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LO SPAZIO VUOTO di P.

Brook
Lo spazio vuoto di Peter Brook e Per un teatro povero di Grotowski sono due testi complementari nel
proporre l’idea di un teatro viva e soprattutto necessaria per l’uomo d’oggi. In un certo modo il testo
di Brook è introduttivo e giustificativo del testo di Grotowski, ne costituisce l’orizzonte teorico, la
necessaria premessa critica. Grotowski a proposito di Brook dice che il fenomeno interumano che
ovunque alla radice dell’evento teatrale in occidente non va cercata nella tradizione ma bensì nella
coscienza di un impegno e di un lavoro artigianale. E questa presenza e competenza fa ritrovare quel
ponte interrotto che altre culture è sia pure per poco l’elemento della tradizione. Ciò che può dare
risposta alla domanda centrale del perché continuare a fare teatro in un mondo che cambia? Qual è il
senso, il ruolo del nostro lavoro nella società?
Il teatro di Brook è un teatro occidentale nonostante il gruppo sia internazionale ed è un teatro
artigianale.
Ne Lo spazio vuoto Brook analizza quella che è l’idea di teatro corrente che lui chiama Teatro Mortale
e quelle che a parer suo sono le tre linee fondamentali di ricerca del teatro contemporaneo:

● La ricerca del sacro (il lavoro di Grotowski dalle intuizioni di Artaud, le drammaturgie di
Beckett le coreografie di Cunningham
● Il ruvido (misura per misura di S., Ubu ROI di Jarry)
● L’immediato dove convivono l’alto e il basso, la spiritualità e la materialità

Lo spazio vuoto è ciò che consente non solo di percorrere il mondo geografico e storico ma di passare
senza interruzione dal fuori al dentro, dall’universo realistico, oggettivo, ai fatti soggettivi
dell’immaginario, dalla temporalità frammentata del reale alla temporalità fluida della coscienza.
Il vuoto quindi come SOMMA DI TUTTE LE POSSIBILITÀ, non assenza di vita ma ciò da cui nascono le
forme della vita.
La caratteristica principale del lavoro di Brook. Nel teatro consiste nella coscienza di un impegno e di
un lavoro artigianali: lo spettacolo che si esplica nella padronanza degli elementi, nella cura del
dettaglio. Se noi occidentali non abbiamo una tradizione che ci aiuti a capire il perché della cerimonia
pubblica chiamata teatro, allora non ci rimane che la ricerca e di Brook è un esempio di ricerca
cosciente e in continuo divenire.
Lo spazio vuoto è una raccolta di conferenze tenute in diverse località dell’Inghilterra. La porta aperta
una raccolta per lo più d’interviste e La porta aperta è la trascrizione di un seminario del ’91 a Parigi
e di conferenze a Kyoto nello stesso anno.
Uno spazio vuoto, un uomo l’attraversa e un altro lo osserva: è sufficiente a dare inizio a un’azione
teatrale.
Brook divide il termine teatro in quattro: Teatro Mortale, Teatro Sacro, Teatro Ruvido e Teatro
Immediato.
1. IL TEATRO MORTALE

A una prima impressione rischia di essere liquidato come teatro scadente. E’ la forma di teatro a cui
assistiamo più spesso, strettamente legata al teatro commerciale.
Il teatro mortale è un teatro privo di vita. La differenza tra la vita e la morte, che nell'uomo è limpida
e cristallina, è un po' più velata in altri campi come nel teatro.
Fa l'esempio di come viene recitata la tragedia classica in Francia, due esempi di teatro mortale:
quello tradizionale che richiede un determinato uso della voce, un determinato comportamento, un
aspetto nobile e un'emissione musicale e sofisticata della voce e l'altro è una variazione del
precedente ma meno convinta. La nuova generazione considerazione la recitazione retorica sempre
più vuota e priva di senso e acustica a una ricerca di verità, vuole che i suoi versi aderiscano il più
possibile al linguaggio della realtà, ma si scontrano con la forma della scrittura che è così rigida da
resistere a questo trattamento. È costretto a trovare un compromesso dove però non si ritrovano né
la freschezza di linguaggio né l'enfasi istrionica, la recitazione risulta debole e si avverte una certa
nostalgia dell'interpretazione gigionesca che invece è potente ed è inevitabile che qualcuno protesti
e chieda che la tragedia sia di nuovo interpretata "così come è scritta".
Però la parola stampata può dirci solo quello che sulla carta fu scritti, non come prendeva vita nel suo
tempo. La parola è una piccola parte visibile di una gigantesca costruzione invisibile.il solo modo per
trovare il giusto percorso verso l'espressione della parola è vivere un processo parallelo a quello
creativo originario. Tale processo non può essere né evitato né semplificato.
In un teatro vivo ogni giorno affronteremmo le prove verificando le scoperte del giorno precedente,
pronti a credere che la verità del dramma ci sfugga ancora una volta. Il teatro mortale invece si
accosta ai classici partendo dal presupposto che qualcuno, non si sa bene dove, abbia capito e
stabilito come dev’essere rappresentato il dramma.
Il teatro è sempre un’arte autodistruttiva ed è sempre scritto sulla sabbia. Il teatro fatto da
professionisti riunisce ogni sera persone diverse con le quali comunica attraverso il linguaggio del
comportamento. Di solito quando uno spettacolo è messo a punto deve essere replicato nel migliore
dei modi ma dal giorno in cui si stabilisce che è pronto, qualcosa d’invisibile comincia a morire.
Secondo Brook una messa in scena può durare al massimo cinque anni: non sono solo le pettinature,
i costumi ei trucchi a risultare datati ma soprattutto la gestualità, gli ammiccamenti, i toni della voce
che sono in perenne fluttuazione. La vita va avanti, attori e pubblico subiscono determinate influenze
e le altre opere teatrali, le altre arti, il cinema, la tv, l’attualità sono tutti fattori che entrano in gioco
nella continua riscrittura della storia e nella correzione della verità quotidiana. Un teatro che si
consideri superiore a una cosa come la moda è destinato ad appassire. Nel teatro ogni forma una
volta nata è morta, deve quindi essere concepita di nuovo affinché possa contenere i segni di tutte le
influenze che la circondano. Il teatro è relatività. Ciò non toglie che alcuni elementi sono costanti e
alcune istanze fondamentali sottendono tutta l’attività drammatica. La trappola mortale sta nel
distinguere le verità eterne dai cambiamenti superficiali. Siamo pronti ad accettare che scene
costumi e musica siano campo del regista, dello scenografo e del costumista e che quindi debbano
essere rinnovati ma quando arriviamo all’atteggiamento e al comportamento da assumere in scena
siamo più confusi e propensi a credere che questi elementi, se veri nel testo, possono continuare ad
essere espressi così come sono.
