi si trovano in un Castello in Baviera, i quali adornano una Scala a chiocciola. Salendo la Scala, possiamo
ricostruire una sorta di Trama degli sketch che erano presenti nelle Commedie dell’Arte.
Non si tratta di una Costruzione di fantasia, i Personaggi non sono stati messi insieme in certe situazioni
tipiche; ma gli Affreschi sono stati realizzati qualche anno dopo, che in quel Castello si era organizzato uno
Spettacolo con i Personaggi della Commedia dell’Arte – non usando solo Attori Professionisti, ma riuscendo
a individuare anche le Tecniche recitative e certi Moduli compositivi che erano già conosciuti.
Quello della Commedia dell’Arte è un fenomeno in cui i Comici itineranti compiono le loro tournée al di
fuori dell’Italia già intorno agli anni Sessanta. Nei primi tempi essi si fermano nelle Aree di Lingua tedesca e
di Religione Cattolica: Sud della Germania, Austria; successivamente i Paesi dell’Est, la Francia e i Paesi
Bassi. Poi anche la Spagna.
Alla fine del secolo viene coinvolta anche l’Inghilterra, dove però questo Genere spettacolare non si
sedimenterà.
Sappiamo chi va per la prima volta in Spagna e in che cosa consiste la sua Attività, che per una volta si
stabilizza ed è in grado di lavorare di concerto con gli Attori locali e le Autorità locali che regolavano le
Attività spettacolari.
Egli entra nelle Istituzioni ed è in grado di portare dei cambiamenti anche nell’Organizzazione degli
Spettacoli; per esempio, porta a un parziale superamento dei divieti che in Spagna erano stringenti alle
Rappresentazioni in molti giorni della settimana  Riesce a liberalizzare il Teatro.
Si tratta di un Attore il cui Personaggio era uno Zanni: il suo Nome d’Arte famoso nei Documenti spagnoli,
ed è tutt’ora conosciuto come Zan Ganassa (Ganascia, Guancia con riferimento all’attività masticatoria del
Personaggio).
Zan Ganassa aveva una moglie importante; i due vanno in Spagna dove si fermano molti anni.
La moglie si chiama Barbara Flaminia (interpretava il Personaggio dell’Innamorata) ed è una delle due
donne – l’altra è Vincenza Armani associata con un Pantalone – tra le prime di cui abbiamo notizia alla fine
degli anni Cinquanta, come attive a Mantova, e le quali erano anche Capocomiche.
Flaminia è una delle prime Attrici ad essere descritta nella sua Azione scenica da un Erudito mantovano.
ES: François Bunel il giovane, Attori della Commedia dell’Arte, 1580-1585 ca. Olio su Tela. – Beziers, Musée
des Beaux-Arts.
Sembra quasi una Foto di famiglia.
Esso raffigura dei Comici dell’Arte non in posizioni neutre: lo Zanni Furbo tocca la barba del Magnifico, lo
alletta e intanto gli fa le corna alle spalle, dietro la testa.
Ci sono anche dei passaggi di bigliettini tra gli Innamorati  La donna è raffigurata in un Costume molto
libero. Ci sono altri casi simili di raffigurazioni cinquecentesche di Attrici, senza connotarle. Non si legge un
atteggiamento censorio o di giudizio che faccia riferimento alla scarsa moralità della donna.
Queste Immagini più discinte andranno poi calando fino a esaurirsi completamente nel corso del Seicento,
in corrispondenza con l’accentuarsi delle critiche da parte della Chiesa rivolte ai Comici dell’Arte.
ES: Compagnia dell'Arte , Francia, sec. XVII, Dipinto. – Parigi, Giraudon Collection.
Vediamo una Compagnia di Comici in un Teatro, che presenta un’Ambientazione scenografica che
conosciamo come impostazione tecnica: è una Scena fissa di Città.
N.B. Il Sistema scenotecnico descritto da Serlio si diffonde in Europa e avrà una diffusione più persistente
rispetto all’Italia, dove si diffonderà invece la Scenografia mobile.
ES: Maschere in cuoio di Arlecchino, Italia, sec. XVII. – Parigi, Bibliothèque Nationale de France (a sinistra),
Bibliothèque de l’Opéra (a destra).
Maschere che si riferiscono al Personaggio dello Zanni.
Ne sono sopravvissute poche perché sono realizzate soprattutto il cuoio, poi con applicazioni di peluria.

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Sono mezze Maschere che lasciano parte inferiore del viso libero per la Parola e per le Espressioni della
bocca soprattutto.
N.B. Nell’ambito della Commedia dell’Arte il Termine MASCHERA è usato come sinonimo di Personaggio.
Si parla di Maschere anche quando si parla dei Capitani e anche degli Innamorati, i quali, questi ultimi, non
indossano l’Accessorio scenico della Maschera.
I Personaggi vengono chiamati Maschere, con riferimento alle caratteristiche fisse dei loro Personaggi 
Più che di Personaggi si parla di TIPI FISSI.
Sono Maschere perché hanno caratteristiche che di Personaggio in Personaggio cambiano poco e
mantengono caratteristiche di base comune.

Anche gli Innamorati rientrano in questa Categoria: essi indossano la Maschera del loro vero volto: il volto
della Gioventù, della Bellezza.
Eccezione  L’Attrice Isabella Andreini, che si esibì al Teatro Mediceo nel ruolo dell’Innamorata, continuò
a interpretare il Personaggio fino alla morte (a 42 anni). Lei non lasciò mai quel Personaggio.
L’Innamorato deve essere giovane, ma se è bravo può continuare ad avere successo a prescindere dal fatto
di avere un’età nella quale magari le altre Innamorate passavano al Personaggio della Serva – ci saranno
anche Serve, Nutrici donne: vi sono sia Serve giovani che costruiscono intrecci amorosi con i Servi, sia Serve
anziane che sono comunque utili all’intreccio.
I Componenti delle Compagnie non sono sempre gli stessi per tutta la loro vita, ma tuttavia vi sono nuclei
famigliari che tendono a rimanere uniti.
Nessuno può seguire le Compagnie essendo unicamente un peso, ma tutti devono dare il loro contributo,
anche i bambini.
I singoli Attori avevano la possibilità, a seconda della loro abilità e della loro importanza nella Compagnia, di
personalizzare la Tipologia di Personaggio da loro recitato, conferendo caratteri particolari e individuali.
Per ogni Categoria ritroviamo il Nome proprio di alcuni Personaggi e loro rispettivi Creatori:
- Trappolino: G. Battista Fiorillo
- Scapino: Francesco Gabrielli
- Capitan Spavento: Francesco Andreini
- Arlecchino: Tristano Martinelli
Arlecchino è l’esempio massimo del Personaggio che sopravvive al suo Creatore. Il suo Creatore fu l’Attore
di maggior successo tra i due secoli.
Vi sono altri Personaggi che furono interpretati solo dall’Attore che li creò.
Arlecchino non persiste perché fu un Personaggio più gradito e raggiunse maggiore successo rispetto ad
esempio allo Zanni Furbo Beltrame – il nome è dovuto al fatto che egli riesce a intessere trame in senso
negativo, a ordire intrighi con grande abilità.
Questo Personaggio ebbe successo in vita, ma non fu ripreso da altri Attori.
A volte il fatto di non essere ripreso da altri Attori è anche indice della difficoltà da parte di altri Attori di
affermarsi in quel Personaggio, perché il Pubblico lo identifica troppo con il suo originale interprete.
Nel corso del Seicento, ci sono stirpi di famiglie di Attori di Comici che continueranno con queste Tipologie
di Personaggi; però, nel tempo, i Personaggi e le Storie tenderanno a cristallizzarsi, non vi saranno
sufficienti spinte di innovazione, anche perché gli Spettacoli avevano successo.
ES: Comici italiani alla Corte di Carlo IX, 1572-1576 ca. Olio su tavola. – Bayeux, Musée Baron Gérard.
È raffigrata una Compagnia al Completo.
Vi è un Ragazzo con un Costume particolare: è un Costume da lavoro, da Garzone composto da un
camicione bianco sporco e dei pantaloni larghi.
Le fonti figurative fino a un certo momento raffigurano quel Costume di un colore bianco sporco, forse
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perché era davvero sporco.
Qui, l’abito comincia a trasformarsi, come se fosse macchiato, come se ci fossero delle toppe  L’Abito di
Arlecchino a losanghe che si va formando.
Il Costume di Arlecchino diventa sempre più astratto. Si nota in alcune raffigurazioni come, nel tempo, le
decorazioni del Costume vanno sempre più stilizzandosi fino a diventare delle losanghe perfette. Nel
Settecento diventa quasi una Calzamaglia che avvolge perfettamente il bel corpo dell’Attore.
ES: La Serenata, Francia, 1580 ca. Olio su tavola. – Drottningholm, Teatermuseum.
ES: Duello tra Arlecchino e Francatrippa. Francia, 1580 ca. Olio su tavola. – Drottningholm, Teatermuseum.
Queste sono Immagini di Lazzi.

