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LETTERATURA TEATRALE DELLA GRECIA ANTICA

 Lezione 1 - 15/09:

Per la Tesi IMPORTANTE contattare il docente in anticipo, quindi già a Gennaio (direi).
Studio del Teatro Greco: parte generale dei manuali.
In tutte le opere di teatro greco il drammaturgo utilizza costantemente il riferimento a miti secondari, non
c’è solo la trama, quindi l storia mitica presa come trama, ma il drammaturgo per spiegare alcune situazioni
fa continuo riferimento ad altri miti, ad altre storie parallele che non fanno riferimento alla storia
rappresentata, ma che vuole far arrivare agli spettatori il messaggio. Non solo opere di teatro, ma si devono
conoscere le storie mitiche parallele che il drammaturgo impiega nelle sue opere.
Esempio nella Medea viene citato il nome di “Altea”, illusione mitiche non son ampie, sono buttate lì, basta
un mezzo verso e il pubblico lo capisce, ma noi no. Chi è Altea? Madre dell’eroe Meleagro. (le tre moire,
che poi diventeranno le fate nei nostri racconti, destinate a tagliare le parti di vita che è destinata a noi).
Esempio una moira dirà ad Altea. Quando quel cocco di legno morirà, anche Meleagro morirà, allora la
madre prende il ciocco e lo mette in una cassa e Meleagro crescerà bene. Nel mondo antico l’amore per il
fratello è la cosa più importante per una donna, il fratello è un altro me stesso. Il fratello è l’universo
maschile di riferimento per la donna. Quando Altea scopre che il figlio ha ucciso i suoi fratelli, Altea
prenderà il ciocco e lo brucerà, quindi Meleagro morirà, Altea lascerà morire il figlio. Spiegazione di Altea,
come non si può andare contro il destino, apre una stura su quello che può essere lo strazio materno, la
decisione materna, Medea ha DOVUTO SCEGLIERE.
LA SCELTA, LA NECESSITà DI SCELTA è SEMPRE ALLA BASE DEL TEATRO GRECO, alla base dei personaggi
greci.

Prima e dopo inconciliabili: in tutte le opere di teatro greco i protagonisti sono tutti giovani eroi  visti
quando la loro esistenza ha una svolta, un prima e un dopo in funzione di qualche cosa che accade o il
funzione di UNA LORO DECISIONE. Momento decisionale in cui un giovane diventa adulto, o nel momento
in cui si subisce qualche cosa di traumatico.
Tutto Eschilo: a cura di Monica Cent’anni da scaricare da academia.edu

Il teatro antico porta al suo pubblico non solo riferimenti secondari, ma rappresenta tutte storie che il suo
pubblico conosce già. Teatro di invenzione dei messaggi significati, dubbi, il drammaturgo porta sulla scena
vicende che il pubblico conosce già, ma che volta per volta porta un messaggio differente.

 Lezione 2 – 16/09

Teatro Greco: periodo temporale, le grandi opere he sono arrivate fino a noi, si rinserrano tutte nel V
secolo, con Aristofane nel IV e poi c’è un fenomeno isolato di Melandro che abbiamo frammentarie opere
nel III secolo. Il teatro nasce nel 472, con i Persiani di eschilo, momento istituzionale in cui nella città sdi
Atene, gli agoni, ovvero le gare di teatro, abbiamo il 535,532, fine VI secolo in cui il tirano Pisistrato
all’interno di una festa tradizionale, le dionisie, in questa data inserisce anche il momento della gara di
teatro. Un serie di poeti, drammaturghi, in una forma agonale, si istituisce la prima gara di Tragedie.
Altra gara della commedia e un’altra ancora del ditirambo. Pisistrato istituisce questa gara, il vincitore
sarebbe Tespi personaggio probabilmente esistito, ma con una dimensione assolutamente mitica. Tespi
sarebbe stato il primo ad introdurre la caratteristica principale del teatro, ovvero quella di recitare
mascherandosi il viso, non ancora con una maschera, ma con una pittura bianca che gli nascondeva il viso.
Importante perché il simbolo del Teatro Greco è LA MASCHERA, teatro rappresentato attraverso la
maschera. Dipingersi la faccia, pitturarsi il volto, è il segno del teatro perché indica LA PERDITA DELLA
PROPRI IDENTITà E L’ASSUNZIONE DI UN’ALTRA PERSONALITà DEL PERSONAGGIO RAPPRESENTATO che
necessita come prima base quello di nascondere e cancellare la propria identità. Importante perché cosa
significa perdere a propria identità ed assumerne un’altra, base antica del teatro. Importante e anche
perché il mondo greco attraverso quest’obbligo della maschera ci consente di vedere differenze rispetto ad
altri tipi di comunicazione che potrebbero essere assimilate al teatro e che in origine hanno influenzato le
origini del teatro, come il RITUALE. La maschera ci permette di ricostruire questo processo, che ricorda
anche il rituale che vengono riprese dal teatro, come L’AZIONE, ovvero descrivere qualcosa attraverso
l’azione e non il racconto, i rituali generalmente non prevedono l’utilizzo della maschera. Grazie
all’invenzione della maschera è possibile distinguere i sistemi di comunicazione simili a quello teatrale, ma
che differiscono profondamente perché non prevedono questo utilizzo non solo un simbolo, ma il senso
della perdita dell’identità e dell’assunzione di un’altra identità.
Tutto ciò avviene con quest’iniziativa del tiranno Pisistrato, che porterà enormi problemi:
1- tutto quello che è successo prima dei Persiani di Eschilo del 472 è tutto perduto, si alcune testimonianze,
frammenti, ma nulla sappiamo di queste due cose delle origini del teatro e del teatro istituzionalizzato in
città fino al 472.
2- quindi problema è quella che una volta giunti teatro già definiti dopo il 535, arrivare al 472 sono 60 anni
di teatro già perfettamente creato e dosato nella sua organizzazione, perso 60 anni di teatro già formato
come genere di comunicazione poetica. ad esempio Menandro fa parte della commedia nuova, non
conosciamo nulla di lui fino al 1800, quando in un magazzino in Egitto furono ritrovate delle anfore tappate
con rotoli di pergamene contenenti le commedie di Menandro
3- Pisistrato in questa occasione era un tiranno, questo ci lascia con una questione, la forma di
comunicazione era quindi diversa? Purtroppo non lo sappiamo perché abbiamo conoscenza del teatro
dell’atene democratica, nella quale vi è libertà di parola (ad esempio Aristofane porta in scena molta satira
e presa in giro della società in cui vive, compresa delle classi più deboli)
Il teatro nel mondo greco fu SEMPRE svincolato dalla politica, non vi era teatro di regime. Lo stato non
poneva nessun tipo di divieto o nessun limite alla critica alle proprie istituzioni, quindi il poeta era libero.

Il popolo libero andava a teatro durante le Dionisie e veniva pagato dallo stato per farlo, o attraverso un
oikon (biglietto rimborsato) oppure, nel caso di un operaio, gli veniva rimborsata la giornata di lavoro persa.
Era vero che le donne non potessero andare a teatro? Vi è una testimonianza secondo la quale durante le
“Eumenidi” di Eschilo il coro ha un costume mostruoso e il corpo tutto colorato di viola; questa
rappresentazione va a spaventare donne e bambini facendo abortire le prime e svenire i secondi. Seguendo
questa testimonianza vi erano delle donne, ma secondo le ipotesi erano solo Etere, donne di grande cultura
e libere di uscire che sapevano intrattenere gli uomini. Vi erano anche alcuni casi in cui un signore potesse
essere accompagnato da uno schiavo a sua scelta.
LA FESTA DELLE GRANDI DIONISIE
Il teatro antico non presenta delle prime, con poi riprese e stagioni teatrali, ma abbiamo delle grandi
feste/celebrazioni che coprono alcuni momenti dell’anno, ad esempio le Grandi Dionisie erano a cavallo fra
marzo e aprile o le Lenee fra gennaio e febbraio. Queste feste presentano UNA sola rappresentazione, è per
questo che tutti i cittadini erano tenuti ad andare a teatro. Vi sono delle riprese solo in teatri minori, fuori
Atene.
Platone disse che Atene era una teatrocrazia e non una democrazia, poiché tutto è plasmato intorno al
teatro.
Secondo una testimonianza, tale era la risonanza delle opere ateniesi, che ad un mercante arrivato a
Siracusa venne chiesto di recitare pezzi di teatro rappresentati recentemente ad Atene —> il pubblico
assimila velocemente versi e parole delle opere, poiché i cittadini erano abituati a una memoria di tipo
orale. Fruizione simposiale —> il simposio (=bere insieme) era la parte della cena in cui alla fine si iniziava a
bere e anche dedicata al divertimento, i padroni di casa invitavano professionisti artistici per intrattenere gli
ospiti durante la bevuta oppure si giocava con giochi di società. Utilizziamo questo termine per parlare del
riutilizzo di poesia nel momento privato, questo presuppone che il ricco paga un attore che gli propone
pezzi di opere appena rappresentate Durante queste feste un attore poteva arrivare a rappresentare fino a
6 tragedie in una giornata.

