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Raffaele Viviani: la compagnia, Napoli e l’Europa

Capitolo 1: dal varietà alla prosa, due compagnie in una

Possiamo datare come inizio del vero teatro di prosa il 1916 durante prima guerra
mondiale e ufficialmente nel 1917 quando viviani strappò un contratto per la sua
compagnia al teatro Umberto I di Napoli. Per ripercorrere la storia della compagnia
ci serviremo dei di scrittura degli attori che serviranno per contestualizzare il
contesto teatrale di quel tempo. Già le più antiche scritture rinvenute dai suoi
archivi restituiscono il profilo di un artista già affermato nel panorama teatrale
italiano. Nel 1916 alla sua attività di attore si affiancò quella di capocomico in cui il
percorso dell'artista non mese di fronte alla necessità della costituzione un gruppo
affiatato è, Soprattutto stabile. La tournée Viviani, di cui egli è capocomico
attrazione principale. Viviani è sempre stato impresario di se stesso fino a quel
periodo avendo maturato una esperienza e dinamiche in ambito di contratti,
dimostrando una grande capacità imprenditoriale e organizzativa.

Fin da piccolo crebbe a pane e teatro, l'ascesa del comico Viviani correva veloce
per l’Italia appena ventenne, Il contratti parlano chiaro, Venne scritturato fin dal
1910 in tutte le più importanti sale di varietà della penisola. Dalla frequentazione
dei vari caffè chantant viviani aveva appreso l'arte specialissima del Varieté da cui
avrebbe ricavato la sua compagnia. Il varietà è stato per Viviani una scuola una
fucina per il suo teatro drammatico. La strategia Messina atto da Viviani correva
sul doppio binario: portare il suo ensemble nei teatri in cui era già celebre È
figurare come fattore principale. Possiamo dividere gli atti secondo due tipologia:
contratti di lavoro teatrale: contratto tra impresario e prestatore d'opera per
l'effettuazione dello spettacolo stesso.

Contratti di recita attraverso quale si accorda con il proprietario svolgimento di una


o più recita nel suo locale.

Viviani aveva capito che la sua arte si sarebbe potuta a crescere anche attraverso
la creazione di una compagnia in grado di fornire ai teatri uno o più spettacoli.

La possibilità poi di lavorare a lungo con gli stessi compagni aiutava molto la resa
dell'insieme viviani si accorse prestissimo: piovra allunga la durata delle tournée
più la coesione aumentava. La prima compagnia di teatro ufficiale fu sancita nel
dicembre 1917 quando la tournée viviani debutto al teatro Umberto a Napoli con il
suo primo atto unico ‘O Vico, scrivendo non più e solo macchiette canzoni
comiche ma una prosa alle quali esse venivano alternate. Sotto lo stesso nome
convivevano in realtà due compagnie: Una per la prosa, L'altra per il varietà di cui
Viviani era capocomico. L'esperimento ebbe un successo insperato E fu così che
per cinque anni il teatro Umberto fu la casa di Viviani e della sua compagnia.

C'è da dire che in questo primo periodo le due compagnie non furono belle distinte
in maniera ufficiale poiché gli attori si scambiavano i ruoli nelle varie scene.

‘O Vico segna il passaggio al teatro vero, Il salto di qualità creando nell'artista


quella rispettabilità che aveva saputo dare all'uomo.

Questo esordio avvenne a cavallo con la disfatta di Caporetto, il varietà era poco
edificante cosicché Viviani colse l'occasione di “inserire” il varietà all'interno della
commedia poiché quest'ultimo genere non era interessato dal veto imposto. Ben
conscio dell'enorme potere che il varietà continuava ad esercitare sul pubblico,
continuo ad associare il varietà alla prosa e a trasformare quelle espediente in una
pratica abituale. Gli artisti provenienti dal varietà come del resto lui stesso, erano
dotati dei requisiti essenziali del suo nuovo teatro, Essi sapevano oltre che recitare
cantare e ballare. A partire da’O vico viviani diede un continuum narrativo ai sui
numeri del varietà. La prosa di Viviani non fu però quella ortodossa del cosiddetto
teatro d'arte, Fu la geniale invenzione di un genere nuovo cui alla prosa si
alternavano musica, canto e danza ovvero il “contro teatro”. La Vera rivoluzione
artistica di Viviani È in questo suo non sostituire un genere all'altro, ma trasformare
l'uno nell'altro.

Sostanzialmente I componenti della compagnia venivano dal mondo del


varietà(Tecla Scarano, Gigi pisano, Faras, luisella Viviani) ma la compagnia che
Viviani formò per la prosa era composta da elementi lavoravano con lui da molti
anni costruendo quel affiatamento che permise al Viviani autore di creare una sua
drammaturgia. L'attività dell'autore attore capocomico impresario era frenetica nel
1918, Primo anno della compagna maggiore un lavoro ininterrotto da dicembre a
giugno Bello riprendere poi a settembre è arrivare fino al giugno successivo, fino al
giugno del 1922. (‘A Notte, Toledo ‘e notte, ‘Mmiez ‘a ‘Ferrovia, ‘O Scugnizzo) atti
unici.

Viviani riuscì a metter su un gruppo in cui elementi principali non cambieranno mai:
Fu questa la prima sua grandissima forza, Quella da cui scaturì quell'affiatamento
profondo, Perizie ad artisti e disciplina di uomini. L'autore delineava il profilo dei
sei personaggi tratteggiandolo su quello dei suoi attori; Questo accadeva
naturalmente quando Viviani autore concepiva una delle sue opere.

Nel 1918 stipula anche dei contratti senza la sua presenza con compagnie diverse
sempre sotto il suo stesso nome (bari, Roma, Brindisi).