La Denominazione COMMEDIA ALL’IMPROVVISO risulta vincente all’inizio e nel corso del tempo.
Il riferimento all’Improvvisazione distingue questo tipo di Commedia da quella imparata a memoria.
N.B. Con questo Termine si fa riferimento alla Pratica Scenica, alla Tecnica recitativa utilizzata.
In questi Spettacoli non vengono usati i Testi drammatici, a Stampa o Manoscritti, scritti in forma letteraria
distesa, che possiamo definire DRAMMATURGIA PREVENTIVA  Testo “disteso” predisposto prima dello
Spettacolo; un Copione con Battute precise e Didascalie, più o meno estese, che danno indicazioni varie.
Non vengono usati Testi scritti da imparare a memoria, ma si usano altri Testi scritti che fanno da guida e
che vengono definiti CANOVACCI o SCENARI o SOGGETTTI.
Il fatto che in questa Forma Spettacolare si usano questi tipi di Testi ha fatto nascere l’idea sbagliata che il
Teatro dei Comici dell’Arte fosse frutto di un’estemporanea Improvvisazione priva di preparazione.
Anche se è vero che quasi mai si imparava a memoria un Testo disteso, con Dialoghi, Battute e Didascalie.
Affinché lo Spettacolo potesse essere messo in scena, era necessario che i Comici conoscessero la Storia, il
Soggetto da rappresentare.
Questo Testo all’inizio non era scritto, poi andò strutturandosi più precisamente, venendo definito
Canovaccio, Soggetto o Scenario  Questo Scritto è composto solo da Didascalie e Battute riassunte
usando il Discorso indiretto.
«Il Canovaccio [o Scenario] fu una scrittura finalizzata all'uso pratico, esclusivamente per «rammentare» ai
Recitanti, con estrema sintesi e rapidità, l'intreccio delle vicende non recitate a memoria; la sua funzione
mnemonica è espressa dall'uso di Didascalie implicite, interne al Testo, che ricordano all'interprete la
successione delle azioni, la Sequenza delle entrate e delle uscite sul Palcoscenico («si ritira/ritirano»;
«parte/partono»; «via»; «resta/restano»; «in questo»).
Questo «Promemoria», che descrive sommariamente la rappresentazione Scena per Scena, traduceva in
scrittura la Tecnica dell'Improvvisazione che sottintendeva anche uno stile di vita delle Compagnie dei
CComici «itineranti», sempre destinate a vedere spezzato il precario equilibrio delle proprie tournées per gli
imprevisti del viaggio. La sua Struttura formale [del Canovaccio] consentiva di operare con Duttilità giunte,
tagli e variazioni alla Trama, favorendo una variabilità tematica che dipendeva anche dalla presenza o
assenza degli Attori che componevano la Compagnia. Si trattava dunque di uno strumento di coagulazione
del lavoro degli Attori, un mezzo per ricostruire lo Spettacolo in itinere, in tempi brevissimi, adattabile a
Pubblici diversi, a Spazi e a Luoghi differenti».
cit. Il Promemoria della Drammaturgia all’Improvviso, in I Canovacci della Commedia dell'Arte, a cura di
Anna Maria Testaverde, Torino, Einaudi, 2007, pp. XX-XXI.
Il Canovaccio contiene semplici Indicazioni che regolano il traffico sul Palcoscenico. L’Attore memorizza
queste Indicazioni e, per essere memorizzate, esse devono essere sintetiche.
Il Termine Scenario non ha che vedere con altre accezioni del Termine  Ma Scenario = Insieme di Scene.
Imprevisti del Viaggio: un Attore che lascia la Compagnia, la malattia di un Componente della Compagnia.
Gli Attori devono essere preparati, duttili e pronti a rimodellare lo Spettacolo, togliendo o integrando certe
Funzioni che il Personaggio che viene a mancare aveva, nel proprio Personaggio.
È lo Spettacolo che deve essere costruito secondo dei criteri e gli Attori devono avere Duttilità nel
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rimodellare, secondo le necessità, lo Spettacolo  La Duttilità era a servizio non solo degli imprevisti, ma
anche per adattare lo Spettacolo a richiesta o perché lo si ritiene opportuno.
ES: Le Compagnie che si trovavano in territorio di lingua tedesca infarciranno i loro discorsi di parole che
suoneranno maccheroniche nella lingua straniera; cercheranno dei collegamenti con delle figure locali, con
dei Personaggi del folklore dei luoghi che visitano, che possono essere inseriti.
Esse cercheranno sempre un possibile collegamento col Pubblico per rendere il proprio Spettacolo più
gradito al Pubblico, che varia sensibilmente.
LINGUA PARLATA  Gli Spettacoli dei Comici non troveranno mai come ostacolo alla propria diffusione la
Lingua; non c’è mai stata alcuna Barriera linguistica per i Comici del Teatro.
Questi Attori non parlavano italiano, ma i diversi Dialetti.
Gli Spettacoli non esprimono Concetti raffinati e profondi, basta il minimo che permette di farsi capire.
Il Melodramma, ovvero l’altra Forma Spettacolare che dall’inizio del Seicento si diffonde anche al di fuori
dell’Italia avrà ancora meno problemi dei Comici dell’Arte che dovevano pronunciare delle Parole.
Nel Melodramma, fin dalle origini, le Battute, i Versi vengono ridetti più volte, ricantati in modo diverso,
con vocalizzi, quindi i concetti prima o poi si capiscono.
Anche in questo caso, il Melodramma è un Genere non presenta alcun tipo di problema di comunicazione,
per il fatto che è composta in Versi di Italiano aulico  C’è un Registro linguistico ben definito, ma la Lingua
non sarà una barriera per l’apprezzamento e la diffusione del Genere.
N.B. In Italia, vediamo come, in qualche modo, il Melodramma, per i Temi e per la Tipologia di Personaggi
che propone, diventa l’erede della Tragedia, con tutte le differenziazioni che si avranno nel suo sviluppo.
La Camerata dei Bardi – che sente come quel tentativo di riportare in vita il Dramma antico non avesse
avuto pieno successo nel Dramma Erudito, composto da Atti e da Intermezzi che non c’entrano nulla con gli
Atti – cerca di proporre quello che ritiene essere la vera forma ispirata al Dramma antico, considerando il
fatto che la Tragedia era interamente cantata.
Con il presupposto che la Tragedia fosse cantata nell’antica Grecia, prima si introduce una Tecnica chiamata