 Lezione 3 – 17/09

Come si arriva alle gradi Dionisie, organizzazione che spetta esclusivamente allo Stato.
Le grandi Dionisie erano organizzate molto tempo prima, nel mese di Ecatombeone dell’anno precedente,
tra Luglio e Agosto, l’organizzazione statale era affidata ad un funzionario importantissimo che aveva il
compito di decidere tutto quanto relativo alle gare dell’anno successivo, questo funzionario è L’Arconte Re
si occupava di organizzazioni sacrali ecc… e Arconte Eponimo, colui che da il nome all’anno, colui che si
occupa dell’organizzazione teatrale. Egli doveva concedere il coro e cioè scegliere i poeti che l’anno
successivo potevano entrare in gara. Molte richieste e l’Arconte doveva sceglierli e concedere il coro.
CONCEDERE IL CORO, momento teatrale viene identificato con la presenza del CORO. Punto fondamentale
del teatro antico è il CORO. Il teatro nasceva proprio dal coro. Anno successivo delle gradi dionisie
andavano in gara tre poeti tragici e cinque comici, ogni poeta tragico aveva a disposizione una giornata in
cui mettevano in scena tre tragedie e un dramma satiresco, mentre i comici una sola commedia.
La gara del Ditirambo era complessa perché vedeva in gara 20 cori, ogni tribù mandava un coro di ragazzi e
un coro di adulti. Altra cosa fondamentale che doveva fare era indicare un finanziatore, o più. Il sistema di
tasse nell’Atene del V secolo è diverso, lo stato non attuava una tassazione diretta sui redditi, ma in Atene
anno per anno individuava i grandi ricchi che quell’anno aveva guadagnato e li obbligava ad un servizio,
dovevano finanziare qualche cosa che serviva allo stato. Tutto ciò che serviva alla città, lo stato lo imponeva
come tassazione ai ricchi che quell’anno avevano guadagnato più degli altri. Tassazione riservata ai grandi
ricchi OBBLIGATI a finanziare. Gli spettacoli servivano allo Stato quindi l’arconte doveva indicare un Corego
che doveva finanziare un Poeta Tragico. Ogni COREGO finanziava un POETA ed ogni suo spettacolo.
finanziare lo spettacolo vuol dire finanziare l’allestimento e tutto ciò che riguardava l’ADDESTRAMENTO del
coro. Gli attori furono sempre professionisti, il CORO non fu mai composto da professionisti, ma da cittadini
qualsiasi. Fare il coreuta non era semplice quindi dall’anno precedente doveva esercitarsi, quindi il corego
doveva finanziare tutta la perdita dei giorni di lavoro che i coreeutici dovevano sostenere per allenarsi. Il
corego non poteva sottrarsi, era un obbligo. Da quel che capiamo il livello di spesa aveva dei margini di
scelta personale, questo perché al momento di stabilire chi vinceva la gara, la cifra che il corego aveva
speso era molto significativa, da ciò si determinava la maestosità di un allestimento e quindi la vittoria. Il
mondo greco non era solo dedito alla poesia, vinceva l’opera anche la più ricca dal punto di vista
dell’allestimento. IL COREGO aveva un margine di autonomia nella cifra per l’allestimento. Risvolto
importante, il corego veniva premiato esattamente come il poeta, era un ritorno d’immagine necessari per i
grandi ricchi, finanziatori e grandi famiglie.
A carico dell’Arconte era pagare il poeta, gli attori e il flautista che accompagnava i canti e le danze del coro.
Libertà di scelta dello Stato, lo stato sceglieva lui i poeti e quindi sceglieva lui chi pagare.
Il coro doveva saper cantare, danzare e recitare, lavoro molto ampio e specializzato, quindi erano cittadini
predisposti. Coro di satiri nel dramma satiresco avevano un tipo di presenza scenica particolare perché i
loro movimenti erano di tipo acrobatico.
Motivi di scelta del coro, che non si sano, motivi di scelta degli attori? Attori erano dei professionisti, la
scelta degli attori non spettava all’Arconte, ma al poeta che a sua volta era stato scelto.

I poeti venivano scelti dall’Arconte, con quali criteri concedeva il Coro? I casi sono 3: testimonianze cret non
e abbiamo. 1. Dopo aver cinsionato le opere già composte che il poeta gli sottoponeva, ma ciò non è
possibile. 2. Quello che sembra è più certo è che l’Arconte avesse dei pezzi e soprattutto la trama, forse i
cori. In che modo lo stato poteva entrare in una scelta poetica e comunicazine poetica al’intera comunità
in che modo sceglieva ponendo dei vincoli o censure? Non possiamo saperlo. Possiamo escludere l’obbligo
di propaganda politica, il poeta non ha nessun obbligo, nessuno gli dice cosa deve dire, il poeta vive di
libertà. Poeta totalmente libero.
C’erano due tipi di divieto: non censura successiva ad un testo già composto che lo stato tagliasse dopo la
produzione, ma notizie di due vincoli che il poeta sapeva già prima. Forma di indirizzo, indicazione di
obbligo dello stato.
Vincolo 1: di tipo sacrale il divieto di spargimento di sangue in scena, le tragedie grondano di sangue,
questo non poteva avvenire in scena, il momento dell’assassino avviene fuori scena e poi l’assassinio viene
raccontato dal messaggero in scena. DIVIETO DI CONTAMINAZIONE SACRALE. Il sangue dell’assassino e
dell’assassinato è una macchia di sangue sacrale che si espande su tutti i presenti, macchiati da questa
macchia che solo l’intervento del dio può purificare.
Vincolo 2: evento che ha permesso agli storici di ricordarci il momento  un tragediografo precedente ad
Eschilo, Frinico, aveva messo in scena una tragedia ovvero “la presa di Mileto” non portava una vicenda
mitica, ma una vicenda di cronaca, distruzione di Mileto da parte dei Persiani. Scene di devastazione
psicologica del pubblico, condivisione totale del pubblico con la vicenda rappresentata il pubblico vedeva la
distruzione della propria comunità. Frinico fu multato con una multa elevatissima, perché fu multato?
Perché ha trasgredito la norma che il poeta non poteva rappresentare disgrazie nazionali. DIVIETO DI NON
RAPPRESENTAZIONE DI DISGRAZIE NAZIONALE.
Ciò che avverrà con i persiani di Eschilo 482, porterà la lotta, ma nel momento in cui Atene ne uscirà
vittoriosa.

Qual è il limite del dolore a cui un poeta può arrivare? C’è un limite, se il limite c’è qual è? Fino a dove ci si
può spingere? Una rappresentazione artistica prevede una trasfigurazione dell’evento, del messaggio e
dell’evento rappresentato. Diversa è la ricezione del pubblico. Se io so che mi viene rappresentato un
documentario, una video cronaca, io sono pronto alla visione di una cosa che io stesso ho scelto di vedere.
Ma se io vado a teatro, al cinema, se guardo un quadro, io pubblico sono predisposto ad una
rappresentazione, interpretazione, trasposizione dell’evento. C’è una profonda differenza: perché diversa è
la reazione del pubblico, il pubblico di Frinico è stato distrutto, non è stato INCITATO ad un’azione, ma è
stato INCITATO ad una distruzione che ha scatenato solo dolore e non desiderio di reazione. Livello di
dolore oltre al quale ha un’azione esattamente contraria rispetto a cui desiderava il poeta. Se la
rappresentazione del dolore arriva a distruggere il mio pubblico, personaggio passivo che vene distrutto da
un male, allora io POETA HO FALLITO E TRASGREDITO il compito. Artista che serve a qualcosa e a
qualcuno, non l’artista che porta a conoscere il male distruttivo con un intento distruttivo, ma un artista che
porta sulla scena il male, perché il pubblico ne tragga una positività, una voglia di ricominciare.
Eschilo da al suo pubblico il senso di “comunque vada ce la faremo”, Frinico ha dato al suo pubblico il senso
di “non ce la faremo mai”. Partire dalle parti delle attese del pubblico, per valutare cosa un artista fa. Si può
valutare tante cose ecc… solo se si parte dal pubblico si riesce a capire in che modo il poeta lavora.
Dato che il pubblico ha delle attese diverse da quelle che poi in realtà sono le sue necessità, il poeta è
questo che deve valutare, deve calibrare questa sfasatura, tra attese e cose necessarie. Il poeta deve far
arrivare al suo pubblico, deve far credere al pubblico che il poeta gli stia dando quello che lui voleva anche
se non è così. Limite della rappresentazione del dolore  Esempio registico: rappresentazione delle
Troiane d Euripide, errore tecnico del regista che ha mandato in vacca la rappresentazione dello spettacolo.
“Troiane” di Euripide: momento in cui troia è stata distrutta e momento in cui i principi portano via le
donne troiane. La città è già stata rasa al suolo, quindi i maschi adulti uccisi, le donne e i bambini portati via
come schiavi. Sulla scena Ecuba, sposa del re Priamo, Andromaca, la sposa di Ettore, c’è Elena moglie di
Paride e Cassandra figlia della regina Ecuba. Succede che volta per volta ciascuna di queste donne viene
assegnata al capitano greco ed esce di scena. L’unica cosa che avviene, unico evento è l’uccisione del
piccolo Astianatte, ovviamente avviene fuori scena l’occasione.

