L’opera di Genere Comico mantiene, nel corso del ‘700, una propria autonomia di sviluppo nei
confronti di quella Seria, anche se tra i due generi è possibile riscontrare tutta una serie di influssi
determinati sopratutto dal fatto che speso i compositori delle musiche e dei libretti erano gli stessi,
però è da modificare la convinzione che identifica l’Opera Seria per un pubblico più Aristocratico e
l’Opera Buffa per il ceto Borghese popolare, perché nei primi anni del ‘700 era comunque una parte
della Nobiltà a finanziare i Teatri minori dove si allestiva appunto l’Opera Buffa e la Corte cercava
di proteggere la produzione dell’Opera Buffa dall’Opera Seria, quindi gli spettatori dell’uno o
dell’altro genere erano sempre gli stessi, di estrazione aristocratica, almeno nella prima parte del
secolo ed il pubblico era composto dai nobili stessi.
Nella seconda metà del ‘700 invece l’Opera Comica si impone in tutti i teatri d’Italia e d’Europa e
si rivolge ad un pubblico molto più ampio di tutti i ceti sociali.
L’argomento di queste Opere è di carattere giocoso legato alle problematiche sociali del tempo e
risponde al bisogno di evasione da parte della società più elevata dell’epoca che voleva avvicinarsi
a una forma di teatro più semplice e più genuina.
I personaggi si esprimo con un linguaggio spontaneo e semplice, sovente in dialetto, quindi con un
linguaggio molto diverso da quello utilizzato per un repertorio Serio; i personaggi sono fissati in
delle maschere e costumi convenzionali e che sono facilmente riconoscibili.
Uno dei compositori napoletani dell’Opera Napoletana di fine ‘600 è Francesco Provenzale,
Napoletano primo grande operista tra i compositori Napoletani, insegna al Conservatorio di Santa
Maria di Loreto a Napoli diviene direttore di quello di Santa Maria della Pietà dei Turchini; in
una delle sue Opere intitolata “ Il schiavo di sua Moglie” del 1671 i personaggi si esprimono in
Napoletano, I recitativi sono semplici, secchi, e le Arie accompagnate dal Basso Continuo, ma non
era ancora un genere Buffo chiaramente distinguibile erano opere che venivano rappresentate in
maniera occasionale e che non hanno rappresentato continuazione fuori dal loro luogo di
produzione che non circolasse in altri luoghi con una definizione di Opera Buffa.
All’origine dell’Opera Buffa contribuisce la riforma del libretto d’opera proposta dalla già citata
l’Accademia dell’Arcadia con le sue proposte a definirla tale.
Questa tradizione comica prende piede prima a Napoli poi dal 1730 investe tutta l’Italia e l’Europa.
Il successo fu tale da indurre alla costruzione di nuovi teatri a Napoli dedicati specificatamente
all’Opera Buffa, come il Teatro Nuovo e il Teatro Della Pace del 1724 finanziati entrambi dalla
nobiltà locale.
Nel corso del ‘700 si usano molti termini per definire genere Comico, tra i tanti a noi interessano gli
Intermezzi e la Commedia Musicale.
Gli Intermezzi sono opere brevi, con pochi episodi comici, cantata da due, tre al massimo quattro
personaggi e hanno la funzione di interludio tra gli Atti di un’Opera Seria; Una prima parte veniva
eseguita tra il 2° e il 3° Atto e la seconda parte tra il 3° e il 4° Atto, in pratica si aveva un Opera
dentro l’Opera.
La Commedia Musicale teneva tutta la durata, nel corso del suo svolgimento, da sola quindi con
episodi sia episodi seri che comici per lo svolgimento e il trattato e si distingue da quello serio
anche per il peso nell’economia dello spettacolo data dall’azione scenica che si svolge con un ritmo
teatrale rapido e vivace, gli interpreti sono meno virtuosi e capaci dal punto di vista vocale, non si
usavano mai i cantanti castrati, ma erano più adatti all’azione mimica, quindi usando meno
personaggi che erano anche meno celebri le spese per queste opere erano inferiori a quelle
dell’Opera Seria e i cantanti erano meno retribuiti, la scenografia era anch’essa ridotta come anche
l’organico orchestrale con gli archi e al massimo un paio di strumenti a fiato.