RECITAR CANTANDO: una Tecnica che doveva mettere in risalto il Valore fonetico dei Versi, quindi i Versi e
la Poesia dovevano essere comprensibili e la Musica doveva valorizzare il significato e il Valore fonetico
della Poesia cantata.
Quindi, il Melodramma, che diventa erede ideale e pratico della Tragedia in prosa, nel XVI secolo rimane nei
cassetti più che essere rappresentata.
La Commedia Erudita viene scalzata dal successo della Commedia dell’Arte, di Comici che del Testo fanno
un uso particolare.
Quindi, nell’Italia del Seicento e del Settecento, gli Scrittori di Testi teatrali li terranno nel cassetto i loro
Testi. Ci sarà una Produzione limitata sia di Testi che di Spettacoli realizzati sui Testi.
Quindi, all’inizio e nel corso del Settecento – a fronte di altri Paesi europei come la Francia (Parigi) e
l’Inghilterra (Londra), in cui si vedrà uno sviluppo della Drammaturgia (Commedia e Tragedia) e della
Scrittura drammaturgica, e di Spettacoli basati su Testi scritti imparati a memoria – in Italia, in virtù di
questa situazione particolare, alcuni Attori, uomini di Teatro si porranno la questione di riprendere le redini
della Produzione drammaturgica e di Spettacoli basati su Testi scritti.
N.B. Il Settecento è il secolo della Riforma per quando riguarda il Teatro, che però per l’Italia avranno una
declinazione diversa rispetto agli altri paesi d’Europa, nei quali la Produzione di Testi con un inizio
significativo vedrà delle evoluzioni, ma sarà tuttavia un’evoluzione continua. Quindi una Produzione di Testi
tra la fine del Cinquecento e del Seicento, che continuerà nel corso del Settecento con accezioni diverse.
In Italia, invece viene sentita da alcuni la necessità di resettare, non necessariamente con la volontà di
abbandonare i Generi e le Pratiche spettacolari che avevano ancora successo.
_______________________________________________________________________________________
Molto del successo degli Spettacoli basati sul Canovaccio – un Testo, che sia scritto o ripetuto, in fase di
preparazione – dipende dalla Perizia e dalle Capacità degli Attori, che essi acquistano fin da piccoli.
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La Tecnica recitativa basata sui Canovacci non può prescindere da Attori allenati e che abbiano imparato fin
da piccoli a recitare.
Essi dovevano cercare sia di produrre molto che di diversificare, perchè dovevano portare a Teatro lo stesso
Pubblico; non si poteva contare su un Pubblico che cambiasse continuamente riproponendo lo stesso
Spettacolo, perché una Piazza poteva avere un bacino d’utenza abbastanza limitato  Questo è uno dei
Requisiti che soddisfa questa Tecnica dell’Improvvisazione basata sul Canovaccio, perché si possono
produrre tanti Spettacoli in poco e in misura più o meno rilevante diversi tra loro.
Gli spostamenti delle Compagnie che richiedevano tempo ed erano faticosi dovevano essere compensati da
soste il più prolungate possibili; e per far tornare il Pubblico a vederli anche il giorno dopo dovevano
proporre qualcosa di diverso.
I diversi interventi specifici dei Personaggi (come i Lazzi) sono slegati dalla Trama principale, ma sono
divertenti e permettono di prolungare la durata dello Spettacolo  Sono come delle tessere che vanno a
inserirsi nel filo continuo della Trama, interrompendola provvisoriamente.
Quindi, ogni Personaggio ha la possibilità, in solitaria come Monologo, o in Coppia, di dilungarsi in una
Recitazione che non ha necessariamente un nesso tematico con la Storia che si racconta, ma è utile a
definire il Personaggio ed è divertente e piacevole.
In questi momenti, gli Attori ricorrono anche a dei Brani – soprattutto per quanto riguarda alcune Maschere
come i Vecchi, mentre le Maschere degli Zanni sono più atletiche e meno verbali – imparati a memoria, che
via via possono modificare, tratti da Letture specifiche e più tardi da Raccolte che cominciano a essere
messe insieme.
Queste Raccolte si chiamano ZIBALDONI o GENERICI.
DEF. ZIBALDONE: «Raccolta composta per accumulo nel corso del tempo, di Testi di vario tipo e argomento,
in prosa e in versi (Dialoghi, Canzoni, Novelle, Prologhi, Monologhi, Proverbi, Appunti) anonimi o d’Autore».
cit. Siro Ferrone, La Commedia dell’Arte. Attrici e attori italiani in Europa (XVI-XVIII secolo), Torino, Einaudi,
2014, p. 255.
DEF. GENERICO: «il Generico [è] una fondamentale Struttura d'appoggio all’Improvvisazione».
cit. Roberto Tessari, La Maschera e l’Ombra, Milano, Mursia, 1981, p. 88.
Sono Testi che a volte venivano elaborati dall’Attore stesso, oppure Testi che venivano commissionati a dei
Poeti.
Questi Brani che connotano nello specifico i Personaggi furono raccolti e pubblicati nel tempo.
ES: Andrea Perrucci, Dell'Arte rappresentativa premeditata e all’improvviso, Napoli 1699, pp. 167-68, citato
in R. Tessari, Commedia dell’Arte: la Maschera e l’Ombra, Milano, Mursia, 1981, p. 151.
Perrucci nel Seicento pubblica alcuni Generici in una Raccolta. Vediamo due Brani di due situazioni
specifiche diverse – perché sono situazioni ricorrenti – ma generiche – perché possono essere applicati in
Commedie diverse.
ES: Generico dell’Innamorato – Prima uscita d’amante tacito
L’Innamorato ancora non si è dichiarato né all’Innamorata né al Pubblico; quindi, è un Discorso che egli farà
da solo in Scena in cui parlerà della sua Passione ancora non svelata, così lo sa anche il Pubblico.
ES: Generico dell’Innamorata – L’Innamorata schernisce il Vecchio
Questi Brani sono tessere, che vanno adattate in base alla situazione; vi si possono aggiungere all’interno
dei riferimenti, che possono coinvolgere il Pubblico specifico.
LEZ. N° 10 – 16.11
TEATRO FRANCESE
In Francia, come contemporaneamnte avviene in gran parte di Europa, si va affermando il Professionismo
teatrale organizzato in Compagnia.
La Professione dell’Attore non ha soluzioni di continuità, anche se assume Forme diverse, poco o per nulla
istituzionalizzate nel corso del Medioevo.