Nello stesso anno aumentano I membri dell'organico, per avvicinarsi sempre di più
a quella fisionomia tipica delle compagnie primarie, Gli artisti vengono scritturati
con impegni di sempre più lunga durata. Ciononostante in compagnia erano bene
accetti anche tutti coloro che, pur non avendo mai recitato, mostravano passione
per il teatro e buona volontà di imparare. I “nuovi” offrono Viviani anche il grande
vantaggio di non essere condizionati dagli insopportabili cliché dei mestieranti.

Ritmo, composizione, armonia, orchestra: sono queste le parole chiave che


ricorrono quando si parla delle ensemble Viviani che nel 1918 cambia il suo nome
in “compagnia d'arte nuova napoletana”. Una drammaturgia in cui la musica era
strettamente connaturata al testo che funziona la presentazione del personaggio,
Non è un caso dunque sei nei contratti siano in maggioranza ingaggi per cantanti/
attori È insieme la compagnia figurino spesso quelle di maestri pianisti e direttori
d'orchestra. La musica non era preminente rispetto all'azione ma al contrario
aveva la funzione di fissarne la continuità agevolando il dialogo e giustificando la
sua ragion d'essere. L'ensemble di Viviani assunse i tratti di una compagnia di
base formata da un nucleo stabile cui spesso viviani aggiungeva reclutando all’
occorrenza attori e vedette direttamente nelle città dove andava ad esibirsi. Sia
Viviani che i suoi attori conquistarono il favore della critica, ciò comportò anche un
aumento delle paghe Bella compagnia molti suoi attori si montarono la testa. Molti
attori sconosciuti che Viviani aveva trasformato in attori avevano dunque riscosso
tanto successo da ritenersi pronti ad abbandonare il maestro con Vane fortune,
poiché il loro successo non era tanto frutto della loro arte quanto della direzione
del loro capocomico.

R. V.: “la compagnia è un'orchestra bene affiatata in cui non deve difettare
nessuno strumento onde chi maneggia la bacchetta possa ottenere gli effetti
voluti”.

Molti attori abbandonarono la compagnia del Viviani, ma egli non si scoraggiò, Per
nessun motivo avrebbe abbandonato il sogno del suo teatro, Ingaggiò 14 elementi
nuovi sui quali lavorò alacremente. Qui ha inizio la “seconda maniera” di Raffaele
Viviani ovvero quella della nuova compagnia, nella quale viviani sarà pronto ad”
inventare” nuovi attori oltre ai vecchi.

Capitolo 2 Napoli: la gavetta per il varietà

Il percorso che portò Raffaele Viviani bambino dal teatro dei pupi di porta San
Gennaro, passando per le periodiche al al caffè chantant, al varietà al teatro di
prosa entra nel percorso di un iter quasi burocratico. Un percorso fisso, Le cui
tappe riferiranno, per la maggior parte nella particolarissima genere del teatro
creato da Viviani. Un teatro impastato diversi, di prosa, musica e danze; Un teatro
nato dalla esperienza È dalla pratica di quel genere che costituivano la gavetta per
il varietà. Gli anni tra il 1880 è il 1914 costituirono per Napoli periodo di intenso
fervore nei quali Viviani affermò la sua persona. Tra la fine dell'ottocento e primi del
novecento le forme di intrattenimento comico/ musicale andavano dunque dalle
esibizioni professionistiche nei teatri di varietà o caffè concerto. Passando per le
audizioni per il festival di Piedigrotta alla presenza delle case editrici musicali.
Un'altra gavetta era costituita Dalle feste per battesimi e sposalizi che costituivano
un certo guadagno terra Piccoli comici cantanti e suonatori. Concerti o festini
settimanali nei palazzi composti dai cosiddetti “gavottisti” chiamate periodiche
perché avevano una cadenza settimanale. Viviani lavoro nelle periodiche anche nei
bagni estivi di Napoli. Si lavorava anche nei casotti, frequentatissime teatri dei
quartieri popolari di Napoli allestiti in botteghe o baracche, Con una variegata
estrazione sociale di pubblico con vari capi della malavita; si presentavano
commedie, drammi, riviste e si cantava. La canzone insomma, costituiva sempre
una gradita attrazione per il pubblico di ogni categoria. Viviani recitò al teatro
Petrella di Napoli, Un teatro di terzo ordine frequentato da scaricatori di porto,
l'arena Olimpia nel 1906, Dove lavoravano compagnie di prosa e artisti di varietà,
Su questo palcoscenico Raffaele lavoro con la sorella luisella viviani. Il salone
Margherita, l’Eden e la fenice erano i veri propri caffè chantant di Napoli, dove
viviani lavoro e significò per lui la formazione. Il Teatro Nuovo rappresentò un altro
punto di arrivo per Viviani Dove conobbe anche la sua futura signora, questo teatro
costituiva uno dei più grandi teatri di Napoli. Lavoro anche al teatro Umberto nel
1917, periodo nel quale vennero eliminati gli spettacoli da caffè chantant dopo il
clima innescato dalla disfatta di Caporetto, Dove Viviani fece il suo ingresso nella
prosa con ‘O Vico. Si affermò anche a Roma recitando nella sala Umberto
inaugurando il teatro indovinelli nel 1909. Lavoro ciao Torino anche al Maffei, altri
Trianon di Milano. In una realtà teatrale così variegata ricca di fermenti si formò
dunque Raffaele Viviani, partendo proprio dagli spazi riservati al varietà di tipo
popolare. Al culmine della sua nomina, completamente padrone delle tecniche,
L'artista senti la necessità di creare un” genere proprio E lo fece attingendo,
ovviamente ai linguaggi teatrali del suo tempo. L'uso della tradizione non fu per lui.
D'arrivo, un punto di partenza un trampolino da cui saltare per inventarsi una
propria tradizione.