In relazione a questo è il conflitto che si crea in teatro tra i registi di opere liriche e i musicisti. Nelle
opere liriche la musica, è un elemento che nei secoli può rimanere invariato. La sostanza di cui è fatta
la musica va e viene sempre nello stesso modo libera dalle necessità di essere rivisitata e rivalutata. Il
musicista ha a che fare con una sostanza che si avvicina a quell’espressione dell’invisibile a cui può
giungere l’uomo. Il veicolo del dramma invece è carne e sangue e ui agiscono leggi totalmente
diverse. Il veicolo e in messaggio non possono essere separati. Nel momento in cui un attore indossa
un costume e parla con l propria lingua si avventura nel territorio fluttuante della manifestazione e
dell’esistenza che condivide con lo spettatore. Il melodramma è il Teatro Mortale spinto all’assurdo.
L’opera è luogo di contese inutili che girano intorno allo stesso concetto: non vi è alcunché da
cambiare, invece c’è tutto da cambiare, ma nell’opera il cambiamento è bloccato.
Tentare di semplificare il problema pensando che l’ostacolo principale che ci separa dal teatro vivente
sia la tradizione significa farci sfuggire il nodo della questione. L’elemento mortale si nasconde
ovunque:
nel clima culturale
nei valori artistici che abbiamo ereditato
nella struttura economica
nell’esistenza dell’attore
nella funzione del critico
e inoltre anche il contrario può essere vero, nel Teatro Mortale si possono scorgere parvenze
accattivanti, magari non del tutto riuscite o lì per lì addirittura appaganti, di una vita reale.
A New York ad es. l’elemento mortale è quello economico. Sebbene il tempo sia un fattore che
determina automaticamente un buon risultato un teatro in cui per motivi economici le prove non
durano più di tre settimane parte già svantaggiato. Allestimenti di drammi russi provati per anni
attenendosi al metodo di Stanislavskij raggiungono livelli di messa in scena molto alti. Anche il
Berliner Ensemble utilizza il tempo al meglio e in tutta libertà, lavorando per circa dodici mesi su ogni
nuovo allestimento, nel giro di qualche anno ha creato un repertorio di alto livello. In termini
economici questo rappresenta sicuramente un investimento migliore di spettacoli commerciali
preparati alla meno peggio e che raramente hanno successo.
Il teatro mortale si scava la propria fossa. Ma se un buon teatro dipende da un buon pubblico, ogni
pubblico ha il teatro che si merita. Il rapporto con il pubblico è fondamentale per la buona riuscita
dello spettacolo. Il teatro può diventare mortale anche se il rapporto con il pubblico viene a meno
durante una tournée oppure se uno spettacolo pensato per essere un happening quindi basato su
un’ampia dose di improvvisazione a un certo punto deve essere fissato in una drammaturgia precisa.
la qualità dell’attenzione del pubblico è un aspetto molto importante.
L’Actor Studio nacque per dare fiducia e continuità a quei poveri artisti che non facevano in tempo a
entrare in un lavoro che già ne erano fuori. Basandosi su uno studio sistematico di una parte degli
insegnamenti di Stanislavskij L’Actor Studio rispondeva perfettamente alle esigenze dei drammaturghi
e del pubblico del tempo. Gli attori dovevano pu sempre portare risultati in tre settimane, ma
almeno erano sostenuti dalla tradizione della scuola e il primo giorno di prove non arrivavano a mani
vuote. L’esperienza della scuola dava forza e integrità al loro lavoro. L’attore che seguiva il metodo
imparava a liberarsi delle imitazioni scontate della realtà, a cercare in sè stesso qualcosa di più
autentico e a riviverlo sulla scena. La recitazione si trasformò in una forma di studio profondamente
naturalistico. Il termine realtà era inteso come quell’aspetto del reale che rispecchia la gente e i
problemi intorno all’attore e che coincideva con quegli aspetti dell’esistenza che gli autori del
momento (Miller, Tennessee Williams, Inge) tentavano di definire.
In modo simile il teatro di Stanislavskij trova la sua forza proprio dal rispondere alle esigenze dei
migliori classici russi, messi in scena in modo naturalistico. E in Russia per un certo numero di anni,
scuola pubblico e rappresentazione formarono un insieme coerente.
Poi Mejerchol’d mise in discussione Stanislavskij e propose uno stile diverso per tentare di cogliere
altri aspetti della realtà.
E’ tempo ormai che anche negli Stati Uniti appaia un Mejerchol’d, perché la rappresentazione
realistica della vita non esprime più per gli americani le forze che li animano.
Il termine teatro è vago. Il teatro quasi ovunque non ha una collocazione precisa nella società né uno
scopo ben definito, è frammentato: un teatro va a caccia di soldi, un altro della gloria, un altro
dell’impegno politico, un altro del divertimento.
Il lavoro dell’attore può diventare mortale. L’attore raggiunto un certo livello, fuori dal palcoscenico
non studia più. La recitazione è l’arte più impegnativa e senza un continuo lavoro di scuola l’attore si
fermerà a metà strada.
I critici: un critico che scova l’incompetenza, per esempio, rende sempre un buon serviio al teatro
L'obiettivo che artista e critico dovrebbero avere in comune e di tendere verso un teatro meno
mortale che allo stato delle cose però è ancora del tutto da definire. Questa è la nostra meta, il
nostro comune scopo, ed è nostro dovere prendere nota di tutti i cartelli segnaletici e di tutte le
orme che troviamo lungo il sentiero.
Per quanto riguarda la drammaturgia, gli autori non riescono a far fronte alla sfida del proprio tempo.
spesso, quindi, siamo costretti a scegliere tra il rivisitare tra mi note e la messa in scena di nuovi che,
inadeguati, scegliamo come gesto d'apertura nei confronti del presente. Altrimenti dobbiamo tentare
di lavorare noi stessi un nuovo testo. In teoria, pochi uomini sono liberi come il drammaturgo che sul
suo palcoscenico può portare in il mondo intero ma che, in pratica È stranamente insicuro. osserva la
vita nella sua interezza Ma, come tutti noi, ne scorge soltanto un frammento piccolissimo e di questo
frammento un aspetto particolare colpisce la sua fantasia punto di rado, purtroppo tenta di collegare
quel dettaglio con una struttura più ampia punto è come se, senza porsi troppe domande, desse per
scontato che la propria intuizione fosse onnicomprensiva e la propria realtà fosse tutta la realtà.