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La Francia sviluppa l’Interesse per la Cultura umanistica prima degli altri Paesi europei – Italia esclusa – con
risultati che avranno grande importanza sotto il Profilo teorico e per ciò che riguarda la Scrittura
drammatica su tutto il Teatro europeo  Importante per l’Influenza sia dal punto di vista teorico che dei
Risultati della Drammaturgia sul resto d’Europa.
Alla fine del XVI secolo, i Drammaturghi francesi disponevano di Scritti terorici che definivano i Principi a cui
si supponeva dovessero attenersi per la Scrittura dei loro Testi dramamtici; ovvero dei Precetti che si spera
siano seguiti dai Dramamturghi.
Nel 1574, il Drammaturgo Jean de la Taille introduce nella Riflessione critica francese l’orientamento di
individuare le Leggi del Teatro soprattutto in Aristotele.
«L'Intreccio e il Dramma devono essere sempre rappresentati nello stesso Giorno, nello stesso Tempo e nello
stesso Luogo; e si deve anche evitare di fare in Scena qualsiasi cosa che non possa essere fatta lì facilmente
e decorosamente; ovvero non si dovrebbero rappresentare omicidi ed altre morti, simulate o in altro modo
in quanto tutti vedranno sempre che non si tratta che di una Finzione».
cit. Jean de la Taille, De l'Art de la Tragèdie, Paris, 1574, p. III, citato in Marvin Carlson, Teorie del Teatro,
Bologna, il Mulino, 1988, pp. 94-95.
L’Autore difende le tre Unità e raccomanda che certe Azioni non si svolgano sul Palcoscenico in nome della
Verosimiglianza  Non è che non devono essere rappresentate tanto Scene che disturbano per il loro
contenuto forte, ma Scene che recitate sulla Scena sono improbabili, cioè non sono verosimili. Queste cose
le aveva che aveva indicato anche Aristotele.
Un Drammaturgo rileva che il Principio della Verosimiglianza può scontrarsi con la rigida Osservanza delle
Regole.
«[nel Dramma i] lunghi intervalli di tempo […] sono necessari alla comprensione della storia [mentre certi
Autori] pensano che in una Tragedia non si possa presentare niente oltre a quello che potrebbe accadere
durante una giornata».
cit. Jean de Beaubreuil, prefazione alla Tragedia Regulus, Limoges, 1582, p. I.
Discutendo della Verosimiglianza, egli sostiene che essa viene a mancare se si intepreta l’Unità di Tempo di
una giornata con riferimento agli eventi che accadono nel Dramma.
Invece, l’interpetazione corrente di ciò che aveva detto Aristotele si riferisce al Tempo che una durata che
la Rappresentazione deve avere: essa deve essere rappresentata nel corso di una giornata e non a puntate.
Egli contesta l’intepretazione secondo la quale nel Dramma si devono raccontare vicende che non si
svolgano per una durata superiore alla giornata ovvero il fatto che il Tempo drammaturgico dovrebbe
coincidere con il Tempo dello Spettacolo.
Egli dice che nella Scrittura drammatica i lunghi intervalli di Tempo sono necessari a capire bene la storia;
quindi, li difende e li prevede.
Nella Drammturgia che conosciamo siamo abituati a Salti temporali e geografici.
N.B. Sebbene Jean de la Taille e altri stessero difendendo le Unità classiche aristoteliche, che si imporranno
nel corso del Seicento, queste Regole non furono subito e integralmente accettate dai Drammaturghi. Per
mezzo secolo, tra il Cinquecento e il Seicento, si continuò a discutere sulla loro necessità.
Le Regole non venivano quasi mai applicate alla Scrittura drammatica e, di conseguenza, nemmeno negli
Spettacoli che di questi erano la Realizzaizone scenica.
I Sostenitori degli Ideali classicisti dovettero superare le resistenze poste da una forte e ancora viva
Tradizione teatrale, legata a Generi spettacolari e a Modalità di Messa in Scena di ascendenza medievale,
cari al Pubblico popolare.
C’è una Tradizione che fa riferimento inizialmente, tra Cinquecento e Seicento, in parte ancora ai contenuti
religiosi, ma in particolare a Modalità drammaturgiche e di Messa in Scena, che hanno una persistenza
particolare in Francia, più che in Italia.