Viviani” trovi su genere” con lo scugnizzo di Capurro Buon Giovanni fino ad allora
cavallo di battaglia del grande Peppino Villani, dopo il successo di quest'ultimo
viviani decide di ricomporre da se le sue macchiette. Nasce così fifi Rino, la sua
prima canzone comica, un impasto di versi e musica.

Roma, sala Umberto 1914 rassegna di tutto il varietà italiano: petrolini, Primo
cuttica” comico militare” Luciano Molinari, Imitatore, canzonettista, attore
cinematografico.

Capitolo 3: la compagnia maggiore, compagnia d'arte nuova napoletana

Nel 1918, Raffaele Viviani cambia il nome alla sua compagnia in “compagnia d'arte
nuova napoletana”, non più dunque tournée, termine che nel gergo teatrale era
impiegato per designare compagnie minori costituite per brevi debutti, ma che
rimanda ad un' organizzazione tipicamente da prosa E più stabile. Viviani sentii di
“nobilitare” la sua formazione anche nel nome definendola d'arte quasi che questa
fosse una sorta di patente per il teatro drammatico. Il passaggio da un genere
minore, Varietà ad uno maggiore, la prosa anche se mi sta a varietà. Viviani fece di
necessità virtù all'indomani della messa al bando del varietà, egli rischio passando
alla prosa. L'azzardo viaggiava su un doppio binario: Dal teatro di varietà a quello
drammatico. Lo spettro della perdita del mercato mise in moto un meccanismo di
nascita di un teatro nuovo, un nuovo genere Viviani. Un teatro a doppio taglio che
era insieme impasto di prosa e varietà, letterale la cui competenza era triplice:
recitazione canto e danza. Viviani coniugò intelligentemente arte e intrattenimento
rispettando le regole dettate dai gusti del pubblico che gradiva particolarmente
canzoni, macchiette, farsette a condimento dello spettacolo di prosa.

L'impasto di questi due generi non è in contrapposizione ma in compresenza


come un mosaico, Due emisferi che si somigliano. L'arte È creazione È proprio a
partire da questo principio viviani aveva costruito il suo teatro piuttosto che
piegarsi all'esercizio di imitazione. Viviani rappresentava una vita particolare che
saliva al livello dell'arte E quanto da qualsivoglia artificiosità.

La compagnia era un laboratorio mentale, Era un'officina, In particolar modo


quando Viviani autore, inoltre vi è il fenomeno di arricchimento insieme allo
straniamento, gli attori della compagnia provenivano dal varietà È invece di
sostituire loro abilità con altre più consone alla prosa, Ne fece tesoro le porto verso
la specializzazione caratterizzando ogni personaggio. La compagnia poteva
contare su due tipologie di attori alcuni specialisti unicamente del varietà, Altri
intercambiabili professionisti diventati sia di prosa che di varietà. Fu per questo
che Viviani si fece autore; perché aveva capito che nessuno avrebbe potuto
scrivergli le parole, Le musiche e canti che sentiva, Avrebbe potuto concepire i
nuovi personaggi che prima di essere parte del suo spirito, erano parte viva della
compagnia, I personaggi erano riprodotti sugli attori stessi.

La prova di forza l'armonia dei suoi spettacoli era dettata dal ritmo del suo lavoro,
gli attori recitavano a memoria senza suggeritore per mantenere alto il ritmo è il
livello di affiatamento.

Seconda maniera di Viviani, in un certo senso la seconda vita della sua compagnia
dopo la defezione di 14 fra i suoi migliori elementi. La sostituzione dell'organico
per Raffaele Viviani fu come una sollecitazione di un ordine interiore, una nuova
fase di superamento creativo, Nella creazione di un nuovo organico. Sottopose la
compagnia a veri e propri tour de force, Viviani ripensò così eri plasmo anche la
sua tecnica drammaturgica. Nel 1922 con la nuova compagnia esegue : Tuledo e
notte, A festa e Piedigrotta, Caserta Benevento Foggia, Te voglio ‘nzisto , queste
rappresentazioni furono un successo furono un successo.

La compresenza di comico e tragico che è Caratteristica della realtà napoletana gli


viene il fondamento dell'opera teatrale di Viviani, il primo dei suoi lavori, Che è
anche il primo dramma entrati della produzione di Vivianea È circo equestre
sgueglia Dove nei primi due atti troviamo la tecnica del racconto corale, Mentre nel
terzo l'autore si mette di fronte al suo personaggio, Lo fa parlare e mi ascolta il
dolore, ‘O fatto e cronaca, in tre atti anche qui rappresenta una manifestazione
esterna della vita del personaggio, ‘E Piscature.

Queste rappresentazioni in tre atti, Sono opere di forte drammaticità che segnano
la piena maturità del Viviani autore, Queste opere intrise di umorismo e di
magistrali situazioni comiche rivelano però una drammaticità potente e complessa,
sta qui la differenza con il teatro di de Filippo e scarpetta: la sua risata ha un
ghigno feroce crudele che sprigiona la tragedia. Un altro aspetto di cui tener conto
È quello che i finali delle opere di Viviani sono sempre diversi, in quanto egli li
modifica ogni volta. Da qui possiamo concepire uno Viviani tout court ovvero
autore, attore, regista.