È uno strano ruolo quello del regista: non vuole essere Dio, e pure il suo ruolo questo richiede; vuole
essere libero di sbagliare, Ma gli attori Istintivamente cospirano per fare di lui un arbitro, perché in
ogni momento hanno un bisogno disperato di un arbitro. in un certo senso, il regista è sempre un
impostore, una guida nella notte, che non conosce il territorio, ma che non ha scelta: deve fare da
guida e imparare il percorso strada facendo. Quando non si rende conto di questa situazione e spera
per il meglio mentre è il peggio che dovrebbe affrontare l'elemento mortale spesso in agguato.
L'elemento mortale ci riporta sempre alla ripetizione: il regista mortale usa vecchie formule, vecchi
metodi, vecchi trucchi, vecchi effetti, modi scontati di iniziare e concludere le scene lo stesso vale per
i suoi collaboratori, scenografi, costumisti, compositori; a meno che loro comincino ogni volta dal
vuoto, dal deserto, dal vero interrogativo: sono necessari i costumi, è necessaria la musica? a che
scopo? un regista mortale è un regista che non mette mai in crisi i riflessi condizionati presenti nei
diversi comparti del teatro.
È un dato acquisito che il teatro è un'unità e che gli elementi che lo compongono dovrebbero
amalgamarsi: da qui è nata l'esigenza della figura del regista. Di fatto, però, quella ottenuta è soltanto
un'unità esteriore, una mescolanza di stili abbastanza superficiale, ma sufficiente a evitare lo stridore
di stili contraddittori.
Quando diciamo mortale non intendiamo mai morto: parliamo di qualcosa che sì sconfortante, ma
attivo e, in quanto tale, suscettibile di cambiamento. il primo passo verso questo cambiamento e
accettare il fatto molto semplice, anche se è sgradevole, che gran parte di quanto nel mondo
definiamo teatro è la caricatura di una parola un tempo ricca di significato Teatri, attori, critici e
pubblico sono tutti parte di un macchinario che scricchiola, ma che non si ferma mai.

2. IL TEATRO SACRO

Per semplificare lo definisco teatro sacro, ma potremmo anche parlare di teatro dell'invisibile reso
visibile. l'idea che il palcoscenico sia un luogo dove può apparire invisibile ha una forte presa sulla
nostra immaginazione. siamo tutti consapevoli che gran parte della vita sfugge ai nostri sensi: la
spiegazione più efficace delle diverse arti è che trattano di modelli che possiamo cominciare a
riconoscere soltanto quando si manifestano come i ritmi o forme.
Nelle arti desideriamo ancora cogliere le correnti invisibili che governano le nostre vite; ma la visione
ora è bloccata all' estremità oscura dello spettro.Oggi il teatro del dubbio, del disagio, del
turbamento, un teatro che lancia segnali allarmanti sembra più autentico del teatro animato da
Nobili intenti. I rituali che facevano incarnare l'invisibile furono all'origine del teatro, ma non
dobbiamo dimenticare che, tranne in pochi teatri orientali, Ormai sono andati perduti o ciò che ne
resta è in piena decadenza.
È la cerimonia che dovrebbe dettare la forma del luogo, come avveniva in passato per la costruzione
di templi, cattedrali o grandi moschee la forma esterna può acquisire una reale autorità se ne ha
altrettanta la cerimonia. Abbiamo bisogno di mettere insieme rituali autentici, Ma se vogliamo che
rituali trasformino l'evento teatrale in un'esperienza che nutre le nostre vite dobbiamo avere forme
autentiche.
L'attore cerca invano echi di una tradizione scomparsa, critica e pubblico e gli vanno dietro. Abbiamo
completamente perduto il senso del rituale e della cerimonia , ma in noi restano le parole, nel nostro
midollo si rimescolano i vecchi impulsi. sentiamo che dovremmo avere rituali che dovremmo fare
qualcosa in tal senso e ce la prendiamo con gli artisti perché non sono in grado di trovarli per noi.
l'artista Allora attenta a volte di trovarne di nuovi, ma, avendo come fonte soltanto la propria
immaginazione, non fa altro che imitare le forme esteriori delle cerimonie aggiungendovi, purtroppo,
abbellimenti personali. ed è raro che il risultato sia convincente.
Dimentichiamo che il culmine di un'esperienza teatrale può essere di due tipi: la celebrazione in cui
la nostra partecipazione esplode in scala il PC e, grida di approvazione, Evviva, fragorosi battimani; o,
all'altro estremo, il silenzio, un altro modo di riconoscere e apprezzare un'esperienza che abbiamo
condiviso.
Siamo in grado di gestirle un rituale soltanto quando è al nostro livello. Oggi abbiamo fame di
un’esperienza che vada oltre la ripetitività del quotidiano. C’è chi la cerca nel jazz, nella musica
classica, nella marjuana o nell’acido lisergico.
In teatro rifugiamo il Sacro perché non sappiamo di che cosa si tratti, sappiamo soltanto che ciò che
definiamo tale ci ha delusi; allo stesso modo diffidiamo del poetico perché ci ha delusi la poesia.
senza dubbio tutte le forme di arte sacra sono state distrutte dai valori Borghesi, Ma è una
considerazione che non ci aiuta a risolvere il nostro problema. non ha alcun senso permettere che un
rifiuto delle forme Borghesi si trasforma in un rifiuto di bisogni comuni a tutti gli esseri umani. se
tutt'ora è sentita l'esigenza di stabilire attraverso il teatro un contatto autentico con una sacralità
invisibile, dobbiamo allora riesaminare tutti i possibili strumenti.
Sono stato a volte accusato di voler distruggere la parola tetta e, in effetti, via del vero in questa
assurdità. Non si direbbe che oggi per il drammaturgo la parola sia lo stesso strumento di un tempo.
Bertolt Brecht ha scritto opere ricche e complesse, ma il vero messaggio dei suoi drammi è
inscindibile dalle immagini delle sue messe in scena. Contro la sterilità del teatro francese prebellico
si scagliò un genio illuminato: antonin artaud. in alcuni scritti, teorizzò un altro tipo di teatro, un
teatro sacro il cui centro radiante si esprimesse conforme adesso più congeniali un teatro che agisce
come un'epidemia: per intossicazione, infezione, analogia, magia; un teatro in cui la messa in scena,
l'evento stesso, costituisse il testo.
Per tentare di capire in che cosa consiste S per noi un teatro sacro nacque il teatro della crudeltà. il
nome era un evidente omaggio dal tu, ma non intendevamo certo rimettere in piedi il suo teatro. noi
ci avvaliamo di quel nome di grande effetto per mascherare i nostri esperimenti che virgola.per
Massimo parte, traevano lo spunto direttamente dal suo pensiero, mentre molti esercizi erano
lontanissimi dalle sue proposte. non iniziamo dal centro radiante, ma, con molta semplicità, dai
margini.