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N.B. Dall’inizio del Quattrocento, a Parigi, esisteva un’Attività teatrale pubblica, gestita fino a tutto il
Cinquecento da un’Associazione di Laici, denominata CONFRÉRIE DE LA PASSION.
Si trattava di un’Associazione religiosa composta da Mercanti e Artigiani di Parigi a cui era stato concesso di
organizzare Spettacoli religiosi. Quindi, era stata demandato loro il compito di organizzare gli Spettacoli
ossia, citando la Formula esatta con cui fu conferito questo Permesso esclusivo, «di far rappresentare
qualsiasi Mistero volessero».
Quando alla Confrérie viene dato un altro Mandato, vediamo come ancora il termine Mistero sia
conservato, ma con riferimento a Spettacoli diversi.
Il Termine Mistero verrà a mantenere il significato di Spettacolo generico, non riferito allo Spettacolo di
carattere religioso.
Nel corso del Cinquecento, gli Spettacoli allestiti dalla Confraternita furono spesso criticati dalla Chiesa, che
riteneva eccesiva la Libertà con cui venivano trattati Temi e Personaggi sacri.
Essa fu accusata di aggiungere ai Testi sacri dei Brani aprocrifi e di infarcire gli Spettacoli religiosi di Inserti
profani, di Sketch farseschi – anche per rendere più divertenti, appetibili le Rappresentazioni.
Nonostante le comprensibili critiche e le ingiunzioni da parte della Chiesa, la Confrérie continuò a farlo.
Nel 1548 il Re attraverso il Parlamento – Monarchia: Autorità sugli Spettacoli che mantenne e rinsaldò nel
corso del tempo nelle proprie mani – proibì la Rappresentazione di Drammi religiosi, anche su insitenza
della Chiesa.
Il Re accordò anche una Licenza pressochè esclusiva alla Confrérie per recitare Farse, Favole Pastorali,
Commedie, Tragicommedie, e Tragedie usando la Formula sopracitata, cioè autorizzò la Confrérie a
rappresentare qualsiasi Mistero secolare volessero.
Questo contribuì a mantenere alla Confraternita il Monopolio della Produzione teatrale parigina.
Non è solo la Confrérie che mette in Scena gli Spettacoli nei suoi spazi, ma essa inizia a dare in affitto gli
spazi, che fino a quel momento avevano usato solo loro, alle tante Compagnie di Giro, le quali fino a quel
momento avevano potuto esibirsi soltanto al di fuori di Parigi.
N.B. Parigi era già, come Londra, una Città con dimensioni tali da permettere a più Compagnie di stabilirsi
ed esercitare l’Attività teatrale stabilmente  Questo perché avevano a disposizione un bacino di Utenza
che permettava alle Compagnie di rimanere, di fermarsi in Città, proponendo Spettacoli che dovevano
anche variare.
C’era sufficiente Pubblico per offrire una certa varietà, quindi le Compagnie non sono più costrette a
muoversi.
Questa è una Fase di Passaggio lenta che non vedremo mai in Italia – se non per certi aspetti a Venezia:
l’unica Città che nel Seicento avrà caratteristiche che riguardano anche la Composizione sociale della
Popolazione e i numeri che permetterano ad alcune Attività teatrali di avere un ricambio di Pubblico, di
riproporre lo stesso Spettacolo in giorni diversi.
Questa particolarità di Parigi e di Londra rimarrà come caratteristica di queste due Città anche nei secoli
successivi.
Dopo il 1570, alcune delle Compagnie di Giro iniziano a prendere in affitto, per brevi periodi, l’HÔTEL DE
BOURGOGNE, uno spazio che la Confraternita aveva riadattato all’uso teatrale e che ospiterà nel secolo
successivo le Compagnie francesi più prestigiose.
ES: La Compagnia di Agnan Sarat in La Farce des Gueux all’Hôtel de Bourgogne di Parigi, 1590 ca. Incisione.
– Parigi, Bibliothèque de l'Arsenal.
Vediamo la Compagnia di Agnan Sarat in uno Spettacolo identificato dal cartiglio in basso. Sappiamo chi
sono, cosa rappresentano e dove.
C’è un Palco, con una sfilata di Attori al di qua del Sipario, nella parte più avanzata del Palcoscenico. Si vede
come gli Attori siano tutti uomini, benchè i due Peronsaggi centrali siano femminili.
Questa è una delle Compagnie di maggior successo, che svolgeva la sua Attività teatrale in Provincia ed è
una delle Compagnie che, più di altre, in virtù della propria popolarità, riusciva a pagarsi l’affitto, quindi
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aveva la possibilità di esibirsi per alcuni periodi nell’Hôtel de Bourgogne – non più usato dagli Attori della
Confraternita, i quali non furono mai Attori Professionisti.
N.B. La Confraternita visse periodi diversi: inizialmente, si occupò della Realizzazione, della Messa in Scena
di Misteri religiosi; poi alla metà del secolo, col divieto di mettere in Scena gli Spettacoli religiosi, si aprì la
possibilità di mettere in Scena i popolari Spettacoli che in Provincia già si vedevano, continuando comunque
la Confrérie a partecipare all’Attività spettacolare. Infine, essa lasciò ai Professionisti la Realizzazione degli
Spettacoli – rimanendo la Confraternita una figura assimilabile all’Impresario puro, cioè il Gestore della
Licenza data dal Re e dello spazio fisico che essa affitta alle varie Compagnie. Lo Spettacolo viene poi
organizzato e allestito interamente dalle Compagnie stesse.
Il Professionismo organizzato in Compagnia va diffondendosi e specializzandosi: ciò avviene soprattutto
quando devono esibirsi in Città con un Pubblico esigente.
Nel secolo successivo, le Compangie francesi più prestigiose si esibiranno all’Hôtel de Bourgogne.
La Compagnia di Agnan Sarat è focalizzata sulle Farse, incentrate su non più di quattro Personaggi tipizzati,
appartendendo questi tipi a determinate Categorie professionali.
In alcuni Documenti figurativi, vediamo, per alcuni Spettacoli, la Compagnia esibirsi insieme ai Comici
italiani – in particolare, la Cooperazione con la Compagnia dei Gelosi.
ES: Agnan Sarat e Comici italiani in Recueil de plusieurs fragmens des premières Comèdies Italiennes qui ont
esté représentées en France sous le règne de Henry III (Recueil Fossard), fine sec. XVI. Xilografia. –
Stoccolma, Nationalmuseum .
Questa fa pare di una serie di Xilografie dove si racconta anche la storia di queste Farse.
In essa troviamo la collaborazione dei Comici italiani: c’è Arlecchino, che potrebbe essere Tristano
Martinelli, dato che lui con la sua Compagnia si trovò spesso a Parigi.
N.B. Questa Collaborazione porta una importante novità in Francia ovvero la presenza femminile, le Attrici.
Questo crea anche qualche conflitto tra le Compagnie interamente composte da uomini e le Compagnie di
Comici dell’Arte che avevano anche Attrici donne.
Questi conflitti si fondavano anche sull’idea che i Comici dell’Arte praticassero una concorrenza sleale,
perché avevano anche le Attrici.
Il conflitto si risolse nel 1607 quando le donne, in particolare la moglie di un Drammaturgo comiciò a
recitare sulle Scene. Quindi, il conflitto si risolse accogliendo l’innovazione.
N.B. Le Compagnie che non riuscivano ad avere l’Hôtel de Bourgogn, si sistemavano in una Sala per il Gioco
della Pallacorda. A Parigi c’erano molte Stanze rettangolari al chiuso dove si giocava la Pallacorda.
A Londra, un po’ più tardi, saranno le Sale da Tennis a ospitare gli Spettacoli in periodo successivo.
Questi spazi si prestavano bene in termini dimensionali per cui vennero adattati all’uso teatrale: si trattava
di collocare un Palco e aggiunere delle Tribune per ospitare gli Spettatori, oltre a usare lo spazio centrale.
ES: Jeu Royal de la Paume, Parigi, 1623. Incisione. – Stoccolma, Nationalmuseum.
ES: Abraham Bosse, Interno di una Sala teatrale (Jeu de Paume?), Parigi, 1630 ca. Disegno. – Parigi,
Bibliothèque Nationale.
Quest’ultima fa riferimento a una Sala teatrale che probabilmente deriva da una Sala di questo tipo.
Anche quando questi spazi venivano usati provvisoriamente, le Comapngie doveano pagare una tassa, un
tributo alla Confraternita, che mantenne, per un certo periodo, il ruolo di gestore dell’Attività teatrale, che
sempre di più si configurava come un puro esercizio di riscossione di tasse e di incameramento dei soldi.
Intorno a 1597 cominciò la sua carriera Alexandre Hardy, Drammturgo di cui riamangono 34 Pièces. Egli
scriveva di tutto: Tragedie, Drammi Pastorali, Tragicommedie – nelle quali raramente erano rispettate le
Unità.
DEF. TRAGICOMMEDIA  Genere ibrido che mescola elementi sia della Tragedia (Tragico) che della
Commedia (Comico), cioè presenta una varietà di fatti, di avvenimenti come traversie e pericoli che l’Eroe