Grazie a questa economicità il teatro comico fin dall’inizio circolerà più intensamente, tanto che
alcuni Intermezzi rimangono nella storia dell’opera per molti decenni, anche perché nascono dei
piccoli gruppi itineranti, anche di sole due persone, che possono andare in piccoli teatri di poca
capienza e si diffondono più capillarmente e anche in forma autonoma non più come Intermezzo di
Opera Seria.
Anche in Europa si ha la loro diffusione anche perché avendo un costo di produzione molto basso
anche i biglietti per questi spettacoli costavano la metà di quelli dell’Opera Seria.
Molti teatri si specializzano in opere comiche come quelli di Napoli, Venezia e provincie.
Nell’Opera Seria tutto ruota attorno alle Star, agli evirati, nell’Opera Buffa dove i cantanti non sono
così importanti, sarà quindi l’attore ad avere un ruolo fondamentale, quindi la responsabilità del
compositore aumenta ed il pubblico si concentra di più sulle qualità musicali dell’Opera e sulla sua
costruzione anziché su quelle del cantante solista, quindi si seguono i duetti e l’insieme delle Arie
che tendono a realizzare un’aderenza più stretta con la musica, l’azione scenica è importante
assieme alla caratterizzazione psicologica dei personaggi in scena.
Tra gli intellettuali dell’epoca molti ammiravano la semplicità e la naturalezza di questo nuovo
genere, come abbiamo visto addirittura in Francia dove si contestava l’opera lirica francese da
intellettuali francesi che preferivano l’opera buffa napoletana.
Una prima produzione di Intermezzi con due personaggi Buffi tra un uomo e una donna avviene a
Venezia all’inizio del ‘700, i libretti di questi lavori vengono stampati separatamente rispetto al
testo dell’opera principale dell’Opera Seria che andava eseguita nel corso della stessa serata invece
gran parte delle musiche di questo periodo veneziano non sono arrivate fino a noi tra questi
abbiamo di Francesco Gasperini, lucchese, l’opera Melissa e Serpillo del 1707 e di Tommaso
Albinoni, veneziano, l’opera Pimpinone del 1708.
A Napoli il primo librettista comico in dialetto napoletano è La Cilla di Francesco Antonio Tullo e
compositore Antonio Faggioli, del 1707 c’è il libretto ma non la partitura.
Più tardi molti Intermezzi verranno eseguiti a Napoli sia in ambiti privati che nel teatro di San
Bartolomeo come diversivi agli Atti di un Opera Seria,di queste opere ci sono i libretti ma
pochissime partiture.
Dal 1720 al 1730 c’è il massimo sviluppo dell’Intermezzo con svolgimento in tre parti e una
struttura complessa ed elaborata rispetto ai precedenti.
Tra i compositori che si occupano di questo nuovo genere abbiamo gli stessi delle opere Serie, cioè
Leonardo Vinci, Leonardo Leo, Hasse e Pergolesi tutti della scuola napoletana.
Tra i librettisti abbiamo GennarAntonio Federico per La Serva Padrona e Antonio Palomba.
I libretti di questi Intermedi non hanno pregi particolari dal punto di vista letterario perché
congegnati solo per la funzione scenica, con intrecci semplici e l’azione verbale rapida e vivace, per
quella scenica l’azione si sviluppa su serie equivoche fra i personaggi con lieto fine.
Gli argomenti trattati sono ricavati dalla commedia dell’arte spesso per esempio con il servo scaltro
che raggira il padrone, o la donzella che tratta con l’amante e così via, in molti Intermezzi l’amore e
il matrimonio servono per elevarsi socialmente.
Uno dei personaggi maggiormente usati è quello della serva furba che raggira il padrone per poi
sposarlo.
La Serva Padrona è scritta da Pergolesi su libretto di GennarAntonio Federico per basso e
soprano e un terzo personaggio muto e complesso d'archi.
Va in scena per la prima volta al Teatro S. Bartolomeo di Napoli nel 1733, dopo l’opera andrà in
scena a Parigi e per colpa di quest’opera si avrà la Querelle de Buffon.
Fu rappresentata come Intermezzo tra gli atti dell’opera Seria Il Prigionier Superbo sempre di
Pergolesi libretto anonimo, è composta da recitativi e sette pezzi chiusi tra cui due duetti uno nella
prima parte e l’altro nella seconda e cinque Arie, questo lavoro si afferma come modello del genere
degli Intermezzi e avrà moltissime riprese in tutta Europa fino alla fine del ‘700 e era molto amata
dai francesi.