Chiedevamo ad un attore di mettersi di fronte a noi e di immaginare una situazione drammatica che
non implicasse alcun movimento fisico; poi tutti insieme cercavamo di intuire quale fosse il suo stato
d'animo. Era ovviamente impossibile, ma proprio questo era lo scopo dell'esercizio. la fase successiva
consiste va nello scoprire quale fosse il minimo indispensabile, necessario l'attore per farsi capire:
aveva bisogno di un suono, un movimento, un ritmo? e questi ausili erano intercambiabili oppure
ognuno aveva forze e limiti specifici? lavoravamo, Dunque, imponendo condizioni drastiche. Un
attore deve comunicare un'idea -si inizia sempre con un pensiero ho la proiezione di un desiderio-
ma diciamo che a sua disposizione ha soltanto un dito, un tono vocale, un grido ho la possibilità di
fischiare. A un capo della stanza Un attore Sì ed è rivolto verso la parete. al capo posso, un altro, Qui
non è permesso di muoversi, Guarda la schiena del primo e deve fare in modo che il compagno gli
obbedisca punto e virgola Ma non essendo gli è consentito l'uso della parola può soltanto ricorrere ai
suoni. sembra impossibile, ma si può fare. Con Questo esercizio verifichiamo molte volte un risultato
altrettanto fenomenale: un lungo silenzio, una grande concentrazione, un attore che sperimentava
tutta una serie di fischi o di suoni gutturali, Finché l'altro all'improvviso si alzava e sicuro di sé
eseguiva il movimento che primo aveva pensato. gli attori Inoltre eseguivano una serie di
esperimenti sulla comunicazione: cominciavano da un profondo bisogno di esprimere qualcosa,
Sempre però avvalendosi di un unico strumento punto per esempio il ritmo: battevano un'unghia o
sbattevano le palpebre o muovevano il capo. Un ottimo esercizio è quello di formare coppie e
battersi, ricevendo e restituendo colpo su colpo, senza però mai toccarsi o muovere la testa, le
braccia o i piedi punto In altre parole, l'unico movimento consentito era quello del busto. Non si
trattava di esercizi ginnici, L'obiettivo era riuscire ad aumentare la resistenza limitando le possibilità
di scelta e, in seguito, utilizzare tale Resistenza nella lotta per la ricerca di un'espressione autentica. Il
principio è quello dello sfregamento di due bastoncini: l'attrito tra due elementi opposti e refrattari
produce il fuoco, così come anche altre forme di combustione. l'attore Allora si rendeva conto che
per comunicare i suoi contenuti invisibili, aveva bisogno di concentrazione, di volontà, di chiamare a
raccolta tutte le proprie riserve emotive, aveva bisogno di coraggio e di un pensiero lucido. ma il
risultato più importante era che inesorabilmente arrivava la conclusione che la forma ai era
necessaria. Non gli era sufficiente provare un'emozione molto intensa: doveva compiere un salto
creativo per forgiare una forma nuova che potesse contenere e riflettere i suoi impulsi. Ecco In che
cosa consiste quello che definiamo un'azione autentica. Un attore che fa un gesto mosso da un
bisogno profondo crea per se stesso e per chi lo guarda. difficile comprendere la vera funzione dello
spettatore che è e allo stesso tempo non è lì punto e, che ignorato e Tuttavia è necessario. il lavoro
dell'attore non è mai per il pubblico, Eppure è sempre per qualcuno. lo spettatore è un compagno
che deve essere dimenticato e, al tempo stesso, tenuto sempre presente. un gesto è affermazione,
espressione, comunicazione e anche manifestazone personale di solitudine, che però, quando il
contatto è stabilito, implica una condivisione della propria esperienza. Ciad entrammo gradualmente
nel lavoro sui diversi linguaggi non verbali: ci chiedevamo un episodio o un particolare di
un'esperienza e ci esercitava ma convertirli in forme che potevano essere condivise. incoraggiamo gli
attori a non considerarsi soltanto improvvisatori che si abbandonano ciecamente ai loro impulsi
profondi Ma sa essere anche artisti responsabili della ricerca e della selezione tra le diverse forme e,
affinché un gesto un grido potesse essere percepito come un oggetto da scoprire e persino da
rimodellare. Sperimentiamo il linguaggio tradizionale delle maschere dei trucchi, Facciamo una serie
di esperimenti sul silenzio per scoprirne i rapporti con la durata nel tempo. poi procedemmo con
esperimenti sugli schemi ripetitivi del rituale per capire come veicolare più significato in un tempo
inferiore a quanto richiederebbe lo svolgimento logico degli eventi. per noi ogni esperimento,
positivo negativo, riuscito o meno, aveva soltanto uno scopo: può la presenza di un attore rendere
visibile l'invisibile? sappiamo che il mondo dell'apparenza è una crosta, che sottovia il magma in
ebollizione è che se portassimo all'interno del vulcano lo vedremo punto come attingere a questa
energia? decidemmo di studiare gli esperimenti biomeccanici di Mejerchol’d.
Nella ricerca di una sacralità Artaud era categorico: voleva un teatro che fosse un luogo consacrato,
un teatro servito da un gruppo devoto di attori e registi che dalla loro natura più profonda lasciassero
affiorare un’inesauribile sequenza d’immagini sceniche, tanto violente da provare nella materia
umana esplosioni immediate e di tale potenza che nessuno avrebbe pià osato tornare a un teatro
aneddotico e di chiacchiera. Voleva un teatro che contenesse tutto ciò che normalmente è
appannaggio del crimine e della guerra. Voleva un pubblico che abbandonasse ogni difesa, che si
lasciasse perforare, scuotere, spaventare, violentare, per poter essere, al tempo stesso riempito di
una nuova potente carica. Il teatro diventava quel luogo sacro in cui sarebbe stato possibile trovare
una realtà più vasta.