1922-1925 lavora ininterrottamente nel teatro Bellini di Napoli, con la fama


acquisita allarga il suo giro in tutta Italia, il gruppo lavora per periodi I luoghi quasi
fissi, È un giro fisso conquista anche il Nord un terreno di per sé difficile per la
prosa napoletana. Alla tournée italiana si aggiungono anche la tournée estera nella
colonia di Tripoli nel 1925. Questi anni sono caratterizzati per una prevalenza di
contratti di recita firmati con i vari teatri, nel 1923 la maggior parte dei teatri italiani
era sotto il controllo del trust che gestiva il teatro È al quale ci si doveva
sottoporre. Quando si prestava la propria opera nei loro teatri riviera il divieto
assoluto di prestarla in altri. Cambiavano i contratti: come si assegnavano al
capocomico le spese della compagnia, Materiale, Spese, trasporti.

Nel 1925 con ‘E Piscature realizza un dramma, Forse il più drammatico, Che non
rinuncia alla sua particolarissima fattura diversi di prosa e music che, più da teatro
d'opera che non di prosa. Personaggi che erano nati da attori che gli avrebbero
rappresentati, Degli attori umani, Che sembravano trovarsi su quella scena per
necessità di vita e non di spettacolo. Viviani fu un grande regista nella creazione
dell'atmosfera e nella cura dei particolari regola prima era la verità, l'umanità.
Mettere in scena non significava solamente rappresentare, Riprodurre, ma portare
in scena, preoccupandosi personalmente di ogni elemento nei dettagli.

La sua era una vera e propria compagnia in cui non spiccava al singolo ma
l'affiatamento dell'insieme, il Teatro di Viviani era tutto fondato su attori pensanti,
grazie all'alto livello del gruppo viviani poteva perfezionare la sua arte. In poche
parole un tutt'uno che concorreva nella stessa misura alla resa dell’insieme.
Di qui la proverbiale ossessione di Viviani per le prove, Insultare anime corpo
affinché tutti quelli che avrebbero popolato le sue scene fossero perfetti.

Viviani allenava i suoi attori “all’anonimato" nessun individualismo, Stare sul


palcoscenico in maniera anonima senza sentirsi guardato, cosicché l'attore riesca
ad essere vivo sulla scena senza crearsi implicazioni mentali, È concentrandosi sui
dettagli. Il fatto poi di affidare dei dettagli infinitesimali ad attori che nello
spettacolo ricoprivano i ruoli più importanti.SI trasforma la scena in un unità viva,
un corpocolletivo reso vivo dalla grande quantità di dettagliati quali ogni attore
costruisce la propria arte. È il più grande insegnamento che contribuì alla
grandezza del Viviana autore ed attore.

Capitolo 4: secondo Intermezzo, gli attori di Viviani

Gli artisti che Viviani scelse per la sua compagnia, Spesso illustri sconosciuti che
egli trasformò in attori, provenivano come lui, Dal mondo dei cafè concerto, del
varietà, Delle canzonette., ma anche persone che non avevano mai calcato la
scena. Scritturò nella sua compagnia tanti cantanti trasformati in attori, La cui
principale specializzazione doveva essere il canto. Solo così Viviani è riuscito a dar
corpo al teatro che aveva in mente, creando attori funzionali al suo particolarissimo
e rivoluzionario genere di teatro. Elenco di alcuni attori:

Attori disertori:

Gigi pisano: comico, cantante, poeta e autore di canzoni e macchiette, creò la


coppia “l'uno dell’altro" con Faras, con Viviani viene scelto come primo attore, un
attore/ cantante che si distingueva in parti di carattere: don Gennarino in’O Vico
(1917), Don Ciro in Porta Capuana (1918) Nunziello A festa e Piedigrotta (1919)

Nel 1922 abbandona la compagnia con luisella Viviani è con altri attori
dell’ensemble formando un'altra compagnia che ebbe scarso successo.

Cesare linguisti Faras : comico, Cantante, macchiettista, proveniente dai cafè


chantant, lavoro con pisano nella compagnia Viviani fino al 1922.

Arturo gigliati: uno scaricatore di porto con la vocazione del canto lirico ,
scritturato per lo stesso ruolo nella compagnia Viviana nel 1923 con la quale lavorò
sino al 1929 quando nella tournée sud americana lascio la compagnia per una fuga
d’amore, vi rientrò nel 1935. Il teatro di Viviani lo spinse a scrivere per il teatro e la
canzone. Nel 1932 partecipò al festival napoletano, Importante manifestazione
canora.

Attori fedeli e fedelissimi

Salvatore costa: macchiettista, lavoro con Viviani Durante tutta la vita della sua
compagnia, fu uno dei suoi interpreti più caratteristici, recitò da ‘O Vico fino a Quel
tipaccio di Alfonso nel 1936. Dopo lo scioglimento della compagnia del maestro,
Costa ha lavorato con Eduardo de Filippo è con Ettore Giannini prendendo parte a
diversi film.

Vincenzo flocco “la spia di donna Maria”, collaboratore preziosissimo di Viviani,


redattore dei copioni. La tavola dei poveri, via Toledo di notte1922, don
Giacinto1923 , pescatori1925 , Napoli in frack 1926

Vincenzo scarpetta: scritturato illustre, figlio del grande Eduardo Venne ingaggiato
con continuità dal 1939 al 1943 per parti di Primo attore concluse con Viviani la
sua carriera teatrale. Rivestì il ruolo di felice sciosciammocca in miseria e nobiltà
1939, la commedia della vita 1939, Osteria di campagna del 1943. Miserie nobiltà
significo molto per Viviani È moltissimo per scarpetta. L'allestimento del
capolavoro scarpettiano apre la grande fase del rinnovamento E prosperità
dell'ensemble di Vivianeo.

Passaggi

Adolfo Narciso: Vecchio comico tuttofare, passò alla prosa di Viviani senza mai
abbandonare il mondo dei cafè concerto, egli proveniva dalla Napoli allora che
primeggiava ai tempi del varietà.