Ascolto della prima Aria del recitativo con Uberto il padrone anziano e Serpina la serva appunto
che alla fine diventerà Padrona raggirando Uberto.
In questo periodo esistono libretti che descrivono con un certo realismo e comicità i protagonisti
dell’Opera Seria ad esempio elementi di ironia nei confronti dell’Opera Seria si trovano nel libretto
dell’impresario della Canarie ed è l’unico testo comico di Metastasio musicato da Domenico Sarro
in cui si prende in giro tutto quello che riguarda il meccanismo teatrale dell’Opera Seria.
Inoltre nel 1710 a Venezia viene pubblicato un testo satirico che diventerà celebre intitolato Il
Teatro alla Moda di Benedetto Marcello, Veneziano, è una sorta di libro satirico che contiene un
elenco di tutti quelli che sono considerati i difetti del mondo del melodramma e dell’Opera.
Per quanto riguarda la Commedia Musicale, anch’essa nata a Napoli nello stesso periodo in
contemporanea con la commedia in prosa non cantata dialettale, ci sono delle differenze con gli
Intermezzi per la complessità dell’impianto abbiamo dai 7 ai 9 personaggi, struttura si estende fino
ai 2 o 3 Atti e sono sono riscontrabili elementi del genere comico ma anche del genere serio.
Però, come l’Intermezzo, il senso della Commedia Musicale è quello di rappresentare gli aspetti
più giocosi e buffi della realtà quotidiana conservando un’ambientazione contemporanea, si nota un
colore però più sentimentale e malinconico dove agiscono personaggi sia seri che comici e che
agiscono con espressioni e linguaggi diversi e pluralità, infatti i personaggi seri , che appartengono
alla borghesia cittadina cantano con uno stile simile all’Opera Seria mentre i personaggi buffi sono
di estrazione popolare e si esibiscono con melodie semplici e orecchiabili e spesso con testi in
dialetto proprio questo insieme di personaggi seri e comici e anche con modalità di espressioni
differenti sentimentale, comico, tragico, tutto insieme andranno a costituire i tratti caratteristici del
teatro musicale comico della seconda parte del secolo.
Come esempio del genere della Commedia per Musica è da considerare sempre un opera di
Pergolesi e su libretto di Federico, Lo Frate ‘nnamorato del 1732, il libretto di quest’opera
racconta la vicenda di intrecci sentimentali e matrimoni che vengono progettati ma che non si
faranno, abbiamo tre candidate spose, Nina, Nena e Lucrezia tutte con un debole per Ascanio che
non sa chi scegliere ma poi scopre di essere fratello di Nina e di Nena e finisce per sposare
Lucrezia.
Ascolto di una parte del brano in Napoletano
Questo tipo di spettacolo ha molto successo a Napoli ma quando si diffonderà, nel 1730 nel centro
Italia e poi al nord si abbandonerà l’uso del dialetto Napoletano a favore dell’Italiano per la sua
comprensione e arriverà fino a Venezia nel 1740 circa, ma non in napoletano quindi.
Una tecnica dell’Opera Comica che contribuisce alla vitalità di questo genere di spettacolo è quella
del travestimento, dell’equivoco sull’identità del personaggio e la sua rivelazione finale, ci sono
frequenti travestimenti involontari dove gli stessi personaggi sulla scena non sanno chi sono fino
alla fine dell’opera oppure ci sono scambi deliberati di identità, tutti questi espedienti favoriscono
gli intrecci a base di equivoci e la buona riuscita degli intrighi e doppi sensi.
Molto diffusi erano anche i travestimenti di uomo in donna e viceversa, in questo contesto non si
adoperano cantanti gli evirati, le parti dei giovani erano affidati a cantanti donne; d’altra parte il
Teatro Comico esigeva un certo realismo rispetto all’Opera Seria e quindi la riconoscibilità dei
personaggi era molto più importante e questo contribuisce ad accentuare e differenziare i timbri
vocali rispetto all’Opera Seria che si basa sopratutto sul carattere asessuato delle voci dei cantati
castrati e sempre su registri acuti, mentre nell’Opera Comica ad esempio la voce di Soprano si
identifica con un preciso ruolo drammatico che è quello della donna giovane, l’innamorata, la
malinconica, la dispettosa, mentre la donna meno giovane che di solito fa la parte della Madre o
della Vecchia anziana si assegna un registro più grave quello di Contralto.