L'happening è un'invenzione molto potente che in un solo colpo spazza via molte forme morte: lo
squallore degli edifici teatrali e tutte quelle banalità pompose come il sipario, le mascherine, il
guardaroba, i programmi, il bar. un happening può avere luogo ovunque, in qualsiasi momento e
durare quanto si vuole: niente indispensabile, niente tabù. Un happening può essere spontaneo,
formale, anarchico; può creare un'energia inebriante. il principio su cui si fonda l'happening è che lo
spettatore, messo in una nuova ottica, si risveglia la vita circostante. Negli happening la doppia
influenza di Zen e Arte Pop ha prodotto una combinazione del tutto confacente all'America del
ventesimo secolo. Letto in India una scopa nuova molto efficace, Certamente spazza via i rifiuti, ma
mentre ripulisce il sentiero sulle vecchie questioni due punte la contrapposizione tra forma e non
forma, tra libertà e disciplina. Una dialettica che risale a Pitagora, il primo a contrapporre i termini
limitato è illimitato. Tutti gli insegnamenti religiosi affermano che a questo visibile invisibile non si
accede in modo automatico, che Per vederlo sono necessarie determinate condizioni legate a
particolari stati o a un certo tipo di comprensione. comprendere la visibilità dell'invisibile e lavoro di
una vita. l'arte sacra è un aiuto in questo processo. arriviamo così alla definizione di teatro sacro. un
teatro sacro non si limita a presentare l'invisibile, crea anche le condizioni per renderne possibile la
percezione. La sfida di chi lavora in teatro è di soddisfare questa esigenza. Su questo fronte sono in
molti impegnarsi, ognuno seguendo la propria strada. Esempi sono
Merce Cunningham: Tutto è sospeso l'invisibile è reso visibile di natura sacra e quando Cunningham
danza e alla ricerca di un arte sacra.
Samuel Beckett: i drammi di Beckett sono simboli nel vero senso del termine
Jerzy Grotowski: Il teatro è un veicolo, uno strumento per uno studio, un'esplorazione di sé, è una
possibilità di salvezza. come territori di lavoro l'attore a sé stesso punto la recitazione, vista in questi
termini, e lavoro di tutta una vita punto l'attore deve far sì che il ruolo lo penetri. all'inizio egli stesso
è l'ostacolo, ma con un lavoro costante acquisirà le tecniche per padroneggiare i suoi strumenti fisici
e psichici di cui si servirà per abbattere le barriere. farsi penetrare dal ruolo significa esporsi: l'attore
non esita a mostrarsi per quello che è, perché si rende conto che per conoscere il segreto del ruolo
deve aprirsi e svelare i propri segreti. lato della rappresentazione è, dunque, un atto sacrificale in cui
l'artista offre tutto ciò che la maggior parte degli esseri umani preferisce nascondere. questo
sacrificio il suo dono allo spettatore. il rapporto fra attore pubblico è simile a quello che si instaura
fra sacerdote e Fedeli gli attori di grotowski offrono la loro rappresentazione come una cerimonia
quanti desiderano di assistervi: l'attore invoca e mette a nudo ciò che è in ogni uomo è che la vita di
tutti i giorni nasconde. Questo teatro è sacro perché sacro il suo fine, perché occupa uno spazio
molto preciso nella comunità e risponde a un bisogno che le chiese non possono più soddisfare. Il
teatro di grotowski più di ogni altro si avvicina l'ideale di Artù punto è uno stile di vita completo per
tutta la compagnia ed è quindi in netto contrasto con la maggior parte degli altri gruppi di
avanguardia o sperimentali in cui il lavoro è, in genere, confuso e menomato dalla mancanza di
mezzi.
Questi tre tipi di teatro hanno diversi aspetti in comune: pochi mezzi, lavoro intenso, disciplina
rigorosa, precisione assoluta.
Possiamo tentare di cogliere l'invisibile, ma senza perdere il contatto con il buon senso: se il nostro
linguaggio sarà troppo particolare, agli occhi dello spettatore perderemo parte della nostra
credibilità. il modello, come sempre, è Shakespeare. il suo scopo è sempre il Sacro, il metafisico, ma
non commettere mai l'errore di restare troppo a lungo sul livello più elevato. ben sapendo quanto sia
difficile per noi restare in compagnia dell'assoluto, ci fa ripiombare sulla terra.
Il living Theatre è una comunità nomade viaggia per il mondo seguendo le proprie leggi spesso in
contraddizione con quelle dei paesi in cui si trova. a ognuno dei suoi membri Living offre uno stile di
vita totale punto Prima di tutto sono una comunità, ma lo sono soltanto perché insieme hanno una
funzione speciale che da significato alla Vita in comune: recitare punto per tutti loro andare in scena
è un atto che corrisponde a un profondo comune bisogno: Sono alla ricerca di un significato per le
loro vite e, in un certo senso, anche se mancasse il pubblico dovrebbero andare in scena comunque,
perché l'evento teatrale e lattice e il fulcro della loro ricerca. senza il pubblico, però, le loro
rappresentazioni perderebbero di sostanza 2 punti il pubblico è sempre una sfida, senza la sfida lo
spettacolo sarebbe una mistificazione punto il living Theatre e la sintesi di tre necessità: esiste per il
piacere di fare teatro, vive dei propri spettacoli e nelle messe in scena inserisce i momenti più intensi
e intimi dell'esperienza di vita collettiva. elementi Ater, però, per tanti aspetti esemplare, non ha
ancora fatto i conti con il suo problema di fondo due punte mancando di una tradizione e di una
fonte precisa e qui attingere, è costretto nella sua ricerca del sacro a ricorrere a tradizioni e fonti
diverse: yoga, Zen, psicoanalisi, libri, ispirazioni, cose orecchiate o scoperte.
Per secoli in teatro è invalsa la tendenza a mettere l'attore su una piattaforma a una grande distanza
dal pubblico: incorniciato, decorato, illuminato, truccato, calzato di coturni, per far credere al
ignorante che l'artista era sacro, che la sua arte era sacra. oggi abbiamo visto a nudo la menzogna,
ma stiamo riscoprendo che ciò di cui abbiamo ancora bisogno è un teatro sacro punto dove cercarlo?
tra le nuvole o sulla terra?

3. IL TEATRO RUVIDO
È sempre stato il Teatro Popolare a salvare la situazione. nelle diverse epoche ha assunto molte
forme, ma l'elemento che le accomuna è uno soltanto: una certa ruvidezza.
La scienza della costruzione teatrale deve fondarsi sulla ricerca degli elementi in grado di stimolare
un rapporto tra le persone il più vivido possibile. può essere d'aiuto l’asimmetria? O addirittura il
disordine? e, se così fosse, Qual è la regola di questo disordine?
Il teatro ruvido è vicino alla gente. Di solito la sua caratteristica è l'assenza di ciò che siamo soliti
definire stile. lo stile richiede a giù e tempo: veicolare un significato in condizioni precarie, invece,
equivale a quando, durante una situazione rivoluzionaria, qualsiasi oggetto capitato tra le mani può
trasformarsi in un'arma punto il teatro rubido non Seleziona, non sceglie. se il pubblico è irrequieto,
Va da sé che è meglio rimbeccare con qualche strillo e i responsabili della confusione o improvvisare
una gag piuttosto che tentare di salvaguardare l'unità di stile della scena. Le, si avvale in realtà di un
linguaggio molto sofisticato e stilizzato: il pubblico Popolare di solito non ha alcuna difficoltà ad
accettare incongruenze fra l'intonazione e costumi a seguire i passaggi dal minimo al dialogo, dal
realismo all'evocazione. Il pubblico segue il filo della narrazione e non si rende conto che tutta una
serie di convenzioni sono infrante.