Guglielmo inglese detto il barone: debutto come melodista al teatro Rossini, si


diede poi al genere comico lavorando con Viviani e altre formazioni, attore di teatro
e di cinema, Ma anche cantante e autore. Scrisse È il lavoro in teatro soprattutto
con tutto.

Attrici primedonne

Tecla Scarano: prima attrice della compagnia Maggiore di Viviani proveniva da due
famiglie d'arte, il suo debutto ufficiale avvenne a nove anni al teatro Bellini. Fece il
varietà, fu interprete di romanze teatrali nei caffè concerto. Eseguiva canzoni
interpretando il repertorio di Elvira Donnarumma luisella Viviani, Sue
contemporanee maestre. Il passaggio dal varietà alla prosa avvenne con Viviani.
Nel teatro di Viviani Tecla Scarano cantante e ballerina si è affermata come attrice
lavorerà con quest'ultimo vari periodi 1917-18, 1923-25, 1930-31. Negli anni 20
inizio a lavorare nel cinema È Torno alla canzone lanciando moltissimi successi
delle edizioni del festival di Piedigrotta. In teatro ottenne sempre ampi consensi,
lavorando al fianco di Totò, Nino Taranto Renato Rascel. Ebbe una lunghissima
filmografia.

Luisella viviani: sorella maggiore di Raffaele, esordì giovanissimo come cantante al


teatro “paterno” masaniello in coppia con il fratello; rilancio il successo napoletano
quale funicoli funiculà di Peppino turco. Una certa aria zingaresca, pupille
eloquenti, Una voce rude, disgraziatissima Marica rivelarono quasi subito il suo
temperamento febbrile espressivo. Si esibì varietà nei caffè concerto fu una
cantante eccellente con una grande vena interpretativa. Nel 1918 fece parte Bella
compagnia d'arte nuova napoletana prendendo il posto di tecla scalano come
prima donna. Il genere Viviani È la prosa fatta di canto, Musica, versi e danza,
portarono Luisella all'apice del successo. Si affermò come artista poliedrica a metà
tra canto e prosa, Non recitava i suoi personaggi ma li viveva. Collocandola tra le
maggiori attrici del teatro napoletano dialettale, con i suoi toni viscerali, bibliografia
si soffermano su quella che riconoscono all'unanimità come tara della sua arte una
totale assenza di misura ovvero lo strafare. Luisella lasciò la compagnia per
mettersi in proprio creo la rosea con altri disertore: Salvatore costa Pisano ma
l'esperimento non ebbe fortuna. Come già accaduto per altri attori-Disertori, che,
Chiesto di rientrare in compagnia, Il capocomico raccolse ma con una paga
ridotta. Rientrata nei ranghi, Luisella riprese pian piano il suo posto, Restando
accanto al fratello fino alla fine, A fianco del quale recitò ancora in maniera
stupenda. Campagna napoletana 1919, la prostituta the il cantastorie 1920,
Caterina in pescatori 1925, mese mariano 1928, l'ultimo scugnizzo 1932.

Armida Cozzolino: attrice e cantante È uno dei componenti storici della compagnia
Viviani. Figlia d'arte, Debuttò all'età di sei anni della compagnia del padre, Lavoro
nella compagnia di Eduardo scarpetta. Recitò prime parti del teatro di Viviani,
esordì nel cinema con la tavola dei poveri, Viviani 1932.

Fedeli e fedelissimi

Margherita pisano, La caratterista: È stata una delle maggiori caratteristiche della


scena napoletana, Lavoro con Viviani fin dal 1918 prima come artista cantante E
poi come caratterista e generica. Concetta nei pescatori 1925, donna Filomena in
la morte del carnevale 1928. Rimase nella compagnia fino al 1933, poi lavorare con
la compagnia dei fratelli de Filippo.

Vittoria Crispo: Lavoro come prima donna nella compagnia Viviani in vari periodi a
partire dal 1919 fino al 1943, si affermò recitando in importanti compagnie quali
quella di Viviani, Eduardo de Filippo è Nino Taranto. L'ultimo scugnizzo di Viviani
1957, Napoli milionaria 1951. Lavoro molto nel teatro del cinema.

Tina rossetti: entro in compagnia nel 1918 in qualità di generica per poi passare di
grado ad attrice e cantante brillante diventando un importante elemento del
gruppo, Aumentando la propria popolarità. Proveniva dal mondo del varietà, Nel
1903 si esibì in copia con la sorella Antonietta all'arena Olimpia di Napoli. Rimase
con Viviani fino al 1924.

Capitolo 5 il teatro Viviani

Anni 20-30 del novecento: compagnie piccole E grandi percorrono l'Italia tutto
l'anno. Ogni sera, è la regola, uno spettacolo diverso. Il teatro in Italia dipende
economicamente dal pubblico che impone ai teatranti ritmi frenetici. L'anno
teatrale inizia il 1 settembre e finisce il 1 agosto, Per riprendere subito, senza
pausa magari con la nuova formazione. Alcune compagnie, Viviani in testa, tentano
di mantenere intatto il nucleo centrale dell'organico limitandosi a sostituire pochi
elementi. Il repertorio è formato da 12-15 lavori ad ogni piazza sono riservate delle
novità. Quando una compagnia ha ottenuto un contratto di recita, non può
permettersi di perderlo. È un periodo di crisi: I costi sono alti anche per viaggiare,
Sono in aumento gli oneri finanziari, I diritti d'autore, Le paghe degli attori.

La compagnia d'arte napoletana di Viviani invece resiste continua a recitare nei


teatri di tutta Italia viviani prosegue spedito per la sua strada: continua ad essere
l'autore di tutto il suo repertorio rappresentato.