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doveva affrontare – questo qualifica lo Spettacolo come tragico – i quali però venivano superati e si
risolvevano in un lieto fine.
È soprattutto questo Genere ibrido, insieme a Tragedie e Commedie, che viene preso di mira da chi critica
la non osservanza delle Regole Aristoteliche, perché essa è il Genere dove, di necessità, succede di tutto: c’è
il Comico e il Tragico, ci sono vari elementi diversi, c’è la possibilità di spaziare nel Tempo e nello Spazio.
È il Genere che si prende la maggiore Libertà di svolgere la propria Trama quindi è particolarmemte
criticato.
Infatti, nel Grand Siécle – Secolo d’Oro della Drammaturgia francese, ovvero il Seicento – questo Genere
sarà ostracizzato a favore della Commedia e della Tragedia che devono sottostare alle norme
Durante la sua Carriera Hardy fu legato da Contratti a Compagnie di Attori Professionisti, che diventavano
Proprietarie dei suoi Drammi.
Questo Rapporto tra Drammaturgo di Compagnia e Compagnia lo ritroviamo nello stesso periodo anche in
Inghilterra, a Londra.
I primi lavori di Hardy furono commissionati da Valleran Le Conte, il primo importante Impresario teatrale,
che lavora a cavallo tra il Cinquecento e il Seicento.
N.B. Nonostante i tentativi di imporre al loro Pubblico la Tragedia, la Farsa – che era un Genere di lunga
Tradizione – rimase il Genere più apprezzato dal Pubblico, non solo popolare.
Per questo motivo la Compagnia doveva comprendere al suo interno Attori molto versatili.
ES: Abraham Bosse, Attori all'Hôtel de Bourgogne a Parigi, 1633 -1634, Acquaforte. – Parigi, Bibliothèque
Nationale de France .
Questi Attori avevano fatto parte anche dell’ultimo periodo di attività della Compagnia di Le Conte.
L’Immagine è interessante perché i Nomi indicati – Turlupin, Gaultier Garguille, Gros Guillaume – si
riferiscono alle Maschere, al Tipo Fisso che i tre Attori al centro usavano e incarnavano quando recitavano
la Commedia, la Farsa (i Generi Comici).
Essi sono raffigurati nei loro tipici Costumi, con caratteristiche che possono rimandare: Turlupin allo Zanni
Furbo; Gaultier Garguille al Vecchio Magnifico; anche Gros Guillaume si riferisce alla Tipologia dello Zanni.
Questi Personaggi hanno loro Caratteristiche proprie, non sono Versioni francesi dei Perosnaggi della
Commedia dell’Arte, ma sono Personaggi che sviluppano in un modo analogo il Perosnaggio come i Comici
dell’Arte, ma non derivando dai Comici. Quindi, erano Persoanggi presenti anche prima.
Sempre questi Attori assumono un Nome d’Arte quando interpretano i Personaggi delle Tragedie.
Vediamo quindi come, per la varietà di Spettacoli offerti, la Versatilità degli Attori nel Teatro francese è una
necessità. Però la Versatilità verrà sempre di più perdendosi velcemente.
C’è già la tendenza all’applicaizone di queste Regole, che vedono la necessità di distinguere nettamente i
Generi, quello Comico da quello Tragico.
Nella direzione di questa distinzione, gli Attori non è che facessero finta di essere persone diverse quando
assumevano la Maschera o il Nome d’Arte tragico, ma pur essendo le stesse persone, il Pubblico era
abituato a chiamarli con Termini diversi.
- Henri Le Grand  Turlupin (Commedia) / Belleville (Tragedia): l’Attore sarà sempre Turlupin negli
Spettacoli comici, ma l’Attore Belleville in ogni singola Tragedia assumerà un Nome proprio diverso,
quindi, interpreterà qualcun altro
- Hugues Guéru  Gaultier Garguille (Commedia) / Fléchelles (Tragedia)
- Robert Guerin  Gros Guillaume (Commedia) / La Fleur (Tragedia).
Questa Immagine è celebrativa, forse qualcuno di questi Attori era già morto.
L’Autore dell’Incisione vuole celebrare la Versatilità, ma già in quel periodo, la Versatilità non solo non sarà
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più un requisito richiesto per un certo tempo, ma anzi sarà in qualche modo cancellata, abolita dagli Attori
stessi, dando vita – non solo in Francia – a una Gerarchia, che vedrà gli Attori tragici al Vertice: è un Vertice
per quanto riguarda la valorizzazione della Professione dell’Attore.
L’Attore tragico avrà un Lustro, potrà vantare maggiore Considerazione sociale, a scapito del Comico.
Abbiamo ancora strascichi di questa Scala di Valori: come se l’Attore di maggior valore, più serio non
potesse essere l’Attore comico.
Il Comico infatti ancora oggi viene riferito alla Popolarità, anche la più bassa della Comicità.
Questo voler stabilire una Gerarchia di importanza degli Attori stessi si vede già in Francia, a Parigi, nel più
grande Drammaturgo Commediografo francese Molière.
Egli fa parte della Triade de Grandi Dramamturghi del Seicento, è l’unico Commediografo: è l’Aristofane del
Grand Siécle.
Molière era anche Attore, Maestro di Attori e inoltre, essendo anche Capo della Compagnia, ebbe
l’ambizione di proporsi come Attore tragico.
Egli era un eccellente interpete e protagonista delle sue Comemdie che seppe portare al successo grazie
alla sua intepretazione, ma ebbe l’ambizione anche di primeggiare nella Trgedia, ottenendo però scarsi
risultati.
L’Incisione è interessante perché mostra l’interno dell’Hôtel de Bourgogne. Come altri Documenti, esso è
fedele al Palcoscenico di quel periodo dell’Hôtel perchè abbiamo altri Disegni che ci danno conferma.
Le altre Immagini hanno un Impianto scenografico simile: ce n’è una in particolare che invece di avere una
coerenza nel mostrare un atrio con una sedia in fondo e alcune aperture – come quella sopra – mostra a
sinistra e a destra due Elementi scenografici contrastanti da quello che può essere l’Ingresso di un Palazzo
di una certa importanza.
A sinistra, vi sono degli scogli con appena accennato un mare alla base degli scogli e sopra gli scogli una
figura femminile nell’atto di buttarsi da essi. Mentre, a destra vi è un uscio attraverso il quale si può vedere
al suo interno e si indovina che è una stanza con un letto.
Questi Elementi scenografici dovevano servire in momenti diversi dello Spettacolo come Indicazioni
scenografiche compresenti.
N.B. Questi Disegni sono in realtà dei Bozzetti Scenografici, dei Progetti di Spettacoli che riguardano
l’Ambientazione scenografica.
Questi Progetti vengono fatti dallo Scenografo per dare Indicazioni a chi deve costruitre al Scena e si basano
sulle necessità che il Testo che si metterà in Scena presenta.
Vi sono una cinquantina di questi Disegni: essi sono tutti datati e riferiti a uno Spettacolo determinato.
Il Disegno è corredato da Appunti che descrivono ciò che si deve trovare sulla Scena.
Questo Disegno era stato preparato per uno Spettacolo di Alexandre Hardy: probabilmente si trattava di
una Tragicommedia, un Genere che mescolava eventi di natura molto diversa, infatti per la Scena erano
necessari tutti quegli Elementi che rimanevano comprensenti.
N.B. Questo mostra la persistenza della Tradizione medievale ancora negli anni Trenta del Seicento.
E fa capire come mai i Principi classicisti si affermano con difficoltà, trovando le resitenze dei
Drammaturghi, che sanno che quegli Spettacoli che presentano una grande varietà di avvenimenti
piacciono al Pubblico.
È per questo che fu deciso d’Autorità, a seguito di un avvenimento specifico di ordinare, di prescrivere agli
Autori l’obbligo di attenersi a quelle Regole.
TAVOLA (23) del 1610-1660 in Francia
Nel 1629, il Re concesse il primo Permesso permanente a una Compagnia composta in gran parte da Attori
che avevano lavorato per Le Conte di istallarsi stabilmente all’Hôtel de Bourgogne, dove rimaesero fino al
1680 con il titolo di COMÉDIENS DU ROI.