Il personaggio maschile principale è quello del Basso il vero e proprio cantante Buffo e su di lui fa
perno tutta la vicenda, può essere ad esempio l’anziano, il personaggio Avaro, o il Padrone deriso,
sopratutto in nel caso del Basso non vengono richieste grandi doti vocali ma di più capacità
mimiche molto espressive e spigliate.
Il Tenore invece ha la parte di mezzo carattere che si colloca a metà tra le parti serie e quelle buffe,
ad esempio l’Innamorato, il Nobile ecc.
Se non sono scritti in dialetto saranno in Italiano colloquiale molto diverso dal linguaggio forbito
dell’Opera Seria, con molti riferimenti realistici alla vita di tutti i giorni e spesso con un vocabolario
sgrammaticato ma che serve allo svolgimento della scena.
Visto che il peso dello spettacolo è dato dall’azione che si snoda con ritmo rapido e vivace la
musica deve tenere conto proprio dei cambiamenti del azione e del senso delle parole per
potenziarne i valori espressivi con una serie di espedienti tecnici per esempio con molte situazioni
contrastanti all’interno dei brani solistici, con cambi inaspettati della dinamica, i ritmi sono molto
rapidi, si possono trovare dei crescendo su accordi fermi o continue ripetizioni di progressioni di
accordi.
Ciò che differenzia profondamente il linguaggio musicale delle due Opere è la limitazione del
virtuosismo canoro e tutti quelli che sono i suoi cliscè nel campo virtuosistico, infatti nell’Opera
Comica si trova una vocalità di tipo sillabico con un evidente rilievo ritmico,
I compositori utilizzano tutta una serie di espedienti musicali finalizzati ad ottenere effetti comici,
per esempio con vocalizzi male accentrati, ripetizioni a catena di brevi motivi oppure pause
impreviste, inserimento di suoni che imitano i versi degli animali e cosi via.
Molto diverso è il rapporto tra il Recitativo e Aria rispetto all’Opera Seria, l’Aria nell’Opera
Comica non si pone come un semplice elemento lirico e riflessivo con una contemplazione statica
ma è parte integrante dell’azione e si inserisce nell’azione drammatica anche se è inserita dentro
una forma chiusa, non costituisce più uno stacco netto ma si collega all’azione c’è quindi una
continuità temporale e risulta abbastanza evidente sempre nella Serva padrona,
Ascolto del recitativo che segue nell’aria Sempre Incontrasti si sente che l’azione non si blocca
nell’Aria ma viene portata avanti, nonostante le forme chiuse il tempo non si arresta; si sente nella
voce di Uberto una serie di incisi melodici molto brevi che vengono interrotti anche da moltissime
pause e la presenza di una serie di mono sillabi antitetici come: Qua e là, Su e giù, Si e no… già
da questo linguaggio si capisce si vuole evidenziare i gesti e quindi già nel libretto c’è una sorta di
regia di quello che succede sulla scena, quindi il compositore crea un’aderenza tra l’attore e la
musica ma anche di mettere in luce quella che è la caratterizzazione psicologica dei personaggi, ad
esempio si sente nell’Ascolto dell’Aria di Serpina, intitolata Ah Serpina mi Crudele dove
troviamo un alternanza di sezioni in 4/4 in Largo e un’altra in 3/8 Allegro, quella in 4/4 descrive la
Passionalità di Serpina e l’altra la sua Esuberanza, quindi due aspetti della sua personalità espressi
tramite la forma dell’Aria.
Nell’Opera Comica l’importanza maggiore è data all’azione scenica che rinforza lo sviluppo
scenico che poi si moltiplicano all’interno degli atti stessi con più personaggi che mimavano di più
l’azione scenica e coincidevano con i punti culminanti della scena.
Molto spesso in questi concertati vengono presentate situazioni sceniche complesse ed intricate
colme di equivoci con personaggi nascosti o che commentano a parte quello che succede sulla
scena; all’inizio del secolo questi pezzi sono alla fine degli Atti e sono abbastanza brevi E’ raro che
i personaggi cantino assieme ma piuttosto la linea vocale passa dall’uno all’altro.