I suoi testi restano fatti di parole e musica, canto e danza. I suoi attori erano
impastati come dice lui. Il Napoli in frack 1926, uno degli spettacoli più famosi, ne
sono uno degli esempi più secondi.

Nell'agosto del 1928 sull'onda the un grandissimo successo personale, Luisella


Viviani lasciò la compagnia. Viviani non si perde d'animo, Tutto ciò non ha
ripercussioni sulla vita teatrale della sua compagnia, Vengono rispettati contratti
sottoscritti. Nonostante Luisella fosse un perno principale della compagnia essa
viene sostituita da altrettante attrici. La compagnia continua raccogliere consensi E
adesso è presa a modello, in Italia e non solo. Questo fatto Porto Viviani ad
applicare la parte degli attori. Al suo rientro in compagnia Luisella dovette adattarsi
a ruoli minori ma viste le sue discusse qualità, torno quasi naturalmente alle vette
della compagnia. Guappo di cartone 1932, pensaci giacomi 1933.

Anni 30 del novecento, anche qui a giudicare dai contratti di recita da quelli di
scrittura degli attori sembra che la compagnia Viviani sia nel suo momento di
grazia: guadagna 2000 lire al giorno! Le piazze I teatri nei quali la compagnia recita
sono sempre di primo ordine, Un giro ricchissimo. Il giro Viviani continua suo
malgrado al trust degli esercenti teatrali.

L'organico della compagnia, quasi mai inferiore alle 30 unità È accompagnato da


una piccola orchestra. Anche nel caso di nuove scritture viviani cerca sempre,
Quando si tratta di affidare parti di un certo rilievo, di lavorare sui tempi lunghi al
fine di preparare il nuovo attore al genere È da fiatar lo con gli altri elementi
dell'ensemble. Punto principale di plasmarlo al punto tal punto da indurlo A restare
in maniera continuativa in compagnia. Questa predilezione dei tempi lunghi di
scrittura È un'altra delle eccezioni della compagnia Viviani nel panorama teatrale
del periodo nel quale, dalla fine degli anni 20, A causa di una progressiva
diminuzione del pubblico le scritture annuali erano ormai una rarità.

Il 1933 e il suo anno d'oro il 31 gennaio trionfale fiorentini di Napoli colle pensaci
Giacomino di Pirandello di cui firma l'adattamento napoletano.

Il pezzente di San Gennaro Venezia marzo 1928, l'ombra di Pulcinella Milano 20


settembre 1928, leggiamo la commedia Torino ottobre 1928

l'imbroglione onesto Firenze 13 dicembre 1928

Nel 1934 viviani viene scelto come protagonista della bottega del caffè di Goldoni
allestita da Gino rocca al primo festival della biennale di Venezia. Fu un grande
successo. La compagnia continua a vivere di stagioni ricchissime percorrendo
l'Italia e spingendosi anche all'estero, nel 1936 Tunisi, nel 1937 Tripoli.

La crisi in cui versava il teatro del periodo sembrava non toccare Viviani e il suo
gruppo eppure siamo in pieno fascismo stiamo parlando di una compagnia
dialettale. Ma proprio questo il segreto di Viviani direttore di un teatro dialettale che
a una naturalezza di linguaggio di scena così vicino alla vita di tutti giorni e di tutti
pubblici. Viviani È un uomo di teatro in quanto concepisce lo spettacolo come una
sua creazione assumendo in prima persona la responsabilità di ogni suo elemento
dalla scrittura del testo alla sua messa in scena. Sentiva di non poter appartenere
più al panorama teatrale dal quale emergeva, Ma era ben conscio di venire da lì, di
essere parte di quel mondo, Delle sue regole, è delle sue abitudini, anche delle sue
cattive abitudini. Teatro che cambia certo l'ho data la propria mania e visione, ma
incorpora tutta la forza per questo riesce a creare qualcosa che non esiste ancora.
Un teatro in cui il capocomico, In quanto anche autore diviene per necessità
regista. In questo periodo, Primi anni 30, il primato dell'attore è conteso da quello
dell'autore viviani sta conquistando tutti gli strati del pubblico salendo fino alle più
alte vette della critica. Viviani continua inarrestabilmente a comporre per il teatro il
teatro dialettale che continua ad ambientare a Napoli quale viene anche
riconosciuta la patente di “italianità” dal regime fascista. Abbiamo un teatro
dialettale in senso italiano. È proprio nella che egli vede riconosciuta la sua
grandezza d'autore. Le vicende racchiuse nel breve ciclo di tre atti corrente brivido
della vita contro bagliori di poesia espressione di umanità. “

Il linguaggio può essere quello del sud un po'ampolloso, Ma la verità che esprime
è universale”.

Viviani appartiene alla razza degli attori-autori, attore di natura, commediografo


fatto da sé. Quando Viviani decise di non darsi al teatro, Ma di crearne uno suo,
non poté che divenire autore di un genere che fino a quel momento esisteva solo
nella sua testa. Il suo” d’autore" È un titolo non per brama d'arte ma per pura
elementare necessità. La figura dell'attore che scrive rispecchia solo una parte
dell'arte drammaturgica di Viviani. Abbiamo a che fare con un attore-inventore.
Inventarsi un teatro passava a livello materiale per la pratica scenica ovvero tramite
l'esperienza della vita al suo teatro. Proprio perché probabilmente scrive da uomo
di teatro capace di interpretare diversi ruoli in scena(autore, Attore, regista) senza
lasciare che il peso dell'uno riducesse o influenza se la specificità dell'autonomia
dell'altro.