 Lezione 4 – 22/09:

capire il perché del divieto posto da Atene alla rappresentazione delle disgrazie nazionali e abbiamo detto.
Non è il divieto di conoscere le disgrazie nazionali, ma il divieto riguarda la rappresentazione del dolore, del
male e della disgrazia. Ciò ha aperto un ragionamento sul perché e sui diversi canali di comunicazione, in un
canale diretto di comunicazione della realtà, non ho limiti alla comunicazione anche del dolore più estremo.
Ma nei canali di rappresentazione artistica della realtà, già il mondo antico capisce che ci sono dei limiti alla
rappresentazione realistica del dolore, perché oltrepassando questi limiti io drammaturgo ottengo l’effetto
opposto. Ogni tipo di comunicazione poetica e artistica ha una funzione di educazione collettiva,
compattamento sociale, non è una fruizione individuale e per puro diletto, ma sempre educativa e
aggregazione sociale, comunicazione di un’identità sociale. La comunicazione studia sempre quali sono le
tecniche di comunicazione.

Il canale della rappresentazione è diverso da quello della comunicazione, poiché la rappresentazione è un


ragionamento/una elaborazione su un fatto avvenuto, noi ricerchiamo un’interpretazione che non deve
distruggere la mia volontà/capacità di ragionamento. Il cittadino ateniese è chiamato a ragionare sempre, il
pubblico deve recepire i punti di criticità per poi elaborarli a sua volta.
L’azione fondamentale de “Le Troiane” è costituito dall’uccisione di Astianatte; Euripide fa in modo che le
madri, tra queste Andromaca, madre del piccolo, siano già state prese da un guerriero greco e portate via in
barca, in questo modo il compianto del piccolo viene fatto solo dalla nonna Ecuba, la quale è talmente
sconvolta da volersi togliere la vita—> collegamento fra rappresentazione della città, fine della vita che
vuole morire ma non riesce, mentre bimbo piccolo, ovvero futuro della città muore.
(In video Sarah Ferrati in una produzione Rai de “Le Troiane”, regia di Vittorio Cottafavi, 1964) Sono evidenti
le fasi del dolore, la disperazione è già passata, mentre Ecuba è già in una fase di elaborazione del lutto,
nella quale emerge il suo disprezzo per gli achei e per le loro azioni.
Nella drammaturgia de “Le Troiane”, prima viene portata in scena la notizia della morte di Astianatte,
quando ancora vi è presente Andromaca, dopodiché vi è l’episodio di Ecuba, al termine di questo vi è
l’esodo con Ecuba che cerca di trovare la morte in città ma non riesce. Xxxregista inserisce dei filmati per
rendere più chiaro al pubblico contemporaneo il messaggio dell’opera; ad esempio durante la scena della
distruzione della città manda in onda il filmato sul crollo delle torri gemelle; al momento della partenza, per
evidenziare la desolazione del campo inserisce dei filmati ritraenti le favelas; nel momento in cui viene
annunciata la morte di Astianatte, il regista ha mandato un filmato in primissimo piano di un bambino
dell’etnia Tutsi (genocidio del Ruanda) steso a terra a pancia in giù con la testa leggermente rialzata, questo
bambino stava morendo, era visibile il sangue. Subito dopo questo video è andato in scena il monologo di
Ecuba, ma nessuno spettatore era ancora attento allo spettacolo, erano tutti troppo scossi dal filmato
precedente.
Mentre la tragedia è sempre attuale, poiché il pubblico riesce a immedesimarsi nella propria vita, la
commedia è oggetto di studio poiché nasce come satira dell’attualità ateniese. Qui è evidente la differenza
fra comunicazione e rappresentazione.

 Lezione 5 – 23/09:

L’attore è un professionista, è un maestro della comunicazione delle emozioni, emozioni che rientrano in
una tecnica, in uno studio, in un inganno, non è da pensare che un attore viva davvero le emozioni che
esprime, è un professionista quindi svolge il suo compito che è quello di FINGERE. Termine greco per
definire l’attore tragico e comico è IPOCRITES, ovvero ipocrita, può voler dire colui che risponde e quindi
origine del teatro che deriva dal coro oppure colui che spiega una situazione e anche questo porta sempre
al lavoro dell’attore. Termine he h in se e h maturato un concetto di finzione, che è capace di fingere. Lo
spargimento di sangue è vietato sempre  tabù rituale in quanto il angue resta attaccato, è una macchia d
impurità che tutti quelli che ne vengono coinvolti devono purificarsi con rituali complessi, pratica vera,
quotidiana, dell’Atene del V secolo, anche la rappresentazione fasulla, falsa è vietata. Le Baccanti: azione
delle baccanti. Nella città di Tebe arriva Dioniso, non nelle sue vesti da Dio, travestito da sapiente, da mago,
accompagnato da delle donne che celebrano la sua divinità, ma anche quelle non sanno di inseguire un Dio,
ma credono di seguire un grande mago. Perché arriva in Tebe, perché le donne di Tebe hanno abbandonato
le case i bambini, i telai e sono andate sul monte Cicherone per celebrare Dioniso. Il Dio ha già ispirato il
suo culto, ma il Re della città, Penteo, rifiuta pienamente il culto dionisiaco. Schema tipico della sacralità
dionisiaca. Molte città vedono l’arrivo del Dio, il dio che vuole istituire il suo culto e la città che lo rifiuta, ma
dopo l’accadimento di fatti la città è obbligata a stabilire il culto del Dio. Penteo rifiuta di considerare
Dioniso, vuole andare a catturare le donne che secondo lui hanno abbandonato le case solo perché prese
da una smania erotica. Dall’altro capo i due anziani, Tiresia il profeta, che spingono perché Penteo capisca
che Dioniso è un vero Dio, Dioniso è nato lì, è cugino di Penteo, nato dalla mamma mortale Semele che è
sorella delle tre principesse. L’ingresso in città del Dio prevede una serie di miracoli, Penteo cerca in quanto
sacerdote del Dio è prenderlo e imprigionarlo e la prima cosa che fa è uscire dal carcere e subito il dio si
manifesta nella sua presenza. Arrivano messaggeri a raccontare quello che fanno le donne, momenti di
totale Armonia, perché Euripide rappresenta il momento dell’accettazione della figura dionisiaca. Queste
donne danzano cantano, dormono, allattano cuccioli di animale, hanno poteri magici con il loro tirso fano
sgorgare dalla terra latte e vino in una situazione di perfetta armonia con la divinità. Tutto cambia quando
queste donne si accorgono di essere spiate, quando le Baccanti sentono questa incrinatura della loro
celebrazione del Dio, improvvisamente quello che vivono, la bellezza di cui vivono diventa violenza.
acquisiscono un magica violenza al punto che si scatenano per il monte e mani nude smembrano animali al
pascolo, uccidono mandriani, contadini, sviluppano una forza sovraumana che gli da la divinità. Donne che
rappresentano il doppio volto della divinità Dionisiaca, dio che provoca una infinita pace, nel momento in
cui accetto la divinità e vivo in armonia con Dioniso. Dio che tramuta immediatamente questa pace in
forme di violenza incontrollabile, questo corrisponde alla volontà del dio di punire qualcuno e far capire la
presenza della sua divinità attraverso forme di violenza e punizione. Una volta che vien a sapere queste
cose Penteo ormai è preso da questa magia dionisiaca e da questo inganno che Dioniso sta facendo su di
lui, perché Dioniso ha già ispirato il desiderio di andare lui stesso a vedere queste donne. Spinto da questa
sottile volontà di vendetta del Dio Penteo va sul monte. Ciò che succede SUL MONTE NOI NON LO
VEDIAMO perché è una di quelle scene dove c’è spargimento di sangue, e quindi Euripide non la può
mettere in scena. Cosa veniamo a sapere dai messaggeri, Penteo vestito da donna è salito su un albero per
spiare le baccanti sperando di non essere visto, le Baccanti erano li a fare le loro attività gioiose, ma ad un
certo punto tutto cambia, si sente prima un silenzio magico, poi la voce del dio che le chiama “venite
Baccanti” all’azione. In quel momento le baccanti si accorgono che c’è il Re Penteo vestito da donna. Con
questa forza magica che Dioniso da alle donne prima cercano di scrollare l’albero, riescono a piegarlo a
tirare giù i rami e la punta, Penteo quindi cade. Inganno di Dioniso, Dio dell’inganno e delle allucinazioni, lo
tireranno giù felici perché avranno tra le mani un leone da montagna, lo scambiano per un Leone da
montagna, questo grazie all’allucinazione di Dioniso della parrucca. Cosa fanno le Baccanti con il leone di
montagna? Lo fanno a pezzi, lo scannano, viene fatto a pezzi e dato che sono tutte donne sportive si
mettono a giocare a palla con la testa di Penteo. La somma vendetta del Dio è che la capa di queste
baccanti è la principessa Agave ed è la MADRE DI PENTEO, alla fine dell’Esodo la principessa Agave ancora
allucinata entra in scena trionfante con la testa, di quello che lei ritiene un leone di montagna, sul suo tirso,
ovvero il bastone del culto dionisiaco. L’esodo delle baccanti è mutilo, abbiamo perso la parte significativa,
Agave ritrova il senno e si accorge di aver infilato sul tirso la testa del figlio e così finisce questa tragedia.
Qual è il dubbio? Questa è una tragedia dolorosissima, in cui vediamo l’essere umano ingannato, divinità
che per raggiungere un suo scopo ovvero quello dell’affermazione della sua divinità in quella comunità non
esita a distruggere il Re e la madre del re, none sita a rovesciare una situazione cittadina, con un’enorme
carica di aggressività e violenza pur di istituire il suo culto e la sua divinità. Si manifesta un dionisismo fatto
di estrema crudeltà, dio per il quale gli esseri umani sono solo delle pedine. La crudeltà de do che non esita
a calpestare e distruggere, ma allora come si può ritenere che un’azione di questo tipo desse all’uomo una
qualche volontà, capacità, potere di azine reazione e autonomia? Si entra in una definizione del divino che
è diversa da quella moderna: siamo abituati ad una divinità generosa nei confronti dell’umano, divinità che
accoglie, perdona, aiuta e risana. Il mondo greco no, lo spettatore dell’Atene del V secolo sa che il DIO è
PURA POTENZA, ha il totale potere su di me, non ha mai immaginato il mondo greco una divinità buona e
soccorrevole, ma divinità molto più potente di me, Può FARE DI ME Ciò CHE VUOLE. Riconoscimento della
totale fragilità umana. La mia autonomia d’azione, la mia volontà, il mio giudizio, verrà sempre schiacciato
dal Dio. Su questo si basa il ragionamento della tragedia, punto fondamentale del mondo greco. Il mondo
greco non ha mai organizzato un testo sacro, mai parola rivelata, mai decalogo e quindi rapporto con il
divino in cui ho una qualche certezza che se seguo alcune regole che nei testi rivelati sono scritte, io sono
abbastanza sicura di comportarmi bene, soprattutto in quel che il dio desidera da me, se seguo un decalogo
so che agisco bene nei confronti del Dio  IL MONDO GRECO NON HA MAI ELABORATO UNA COSA DEL
GENERE.
Concetto dell’inganno, arte come finzione, e attore professionista che finge, impossibilità del sangue anche
se finto a teatro. Il concetto di inganno è fondamentale per il teatro greco. Il filosofo Gorgia V secolo,
sofista, pochi frammenti, esperto di cosa è la parola, contemporaneo al teatro, dice che il teatro è un
inganno in cui è più onesto chi inganna e più sapiente chi si lascia ingannare, entrambe le posizioni, chi fa
teatro e chi lo guarda, tanto è più bravo un drammaturgo tanto deve arrivare come realtà al pubblico. Il
pubblico chi viene ingannato è uno stupido, ma a teatro è molto sapiente chi si fa ingannare, il pubblico
deve farsi ingannarsi, si deve prendere dall’illusione teatrale, il teatro è inganno, apathe, bisogna vivere
dell’illusione teatrale. Si stabilisce in pieno V secolo la vera natura del teatro come finzione e come tale ha
delle norme, perché è un gene re di comunicazione del genere ha degli effetti precisi perché questa
definizione è quella che poi ci porta al ragionamento aristotelico della catarsi. Arriva ad alcune posizioni di
neuroscienze, prima ancora di un’azione razionale, prima arriva una risposta irrazionale, inconscio empatico
determinato quando ancora io non so l’azione che voglio intraprendere. La vera azione è qualcosa di
emozionale. Se io ho paura non me ne accorgo subito, ma il mio corpo se ne accorge prima. E il teatro deve
far arrivare ragionamenti razionali su una condivisione emotiva è qualcosa che fa già il cervello. Il teatro
capisce che io riesco a far arrivare al pubblico ragionamenti difficili, solo se ho l’appoggio emotivo,
altrimenti non si arriva a capire. Se non ho empatia non ho una razionalizzazione. Perché non possiamo
vedere la nostra faccia? (l’espressione delle emozioni negli animali e negli umani)
Per fortuna nostra di gorgia ci è arrivata un’opera che si intitola l’encomio di Elena, si parte che Elena è la
colpevole, che lascia Menelao è lei che fa scatenare una guerra che distruggono due popoli. Lei è la
rappresentazione della colpa. Ma il titolo stravolge tutto questo. Gorgia prende il ragionamento che Elena
non è colpevole, perché se questa vicenda è voluta dagli dei allora lei non è colpevole. Non lo è neanche in
caso di rapimento da paride, allora non è colpevole, ma non è colpevole se neanche fosse stata sedotta
dalle parole. Se paride l’ha sedotta con parole d’amore, le parole ha una potenza contro la quale nessuno
ha speranza, e Elena di fronte alle parole lei subisce la parola prende la mia anima e la porta via con se, la
parola è un potente signore, grande mago, sa prende la mia anima e portarsela via con se. Sul potere non
solo di convincimento, ma proprio di un potere fisico di una parola, mi costringe a compiere azione, non
solo opinioni, ma a compiere azioni che non volevo decidere, quindi gorgia identifica il potere performativo
della parola, crea realtà, esistenza concreta, azione, prende la mia anima e la porta via. Fa il passo
successivo, si mette a parlare della parola poetica, e del teatro, e dice la parola poetica è una magia e ha il
potere che di fronte a vicende dolorose e felici io creda di viverle anche se le vedo rappresentate da altre, la
parola mi porta ad un piacere che desidera le lacrime, e mi porta a vivere eventi come se li stessi vivendo
io. Teoria fondante del teatro come i greci del 5 secolo lo vivevano. Il teatro crea empatia, io pubblico vivo
quello che stanno vivendo i personaggi. L’inganno della parola. Gorgia finisce la sua opera dicendo che
grazie alle parole lui vi aveva convinto che Elena non è colpevole.

Logos parola comunicata, ragionamento sulla comunicazione, sofistica. L’Atene del V secolo ragiona su se
stessa. Il movimento della sofistica ormai andato perduto, ma ci fa capire che lo snodo della rottura del
passato è stato da questo movimento, l’essere umano più indagare solo quello che lui si è costruito, primo
fra tutti il linguaggio, punto ofnd di un relativismo, relativa ai fenomeni che io possono conoscere e
misurare. Divario fra l’uomo come oggetto uguale a tutti e la singola esperienza che vede le cose in maniera
totalmente diversa, ogni percezione è relativa a chi fruisce.

Es. Pirandello uno nessuno centomila, manifesto del relativismo nel suo traguardo nichilista, il protagonista
litigando con la moglie lei dice che il naso pende un po’ a destra, allora il protagonista capisce che la moglie
lo capisce di più di se stesso, e allora tutti mi vedono in modo diverso e mi conosce meglio di qualcun altro.
Però si arriva al nessuno se tutti mi vedono in modo diverso e io non mi vedo allora sono nessuno, io esisto
solo nella visione degli altri, ma io non esisto. Il relativismo è all’estremo.

 Lezione 6 – 24/09:

siamo partiti dal dato: divieto di rappresentazione delle disgrazie nazionali, questo è il dato di partenza da
cui abbiamo iniziato il nostro ragionamento. Gorgia  fenomeno della sofistica, momento in cui l’Atene del
V secolo ragiona su se stessa, sui fenomeni sofistici, sofistica che rompe con il passato, innovazione. sistema
di valori e comprensione dell’esistente su cui ragioniamo noi esseri umani, norme umane attraverso le quali
possiamo condividere. Il movimento della sofistica ragiona su questo, punto fondamentale di un
relativismo. Concetto di inganno, ma anche concetto di magia, la parola teatrale, la parola poetica è quella
magia che mi permette di vivere come se vivessi io stesso le disgrazie e felicità che in quel momento stanno
vivendo i personaggi davanti a me. La magia della parola, ovvero l’empatia, io i identifico completamente
nella vicenda rappresentata e nei personaggi rappresentati.