Verso la metà del ‘700 questi pezzi vengono ampliati e si inizia ad usare una tecnica orchestrale
detta Orchestra Parlante che sarà una caratteristica della scrittura degli episodi per molto tempo
che consiste nel far suonare all’orchestra la linea melodica, il Tema principale è suonato
dall’orchestra mentre i personaggi cantano della frasi sparse ad intervalli irregolari, sarà quindi più
importante l’Orchestra e lo si vedrà più avanti sopratutto con Gioacchino Rossini.
Il grande successo dell’Opera Buffa nella seconda metà del ‘700 è determinata in parte dall’incontro
della musica napoletana e la fantasia Veneziana e infatti intorno alla metà del ‘700 l’Opera Buffa
raggiunge la fisionomia che la renderà immutata per tutto il secolo diventando un fenomeno di
dimensioni Europee e questo grazie anche al commediografo e librettista Veneziano Carlo Goldoni
che è stato il più influente librettista comico del ‘700 come Metastasio lo è stato per l’Opera seria,
Goldoni mantiene nel corso della sua vita dei legami con il Teatro dell’Opera anche se di musica a
differenza di Metastasio, ne sapeva ben poco.
In sostanza Goldoni dà vita a quella forma dell’Opera Comica in 2/3 Atti traendo molti elementi
della Commedia per Musica Napoletana, ma con Goldoni la struttura del libretto diventa più
variegata, le vicende sono9 più caricaturali e abbiamo anche la presenza di personaggi Seri oltre a
quelli buffi e comici.
In particolare Goldoni contribuisce al passaggio verso una vena sentimentale e patetica dell’Opera
Buffa, introducendo un elemento di tinta più patetica, commovente e sentimentale, che proviene dal
genere della Comedie Larmoyante, dalla Commedia Lacrimosa che fa riferimento al romanzo
del romanziere Inglese Samuel Richardson intitolato Pamela del 1740 e che ebbe un enorme
fortuna in tutta Europa.
In questi libretti di Goldoni ci sono effetti comici, satirici, ma sempre fondati sul il contrasto degli
stili che possono essere di stile caricaturale, patetico, eroico, ecc. e il tema costante è il conflitto
sociale tra le diverse classi con al centro come protagonista l’Amore fra due personaggi di classe
diversa; anche la Natura è uno dei temi che ricorre spesso nei libretti o il rapporto tra città e la
campagna come nel libretto “Il Filosofo di Campagna” del 1754 che ebbe una grandissima fortuna
quando venne presentata a Venezia con musica di Baldassarre Galuppi, Veneziano.
Galuppi e Goldoni collaborarono per molto tempo con 20 brani comici come “Arcadia in
Brenta” del 1749 dove troviamo il motivo del teatro nel teatro, cioè la commedia che ha come
protagonista se stessa, il racconto narra infatti di un gruppo d iviaggiatori che si preparano ad
eseguire una commedia.
Il lavoro più importante di Goldoni è quello che funge da elemento che fa transitare verso questa
nuova vena sentimentale dell’Opera Buffa e che si avvicina alla commedia lacrimosa e in
particolare ricava il libretto da una sua commedia in prosa intitolata proprio Pamela derivata dal
romanzo epistolare Pamela di Richardson e da questa commedia nasce un libretto “Cecchina o sia
La buona figliuola” musicata da Egidio Romualdo Duni del 1756 ed eseguita a Parma, Duni era
un compositore di formazione Napoletana, ma questa versione viene messa da parte quando nel
1760 apparve quella di Nicolò Piccinni uno degli ultimi rappresentanti della scuola Napoletana che
appunto nel ‘60 mette in musica il libretto di Goldoni e che ha un enorme successo in tutti i teatri
d’Europa, si tratta di una vicenda lacrimevole piena di accenti patetici con Cecchina orfana che
presta servizio dal Marchese di Conchiglia, dopo una serie di ostacoli posti dalla Marchesa
Lucinda e dal suo fidanzato Midoro i due si innamorano e si sposano con un lieto fine, dal
momento in cui il soldato Tagliaferro riconosce in lei le sue nobili origini.
Quest’Opera da il via al genere Semiserio con all’interno sia elementi dell’Opera Buffa che di
quella Seria, con matrice di fondo dell’Opera Comica.