Il Teatro Popolare, per natura, è contro le autorità, la tradizione, la pompa, la pretenziosità. è il teatro
del rumore è il teatro del rumore e il teatro dell'applauso.
Ma qual è l'intento di questo teatro? la sua principale ragione d'essere è quella di provocare gioia e
risate e, senza vergognarsene. Tyrone Guthrie Lo definisce il teatro del piacere; è un teatro che riesce
a procurare un piacere vero merita comunque il diritto di esistere. Un lavoro serio, impegnato e
approfondito deve andare di pari passo con l’irresponsabilità.
Una commedia solida ha radici nell’ archetipo, nella mitologia, e in situazioni basilari e ricorrenti e
non può che essere profondamente ancorata alla tradizione sociale.
Possiamo vedere il duplice aspetto del teatro rubido: se il Sacro E l'anelito All'invisibile attraverso le
sue incarnazioni visibili, anche il ruvido è un impulso dinamico verso un certo ideale. entrambi i teatri
traggono linfa dalle aspirazione vere e profonde del loro pubblico, ambedue liberano risorse di
infinite energia punto e virgola sono energie diverse, ma alla fine ambedue tracciano i confini entro
cui certe cose semplicemente non sono ammesse.se il teatro sacro Crea un mondo in cui una
preghiera è più reale di un rutto, il teatro ruvido fa esattamente l'opposto: ruttare è reale e pregare È
comico. il teatro ruvido sembra non avere stile, convenzioni, limiti, in realtà ha tutte e tre le
caratteristiche.
Il teatro sacro si occupa dell'invisibile e questo invisibile contiene tutti gli impulsi nascosti dell'uomo.
il teatro ruvido tratta delle azioni degli uomini è già che ha i piedi per terra Ed è diretto, già che
ammette la cattiveria è la risata ed è alla portata di tutti, sembra migliore del Sacro impalpabile.
Brecht inizio a lavorare quando in Germania su gran parte dei palcoscenici imperversavano il
naturalismo O gli assalti violenti di un grandioso teatro totale di natura melodrammatica, che mirava
a travolgere lo spettatore sul piano emotivo e a fargli dimenticare completamente se stesso. la
vitalità della scena era neutralizzata Dalla passività del pubblico. Brecht riteneva che un teatro
necessario non potesse mai, nemmeno per un istante, perdere di vista la società di cui è servito re.
tra attori e pubblico non vi era una quarta parete, l'unico scopo dell'attore era di stimolare nello
spettatore, nei cui confronti nutriva totale rispetto, una reazione precisa. Su questo rispetto che
indusse Brecht a introdurre il concetto di straniamento, che è invito a una pausa. straniamento vuol
dire tagliare, interrompere, mettere in luce qualcosa e riproporla al nostro sguardo. lo straniamento
è Innanzitutto un appello allo spettatore Affinché si impegni in un lavoro personale, Affinché si
assuma sempre più le responsabilità di accettare in modo adulto, soltanto se ne è convinto ciò che
vede punto Brecht rifiuta la concezione romantica secondo Queen teatro torniamo a essere tutti i
bambini. l'effetto dello straniamento è quello dell’happaning sono simili e opposti: lo shock
dell'happening serve a infrangere tutte le barriere erette dalla nostra ragione, lo shock prodotto dallo
straniamento attiva la parte migliore della nostra ragione.
Brecht introdusse un'idea semplice devastante. Chiarì che l'attore deve sempre porsi al servizio
dell'azione drammatica, ma che fino a quando non avrà compreso Qual è la vera azione, Qual è il
reale intento di un dramma sia dal punto di vista dell'autore sia in rapporto alle necessità di un
mondo esterno in perenne trasformazione, e da quale parte egli intenda schierarsi nelle lotte che
dividono il mondo, non potrà mai sapere a che cosa dedica il suo servizio. Viceversa, quando saprà
con esattezza che cosa ci si aspetta da lui E qual è il suo compito, Allora sarà in grado di comprendere
correttamente il proprio ruolo. Quando avrà sentito di essere in rapporto con l'insieme del dramma,
si renderà conto non soltanto che una caratterizzazione eccessiva spesso è in contraddizione con le
esigenze del dramma spesso ma anche che molte caratteristiche inutili, in realtà, possono ri voltargli
Sì contro e rendere la sua presenza in scena meno apprezzabile. valuterà con Maggiore imparzialità il
personaggio che interpreta, guarderai i suoi aspetti simpatici o antipatici da un diverso punto di vista
e, infine, prenderà decisioni diverse rispetto a quando riteneva che fosse essenziale identificarsi con
il personaggio. Brecht introdusse l'idea dell'attore intelligente, capace di giudicare il valore del
proprio contributo.
Shakespeare è il modello di un teatro che ingloba Brecht e Beckett, ma che va oltre. Nel teatro post
brechtiano abbiamo bisogno di tornare a Shakespeare per trovare una strada che ci faccia andare
avanti. è proprio il contrasto tra Ruvido e Sacro,lo stridore atonale di chiavi assolutamente
incompatibili che ci consente di ricevere le impressioni sconcertanti e indimenticabili dei suoi
drammi. più ci sarà chiaro in cosa consiste la potenza del suo teatro, meglio prepareremo la strada. Ci
siamo finalmente resi conto che l’assenza di scenografia del teatro elisabettiano era una delle sue
libertà più grandi. I drammi di S. erano scritti per essere rappresentati con continuità in un’alternanza
di scene brevi, di intreccio principale e intreccio secondario, di impronta cinematografica. Questi
erano tutti aspetti di una struttura complessiva che si palesava con la dinamicità e con la sequenza
ininterrotta di queste scene. E’ stato anche rilevato che la natura della struttura permanente del
teatro elisabettiano-l'arena piatta completamente scoperta, il balcone grande e una seconda galleria
più piccola-era un diagramma della concezione dell’universo, che il pubblico e gli autori del XVI
secolo condividevano: gli dei, la corte e il popolo, tre livelli separati ma spesso in rapporto tra di loro
e un palcoscenico che era una perfetta macchina filosofica.
La libertà di movimento del teatro elisabettiano non era soltanto una questione di scenografia.