La catarsi: Aristotele, “la Poetica”, originariamente composta da due libri, il primo dedicato alla tragedia e
il secondo sulla commedia. Quello che Aristotele esamina a lungo è la struttura del testo tragico, i criteri di
perfezione poetica di un testo, tragedie e opere già più vicine a lui. Aristotele si pone alcuni problemi sul
perché della tragedia e della rappresentazione teatrale e sul perché sia nata un tipo di rappresentazione
mimetica, ovvero una rappresentazione, concetto di mimesi, non è un copiare è UN’IMITAZIOEN nel senso
d RAPPRESENTAZIONE, riprodurre un concetto in una forma mimetica che include in se una
rappresentazione, forma di espressione mimetica il teatro. Il teatro esige un’azione, se non c’è azione non
c’è teatro. Parlando di Mimesi  Aristotele dice che l’uomo è la creatura per eccellenza imitativo. Tutti gli
esseri viventi crescono e agiscono per imitazione, l’uomo trae da questa necessità di imitare PIACERE.
Poesia e teatro vivono di irrazionalità concessa dal piacere della parola teatrale. I messaggi veicolati
attraverso la bellezza e piacevolezza della parola poetica hanno una forza che rimangono impressi nella
persona. Attraverso la poesia possono rimanere impressi dei messaggi, dei concetti ecc… ciò che io assimilo
attraverso l’empatia è molto più forte ed originario elementare con ciò che mi viene comunicato attraverso
la mi parte logica, razionale.
Aristotele si pone il dubbio “ a che serve?” per ogni forma d’arte. A cosa serve la tragedia? Lo scopo è
attraverso pietà e paura, la tragedia, deve portare alla catarsi da queste passioni. La compassione, la pietà si
attua quando vedo l’esperienza di qualcuno che non per suo volere soffre un destino doloroso. la tragedia
attraverso eleos, phobos deve postare alla catarsi. La paura la provo quando in una comunicazione teatrale
vedo delle vicende che colpiscono qualcuno, ma che possono colpire anche me. Ne ho paura perché subito
le rifletto anche sulla mia esistenza, cose che potrebbero succedere anche a me. Fenomeno di rimorso che
mi porta alla follia per qualche cosa che ho vissuto, mi genera paura perché potrebbe accadere anche a me.
Il compito della tragedia è arrivare alla purificazione di queste passioni, condividendo pietà e paura la
tragedia fa si che io purifichi da me queste passioni. Scopo della tragedia purificarmi dalle passioni, catarsi.
Catarsi che si utilizza in due ambiti: sacrale, tute quelle pratiche che mi purificano, tolgono da me strati che
mi abbiano imbrattato dal punto di vista sacrale o religioso, non solo a livello individuali, ma anche le CITTà
hanno bisogno di catarsi e medico epoca in cui medicina e religione sono due entità che si fondono, catarsi
in ambito medico ha significato di purga. Anche nella purga di tipo medico, il concetto è sempre lo stesso,
per stare bene devo ESPELLERE DA ME delle sostanze che alterano il mio equilibrio fisico. Espulsione di
qualche cosa che mi fa male. Aristotele pone il poter vivere in maniera finta, sempre all’interno di una
finzione teatrale, inganno teatrale questi patimenti e sentimenti dolorosi che ingombrano il io animo,
provoca in me una purificazione da questi patimenti. Incanalandoli nella forma della fruizione artistica io ne
traggo una diminuzione, un indebolimento. Incanalo il mio dolore nella vita dei personaggi e il mio dolore
viene depotenziato. Espulsione di tossine psichiche che mi fanno vivere male attraverso vicende altrui.
Aristotele è un pensatore a cui interessa soprattutto la collettività, il pensiero antico del singolo importa
poco, pensare ai comportamenti comuni, idee comuni, sociali, di gruppo. Uomo come animale politico,
politico come animale SOCIALE, UOMO CHE FA PARTE DI UN GRUPPO. Uomo animale sociale, non può
vivere da solo, l’uomo deve vivere in un gruppo. Se Aristotele si interessa alla tragedia come ragionamento
sociale, tragedia come ricerca di identità collettiva. Non si limita solo all’effetto della tragedia sul singolo
che ha un depotenziamento delle passioni psichiche, ma il ragionamento si appoggia al fenomeno sociale.
Scava nella funzione principale di ogni tipo di finzione artistica. Forme sociali collettive, che depotenziano
l’aggressività insita all’interno del gruppo sociale stesso. Il gruppo ha in se delle patologie, potenziale di
aggressività concatenate che io devo depotenziare e controllare incanalare in attività diverse che portano al
potenziamento. L’arte ha questa funzione, il teatro la tragedia ha questa funzione, per l’intera collettività.
Incanalare nella finzione tutte quelle pulsioni disgreganti che non insiste nel gruppo. Il perché del famoso
divieto: stare in bilico tra una finzione che mi fa stare bene e una realtà che mi può far male.

Cosa succedeva l’anno successivo, giornate delle grandi dionisie, occupavano circa una settimana, i primo
giorno dedicato ad attività del tipo sacrale rituale, celebrazione cittadina ecc… le grandi dionisie vedono nel
pubblico la presenza di stranieri, dopo il primo giorno probabilmente il secondo era dedicato interamente
al ditirambo ovvero una forma enorme di gara perché partecipavano 10 cori di ragazzi e 10 di adulti,
mandate dalle 10 tribù, ciascuno di questi cori era composto da 50 coreeuti. Il terzo giorno dedicato alla
gara di commedia, da li in poi i tre giorni dedicati alla tragedia. Il giorno del giudizio, i giudici chi sono? ogni
tribù mandavano un giudice, quindi 10 tribù, 10 giudici.
Il primo giorno era dedicato a riti, sfilate, eventi cittadini e celebrazioni dei soldati. Arrivavano alleati dagli
altri paesi per assistere a questo festival. Il secondo giorno era interamente dedicato alla gara del
Ditirambo. Il terzo giorno era dedicato alla gara di Commedia. Da lì in poi vi erano tre giorni dedicati alla
Tragedia; ogni tragediografo ha a disposizione tre attori, rimanevano sempre gli stessi per tutte le
rappresentazioni da lui portate. Dopodiché abbiamo un giorno dedicato al giudizio, molto probabilmente
tutti i generi in gara erano giudicati insieme; i giudici erano 10, uno per tribù e venivano estratti a sorte.
Ciascuno di loro scriveva su un pezzo di vaso il voto, da qui ne venivano sorteggiati solo cinque, per
restringere ancora di più il campo e avere la certezza di scegliere solo il migliore. I nomi dei giudici
rimanevano segreti e sigillati un’urna fino all’inizio delle Dionisie, chi voleva manometterli era punibile di
pena di morte. Una volta dato il giudizio vi è la celebrazione dei vincitori, corego incluso (questo avveniva il
giorno successivo forse). Infine l’ultimo giorno un comitato controllava che tutto si fosse svolto
regolarmente, raccoglieva le lamentele o le accuse e lo analizzava

 Lezione 7 – 29/09:

di tutti i teatri che noi possiamo vedere in tutta l’area mediterranea, i teatri di impianto greco non sono
soltanto in area Greca, ma anche area Meridionale dell’Italia, Francia meridionale, africa e Turchia, nessuno
di questi posiamo verificare come fosse nell’impianto originale, perché sono tutti teatri che hanno un
impianto del V secolo illeggibile, impianto ellenistico dal IV in poi, ma molta fatica a leggerli, perché si sono
impiantati teatri romani e quindi si sono modificati. Come fosse l’impianto originale di V secolo, come lo
spaio teatrale fosse in funzione delle opere, fase genetica del teatro greco, che per noi corrisponde al V
secolo. Nell stessa Atene almeno fino all’ultima parte del v secolo il teatro, nella scena, era tuto di materiale
reperibile quindi è andato tutto perduto. Un teatro in muratura è ipotizzabile dall’epoca licurghea in poi. Il
teatro con degli sai in funzione di Eschilo e Sofocle non lo ritroviamo perchè in materiale reperibile. Licurgo,
lo statista ateniese che agisce nell’ultimo trentennio del IV secolo, lontano dal momento del teatro vivo.
Licurgo fondamentale perché è quell’uomo politico che come aveva fato l’atene pisistratica di fissare l’iliade
e l’odissea , Licurgo decide di far avere una copia fissa di tutte le opere di teatro delle gare dionisiache,
grazie a ciò abbiamo le opere oggi. Licurgo decise che ad un certo punto non si poteva più modificare e
opere, opere statali non più modificabili. Licurgo è attivo e si interepeta anche come moifica dell’impianto
teatrale, quindi TEATRO LICURGHEO teatro dalla seconda metà del IV in poi, si avvia ad essere teatro
elelnistico che corrisponde ad una fondamentale modifica della fruizione del teatro, anche in funzione dello
spazio. Le prime rappresentazioni teatrali sono quasi per certo raffigurate nell’agorà, da li vengono spostate
perché ci fu un disastro, gli spettatori stavano su tribune costruite con ponteggi e un giorno crollò quindi
molti morirono quindi si decise di spostare le rappresentazioni in un luogo più sicuro e in un luogo connesso
con il dio del teatro e quindi con Dioniso, vengono spostate nella pendice dell’agone in diretto contatto con
dioniso, spazio in pendenza. Impianto non sappiamo in quali anni si amplia e si definisce , ma si definisce
anche in epoca pre periclea. Spazio con elementi in muratura non sappiamo a quando possiamo datarlo.
Teatro di Dioniso: il teatro era decisamente vicino al tempio all’interno dell’area sacra del santuario,
struttura, area che si chiama ORCHESTRA, luogo dove si danza, significativa perché è il luogo dove si colloca
il coro e dove il coro si ferma per tutto la rappresentazione. Orchestra perché gli antichi vedono come
prima definizione del coro il FATTO DI DANZARE. Caratteristica principale del coro come quella di danzare --
< ciò riporta al significato di teatro ovvero luogo dove si compie un’azione. Spazio dell’orchestra fatto a
semi cerchio, spazio tangente rispetto l’orchestra è la parte dedicata agli attori. ODEION luogo dove si parla,
luogo in cui si parla, luogo destinato agli attori. Dietro l’odeion si elevava la SKENè, ovvero la scena, la scena
è un elemento verticale, quello che corrisponderà alla scena, alla struttura verticale.
TEATRON, teatro, ovvero luogo degli spettatori, non più cavea, ma termine originale e teatro ovvero
LUOGO DA CUI SI GUARDA. Fenomeno teatrale identificato con gli SPETTATORI, luogo da cui si guarda.
Forma a semicerchio. Pianta, unanimemente definita come teatro del V secolo, due ingressi laterali: da cui
entrava nel teatro di V secolo d cu entravano varie entità, come il coro, ma anche attori. Ingresso
dell’orchestra veniva caratterizzato da ingressi all’area aperta, ingresso a cielo aperto dove finiva la zona
degli spettatori, impianto originario. Nel tempo, quando si arriva d un teatro diverso come tipo di fruizione
e composizione dei testi, teatro e testi che cominciano ad organizzarsi nel V secolo, si arriva a spazi diversi.
La cosa fondamentale è che ciò che cambia è l’assenza del CORO, a cavallo tra V e IV il coro sparisce. Il coro
non c’è più. Rimangono delle sezioni che dividono degli episodi, ma non vedono più il momento del coro,
saltimbanchi, musicisti, si cera il concetto di intervallo così come lo conosciamo noi. Si sfrutta lo spazio
dell’orchestra dove intervengono giocolieri, e altri personaggi per separare i diversi atti. Ciò comporta due
cose: che lo spaio del coro viene ridotto e per converso lo spazio dell’erctione ovvero l’odeon viene
avanzato rispetto all’orchestra. Faccio avanzare l’impianto dell’Odeion e dell’edificio di scena vado a
dividere. Viene dimezzato lo spazio circolare, avvicinare il fronte della scena allo Teatron e tagliare lo spazio
circolare ? diventando semi circolare. Perché?

Due possibili ipotesi di ricostruzione del teatro di tardo V secolo, teatro di Dioniso: orchestra circolare, a
destra e sinistra abbiamo gli ingressi da cui entrava il coro. La costruzione di scena, il così detto edificio di
scena.
Orchestra circolare, a destra e a sinistra ci sono i parodoi o esodei, gli ingressi del coro e attori. I problemi si
pongono con la costruizione dell’edificio di scena. Si tenta di ricostruire un teatro della secodna metà del 5
sec. Si ci basa soprattutto dei testi. La skenè poteva avere uno o due piani, tenda potrebbe essere
cidentificato solo con camerino una tenta da cui si entrabìva e usciva, o come telone, una scena in tela che
presentava la scenografia. Tutte le azioni si svolgono all’esterno di qualcosa, l’edificio simula l’interno.
L’edificio tramite l’ausilio di altri oggetti veniva trasformato e definito come varie ambientazioni. Possibilità
che fosse complesso con un secondo piano e che l’azione si volgeva sul logheion, palco di legno messo o
tolto difronte alla skene. La complessittà della scena ci sono due corpi avanzati in muratura, ma potrebbero
essere più nuovi. Il tetto della skene era praticabile, perché sul tetto si potevano svolgere delle azioni. Nel
prometeo incatenato il coro veniva fatto enrare dietro al corpo della skene, utilizzando il tetto. Poteva
essere devinito anche come teologheion, luogo da cui parla il dio, apparizioni degli dei, quando il dio appare
nella scene staccato dalle azioni degli uomini, e che non vengano visti dagli uomini ma solo ascoltati. Il dio
compare in altri modi. Un conto è se compare immobile, il dio saliva sul tetto senza essere visto, l’altro
modo per entare volando, vediamo già nell’ultimo 20 del 5 sec la mekanè, deus ex machina, ingresso in
volo attraverso una macchina che simulava il volo. Tipo gru, meccanismo che da terra dei macchinisti
potevano governare ma semovibile e girava su un perno, con delle funi. (ingresso di pegaso per fare cose
che non possiamo verificare)

Il drammaturgo crea le azioni in funzione degli oggetti che può utilizzare

Aristofane c’è l’utilizzo della mekane. Trigeo sale su uno scarafaggio volante per andare sull’olimpo.
Quando è in alto l’attore guarda in basso e si rivolge al macchinista e gli dice che lui se la sta facendo sotto.
Gioco di parole e dell’animale. Improvvisa rottura dell’inganno scenico. Utilizzo di quinte mobili che
potevano simulare varie ambienti. Bronteion, strumento musicale che simula i tuoni.

Enciclema, doveva essere una sorta di piattaforma con ruote che portava sulla scena l’esito di azioni svolte
nel retroscena. Portare sulla scena i cadaveri uccisi dietro la scena. Attivo già dal 5 sec. Non si sa però se
come carrello o come porta girevole.

Orchestra non più circolare, ma la skenè è molto più vicina al teatron, rispetto a prima.
Primo logheion rialzato all’orchestra di pochi gradini, possibilità di un secondo logheion dietro raggiungibile
da pochi gradini. Sostanziale unione di orchestra e logheion. Spazi facilemnte usufruibili da pochi gradini
che ne danno il comodo uso, il teologheion non era facilmente raggiungibile. Le divinità sono in uno spazio
fisicamente separato dall’azione degli uomini. Compresenza del coro e attori in luoghi che non sono
vincolati.

Gli attori probabilmente non portavano scarpe rialzate nel teatro di 5 secolo, perché gli attori devono
muoversi. Il teatro tragedia poi diventa antologico, solo in epoca ellenistica e romana. Attori che portano
dei grandi pezzi in maniera antologica, svincolato dall’opera originale, quindi lui non deve muoversi, recita
la famosa tirata, e quindi l’uso delle scarpe rialzate. Ma qui l’attore è sempre in movimento, quindi hanno
sandali molto comodi.

Porticato vede il passaggio da un teatro di 5 secolo, al teatro di tipo ellenistico in cui si crea questa sezione
del porticato che fa si che il logheion principale sia nel secondo registro, raggiungibile solo tramite l’uso di
scale e che non abbiano interazioni con ciò che accade sotto le colonne. Il coro rappresenta la comunità che
assiste alle azioni degli eroi, scambio di battute e azioni fra i singoli dei protagonisti e il coro. Quando il coro
sparisce anche gli spazi si modificano. Questa finita del momento corale, man mano che atena perde il suo
statuto di città democratic, è chiaro che questo scambio di totale libertà di parola si va a perdere il coro.
Quando ateene non vive più di uguaglianza si riflette anche sul teatro. Quindi non ci sono più gli spazi utili a
questo.

 Lezione 8 – 30/09:

Non esiste nessun teatro di 5 secolo di cui si riesca a ricostruire l’impianto originario (rivista online
engrama sui teatri del mondo antico, con segnalati tutti i teatri in area mediterranea)
Teatri a Delfi: impianto con la stessa modifica all’orchestra vista nella lezione precedente. Possibile
ricostruzione del teatro di Delfi in epoca ellenistica se non già romana, abbiamo inoltre un’evidenza
archeologica di muri di contenimento. Le modifiche all’orchestra e la scena sono strutturazioni già romane,

prima ancora che ellenistiche

Teatro di Dodona: santuario e tempio per Zeus.