Sei ci si sofferma sulla varietà dei temi trattati nelle sue opere È nella ricchezza dei
suoi generi È facile accorgersi del percorso di evoluzione della sua drammaturgia.
Proprio il dialetto e il contesto dialettale di personaggi delle storie era il nucleo
centrale del teatro Vivivianeo. Dal dramma fuori del personaggio, Viviani passa per
quello che pulsa nel fondo della suaanima., Da questa prospettiva il teatro di
Viviani È intimista, Un teatro fatto dei personaggi di cui artefice aveva bisogno di
conoscere l’ anima. Il mondo dove Viviani scava È sempre quello del suo teatro,
con la differenza che ora egli vi opera con 1+ cosciente volontà di isolarmi il
personaggio. È il mondo della Napoli popolare, il mondo dei pescatori, degli
scugnizzi, dei poveri che vivono di espedienti essi ingegnano per trovare il modo di
migliorare la loro condizione. Ecco che le sue opere assumono quasi
inevitabilmente uno sfondo decisamente sociale. Siamo in quella che viene definita
la terza maniera di Viviani quella che può dirsi più propriamente realistica, O meglio
neo realistica, in cui si fa sempre più strada Napoli come problema sociale.

Il prezzo da pagare per questa apertura così schietta alla rappresentazione della
miseria sociale fu altissimo: conquistò la critica è illuminata E mantenne il favore
del pubblico medio basso, perse quella del pubblico alto, Del pubblico borghese.
Era un'Italia oppressa dal fascismo era difficile che un messaggio umano di quella
intensità potesse trovare comprensione e ascolto, Quando si andava a teatro lo si
faceva per allontanarsi quanto più possibile dal proprio quotidiano. Era il tempo
della rivista, di un teatro più leggero e più vicino l'intrattenimento. Quando senti di
poter scegliere senza condizionamenti il suo teatro d'autore, Viviani sapeva bene a
cosa sarebbe andato incontro. Ma se voleva procedere nella realizzazione del suo
teatro, Non poteva far altro che seguire le sue esigenze d'autore. Viviani prosegue
per la sua strada, non per l'arte, Ma per realizzare il suo sogno.

I rapporti con il fascismo

I rapporti tra viviani e fascismo sono stati sempre inquadrati dal punto di vista della
strategia di ostruzione il regime mise in atto contro il suo teatro, Sia perché in
dialetto, sia perché basato sulla realistica rappresentazione della miseria sociale. Il
fascismo relegò Viviani e la sua compagnia nei teatri di terzo ordine egli negò le
piazze più importanti dal 1937 in poi c'è da dire che fine ha quel momento lo aveva
anche” aiutato, Non imponendo nessun ostacolo all'esistenza del suo teatro.

E questo ha una grande importanza soprattutto considerando il fatto che a partire


dal 1934 il regime inizia ad intervenire organicamente nel mondo del teatro di
prosa, Alfine di controllarne e condizionarne tutte le manifestazioni. Evidentemente
consapevole del fascino che il teatro di Viviani esercitava sul grande pubblico,
Adottò nei suoi confronti una strategia di” controllo non belligerante”.

Fondamentalmente il problema era il pubblico perché, proprio a causa del clima


generato in Italia dal governo fascista, stava cambiando rapidamente non solo
nella sua composizione, Ma anche nei suoi interessi specifici, dei nuovi ricchi, il
clima sempre più cupo richiedeva al teatro una distrazione cui non vedere la
miseria e la realtà del momento.

Dunque furono più d'una le cause che allontanarono Viviani dei grandi teatri e dal
grande pubblico, Dai mutati gusti del pubblico E poi anche dalla” persecuzione
fascista”. Del resto Viviani non aveva mai ceduto ai gusti del pubblico, Adottando
sempre, Con grande astuzia, una strategia di mediazione fra le esigenze degli
spettatori e quelle, Insopprimibili, della sua arte.

La vita del suo teatro si fece sempre più difficile. In teatri di terzo ordine, In
piccolissimi centri, per pochi giorni di rappresentazione. Dovette lottare
ininterrottamente per affermare il diritto di esistenza del suo teatro che il fascismo
tramite Nicola de Pirro, a capo della direzione generale del teatro, aveva deciso di
squalificare culturalmente. Il suo teatro dialettale Venne inoltre difeso la Pirandello
in un articolo pubblicato sul giornale scenario, Una rivista diretta dallo stesso De
Pirro, un articolo in difesa della dialettalità.” Il dialetto è una ricchezza nazionale, la
lingua italiana non esiste, afferma il drammaturgo agrigentino, L'unità d'Italia È
recente. Piuttosto che votare il suo teatro. Erano gli anni immediatamente
precedenti la seconda guerra mondiale, il fascismo controllava ormai tutto il
settore teatrale, Il pubblico del teatro di prosa continuava a diminuire. Viviani provò
mettendo da parte se stesso come autore, E puntando invece sull'attore. Il passo
iniziale, sarebbe dovuto essere quello di avvicinarsi al teatro in lingua italiana
attraverso una collaborazione con Ugo Betti, autore vicino agli ambienti di potere.
Nel luglio del 1937 Venne proposto a viviani di interpretare il suo diluvio (Ugo Betti)

Ma egli non accetto, affidandone la cura al figlio Vittorio.

Viviani doveva inventarsi altri modi di esistenza per il suo teatro, Passare ad altri
autori, ma mai perdendo il controllo. Insieme al suo teatro viviani iniziò a
rappresentare Molière, scarpetta, Petrolini, virandoli verso i suoi modi. La sfida era
appunto non snaturare il proprio modo di fare teatro, Una operazione difficile,
Perché si trattava di autori, uomini di teatro, cercando di rispettare in maniera
assoluta l'autore che sceglieva di portare in scena.