L’aspetto più importante da cogliere è che questo teatro non offriva soltanto all’autore la possibilità
di spaziare in tutto il mondo, ma anche di spaziare con libertà dal mondo dell’azione al mondo delle
impressioni interiori. La forza dei drammi di Shakespeare sta nel presentare simultaneamente tutti gli
aspetti dell’uomo. Come individui ci identifichiamo sul piano emotivo, ma nello stesso preciso istante
valutiamo la situazione sul piano politico e oggettivo in rapporto con la società. Il profondo va oltre il
quotidiano e soltanto un linguaggio più elevato e un uso rituale del ritmo possono avvicinarci a
quegli aspetti della vita celati dalla superficie. S. con un cambio del ritmo, un ritorno alla prosa, un
passaggio a un dialogo gergale, una parola presa direttamente dal pubblico, ci rammenta dove ci
troviamo e ci riporta al mondo ruvido e familiare dove il pane è il pane e il vino è il vino. Così S.
scrivendo drammi che attraversano più livelli di coscienza, riesce dove nessun altro è riuscito prima e
dopo di lui. Sul piano tecnico ciò che gli ha consentito di raggiungere questi risultati, l’essenza del suo
stie, è una ruvidezza della trama e una mescolanza consapevole degli opposti, che potremmo anche
definire senza stile.
In Misura per Misura il Sacro e il ruvido sono mostrati uno accanto all’altro quasi in modo shematico.
Il ruvido è in prosa, tutto il resto è in versi. In termini generali, nelle scene in prosa il dramma può
essere arricchito con la nostra creatività, perchè le scene hanno bisogno di particolari esterni per
liberare tutta la loro vitalità Nei brani in versi però dobbiamo tornare subito a alzare la guardia:
Shakespeare sta usando il verso perchè sta tentando di dire di più, di concentrare un significato più
ampio. Dietro ogni segno visibile sulla pagina se ne cela un altro invisibile, difficile da cogliere. Sul
piano tecnico sono necessari un abbandono minore e una concentrazione maggiore, minore
ampiezza e maggiore intensità. Abbiamo bisogno di accostrarci in maniera diversa, abbiamo bisogno
di uno stile diverso. Non vi è nulla di cui vergognarsi in un cambiamento di stile.
Il teatro che Shakespeare ci propone non si rideuce mai a una serie di eventi è molto più facile
omprendere i suoi drammi se li consideriamo come oggetti, insiemi di forme e significati dalle molte
sfacettature in cui la linea narrartiva è soltanto uno dei tanti aspetti e quindi non può essere studiata
o rappresentata separatamente.
Se il nostro linguaggio deve corrispondere alla nostra epoca dobbiamo anche accettare che oggi la
ruvidezza è più viva e la sacralità è più morta che in passato. Non possiamo aspettarfi che il pubblico
si raccolga con animo devoto e attento, spetta a noi catturare l’attenzioe ed essere convincenti.
Dobbiamo dimostrare che non vi saranno trucchi, che niente sarà nascosto. Dobbiamo aprire le
nostre mani vuote e far vedere che nelle maniche davvero non nascondiamo nulla. Allora soltanto
potremo iniziare.

4. IL TEATRO IMMEDIATO

Il teatro è come una lente che può ingrandire e ridurre. È un piccolo mondo, in quanto tale, può
essere gradevole. il teatro condensa la vita e lo fa in molti modi. è difficile per tutti avere un unico
scopo nella vita, ma in teatro la metà è chiara, visibile e non troppo lontana già dal primo giorno di
prove e coinvolge tutti. possiamo scorgervi tanti modelli di schemi sociali: le pressioni dell'esordio,
con tutto ciò che ovviamente comportano, stimolano un modo di lavorare insieme, una dedizione,
un'energia è una considerazione delle esigenze reciproche che i governi di sperano di poter suscitare
se non in caso di guerra. dobbiamo Inoltre dire che, generalmente, il ruolo dell'arte nella società non
è chiaro. la maggior parte della gente vivrebbe benissimo anche senza alcuna forma d'arte e anche se
ne avvertisse la mancanza non ne risentirebbe certo irregolare scorrere della vita quotidiana. in
teatro questa separazione non esiste: in ogni momento il problema pratico è anche una questione
artistica l'attore più scoordinato e sgraziato si preoccupa di Tony e tempi, intonazione ritmo,
posizione, distanza, colore forma, esattamente come l'attore più sofisticato durante le prove l'altezza
di una sedia, la fattura di un costume, la quantità di luce, la qualità di un'emozione sono sempre
importanti: l'estetica è pratica.
il palcoscenico riflette la vita, ma la vita non potrebbe essere rivissuta neanche per un attimo se non
vi fosse un metodo di lavoro basato sul rispetto di certi valori e sull’affermazione di giudizi in merito.
Tra il cinema è il teatro vi è un'unica differenza degna di interesse. Il cinema proietta sullo schermo
immagini del passato e a noi sembra reale perché la mente fa la stessa cosa durante tutta la vita, in
realtà è tutt'altro: è un'estensione appagante è piacevole dell'irrealtà della percezione quotidiana. il
teatro, che invece si afferma sempre nel presente, può essere più reale del normale flusso di
coscienza ed è questo che a volte lo rende così inquietante.
Durante la rappresentazione la relazione è attore-testo-pubblico Punto durante le prove è
attore-testo-regista. nella fase iniziale la relazione è regista-testo-scenografo.
Ciò che serve in una scenografia è un disegno incompleto, che sia chiaro senza essere rigido, che
possa essere definito aperto nel senso di opposto ha chiuso punto Questa è l'essenza del pensiero
teatrale: un vero scenografo di teatro considererà sempre i propri disegni come materiale in perenne
movimento, in azione, strettamente legato a ciò che l'attore apporta alla scena mentre è essa si
sviluppa. In altre parole, contrariamente al Pittore da cavalletto, che lavora su due dimensioni, o allo
scultore che lavora su tre piani, lo scenografo pensa in termini di quarta dimensione: lo scorrere del
tempo; non il quadro scenico, ma il quadro scenico in movimento.
Altrettanto importante è la scelta degli attori punto non sempre assegnare i ruoli in aderenza a quel
che si presuppone che un attore possa fare è la scelta giusta, perché solo durante il lavoro che un
attore mostra le sue possibilità di trasformazione ed è in grado di stupirci.