Teatro di Efeso, in Turchia: passato anche questo sotto il dominio romano, visibile ad oggi. Teatro
grandissimo, visibile la complessità dell’edificio di scena, non è solo una parete con dietro il nulla, ma
presenta una gran quantità di stanze (nel periodo romano si sviluppa una complessità maggiore)

Teatro di Epidauro, vicino a Micene: mai passato attraverso un rifacimento romano, solo ellenistico, ma
non romano: pianta dell’orchestra ancora circolare. Epidauro era considerato già allora il massimo
capolavoro nell’acustica del mondo antico. Ruolo fondamentale degli edifici di scena nell’acustica perché
rimandano indietro il suono, la perdita per noi di questi edifici costituisce una grave mancanza dal punto di
vista acustico (a Orange teatro romano con l’edificio di scena ancora integro: acustica eccellente). Calcolato
più grande e capiente di quello definitivo di Dioniso ad Atene, poteva contenere 20-22 mila spettatori. Nella
foto dall’alto possiamo comunque ragionare su alcuni problemi di messa in scena, che a volte sono
decisamente insormontabili per quanto riguarda la rappresentazione di queste opere, rispetto al nostro
palcoscenico odierno che è lineare: non c’è più la possibilità di usare altri spazi oltre il palcoscenico (se non
in poche eccezioni). Alcune opere antiche per esempio, prevedono l’ingresso in scena di un messaggero che
entra correndo per la fretta: problema che si pone nel fatto che il personaggio parla già mentre sta
correndo, reso possibile nell’antichità grazie all’area dell’orchestra che offre molto spazio. Su un
palcoscenico odierno lineare, qual è la soluzione per replicare tale meccanismo di azione e risolvere questo
problema tecnico? Alcune scene di questa spazialità antica sono davvero difficili da riproporre. Molti registi
sfruttano anche la platea facendo passare gli attori tra il pubblico. Uno dei motivi principale dei tagli fatti ad
opere antiche replicate oggi, sono le scene non rappresentabili

Teatro di Ierapolis in Turchia: orchestra quasi dimezzata, edificio di scena avanzato, soprattutto la sezione
del proscenio, non presente nel 5 secolo, tipica romana, un logheion avanzato rispetto alla skenè, tagliando

il contatto di interazione con l’orchestra.


Teatro di Milos, antica Melo: teatro piccolino di impianto romano, isola prese della prof

Odeion di erode attico ad Atene: impianto simile, ma non è un teatro; teathron ripido, orchestra piccola ed
edificio di scena. Era una sala da concerti dedicata alla musica, la sua caratteristica era l’essere coperto con

un tetto di legno, in funzione dell’acustica.

Teatro di Segesta in Sicilia: presenti due avanzamenti chiamati paraschena, già presenti probabilmente

negli impianti periclei

Teatro di Siracusa: sede dell’inda (istituto nazionale dramma antico) a Siracusa

Teatro di Taormina : teatro piuttosto piccolo

Uno dei lavori: cercare sempre di identificare nei testi i movimenti scenici, le opere sono totalmente prive
di indicazioni sceniche: difficoltà nel capire come si svolgessero i movimenti scenici, da capire leggendo le
battute stesse
Le rane di Aristofane: Dioniso scende nell’ade perché ha bisogno di un poeta (altra opera insieme alle
Baccanti in cui compare Dioniso), non essendoci più ad Atene un buon poeta (Eschilo Sofocle ed Euripide
sono morti). Ama infinitamente Euripide e scende a prenderlo, una volta sceso, si svolge una gara tra
Euripide ed Eschilo, necessaria, viene vinta da Eschilo (vittoria decretata da Dioniso stesso) che viene
riportato sulla terra. Gesto simbolico che corrisponde alla frequenza con cui il teatro di Eschilo veniva
ripresentato (Euripide non era in così buoni rapporti con la città). Aristofane gioca con la rottura
dell’illusione scenica: nell’ade ci sono dei mostri e in un momento di particolare terrore Dioniso corre per
tutta l’area dell’orchestra arrivando nella prima fila di seggi, chiamata proedria, la prima fascia costruita in
muratura, corre fino al sedile dove è seduto il reale sacerdote del santuario di Dioniso, lo prende alle
ginocchia dicendo “sacerdote mio aiutami/salvami tu”. Vi è così un’improvvisa rottura dell’illusione
teatrale, per fare ciò sfrutta tutta l’area dell’orchestra. Il tipo di movimento viene dedotto tramite il testo,
non c’è una didascalia a spiegazione di ciò. Altro esempio: l’ Antigone di Sofocle: difficile da capire perché i
nostri testi sono copioni non compiuti (venivano “completati” direttamente in scena): due sorelle:
Antigone, coraggiosa che non ha paura di nulla, neanche della pena di morte per seppellire il fratello e
Ismene, più paurosa che ha paura del tiranno e non vuole aiutare la sorella a seppellire il fratello; Antigone
decide di farlo da sola, presa prigioniera, il tiranno accusa anche la sorella, Antigone la difende, ismene
entra nella dimensione di Antigone e chiede di essere punita anche lei, dicendo di aver aiutato la sorella; a
questo punto Antigone smentisce di nuovo la sorella e la caccia per la seconda volta: qui non si spiega
l’intenzione di Antigone, dice di essere nata per morire, è un personaggio che ha mantenuto la distanza da
Ismene, profondamente delusa da lei quando la caccia la prima volta, ma la seconda volta non si capisce se
la scacci per amore o inamicizia, mantiene la distanza dalla sorella per salvarla o per odio? Non lo sappiamo
e non lo sapremo mai. Differenza abissale nella rappresentazione del personaggio di Antigone in base a
quale delle due opzioni si scelga. È uno dei famosi casi in cui il regista prende posizione e decide lui che
Antigone rappresentare. Ai tempi antichi era comprensibile quale delle due versioni fosse solo tramite la
messa in scena.
Tre attori (mai più di tre): protagonistes, il primo attore/capocomico, il deuteragonistes, il secondo attore,
tritagonistes, terzo attore, in ordine di bravura. Man mano lo spettacolo verso l’età ellenistica, si avvicina
all’assenza del poeta, e la messa in scena va sempre più in mano alla gestione del capocomico La figura
dell’attore era intoccabile, rispettato in ogni modo: l’attore in tournée in altre città svolgeva le funzioni di
ambasciatore. Diritto di proedria (posti d’onore nelle altre città). Il capocomico aveva un potere enorme,
grande impresario oltre che attore; con il quarto secolo iniziano i fenomeni di divismo, primo grande divo
del mondo antico Polo, capocomico, ampiamente ricordato.
Uno dei punti legati agli attori e mai spiegati: il limite di tre attori (che interpretavano numerosi personaggi
diversi). Uno dei tipi di studio è cercare di capire il medesimo attore quanti e quali personaggi interpretasse
all’interno dell’opera. Lo scambio di più ruoli è reso possibile grazie all’uso delle maschere: non ne
possediamo nemmeno una, l’unica conoscenza che abbiamo è data dalle raffigurazioni vascolari (vaso di
pronomos, il flautista committente del vaso in cui viene rappresentata la pausa di un dramma satiresco) e
dagli elenchi di Polluce, archivista del secondo secolo dopo cristo, ci ha lasciato degli elenchi di tutte le
attrezzerie, maschere, posizioni di danza, ecc in dotazione alle compagnie; ci conferisce un’ampissima
conoscenza. Il problema è che si riferisce a un’epoca lontana (2 secolo) dal 5 secolo. Con lui conosciamo
tutti i tipi di maschere e materiali scenici. Le maschere erano leggerissime, non quelle votive di terracotta,
che erano solo celebrative. Quelle teatrali erano sempre in materiale deperibile, leggero ed erano fatte
come dei caschi, infilate dall’alto.