I personaggi della trama si dividono in tre livelli stilistici ed espressivi differenti basati sulla loro
diversa estrazione sociale; le parti Serie interpretate dai Nobili Lucinda e Armidoro, le parti di
Mezzo Carattere che appartengono ad un registro stilistico intermedio e sonpo quelle dei due
innamorati il Marchese e Cecchina e poi le parti Buffe dei popolani, del soldato Tagliaferro,
Paoluccia, Sandrina e Mengotto.
La musica di Niccolò Piccini cerca di mettere in rilievo i diversi comportamenti di questi
personaggi di differente estrazione sociale e questi tre piani stilistici vanno a sovrapporsi nei pezzi
solistici e si amalgamano poi nei concertati d’insieme; alle parti Serie sono affidate le Arie col Da
Capo di taglio più virtuosistico, con espressioni ricercate tipiche dell’Opera Seria, con fioriture,
ampi salti intervallari ecc..
Mentre i personaggi Comici si esprimono con una certa informalità, con ripetizioni di parole ed
un’intonazione sillabica.
Al Marchese e a Cecchina sono dedicati pezzi più malinconici con una serie di inflessioni
patetiche.
Ascolto di un Aria di Cecchina dell’atto I ° “Una ragazza povera”, dove si sente la vena di Mezzo
Carattere, con autocommiserazione.
Sempre in quest’opera nella versione di Piccinni, viene dato rilievo ai finali d’insieme che si
trovano alla fine dei tre atti, Picinni costruisce i finali con sezioni e tonalità diversi che si adatta
proprio al mutare del clima espressivo, troviamo quindi momenti più comici e anche momenti
patetico sentimentali.
Ascolto del finale del I° Atto del quintetto “Vò cercando e non ritrovo” si sente l’alternanza di
diversi stili di registri espressivi che vogliono sottolineare il divario dei caratteri dei personaggi e le
loro situazioni psicologiche; troviamo di nuovo questo andamento lagnoso, patetico di Cecchina
che si contrappone al canto comico sillabico di Sandrina e Paoluccia, che mette in evidenza il loro
carattere malizioso e sarcastico, in più si sentirà il Marchese con prima un motivo spigoloso con
molti salti melodici e pause che poi canta con uno stile sillabato per andare a sottolineare il suo
cambiamento di umore, sentiremo infatti che accusa Cecchina di volerlo abbandonare.
Questo brano, in effetti, rappresenta l’innovazione più significativa di questo genere rispetto
all’Opera Seria che ammetteva la presenza di più di un solista alla volta sulla scena.
Questo tipo di Concertati finali diventa sempre più la struttura centrale di queste Opere e si tratta di
un pezzo utile al compositore per realizzare attraverso la musica azioni, sentimenti, passioni di tutti
i personaggi; verso la fine del ‘700 i pezzi d’insieme aumentano anche nell’Opera Seria e lo si
vedrà più avanti con Mozart, in particolare con La Clemenza di Tito del 1791, dove si trovano un
numero di Concertati pari a quello delle Arie, 11 e 11.
Per quanto riguarda le Arie i compositori di quel periodo utilizzano varie tipologie di Forme, non si
segue uno schema generalizzabile e si riscontra una certa varietà musicale e di struttura nelle Arie di
queste Opere che rappresenta una scelta del compositore e del librettista che può cambiare la
struttura dei versi e in questo modo suggerisce al compositore la scelta di tempi o di metri di
misure differenti e contrastanti.
Nei pezzi d’insieme Col passare del tempo, oltre che nei finali d’atto, sono inseriti anche in altri
momenti dell’opera dove la loro importanza scenica è più necessaria, come nei cantati, all’inizio di
un atto, che fanno da introduzione e svolgono la funzione di immettere l’ascoltatore subito
nell’azione e di presentare subito i caratteri dei personaggi, un esempio è il sestetto che introduce
l’atto I° del “Socrate Immaginario” di Giovanni Paisiello, proveniente dalla scuola Napoletana,
su libretto di Giovanni Battista Lorenzi; il sestetto si basa su due melodie che sono utili per
differenziare in modo netto i due gruppi di personaggi in scena, la trama è particolarmente
simpatica .