Il primo giorno di prove il regista in qualche misura è come un cieco che guida un altro cieco. A volte
può tenere un discorso formale in cui indica le linee guida che sottende Ranno il lavoro, oppure può
mostrare i modellini, bozzetti, libri, fotografie, può fare qualche battuta scherzosa, altrimenti può
procedere a una prima lettura del testo, puoi invitare a bere, a fare un gioco tutti insieme, a fare un
giretto per il teatro o a costruire una parete. lo scopo di quello che si fa il primo giorno è soltanto di
arrivare al secondo. il secondo giorno è già diverso: via un processo in atto e, dopo 24 ore,Ogni
singolo elemento, ogni rapporto hanno subito un lieve cambiamento punto un regista Impara che la
successione delle prove corrisponde a un processo di maturazione: si renderà conto che vi è un
tempo giusto per ogni cosa e la sua arte è proprio quella di riconoscere questi momenti. Il regista che
il primo giorno di prove arriva con il suo copione e fitto di annotazioni sui movimenti degli attori e
altre cose di questo tipo è di fatto un uomo del teatro mortale. anche da parte del regista la
costruzione di uno spettacolo è un processo aperto in movimento in divenire. Il regista deve
percepire In che direzione sta andando l'attore, che cosa tenta di evitare, quali blocchi frappone alle
sue stesse intenzioni. nessun regista può trasfondere nel l'attore il modo in cui deve recitare, Nella
migliore delle ipotesi lo mette in condizioni di esprimere la sua personale interpretazione che
altrimenti non lascerebbe emergere. la recitazione comincia con un piccolissimo movimento
interiore, così sottile da essere quasi invisibile. lo possiamo cogliere nella differenza fra la recitazione
nel cinema e in teatro: un buon attore di teatro può recitare nel cinema, ma non è detto che sia
possibile il contrario.
Durante le prove il fenomeno si presenta sistematicamente e ogni volta riapre la questione
dell'innocenza e dell'esperienza, della spontaneità e della conoscenza vi sono anche attori giovani e
sconosciuti che riescono a fare cose che sono oltre le possibilità di attori eccellenti, più esperti e abili.
durante le prove, la preparazione degli attori con l'improvvisazione e gli esercizi ha un unico scopo:
liberarsi del teatro mortale.non si tratta di sguazzare in uno stato euforico di autocompiacimento,
come spesso spettano gli estranei; lo scopo è quello di rimettere sempre l'attore di fronte alle
proprie barriere, di portarlo lì dove di solito sostituisce la nuova verità scoperta con la menzogna.
Alcuni esercizi creano tra gli attori un'apertura del tutto nuova Punto per esempio, molti attori
recitano scene diverse stando l'uno accanto all'altro senza mai parlare nello stesso momento,
ognuno, Dunque, deve fare molta attenzione all'insieme in modo da sapere esattamente in quale
momento intervenire. oppure si può sviluppare un senso di responsabilità collettiva per la qualità di
una improvvisazione e muoversi in altre situazioni appena l'inventiva collettiva si attenua. molti degli
esercizi servono Prima di tutto a liberare l'attore e a metterlo nella condizione di scoprire da se
quello che esiste soltanto nel suo intimo, ma servono anche a Costringerlo ad accettare ciecamente
le direttive esterne, affinando il suo occhio, cosi ché sia in grado di ascoltare dentro di sé i movimenti
che non potrebbe percepire in alcun altro modo.
Un esercizio molto efficace consiste nel dividere un monologo di Shakespeare in tre voci e farlo
recitare a canone da altrettanti attori più e più volte a velocità sempre maggiore. l'attenzione degli
attori Inizialmente è assorbita dalla difficoltà tecnica e non appena sono in grado di controllare le
difficoltà si chiede loro di far affiorare il significato delle parole, senza derogare dalla forma che deve
restare in nottata. data la rapidità il ritmo meccanico l'impresa sembra impossibile Anche perché
l'attore non può Servirsi del suo bagaglio espressivo ordinario. a un tratto però l'attore abbatte una
barriera e sperimenta la libertà che può esservi all'interno della disciplina più ferrea. una variazione
dell'esercizio per precedente e prendere il verso to be or not to be That is the Question and
assegnare 10 attori una parola testa gli attori, in piedi e sistemati a cerchio, devono pronunciare le
parole in successioni tentando di ricomporre la frase in una forma vitale. È un esercizio davvero
difficile Dopo un lungo lavoro, quando la frase all'improvviso scorre, tutti sperimentano una libertà
entusiasmante e in un lampo scoprono si ha la possibilità di recitare in gruppo sia ciò che lo
impedisce punto l'esercizio può avere un ulteriore sviluppo sostituendo tubi con altri verbi che
abbiano lo stesso effetto di affermazione e di negazione è ancora al posto di una parola di tutte le
parole si possono inserire suoni o gesti mantenendo però sempre vivo il flusso drammatico fra i
partecipanti.
lo scopo di esercizi di questo tipo ed è di portare gli attori al punto in cui, quando uno di loro fa
qualcosa di imprevisto ma autentico, gli altri possono toglierlo e rispondere sullo stesso piano.
Questo è il significato del recitare insieme, in termini teatrali significa creazione collettiva: un'idea
che suscita timore e rispetto .
Gli attori devono procedere nello studio variando gli strumenti e devono Innanzitutto compiere un
atto di eliminazione. il libro di Stanislavskij costruire un personaggio è un titolo fuorviante. un
personaggio non è statico e non possiamo costruirlo Come si farebbe per un muro punto le prove
non sono quindi una costruzione progressiva per arrivare alla prima, alcuni attori hanno difficoltà a
capirlo, soprattutto quelli che si vantano della propria bravura. per gli attori mediocri il lavoro di
costruzione del personaggio significa all'inizio vivere sul piano artistico attimi di angoscia acuta.
Chi è interessato alla sperimentazione deve confrontarsi con tutti gli aspetti del suo rapporto con il
pubblico. Per favorire nuove possibilità, per esempio, prova a situare il pubblico in posti diversi.
In inglese prove si dice rehearsal, in francese repetition. La ripetizione nell’arte è importante, ma
include un concetto di ripetitività meccanica. Il termine diventa più interessante quando si parla dello
spettacolo come rapresentation, ripresentare. Questa parola include il concetto di presentare
nuovamente, in modo vivo e presente. Il ruolo del pubblico è molto importante è un ruolo attivo, il
pubblico assiste lo spettacolo nel vero senso della parola, ovvero ne è parte attiva fondamentale e
integrante.
Il teatro ha una caratteristica particolare: si può sempre ricominciare da capo. Nella vita questo è un
mito, noi non possiamo mai ritornare su niente del passato. le foglie ricrescono sempre nuove, non si
possono fa tornare indietro le lancette dell’orologio, non possiamo avere una seconda opportunità.
In teatro la lavagna torna ogni volta pulita. Nella vita di tutti i giorni se è una finzione, in teatro se è
un esperimento. Nella vita di tutti i giorni se è un’evasione, in teatro se è la verità. Quando siamo
convinti di questa verità il teatro e la vita diventano una cosa sola.
Recitare richiede un grande sforzo. Ma quando lo viviamo come un gioco, allora non è più lavoro.
Recitare è gioco. A play is play

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