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Un italiano a Parigi
Altra nuova forma di teatro popolare e rituale, essenzialmente classico -> Gabriele D’annunzio, il quale
avrebbe sviluppato le sue idee di riforma nel romanzo teatrale Il Fuoco.
La restaurazione di un teatro fondato sul verbo poetico – ma anche sul ritmo e una presenza pressochè mitica
dell’attore – non guarda semplicemente al passato del teatro ma come tante utopie teatrali del Novecento si
fissarono principalmente sulla carta.
Il circolo quadrato
Il dramma Verso Damasco di Strindbeg e lo spettacolo Ubu roi di Jarry, questi 2 eventi capitali nella storia
del teatro moderno, trovano una radice comune: il Peer Gynt di Ibsen.
Il Peer Gynt è un colossale capriccioso poema drammatico nel quale Ibsen adotta, su una base favolistica,
una struttura itinerante, lunga una vita, per tracciare il percorso di esperienza del proprio eroe, attanagliato
dal problema dell’identità.
Nel secondo atto, c’è una scena in cui il protagonista, sprofonda nel regno dei trold. (uno dei quali fu proprio
interpretato da Alfred Jarry.
Da Strindber e Jarrt, ambedue chiaramente influenzati dal Peer Gynt, si diparte la principale tendenza del
teatro antirealistico contemporaneo e la scena dei trold si pone come il preannuncio dell’espressionismo e del
teatro dell’Assurdo.
Strindberg scrive Verso Damasco alla decantazione di una sofferta crisi personale, religiosa e creativa di
almeno 4 anni, vissuta a Parigi a contatto con gli ambienti degli occultisti, degli alchimisti e dei simbolisti.
L’opera è stata recepita nel Novecento come il modello del dramma di trasformazione che si contrappone al
dramma d’azione, strutturato secondo il principio del dramma a tappe.
Il Dio selvaggio
Solo un mese dopo la messinscena di Peer Gynt, l’Oeuvre presentava al Nouveau Théatre l’Ubu Roi di
Alfred Jarry = formula di spettacolo comico elementare semplificato, quasi riportato all’ABC del teatro: si
parla di maschere e di teste di cavallo di cartone per realizzare le scene equestri, un fondale unico e un solo
soldato a rappresentare un esercito.
= Macbeth demenziale e pagliaccesco, i cambiamenti di scena furono affidati a cartelli elisabettiani ma
volutamente sgrammaticati
Alcuni spettatori si allontanano subito e gridano allo scandalo, altri ribelli resistono
Oltre la rappresentazione
Il Dio selvaggio del Novecento è anche un Dio promiscuo o proteiforme e tale sua natura si rivela proprio nel
rapporto che si instaura tra Stranislavskij e Anton Cechov.
I drammi di Cechov, nel contesto novecentesco, sono quindi essenziali soprattutto per questa spinta verso un
teatro di compiuta presenza dell’essere, che tende a scindersi dal mero recitare o rappresentare.
Stanislavskij sarebbe infine arrivato a riconoscere che le opere cechoviane avevano soprattutto liberato il
teatro dall’ossessione dell’azione esteriore, essendo se mai ricche di una “complessa azione interiore”.
Sogno e crudeltà
“Un sogno” era stato scritto da August Strindberg nel 1901 ovvero, più o meno, nel segmento temporale in
cui Freud abbozzava una teoria del sogno.
Tuttavia poco c’è in quel testo della psicologia dell’epoca, quanto invece una visione idealistica che la vita è
sogno.
La nota di quest’opera è significativa in quanto modello drammaturgico onirico-itinerante che avrà per di più
di un sviluppo nel posteriore teatro espressionistico e dell’Assurdo: “Tutto può accadere, tutto è possibile e
verosimile. Tempo e spazio non esistono; su un insignificante fondo di realtà la fantasia fila e tesse nuovi
motivi. Una mescolanza di ricordi, esperienze, libere invenzioni, assurdità e improvvisazioni”.
Con “Un sogno” allestito da Artaud, si saldano in un circolo emblematico e con relativa casualità i nomi dei
2 padri del teatro novecentesco: Strindberg e Jarry, ovvero la visionarietà dello spettacolo astratto e onirico
moderno con il teatro come scandalo e paradosso.