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Dal 1634 un’altra Compagnia ebbe il permesso di stabilirsi a Parigi. Essa fu denominata COMÉDIENS DU
PRINCE D’ORANGE e trovò la sua sede presso il THÉÀTRE DU MARAIS, ricavato da una precedente Sala della
Pallacorda, forse già usata dalla stessa Compagnia già in precedenza.
Da quel momento furono attivi a Parigi almeno due Teatri stabili in competizione tra loro.
ES: Luigi XIII, Richelieu e la corte assistono ad uno Spettacolo nella Sala del Palais Cardinal (dopo la morte di
Richelieu rinominato Palais Royal), 1642 ca. Dipinto. – Parigi, Musée des Arts décoratifs.
Prima del 1629 i risultati raggiunti dalla Drammaturgia francese erano molto inferiori a quelli raggiunti dal
Teatro italiano e dal Teatro inglese.
Ma, successivamente a quella data, si produssero dei cambiamenti che collocarono la Scena francese,
nell’opinione dei contemporanei, ai vertici del Teatro europeo.

Il primo grande Autore a imporsi fu Pierre Corneille (1606-1684) che, nel 1637, raggiunse una grande
notorietà con la Pièce Le Cid, una Tragicommedia che scatenò una violenta polemica riguardante i vecchi e
nuovi Ideali stilistici.
L’Opera non è originale ma è fondata sulla Pièce spagnola Le Imprese giovanili del Cid di Guillén de Castro
(1631).
Le Cid comprimeva in 5 Atti e in sole 24 ore eventi che nell’Opera originale si svolgevano nell’ambito di
molti anni e in molti Luoghi diversi – per rendere gli eventi più verosimili – e li ambientava in quattro luoghi
diversi della stessa Città.
Corneille usa un Soggetto che, per essere compreso, deve prevedere degli Intervalli di Tempo e comprime
tutti gli eventi senza rinunciare a niente di ciò che succede nella Tragicommedia in 24 ore.
Il Tema era quello del Contrasto tra l’Amore e l’Onore, una Tema classico della Tragedia.
La vicenda si svolge a Siviglia e l’Azione obbligava l’Eroe Rodrigue e l’Eroina Chimène a scegliere tra il loro
Amore e il Dovere nei confronti della Famiglia e del Re.
L’Eroe è costretto, per una questione d’Onore, a sfidare a Duello e a uccidere il padre dell’amata. A distanza
di poche ore, dopo aver appreso che i Mori stanno per invadere la Città Rodrigue prende le armi e riesce a
sconfiggerli. La Città rende onore a Rodrigue dandogli l’appellativo di Cid.
Chimène, credendo che lui sia morto, confessa pubblicamente il suo amore, scoprendo poi che invece
l’amato è ancora in vita.
Infine, il Re ordina ai due di sposarsi salvando l’Onore e la Felicità della fanciulla.
il tutto avviene in un giorno (Tempo della Drammaturgia) e nelle due/tre ore di Spettacolo.
Lo Spettacolo ottiene un successo di Pubblico a cui contribuirono in modo rilevante gli ottimi Attori.
L’Opera scatena anche una reazione molto forte di segno opposto con una serie di stroncature da parte dei
Critici.
L’Unità di Tempo era stata rispettata, ma a scapito della Verosimiglianza, vista la concentrazione in un solo
giorno di molti avvenimenti.
Si contestava anche che il Dramma non corrispondesse a nessun Genere drammatico riconosciuto, perchè
conteveva Elementi di entrambi i Generi tragico e comico.
Inoltre, l’assenso di Chimène a sposare Rodrigue, che aveva ammazzato suo padre meno di un giorno
prima, violava il Principio classicista del Decoro, in quanto la scelta dell’Eroina era inappropriata al suo
Rango e quindi alla sua Statura morale.
La Polemica assunse tratti così aspri da spingere il Cardinale Richelieu, Primo Ministro durante il Regno di
Luigi XIII a chiedere un parere all’ACADÉMIE FRANÇAISE, un’Istituzione creata dallo stesso Richelieu per
fungere da Arbitro ufficiale nelle Dispute letterarie e intellettuali. Si trattava di un’Accademia che si facesse
espressione dell’Orientamento ufficiale in una serie di questioni quindi, fu chiamata anche in questo caso.

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Il risultato della Polemica fu quello di definire con maggiore precisione e di porre all’attenzione generale i
Principi neoclassici, condensandoli in uno Scritto intitolato Les Sentiments de L'Académie sur le Cid (Parere
dell’Accademia sul Cid) di Jean Chapelain del 1638.
1h16
I precetti richiesti dagli esperti sono quelli – decoro, verosimiglianza, convenienza e giustizia poetica – che
insegnano la virtù «in maniera conforme alla ragione». Gli uomini educati e colti (come i critici) non
subiranno conseguenze per avere assistito a deviazioni da questi precetti; tuttavia, è loro responsabilità
insistere perché gli autori evitino simili deroghe, dato che questo potrebbe corrompere la moltitudine
ignorante: «I cattivi esempi sono contagiosi, anche a teatro; i troppi crimini reali sono tutti causati da
rappresentazioni finte».
[…] «una ragazza presentata come virtuosa» che accetta di sposare l’assassino di suo padre (sia pure dopo
debita esitazione), è semplicemente inaccettabile per motivi morali, e Chapelain prende le distanze dalla
possibilità di scusare Corneille in base al fatto che la storia era autentica: «Ci sono verità mostruose che
devono essere represse per il bene della società», egli conclude. «È proprio in questi casi che il poeta
dovrebbe preferire la verosimiglianza alla verità».
cit. Marvin Carlson, Teorie del Teatro, Bologna, il Mulino, 1988, p. 119.