Ascolto del “Racconto della Follia di Don Tommaso”
Ascolto I° Atto “Fuora Birbaccio”
Le opere comiche di Paisiello ebbero enorme successo in Italia e nel resto d’Europa e i suoi
concertati diventano il modello da imitare per molti operisti dell’epoca; della stessa opera
Ascolto del finale sempre del I° Atto che si presenta come un enorme costruzione divisa in 10
sezioni ben distinte utilizzando quello che all’epoca si chiamava il “Finale a Catena” ovvero
formato appunto da una catena di sezioni musicali diverse ogni una con le proprie caratteristiche
ritmiche, melodiche, tonali ecc. ci sono 10 sezioni, catene diverse:
Ascolto delle prime “Andron, Apanton”.
Si può dire che ad influenzare il linguaggio musicale di questo genere di Opera sOno stati
sicuramente i musicisti di formazione napoletana come Piccinni, Paisiello, Cimarosa, ebbero tutti
un enorme successo di pubblico.
Paisiello è nato a Roccaforzata Taranto nel 1740, si forma a Napoli, compone oltre 50 brani Buffi,
visse anche a San Pietroburgo come direttore dell’Opera Italiana poi si ferma poi a Vienna dove
compone “Il Re Teodoro di Venezia” su libretto di Gian Battista Casti; Opera importante
sopratutto per i pezzi d’insieme dove presenta la tecnica del Crescendo sfruttata poi da
Gioacchino Rossini più avanti e da altri operisti del tempo.
Domenico Cimarosa era invece originario di Aversa Caserta 1749, si forma anch’egli a Napoli e
lavora a San Pietroburgo e di ritorna si ferma a Vienna dove compone “Il Matrimonio Segreto” su
libretto di Giuseppe Bertati che ebbeun enorme successo.
Christoph Willibald Gluck ( 1714-1787 ) compositore tedesco che dopo molti viaggi in Europa
durante i quali compone Opere per la maggior parte su libretti di Metastasio, si reca a Vienna, nel
1752 e alla corte imperiale incontra tre personalità Italiane che collaborano con lui al fine di
riformare l’Opera Italiana, tra questi abbiamo il librettista Ranieri Dè Calzabigi, il ballerino
Gasparo Angiolini e il Conte Giacomo Durazzo che era Direttore degli spettacoli di Corte.
Con la collaborazione di questi quattro abbiamo la rappresentazione di “Orfeo e Euridice” a
Vienna con un quarto Italiano che è il cantante evirato Gaetano Guadagni nella parte di Orfeo, in
quest’Opera del 1762 ci sono tutti gli elementi che riformano l’Opera Italiana, a livello teorico
questi elementi li troviamo all’interno nella prefazione dell’Opera “Alceste” redatta sempre con la
loro collaborazione.
Nella prefazione di Alceste vengono elencate queste proposte di riforma per mano di Gluck e la
collaborazione di Calzabigi.
L’intento era di eliminare dall’Opera Italiana tutti i virtuosismi vocali dei cantanti ed eliminare il
più possibile il Da Capo della arie A B A senza ripetizione di A, considerata inutile ed elemento che
incideva sulla continuità a livello temporale per cercare di diminuire lo stacco dei pezzi chiusi tra
recitativi e Arie che doveva confluire nel modo più dolce possibile; poi veniva richiesta una
Sinfonia introduttiva che riassumesse tutti i caratteri dell’Opera, poi si auspicava un intervento più
corposo dell’orchestra e dello strumentazione che aumentava l’espressività della musica eliminando
il recitativo secco a favore di quello accompagnato.
Altra cosa Gluck e Calzabigi propongono di aumentare i pezzi affidati ai cori e ai balli alla danza
quindi; in ultimo secondo Gluck e Calzabigi, “la musica deve servire la parola” come avevamo
visto in Monteverdi e quindi si può immaginare a uno stile vocale più inerente al parlato un po
come nella Tragedie Lyrique Francese lontano dai virtuosismi acrobatici dell’Opera italiana.
Queste opere della riforma elaborate da questi quattro personaggi vengono rappresentate nel teatro
di Corte di Vienna , oltre alle due citate anche “Paride e Elena” del 1770, con la prefazione di
Alceste e anche di Paride e Elena che rappresentano dei veri e propri manifesti programmatici delle
loro teorie.
Gluck si esprime anche in un giornale “Il Mercure de France” ed espone anche qui questi intenti
espressivi di natura illuministica e che spingono ad un maggior contatto tra Poesia e Musica.
Calzabigi fornisce a Gluck un testo indispensabile e lo dichiara lo stesso Gluck nel giornale del
1773.