L'autore-viviani, inteso esclusivamente come creatore materiale del testo, si fece


da parte, mandando avanti l'attore, inteso, però, non solo come interprete ma,
anche, come autore dello spettacolo. L'ammalato immortale, Molière 1936; miseria
e nobiltà scarpetta 1939; Chicchignola Petrolini 1939; siamo tutti fratelli petito
1941. Questi autori significarono per Viviani una nuova consacrazione nazionale,
preservando il successo del suo teatro parallelo E della sua indipendenza artistica.

Infine, attraverso l'interpretazione di questi grandi autori viviani dimostrò, ancora


una volta E più concretamente, Di essere un artista completo.

Riprese a strappare numerosi contratti, In ognuna di queste occasioni viviani non si


limitava a riconfermare l'organico precedente, ma assicurandosi il nucleo centrale
del gruppo, Che era la sua forza.

Anche in periodi difficili come questa ultima, Lunga, fase della sua attività artistica
viviani continuò a lavorare. Recitò anche sotto le bombe nel periodo che va dal
1942-43 pur di far vivere il suo teatro. La guerra infuriava ma il pubblico che non
voleva rinunciare al suo teatro affollava tutti i pomeriggi la sala del cinema Teatro
delle palme. Scrisse al sottosegretario Rinaldi nel 42 per ricevere un aiuto: un
piano di lavoro al pari di tutte le altre compagnie italiane, di lavorare nei centri
bombardati, scartati Dalle altre compagnie. Domanda che non trovo risposta.

Nel 1941 scrisse in collaborazione con il figlio Vittorio masaniello, nel 1942
Vivianeide, muratori, nel 1943 cavalli ed asini incompiuta, I 10 comandamenti
1944-47. Oltre a scrivere, Continuava a battersi non solo per l'esistenza del suo
teatro, Ma per quella di un “teatro stabile napoletano” nella sua città viviani
presentò questa domanda di una “compagnia Nazionale”nel 1943.

Quello del teatro stabile di Napoli era un sogno che Viviani si portava dietro da
anni. Non un semplice stabile, ma uno stabile d'arte, Qualcosa che fondesse
tradizione e innovazione, Nello sforzo di ridare spessore storico, civico È artistico
alle nuove generazioni. Perché evitare che del teatro napoletano restasse solo
l'ecco della fama. Il teatro in cui credeva ciecamente, È la vita stessa del popolo,
ingresso l'uomo può non solo riflettersi ma anche trovare i fondamenti della propria
morale, Dei propri valori, Della propria storia.

In un mattine di Pentecoste del 1945 viviani diede il suo addio alle scene, con il
vicolo, Il suo primo atto unico, Quello che aveva segnato il passaggio alla prosa E
la nascita del suo teatro. A causa della sua inefficienza fisica la sua fantasia non
smetteva di creare nuovi personaggi. A guerra finita, si mise così alla ricerca di un
editore che potesse dare alle stampe il suo teatro. Ma le risposte negative non si
discostavano per niente dai giudizi che vecchi santoni della cultura fascista
avevano ripetutamente espresso nel passato. Fu per Viviani, questo, un colpo
durissimo. Ai figli ripete fino alla fine che non gli avrebbe lasciato beni materiali, Ma
un patrimonio artistico che sarebbe cresciuto nel tempo.

Nacquero i 10 comandamenti, Un'opera formata da 10 quadri, Indipendenti l'uno


dall'altro, Ma legati insieme da un filo conduttore elementare candito dal modulo
morale di ciascun comandamento. L'esperienza della guerra fu la materia Sulla
quale Viviani lavoro per creare la folla di personaggi. Personaggi che sembrano
animali in gabbia, ferini, istintivi, Viscerali perché è questo l'unico modo che hanno
per non soccombere alla lotta per la vita. Personaggi il cui orrore cresce negli
occhi, Controllato dalla loro umanità. Un testo duro, senza riferimenti morali se non
quelli. La miseria che ha contraddistinto da sempre il suo teatro non concede
spazio ai buoni sentimenti, perché la guerra tra i poveri È la peggiore delle guerre.

È La guerra di cui parlarono Darwin E Zola, Non solo quella elementare, Per la
sopravvivenza, ma anche quella morale per non azzerare la propria civiltà sotto il
peso del bisogno di vivere. La forza eversiva di quest'opera sta proprio nella presa
di coscienza del popolo dei comandamenti. Il viviani-autore, sta trai personaggi e
non li guarda dall’alto con l’occhio di dio.

Alla fine del suo teatro, Viviani appare più un attore tragico che comico, un tragico
che usa la comicità per far riflettere, per spiazzare lo spettatore e tenerlo incollato
alla poltrona,” il pubblico va attaccato e non bisogna dargli modo di reagire”.

In alcune sue opere: ‘E Piscature,’O Fatto ‘e cronaca, l’ultimo scugnizzo, ci si


accorge che per i loro protagonisti non c'è mai speranza; si ride, ma una risata
amara. I 10 comandamenti, pensati fin dal 1939, ambientati a Napoli nel 1945,
sono una summa del teatro Vivianeo. Evidente in questo testo, che è Il suo
testamento artistico, il distacco impercettibile e insormontabile dal teatro del suo
tempo. Lo stesso che corre tra Napoli e il napoletanissimo, e che è stato la
disdetta di Viviani.,come se il miglior teatro napoletano, fosse contatto a scontare
in eterno la propria efficacia come un difetto.

Deve crearsi per resistere un varco tra Napoli e i suoi cliché , varco di cui sentiva
l’assoluta esigenza per la sopravvivenza del suo teatro.

L’impossibilità di riuscire in questa operazione fu per lui una vera sfortuna, fu


questa per Viviani la vera disdetta napoletana, la necessità di trasmettere la propria
eredità in un periodo in cui Napoli non era pronta a riceverla.

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