Storico contemporaneo
Rappresentazioni finte: Teatro, Romanzo
SI fa una distinzione anche riguardo il destinatario di questi spettacoli: uomini educati e colti hanno i mezzi
culturali, l’Armamentario critico per interpretare correttamente queste deviazioni dai precetti citati, sanno
interpretare correttamente una Scena o uno Spettacolo che vedono
Autori devono considerare però anche la moltitudine ignorante che non possiedono questi Strumenti critici
È la tipologia di destinatario che regola la qualità e la modalità di trasmissione del messaggio

Esitazione che non può durare tanto nello Spettacolo e nel tempo della Drammaturgia
Chapelain: Estensore di questo parere
Corneille rispose alle Accuse dicendo che la piece spagnola da cui aveva tratto il soggetto trattava una Storia
vera.
Non importa che si rappresenti la verità, perchè i pota deve preferie la Verosimiglainza che è più adatta a
essere trasmessa.
Perchè le verità mostruose devono essere represse per il bene della società
Dopo la disputa dul Cid, il modello neoclassicostabilito da Eruditi del Rinasciemnto italaino .. facneod scuola
in grand parte dì’Europa
La Polemica mette,.. tra Statp e TetroùSii sotiene che Attore drammatico non deve avere il publico come
riferente ma i Critici, che hannp competenza in materia di Arte drmamtica, decidono cosa sia
artisticamenrte e moralmente buono
Non imoerta il vero ma il verosimile ch esegue una lnea di penseiro precostituita
Legame tra teatro e Stato si era ufficializzato engli anni 30 qundo Re Luigi XIII e Richiliue avevano assicurato
sostegno economico alel due Compange che operavano. Tale sostegno e protezione porrtanano a
migliroamento dlel conidizoni eocnomiche e dello status sociale degi attori, a frotne di un maggiore vincolo
su cil che e compagnie fannoe e metton in scnea

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Nel 1641 Re Luigi XIII emanò un decreo con i quale dichiavrava la volontà che la Professione dell’Attore..
Gli Attori sono suoi dipendenti e devono produrre ciò che viene indicato loro
Questo monito riguardo gli Attori fu un importante segnale che tuttavia non eliminò del tutto gli effetti
delle peristenze stigma sociale sulla rpofessione dell’Attore e stigma da prte della società e della chiesa
Il Dramamturgo che prima degli altri realizzò compiutamente il moello classicista fu Jean Racine

In cotrasto con il metodo adottato da Croneille di inserire persoanggi semplici in trame complicate,
corneille si ritirò dal teatro
in contrast con il primo stile di Croenille che rpevedeva la presenza di peronsaggi semplic anche dla putno
di vosta psioclogicoc i trame complesse, egli costruisce trame semplici in cui ssi muovono perosnaggi
comprlessi
nelle sue Tragedie, Andromaca, Fedra, .. Racine crea la tensioe dramamtica attraveros una estrema
concentrazione dell’intreccio e la caratterizzazione psicologica dei persoanggi
Le Azioni esteriori sono ridotte al minimo, è attraverso il linguaggio che i peronsaggi esprimono o loro
tormenti e passioni che li attanagliano
in sostanza nelle sue tragedie non succede niente
Sono Tragedie scritte in osservanza assoluta delle regole aristoeliche, ma realizzando spettacoli di assoluto
successo.
Una delle caratteristiche peculiari di Racine e di chi seguirà è l’indiivuidazione nel perosnaggio principale
femminile del fulcro della Tragedia stessa.
Tragedie con protagjnistie Eroine femminili, la vicenda si cararterizza dall’aspetto sentimentale.
Perosnaggi femminili travolti e indotti all’azione da sentimenti che non riescono a dominare
Eroina che sviluppa il prorpio travaglio nel corso di due ore e poi si ammazza
Se Corneille nell sua seconda fase e Racine furono Artisit delal ragedia, Moleire fu il Comemdiografo che
maggiormente ha influenzato il teatro moderno
Il suo succeso di pubblico fu enorme come ilfavore ch egli tributarono ambienti aristoacratici e della corte.
No furono rari i casi in cui le sue Commedie siscitaornscalpore e .. perchè mettevano .. vizi e manie delal
societò parigina
Nel definire i suoi personaggi egli va al di là della tipizzaizone stereotipagta. Inventa i caratteri cioè
epronsaggi nei quali prevale un tratto sepcifico della personalità
Egli fu anche Attore e Capo della Compagnia
Egli per un cderto peroodo si lternò nel teatro dive la sua compan gi asi esibiva con ina compangia dei
Comici dell’arte.
Presenza dei Comici dell’arte in Francia sarà costante, che in qualce modo si sottrae dalle regole imposte
alle Compagnie francesi. Non esercitando una particolare libertà nei lro spettaocli ma costituendo una sorta
di eccezione alla regola, dovuta al fatto che i Comici dell’Arte con i loro spettacoli erano molto graditi al
pubblico e anche al Re, alla Monarchia
Quindi, queste Compagnie costituiscono una presenza costante, salvo incidenti
Nel corso del Seicento el Compangie dei Comici italiani si avvicendan o a Parigi e alla fien del Secolo, epr
problemi che sorsero con la Famiglia Reale, con un’Amante del Re presa in giro in uno Spettacolo i Comici

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nel 1699 furono cacciati. Essi furono poi richiamati eprchè la loro tipologia di spettaoclo ere gradita, nel
1716.
Presenza degli italiani che si vede nel corso del Seicento e Settecento tra alterne fortune.
ES
Documento
Dipinto realizzato nel 1960 commissionato da Moliere che vede la Compresenza sulla Scena di vari
Personaggi, alcuni dei quali sono anche Attori
Molier a sinistra che presenta agli Osservatori del Dipinto i Persoanggi
Vediamo una serie di Perosnaggi e Attori che apparengono alla compangia di Comici dell’Arte
Scaramuccia: Capitano
In secondo piano, Turlupin, Garguille, Guillaume
Nell’Immagine sono assemblati Persoanggi e Attori di oggi sia francesi che italiani, e Persoanggi e Attori del
passato come Turlupin Garguille..
Galleria che mette insieme passato e presente del Teatro Comico, componendo la tradizione della
Commedia in Francia di cui fanno parte non solo gli Attori franceis ma anhce gli Attori italiani cn i loro
Perosngi che danno vita a una raltà spettacolare che è figlia di quella tradizione.
Relazioni e collegamenti vegono proposti nel Quadro
Spettacoli e Attori di oggi son figli di quello del passato, ma non sono tradizoni separate, ma intrecciate
anche per quanto riguard ala provenienza degli attori e delle loro maschere
Progetto iconografico di Moliere
.. Teatro francese di oggi si sostanzia di uan serie di realtà diverse che si intrecciano: Comici italiani e
francesi
Moliere vuole presentarsi come la figura di riferimento di questa realtà, che si fa forte di una tradizione,
non è momentanea.
Esigenza di mstrare la consistenza di questa realtà legata a una tradizione ben rintracciabile
Tutto ciò in un periodo nel qiale Moliere versava in cattive acque.
Cercava riconosicmento da parte della Monarchia che nel 1670 non aveva ancora ottenuto
Moliere con la sua Comangia non è ancora riconosciuto ufficialmente dalla Corona, benchè espponga nelal
parte superioe lo Stemam reale di cui in realtà non si può fregiare.
Può essere un buon auspicio
Diritto che tuttavia non gli è stato riconosciuto

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