 Lezione 9 – 1/10:

Vaso di promonos momento di pausa di un dramma satiresco, vediamo le maschere i costumi, difficile
recuperare la prica del 5 secolo, pieno momento ateniese della rappresentazione.
qui vediamo un pg che tiene in mano una maschera
femminile, viso chiaro per distinguerla, la faccia più scura
era per gli uomini. Poi c’è un attore che interpreta eracle,
riconoscibile perché ha sempre la stessa raffigurazione,
pelle di leone e clava, di scorcio il nonno dei sileni, capo del
coro, corifeo, fisso nel dramma satiresco. Raffigurato
l’auleta, promonos, unico strumento per le
rappresentazioni, doppio flauto. La presenta di un citareto
è un dato un po’ problematico perché non è attestato la
sua presenza, ma era presente nelle rappresentazione
epiche. Figure di satiri che costituiscono il coro, satiro che
tiene in mano la sua maschera, che sono come dei caschi,
ma molto leggeri. C’è anche la faccia di socrate (?) che
viene rappresentato sempre come satiro, poi pappo sileno,
il nonno, che ha un costume che simula il pelo e in spalla ha la pelle di leopardo o di pantere, simbolo del
dionisismo. A piedi nudi, ma il pg che interpreta eracle indossa degli stivaletti molto bassi, perché deve
muoversi. Il costume di eracle non cambia mai. Pappo è molto vecchio con le varie sue caratteristiche. Altro
particolare importante il coro dei satiri fisso del dramma satiresco, in realtà il coro non sono satiri ma sileni,
la differenza è che il sileno è a metà con il cavallo, vari problemi, perché il dramma satiresco avesse come
coro dei sileni e non dei satiri non ha spiegazione. Da ricordare che queste creature durante la presenza
scenica hanno il fakko dionisiaco, un cinturone di cuoio con un fallo, potenza sessuale del dionisiaco, anche
nella commedia si ritrova, in molti protagonisti possiamo ritrovarli, legato sotto la pancia. Pronda differenza
tra dramma e commedia, il fallo del dramma sat si chiama itifallo, itsius, la condizione del fallo è eretto (?),
al comtrario nella commedia il fallo non è eretto.

Ragionamento sulla connesione di tutto il sistema teatrale col culto dionisiaco. Rapporto diretto col culto
nel teatro del 5 secolo. Sono spesso storie eroiche, che interessano gli uomini. Dioniso come personaggio lo
troviamo solo un due opere, ma non compare come pretagonista. La presenta del dramma sat è traccia di
quello che era una celebrazione con il culto di dioniso, stessa cosa con il ditirambo residuo dell’origine
cultuare nel teatro in onore di dioniso, ogni divinità ha un canto cultuale, e l’abitudine delle grandi feste era
un tipo di celebrazione di tipo corale. Il coro cosa cantava? In origine delle vicende del dio, uno degli
argomenti principali del ditirambo pre ateniese vediamo con certezza che parlasse della nascita di dioniso,
delle sue avventure e vicende, significativa perché indica la natura particolare di dioniso, che ci fa capire
come mai fosse così importante nelle comunità cittadine. Dioniso nasce dall’unione di semele e zeus in
forma di, lei rimane incinta e le sue sorelle le dicono che non ci credono le zeus fosse il suo amante e quindi
deve chiederle di manifestarsi nella sua vera natura e non un semplice stalliere, cavaliere. E semele chiede
e dato che una amata puù chiedere di esaudire un suo desiderio e lei gli chiede di manifestarsi, e si
manifesta nella sua natura, ma sappiamo che il suo vera forma fa incenerire, e quindi zeus prende il
bambino non ancora nato e se lo cuce nella cosca, ditirambo nato due volte, questa era quasi sempre
presente nei ditirambi. In qualche maniera lo vediamo in quei pochi residui di ditirambi che ci sono arrivati.

Poche descrizione dei rituali, a noi sono arrivati solo due, e vediamo se sono collogati ad una
rappresentazione oppure no

Abbiamo la descrizione che plotarco scrive, autore del 1 secolo dc, ma ci lascia un’ampia descrizione di due
rituali che fanno capon a delfi, il tramonto degli oracoli. Non è un problema che sia così lontano del tempo,
ma racconta di rituali antichi del 6 secolo ac, ma lui aveva un ruolo nel aìsantuario di delfi, e cnosceva tutte
le pratiche relative del santuario, e a differenza di altri il rituali ha delle forme invariabili attraverso i secoli
non perde alcune delle principali rappresentaione, non deve avere variazioni nella rappresentazione, non si
può cambiare. Abbiamo modo di ritenere che questi rituali attivi non si erano modificati.

Rituale septeriones o steprione, charilla

Septerione rituale significativi e come tali venivano celebrati ogni sette anni, azione che simula il mito
fondativo di delfi e del santuario, simula il momento iniziale della fondazione da parte di apollo, lotto fra
apollo e il pitone. Apollo che viene da delo sta cercando un luogo ideale per fondare il suo santuario. Apollo
arriva a delfi e lo trova magico, ma il luogo è occupato da una creatura divina, a seconda delle varianti la
creatura è maschile o femminile, dragone o dragonessa, i culti di divinità maschili sono sovrapposti a
divinità femminili precedenti, apollo quindi deve lottare contro la ptonessa, apollo riesce ad uccidere il
drago e arriva il nome della città pito (secondo nome di delfi) mito fondativo di delfi.

Il rituale che ricordava questa vicenda, e quindi ogni sette anni si svolgeva alla presenta di un pubblico e
sc’era un’azione sacra con degli officianti e celebranti, come si volgeva?

Davanti al tempio nell’area all’aperto veniva edificata una baracca (skene) dentro veniva posto un grande
tavolo, ad un certo ounto da un ingresso laterale entrava un giovane con i genitori ancora vivi
accomoagnato da un gruppo di compagni, rovesciava la capanna e il tavolo e usciva con i compagni dopo un
po’ di tempo, all’interno della celebrazione, il ragazzo rientra insieme ai compagni cantanto e inneggiando.
Quqesta azione indica tutto il racconto e veniva sintetizzato in questa azione, sono dei movimenti astratti e
svincolati dal realismo e verosimiglianza in cui tutti devono avere la stessa idea di identificazione. Tutta
l’azione forse è svolta in totale silenzio, il canto è solo dopo, ma tutta l’azione sacra sembra non essere
cantata. Gli officianti sembra che non abbiano la maschera, non si assume nessuna altra identità il dio non
si interpreta, non posso arrogarmi di simulare l’identità del dio.

Charilla, rituale simbolico, l’allusione è rivolta ad una delle storie fondative della delfi città, della comunità,
la storia fa a delfi c’era una carestia e la gente non aveva nulla da mangiare, il re cattivo aveva i granai pieni,
ma tutti lo temevano e nessuno voleva andare a chiedere, charilla allora va a chiede e si mise ai suoi piedi e
chiede un po’ di grano, non solo non le diede nulla e la prende a ciabattate in faccia, lei si impiccò per
l’umiliazione subita.

Una sacerdotezia prendeva delle bamboline e le appendeva ad un albero che oscillavano al vendo, e il
rituale alludeva a questa vicenda. Questo uso di oscilla (in latino) a scopo apotropaico sono alla base delle
palline di natale, linguaggio totalmente simbolico. Si ci pone lo stesso problema un linguaggio non
realistico, non maschera, ma fantoccio, ma potrebbe essere una derivazione di altre forme di spettacolo
come marionette o pupazzi, non grandi evidenze, ma sappiamo che c’erano.

Questi rituali ci indicano che i momenti più solenni di una comunità vengono comunità attraverso l’azione,
e non solo attraverso il canto o l’epica, ma quando devo comunicare momenti solenni del mio culto in
ambito antico si sceglie l’azione, considerandola come mezzo di comunicazione più diretta, io entro
direttamnte in comunicazione e in empatia, mi prende nel momento anche se non c’è una trama ma è
lazione

Quando atene di mettere in piedi una gara di teatro i messaggi di identità collettiva.

Per noi è importante valutare quel poco che sappiamo sul ditirambo per collegarlo al teatro
Noi abbiamo poche testimonianze e abbiamo ditirambo solo corale e non sappiamo ci fosse differenza fra
ditirambo corale o diti spettacolo nelle dionisia. Ampie testimoniante in pindaro, coreata si stacca dal
ditirambo colui che dirige il coro, era il capo del coro e lo dirigeva, quello che possiamo immaginare è che ci
fosse un’attività di dialogo fra il singolo e il coro, responsione fra i due nuclei, ma sono solo supposizioni.
Quello che possiamo valutare nei ditirambi che abbimao di bacchilide è che il sistema di dialogo prevede
ampie sezioni di dialogo

Sfida tra teseo e minosse

Non c’è riferimento a dioniso

Un figlio di minosse androgeo era stato uscciso da teseo o da una comunità ateniese, minosse aveva
imposto alla città di atene una tassa che andava a compesnsare l’assasinio e comportava che ogni 7-10 anni
doveva mandare delle vittime umane da dare in pasto al minotauro.

La vicenda è il gruppo dei fanciulli sulla nave che da atene vanno a creta e sulla nave ci sono i due capitani,
teseo principe ereditario e il re minosse, durante la traversata minosse allunga le mani su una fanciulla,
inimmaginabile, perché è una vittima sacra e quindi lei è intoccabile. Teseo eroe è il difensore dei deboli,
esiliati, poveri, accogliente. In questo caso la fanciulla trova in teseo chi l’aiuta e teseo ferma minosse, e fra
i due c’è il duello, figli di dei, zeus e poseid, minosse gli chiede cosa vuole fare, e chiede di manifestare i suoi
fulmini, e lo chiama, e zeus manda, in questo moemno minosse sfida teseo, se è davvero figlio di poseidone
va a recuperare l’anello. Molto realistico.

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