Calzabigi nato a Livorno nel 1714 quindi toscano, studia in quanto attirato il pensiero degli
illuministi Francesi, trasferito a Vienna nel 1761; dall’opera francese propone di conservare
l’aparato scenografico e spettacolare con cori numerosi e scene di danza eliminando l’elemento del
sopranaturale ma usando azioni puramente umane.
Secondo lui nei libretti bisognava eliminare i discorsi superflui e le inutili riempiture non necessari
alla musica, cerca quindi di realizzare delle vicende molto lineari eliminando le ripetizioni che
poteva nuocere alla semplicità del dramma.
Gluck, anche lui del 1714, era nato a Herasbach a sud di Norimberga, e che si forma scrivendo
Drammi seri basati su testi di Metastasio, dal 1752 si stabili definitivamente a Vienna con qualche
viaggio in Italia e Parigi.
Questi due personaggi lavorano in perfetto accordo per restituire alla parola quel ruolo guida nel
rapporto tra musica e poesia e mirano a ricreare un Aurea Declamatoria che ritroviamo nell’Opera
Francese; rimangono I pezzi chiusi ma senza le Arie col Da Capo e le ripetizioni dei versi e delle
parole, inoltre secondo Gluck l’opera andava portata al più alto grado di perfezione non solo nella
sua scrittura ma anche nell’esecuzione dell’opera stessa, lui presenziava infatti a tutte le opere
prima dell’esecuzione dell’Opera infatti nella prefazione di Paride ed Elena, Gluck sottolineava
che il lavoro di perfezionamento con gli interpreti era fondamentale per la buona riuscita
dell’Opera, lui ne è l’anima, lui lavorava in stretto contatto con musicisti, ballerini e attori e
cantanti, questa volontà di assoggettare gli interpreti al compositore è simile a quella di Lully in
Francia.
Nell’Opera “Orfeo e Euridice” la partitura è scritta per il pubblico viennese, da un compositore
tedesco, su libretto di un poeta italiano, ispirato dagli ideali delle opere francesi e italiane.
Tra gli elementi che fanno riferimento all’Opera italiana abbiamo il fatto che il Libretto è scritto in
italiano quindi con protagonista castrato, Gaetano Guadagni e la presenza di tre soli personaggi;
tra gli elementi francesi abbiamo la scelta del soggetto mitologico poi l’ampia presenza di cori e
balletti e un orchestrazione molto raffinata .
A differenza del mito originale che finisce male in cui Orfeo si volta e rimane negli inferi, in questa
versione Orfeo si volta e Euridice rimane negli inferi ma poi arriva la figura allegorica di Amore
che fa ritornare Euridice e la riunisce ad Orfeo con un lieto fine
Nel libretto Calzabigi abbiamo accesso ai pensieri di Euridice e diventa un personaggi che pensa ed
agisce, non è più passiva ma attiva, c’è la presenza di Amore e del coro che partecipa largamente al
dramma.
La vicenda è divis in tre Atti, il 1° la Morte di Euridice , il 2° la discesa di Orfeo agli inferi e
recupero di Euridice, 3° seconda morte di Euridice e e intervento di Amore che restituisce
Euridice a Orfeo.
Nonostante il contenuto della trama il Tono dell’opera è contemplativo.
Per quanto riguarda lo stile del canto mancano le coloriture di tipo acrobatico l’estensione è
abbastanza ridotta e con una Vocalità sillabica per rendere evidenti e comprensibili gli stati d’animo
dei personaggi.
Ascolto del 2° atto “Che purociel!... Euridice dov’è!” cantato da Orfeo che attraversa i Campi
Elisi e pensa ad Euridice, scritto pensando all’ interpretazione del castrato Guadagni.
I pezzi chiusi in particolare le Arie rappresentano varietà di soluzioni formali come nel 3° atto con
struttura e forma di un Rondò si sente A B A C A con Arie che girano in contrasto tra loro.
Ascolto di “Che farò senza Euridice” dove c’è la struttura del rondò (vedi pensiero di Pavese che
pensa che si sia girato apposta).
Uno degli elementi più importanti si trova all’inizio del 2° atto dove si sente le parti solistiche di
Orfeo incorniciate dai lamenti del coro che svolge la funzione di antagonista perché il coro recita
la parte delle furie infernali che si contrappongono ai brevi interventi di ORFEO ai lamenti
supplichevoli che cerca Euridice.